Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 208 di lunedì 4 dicembre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GILDA SPORTIELLO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 1° dicembre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 82, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito la deputata segretaria a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GILDA SPORTIELLO, Segretaria, legge:

Moreno Sgarallino, da Roma, chiede:

disposizioni concernenti l'incasso delle vincite relative a tagliandi di lotterie istantanee illegalmente sottratti nei punti di vendita (536) - alla VI Commissione (Finanze);

norme in materia di divieto di autorizzare l'apertura di esercizi commerciali per la vendita di prodotti derivanti dalla cannabis in prossimità delle scuole (537) - alla X Commissione (Attività produttive);

Alessio Paiano, da Cavallino (Lecce), chiede:

misure per incentivare gli investimenti in azioni od obbligazioni di società italiane (538) - alla VI Commissione (Finanze);

disposizioni per favorire il ritorno sotto il controllo italiano e il rilancio delle aziende italiane acquistate da soggetti stranieri (539) - alla X Commissione (Attività produttive);

la rivalutazione al tasso di inflazione delle cifre a cui il cittadino ha diritto a titolo di risarcimento, rimborso o pagamento arretrato (540) - alla II Commissione (Giustizia);

che per l'erogazione di servizi da parte di soggetti privati non possa essere chiesta l'indicazione obbligatoria del proprio numero di telefono (541) - alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive);

disposizioni per il pieno sfruttamento dei terreni incolti e abbandonati attraverso l'impiego di immigrati senza regolare permesso di soggiorno (542) - alla XIII Commissione (Agricoltura);

la semplificazione delle procedure per l'accesso ai benefìci della legge 5 febbraio 1992, n. 104, da parte delle persone affette da malattie psichiche (543) - alla XII Commissione (Affari sociali);

misure per il potenziamento dei controlli sui contenuti diffamatori o ingiuriosi dei social network (544) - alla IX Commissione (Trasporti);

Nicola Russo, da Taranto, chiede l'elezione diretta di tutti i consigli provinciali (545) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Aurelio Rosini, da Mariglianella, Napoli, chiede modifiche all'articolo 96 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, in materia di segnali di doppio senso di circolazione, e altre disposizioni per la tutela della sicurezza stradale (546) - alla IX Commissione (Trasporti);

Francesca Marini, da Guidonia Montecelio, chiede iniziative per la condanna dell'accordo di collaborazione tra l'agenzia ANSA e l'agenzia di stampa cubana Prensa Latina (547) - alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e VII (Cultura);

Francesco Romano, da Saviano (Napoli), chiede:

disposizioni per accelerare le procedure di accesso alle agevolazioni per gli invalidi di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (548) - alla XII Commissione (Affari sociali);

di aumentare il massimale previsto per le detrazioni per le spese sportive sostenute per i figli a carico (549) - alla VI Commissione (Finanze);

Alberto Pratesi, da Lecce, chiede la revisione delle norme costituzionali in materia di autonomia e indipendenza della magistratura, al fine di ridurre il rischio di conflitti tra poteri dello Stato (550) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede di istituire in ogni regione e comune un referente per i corregionali o compaesani a cui possano rivolgersi i cittadini che si sono trasferiti in altri luoghi (551) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Guido Trentalancia, da Ancona, chiede l'istituzione di un registro per la raccolta delle dichiarazioni dei cittadini in ordine alle volontà di sospensione o prosecuzione delle cure in caso di malattia apparentemente irreversibile (552) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);

Antonio Sorrento, da Martano (Lecce), chiede:

lo slittamento della scadenza per il pagamento delle rate della cosiddetta rottamazione quater (553) - alla VI Commissione (Finanze);

modifiche all'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge 9 agosto 2023, n. 111, in materia di competenze del giudice tributario su alcune opposizioni nell'ambito del procedimento esecutivo (554) - alla II Commissione (Giustizia);

Aniello Traino, da Neirone (Genova), chiede misure per il rafforzamento e la generalizzazione dei sistemi informatici di prenotazione e disdetta online delle prestazioni sanitarie, ai fini della riduzione delle liste d'attesa (555) - alla XII Commissione (Affari sociali).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 144, recante disposizioni urgenti per gli Uffici presso la Corte di cassazione in materia di referendum (A.C. 1491-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1491-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 144, recante disposizioni urgenti per gli Uffici presso la Corte di cassazione in materia di referendum.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1491-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Paolo Emilio Russo.

PAOLO EMILIO RUSSO , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, innanzitutto buongiorno. Il disegno di legge n. 1491-A, di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 144, recante “Disposizioni urgenti per gli Uffici presso la Corte di cassazione in materia di referendum”, giunge alla discussione in Assemblea dopo l'esame della Commissione affari costituzionali. L'esame è stato avviato il 26 ottobre e si è concluso il 30 novembre, senza modifiche sostanziali al testo. Il decreto-legge si compone di tre articoli.

L'articolo 1 dispone il temporaneo avvalimento di personale aggiuntivo da parte dell'Ufficio centrale per il referendum, al fine di consentire le operazioni di verifica delle sottoscrizioni relative alle richieste di referendum presentate dopo il 31 ottobre 2021. È stata, infatti, prevista, nel 2020, la possibilità di raccogliere in modalità digitale le sottoscrizioni necessarie alla presentazione di referendum, senza però che nel frattempo sia divenuta operativa la piattaforma digitale prevista dalla medesima legge. Si è semplificata, dunque, l'attività di raccolta delle firme, ma con scarse garanzie in termini di autenticità e, soprattutto, senza semplificare le attività di verifica. Il comma 1 dell'articolo 1 prevede che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione si avvalga di ulteriore personale della segreteria della medesima Corte, nel numero massimo di 28 unità, anche appartenente all'area assistenti, cioè inquadrati nel comparto Ministeri, seconda area, fascia economica da F4 a F6.

Le operazioni di verifica riguardano le sottoscrizioni, l'indicazione delle generalità dei sottoscrittori, la vidimazione dei fogli, l'autenticazione delle firme e delle certificazioni elettorali, il conteggio delle firme. Per le medesime finalità, il comma 2 dell'articolo 1 consente al primo presidente della Corte di cassazione di avvalersi, per un periodo non superiore a 60 giorni, di personale ulteriore, nel numero massimo di 100 unità, di cui 40 unità destinate alle funzioni di verifica e conteggio delle sottoscrizioni e 60 unità con mansioni esecutive di supporto. Ai sensi del comma 3 dell'articolo 1, si provvede ad acquisire la disponibilità, mediante interpello per soli titoli indetto dall'amministrazione giudiziaria. Come previsto dal successivo comma 4, possono partecipare i dipendenti di ruolo dell'amministrazione giudiziaria che abbiano maturato un minimo di 3 anni di servizio nel profilo professionale di appartenenza. Il comma 5 dell'articolo 1 dispone in materia di retribuzione del personale aggiuntivo e stabilisce che tale personale sia responsabile, verso l'Ufficio centrale, delle operazioni effettuate. Il comma 6 reca l'autorizzazione di spesa, provvedendo alla relativa copertura finanziaria.

L'articolo 2 del decreto-legge introduce la disciplina della piattaforma telematica per il referendum, prevista dall'articolo 1, comma 341, della legge 30 dicembre 2020, per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per il referendum e le iniziative legislative popolari. La titolarità della piattaforma è attribuita al Ministero della Giustizia a decorrere dal 1° gennaio 2024. La data di operatività della piattaforma sarà attestata con decreto del Presidente del Consiglio, adottato su proposta del Ministro della Giustizia. Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce che il Ministero della Giustizia, per il completamento e la successiva gestione e manutenzione della piattaforma, può avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, della società Sogei-Società generale d'informatica. A tale proposito, la relazione tecnica che accompagna il provvedimento precisa che la Sogei si è già occupata della progettazione, dello sviluppo e dell'evoluzione della piattaforma. La società provvede all'acquisizione dei beni e dei servizi occorrenti tramite Consip.

L'articolo 3 dispone, infine, in merito all'entrata in vigore del decreto-legge.

Segnalo, quindi, che il preambolo del decreto-legge individua i motivi di necessità e urgenza dell'intervento normativo nell'esigenza di intervenire per il rafforzamento degli Uffici della Corte di cassazione impegnati nell'espletamento delle attività di verifica delle sottoscrizioni, a sostegno di proposte referendarie che debbono essere svolte dal 30 settembre al 31 ottobre, in attesa, dunque, della piena operatività della piattaforma digitale.

Concludo evidenziando come il testo del decreto-legge originario non abbia subito alcuna modifica, in assenza di emendamenti, e come le Commissioni competenti in sede consultiva abbiano espresso parere favorevole.

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire.

È iscritto a parlare il deputato Palombi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PALOMBI (FDI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il decreto che discutiamo oggi in Aula reca disposizioni urgenti per gli Uffici presso la Corte di cassazione in materia di referendum e disposizioni in materia di piattaforma digitale per la raccolta delle sottoscrizioni.

Il testo è composto da 3 articoli, è stato esaminato in prima lettura dalla I Commissione (Affari costituzionali) e arriva oggi in Aula senza modifiche, con il parere favorevole delle Commissioni II, V e VI, segno tangibile di una condivisa e trasversale comprensione politica della necessarietà del contenuto stesso del decreto.

È chiaro a tutti i gruppi parlamentari che il referendum sia uno strumento fondamentale per consentire ai cittadini una diretta e concreta partecipazione alla cosa pubblica. Pertanto, anch'esso necessita di adeguamenti relativi alla digitalizzazione e a una più facile fruizione erga omnes. Proprio per garantire l'efficacia dello strumento referendario, il provvedimento è finalizzato ad adottare tutte le misure necessarie per assicurare la gestione delle ultime proposte recepite, i cui quesiti sono attualmente sottoposti al vaglio di ammissibilità, poiché a oggi la piattaforma digitale per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per il referendum e le iniziative popolari, già prevista all'articolo 1, comma 341, della legge n. 178 del 2020, non risulta ancora operativa.

Per tale ragione si rende necessario rafforzare gli Uffici della Corte di cassazione impegnati nell'espletamento delle attività di verifica delle sottoscrizioni a sostegno di proposte referendarie che devono essere svolte dal 30 settembre al 31 ottobre. La semplificazione dell'attività di raccolta delle firme, con scarse garanzie in relazione alla loro autenticità e senza analoga semplificazione dell'attività di verifica, ha creato non pochi problemi organizzativi, rispetto ai quali l'intervento del Governo Meloni è stato immediato. Proprio la previsione del temporaneo rafforzamento dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, nelle more della piena operatività della piattaforma sulla quale il Governo sta lavorando, permetterà di superare in breve tempo questa difficoltà.

L'articolo 1, quindi, contiene le misure necessarie ad assicurare la gestione delle richieste di referendum in relazione sia all'espletamento delle operazioni di verifica della regolarità delle sottoscrizioni, di conteggio, che di ammissibilità dei quesiti referendari. Per fare questo, il primo presidente della Corte di cassazione potrà avvalersi, per un periodo non superiore a 60 giorni, di personale ulteriore rispetto a quello in servizio a qualsiasi titolo presso la Corte nel numero massimo di 100 unità: 40 per le funzioni di verifica e conteggio delle sottoscrizioni, appartenenti all'area assistenti, seconda area professionale, e 60 con mansioni esecutive di supporto, in particolare per l'inserimento dei dati nei sistemi informatici, appartenenti all'area assistenti.

L'articolo 2 disciplina la nuova titolarità della piattaforma digitale assegnata al Ministero della Giustizia a partire dal prossimo anno e la conseguente gestione. A tal fine e per la manutenzione della piattaforma digitale, su proposta del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Dicastero della Giustizia potrà avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, della società SOGEI, Società generale d'informatica Spa, che si è già occupata della progettazione, sviluppo e evoluzione di detta piattaforma.

A questo proposito e a riprova del lavoro che il Governo Meloni sta portando avanti per rendere operativa la piattaforma, ricordo che già lo scorso 5 maggio il Dipartimento per la transizione digitale della giustizia, l'analisi statistica e le politiche di coesione del Ministero della Giustizia aveva sottoscritto con il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri un accordo, senza oneri, proprio per disciplinare le fasi di attuazione delle attività progettuali volte al completamento della piattaforma telematica e alla successiva attivazione, con il contestuale passaggio della gestione di essa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero della Giustizia mediante la stipulazione di un'apposita convenzione.

In conclusione, rammento, come segnalato nella relazione introduttiva del decreto, che questo provvedimento ripropone, salve minime correzioni, l'efficacia delle disposizioni introdotte dall'articolo 5 del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2021, n. 205. Già allora si era presentato il medesimo problema e il Governo in carica non era intervenuto, se non con una misura temporanea. L'Esecutivo guidato da Giorgia Meloni, invece, oltre a riprendere il filo del precedente intervento, in ossequio al principio della continuità istituzionale fa passi in avanti per arrivare finalmente al concreto funzionamento della piattaforma digitale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1491-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy (A.C. 1341-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1341-A: Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1341-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, il presidente della Commissione attività produttive, l'onorevole Alberto Luigi Gusmeroli.

ALBERTO LUIGI GUSMEROLI , Relatore. Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, questo è un provvedimento molto importante, per una serie di motivazioni, la cui approvazione, per certi aspetti, cambia il paradigma per cui il Parlamento è svilito di compiti e tutto viene fatto dal Governo, ratificato poi dal Parlamento, il quale non riesce a incidere sui provvedimenti. Dobbiamo fare un po' di storia di questo provvedimento: nasce a gennaio 2023 con un'indagine conoscitiva proposta dalla Lega e fortemente voluta da tutti i membri della Commissione attività produttive; indagine conoscitiva nella quale sono state ascoltate tantissime associazioni, alcune direttamente, altre tramite un contributo scritto. Stiamo parlando di oltre 160 associazioni che rappresentano milioni di attività economiche, milioni di eccellenze per il made in Italy.

Un'opera di ascolto per certi aspetti monumentale. Perché quest'opera di ascolto? Perché questo dovrebbe essere il modo migliore per scrivere una norma di legge che ha una valenza fondamentale per il nostro Paese. Spesso nel passato, e ne portiamo ancora oggi le conseguenze, buone idee si sono tradotte in pessime leggi. E perché si sono tradotte in pessime leggi? Per il semplice fatto che non si è fatta un'opera di ascolto. Allora, al di là del risultato di approvazione di questa proposta di legge, dico che questa potrà avere difetti, ma è una buona legge, perché ha ascoltato milioni di attività economiche, perché ha tradotto quest'opera di ascolto in un documento conclusivo di circa 60 pagine, le cui ultime 6 sono diventate parte di questo provvedimento.

In altre parole, con riferimento a questo disegno di legge, il Parlamento è stato centrale, ma non solo nella fase di ascolto dei rappresentanti delle attività economiche e nel documento conclusivo che è stato consegnato al Governo - e qui voglio ringraziare sia il Ministro Urso sia il Vice Ministro Valentini, perché hanno colto l'importanza di queste 60 pagine di ascolto - ma anche perché poi il documento approvato dal Consiglio dei ministri è tornato in Commissione ed è stato ancora migliorato. Non a caso, sono stati approvati oltre 100 emendamenti e molti di quelli approvati sono arrivati dall'opposizione.

Ecco perché parlo di una buona legge e mi auguro che anche il Movimento 5 Stelle - che in Commissione, probabilmente, con qualche difficoltà, ha votato contro - in Aula possa trasformare il suo voto in un'astensione e faccio già appello ai colleghi del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, è significativo che vi sia stato un voto di astensione sia da parte della sinistra del Partito Democratico che di Azione, segno che l'opera di ascolto, tradotta in questa legge di 50 articoli, è stata una buona opera, e questa sarà una buona legge.

Questa legge si divide in cinque Titoli e, a parte i princìpi generali, vi sono alcuni aspetti nodali. Noi viviamo una situazione economica di bassa crescita: basta vedere ciò che è successo negli ultimi trent'anni in Italia dove, quasi sempre, ci siamo collocati sotto la media europea. Anche quando abbiamo avuto delle crescite forti dopo il COVID, esse venivano da momenti di decrescita altrettanto forti. Quindi, abbiamo un problema strutturale di bassa crescita e un Paese che ha un debito pubblico molto elevato non può permettersi una bassa crescita.

Pertanto, questo provvedimento è importante perché, aiutando le eccellenze del made in Italy, aiuta la crescita di questo Paese; e la crescita di questo Paese sostiene l'enorme debito pubblico. Noi non abbiamo alcuna possibilità di ridurre nel breve periodo il debito pubblico, ma abbiamo la possibilità di sostenerlo, di renderlo in qualche modo affrontabile dal nostro bilancio, proprio facendo crescita economica.

Allora, il Titolo II - che parla di crescita e consolidamento delle filiere strategiche nazionali - è una parte di questo provvedimento legislativo molto importante. Qui noi parliamo di un fondo che, nell'ambito dell'impegno che deve esserci verso le attività economiche, non è elevatissimo - possiamo dirlo - ed è quasi simbolico. Tuttavia, dobbiamo anche dire che è la prima volta che si vuole puntare ad aiutare il mondo delle filiere, delle eccellenze, del made in Italy.

Ovviamente, lo si aiuta, partendo dalle nuove leve di questo Stato, dai giovani, e quindi il Titolo III, che riguarda l'istruzione e la formazione, è molto importante. Noi viviamo un mismatch terribile tra domanda e offerta di lavoro. Ciò vuol dire che abbiamo due eserciti che non riescono a incontrarsi, una domanda di lavoro formata che non riesce a incontrare un'offerta di lavoro formata. Non è solo la creazione del liceo del made in Italy; qui si parla di aiutare gli istituti di formazione professionale e bisogna cambiare anche il modo di pensare per cui non abbiamo dei figli di un Dio minore se questi ultimi vanno alla scuola professionale. Ci sono scuole professionali che non hanno paragone in Europa. Io vengo da un territorio che esprime la miglior scuola alberghiera d'Italia, l'Istituto Maggia di Stresa, sul lago Maggiore: un luogo meraviglioso, vi invito a visitare quei luoghi. Questo istituto alberghiero sforna allievi che, ancor prima di essere diplomati, trovano un posto di lavoro qualificato. In altre parole, rispetto a quel mismatch tra offerta e domanda di lavoro, con la formazione si riesce a vincere.

Questo vale anche per altri temi. Noi abbiamo il tema della digitalizzazione e la necessità di formare i giovani su nuovi temi, e allora ancora le scuole professionali. A me piace sempre fare degli esempi. Io vengo dal lago Maggiore, da Arona, una città bellissima, e a poca distanza, a una ventina di chilometri, c'è la scuola di Verbania, il Cobianchi, con 2000 studenti che appassionatamente vanno a scuola per essere formati. E non parliamo solo di tornitori, alesatori e fresatori, ma di studenti che lavorano sulla robotica, sull'intelligenza artificiale, su quelli che saranno i temi del futuro e che, anche in quel caso, diminuiranno il mismatch tra offerta e domanda di lavoro.

Allora, molto importante è la Fondazione Imprese e competenze per il made in Italy che può aiutare tutte queste realtà, non solo il liceo del made in Italy, ma tutte le realtà di formazione. Infatti, qui,r proprio noi genitori dobbiamo cambiare l'idea per cui se i nostri figli vanno al liceo sono dei bravi ragazzi, se invece non vanno al liceo non sono dei bravi ragazzi. No, sono tutti bravi ragazzi. Tra l'altro, all'interno del mondo del lavoro è cambiato proprio il ruolo stesso dell'operaio e ci sono operai specializzati che hanno una qualificazione che non immaginiamo neanche. Anche lì, all'interno di quella scuola, il Cobianchi, magistralmente diretta, si sfornano studenti che quasi subito trovano un lavoro, ma, se vogliono, hanno anche tutte le possibilità di proseguire gli studi. Deve cambiare l'idea che abbiamo tutti delle scuole di formazione professionale; bisogna aiutare le scuole di formazione professionale perché possano essere propedeutiche all'università, come al mondo del lavoro.

Ebbene il made in Italy si aiuta anche cercando di limitare il più possibile la contraffazione e l'italian sounding.

Le eccellenze italiane soffrono di concorrenza sleale, soffrono di contraffazione per decine di miliardi, ma le eccellenze italiane, quando trovano mercati all'estero, non vengono più abbandonate. Perché? Perché quando una persona compra un marchio italiano non cambia più idea, perché le nostre eccellenze non sono seconde a nessuno.

Allora, abbiamo bisogno, da un lato, di aprire nuovi mercati, dall'altro, di contrastare l'enorme contraffazione che si verifica nell'ambito dei mercati mondiali. Ovviamente, dobbiamo guardare al futuro e il futuro, sicuramente, è di enorme aiuto, perché la contraffazione si può contrastare con le nuove tecnologie, con la digitalizzazione, con l'intelligenza artificiale, con la blockchain, che segue tutto, passo passo, dalla produzione alla commercializzazione: si ha la possibilità di vedere tutti i passaggi di quel bene e di essere sicuro di comprare italiano. Quindi, con questa legge, per ciò che riguarda la contraffazione, il futuro sarà migliore del presente e del passato. Daremo più strumenti alle Forze dell'ordine e ai controllori per verificare e aiutare il sistema del made in Italy, limitando la contraffazione.

Però, dobbiamo ricordarci che - e torno all'inizio - questo Paese ha bisogno di fare squadra su tanti temi e soprattutto dobbiamo tornare a essere orgogliosi di questo Paese. Per certi aspetti, chi va all'estero sa benissimo che il bene italiano, il prodotto italiano è stimatissimo. Spesso siamo noi che non ci stimiamo. Allora, fare squadra è importantissimo. Quando facciamo le fiere all'estero, quando si va all'estero, quando le nostre istituzioni, il nostro Governo e il nostro Presidente del Consiglio vanno all'estero, ci deve essere, sempre nell'ambito della loro agenda, l'aiuto alle eccellenze italiane. Ricordo uno studio di alcuni anni fa. C'era ancora la Cancelliera Merkel e lei andava, con tutte le aziende, in mercati a noi ancora sconosciuti. Mi ricordo uno studio che diceva che la Cancelliera Merkel era andata nella lontanissima Mongolia almeno tre volte (non so, invece, quante volte ci siamo stati noi negli ultimi 20 anni). Così le nostre aziende troverebbero sicuramente grandi mercati, mentre oggi, se li trovano, li trovano da sole.

Dobbiamo fare squadra e questo provvedimento aiuta a fare squadra. È un po' uno spartiacque tra un modo di operare non coordinato e un modo di operare che, invece, deve essere coordinato, deve essere sinergico, deve essere di creazione di valore, portando le nostre eccellenze all'estero.

È molto importante anche il tema della valorizzazione delle nostre eccellenze italiane e, quindi, la conoscenza delle nostre eccellenze all'estero. Dunque, i nostri mercati rionali, i nostri mercati nazionali, i nostri borghi, perché, quando si fa made in Italy, si fa anche turismo, si veicolano le eccellenze che non sono solo i beni, ma sono la storia, l'arte e la cultura di questo Paese. Allora, anche da questo punto di vista, questo provvedimento aiuta a sostenere e a far conoscere il nostro Paese.

Chiudo, dicendo che dobbiamo tornare a essere orgogliosi del nostro Paese. Abbiamo luoghi incantevoli, che spesso ci sono invidiati da tutto il mondo, ma che non riusciamo ancora appieno a valorizzare. Perché non ci riusciamo? Non ci riusciamo, perché, purtroppo, il tema del fare squadra è dirimente su tutti. In questo provvedimento, che probabilmente vedrà l'approvazione di tutta la maggioranza e l'astensione di buona parte della minoranza, per la prima volta, si fa squadra su un tema fondante che fa crescita economica e occupazione. Si è ragionato tutti insieme e si sono approvati centinaia di emendamenti tutti insieme, perché si è voluto finalmente bene a questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Prendo atto che rappresentante del Governo, il Vice Ministro Valentini, si riserva di intervenire.

È iscritto a parlare il deputato Enrico Cappelletti. Ne ha facoltà.

ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Grazie, Presidente. Nel corso del mio intervento, risponderò, in maniera puntuale, al presidente Gusmeroli, naturalmente, ma il problema fondamentale è che l'indagine conoscitiva è stata, sì, importante da parte della Commissione e partecipata, però il disegno di legge di cui stiamo parlando è un disegno di legge del Governo, non è una proposta di legge parlamentare. È un disegno di legge che contiene tutta una serie di punti che non sono all'interno della relazione finale dell'indagine conoscitiva e, al contempo, non comprende molti punti salienti e fondamentali, che per noi sono prioritari, che sono contenuti nella relazione finale dell'indagine conoscitiva e sono stati peraltro sostanzialmente approvati all'unanimità.

Ma andiamo per gradi. Innanzitutto, un dato di fatto: abbiamo un grande bisogno di valorizzare, promuovere e tutelare il made in Italy e questo tanto più che, dopo un anno di Governo Meloni, come ha attestato l'analisi de Il Sole 24 Ore dello scorso 20 ottobre, l'Italia è piombata a essere ultima per crescita economica nell'Eurozona. Solo un anno fa, per fare un confronto tra prima e dopo il Governo Meloni, eravamo tra i primi per crescita in Europa, avendo il nostro Paese superato di slancio, dal 2019 al 2022, la crescita del PIL della Germania, della Francia e della Spagna. Questo crollo è avvenuto nonostante 240 miliardi di PNRR, che avrebbero dovuto, al contrario, far decollare il PIL del nostro Paese nel 2023 e, da qui, naturalmente agli anni a venire.

Per inciso, Presidente, so benissimo che, per trovare una giustificazione a questo incredibile ed eclatante risultato fallimentare di un anno - di un solo anno - di Governo Meloni, alcuni esponenti di maggioranza e di Governo chiamano in causa il superbonus. Ovviamente, non c'entra nulla, così com'è attestato non dal MoVimento 5 Stelle, ma da tutti - ripeto: tutti! - i più autorevoli e prestigiosi centri studi nazionali. Ma se sul superbonus ci fosse ancora qualche dubbio residuo, signor Presidente, si potrebbe ricordare al Governo che non solo la destra è stata sempre favorevole al superbonus, ma che a presentare emendamenti per prorogare ed estendere questa misura sono stati il Ministro Salvini, il Ministro Lollobrigida, il Sottosegretario Fazzolari, il Ministro Pichetto Fratin, il Ministro Ciriani, la Ministra Bernini, il presidente Foti, il Sottosegretario Delmastro Delle Vedove, il Sottosegretario Albano, il Sottosegretario Bellucci eccetera, solo per citare alcuni degli attuali membri del Governo che hanno firmato, assieme a moltissimi altri esponenti di maggioranza, emendamenti per prorogare ed estendere il superbonus.

Altro che superbonus! Le vere ragioni di questo disastro, dopo solo un anno di Governo Meloni, risiedono nella cosiddetta politica di austerità; sono conseguenza dei tagli alla sanità, dei tagli all'istruzione, dei tagli alle pensioni; sono conseguenza delle nuove tasse per miliardi e miliardi di euro; sono conseguenza anche della tassa Meloni - sì, la tassa Meloni - sulle bollette conseguente alla mancata proroga del mercato tutelato, ma sono conseguenza, Presidente, anche dei 14 tra condoni ed esenzioni fiscali che hanno prosciugato, da una parte, le casse pubbliche e, dall'altra, hanno premiato i furbi e hanno umiliato gli onesti di questo Paese, ossia i pensionati, i dipendenti, ma anche le imprese e le partite IVA che, in questo Paese, pagano le tasse, quelle tasse che la Presidente Meloni ha chiamato irresponsabilmente pizzo di Stato; e le pagano fino in fondo, ogni giorno, a costo di grandi sacrifici, nonostante il pessimo esempio che viene anche in questi giorni testimoniato da alcuni esponenti di Governo.

Tornando al merito del provvedimento in esame, vorrei fare qualche considerazione. Innanzitutto è chiaro che esprimo forti perplessità rispetto a questo disegno di legge sia per ciò che contiene, sia, forse anche in maniera maggiore, per ciò che non contiene. Le disposizioni contenute in questo disegno di legge sono talmente minime - parliamo di dotazioni di pochi fondi e solo per alcuni comparti - che non hanno destato alcuna particolare attenzione nel Paese. La scelta intrapresa è stata quella di distribuire piccole somme a pochi beneficiari, insomma una manciata di milioni che ragionevolmente, purtroppo, non cambierà certo le sorti di nessuno degli ambiti economici interessati.

Vorrei utilizzare il tempo a disposizione per vedere in maniera più puntuale alcuni dei punti più controversi contenuti in questo disegno di legge, per poi elencare brevemente le sue più plateali mancanze, anche alla luce e proprio alla luce del lavoro di approfondimento sul made in Italy condotto con l'indagine conoscitiva in Commissione. Tale indagine conoscitiva, senza dubbio, ha creato molte aspettative che con questo testo rimangono, tuttavia, in buona parte disattese.

Va detto - qui convengo - che è stato fatto un grande lavoro in Commissione con le audizioni in sede di indagine conoscitiva. La Commissione ha, infatti, ascoltato molte voci, tutte utili a delineare un quadro di necessità di un settore che è, al tempo stesso, orgoglio e forza del nostro Paese. Tuttavia, qui abbiamo la prima incoerenza. Infatti, a un'indagine conoscitiva fatta in Parlamento non è seguita una corrispondente iniziativa legislativa coerente e susseguente di origine parlamentare; si è agganciata, al contrario, un'iniziativa legislativa di origine governativa, partita dalla necessità, invero, di fornire qualche appiglio alla propaganda del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle imprese e del made in Italy. Il lavoro del Parlamento è servito, dunque, a quanto pare, solo da corollario, forse perfino da legittimazione di idee, proposte e decisioni assunte, pensate e scritte altrove. Questo, a prescindere dai lavori parlamentari; è un'ulteriore umiliazione del Parlamento anche perché non c'è stato neppure l'alibi della necessità e urgenza che giustifica il ricorso alla consueta decretazione da parte del Governo. Il Parlamento, insomma, è stato ancora una volta privato del suo ruolo e delle sue funzioni proprio mentre le stava esercitando. Se, sul fronte dell'indagine conoscitiva, la Commissione ha fatto un buon lavoro, spiace constatare che non ci sia stato un sufficiente coinvolgimento delle rappresentanze dei diversi comparti produttivi coinvolti sul testo del disegno di legge in discussione. Sarebbe stata infatti - mi rivolgo, suo tramite, anche al presidente Gusmeroli - ben altra cosa, rispetto all'indagine conoscitiva, consultare le parti sociali, le associazioni di categoria e le imprese su un testo scritto, ma, evidentemente, Governo e maggioranza hanno deciso altrimenti. Ascoltiamo le imprese prima di scrivere quello che vogliamo fare nel tentativo di non fare emergere nuove critiche a questo provvedimento.

È stato detto che la relazione finale dell'indagine conoscitiva è stata interamente ricompresa nel provvedimento in discussione, ma non è così, se non per qualche aspetto certo marginale.

Sono molti, infatti, i punti salienti della relazione sul made in Italy della Commissione che sono rimasti lettera morta, così come le principali previsioni contenute nel disegno di legge in discussione non sono neppure citate nella relazione sul made in Italy della Commissione. Mi rendo conto che, in questo confronto politico tra Governo e maggioranza, l'opposizione non possa che avere ben poca voce in capitolo ed è normale che sia così. Tuttavia, qui è mancata completamente anche la voce della maggioranza parlamentare rispetto a quest'ennesima prevaricazione del Governo, come se la funzione legislativa fosse una funzione già abdicata dal Parlamento. È mancata completamente una funzione di tutela delle prerogative parlamentari e il risultato è deludente sia nel merito di ciò che contiene sia per ciò che manca.

Vediamo i punti principali di questo provvedimento. Il primo è l'introduzione di un fondo sovrano. Ebbene, dopo solo pochi giorni dall'approvazione in Parlamento della legge delega per armonizzare gli incentivi alle aziende, cioè di una legge, che abbiamo approvato, pensata per semplificare, unificare e rendere più efficaci gli strumenti di incentivo, qui adesso si tende a introdurre un nuovo strumento disarticolato dagli altri strumenti già esistenti e di cui onestamente non si comprendono le differenze rispetto a quelli già esistenti. Si introduce, dunque, con questo fondo un rischio reale di confusione e di sovrapposizione. Mi chiedo perché non si sia preferito convogliare tutte le risorse disponibili in un unico strumento in grado di fare realmente massa critica invece di avviare un altro piccolo fondo, peraltro scarsamente finanziato e solo per due anni. E poi, come si fa a condividere un provvedimento che non definisce con chiarezza le peculiarità, le caratteristiche, gli obiettivi e la governance di questo fondo? Presidente, ho posto le stesse domande in Commissione e sono rimaste tutte senza risposta. Governo e maggioranza hanno addirittura votato contro un emendamento che chiedeva al Governo, in fase di esercizio della delega, di tenere in considerazione gli strumenti già esistenti e che vanno nella stessa direzione. Era un emendamento di buonsenso. Invece di mettere insieme le forze, il Governo preferisce perseguire la strada dei mille rivoli. L'impressione è che Governo e maggioranza siano maggiormente interessati alla creazione di un nuovo sistema di potere, magari per due anni, dove sistemare magari qualche parente illustre. Certo, potrebbe sembrare un'accusa eccessiva ma, per inciso, sappiamo tutti che è già avvenuto, sappiamo tutti che sono già stati sistemati, dalla o attorno alla maggioranza di Governo, cognati, figli, sorelle e cugini, tutti, peraltro, con nomine discutibili e, guarda caso, sempre in posizioni apicali ben remunerate. C'è solo l'imbarazzo della scelta. È un peccato perché, in questo modo perdiamo l'occasione di mettere a disposizione delle aziende del nostro Paese un efficace strumento di sviluppo, di cui oggettivamente avvertiamo l'esigenza.

Il MoVimento 5 Stelle non è contrario all'introduzione di un fondo sovrano, vorremmo, per quanto possibile, anche andare oltre. Noi pensiamo e proponiamo una banca pubblica per gli investimenti al fine di sostenere lo sviluppo delle nostre imprese, ma è difficile condividere la costituzione di questo che, più che un fondo sovrano, è un “fondino” a termine, le cui caratteristiche sono peraltro indefinite. È una sorta di cambiale in bianco da dare al Governo, un Governo che, però, ha già dato ampia dimostrazione di sé facendo in un solo anno piombare il nostro Paese dal primo all'ultimo posto per crescita in Europa, e questo nonostante i 240 miliardi del PNRR.

Un'altra considerazione: non possiamo pensare di promuovere il made in Italy senza corrispondentemente pensare a promuovere l'innovazione nel nostro Paese. Eppure, in questo disegno di legge manca un vero sostegno all'innovazione. Nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione giustamente ci si era soffermati su questo aspetto. Sarebbe stato un bel segnale per tutto il Paese e per le sue aziende.

Non comprendo perché si sia preferito affrontare la questione in Commissione, di fatto, buttando la palla in tribuna, dichiarando di voler rimandare la discussione sull'innovazione, su questo punto, a un altro atto, come se lo sviluppo e il sostegno all'innovazione non fossero prioritari e centrali per lo sviluppo e il sostegno made in Italy. Siamo profondamente convinti che l'innovazione, al contrario, sia un elemento centrale, non solo per le politiche di sviluppo del made in Italy nel futuro, ma anche per il mantenimento delle sue attuali posizioni, conquistate sui mercati nazionali e internazionali. Purtroppo, non possiamo che constatare che, benché la Commissione avesse fatto un focus, si fosse soffermata su questa esigenza, emersa, appunto, durante l'indagine conoscitiva, questo provvedimento, da questo punto di vista, delude le aspettative della Commissione contenute nella relazione finale e, inoltre, rappresenta l'ennesima occasione mancata.

Un altro punto sul quale mi vorrei soffermare è quello del liceo del made in Italy. Due considerazioni fanno dedurre che sia solo una trovata per fare un po' di propaganda. La prima - probabilmente, è il dato più significativo - è che viene istituito senza alcuna previsione di spesa. La seconda è ancora più emblematica e cioè che esistono già in molte regioni d'Italia istituti tecnici professionali per il made in Italy. Pensate che, nell'anno scolastico 2018-2019, il MIUR ha riformato, infatti, l'assetto delle scuole superiori di indirizzo professionale, incrementandone il numero con l'intento di aumentare, nei diversi ambiti, l'efficienza del made in Italy. Nel sito del MIUR è specificato che il nuovo corso di studi sul made in Italy già esistente preveda proprio una particolare attenzione alle produzioni tipiche locali ed è sottolineato nei programmi il forte legame con il territorio. Checché ne dica la Presidente del Consiglio dei ministri, non è stato inventato nulla.

Non è affatto chiara, dunque, la portata innovatrice di questa proposta, visto e considerato che istituti scolastici di secondo grado per il made in Italy esistono già, anche se per maggioranza e Governo è bene non ricordarlo, altrimenti dovrebbero attribuirne il merito o, meglio, dovrebbero attribuire il merito della loro proposta al Governo precedente e viste le dichiarazioni della Presidente del Consiglio sulla portata innovativa di questa proposta, questa missione sarebbe quanto meno imbarazzante.

Ad ogni buon conto, non posso non esprimere molte perplessità sul fatto che questa proposta possa essere concretizzata a costo zero. Il rischio, infatti, è di andare a drenare risorse umane e materiali da altri corsi di studio, con il risultato di raggiungere l'obiettivo opposto a quello dichiarato, ovverosia, non rafforzare l'offerta scolastica esistente, che sarebbe una cosa buona, ma, al contrario, indebolirla, sottraendo risorse e personale.

Con questa previsione, maggioranza e Governo hanno cercato di giustificare, riempiendoli con qualche contenuto, mesi di propaganda a favore di un made in Italy, però, svuotato di qualsiasi idea. Ma, evidentemente, l'hanno voluto fare senza crederci neppure molto. Infatti, questa proposta è talmente importante per la maggioranza che il Governo non ha inteso metterci neppure un euro. Dunque, è di tutta evidenza l'insussistenza della proposta, da relegare a pura propaganda.

A proposito delle reti di piccole e medie imprese per le rinnovabili, ne parlo perché, sempre nell'indagine conoscitiva citata dal presidente Gusmaroli, al paragrafo 6, leggiamo che è fondamentale promuovere reti di PMI per la realizzazione di impianti e servizi per l'accesso a fonti rinnovabili. Ribadisco questa importante previsione, perché, a mio modo di vedere, avrebbe dovuto occupare un posto prioritario nel disegno di legge in discussione. Purtroppo, però, non ce n'è traccia. Ce ne siamo dimenticati? Visto che, su questo obiettivo, c'è stata unanimità in Commissione, sarebbe fosse valsa la pena di considerare una sua previsione. Purtroppo, constatiamo che dalla relazione finale della Commissione sul made in Italy molti aspetti salienti, come questo, non sono minimamente considerati. È una perdita di occasione per rafforzare il profilo competitivo delle nostre imprese.

Spiace constatare, poi, che alla negazione di un intervento fondamentale come questo per la riduzione del costo delle bollette energetiche delle imprese farà da contraltare, sempre da parte del Governo e della maggioranza, l'aumento generalizzato delle bollette, conseguente alla mancata proroga del mercato tutelato, la cosiddetta tassa Meloni sulle bollette, che troveranno, purtroppo, milioni di italiani sotto l'albero di Natale. Ancora una volta, quindi, si va in direzione ostinata e contraria anche rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea che intervengono per abbassare le bollette energetiche di famiglie e imprese e per conferire a queste ultime un maggior profilo competitivo. Noi facciamo esattamente l'opposto. Questo intervento sarebbe stato molto importante per la salvaguardia del made in Italy e non possiamo, dunque, che stigmatizzare il fatto che sia stato completamente ignorato.

Altri aspetti contenuti nella relazione - quindi, nell'indirizzo dato dalla Commissione - che non hanno trovato alcun riscontro in questo disegno di legge sono relativi al trasporto ferroviario locale e all'intermodalità. Ancora, nel paragrafo 7 dell'indagine conoscitiva sul made in Italy, leggiamo che sono auspicati interventi per lo sviluppo del trasporto ferroviario, la riqualificazione delle stazioni e lo sviluppo di un modello di mobilità intermodale. Trasporto ferroviario, soprattutto locale, e intermodalità presuppongono chiaramente interventi in infrastrutture fondamentali per il tessuto economico e produttivo del Paese. Ebbene, non è stata data alcuna attenzione a questa proposta della Commissione nel disegno di legge in discussione.

Ancora, per quanto riguarda il turismo, poco o nulla è stato fatto anche rispetto alle misure auspicate nell'indagine conoscitiva della Commissione per favorire la destagionalizzazione del turismo, fenomeno che, per rilevanza - considerato che l'Italia è un Paese a forte vocazione turistica -, non può certo essere ignorato in un disegno di legge che propone la tutela e il sostegno del made in Italy, ma tant'è.

Ancora, nel settore dell'automotive, non c'è nulla, benché anche questo sia esplicitamente richiamato nella relazione finale dell'indagine conoscitiva. Nulla è stato fatto per il settore automotive, evidentemente bisognoso di politiche di sostegno all'innovazione e alla riconversione tecnologica, in considerazione della transizione energetica epocale che stiamo attraversando. Il Presidente Macron, pochi giorni fa, ha annunciato (testuale): “Entro la fine del quinquennio, almeno un milione di veicoli elettrici sarà prodotto in Francia. Dobbiamo continuare con l'elettrificazione dei veicoli. Dobbiamo incoraggiare le famiglie ad abbandonare i vecchi diesel a favore dei veicoli ibridi ed elettrici, ma dobbiamo anche produrre questi veicoli elettrici e le batterie”.

Presidente, mi chiedo: perché l'Italia non può porsi obiettivi altrettanto ambiziosi? Dovrebbe essere un dovere del legislatore per non contribuire, al contrario, a far perdere queste opportunità di sviluppo al nostro Paese. Mantenere l'intero settore ancorato al motore endotermico, quando i Paesi nostri partner hanno, in corso, una decisa transizione verso la mobilità sostenibile, provocherà, inevitabilmente, un contraccolpo drammatico in termini di crollo dell'export e dell'occupazione. In ogni caso, nulla di tutto questo è stato previsto e anche questa è una grande perdita di opportunità per il comparto e per il Paese.

Con questo disegno di legge sono introdotte nuove misure settoriali a sostegno di alcune importanti filiere (ricordo il legno e l'arredo, il tessile, l'impresa femminile, la nautica, le ceramiche e i prodotti orafi), ma la visione è povera e le iniziative indicate appaiono decisamente insufficienti per affrontare ciò che sta accadendo in questi settori e nei mercati internazionali. Infine, anche le citate azioni di contrasto alla contraffazione internazionale - che sono auspicabili, è bene dirlo -, appaiono troppo timide e poco efficaci rispetto alla gigantesca e allarmate dimensione del problema, che ha assunto ormai una dimensione planetaria. Siamo letteralmente sommersi di falso made in Italy, di frodi nel settore agroalimentare, di pirateria audiovisiva e digitale.

Il problema è chiaramente complesso ma, rispetto a un problema così vasto, ci saremmo aspettati un pacchetto di misure più efficace per tutelare il vero made in Italy nel mondo, intervento che, purtroppo, in questo disegno di legge non c'è.

In conclusione, Presidente, l'impressione è che si sia voluto dare a questo disegno di legge una valenza identitaria piuttosto che sfruttare un'occasione per contribuire ad aumentare il profilo competitivo delle nostre imprese e orientarle verso i settori a maggiore potenzialità di sviluppo; penso, naturalmente, alla digitalizzazione, ma anche alla sostenibilità ambientale e all'innovazione.

Alcune innovazioni, come la previsione di un Fondo sovrano appaiono, indefinite, nei fatti repliche di strumenti già esistenti. Peraltro, buona parte delle caratteristiche del Fondo sovrano saranno da definire con successivo decreto legislativo, per cui, allo stato, si tratta di conferire una sostanziale delega in bianco a un Governo che, a giudicare dai primi risultati macroeconomici raggiunti, non sembra affatto avere le idee molto chiare. Per cui, e concludo, confidiamo sul fatto che il presente disegno di legge possa essere migliorato nel corso della sua trattazione in Aula, meglio di quanto non sia stato fatto in Commissione e presenteremo, a questo scopo, i nostri emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Permettetemi di salutare gli studenti e gli insegnanti del secondo Circolo Marsciano (sono piccolissimi centri dell'Umbria, come Collepepe e Fratta Todina). Quindi, grazie ragazzi per essere qui. Benvenuti alla Camera dei deputati, buona giornata e, soprattutto, buona vita a ognuno di voi (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor Vice Ministro, 90 miliardi di euro: questo è il giro di affari illecito sulla contraffazione dei prodotti made in Italy, che, appunto, si aggira intorno a tale cifra.

La filiera della contraffazione è riuscita a ritagliarsi un business che vale circa 6 punti percentuali di PIL, tanto che la Guardia di finanza ha messo a punto un piano d'interventi per il 2023 finalizzato proprio ad arginare quello che, in gergo, prende il nome di italian sounding, cioè un sistema che sfrutta parole, immagini, colori, indicazioni geografiche e, quindi, le applica alle merci contraffatte; valori enormi, che hanno provocato, in questi anni, una gravissima flessione per tutti i distretti industriali, ma anche per lo Stato. Nel 2020, la contraffazione ha provocato un decremento economico nazionale pari a 17 miliardi di euro, determinando, di conseguenza, un minor gettito erariale di IVA, di Ires, di IRPEF e di contributi previdenziali, per un valore di quasi 5 miliardi. E ai numeri relativi ai danni economici prodotti della contraffazione se ne devono aggiungere altri. Secondo l'Annuario Istat, nel 2022, l'Italia ha registrato un forte aumento, precisamente il 20 per cento, del valore in euro delle merci esportate. Tuttavia, a fronte di questo aumento del 20 per cento, abbiamo un incremento del 36,4 per cento delle materie importate, su cui pesa ovviamente, in modo determinante, la componente energetica. Quindi, la bilancia commerciale per il 2022 segna un deficit di quasi meno 31 miliardi di euro. Vorrei ricordare che, nel 2021, invece, il saldo commerciale era positivo ed era di più 40 miliardi di euro.

Perché ho scelto di partire dai numeri? Perché forniscono, in modo immediato, il valore e l'urgenza di assumere provvedimenti attesi da anni a tutela dei prodotti universalmente riconducibili al made in Italy e, quando si parla di made in Italy nel mondo, si parla di eccellenza, è un abbinamento ormai consolidato e internazionalmente riconosciuto, un abbinamento, però, seriamente minacciato proprio dal giro di interessi illeciti prodotti su merci contraffatte, che macchiano non poco la credibilità, l'affidabilità e, soprattutto, la qualità dei nostri prodotti e delle nostre imprese, che, come sappiamo, sono già gravemente provate dai danni economici prodotti dalla pandemia, prima, e dalla crisi energetica, poi. Quindi, per sostenere i nostri settori produttivi ed evitare soprattutto che i marchi storicamente riferiti al made in Italy siano messi in discussione a causa dei traffici di merci contraffatte, era necessario intervenire con un provvedimento organico, ben strutturato e, soprattutto, che partisse dalle esigenze concrete delle imprese.

Il provvedimento che ci accingiamo a esaminare e ad approvare risponde perfettamente a tutto questo. In particolare, l'impianto del disegno di legge si fonda sull'ascolto dei soggetti interessati avviato dalla Commissione attività produttive attraverso un'indagine conoscitiva sul made in Italy che ha coinvolto circa 160 associazioni di categoria rappresentative di altrettante realtà produttive, uno schema di lavoro che, senza tanti giri di parole, considero davvero vincente e, per questo, mi faccia ringraziare, per l'imponente, prezioso lavoro svolto in questi mesi, i componenti la Commissione attività produttive, in particolare la mia collega, la vicepresidente Cavo, e il presidente Gusmeroli. Infatti, quando si attiva l'ascolto delle realtà interessate dai provvedimenti che vedono la luce nelle Commissioni in quest'Aula poi il lavoro parlamentare diventa più semplice e, soprattutto, viene maggiormente garantita l'efficacia finale della legge approvata.

In particolare, vorrei andare nel dettaglio del disegno di legge, evidenziando la rilevanza di nuovi strumenti per combattere la contraffazione dei prodotti e per tutelare i beni storici in crisi. Si prevede, infatti, che le imprese titolari o licenziatarie di un marchio registrato da almeno 50 anni che intendano cessare l'attività del loro sito principale debbano notificare il provvedimento al Ministero delle Imprese e del made in Italy, quindi notificare le informazioni relative al progetto di chiusura e i relativi motivi economici, finanziari e tecnici che lo determinano. Il Ministero, a quel punto, può decidere di subentrare gratuitamente nella titolarità di questi marchi e di quelli inutilizzati da almeno 5 anni, se sono di valenza nazionale, al fine di salvaguardarne la continuità. Il Ministero delle Imprese e del made in Italy è, poi, autorizzato a utilizzare i marchi esclusivamente in favore di imprese, anche estere, che intendono investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all'estero. Quindi, una misura perfettamente in linea con la ratio complessiva del provvedimento che, come chiarito nel primo articolo, reca disposizioni organiche tese a valorizzare e promuovere, in Italia e all'estero, le produzioni di eccellenza, le bellezze storico-artistiche e le radici culturali nazionali quali fattori da preservare e tramandare non solo ai fini identitari, ma anche per la crescita dell'economia nazionale nell'ambito e in coerenza con le regole del mercato interno dell'Unione europea.

Tutelare i nostri marchi, dunque, non significa solo mettere in sicurezza gli asset economici del nostro Paese, ma anche la nostra storia, la nostra cultura e, in particolare, la cultura d'impresa che ha fatto scuola in tutto il mondo, creando parametri aziendali e lavorativi, ripresi poi dai grandi colossi economici mondiali.

Un altro tema importante che trova spazio nel disegno di legge sul made in Italy è quello della formazione. Già da settembre 2024, è previsto, con un regime transitorio, l'avvio dell'attività didattica del liceo del made in Italy, liceo per promuovere le conoscenze, le abilità e le competenze connesse alle produzioni di eccellenza nazionale. Il testo in esame prevede l'implementazione del liceo del made in Italy con l'insegnamento delle discipline cosiddette STEM, competenze e conoscenze basilari che forniscono qualità di capacità analitica e di problem solving particolarmente ricercate dal mercato del lavoro, in modo tale da fornire competenze altamente qualificate e strumenti innovativi.

Personalmente e come gruppo di Noi Moderati, abbiamo considerato sempre prioritario investire sull'accesso alle discipline STEM, soprattutto da parte delle donne; infatti, solo il 34 per cento di chi si laurea in tali discipline è di sesso femminile, un aspetto dunque che andrebbe ad ampliare lo spettro di possibilità lavorative per le donne, consentendo di usufruire delle loro abilità anche in settori tradizionalmente maschili, oltre che accrescere in generale l'occupazione femminile, fondamentale, anche e soprattutto, a fini demografici.

Signor Presidente, ci sono, inoltre, due misure che vorrei evidenziare, anche con un pizzico di orgoglio, a cui ho lavorato insieme alla mia collega di gruppo, l'onorevole Cavo, che ringrazio ancora per il suo importante lavoro su questo provvedimento. Sono due misure che si aggiungono alle altre scaturite da emendamenti del nostro gruppo.

La prima misura riguarda l'istituzione, presso il Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del Registro nazionale delle associazioni delle città di identità, frutto dell'approvazione di un emendamento ad hoc, che nasce da un progetto di legge a mia prima firma, che oggi riteniamo totalmente assorbito dall'articolo 40 della legge sul made in Italy e che origina da una serie di incontri con il presidente nazionale delle Città dell'olio, Michele Sonnessa, e con il presidente nazionale delle Città del vino, Angelo Radica. L'istituzione del Registro ha, quindi, lo scopo di promuovere e valorizzare le identità culturali nei mercati nazionali e internazionali, assicurando la più ampia partecipazione degli operatori dei settori agricoli nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e di promozione delle produzioni di pregio e di alta rinomanza.

Signor Presidente, in Italia operano ormai da tempo formidabili organismi associativi a carattere comunale, che hanno lo specifico scopo di promuovere e di valorizzare tutte le identità culturali più autentiche dei loro territori. Pensiamo, come dicevo prima, alle colture dell'ulivo e della vite, unitamente alle relative dirette produzioni quali l'olio extravergine di oliva e il vino, ma mancava loro il riconoscimento istituzionale. Ora, con questo, le città di identità - che sono davvero una unicità nel nostro Paese - e le relative associazioni nazionali ufficialmente riconosciute avranno un ruolo fondamentale nelle politiche di promozione dei territori, come strumento di progettualità, di attrazione e di investimenti per realizzare occasioni, eventi e prodotti di marketing territoriale, i quali permetteranno a un singolo territorio o a più territori di un'area omogenea di condividere una strategia comune nella difesa della cultura, della storia, delle origini, del paesaggio e, soprattutto, delle proprie specificità produttive agricole e alimentari di eccellenza. Quindi, le città di identità e le relative associazioni rappresenteranno migliaia di enti territoriali e piccoli e medi comuni diffusi in tutt'Italia, che, fino ad oggi, non trovavano un ufficiale e riconosciuto strumento di coordinamento e di rappresentanza per la partecipazione ai processi decisionali e di programmazione, e così potranno finalmente capitalizzare le loro capacità di gestione e di programmazione nella valorizzazione e nella promozione del patrimonio enogastronomico italiano, nonché superare quella frammentazione dell'offerta attraverso la promozione di progetti nazionali di eccellenza legati direttamente alla produzione. Quindi, uno strumento di coordinamento e di rappresentanza per la partecipazione ai processi decisionali e di programmazione, al fine di mettere a sistema e capitalizzare la valorizzazione e la promozione del patrimonio enogastronomico italiano.

Un'altra misura, la seconda su cui ci siamo spesi, riguarda un altro emendamento, approvato sempre dalla Commissione, questa volta suggerito da una delle centinaia di associazioni audite, la FederComTur, tramite il suo presidente nazionale, Claudio Pisapia, che tanto si è battuto - e lo ringrazio per questa misura - in convegni in giro per l'Italia, nell'ambito del progetto “CulturItalia”. Si tratta di una nuova misura, che ha rafforzato il disegno di legge che già contempla - voglio ricordarlo - l'accrescimento della competitività del settore turistico nazionale, con la promozione di parti del territorio come destinazione turistica all'interno di una cornice unitaria tra il Ministero del Turismo e il Ministero delle Imprese e del made in Italy, con l'istituzione di un comitato di esperti e rappresentanti per materia che vanno a promuovere e coordinare l'implementazione e l'attuazione presso le amministrazioni interessate.

Con la nostra proposta, abbiamo, invece, introdotto nella legge due pilastri - che riteniamo fondamentali - del progetto “CulturItalia”: il sistema di destinazione e il manager di destinazione. Quindi, il comitato di esperti e rappresentanti per materia, di cui parlavamo prima, dovrà individuare e valorizzare località considerate minori, ma dal forte potenziale turistico, incoraggiando la creazione di itinerari di valore secondario e promuovendo la connessione tra i territori limitrofi, affermando l'identità locale italiana in identità competitiva. Il comitato promuove, altresì, l'istituzione di forme di cooperazione locali e la realizzazione di un sistema turistico di destinazione, nonché l'istituzione della figura del manager di destinazione.

Quindi, un risultato che ritengo fondamentale e che premia anni di lavoro, per fare emergere quelle che sono considerate destinazioni minori, ma che sono altrettanto importanti nell'ambito dell'economia del turismo e del sistema Paese, e che, inoltre, danno anche la possibilità di scongiurare il cosiddetto fenomeno del dispersal tourism e ci consentono di orientare i flussi turistici verso località parimenti interessanti e premio di culture e tradizioni, così da certificare l'identità locale in identità competitiva dei luoghi.

In conclusione, signor Presidente, posso affermare con convinzione che questo provvedimento ha il merito di lasciar emergere, assurgendolo a ratio principale del disegno di legge, un assunto fondamentale: tutelare i prodotti del made in Italy significa tutelare la nostra storia e le nostre comunità locali che, molte volte, fondano la loro economia proprio sulla lavorazione delle eccellenze locali, che solo alcuni territori riescono ad offrire.

Come gruppo di Noi Moderati, abbiamo lavorato a lungo e con intensità su tale provvedimento e abbiamo offerto la nostra sensibilità, affinché il prodotto finale fosse all'altezza dell'obiettivo che intendeva raggiungere. Credo che ci siamo riusciti ampiamente, sostenuti da una sola convinzione: tutelare i prodotti locali significa tutelare l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà. Non rinuncia, onorevole? Glielo chiedo perché alcuni colleghi hanno rinunciato. Prego.

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, come ha ricordato pochi giorni fa la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, c'è più attenzione, richiesta e rispetto per il made in Italy nel mondo, di quanto spesso si immagini qui in patria. Made in Italy vuol dire molte cose e ho ritrovato molto calzante la definizione contenuta nel documento approvato dalla Commissione attività produttive. Voglio leggerla: il made in Italy è segno distintivo esclusivo del nostro Paese, universalmente riconosciuto, di bellezza e qualità, un patrimonio anche in termini reputazionali, costruito nei secoli grazie all'impegno e al lavoro costante e creativo degli italiani in ogni settore. Già, perché a dare corpo al made in Italy e a renderlo così ricco sono, infatti, settori diversissimi tra di loro, comparti che, in qualche caso, hanno poco o nulla a che fare l'uno con l'altro.

Con questo decreto, un singolo intervento legislativo, ci rivolgiamo, allo stesso tempo, ai creatori digitali come ai pastori di alpeggio, tuteliamo i marchi storici con più di cinquant'anni di attività e, contemporaneamente, creiamo condizioni migliori per chi apre e per chi investe in una start-up.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA (ore 10,47)

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Infatti, tutti i diversi settori che costituiscono ciò che abbiamo definito made in Italy hanno caratteristiche e problemi simili, meritano la medesima attenzione da parte delle istituzioni e, quindi, uno stimolo per la crescita.

Questo provvedimento dà seguito a un importante tassello del programma che il centrodestra ha presentato agli elettori nell'autunno del 2022: è il documento della presa di coscienza che il made in Italy può essere sostenuto con un intervento unitario, dal problema delle forniture a quello della valorizzazione dei prodotti all'estero, dal tema della salvaguardia dell'originalità contro le copie e l'italian sounding a quello della formazione delle nuove generazioni di lavoratrici e di lavoratori. Con questo decreto creiamo, come Paese, una testuggine capace di avanzare con più forza e ancora maggiore resistenza e di portare il made in Italy all'estero. Difendiamo la grandezza della nostra storia industriale, tutelando marchi e prodotti, e lavoriamo per un futuro che sia all'altezza di questo glorioso passato, sostenendo l'innovazione e diffondendo lo sviluppo della tecnologia. Cresciamo dentro la globalizzazione, ma difendiamo realtà che rappresentano un pezzo decisivo della nostra identità nazionale.

Proprio per l'importanza di questo decreto, che serve al Paese e non certo a qualcuno, era necessario procedere, come abbiamo fatto, in un percorso comune con le opposizioni. Ciascuno ha potuto dare il suo contributo per chiudere un testo di 59 articoli, 11 dei quali aggiunti in Commissione, e un impegno finanziario pari a 728,2 milioni nel 2023 e a 417,7 milioni nel 2024. Forza Italia ha chiesto attenzione, per esempio, al settore delle terme. Avevamo presentato emendamenti anche sulla moda e sul mercato dei beni culturali, li ripresenteremo come ordini del giorno. Continueremo a impegnarci in questa direzione, perché, oggi, non si chiude l'esame del provvedimento, ma si apre la fase più importante. E poi avremo il compito di applicarlo alle realtà economiche e culturali e ai territori.

Siamo confortati di sapere che sarà con noi il Vice Ministro, onorevole Valentino Valentini, che in questo primo anno di Governo ha rappresentato spesso e con autorevolezza il ministero in tutte le parti del mondo, che saprà gestire il confronto dentro la maggioranza e con le opposizioni con l'equilibrio e la saggezza che hanno contraddistinto la sua lunga esperienza politica.

Con questo decreto siamo riusciti a fare molto senza oneri eccessivi per le casse dello Stato, perché questa è la nostra filosofia, questo ci insegna la dottrina liberale. Le nostre filiere sanno camminare da sole e il compito dello Stato non è certo quello di controllarle, ma innanzitutto di sgomberare loro il campo da ostacoli, limitando gli incentivi ai settori che devono svilupparsi o sostenere la competizione internazionale. Continuiamo a credere nella forza e nel genio dei nostri imprenditori, che devono trovare nel sistema Paese un alleato e non un freno alla propria iniziativa.

Questo decreto segna e apre una strada, che potrà, io penso dovrà, proseguire con nuove e ulteriori risorse non appena avremo potuto verificarne l'efficacia. Quello che il made in Italy ha davanti è un lungo cammino, e Forza Italia, con il Governo e con gli alleati del centrodestra, si è già messa in marcia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antoniozzi. Ne ha facoltà.

ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Signor Presidente, signor Vice Ministro, signor presidente Gusmeroli, ringrazio in particolare il Vice Ministro, Valentino Valentini, e il presidente Gusmeroli per il lavoro svolto intorno a questo disegno di legge. Ho apprezzato, in particolare, l'autorevolezza con la quale il presidente della Commissione ha condotto i lavori, la capacità di trasparenza ed equidistanza, e quindi lo ringrazio a nome del gruppo di Fratelli d'Italia. Lo ringrazio anche per l'intervento di oggi, che ho ascoltato in Aula, e che con grande autorevolezza richiama, oltre alle questioni legate al disegno di legge, le forze politiche e i rappresentanti dei cittadini italiani a un atteggiamento positivo nei confronti del made in Italy, nei confronti del nostro Paese. Appello che però, dopo avere ascoltato il rappresentante dei 5 Stelle, credo che veda un po' appannata la volontà di una parte del Parlamento di concorrere al grande sforzo e all'afflato unitario che dovrebbe, in una materia del genere, unire un po' tutti, al di là delle critiche. Insomma, ho la sensazione che una parte di questo Parlamento non tiferà per l'Italia, tiferà forse per l'avversario, e questo mi duole.

Voglio dire, prima di entrare nel merito del disegno di legge, che le argomentazioni portate, alcune delle quali completamente scisse dal provvedimento stesso, ahimè, come spesso accade, hanno il sapore della propaganda. Proprio in questi giorni alcune agenzie di rating danno dell'Italia una notazione positiva e, ad esempio, al contrario di quanto affermato in quest'Aula poc'anzi, nell'ultimo anno non c'è stato alcun tracollo, un crollo di tutto, infatti l'Istat, che non è proprio un organo di partito, afferma che proprio in questo anno l'occupazione sale al 61 e qualcosa per cento, con un aumento di mezzo milione di lavoratori, che non è un fatto negativo, ma anzi mi sembra una questione estremamente positiva per quanto riguarda l'economia del nostro Paese.

Fa parte degli annunci, fa parte della propaganda, fa parte di quel modo di fare che credo non faccia bene al Paese, anche se sono certo che poi i cittadini rappresentati da queste forze politiche non la pensino proprio così. Sono i rappresentanti nelle istituzioni che devono “gufare”, termine, scusate, un po' semplice, continuamente su tutto quello che accade nel nostro Paese. Su questo disegno di legge credo che ci sia, invece, bisogno di un conforto generale, di uno sforzo, ritenendo che tutto è migliorabile, che tutto può essere migliorato, che nessuno ha la scienza totale infusa, ma che forse sarebbe il caso di assumere un altro atteggiamento. Il made in Italy rappresenta un segno distintivo del Paese, i prodotti fatti in Italia assicurano una garanzia di eccellenza e di qualità a livello mondiale per la bellezza, il design, la creatività, che rappresentano da sempre il patrimonio italiano, costruito nei secoli grazie all'impegno e al lavoro costante degli italiani in ogni settore.

Il concetto di made in Italy, infatti, ha una lunga storia, che ripercorre l'evoluzione sociale e culturale del nostro Paese, ed è associato di volta in volta all'idea di qualità dei prodotti, di tradizione, di innovazione, di tipicità e di legame con uno specifico territorio, a un senso del bello e del ben fatto, ma anche, più in generale, a un più ampio concetto del vivere italiano e del benessere. Le imprese nazionali, dunque, hanno tutte le potenzialità per sfruttare al meglio il country effect, cioè l'elevata considerazione reputazionale maturata in specifici settori e comparti per il solo fatto di operare in Italia, utilizzando materie prime di qualità e un sapere tecnico unico al mondo.

Ciò premesso, il disegno di legge, da un lato, interviene su diversi settori produttivi al fine di valorizzare e promuovere le produzioni di eccellenza, le bellezze storico-artistiche e le radici culturali nazionali, dall'altro, mette a sistema e coordina nel modo più efficace le attività di promozione, valorizzazione e sostegno per una vera politica industriale del made in Italy. È la prima volta che il legislatore presenta un disegno organico e strutturato sul tema complesso ed eterogeneo del made in Italy, che coinvolge inevitabilmente competenze trasversali e l'azione di tutte le istituzioni del Paese.

Va sottolineata la proficua collaborazione tra Governo e Parlamento, che ha portato la X Commissione a condurre un'indagine conoscitiva, terminata nel marzo 2023, sul tema del made in Italy, che ha permesso di individuare temi rilevanti e utili spunti di riflessione, confluiti nel documento conclusivo approvato dalla Commissione e del quale il Governo ha tenuto conto nell'elaborazione del disegno di legge. Dico che ne ha tenuto conto perché ho ascoltato cos'è stato detto in quest'Aula, forse non tutto è stato travasato, ma il Governo fa le scelte, il Governo fa le opzioni, il Governo fa la sintesi di quello che ritiene utile e appropriato.

Quindi non c'è da meravigliarsi se tutte le cose che sono state dette in non so quante audizioni, adesso non ricordo, ma forse superano le 100, non siano state tradotte in un disegno di legge, ma una buona parte ha contribuito all'elaborazione di questo documento. Mi sembra un risultato estremamente importante.

In particolare, il presente provvedimento contiene disposizioni per tutti gli ambiti che riguardano il made in Italy, partendo dall'istituzione di un fondo sovrano partecipato dal Ministero dell'Economia e delle finanze, aperto alla partecipazione di fondi di investimento e altri soggetti, avente il compito di investire nelle filiere dei settori strategici sin dalla fase dell'approvvigionamento delle materie prime. Il disegno di legge si sviluppa passando attraverso l'istruzione e la formazione, trattando della promozione dei singoli settori della cultura, del turismo e della produzione agroalimentare, arrivando poi alla tutela delle imprese italiane e dei prodotti made in Italy rispetto alle contraffazioni più diverse. L'istruzione e la formazione dei giovani costituiscono un tema centrale. La diffusione della cultura imprenditoriale nelle scuole e la conoscenza delle lavorazioni industriali e artigianali contribuiscono all'inserimento dei giovani nel mondo della produzione e allo sviluppo delle loro passioni, abilità e competenze professionali.

Oggi un terzo delle imprese italiane dichiara che una parte dei propri addetti è priva delle competenze adeguate allo svolgimento del proprio lavoro secondo il livello richiesto. È tempo, quindi, di una profonda inversione di rotta che traguardi una nuova frontiera dell'impegno e del merito.

Il Consiglio dei ministri il 31 maggio 2023 ha approvato questo disegno di legge prevedendo una serie di azioni che cercherò di sintetizzare.

Il disegno di legge si compone di 59 articoli e, di questi, 11 hanno arricchito il provvedimento nel lavoro di Commissione e credo che non sfugga a nessuno, attento a queste cose, l'impegno, il lavoro, il confronto positivo di questi mesi. 11 articoli che arricchiscono un disegno di legge mi pare un dato estremamente positivo e incontrovertibile. Si tratta di 59 articoli ripartiti in sei Titoli.

Il Titolo I, composto di tre articoli, è dedicato ai principi generali, agli obiettivi e ambiti di intervento e all'istituzione della Giornata nazionale del made in Italy.

Nel Titolo II, per permettere la crescita e il consolidamento delle filiere strategiche nazionali, sono previsti alcuni strumenti che mirano a raggiungere gli obiettivi con efficacia e incisività.

Il Titolo III è dedicato, in particolare, al tema dell'istruzione e della formazione allo scopo di avvicinare i giovani alla cultura imprenditoriale e alla conoscenza delle lavorazioni industriali e artigianali. In particolare, l'articolo 13 prevede l'istituzione del liceo del made in Italy con l'obiettivo di promuovere le conoscenze e le competenze legate al made in Italy.

Il Titolo IV reca disposizioni sulle misure di promozione che poi vedremo.

Il Titolo V è dedicato alla tutela dei prodotti made in Italy ed è suddiviso in tre Capi. Nel Capo I si trattano le disposizioni riguardanti il contrassegno per il made in Italy; il Capo II è dedicato alle nuove tecnologie con particolare attenzione a quelle in materia di blockchain; il Capo III riguarda le misure in materia di lotta alla contraffazione.

Il Titolo VI contiene le disposizioni finali.

Andiamo ora velocemente a uno schema delle principali disposizioni organiche presenti nel disegno di legge: le filiere strategiche nazionali; l'istituzione del Fondo nazionale per il made in Italy per attrarre capitali e realizzare investimenti diretti e indiretti; 10 milioni di euro sono destinati al potenziamento delle iniziative di autoimprenditorialità e imprenditorialità femminile; il rifinanziamento e la rimodulazione degli incentivi specifici per supportare imprese e filiere; l'introduzione di disposizioni per il pubblico approvvigionamento di forniture di qualità; l'informazione del consumatore sulle fasi di produzione.

Poi si entra nella parte che riguarda istruzione e formazione. Si prevedono: l'istituzione del liceo del made in Italy, condividendo anch'io le parole qui espresse dal presidente Gusmaroli - non è figlio di un Dio minore chi va in questi istituti, anzi, il potenziamento di questi istituti, a mio avviso, ricolloca l'azione dei nostri giovani in una dimensione forse più reale rispetto all'economia presente nel Paese -; la Fondazione Impresa e competenze per favorire il raccordo tra imprese e licei e gestire l'esposizione nazionale permanente per il made in Italy; l'introduzione del tutoraggio per consentire ai lavoratori pensionati di svolgere tutoraggio a favore dei giovani neoassunti; la Giornata nazionale del made in Italy, istituita il 15 aprile di ogni anno per celebrare la creatività e l'eccellenza italiana nelle sue diverse manifestazioni; le misure di promozione, con la possibilità per istituti e luoghi della cultura di registrare il marchio che li caratterizza; l'introduzione del concetto di imprese culturali e creative con un apposito albo e un fondo presso il Ministero; il Piano nazionale strategico per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative; il sostegno finanziario al settore fieristico; promozione del sistema NutrInform Battery come etichettatura nazionale per le indicazioni nutrizionali dei prodotti alimentari; la certificazione di qualità per la ristorazione italiana all'estero; l'istituzione di un fondo per la protezione delle indicazioni geografiche italiane agricole, alimentari, del vino, delle bevande; la valorizzazione della biodiversità delle pratiche tradizionali e del paesaggio rurale, attraverso programmi di miglioramento genetico e fondi specifici.

Per quanto riguarda la tutela dei prodotti, si prevedono: l'adozione di un contrassegno ufficiale per attestare l'origine italiana delle merci prodotte sul territorio nazionale; l'identificazione e valorizzazione dei prodotti industriali e artigianali tipici di specifiche zone geografiche; l'utilizzo delle nuove tecnologie per la tracciabilità dei prodotti attraverso un catalogo nazionale; la riorganizzazione degli uffici giudiziari per garantire la specializzazione dei magistrati nella lotta alla contraffazione; l'aumento delle sanzioni amministrative pecuniarie per gli illeciti di acquisto, produzione e introduzione di prodotti contraffatti; modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per punire coloro che detengono e vendono prodotti contraffatti e semplificare le operazioni di distruzione delle merci sequestrate.

Per concludere, consentitemi di manifestare un orgoglioso plauso al lavoro che il Governo e il Presidente del Consiglio Meloni hanno messo in campo per realizzare questo straordinario rilancio del sistema Italia, mantenendo così la parola e gli impegni presi in campagna elettorale e facendo sì che l'Italia torni ad essere quel grande e meraviglioso Paese conosciuto e ammirato in tutto il mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Sanzo. Ne ha facoltà.

CHRISTIAN DIEGO DI SANZO (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, dopo poco più di un anno abbiamo visto quello che questo Governo è capace di dare al Paese, dal decreto Rave, al decreto Caivano, al decreto sul lavoro, al disegno di legge sulla carne coltivata: tanti provvedimenti evocativi, tanti decreti con poca sostanza e tanta propaganda, che ben poco hanno fatto per i cittadini, per le famiglie, per gli studenti, per i lavoratori, per le imprese e per le associazioni. La legge di bilancio, che nelle prossime settimane discuteremo in Parlamento, rappresenta, di fatto, l'ennesima fotografia di quanto ho appena detto; nel migliore dei casi rappresenta il nulla e spesso rappresenta alcuni danni.

Il provvedimento che, invece, andiamo a discutere oggi, il disegno di legge sul made in Italy - lo dico con un po' di amarezza -, è l'ennesima bandierina vuota che non dà un vero aiuto al Paese in uno dei settori per i quali, effettivamente, l'idea era invece buona. Un testo dal titolo altisonante che, purtroppo, rappresenta un'occasione sprecata, perché la pochezza di questo testo nonché delle risorse che si vanno a impiegare, di fatto, non consente veramente di incidere in questo settore. Di fatto, è il solito provvedimento slogan, un bel nome, un bell'obiettivo, ma poca, troppo poca sostanza: un pacchettino di un milione qua, un milione là in tutta una serie di micro settori, senza una visione organica e di sistema. D'altronde, in questi mesi avete dimostrato, come Governo, di fare essenzialmente due cose: sfornare un decreto a settimana, rincorrendo la cronaca, e creare titoli molto belli da usare per la propaganda. Ed eccoci qui. Questo disegno di legge ha un bel titolo, se vogliamo importante: la valorizzazione, la promozione e la tutela del nostro made in Italy; un tema di importanza capitale per il nostro Paese, una legge che dovrebbe avere una visione strategica, che dovrebbe rappresentare una quota fondamentale del futuro delle nostre imprese, del nostro export, arriverei a dire del nostro posto nel mondo. È un tema che riguarda il presente e il futuro di migliaia di imprese, di milioni di nostri concittadini, in Italia ma anche all'estero, un provvedimento atteso da moltissimi con speranza per migliorare il proprio lavoro, per innovare, per conquistare pezzi di mercato.

A rispondere a tutto ciò arriviamo in Aula con un testo di 59 articoli che - spero vi renderete conto - sono una goccia in mezzo al mare, nel mare della promozione e della valorizzazione dell'eccellenza di un grande Paese, come l'Italia. E dire che le premesse per svolgere un lavoro dignitoso c'erano tutte. Per una volta, si era scelto lo strumento del disegno di legge, ci si era dati del tempo per svolgere decine e decine di audizioni, si sono ascoltati pezzi importanti delle eccellenze italiane, delle filiere produttive, della cultura, della creatività italiana, della meccanica, del manifatturiero, dell'automotive, del turismo, della transizione digitale e verde.

C'era e c'è la disponibilità dell'opposizione a svolgere un lavoro costruttivo per il bene dell'Italia, bene di cui tanto parlate ma, a volte, come abbiamo capito, vi interessa solo se c'è una telecamera.

Le premesse c'erano tutte, però - fatecelo dire - lo svolgimento è stato deludente. Pensiamo veramente di andare alla guerra dell'export mondiale con questi mezzi? Sapete quali sono le risorse che gli altri Paesi stanno investendo per valorizzare e tutelare i loro prodotti e la propria cultura? Pensiamo all'idea del cosiddetto Fondo sovrano, che andate a istituire con questa legge, pari a 700 milioni per il 2023 e a 300 milioni per il 2024 (tra l'altro, vi do una notizia: il 2023 è finito). Mi piacerebbe sapere come il Ministro Urso poi voglia spendere questi 700 milioni, da qui a fine anno.

Quindi, abbiamo compreso che la pochezza di uno strumento del genere l'avete capita anche voi. Infatti, avete cambiato nome da Fondo sovrano a Fondo nazionale, però, al di là del nome, la sostanza non cambia, perché non è sufficiente questa dotazione ad affrontare lo scopo per cui il Fondo è stato creato. Sapete l'impatto e la portata che hanno i Fondi sovrani delle altre Nazioni? Do alcuni numeri: l'Irlanda 15 miliardi, Malta 17 miliardi, Spagna 15 miliardi, Grecia 7 miliardi e questo solo per nominare alcune delle Nazioni più piccole, quindi, senza fare paragoni con Paesi che sono al di fuori della nostra portata.

Tra l'altro, la cosa forse un po' più importante è che questi 700 milioni non sono neanche nuovi stanziamenti, ma sono presi da altri Fondi e, quindi, diventa un po' una partita di giro, un gioco delle tre carte. Si prendono dal Fondo patrimonio destinato, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, e dal Fondo Venture Capital, e si mettono in questo nuovo Fondo. Due Fondi che funzionavano, che avevano già una macchina che era in moto e adesso verranno a ritrovarsi con risorse fortemente ridotte e, in cambio, ci troviamo questo Fondo, che deve partire da zero e non ha uno scopo ben preciso, perché lo scopo non viene delineato in questo disegno di legge, ma viene rimandato a un decreto del Ministero.

Allora, la nostra solita operazione di facciata è questa, l'operazione di facciata cui ormai questo Governo ci ha abituato è questa. Pensiamo al DDL Carne coltivata, un'altra operazione di facciata che poi - lo sappiamo - non supererà il vaglio dell'Europa, che, però, avete voluto far digerire forzatamente a questo Parlamento.

Sembra, insomma, che, in questo disegno di legge, questo Fondo nazionale sia stato creato per dare in mano al Ministro Urso un giocattolino, con il quale fare un po' di propaganda con alcune associazioni di settore, per garantirvi un bacino elettorale e un Fondo a uso e consumo di un Ministro e di un partito, invece di un Fondo utile al Paese, come poteva essere nelle intenzioni originarie di questo disegno di legge, perché altrimenti non si spiegherebbe perché quest'operazione, cioè perché togliamo risorse a Fondi che già esistono, per finanziare questo Fondo che, di fatto, non sarà dotato di una dotazione che potrebbe essere veramente incisiva (700 milioni da spendere forse nei prossimi 27 giorni; non so di cosa stiamo parlando).

Però, non siete in grado di mettere a terra i progetti del PNRR con i soldi dell'Europa, che il Partito Democratico ha contribuito a farvi arrivare. Siete lì a cancellare i progetti, oggi, a invocare modifiche, non siete neanche in grado di spendere i soldi per gli asili nido e ora volete avviare l'ennesima operazione di facciata. Il dubbio che ci viene è che queste risorse saranno sottratte a progetti utili per il Paese e che non sarete neanche in grado di spenderle, se non poi ritrovarvi a spenderle in piccoli progetti affrettati.

Forse si doveva, invece, fare l'operazione di riordino dei fondi già esistenti e cercare di concentrare tutti i fondi in un'azione mirata a una strategia del sistema Paese. Questa sarebbe stata la vera azione politica. Magari non ci saremmo trovati d'accordo, però avrebbe avuto un senso e una strategia.

Negli ultimi anni, abbiamo già varato il Fondo nazionale innovazione, il Fondo coinvestimento, un Fondo di rilancio e un Fondo patrimonio destinato, che si sono aggiunti ai vari veicoli in cui opera la Cassa depositi e prestiti. Dare, cioè, una serie di priorità d'investimento - e questo si poteva fare -, con un piano per il nostro Paese per indicare i settori nei quali vogliamo investire ed esportare. Invece, avete tolto risorse per creare questo Fondo nazionale, per fare cosa? Qual è lo scopo di questo Fondo che, di fatto, avrà un impatto rasente allo zero sul nostro export, in un disegno di legge che farà anche danni notevoli ad alcuni settori come, ad esempio, al settore scolastico, con la creazione del liceo del made in Italy?

L'unica risposta che ci viene in mente al perché siete voluti andare avanti è che sia stato solo per fare propaganda e per aggiungere l'ennesima bandierina da sventolare, dopo il decreto Rave, il decreto contro le ONG, il decreto Caivano, il decreto sul lavoro, il decreto Bollette, il DDL Carne coltivata. Sono tutti provvedimenti con titoli evocativi, che altro non sono che scatole vuote e che, a volte, fanno addirittura l'opposto di quello che promettono, come il decreto per il rilancio del Mezzogiorno, che non rilancia proprio nulla, o il decreto Bollette, che non contiene veri aiuti per le bollette: cioè si tratta di una serie di provvedimenti propaganda in cui si inserisce, alla fine, anche questo provvedimento sul made in Italy che, di fatto, ha un bellissimo titolo, però poi, bella idea, bella anche per come era iniziata in Commissione, ma tutto finisce lì.

Quindi, tanta propaganda e ci sembra di essere anche un po' tornati indietro nel tempo, quando la propaganda partiva dalle scuole e dalla società. Allora, in questo disegno di legge, di fatto, si va a istituire una serie di meccanismi che cerca di costruire questa macchina di propaganda in virtù di questo concetto del made in Italy che, di fatto, si rivela una grande operazione di propaganda. Ci sono l'istituzione della Giornata del made in Italy, che sarà celebrata solo in Italia e non servirà come un'opportunità di vetrina all'estero, l'esposizione del made in Italy, che non è chiaro cosa esporrà e, infine, le scuole con il liceo del made in Italy, per creare tutta una società che sia pronta a marciare dietro uno slogan vuoto che non contribuisce al nostro export che, invece, era la cosa veramente importante che doveva fare questo disegno di legge.

Quindi, pare - e spero veramente di sbagliare - che l'ambizione del Governo non sia quella di difendere, tutelare e valorizzare il made in Italy, ma di creare un piccolo fondo che ogni Ministro ha, in ordine sparso, cioè un orticello da coltivare. La nostra paura è, quindi, che, ogni volta, si vada per micro-settori e per micro-interessi e, alla fine, di fatto, micro-risultati, nella speranza di zappettare e innaffiare questo piccolo orticello per ipotetici dividendi elettorali. Lo dico, sperando di sbagliarmi, perché, se è quella la via, cioè creare un piccolo fondo di gestione per ogni Ministero, forse saremmo davanti a una miopia abbastanza imperdonabile.

Come dicevo, insieme al Fondo nazionale, avete creato tutta una serie di misure per sostenere, di fatto, una propaganda. La prima è la Giornata del made in Italy. Come dice il disegno di legge, sarà istituita per celebrare “la creatività e l'eccellenza italiana presso le istituzioni pubbliche, le istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo di istruzione e i luoghi di produzione e di riconoscerne il ruolo sociale, il contributo allo sviluppo economico e culturale della Nazione e del suo patrimonio identitario” e sarà promossa da Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni. Mi chiedo: a che serve una giornata del genere, organizzata in questo modo? A dirci da soli quanto siamo belli e quanto è bello il made in Italy!

Nei lavori in Commissione, vi avevamo chiesto di espandere la celebrazione, coinvolgendo le nostre rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero, coinvolgendo l'ICE e la nostra preziosa rete delle camere di commercio all'estero, coinvolgendo, attraverso le rappresentanze diplomatiche, anche i 6 milioni di italiani nel mondo, i nostri veri ambasciatori del made in Italy. Invece, avete deciso di celebrarla solo in Italia, il tutto, ovviamente, a costo zero, visto che prevedete l'invarianza di bilancio per questa celebrazione. Sarà, di fatto, una celebrazione vuota, che assume solo una funzione di propaganda.

Se non usiamo il nostro potenziale all'estero, non capiremo mai veramente quali possano essere le potenzialità del made in Italy nel mondo. In Commissione, avevamo proposto tante opportunità per coinvolgere il sistema estero, però, alla fine, queste opportunità non sono atterrate nel disegno di legge che ora è in Aula.

Con grande disarmo dobbiamo dire che non c'è niente in questo disegno di legge che ci aiuti a considerare i 6 milioni di italiani all'estero come una risorsa, insieme all'ICE, alle camere di commercio all'estero, agli enti gestori e promotori della lingua italiana, anche questa, sì, uno strumento per far apprezzare l'Italia e veicolare il made in Italy. In particolare, le camere di commercio all'estero avrebbero potuto rappresentare il veicolo ideale per aiutarci con la promozione del made in Italy all'estero. Siete invece andati a indebolire quel sistema, a creare paradossi, spacciando per cose nuove misure che già esistevano, come il bollino per i ristoranti nel mondo che già esisteva grazie alle camere di commercio. Invece di rafforzare un programma già avviato, ne istituite uno nuovo che deve ancora partire e buttate il lavoro già fatto. È solo propaganda e, appena si va a grattare un po' la patina, si scopre che per tante cose in questo provvedimento di nuovo non c'è niente, se non il fatto che fate spesso un'operazione di rebranding di cose già esistenti.

L'altra grande macchina di propaganda che andate a istituire con questa legge è il liceo del made in Italy. Anche qui, intervenite sulla scuola senza prima aver ascoltato le reali esigenze, con l'istituzione di un percorso liceale dedicato al made in Italy anticipata dalla Presidente del Consiglio in campagna elettorale e poi in occasione del Vinitaly di quest'anno. Si tratta di un liceo che, nelle parole della Presidente del Consiglio, è pensato per unire la nostra cultura e la nostra identità. Da una lettura generale, però, quello che viene messo in atto sembra solo un grande spot identitario, per nulla utile a sostenere e a incoraggiare lo sviluppo e il sostegno di un settore importante e qualificato come il made in Italy.

Andiamo per gradi, perché questo è un tema importante. Al momento esistono, nel nostro sistema di istruzione, istituti superiori in cui le specialità agroalimentari, la moda, l'arredamento e il design sono materie di insegnamento. Questi istituti non sono già interessati a promuovere il made in Italy? Penso al RIM, al corso di relazioni internazionali per il marketing all'interno degli istituti tecnici, pensato proprio per approfondire gli aspetti relativi alla gestione delle relazioni commerciali internazionali riguardanti differenti realtà geopolitiche e settoriali e per assicurare le competenze necessarie a livello culturale, linguistico e tecnico. Perché, allora, dover costituire addirittura un liceo in più? Perché, invece, come avevamo sostenuto nei nostri emendamenti al disegno di legge, non pensare di rafforzare le competenze che già oggi vengono insegnate negli istituti tecnici proprio sul made in Italy, magari dando loro più risorse e cercando di connetterli più strettamente col settore del made in Italy? C'è, forse, da parte del Governo un pregiudizio per cui, se messo all'interno di un istituto tecnico, il made in Italy ha meno valore di quanto ne avrebbe se affrontato all'interno di un liceo? Sembrerebbe di voler riproporre, contrariamente a quanto il Ministro Valditara dichiara ad ogni occasione, la differenziazione tra un'istruzione di serie A, quella liceale, e una di serie B, quella tecnica.

C'è anche un altro tema che merita una parola a parte, cioè il liceo delle scienze umane a indirizzo economico sociale, il LES. Era un percorso di studi che svolgeva egregiamente il suo ruolo di liceo, includendo, tra le sue finalità, quella di guidare lo studente ad approfondire le conoscenze, le abilità e a maturare le competenze necessarie per cogliere la complessità e la specificità dei processi formativi, offrendo la padronanza dei linguaggi, delle metodologie e delle tecniche di indagine reale. Il liceo con opzione economico-sociale negli ultimi tredici anni ha formato decine e decine di studenti, offrendo loro competenze particolarmente avanzate negli studi afferenti alle scienze economiche, giuridiche e sociali. Concepito come il liceo della contemporaneità, il LES ha introdotto discipline e buone pratiche di carattere socio-antropologico importanti e significative, soprattutto grazie all'apporto delle scienze sociali in classe che hanno offerto, in questi anni, strumenti cognitivi ed educativi utili per formare cittadini consapevoli dell'interdipendenza tra i fenomeni sociali, economici, ambientali e culturali della società contemporanea. Finalità dell'istruzione liceale sono la formazione e l'affinamento del pensiero critico e creativo, da cui possono generarsi nuovi modelli di sviluppo per il futuro. Questi scopi vanno ben oltre l'acquisizione di conoscenze e competenze connesse genericamente alla valorizzazione del made in Italy, per affrontare la quale già esistono, come ricordato, i curricula degli istituti tecnici e professionali che questa legge avrebbe potuto rafforzare con adeguate risorse per i diversi settori industriali.

Il sogno di questo nuovo percorso formativo nasce come un vero e proprio pastrocchio. Ebbene, su questo abbiamo assistito prima alla decisione del Governo, nella stesura iniziale, di sopprimere il liceo economico e sociale e di farlo confluire nel made in Italy e, poi, un parziale ma non soddisfacente ripensamento. Ci sono voluti gli appelli della Rete LES e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e lo stesso parere della Commissione cultura della Camera per costringere il Governo a un parziale ripensamento, prevedendo che, a decorrere dall'anno scolastico 2024-2025, possano essere attivati percorsi liceali del made in Italy a partire dalle classi prime e, contestualmente, che l'opzione economic-sociale presente all'interno del percorso del liceo delle scienze umane confluisse nei percorsi liceali del made in Italy, ferma restando, per le classi successive alla prima, la prosecuzione e l'inserimento dell'opzione economico sociale.

Vi rendete conto del caos che andate a generare nelle scuole? Come se fosse facile avviare percorsi nelle nostre scuole che già mancano di risorse, perché il tutto, poi, dovrebbe avvenire a costo zero. Quindi, in un mondo sempre più specializzato, voi farete uscire dalla scuola studenti che potranno dire: mi sono diplomato in made in Italy. Vogliamo farci ridere dietro dal mondo? Che indirizzo può essere, quali vere competenze può dare un liceo del genere? I datori di lavoro vogliono competenze non slogan da un indirizzo scolastico. A voi, invece, come nel caso della giornata del made in Italy, interessa solo la buona novella del made in Italy, così la diciamo a noi stessi, senza una vera promozione dell'Italia nel mondo, senza sostanza e senza risorse perché anche questo liceo viene istituito a costo zero.

In questo provvedimento, dopo il finto fondo sovrano e la macchina di propaganda arriva, infatti, la pioggerella - qui un po' di soldi ci sono - dei micro finanziamenti. Voi cercate di fare apparire come nuove misure già esistenti, come, ad esempio, il fondo da un milione per la protezione dell'industria alimentare italiana, quando già esiste il Fondo per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell'agroalimentare italiano, il Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali. Per l'imprenditoria femminile, invece di rifinanziare il fondo a sostegno di tale imprenditoria, istituito nel 2021, andate a creare un mini fondo di 15 milioni che poco potrà fare in concreto.

Insomma, tanti piccoli provvedimenti come, ad esempio, per il tessile solo 15 milioni per ricerca e produzione di fibre naturali, mentre il distretto tessile pratese è stato colpito da una tragica alluvione. Invarianza di risorse e pochezza dei contributi, queste sì, regnano sovrane in questo disegno di legge e, come si suol dire, volete fare le nozze con i fichi secchi.

Questo disegno di legge in sostanza - mi avvio alla conclusione - è alla fine il manifesto della vostra incapacità di fare scelte, di saper individuare le priorità e portarle avanti, di avere una visione, di produrre qualcosa di utile per il sistema Paese. Questo provvedimento - lo dico con un po' di dispiacere e una delusione reale - è solo l'ennesimo titolo, buono forse per alzare un po' di polvere per coprire disastri ancora peggiori. Certamente, non serve a promuovere e a valorizzare il made in Italy nel mondo come questo Paese merita e come pensiamo sia una cosa di cui continuiamo ad avere un disperato bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1341-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della Commissione attività produttive, Alberto Luigi Gusmeroli. Ne ha facoltà.

ALBERTO LUIGI GUSMEROLI, Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, volendo replicare singolarmente, ho preso appunti. Vorrei intanto ringraziare tutti quelli che hanno espresso un plauso al lavoro della Commissione perché effettivamente abbiamo lavorato con il Governo e il prodotto, alla fine, il risultato di questo lavoro, è sicuramente una grande opera d'ascolto. Questa opera d'ascolto si è tradotta in due momenti: il primo, quello dell'indagine conoscitiva e, il secondo, quello dell'attività emendativa che ha fatto seguito anche a una minima nuova opera di ascolto di alcuni soggetti.

In particolare, vorrei replicare al collega del MoVimento 5 Stelle, onorevole Cappelletti.

Dire che la relazione conclusiva non sia stata inserita o non sia stata particolarmente utilizzata nell'ambito del provvedimento significa anche smentire un'attività che hanno fatto loro, cioè quali sono gli elementi fondanti di questo provvedimento? Sicuramente, poi, lo si può criticare per l'entità, lo si può anche paragonare, com'è stato fatto, ad altri fondi di Paesi europei, però il fondo sovrano c'era nella relazione conclusiva e c'è nel disegno di legge.

Il tema forte del mismatch tra domanda e offerta di lavoro è emerso ed è alla luce del sole. Noi abbiamo una situazione che per certi aspetti è paradossale: le imprese hanno bisogno di persone, hanno bisogno di giovani, hanno bisogno di occupati e non riusciamo a formare questi occupati. Quindi, che questo si traduca nel liceo del made in Italy o nel rafforzamento degli istituti tecnici - che deve esserci, poi, che lo faccia il Ministero delle imprese e del made in Italy o lo faccia il Ministero dell'Istruzione e del merito è uguale, ma comunque di rafforzamento vi è una grande necessità - è assolutamente importante. Avere una fondazione che si occupi proprio del tema del mismatch tra domanda e offerta di lavoro è un aspetto importante, che c'era nella relazione conclusiva e c'è nel disegno di legge. Onestamente, che i danni procurati dalla contraffazione siano pari a decine di miliardi e che l'italian sounding, quindi, anche l'orecchiamento di eccellenze del made in Italy, sia in qualche modo un enorme danno - avendo ascoltato e avendo affrontato noi per primi anche il tema dell'intelligenza artificiale e quindi della blockchain -, c'è nella relazione conclusiva e c'è nel disegno di legge. Degli elementi fondanti, forti, della relazione conclusiva sono entrati totalmente nel disegno di legge e, quindi, in qualche modo, da presidente e rappresentante di tutti gli altri membri, mi sento di rivendicare che, sostanzialmente, quella relazione conclusiva ha tratto tutte le energie che venivano dai diversi partiti politici, soprattutto perché quella relazione conclusiva, alla fine, è stata approvata da tutti, con voti favorevoli o astensioni, ma anche questo disegno di legge probabilmente vedrà un'ampia approvazione, anche con astensioni, ma che devono intendersi positivamente.

Il collega del PD ha parlato di bandierina vuota. Ebbene, a proposito di bandierina vuota, ricordo che bisogna sempre iniziare, come sulla questione del fondo sovrano; certo, sono 700 milioni circa nel 2023 e altri 300-400 milioni nel 2024, ma bisogna iniziare. Questo Paese dice tante parole e, spesso, non inizia i cammini e questo lo possiamo vedere sui temi dell'energia, tante parole, ma non si inizia mai; sui temi fiscali, si parla di riforma fiscale, ma non si inizia mai; questo è anche l'anno della delega per la riforma fiscale e io stesso, nell'ambito della riforma fiscale a cui ho partecipato, anche come relatore, ho accettato una diminuzione, nel caso specifico, di una lotta che è stata triennale sulla rateizzazione degli acconti, che si poteva fare probabilmente per tutti, ma l'ho accettata perché bisogna iniziare. Allora, anche qui, sul provvedimento del made in Italy bisogna iniziare. Il fondo sovrano sarà poco, viene criticato come una bandierina, però, così, si inizia un cammino di sostegno delle eccellenze del made in Italy e questo è sicuramente un cammino che meritano le attività economiche che danno anche lavoro, che meritano gli italiani e che meritiamo anche tutti noi, alla fine, se spingiamo tutti insieme e siamo un po' più orgogliosi di questo Paese, perché questo Paese ha bisogno - e questo provvedimento probabilmente ne è un esempio - di meno polemiche, più fatti e più aiuti alla vita vera. L'opera di ascolto di 160 associazioni durante l'indagine conoscitiva, propedeutica a questo provvedimento, sicuramente, rappresenta una politica più vicina alla vita vera e noi ne abbiamo tanto bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier, Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo rinunzia alla replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2022-2023 (A.C. 1342-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1342-A: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2022-2023.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1342-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Stefano Candiani.

STEFANO CANDIANI, Relatore. Presidente, partiamo dalla collega…

PRESIDENTE. Mi risulta che ci sia prima lei, onorevole Candiani, però, se volete invertirvi non c'è problema.

STEFANO CANDIANI, Relatore. Sì, Presidente, perché partiamo dal Capo I.

PRESIDENTE. Va bene, allora, ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Mantovani.

LUCREZIA MARIA BENEDETTA MANTOVANI, Relatrice. Presidente, onorevoli colleghi, Governo, la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) affronta per la prima volta nella legislatura corrente l'esame parlamentare del disegno di legge di delegazione europea, che rappresenta, insieme al disegno di legge europea, uno degli strumenti legislativi che assicurano il periodico adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea. Per un'ordinata trattazione dei contenuti normativi del provvedimento, d'accordo con l'altro relatore, l'onorevole Candiani, mi soffermerò sulle disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione europea, Capo I, articoli 1 e 2, e su quelle recanti deleghe al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale a regolamenti europei, Capo III; mentre il collega, onorevole Candiani, tratterà delle disposizioni recanti deleghe al Governo per il recepimento di direttive europee, Capo II.

Il disegno di legge di delegazione europea 2022-2023, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, consta di 17 articoli, divisi in tre Capi. L'articolato contiene principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa a nuove direttive, nonché per l'adeguamento della normativa nazionale a 6 regolamenti europei. L'annesso allegato A, che originariamente elencava 10 direttive da recepire con decreto legislativo, a seguito dell'esame in sede referente ne contiene 7.

Passando all'illustrazione dei contenuti del Capo I, l'articolo 1 reca la delega legislativa al Governo per l'adozione dei decreti legislativi di attuazione degli atti normativi dell'Unione europea indicati nell'articolato del provvedimento in esame, nonché per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A.

L'articolo 2 conferisce al Governo, ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 234 del 2012, una delega della durata di 18 mesi per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei non trasfusi in leggi nazionali. Può trattarsi di direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ossia con fonti non primarie inidonee a istituire sanzioni penali, o di regolamenti dell'Unione europea.

Per quanto concerne i contenuti del Capo III, riguardante gli strumenti normativi per l'adeguamento della normativa nazionale a regolamenti europei, rilevo che l'articolo 12 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per adeguare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/2036, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativo al trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale con strategie di risoluzione a punto di avvio multiplo e ai metodi di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili.

L'articolo 13 contiene la delega al Governo, da esercitare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1672, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell'Unione o in uscita dall'Unione e che abroga il regolamento (CE) 1889/2005, nonché alle disposizioni del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776, della Commissione, dell'11 maggio 2021.

L'articolo 14 reca la delega al Governo per adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2022/2554, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) 1060/2009, (UE) 648/2012, (UE) 600/2014, (UE) 909/2014 e (UE) 2016/1011.

L'articolo 15 conferisce una delega al Governo per l'adeguamento del quadro normativo nazionale al regolamento (UE) 2022/868 relativo alla governance europea dei dati. Il termine per l'esercizio della delega è 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge. In base all'articolo 38 del regolamento, l'applicazione dello stesso è invece prevista dal 24 settembre 2023. Il decreto legislativo sarà adottato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale e dell'Agenzia per l'Italia digitale.

L'articolo 16, introdotto in sede referente, prevede princìpi di delega specifici finalizzati ad adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) 2023/1113, del Parlamento europeo e del Consiglio, inerente i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e determinate cripto-attività. Il citato regolamento (UE) 2023/1113 introduce norme riguardanti i dati informativi relativi all'ordinante e al beneficiario che accompagnano i trasferimenti di fondi in qualsiasi valuta, nonché i dati informativi relativi al cedente e al cessionario che accompagnano i trasferimenti di cripto-attività, al fine di prevenire, individuare e indagare casi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

L'articolo 17, anch'esso introdotto nel corso dell'esame in sede referente, reca i criteri e i principi direttivi volti ad assicurare l'adeguamento dell'ordinamento nazionale ai contenuti del regolamento europeo (UE) 2023/1114, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo ai mercati delle cripto-attività, il cosiddetto regolamento MiCA. Il regolamento MiCA è volto a fornire chiarezza e certezza giuridica agli emittenti e ai fornitori di cripto-attività, per rafforzare l'innovazione, preservando la stabilità finanziaria e proteggendo gli investitori dai rischi. Esso fa parte del pacchetto sulla finanza digitale adottato dalla Commissione nel settembre 2020.

Prima di concludere mi preme sottolineare come i recenti lavori dell'Aula si siano concentrati, in questi giorni, su importanti strumenti della partecipazione italiana all'Unione europea. Mercoledì scorso abbiamo discusso la relazione programmatica italiana nel 2023 e i programmi legislativi del Consiglio e della Commissione, atti programmatici centrali per definire il ruolo dell'Italia nella fase ascendente del diritto europeo. Oggi prende avvio l'esame del più importante strumento di recepimento del diritto europeo nel nostro ordinamento, mentre nei prossimi giorni saremo chiamati ad approvare, dopo il Senato, il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza. Nel frattempo, mercoledì scorso la Commissione ha approvato la valutazione preliminare positiva della richiesta di pagamento dell'Italia per 16,5 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti, nell'ambito del dispositivo Next Generation EU. Risultati strategici, a pochi giorni dall'approvazione, da parte dell'Esecutivo europeo, della revisione generale del PNRR promossa dal Ministro Fitto, che confermano il grande impegno del Governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene per un “europeismo dei fatti”, orientato alla concretezza dei risultati. Ora lascio la parola al collega, onorevole Candiani, per l'illustrazione dei contenuti riguardanti il Capo II del disegno di legge.

PRESIDENTE. Il relatore, deputato Candiani, ha facoltà di intervenire.

STEFANO CANDIANI, Relatore. Grazie, signor Presidente. Ringrazio la collega, onorevole Lucrezia Mantovani, per il lavoro svolto, che abbiamo portato avanti con grande partecipazione anche della Commissione.

Mi avvio, Presidente, onorevoli colleghi, all'illustrazione della restante parte del provvedimento di legge, passando a illustrare i contenuti del Capo II, recante le disposizioni di delega per il recepimento di direttive europee.

Rilevo che l'articolo 3 reca specifici principi e criteri di delega al Governo, integrati in sede referente, per il recepimento della direttiva (UE) 2022/ 2555, del 14 dicembre 2022, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell'Unione europea. Tale direttiva, il cui termine di recepimento è fissato al 17 ottobre 2024, abroga la direttiva (UE) 2016/1148, la cosiddetta direttiva NIS-2, Network and information security, nonché modifica sia il regolamento (UE) 910/2014, sull'identità digitale, sia la direttiva (UE) 2018/1972, che ha istituito il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

L'articolo 4 reca specifici principi e criteri di delega al Governo, anch'essi integrati in sede referente, per il recepimento, da effettuarsi entro il 17 ottobre 2024, della direttiva (UE) 2022/2557, del 14 dicembre 2022, relativa alla resilienza dei soggetti critici, in vigore dal 16 gennaio 2023. L'atto in questione abroga la direttiva 2008/114/CE dell'8 dicembre 2008, con la quale il Consiglio dell'Unione europea ha disciplinato la procedura per l'individuazione e la designazione, da parte degli Stati membri, delle infrastrutture critiche europee che si trovano sul loro territorio, definendo altresì un approccio comune per la valutazione della necessità di migliorarne la protezione.

L'articolo 5 contiene i principi e i criteri specifici, alcuni dei quali introdotti in sede referente, di delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2021/2167, del 24 novembre 2021, relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti, che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE. Tale direttiva si propone di incoraggiare lo sviluppo di mercati secondari dei crediti deteriorati dell'Unione, eliminando gli ostacoli al trasferimento dei crediti deteriorati da parte di enti creditizi ad acquirenti di crediti e garantendo, al tempo stesso, la tutela dei diritti dei debitori. La proposta introduce un regime di armonizzazione minima cui i gestori e gli acquirenti devono attenersi per operare all'interno dell'Unione, fissando standard comuni per garantire l'idonea condotta e la vigilanza.

L'articolo 6 delega il Governo a recepire la direttiva (UE) 2022/431, del 9 marzo 2022, la quale modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione agli agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e ne estende l'ambito di applicazione alle sostanze tossiche per la riproduzione umana. In relazione a quest'ultima estensione, viene integrato anche il titolo della suddetta direttiva 2004/37/CE.

L'articolo 7, introdotto con un emendamento presentato dall'opposizione durante l'esame in sede referente, delega il Governo a recepire la direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione.

L'articolo 8 delega il Governo a recepire la direttiva (UE) 2022/2380, nonché ad assicurare l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'articolo 138 del regolamento (UE) 2018/1139. Sia la direttiva (UE) 2022/2380, sia il regolamento (UE) 2018/1139 apportano modifiche alla direttiva (UE) 2014/53, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e già recepita con il decreto legislativo n. 128 del 2016. Gli ulteriori principi e criteri direttivi specifici assegnati al Governo riguardano le modifiche da apportare al decreto legislativo n. 128 del 2016 - che, come detto, ha recepito la precedente direttiva (UE) 2014/53 - per renderlo coerente con il nuovo quadro normativo.

L'articolo 9 delega il Governo a recepire la direttiva (UE) 2022/2438, la quale modifica la direttiva 93/49/CEE e la direttiva di esecuzione (UE) 2014/98, con particolare riferimento agli elenchi degli organismi nocivi rilevanti per l'Unione, ai materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, ai materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e alle piante da frutto destinate alla produzione di frutti.

L'articolo 10 prevede una serie di princìpi e criteri direttivi specifici da osservare nell'esercizio della delega per il recepimento, entro il 31 dicembre 2023, delle direttive (UE) 2023/958 e 2023/959, che hanno modificato la disciplina europea previgente in materia di riduzione delle emissioni di gas serra.

L'articolo 11, introdotto in sede referente con un emendamento presentato dai relatori, delega il Governo a recepire la direttiva (UE) 2022/2464, che modifica il regolamento (UE) 2014/537, la direttiva 2014/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE, per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità e per l'adeguamento della normativa nazionale.

In conclusione, esprimo l'auspicio, condiviso dalla collega Mantovani, di pervenire in tempi rapidi all'approvazione del provvedimento, così come della relazione consultiva alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea del 2022, una volta che sarà trasmessa al Parlamento, come abbiamo precedentemente detto, per garantire quanto prima l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al quadro normativo europeo, anche in una prospettiva di definizione e, soprattutto, di una sempre maggiore prevenzione delle procedure di contenzioso per il ritardato recepimento delle direttive - che ora pare siano 25, secondo i dati aggiornati al giugno scorso, presentati nel dossier, dagli uffici -, come già evidenziato con chiarezza nel corso dell'esame del documento della Commissione europea sull'applicazione del diritto dell'Unione europea.

Con l'occasione, Presidente, concludendo la relazione, anche a nome della collega Mantovani ringraziamo gli uffici della Commissione, per il lavoro svolto e i commissari, per l'apporto dato nell'analisi del provvedimento, che è stato particolarmente articolato nel corso degli ultimi due mesi. Abbiamo seguito anche un percorso di audizioni, che ha consentito l'approfondimento dei singoli temi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che rinunzia.

È iscritto a parlare l'onorevole De Luca. Ne ha facoltà.

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Oggi ci troviamo a discutere, in questa sede, del provvedimento di delega al Governo per il recepimento di direttive e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea, cioè la legge di delegazione 2022-2023. Questo provvedimento, come sappiamo, insieme alla legge europea, è uno di quei due strumenti previsti dalla legge n. 234 del 2012, che consentono di adeguare il nostro ordinamento alla normativa europea.

In particolare, la legge di delegazione reca deleghe al Governo per recepire le direttive che sono in scadenza o che scadranno nei prossimi mesi e recepire princìpi o disposizioni non direttamente derivanti da regolamenti che pure hanno un'applicazione diretta nei vari Stati membri. La legge europea, invece, contiene altre disposizioni, volte ad attuare gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, a prescindere dalla scadenza o dalla trasposizione di direttive o di princìpi espressi nei regolamenti.

Ci troviamo, però, a discutere oggi, signor Presidente e colleghi, di un provvedimento che è stato presentato dal Governo il 28 luglio scorso. Il quadro normativo italiano prevede che la legge di delegazione debba essere innanzitutto presentata entro il 28 febbraio di ogni anno e che, semmai, entro il 31 luglio di ogni anno, può essere presentata una seconda legge di delegazione. Noi, invece, ci troviamo a discutere di un provvedimento che è stato presentato, in prima battuta, con 6 mesi di ritardo, quindi con mesi e mesi di ritardo, quando doveva essere, semmai, presentato un secondo provvedimento del genere. Ma, al di là di questo ritardo iniziale, che pure vale la pena stigmatizzare e denunciare in questa sede, c'è un altro elemento che non possiamo non rilevare oggi, ossia il ritardo che questo provvedimento sta avendo nel suo esame, nel suo iter parlamentare. È stato depositato e, quindi, abbiamo iniziato a valutarlo dopo la sua adozione. Sono settimane che abbiamo concluso, in Commissione politiche dell'Unione europea, l'iter della presentazione, dell'esame e della discussione degli emendamenti, dopo un'apposita e adeguata discussione nelle Commissioni di merito competenti, e ci siamo trovati, clamorosamente, nelle scorse settimane, a scoprire che il Governo non era pronto con i pareri di propria competenza. Per cui questo provvedimento - che, ad oggi, doveva essere già stato approvato da questo ramo del Parlamento, perché ricordiamo che siamo in prima lettura e poi dovrebbe andare anche al Senato e, in caso di modifiche, ritornare alla Camera - oggi ha la possibilità di avere solo una discussione generale e, probabilmente, la sua discussione finale, con il voto e l'approvazione, sarà rinviata addirittura all'anno prossimo, secondo il calendario dei lavori della Camera oppure, nelle prossime settimane, subire un grande ritardo a causa della mancata presentazione e definizione dei pareri da parte del Governo su emendamenti, peraltro, in alcuni casi, presentati alla stessa maggioranza. Allora, senza voler alimentare ulteriori polemiche, non possiamo non rilevare che, ancora una volta, non è propaganda, non è una frase fatta, ma il mood che doveva caratterizzare il lavoro del Governo, quando i suoi esponenti dicevano che erano pronti, si rileva in ogni atto e in ogni provvedimento: sono in ritardo su tutto, non sono pronti su niente. Questo provvedimento ne è clamorosa testimonianza e prova.

Cosa è inserito all'interno di questo provvedimento? I colleghi l'hanno richiamato, ma quello che loro hanno correttamente richiamato come contenuto del provvedimento, in realtà, è un'aggravante, da un punto vista politico, rispetto ai ritardi che stiamo denunciando e che, come Partito Democratico, continueremo a denunciare, nelle prossime settimane. Vi è, innanzitutto, il recepimento della direttiva sui salari minimi. Io mi rendo conto che il Governo su questo terreno è in grande difficoltà e, probabilmente, nelle prossime ore si discuterà di come aggirare o trovare una soluzione politica per non affrontare il tema che il Partito Democratico e tutte le opposizioni hanno posto al Governo, ossia prevedere nel nostro ordinamento, finalmente, una soglia minima legale, che noi chiediamo a 9 euro l'ora, per risolvere o provare ad arginare il dramma di 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri, cioè lavoratrici e lavoratori che, pur lavorando e pur avendo un'occupazione, ricevono un salario che per noi equivale a sfruttamento. Nelle prossime ore, non si sa come, probabilmente il Governo proverà a trovare una soluzione articolata, dopo avere - la maggioranza - rinviato e delegato al CNEL la valutazione su questo tema, rinviando un problema che per noi è essenziale. In questo provvedimento c'è il recepimento della direttiva sui salari minimi: voi ritardate, ancora una volta, anche da un punto di vista europeo, la necessità di affrontare questo tema, che per noi è essenziale.

Ci sono altre direttive, che sono state citate, come quella volta a garantire il principio della pari retribuzione tra uomini e donne, a parità di lavoro. Ci sono norme legate alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni. Ci sono norme volte a ridurre le emissioni gas serra. Ci sono norme volte a tutelare i nostri cittadini e le pubbliche amministrazioni rispetto ai rischi derivanti dagli attacchi cyber, dagli attacchi online, quindi volte a rafforzare la cybersicurezza nel nostro Paese.

E anche lì, senza voler fare propaganda, abbiamo visto quanto sia semplice o facile, o, diciamo così, possibile bucare la rete telefonica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Immaginate quanto sia essenziale rafforzare le tutele delle pubbliche amministrazioni e dei nostri cittadini rispetto all'utilizzo dei dati sensibili che circolano nel nostro Paese.

Tutto potevamo immaginare fuorché un ritardo su questo provvedimento, su cui pure c'è stato peraltro proprio un elemento di criticità, legato al reperimento di risorse da parte del Governo.

Ci sono norme legate alla gestione della crisi bancaria, al rafforzamento della tutela dei consumatori e dei risparmiatori italiani ed europei. Al riguardo, però, non ci stupisce il ritardo con il quale state agendo in questo momento, perché, come ribadiamo anche in questa occasione, c'è un provvedimento, uno strumento che solo l'Italia non ha recepito e approvato, ratificandone le modifiche, che è la riforma del MES. Cogliamo ancora una volta l'occasione per dire che la riforma di uno strumento, che già esiste dal 2012, migliorerà semplicemente le tutele dei risparmiatori italiani ed europei, perché c'è una norma, il cosiddetto backstop, che consente di sostenere, con risorse del MES, il Fondo unico per le risoluzioni bancarie, per le crisi bancarie, e consente al MES di intervenire in caso di crisi di istituti bancari, tutelando i risparmiatori e i consumatori italiani ed europei. Voi state bloccando questa norma, ancora una volta decidendo di non decidere rispetto alla ratifica della modifica al Trattato MES. Siamo l'unico Stato a non averlo ancora fatto, in un contesto nel quale, peraltro, l'Italia rischia di perdere credibilità sui tavoli europei di Bruxelles in un momento in cui è necessario e indispensabile chiudere, invece, il negoziato per la riforma del Patto di stabilità e crescita. E guai a bloccare una riforma, guai a far rientrare e ritornare in vigore le regole previgenti. Vi siete per anni battuti anche voi - o era solo demagogia? - contro l'austerità, contro il rigore. Oggi c'è l'occasione per riformare, dopo che noi, durante, purtroppo, il periodo drammatico della pandemia, abbiamo ottenuto la sospensione del Patto di stabilità e crescita.

Ora, quelle norme rischiano di entrare in vigore a gennaio dell'anno prossimo, se non si modificano. C'è una discussione in atto, ma voi che siete al Governo adesso dovete avere la capacità non più di fare chiacchiere o propaganda, ma di ottenere le soluzioni alle criticità che tutti insieme stiamo rilevando. Non si può continuare con vecchi parametri o vecchie logiche o applicazioni di criteri obsoleti che rischiano di penalizzare il nostro Paese rispetto a una fase in cui è necessario sostenere alcuni investimenti strategici e scomputare questi investimenti, per esempio, dal calcolo dei parametri del deficit o del debito.

Peraltro, vi ricordiamo che, qualora ritornasse, entrasse in vigore il vecchio Patto di stabilità, la vostra manovra di bilancio rischia di essere in infrazione automatica da subito. Rischiamo l'apertura di una procedura per deficit eccessivo e il nostro Paese rischia davvero di finire sull'orlo del baratro.

Allora, per tutte queste ragioni, per l'esigenza di rafforzare le norme per il contrasto al riciclaggio, contro il finanziamento del terrorismo, per il rispetto della trasparenza sulle imprese multinazionali, per applicare quanto prima norme sull'imposizione fiscale delle multinazionali, per migliorare le tutele, il grado di protezione, i diritti di cui possono essere beneficiari i cittadini, le imprese, le aziende, le famiglie e i lavoratori italiani grazie a norme europee, avreste il dovere di applicare e far chiudere quanto prima l'approvazione di questo provvedimento.

Invece, siamo in clamoroso e gravissimo ritardo. Noi denunciamo tutto questo e, al tempo stesso, ovviamente vi invitiamo a dare seguito ad alcuni emendamenti che abbiamo presentato, sia in Commissione politiche europee sia nelle Commissioni di merito, su alcuni dei quali, quelli volti a rafforzare la cybersicurezza, per esempio, delle pubbliche amministrazioni, mi pare ci fosse anche una comune consapevolezza rispetto all'esigenza di andare in quella direzione, nella direzione posta dai nostri emendamenti.

Trovate le risorse adeguate perché questi interventi vengano effettuati davvero nei prossimi mesi e nei prossimi anni. E basta, perché ieri abbiamo ascoltato un'iniziativa a Firenze che era in controtendenza rispetto al lavoro che stiamo facendo qui, in Parlamento. Perché, se stiamo alle parole ascoltate ieri alla convention della Lega, praticamente stiamo perdendo tempo, mentre, invece, non lo stiamo facendo.

Questo è un provvedimento importante. Recepire direttive fondamentali come quelle che voi avete ricordato oggi vuol dire contribuire a migliorare il processo di integrazione europea, migliorare le tutele e le garanzie per i nostri cittadini, consapevoli che il livello europeo è quello più adeguato ed è l'unico in grado di consentirci di affrontare le sfide e le criticità del nostro tempo. Gli Stati nazionali da soli non sono in grado di rispondere alle criticità del nostro tempo, di dare risposte ai nostri cittadini. Questo è il punto centrale, politico, su cui poniamo l'attenzione e invitiamo davvero tutte le forze politiche italiane - l'Italia è uno dei 6 Paesi fondatori dell'Unione europea - a non fare passi indietro.

Non guardiamo con i paraocchi: guai ad avere un approccio, un atteggiamento che ci riporta indietro di decenni, a periodi bui della storia in cui gli Stati immaginavano di fare da soli, in cui gli Stati immaginavano, anche all'interno del continente europeo, di fare competizioni, e addirittura si sono trovati a vivere guerre fratricide al proprio interno. L'Europa è la nostra casa comune, l'Europa ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2012, l'Europa è l'unico livello istituzionale, politico in grado di difendere davvero le nostre comunità e i nostri cittadini nei prossimi anni di fronte alle sfide drammatiche che abbiamo dinanzi nel nostro tempo. E lo vediamo che sono sfide geopolitiche, sfide legate a conflitti, sfide legate alla pandemia, sfide legate all'energia, sfide legate al rafforzamento delle tutele sociali.

Per tutto questo abbiamo bisogno di un'Europa più forte, di un'Europa rinnovata, di un'Europa politica davvero ed è il lavoro che dovremmo fare: guai ad andare indietro, guai a tornare indietro alle piccole e vecchie Patrie, perché danneggeremmo in modo irreparabile il futuro dei nostri cittadini.

PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto tecnico industriale Fermi, di Castrovillari, che seguono i nostri lavori dalle tribune. Benvenuti (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Bruno. Ne ha facoltà.

RAFFAELE BRUNO (M5S). Grazie, Presidente. La legge di delegazione europea rappresenta, insieme al disegno di legge europea, uno strumento legislativo di fondamentale importanza perché assicura la corretta attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Proprio in ragione della rilevanza di tale strumento normativo, è essenziale assicurarne una tempestiva adozione nel rispetto della scadenza annuale per la sua approvazione, fissata dalla legge n. 234 del 2012. Quest'anno il Governo ha presentato alle Camere il disegno di legge di delegazione europea con un ritardo imbarazzante rispetto alla scadenza annuale del 28 febbraio, tanto è vero che ci ritroviamo di fronte a un disegno di legge biennale che ricomprende, oltre che l'anno di riferimento in corso, ormai agli sgoccioli, anche il 2022.

Questo ritardo deve suonare come un campanello d'allarme circa il generale rallentamento fatto registrare nell'attuazione del diritto dell'Unione europea, ritardo che, a sua volta, rischia di determinare un peggioramento dello stato dei contenziosi pendenti nei riguardi del nostro Paese e ci espone al rischio di apertura di eventuali procedure di infrazione. In quest'ottica è di fondamentale importanza intensificare gli sforzi per la definizione e la risoluzione delle procedure di infrazione attualmente a carico dell'Italia, ponendo una particolare attenzione alla fase informativa e di coinvolgimento attivo delle Camere per assicurare una sostanziale riduzione delle procedure di infrazione ed evitare effetti negativi a carico della finanza pubblica.

Tra gli atti normativi dell'Unione contenuti nel disegno di legge di delegazione per la loro attuazione segnalo, in particolare, per la sua rilevanza in materia di politiche sociali e di lavoro, la direttiva finalizzata all'introduzione del salario minimo adeguato per i lavoratori nell'Unione. Cresce nel nostro Paese il fenomeno dei lavoratori poveri, così come la distanza che li separa dal resto dei lavoratori dell'Unione europea.

Secondo i recenti dati diffusi dal rapporto Svimez 2023, in Italia ci sono circa 3 milioni - 3 milioni! - di lavoratori poveri, che percepiscono una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi. Un dato pari al 17,2 per cento del totale dei lavoratori dipendenti, un dato enorme, drammatico e doloroso. L'Italia è uno dei pochissimi Paesi dell'Unione europea a essere sprovvisto di una normativa sul salario minimo, e il MoVimento 5 Stelle si batte dal 2013 per introdurre il salario minimo legale a 9 euro lordi l'ora al fine di ridare dignità al lavoro ed effettiva attuazione all'articolo 36 della nostra Costituzione, secondo cui ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione sufficiente a garantire a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

Purtroppo, proprio sul tema del salario minimo, abbiamo assistito, nei giorni scorsi, a una pagina buia della storia democratica della nostra Repubblica parlamentare, con la sostituzione della proposta di legge del MoVimento 5 Stelle e delle opposizioni per l'introduzione del salario minimo legale con una delega al Governo. Questo ha creato un precedente pericolosissimo, svilendo il ruolo delle Camere e prendendo in giro oltre 3,6 milioni di lavoratori che in Italia percepiscono paghe da fame. Senza salario minimo, sarà impossibile, infatti, raggiungere l'obiettivo che la delega stessa si è prefissata, ossia quello di assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi. Ma non ci arrendiamo. Quando si tratta della dignità delle nostre cittadine e dei nostri cittadini non ci si può arrendere. Non si può accettare che passi il messaggio che per il Parlamento italiano sia giusto che in Italia si lavori per meno di 9 euro l'ora. Bisogna dirlo e bisogna dirlo chiaro: il lavoro non può essere una forma di schiavitù legalizzata. Il lavoro deve permettere alle donne e agli uomini di vivere dignitosamente, di realizzare se stessi, di dare serenità ai propri cari e deve essere un mezzo per raggiungere la felicità. Questa è la base per consentire di avere cittadine e cittadini consapevoli, motivati e attivi, cittadini con la C maiuscola e non sudditi, stanchi, frustrati e avviliti.

La proposta di legge del MoVimento 5 Stelle sul salario minimo andava esattamente nella direzione della direttiva. L'introduzione di un salario minimo contribuisce, infatti, all'attuazione di quanto previsto dal pilastro europeo dei diritti sociali, per sostenere mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale equi e ben funzionanti e costituirebbe un ulteriore e indispensabile tassello per il raggiungimento degli obiettivi ispiratori che dovranno essere perseguiti dagli Stati membri nella realizzazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza, oltre ad assumere importanza strategica nel nuovo processo di convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro in Europa, in un contesto caratterizzato dalla ridefinizione dei mercati del lavoro e dell'economia europei.

C'è, poi, la direttiva in materia di trasparenza retributiva tra uomini e donne volta a contrastare il cosiddetto gender pay gap. Grazie all'approvazione di un emendamento del MoVimento 5 Stelle, è stato inserito all'interno del provvedimento un articolo aggiuntivo per il recepimento di questa direttiva, che prevede alcuni principi e i criteri specifici di delega per dare un'effettiva attuazione a quest'importantissima direttiva europea. In particolare, siamo intervenuti a garanzia di quegli obblighi di trasparenza per i lavoratori privati e pubblici previsti dalla direttiva, rafforzando i meccanismi di trasparenza retributiva ed estendendo alla più ampia platea possibile di destinatari gli obblighi sull'accessibilità di informazione sul divario retributivo. Il lavoro rimane, purtroppo, uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili; molto spesso le donne incontrano maggiori difficoltà a trovare un impiego e a ricoprire ruoli di prestigio e responsabilità. In Italia, solo poco più di una donna su due ha un lavoro, con un tasso di occupazione femminile del 51,1 per cento, ben al di sotto della media europea del 65. Le donne più svantaggiate sono quelle con figli, al contrario dei padri, che riportano un tasso di occupazione più elevato. I figli pesano anche sui redditi da lavoro, in Italia; basta pensare che tra le madri occupate, a 15 anni dalla nascita dei figli, la retribuzione annua è circa la metà rispetto a quella delle donne senza figli. Anche nell'Unione europea, dove da molti anni ormai vengono implementate strategie per appianare le differenze di genere, i divari non sono scomparsi. Il MoVimento 5 Stelle da sempre è impegnato sul tema delle parità salariali ed è proprio grazie al nostro impegno che sono state approvate, nella scorsa legislatura, le modifiche al codice delle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Per continuare su questa strada è urgente che alla direttiva sul gender pay gap venga data rapida attuazione nel nostro Paese, anticipando il termine di recepimento, fissato al 7 giugno 2026 e favorendo la conciliazione vita-lavoro, anche attraverso il potenziamento dei servizi di cura per l'infanzia.

C'è, poi, la direttiva sulla protezione di lavoratori esposti ai rischi di agenti cancerogeni. Entro il 5 aprile del prossimo anno gli Stati membri dovranno mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest'importante direttiva europea, che rafforza la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, fissando nuovi valori limite di esposizione, alla luce delle informazioni disponibili, compresi i nuovi dati scientifici e tecnici. Grazie all'approvazione di un emendamento del MoVimento 5 Stelle, siamo intervenuti per incidere ulteriormente su criteri direttivi, inserendo un riferimento alla conformità della normativa di attuazione della direttiva al Piano europeo di lotta contro il cancro, adeguando il sistema di sorveglianza e prevenzione sanitaria a questo Piano.

In materia di trasparenza fiscale, c'è la direttiva sulla global minimum tax. Questa direttiva, cui gli Stati membri dovranno dare attuazione entro il 31 dicembre 2023, garantirà un'aliquota di imposta effettiva minima per i grandi gruppi multinazionali, ma resta formalmente esclusa ancora la digital tax. Per il MoVimento 5 Stelle, la tassazione dell'economia digitale va rafforzata, dal momento che le grandi imprese del web pagano all'estero le tasse ordinarie sugli utili conseguiti in Italia. Se non agiamo in questo senso, continueremo a trasferire all'estero le risorse che ci servono per sostenere la spesa pubblica.

C'è, poi, la direttiva sulla trasparenza fiscale delle multinazionali. Con tale direttiva è stato previsto uno specifico regime di trasparenza per le imprese multinazionali, le quali, a partire dal 2024, devono dichiarare pubblicamente le imposte corrisposte all'interno dell'Unione europea e, più in dettaglio, in ciascun Stato membro. Per il mancato recepimento di questa direttiva è stata avviata una procedura d'infrazione contro l'Italia. Gli emendamenti presentati dal MoVimento 5 Stelle vanno proprio nella direzione di rafforzare la trasparenza fiscale, dettando criteri specifici di delega, apportando alla normativa vigente tutte le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva, nonché quelle necessarie ad assicurare l'adeguatezza, l'efficacia e l'efficienza del quadro normativo nazionale, al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese. Abbiamo chiesto di assicurare la massima trasparenza, chiarezza e intelligibilità delle informazioni, al fine di consentire ai cittadini di valutare con cognizione di causa il contenuto delle informazioni.

In materia di ambiente, c'è la direttiva che riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità e per l'adeguamento della normativa nazionale. Per il recepimento di questa direttiva il MoVimento 5 Stelle aveva presentato degli emendamenti che andavano nella direzione di fornire al legislatore nazionale principi e criteri specifici per recepire al meglio la direttiva sul territorio nazionale, in particolare, attraverso l'incentivazione di comportamenti orientati alla sostenibilità.

Chiudo il mio intervento con l'auspicio che ogni volta che in quest'Aula prendiamo decisioni che incidono profondamente nella vita delle persone ci impegniamo, tutte e tutti, ad ascoltare quella voce interiore che ci ricorda che senza comprensione degli altri, senza compassione e senza solidarietà, non può esserci umanità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pietrella. Ne ha facoltà.

FABIO PIETRELLA (FDI). Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati … si sente? No?

PRESIDENTE. Proviamo a cambiare microfono, perché purtroppo quello non funziona bene.

FABIO PIETRELLA (FDI). Signor Presidente, come già detto, l'Aula, per la prima volta nella legislatura corrente, affronta l'esame parlamentare del disegno di legge di delegazione europea, che rappresenta, insieme al disegno di legge europea, uno degli strumenti legislativi fondamentali per assicurare il periodico adeguamento dell'ordinamento dell'Unione. La legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e attuazione delle politiche dell'Unione europea ha, infatti, sostituito la legge comunitaria annuale con i due strumenti sopra richiamati, specificando che con la legge di delegazione europea viene conferita al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee e alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento degli atti legislativi europei. Su proposta del ministro Raffaele Fitto, al quale va ancora il nostro ringraziamento, per l'eccellente lavoro svolto in questo primo anno, il Consiglio dei ministri del 15 giugno 2023 ha approvato, con procedura d'urgenza, un disegno di legge delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea con la legge di delegazione europea 2022-2023.

Il testo ha lo scopo di garantire un più rapido adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello europeo, di prevenire l'apertura di nuove procedure di infrazione e di agevolare la chiusura di quelle pendenti. Mi preme ricordare, inoltre, che, poco prima della pausa estiva, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 69 del 2023, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano.

Il disegno di legge di delegazione europea 2022-2023 consta di 13 articoli, contenenti principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa a 7 direttive, nonché per l'adeguamento della normativa nazionale a 4 regolamenti europei, mentre l'annesso allegato A ha ad oggetto altre 10 direttive. La relazione illustrativa riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione, dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa alle eventuali inadempienze e violazioni, da parte della Repubblica italiana, di obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea. A tale riguardo, vorrei evidenziare che, alla data del 29 settembre 2022, quindi prima della formazione del nuovo Esecutivo, il numero delle procedure di infrazione a carico dell'Italia ammontava a 82 - ripeto, 82 -, di cui 57 per violazione del diritto dell'Unione e 25 per mancato recepimento di direttive. Nonostante ciò, dai banchi dell'opposizione, anche oggi, si critica la procedura d'urgenza adottata dal Governo Meloni, atteggiamento molto singolare, Presidente.

Analizzando brevemente i contenuti, l'articolo 1 reca la delega legislativa al Governo per l'adozione dei decreti di attuazione degli atti normativi dell'Unione europea, nonché per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A. L'articolo prevede, inoltre, che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari e dispone che eventuali spese - questo per quanto riguarda le coperture di cui si parlava in precedenza - non contemplate dalla legislazione vigente, che non riguardino l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali, possano essere previste nei decreti legislativi attuativi esclusivamente nei limiti necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti. Proprio riguardo alla copertura degli oneri recati da tali spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, qualora non fosse possibile farvi fronte con i fondi già assegnati dalle competenti amministrazioni in via ordinaria si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea.

L'articolo 2 conferisce al Governo una delega della durata di 18 mesi per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni degli obblighi discendenti da precetti europei in leggi nazionali riguardo a direttive attuate in via regolamentare o amministrativa o di regolamenti dell'Unione europea. Ricordo a me stesso - questo è un punto importante - che gli atti legislativi dell'Unione europea non introducono, né disciplinano, di norma, sanzioni, rimandando, invece, agli ordinamenti degli Stati membri, in virtù della netta diversità dei sistemi giuridici nazionali, lasciando, quindi, regolare a ciascun Paese le conseguenze della loro inosservanza. La finalità dell'articolo è, pertanto, quella di consentire all'Esecutivo di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative dell'Unione europea, garantendo il rispetto degli atti regolamentari con cui tali disposizioni vengono trasferite nell'ordinamento interno.

Passando al Capo III, rilevo che l'articolo 10 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per adeguare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento UE relativo al trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale.

L'articolo 11 delega relativamente al controllo sul denaro contante in entrata e in uscita - questo per evitare il famoso far west - e condiziona l'adozione di decreti legislativi adottati dal Governo al previo parere positivo del Garante per la protezione dei dati personali. Tale previsione consente all'Autorità garante per la protezione dei dati personali la valutazione del bilanciamento di valori costituzionali come la trasparenza, la riservatezza e la protezione dei dati rispetto alla disciplina sui controlli transfrontalieri sui flussi di denaro, che possono potenzialmente porsi a discapito dei menzionati interessi. Si prevedono, inoltre, apposite campagne di informazione - questo è molto importante - affinché le persone in entrata e in uscita dall'Unione europea e coloro che inviano o ricevono denaro all'interno dell'Unione - denaro non accompagnato - siano informate dei loro diritti e obblighi a norma di regolamento.

Nell'articolo 12 si conferisce la delega al Governo per adottare, acquisito il parere dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario - molto importante per stabilizzare i mercati - e si prevede di apportare alla normativa vigente le occorrenti modifiche e integrazioni necessarie all'adeguamento dell'ordinamento giuridico nazionale, assicurando che alle autorità competenti siano attribuiti tutti i poteri di vigilanza e di indagine, attribuendo loro il potere di imporre le sanzioni e le altre misure amministrative previste.

L'articolo 13 è sulla protezione dei dati personali.

Nel Capo II, l'articolo 3 tratta misure per un livello comune elevato di cybersicurezza - questo è estremamente importante - nell'Unione europea. Come detto dal collega Candiani, si abroga il NIS, cioè il Network and information security, però si prevede un organo estremamente importante, cioè l'istituzione di una rete europea delle organizzazioni di collegamento per le crisi informatiche denominata EU-CyCLONe, volta a sostenere la gestione coordinata degli incidenti di cybersicurezza su vasta scala.

L'articolo 4 è relativo alla resilienza dei soggetti critici, quindi abroga la direttiva dell'8 dicembre 2008 con la quale il Consiglio dell'Unione europea ha disciplinato la procedura per l'individuazione e la designazione da parte degli Stati membri delle infrastrutture critiche europee (ECI) che si trovano sul loro territorio, definendo altresì un approccio comune per la valutazione delle necessità e di migliorarne la protezione.

L'articolo 6 reca la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e ne estende l'ambito di applicazione, come detto dal collega Candiani, alle sostanze tossiche per la riproduzione umana. Si apportano alla normativa vigente le modifiche necessarie ad assicurare la corretta applicazione della direttiva e ad aggiornare l'attuale sistema di sorveglianza sanitaria, al fine del suo adeguamento alla valutazione dello stato di salute dei lavoratori adibiti alle attività nelle quali sono - o possono essere - esposti a specifici agenti o sostanze tossiche.

L'articolo 7 pone al Governo principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio - questo è estremamente importante - sia in ottica di contenimento dei rifiuti ambientali, ma anche in quella di ottimizzazione delle materie prime critiche. Quest'importante direttiva definisce, infatti, ulteriori requisiti essenziali che alcune categorie di apparecchiature radio devono soddisfare, la frammentazione delle interfacce di ricarica dei telefoni cellulari e di apparecchiature radio analoghe. Si dispone, quindi, l'armonizzazione delle interfacce di ricarica, la possibilità di acquistare l'apparecchiatura senza alcun dispositivo di ricarica e si introduce un apposito sistema di informazioni di etichettatura indicante la presenza o meno del caricabatterie accluso nell'apparecchio radio.

Nell'articolo 9 si prevede una serie di modifiche della disciplina europea previgente in materia di riduzione delle emissioni di gas serra, s'intende rafforzare la struttura organizzativa dell'autorità nazionale competente, si istituisce un'autorità nazionale responsabile dell'attuazione della normativa, ottimizzando e informatizzando le procedure rientranti nel sistema europeo di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra e delineando tali procedure con il sistema informatizzato già esistente nel portale ETS. Si intende, quindi, con questo articolo, revisionare e adeguare il sistema sanzionatorio, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni, assegnando al Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative di nuova istituzione per destinarle al miglioramento dell'attività istruttoria e di vigilanza, di prevenzione e di monitoraggio.

In conclusione, signor Presidente, esprimo anch'io l'auspicio, condiviso dai colleghi Mantovani e Candiani, che ringrazio per l'ottimo lavoro svolto nei rispettivi ruoli di relatori, di pervenire in tempi molto rapidi all'approvazione del provvedimento, per garantire quanto prima l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al quadro normativo europeo ma anche in una prospettiva di definizione di una sempre maggiore prevenzione delle procedure di contenzioso per ritardato recepimento delle direttive, già evidenziata con chiarezza sia nell'esame in Commissione che oggi qui in Aula, onde evitare procedure di infrazione che certamente non qualificano e non valorizzano la nostra Nazione (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Monte. Ne ha facoltà.

ISABELLA DE MONTE (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Signora Sottosegretaria, colleghe e colleghi, è un momento importante - lo hanno evidenziato anche i colleghi che mi hanno preceduta - perché, per la prima volta in questa legislatura, quest'Aula si occupa di uno dei provvedimenti fondamentali, cioè la delega al Governo per il recepimento della normativa europea, o legge di delegazione europea, che, insieme al disegno di legge europea, consente di adeguare l'ordinamento nazionale a quello unionale. Ciò è particolarmente importante perché, come spesso si dice, gran parte della normativa vigente è proprio di derivazione europea. Il fulcro normativo nazionale, però, è da ricondursi alla legge n. 234 del 2012 che ha dato impulso a una riforma organica della partecipazione dell'Italia alle politiche dell'Unione europea, di cui l'Italia, come sappiamo, è Paese fondatore. È anche in quest'ottica che dobbiamo dare rilievo a questa fase, perché l'Italia ha sempre partecipato, non solo alla formazione delle norme di livello europeo, ma anche a quel processo di miglioramento delle politiche che ci ha portato fino ad oggi. Poiché si tratta di legge delega, è innanzitutto necessario affrontare previamente quali sono i principi generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione europea.

È importante, dato che, in base alla citata legge n. 234, vi deve essere una relazione illustrativa aggiornata che effettivamente arriva fino al giugno 2023. In questa relazione illustrativa il Governo ha dato le motivazioni che hanno portato a includere determinati provvedimenti che, come sappiamo, sono stati poi sottoposti anche alle valutazioni e ai pareri delle Commissioni di merito. Con questa relazione abbiamo appreso che il numero delle procedure di infrazione, alla data del 31 dicembre 2022, ammontava a 82, di cui 57 per violazione del diritto dell'Unione europea e 25 per mancato recepimento delle direttive, e, alla data del 12 giugno, il numero era pari sempre a 82 perché alcune procedure si erano chiuse e altre si erano aperte e, quindi, il dato sostanzialmente è rimasto lo stesso. Oggi, però, apprendiamo che queste procedure sono scese a 74. Questo è un dato estremamente positivo e dobbiamo senz'altro proseguire in questa direzione. Avevo però già avuto modo di esprimere, in occasione del decreto Infrazioni, che l'Italia deve dare priorità alla risoluzione delle controversie con l'Unione europea che sono nello stadio più avanzato, in particolar modo quelle che comportano un esborso da parte dello Stato italiano, e vorrei ribadirlo anche in questa sede.

Tornando all'esame del provvedimento vorrei evidenziare che l'iter è molto articolato, come sappiamo, in quanto richiede che vi siano i pareri delle Commissioni competenti per materia e poi quello della XIV Commissione che fa la valutazione della conformità - come abbiamo fatto - degli emendamenti al diritto dell'Unione europea. Come i colleghi della XIV Commissione sanno, è stato avviato anche un importante dibattito interno alla Commissione stessa circa l'opportunità di avviare anche una modifica del Regolamento per far sì che la XIV Commissione abbia una funzione più pregnante e più consona anche ai tempi odierni, quelli in cui la centralità del diritto unionale deve trovare corrispondenza anche nel funzionamento e nelle competenze degli organi interni del Parlamento italiano, proprio in funzione del fatto, come dicevo, che gran parte della normativa oggi vigente è anche e soprattutto di derivazione europea.

Quanto al contenuto del provvedimento, i colleghi si sono ampiamente soffermati su alcuni aspetti e anche io vorrei citarne alcuni. Ad esempio, ricordo il tema della cybersicurezza con riferimento al quale vi è la delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2555, la cosiddetta NIS 2, che ha l'obiettivo di introdurre criteri elevati di cybersicurezza nell'Unione europea. In questo caso il termine è in là nel tempo, è il 17 ottobre 2024, ma è opportuno intervenire tempestivamente.

È poi importante procedere anche con il recepimento della direttiva (UE) 2022/431, del Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica una precedente direttiva sulla protezione dei lavoratori - l'hanno già detto anche i colleghi - contro i rischi derivanti dall'esposizione agli agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. È rilevante in quanto con questa nuova direttiva si estende l'applicazione delle misure anche alle sostanze tossiche per la riproduzione umana.

A proposito delle emissioni di gas a effetto serra abbiamo la direttiva (UE) 2023/958, del Parlamento europeo e del Consiglio, e la direttiva (UE) 2023/958, del Parlamento europeo e del Consiglio, che disciplinano il contributo del trasporto aereo, il cosiddetto ETS, con l'obiettivo della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra.

A questo proposito, esprimo ancora una volta il rammarico per il fatto che, nella scorsa legislatura europea, purtroppo non si è dato seguito al pacchetto sull'aviazione che riguardava i diritti dei passeggeri, gli slot aeroportuali e il cosiddetto cielo unico europeo; anche in questo caso, possiamo dire, una revisione della precedente normativa. È stato infatti bloccato, come sappiamo, dai veti incrociati degli Stati membri. Già auspicavo, in sede di dibattito in Commissione, che il Governo si adoperasse in seno al Consiglio proprio per promuovere una nuova iniziativa legislativa. Però, dobbiamo dire che nel frattempo c'è stata un'iniziativa. La Commissione e, nello specifico, la commissaria ai trasporti ha infatti avviato il pacchetto per la tutela dei diritti dei passeggeri in ogni settore, dal ferroviario all'aviazione e a tutti gli altri sistemi di trasporto, per far sì che la tutela esista soprattutto nel trasporto combinato, perché oggi è molto frequente. Quindi, più sistemi di mobilità con particolare attenzione ai soggetti con disabilità oppure con mobilità ridotta. Ciò rappresenta un importante passo in avanti verso la tutela di chi viaggia, compresi coloro che si avvalgono dei pacchetti turistici.

Vorrei anche citare la delega al Governo, da esercitare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per l'adeguamento della normativa sul controllo del denaro contante in entrata e in uscita dall'Unione europea. È importante dare atto che, nello svolgimento di questo controllo, deve essere comunque salvaguardato il diritto alla protezione dei dati personali e ciò in conformità al bilanciamento dei valori costituzionali, tra cui la trasparenza e la riservatezza rispetto ai controlli transfrontalieri di flussi di denaro.

Ancora in tema di cybersicurezza c'è la normativa, che vorrei citare, riguardante la resilienza operativa digitale per il settore finanziario. A tale riguardo, il Governo dovrà assicurare che le autorità competenti individuate abbiano la possibilità di vigilare, svolgere indagini e applicare sanzioni per assicurare le finalità della direttiva stessa. Faccio al riguardo un passo indietro, perché c'è anche l'importante regolamento delegato (UE) 2022/2257, della Commissione, che prevede la necessità di recepire tempestivamente questa normativa, visto che vi è la necessità di migliorare la protezione delle infrastrutture critiche europee rispetto alla precedente normativa.

Prima di passare a un'altra direttiva che ritengo molto importante, Presidente, vorrei evidenziare che, in base ad alcuni studi, sembrerebbe che il gender gap verrà superato solamente nel 2100, decisamente un po' troppo tardi per Paesi che affermano di essere evoluti e soprattutto in un momento storico in cui sempre più emerge il gender gap. A fronte di questi dati a danno delle lavoratrici rispetto ai lavoratori, assume ancor più importanza il recepimento della direttiva molto recente, la direttiva (UE) 2023/970, del Parlamento europeo e del Consiglio, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva e i meccanismi di applicazione. È vero che il lavoratore non potrà accedere ai dati di un collega lavoratore o di una collega lavoratrice però vengono introdotti criteri di trasparenza aziendale in modo tale che nessun arbitrio possa essere esercitato. In tal senso va anche la direttiva (UE) 2022/2381, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al miglioramento dell'equilibrio di genere fra amministratori delle società quotate e relative misure.

La delega al recepimento della direttiva (UE) 2022/2523, del Consiglio, intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali, è confluita, come sappiamo, nella legge di delega fiscale.

Circa gli aspetti più strategici, nel suo intervento in Commissione il Ministro Fitto ha correttamente evidenziato che è necessario intervenire a livello legislativo anche sulla normativa nazionale quadro, ossia la legge n. 234 del 2012, in quanto è determinante poter intervenire tempestivamente nell'iter legislativo europeo per poter esprimere la posizione del Parlamento in tempo utile. Mi esprimerò più precisamente in occasione della dichiarazione di voto sugli aspetti più generali ma ritengo che questa sia la direzione assolutamente corretta per fare in modo che si possa avere una maggiore efficacia parlamentare nella fase ascendente. Stesso intento costruttivo è da intendersi altresì nell'impegno del Governo a ridurre le infrazioni e a intervenire possibilmente nella fase iniziale, per poter risolvere con l'interlocuzione diretta con la Commissione europea ogni questione, anche dubbia, relativa all'applicazione della normativa europea, ciò senza ovviamente escludersi che lo Stato italiano possa ritenere invece opportuno mantenere la propria posizione e resistere nei casi in cui si ritenga che alcuna violazione sia stata commessa.

Resta nella discrezionalità di ciascuno Stato membro - vado verso la conclusione, Presidente - di agire anche in questa direzione, ma è doveroso, soprattutto per il rispetto dei cittadini contribuenti, evitare il più possibile di arrivare alla fase più critica, cioè al contenzioso con la Commissione europea o, addirittura, al contenzioso dinanzi alla Corte di giustizia ed evitare, ovviamente, qualsiasi conseguenza sul bilancio dello Stato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giglio Vigna. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO GIGLIO VIGNA (LEGA). Grazie, Presidente. Come già detto da diversi miei colleghi precedentemente, siamo dinanzi allo strumento legislativo più importante della XIV Commissione parlamentare permanente e, come già detto da alcuni miei colleghi, durante l'analisi di questo provvedimento sono diventate palesi alcune criticità nello strumento stesso ed è per questo che oggi vogliamo annunciare all'Aula - è già stato fatto in precedenza, ma lo faccio anch'io, adesso, come presidente - il fatto che la XIV Commissione abbia fatto partire un comitato di scopo, composto dal sottoscritto, quindi, dal presidente della Commissione, dai due vicepresidenti e da tutti i capigruppo, comitato avente lo scopo di riformare l'iter della legge di delegazione europea e della legge europea, perché, a fronte del fatto che ci troviamo dinanzi a due strumenti importantissimi - la legge di delegazione europea è ancora più importante della legge europea -, è evidente che, rispetto a quello che oggi significano le politiche comunitarie, quindi, a fronte di cosa oggi significhi la normativa comunitaria, la normativa unionale all'interno della nostra legislazione, uno strumento inventato in un altro periodo storico, in cui l'impatto di questa normativa era evidentemente molto minore rispetto ad oggi, vada svecchiato. Questo è quello che abbiamo intenzione di fare, questa è la direzione che sta prendendo il dibattito in seno a questo comitato che, poi, è totalmente - o quasi totalmente - sovrapponibile all'ufficio di presidenza della XIV Commissione.

Infatti, come abbiamo rilevato con il gentile Sottosegretario Siracusano - che, a nome e per conto del Governo, ha seguito e sta seguendo i lavori di questa legge di delegazione e che, tra l'altro, ovviamente, ringraziamo per la sua presenza costante in Commissione -, il continuo rimando a questa competenza concorrente con le altre Commissioni va a creare, intanto, dei rallentamenti e, poi, anche una certa confusione su chi ha la competenza di trattare questi temi e su chi ha, possiamo dirlo tranquillamente, anche l'ultima parola su questi, che sono temi importantissimi.

È chiaro che, allo stato attuale, noi abbiamo l'esperienza di questa legge di delegazione europea, come abbiamo l'esperienza del DL Infrazioni, che abbiamo trattato pochi mesi fa. Ecco, io che non ero fan del DL Infrazioni, quando lo stesso DL Infrazioni è sbarcato qui a Montecitorio, proprio perché andava a essere un sostituto della legge di delegazione e della legge europea, alla fine dell'iter del DL Infrazioni mi sono trovato a dover ammettere che lo strumento è effettivamente valido, molto semplicemente perché dà competenza esclusiva alla XIV Commissione; uno strumento pulito, uno strumento che non crea confusione, uno strumento provvisorio da usare in caso di estrema emergenza; è uno strumento a cui noi vorremmo far assomigliare la legge di delegazione europea e la legge europea, a fronte appunto del fatto che oggi le politiche europee costituiscono una parte importante della nostra legislazione e, quindi, c'è bisogno di ammodernare lo strumento, uno strumento che è stato utile, è stato valido in passato, ma che evidentemente ha fatto oggi il suo corso.

Io voglio iniziare con i ringraziamenti. Abbiamo già ringraziato il Sottosegretario Siracusano e il Governo, di sicuro i tecnici del Ministero, il Ministro Fitto, i due relatori, Mantovani e Candiani, i capigruppo, sia di maggioranza che di opposizione, perché il dibattito in XIV Commissione è stato tranquillo, prima di tutto istituzionale sui temi, anche molto rapido, senza sbavature ostruzionistiche e questo andando a ricalcare un po' quella tradizione della XIV Commissione che vuole i tempi dei lavori della Commissione stessa più simili a tempi “bruxellesi” che a tempi “romani”; quindi tempi europei, tempi rapidi, tempi veloci, tempi dinamici, nell'ottica che si può discutere, si può discutere bene, si possono analizzare anche interi provvedimenti senza prosopopea e senza volere, a tutti costi, parlare molto o, magari, anche bloccare i lavori della Commissione. Naturalmente, rivolgo un ringraziamento anche agli uffici legislativi della Commissione e a tutti gli uffici legislativi dei gruppi politici, di maggioranza e di opposizione, che hanno integrato il nostro lavoro, ci hanno supportato e ci hanno fornito gli strumenti tecnici per essere qui oggi, gli strumenti tecnici per scegliere, per decidere quale strada politica prendere per questo provvedimento.

Mi voglio concentrare solo su alcuni articoli, poi ci sarà la fase di dichiarazione di voto; vedremo se vi saranno altri emendamenti da parte dell'opposizione; vedremo se vi saranno altri emendamenti da parte del Governo e se dovessero emergere, all'ultimo, emendamenti anche dai gruppi di maggioranza, questo ovviamente non lo sappiamo ancora; quindi, allo stato attuale, io vorrei concentrarmi su alcuni articoli, senza andare, ovviamente, ad analizzarli nel dettaglio, perché quello è un lavoro che abbiamo fatto, in modo importante, seppure, come dicevo, in molto rapido, in Commissione.

Mi piace citare e fare un'analisi molto rapida e veloce degli articoli che sono, potremmo dire, innestati dal Parlamento in questo provvedimento, quindi emendamenti dei relatori e della maggioranza, ma anche un emendamento dell'opposizione. Questo a smentire la voce, lo stereotipo, questo trend che il Parlamento non conta e non ha potere. Quando c'è un rapporto istituzionale fra Governo e Parlamento, quando c'è un rapporto istituzionale serio fra maggioranza e opposizione, anche il Parlamento può lavorare e ha la possibilità di dire la propria e incidere sui provvedimenti più importanti.

Quindi, all'articolo 7, vi è la già citata parità di retribuzione, quindi l'applicazione del principio della retribuzione salariale e della trasparenza della retribuzione salariale. Si tratta di un emendamento caro a uno dei gruppi di minoranza, il MoVimento 5 Stelle; questo emendamento, dopo un'importante analisi e una serie di incontri dei relatori della presidenza con i proponenti dell'emendamento, dopo alcuni incontri svolti, in via informale, con le parti sociali, con il mondo datoriale e con le rappresentanze dei lavoratori, ha trovato il parere favorevole dei relatori, della maggioranza e, quindi, del Governo. E questo - lo sottolineo nuovamente - a fronte del fatto che, quando c'è la volontà, anche da parte dell'opposizione, di lavorare bene e di portare un contributo, senza - permettetemi - fare “populismo”, ostruzionismo o senza alzare troppo i toni, tenendo un rapporto istituzionale all'interno dei canali corretti da parte della maggioranza, quando vi sono provvedimenti di buonsenso, c'è apertura. E questo è positivo, perché, purtroppo, abbiamo visto altri periodi storici, all'interno di questo Parlamento e di questo Paese, in cui all'opposizione non veniva dato alcunché e non veniva concesso di prendere parte realmente all'iter legislativo.

L'articolo 11 è un articolo dei relatori, quindi un altro innesto del Parlamento all'interno della legge di delegazione: la rendicontazione ambientale per il mondo delle imprese. Qui abbiamo un esempio di provvedimento di tipo ambientale. Si tratta, tuttavia - permettetemi di dire -, di un ambientalismo che non va a ledere e a incidere più di tanto sul mondo imprenditoriale, economico e produttivo, non va a fare male e a creare problemi al mondo delle nostre piccole e medie imprese, che, di problemi, ne ha già tanti e che, evidentemente, non ha bisogno di un'ulteriore mole di burocrazia. È un provvedimento soft, un provvedimento lieve, che, in fase di audizioni, ha trovato il parere positivo delle associazioni di categoria, e questo per noi è assolutamente molto importante; questo continuo contatto con il sistema Paese, che la XIV Commissione politiche dell'Unione europea ha instaurato e vuole continuare a instaurare, è anche un modo di dimostrare all'opposizione o, comunque, a chi contesta alla maggioranza di non avere a cuore questi temi, che questi temi stanno a cuore anche a chi siede da questa parte dei banchi del Parlamento.

Tuttavia, mettiamo questi temi allo stesso livello e cerchiamo di portare avanti queste tematiche di tipo ambientale, ma sempre e solo se non fanno male e non incidono negativamente sul nostro sistema produttivo. Quindi, l'articolo 11 è un articolo di cui siamo decisamente orgogliosi.

Gli articoli 16 e 17 sono molto tecnici ed hanno trovato spazio in dibattiti anche particolareggiati all'interno della Commissione. Recepiscono il regolamento che fa chiarezza e dà certezza giuridica al mondo delle criptovalute, un mondo che finora è stato lasciato all'anarchia più totale. Evidentemente, c'era la necessità di mettere paletti chiari e regolamentare questo mondo, perché, trattandosi di flussi di denaro, è evidente che non si poteva continuare a lasciare in queste condizioni la loro gestione. Sono, quindi, altri 2 articoli, a mio parere per lo meno, decisamente importanti.

Poi ci sono 2 articoli che non sono innesti parlamentari, non sono articoli di derivazione da emendamenti parlamentari; si tratta degli articoli 3 e 4 sulla cybersicurezza. Quindi, stiamo parlando della direttiva NIS (Network and information security).

L'articolo 3, in particolare, rafforza e delimita il perimetro europeo della cybersicurezza, mentre l'articolo 4 va a esplicare come devono essere le norme sulla resilienza europea riguardo alla cybersicurezza. Perché cito gli articoli 3 e 4 sulla cybersicurezza, signor Presidente e gentile rappresentante del Governo? Semplicemente, perché questi articoli, che oggi stiamo analizzando e presentando qui all'Aula in sede discussione generale, nella cosiddetta fase discendente, detta anche fase legislativa, rappresentano un po' la chiusura di un percorso fatto in XIV Commissione. E come oggi stiamo chiudendo questo percorso sulla cybersicurezza, vi saranno evidentemente altri percorsi che andremo a chiudere, perché quello relativo alle comunicazioni e alla normativa sulla cybersicurezza da parte dell'Unione europea è un dibattito che, in XIV Commissione, stiamo affrontando in fase ascendente. Infatti, questa Commissione, in questa legislatura - è un nostro parere, ma questo, forse, dovrebbero dircelo gli altri colleghi, i mezzi di stampa o magari i cittadini -, sta riuscendo a acquisire nuovamente uno spazio importante che, nel tempo, aveva perso.

Ciò di sicuro non per colpa dei miei o dei nostri predecessori - mi sento di parlare anche per i miei colleghi e anche per i capigruppo -, ma probabilmente per quella che era la dinamica politica e per quella che è oggi la dinamica politica, ovvero una situazione politica della legislatura in cui esiste un Governo di area, una maggioranza di area e una opposizione di area politica. Permettetemi la semplificazione, quando tutti i pezzi della democrazia sono al loro posto e non vi sono maggioranze particolari o Governi tecnici o situazioni politiche non totalmente chiare e quando vi è una direzione da parte del Governo e della maggioranza, ma quando anche vi è una direzione, se vogliamo, opposta e contraria che, alle volte, trova anche convergenze da parte della opposizione, allora è anche più facile lavorare e impegnarsi all'interno delle Commissioni.

Io porto all'Aula questo dato. Noi, in questo primo anno d'inizio legislatura, ai fini della verifica di sussidiarietà, quindi la cosiddetta fase ascendente, abbiamo analizzato 28 progetti legislativi rispetto a un solo progetto legislativo del primo anno della XVIII legislatura. Questo ci ha portato a incrementare in modo importante quelli che sono stati e quelli che sono tuttora i contatti con il sistema Paese da parte di questa Commissione, che è diventata un vero e proprio luogo di ascolto delle esigenze del nostro sistema Paese e di come il nostro sistema Paese si pone rispetto all'Europa. Lo voglio spiegare meglio questo concetto: di cosa il sistema Paese chiede alla politica e alle istituzioni italiane di andare a rappresentare nelle sedi europee. Questa è una fase importantissima, che ci ha permesso di analizzare 28 progetti legislativi in questo inizio di legislatura, ma è un lavoro che ci permette anche di andare a inserire in fase discendente, da parte del Parlamento, molti articoli nei provvedimenti di legge che noi andiamo qui ad analizzare.

Le audizioni svolte, relative all'attività dell'Unione europea, sono 210, in questo primo anno, rispetto alle 65 della precedente legislatura, a fronte del fatto che un altro lavoro importantissimo che sta facendo questa Commissione è il rapportarsi con le Commissioni omologhe e analoghe del resto dei Paesi dell'Unione europea. Perché andiamo a fare questo lavoro che, se vogliamo, potrebbe non esserci prettamente richiesto? Mi rivolgo all'onorevole Candiani, che ci sta incitando anche ad andare avanti su questo punto ed è stato correlatore, insieme all'onorevole Mantovani, di questo provvedimento; questo, ripeto, potrebbe anche essere un lavoro che potrebbe anche non esserci stato richiesto, ma che noi facciamo, proprio per capire cosa succede negli altri Paesi dell'Unione europea. Lo facciamo proprio per cercare quelli che potrebbero essere sinergie e rapporti fra i vari Paesi e per cercare di capire la sensibilità dei dibattiti nel resto dell'Europa, per cercare appunto sinergie, che poi trovano il loro punto d'incontro in tutte le riunioni internazionali che noi andiamo a fare, anche attraverso strumenti importanti di condivisione della normativa e di tutti gli atti - come IPACS, un portale molto importante, in cui tutto questo lavoro viene caricato, volgarmente parlando, e in cui c'è la possibilità di scambiarsi informazioni - nonché attraverso incontri dinamici fra le Commissioni o fra i relatori dei provvedimenti. Questo è un lavoro che ci permette di capire cosa succede negli altri Paesi e, soprattutto, di fare sinergia con quei Paesi che hanno le nostre stesse sensibilità sui temi più importanti del dibattito unionale.

Quindi, tutta questa mole di lavoro ci porta oggi a presentare all'Aula questo provvedimento, che, evidentemente, ricopre un'importanza fondamentale intanto per i conti dello Stato, perché noi stiamo andando a sanare infrazioni, e poi crea anche un Paese più moderno, un Paese che non ha problemi ad adeguarsi alla normativa dell'Unione europea, ma, nel momento del recepimento della normativa europea, ha la necessità di dire la propria e di andare a inserire all'interno della normativa europea peculiarità e caratteristiche tipiche del nostro Paese. Qui si aprirebbe, ovviamente, il grande dibattito sul tema delle direttive e dei regolamenti e sul fatto che la Commissione europea sta, purtroppo, in questi ultimi due anni, portando avanti principalmente lo strumento del regolamento, a fronte, invece, dell'uso dello strumento della direttiva, di fatto appiattendo la volontà e la possibilità, da parte dei Paesi, di dire la propria e di modificare, appunto, la normativa europea, di fare quel lavoro che, invece, in questa legge di delegazione, che si riferisce a un periodo precedente rispetto a quando l'Unione europea ha iniziato a usare più i regolamenti che le direttive, abbiamo potuto fare, anche se dovremmo, come XIV Commissione - questo è un impegno che prendiamo oggi davanti all'Aula, attraverso lei, Presidente -, iniziare a impegnarci per cercare di capire questo importantissimo tema ed entrare noi stessi, come Paese, all'interno di questo dibattito. Questo è un dibattito molto importante perché, signor Presidente, nel momento in cui, in questo Paese, vi è un iter verso un'autonomia differenziata di alcune regioni, è chiaro che l'uso della direttiva potrebbe essere un problema anche per la salvaguardia di tale iter. Infatti, la direttiva unionale è fonte superiore sia rispetto alla legge nazionale sia alla legge regionale ed è chiaro che, se questo Paese sta andando nella direzione di una riforma dell'autonomia in cui probabilmente in futuro, nel giro di qualche anno, qualcuna di queste direttive e qualcuno di questi regolamenti dovranno essere recepiti direttamente dalle nostre regioni, come succede in altri Paesi federalisti o in altri Paesi con un regionalismo molto marcato, l'uso del regolamento va a sterilizzare l'azione di autonomia che noi stiamo facendo.

Così come va a sterilizzare tutta la disciplina delle materie di competenza esclusiva o concorrente in ambito regionale. Addirittura, l'uso smodato del regolamento da parte della Commissione, signor Presidente, va anche ad appiattire la differenza fra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Quindi, ci troviamo dinanzi a un serio problema che la nostra Commissione di sicuro avrà la forza e la necessità di affrontare per conto di questo Parlamento, insieme al nostro Governo e insieme alla nostra maggioranza.

Rinnovo ancora i ringraziamenti e i complimenti a tutti e chiedo e spero che il prosieguo dell'iter di questa legge di delegazione si svolga anche qui in Aula, come si è svolto in Commissione, senza eccessi da parte della maggioranza, senza che la maggioranza voglia per forza occuparsi e avere la potestà al 100 per cento di questa legge di delegazione, con evidenti aperture alle opposizioni, come abbiamo avuto, e con un dibattito che sia pulito, rapido e veloce, come stiamo facendo questa mattina e, ribadiamo ancora una volta, con tempi europei. Grazie, colleghi, e grazie, signor Presidente, per l'attenzione che mi avete riservato (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo statale Mosè Mascolo di Sant'Antonio Abate, Napoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Benvenuti (Applausi)!

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1342-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare di replicare il relatore, deputato Candiani. Ne ha facoltà.

STEFANO CANDIANI, Relatore. Grazie, Presidente. Giusto qualche breve puntualizzazione di dovere, perché negli interventi che mi hanno preceduto, a partire da quello dell'onorevole De Luca, sono stati fatti rimproveri al Governo che onestamente sembrano ingenerosi, tenuto conto anche del fatto che tutto è stato sempre condiviso sia nella tempistica sia nei termini con cui è stato poi affrontato il provvedimento in Commissione. Inoltre, alcuni accenni fatti, come quelli al salario minimo, nulla c'entrano con il provvedimento, tant'è che non ci risulta sia stato presentato alcun emendamento da parte né del Partito Democratico né del MoVimento 5 Stelle sul tema. Ovviamente ciò è a confermare che l'argomento è stato sollevato per questione di polemica ma non certamente per attinenza al provvedimento stesso. La stessa questione riguarda il MES che nulla ha a che fare con questo provvedimento. Certamente, è stata una semplice nota polemica nei confronti del Governo.

Rilevato questo, abbiamo approvato in Commissione parecchi emendamenti, anche di opposizione. Questo per dire che lo spirito - che ha contraddistinto il lavoro fatto con la collega Mantovani e con il Governo - è stato quello di avere la più ampia condivisione affinché le direttive e i regolamenti possano essere recepiti, creando le condizioni migliori da parte del Parlamento per potere analizzare il provvedimento e portarlo a termine.

Correttamente il presidente Giglio Vigna ha individuato nella modifica del Regolamento uno strumento che ci consente di lavorare in maniera corretta. Le garantisco, Presidente, che, come con la collega Mantovani abbiamo potuto verificare, è particolarmente assurdo oggi il modo con cui la XIV Commissione si deve relazionare con le altre Commissioni, ricostruendo poi il percorso degli emendamenti. Avere una funzione referente piena sulla legge di delegazione europea è sicuramente una modalità operativa che è utile al Governo, al Parlamento e a tutti noi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice Mantovani non intende replicare.

Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo.

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Intervengo brevemente per ringraziare anch'io il presidente Vigna che ha esercitato la funzione di presidente di questa Commissione, garantendo il corretto svolgimento dei lavori. Lo dimostra anche l'appello rivolto, nella fase finale del suo intervento, ai parlamentari. Ringrazio anche i relatori, gli onorevoli Mantovani e Candiani, per la grande abnegazione che hanno messo in questo lavoro e anche i commissari della XIV Commissione che hanno consentito di rendere ancora più efficace questo testo che rappresenta uno strumento di confronto parlamentare di estrema rilevanza, in ordine, non soltanto, ai contenuti, ma anche all'azione che il Governo ha posto in essere per far sì che l'adeguamento dell'ordinamento italiano a quello europeo sia molto più rapido del passato, per prevenire le procedure d'infrazione, sapendo bene che la media delle procedure di infrazione italiana è superiore a quella di altri Paesi, quindi, anche in riferimento alle sanzioni comminate che hanno impatti finanziari negativi.

L'impegno del Ministro Fitto e del Governo in questa direzione è massimo, lo dimostra, come avete detto in tanti, anche il decreto-legge approvato nel primo anno di Governo per l'adeguamento degli obblighi derivanti dagli atti dell'Unione europea, che appunto consente di andare in questa direzione. Questo impegno viene assolto in un rapporto di costante e costruttiva collaborazione con le istituzioni europee, in particolare con la Commissione europea, e ciò è dimostrato non soltanto da questo, ma anche dai tanti altri importantissimi risultati ottenuti, il più recente quello nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che forse nessuno si aspettava.

Mi associo a quanto detto dal relatore Candiani. Queste erano le precisazioni che volevo fare. Ho provato un po' di rammarico, ascoltando l'onorevole De Luca, proprio perché non è stato molto corretto nel sollevare questa critica, avendo io partecipato ai lavori in Commissione; abbiamo deciso insieme di rinviare la seduta di Commissione proprio per andare incontro alle richieste dell'opposizione, perché i pareri del Governo su quegli emendamenti c'erano, l'istruttoria è stata anche parecchio articolata, c'era soltanto qualche elemento relativo agli oneri che doveva ancora essere esaminato; poteva essere esaminato in Aula, ma, per andare incontro alle richieste dell'opposizione, io stessa ho scelto, insieme ai relatori e al presidente, di rinviare.

Quindi, mi dispiace aver sentito questa critica, a mio avviso, ingiusta, e mi ricollego a quanto detto poc'anzi dal relatore Candiani, anche in riferimento al salario minimo, perché non posso accettare che in questa sede venga fatta propaganda su un tema così importante. La direttiva non dice all'Italia di approvare la legge del MoVimento 5 Stelle o la legge del PD, non è questo lo strumento più efficace per risolvere un tema che è molto caro al Governo, quello dei salari bassi, forse più caro rispetto a chi oggi fa propaganda, ma ha avuto tanti anni per poter risolvere il problema, governando e non lo ha fatto (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier). Scusatemi, ma ci tenevo a fare quest'ultima precisazione.

Rinnovo i ringraziamenti a tutti voi e buon lavoro. Sarà sicuramente un grande risultato, questa legge (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO (PD-IDP). Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la parola. Nei giorni scorsi, la giunta comunale di Genova ha presentato la delibera di bilancio per il prossimo anno. In allegato a questa delibera è contenuto il piano pluriennale per le opere pubbliche, all'interno del quale è contenuto un intervento di ripristino di un insieme di sepolcri che contengono i resti dei caduti della Repubblica sociale.

L'importo di questo intervento è di 1.750.000 euro su un fabbricato, un intervento privato, realizzato nel 1952. Dietro il velo che forse verrà steso della pietas, in verità, ci troviamo di fronte a una provocazione e a un oltraggio. Una provocazione e un oltraggio alla storia della città: Genova è medaglia d'oro della Resistenza; una provocazione e un oltraggio ai caduti, ai patrioti caduti per mano dei repubblichini di Salò, che zelantemente servivano l'occupante tedesco.

È un insulto alla decenza, rispetto al quale mi auguro che, se nella maggioranza che regge questo Governo e anche il comune di Genova resta ancora qualcuno legato ai valori della Costituzione, batta un colpo.

Sicuramente alla nostra voce si unirà quella di tanti altri cittadini democratici e di associazioni, che colgono la gravità di questo atto e non accettano, perché non lo possiamo accettare, che la storia del nostro Paese sia riscritta e sia cancellata la memoria di chi ci ha restituito la democrazia e la libertà. Ecco, signor Presidente, perché ritenevo urgente intervenire in questa sede, per segnalare questo episodio, che considero gravissimo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 5 dicembre 2023 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 15,30)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 144, recante disposizioni urgenti per gli Uffici presso la Corte di cassazione in materia di referendum. (C. 1491-A​)

Relatore: PAOLO EMILIO RUSSO.

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

CONTE ed altri: Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione.

(C. 1275-A​)

e delle abbinate proposte di legge: FRATOIANNI e MARI; SERRACCHIANI ed altri; LAUS; CONTE ed altri; ORLANDO; RICHETTI ed altri; BARELLI ed altri. (C. 141​-210​-216​-306​-432​-1053​-1328​)

Relatori: SCHIFONE, per la maggioranza; MARI, D'ALESSIO, BARZOTTI E SCOTTO, di minoranza.

4. Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy. (C. 1341-A​)

Relatori: GUSMEROLI e GIOVINE.

5. Seguito della discussione del disegno di legge:

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2022-2023. (C. 1342-A​)

Relatori: CANDIANI e MANTOVANI.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

CAFIERO DE RAHO ed altri : Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari. (C. 823​)

La seduta termina alle 13,20.