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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 198 di lunedì 20 novembre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 14,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GILDA SPORTIELLO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 14 novembre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 16 novembre 2023, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze):

S. 899 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, recante disposizioni urgenti in materia di proroghe di termini normativi e versamenti fiscali (Approvato dal Senato) (1551) - Parere delle Commissioni I, II, IV, VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da martedì 21 novembre 2023, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96-bis del Regolamento, i termini di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo sono conseguentemente adeguati. In particolare, il termine per la presentazione di questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge è fissato alle ore 10 di martedì 21 novembre 2023.

Discussione della mozione Ilaria Fontana ed altri n. 1-00207 in materia di politiche per il clima e impegni per la 28a Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28) di Dubai.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Ilaria Fontana ed altri n. 1-00207 in materia di politiche per il clima e impegni per la 28a Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28) di Dubai (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Bonelli ed altri n. 1-00216 e Braga ed altri n. 1-00217 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. È iscritta a parlare la deputata Patty L'Abbate, che illustrerà anche la mozione n. 1-00207, di cui è cofirmataria.

PATTY L'ABBATE (M5S). Grazie, Presidente. Governo, colleghi tutti, oggi volevo iniziare con un articolo di giornale, proprio fresco di oggi. Il titolo dice: “Il clima impazzito presenta il conto. Italia terza nell'Unione europea per eventi estremi”. Diciamo che è un titolo che forse ci tocca molto da vicino e che conoscevamo già e, appunto, ci dice che il surriscaldamento ha fatto grandi danni all'agricoltura, ma l'innalzamento della temperatura dei mari incide anche sulla produzione ittica. Qui non parliamo solo di danno ambientale, ma stiamo parlando di un danno economico e sociale. Guardate, le perdite economiche riportate in quest'articolo, che, vi dico, è di Affari&Finanza, sono pari a circa 650 miliardi di euro. Tra siccità e alluvioni il clima ci sta presentando il suo conto.

Anche la produttività ittica è in pericolo. Perché? Perché abbiamo il surriscaldamento del nostro mare e, oltre a questo, anche l'acidificazione di tutti gli oceani. E questo fa sorgere un problema molto serio. A volte il cambiamento climatico può essere visto in modo lontano, e a volte non vogliamo vederlo perché non vogliamo cambiare il nostro modo di fare economia, però, guardate, alla fine, i conti si fanno presto. Quindi, che cosa succede? Che chiaramente stiamo parlando di un danno sul nostro modello economico. Guardiamo a quello che è successo con l'alluvione in Emilia-Romagna, guardiamo a quello che è successo, qualche altra settimana fa, a Prato e nella zona di Firenze, dove stanno ancora aspettando che noi, come Governo, paghiamo questi danni. E dove li prendiamo questi soldi? Poi, si parla di una coperta che è corta, ma il guaio è che se non facciamo prevenzione noi continueremo ad avere queste problematiche.

Per questo continuiamo a dire che non possiamo parlare solo di sostenibilità economica, mettendola al primo posto. No! È collegata a quella sociale delle persone, che perdono la casa, che perdono il proprio negozio, che perdono la propria sussistenza e la propria dignità. È collegata, quindi, sia a livello economico sia a livello sociale. È un tutt'uno: non possiamo dividere le cose.

Adesso ci approcciamo a questa Conferenza delle parti sul clima, alla COP28. Noi abbiamo presentato questa mozione, di cui vi illustrerò qualcosa, ma più di illustrare degli aspetti quello che dobbiamo fare è ragionare sul perché lo dobbiamo fare.

Un aspetto importante di questa COP28 dovrebbero essere quelli che vengono chiamati global stocktake, cioè un bilancio globale: ogni anno si tiene questa Conferenza e ogni anno tutti i Paesi partecipano e fanno buoni propositi per migliorare lo stato delle cose. Finalmente quest'anno dobbiamo, però, fare una fotografia reale di quelli che sono stati i processi dei Governi, che cosa hanno fatto, i passi in avanti, il raggiungimento degli obiettivi, che abbiamo sottoscritto a Parigi nel 2015 quando si è previsto di abbattere, di ridurre di 1,5 gradi il riscaldamento globale. Dobbiamo valutare, quindi, l'avanzamento e pianificare le azioni future. C'è una cosa che io dico ogni volta che parlo di questo tema: dopo che abbiamo pianificato, c'è un organo sovranazionale che controlla e poi va a sanzionare chi veramente non si comporta come dovrebbe? Non c'è. Forse è questo il motivo per cui ci troviamo sempre nella stessa situazione e non andiamo avanti. C'è stato adesso il Sesto rapporto dell'IPCC, che è il panel intergovernativo sul cambiamento climatico: quella è la base scientifica più importante per impostare le politiche sul clima. E questa COP28 è la prima a essere tenuta dopo questo rapporto, è la prima che facciamo. Il rapporto ha sancito e scritto chiaramente - stiamo parlando di una comunità scientifica internazionale - che il cambiamento climatico è causato dalle attività antropiche, ossia dalle attività dell'uomo. Ha anche detto che è aumentata la frequenza, l'entità, l'estensione spaziale e la durata dell'eventi estremi e ci sono delle lacune sulle azioni di adattamento.

La nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha incontrato il Presidente della COP28 - l'ha già incontrato - e ha sottolineato la necessità di aumentare gli sforzi verso la decarbonizzazione e gli avanzamenti dell'agenda sul cambiamento climatico. Oddio, fin qui stiamo parlando, quindi, la stessa lingua e la cosa è positiva. Poi, ha aggiunto: tenendo conto della dimensione sociale, economica e dei posti di lavoro utili. Anche qui ci trova d'accordo, ma il punto sul quale non ci troviamo è che alla fine vediamo arrivare in Parlamento una serie di decreti che vanno esattamente dalla parte opposta. Opposta perché? Perché nella nostra mozione, per esempio, noi sosteniamo la costruzione di una chiara road map globale per l'abbattimento di tutte le fonti fossili collegata a una triplicazione di quelle rinnovabili (energia rinnovabile) e anche a un raddoppio dell'efficienza energetica (lo diciamo noi perché l'abbiamo letto in un report fatto da scienziati).

Voi cosa avete fatto? Avete annullato il superbonus e le comunità energetiche sono ancora ferme, zero. Ma questo non faceva aumentare la sostenibilità economica, non creava posti di lavoro e, quindi, migliorava la sostenibilità sociale? Allora, noi non capiamo perché siete andati dalla parte opposta. Forse solo perché era qualcosa fatto dal MoVimento 5 Stelle? La collega mi dice che sarà questo il motivo. Poi i SAD, i sussidi ambientalmente dannosi. Ma se noi per l'Europa dobbiamo pagare perché non abbattiamo i sussidi che diamo a chi gestisce le fonti fossili, a chi, appunto, le produce e le tira fuori, cosa stiamo dicendo? Noi abbiamo presentato una serie di emendamenti e anche di ordini del giorno, ma sono stati tutti bocciati. Per questo motivo ci sembra un po' difficile credere che questo Governo voglia veramente andare dalla parte della decarbonizzazione, dalla parte di quello che ci dicono tutte le associazioni ambientaliste italiane fatte anche dei nostri giovani, che saranno quelli che si troveranno un domani a vivere in questo mondo, che sono poi i nostri figli. Solo questo ci dovrebbe già far pensare che qualcosa non va e forse qualcosa la stiamo sbagliando.

Un altro punto un po' critico è che quest'anno si terrà a Dubai, quindi, negli Emirati Arabi Uniti. Ora, lancio un quesito da casa: è un Paese dove si estraggono, si trasportano e si vendono combustibili fossili, quindi, cosa faranno, valuteranno la loro rapida eliminazione? Questa è una cosa che ci siamo chiesti e - devo dire - che si sono chiesti anche diversi giornali. Infatti, leggendo le cronache un po' tutti sono critici su questo punto. Gli obiettivi di decarbonizzazione come li porteranno avanti? Assisteremo a una tornata negoziale greenwashing 2.0? Sarà questo? Ci auguriamo di no. Lo ripeto, ci auguriamo di no, non solo per i cittadini italiani ma per i cittadini a livello mondiale.

C'è una cosa positiva in questa COP, c'è una speranza, la presenza di Papa Francesco che, dopo la Laudato si', ha replicato con la Laudate Deum e che sarà presente dal 1° al 3 dicembre.

Saremo presenti anche noi, anche io sarò presente, ci auguriamo, quindi, di incrociarlo e ci auguriamo che faccia capire - continuo a ripeterlo - che nessuno si salva da solo. Continuo a ripetere che ci sarà disuguaglianza e la disuguaglianza cosa porta? Quando la ricchezza non è ben distribuita, porta alla guerra. Allora, non voglio più parlare di cambiamento climatico, adesso, voglio parlare della guerra, perché quando lo chiedo ai ragazzi, anche ai bambini, essi dicono che la prima cosa che sentono è la paura, è la guerra, specialmente quando vedono questi bambini in televisione e quello che sta accadendo. Ma la guerra da dove parte? Dall'accaparramento delle risorse che sono limitate, risorse limitate che sono consequenzialmente collegate al cambiamento climatico, che sono collegate a un modello economico. Non l'abbiamo fatto apposta, ma abbiamo sbagliato qualcosa, accettiamo il fatto che abbiamo sbagliato, accettiamo il fatto che se l'Europa, a volte, ci pone una serie di normative, magari possiamo andare a contrattare per far sì che, a livello sociale ed economico, non distruggano le piccole e medie imprese italiane e quello che noi siamo stati capaci di costruire, ma occorre dialogare, non dire di no. Occorre dialogare perché, se noi diciamo di no, quel no lo stiamo dicendo a noi stessi, lo stiamo dicendo alle nostre imprese che rimarranno non competitive a livello internazionale, lo stiamo dicendo al nostro futuro. Se non facciamo in questo modo, non ci sarà un futuro, lo ripeto, non ci sarà un futuro per i nostri ragazzi.

Lo stiamo vedendo, lo stiamo vedendo tutti i giorni. Questa mozione, quindi, che vi chiedo di leggere - è inutile che io ripeta a pappagallo i vari punti - ci dice solo questo. Sono punti tratti dal report dell'IPCC, da quello che stanno dicendo gli scienziati a livello mondiale. Ascoltiamoli, ascoltiamo la scienza, che sa qualcosa in più di noi, perché la scienza forse sta facendo anche prevenzione. Avremmo dovuto farla noi da tempo, quando il diritto ambientale ci ha sempre detto di fare prevenzione, ma noi non l'abbiamo fatta, non perché siamo cattivi ma perché è difficile. Lo capisco, la transizione ecologica a volte fa paura, il cambiamento è difficile da portare avanti, ma la transizione ecologica è l'unica cosa che ci dice: siate attori del cambiamento, siate voi stessi attori, non subite passivamente quello che sta accadendo, altrimenti sarà difficile avere un domani (Applausi della deputata Cherchi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Eleonora Evi. Ne ha facoltà.

ELEONORA EVI (AVS). Grazie, Presidente. Quello del 2023 è stato il mese di ottobre più caldo mai registrato al mondo ed è da giugno che superiamo il record dei mesi più caldi. Questo ce lo dice Copernicus, che ci fa sapere anche che il 2023 supererà il record annuale del 2016. La scienza continua a lanciare l'allarme e continua a farlo, ad esempio, con l'ultimo rapporto IPCC, perché verifica che tra ciò che viene promesso di fare, ciò che si dovrebbe fare e ciò che si fa concretamente rimane un abisso da colmare. Ora a dire che siamo in ritardo non è solo la scienza ma sono anche gli stessi Stati che hanno sottoscritto l'accordo di Parigi. Infatti, ci siamo, siamo giunti al momento della verità. Uno degli elementi chiave dell'accordo di Parigi è proprio il meccanismo di valutazione quinquennale dei progressi collettivi verso il raggiungimento degli obiettivi dell'accordo, il cosiddetto global stocktake, il bilancio globale, e il primo bilancio globale si concluderà alla COP28 a Dubai.

Tuttavia, il rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite, il rapporto della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici conferma che, sebbene si registrino passi in avanti rispetto a pochi anni fa, le azioni rimangono insufficienti per raggiungere gli obiettivi dell'accordo. Infatti, Guterres stesso, al G20 in India, ha detto - testuali parole - che la crisi climatica peggiora drammaticamente, ma la risposta globale manca di ambizione, credibilità e tempestività. In una parola, dobbiamo disintossicarci, dobbiamo disintossicarci dal carbone, dal petrolio e dal gas; dal gas, soprattutto, il gas che da decenni continuiamo a chiamare fonte di transizione. Ma se è da decenni che lo definiamo così, non dovrebbe essere sorto il dubbio a tutti che forse si tratta di una presa in giro? Altro che transizione, il gas è esattamente l'appiglio per continuare a indugiare nel sistema fossile. Ci tiene fermi e legati allo stesso modello produttivo di sempre, soffocando le spinte a cambiarlo e mortificando le iniziative che tentano di liberarsi una volta per tutte dalla schiavitù fossile.

Nel nostro Paese vediamo esattamente questo, vediamo che succede esattamente questo, con l'azione del nostro Governo, della nostra Presidente del Consiglio che presenta il nostro Paese come hub del gas e tutti i progetti fossili ancora in corso nel nostro Paese, come i gasdotti, la linea adriatica, le centrali a gas raddoppiate, come a Ostiglia, in Lombardia, i depositi di GNL, come nel porto di Brindisi, per non parlare dei rigassificatori. La transizione verso le rinnovabili, invece, e l'efficienza energetica continuamente rimangono mortificate, rallentate, minimizzate, in sintesi, sempre dimenticate. A riprova di tutto ciò c'è una costante, una narrazione che è fatta di bugie, di mistificazioni e di sbeffeggiamenti, una narrazione che è intrisa di negazionismo climatico, antiscientifica e, dunque, pericolosissima, con il solo obiettivo di proteggere lo status quo fossile, tanto caro e profittevole per alcuni. Come esempio, in Lombardia, la presidente dell'ARPA, Lucia Lo Palo, solo pochi giorni fa ha detto: io non credo che il cambiamento climatico sia frutto dell'uomo. Oppure, in vista della COP28, i Ministri di Polonia, Ungheria e Italia hanno contestato l'innalzamento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni dell'Unione europea dal 55 al 57 per cento rispetto ai livelli del 1990. Ancora, un altro esempio è quello degli allevatori e agricoltori che giocano sui dati, parlano solo di CO2, perché il contributo della CO2 da parte del settore sicuramente è minore, ma così si presentano come i paladini della sostenibilità mentre, guarda caso, si dimenticano sempre di parlare di metano, che è uno dei più potenti gas serra, che produce un effetto di circa 25 o 30 volte maggiore dell'anidride carbonica e, dunque, è capace di bloccare in atmosfera il calore, sebbene per un tempo minore rispetto alla CO2. Però, la sua concentrazione in atmosfera continua ad aumentare senza sosta.

Quindi, interrogarsi sulle fonti di metano e intervenire in modo efficace dovrebbe essere prioritario a partire dal settore agricolo ma non solo, ad esempio rendendoci conto che le perdite di gas lungo le infrastrutture - penso alle emissioni cosiddette fuggitive - sono un enorme problema sottovalutato, quando non completamente ignorato.

Dunque, con la nostra mozione, noi vogliamo impegnare il Governo ad aumentare l'ambizione, ad aumentare la sua azione, ad aumentare, quindi, il contributo del nostro Paese, il nostro contributo determinato a livello nazionale, il cosiddetto NDC, per colmare il deficit di riduzione delle emissioni, concordando nel dialogo tra le parti della prossima COP28 una rapida, giusta ed equa eliminazione globale di tutti i combustibili fossili, carbone, petrolio e gas, in tutti i settori, in linea con il limite di un grado e mezzo di temperatura entro il 2050, al più tardi.

È necessario, al contempo, triplicare la capacità globale delle rinnovabili, per portarla a 11 terawatt, dislocando almeno 1,5 terawatt all'anno, e raddoppiare il tasso di miglioramento dell'efficienza energetica entro il 2030 per raggiungere così una quota di energia prodotta da fonti rinnovabili pari ad almeno il 42,5 per cento del consumo complessivo a livello nazionale, esattamente come ci chiedono gli obiettivi fissati a livello europeo.

Ma chiediamo anche molto di più. Chiediamo, ad esempio, che non si continui a ignorare la necessità di adottare quanto prima un vero e proprio trattato di non proliferazione dei combustibili fossili come strumento fondamentale per integrare e rafforzare l'Accordo di Parigi, così come non è più possibile temporeggiare sull'eliminazione dei sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili. Noi vogliamo eliminarli, ridurre progressivamente i sussidi ambientalmente dannosi, fino al loro totale annullamento entro il 2030.

Non possiamo continuare anche a fare finta che SACE non sia oggi al sesto posto al mondo e prima in Europa per finanziamenti pubblici all'industria fossile. Questo è vergognoso. È necessario reindirizzare le funzioni svolte da SACE a sostegno di operazioni del settore delle fonti rinnovabili ed energie pulite, escludendo totalmente il finanziamento di progetti e investimenti, anche esteri, che riguardino, direttamente o indirettamente, i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti.

Ho citato prima il piano Mattei. Noi chiediamo di non prevedere alcun piano Mattei, alcuna attuazione del piano Mattei, con accordi che mirano a trasferire idrocarburi in Italia. Noi vogliamo chiedere di rivedere la decisione del nostro Paese di fare dell'Italia un hub del gas, per cogliere, invece, un'opportunità incredibile: trasformare il nostro Paese in un leader nella produzione di rinnovabili, di sistemi di accumulo, di efficienza tecnologica, di ricerca e innovazione. Questo è ciò che dobbiamo fare con urgenza.

Dobbiamo anche chiedere con forza la costituzione di un fondo, il Loss and damage fund, per le perdite e i danni, e anche sostenere il raggiungimento dell'obiettivo dei 100 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima dei Paesi in via di sviluppo e nelle regioni più povere e vulnerabili, con il loro effettivo impiego entro il 2025. Quindi, non solo parole, ma anche fatti.

Facciamo una serie di altri riferimenti su alcuni settori specifici. Penso al tema degli armamenti. Bisogna impegnarsi a realizzare, a promuovere e a sostenere, su base nazionale e internazionale, politiche di riduzione delle spese per armamenti, da destinare, invece, al contrasto alla fame, alla lotta al cambiamento climatico, alla sanità, all'educazione scolastica in Africa.

Queste sono le azioni che dovremmo mettere in campo ora più che mai, in questo momento storico, avere la forza e il coraggio di smettere con spese in armamenti e ridestinare, riorientare queste risorse verso altre priorità urgenti.

Poi vi è il tema dell'agricoltura e dell'allevamento. L'ho citato prima. È fondamentale, su questo fronte, un impegno molto forte da parte di tutti i Governi a ridurre le emissioni di questo settore, a trasformare l'agricoltura, che oggi è un enorme problema per il pianeta, in una soluzione. Bisogna rafforzare i sistemi alimentari locali, le buone pratiche agronomiche, la fertilità del suolo. Per fare questo, è fondamentale, nelle sedi internazionali ed europee, lavorare affinché i finanziamenti pubblici verso le grandi multinazionali, verso i colossi dell'agribusiness, vadano invece finalmente a favore dei piccoli agricoltori e del settore del biologico.

Bisogna archiviare e superare, una volta per tutte, il modello dell'allevamento intensivo e concordare, a livello internazionale, tagli assoluti delle emissioni di metano e di protossido di azoto. Serve, quindi, una profonda trasformazione e una transizione verso un sistema alimentare che sia davvero sostenibile, così come, peraltro, indicato dagli obiettivi della Strategia Farm to Fork, e fare anche un passo in più, anche in questo caso, accordi e impegni a livello internazionale. Penso a un altro trattato, il Plant Based Treaty, esattamente un trattato che serve a mettere al centro i sistemi alimentari e la loro vera sostenibilità.

Chiediamo una serie di impegni sul tema della mobilità, ma anche dello smart working. In particolare, sullo smart working, lavorare per conciliare meglio tempi di vita e lavoro si può fare con una forte riduzione dell'impronta di carbonio legata al lavoro e ai picchi di consumi energetici connessi esattamente promuovendo questa pratica. E qui appunto arriva la mobilità. Serve uno sviluppo di una mobilità equa, inclusiva e sostenibile davvero collettiva e condivisa, infrastrutture ciclabili. Serve, ad esempio, prevedere l'introduzione di un biglietto climatico sull'intero territorio urbano e regionale del nostro Paese al costo di 9 euro al mese.

Questa è una richiesta che continuiamo a fare e a reiterare, che, in questo momento storico, crediamo sia più che mai giusta e adeguata a risolvere i grandi problemi del nostro tempo, per garantire una mobilità sostenibile e accessibile a tutte e a tutti.

Sul tema natura, non possiamo non riconoscere e ricordarci che la natura, oggi, deve diventare la nostra più grande alleata nel contrasto delle crisi che abbiamo di fronte, dalla crisi climatica a quella ecologica, e, quindi, serve lavorare sull'aumento delle aree naturali protette per raggiungere gli obiettivi della Strategia europea per la biodiversità al 2030, e aumentare, quindi, queste aree per almeno il 30 per cento del territorio protetto, terrestre e marino, di cui almeno un terzo da sottoporre a stretta protezione.

Questo è un investimento che facciamo per l'oggi, per la nostra stessa sopravvivenza su questo pianeta, perché è con la natura e con una biodiversità sana che garantiamo la sopravvivenza anche dell'essere umano su questo pianeta.

E qui arrivo ad alcune richieste che facciamo da tempo, e mi avvio a concludere. Serve una legge contro il consumo di suolo, bisogna azzerare il consumo di suolo nel nostro Paese. Chiudo con un'ultima riflessione: ribadiamo sempre che la giustizia ambientale va a braccetto, è intrinsecamente connessa alla giustizia sociale. Serve introdurre un fondo sociale italiano per il clima per sostenere i redditi più fragili in questa fase di transizione ecologica, per evitare quella continua accusa che la transizione ecologica costa e si abbatterà sui più fragili.

È esattamente questo che va evitato, e per farlo, però, serve giustizia sociale. Vogliamo, ad esempio, e chiudo veramente, che a finanziare questo fondo ci sia un contributo di solidarietà dei grandi patrimoni la cui base imponibile è costituita da una ricchezza netta superiore ai 20 milioni di euro, e con queste misure mettiamo la giustizia sociale a servizio della giustizia ambientale e garantiremo equità e giustizia per il futuro (Applausi del deputato Bonelli).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Scarpa, che illustrerà anche la mozione Braga ed altri n. 1-00217, di cui è cofirmataria.

RACHELE SCARPA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Dal 30 novembre al 12 dicembre, si svolgerà la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite contro i cambiamenti climatici, la cosiddetta COP28. Un appuntamento, quello di Dubai che, già dall'inizio, parte avvolto da forti contraddizioni.

Il teatro dei negoziati internazionali saranno gli Emirati Arabi Uniti, uno Stato che non solo è il settimo produttore al mondo di petrolio, ma prevede anche di implementarne la produzione nel prossimo decennio.

Un orientamento, questo, che, non devo certo dirlo io, è evidentemente in contraddizione con uno dei principi più importanti di ciò che sappiamo sui cambiamenti climatici, ossia che la combustione di fonti fossili emette nell'area enormi quantità di anidride carbonica, e sono esse la principale causa del riscaldamento globale. La COP28 è avvolta da contraddizioni anche perché, come denunciava anche The Guardian un mese fa, gli spazi in cui si svolgerà il meeting sono stati allestiti all'insegna dello sfruttamento di centinaia di lavoratori migranti provenienti dalla vicina Africa e dal Sud-Est asiatico, che sono stati costretti a lavorare anche sotto 42 gradi centigradi in cantiere, in condizioni decisamente poco degne.

Forse allora serve che anche qui, in quest'Aula, iniziamo la discussione sulle mozioni di cui parliamo oggi sottolineando come lottare per la difesa dell'ambiente sia un concetto vuoto e pressoché impossibile senza il rispetto dei diritti umani e dei diritti sociali.

Nonostante questo, con la nostra mozione il nostro intento è far sì che questa, seppur contraddittoria, occasione non sia sprecata, perché colleghi, come ben sappiamo, non abbiamo molto tempo e per compiere scelte che vadano nella giusta direzione ne abbiamo ormai sprecato fin troppo.

La COP28 arriva in un anno particolare per il nostro Paese, colpito da temperature mai registrate, da importanti disastri naturali, che hanno provocato miliardi di danni, e da lunghi periodi siccitosi, anch'essi, come vento e grandine, forieri di importanti danni alla produzione, lo sappiamo bene.

Questa sarebbe una COP importante, anche perché si effettuerà una prima valutazione complessiva sul rispetto degli obiettivi dell'Accordo di Parigi, attraverso il processo chiamato Global stocktake (prima di me lo hanno citato anche le colleghe); si tratta di una valutazione che permetterà agli Stati di misurare l'efficacia delle loro politiche adottate finora e di identificare le aree dove è necessario implementare gli sforzi. Quindi, si tratterà, si spera, di una riflessione collettiva sulle promesse mantenute – ahimè, devo anticiparvi che sono poche - e quelle ancora in sospeso, con l'obiettivo comune, seppur complesso, di rimanere al di sotto della critica soglia di 1,5 gradi nell'aumento delle temperature medie globali.

Crediamo che l'Italia dovrà essere chiara e presentarsi con il mandato esplicito di spingere su soluzioni coraggiose su tutti i temi in discussione. Ad esempio, crediamo che debba essere chiara la posizione sulla decarbonizzazione, nonostante la Presidenza degli Emirati Arabi, perché questa si presenta come una sfida urgente e non negoziabile nell'attuale scenario climatico, anche perché attualmente i contributi determinati a livello nazionale sono di gran lunga insufficienti per far sì che il limite di 1,5 gradi venga rispettato nel ventunesimo secolo.

Nel contesto in cui l'ultima relazione dell'Organizzazione meteorologica mondiale prevede livelli record delle temperature globali nei prossimi cinque anni, stimando alta la possibilità che tra il 2023 e i 2027 la temperatura globale media annua in prossimità della superficie superi effettivamente questo aumento di 1,5 gradi, gli Stati sono chiamati a definire i piani nazionali di energia e clima per la cessazione dell'uso di combustibili fossili, per stare in linea con l'Accordo di Parigi. Mi auguro - ed è ciò che chiediamo all'interno della nostra mozione - che ci si muova al più presto in questo senso, per dare all'Italia un piano nazionale che ci porti a raggiungere le zero emissioni entro il 2050.

Un altro tema centrale e indifferibile del negoziato è senz'altro quello dell'adattamento ai cambiamenti climatici, ormai necessario, data l'irreversibilità, nel medio termine, di alcuni processi. È evidente, colleghi, la necessità di azioni e progetti che permettano alle popolazioni e agli Stati di fare fronte agli effetti del cambiamento climatico, soprattutto in quei contesti dove le risorse economiche e le capacità tecniche sono effettivamente limitate.

Il superamento della soglia di 1,5 gradi centigradi avrebbe, infatti, effetti devastanti con perdite e danni che già oggi esulano dalle attuali capacità di adattamento di molte comunità. Alla COP27 si era raggiunto l'accordo storico che ha portato alla costituzione di un fondo dedicato. Alla COP28, dunque, crediamo che bisognerà stendere regole e renderlo operativo secondo i criteri di solidarietà, di co-progettazione, di compartecipazione e rispetto dei diritti umani fondamentali. È imperativo, in quest'ambito, rafforzare gli accordi finanziari per rispondere a questi impatti, coinvolgendo le istituzioni finanziarie internazionali per garantire volumi finanziari adeguati.

Poi c'è un altro tema su cui crediamo che l'Italia possa essere capofila ed è quello della tutela della diversità. L'impoverimento della biodiversità è fortemente interconnesso con la crisi climatica e il nostro è uno dei Paesi con il maggior livello di biodiversità in Europa. Questa però è minacciata ogni giorno - ed è davanti ai nostri occhi - da un tasso di perdita senza precedenti, che è, sì, aggravato dai cambiamenti climatici. Pertanto, la sfida della conservazione e del ripristino degli ecosistemi è essenziale per mantenere la capacità del pianeta di assorbire carbonio e di fornire servizi ecosistemici vitali.

Altro argomento ineludibile - cerco di elencarli tutti: la mozione è molto articolata - per chiunque voglia dire di avere veramente a cuore la questione ambientale è sicuramente la mobilitazione di finanziamenti per il clima.

Colleghi, senza trovare un accordo su chi paga, sarà molto difficile costruire la fiducia comune per alzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni nei piani nazionali che ci è richiesta per il 2025 e sarà difficile determinare i flussi finanziari dopo il 2025, perché - voglio ricordarlo -, dopo questo termine, al momento, non c'è un accordo di finanza per il clima. Quindi, la COP28 dovrà affrontare il tema per tutte e tre le dimensioni dell'accordo di Parigi: la mitigazione, l'adattamento e le perdite di danni. Pare che la COP28 si concentrerà su quest'ultima, ma dovrà anche necessariamente informare il negoziato della COP29 sull'obiettivo finanziario di lungo termine, quello dopo il 2025.

La riforma dell'architettura globale e finanziaria - quindi, le regole, i mandati e le risorse degli istituti finanziari internazionali (penso alle banche multilaterali di sviluppo, agli istituti come CDP e SACE) - e la regolamentazione finanziaria per allineare i flussi finanziari agli obiettivi di Parigi e mobilitare la finanza privata, sono ormai riconosciute, in modo molto esteso, come pilastri per supportare la transizione e la costruzione di resilienza in tutti i Paesi. Prendiamone atto e agiamo di conseguenza anche in sede di COP28.

Non dimentichiamo che è stato lo stesso Consiglio dell'Unione europea a evidenziarlo nelle conclusioni adottate proprio in preparazione a questa COP, in quella che è stata definita ormai come la posizione negoziale dell'Unione europea. Si stabilisce che un'azione ambiziosa per il clima offre per il pianeta, l'economia globale e le persone un'incredibile opportunità. Per il Consiglio europeo garantire una transizione giusta, che non lasci indietro nessuno, verso economie e società sostenibili, resilienti ai cambiamenti climatici e climaticamente neutre è l'orizzonte a cui dobbiamo guardare. Quindi chiedo: siamo in grado di vedere questo orizzonte? Siamo in grado di focalizzarlo? Siamo in grado di camminare insieme verso questa direzione?

In particolare, il Consiglio sottolinea l'importanza di innalzare considerevolmente il livello di ambizione globale per rimanere sotto l'obiettivo dell'1,5 gradi e l'importanza di rendere il settore dell'energia prevalentemente privo di combustibili fossili ben prima del 2050, nonché di adoperarsi a favore di un sistema energetico globale, completamente o prevalentemente decarbonizzato già negli anni trenta di questo secolo. Il Consiglio chiede, inoltre, maggiori sforzi a favore della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento agli stessi e riconosce la necessità di rafforzare i finanziamenti per il clima, per affrontare perdite e danni.

Alla luce di tutta questa discussione, con questa mozione vogliamo chiedere al Governo di impegnarsi sul serio sul tema della lotta ai cambiamenti climatici: ne va di mezzo il futuro di tutti quanti, il futuro della mia generazione che eredita un pianeta già massacrato.

Nella nostra mozione, chiediamo di impegnarvi, in sede di negoziato, a sostenere l'azione climatica in modo ambizioso e trasparente durante il Global stocktake e a presentare, entro giugno 2024, un ambizioso Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, per l'uscita, ordinata e progressiva, dalle fonti fossili, con particolare riferimento alla pianificazione dell'uscita dal gas, prima causa delle emissioni nazionali, e a svolgere, altresì, una valutazione critica dei progressi fatti e quelli ancora da fare, stabilendo nuovi percorsi per rispettare gli impegni presi in vista del prossimo NDC europeo; invitiamo il Governo a sostenere una road map globale per l'uscita ordinata da tutte le fonti fossili, eliminando i sussidi alle fonti fossili e promuovendo, a livello nazionale e internazionale, l'espansione delle energie rinnovabili, delle reti elettriche, dei sistemi di stoccaggio dell'efficienza energetica. Ogni processo di conversione e adeguamento che riguarda i cittadini andrà accompagnato con sostegni e incentivi senza nascondersi dietro alla frottola dell'ideologia green. Smettiamo colleghi di puntare il dito e tacciare di ideologismo ogni manifestazione di fretta e urgenza nella riduzione delle emissioni.

È solo una scusa e ne va di mezzo la nostra salute. Vi chiediamo, inoltre, di sostenere l'obiettivo di triplicare, a livello globale, la capacità di energia rinnovabile installata e di raddoppiare il taglio dei consumi attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché sostenere azioni finalizzate a garantire che i finanziamenti per l'adattamento ai cambiamenti climatici siano equamente redistribuiti, con particolare riguardo, aggiungo, verso i Paesi in via di sviluppo. Spesso, quando si tratta di fare scelte coraggiose, ci si nasconde dietro un dito, dicendo: “Sì, però, non siamo noi alla fine il Paese che inquina di più; sono i Paesi più inquinanti che devono fare il primo passo”. Ovviamente, è lapalissiano e scontato sottolineare, di fronte a questo tipo di obiezione, che l'impegno debba essere globale, ma appunto non possiamo nasconderci dietro a quella che, se lasciata così, da sola, non risulta altro che essere una scusa. L'Occidente inquina da quasi due secoli e continua tuttora a usare una parte di mondo come discarica o come fabbrica, scaricando anche su quei Paesi i costi ambientali. Quindi, intanto, io direi: “Noi facciamo il nostro” e, con la diplomazia e i giusti strumenti, facciamo in modo poi che l'impegno sia globale.

Chiediamo di garantire sollecita operatività del Fondo italiano per il clima secondo l'originale road map presentata alla COP27, che prevede lo stanziamento di 4,2 miliardi di euro, su 5 anni, entro il 2006, in azioni di mitigazione e adattamento, da sviluppare insieme ai Paesi partner secondo le strategie e gli obiettivi delineati dal già insediato Comitato di indirizzo interministeriale ed in vista di una successiva fase di rifinanziamento del fondo (2026-2030) a copertura degli anni rimanenti da qui al 2030.

Chiediamo di prevedere lo stanziamento di un contributo di almeno 100 milioni di dollari quale contributo dello Stato italiano per il nuovo Fondo perdite e danni e sostegno anche ai meccanismi di compensazione per le perdite e i danni legati ai cambiamenti climatici secondo i criteri di solidarietà finanziaria nella risposta all'emergenza e non solo schemi assicurativi o sotto forma di prestiti, ma prevedendo anche azioni finalizzate a garantire che le istituzioni finanziarie internazionali partecipino attivamente all'ideazione di soluzioni per le popolazioni più vulnerabili, nel pieno rispetto sempre dei diritti umani e anche delle popolazioni coinvolte. Chiediamo di sostenere iniziative finalizzate a garantire una risposta concreta alle sfide interconnesse del degrado del suolo, dei cambiamenti climatici e della perdita della biodiversità e, in particolare, iniziative che prevedano politiche di conservazione e la creazione di nuove aree protette, il ripristino degli ecosistemi e la loro protezione sia a livello nazionale sia internazionale, nonché politiche di contrasto alla desertificazione, al degrado del suolo e alla siccità. Chiediamo di prevedere la soppressione, a partire da gennaio 2024, dei finanziamenti pubblici per investimenti su progetti fossili attraverso le garanzie di SACE e di adottare iniziative finalizzate a prevedere un contributo di 600 milioni di dollari al green climate fund e la redistribuzione di almeno il 40 per cento dei diritti speciali di prelievo dell'Italia, dall'attuale 20 per cento, e pari ad un aumento di 4 miliardi di dollari, ai Paesi vulnerabili attraverso la Banca africana di sviluppo.

Colleghi, penso che tutto ciò sarebbe importante e molto significativo, soprattutto visto che, spesso, oltre all'ideologia green, all'impostazione per cui “non siamo noi quelli che inquinano di più”, indulgiamo anche nella scusa dell'“aiutiamoli a casa loro”, e invochiamo e proponiamo piani Mattei, di cui ancora il contenuto è oscuro, per quanto, dagli annunci, sia assolutamente salvifico. Penso che possiamo risparmiarci per una volta di lasciar andare il dibattito in questa direzione poiché fino adesso non ci ha portato da nessuna parte. Un'azione internazionale decisa, per evitare il disastro climatico, è la promessa di dignità più seria che possiamo fare a milioni di persone che vorrebbero avere il diritto, la scelta, oggi spesso negata, di non migrare, di rimanere a casa loro, mentre, invece, oggi, sono costretti spesso a scappare. Sembrano interventi astratti, colleghi, parole distanti, ma non lo sono affatto. Penso che dobbiamo chiederci, in questi tempi in cui è così evidente che l'azione dei singoli è rilevante, in che cosa si esprima questo cosiddetto pragmatismo cui, spesso, ci si appella, quando si discutono problemi di questa portata; pragmatismo che, credo, non possa essere timidezza, temporeggiamento, non possa essere semplificazione o demonizzazione o, talvolta, ipocrisia. Ogni commento, ogni post straziato che facciamo, ogni moto di solidarietà verso le popolazioni e i Paesi colpiti dalla tragedia climatica di turno, dall'evento catastrofico di turno ci portano in questa direzione: pragmatismo. Alla COP28 occorrerà dare valore e peso alla negoziazione internazionale sul clima; spingere nell'ambito della stessa per la responsabilità di tutti i Paesi nel raggiungimento degli obiettivi; manifestare in questa e in ogni altra sede una ferma e inequivocabile volontà, la volontà politica di arrivare a raggiungere - per tutti e dappertutto - la piena giustizia climatica e sociale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lomuti. Ne ha facoltà.

ARNALDO LOMUTI (M5S). Grazie, Presidente. Dal 30 novembre al 12 dicembre si terrà a Dubai la 28a Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (cosiddetta COP28), nella quale avrà luogo il primo global stocktake ovvero il primo bilancio globale, una vera e propria occasione cruciale per gli Stati per verificare lo stato dell'arte degli impegni assunti dall'Accordo di Parigi e per pianificare le future azioni climatiche. Ma qual è lo scenario in cui ci troviamo oggi e quali sono i dati ai quali dobbiamo fare obbligatoriamente riferimento? Il 20 marzo 2023 l'IPCC (Intergovernmental panel on climate change) ha pubblicato il sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici, che possiamo riassumere in quattro punti. Il primo: l'entità dei cambiamenti nel sistema climatico causati dalle emissioni antropiche è senza precedenti nella storia dell'umanità. Il secondo: il cambiamento climatico causato dall'uomo sta aumentando la frequenza, l'entità, l'estensione spaziale e la durata degli eventi meteorologici estremi in ogni regione del mondo. Il terzo: nonostante i progressi nella pianificazione e nell'attuazione dell'adattamento, esistono enormi e preoccupanti lacune e limiti. Il quarto: attualmente i contributi a livello nazionale, considerati collettivamente, non sono sufficientemente idonei a mantenere il limite o il contenimento di aumento della temperatura globale entro un grado e mezzo.

L'Organizzazione meteorologica mondiale ci dice che, già nei prossimi cinque anni, le temperature globali registreranno livelli record, ipotizzando seriamente che, entro il 2027, la temperatura globale annuale sarà superiore di un grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali.

Presidente, lo scenario di emissioni zero entro il 2050, in linea con 1,5 gradi dell'Agenzia internazionale energetica, indica che non c'è più spazio per nuove esplorazioni e una nuova produzione di combustibili fossili. Esiste una chiara correlazione tra crisi climatica, la perdita della biodiversità, la desertificazione, l'inquinamento, il degrado delle terre, delle acque e degli oceani. Tutto questo impatta sulla nostra società producendo povertà, disuguaglianze, instabilità geopolitica, insicurezza e fenomeni di flussi migratori di enorme portata. L'8 settembre 2023 il segretario dell'UNFCCC ha pubblicato un rapporto tecnico, propedeutico ai lavori dalla COP28, inerente ai progressi fatti sinora in termini di lotta al cambiamento climatico, affermando che il mondo non è nella traiettoria giusta per affrontare il riscaldamento globale e per prevenire gli effetti devastanti sull'ambiente e sull'umanità, imputando la responsabilità a una governance fragile, specialmente nei Paesi del Sud globale, e a una carenza di risorse finanziarie dedicate.

Se non capiamo che in questo contesto il settore energetico dovrà essere decarbonizzato entro il 2030, noi continueremo a prenderci in giro e a operare da veri e propri criminali mondiali verso le future generazioni e i libri di storia, Presidente, se mai continueremo ad averne una di storia, ci ricorderanno come la società o la specie più stupida e suicida mai esistita sulla Terra. Anche perché cambiare rotta, Presidente, ha i suoi vantaggi, vuol dire andare verso benefici multipli sulla salute, sulla sicurezza energetica e sulla creazione di nuovi posti di lavoro. È importante affermarlo. L'azione climatica crea numerose opportunità per l'economia nazionale e la crescita economica, tra cui l'aumento degli investimenti, l'aumento della competitività e dell'innovazione e la creazione di posti di lavoro, ma anche per le persone, in termini di migliori standard di vita, di salute, di lavori dignitosi, di sistemi alimentari sostenibili e prezzi accessibili dell'energia. Occorre un aumento rapido dell'efficienza energetica e occorre raddoppiare gli obiettivi entro il 2030, oltre a un rapido sviluppo delle energie rinnovabili; dobbiamo triplicare la capacità installata entro tale data.

Insieme alla promozione del risparmio energetico, queste sono le iniziative che devono essere adottate alla COP28, lavorando congiuntamente con i Paesi in via di sviluppo. Ciò implica il rafforzamento delle loro strutture istituzionali e la fornitura di supporto tecnico e finanziario perché i vantaggi della transizione, come l'accesso all'energia e alla sicurezza energetica, siano condivisi universalmente. Voglio citare testualmente, Presidente, le parole del premio Nobel per la fisica 2021, intervenuto nella serata conclusiva del National Geographic Fest 2023, Giorgio Parisi: la crisi climatica è un'emergenza che non si può superare da soli, deve essere una scelta dell'intera umanità, i Paesi più ricchi devono sostenere i più poveri per finanziare la transizione verso energie pulite e rinnovabili e occorre investire in ricerca tecnologica per trovare soluzioni per uno sviluppo sostenibile.

A livello nazionale, lo strumento per il raggiungimento degli obiettivi che sarà oggetto dell'analisi del global stocktake è il Piano integrato per l'energia e il clima, il PNIEC, la cui ultima versione è stata trasmessa alla Commissione europea il 19 luglio 2023. Nell'architettura finanziaria globale, nelle relazioni con il Sud del mondo l'Italia ha un ruolo di primo piano, essendo uno dei principali attori economici in Africa. Allora ci chiediamo, Presidente, perché la gran parte degli investimenti italiani è rappresentata da progetti basati sullo sfruttamento delle fonti fossili. Tra l'altro, questi investimenti - è il caso di sottolinearlo ai cittadini - beneficiano del sostegno delle finanze pubbliche e, quindi, dei contribuenti, essendo spesso garantiti da SACE, che è una società direttamente controllata dal Ministero dell'Economia e delle finanze. Proprio in materia di investimenti e progetti di sviluppo privati, nel rapporto UNFCCC si ridimensiona anche la necessità di intervenire dal punto di vista del credito e delle garanzie statali sugli investimenti diretti esteri, proprio in un'ottica di abbandono del sostegno ai progetti fossili.

Ma perché il mondo va da una parte e noi ci ostiniamo, invece, ad andare dall'altra? Presidente, ci chiediamo perché le partecipate di Stato, che si occupano di idrocarburi, come ENI, come SACE e altre grandi società italiane attive a livello globale nel settore degli idrocarburi non hanno adottato una strategia compatibile con gli impegni assunti dal nostro Paese in sede europea e ONU in materia di cambiamento climatico? In diverse occasioni, Giorgia Meloni ha riconosciuto il legame fra il riscaldamento globale e i disastri naturali recentemente subiti dalle popolazioni africane. L'ha affermato nell'Assemblea generale dell'ONU il 20 settembre 2023, sottolineando la necessità di aumentare gli sforzi globali per l'avanzamento su tutti i fronti dell'Agenda sul cambiamento climatico, riaffermando l'importanza di insistere sugli sforzi di decarbonizzazione tramite una transizione equa, che tenga conto della dimensione sociale ed economica e che garantisca la creazione di posti di lavoro di qualità. Ma questo Governo non ha fatto e continua a non fare nulla in questo senso, anche rispetto al tema dei cambiamenti climatici, continua a dire alcune cose e a farne altre. Il Governo, in pratica, è rimasto fermo alla propaganda ingannevole delle politiche del 2022.

Cosa non è chiaro a questo Governo, quando diciamo che la protezione e il ripristino degli ecosistemi, in particolare delle foreste, offrono il più grande potenziale di mitigazione tra tutte le opzioni di agricoltura, silvicoltura e di altre destinazioni d'uso del territorio e che gli ecosistemi naturali ad alta integrità sono i nostri fondamentali per adattarsi agli impatti climatici e costruire quella resilienza di cui necessitiamo, anche riducendo i rischi di inondazione e siccità?

Ricordiamoci anche che è attualmente in atto una grave e perdurante crisi alimentare, con 2,3 miliardi di persone che soffrono di insicurezza alimentare e con 800 milioni di persone in tutto il mondo colpite da fame. I sistemi alimentari sono responsabili di un terzo delle emissioni di gas serra, erodendo, al contempo, le risorse naturali - acqua, suolo, popolazioni di impollinatori - e aumentando i rischi di zoonosi e resistenza antimicrobica.

Presidente, nella mozione che abbiamo depositato e che oggi inizia la sua discussione in Aula chiediamo al Governo una serie di impegni per allineare la traiettoria di sviluppo globale con gli obiettivi di decarbonizzazione. Va costruita una road map per l'abbattimento delle fonti fossili e vanno eliminati tutti i sussidi in loro favore; va definito un programma di lavoro sulla mitigazione; va dato un chiaro mandato alle società partecipate e controllate dallo Stato ad allineare i propri piani di sviluppo all'obiettivo di 1,5 gradi; va integrata l'azione per la biodiversità nei piani nazionali di mitigazione e adattamento; va creato un sistema alimentare equo e sostenibile; va riformato il sistema finanziario internazionale per allinearlo agli obiettivi climatici. Sono le evidenze scientifiche a dirci che non siamo nella giusta traiettoria e che ci sono limiti e lacune da superare e colmare. Avanti di questo passo non si promuove la transizione, ma la stagnazione ecologica.

Presidente, quando leggiamo le dichiarazioni del Ministro Pichetto Fratin in sede di pre-COP28 sul clima in corso ad Abu Dhabi, constatiamo che il Ministro ha parlato - cito testualmente - di equità e realismo per un'azione climatica ambiziosa, sottolineando la necessità di coniugare la lotta al cambiamento climatico con le esigenze di sviluppo. Presidente, ci cadono le braccia, perché ci rendiamo conto che i nostri Ministri, in consessi internazionali, esprimono concetti privi di alcun senso logico, dei veri e propri nonsense conseguenti a parole inventate sul momento, spesso usate per confondere. Nei vari neologismi che il cinema italiano ha regalato alla nostra lingua, questi concetti sono definiti vere e proprie “supercazzole”. Oggi non possiamo permettere giri di parole, oggi servono decisioni chiare e concrete.

Possibile che il Governo, oggi, non abbia cognizione del fatto che l'entità dei cambiamenti nel sistema climatico causati dalle emissioni antropiche è senza precedenti e che questi sono sempre più frequenti, assumendo un'estensione spazio temporale ormai senza controllo? Possibile che dai nostri rappresentanti di Governo non sentiamo mai parlare di efficienza energetica, di energie rinnovabili e delle opportunità che esse offrono all'economia nazionale? Possibile che non sentiamo mai dire che buttarsi e buttare soldi dei contribuenti sul nucleare pulito, che, tra l'altro, è bene ricordarlo, oggi non esiste, o buttare soldi su opere faraoniche non sposta di un millimetro l'impegno verso la neutralità climatica? Possibile che non capiamo che questo è un fallimento annunciato, una scommessa persa in partenza? Sono queste le esigenze di sviluppo che questo Governo continua ancora a coniugare all'espressione “transizione ecologica”? Presidente, tutto ciò è molto pericoloso e per questo, mentre ci dissociamo da queste politiche energetiche ambientali che vanno da tutt'altra parte e continuano ad essere assoggettate al fossile in tutte le sue forme, con la nostra mozione chiediamo una serie di impegni al Governo per allineare la traiettoria di sviluppo globale con gli obiettivi di decarbonizzazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lampis. Ne ha facoltà.

GIANNI LAMPIS (FDI). Grazie, Presidente. Io penso che gli interventi delle opposizioni che sin qui abbiamo udito abbiano voluto descrivere un'Italia con un Governo ipoteticamente assente, disattento rispetto alla necessità di dedicare alle politiche ambientali quella dovuta attenzione che i tempi in cui viviamo richiedono. Veniamo accusati di indifferenza, di incapacità, addirittura di aver ingannato gli italiani alle elezioni politiche di un anno fa.

Vede, signor Presidente, noi pensiamo che queste forze di opposizione, forse, dimenticano che, in tutte le elezioni intermedie territoriali degli ultimi 12 mesi, il centrodestra è uscito praticamente vincente, a dimostrazione di come il Governo di Giorgia Meloni e di come Fratelli d'Italia stiano mantenendo gli impegni assunti con gli italiani, a differenza di chi, invece, vede ridursi le proprie percentuali pressoché all'unità, e non più alla doppia cifra. Noi non siamo i nuovi barbari che vogliono trasformare la nostra Nazione in uno Stato più inquinato e più brutto, laddove le nuove generazioni non possono avere una prospettiva.

Per il suo tramite, signor Presidente, vorrei ricordare a quest'Aula che, nella XVIII legislatura, cioè nella precedente, nelle varie stagioni dei Governi dei perdenti, con due Presidenti del Consiglio del MoVimento 5 Stelle e con un Ministro dell'Ambiente, per 5 anni, del MoVimento 5 Stelle, forse si sarebbe dovuto e potuto fare di più affinché l'Italia potesse, prossimamente, essere presente alla COP28, portando più risultati di quelli, ahimè, che noi oggi possiamo presentare, risultati che, certamente, sono frutto dell'impegno del Governo di Giorgia Meloni negli ultimi 12 mesi, dove si è cercato, sin dal suo insediamento, di recuperare il tempo perso. La COP28 è il frutto di un percorso che nasce nella comunità internazionale, quando l'ONU decide di consegnare agli Stati l'Agenda 2030. L'adeguamento di quelli che dovranno essere i vari risultati in termini di cambiamenti climatici e di prevenzione rispetto ai disastri ambientali, è frutto di una legge che questo Parlamento e questo Stato vedono approvata nel 2016, quando non c'era al Governo il centrodestra, quando non c'era il Governo di Giorgia Meloni, quando non c'era il Governo Fratelli d'Italia. Parlo con cognizione di causa quando dico che è stato perso veramente troppo tempo.

Ho avuto il privilegio, l'onere e l'onore di guidare la commissione ambiente, energia e sviluppo sostenibile della Conferenza delle regioni: un organismo importante di interlocuzione con lo Stato e con i Governi che si sono succeduti, in cui, nella precedente legislatura, abbiamo visto più muri che si alzavano, rispetto a muri che venivano abbattuti. Non posso dimenticare quando le regioni e le province autonome, all'unanimità, comprese quelle amministrate dal centrosinistra e dal MoVimento 5 Stelle bocciarono il Piano della transizione ecologica, che doveva rappresentare quello strumento principale a conforto della programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un anno fa, lo dicevo in precedenza, quando gli italiani ci hanno chiesto di governare in loro nome, noi abbiamo da subito accelerato i tempi di aggiornamento di quegli strumenti di pianificazione, necessari per affrontare veramente, in maniera seria e costruttiva, questa fase di politiche ambientali al centro di una nuova visione globale. Abbiamo aggiornato, a luglio del 2023, il Piano nazionale integrato energia e clima, peraltro già inviato a questo Parlamento, e contiamo, entro giugno 2024, di poterlo utilizzare, una volta approvato, come strumento di pianificazione che tutti i livelli istituzionali di cui la nostra architettura costituzionale è composta, possano usare ai vari livelli della loro programmazione politica.

La programmazione politica interna, però, va di pari passo con il ruolo che l'Italia vuole avere in ambito internazionale. L'autorevolezza che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dimostrato, in questi 12 mesi, sul piano internazionale, che ci vedrà ancora maggiormente protagonisti nella Presidenza del G7 nel 2024, ha proprio l'obiettivo preciso di ristabilire quell'autorevolezza necessaria, di cui la nostra Nazione ha bisogno e che è stata, per troppo tempo, persa. Il Governo italiano sarà, quindi, presente a Dubai, forte di una nuova visione euromediterranea, che questo Governo ha voluto consolidare in questi primi mesi. Un ruolo strategico importante, che l'Italia ha voluto affermare soprattutto nei confronti del continente africano, dove i cambiamenti climatici sono, anch'essi, fattore di incremento dei flussi migratori verso l'Europa.

Nei confronti di questi luoghi, gli Stati - tutti gli Stati - hanno il dovere di coinvolgere la finanza. Dov'è stata, fino ad ora? Dov'è stato, fino ad ora, il Fondo monetario internazionale? Qual è stato il ruolo di questi organismi per contribuire in maniera seria e concreta, agli obiettivi strategici dell'Accordo di Parigi? Noi vogliamo superare quell'ideologia che, troppo spesso, ha contraddistinto anche le decisioni in sede comunitaria. Questo Parlamento e questa Camera hanno già avuto modo di verificare come su case green, imballaggi e altri tipi di imposizioni, vi sia più ideologia che tutela degli interessi nazionali. Noi abbiamo dimostrato, in questi 12 mesi, di voler andare in Europa per contrattare e per dialogare, mai più supinamente e con il cappello in mano, ma a testa alta e senza paura. La decarbonizzazione dev'essere un'opportunità per il nostro Paese, prevedendo più investimenti, più posti di lavoro, più ricerca, più agricoltura di qualità, più formazione e più informazione.

Negli ultimi 18 mesi, la nostra Nazione ha registrato oltre 450 calamità naturali: una vera piaga per comunità, territori, cittadini e imprese, che, in pochi minuti e in poche ore, hanno visto il proprio lavoro scomparire. Il Governo del territorio rappresenta quell'ambizioso obiettivo che la mitigazione dei cambiamenti climatici deve avere come priorità. I piani di protezione civile per il rischio idraulico e idrogeologico devono essere approvati e conosciuti dai cittadini. Il consumo del suolo è certamente uno dei temi più a cuore a questa maggioranza e a questo Governo. I piccoli centri si spopolano e le aree maggiormente antropizzate si espandono. I centri storici vengono giù, creando, di fatto, occasioni di pericolo per la pubblica incolumità, e i piani di espansione urbana non tengono conto di fiumi, ruscelli e altri luoghi in cui la natura ha sempre svolto il suo corso. Noi vogliamo dare un ruolo ai nostri agricoltori, li riteniamo i primi difensori del nostro paesaggio, i primi difensori del nostro ambiente. Pensiamo che la silvicoltura, la biodiversità e la custodia delle nostre campagne siano l'elemento essenziale da cui partire per ridurre anche quegli impatti che abbiamo registrato nel corso degli anni e di cui anche la nostra agricoltura è stata causa.

Riteniamo che l'operato del Governo, anche con un coinvolgimento diretto delle nuove generazioni in agricoltura, sia la strada giusta che dev'essere intrapresa anche per il prosieguo della legislatura. Ai giovani agricoltori dobbiamo insegnare come ridurre la chimica, come puntare alla qualità dei prodotti, come tenere il territorio in sicurezza, per evitare che un'alluvione o un incendio possano distruggere il loro lavoro e il sostentamento delle loro famiglie. Noi pensiamo che siano proprio i giovani, nella loro complessità di organizzazione presente anche nella nostra Nazione, a dover avere un ruolo non più da spettatori, ma da protagonisti rispetto a queste tematiche ambientali, che certamente meritano un cambiamento rispetto a un approccio, che, come dicevo in precedenza, è stato fino ad ora ideologico e che necessita di affermarsi, invece, come strumento di programmazione politica ai fini dello sviluppo, dove l'uomo e le sue attività devono essere certamente al centro di una rinnovata ecologia produttiva. È una sfida culturale, quella che noi affidiamo a Giorgia Meloni e al Governo di centrodestra.

E le sfide culturali sappiamo in quali luoghi per eccellenza si vincono, ossia nelle scuole. Il vero ecologista, per noi, non è chi vuole tornare indietro, ma chi, con consapevolezza, vuole affrontare il domani, scevro da ideologismi esasperati che noi riteniamo ormai bocciati dalla storia.

Paolo Colli, un vero ecologista identitario, già nel 1996, parlando del suo sodalizio, diceva che voleva occuparsi di ambiente a favore di chi non votava: animali, mari, foreste e nuove generazioni. Con questo spirito, con questo rinnovato spirito, ci proponiamo di accompagnare un nuovo processo di politiche ambientali in cui l'Italia ritorni a essere protagonista, senza, però, dover rinunciare a posti di lavoro, alla tecnologia, che siamo stati in grado di affermare in questi anni, alle menti e al lavoro che le università e il mondo accademico hanno svolto per renderci una potenza certamente migliore.

Con la mozione di maggioranza che presentiamo vogliamo ribadire che i gruppi di maggioranza sono al fianco del Governo per questo nuovo percorso della storia, perché riteniamo sia possibile, oggi, scriverlo in questa Nazione con Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, il centrodestra come forza di Governo e Fratelli d'Italia come primo partito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 825 - D'iniziativa del Governo: Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale, nonché disposizioni in materia di termini legislativi (Approvato dal Senato) (A.C. 1538​) (ore 15,22).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1538: Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale, nonché disposizioni in materia di termini legislativi.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 16 novembre 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 16 novembre 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1538​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Roberto Bagnasco.

ROBERTO BAGNASCO , Relatore. Grazie, Presidente. Membri del Governo, colleghi, la legge del 28 aprile 2022, n. 46, approvata nella passata legislatura, ha delineato la cornice giuridica nell'ambito della quale è possibile istituire associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, conferendo al Governo la delega a emanare uno o più decreti legislativi. Il termine per l'esercizio della delega, originariamente previsto entro 6 mesi dalla data in vigore della legge, è stato poi differito di ulteriori 12 mesi con il decreto-legge n. 169 del 2022, giungendo a un termine complessivo, quindi, di 18 mesi, ovvero entro il 27 novembre 2023.

Successivamente, con lo schema di decreto legislativo n. 56 è stata data attuazione a una parte della delega prevista dall'articolo 16 della legge n. 46 del 2022, provvedendo, in primo luogo, ad abrogare le disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano gli istituti della rappresentanza militare, novellando, poi, il codice dell'ordinamento militare al fine di inserirvi le disposizioni della legge n. 46 del 2022 e, infine, modificando e integrando la normativa necessaria per il coordinamento delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti con le norme della legge n. 46 del 2022.

Non è stata, invece, esercitata la delega di cui all'articolo 9, comma 15, relativa al decreto legislativo riguardante le limitazioni all'esercizio dell'attività sindacale in attività operativa, addestrativa, formativa ed esercitativa, essendo necessario sentire il parere delle associazioni rappresentative a livello nazionale, il cui iter per il riconoscimento della rappresentatività a livello nazionale non si è ancora concluso, purtroppo.

Il procedimento di verifica della rappresentatività delle associazioni risulta, infatti, molto articolato. Al 31 dicembre 2023 il Ministero della Difesa procederà a valutare la consistenza associativa delle associazioni, rilevando i dati relativi alle deleghe per la riscossione del contributo sindacale, unitamente ai dati di forza effettiva complessiva delle singole Forze armate e delle singole Forze di Polizia a ordinamento militare. Successivamente, nel caso si accerti la presenza di associazioni che raggiungano il numero minimo di iscritti previsto dalla legge, tali dati, dopo le opportune verifiche, saranno inviati al Dipartimento della funzione pubblica. In seguito il Ministro per la Pubblica amministrazione, dopo aver sentito, per quanto di rispettiva competenza, i Ministeri della Difesa e dell'Economia e delle finanze, adotterà il relativo decreto di riconoscimento delle associazioni rappresentative a livello nazionale. Quindi, è un iter abbastanza complesso, che sta procedendo, comunque, verso la fine.

Al fine, dunque, di consentire l'esercizio della citata delega, l'articolo 1 del disegno di legge A. C. 1538​, già approvato dal Senato in prima lettura lo scorso 9 novembre, estende il termine originariamente previsto dalla legge e poi, come accennato, differito di 12 mesi con il decreto-legge n. 169 del 2022. Nella relazione illustrativa, che correda il disegno di legge presentato al Senato, si sottolinea che la proroga di 12 mesi è necessaria per lasciare il necessario margine di tempo per porre in essere tutti gli adempimenti previsti dall'iter approvativo delle norme delegate, che potrebbe rivelarsi particolarmente complesso, nella considerazione che, comunque si tratta di disciplinare, ancorché esclusivamente nell'alveo delle attività operative, le limitazioni all'esercizio della libertà sindacale.

Con l'articolo 2 vengono invece rinnovate per 24 mesi alcune delle deleghe concernenti la revisione dello strumento militare nazionale, previsto dall'articolo 9, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 119, scadute lo scorso 28 agosto 2023. Più in dettaglio, il comma 1 delega il Governo ad adottare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento militare nazionale nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 9, comma 1, lettere b), d), e), f), g) e h) della legge 5 agosto 2022, n. 119, ciò anche alla luce del fatto che sono in corso di definizione le disposizioni delegate relative all'attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 9, comma 1, lettere a) e c), in materia di rimodulazione a 160.000 unità degli organici delle Forze armate, risultando conseguentemente necessario rendere coerente e completa la revisione dello strumento militare nazionale mediante l'attuazione anche degli altri principi di delega.

Le disposizioni delegate sono adottate su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro della Pubblica amministrazione e con il Ministro dell'Economia e delle finanze, nonché, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro della Salute, con il Ministro dell'Istruzione e del merito e con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali (quindi, è abbastanza complesso). Si prevede, inoltre, l'acquisizione della previa intesa in sede di Conferenza unificata relativamente all'attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 9, comma 1, lettere d), f), g) e h) della legge 5 agosto 2022, n. 119, e del parere del Consiglio di Stato, nonché sentito il Consiglio centrale di rappresentanza militare per le sole materie di competenza.

I decreti delegati verranno, quindi, trasmessi alle Camere per l'espressione, entro il termine di 60 giorni, del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e anche per i profili finanziari. Qualora il termine dell'espressione del parere parlamentare dovesse scadere nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine, previsto dal comma 1 o successivamente, è previsto lo scorrimento della delega di 90 giorni.

I commi da 2 a 6 ripropongono il contenuto dei corrispondenti commi dell'articolo 9 della legge, con la differenza di limitare l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata all'attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 9, comma 1, lettere d), f), g) e h). Infine, segnalo che l'articolo 3, modificato nel corso dell'esame al Senato, al comma 1, lettera a), proroga al 25 agosto 2024 il termine per l'esercizio della delega legislativa in materia di razionalizzazione e semplificazione della disciplina sulle fonti energetiche rinnovabili prevista dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, mentre alla lettera b) viene aggiunto il concerto del Ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa e viene corretta la dicitura del Ministro della Transizione ecologica nell'attuale dicitura di Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

Infine, con una modifica parlamentare, è stata cancellata la previsione che prevedeva l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 27 della legge 5 agosto 2022, n. 118, legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, secondo cui almeno uno dei decreti legislativi di cui al comma 1 è adottato entro dieci mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e secondo la procedura di cui al comma 22. Tale previsione rimane, quindi, ancora in vigore.

Avviandomi alla conclusione, ricordo che la Commissione difesa ha concluso l'esame del provvedimento senza modificare il testo trasmesso dal Senato e che le Commissioni chiamate ad esprimersi in sede consultiva, affari costituzionali, ambiente, attività produttive, lavoro, affari sociali e politiche dell'Unione europea, hanno tutte espresso parere favorevole, mentre la Commissione bilancio si esprimerà direttamente in Assemblea.

PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire.

È iscritto a parlare il deputato Andrea Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Relatore, rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi presenti - non tantissimi, questa mattina -, il provvedimento al nostro esame è una misura essenzialmente di proroghe su provvedimenti già votati dal precedente Governo, su cui era stato fatto fin dall'inizio un intenso lavoro anche bipartisan, in particolare per la parte che riguarda le disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, come ha spiegato bene il relatore. Noi ci colleghiamo anche all'intervento che è stato fatto dal senatore Alfieri e dai nostri rappresentanti al Senato e rinnoviamo il nostro impegno a portare avanti questo lavoro al fine di tenere insieme due esigenze che sono entrambe fondamentali, quella delle caratteristiche di un ordinamento come quello militare al tempo stesso rivolto anche al bisogno, alle esigenze, alla tutela di un comparto, nelle prerogative individuali dei singoli militari e nelle loro richieste di veder riconosciuti i diritti dal punto di vista giuridico ed economico.

Non è un lavoro semplice. Io ho avuto modo di seguirlo, anche direttamente, lavorando insieme alla già Ministro e, poi, presidente della Commissione difesa del Senato, Roberta Pinotti, che ha richiesto la definizione di un profilo della rappresentanza delle singole associazioni all'interno della singola Arma e trasversale alle diverse Armi. Penso, quindi, che possa essere corretto prendersi del tempo in più, se questo serve per arrivare a definire correttamente un inizio che potrà essere sicuramente un punto di svolta per le Forze armate, per le tutele dei diritti più importanti legati al loro lavoro e al loro impiego e per la possibilità finalmente di compiere quel passo che ci farà passare dal Cocer ai sindacati. Da questo punto di vista, penso che questo tempo in più che sarà necessario possa essere l'occasione per cogliere fino in fondo questo duplice obiettivo e anche destinare a questo tema e all'importanza di questa riflessione, di questa riforma, di questo cambiamento, quell'attenzione che tutti noi dobbiamo alle nostre Forze armate, alle donne e agli uomini in missione nel mondo, che rappresentano la Repubblica e i valori della Costituzione. Noi stiamo costruendo un piccolo percorso di riforma che serve a garantire meglio i loro diritti e a farlo nel rispetto dell'ordinamento militare. Penso che da questo punto di vista non possa e non debba esserci alcuna divisione partitica o politica, ma un impegno collettivo a cercare di fare, nel minor tempo possibile, il miglior lavoro possibile. In questo senso, anche per quanto riguarda l'articolo 2, che disciplina lo strumento del dispositivo militare, si tratta di un lavoro in corso che deve essere portato a termine.

Questa proroga, quindi, la consideriamo un messaggio al Governo per portare a termine il lavoro iniziato e l'auspicio che possiamo mettere in questa sede è di cercare di farlo nel minore tempo possibile per coronare un percorso molto lungo.

Dal punto di vista dei passaggi parlamentari, il bicameralismo che, purtroppo, spesso viene sottovalutato nel suo valore ci ha consentito, anche qui alla Camera, di correggere alcuni passaggi che c'erano stati al Senato. Ad esempio, al Senato avevamo segnalato l'assenza di un parere in Commissione ambiente sull'articolo 3, che riguarda un tema fondamentale per la Commissione ambiente. Qui, alla Camera, c'è stato questo parere e c'è stato un maggiore coinvolgimento di tutte le Commissioni. Ricordo che con l'articolo 3 arriviamo alla proroga di una misura importante, la delega di un provvedimento del 2001 sul delicato tema relativo alla nuova normativa sulle energie rinnovabili.

Ciò consente, comunque, di considerare il fatto che è necessario procedere, non solo per quanto riguarda questo tema ma anche per quanto riguarda gli altri provvedimenti che devono essere portati a termine, penso al PNIEC, penso alle comunità energetiche e alle altre questioni sulle quali dobbiamo essere in grado di completare quello che è necessario. La proroga, infatti, seppur necessaria in questa fase, non può però allungare i tempi per affrontare temi estremamente delicati come quelli delle energie rinnovabili e della transizione ecologica e digitale. L'abbiamo visto in questo collegamento ideale della discussione generale di oggi che ci ha consentito, col tema che abbiamo affrontato precedentemente, già di entrare nella discussione dell'articolo 3.

Saranno poi le dichiarazioni di voto a esprimerlo ma, nel riaffermare il nostro sostegno al percorso per quanto riguarda la realizzazione nel minor tempo possibile, ma, se necessario, con una proroga, di queste deleghe, la considerazione di fondo che vogliamo esprimere è quella di cercare di cogliere l'occasione per mandare avanti anche gli altri provvedimenti collegati a questi temi, che vedono un ritardo e che vedono la necessità di un completamento.

Come ultimo passaggio di questo intervento, auspichiamo che il fatto di prendere tutto il tempo necessario per costruire, su questi temi importanti, una riforma che sia condivisa il più largamente possibile, possa essere in qualche modo un incentivo, almeno una piccola spinta gentile, che ci possa aiutare a riflettere sul fatto che quando i percorsi di riforma sono condivisi sono percorsi di riforma che svolgono meglio la loro funzione di cambiare le regole che devono valere per tutti. Penso che ciò valga sicuramente in questo caso specifico, ma che valga sempre e sarebbe importante che anche su altri temi, su cui invece non si sta procedendo in questo modo, si adotti lo stesso metodo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pino Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signora Sottosegretario, quest'Aula, negli ultimi tempi, è stata sollecitata più volte ad assumere decisioni e misure resesi necessarie dai recenti mutamenti che hanno interessato lo scacchiere internazionale. Tra i vari focolai di crisi che si registrano a livello globale ce ne sono due in particolare che lambiscono i confini europei e nazionali. Mi riferisco, ovviamente, al conflitto russo-ucraino e a quello israelo-palestinese, conflitti che al momento non lasciano intravedere repentini orizzonti di risoluzione. In entrambi i fronti, il nostro Paese è stato sin dall'inizio al lavoro e lo è tuttora per evitare nuove escalation ma soprattutto per approdare ben presto a una soluzione pacifica e duratura.

Il quadro internazionale appena descritto impone evidentemente l'assunzione di scelte conseguenti anche sul fronte interno, non solo sul piano economico e sociale, dati gli effetti che tali conflitti producono sui mercati e sul costo delle materie prime, ma anche su un comparto direttamente coinvolto, ovvero quello delle Forze armate e, più in generale, della sicurezza nazionale. Il provvedimento oggi in esame in quest'Aula avvia un processo importante in tal senso.

In particolare, il disegno di legge in oggetto delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento nazionale militare. Un percorso di profondo e strutturale rinnovamento che, da un lato, blocca la riduzione del personale sin qui imposta dalla legge n. 244 del 2012, chiaramente non più attuale, dati i numerosi e crescenti impegni sul territorio nazionale e internazionale, dall'altro, si allinea con le scelte assunte dal Ministero della Difesa in vista della rimodulazione dell'organico delle Forze armate, passando dal modello professionale a 150.000 al modello a 160.000 unità, che però, dobbiamo ammettere, è ancora poco e va sicuramente al più presto implementato. Rimodulazione che mira essenzialmente alla specializzazione, ovvero a inserire nelle nostre Forze armate figure professionali altamente specializzate, come medici e personale delle professioni sanitarie, commissari, tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti e dei materiali informatici con competenze all'avanguardia, al fine di operare soprattutto nei nuovi domini, cioè nel dominio spazio e nel dominio cyber. Un intervento, questo appena descritto, che inoltre non pesa sulla finanza pubblica in quanto è stato modulato entro i limiti di spesa compatibili con i risparmi conseguiti con il processo di riduzione avviato a decorrere dal 2014. Questo, quindi, fornisce ancora più rilievo all'intervento che stiamo discutendo, anche perché, oggi come oggi, dotare di ulteriori competenze digitali e tecnologiche i nostri comparti di difesa si presenta come una vera e propria urgenza. Gli attacchi alla sicurezza nazionale non avvengono più solo sul piano prettamente militare. La sicurezza informatica assume, quindi, oggi una rilevanza strategica, quasi, se non di più, come quella della difesa dei confini nazionali. Infatti, secondo la relazione sul panorama delle minacce del 2022 elaborato dall'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza informatica, sono ben 9 le principali tipologie di minaccia, dai malware, ovvero software che danneggiano i sistemi operativi, alle minacce capaci di ottenere accesso e divulgazione a database non autorizzati, passando dai sistemi in grado di sfruttare l'errore umano per ottenere l'accesso a informazioni o servizi, fino alle minacce che riducono o impediscono la disponibilità di Internet da parte degli utenti.

Sempre secondo il rapporto, le minacce alla cybersicurezza nell'Unione europea tra giugno 2021 e giugno 2022 hanno colpito essenzialmente 6 settori, primo fra tutti quello della pubblica amministrazione e dei Governi, ben il 24 per cento degli incidenti segnalati, seguono i fornitori di servizi digitali, 13 per cento, la sanità, 12 per cento, e il settore finanziario e bancario, 9 per cento. Sulla scorta di quanto è avvenuto anche nel corso del conflitto russo-ucraino in materia, è evidente che siamo di fronte a una necessità costante, oserei dire quasi giornaliera, di competenze sempre nuove e aggiornate, per non lasciarci cogliere impreparati da simili minacce, che metterebbero a serio repentaglio la sicurezza nazionale.

E alla revisione dello strumento militare nazionale il provvedimento in esame affianca anche interventi volti a consentire la proroga e il rinnovo dell'efficacia delle disposizioni vigenti di cui alla legge n. 46 del 2022, in materia di definizione delle limitazioni all'esercizio delle libertà sindacali per il personale militare impiegato in attività operativa, addestrativa e formativa inquadrato in contingenti o a bordo di unità navali ovvero distaccato individualmente. Tutto ciò per meglio valorizzare il ruolo delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari rappresentative sul piano nazionale delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate.

Si tratta, quindi, di accompagnare il passaggio dai Cocer, cioè i Consigli centrali di rappresentanza, come rappresentanza della base militare, alle associazioni di carattere sindacale che sono state istituite sulla base di una sentenza della Corte costituzionale, che quindi doveva essere attuata. Il tempo che tale proroga garantisce permette di assumere tutte le misure collaterali per garantire a queste nuove associazioni di strutturare agilmente il loro mandato. Insomma, signor Presidente, il provvedimento nel suo complesso sancisce l'avvio di un percorso nel solco dell'innovazione e del consolidamento delle dotazioni delle nostre Forze di difesa. È l'avvio di un percorso, quindi, e, come tale, non ha la pretesa di essere esaustivo sotto tutti i suoi aspetti.

È evidente a tutti che l'aumento di 10.000 unità sia un passo importante e necessario, ma, come abbiamo già detto, ancora non sufficiente se si considerano i costanti e continui impegni a cui sono chiamate le nostre Forze armate, che, come dimostrano gli attestati di stima provenienti da tutti i territori di missione dove siamo presenti, rappresentano una vera e propria eccellenza a livello internazionale; così come anche la questione delle associazioni sindacali necessita di essere seguita con attenzione, in tutte le sue evoluzioni. Tuttavia ciò che è certo è che siamo di fronte a misure non più rinviabili, e di cui questo Governo e questa maggioranza, insieme alle misure contenute nel pacchetto sicurezza appena approvato dall'Esecutivo, hanno scelto di farsi carico.

Come Noi Moderati, e in particolare io, come membro della Commissione difesa, siamo al lavoro già da tempo per sostenere attivamente questo processo. Lo dobbiamo innanzitutto alle donne e agli uomini che sono impegnati ogni giorno, anche rischiando la loro stessa vita, nelle varie unità di missione all'estero a difesa dei civili e di chi, con le logiche della guerra, non ha nulla a che fare, pur pagandone le conseguenze. Lo dobbiamo al nostro Paese affinché possa continuare a svolgere il suo ruolo di attore strategico nel Mediterraneo, garantire la sicurezza dei confini nazionali e gestire tutte le situazioni di crisi dove è richiesto un intervento delle Forze militari.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lomuti. Ne ha facoltà.

ARNALDO LOMUTI (M5S). Presidente, colleghi, voglio focalizzare questo intervento su un singolo tema di questo provvedimento, che è all'articolo 2, che rinnova di 2 anni il termine per l'esercizio di alcune delle deleghe concernenti la revisione dello strumento militare nazionale previste dalla legge n. 119 del 5 agosto 2022. Tra queste c'è l'istituzione di una riserva militare ausiliaria di massimo 10.000 uomini, da attivare in caso - speriamo di no - di guerra, oltre che di altre emergenze nazionali.

È un tema, Presidente, riportato al centro dell'attenzione da due recenti interventi proprio in Parlamento. Il primo è stato quello del Ministro della Difesa Guido Crosetto, che il 7 novembre, in audizione davanti alle Commissioni difesa di Camera e Senato, ha dichiarato che, in vista dei mutati scenari di sicurezza, andrebbe fatto un ragionamento sull'attivazione di una riserva operativa periodicamente addestrata, citando gli esempi di Israele e Svizzera. Un suggerimento buttato un po' lì da parte del Ministro Crosetto consiste nel fatto di pescare nelle Forze di Polizia che sono già formate ad attività di sicurezza, e quindi all'utilizzo delle armi. Israele e Svizzera, sembra il caso di evidenziarlo, tuttavia non mobilitano 10.000 unità, ma centinaia di migliaia di riservisti, perché hanno un sistema di riserva basato sia sulla leva militare obbligatoria sia sulla milizia. Quindi, non ci sembrano casi molto calzanti per il nostro Paese. Ma, soprattutto, appare irrealistico, quantomeno irrealistico, immaginare di mandare al fronte, in caso di guerra, agenti di Polizia, tenuto conto delle carenze di organico di cui soffriamo nelle Forze di Polizia, e quindi del buco di sicurezza interna che si verrebbe a creare con questa soluzione, con questo sistema.

Pensiamo solo che oggi, in tempo di pace, accade il contrario, cioè sono i militari che vanno in ausilio della Polizia con, ad esempio, l'operazione Strade sicure. Figuriamoci in tempo di guerra, quando anche la sicurezza interna diventa un problema serio. Un'alternativa da valutare potrebbe essere quella suggerita da chi è un po' più esperto, a cui forse si riferiva il Capo di stato maggiore della Difesa, l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che, tornando su questo argomento, nella sua audizione del 15 novembre, ha parlato di una riserva costituita da personale proveniente non solo dal mondo civile, ma anche, diciamo così, da pregressa esperienza militare, cioè ricorrere ai giovani che hanno prestato servizio nelle Forze armate per qualche anno come volontari in ferma iniziale o triennale, e che poi, per vari motivi, hanno sospeso tale attività, o anche perché non hanno superato il concorso per entrare in servizio permanente effettivo. Si tratta di giovani uomini e giovani donne che, richiamati in servizio per regolare -ma brevissimo- addestramento in stile svizzero, potrebbero offrire un efficace contributo nella malaugurata ipotesi della richiesta di mobilitazione.

Inoltre, Presidente, a prescindere dalla soluzione adottata, l'istituzione di una riserva richiederà in ogni caso risorse finanziarie aggiuntive nel bilancio della Difesa, poiché i riservisti comunque dovranno ricevere un'equa retribuzione o disporre di basi, equipaggiamenti, vestiario, armi, mezzi e munizioni, risorse già oggi carenti per le esigenze delle forze in servizio a tempo pieno.

Quindi, la domanda è da dove verrebbero tirati fuori questi soldi. Tutto questo per dire, Presidente, onorevoli colleghi, che secondo il MoVimento 5 Stelle il tema della riserva richiede un'approfondita riflessione e un ampio dibattito, si spera, parlamentare perché, come ha detto in audizione lo stesso Ministro Crosetto, questa è una sfida più parlamentare che di Ministero. Quindi, ben venga una proroga di due anni per l'esercizio della delega legislativa governativa su questo tema in modo tale da consentire che il Parlamento possa fare il Parlamento, cioè possa svolgere tutti gli approfondimenti e le riflessioni che, a nostro giudizio, sono estremamente necessari (Applausi della deputata Carmina).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Barbara Polo. Ne ha facoltà.

BARBARA POLO (FDI). Grazie, Presidente. Membri del Governo, onorevoli colleghi, l'Assemblea è chiamata all'esame del disegno di legge recante disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo di revisione dello strumento militare nazionale, nonché in materia di termini legislativi. Il disegno di legge si compone di tre articoli ed è stato approvato lo scorso 9 novembre presso il Senato ed è finalizzato a consentire la proroga e il rinnovo dell'efficacia delle disposizioni vigenti di cui alla legge n. 46 del 2022 in materia di definizione delle limitazioni all'esercizio delle libertà sindacali per il personale militare impiegato in attività operativa, addestrativa e formativa, inquadrato in contingenti o a bordo di unità navali ovvero distaccato individualmente. Ciò al fine di valorizzare il ruolo delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari e rappresentative sul piano nazionale delle Forze di Polizia a ordinamento militare delle Forze armate, nonché di delegare il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento nazionale militare.

Più in dettaglio, l'articolo 1 del disegno di legge in esame proroga da 18 a 30 mesi il termine per la delega al Governo ad adottare un decreto legislativo per disciplinare particolari limitazioni all'esercizio dell'attività di carattere sindacale da parte del personale impiegato in attività operativa, addestrativa, formativa ed esercitativa, e questo al fine di consentire l'esercizio e la tutela dei diritti sindacali del personale militare salvaguardando le preminenti esigenze di funzionalità, sicurezza e prontezza operativa correlate alle specifiche operazioni militari. Si ricorda che la scadenza precedentemente fissata prevedeva che la delega in esame fosse esercitata entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa, inizialmente prevista per il 27 novembre 2022, e successivamente estesa a ulteriori 12 mesi, quindi con scadenza il 27 novembre 2023. Preso atto che tale processo di verifica della rappresentatività è risultato più complesso e articolato del previsto e che il nuovo sistema di relazioni sindacali in ambito militare è ancora in via di perfezionamento, il Ministero della Difesa procederà a valutare la consistenza associativa delle associazioni al 31 dicembre 2023 rilevando i dati relativi alle deleghe per la riscossione del contributo sindacale e, contemporaneamente, provvedendo alla rilevazione dei dati complessivi di forza effettiva delle singole Forze armate e delle singole Forze di Polizia a ordinamento militare. Ad oggi, infatti, le associazioni in grado di esprimere il parere richiesto non sono state ancora riconosciute ed è oltremodo evidente che sia necessario consentire al Governo l'esercizio della delega. Con questo articolo del provvedimento in esame viene prorogata di ulteriori 12 mesi, fino al 27 novembre 2024, poiché ragionevolmente le sopra citate associazioni saranno riconosciute nel corso del primo quadrimestre 2024. Considerato, inoltre, che il procedimento di adozione del decreto legislativo in parola prevede, tra le altre cose, che venga adottato su proposta del Ministero della Difesa di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze e con il Ministero per la Pubblica amministrazione e, per i profili di competenza, con i Ministeri della Salute, dell'Istruzione e del merito e del Lavoro e delle politiche sociali, naturalmente sentite le associazioni professionali a carattere sindacale tra militari rappresentative a livello nazionale ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 46 del 2022, con la sopra citata proroga, verosimilmente, si riuscirà a completare l'iter.

L'articolo 2 delega il Governo ad adottare entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del provvedimento uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento nazionale militare.

L'intervento in esame risulta di fondamentale importanza per il Ministero della Difesa poiché consente di adottare provvedimenti per la revisione dello strumento militare nazionale in linea con la rimodulazione, in aumento, dell'organico delle Forze armate a 160.000 unità, in corso di perfezionamento. Questa rimodulazione è bene precisare, come spiegato più volte dal Ministro Crosetto, prevede un decisivo passaggio dal modello professionale di 150.000 unità al modello, appunto, di 160.000, con un incremento delle professionalità mediche di ambito sanitario, commissari, tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti e dei materiali informatici e soprattutto esperti del settore cyber. L'intervento, tra le altre cose, è stato modulato senza nuovi oneri per la finanza pubblica, in quanto rientra nei limiti di spesa compatibili con i risparmi conseguiti con il processo di riduzione avviato a decorrere dal 2014.

Il rinnovo della delega legislativa si rende necessario in quanto, oltre alla considerevole complessità tecnica, i decreti legislativi in esame devono essere adottati all'esito di un iter complesso, che prevede, come abbiamo precedentemente evidenziato, il concorso di vari Ministeri ma anche l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata del parere del Consiglio di Stato, sentito il Consiglio centrale di rappresentanza militare. Inoltre, i decreti delegati trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari entro il termine di 60 giorni possono essere adottati anche in mancanza del parere decorso il termine previsto. Entro due anni dall'entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive. Il Governo è altresì autorizzato ad apportare al Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare le modificazioni necessarie per adeguarlo alle disposizioni dei decreti legislativi adottati ai sensi della delega di cui al comma 6. Sostanzialmente, come precedentemente evidenziato anche dai miei colleghi, dai commi da 2 a 6 si ripropongono i contenuti del corrispondente articolo 9 della legge n. 119 del 2022.

L'articolo 3, invece, comma 1, lettera a), con modifica apportata in Senato, prevede una proroga da sedici a ventiquattro mesi delle disposizioni di cui all'articolo 26, comma 4, della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, la legge n. 118 del 2022, prevedendo l'adozione di uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili. Anche questa proroga si è resa necessaria per consentire al Governo di disporre di uno spazio temporale utile per tener conto della nuova disciplina dell'Unione europea in materia di fonti rinnovabili in via di adozione, la quale revisiona ulteriormente la stesura di tutta la materia richiedendo agli Stati membri una serie di conseguenti adeguamenti degli ordinamenti nazionali in sede di attuazione della direttiva medesima. Infine, sempre con una modifica al Senato, è stata cancellata la previsione che disponeva l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 27 della legge 5 agosto 2022 n. 118, ossia la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, poiché è di difficile applicabilità nella situazione odierna. Come Fratelli d'Italia e come membro della Commissione difesa siamo sempre al lavoro per cercare di migliorare quello che riguarda tutto il comparto dei nostri uomini delle nostre donne in divisa e per migliorare la loro vita lavorativa. Con questo provvedimento riteniamo che si sia fatto un grande passo in avanti anche per cercare di dare più rappresentatività alla loro categoria.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1538​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Bagnasco.

ROBERTO BAGNASCO , Relatore. Presidente, rinuncio alla replica.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che anche il rappresentante del Governo rinuncia alla replica e si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Casu. Ne ha facoltà, per due minuti.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo oggi in quest'Aula per onorare anche in Parlamento la giornata della memoria delle vittime della strada, celebrata ieri, come ogni anno, nella terza domenica di novembre in tutta Italia. Viva la strada sicura per tutti è il messaggio forte lanciato da Roma, Milano, Napoli, Trento, Cagliari, Modena, Alessandria, Lecce e da tutte le città in cui sono scesi in piazza movimenti, associazioni e fondazioni per chiedere alle istituzioni di non restare in silenzio rispetto a numeri da brivido, quelli del 2022: 165.000 scontri stradali, ogni giorno 9 morti, 612 feriti e 48 investimenti.

Sono numeri che vanno considerati per difetto, perché non tengono conto di quanti feriti, a seguito delle lesioni, perdono la vita, a distanza di tempo, delle esistenze delle famiglie distrutte per scontri che si sarebbero potuti evitare. Ecco, se dobbiamo fare qualcosa subito, oltre a non restare in silenzio, occorre smettere di utilizzare le parole sbagliate: non possiamo più chiamare queste tragedie “incidenti”, perché non lo sono, non avvengono per un caso fortuito. Nella stragrande maggioranza dei casi occorrono maggiore attenzione alla guida e minore velocità. Sì, minore velocità, perché la velocità e la disattenzione uccidono, purtroppo, più di quanto facciano l'abuso di alcol e l'utilizzo di stupefacenti e, per questa ragione, devono essere combattute con la stessa determinazione. Serve attività di prevenzione, formazione e informazione e servono controlli più efficaci.

Non possiamo, in pochi minuti, citare tutti i nomi di queste vittime, è un elenco che cresce ogni giorno, ma ricordare un aspetto ci può aiutare a capire una cosa. Pensiamo al piccolo Manuel, di 5 anni, morto a Casalpalocco, mentre tornava da scuola in auto con la sua mamma; a Gabriele, di 21 anni, morto a Labaro, sulle strisce, mentre cercava di prendere il treno per andare all'università; ad Hashen, di 29 anni, che stava attraversando le strisce per tornare a casa, a Milano nord, al confine con Cinisello. Le strade sono un campo di battaglia e sono la prima causa di morte tra i nostri giovani: per le generazioni passate questa è stata la guerra, oggi è la strada. In Commissione stiamo affrontando il codice della strada, non basta intervenire sulle sanzioni, serve…

PRESIDENTE. Concluda.

ANDREA CASU (PD-IDP). Scusi, Presidente?

PRESIDENTE. La invitavo a concludere. Le faccio presente che ha finito il tempo.

ANDREA CASU (PD-IDP). Se mi lascia un secondo per terminare il pensiero…

PRESIDENTE. Sì. Prego.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Dobbiamo cambiare il paradigma, mettere la vita delle persone al centro delle scelte, insieme alle associazioni, alle fondazioni - che voglio ringraziare, perché hanno trasformato tragedie personali in occasioni per cambiare in meglio la vita di tutti noi - e trasformare collettivamente le nostre scelte. Noi abbiamo una serie di proposte. Veramente, l'invito che faccio a tutti noi è di coltivare un obiettivo ambizioso; il nostro obiettivo non deve essere quello di ridurre il numero di morti sulla strada, ma di azzerare il numero di morti sulla strada. Si può fare, se tutti ci mettiamo il massimo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carmina. Ne ha facoltà, per due minuti.

IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, volevo ricordare che, oggi, è la Giornata mondiale dell'infanzia e dell'adolescenza, istituita il 20 novembre 1989 e approvata dall'Assemblea ONU. La Convenzione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza è il trattato sui diritti umani più ratificato al mondo. Quest'anno l'UNICEF lo dedica alla pace perché, all'articolo 38 della Convenzione, si stabilisce che ogni bambino e bambina ha diritto di essere protetto dalla guerra. Invece, a distanza di 34 anni, assistiamo a una recrudescenza: i bambini sembrano essere diventati il bersaglio, le vittime della ferocia delle guerre. Pensando, fra l'altro, alla guerra in Ucraina, nonché al conflitto fra Israele e Hamas, che si ripercuote sulle vittime civili palestinesi, non possiamo che chiedere e fare appello, ancora una volta, alla comunità internazionale, affinché intervenga per una tregua umanitaria immediata, per il cessate il fuoco immediato, senza più tergiversare; si chiede, inoltre, che il Governo Meloni, cambiando il suo indirizzo di astensione, si attivi, rivendicando l'orgoglio dell'Italia, che è sempre stata in prima fila nella difesa dei diritti umani dell'infanzia e dell'adolescenza, perché termini questo massacro. Non è più tollerabile vedere 420 bambini uccisi ogni giorno a Gaza, un bambino ogni 10 minuti, e rimanere inermi. Noi viviamo in una condizione di tranquillità. I nostri bambini sono tranquilli nelle loro scuole, ma non possiamo dimenticare che c'è un'umanità dolente.

Ricordo anche i bambini che sono ostaggio di Hamas. I bambini, di qualunque Nazione, vanno sempre preservati. Quello che accade oggi è una sconfitta dell'umanità, e noi non possiamo assistere inermi e nell'indifferenza, perché la storia ce ne chiederà il conto.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 21 novembre 2023 - Ore 11:

1. 1 Comunicazioni del Governo sul Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria.

(ore 14,30, con votazioni non prima delle ore 18,30)

2. Discussione del disegno di legge:

S. 899 - Conversione in legge, con modificazioni, in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali (Approvato dal Senato). (C. 1551​)

La seduta termina alle 16,05.