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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 194 di lunedì 13 novembre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 novembre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 74, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della mozione Braga ed altri n. 1-00210 concernente iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Braga ed altri n. 1-00210 concernente iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 novembre 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 6 novembre 2023).

Avverto che è stata presentata la mozione Mari ed altri n. 1-00211 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Federico Fornaro, che illustrerà la mozione Braga ed altri n. 1-00210, di cui è cofirmatario.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Presidente, colleghe, colleghi, rappresentante del Governo, prima di affrontare nel merito le proposte e gli impegni che chiediamo al Governo rispetto alla mozione che ha come prima firmataria la collega Braga e che, come ha testé letto il Presidente concerne iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro, credo sia necessario inquadrare la questione, il problema, anche nel lungo periodo, partendo dalla Carta fondamentale, cioè dalla Costituzione. All'articolo 36, i Costituenti hanno scritto: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. Non è l'unico passaggio in Costituzione riguardo alle tematiche del lavoro a cominciare, ovviamente e non casualmente, dall'articolo 1 in cui è scritto chiaramente che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Partendo da questa impostazione, che è assolutamente fondamentale e - se mi è consentito - identitaria della nostra Costituzione e della nostra Italia repubblicana, non possiamo chiudere gli occhi.

Oggi, e da alcuni anni, siamo in piena emergenza. L'emergenza è dettata, da un lato, da uno spostamento più che trentennale della ricchezza dai redditi di lavoro ai redditi provenienti dalla rendita, dalla rendita finanziaria in particolare, e, negli ultimi mesi, da una profonda, grave, perdita di potere d'acquisto, causata da un'alta inflazione, per salari, stipendi e pensioni, che sta determinando una situazione di grave spostamento verso il basso, di schiacciamento verso il basso di milioni di famiglie italiane che fanno fatica, sempre più, ad arrivare a fine mese. Ormai, tutti gli indicatori indipendenti indicano, anche in conseguenza della pandemia, un aumento della povertà, un aumento del lavoro povero, un fenomeno che, tra i primi, gli economisti hanno individuato, quello dei working poor. Da questo punto di vista siamo ormai in assoluta emergenza, con quote rilevanti di lavoratori che, pur lavorando, non arrivano a garantire la piena sufficienza di reddito per non entrare, a loro volta, nella povertà.

Va poi evidenziato un altro fenomeno endemico, che questo Governo ha recentemente aggravato con alcune scelte, vale a dire quello del lavoro precario. Tra la nostra popolazione continuiamo ad avere una quota rilevante di lavoratori che svolge lavori precari, lavori stagionali; lavoratori che, come tali, si trovano impossibilitati a costruire e a progettare il proprio futuro. Siamo di fronte - per essere molto chiari - a un quadro di disuguaglianze inaccettabili, a una forbice che si è aperta tra una ridotta minoranza, che ha visto addirittura crescere in questi anni il proprio reddito e la propria ricchezza, e la maggioranza della popolazione che invece ha visto ridursi il suo reddito. Anche gli ultimi dati sull'utilizzo e sulla diminuzione dei depositi bancari vanno a confermare questa tendenza, che non può non essere preoccupante.

Bassa retribuzione - questo è il dato statistico - significa meno 60 per cento sul valore mediano: nel nostro Paese era, per dare un numero, nel 1995, circa il 10 per cento del totale; oggi, siamo oltre il 30 per cento; in una trentina d'anni è triplicata la quota di lavoratori che ha una bassa retribuzione. Questo è il quadro in cui ci muoviamo ed il contesto con cui ci confrontiamo. Noi, insieme agli altri partiti e gruppi dell'opposizione, abbiamo provato a dare alcune risposte. Una di queste è la proposta di legge sul salario minimo, ancora oggi dal commissario UE al lavoro, Nicolas Schmit, riconfermato come uno strumento utile e necessario, così come è stato considerato già da tempo utile e necessario da oltre 15 Paesi dell'Unione europea.

Il salario minimo è - lo vorremmo ribadire quest'oggi, in quest'Aula - una battaglia di civiltà, una battaglia che è in piena coerenza proprio con quell'articolo 36 della Costituzione che ho poc'anzi citato.

Ma arriviamo al merito di questa nostra mozione. C'è un legame stretto e indissolubile tra basse retribuzioni, che si accompagnano spesso a minore sicurezza, e il sistema degli appalti pubblici. Su questo dobbiamo essere molto chiari e non vale neanche il ritornello “ma quando c'eravate voi”. Quella degli appalti è una questione complessa, che va affrontata seriamente e va affrontata - ed è un po' la logica della nostra mozione - all'interno di una dimensione che ormai è crescente e con i rischi che questo comporta.

Quali sono i due elementi su cui crediamo debba essere posta l'attenzione e su cui chiediamo al Governo attenzione? Ovviamente, il massimo ribasso, quindi sostanzialmente uno stress sul fronte dei costi, uno stress economico che porta inevitabilmente ad agire sulla leva delle retribuzioni dei lavoratori e, troppo spesso e in alcuni settori in particolare (penso all'edilizia), ovviamente anche ad avere minore attenzione e, quindi, minori costi e, fondamentalmente, alla fine della filiera, minori ricavi per l'azienda, sul fronte proprio della sicurezza.

Collegato a questo, anche se non necessariamente, c'è il tema dei subappalti a cascata. Più subappalti ci sono e più, evidentemente, anche qui la leva imprenditoriale, per ottenere un margine, punterà ad agire proprio su retribuzioni e oneri per la sicurezza.

D'altronde, che la situazione sia grave lo testimonia, fatto abbastanza inusuale, che la magistratura sia intervenuta, in questi ultimi mesi, con commissariamenti e vigilanza di aziende che erogavano retribuzioni largamente inferiori a quelle previste - passatemi questa espressione - dalla Costituzione: cioè, non garantivano al lavoratore un'adeguata retribuzione.

Quindi, è tempo di intervenire; è tempo di intervenire con proposte puntuali che sono contenute nella nostra mozione. È necessaria una nuova normativa. Occorre innanzitutto - e noi lo diciamo con chiarezza - limitare lo strumento del massimo ribasso.

È ovvio che la pubblica amministrazione quando mette in competizione attraverso gli appalti le varie imprese non può non tener conto dell'elemento economico, ma non può e non deve essere l'unico fattore che alla fine determina l'aggiudicazione dell'appalto. Occorre - e lo scriviamo nella mozione - valorizzare elementi di qualità e soprattutto - e qui mi rivolgo veramente al Governo, perché è un elemento tecnico ma alla fine, a nostro giudizio, è fondamentale - occorre mettere un tetto massimo per il punteggio economico. In altri termini, accanto, ovviamente, all'elemento economico, che è imprescindibile, occorre che negli appalti siano introdotti altri fattori di valutazione che possano, quindi, dare una visione più complessiva e più completa dell'offerta presentata in sede di appalto.

L'altro rischio - e lo diciamo con chiarezza - riguarda l'articolo 50 del nuovo codice degli appalti, che prevede due sole possibilità di affidamento sotto soglia (sotto la soglia comunitaria): l'affidamento diretto e l'affidamento con procedura negoziata senza bando. Si tenga conto che alcuni studi hanno sostanzialmente calcolato la dimensione degli affidamenti sotto soglia sul totale degli appalti pubblici. Ebbene, rientrerebbero alla fine, in questa fattispecie, il 98 per cento del totale degli appalti, cioè sarebbero esclusi sostanzialmente i grandi appalti pubblici. Apro una parentesi: la crisi, e non solo, ha portato a un forte ridimensionamento del numero delle grandi imprese e, quindi, a loro volta questi grandi appalti pubblici vedono presentarsi poche aziende italiane, se non addirittura soltanto una (non faccio il nome, ma è quella ricorrente nei grandi appalti pubblici). Il risultato qual è? Al di là della volontà semplificatoria che, pensando a piccoli importi, può essere condivisa - penso agli affidamenti sotto soglia di piccoli comuni, di realtà di enti locali - il tema non è mettere in discussione la necessità di semplificazione. Però, attenzione: se il risultato finale di quest'operazione è che il 98 per cento degli appalti pubblici ha come solo fattore di valutazione e di verifica per l'assegnazione il prezzo più basso, ritorniamo alla questione che abbiamo poc'anzi evidenziato. Lo ripeto: non può e non dev'essere il massimo ribasso l'unico fattore di valutazione.

Quindi, signor Presidente, noi proponiamo con chiarezza, negli impegni che poi ribadirò prima di concludere, che i subappalti, strumento previsto dalla normativa sia italiana che europea, debbano contenere, però, delle norme chiare, per cui non ci può essere un ribasso sui costi della manodopera e sui costi di sicurezza. Si facciano gli appalti, si facciano anche gli affidamenti, ma è evidente che, nei subappalti in particolare, non si può assistere a una rincorsa nella catena dei subappalti, a una riduzione delle retribuzioni con l'individuazione, spesso e volentieri, di forme contrattuali e di contratti collettivi nazionali che non sono quelli dell'edilizia, per esempio, negli appalti edili. Ci sono cantieri dove, di fatto, il contratto nazionale vigente non è quello degli edili ed è, invece, quello dei multiservizi. Così come la questione della sicurezza non può essere - e, purtroppo, la vicenda di Brandizzo ne è la testimonianza - lasciata anch'essa a una logica di subappalti.

Concludo, quindi, sottolineando ancora, anche a beneficio di chi ci ascolta, quali sono gli impegni che noi chiediamo al Governo con questa mozione, che non casualmente vede come prima firma quella della collega Braga e come seconda firma quella del collega Orlando, già Ministro. Dunque, impegniamo il Governo “ad adottare, per quanto di competenza, le opportune e tempestive iniziative normative volte” - e qui le indichiamo al Governo e mi rivolgo al Sottosegretario Durigon - “prioritariamente a prevedere che: a) per l'affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie europee, le stazioni appaltanti procedano all'aggiudicazione dei relativi appalti esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa;” - e non quella al massimo ribasso - “b) nell'aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture, il criterio del minor prezzo possa essere utilizzato «esclusivamente» per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate” - cioè, se devo fare un appalto per acquistare un prodotto standardizzato, evidentemente lì il fattore economico, quindi del margine che si riservano le imprese, può essere importante – “o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera, introducendo altresì l'obbligo di motivazione in capo alla stazione appaltante in caso di utilizzo del criterio del minor prezzo; c) i costi della manodopera” - come ricordavo poc'anzi - “e della sicurezza siano sempre scorporati dall'importo assoggettato al ribasso; d) a tutela delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano in regime di subappalto e dei lavoratori delle stesse, l'affidatario sia obbligato a dichiarare già al momento dell'offerta quali lavorazioni e servizi intenda appaltare, nonché i relativi valori economici, e a corrispondere al subappaltatore l'intero importo relativo alla lavorazione o servizio, così come aggiudicato dalla stazione appaltante senza alcun ribasso su alcuna componente di prezzo e indicando nel relativo importo economico, ribadendo la priorità sui costi della manodopera e della sicurezza ma impedendo che ulteriori ribassi possano indirettamente incidere proprio sull'organizzazione delle prestazioni o sulla tenuta economica dell'impresa subappaltatrice”.

Detto in altri termini, noi avanziamo proposte concrete, non ideologiche, che potranno e possono incidere sulla dimensione degli appalti, riducendo il rischio che una catena degli appalti e comunque un uso e abuso del massimo ribasso finiscano per alimentare proprio quello che, a parole, tutti, Governo compreso, vogliono combattere, ossia il lavoro povero con conseguente aumento della povertà e raggiungere l'obiettivo che tutte le volte che accade un dramma, con morti sul lavoro, ribadiamo in quest'Aula.

La mozione in esame vuole dare un indirizzo chiaro al Governo in questa direzione e speriamo che il Governo la possa accogliere; e al riguardo siamo disponibili a trovare posizioni convergenti. Per noi è e rimane una battaglia di civiltà che va a favore dei lavoratori per la lotta contro la povertà, il lavoro povero, il lavoro precario e per garantire quello che è garantito in tutti i Paesi civili, ossia il massimo livello possibile di sicurezza sul lavoro.

PRESIDENTE. Prima di passare oltre, salutiamo l'Istituto comprensivo Pontecorvo di Pontecorvo in provincia di Frosinone. Un grazie per essere qui alle ragazze, ai ragazzi e ai docenti (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Francesco Mari, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00211. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Quella degli appalti è una delle questioni, relative al lavoro, al mercato del lavoro, alla sua sicurezza e al suo sfruttamento, che, purtroppo, ci distingue sul livello europeo. Quindi, ben vengano queste mozioni per tentare di spingere l'azione di Governo a rivedere scelte fatte anche di recente e, soprattutto, ad adottare provvedimenti legislativi volti a mettere riparo a questa situazione che, a nostro avviso, è drammatica. Sappiamo che il lavoro nel nostro Paese è in particolare sofferenza dal punto di vista delle retribuzioni e dal punto di vista della sicurezza. Quando questi elementi - basse retribuzioni o, addirittura, molto spesso, lavoro povero e scarsa sicurezza del lavoro - si verificano nel mondo degli appalti pubblici, per lavoratrici e lavoratori che, seppure indirettamente, in realtà, stanno realizzando un'opera pubblica e prestando un servizio affidato dalla parte pubblica (siano essi comuni, province, regioni o addirittura lo Stato centrale), questa cosa assume un carattere non solo di particolare gravità, ma anche di insopportabilità: è insopportabile che avvenga tutto ciò, in presenza di una situazione anomala sul piano europeo.

Quindi siamo o no - chiedo retoricamente - di fronte a un'emergenza? A questo si aggiungono ulteriori elementi, perché abbiamo basse retribuzioni, scarsa sicurezza del lavoro e non abbiamo un eccezionale livello di qualità nei servizi e nell'esecuzione delle opere; inoltre una delle caratteristiche del nostro Paese, purtroppo, è l'infiltrazione delle organizzazioni malavitose. Quindi, nel fare la somma di questi elementi credo emerga tutta la gravità della situazione rispetto agli appalti. Di recente, come si sa, il Governo è intervenuto a una modifica del codice. Segnalo al riguardo un punto di riflessione: le organizzazioni sindacali, per esempio, sono divise su alcune questioni, lo sappiamo. Stiamo facendo una discussione sul salario minimo e sappiamo che non tutte sono d'accordo ma non entriamo per il momento su questo tema. Vorrei segnalare al Governo che, ad esempio, in materia di codice degli appalti e di quella sorta di deregulation che, in realtà, consente il subappalto in maniera indiscriminata, le organizzazioni sindacali hanno espresso, tutte, indistintamente, un giudizio negativo. C'è stata la valutazione da parte dell'ANAC che è stata sostanzialmente negativa rispetto ai subappalti. Ci sono tante organizzazioni e associazioni che nel nostro Paese si occupano dei temi relativi alla criminalità - immagino Libera, ma ne posso citare altre -, e che parimenti hanno detto che quello era un terreno particolarmente scivoloso e che, in modo particolare, si prestava a un'apertura verso quelle infiltrazioni, di cui parlavo prima. Perché? Io comprendo gli argomenti del Governo e della maggioranza, ma gli elementi di rigidità in alcuni sistemi, soprattutto in un Paese, come il nostro, sono positivi alla fine. Detto questo, anche le motivazioni che hanno spinto il Governo e spingono la maggioranza ad andare in questa direzione non sono tutte propriamente corrette. Io credo che, per esempio, rispetto alla velocità nell'esecuzione, anche per l'esperienza che ho come amministratore locale, non è assolutamente scritto da nessuna parte che più si riducono i lacci e i lacciuoli, più si dà il via libera, più si consente anche alle amministrazioni locali di operare con sistemi di aggiudicazione delle gare meno rigorosi e poi evitiamo i ricorsi, evitiamo le lungaggini, acceleriamo effettivamente l'esecuzione dei lavori. Questa cosa non risulta, non è affatto vero.

Per esempio, il tema della riduzione dei contenziosi non è affatto legato alla semplificazione. Molto spesso la semplificazione, dal punto di vista procedurale e burocratico, aumenta addirittura i contenziosi. Quindi, risultano essere falsi temi sia l'obiettivo della velocità nell'esecuzione delle opere, sia quello della riduzione dei contenziosi. Poi abbiamo - questo è certificato - una maggiore esposizione degli amministratori locali che, essendo alla ricerca di procedure più veloci e più flessibili, in realtà, si espongono maggiormente a tutti i rischi di cui parlavo prima.

Allora, credo che la strada da percorrere - ho sentito il collega Fornaro intervenuto prima di me - sia assolutamente quella indicata nelle mozioni delle opposizioni. Abbiamo proprio la necessità di affrontare, anche per questa via, il tema dello sfruttamento del lavoro e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in particolare, nella contingenza di quella che presumibilmente è una gran massa di opere pubbliche che dovrebbe essere avviata ed in parte è stata già avviata anche con il PNRR.

È pur vero che c'è questo elemento preoccupante che riguarda, da un lato, l'innalzamento della soglia e, dall'altro, la possibilità di operare sotto soglia con affidamenti diretti e senza bando che, come diceva il collega prima, è quantificabile all'incirca nel 97-98 per cento degli appalti. Noi ci troviamo in questa situazione: sotto soglia si opera con l'affidamento diretto, sopra la soglia si opera con l'aggiudicazione attraverso l'asta pubblica, la procedura di evidenza pubblica, ma con una forte deregolamentazione dal punto di vista del subappalto. Questo è il quadro in cui ci dovremmo trovare da qui in avanti. I punti di aggressione della materia devono essere proprio questi, dal punto di vista della soglia e delle forme di affidamento diretto, o comunque senza bando, e di quello del subappalto.

Per quanto riguarda il subappalto ci sono varie questioni, alcune delle quali già dette. Ci sono davvero delle anomalie nel nostro sistema: una è quella che riguarda appalti, anche di dimensione significativa, che vengono affidati a imprese che si costituiscono in ATI, in associazioni temporanee di imprese, e risulta veramente anomalo, particolarmente anomalo, il fatto che, pur in presenza di associazioni temporanee costituite da imprese che coprono molte lavorazioni, molti settori di intervento previsti dal capitolato d'appalto, ci sia poi un significativo ricorso al subappalto. Questo è particolarmente strano.

Nella nostra mozione indichiamo una delle strade per aggredire questa problematica. Innanzitutto, va ridotto il ricorso al subappalto: le stazioni appaltanti devono individuare nel capitolato di gara le lavorazioni che possono essere oggetto di subappalto e, in ogni caso, il subappalto non può essere consentito laddove ci troviamo di fronte ad associazioni temporanee di imprese, a meno che non si tratti di lavorazioni particolari, per qualità o alta tecnologia, oppure perché ci troviamo di fronte a imprevisti. Pertanto, se siamo di fronte a lavorazioni molto particolari dal punto di vista della specializzazione delle imprese oppure a lavorazioni che si rendono necessarie nel corso dell'opera per imprevisti, il subappalto potrebbe essere consentito, diversamente, onestamente, no.

C'è poi l'elemento dolente che riguarda l'appalto e, a cascata, il subappalto. Si tratta del ribasso sui costi di manodopera, che in realtà sarebbe vietato. In particolare, l'articolo 41 del codice degli appalti stabilisce che: «(…) I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale». E, come al solito, puntualmente, dentro queste due o tre righe di un comma che viene alla fine dell'articolo, si annida la possibilità di giustificare ribassi e offerte anomale. Di fatto - vorrei che su questo il Governo facesse una verifica - noi ci troviamo di fronte alla stragrande maggioranza, se non la totalità, degli appalti pubblici nei quali in realtà abbiamo una retribuzione, un costo della manodopera che è inferiore a quanto indicato dai capitolati di appalto. Rispetto a questo - al lavoro povero negli appalti pubblici - è davvero indispensabile intervenire, facendo una cosa molto semplice: occorre riprendere la strada del salario minimo. Dico anche perché: perché introdurre negli appalti pubblici un trattamento economico minimo orario di 9 euro lordi darebbe la possibilità, soprattutto negli appalti di servizi, di evitare che gran parte dei lavoratori poveri di questo Paese in realtà lavorino per la pubblica amministrazione. E questo è un punto sul quale noi prestiamo particolare attenzione.

C'è poi il tema della corrispondenza tra trattamento retributivo degli appalti e trattamento retributivo del subappalto. Qui ci sarebbe assolutamente da ripristinare una norma che è stata abrogata, ma che sarebbe uno strumento particolarmente efficace.

Chiudo - continueremo poi questa discussione - evidenziando che tutto ciò costituisce un terreno decisivo per la qualità del lavoro e dello sviluppo del nostro Paese.

PRESIDENTE. Prima di andare oltre, salutiamo gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo “J.F. Kennedy” di Nusco, provincia di Avellino. Grazie di essere qui, ragazze e ragazzi, grazie alle docenti (Applausi). È iscritto a parlare l'onorevole Coppo. Ne ha facoltà.

MARCELLO COPPO (FDI). Grazie, Presidente. Oggi parliamo di una tematica molto interessante e molto importante, ragioniamo di appalti e, nelle mozioni presentate, si individuano due aspetti importanti da valutare su questo argomento: le retribuzioni e la sicurezza sul lavoro. Però, dalla lettura, a mia modesta opinione, di tali mozioni nel primo caso, in tema di retribuzione, vediamo un boomerang, nel secondo caso, invece, penso che non venga proprio colto l'obiettivo. Vado, ovviamente, nello specifico.

Retribuzione, si parlava prima dell'articolo 36 della Costituzione, che obbliga a garantire la giusta retribuzione. Non viene identificata una cifra, ma viene identificato un principio, cioè che il lavoratore possa essere, grazie alla sua retribuzione, libero e possa fare una vita dignitosa, per sé e la sua famiglia. Non venendo identificata una cifra, è ovvio che qualsiasi cifra si metta potrebbe portare all'abbassamento dei salari, e vado più nello specifico a spiegarlo, sperando di spiegarlo in maniera semplice, perché è una tematica tecnica. Attualmente c'è una proposta, che è quella del salario minimo, presentata dalle opposizioni, che prevede la cifra di 9 euro. Questa cifra è, pacificamente, più bassa rispetto a quella che è prevista dalla stragrande maggioranza dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Siccome, non essendo stato attuato l'articolo 39, i contratti collettivi nazionali di lavoro non sono obbligatori erga omnes, ma solo per i firmatari, cosa può succedere? Due casi. Facciamo il caso di Mario, che è dipendente, che percepisce una retribuzione di 10 euro. Viene licenziato, oppure si dimette, e va a lavorare in un'altra azienda che non è associata a nessuna associazione di categoria, o meglio, che non applica il contratto collettivo nazionale di lavoro.

Nel caso in cui venga identificato un limite di legge, quell'azienda che non è associata, che non applica il contratto collettivo nazionale di lavoro e che applica 9 euro al posto di 10 dice: io ti il minimo previsto dalla legge. Magari lo impugna, dicendo che l'articolo 36 della Costituzione dice che questa non è effettivamente la retribuzione minima. Il giudice ha due casi e, cioè, può dire che il salario di 9 euro non è effettivamente conforme all'articolo 36 e dichiarare incostituzionale la norma - può accadere - oppure può identificare una retribuzione che, in base all'articolo 36, sia anche inferiore, magari, ai 10 euro della contrattazione collettiva. Quindi, cosa succede? Se guardiamo com'è l'impalcatura giuridica del sistema giuslavoristico italiano, dobbiamo considerare qualcos'altro, cioè dobbiamo valorizzare la contrattazione collettiva, perché è l'unica che può dare, da una parte, il confronto e, dall'altra parte, anche tutti quegli istituti in più della semplice retribuzione. Un contratto collettivo nazionale prevede, infatti, anche altri istituti, come il welfare, gli enti bilaterali e una maggiore estensione delle ferie e dei permessi, cioè una serie di benefit che il contratto collettivo nazionale può garantire.

Se andiamo a vedere questo schema del salario minimo, è del tutto conforme a qualcosa che è finita nel 1989 o, comunque, nel secolo scorso, addirittura con la caduta del muro di Berlino, cioè una visione per cui esistono un capitale e la massa lavoratrice. In Italia non è così, c'è molta collaborazione tra l'uno e l'altro fattore e si tende, con l'aiuto anche delle classi medie, a creare delle scale sociali. Quello che non viene previsto anche in questo sistema retributivo sono le questioni del merito, della produttività ma anche della partecipazione dei lavoratori alle decisioni all'interno dell'impresa. Perché ciò non viene preso in considerazione? Perché non c'è proprio in quello schema mentale l'idea di dire: ci si può stringere la mano e remare tutti nella stessa direzione. È una mia personale opinione, Presidente, qualcuno sicuramente la penserà diversamente da me.

Andiamo a ragionare, invece, su quello che, magari, potrebbe anche trovarci d'accordo, su alcuni punti che possono essere interessanti. Vogliamo meglio identificare quali siano i contratti collettivi nazionali di lavoro oggi più applicati, per cercare di individuare quale possa essere una giusta retribuzione? Penso si possa anche ragionare su questo, penso sia anche interessante. Vogliamo ragionare anche con maggiore trasparenza sui contratti collettivi nazionali di lavoro applicati? Se andate a vedere oggi una busta paga, non c'è scritto, ad esempio, CCNL plastica e gomma, c'è il livello salariale e dal livello salariale si può identificarlo. Magari un esperto ha la sua banca dati e riesce, da quel minimo salariale, a identificare quale sia il contratto collettivo. Diamo un codice, diamo la possibilità di essere più trasparenti e diamo la possibilità anche alle stazioni appaltanti di identificare qual è il contratto collettivo nazionale di lavoro, perché è così che si va a individuare effettivamente la retribuzione corretta.

Qui mi collego al secondo aspetto delle mozioni presentate, quello della sicurezza sul lavoro. Perché dico che non è stato centrato l'obiettivo? Perché si pensa alla sicurezza sul lavoro solo come a un costo. Non è così, perché sia la retribuzione sia il costo, nella maggior parte dei casi, per i datori di lavoro sono grandi opportunità, non perché li riduce ma perché li aumenta. Infatti, la possibilità di avere dei dipendenti, dei collaboratori che producono e, quindi, creano profitto, non solo per l'azienda ma anche per loro, è sicuramente un valore aggiunto per l'impresa e lo è anche poter lavorare in sicurezza, perché c'è meno rischio anche che l'impresa debba chiudere. Non basta l'assicurazione per tutelarsi, ci sono tante altre cose che l'impresa teme e quando la sicurezza è solo sulla carta, è solo un numero, è solo un costo o, meglio, viene considerata solo come un numero e solo come un costo, allora non c'è la sicurezza. In un altro intervento in Aula feci proprio l'esempio classico: quando si apre un conto corrente, si sa che cosa firma, quante firme si mettono - 15 - e cosa si è firmato. A volte, questa è la valutazione dei rischi: io faccio edilizia, nell'edilizia lo schema della sicurezza sul lavoro è questo, io vado a compilarlo, chiedo al consulente se è giusto che sia così e il consulente mi dice che va bene. Allora, firmo, sono d'accordo, pago la parcella, ho il pezzo di carta e, se mi vengono a fare l'accertamento, ho la valutazione rischi. Invece no, è la formazione che conta e, anche in questo caso, la maggioranza e il Governo hanno voluto che la sicurezza sul lavoro fosse dentro gli insegnamenti a scuola. Purtroppo non ci sono più i ragazzi, altrimenti lo avrei detto loro direttamente, sempre per suo tramite, Presidente.

Quindi, ragionare di sicurezza come costo porta a creare questo corto circuito dei concetti appalto e subappalto come cose negative e, se manca la sicurezza sul lavoro, è colpa dell'appalto o del subappalto. Però, se ragioniamo tutti insieme e riusciamo a identificare i contratti collettivi nazionali da applicare nei singoli appalti, che devono essere mantenuti, anche a livello retributivo, nei subappalti, mantenendo quel livello che sarebbe obbligatorio faccio un subappalto e, per forza di cose, il subappalto deve essere di quel livello. Non è un problema di costi. Stessa cosa per la sicurezza sul lavoro. Siamo completamente d'accordo nel pensare che il costo della retribuzione e della sicurezza sul lavoro siano espunti dal ribasso. D'altronde se è in ribasso la retribuzione vuol dire che non do più quella giusta, se applico un contratto collettivo nazionale di lavoro. Ugualmente, i costi di sicurezza sono obbligatori, quindi non li posso ridurre. Posso pensare che delle scarpe antinfortunistiche costino 50 centesimi in meno nell'uno o nell'altro caso, ma devono comunque avere caratteristiche adeguate. Non sono quelli i costi in meno che ci sono. Ma ci sono dei costi che possono essere ridotti, sono i costi di aziende, magari, specializzate che hanno fatto investimenti grandi sui macchinari, sui beni strumentali che permettono loro effettivamente di avere un risparmio con, addirittura, una retribuzione maggiore dei propri dipendenti, perché più specializzati a utilizzare un determinato bene strumentale. Quindi, non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, bisogna trovare il sistema e il giusto equilibrio. Il giusto equilibrio è focalizzarsi sui problemi: retribuzione come da contratto collettivo nazionale di lavoro e sicurezza sul lavoro. Quelli sono i costi, benissimo, li teniamo. Il resto deve essere dato maggiormente alle parti.

Passando al massimo ribasso e all'offerta economicamente più vantaggiosa, anche noi abbiamo più simpatia per l'offerta economicamente più vantaggiosa rispetto al massimo ribasso. Va bene, però ricordiamoci anche una cosa, cioè che nell'offerta economicamente più vantaggiosa una parte consiste in requisiti estranei al prezzo ma una parte è, comunque, collegata al prezzo. Quindi, andare a identificare gli appalti sotto soglia dando fiducia e responsabilità a chi deve appaltare e perseguendo chi, invece, si comporta male, permette, a volte, di valutare degli aspetti leciti che aiutano. Andate a parlare con qualsiasi comune, con qualsiasi dirigente dei lavori pubblici di un comune piccolo o medio - non conosco quelli grandi però conosco i piccoli e i medi - e vi racconterà che, sì, ha avuto delle cose, che dai numeri l'appalto è quello e che, magari, per un lavoro fatto 3 o 4 anni fa adesso deve fare la manutenzione perché è stato fatto male, per esempio.

Ci sono aspetti che devono essere valutati al fine di perseguire molto meglio il bene pubblico; purtroppo, sono aspetti che a chi riesce a metterli sui numeri, sui bandi io stringerei la mano, gli darei anche il Nobel per l'economia. Sarà sicuramente molto difficile attuarli.

Ragioniamo - concludendo, così non ve la faccio troppo lunga -, però, anche su un altro aspetto. Ci sono diverse tipologie di imprese. E ci sono, tra le diverse tipologie di imprese, anche le cooperative. In molti appalti pubblici ci sono anche le cooperative multiservizio, che svolgono diverse tipologie di lavoro, dal facchinaggio a cose molto più semplici, dove l'incidenza della manodopera è sicuramente più alta rispetto all'incidenza di altri tipi di lavorazioni. Ora, se andiamo a vedere negli statuti delle cooperative, vi è un istituto - lecito - che permette di decidere, a chiunque tra i soci della cooperativa, di farsi fare prelievi dalla retribuzione nel caso in cui la cooperativa ne abbia necessità. Vi dico questo solo perché a ragionare solo in astratto e non nel concreto, quindi a pensare solo al lordo, ai 9 euro lordi, e non al netto, cioè a quello che viene in tasca ai lavoratori, sicuramente non si comprende in toto il problema e quindi c'è il rischio del boomerang e di non centrare l'obiettivo. E dico questo alla nuora perché la suocera intenda (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Tiziana Nisini. Ne ha facoltà.

TIZIANA NISINI (LEGA). Grazie, Presidente. Sottosegretario Durigon, colleghi presenti in Aula, oggi stiamo a dibattere su due mozioni che di fatto parlano di basse retribuzioni, retribuzioni non adeguate e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Tali tematiche - e mi vorrei rivolgere, per il suo tramite, Presidente, al collega Mari - non sono emergenze nate in questo ultimo anno, perché, leggendo le mozioni, sembra che da un anno a questa parte si sia scatenata l'insicurezza sul lavoro e si siano abbassate drasticamente le retribuzioni. Si tratta di tematiche che vanno avanti da decenni; probabilmente, la politica non ha saputo far fronte a queste problematiche o non è mai intervenuta in maniera pragmatica e concreta per risolvere o ridurre queste situazioni. E faccio riferimento a quanto detto dal collega Fornaro, che ha nominato il Commissario europeo che si occupa di lavoro, Nicolas Schmit, che parla proprio del salario minimo e che dice che l'Italia deve applicare il salario minimo legale. Sebbene, lo ricordo, la direttiva (UE) 2022/2041 non imponga alcun salario minimo legale. E, soprattutto, nella condizione in cui è il nostro Paese, con una contrattazione collettiva che supera l'80 per cento, una direttiva che indica la strada del rafforzamento e del miglioramento della contrattazione collettiva arriva stamattina, quando oggi è in discussione la mozione proprio sulle retribuzioni non adeguate. Il Commissario al lavoro dice: l'Italia lo deve applicare. Sempre nello stesso articolo, a lettura di tutti, sul quotidiano La Stampa, sollecitato su questo tema, il Commissario dice, inoltre, che l'Italia è esclusa da quanto dice la direttiva europea. Ma, abbiate pazienza, l'Italia fa parte dell'Unione europea come tutti gli altri Paesi, l'Italia ha una contrattazione collettiva da decenni ormai, che ha visto tanti contratti collettivi depositati al CNEL, tanti contratti che sono applicati, con lavoratori che ne sono abbracciati per circa il 95 per cento e con le sigle sindacali più rappresentative che abbracciano il maggior numero, la quasi totalità dei lavoratori, che sono CGIL, CISL e UIL.

Lo stesso Schmit attacca l'Italia sul reddito di cittadinanza, perché è sbagliato ridurre il reddito di cittadinanza. Noi abbiamo ridotto l'assistenzialismo e abbiamo impiegato quelle risorse a favore degli ex percettori di reddito di cittadinanza, per incentivare e valorizzare la formazione, quella formazione che manca, sia per la scarsità di manodopera - le aziende non trovano lavoratori - sia anche in termini di sicurezza nei luoghi di lavoro, perché un lavoratore formato è un lavoratore consapevole. Mi piacerebbe sentire Landini cosa pensa delle dichiarazioni del Commissario europeo, considerato che i contratti sottoscritti, che abbracciano il maggior numero di lavoratori, sono proprio quelli della sua sigla sindacale.

Landini ha parlato anche di contratti collettivi, sostenendo che 200 sono di qualità e i restanti, perché applicati da sigle sindacali con un minor numero di iscritti ma rappresentative di un settore, li considera tutti pirata. A Landini vorrei ricordare che ha sottoscritto, insieme alle parti datoriali, anche il contratto sulla vigilanza privata, che paga i lavoratori 5 euro l'ora, e nonostante ciò ha attaccato il Governo su una contrattazione che lui stesso ha firmato e ha voluto 10 anni fa e rinnovato quest'anno. Questi sono attacchi strumentali, attacchi che non hanno senso, attacchi che non aumentano le retribuzioni.

Permettetemi inoltre di citare anche Boeri, tra i grandi sostenitori del reddito di cittadinanza; sostenitori che poi non entrano nel merito del tema. Noi, a differenza delle opposizioni, stiamo entrando nel merito su un tema che non va trattato in maniera semplicistica, ma che è molto complesso e riguardo al quale abbiamo chiesto anche un contributo da parte del CNEL, che è depositario dei contratti collettivi nazionali del lavoro, e, quindi, non è un ente terzo, estraneo alla contrattazione. Boeri, ex presidente dell'INPS - una figura che ha in mano tutti i dati dei nostri lavoratori, perché le dichiarazioni dei flussi Uniemens arrivano tutte all'INPS, quindi ha più contezza di altri della situazione dell'occupazione, della contrattazione collettiva e della situazione delle retribuzioni dei nostri lavoratori - dichiara che c'è urgenza di applicare un salario minimo legale perché al CNEL sono depositati quasi 1.000 contratti e che va applicato il salario minimo legale perché dalla contrattazione collettiva sono esclusi milioni di lavoratori. Guardiamo i dati, prendendo a riferimento i dati dell'Istat, che li considera intorno ai 13.000 - sono dati del 2021, perché anche l'Osservatorio INPS non è aggiornato ad oggi -, ma anche i dati dell'INPS, Osservatorio dei lavoratori dipendenti e indipendenti, ed anche i flussi Uniemens. Escludendo i lavoratori agricoli, i lavoratori domestici e i lavoratori pubblici, considerando queste tre banche dati, i lavoratori che non sono oggetto di contrattazione collettiva sono intorno allo 0,3 per cento. Con questo non voglio dire che la contrattazione collettiva nel nostro Paese è perfetta, in particolare se consideriamo quello siglato sulla vigilanza privata che dà una paga di 5 euro, ma i contratti non sono tutti così. È una contrattazione che va migliorata, che va rafforzata. Stiamo lavorando per verificare quello che si può fare in più con i flussi Uniemens, dai quali si possono estrarre tanti dati, che ci consentono oggi di fare delle considerazioni e verificare i contratti pirata come quello che, di fatto, ha sottoscritto anche Landini e trovare soluzioni che non vadano a ledere il lavoro svolto dalle parti sociali, sindacali e datoriali nel corso degli anni. Non è il Ministero del Lavoro che fa gli accordi tra le parti datoriali e sindacali, il Ministero del Lavoro deve vigilare, insieme ad altri organi, affinché tutto avvenga con regolarità. Il tema sono i salari bassi, salari che oggi, per tanti lavoratori, non sono più adeguati allo stile di vita, alla contingenza, a causa dell'inflazione e a causa di altre situazioni che si sono verificate negli ultimi due anni e che non sto qui a elencare.

Poi c'è l'annoso tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. Le vittime sui luoghi di lavoro sono tante, sono troppe, ma non lo sono da un anno a questa parte.

Questo Governo ha a cuore la sicurezza nei luoghi di lavoro ed è intervenuto, proprio quest'anno, con il DL Lavoro, inserendo nuove misure che vadano a ridurre il rischio, incentrando tutto sulla formazione. Una formazione che non dev'essere a catalogo, come è sempre stata, per ripulirsi la coscienza, ma una formazione specifica, ad hoc, con controlli continui, che vada a formare e a rendere consapevoli i lavoratori e i datori di lavoro, insegnando loro, e insegnandolo anche ai nostri ragazzi, perché è stata introdotta anche nelle scuole, che non si deve andare avanti per prassi ma rispettando le regole. È stata inserita la figura del medico competente nelle aziende non solamente quando lo richiedeva la normativa, ma nel documento di valutazione rischi, quando si rende necessaria, con una cartella sanitaria che il lavoratore si può portare dietro da un posto di lavoro a un altro. Inoltre, c'è un'attenzione particolare per i lavoratori e i componenti familiari delle piccole imprese, che devono lavorare in sicurezza, anche in termini di dispositivi di protezione. Così è stato fatto anche per i lavoratori autonomi, mettendo loro in capo delle responsabilità e dando anche un'assicurazione ai ragazzi, agli studenti, al corpo dei docenti, tramite l'INAIL, proprio per la loro sicurezza, andando anche a proteggere l'alternanza scuola-lavoro, che non va tolta a causa di un infortunio. Si parla dei NEET nel nostro Paese e poi bisognerebbe azzerare l'alternanza scuola-lavoro? Se ci sono dei problemi bisogna risolverli, non si può scappare solo perché è molto più semplice.

Sul tema delle basse retribuzioni stiamo lavorando. Anche il documento uscito dal CNEL, che si compone di due parti, una parte di analisi e una parte di proposte e di conclusioni, conferma che il salario minimo legale non è la strada giusta, ma che va fatta una programmazione. Bisogna lavorare affinché con più misure si aumenti il livello delle retribuzioni e si rendano le aziende in grado di mantenere un livello più alto e lavorare sul welfare aziendale e su tante altre misure indirette, che aumentano in modo reale i salari degli studenti. Noi su questo stiamo lavorando e riteniamo che tante premesse, inserite anche in queste mozioni, siano un po' pretestuose.

Questo Governo sa da che parte stare, questo Governo sta dalla parte dei lavoratori, questo Governo sta dalla parte delle imprese e sta lavorando con i tempi necessari per trovare delle misure equilibrate. Sarebbe stato molto più semplice, per noi, arrivare con una misura concreta e bella da sbandierare in TV e sui giornali dopo una settimana o dopo un mese. No, questo problema che non si risolve da decenni non si può risolvere in pochi mesi e noi convintamente ci stiamo prendendo il tempo necessario per dare delle risposte concrete ai lavoratori, dando sicurezza nei luoghi di lavoro. Abbiamo già cominciato con il DL lavoro, ma non sono misure che risolvono il problema, è la strada che stiamo percorrendo. Così come, per le retribuzioni, c'è stato l'abbattimento del cuneo fiscale per i redditi più bassi. L'abbiamo fatto per tutto il 2024. È vero, non è una misura strutturale ma l'impegno del Governo è di renderla tale, così come tante altre misure, proprio per risolvere i problemi che sono inseriti in queste due mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Prima di andare oltre, salutiamo le ragazze, i ragazzi e i docenti del liceo classico e scientifico Francesco De Sanctis, di Salerno. Grazie di essere qui (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Enrico Cappelletti. Ne ha facoltà.

ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Grazie, Presidente. Gentili colleghi, rappresentante del Governo, io farei una breve premessa, anche perché sono stato sollecitato dagli interventi che si sono succeduti prima di me. È stato detto, ad esempio, che il salario minimo è retaggio di un passato remoto e non è adatto dato al nostro Paese, dove oggi si è raggiunto un maturo equilibrio tra lavoratore e datore di lavoro. Quindi, onorevole Coppo, secondo lei, nei 22 Stati dell'Unione europea in cui è già in vigore e salario minimo non ci sarebbe alcun equilibrio tra lavoratore e datore di lavoro? Sono 22 Paesi su 27! Poi, considerata l'appartenenza dell'onorevole al gruppo Fratelli d'Italia, perché Fratelli d'Italia ha inteso occuparsi del salario minimo? Con tanti parlamentari che ci sono, il front man è proprio l'unico dei suoi parlamentari che ha firmato la proposta di legge che ne impone l'inserimento, cioè l'onorevole Rizzetto, presidente di Commissione.

Ho ascoltato anche l'intervento della Lega. Perché un partito di maggioranza come la Lega, che viene qui a giustificare una posizione politica legittima, ha inserito al primo posto del capitolo lavoro del suo programma elettorale proprio l'introduzione del salario minimo nel nostro Paese? Cioè, si va dagli elettori e si dice: signori, questo è il nostro programma, dateci il voto. Poi, si viene in Aula e, siccome Brunetta è di parere opposto, si cambia idea. Qui viene un'altra domanda: perché maggioranza e Governo si nascondono dietro a Brunetta? Da che cosa stanno scappando?

Sono molte le domande, Presidente, che rimangono senza risposta, ma io credo che sia più opportuno, in questo momento, entrare nel merito della mozione, che tocca evidentemente un tema fondamentale, ossia quello del lavoro.

Il tema degli appalti e dei subappalti coinvolge inesorabilmente i lavoratori ma anche i loro salari e la loro sicurezza. È, quindi, fondamentale predisporre un impianto normativo che sia in grado di tutelare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, tanto sul piano formale, quanto soprattutto su quello sostanziale. La storia, i fatti di cronaca e i dati ci dicono che al lavoro precario e al lavoro non adeguatamente pagato corrispondono situazioni di insicurezza lavorativa che spesso sfociano in infortuni e morti sul lavoro. Gli infortuni sul lavoro sono una piaga del nostro Paese. I dati sugli infortuni pubblicati dall'INAIL dicono che sono 559 le vittime a luglio 2023, quindi con una media, nel nostro Paese, di 80 decessi al mese. Al di là dei numeri, che restano sempre alti e che citiamo esclusivamente per dare un'idea delle dimensioni del fenomeno, sappiamo anche che questa rappresentazione è del tutto parziale, avendo l'Italia un mercato sommerso che coinvolge quasi 3 milioni di lavoratori. In Italia, il costo globale degli infortuni e delle malattie professionali ha raggiunto la cifra astronomica di 45 miliardi di euro, cioè il 3,5 per cento del prodotto interno lordo.

Il tema è stato affrontato con un report, nel 2019, dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha condotto uno studio di ricerca sull'impatto economico di una gestione non adeguata della sicurezza negli ambienti di lavoro. Vorremmo citarlo proprio per la sua rilevanza: The value of occupational safety and health and the societal costs of work-related injuries and diseases. Partiamo da questi dati per spiegare quanto sia impellente l'individuazione di una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto degli infortuni sul lavoro che coinvolga anche il sistema degli appalti. Affidare degli appalti in ragione del minor costo è qualcosa di inaccettabile, perché quel che si taglia è la qualità del lavoro e della sicurezza. La mozione Braga è certamente condivisibile in molti aspetti, ma guarda al fenomeno in modo ancora parziale. Per tutelare il lavoro, lo si deve ripensare in modo completo, ragionando anche su una serie di altri aspetti, quali l'introduzione del salario minimo legale, che è una battaglia condivisa dall'opposizione, ma anche il contrasto delle cooperative spurie. Nel 2021, il personale ispettivo ha effettuato controlli nei confronti di 1.320 cooperative: sono stati accertati illeciti nei confronti di 835 aziende, quindi un tasso di irregolarità addirittura pari al 69 per cento. Ancora, sono necessarie l'introduzione di una procura nazionale contro gli infortuni e una seria riforma del lavoro da remoto.

In conclusione, Presidente, condividiamo la necessità di riportare la questione della qualità del lavoro al centro del dibattito parlamentare, nell'auspicio, però, che possa essere da stimolo per ulteriori e necessari interventi per un lavoro più sicuro e dignitoso anche nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Chiedo al Sottosegretario Durigon se intende intervenire a nome del Governo o se si riservi di farlo successivamente.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Mi riservo.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (A.C. 1437-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1437-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1437-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la VI Commissione (Finanze), onorevole Guerino Testa.

GUERINO TESTA, Relatore per la VI Commissione. Grazie, Presidente. Buongiorno a lei, buongiorno al Sottosegretario Durigon presente, ai colleghi e un ringraziamento particolare al mio collega, Andrea Barabotti della Lega, per un lavoro che abbiamo portato avanti con grande dedizione in queste settimane, ovviamente, con le due Commissioni competenti, la VI, che è la Commissione finanze, e la X, ossia la Commissione attività produttive.

Oggi, iniziamo in Aula un lavoro già intrapreso nelle settimane scorse, come dicevo, in entrambe le Commissioni, dove abbiamo snocciolato, siamo andati a fondo su un decreto molto importante, urgente, molto attuale, che è stato oggetto di verifica puntuale da parte di tutti i membri delle due Commissioni. Sono state portate avanti, ovviamente e doverosamente, diverse audizioni e voglio ringraziare tutti i componenti della Commissione finanze per l'atteggiamento tenuto, in primis, perché poi alcuni emendamenti sono stati oggetto di riformulazioni del testo, anche se queste riformulazioni hanno più interessato la parte di competenza della Commissione attività produttive.

Prima di entrare nel merito, voglio ricordare come questo ulteriore provvedimento legislativo sia sicuramente di buonsenso, perfettamente in linea con quanto detto e affermato durante la campagna elettorale, più di un anno fa, in quanto si è cercato, ancora una volta, di sostenere, in maniera seria, concreta e puntuale, il potere di acquisto delle famiglie e anche delle aziende in merito a una problematica importante, quella dei costi dell'energia.

Non si tratta del primo provvedimento che quest'Aula discute e approva - speriamo che venga approvato nella giornata di domani -, perché voglio ricordare le tante quantificazioni finanziarie durante la legge di bilancio, prima ancora con un decreto ad hoc, poi, con il decreto Aiuti. Tante sono state le risorse finanziarie che questo Governo ha indirizzato verso un blocco importante come quello delle famiglie, per le famiglie più bisognose, le famiglie che hanno figli a carico anche e soprattutto con persone diversamente abili.

Entrando nel merito del decreto, ovviamente, io mi soffermerò sugli articoli 1 (commi 5, 6 e 7), 4 (relativamente al comma 1), 5, 7 e 7-bis e 8, che sono quelli strettamente di competenza della Commissione finanze.

In primis, l'articolo 1, ai commi 5, 6 e 7, disciplina un argomento molto importante, ossia quello della riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento per le somministrazioni di gas metano con riferimento al quarto trimestre 2023. In particolare, il comma 5 proroga anche la riduzione dell'aliquota al 5 per cento, in deroga alle aliquote del 10 e del 22 per cento, previste dalla normativa vigente, per quanto concerne le somministrazioni di gas metano che sono state usate per la combustione di usi civili e industriali e che sono state contabilizzate nelle fatture emesse relativamente ai consumi stimati o effettivi nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023. Il comma 6 prevede, anche qui, una riduzione al 5 per cento dell'aliquota IVA anche per le forniture di servizi di teleriscaldamento, nonché per le somministrazioni di energia termica che siano state prodotte con gas metano in esecuzione di un contratto di servizio energia. Gli oneri che derivano da questo comma sono valutati in circa 41,46 milioni di euro solo ed esclusivamente in riferimento all'anno 2023.

L'articolo 4, invece, riguarda l'istituto del ravvedimento operoso. Infatti, viene concessa la facoltà di avvalersi del ravvedimento operoso a tutti quei contribuenti che, dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023, hanno commesso una o più violazioni in materia di certificazione dei corrispettivi, anche se le predette violazioni siano state già constatate non oltre la data del 31 ottobre corrente anno, a condizione, però, e questo è importante, che non siano state già oggetto di contestazione alla data del perfezionamento del ravvedimento e che tale perfezionamento avvenga entro la data del 15 dicembre 2023.

L'articolo 5, sempre di competenza della Commissione finanze, riguarda il tema delle assicurazioni. Infatti, all'articolo 5 viene consentito alle imprese di assicurazione che non utilizzino i princìpi contabili internazionali, nel caso in cui acquisiscano un compendio aziendale da parte di un'altra impresa di assicurazione in liquidazione coatta amministrativa di rilevare inizialmente in bilancio tutti gli attivi finanziari riferiti alle gestioni separate in base al valore di carico, anziché al prezzo di cessione. Questo è un passaggio molto tecnico e, quindi, deve essere declinato in maniera perfetta. Conseguentemente, tale rilevazione contabile rileva anche ai fini dell'Ires e dell'IRAP.

L'articolo 7, invece, per quanto riguarda il comma 1, estende il proprio focus al personale. Cosa vuol dire? Che l'articolo 7, al comma 1, estende la facoltà concessa al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato di potersi avvalere di personale in posizione di comando per lo svolgimento di tutte le attività di analisi e valutazione della spesa che vengono assegnate al Dipartimento. Invece, il comma 2 esclude l'applicazione sia a SIMEST Spa che a SACE Spa dei vincoli e degli obblighi in materia di contenimento della spesa pubblica che sono previsti dalla normativa vigente nei confronti dei soggetti inclusi dall'Istat nel conto economico delle pubbliche amministrazioni.

Sempre l'articolo 7, però, ai commi che vanno dal 3 al 5, basa la propria attenzione sul PNRR e sul PNC. Infatti, vengono previste procedure per consentire a determinati interventi finanziati nell'ambito del PNRR e del PNC di essere riammessi a beneficiare delle risorse del Fondo per l'avvio delle opere indifferibili, costituito per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi di materiale da costruzione. In particolare, si assicura agli interventi a titolarità del Ministero della Salute e del Ministero dell'Istruzione e del merito, che hanno aderito ad accordi quadro Invitalia, una quota aggiuntiva del citato fondo pari al 10 per cento del contributo assegnato per ciascun intervento. All'attuazione di quanto previsto, si provvede nel limite delle risorse a valere sul Fondo per l'avvio delle opere indifferibili.

Mi avvio alla conclusione, perché l'articolo 7-bis è stato in qualche maniera emendato, infatti, viene previsto che il Ministro dell'Economia e delle finanze sia autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Questo è un emendamento che è arrivato dalla Commissione bilancio.

Infine, l'articolo 8 disciplina l'entrata in vigore del decreto.

Caro Presidente, non mi dilungo ulteriormente. Spero, per sommi capi, di aver raccontato un po' i punti salienti degli articoli di questo decreto, che qualche volta viene citato non in maniera puntuale. Voglio ricordare all'Aula che questo decreto riguarda misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere d'acquisto e la tutela del risparmio. Quindi, io ritengo, da correlatore, che sicuramente questo decreto non rappresenta la panacea di tutti i mali ma, ancora una volta, si è cercato di intervenire con perizia, con un occhio clinico su un tema che affligge gli italiani, e non solo, in questo periodo molto caldo, ossia su come tutelare il potere d'acquisto delle famiglie. Sicuramente si poteva fare di più, sicuramente ci sarà un'attenzione diversa da parte delle opposizioni che criticheranno una parte o l'intero impianto di questo decreto, però noi riteniamo che questo decreto, in aggiunta a quello che è già stato fatto nel primo anno di attività, vada nella giusta direzione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione Attività produttive, onorevole Andrea Barabotti.

ANDREA BARABOTTI, Relatore per la X Commissione. Grazie, Presidente. Mi lasci, iniziando questo intervento di relazione al Parlamento, ringraziare il collega, onorevole Testa, come relatore per la VI Commissione di questa Camera. Mi lasci ringraziare tutti i colleghi e tutte le colleghe che hanno lavorato a questo testo, che esce dai lavori di Commissione assolutamente migliorato, sia i colleghi di maggioranza sia i colleghi di opposizione, che hanno visto i loro interventi emendativi accolti in sede di Commissione. Voglio associarmi, in tutto e per tutto, a quello che il collega Testa ha già detto nei confronti dell'azione che il Governo ha posto in essere per dare sollievo alle famiglie e sostenere il nostro sistema produttivo a fronte dei gravosi aumenti di costo derivanti dalle bollette di energia e gas. Quindi, non sto a dilungarmi oltre - ci sarà modo di approfondire, nel corso di questa discussione -, ma faccio mie le parole del collega Testa. Nella relazione che segue andrò a integrare, per quanto di competenza della X Commissione, la relazione alla Camera dei deputati, soffermandomi, in particolare, sui seguenti articoli: 1, dai commi 1 a 4; 1-bis, introdotto ex novo; 2; 3; 6; 8; e 9.

L'articolo 1, comma 1, prevede che l'ARERA provveda ad aggiornare i valori delle compensazioni applicabili nel quarto trimestre 2023, i cosiddetti bonus sociali, in modo che per ciascuna tipologia di cliente disagiato i livelli obiettivo di riduzione della spesa attesa siano quelli previsti, per l'energia elettrica dal DM 29 dicembre 2016, e per il gas dall'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 185 del 2008.

Il seguente comma 2 differisce al 31 maggio 2024 il termine per la predisposizione da parte dell'ARERA della relazione di rendicontazione dell'utilizzo delle risorse destinate al contenimento dei prezzi nei settori elettrico e del gas naturale relativo all'anno 2023.

Il comma 3 dell'articolo 1 prevede, anche per il quarto trimestre 2023, l'annullamento delle aliquote delle componenti tariffarie relative agli oneri generali per il settore del gas.

Il comma 4 dispone che per i relativi oneri, pari a 300 milioni, si provvede a valere sulle risorse già disponibili presso la CSEA.

Il comma 8 del medesimo articolo stanzia 300 milioni di euro per l'istituzione di un contributo straordinario per il quarto trimestre 2023 per i clienti domestici titolari di bonus sociale elettrico, che cresce con il numero di componenti del nucleo familiare secondo le tipologie già previste per il bonus sociale. Detta misura è disposta in luogo del contributo straordinario previsto dall'articolo 3 del DL n. 34 del 2023 a favore dei clienti domestici diversi da quelli titolari di bonus sociale con riferimento ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023 qualora la media dei prezzi giornalieri del gas naturale sul mercato all'ingrosso superi la soglia di 45 euro per megawattora. Il comma 9 prevede che a copertura del relativo onere si provvede in parte a valere sulle risorse derivanti dalla soppressione del suddetto contributo straordinario e in parte a valere sulle risorse disponibili nel bilancio della CSEA.

L'articolo 1-bis è introdotto ex novo in sede referente e integra la disciplina inerente il monitoraggio delle configurazioni di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, consentendo ai comuni, per le finalità di pianificazione energetica a livello locale, di richiedere ad Acquirente Unico Spa la prestazione di servizi informativi sulla base del sistema informativo integrato gestito dallo stesso Acquirente Unico.

L'articolo 2, comma 1, destina ulteriori 100 milioni di euro a favore dei titolari della social card, di cui all'articolo 1, commi 450 e 451-bis, della legge n. 197 del 2022, così da consentirne, tramite questa social card, l'utilizzo per l'acquisto di carburante o, in alternativa, di abbonamenti per i mezzi di trasporto.

Il comma 2 rinvia a un decreto del Ministro delle Imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro dell'Agricoltura, l'adozione delle relative disposizioni attuative.

Il comma 3 dispone che ai conseguenti oneri si provveda mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle risorse della contabilità speciale di cui all'articolo 7-quinquies, comma 7, del decreto-legge n. 5 del 2009.

Il comma 4 dispone per il 2023 l'incremento di 12 milioni di euro del cosiddetto Fondo bonus trasporti.

Il successivo comma 5 prevede l'incremento di 7,4 milioni di euro del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio per l'accesso alla formazione superiore.

Il comma 6, infine, prevede che agli oneri conseguenti all'incremento degli anzidetti Fondi si provvede a valere sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

L'articolo 3 adegua la disciplina delle agevolazioni tariffarie a favore delle imprese a forte consumo di energia elettrica - cosiddette energivore - alla comunicazione della Commissione europea 2022/C 80/01, che detta la disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, dell'ambiente e dell'energia per il 2022. I commi 1 e 2 individuano i soggetti che possono accedere a tali agevolazioni, ossia le imprese con un consumo annuo di energia elettrica non inferiore a un gigawatt che operino in settori o ad alto rischio di rilocalizzazione individuati dalla citata comunicazione o, comunque, considerabili tali in base ai parametri di intensità energetica e intensità di scambi commerciali utilizzati a tal fine dalla stessa Commissione europea. In questa fase di transizione tra il vecchio e il nuovo regime è prevista una disciplina con il riconoscimento di agevolazioni tariffarie decrescenti nel tempo a favore delle imprese che sono state già beneficiarie delle agevolazioni riconosciute dal previgente regime di aiuti, benché operanti in altri settori.

Il comma 3 precisa che sono escluse dall'agevolazione le imprese in stato di difficoltà, coerentemente con quanto stabilito dalla disciplina europea in materia.

I commi da 4 a 7 dell'articolo 3 stabiliscono la misura delle agevolazioni riconosciute alle imprese energivore in forma di esenzione parziale dal pagamento della componente degli oneri generali afferenti al sistema elettrico, destinata al sostegno delle fonti rinnovabili, introducendo una premialità - questo è un fatto nuovo - per le imprese che coprono almeno il 50 per cento del proprio consumo di energia elettrica con l'energia prodotta da fonti che non emettono carbonio.

Il comma 8 stabilisce che le imprese beneficiarie debbano eseguire una diagnosi energetica e adottare ulteriori misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

Il comma 9 attribuisce all'ENEA il compito di effettuare pertinenti controlli in collaborazione con il GSE e l'ISPRA.

I commi 10 e 11 rinviano a successivi provvedimenti dell'ARERA e del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica l'adozione di disposizioni attuative.

Il comma 12, come modificato in sede referente, affida al CSEA il compito di trasmettere al Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, all'ARERA e alle Camere una relazione sull'andamento del regime di agevolazioni e di provvedere agli adempimenti relativi al Registro nazionale degli aiuti di Stato.

Il comma 13 prevede l'individuazione, da parte del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, di un esperto indipendente per la valutazione ex post della misura.

Il comma 14 prevede che l'efficacia di dette disposizioni sia subordinata alla preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea.

Infine, il comma 15 incrementa la pianta organica del CSEA di cinque unità, di cui una appartenente alla carriera dirigenziale.

L'articolo 6 - e vado a concludere, Presidente - reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 56, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 270 del 1999, sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, in modo da comprendere espressamente, tra le operazioni che non comportano l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile, che dispone la prosecuzione con il cessionario dei relativi rapporti di lavoro in essere, in caso di trasferimento d'azienda, le cessioni effettuate in esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali o del programma di cessione dei complessi di beni e contratti, qualora si siano svolte sulla base di decisioni della Commissione europea che escludono la continuità economica fra cedente e cessionario.

PRESIDENTE. Chiedo al Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, senatore Durigon, se intenda intervenire.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. No, signor Presidente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gnassi.

ANDREA GNASSI (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi discutiamo del decreto-legge n. 131, recante Misure urgenti in materia di energia e interventi per sostenere il potere di acquisto e tutela del risparmio. Ebbene, considerato gli anni che stiamo vivendo, che ha vissuto il Paese, la crisi economica ed energetica che l'Italia e l'Europa nel contesto internazionale hanno attraversato, questo decreto-legge si è proposto, in definitiva, è - o meglio poi lo vedremo dopo -, era molto ambizioso nel titolo. Misure urgenti in materia di energia e interventi per sostenere il potere di acquisto a tutela del risparmio. Diamo una mano agli italiani, vuol dire questo decreto; diamo una mano sulle misure sull'energia, diamo un sostegno alle famiglie, alle persone in difficoltà sul potere d'acquisto in tema di energia e non solo.

Ecco, vede Presidente, non credo che ci sia da gioire dal punto di vista dell'opposizione a questo Governo nel sottolineare che un conto sono i titoli di questo decreto, gli annunci e persino gli intenti e un altro conto - del tutto diverso - è il merito, la sostanza, l'efficacia del provvedimento. Non c'è da gioire a dire che questo è un provvedimento, tutto sommato, modesto. Purtroppo, per gli italiani il caro bollette, i prezzi che aumentano con l'inflazione e i salari che diminuiscono in rapporto a questa, in relazione a tutto ciò il provvedimento di cui discutiamo è assai modesto, è una sorta di scatola vuota che si annuncia anche attraente nella forma - si direbbe nel packaging - per come si presenta, ma è vuota per ciò che contiene di fronte ai problemi e alle necessità di questo Paese.

Guardate, non è che in questo gioco di opposizione e di maggioranza c'è qualcuno che ha la bacchetta magica, ma entrando immediatamente nel merito di questo decreto, intanto, una prima osservazione. Arriviamo lunghi, arriviamo tardi. Il decreto-legge è vigente dal 30 settembre, viene convertito in legge in questi giorni, e scade tra due settimane. Poi arriva la legge di bilancio e ci si chiede, allora, se questo decreto scade tra due settimane, cosa prevedrà la legge di bilancio per dare una mano a persone, a famiglie, a nuclei familiari economicamente svantaggiati per i pagamenti di fornitura di energia elettrica e gas per le bollette? Cosa prevedrà la legge di bilancio dato che questo decreto su energia e potere d'acquisto scadrà tra poco? Cosa succederà, ad esempio, per i clienti domestici in gravi condizioni di salute per la fornitura di energia elettrica? Insomma, cosa succederà per il bonus sociale per l'acquisto di energia e gas? Rispetto agli annunci roboanti - daremo una mano agli italiani sulle bollette -, succederà che questo decreto in cui si prevedeva solo 300 milioni a favore dei nuclei economicamente svantaggiati scadrà tra poco, arriverà la legge di bilancio, che ne prevede 200, di milioni, ossia 100 in meno. È un punto di vista dell'opposizione che attacca il Governo? Ma direi proprio di no. Sono tagli a chi ha bisogno, rispetto agli annunci che si erano fatti. Sono, appunto, fatti.

E ancora nel merito. A parte gli interventi previsti che, come appena detto sul bonus sociale per chi ha bisogno, sono decurtati con l'arrivo della legge di bilancio, il problema è che sull'energia, sul sostegno a famiglie con ISEE basso, “clienti con disagio economico”, tra virgolette, come si scrive nel decreto, in definitiva, è che dopo un anno di Governo non è dato sapere qual è l'orientamento e la strategia di medio-lungo periodo per dare una mano in modo strutturale a chi ha bisogno. Non è dato sapere qual è la politica energetica e anti inflazionistica, ad esempio, per il Paese e non è dato sapere qual è chiara la strategia del Governo che ha la responsabilità di indicarla.

Non sono sottolineature pretestuose, ma sono valutazioni che traggono la loro ragione dall'evidenza di quanto si è proposto. Vero che nel decreto-legge ci sono interventi anche utili, in continuità con gli anni precedenti, interventi avviati dal Governo Draghi, ma è una continuità di questi interventi in totale diminuzione. Non risulta a nessuno di noi che gli italiani stiano meglio, che le persone con problemi economici quei problemi li abbiano superati. C'è una continuità dei provvedimenti del Governo precedente Draghi in totale diminuzione. Ci potrebbe anche stare in linea di principio: si interviene quando c'è bisogno; si comincia a diminuire quel sostegno al bisogno perché, nel frattempo, si elevano politiche energetiche, si comincia ad avviare il Paese verso la produzione di energia da fonti rinnovabili: in altre parole, si ha un'idea strategica in campo energetico del Paese. Se si vedesse da parte del Governo una politica energetica e una vera strategia che producesse interventi strutturali a favore delle famiglie in campo energetico, potrebbe essere persino plausibile l'idea che, essendoci la coperta corta, vi è una sorta di diminuzione, perché cresce, invece, la produzione energetica.

Allora, guardando il merito, il capo 1, agli articoli 1 e 3, si limita, di fatto, a prorogare fino a fine anno alcuni interventi già avviati che avevano permesso di ridurre sensibilmente l'impatto del caro prezzi sui redditi. E poi? Finito l'anno, cioè trascorso questo mese, cosa succede? Si dice arriva la legge di bilancio. Bene, però la legge di bilancio taglia rispetto persino alle previsioni del decreto in campo energetico e di sostegno al potere d'acquisto. Nessuno nega che misure come la riduzione per il quarto trimestre delle bollette dell'energia elettrica e del gas a favore dei nuclei familiari più disagiati possano essere utili nell'immediato. Sono utili ma, come detto, il problema è che questo Paese non sa cosa succederà tra un mese.

Manca completamente una strategia di medio-lungo periodo di politica energetica e antinflazionistica. Che ne è dell'energy release, volto a consentire alle imprese gasivore l'accesso a forniture di gas a prezzi contenuti per 10 anni? Gli altri Paesi - la Francia, la Germania - si stanno attrezzando su questo fronte. In una dimensione competitiva internazionale, gli altri Paesi stanno strutturando il sostegno al sistema produttivo in modo strategico.

Che ne è del price cap al prezzo del gas? Se non c'è una risposta a queste domande, è evidente che i provvedimenti che facciamo sono per passare la nottata oppure per arrivare a fine mese. Tra 2 settimane scadrà il decreto, poi ci sarà la legge di bilancio e non si saprà più niente di questi punti. Niente sterilizzazione degli oneri di sistema dell'elettrico, nessuna misura strutturale in questo campo. Come è stato detto, non c'è un'ipotesi di politica energetica, e alleviare i costi sostenuti da famiglie e imprese con meno risorse nel bilancio e senza una strategia alla lunga non sarà sostenibile, perché si crea una crisi sociale, perché le imprese non sapranno come rifornirsi di quell'energia che permetta loro non solo di produrre, ma di stare nella sfida competitiva internazionale.

Una considerazione analoga pensiamo si possa fare per l'articolo 2, che destina ulteriori 100 milioni di euro a favore dei titolari della social card per l'acquisto di carburante o, in alternativa, di abbonamenti per i mezzi di trasporto. Guardate che ciò - e lo sanno bene i comuni, gli enti locali, amministrati peraltro da tutte le forze politiche - è ben poca cosa rispetto al mancato rinnovo già per l'anno in corso dell'agevolazione sulle accise dei carburanti, che nel 2022 aveva contribuito molto al contenimento dei costi su famiglie e imprese.

Qualcuno può ritenere sufficiente anche la dotazione di 12 milioni di euro per il bonus trasporti? 12 milioni di euro per il bonus trasporti! Non è un caso che questa misura sia andata esaurita in pochissime ore dopo l'entrata in vigore del provvedimento. Forse questo dovrebbe far riflettere; forse, in una dialettica tra opposizione e maggioranza, qualche proposta o qualche emendamento potevano e dovevano essere accolti. E che dire poi di quella misura di 7,4 milioni di euro per il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio per l'accesso alla formazione superiore? Questo è un Paese che investe sulle proprie generazioni, che dovrebbero essere la linfa, la forza del futuro, con un aiuto di 7,4 milioni di euro per il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio?

A proposito di contrasto al carovita - e qui c'è un punto politico, Presidente - vorrei sottolineare come le proposte e gli emendamenti dell'opposizione, del Partito Democratico, siano stati tutti respinti. In particolare, ad esempio, quello volto a prorogare la fine del regime di maggiore tutela dell'energia elettrica e del gas. Se l'opposizione si pone in maniera laica di fronte ai problemi e non in contrasto pregiudizievole verso il Governo, è più solido e autorevole un Governo che invece scivola via, non ascolta, non accoglie proposte che possono dare una mano, proposte razionali, lucide? Vi è una bocciatura pregiudiziale da parte del Governo che noi riteniamo immotivata e che tra pochi mesi rischia seriamente di farci entrare anche in un caos sociale e danneggiare pesantemente i consumatori. In qualche modo questa chiusura, questa bocciatura pregiudiziale, questa decretazione d'urgenza, questo non accogliere niente, da un lato, dà l'idea di un Governo che si comporta quasi come se fosse all'opposizione, che deve in qualche modo attaccare e precludere nei confronti di chi propone, e questo può essere un approccio, una postura legittima; dall'altro lato, però, lascia il Paese senza una prospettiva tra qualche settimana, a proposito di potere d'acquisto, a proposito di bollette, di inflazione e di energia.

Il Governo in qualche modo mostra un'inadempienza su molti passaggi necessari da questo punto di vista, a partire, ad esempio, dalla mancata campagna di comunicazione. Il pericolo concreto è che si giunga a un consistente aumento dei prezzi per 10 milioni di utenti rispetto anche alla bocciatura delle proposte che avevamo fatto sui temi di cui abbiamo appena parlato.

Da questo punto di vista, la nostra proposta per gli italiani è quindi che sia necessario un rinvio della scadenza per mettere a punto una vera e propria riforma del mercato dell'energia, con una reale difesa dei consumatori. È grave, è molto grave che il Governo poi voglia procedere senza ascoltare le richieste avanzate anche dagli stessi gruppi di maggioranza. Siamo andati in Commissione e non c'era solo il PD a proporre emendamenti, come dicevo prima, volti a prorogare la fine del regime di maggiore tutela dell'energia elettrica e del gas, volti a fare una campagna di comunicazione, e via dicendo. Ha bocciato anche provvedimenti della stessa maggioranza; gruppi e partiti di maggioranza che magari governano nei territori, nelle regioni, nei comuni, e che sanno cosa vuol dire, sanno cosa succederà, ad esempio, nel Paese reale.

A proposto di gravità, sottolineiamo che in questo decreto si inserisce uno dei punti che definiscono l'identità della cultura di Governo e della politica della maggioranza, ossia l'ennesimo condono. All'articolo 4 si prevede una sanatoria per il sistema del commercio, cioè per coloro che non hanno emesso scontrini, consentendo la facoltà di avvalersi del ravvedimento operoso anche se le violazioni sono state già contestate. Ma alle aziende, alle imprese, al sistema del commercio, ai commercianti che seguono le regole diciamo che quindi è meglio non farli?

Decisamente delicato poi è l'articolo 6, con cui il Governo ha inteso bloccare il contenzioso dei lavoratori già di Alitalia, esclusi dalla nuova compagnia ITA Airways, mediante una norma di interpretazione autentica dell'articolo 56, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 270 del 1999, che in maniera retroattiva modifica le norme sulla cessione del ramo di azienda per evitare l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile, laddove prevede il trasferimento dei lavoratori in caso di cessione di ramo di azienda, agli ex dipendenti di Alitalia che hanno avviato un contenzioso legale per farsi assumere.

Si tratta di una questione non da poco, centrale, che meriterebbe una soluzione idonea a tutelare le varie esigenze in campo, per garantire la conclusione della cessione di ITA a Lufthansa. Non è che stiamo parlando di un asset non strategico del Paese. Ciò consentirebbe, al tempo stesso, di evitare di restringere i diritti dei lavoratori in maniera retroattiva, come invece qui, in qualche modo, si impone. Ma trovare soluzioni idonee alle questioni nodali per il Paese e per gli italiani, piuttosto che misure di breve periodo, non è forse esattamente il compito del Governo?

Dopo un anno pensiamo che non sia solo lecito ma anche doveroso chiedersi se questo sia avvenuto. È avvenuto che sui nodi strutturali, sugli asset strategici del Paese, sugli interventi che danno prospettiva - come in questo caso, il sostegno al potere d'acquisto delle famiglie nel campo energetico - le politiche siano così evidenti, così chiare, così strutturate? È da un anno che assistiamo - e lei lo sa, perché presiede quest'Aula - a una produzione compulsiva di decreti d'urgenza, decretazione di fiducia, decreti eterogenei, decreti che possiamo definire “millegusti”, “centomance”. Siamo arrivati, più o meno, a quota 50 e forse abbiamo perso il conto.

Nel metodo, questa modalità ha praticamente svuotato il Parlamento della sua funzione. Siamo qui, facciamo il nostro esercizio, proviamo a fare delle proposte, non vengono ascoltate. Nel merito, al netto di qualche azione e intervento condivisibile, però questa postura denota un'assenza di visione, di consapevolezza di nodi che sono strutturali per il Paese, che bisognerebbe aggredire e sciogliere per far ripartire il sistema produttivo, l'Italia. E, se partono il sistema produttivo e l'Italia, c'è qualcosa di più per le famiglie, per i lavoratori.

Ci sono esigenze di milioni di famiglie che ormai da anni fanno i conti con le conseguenze delle crisi che si sono susseguite una dietro l'altra e che si attaccano a un provvedimento che può durare una settimana o due settimane; poi è in diminuzione e alla fine non c'è più il bonus sociale. In questi mesi c'è stata una scelta del Governo, ma la domanda credo sia lecita: c'è stato un provvedimento con un respiro profondo, strutturale? Abbiamo capito cosa sarà, ad esempio, delle politiche industriali del Paese? Abbiamo fatto delle audizioni sulle politiche industriali, abbiamo capito che sulla vicenda dell'acciaio e dell'Ilva stiamo scappando dalla produzione dell'acciaio primario e su tutto il tema, ad esempio, dell'elettrico, dell'automotive.

Stiamo assistendo a intere parti del pianeta, dalla Cina, alla Francia, alla Germania, agli Stati Uniti, che si stanno organizzando attorno a una produzione industriale che vede nella transizione energetica la dimensione produttiva, competitiva, economica e sociale dei prossimi decenni e noi, al massimo, andiamo in Europa a chiedere proroghe e non fondi maggiori per accompagnare la transizione energetica. Da questo punto di vista vi è una forte differenza tra l'attuale leadership del Presidente del Consiglio e di quello precedente: c'è chi va in Europa a chiedere proroghe e c'è chi va a prospettare una dimensione di politica energetica chiedendo più fondi. C'è una bella differenza. Adesso, nessuno si può offendere se si difendono coloro che c'erano prima, come il Presidente del Consiglio Draghi - figuriamoci se abbiamo anche l'autorevolezza per farlo -, però i fatti ci incaricano di fare emergere la verità. Noi stiamo andando in Europa a chiedere, bussando alla porta, alla faccia della “pacchia è finita”, se sia possibile avere proroghe, anziché chiedere più fondi per accompagnare il sistema verso la transizione energetica. Sono misure che, anche in questo decreto e nella legge di bilancio che ci accingeremo tra un po' a sorvolare - a sorvolare dall'alto -, di fatto, in Parlamento non sono omogenee; sono norme che spesso tendono a soddisfare determinate categorie e soggetti portatori di interessi specifici, legittimi, che non sono quelli del Paese.

Insomma, se guardiamo quest'anno di Governo, in modo puntuale, lucido, non irriverente, non pregiudizievole, è possibile dire che l'insieme dei vari provvedimenti, delle leggi - la legge di bilancio dell'anno scorso, preceduta dalla NADEF, la NADEF di quest'anno e la legge di bilancio che tra un po' arriverà alle Camere, anche con riferimento alle politiche industriali per il Paese - non solo definisce una direzione di marcia dell'Italia, della nostra Patria, ma corrisponde a ciò che si è promesso agli italiani? Basterebbe rispondere a questa domanda per vedere che c'è una differenza enorme tra ciò che si è promesso, ciò che si è annunciato e ciò che si è stati capaci di fare. Nessuno contesta, ci mancherebbe; la maggioranza, la Presidente del Consiglio è stata brava a proporsi agli italiani, però adesso parlano i fatti: quello che è stato promesso corrisponde agli interessi degli italiani? Gli italiani che hanno dato fiducia e consenso proprio a ciò che si è promesso, a ciò che si è annunciato. Ripeto, la mia esperienza di amministratore locale non mi consente di aderire troppo al gioco dell'opposizione che grida, che smentisce ciò che il Governo non mantiene. L'elenco delle promesse mancate è un modo di fare che, forse, ha persino abituato troppo le persone alla disaffezione. Alla fine, la gente ci ascolta, ci guarda e dice: sono tutti uguali.

Molti italiani, molte persone colpite più di altre, che hanno problemi economici - per questo ci permettiamo di fare un rilievo politico parlando di questo decreto sull'energia -, hanno dato fiducia, come dicevamo prima, a chi gridava stop all'austerità, all'Europa dei burocrati che facevano la pacchia sulla pelle degli italiani. È stato efficace - va ammesso - il meccanismo di identificazione che la Presidente del Consiglio ha attuato, con la sua autodefinizione di underdog, con molti italiani. È stata efficace quell'autodefinizione: “sono una sfavorita come voi, ora ci penso io”. Mi si permetta di dire che chi fa il parlamentare e ha fatto il Ministro, più o meno ininterrottamente dal 2006 ad oggi, 17 anni, non è, poi, così sfavorito come chi non riesce a pagare la luce e il gas ma, a parte questo, dopo oltre un anno che sei in campo, o parli con i fatti o i fatti si incaricano di smentire le favole e i racconti, da quelli dell'underdog alla “pacchia è finita”. E, anche con questo decreto, perché arriviamo così lunghi? Perché, poi, arriva la legge di bilancio e taglia tutto.

A proposito del fatto che il Governo è vittima di chi c'era prima, a parte che prima qui dentro ci sono stati tutti, in qualche modo, dopo un anno, questa storia appunto che è colpa di chi è venuto prima o del destino cinico e baro non tiene più, non è così efficace, non serve a mantenere la luna di miele, il consenso. A parte il fatto che il consenso ci interessa fino a un certo punto, nel senso che vorremmo vedere provvedimenti per l'Italia, è ora di smetterla con questa storia che è sempre colpa di qualcun altro. Abbiamo assistito e stiamo assistendo tutte le volte a questa storia, anche in Commissione, e mi riferisco persino ai membri del Governo e, alla fine, a forza di dire che la colpa era di quelli che c'erano prima, si finisce con il dire che la colpa era di Romolo e Remo. Non bastano i cartelli sul prezzo della benzina per fermare i prezzi, serve trovare fonti alternative di energia al petrolio e al gas. E, dopo un anno, non sappiamo dove andrà l'Italia da questo punto di vista, con riferimento all'elettrico, all'eolico, alle fonti rinnovabili, all'idrogeno. Se quelli davanti ai benzinai erano cartelli, vorremmo ricordare che, a differenza di una conferenza stampa sul piano Mattei, quella di Mattei fu una strategia per dare all'Italia un ruolo centrale contro i cartelli delle grandi multinazionali. Noi abbiamo messo i cartelli davanti ai benzinai, dicendo che, se avessimo fatto vedere com'erano i prezzi, tali prezzi, poi, sarebbero diminuiti. A parte la figura che ha fatto il Governo, che è evidente a tutti, con riferimento al fatto che persino quei cartelli erano illegittimi. I cartelli, le “sette sorelle”: nella dimensione geopolitica internazionale, dove ci sono attori dall'Europa all'Asia, dagli Stati Uniti all'Africa, bisogna avere una strategia, non una conferenza stampa sul piano Mattei. Una strategia che Mattei aveva per contrastare le “sette sorelle”, le multinazionali del petrolio, che impedivano all'Europa e all'Italia di avere un ruolo centrale anche nel Mediterraneo. Ebbene, si fanno conferenze stampa, si annunciano piani Mattei, poi si mettono i cartelli davanti ai benzinai senza avere una strategia che, in qualche modo, possa contrastare, giocarsela non dico con le “sette sorelle”, ma con i grandi player internazionali.

Questo decreto-legge sull'energia e sul sostegno al potere d'acquisto, purtroppo - lo si diceva all'inizio -, è lontano, nei fatti, dalla sua vocazione ambiziosa, è un decreto-legge preoccupante e coerente. Sì, è preoccupante e coerente: preoccupante eccome e coerente con la manovra di bilancio per il 2024. Infatti, guardiamo il merito e, anche qui, gli annunci roboanti. Non si venga a dire che un Governo attende la possibilità di esercitare il suo ruolo quando tutto il mondo è composto, quando le condizioni economiche e sociali sono meravigliose e che, quindi, ora, in questo contesto immaginifico, il Governo può sviscerare la sua straordinaria manovra. Un Governo, quando governa, si confronta con le condizioni che gli scenari internazionali, purtroppo, in modo tragico, oggi ci offrono: pensiamo al conflitto israelo-palestinese, pensiamo alla guerra in Ucraina. Un Governo deve fare i conti con quello che trova, non con quello che immagina. E, allora, in primo luogo, non ha alcun senso dire che è colpa di qualcun altro, dello scenario internazionale, di chi ci ha preceduto. Oggi, questa manovra è figlia di una cultura di governo di questa maggioranza, al netto delle condizioni che si trovano. Se l'anno scorso, si arrivava in corsa, a partita quasi giocata, alle elezioni, al Governo, questa manovra porta la firma del Presidente del Consiglio Meloni e di questo Governo ed è una manovra che è lì, che parla con i numeri. Non è difficile, purtroppo, prevedere che non avrà forza, non sarà espansiva, non aiuterà la crescita, la produzione, non favorirà la tenuta sociale. Lo ha sottolineato persino, pochi giorni fa, il Fondo monetario internazionale che ha descritto un'Italia rinunciataria, quando, invece, dovrebbe essere ambiziosa, pensare a riforme strutturali in grado di aumentare la produttività. Noi non gioiamo perché le previsioni del PIL, quest'anno, sono dello 0,7 per cento appena contro l'1,2 per cento dichiarato con immotivato ottimismo dal Governo. Bisogna avere il senso delle parole che si usano, perché, dopo un anno, non solo la luna di miele finisce, ma i fatti si incaricano di dire la verità. È stato detto, qualche settimana fa, da Palazzo Chigi: “Corriamo più della Germania”. E, allora, oggi, se quelli sono i dati, la domanda è: “Sì, corriamo, ma verso dove”?

Purtroppo, siamo in fondo alla classifica delle stime dei Paesi dell'Unione europea ed è una situazione molto preoccupante - lo sapete anche voi della maggioranza - quella dei fondi relativi all'attuazione del PNRR. Colleghi di maggioranza sono preoccupati di questa rimodulazione; pensate, ad esempio, agli enti locali, ai comuni, che sono la carne viva del Paese, sono il portone a cui gli italiani si rivolgono per i bisogni sociali, per gli asili, per le strade, per le infrastrutture. I comuni italiani dovevano avere 60 miliardi, si stanno rimodulando; nessuno ha capito verso dove, verso quale politica energetica, verso quale sistema Paese che ha, ad esempio, un vettore aereo. Perché, altrimenti, facciamo annunci sul turismo, “Open to meraviglia”, e scopriamo che all'interno degli spot mettiamo i vini della Slovenia; queste sono battutine che, però, denotano il fatto che non si sa dove si sta andando. Ciò, peraltro, con un'aggravante. Per questo decreto e questa legge di bilancio vi è un'imposizione alla stessa maggioranza; agli stessi colleghi deputati e senatori si impedisce di fare emendamenti, proposte alla legge di bilancio. Questo provvedimento, il disegno di legge n. 131, è quindi un tassello di un'idea di come si governa il Paese: interessi specifici, portatori di interessi limitati, non si hanno scenari, come dire, si vive alla giornata e, nel frattempo, si sbandierano proclami nazionalisti, identitari per provare a colpire la pancia e la pancia si può riempire per un anno con quel consenso che viene affidato alla promessa, ma poi se la pancia rimane vuota, attenzione al nazionalismo sbandierato, dal carrello tricolore al made in Italy. Abbiamo esaminato il provvedimento made in Italy; benissimo; benissimo il made in Italy, ma ci siamo ritrovati in una sorta di carrozzone di articolati che distribuiscono fondi e fondini, una sorta di provvedimento pro loco - e concludo, Presidente - , con tutto il rispetto ovviamente per le pro loco. Non si fa nulla in questa legge di bilancio per la scuola, per la casa, per la sanità, a proposito della quale i 3 miliardi sbandierati non basteranno a evitare che la spesa scenda al 6,4 per cento rispetto al PIL.

E, poi, gli enti locali, mi si consenta un minuto. Per la prima volta, dopo più di 7 anni, si torna a un taglio per i comuni di circa 300 milioni, a partire dal 2024, che è assolutamente insostenibile per quella frontiera dei bisogni che sono gli 8.000 comuni italiani, il che si aggiunge a una situazione di emergenza sociale, all'azzeramento del Fondo per gli affitti per la morosità incolpevole. Non solo non diamo una mano a chi non riesce a pagare la luce e il gas, ma addirittura si arriva all'azzeramento del Fondo per gli affitti e per la morosità incolpevole. È una legge di bilancio dentro la quale arriva questo decreto sull'energia che taglia, ad esempio, l'assegno pensionistico per 750.000 medici, docenti e dipendenti pubblici, con un taglio di 400 milioni di fondi per le persone con disabilità, il raddoppio della tampon tax, con l'IVA che passa dal 5 al 10 per cento, con cose che toccano la vita delle persone come i pannolini e gli assorbenti femminili; stiamo parlando di questo. Allora, attenzione ai carrelli tricolori, alla sovranità alimentare che, dal mio punto di vista, non deve essere neanche derisa, perché, tra l'altro, attiene alla produzione agroalimentare, al paesaggio, alla biodiversità; nasce anche dentro una cultura che lavora sulle filiere di territorio, penso a Carlin Petrini. In qualche modo, anche la parte politica alla quale appartengo non può deridere quei termini che possono spaventare: sovranità alimentare e made in Italy. Ma adesso dobbiamo entrare nel merito di questa legge di bilancio, di questo decreto che ha annunciato un sostegno sull'energia, che ne ha bisogno e che, invece, non lo dà.

Tutto questo per dire, Presidente, che, con grande rammarico, ci accingiamo a esaminare una legge di bilancio e questo decreto senza la possibilità di intervenire. Noi riteniamo che ci sia un'idea sbagliata in questa manovra e in questo decreto, un'idea che non serve agli italiani, e che sta portando in Europa una caricatura del nostro Paese, una caricatura come dire da strapaese, che prova a far passare l'idea che basti una sorta di proclama nazionalista per stare nel mondo e risolvere i problemi di casa. Caro Presidente, noi pensiamo che il Paese meriti di meglio, meritino di meglio gli italiani e il nostro compito è quello di essere qui presenti, con le proposte, per provare a dare una mano al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alfredo Antoniozzi. Ne ha facoltà.

ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, ci sarebbe da illustrare, anzi da leggere il contesto socioeconomico che l'Istat ha proclamato con riferimento agli anni 2021 e 2022, per inquadrare il terreno sul quale si inserisce questo provvedimento. Naturalmente, non lo leggerò, perché è assai noioso, è solamente fatto di cifre che possono, in qualche misura, non essere attraenti, ma, ahimè, sono una realtà. L'Istat certifica, al 2022, una condizione di povertà assoluta per più di 2 milioni di famiglie italiane. Questo è da articolare poi nell'esame rispetto alle condizioni effettive delle famiglie, ma basterebbe questo dato per comprendere su quale terreno si inserisce il tentativo, attraverso questo provvedimento, di recuperare un terreno, di operare per famiglie e imprese, perché possa riprendere un cammino perlomeno decente rispetto al potere di acquisto e alla tutela del risparmio.

Con questo provvedimento, l'Esecutivo guidato da Giorgia Meloni dimostra, ancora una volta, la coerenza e la concretezza dell'azione di Governo. Ancora una volta, siamo vicini alle famiglie e sensibili a chi vive in condizioni di indigenza, a coloro che, consci dell'importanza della formazione e dell'istruzione superiore e che, pur capaci e meritevoli, rischiano di vedere la propria riuscita professionale ostacolata da impedimenti economici, così come ci schieriamo al fianco di chi, attraverso la propria attività, la propria professione, dà ogni giorno il proprio apporto alla crescita economica di questo Paese.

Tra le misure contenute nel decreto-legge ci sono alcune conferme. Per quanto riguarda le misure nel settore energetico, abbiamo ascoltato - anzi, colgo l'occasione per ringraziare i relatori Barabotti e Testa per aver lavorato in questa direzione; hanno già dato, nel loro intervento, un'anticipazione su queste misure, quindi ci sono alcune conferme - l'implementazione di misure già messe in campo dal Governo Meloni e operanti in favore dei soggetti più fragili dal punto di vista economico, a sostegno del potere d'acquisto. A tal proposito, ricordiamo che viene incrementata, per l'anno 2023, da 500 a 600 milioni di euro la dotazione del Fondo, istituito presso il MASAF, con legge di bilancio 2023, destinato all'acquisto di beni alimentari di prima necessità, la cosiddetta social card, allo scopo di estendere il contributo ai carburanti oltre che, in alternativa, agli abbonamenti per i mezzi del trasporto pubblico locale. Ricordiamo che i beneficiari della misura sono i soggetti con un ISEE non superiore ai 15.000 euro. Parimenti, è disposto l'incremento di 12 milioni di euro, per il 2023, del Fondo per il nuovo bonus trasporti, istituito all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge, presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. L'agevolazione è diretta all'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale o di trasporto ferroviario nazionale, spettando alle persone fisiche che, nell'anno 2022, abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro.

Sottolineiamo, in proposito, che la misura era già stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2022, cosiddetto decreto Aiuti, ma con un limite di reddito dei singoli beneficiari ben superiore, 35.000 euro con riferimento all'anno 2021, limite che, con il citato decreto Carburanti, è stato appunto abbassato agli attuali 20.000 euro.

Si incrementa di 7 milioni e mezzo il Fondo destinato alle borse di studio per l'accesso agli studi universitari, così da garantire anche gli studenti idonei non beneficiari nelle graduatorie degli enti regionali per il diritto allo studio relativo all'anno accademico 2022/2023.

Il decreto consente altresì di esercitare, entro il 15 dicembre 2023, il ravvedimento operoso per la violazione di alcuni obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi, avvenuta tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023, regolarizzando la posizione con il pagamento previsto dalla legge ed evitando di incorrere nelle sanzioni accessorie della sospensione della licenza o dell'attività.

I contribuenti che dal 1° gennaio 2022 fino al 30 giugno 2023 hanno commesso una o più violazioni, possono mettersi in regola beneficiando delle sanzioni ridotte previste dal ravvedimento operoso, anche se le stesse violazioni sono già state contestate con un processo verbale. Lo ha chiarito l'Agenzia delle entrate, con un comunicato stampa del 3 ottobre 2023, con cui ha ricordato che il decreto Energia, in vigore dal 30 settembre 2023, ha introdotto la possibilità di regolarizzazione di una o più mancate certificazioni di corrispettivi, tramite il ravvedimento operoso, quindi con sanzioni ridotte, anche nel caso in cui queste violazioni, come abbiamo detto, siano già state contestate dall'amministrazione finanziaria.

Con il comunicato stampa del 3 ottobre, riguardante la mancata emissione di scontrini e ricevute, l'Agenzia delle entrate ricorda che, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Energia, il decreto-legge n. 131 del 2023, diventa operativa la norma che consente di regolarizzare la mancata certificazione dei corrispettivi da parte dei soggetti con partita IVA. In particolare, in base a quanto disposto dal decreto-legge n. 131 del 2023, i contribuenti che dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023 hanno commesso uno o più violazioni, possono mettersi in regola beneficiando delle sanzioni ridotte. È il caso, per esempio, del commerciante che ha ricevuto il pagamento, ma non ha poi certificato i corrispettivi, emettendo i relativi scontrini. Rientrano nel perimetro della norma le violazioni già constatate fino alla data del 31 ottobre 2023, purché il ravvedimento sia effettuato entro il 15 dicembre 2023, mentre restano escluse quelle per le quali siano state eventualmente già irrogate le sanzioni da parte dell'Agenzia delle entrate alla data di perfezionamento del ravvedimento. Inoltre, le violazioni così regolarizzate non saranno considerate nel computo ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria di sospensione dell'attività.

Il provvedimento reca, altresì, disposizioni a tutela del risparmio assicurativo. È stato già menzionato: le imprese di assicurazione e di riassicurazione con sede legale in Italia che, nell'esercizio in corso, acquisiscano il compendio aziendale di un'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa, potranno registrare, in sede di rilevazione iniziale, gli attivi finanziari riferiti alle gestioni separate dell'impresa in liquidazione, al valore di carico alla data di trasferimento, invece che al prezzo di cessione. Ricordiamo, in proposito, l'importanza dell'attività delle imprese assicurative per imprese e famiglie e la necessità di dare stabilità alla loro azione.

Tenuto conto che è sorto un contrasto giurisprudenziale in merito al fatto che vi sia o meno una discontinuità aziendale tra Alitalia, società aerea italiana, e ITA, Italia trasporto aereo Spa, e considerato che tale incertezza è suscettibile di determinare riflessi negativi sia sui rapporti giuridici, sia sulla finanza pubblica, si è ritenuto, inoltre, necessario approvare una norma interpretativa, che, in coerenza con le decisioni della Commissione europea, esclude che nel passaggio da Alitalia a ITA vi sia continuità fra le due aziende.

Il provvedimento reca, infine, disposizioni finalizzate a rafforzare l'attività della Ragioneria dello Stato, attraverso la possibilità di avvalersi di personale in comando per lo svolgimento di attività di analisi e di valutazione di spesa assegnate al dipartimento stesso. Analogamente, si dispone che, ai fini di assicurare il pieno ed efficace svolgimento delle attività funzionali al raggiungimento degli obiettivi istituzionali attribuiti a SACE Spa e a Simest Spa, le due società sono escluse dai vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di contenimento della spesa pubblica. Tuttavia, restano fermi i vincoli di spesa in materia di personale, previsti dalla normativa vigente, e si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni, nonché quelle in materia di obblighi della comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica.

Si prevedono procedure per consentire a determinati interventi, finanziati nell'ambito del PNRR e del PNC, di essere riammessi a beneficiare delle risorse del Fondo per l'avvio delle opere indifferibili, costituito per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione. Al comma 3, in particolare, si assicura agli interventi a titolarità del Ministero della Salute e del Ministero dell'Istruzione e del merito, che hanno aderito ad accordi quadro Invitalia, una quota aggiuntiva del citato Fondo pari al 10 per cento del contributo assegnato per ciascun intervento. All'attuazione di quanto previsto si provvede nel limite delle risorse a valere sul Fondo per l'avvio delle opere indifferibili.

All'articolo 7, i commi 3 e 5 fanno riferimento al Fondo per l'avvio delle opere indifferibili finanziate in tutto o in parte con risorse previste dal PNRR di titolarità del Ministero dell'Istruzione, oggetto di procedure di affidamento mediante accordi quadro.

Com'è noto, per fronteggiare l'eccezionale aumento dei materiali da costruzione degli appalti pubblici, che rende difficoltoso l'avvio delle gare per nuove opere, il cosiddetto decreto Aiuti, il decreto-legge n. 50 del 2022, ha previsto un meccanismo di adeguamento delle basi d'asta. Nello specifico, l'articolo 26, comma 7, ha istituito il Fondo per l'avvio delle opere indifferibili, finalizzato a consentire l'avvio delle procedure di affidamento previste dai cronoprogrammi degli interventi. In particolare, per gli interventi sopra richiamati, ossia oggetto di accordi quadro, è automaticamente considerato preassegnato il 10 per cento dell'importo assegnato, qualora non abbiano beneficiato, a nessun titolo, di incrementi delle assegnazioni per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione. Il Ministero dell'Istruzione comunica, entro il 20 ottobre 2023, al Ministero dell'Economia e delle finanze l'elenco degli interventi completi del codice unico di progetto e dell'indicazione del soggetto attuatore. Con decreto del ragioniere generale dello Stato, da adottare entro i 10 giorni successivi, sono assegnate le risorse agli interventi individuati. Alla complessa situazione economico-sociale nazionale, si aggiungano le criticità della drammatica situazione geopolitica internazionale, a tutti note. Nonostante ciò, il Governo Meloni, come già detto, sarà sempre al fianco delle categorie più fragili della Nazione con determinazione e concretezza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Enrico Cappelletti. Ne ha facoltà.

ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Grazie, Presidente. Gentili colleghi e gentili colleghe, rappresentante del Governo, mi si consenta una premessa formale ma, in un certo qual senso, anche sostanziale. Il Governo ha dichiarato che non avrebbe posto la questione di fiducia su questo provvedimento, se non ci fossero stati molti emendamenti dell'opposizione. L'opposizione, responsabilmente, non ha presentato molti emendamenti, questo allo scopo di poterli meglio illustrare e discutere. Ma pare che il Governo si sia rimangiato quanto aveva dichiarato e che voglia porre ugualmente la questione di fiducia.

Ora, è chiaro che qui qualcuno mente, ma mente al Parlamento e mente anche agli italiani, perché la posizione della questione di fiducia prescinde, evidentemente, dal numero di emendamenti presentati dalle opposizioni o dalla maggioranza - staremo a vedere - e dipende unicamente da un calcolo sulla tenuta della maggioranza, a rischio se si votassero i singoli emendamenti. Insomma, non essendo sicuri dei propri numeri, il Governo mette così le mani avanti, eliminando la possibilità per il Parlamento di emendare per migliorare un testo, che è pessimo. E che sia pessimo, non lo dichiarano solo le opposizioni, lo dichiarano anche i numerosi emendamenti, volti a migliorarlo, presentati dalla maggioranza, in Commissione. Con questa fiducia, ancora una volta, il Governo dimostra di avere la coda di paglia. Le Camere non sono mai state così tanto scavalcate dal Governo: sono quasi 4 provvedimenti d'urgenza in media al mese, cioè il Governo Meloni ha superato tutti i precedenti. Abbiamo già inaugurato il premierato di fatto, che supera quasi la richiesta, quindi, di modifica costituzionale.

Tornando al testo del provvedimento, Presidente, è importante capire dove andiamo a discuterlo, cioè in che Paese, e in quali condizioni si trova, in questo momento, il nostro Paese. Innanzitutto, l'Italia, purtroppo, sta entrando in un periodo prolungato di bassa crescita e di alti tassi di interesse. Calano - e qui abbiamo un primato unico in Europa - i salari reali, eppure proveniamo, con i Governi precedenti al vostro, da 2 anni di crescita da primi della classe, cioè proveniamo da 2 anni che ci hanno visto essere i primi per crescita in Europa.

Sono stati gli anni della concomitante riduzione a doppia cifra del debito pubblico; non un aumento a causa del superbonus, ma una riduzione a doppia cifra del debito pubblico negli ultimi due anni, oltre il 10 per cento. Abbiamo avuto anche una crescita record del gettito fiscale che si mantiene, ancora oggi, nel 2023, ben oltre l'inflazione. Abbiamo lasciato al Governo attuale circa 240 miliardi di PNRR da spendere; eppure, dopo poco più di un anno di Governo Meloni, siamo piombati da essere i primi per crescita in Europa a essere gli ultimi per crescita in Europa e questo è un fatto, i numeri non sono diversi a seconda dell'angolazione con cui li si va a leggere. L'economia va verso la recessione ed è aggravata da inflazione alta, ancora alta, nonostante gli sforzi, da una produzione industriale negativa e da un repentino rialzo - che era peraltro prevedibile - dei costi energetici.

In questo contesto, quindi, vediamo che cosa prevede questo decreto Energia. Innanzitutto, è stato definito il decreto Incentivi, ma per contrastare il caro energia mettete a disposizione risorse inferiori a quelle che prelevate ai cittadini con l'aumento delle bollette e con il prosciugamento di un altro fondo, fondo che, peraltro, era stato previsto allo stesso scopo, ovverosia per alleggerire il peso delle bollette. Insomma, è paradossale, perché, ancora una volta, assistiamo al gioco delle tre carte, che ricorda un pochino il giochetto di Mussolini che per far vedere di avere tanti carrarmati li portava a sfilare di città in città, ma erano, lo sappiamo bene, sempre gli stessi.

Ecco, la maggioranza e il Governo stanno facendo la stessa cosa: vanno in TV a illustrare le misure di sostegno al reddito degli italiani contro il caro energia salvo, poi, prima che venga corrisposto un solo euro del fondo che è stato annunciato dieci mesi fa, spostare quei fondi su altre misure che gli consentono, così, di tornare in TV ad illustrare nuove misure di sostegno al reddito dei cittadini, finanziate con quelle precedenti che non avete corrisposto! Sarebbe da ridere, Presidente, se non fosse drammatica, questa situazione.

Secondo aspetto: bonus benzina da 80 euro, una tantum. Sono in totale circa 100 milioni indirizzati a una ridottissima platea di beneficiari. Dopo mesi di prezzo al rialzo dei carburanti, il Governo interviene con un sussidio una tantum. Inizialmente, si parlava di cifre ben più alte per una platea, anche, ben più ampia, ma anche questo, probabilmente, era solo a fini comunicativi, di propaganda. Direi: non male, da parte di chi aveva promesso di togliere le accise per tutti. È inutile che ci ricordiamo i video di Meloni o di Salvini davanti alla lavagna e così via.

Maggioranza e Governo avevano anche dichiarato che intendevano sterilizzare. Invece no: siamo stati fraintesi, intendevamo sterilizzare l'aumento delle accise, non eliminarle. Va bene, ma neanche questo è stato fatto.

Lo Stato ha incassato extragettito in conto aumento dei carburanti per svariati miliardi e restituisce solo 100 milioni che sono una minima parte di questo aumento, una goccia nel mare, peraltro, a un numero molto contenuto di beneficiari e, ovviamente, solo una volta. Va bene, però, abbiamo obbligato gli esercenti delle pompe di benzina a esporre cartelli con i prezzi medi. Che quel cartello - lo dico per inciso - fosse inutile e dannoso lo sapevamo tutti, sappiamo anche, adesso, che era anche illegittimo disporne l'esposizione, così come da sentenza del TAR che tutti conosciamo. Complimenti per questo risultato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Terzo punto: la sanatoria per i mancati scontrini e fatture. Si tratta dell'ennesimo condono, che si aggiunge alle altre 13 sanatorie volute dal Governo negli ultimi 12 mesi, praticamente, una ogni 25 giorni. Questa volta si tratta di una sanatoria per chi non ha emesso scontrini e fatture, ma, in questo modo, è di tutta evidenza che venga vanificato l'effetto di deterrenza della sanzione, senza contare, poi, che andrebbero avvisati i contribuenti che le coperture per i mancati introiti saranno fornite proprio da loro, cioè chi paga le tasse le paga anche per chi non le paga, che avete inserito e che beneficeranno dei vostri 14 tra condoni e sanatorie; una volta ancora vengono premiati i furbi e umiliati gli onesti.

Va bene che per la Premier Meloni le tasse corrispondano a un pizzo di Stato, ma con questo ricorso a sanatorie e condoni si sta veramente esagerando. Prendo atto che non vogliate, come Governo e maggioranza, scontentare una parte importante del vostro elettorato che fa, evidentemente, affidamento in voi per evitare di pagare le tasse; va bene, ma che almeno sia detto in maniera chiara: chi paga le tasse - passatemi il termine - per voi è un fesso, perché deve sapere che con il Governo Meloni, almeno una volta al mese, arrivano un condono o una sanatoria. Almeno che chi paga regolarmente e con grande sacrificio tutto il dovuto questo lo sappia.

Quarto punto: la norma sulla discontinuità tra Alitalia e ITA Spa. Questo è un provvedimento senza precedenti: è oggettivamente abnorme, è di dubbia costituzionalità ed è dubbio anche rispetto alle norme dei trattati dell'Unione europea. Io capisco che si tratti di un tentativo del Governo di mettere una toppa al buco, ma il fatto è che, innanzitutto, non vi è nessuna norma di interpretare, da interpretare vi sono unicamente alcuni fatti, il cui accertamento e le conseguenze giuridiche spettano ai giudici, fino a prova contraria e, secondo, che lo Stato italiano, attraverso il Governo e per esso il Ministero dell'Economia e delle finanze controlla la società ITA ed è dunque parte sostanziale nelle controversie in corso. Interferire nelle controversie con norme aventi forza di legge, che determinano, peraltro, l'esito della controversia, appare come un fatto da censurare e costituisce un pericoloso precedente, una violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, oltre che essere, ovviamente, di dubbia costituzionalità. Non aggiungo altro su questo aspetto, che mi limito, dunque, a stigmatizzare, ma, su questo punto specifico, interverrà in seguito un collega del MoVimento 5 Stelle.

Il quinto punto, e ultimo, è la mancata proroga del regime di mercato tutelato. Ora, non il MoVimento 5 Stelle, ma il Ministro Pichetto Fratin ha ripetuto più volte di essere a favore di una proroga, così come lo siamo noi. L'onorevole Fabio Rampelli, per citare qualche illustre esponente di maggioranza, ne ha chiesto il rinvio al 2026 perché, leggo testuale: “Si tratta di una battaglia per difendere i consumatori dall'aggressività del mercato libero e dalla sua tendenza (…) a fare cartello”. Bene, il responsabile energia di Fratelli d'Italia, l'onorevole Zucconi, anch'egli ha chiesto la proroga addirittura al 2027 perché, sempre testuale: “Serve la massima trasparenza, che ancora non c'è, per far spostare 10 milioni di famiglie da un mercato all'altro. (…) per ora l'Italia non è pronta”.

Siamo d'accordo. L'onorevole Luca Squeri, responsabile energia di Forza Italia, è stato perfino più tranchant: “La proroga si fa tutta, punto”. Anche la Lega ha presentato emendamenti per chiedere la proroga al 2026, commentando in questo modo: due anni in più per consentire alle famiglie di non farsi spennare, parole testuali.

Dunque, verrebbe da dire che, almeno sulla necessità di proroga del mercato tutelato, possono finalmente convergere maggioranza e opposizioni, essendo tutti, a quanto pare, a favore. Così dovrebbe essere, andando a leggere gli emendamenti che sono presentati e andando a leggere le agenzie di stampa, ma così non è. Infatti, tutti gli emendamenti di maggioranza che chiedevano la proroga del mercato tutelato presentati in Commissione sono stati ritirati dai proponenti su richiesta del Governo. Noi, come opposizione, li abbiamo fatti nostri e li abbiamo messi al voto. È perfino inutile aggiungere che sono stati tutti bocciati, avendo registrato il voto contrario perfino dei loro firmatari. Certo, il Governo ha assicurato in Commissione che si sarebbe occupato della questione, ma il tempo stringe e, qui, dal “siamo pronti” della campagna elettorale, dopo 14 mesi di Governo, siamo ancora allo “stiamo valutando di valutare se sia opportuno o meno intervenire con una proroga”.

Viene data la responsabilità all'Europa che impone la cessazione del mercato tutelato, ma se andiamo a leggere la direttiva scopriamo che la possibilità per l'Italia di mantenere il regime di mercato tutelato si estende fino al 2025 - siamo nel 2023 - e per i cosiddetti vulnerabili addirittura fino al 2027. Quindi, non c'è tutta questa fretta di sbattere sul mercato milioni di consumatori che vedranno inesorabilmente aumentare le proprie bollette energetiche in un momento, peraltro, di ulteriore crescita delle bollette dovuta alla crescita dei costi dell'energia sui mercati internazionali.

Secondo noi del MoVimento 5 Stelle la mancata proroga del mercato tutelato è una decisione scellerata, aggravata dal fatto che mediaticamente Governo e maggioranza hanno dichiarato l'esatto contrario di quello che stanno facendo qui in Parlamento e in Commissione. Per carità, noi ci abbiamo fatto l'abitudine. È importante, tuttavia, che lo sappiano anche i cittadini, così quando il prossimo anno vedranno salire pesantemente le proprie bollette a causa della mancata proroga del regime di maggior tutela sapranno chi devono ringraziare.

In conclusione, Presidente, questo provvedimento potrebbe essere definito in sintesi un condono sugli scontrini e una mini-mancetta sui carburanti. Non è condivisibile per ciò che contiene e ricordo, per inciso, che è stato criticato - duramente criticato - pressoché da tutti i numerosi auditi in Commissione, ma non è neanche condivisibile per ciò che non contiene, a partire, appunto, dalla proroga del mercato tutelato. Questo provvedimento, peraltro, metterà le mani nelle tasche dei cittadini con l'aumento delle bollette, restituendo solo una parte di ciò che viene prelevato sotto forma di nuovi incentivi. Come se non bastasse, non lo potranno migliorare né gli esponenti di maggioranza né quelli di opposizione, vista la probabile posizione della fiducia. Gli italiani, Presidente, meriterebbero di meglio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Francesco Mari. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Io inizio da tre questioni, tre punti del decreto che sono fuori dal cuore di questa norma. In materia di trasporto pubblico viene previsto un aumento minimo solo per il 2023 - quindi, ancora per qualche settimana - del vigente cosiddetto bonus trasporti, per favorire l'acquisto di abbonamenti individuali per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, nonché per i servizi di trasporto ferroviario nazionale per persone in situazione di maggiore disagio economico. In realtà, le risorse finanziate per questo Fondo non sono sufficienti per far fronte a tutte le richieste avanzate e come Alleanza Verdi e Sinistra abbiamo presentato un emendamento per prorogare al 2024 questo bonus trasporti. Ma ci sono altre due norme che davvero non hanno nulla a che fare con la finalità, almeno apparente di questo provvedimento detto d'urgenza, e che, nonostante ciò, il Governo ha voluto fortemente che facessero parte del testo. Ovviamente, anche su questo abbiamo presentato emendamenti interamente soppressivi.

Una prima norma, che è contenuta nell'articolo 4, riguarda le cosiddette violazioni degli obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi, commesse tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023 dietro il pagamento, entro il 15 dicembre 2023, delle maggiori imposte dovute, gli interessi e solo un diciottesimo delle multe previste, con una soglia minima di 2.000 euro. La disposizione concede a tali contribuenti la facoltà di avvalersi del ravvedimento operoso. Per come è strutturata, questa norma si traduce in una sorta di sanatoria degli scontrini e delle fatture non corretti, che finisce, come al solito e com'è avvenuto altre volte, per offendere quei commercianti e quei professionisti che hanno diligentemente pagato le tasse.

L'altra disposizione del tutto estranea per materia rispetto al contenuto proprio di questo decreto-legge è quella contenuta nell'articolo 6, dove il Governo si avventura in una vera e propria norma di interpretazione autentica dell'articolo 56, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 270 del 1999, sulla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Con questa norma, che è una vera e propria norma ad hoc scritta sotto forma di interpretazione autentica, il Governo esclude che nel passaggio da Alitalia a ITA vi sia continuità aziendale ed economica fra le due aziende. Gli accordi iniziali prevedevano che ITA - Italia Trasporto Aereo Spa - assorbisse tutti i lavoratori di Alitalia Società aerea italiana, come invece non è accaduto e non sta accadendo. Con questo articolo 6 il Governo prova a deviare su un binario morto i ricorsi in tribunale dei lavoratori Alitalia per il mancato trasferimento a ITA. Pertanto, una norma fatta contro quelle lavoratrici e quei lavoratori.

Ma veniamo, più in generale, al provvedimento che nel suo titolo viene definito un sistema di aiuti a famiglie e imprese. Innanzitutto, come è stato rilevato, è un sistema di aiuti in riduzione rispetto agli anni precedenti, che poi sarà ulteriormente ridotto e tagliato in legge di bilancio. Il collega Antoniozzi è partito giustamente dal contesto socioeconomico e dalla povertà assoluta di 2 milioni di famiglie italiane. Va segnalato che qui non siamo propriamente di fronte all'aiuto a famiglie in condizioni di indigenza, siamo di fronte a un provvedimento che è un pacchetto di bonus - ormai hanno preso questa denominazione nel nostro Paese e continuiamo a chiamarli così - principalmente rispetto ai costi dell'energia che, va detto, sono stati e sono tuttora, anche se in misura minore, in aumento in tutti i Paesi europei. Quindi, questa è una caratteristica - dobbiamo dirlo con tutta onestà - dell'Europa nel suo complesso. Allora è tutto normale? Io credo che non sia così. Noi dobbiamo leggere questa misura e guardarla nel contesto europeo ma anche nello specifico della condizione italiana e nel confronto con gli altri Paesi europei. Dunque, vediamo cosa esce da questo confronto a livello dei principali Paesi europei. Io ho provato a scegliere 5 indicatori: l'inflazione, i redditi, i profitti delle banche, perché non possono essere tirati fuori da questo ragionamento, il costo dell'energia e non ultimo, perché c'entra con questo ragionamento, il costo dei mutui per le famiglie.

In tema di inflazione c'è da dire che in Italia i prezzi dei beni alimentari si attestano al 6,5 per cento, contribuendo così alla crescita su base annua dei prezzi del carrello della spesa: siamo intorno al 6,3 ma sappiamo che l'inflazione reale è molto più alta, soprattutto per le famiglie in difficoltà. Come è stato giustamente sottolineato, questa riduzione dell'inflazione, in particolare nel mese di ottobre, è una sorta di effetto ottico, perché nel mese di ottobre dell'anno scorso l'inflazione era all'11,8 e, quindi, questa riduzione, nel confronto con lo stesso mese dell'anno precedente, è un vero e proprio effetto ottico. Quindi, il confronto su base annua non si può fare a questo modo e risulta assolutamente falsato. In ogni caso e nonostante tutto questo, resta una stangata vera e propria per le famiglie italiane. Per una coppia con due figli l'inflazione al 6,5 per cento dei prodotti alimentari significa, comunque, un aumento del costo della vita pari a 523 euro su base annua solo per mangiare e bere, mentre per una coppia con un figlio si attesta intorno ai 474 euro. In media ragioniamo di una crescita dell'inflazione reale per le famiglie italiane intorno ai 400 euro. Abbiamo detto intorno al 6,5. Cosa succede altrove? In Germania siamo al 4,5 su base annua, in Francia al 4,6 e in Spagna al 4,1 secondo le peggiori previsioni. La media europea è al 5,6, un punto sotto. Quindi, la condizione dell'inflazione nel nostro Paese ci mette al punto più alto della sofferenza delle famiglie dal punto di vista della perdita del potere d'acquisto dei redditi.

Veniamo ai redditi, ai salari e alle pensioni. Nel primo trimestre del 2023 il salario orario reale è diminuito in 22 Paesi su 24. Ciò significa che gli aumenti nominali sono stati inferiori all'inflazione, determinando di conseguenza un calo dei salari reali. Il salario orario reale è aumentato in Belgio e nei Paesi Bassi, però l'Italia è l'unico Paese d'Europa dove i salari sono diminuiti rispetto al 1990 di quasi il 3 per cento e nel 2023, ad oggi, verificando i dati del terzo trimestre, siamo a una diminuzione del 2,3 per cento. Vediamo cosa succede altrove. In Germania crescono del 6,6, in Francia del 4,2, in Spagna del 4 per cento: la media europea della crescita dei salari è del 4,4 per cento; noi siamo a malapena al 2,3. Cosa hanno fatto gli altri Paesi? È stato un fenomeno naturale? No, hanno fatto tutte le politiche che riguardano il mercato del lavoro, le politiche di sviluppo, le politiche industriali con l'obiettivo politico, programmatico, dei loro Governi di tenere i salari a livello dell'inflazione o al di sopra del livello dell'inflazione.

I salari sono una cosa, i redditi delle famiglie sono un'altra. Abbiamo detto che è un momento generale di difficoltà. È vero, ma il reddito reale pro capite delle famiglie nell'area OCSE è aumentato in media dello 0,5 per cento nel secondo trimestre del 2023, registrando il quarto trimestre consecutivo di crescita: in Italia, unico Paese - unico Paese! - è diminuito dello 0,3 per cento. Questo ci dice l'OCSE. Il reddito reale dei nuclei familiari per abitante è cresciuto in tutti i Paesi, fatta eccezione per l'Italia, dove è negativo anche il PIL reale per abitante che risulta pari a meno 0,3 per cento. Ricordo che qualche mese fa la nostra Presidente del Consiglio ascriveva ai meriti di questo Governo qualche decimale di crescita del PIL; non ho sentito lo stesso ragionamento, ovviamente, nel momento in cui il PIL è stagnante, è sostanzialmente fermo, con danni, in particolare, nei confronti dei redditi.

Dicevo prima di un elemento che può sembrare estraneo a questa discussione, noi registriamo il costo dei mutui per le famiglie più alto d'Europa, a fronte di profitti conseguiti dalle banche, sempre nello stesso periodo, più alti d'Europa. Questi indicatori ci pongono, di conseguenza, in una condizione estrema e diversa rispetto agli altri Paesi leader in Europa, ma anche - lo faccio notare - rispetto alle medie europee. Noi siamo, quindi, un'eccezione sia rispetto alla media europea, sia ancor più rispetto ai Paesi cosiddetti leader.

Questo Governo opera sostanzialmente con i bonus, che non sono una maledizione, visto che sono uno strumento che può essere utilizzato sebbene in situazioni economiche sostanzialmente in equilibrio. A fronte di un equilibrio sostanziale e di interventi sul sistema economico e produttivo, posti in essere attraverso altre misure quali politiche di sviluppo, politiche industriali, politiche dei redditi, il bonus in quel caso - lo dico al collega intervenuto prima - può avere come obiettivo le fasce davvero più fragili e più deboli della popolazione che, ahimè, in questo sistema possono non essere raggiunte dalla crescita, ma qui siamo di fronte a una situazione completamente diversa. Elargite questi bonus largamente insufficienti e, allo stesso tempo, fate finta di prendere da chi ha lucrato in questa fase economica in modo del tutto ingiustificato. Lo fate con le imprese del settore energetico - vedremo cosa succederà il 30 novembre per gli extraprofitti di quel settore - e lo fate in modo più modesto rispetto al Governo Draghi. Va detto che l'ha fatto anche lo Stato di lucrare attraverso le accise: è stato ben spiegato prima. Provate a intervenire sui profitti delle banche, poi cambiate le carte in corso d'opera e consentite di patrimonializzare destinando per due volte e mezzo quei guadagni - illegittimi, perché se non diciamo che sono illegittimi non capiamo cosa è successo - alle riserve indisponibili. Si potrebbe anche pensare che questo sia un fatto positivo, ma solo se viene fatto con i soldi delle banche, non se la capitalizzazione viene fatta con i soldi delle famiglie italiane che si trovano a pagare un mutuo aumentato fino al 70, all'80 per cento, famiglie che hanno un piccolo deposito o che hanno fatto un prestito. In pratica, dal punto di vista dell'economia reale, non state governando proprio niente: fate finta. Questo Governo, dal punto di vista dell'economia reale, degli effetti sulla vita delle famiglie, delle lavoratrici e dei lavoratori, è una messinscena e questo decreto ne è la prova. Fate questi decreti per dire che vi occupate delle famiglie, di inflazione, di costo dell'energia, di profitti di imprese monopoliste, di banche e di mutui, ma in realtà non è vero. C'è da chiedersi a cosa serve un Governo che fa incancrenire la disuguaglianza, anzi l'aumenta, che non riesce ad invertire nessuna tendenza negativa o almeno a mitigarne gli effetti su quelli più in difficoltà ma, ripeto, in difficoltà non sono solo gli indigenti, in difficoltà è chi va a lavorare ogni giorno la mattina. È un Governo che non guarda e non è capace di intervenire sulla condizione di massimo allarme che si registra nel nostro Paese, anche rispetto agli altri Paesi del continente. In realtà, con queste misure state facendo dell'Italia un paradiso fiscale per i furbi e per i ricchi e un inferno per chi vive del proprio lavoro. Non c'è una politica energetica per il futuro: assistiamo al fallimento anche dei rigassificatori e all'assenza di politiche energetiche sulle energie alternative. Siete il Governo dei record: record di inflazione e di perdita del potere d'acquisto delle famiglie; record di profitti ingiustificati o meglio che si giustificano soltanto con la speculazione, quella che veniva evocata in campagna elettorale; record di costo dell'energia e dei mutui; record di assenza di politiche per il futuro, con la questione energetica al centro e la conferma dell'opzione fossile. Nessuna transizione energetica, di fatto, che è l'unica prospettiva che potrebbe toglierci da queste sabbie mobili. I bonus, da questo punto di vista, sembrano misure da capitalismo caritatevole, ma in realtà non servono a niente, non servono a cambiare questa situazione per la quale servirebbero politiche all'altezza delle difficoltà che stiamo vivendo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

Annuncio della nomina di due giudici della Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 6 novembre 2023, il Presidente della Repubblica ha inviato al Presidente della Camera la seguente lettera:

“Signor Presidente, La informo che, con decreto in data odierna, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ho nominato giudici della Corte costituzionale il professor Giovanni Pitruzzella e la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi. Firmato: Sergio Mattarella”.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1437-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1437-A​)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.

ALFONSO COLUCCI (M5S). Grazie, signor Presidente. Signor Sottosegretario, tra le pieghe di questo decreto, che si chiama decreto Energia, troviamo all'articolo 6 una norma che riguarda tutt'altra materia.

Il 25 settembre il Consiglio dei ministri prendeva atto che ben tre sentenze avevano dato ragione ai dipendenti Alitalia, che hanno chiesto in giudizio di esercitare il loro diritto a lavorare in ITA. Il Governo ha ritenuto, in quella sede, che ciò potesse avere effetti negativi sui rapporti giuridici e sulla finanza pubblica, e così ha approvato una norma, proprio l'articolo 6 di questo decreto-legge, la quale esclude la continuità tra Alitalia e ITA; esclude, cioè, l'applicabilità alla fattispecie del disposto dell'articolo 2112 del codice civile.

Articolo 6 del decreto-legge n. 131 del 2023: questa norma esclude, come vi dicevo, che la cessione tra Alitalia e ITA configuri una cessione di ramo d'azienda, e di conseguenza che essa comporti continuità nei rapporti di lavoro, quella disposta dall'articolo 2112 del codice civile, che fa sì che i dipendenti di una società cedente vedano automaticamente il proprio rapporto di lavoro proseguire con la società cessionaria, senza alcuna soluzione di continuità. Questa norma, questo articolo 6 contenuto in un decreto-legge che non riguarda affatto, per materia, il lavoro, significa che migliaia di dipendenti Alitalia, e parliamo di professionalità spiccate, devono rimanere a casa e che ITA sarà libera di concludere un nuovo rapporto di lavoro con chi voglia.

Parliamo di professionalità, parliamo di donne, parliamo di persone portatrici di difficoltà, parliamo di caregiver. Nelle Commissioni riunite attività produttive e finanze, insieme con la collega Emma Pavanelli e con altri colleghi, abbiamo presentato un emendamento interamente soppressivo del disposto dell'articolo 6, lo abbiamo difeso, ma la maggioranza, cieca e sorda, lo ha respinto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 14,52)

ALFONSO COLUCCI (M5S). Questo articolo 6, che oggi discutiamo insieme con il provvedimento, è una norma sbagliata, è una norma che presenta anche profili di incostituzionalità. È inserita in un decreto omnibus, cioè un decreto che ha ad oggetto una pluralità di materie tra di loro non collegate, e ciò contrasta con il disposto dell'articolo 77 della Costituzione che, nel richiedere gli straordinari requisiti di necessità e di urgenza di un decreto-legge, richiede che tali requisiti riguardino tutte le norme contenute nel provvedimento le quali siano unite da un'unica ragione di straordinaria necessità e urgenza, con ciò disponendo, così come la Corte costituzionale ha ripetutamente sancito, il principio di omogeneità.

È una norma priva dei requisiti della generalità e dell'astrattezza. Si tratta, infatti, di una norma ad aziendam, cioè una norma pensata esattamente per danneggiare i lavoratori di Alitalia. È una norma, questa, che interviene nei giudizi in corso, con ciò comportando anche una grave intromissione nel corretto esercizio della giurisdizione, diritto sancito dall'articolo 6 della Carta europea dei diritti dell'uomo. Il Governo, che è parte in causa di questi procedimenti, essendo naturalmente titolare sia del pacchetto azionario di Alitalia sia del pacchetto azionario di ITA, avrebbe dovuto avere la decenza, e parlo proprio di decenza, di non adottare un decreto-legge che riguarda se stesso.

E così questa norma viola il principio proprio dell'autonomia giudiziaria. La vera ratio di questa norma non è risolvere il contratto giurisprudenziale, ma piuttosto far vincere ITA, e cioè il Governo, nel contenzioso instaurato dai lavoratori di Alitalia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ciò appare assolutamente grave.

Questo articolo, ci riferiamo sempre all'articolo 6, è una norma che interpreta un'altra norma che si ritiene abrogata, è un vero e proprio svarione giuridico. La norma interpretata è una norma da ritenersi abrogata. Ed infatti l'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, disciplina ormai per intero il caso Alitalia-ITA, e non lascia più alcuno spazio di disciplina al disposto precettivo dell'articolo 56, comma 3-bis, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, che, pertanto, secondo le regole ordinarie del diritto e in base anche ai principi che governano l'abrogazione di leggi in caso di successione, deve ritenersi abrogato. È evidente, quindi, che questo svarione giuridico comporterà, nel caso di approvazione della norma in questione, un importante contenzioso. Peraltro, niente affatto pertinente appare il richiamo alla decisione della Commissione europea del 10 settembre 2021, che è contenuto in questo articolo stesso.

Non è, infatti, competenza dell'attività amministrativa, quale è sicuramente quella della Commissione europea, ma è piuttosto una competenza del giudice, e cioè della Corte di giustizia, la qualificazione concreta di una fattispecie. Il giudice, cioè, non potrà giudicare sulla base di quanto detto dalla Commissione prima del trasferimento, ma dovrà valutare la fattispecie sulla base del contratto che è successivo alla decisione. Pertanto, il richiamo alla decisione della Commissione contenuto nella norma di cui parliamo è del tutto inconferente.

Peraltro, con detta decisione, la Commissione europea prendeva solo atto della manifestazione di intenti del Governo italiano di voler attuare un'attività liquidatoria al fine di evitare di incorrere nel divieto di aiuti di Stato, e che ITA, quindi, dovesse restituire tali soldi. La decisione dettava così alcuni principi fondamentali e diceva che non c'è continuazione di attività economica poiché lo Stato italiano manifestava il duplice intento che l'assunzione dei dipendenti avvenisse attingendo al mercato e la vendita venisse perfezionata a favore di terzi e a prezzo di mercato. Ecco la duplice condizione dettata dalla Commissione. Orbene, questa decisione è del 10 settembre del 2021, ma il contratto è sottoscritto e perfezionato il 14 ottobre del 2021 e, quindi, esso è successivo alla decisione.

Si discosta macroscopicamente sia dalla dichiarazione d'intenti comunicata dall'Italia all'Unione europea, sia dal paradigma individuato dalla decisione stessa. Infatti, il contratto di cessione - peraltro devo ricordare che questo contratto è stato dapprima secretato e poi reso accessibile e ostensibile in giudizio a seguito della decisione del Consiglio di Stato del 25 gennaio 2023, n. 860, la quale ha motivato in forza degli obblighi di trasparenza che fanno carico alle società pubbliche, così come prevede il relativo testo unico - qualifica l'oggetto della cessione come segue, e qui proprio leggo pedissequamente: il venditore cede e trasferisce all'acquirente, che accetta e acquista, il complesso dei beni e dei rapporti giuridici funzionali a conseguire l'avvio e la gestione delle attività di volo di titolarità del venditore.

Si parla, e qui parlo proprio da giurista, di un vero e proprio contratto di cessione di ramo di azienda, perché evidentemente i beni sono considerati non nella loro identità atomistica, bensì nella loro complessità, quindi universitas, in quanto idonei all'esercizio dell'attività di quel ramo di impresa. Il contratto, peraltro, contiene in allegato l'elenco dei lavoratori, e mi chiedo perché mai questo elenco, se i rapporti di lavoro e i contratti non dovessero continuare.

Sono state svolte le consultazioni sindacali previste dall'articolo 47 della legge n. 428 del 1990. Sappiamo che queste consultazioni sono necessarie proprio quando vi sia continuità di impresa. E, allora, mi chiedo: perché mai queste consultazioni, come peraltro risulta dal testo del contratto, sono state espletate? Questo contratto contiene, a carico della società cedente, la garanzia della piena funzionalità del ramo cosiddetto aviation in favore della società cessionaria. In questo contratto si precisa che tutti - e dico tutti - gli asset relativi all'attività di trasporto aereo venivano ceduti e si dà in esso, quindi, atto che Alitalia cessa tutte - e dico tutte - le attività di trasporto aereo. ENAC, di conseguenza, provvedeva alla sospensione del certificato di operatore aereo della società Alitalia.

Solo la cessione di azienda ha consentito a ITA il mantenimento degli slot, che sappiamo essere il vero asset produttivo di una società di aviazione, come Alitalia e ITA. Peraltro, ITA non aveva una propria, pregressa attività di impresa, è società di nuova costituzione. Non aveva un'attività all'interno della quale innestare i beni acquistati da Alitalia, ma l'unica sua consistenza patrimoniale era proprio quella che aveva ricevuto da Alitalia a mezzo del rinomato - e noto - contratto di cessione di ramo d'azienda, tant'è vero che ITA ha potuto volare fin dal giorno dopo. L'una cessava alle ore 24 del 14 ottobre del 2021, l'altra dal minuto del giorno 15 ottobre del 2021. ITA ha potuto continuare a volare e senza soluzione di continuità rispetto ad Alitalia. Tutti i dipendenti di ITA provengono da Alitalia ed è difficile - pensiamo alla decisione europea che abbiamo richiamato - poter considerare tra di loro terze due società, quali Alitalia e ITA, che sono entrambe nella titolarità dell'unico soggetto: lo Stato. Questa era l'altra condizione posta proprio dall'Unione europea nella sua decisione.

Questa cessione, questo contratto veniva perfezionato al prezzo di un euro, un prezzo tale che non può sicuramente giustificarsi se non si tenga conto delle passività del cedente e, cioè, naturalmente, con la funzione di proteggere proprio il passaggio degli slot. È un dato questo - il prezzo di un euro - che, a nostro avviso, costringe all'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile. Infatti, la qualificazione di cessione non in continuità, ma liquidatoria, è incompatibile con il prezzo di un euro, un euro a fronte di ben 250 pagine di allegato, che elencano analiticamente tutti i beni - parliamo di velivoli aerei, parliamo di slot -, i quali sicuramente, nella sommatoria del loro valore unitario, non possono di certo valere un euro, salvo che non si ipotizzi proprio quella continuità per cui tutti quei rapporti di credito e di debito che intercorrevano con i lavoratori di Alitalia necessariamente passino ad ITA. È evidente che non si tratta di una fattispecie negoziale atomistica, ma di una fattispecie complessiva che riguarda, come dicevo, una universalità.

È un abuso giuridico questa norma, perché si qualifica strumentalmente come una norma interpretativa e ciò al solo fine di godere di quell'efficacia retroattiva che solo eccezionalmente può riconoscersi a una norma giuridica. L'efficacia retroattiva di una norma giuridica è un unicum nel nostro ordinamento. È evidente che la strumentalità dell'utilizzo di questa forma di norma, appunto la norma interpretativa a mezzo della sua qualificazione, costituisce un evidente abuso giuridico.

Signor Sottosegretario, peraltro questa norma è scritta assai male. È talmente mal scritta questa norma che, inevitabilmente, comporterà effetti negativi sulla stessa ITA, nel senso che nasce dall'esigenza di proteggere ITA, ma produrrà, come tutto ciò che è fatto male, esattamente gli effetti che si volevano evitare, in quanto porterà inevitabilmente ITA alla sua liquidazione giudiziale, subissata, come sarà, dai ricorsi dei concorrenti, e così si metteranno anche a repentaglio gli slot. Potrà determinare, peraltro, un possibile intervento della Commissione europea per il recupero da ITA proprio degli aiuti di Stato ed è esattamente la finalità che questa norma mal confezionata vorrebbe produrre, proprio perché, in tal caso, l'Italia avrebbe contravvenuto alla prescrizione a che la cessione avvenga a prezzo di mercato. Esporrà, peraltro, le società a iniziative giudiziali presso i tribunali ordinari, ma anche presso la Corte dei conti, per eventuali profili di responsabilità. Ma, soprattutto, questa norma non è accettabile - e qui concludo, signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghe e colleghi -, perché configura un modello di risoluzione delle crisi industriali che assume il costo delle pregresse gestioni, anche delle pregresse malae gestiones a carico dei lavoratori, e questo dal nostro punto di vista non è accettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1437-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione finanze, deputato Testa, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione attività produttive, deputato Barabotti, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon, che rinuncia.

Poiché l'ordine del giorno prevede che si possa passare al seguito dell'esame non prima delle ore 16, sospendo a questo punto la seduta fino a tale ora.

La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 16.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 74, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1437-A.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 1437-A.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1437-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1437-A​)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, a nome del Governo, e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1437-A: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio”, nel testo approvato dalle Commissioni riunite.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Purtroppo, ho perso tempo e non sono intervenuto, come avrei voluto, per un richiamo al Regolamento, articolo 8 e seguenti, come ho fatto in altre occasioni e come continuerò a fare.

Vede, signor Presidente, siamo alla trentatreesima fiducia. Un mese fa eravamo a 2-5 fiducie al mese, stiamo crescendo, ci sono, credo, altri 6-7 decreti prima della fine dell'anno e presto questo Governo arriverà a raggiungere e superare, per fiducie al mese, il governo Draghi e avrà nel mirino il Governo Monti, che erano due Governi tecnici, con maggioranze nate in Parlamento, certamente espressione del voto popolare, ma senza un mandato politico univoco e, quindi, per gli stessi si poteva giustificare il ricorso alla fiducia.

Io voglio dire due cose. Sul piano generale, signor Presidente, io credo che la Presidenza della Camera, rappresentando tutta la Camera - e quindi anche le opposizioni -, debba tutelare questo Parlamento da una prassi che sta stravolgendo la Costituzione; altro che riforma costituzionale come quella che avete proposto; già in essa è scritto che il Parlamento non conta più nulla perché viene eletto al seguito del rapporto diretto - e qui è il crisma del populismo - tra il leader e il popolo.

Questa è una prassi che umilia il Parlamento, lo svuota totalmente. C'è il record di decreti e il record di fiducie. Questo, signor Presidente porta - almeno dal punto di vista delle opposizioni - a essere totalmente estromesse dal processo legislativo, e questo è complessivamente inaccettabile, perché - lo ripeto e lo ripeterò all'infinito, signor Ministro Ciriani - voi siete un Governo espressione, come la Presidente del Consiglio ci ricorda 2-3 volte al giorno, di una maggioranza politica, se c'è, perché io comincio ad avere il sospetto che abbiate paura di confrontarvi con il voto sugli emendamenti.

Se noi, signor Presidente, accettiamo che anche un Governo che ha esplicitamente un mandato politico pieno, e la maggioranza è rappresentata dalla coalizione che si è proposta agli elettori, che anche questo Governo, non i Governi tecnici come il Governo Draghi, il Governo Monti e altri Governi frutti di maggioranze spurie, se appunto accettiamo - e noi non lo accettiamo e non parteciperemo al voto di fiducia neanche questa volta - che anche una maggioranza con un mandato politico, legislativamente, passi dai decreti omnibus alle fiducie, noi abbiamo tolto la funzione legislativa al Parlamento che ha, in tal guisa, solo una funzione di ratifica. Questo è inaccettabile, è una rivoluzione costituzionale de facto, appunto inaccettabile. Poi discuteremo anche di quella formale, quando arriverà anche in questa Camera. Lo dico al Ministro Ciriani. Nemmeno il Protocollo con l'Albania vogliono farci discutere in Parlamento. Signor Ministro - io sono andato a vedere e ho letto attentamente le agenzie che riportano quanto da lei detto; sono andato a vedere l'Accordo del 1995, quello del 1997 e quello del 2017 -, io non ritengo assolutamente, ma sarà la Camera - ho quasi chiuso, signor Presidente - a doverlo accertare, che quella sia la base giuridica per quel Protocollo, mi rifiuto di crederlo e vedremo come andrà a finire.

Quindi è inaccettabile, complessivamente, che questa maggioranza adotti questa prassi. Ci sono i precedenti, ma io mi rivolgo alla Presidenza della Camera, se voi accettate e se noi accettiamo che questa maggioranza, con un mandato pieno - non c'è scusa, non c'è un Governo tecnico o una maggioranza spuria - attui la prassi ormai costante, da record, dei decreti e delle fiducie, noi usciamo dalla Repubblica parlamentare e dai procedimenti legislativi ordinari, che ormai sono scomparsi per qualsiasi materia che abbia un minimo di rilevanza.

Chiudo. Su questa fiducia nello specifico c'è anche la beffa o lo sberleffo nei confronti del Parlamento, perché il Ministro sa - io non ero in Conferenza dei capigruppo, ma insomma non è un segreto di Stato - che le opposizioni avevano acconsentito a ridurre a un numero minimo le proposte emendative. Quindi, nemmeno 60 emendamenti possiamo votare in quest'Aula su un provvedimento? Questa è una rivoluzione costituzionale de facto, è uno stravolgimento della Repubblica e del regime parlamentare, che non è accettabile. E io comincio a pensare che non sia tanto, signor Ministro Ciriani, ormai la questione dei tempi, perché poi passeremo comprensibilmente 7-8 ore a discutere, votare e appassionarci - noi siamo appassionati - su ordini del giorno la cui rilevanza, come sappiamo, non è la stessa degli emendamenti. Quindi, non è una questione di tempi complessivi; è che voi, probabilmente, signor Ministro Ciriani: a) volete affermare con prepotenza il vostro dominio sul Parlamento; o b) avete paura che, di fronte a emendamenti che potrebbero cambiare le cose nella sostanza, la vostra maggioranza si squagli.

Per tutto questo, signor Presidente, con preghiera di riferire anche al Presidente Fontana, io credo che questa sia una prassi inaccettabile e ripeto, per l'ennesima volta, per quel che riguarda +Europa, inaccettata, non accettata.

PRESIDENTE. Onorevole Della Vedova, sicuramente mi farò parte diligente con il Presidente della Camera.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Sulle questioni legate al Regolamento, all'eccesso del numero di fiducie concordiamo con quanto dichiarato poc'anzi dal collega Della Vedova; questo tema è stato oggetto di una lettera sottoscritta da entrambi i capigruppo del Partito Democratico alla Camera e al Senato e inviate, rispettivamente, ai Presidenti della Camera e del Senato.

Io vorrei soffermarmi su questa fiducia. Signor Ministro, con grande rispetto per il suo ruolo, evidentemente lei, in un'occasione analoga, qualche settimana fa, si era lasciato andare a un commento molto duro nei confronti del Regolamento della Camera, dicendo sostanzialmente: se ci fosse il Regolamento del Senato non avremmo messo la fiducia, cosa non vera, ripeto, cosa non vera. E la riprova è quello che avviene adesso, perché è giusto che si sappia - la Conferenza dei capigruppo non ha un suo resoconto, ma le cose che si dicono in quella sede credo abbiano un valore -, siccome io ero presente in tale sede, assistendo la nostra capogruppo: lei, in quell'occasione, ha sostanzialmente detto che c'era una disponibilità del Governo a valutare di non porre la fiducia, a due condizioni. La prima era un numero di emendamenti limitato; la seconda era che si concordasse una data e un'ora di chiusura del provvedimento. Allora, lasciamo perdere la seconda, perché significherebbe, a questo punto, stravolgere completamente il Regolamento, io le faccio presente, signor Ministro che, a quanto ci consta, gli emendamenti presentati sono poco più di una sessantina, al netto evidentemente di qualcuno che potrà essere dichiarato fisiologicamente inammissibile. Questo gruppo, che è il principale gruppo di opposizione, numericamente, ha presentato 20 emendamenti su 68, che era il numero che ci risultava. Siamo, cioè, oltre la fisiologia. Detto in altri termini, abbiamo dato disponibilità concreta. Il problema, signor Ministro è che la questione è politica: il Re è nudo. Voi mettete le fiducie perché altrimenti, con gli emendamenti, scoppierebbero fino in fondo le contraddizioni interne alla vostra maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Abbiate il coraggio di dirlo fino in fondo! E questo aveva un nome e cognome: si trattava degli emendamenti sul rinvio del servizio di maggior tutela. Vi coprite con le fiducie. Coprite il fatto che è su questioni fondamentali. D'altronde, tutte le volte che il collega Costa presenta un ordine del giorno sulla giustizia, vi spaccate. E per non spaccarvi, vi rimettete all'Aula. Non si nasconda più, signor Ministro. Questa maggioranza non si nasconda più dietro al fatto che qui c'è un'opposizione che fa ostruzionismo e che impedisce sostanzialmente di non mettere la fiducia. Non è assolutamente vero. Dopo, in capigruppo, la collega Braga dirà altre cose, ma questo comportamento è inaccettabile. Assumetevi le vostre responsabilità politiche. Affrontate i nodi. Affrontateli nella sede in cui si esprime la volontà popolare. Questo è il punto. Stiamo stravolgendo la Costituzione, la Costituzione materiale che prevede, di fatto, un monocameralismo alternato, e la posizione della fiducia sistematica in tutti e due rami del Parlamento, al di là dei Regolamenti, è un comportamento che sta ledendo non solo i diritti dell'opposizione, ma state andando contro la Costituzione italiana. State mettendo in campo un altro modello. E io credo che di questo voi dobbiate assumervi la responsabilità.

Concludo con un richiamo, signor Presidente, che ha fatto già il collega Della Vedova, ma che vorrei riconfermare con forza: il Presidente, la Presidenza deve essere garante. In questo momento, come già avvenuto su un altro provvedimento, è in gioco il ruolo delle istituzioni, in particolare di questa Camera. In questo momento, da parlamentari, siamo semplici passacarte di decisioni assunte sostanzialmente dal Governo. Questo non è più un luogo in cui si esprime, nel dibattito, la possibilità anche di arrivare, chissà mai, ad approvare un emendamento dell'opposizione in Aula. È oltre un anno che siamo qui, io non ne ricordo uno, qualcuno in Commissione, vivaddio, sì. Ma ritorniamo - signor Ministro, la prego davvero - a una fisiologia nei rapporti tra Governo e Parlamento e tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Presidente, grazie della parola: almeno quello un po' ci rimane. Questo intervento sull'ordine dei lavori lo prendiamo, a questo punto, come un mezzo di discussione e di dibattito politico. Noi abbiamo cercato di dare qualsiasi tipo di contributo per il buon andamento dei lavori d'Aula, perché comunque è un momento difficile, c'è una guerra in corso, c'è una crisi sociale ed economica in corso. Quindi, abbiamo pensato, come MoVimento 5 Stelle, di cercare di dare il contributo massimo, in quest'Aula, in termini di emendamenti, di ordini del giorno, di atteggiamento propositivo. Il punto, Presidente, è che ne discuteremo in capigruppo, perché non credo si possa più andare avanti a questi livelli. Quindi, è ovvio che il tipo di atteggiamento sull'ordine dei lavori cambierà, perché noi, attualmente, continuiamo a chiedere informative su temi giganteschi del nostro Paese e il Governo scappa e non viene in Aula a parlare. Continuiamo a chiedere il Premier time, che è una cosa che da Regolamento sarebbe prevista ogni 2 mesi, quanto meno nella figura del Premier o del suo Vice, e di prassi sarebbe prevista ogni 6 mesi. E non riusciamo ad avere una data. Non riusciamo ad avere una data! È ovvio che stanno saltando tutti i criteri del rispetto istituzionale. Noi siamo tenuti a far capire a questo Governo che il rispetto di quest'Aula corrisponde al rispetto che si ha del Paese. Non è che, perché si è maggioranza, si può fare quel che si vuole, anche rispetto a elementi assolutamente procedurali e di buonsenso di quest'Aula.

Sono ormai troppe le situazioni e le occasioni per le quali, con riferimento al Governo Meloni, al netto di tutta la decretazione di urgenza, è stato costretto a intervenire il Presidente della Repubblica. Ci vogliamo mettere sopra tutte le richieste di comunicazioni importanti che il Governo ha mancato? Non c'è un atteggiamento che sia assolutamente costruttivo nei confronti dell'opposizione. Allora, se si cerca lo scontro, per noi va benissimo, lo si poteva dire in un'altra maniera, secondo me. Io sono più per la sincerità: vogliamo lo scontro? E scontro sia, senza dare questi messaggini di mancanza di rispetto. Quindi, noi andremo in capogruppo manifestando questo. Però, come ho già detto la scorsa settimana, l'ordine dei lavori e la correttezza che abbiamo avuto nei confronti di questa maggioranza, in primis, e anche del Governo, subito dopo, subiranno delle modifiche, perché si può avere un'idea, se ne può avere un'altra, si può votare tasto verde o tasso rosso rispetto a proposte di opposizione, ma in alcun modo è tollerabile un atteggiamento del genere. E quindi, su questo, il MoVimento 5 Stelle trarrà le sue dovute conseguenze e poi andrà così (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1437-A.

PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 16,30 presso la biblioteca del Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.

La seduta è sospesa e riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 16,20, è ripresa alle 18,30.

Sui lavori dell'Assemblea e nuova articolazione del vigente calendario dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 1437-A - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (da inviare al Senato – scadenza: 28 novembre 2023), nel testo delle Commissioni, è stata convenuta la seguente articolazione dei lavori per il periodo 14-17 novembre 2023:

Martedì 14 novembre

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1437-A - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (da inviare al Senato – scadenza: 28 novembre 2023).

(ore 14,30)

Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(ore 16)

Votazione per appello nominale sulla questione di fiducia.

(al termine e fino alle ore 20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Esame degli ordini del giorno.

Mercoledì 15 (ore 9,30-13,30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 16 novembre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 ed eventualmente nella giornata di venerdì 17 novembre)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1437-A - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (da inviare al Senato – scadenza: 28 novembre 2023) (per l'eventuale seguito dell'esame degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale).

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1324 ed abbinata - Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali (approvato dal Senato) (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 893-A e abbinate - Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione.

Seguito dell'esame delle mozioni Braga ed altri n. 1-00210 e Mari ed altri n. 1-00211 concernenti iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1342 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2022-2023 (a partire da giovedì 16 novembre).

Seguito dell'esame delle mozioni Polidori ed altri n. 1-00204 e Di Biase ed altri n. 1-00209 concernenti iniziative per la prevenzione e la cura del tumore al seno.

Mercoledì 15 novembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Mercoledì 15 novembre (pomeridiana, al termine delle votazioni)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1342 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2022-2023.

Venerdì 17 novembre (ore 9,30)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 899 - Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 28 novembre 2023).

Discussione sulle linee generali della mozione Ilaria Fontana ed altri n. 1-00207 in materia di politiche per il clima e impegni per la 28a conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28) di Dubai.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 218 e abbinate - Interventi per la prevenzione e la lotta contro il virus dell'immunodeficienza umana (HIV), la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), il papilloma virus umano (HPV) e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1538 - Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale, nonché disposizioni in materia di termini legislativi (approvato dal Senato).

Martedì 14 novembre, alle ore 17, avrà luogo la commemorazione dell'anniversario della strage di Nassiriya.

È stato altresì convenuto che il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1538 - Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale, nonché disposizioni in materia di termini legislativi (approvato dal Senato) sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di lunedì 20 novembre dopo l'esame del disegno di legge S. 899.

Martedì 21 novembre, alle ore 11, avranno luogo le comunicazioni del Governo sul Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria. La relativa organizzazione dei tempi sarà pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Mercoledì 13 dicembre, alle ore 15, avrà luogo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata con la partecipazione del Presidente del Consiglio dei ministri.

L'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge n. 1538 sarà definita dopo la conclusione dell'esame in sede referente.

Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.

(Segue sorteggio).

La chiama avrà inizio dalla deputata Gadda.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare la deputata Susanna Cherchi. Ne ha facoltà.

SUSANNA CHERCHI (M5S). Grazie, Presidente. Sabato 11 novembre i nostri social sono stati invasi da un video alquanto insolito: un leone, scappato da un circo, che camminava, tranquillo e indisturbato, tra le strade cittadine di Ladispoli, nell'incredulità dei cittadini. Il re della savana, tristissimo nella sua passeggiata, non ha scelto volontariamente di soggiornare nel litorale laziale; è stato costretto, in quanto destinato a una vita in gabbia all'interno di un circo, il tutto per far divertire bambini e genitori.

Rinnovo, quindi, la richiesta al Ministro Sangiuliano affinché si sbrighi ad adottare lo schema di decreto legislativo, atteso dal 2022, finalizzato a eliminare una volta per tutte l'utilizzo degli animali nei circhi. Non lo sto chiedendo io, ma il 76 per cento degli italiani, così com'è emerso da un'indagine commissionata dalla LAV. È una maggioranza bulgara che chiede che i fondi stanziati per gli spettacoli circensi vengano erogati solo a coloro i quali non - non! - utilizzino gli animali. Il leone, vittima innocente dell'insensibilità umana, è tornato mestamente dentro la sua gabbia. Noi dei 5 Stelle, sempre attenti al loro benessere, vogliamo dire basta: basta a questo genere di spettacolo che ne calpesta la dignità; basta alle gabbie, e mi riferisco anche a quelle degli allevamenti intensivi, dove gli animali, malati, sofferenti e spesso preda di topi famelici, nonché imbottiti di antibiotici, sono poi gli stessi la cui carne ci troviamo, a nostra insaputa, sulle tavole e sui nostri piatti, per non parlare dei polli al cloro, che prima o poi arriveranno anche in Italia, lavati con la varechina, e il manzo arricchito di ormoni. Insomma, è un orrore senza fine quello che devono sopportare questi animali.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 14 novembre 2023 - Ore 14,30:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio. (C. 1437-A​)

Relatori: TESTA, per la VI Commissione; BARABOTTI, per la X Commissione.

La seduta termina alle 18,40.