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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 193 di venerdì 10 novembre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO GIACHETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

ROBERTO GIACHETTI, Segretario, legge: Gaetano Vicari, da Enna, chiede misure per la valorizzazione e la tutela del lavoro casalingo delle donne (522) - alla XI Commissione (Lavoro);

Dario Bossi, da Montegrino Valtravaglia (Varese), chiede: iniziative per garantire l'immediata pubblicazione online e gratuita di tutte le sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione (523) - alla II Commissione (Giustizia);

la ratifica del Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (524) - alla III Commissione (Affari esteri);

misure per garantire che in caso di incidenti stradali il costo della pulizia del manto stradale non sia addebitato alle vittime (525) - alla IX Commissione (Trasporti);

la tempestiva adozione delle norme attuative della nuova disciplina in materia di trattamento dei dati contenuti nel centro elaborazione dati interforze (526) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Francesco Di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede: interventi a favore delle popolazioni della città di Maui nelle Hawaii colpite dai gravissimi incendi dell'agosto scorso (527) - alla III Commissione (Affari esteri);

iniziative per il miglioramento della qualità della vita, dell'ambiente e dell'alimentazione (528) - alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XII (Affari sociali);

la riduzione delle tariffe del servizio idrico in caso di suo malfunzionamento (529) - alla VIII Commissione (Ambiente);

il riconoscimento dei cimiteri quali monumenti nazionali (530) - alla VII Commissione (Cultura);

che soltanto i laureati in matematica possano insegnare matematica nelle scuole (531) - alla VII Commissione (Cultura);

l'istituzione della Giornata nazionale dell'operatore ecologico (532) - alla VIII Commissione (Ambiente);

l'aumento dell'importo delle pensioni per i lavoratori autonomi (533) - alla XI Commissione (Lavoro);

il rafforzamento dei controlli per verificare l'eventuale presenza di sostanze pericolose nei cibi e nei vaccini (534) - alla XII Commissione (Affari sociali);

iniziative per l'istituzione di una Corte mondiale di giustizia (535) - alla III Commissione (Affari esteri).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti circa la sicurezza delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri alla luce di un suo colloquio telefonico reso pubblico da numerosi media - n. 2-00263)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Braga ed altri n. 2-00263 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Casu se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, la nostra interpellanza si riferisce a un fatto, a nostro avviso, molto grave e preoccupante, che oggi finalmente viene affrontato in Parlamento.

In data 1° novembre siamo venuti a conoscenza di una conversazione telefonica, che dovrebbe essere avvenuta in data 18 settembre 2023, tra la Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, e un sedicente Presidente della Commissione dell'Unione Africana. Il contenuto della conversazione è stato pubblicato sulla piattaforma canadese Rumble e ripresa dall'agenzia russa Ria Novosti, diventando in brevissimo tempo virale sui social network. A spacciarsi per il Presidente della Commissione dell'Unione Africana sono stati due comici russi, Vovan e Lexus, che, inspiegabilmente, hanno fatto breccia nel sistema diplomatico e di sicurezza delle comunicazioni della Presidenza del Consiglio.

A seguito della diffusione del contenuto della conversazione, dapprima è stato costretto ad intervenire l'Ufficio del consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri, esprimendo il proprio rammarico per essere stato tratto in inganno da un impostore. In un secondo momento, è intervenuto anche il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, arrivando a sostenere che “La propaganda russa è disperata per il catastrofico andamento della loro cosiddetta operazione speciale, che si è tramutata in una continua sconfitta dell'esercito russo in terra ucraina”, facendo esplicito riferimento a presunti “propagandisti russi”.

Naturalmente, ci sono molti elementi che colpiscono di questo fatto e noi, nella nostra interpellanza, cerchiamo di porre quesiti molto precisi su due piani: da un lato, quello delle responsabilità rispetto a ciò che è accaduto e, dall'altro, quello delle responsabilità politiche che emergono in questa vicenda.

Che cosa è successo? Sicuramente c'è stata una catena imbarazzante di errori nella verifica dell'identità dell'interlocutore. Perché è grave? Perché, nel momento in cui il Presidente del Consiglio svolge una telefonata di questo tipo, sta comunque rappresentando il Paese in un'interlocuzione internazionale, tra l'altro in una settimana molto importante dal punto di vista internazionale, e il fatto che non ci sia stato un riscontro diretto che abbia consentito di certificare l'identità dell'interlocutore è molto, molto, molto preoccupante. Chiaramente ci sono state reazioni, ci sono state le dimissioni di Francesco Talo', però questo non basta, perché questi errori non sono commessi da una sola persona e sarebbe un errore immaginare di trovare un capro espiatorio di un'intera vicenda che interroga la Presidenza del Consiglio, la Presidente del Consiglio e tutti noi sulla nostra capacità di difenderci da questo tipo di attacchi. È una catena imbarazzante di errori che porta alla telefonata, ma poi c'è un secondo livello di preoccupazione politica, relativo a quello che si dice nella telefonata. Ci sono valutazioni sulla guerra in Ucraina, ci sono valutazioni sul rapporto fra l'Italia e la Francia, ci sono valutazioni sul rapporto con altri Paesi, che sicuramente non sono confacenti a un dialogo che si può avere con il leader dell'Unione Africana, perché sono molto incaute. Si sta parlando con un leader dell'Unione Africana e si sta trasmettendo una sensazione di stanchezza per una guerra in cui noi siamo coinvolti. E non dimentichiamo che quello che stiamo facendo, come comunità internazionale, a sostegno della difesa ucraina è fondamentale per impedire un'invasione e la distruzione dell'Ucraina e del popolo ucraino. Quindi, di fronte a questo, ci dev'essere la massima capacità di mantenere fede agli impegni presi.

Invece, all'indomani di questa telefonata, abbiamo avuto le prime pagine dei giornali di tutto il mondo che titolavano dello scherzo fatto alla Presidente Meloni e della stanchezza dell'Italia nei confronti di questo conflitto. C'è poi un elemento di preoccupazione ulteriore. La Presidente dice di essersi chiesta, verso la fine della telefonata, chi fosse il suo interlocutore e quindi, nell'ultima parte di questa telefonata, i cui contenuti sono ormai noti - e spero saranno spiegati nella risposta a questa interpellanza, altrimenti li lasceremo noi, agli atti parlamentari, andandoli a rileggere - è sorta una preoccupazione della Presidente del Consiglio. Ma dopo questa preoccupazione ci dev'essere stata un'azione: si deve essere rivolta al suo ufficio diplomatico e deve avere chiesto di portare avanti le verifiche del caso. Ora, la domanda che noi ci facciamo e che rivolgiamo al Governo è: queste verifiche cosa hanno generato? Qualcuno ha risposto che era tutto a posto e che la telefonata andava bene? O qualcuno non ha risposto, che è ancora più grave, perché vuol dire che, di fronte a una richiesta del Presidente del Consiglio che si rende conto che è sotto attacco in questo modo, si avvia una verifica e questa verifica non ha esito? Perché è preoccupante? Perché noi non siamo venuti a sapere di questa vicenda da una denuncia della Presidenza del Consiglio, che comunica di aver ricevuto questa telefonata e di aver avviato una verifica interna che ha evidenziato che siamo sotto attacco. L'abbiamo saputo 40 giorni dopo, quando altri hanno deciso di pubblicare quanto accaduto e, da questo punto di vista, noi vogliamo sapere con grande chiarezza - ripeto, con grande chiarezza - se queste verifiche effettivamente hanno prodotto risultati, che risultati hanno prodotto e, se non ne hanno prodotto, perché la Presidente del Consiglio, in 40 giorni, non ha sollecitato un riscontro dai suoi uffici su una telefonata, i cui contenuti si era resa conto che andavano in un'altra direzione. Tanto più, se è vero quello che stiamo apprendendo a mezzo stampa in queste ore, cioè che il 12 ottobre l'Unione africana aveva scritto una lettera per mettere in guardia i Paesi nei confronti del rischio di questo tipo di telefonate che stavano avvenendo, perché altri Paesi se ne stavano rendendo conto, lo avevano denunciato e quindi noi eravamo già stati avvisati il 12 ottobre. Quindi, sicuramente, di fronte a tutto questo livello di responsabilità, è necessario che ci sia un'azione che affronti il problema e, da questo punto di vista, preoccupa tantissimo anche la dichiarazione di Fazzolari che, nel tentativo di difendere la Presidente del Consiglio, nel mettere in campo un riferimento molto chiaro all'azione russa, all'attacco, al volersi infiltrare, pone un tema enorme, ma lo fa in un'intervista.

Ora, noi chiediamo, se veramente le gravissime dichiarazioni di Fazzolari si inseriscono in un disegno in relazione al quale lui ha più elementi di noi, di essere informati dal Governo, cioè se non c'è stato solo questo attacco, ma ce ne sono stati altri, se sono in corso altre verifiche su altre telefonate che ha ricevuto la Presidente del Consiglio, che si è rivolta ai suoi uffici per capire se i veri interlocutori erano altri, non lo vogliamo sapere dalla propaganda russa, ma dalla Presidente del Consiglio in Parlamento, dal Sottosegretario in Parlamento, li vogliamo vedere qui a dire a tutte le forze politiche - perché, di fronte a un attacco di questo tipo, non c'è destra e sinistra, né maggioranza e opposizione, ma l'Italia sotto attacco - che ci stanno attaccando con questi strumenti e che stiamo facendo questo per difenderci, per difendere le istituzioni e tutti noi. Sono tante le questioni aperte sui contenuti: c'è un livello che riguarda anche i migranti, l'ammissione di non trovare, in Europa, persone che rispondono, un'ammissione che la Presidente fa a questo interlocutore, ma che ci preoccupa di fronte alla complessità delle sfide che stiamo affrontando.

Di fronte a tutto questo, la nostra interpellanza pone quesiti molto chiari. Attendo naturalmente la risposta e, in base a questa risposta, articolerò poi la replica.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giuseppina Castiello, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPINA CASTIELLO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, nel merito del filtraggio diplomatico a tutela delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, come dichiarato dal Presidente stesso nella conferenza stampa a margine del Consiglio dei ministri del 3 novembre scorso, vi è stata una responsabilità da parte dell'ufficio del consigliere diplomatico. Nel dettaglio, è stata ricevuta sulla casella istituzionale di posta elettronica della segreteria del consigliere diplomatico, una richiesta firmata a nome del vicecapo di Gabinetto del Presidente della Commissione dell'Unione africana, già noto all'ufficio, in quanto presente fisicamente alla Conferenza di Roma su migranti e sviluppo del 23 luglio scorso, mediante la quale si richiedeva un colloquio telefonico dello stesso Presidente della Commissione dell'Unione africana con il Presidente del Consiglio in vista della 78a Assemblea generale dell'ONU. La comunicazione ricevuta proveniva dal dominio au-commission.org, ossia quello esatto del sito web ufficiale dell'Unione africana. L'Ufficio del consigliere diplomatico ha omesso di osservare le necessarie cautele di verifica della provenienza della richiesta. A seguito della telefonata, ha omesso il necessario approfondimento, dopo l'invito in tal senso rivolto dal Presidente del Consiglio che, a un certo momento della telefonata, aveva avuto perplessità sull'identità dell'interlocutore. Com'è noto, il consigliere diplomatico, ambasciatore Francesco Maria Talo', si è assunto la responsabilità dell'accaduto e ha conseguentemente presentato le dimissioni dal proprio incarico al Presidente del Consiglio dei ministri, che ha ritenuto di doverle accettare, non senza formulare all'ambasciatore apprezzamento per il suo operato a servizio delle istituzioni e per il gesto di responsabilità compiuto in questa occasione.

Quanto al contenuto, il Presidente del Consiglio ha ribadito, durante la telefonata, le stesse posizioni che mostra anche pubblicamente, confermando la coerenza del Governo in materia di politica internazionale. Nonostante l'impatto che le conseguenze del conflitto esercitano su una parte dell'opinione pubblica occidentale, si è ribadita la ferma volontà di proseguire nel sostegno all'Ucraina e che ogni accordo di pace sancisca il pieno rispetto del diritto internazionale.

Per quanto attiene alle correlazioni tra la telefonata e la propaganda russa, premesso che sul tema ha ampiamente riferito, nella giornata di ieri, al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il Sottosegretario Alfredo Mantovano, in qualità di autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, si ribadisce che numerose fonti aperte identificano i due personaggi autori della telefonata come vicini agli apparati di sicurezza russi e che, a prescindere da questo, la notizia della telefonata è stata rilanciata da canali di comunicazione notoriamente organici alla propaganda russa, talché i commenti riguardo alla correlazione della telefonata con tale propaganda derivano da logiche deduzioni basate su dati di dominio pubblico.

PRESIDENTE. L'onorevole Casu ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Purtroppo non sono soddisfatto, non posso essere soddisfatto. Quello che ci è stato ripetuto è quello che già sappiamo, che sappiamo dalla stampa. Per quanto riguarda il momento di confronto, cui giustamente è stato fatto riferimento, dell'onorevole Mantovano con il Copasir è stato indispensabile e giusto, il Copasir fa il suo lavoro e lo fa bene, ma noi abbiamo interrogato la Presidente del Consiglio su altri aspetti di carattere politico che non possono essere elusi, considerando quello il luogo del confronto; noi dobbiamo, in Parlamento, avere risposte a domande che abbiamo formulato anche oggi, risposte che non ci sono state date.

La prima, che è la domanda di tutte le domande, è legata al fatto che, se c'è stata una telefonata di questo tipo - provo a riformulare, perché evidentemente non sono stato chiaro nell'illustrazione - e, durante questa telefonata, è emersa una preoccupazione da parte della Presidente del Consiglio e ci sono stati 40 giorni prima che altre fonti esterne dessero la notizia di questa telefonata, cosa è avvenuto in quei 40 giorni? Che verifiche sono state effettuate e quale esito hanno dato? Noi non possiamo immaginare che il timing delle verifiche, in caso di attacco, venga dato dai nostri avversari, da altri che decidono quando far precipitare i titoli di Borsa o quando farci precipitare in una crisi politica.

È a rischio la tenuta delle nostre istituzioni. Quindi, vogliamo sapere cosa è successo in quei 40 giorni: se sono state svolte tutte le verifiche del caso e hanno dato esito positivo, c'è una serie di responsabilità. Condividiamo il fatto che sia necessario riconoscere la nobiltà del gesto delle dimissioni, ma la nobiltà delle dimissioni di un singolo non può coprire una catena imbarazzante di errori che coinvolgono anche altri soggetti. Quindi, se in quei 40 giorni qualcuno ha detto alla Presidente Meloni: “È tutto a posto!”, quel qualcuno deve rispondere per averlo detto. Ma se, invece, in quei 40 giorni nessuno ha risposto, se la cosa è rimasta lì, in un lungo elenco di telefonate che si fanno nel corso di una settimana di un vertice, senza sapere con chi si stava parlando, lasciando in mano a qualcuno questi dati per 40 giorni (e hanno scelto loro quando farli uscire), allora perlomeno ci dica, se non ci vuole dire altro, quante altre situazioni di questo tipo ci possono essere. Quante altre telefonate possono essere avvenute, in queste settimane e mesi, per cui la Presidente del Consiglio ha avuto un dubbio, si è rivolta ai suoi uffici e nessuno le ha dato un riscontro, una risposta. Questo bivio è indispensabile affrontarlo, conoscerlo e saperlo qui, in Parlamento, di fronte alle forze di maggioranza, di fronte alle forze di opposizione, di fronte al Paese, perché riguarda tutto il Paese. Non riguarda solo Giorgia Meloni, riguarda la sicurezza di tutti noi e un tema su cui c'è una fragilità enorme del nostro sistema Paese.

Gli ultimi dati dicono che, nell'ultimo anno, forse il 98 per cento delle imprese italiane ha subito almeno un cyber attacco. I nostri dati sensibili e strategici sono a rischio. Secondo alcune stime la percentuale di aumento dei cyber attacchi, anno per anno, è del 185 per cento. Se siamo così vulnerabili persino al vertice della nostra Presidenza del Consiglio e se, grazie all'innovazione, sono disponibili strumenti sempre più efficaci per poter bucare i sistemi difensivi, vogliamo sapere cosa sta facendo il Governo per alzare la guardia degli investimenti, degli interventi, dei protocolli e dei criteri per difendere la sicurezza della Presidenza del Consiglio, delle istituzioni, ma anche di quelle locali, delle regioni, dei comuni, dei sistemi sanitari, delle nostre imprese, le grandi come le piccole, perché, altrimenti, rischiamo veramente di essere di fronte a una voragine in cui stiamo precipitando.

Da questo punto di vista, non ci può essere una risposta d'ufficio: ci deve essere un'assunzione di responsabilità politica. Ora la Premier è stata sollecitata più volte dai gruppi di opposizione, unitariamente, a rispondere in quest'Aula a un premier time. L'abbiamo chiesto in ogni sede ed è stato rinnovato anche questa settimana da tutti i gruppi di opposizione e questo non sta avvenendo. Oggi l'abbiamo interpellata: abbiamo chiesto a Giorgia Meloni di essere qui a rispondere e ad assumersi la responsabilità politica di quanto è successo e ha mandato una sua rappresentante ma non abbiamo la possibilità di avere questo confronto in Aula. Abbiamo tante questioni importanti con riferimento alle quali il Parlamento chiede alla Presidente di esserci.

La Presidente non può sfuggire al confronto con il Parlamento, non può sfuggire al confronto con il Paese e ci deve rispondere a questa domanda. Purtroppo, non possiamo essere soddisfatti della risposta, non sappiamo che verifiche sono state fatte, non sappiamo quante altre situazioni come questa ci sono in campo. Sappiamo solamente che c'è stata una serie di dichiarazioni e di reazioni dopo che la notizia è stata resa pubblica, ma questo lo sapevamo già dal momento in cui è stata resa pubblica. Quindi, quel passo in avanti delle istituzioni - che poteva rappresentare, anche per il Governo, un certo atteggiamento dell'opposizione nel senso di chiedere di portare in Parlamento questo tema e affrontarlo - non è stato colto dalla Presidente del Consiglio e ciò che è più grave è che fa male non solo a lei, ma a tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Iniziative di competenza volte a rispondere alla carenza di personale nella pubblica amministrazione, con particolare riferimento allo scorrimento delle graduatorie Ripam - n. 2-00262)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Casu ed altri n. 2-00262 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Casu se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA CASU (PD-IDP). Signor Presidente, naturalmente intendo intervenire, anche perché passiamo a un altro tema altrettanto importante e lo facciamo in una settimana che è stata particolarmente importante, perché proprio qui alla Camera dei deputati, lo scorso 7 novembre, c'è stato un incontro promosso, unitariamente, dai sindacati, dalla CGIL, CISL e UIL della pubblica amministrazione, insieme ai comitati Cufa, Cuaamm, Cire, Unico Lavoro su un tema cruciale, fondamentale: la necessità di rafforzamento della nostra pubblica amministrazione. Nella nostra interpellanza partiamo da alcuni dati che sono conosciuti benissimo dal Governo sulla gravissima sofferenza e mancanza di energie e di personale, soprattutto dovuto alle esigenze del turn over ma anche alle esigenze che si profilano: abbiamo la sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza, abbiamo tante sfide di fronte. Entro il 2026 circa 300.000 lavoratori del settore pubblico andranno in quiescenza, nel 2033 oltre un milione di dipendenti pubblici andrà in pensione. Vi è un piano di 340.000 nuove assunzioni nelle pubbliche amministrazioni per il biennio 2023-2024 che è stato annunciato dal Ministro Zangrillo e di fronte a questo abbiamo un'opportunità. Abbiamo i concorsi unici in corso di validità. Sicuramente i concorsi Ripam, ma anche altri concorsi che ci garantiscono un personale altamente qualificato e dotato di ampie capacità professionali e tecniche, che è immediatamente disponibile per rispondere alle esigenze di rafforzamento e di rinnovamento della pubblica amministrazione.

Questo è uno strumento che è stato utilizzato anche recentemente; il 17 ottobre si è proceduto allo scorrimento di 5.253 idonei nella graduatoria del concorso Ripam per 2.293 assistenti. Inoltre - e qui è la ragione della nostra interpellanza e vado a presentare la domanda -, su questo tema, su cui c'è unità da parte delle forze sindacali, su cui c'è condivisione da parte delle forze politiche di maggioranza e opposizione, anche nell'atto della conversione del decreto PA-1 e del decreto PA-2, il Parlamento è intervenuto unitariamente. Abbiamo presentato alcuni emendamenti di opposizione che sono stati approvati in Commissione e ordini del giorno che sono stati approvati in Aula, che dimostrano come ci possa essere veramente un'azione che va nella direzione di rafforzare e rinnovare immediatamente la pubblica amministrazione.

Alcuni di questi impegni li vado a ricordare. Il 29 maggio 2023 abbiamo approvato un emendamento nel decreto PA-2 che autorizza le amministrazioni centrali e le agenzie a stipulare convenzioni volte a reclutare il personale per il tramite della commissione Ripam in corso di validità. Il 6 giugno 2023 è stato approvato un ordine del giorno che invita il Governo a compiere tutte le azioni e le iniziative utili affinché queste convenzioni vengano fatte nel tempo più rapido possibile. Il 26 luglio abbiamo approvato un altro emendamento in cui, per quanto riguarda le assunzioni direttamente determinate dal decreto PA-2, si potesse procedere attraverso questo strumento delle convenzioni. Il 31 luglio 2023 abbiamo approvato un ordine del giorno in cui si dice una cosa molto importante sul tema delle tempistiche. Lo abbiamo visto anche in questo caso: otto mesi tra una chiamata e l'altra. Noi abbiamo una situazione nella quale dobbiamo intervenire e non è una responsabilità - lo voglio dire chiaramente - di questo Governo.

Sono responsabilità che hanno una lunga storia, però abbiamo tempi troppo lunghi: non può essere che, tra il fare un concorso, chiamare le persone, e se poi una persona non accetta, se ne chiama una persona dopo, trascorrano sei, otto, dieci mesi. Questo perché la sofferenza della nostra pubblica amministrazione (abbiamo visto i numeri solo delle persone che stanno andando in pensione) determina una situazione in cui non avere il ricambio per un anno, due anni, tre anni significa chiudere quell'ufficio.

Con l'interpellanza in esame poniamo tre domande. La prima: quali sono state le iniziative messe in campo dal Governo per stipulare le convenzioni nel tempo più rapido possibile, come ci siamo impegnati insieme a fare cinque mesi fa. La seconda: quali sono state le iniziative messe in campo per accelerare e semplificare le procedure, come ci siamo impegnati collettivamente a fare tre mesi fa. E poi l'ultima - e questa è la più importante - che ci consente di mandare qui dal Parlamento un segnale chiaro a tutte le persone che stanno aspettando di avere una risposta a questa domanda, ossia quale sia il numero complessivo di assunzioni previste per assistenti e funzionari nell'anno 2023-2024 da parte delle amministrazioni centrali e delle agenzie, attraverso l'utilizzo delle graduatorie Ripam in corso di validità, sulla base delle gravi carenze di organico già formalmente dichiarate dalle amministrazioni con la pubblicazione del PIAO 2023.

Perché dico che è la più importante? Perché dobbiamo avere un messaggio chiaro. Se si vuole procedere con questi scorrimenti, lo si deve dire. In questo caso, c'è una situazione anche di alcune di queste graduatorie che, a febbraio, andranno in scadenza e bisogna garantire la necessaria proroga per consentire che questo procedimento sia ultimato nelle procedure del caso. Se riuscissimo a riformare il sistema, forse non bisognerebbe nemmeno aspettare febbraio, si potrebbe fare subito, ma, se sono necessarie tempistiche più lunghe, nelle more dei cambiamenti necessari, dobbiamo procedere e dobbiamo farlo.

Una cosa, però, ci tengo a dirla - prima di ascoltare, con grande attenzione, la risposta - nella speranza, nella replica, di poter dare atto al Governo dell'impegno assunto, del coronamento dell'impegno assunto e di un messaggio che sicuramente è molto atteso dal Paese. Vorrei dire che, nell'attuale situazione gravissima della pubblica amministrazione, non abbiamo un'alternativa tra fare gli scorrimenti della graduatoria o fare i concorsi.

Utilizzare, nell'emergenza in cui siamo, gli scorrimenti delle graduatorie per dare un'immediata risposta a uffici che stanno rischiando di chiudere - provate ad andare a fare la carta d'identità in qualunque comune, non è una questione di un'amministrazione rispetto a un'altra, è una questione delle difficoltà che abbiamo da un punto di vista del personale a ogni livello, a ogni livello pubblico, nelle nostre agenzie, in tutto quello che stiamo facendo, e stiamo affrontando la sfida del PNRR senza avere le gambe, le braccia, le intelligenze, i cervelli che facciano funzionare la nostra macchina pubblica per portare avanti questa sfida -, quindi, utilizzare lo scorrimento delle graduatorie per avere immediatamente queste energie fresche, pronte, disponibili dentro la pubblica amministrazione, e costruire un sistema di concorsi per continuare a rafforzarla non è alternativo, non sono cose alternative, ma vanno fatte entrambe le cose.

La domanda è se fare entrambe le cose o non fare nessuna delle due cose. Le risorse del turnover ci sono. Nel momento in cui una persona va in pensione, non serve determinare nuove risorse, quelle risorse sono già in capo a quella voce, ma bisogna semplificare il tempo per cui quella persona possa essere sostituita. Questa cosa non serve semplicemente ad aprire una porta a una nuova generazione che la sta aspettando, ma serve anche a rendere più forte la pubblica amministrazione oggi, perché me ne accorgo anche in quest'Aula.

Quando sono arrivato, ci ho messo tutto il mio entusiasmo, tutta la mia voglia di affrontare i temi, e ho visto spesso nell'occhio anche di colleghe e colleghi più grandi di me, nel vedere tutta questa passione che gli ha ricordato, magari, l'inizio della loro passione, riaccendersi una luce. Così succede in tutti gli uffici, succede in tutti i luoghi di lavoro: quando entra qualcuno di nuovo, porta una nuova generazione, una nuova prospettiva nei confronti della vita, degli anni che stiamo vivendo.

Se non facciamo questa iniezione di nuove energie dentro la pubblica amministrazione, rischiamo di affrontare sfide sempre più complesse con energie sempre più stanche, e, invece, questa cosa la possiamo mettere in campo. Questo è un tema su cui può esserci veramente una condivisione totale tra maggioranza e opposizione, e potrebbe dare un'energia fortissima alla pubblica amministrazione attraverso, nell'immediato, questi scorrimenti, che, anche se si facessero tutti, per tutte le graduatorie in corso di validità, andrebbero a toccare una minima parte di quel milione di persone di cui abbiamo bisogno da qui al 2033.

E poi, contemporaneamente, occorre avviare una grande stagione di concorsi sulle nuove competenze, sulle nuove energie, anche tenendo conto dei cambiamenti, delle trasformazioni che dobbiamo fare per quanto riguarda la digitalizzazione della nostra amministrazione, per quanto riguarda i passi in avanti che dobbiamo compiere, ma con la forza di farlo. L'alternativa non è fare lo scorrimento di graduatorie o fare i concorsi. È mandare a sbattere la pubblica amministrazione e il Paese oppure cercare di avviare una politica di rinnovamento e di rafforzamento fatta di più fasi, che metta in campo, oggi, lo scorrimento immediato delle graduatorie per le esigenze più necessarie del PIAO 2023-2024 per queste 340.000 assunzioni di cui parla Zangrillo, e poi, contemporaneamente, nuovi concorsi, ma anche con nuove tecniche che rendano, da un punto di vista procedurale, più rapidi i concorsi, più rapidi gli scorrimenti, più rapido il tempo dal momento in cui si decide di fare entrare in una pubblica amministrazione al momento in cui questa persona si mette al servizio di tutti i cittadini, della nostra Costituzione, dei diritti sociali, dei diritti civili e dei diritti politici, perché a questo serve la pubblica amministrazione italiana.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giuseppina Castiello, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPINA CASTIELLO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Grazie, Presidente. Nel merito delle questioni sollevate, si evidenzia che lo scorrimento di graduatorie è una facoltà che le pubbliche amministrazioni hanno a disposizione per la copertura dei posti vacanti. Si rappresenta che il Dipartimento della funzione pubblica è da sempre impegnato nella ricognizione dei fabbisogni e delle richieste di scorrimento delle graduatorie dei concorsi unici.

Il dato sul numero delle assunzioni che saranno effettuate tramite scorrimento sarà definito sulla base delle scelte gestionali delle singole amministrazioni a fronte del relativo PIAO, Piano integrato di attività e organizzazione, e di eventuali disposizioni speciali con cui sono autorizzate nuove assunzioni.

Si tratta, ad ogni modo, di procedure complesse, che, a tutela dei candidati in posizione utile e delle amministrazioni, richiedono specifici tempi tecnici. Infatti, laddove non si attendesse la conclusione delle assunzioni da parte delle amministrazioni di prima assegnazione, ai fini del nuovo scorrimento, si determinerebbe il rischio di perdita di chance da parte dei candidati rinunciatari, che non decadono dall'assunzione, ma che paradossalmente sarebbero superati dagli idonei non vincitori collocati in posizione più bassa nella graduatoria.

Non di meno, proprio con riguardo agli impegni assunti dal Governo con gli atti di indirizzo citati dall'onorevole interpellante, si rappresenta che, tra le misure adottate per semplificare gli scorrimenti delle graduatorie, il Dipartimento della funzione pubblica ha messo a disposizione delle pubbliche amministrazioni richiedenti il portale inPA, che, con soluzioni digitali rapide e trasparenti, consente ai candidati delle graduatorie dei concorsi unici di manifestare le proprie preferenze rispetto alla pubblica amministrazione o alla sede della singola amministrazione in base a criteri regolatori vigenti e all'ordine di graduatoria.

Attraverso questa soluzione, cui si aggiunge l'istituzione di un canale di assistenza dedicato, le amministrazioni possono comprimere i tempi di assunzione del nuovo capitale umano. Con riguardo, invece, al numero complessivo di assunzioni previste per assistenti e funzionari nell'anno 2023-2024 da parte delle amministrazioni centrali e delle agenzie attraverso l'utilizzo delle graduatorie Ripam in corso di validità, si richiamano i seguenti concorsi. Concorso unico per funzionari amministrativi, per cui è stato organizzato lo scorrimento per 1.396 posizioni totali della graduatoria. Concorso pubblico per 2.293 unità di personale, per cui è stato organizzato lo scorrimento di 543 unità. Tenuto conto delle istanze pervenute dalle amministrazioni per la sostituzione di vincitori rinunciatari e delle richieste di attingimento, a fronte del numero di idonei in posizione utile, si è proceduto allo scorrimento fino all'esaurimento della graduatoria. Concorso pubblico per 2.293 unità di personale per la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'Economia e delle finanze, il Ministero dell'Interno, il Ministero della Cultura e per l'Avvocatura dello Stato. Tenuto conto delle istanze pervenute dalle amministrazioni per la sostituzione di vincitori rinunciatari, nonché delle richieste di attingimento, si è proceduto allo scorrimento di 5.253 posizioni totali della graduatoria.

Concorso per il Ministero della Cultura per il reclutamento di 1.052 unità di personale. In questo caso, il Ministero interessato ha richiesto scorrimento della graduatoria per l'assunzione di 886 unità. Concorso pubblico per 1.514 posti, elevati a 1.541, per il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l'Ispettorato nazionale del lavoro e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, per cui si è proceduto allo scorrimento di 465 posizioni della graduatoria per l'Ispettorato nazionale del lavoro, 188 posizioni della graduatoria per l'Ispettorato nazionale del lavoro, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Infine il concorso 500 PNRR, rispetto al quale gli scorrimenti sono ancora in corso per l'esaurimento dell'ultima graduatoria disponibile.

PRESIDENTE. Il deputato Casu ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente, sono soddisfatto per alcuni aspetti di questa risposta, perché vanno a segnalare l'attenzione del Governo nel dare seguito a impegni che non sono stati presi solo con chi ha presentato l'ordine del giorno, ma con tutto il Parlamento, ed è questa la direzione che dobbiamo seguire per trovare una soluzione a questo problema.

Mi convince l'idea, attraverso la digitalizzazione, di cercare di rendere più rapide le procedure, e anche la notizia, che abbiamo avuto oggi, della messa a disposizione di nuovi strumenti che vanno in questa direzione. Colgo l'occasione per segnalare un'ulteriore opportunità.

Noi abbiamo una situazione di multivincitori molto presente. Spesso, quando viene posto il tema, si dice “facciamo un nuovo concorso, non utilizziamo quella graduatoria”, poi si fa il nuovo concorso e rivincono gli stessi che avevano vinto il concorso precedente. Ci sono persone che hanno vinto uno, due, tre, quattro concorsi, quindi c'è una situazione per cui chi fa i concorsi per fare un determinato lavoro li conosce, ne conosce la materia, è pronto a farne anche di nuovi. Quindi, spesso, fare un nuovo concorso significa semplicemente richiamare all'ordine le stesse persone a farlo, con il rischio sempre di perderci una generazione, perché per il blocco delle assunzioni e dei concorsi - per esempio, parlo per la mia generazione -, c'è una generazione che ha vissuto una lunga stagione in cui non si riuscivano a fare i concorsi. Quindi, se si decide ogni volta di ricominciare questo gioco dell'oca, rischiamo di perdere come generazione coloro che sono arrivati, alla fine, ai limiti di età, a fare i concorsi, e sarebbe un danno enorme per il Paese.

Da questo punto di vista, forse, c'è una cosa che si potrebbe fare. Ad esempio, lei, giustamente, ha segnalato come noi dobbiamo considerare che ci siano degli enti banditori e, poi, degli altri enti che possano avere necessità di ulteriori energie. Ecco, se una persona non è interessata ad andare da nessun'altra parte, se non nel posto per cui è stato bandito il concorso, il fatto che questa cosa venga esplicitata - “io voglio andare solamente lì” - potrebbe diventare un'impostazione di default. Cioè, io faccio il concorso in quel Ministero, voglio andare in quel Ministero, non accetterò altre proposte perché non sono interessato a trasferirmi in altre amministrazioni. Se si verifica una possibilità di scorrimento, non bisogna aspettare 6 mesi, richiamare questa persona, che non accetta, perché ha già dichiarato che è interessata solo a questo. Questo semplificherebbe fortemente la possibilità di scorrimento e le tempistiche di scorrimento. Esistono tante possibilità concrete. Su questo, le forze sindacali, i comitati hanno elaborato molte proposte, molte iniziative e, sicuramente, è molto utile cercare di fare un passo in avanti in più.

Dal punto di vista del numero complessivo, io risentirò - anzi, se la Sottosegretaria avrà la gentilezza di darmi la risposta anche in forma scritta - tutti gli aspetti; non ho sentito, però, la risposta sul numero complessivo non delle cose già fatte, ma delle cose che si intendono fare. Da questo punto di vista, penso che sia molto importante saperlo, perché, se noi abbiamo un'idea e una contezza della strategia sulle 340.000 assunzioni che vengono dichiarate dal Ministro Zangrillo - come ci si vuole arrivare? Ci si vuole arrivare in quota parte con lo scorrimento delle graduatorie, in quota parte con nuovi concorsi? - avremo modo di dare segnali chiari dalle istituzioni alle persone che guardano a queste scelte per determinare anche le proprie scelte di vita. Perché noi parliamo spesso di politiche per la famiglia, per l'aspetto demografico, ma io posso dirvi che non c'è niente di più importante nella vita di una persona del lavoro. Nel momento in cui si sa che c'è la possibilità di avere un lavoro, si può programmare un'esistenza, si può programmare una famiglia, si può programmare una vita; se si vive nella precarietà di un concorso dopo l'altro, si vincono i concorsi, non arrivano le chiamate, alla fine, poi, scadono le graduatorie e devi rifare il concorso per riuscire a rientrare, è chiaro che chiediamo alla nostre nuove generazioni di fare una corsa ad ostacoli che non porta a nulla.

Quindi, la cosa veramente importante da capire, che oggi non sono riuscito a cogliere e spero che avremo modo di cogliere nelle prossime ore, è quale sia il numero complessivo delle assunzioni, quante attraverso gli scorrimenti e, allora, in base a questo, la valutazione sulle proroghe, perché, l'ho sempre detto, la proroga deve essere funzionale al completamento di una procedura. Non è che noi dobbiamo alimentare graduatorie che durino all'infinito per persone che non saranno mai chiamate, prolungando un'attesa senza fine. Noi dobbiamo sapere: abbiamo bisogno di persone, queste persone ci sono, le possiamo chiamare subito, quante ne chiamiamo? Per quelli che chiamiamo, creiamo il sistema delle proroghe necessario per farli entrare, a quelli che il Governo ha già deciso di non chiamare, gli si dice molto chiaramente: non sarete chiamati perché, da qui ai prossimi due anni, intendiamo assumere cento persone, piuttosto che mille . Mi rendo conto che non è semplice una risposta a questa domanda e sono pronto, dall'opposizione, a fare tutto ciò che posso per sostenere un percorso di chiarezza, però penso che questo percorso semplificherebbe la vita di tutti: per noi, qui, in queste aule, e per le persone che stanno aspettando una risposta.

In più, segnalo un elemento, una riflessione di fondo molto importante. Attraverso i PIAO, abbiamo un'idea del fabbisogno, delle persone, però abbiamo delle regole, attualmente, che creano un sistema molto complesso. Provo a dirlo semplicemente. Nel momento in cui abbiamo dei vincoli di bilancio che ci impongono di mantenere determinate quote, nel momento in cui il personale va in pensione e devo decidere se far entrare un personale più qualificato o fare entrare un personale meno qualificato, io devo ridurre il numero di posti a disposizione per poter assumere una persona più qualificata. Questo sistema cosa sta generando? Sta generando una prima linea di funzionamento dei nostri uffici pubblici sempre più sguarnita, perché, spesso, nel momento in cui una figura che ha un ruolo di responsabilità va in pensione, c'è l'esigenza insopprimibile di sostituire quella figura, ma quella sostituzione impedisce la sostituzione delle altre quattro persone che lavoravano con quella figura. Ed è quel fenomeno che, poi, rende impossibile rifare la carta di identità, perché, magari, la persona al vertice di quell'ufficio è stata sostituita, ma vi sono sempre tutte le persone intorno.

Quindi, la richiesta che rivolgo al Governo è: ragioniamo insieme su come passare da una valutazione legata solo ai vincoli di bilancio a una legata anche alle funzioni che devono essere sostituite e, se ci deve essere un risparmio, cerchiamo di farlo non in maniera contabile, ma sulle funzioni che possono essere sostituite rispetto a quelle funzioni che non possono essere sostituite, garantendo poi, alle persone che entrano, magari - e può succedere e sarebbe giusto -, un percorso anche di crescita e di acquisizione di nuove competenze. Intanto si entra, si lavora nella prima linea, si continua a studiare e crescere nella pubblica amministrazione per assumere maggiori responsabilità. Io credo anche su questo sia necessaria una riflessione.

(Iniziative di competenza, anche normative, per la tutela degli iscritti al fondo pensione per il personale del gruppo Unicredit - n. 2-00245)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Francesco Silvestri ed altri n. 2-00245 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Francesco Silvestri se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Intendo assolutamente illustrarla, perché finalmente questo problema arriva in un'aula degna, nell'Aula della Camera dei deputati e siamo qui, oggi, per ascoltare la risposta del Governo su un problema veramente molto importante.

Io ho interpellato il Ministro dell'Economia e delle finanze e il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali a fronte di una problematica che riguarda dei fondi pensione al cui interno ci sono 20.000 iscritti: 3.000 attualmente in servizio, circa 15.000 pensionati, donne e uomini che hanno lavorato per 40 anni. Premetto che una parte di questi lavoratori ha avuto un'iscrizione praticamente obbligatoria a questo fondo, alla stipula del suo contratto.

Oggi siamo qui a discutere perché tutta quella che è stata la strategia di questo fondo ha portato a una riduzione drastica degli importi erogati ai beneficiari, una strategia, quantomeno, discutibile. Mi limito a dire “discutibile” perché sono nell'Aula della Camera dei deputati; se avessi davanti lo stratega che ha fatto la pianificazione, probabilmente, sarei un po' meno educato.

Per fare una fotografia di questa situazione, basti pensare che il famoso complesso di via Tupini in Roma, ante bilancio 2022, rappresentava circa un sesto dell'intero patrimonio, dopo il bilancio del 2022 rappresenta la metà dell'intero patrimonio. Con questa fotografia voglio semplicemente far capire quanto sbagliate siano state la pianificazione e le strategie che non hanno avuto una ripercussione, probabilmente, su chi le ha fatte, ma hanno avuto una ripercussione su 20.000 persone, che oggi, anzi, in realtà da tempo, chiedono una risposta dello Stato per capire se lo Stato è dalla loro parte o meno. Questo si è consumato anche in una manifestazione in piazza, dove queste persone hanno espresso le stesse domande che stiamo facendo oggi, in quest'Aula parlamentare.

Allora, le chiedo semplicemente tre cose: la prima, se il Governo ravvisi in questa situazione attività illegittime. Attenzione, non ho detto illecite, ma illegittime, perché, a mio avviso, queste sono proprie di questa situazione.

La seconda cosa è se il Governo intenda, comunque, sostenere con interventi gli iscritti a questo fondo e la terza, probabilmente la più importante, è se il Governo in questo momento possa fare da intermediario, vista la sua forza e la sua posizione di forza nei confronti delle banche, della banca UniCredit, affinché questa risoluzione si consumi in una maniera sicuramente più dignitosa e - mi permetta - anche più giusta. Quindi attendo questa risposta, e non solo io, ovviamente, poi, dirò quello che penso in replica.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giuseppina Castiello, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPINA CASTIELLO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. In merito alle questioni sollevate dagli interpellanti aventi a oggetto le vicende relative alla capienza del Fondo pensioni per il personale ex Banca di Roma, attualmente UniCredit, rilevo che le questioni poste attengono prioritariamente alla vigilanza esercitata dalla Covip, in quanto autorità che sovraintende alla previdenza complementare e che ha il compito di accertare e sanzionare i comportamenti non aderenti alla normativa. Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, invece, svolge un ruolo di vigilanza.

Vengo ora al merito della questione, sulla scorta degli elementi forniti dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, la Covip. Il Fondo pensione ex Banca di Roma è confluito nel Fondo pensione per il personale delle aziende del gruppo UniCredit a partire dal gennaio 2021, in attuazione di due specifici accordi stipulati nel 2018 e nel 2020. Più in generale, l'operazione di confluenza del Fondo si inserisce all'interno di un processo di razionalizzazione complessiva del sistema di previdenza complementare, che il gruppo UniCredit ha avviato attraverso un accordo programmatico siglato in data 8 ottobre 2015, secondo quanto disposto dall'articolo 7, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 252 del 2005. Tale norma interviene nell'ambito della regolamentazione delle forme pensionistiche complementari e riconosce alle fonti istitutive dei fondi pensione che procedono all'erogazione diretta delle rendite la possibilità, in caso di incapienza del fondo rispetto al complesso degli impegni finanziari esistenti, di rideterminare la disciplina, non solo, del finanziamento, ma, anche, delle prestazioni. In questo modo, la disposizione rimette alle parti la decisione di adottare tutte le misure necessarie ad assicurare la disponibilità dei mezzi patrimoniali adeguati a garantire l'erogazione delle prestazioni.

Ciò posto, l'accordo stipulato nel 2015 ha previsto l'introduzione di modifiche statutarie del Fondo UniCredit, oltre che di un piano di riequilibrio fondato su diverse fasi, l'ultima delle quali è stata avviata nel 2019, attraverso apposite intese stipulate tra le parti sociali. Tali intese, al fine di dare omogeneità di trattamento ai soggetti interessati, hanno dettato disposizioni uniformi relativamente alle prerogative da riconoscere alle platee di iscritti. In particolare, per ogni platea è stato istituito un patrimonio di competenza, determinato in base all'ammontare delle rispettive consistenze economiche. Inoltre, per ogni fondo incorporato sono state mantenute le stesse garanzie statutarie e le singole previsioni relative alle modalità di computo della prestazione pensionistica, all'anzianità di iscrizione, al livello di contribuzione, all'imputazione degli oneri amministrativi.

In relazione al Fondo ex Banca di Roma, gli accordi citati hanno stabilito che il Fondo del gruppo UniCredit avrebbe gestito una serie di facoltà differenti riconosciute agli aderenti, a seconda che si trattasse di soggetti in quiescenza, soggetti attivi e differiti. Inoltre, data una componente illiquida particolarmente elevata, relativa in particolare al patrimonio immobiliare, si è dato avvio a un percorso di liquidazione degli asset al fine di mettere gli iscritti in condizioni di esercitare le prerogative riconosciute dagli accordi.

Informo, che da quanto comunicato dalla Covip, quest'ultima, considerando l'impegno assunto dal Fondo di gruppo, aveva assentito all'operazione, concedendo contestualmente una deroga al superamento del limite del 30 per cento per gli investimenti in FIA, fissato dall'articolo 5, comma 1, del decreto ministeriale n. 166 del 2014.

Nel 2022, a fronte di una revisione del progetto di alienazione del patrimonio immobiliare, che avrebbe determinato un ulteriore rinvio della dismissione del FIA Aurora e, conseguentemente, dell'avvio delle offerte di capitalizzazione e di trasformazione del regime previdenziale, la Covip ha evidenziato al Fondo di gruppo come la strategia dismissiva individuata si allontanasse dal percorso e dagli obiettivi individuati con gli accordi relativi alla più volte richiamata operazione di razionalizzazione, richiedendo di fatto al Fondo medesimo di dare seguito agli stessi.

In ogni caso, dai dati in possesso della Covip, al giugno 2023, la parte della sezione a capitalizzazione relativa al Fondo ex Banca di Roma presentava un patrimonio di circa 330 milioni di euro e una platea di iscritti composta da circa 2.700 attivi, 750 differiti e 15.100 soggetti in quiescenza percettori di rendita. Infine, relativamente alla norma citata dagli interpellanti, ricordo che tanto il tribunale quanto la corte d'appello di Roma, in più occasioni, hanno ritenuto di non sollevare la questione di legittimità costituzionale, ritenendola difatti manifestamente infondata.

In conclusione, rinnovo l'impegno, nei limiti della propria competenza, del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, affinché siano tutelate tutte le posizioni, nel rispetto delle prerogative delle parti e del ruolo che difatti svolge la Covip.

PRESIDENTE. Il deputato Francesco Silvestri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Presidente, il problema non è se sono soddisfatto io, perché qui il problema è capire se sono soddisfatte le 20.000 persone a cui il Fondo pensionistico, in questi anni, è stato ridotto di circa il 75 per cento. Purtroppo, non si può fare da Regolamento, ma avrei tanto piacere che su questa tribuna si attivasse un microfono per far rispondere i diretti interessati, alcuni in questo momento ci stanno guardando dalla tribuna, mentre molti di loro probabilmente sono collegati per ascoltare, dopo tanto tempo e tante speranze, la risposta del Governo.

Ora, da quello che ho capito in politichese, ormai faccio questo lavoro da un po' di tempo, mi è sembrato di capire che il Governo non intenderà fare da mediatore tra la banca e i pensionati per fare in modo che questa situazione si concluda in una maniera più dignitosa, perché la domanda era chiara, mentre la risposta è stata evasiva. In certi casi è quasi sembrato, dalla descrizione, che la colpa fosse dei pensionati stessi.

Ora, mi dispiace, ma continueremo a batterci, nonostante questa risposta, che secondo me non va a favore delle persone danneggiate, anzi; io continuerò a chiedere un incontro ai vari Ministeri competenti, perché la situazione di quello che è successo è chiara. Io non sono venuto qui per discutere del passato, io sono venuto qui per discutere del presente e del futuro. Se avessi voluto chiedere una relazione sul passato, come ho già fatto, avrei fatto un altro tipo di percorso. Dal Governo non mi aspetto una relazione su quello che è successo, mi aspetto una soluzione o, comunque, un'azione propositiva per capire in che modo queste persone, che ci stanno guardando e che sono qui in questo momento, possano tornare a casa e avere un filino di speranza in più. Sa perché le dico questo? Perché questa vicenda si incrocia particolarmente con quello che sta succedendo in questa legge di bilancio e con quello che è successo in questi mesi rispetto alla questione degli extraprofitti.

Ora, devo capire una cosa di questo Governo: perché ogni volta che occorre tutelare persone che hanno subito un torto, in questo caso parliamo dei pensionati, ma possiamo parlare anche delle persone che hanno visto un aumento della rata del proprio mutuo variabile di circa il 70 per cento, non si ha mai il coraggio di affrontare le banche che, comunque, in questo caso, ovviamente, dal punto di vista degli incassi, beneficiano di queste strategie? Perché la questione degli extraprofitti è simbolica anche di come il Governo tratta questa situazione per la quale io in questo momento sono qui.

Voglio ricordare che la banca di cui stiamo parlando, in quest'ultimo anno, ha avuto più di un miliardo di utile sugli extraprofitti bancari. La stessa cosa è successa, con Intesa, sui 796 milioni in più, BMP 151 milioni, BPER 125, Mediobanca 100 e poi Fineco e tante altre ancora (potrei fare un elenco lunghissimo). Tutti utili in più che si sono avuti sulla pelle di quelle persone che stanno pagando una rata del mutuo di circa il 70 per cento in più.

Ora, come esattamente in questo caso, dove ci sono persone che hanno avuto una riduzione della propria parte pensionistica di circa il 75 per cento, devo capire questo Governo da che parte sta, perché, se siamo in un enorme Monopoli dove, a prescindere da quello che fanno i giocatori, vince sempre la banca, ce lo diciamo, così non perdiamo più tempo, nemmeno a venire qui, perché conosciamo già la risposta.

Sinceramente mi sarei aspettato una risposta più politica. Quindi, tutto il pregresso non ci aiuta minimamente a capire se questo Governo si porrà in mezzo non tanto sulla legittimità o meno della questione, perché può essere anche legittima sotto il piano sostanziale, ma, mi creda, non tutto quello che è legittimo è anche giusto. E lo Stato, come sulla questione degli extraprofitti e come in questa situazione, dovrebbe proprio frapporsi in quelle situazioni, in quelle sacche che, comunque, hanno un appiglio regolamentare, ma che hanno un effetto devastante nella vita reale delle persone, altrimenti i Governi che ci sono a fare? Noi legislatori, Governo e parte politica non siamo solamente gli applicatori di regolamenti e di norme e capiamo cosa è giusto e cosa è sbagliato tramite quelli. Noi dobbiamo avere un occhio sulla vita reale delle persone e, quando ci sono alcuni elementi traumatici nell'economia di una famiglia o di un pensionato, il Governo deve intervenire.

Allora, non ho capito perché ogni volta che ci sono di mezzo gli istituti bancari che si contrappongono - magari anche per una volontà degli istituti stessi, come rispetto alle politiche della BCE e ai suoi effetti - ai consumatori, ai pensionati o alle famiglie, il Governo Meloni ci dice sempre che è dalla parte delle banche. Che cosa costa dare una risposta chiara, venendo qui e dicendo: signori, sicuramente ci faremo carico di questa cosa. Io non sono venuto qui a chiedere fondi; sono venuto qui a chiedere se lo Stato, per una volta, voglia fare lo Stato o voglia nuovamente girarsi dall'altra parte, così come è stato fatto per tante categorie in questa legge di bilancio e per quelle che ho detto prima.

Mi avrebbe soddisfatto - e glielo dico onestamente, perché opposizione e maggioranza in questo caso non mi interessano; mi sarei veramente dichiarato soddisfatto - se oggi lei, ovviamente per chi rappresenta, fosse venuta qui a dirci: benissimo, organizziamo un tavolo, mettiamo le parti davanti, noi, come Governo, ci faremo tramite di un'istanza assolutamente giusta e comprensibile, a prescindere da quello che è successo, e vedremo la risposta delle banche. Questo, purtroppo, non è successo. Allora, continuerò a stimolare questo dibattito, ma questa era l'occasione per rispondere a 20.000 persone che, in 40 anni, si sono spaccate la schiena e hanno visto qualcosa che, in quel momento, quando l'hanno stipulato, era anche una cosa buona, ma poi se la sono visti portar via da strategie assolutamente fallimentari - probabilmente già alla sua nascita erano fallimentari - e si sono visti portar via, mese dopo mese, anno dopo anno, una fetta dei loro sforzi, una fetta dei loro sudori.

Allora, ci vuole anche un po' di umanità per capire quello che succede all'interno e farsi portatore, per una volta, degli interessi dei cittadini e delle persone danneggiate e non sempre dare risposte con tecnicismi che giustificano, perché non si intende far nulla semplicemente perché l'altro interlocutore è una banca. È questo l'aspetto deludente della risposta del Governo: è la mancanza di coraggio che si ha nell'affrontare sempre la parte più di sistema e più potente, a discapito dei cittadini. Sono molto deluso, visto che il Presidente mi chiedeva se ero soddisfatto o no, sia sotto il piano politico, sia sotto il piano umano per questa risposta, che mi aspettavo fosse molto più politica che tecnica.

Per la possibilità che avrò di far pressione sui Ministeri affinché il Governo possa decidere, per una volta, di occuparsi seriamente di questa questione, continuerò a stimolare la parte di intermediazione che questo Governo, a mio avviso, deve avere con le banche, per fare in modo che questa situazione si concluda in una maniera più dignitosa.

Quindi, torneremo non solo a interrogare il Governo, ma anche a far pressione sui Ministeri per avere una conclusione completamente diversa, perché non ci lamentiamo se le persone perdono fiducia nei confronti dello Stato, del Governo, dei partiti e di tutto il resto, perché questo è semplicemente l'effetto di una mancanza di coraggio, cioè vedere i leoni nelle trasmissioni televisive e i micetti nelle Aule parlamentari o nei tavoli, dove, in teoria, quel mio interesse personale dovrebbe essere assolutamente tutelato…

PRESIDENTE. Concluda.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). …e questo porterà - e concludo, Presidente - a una sfiducia sempre maggiore nei confronti della politica e - mi creda - i danni saranno a carico di quest'Aula, che rappresenterà sempre meno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola secondaria di primo grado “Michelangelo Buonarroti” di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Iniziative di competenza in materia di gestione dei patronati Cgil all'estero, alla luce di presunte irregolarità emerse da fonti di stampa - n. 2-00257)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Foti ed altri n. 2-00257 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Di Giuseppe se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, Presidente, la illustro. Onorevoli colleghi, Sottosegretaria, ho deciso di intervenire oggi in Aula per illustrare l'interpellanza urgente, rivolta al Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, presentata a prima firma del nostro capogruppo, onorevole Tommaso Foti, in merito alla delicata questione dei patronati esteri.

Un articolo pubblicato nella giornata del 30 ottobre 2023 dal quotidiano il Giornale riporta la notizia dell'esistenza di una relazione depositata al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali approvata nel 2016 dal Comitato per le questioni degli italiani all'estero, istituito al Senato, frutto di un'accurata inchiesta sui patronati all'estero gestiti dalla CGIL.

La notizia, riportata dal quotidiano il Giornale lo scorso 30 ottobre, partendo dalla relazione approvata dal Comitato parlamentare per le questioni degli italiani all'estero, svela l'esistenza di un giro d'affari che coinvolge INCA e CGIL.

Nel documento conclusivo, approvato dal Comitato, relativo all'indagine conoscitiva sulla riforma dei patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale per le comunità italiane residenti all'estero - nella fattispecie Doc. XVII n. 7 del 23 marzo 2016 - “venivano riscontrati” - cito - “i dati relativi all'attività svolta e alla localizzazione delle sedi all'estero, le circolari e le direttive relative all'attività e all'organizzazione dei patronati all'estero. Tra i documenti richiesti non è arrivato” - al Comitato - “l'elenco delle associazioni all'estero utilizzate dai patronati con la giustificazione che i dati in possesso del Ministero non sono esaustivi e si riferiscono a situazioni risalenti nel tempo”.

Sempre nel suddetto documento conclusivo erano contenuti anche l'elenco delle ispezioni effettuate tra il 2008 e il 2012: “In generale, va rilevato: a) Paesi ad alta emigrazione, come l'Argentina o il Brasile, sono stati oggetto di un'unica ispezione in 5 anni; b) appare particolarmente farraginoso il coordinamento tra il sistema ispettivo, riferito ad attività svolte due anni prima, il sistema dei finanziamenti in acconto, l'applicazione delle sanzioni e saldo dei finanziamenti dopo le dovute verifiche da parte del Ministero”.

Nella suddetta relazione si riportava anche l'analisi dei verbali delle ispezioni, facendo emergere che: in primo luogo, ad eccezione di due casi, tutte le ispezioni effettuate nei 5 anni di riferimento hanno comportato una riduzione di punteggio dichiarato dalle associazioni e, in molti casi, la riduzione è stata decisamente consistente; in secondo luogo, le motivazioni hanno riguardato prevalentemente pratiche con mandato di patrocinio irregolare o prive di mandato di patrocinio o con documentazione carente o addirittura assente; non statisticabili perché relative a tematiche non previste; ovvero non statisticabili in quanto riferite ad anni diversi; nonché pratiche non reperite, duplicate con diverso codice e pratiche senza esito. Al riguardo, occorre sottolineare che questo dato si somma a quanto indicato nelle relazioni al Parlamento tra il 2001 e il 2008; in terzo luogo, in generale sull'attività di ispezione, si deve rilevare che l'esposizione dei verbali redatti dagli ispettori non sempre consente una facile lettura dei risultati e che le formule di classificazione delle irregolarità mancano per lo più di uniformità.

Dall'analisi dei dati che riportano l'attività svolta dalle diverse sedi all'estero, dopo la verifica effettuata dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, emerge quanto segue: a) nei Paesi dove hanno avuto luogo le ispezioni, si riscontra una differenza tra i dati comunicati del patronato e quelli verificati dal Ministero. Negli altri Paesi apparentemente i dati comunicati e riscontrati sono uguali; b) nel 2009 si registra per tutti i patronati un considerevole aumento delle attività (maggiore del 30 per cento) delle pratiche e dei punti statisticati. Dopo questa data, le attività dichiarate si assestano al livello più alto, in contrasto però con la tendenza negativa dei pagamenti delle pensioni all'estero che, invece, dal 2011 sono in costante flessione, arrivando a segnare un meno 30 per cento in Argentina; c) sembra difficile verificare quali siano le conseguenze per un'associazione di patronato, quando non superi l'ispezione. Per molti l'esempio della sede dell'Acai a New York, che nel 2011 non ha superato l'ispezione poiché non possedeva le caratteristiche di un'unità operativa autonoma e non aveva raggiunto il punteggio minimo previsto per le attività. Sappiamo che dal 2012 non ci sono state più ispezioni, tuttavia i verbali di collocazione per il 2012 (che riportano l'attività svolta dalle diverse sedi all'estero dopo la verifica effettuata dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali) riconoscono alla stessa sede dell'Acai un punteggio addirittura superiore a quello riscontrato dagli uffici per il 2011; in quarto luogo, nei fatti l'autocertificazione dell'attività svolta all'estero dai patronati può determinare che punteggi, anche molto significativi nei numeri, tolti in sede d'ispezione, siano di nuovo attribuiti l'anno successivo senza che alcuno possa aver verificato la veridicità dei dati. Anche qui, un esempio per molti: nella sede dell'INCA a Montreal - in Canada nel 2011 - dopo un'ispezione, vengono tolti 4.046 punti per l'esattezza; il verbale di collocazione del 2011, conseguentemente, riporta 10.008 punti, dichiarati dal patronato, e 5.961 punti, riscontrati dal Ministero; i verbali di collocazione dell'anno successivo riportano 10.278 punti, dichiarati dal patronato, e 10.278 punti, riscontrati dal Ministero. Precisione incredibile, direi.

Si ritiene opportuno segnalare che taluni casi evidenziati nel presente paragrafo meritino un ulteriore approfondimento, in ragione della delicatezza degli elementi emersi. Casi come quello dell'INCA di Montreal avrebbero bisogno di ulteriori accertamenti, poiché indicano una recidiva e un continuo abuso della statisticazione, in quanto le ispezioni sono troppo diluite nel tempo e non danno seguito a provvedimenti giudiziari.

In sintesi, l'ispezione portata avanti dal Ministero del Lavoro nelle sedi INCA-CGIL di Brasile, Argentina, Canada, Svizzera, Stati Uniti e Austria, avrebbe messo in luce rilevanti incongruenze di un giro d'affari di svariati milioni di euro. Queste pratiche fittizie, con mandati inesatti riguardanti attività inerenti attività precedenti, o addirittura presentate da cittadini non italiani o residenti in Stati diversi da quello ispezionato, sono state scoperte grazie al lavoro del Ministero del Lavoro che, mediante le proprie ispezioni, ha messo in luce un sistema di approvvigionamento illecito di denaro pubblico.

Considerato che il compito dei patronati dovrebbe essere quello di fornire assistenza fiscale e previdenziale a tanti italiani che vivono all'estero e che, per questo servizio, l'INCA-CGIL ottiene soldi dallo Stato Italiano, quanto emerge nell'operato del suddetto patronato testimonia una condotta inaccettabile.

Va, altresì, aggiunto che nel bilancio della CGIL, come se tutto quello che abbiamo detto finora non bastasse, si apprende da il Giornale che il patronato INCA-CGIL risulterebbe socio, con quote pari al 15,5 per cento, all'interno della Futura Srl, società creata da Landini con il compito di gestire la comunicazione della CGIL. Siamo al ridicolo. Il legame delle due suddette società dimostra che le campagne comunicative, denigratorie sull'operato di questo Governo, sono state finanziate da patronati sparsi nel mondo. Bene, Sottosegretaria, questa mangiatoia di soldi pubblici deve finire, perché poi sono alle spalle di poveri pensionati. Considerando questo suddetto, si evince la presenza di un legame diretto o indiretto, che necessariamente passa dal malaffare e da uno scarso controllo di chi, invece, in questi anni, ha beneficiato anche elettoralmente di questo sistema.

A tal ragione, il Giornale riporta anche una dichiarazione raccolta sui legami tra patronati e parlamentari eletti all'estero: “Va ricordato anche il legame con i parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere. I voti arrivano proprio dagli italiani residenti all'estero i cui elenchi sono custoditi nei patronati gelosamente. Per mantenere lauti introiti e un adeguato status quo fanno eleggere i propri referenti, che sono lì a monitorare che nulla venga toccato”.

Considerando quanto esposto, nonché il fatto che siano state riscontrate condotte illecite in numerose pratiche emesse dai patronati esteri, unite allo svolgimento di attività inopportune che non competono loro per statuto, emerge la necessità di regolamentare il prima possibile e in modo più netto le attività e il ruolo dei patronati che operano all'estero, questi ultimi spesso più attenti al supporto di una comunicazione politica e di un determinato indirizzo che alle esigenze dei nostri concittadini residenti all'estero.

È opportuno ricordare che la relazione letta parzialmente in precedenza, non è stata attenzionata negli anni passati dai Ministri del Lavoro, Giuliano Poletti e Andrea Orlando, del Partito Democratico, e Luigi Di Maio e Nunzia Catalfo, del MoVimento 5 Stelle.

Con la presente interpellanza, signora Sottosegretaria, si chiede quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per fare luce sui gravi fatti riportati.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato Giuseppina Castiello ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPINA CASTIELLO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio, ovviamente, gli onorevoli interpellanti, che hanno chiesto al Governo di far luce su una vicenda riguardante i patronati all'estero gestiti dall'INCA-CGIL.

Sul tema illustrerò gli elementi informativi forniti dalla Direzione generale competente del Ministero del Lavoro.

Preliminarmente occorre ricordare che gli istituti di patronato svolgono un servizio di pubblica utilità, a cui sono affidati compiti strumentali e funzionali alla tutela, anche costituzionale, in materia di lavoro e previdenza; in particolare, l'attività dei patronati che operano all'estero costituisce un rilevante contributo ai nostri connazionali per la gestione delle richieste pensionistiche nei confronti degli enti previdenziali italiani ed esteri.

In considerazione della rilevanza del ruolo sociale assunto, i patronati sono sottoposti - ai sensi della legge n. 152 del 2011 e del decreto ministeriale 10 ottobre 2008, n. 193 - alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con particolare riferimento alla gestione finanziaria-contabile e sono destinati di apposito finanziamento per lo svolgimento delle loro attività.

Detto finanziamento è trasferito dal Ministero del Lavoro ai patronati proporzionalmente all'attività svolta in Italia e all'estero, con un sistema “a punteggio” attribuito sulla base della valutazione dell'attività svolta, dell'ampiezza e dell'efficienza dei servizi offerti all'utenza, nonché della conformità dell'organizzazione alle disposizioni normative citate a seguito delle risultanze ispettive, con la conseguente applicazione del meccanismo di “premialità/penalità” normativamente previsto.

Per quanto concerne la vigilanza ispettiva, i controlli sono svolti mediante verifiche annuali a posteriori rispetto all'attività svolta, non potendo che afferire a dati degli anni precedenti. Il Ministero può disporre altresì ispezioni straordinarie sul territorio nazionale e all'estero ogniqualvolta ne ravvisi la necessità, compatibilmente con la disponibilità delle risorse finanziarie all'uopo destinate.

Con specifico riferimento alle sedi estere, con questo Governo, a decorrere dall'anno 2022, sono riprese a ritmo sostenuto le ispezioni che hanno interessato l'attività svolta dai patronati per gli anni 2016, 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021. Nel mese di ottobre, peraltro, l'attività ispettiva ha riguardato proprio le sedi di patronato di New York, con l'estensione, nel caso di un patronato di recente costituzione, dell'attività ispettiva anche all'anno 2022. In particolare, è bene evidenziare che, per quanto concerne le irregolarità riscontrate durante le verifiche ispettive, la competente direzione generale del Ministero del lavoro provvederà a decurtare il punteggio corrispondente alle pratiche oggetto di annullamento. Il Ministero del Lavoro pertanto procede con la prescritta consequenzialità agli esiti dell'attività ispettiva e le irregolarità riscontrate sono trasformate in penalizzazioni, anche consistenti, del patronato, che è responsabile.

In definitiva, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, non solo ha di recente riavviato con grande intensità l'attività ispettiva interrotta anche a causa del COVID, ma sta avviando, anche con riguardo all'attività delle sedi estere nei confronti degli istituti previdenziali esteri, un articolato progetto di informatizzazione, che prevede l'acquisizione informatica, tra l'altro, dei registri di chiusura delle pratiche rendicontate dalle sedi operanti all'estero, onde poter operare preventivamente con operazioni di business intelligence, propedeutiche alle ispezioni medesime, al fine di poter individuare eventuali anomalie e duplicazioni nell'attività di patrocinio da parte dei patronati. Concludo, sottolineando che il Ministero del Lavoro manterrà alta l'attenzione sulla vicenda segnalata ed effettuerà rigidi controlli sullo svolgimento dell'attività dei patronati all'estero.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola primaria Scilla Capoluogo Raffaele Piria, di Scilla (Reggio Calabria), che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Benvenuti alla Camera dei deputati (Applausi).

Il deputato Di Giuseppe ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Foti ed altri n. 2-00257.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Sottosegretaria, la ringrazio. Sono ovviamente molto soddisfatto di questo nuovo corso del Ministero di competenza, perché - come evidenziato nel mio precedente intervento - la situazione dei patronati all'estero è veramente fuori controllo. Per troppi anni, le ispezioni sono mancate, si è girata la testa dall'altro lato e sappiamo tutto quello che ne è conseguito.

L'ispezione portata avanti dal Ministero del Lavoro nelle sedi INCA-CGIL, che ha messo in luce numerose pratiche irregolari - lo voglio ripetere - che venivano poste in essere dal suddetto patronato, ha mostrato il reale volto dei patronati esteri, nei quali verrebbero evase pratiche con lo scopo di gonfiare il punteggio per poter ottenere maggiori soldi da parte dello Stato; questo è, puro e semplice. Non ci vogliono delle attitudini investigative particolarmente importanti per poter capire questo. Vorrei aggiungere che, in base alle segnalazioni che mi sono pervenute da cittadini residenti in Canada, come se tutto questo non bastasse, alcuni patronati, quali ad esempio il patronato ENASC, che significa per tutti Ente nazionale assistenza sociale ai cittadini, che per me ha un senso, lo scorso 26 febbraio 2023, ha svolto all'interno della propria sede, a Vaughan, nella provincia dell'Ontario, in Canada, addirittura le primarie del Partito Democratico, signora Sottosegretaria. Questo - ho fatto copia anche a lei - è il volantino con cui il Partito Democratico fa le proprie primarie all'interno di un patronato. Ma cosa ci manca? Che facciano le primarie all'interno della sede della CGIL centrale, oppure si prendano la Sala della Regina qui a Montecitorio? Ce lo dicono loro, ce lo dice il PD, quello che è successo negli ultimi 20 anni nei patronati. Questo è inaccettabile e conferma l'esistenza di una retrofinalità di natura esclusivamente politica - lo voglio sottolineare -, perseguita da questi enti, che invece dovrebbero esclusivamente fornire assistenza ai cittadini italiani che vi si recano.

Va altresì ricordato che i patronati svolgono una rilevante funzione di controllo sull'esistenza in vita all'estero, tuttavia - guardate un po'-, in occasione delle ultime elezioni parlamentari, ho presentato un esposto in procura denunciando la miracolosa esistenza in vita di alcuni nostri connazionali, in quanto ben 45.441 italiani avevano un'età compresa tra gli 80 e gli 89 anni, oltre 21.000 un'età di 98 anni e addirittura più di 2.000 italiani avevano più di 99 anni, un dato decisamente fuori statistica, dato che i centenari italiani sono appena 17.000. O c'è l'elisir di lunga vita nel mio collegio elettorale - e lo spero vivamente -, oppure anche qui non ci vuole una capacità investigativa particolare per capire la falsità dei dati.

Finalmente, mi faccia dire che, con questo Governo - e la sua risposta, Sottosegretaria lo riconferma -, si fanno gli interessi degli italiani all'estero e non di chi alle loro spalle si arricchisce e persegue i propri interessi economici e politici. Voglio concludere la replica riprendendo - visto che mercoledì in quest'Aula è stato citato il libro La banalità del male di Hannah Arendt - che, quanto emerso da questa vicenda, sulla quale auspico che la magistratura possa fare rapidamente il proprio corso, dimostra proprio che il male si può nascondere dove non appare, come in chi, invece di lavorare con spirito di servizio, si approvvigiona per fini politici delle speranze dei poveri cittadini e pensionati, in questo caso, e di soldi degli italiani, con un'illusoria retorica di vero servitore dei più deboli. Ecco, tutto questo, signora Sottosegretaria, deve finire, perché i patronati sono diventati negli anni dei centri di potere economico, politico e di comunicazione politica e lo dico agli studenti che sono qui oggi. Bisogna che si capisca chi fa veramente gli interessi dei cittadini italiani e in questo caso dei pensionati italiani, che rappresentano il nostro passato e a cui dobbiamo tutto e chi invece li sfrutta - come è successo negli ultimi 20 anni - per mere opportunità politiche e per infangare l'attuale Governo, che invece ci sta mettendo finalmente mano.

(Iniziative per l'avvio di un tavolo tecnico di confronto con gli operatori del sistema logistico ferroviario in ordine alle criticità del trasporto delle merci su ferro, nonché elementi sull'erogazione del cosiddetto "ferrobonus" - n. 2-00251)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Casu ed altri n. 2-00251 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Casu se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie Presidente. Colleghe, colleghi, rappresentanti del Governo, studenti presenti, questa giornata di interpellanze continua con il tema fondamentale del trasporto ferroviario. Siamo molto preoccupati: abbiamo presentato questa interpellanza e chiediamo al Governo di avere un quadro della situazione, perché ci sono alcuni segnali che vanno in una direzione totalmente opposta a quella che, come Paese, dovremmo prendere. Il settore della logistica, del trasporto ferroviario e delle merci costituisce un comparto economico imprescindibile per una politica dei trasporti che si ponga obiettivi di decarbonizzazione, circolarità dell'economia, sostenibilità della circolazione di merci e integrazione tra le diverse modalità di trasporto.

È un settore fondamentale, ma che rappresenta in Italia una quota ancora fortemente minoritaria in riferimento al complesso della mobilità delle merci in Europa e anche rispetto alla media in Europa che è del 17 per cento. Abbiamo una quota modale pari al 12 per cento (questi sono i dati del 2020). Questo, nonostante, almeno vent'anni di politiche che sono andate nella direzione della liberalizzazione del mercato, quattro pacchetti di norme europee, interventi legislativi nazionali di sostegno alla cura del ferro.

Appare, quindi, necessario capire cosa bisogna fare per invertire questo trend. In particolare, sono necessari investimenti che portino, in tempi rapidi, a livelli europei, il nostro comparto, almeno a livelli europei, velocizzando ed estendendo gli interventi sull'infrastruttura ferroviaria per l'allineamento delle performance agli standard di trasporto europei, per consentire il trasporto di maggiori volumi di merci a parità di costi, producendo efficienza del sistema e maggiore competitività del trasporto ferroviario.

In tale contesto, assumono un rilievo centrale i nodi ferroviari come, ad esempio, nel caso della città di Roma, in cui si sta realizzando la gronda merci, che è attesa ormai da molto tempo, con la realizzazione della cintura nord e, quindi, di una piena e funzionale infrastruttura ferroviaria. Per un'effettiva competitività del comparto nazionale, sono necessari interventi importanti relativi all'intermodalità. Questo è un tema, a nostro avviso, cruciale. Dobbiamo investire sul trasporto ferroviario, sul trasporto marittimo, sull'autotrasporto perché in realtà è attraverso l'intermodalità che si rende più efficace anche la nostra funzione. L'Italia è anche geograficamente una piattaforma logistica naturale nel cuore del Mediterraneo e nel cuore del mondo, ma deve essere funzionale e le nostre merci devono potere arrivare via mare, devono potersi muovere su ferro, devono potere arrivare nelle nostre case attraverso la gomma e questi tre sistemi devono andare nella stessa direzione.

Per un'effettiva competitività, dobbiamo eliminare, definitivamente, i cosiddetti colli di bottiglia dell'ultimo miglio, attraverso l'integrazione dei diversi sistemi della catena logistica, aumentando l'efficienza delle infrastrutture di trasporto che risulta oggi soffrire di un pesante ritardo che, unito alle limitazioni diffuse sulla rete, determina un pesante aumento di costi di manovra sulle relazioni ferroviarie di corto, medio e lungo raggio che mette in grande difficoltà gli operatori del settore.

Il trasporto intermodale ferroviario ha dimostrato, durante la recente pandemia, la sua affidabilità e resilienza, garantendo il trasporto delle merci al sistema produttivo italiano con grande efficienza.

Evidenze statistiche degli ultimi anni confermano che l'erogazione del contributo diretto ai clienti - il cosiddetto ferrobonus - ha permesso il rilancio del traffico ferroviario merci, in particolare, del trasporto intermodale e incentiva una leva fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi ambientali di riequilibrio modale posti dal legislatore. Tuttavia, quest'anno solo il 7 ottobre 2023 il Ministero delle Infrastrutture Trasporti ha adottato il provvedimento attuativo della decisione della Commissione europea del 19 dicembre 2022 con la quale la Commissione ribadiva la compatibilità della misura nazionale ferrobonus con il mercato interno UE, anche con riferimento al periodo 2023-2027. Quindi, dal 19 dicembre 2022, abbiamo dovuto attendere il 7 ottobre 2023, un grave ritardo che ha causato un forte danno alle imprese, che hanno perso circa dieci mesi di contributi, non essendo, infatti, questa misura retroattiva.

La digitalizzazione è uno strumento necessario per aumentare il trasporto intermodale e nella catena logistica è fondamentale la condivisione in formato digitale e in tempo reale di dati e documenti in maniera rapida, efficiente e sicura. Risulta necessario superare tutti i vincoli tecnici e normativi in modo da rendere possibile la digitalizzazione di tutti i procedimenti del settore. Le imprese sono già pronte, poiché operano da anni nel mercato europeo e la maggior parte degli altri Paesi dell'Unione infatti ha digitalizzato interi processi documentali. Abbiamo visto anche ieri nelle audizioni sul codice della strada, ascoltando la voce dell'autotrasporto, quanto sia fondamentale la digitalizzazione, anche in riferimento al settore delle motorizzazioni, alle tempistiche per le revisioni e a tutti gli elementi di ritardo, non solo del trasporto ferroviario, ma di tutto il nostro trasporto.

Naturalmente, quando parliamo di questi grandi processi, sono processi che ci investono come Paese, in cui i Governi hanno delle responsabilità, ma che si inseriscono in un orizzonte comunitario, in un processo e in un percorso, ma è chiaro che, dentro questo percorso, non possiamo lasciare indietro alcuni settori, la digitalizzazione e il trasporto ferroviario.

Ora sempre secondo questi elementi che richiamiamo all'attenzione con l'interpellanza, il personale addetto alla circolazione ferroviaria del settore merci è insufficiente a soddisfare l'attuale domanda di traffico, soprattutto per sostenere la crescita dei volumi auspicata dagli obiettivi fissati dal legislatore europeo.

Il comparto ha bisogno di circa 3.000 addetti alla circolazione ferroviaria e per il prossimo triennio. Abbiamo un problema: abbiamo bisogno di persone che lavorino in questi settori che abbiamo visto in tutti i settori del trasporto.

Secondo l'associazione del settore ferroviario merci, il PNRR prevede un contributo ad oggi insufficiente per provare il rilancio del settore, 60 e 55 milioni di euro, rispettivamente, per le locomotive e per i carri, che necessita, invece, complessivamente di ulteriori 500 milioni di euro per promuovere, da un lato, un completo svecchiamento del parco esistente e, dall'altro, consentire il raggiungimento degli obiettivi di shift modale.

Secondo quanto dichiarato in una nota delle principali associazioni di categoria negli scorsi mesi, l'intero cluster della logistica ferroviaria è molto a rischio, poiché le interruzioni ferroviarie, previste per realizzazione dell'opera del PNRR, e il perdurare della crisi energetica e la burocrazia che affligge il settore, rischiano di provocare danni irreversibili per l'intero comparto del trasporto ferroviario merci in Italia. Su questo, voglio aggiungere qualche dato frutto delle analisi che abbiamo fatto successivamente al deposito dell'interpellanza.

Per quanto riguarda l'interruzione ferroviaria causa lavori, nel 2023, è stimata in circa il 50 per cento, nel 2024 addirittura del 60 per cento. Sono cifre che rendono praticamente impossibile aumentare i volumi di traffico. E poi anche l'aspetto che il costo dell'energia elettrica sta tornando a crescere e, quindi, anche questo elemento potrebbe avere un impatto molto forte sul settore.

Nel 2026, termine dei lavori del Recovery fund, potrebbero esserci meno operatori attivi sul mercato e vanificare lo sforzo degli investimenti previsto per gli utilizzatori dell'infrastruttura. La nostra preoccupazione che, oggi, condividiamo in termini costruttivi e propositivi è quella che, di fronte a tutti questi elementi, un'attenzione molto mirata e concentrata sulla dimensione dell'investimento sullo Stretto di Messina, al di là delle differenti posizioni che abbiamo al riguardo di com'è stata progettata quest'opera e di come si sta procedendo, rischiano di sguarnire la nostra attenzione. Abbiamo visto come questo fatto possa non permetterci di comprendere. Ora non vorrei arrivare a dovere un domani immaginare e stiamo vedendo le difficoltà che abbiamo per l'attraversamento dei passaggi alpini. Non vorrei arrivare a dover chiedere di fare un ponte sulle Alpi per poter riuscire a collegarci anche con tutto il resto d'Europa. Tuttavia, tenuto conto del rischio vero, ossia che, pensando a un aspetto importante su cui abbiamo posizioni diverse e ci confronteremo in altre sedi (non entro in questa sede sulla legittimità della scelta, ma sulla gravità dell'assenza di interventi e investimenti sul resto), chiediamo intanto che le soluzioni vadano trovate a problemi complessi e con tutti i soggetti in campo e se non si ritenga urgente avviare un tavolo tecnico di confronto con gli operatori del sistema logistico ferroviario finalizzato a individuare tutte le criticità emergenti, al fine di predisporre le più adeguate soluzioni per l'intero comparto del trasporto su ferro, particolarmente apprezzabile nel corso della fase attuativa del PNRR, con riferimento agli investimenti che prevedono interventi e lavori sulle infrastrutture ferroviarie.

In più, chiediamo quali siano le ragioni che hanno determinato un così forte ritardo nell'adozione di provvedimenti attuativi e di disposizioni legislative per l'erogazione del contributo Ferrobonus per l'annualità 2023 e come si intenda procedere per il contributo dell'anno 2024.

Lo chiediamo per due ragioni. La prima è che il ritardo che abbiamo in Europa da questo punto di vista del trasporto ferroviario merci è un ritardo grave che paghiamo e che scontiamo. Ogni mese che perdiamo, ogni intervento che non facciamo, ci rendono meno competitivi rispetto ad altri Paesi che invece scommettono su una strategia intermodale e magari godono di una posizione geograficamente meno felice e costringono le merci a fare viaggi più lunghi, ma sono in grado di scommettere in maniera più decisa su tutti e tre gli elementi intermodali del trasporto.

E poi il secondo è quello della condivisione. Ci sono i soggetti che rappresentano gli interlocutori di settore in Italia, ci sono gli enti territoriali, le regioni, le province, le autorità portuali e i tantissimi soggetti dell'intermodalità che esistono e che lavorano in ambiti tra loro differenti, ma dobbiamo cercare di far sì che ci siano percorsi comuni che mettano nelle condizioni di affrontare questa sfida e di vincerla come Paese.

L'ultima riflessione, che è una gravissima preoccupazione e io mi auguro che il Sottosegretario, che ringrazio per essere oggi presente, ci aiuti a intervenire, se possibile, perché noi abbiamo visto, appunto con gravissima preoccupazione, il 30 ottobre 2023, quando è stato presentato in Senato il bilancio, il taglio sulla Missione autotrasporto e intermodalità. Nelle schede che abbiamo avuto modo di vedere c'è un taglio di 235,7 milioni di euro, di cui ben 40,1 milioni relativi all'azione sistemi e servizio di trasporto intermodale. Di fronte a quello che abbiamo richiamato in premessa, sarebbe fondamentale avviare un maggiore confronto con tutti i soggetti, avviare questo tavolo, spiegare perché ci abbiamo messo 10 mesi a erogare il Ferrobonus, prevedere una nuova programmazione.

Sicuramente tutto quello di cui ha bisogno il trasporto ferroviario, tutto quello di cui ha bisogno il trasporto intermodale, l'autotrasporto e il trasporto marittimo non è un taglio di 235,7 milioni di euro, e quindi, da questo punto di vista, spero di avere risposte esaustive, che ci chiariscano come, in realtà, seppure questo taglio è programmato in una sequenza delle prossime annualità, non venga sottratto nemmeno un euro a questo settore così importante.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Tullio Ferrante, ha facoltà di rispondere.

TULLIO FERRANTE, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il trasporto intermodale delle merci e, in particolare, quello connesso al settore della logistica e del trasporto ferroviario delle merci, rappresenta un tassello rilevante per il perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione del settore del trasporto, in linea con le politiche del Green Deal europeo. Il MIT ha da sempre avuto un costante e proficuo confronto con le associazioni di categoria e con gli operatori del settore del trasporto ferroviario per la condivisione delle iniziative da intraprendere a tutela del comparto.

Sono stati, quindi, promossi numerosi interventi a sostegno del settore, tra i quali il contributo alle imprese ferroviarie per il pagamento del pedaggio ferroviario, il cosiddetto sconto pedaggio, con lo stanziamento di 100 milioni di euro per il periodo dal 2023 al 2027. A partire dal corrente anno si è avuta una revisione e semplificazione delle procedure amministrative della verifica delle istanze presentate, che hanno ridotto sensibilmente i tempi per l'erogazione del contributo alle imprese.

Sono, altresì, in corso di erogazione le contribuzioni riconosciute alle imprese ferroviarie e agli spedizionieri conseguenti all'emergenza COVID, per un importo complessivo di 25 milioni di euro. In merito al Ferrobonus, in seguito all'autorizzazione della Commissione europea, il MIT ha provveduto alla redazione di un nuovo regolamento, che ha dovuto seguire l'ordinario iter procedurale. Il relativo decreto interministeriale MIT-MEF è stato definitivamente adottato il 30 agosto scorso. Il 6 ottobre il provvedimento è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore il successivo 21 ottobre. Nella stessa giornata è stato pubblicato il decreto direttoriale recante le istruzioni operative per la presentazione delle domande di accesso al contributo per le annualità 2023-2024, al fine di garantire la tempestiva erogazione delle risorse alle imprese operanti nel settore del trasporto intermodale e trasbordato da e verso nodi logistici e interporti italiani. Per le risorse relative all'esercizio 2023, le stesse saranno erogate in forma di sconto sulla base di stime effettuate sullo storico del traffico Ferrobonus.

Tale meccanismo consentirà l'utilizzo, entro il 31 dicembre 2023, di tutte le risorse stanziate per il corrente anno finanziario. In tal modo, i beneficiari del Ferrobonus potranno disporre di tutte le risorse statali allocate per l'attuazione della misura incentivante. Per quanto attiene al soggetto gestore, RFI ha rappresentato che il piano industriale 2023-2032 prevede investimenti significativi, che includono anche la realizzazione di importanti iniziative per la rete per i servizi merci, tra le quali segnalo: 1) l'upgrade prestazionale del Corridoio Merci, con adeguamenti prestazionali agli standard per la rete “core” TEN-T al 2030; 2) interventi di rafforzamento del primo/ultimo miglio per migliorare l'accessibilità della rete e l'integrazione con le altre modalità, con il collegamento fra infrastruttura ferroviaria nazionale con porti e terminali; al 2032 saranno realizzati 3 nuovi collegamenti ferroviari e potenziati 9 collegamenti già esistenti con i porti e 12 collegamenti con terminali terrestri; 3) ottimizzazione dell'offerta di capacità per i servizi merci e specializzazione degli itinerari; 4) sviluppo di servizi di logistica intermodale per la digitalizzazione dei processi, attraverso la realizzazione di un sistema informativo, il progetto Easy rail freight, ad uso di tutti gli attori della catena logistica.

PRESIDENTE. Il deputato Casu ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente, grazie al Governo. La risposta va sicuramente nella direzione di aprire un confronto anche parlamentare su questo tema, e di questo ringrazio il Governo, anche per quanto riguarda gli strumenti che ha presentato per garantire che tutte le risorse, seppure con il ritardo di 10 mesi, vengano poi destinate effettivamente al Ferrobonus. Spero che questa modalità che è stata presentata possa poi essere veramente fruibile per gli operatori ed evitare che questo ritardo comporti un dispendio di risorse. Mi riservo di valutare la metodologia presentata, per esprimere poi un giudizio politico su questo, perché è un elemento che apprendiamo oggi in Aula e penso che per questo sia stata utile questa interpellanza.

Resto comunque preoccupato sull'aspetto dei tagli che stanno arrivando con questa manovra, perché non ne riesco a comprendere la ratio. Se è una ragione tecnica, spero di essere confortato in questa interpretazione; se è una scelta di indirizzo, va nella direzione totalmente opposta rispetto agli impegni del Governo, agli impegni comunitari e alle necessità che noi abbiamo in questo momento. Perché lo dico? Perché il tema dell'intermodalità è decisivo per un comparto che, voglio ricordare, complessivamente, se noi guardiamo tutti gli aspetti, riguarda milioni di lavoratori, centinaia di migliaia di imprese, e che ha necessità di avere segnali chiari di investimento e di strategia.

Sulle questioni specifiche sicuramente gli interventi che si stanno facendo per quanto riguarda la gestione dell'infrastruttura sono interventi strutturali, che vanno nella direzione di realizzare aspetti che sono importanti. Resta, però, la questione del costo dell'energia, che deve essere considerato e che non può essere poi, di fatto, scaricato in maniera insostenibile per il mercato nei confronti di quei soggetti chiamati a fornire i servizi. Quindi dobbiamo capire insieme come possa essere messa al riparo la nostra necessità di crescere da quel 12 per cento della media italiana, per arrivare almeno al 17 per cento della media europea, mettendo anche al riparo dalle oscillazioni del costo energetico quello che potrebbe essere un elemento molto complesso.

Per quanto riguarda le interruzioni ferroviarie, resta questo grande tema di come riuscire anche a modificare la governance delle regole esistenti, per garantire il 50 per cento nel 2023, il 60 per cento nel 2024 di interruzioni, come garantire un aumento di traffico con più della metà delle linee ferme per lavori. È una complessità di questioni, che non possono essere esaurite tutte in un'interpellanza, però quello che noi veramente chiediamo, in coerenza anche con elementi emersi nella risposta, è che ci sia, di fronte alla necessità di una politica per il trasporto ferroviario inserita nella logica di uno sviluppo del trasporto intermodale di quella grande piattaforma logistica naturale che è l'Italia, una linea chiara di azione del Governo.

La cosa su cui mi riservo un ulteriore approfondimento è il fatto che, se esiste, come è stato detto dal Governo - noi abbiamo avuto notizie diverse dalle sollecitazioni e dalle segnalazioni che abbiamo - un contatto diretto con tutti gli operatori del sistema, con cui c'è un confronto quotidiano su tutti i temi, allora veramente, se questo confronto esiste - a noi è stato detto, invece, che non è così - penso che dargli una sede, che può essere quella di un tavolo tecnico, come chiedevamo, o comunque un momento di confronto permanente potrebbe essere anche il modo migliore per far sì che tutte queste questioni, che oggi stiamo vedendo grazie a questa interpellanza in Aula, possano essere quotidianamente gestite insieme ai soggetti che sono coloro i quali dovranno in qualche modo portare avanti le scelte che vengono assunte, e che, se vengono coinvolti anche poco prima, possono aiutare a dare un senso alla chiusura.

Quindi io direi che se non è una preclusione politica, e ci è stato chiarito che non è, anzi, che c'è una volontà di dialogo con gli operatori, diamo a questo dialogo un luogo che possa essere riconosciuto dagli operatori, dalle forze politiche, dalle forze parlamentari, dalle istituzioni locali. Auspico che questo possa essere, magari, il primo passo per quella collaborazione con gli enti territoriali, con le autorità portuali e con tutti i soggetti chiamati allo sviluppo di questa intermodalità che serve tantissimo. L'unica cosa di cui non abbiamo bisogno è, a seconda della velocità differente, anche sulla base di quell'azione generale del Governo, una valutazione sul trasporto merci a compartimenti stagni, come se esistessero dei blocchi che devono essere singolarmente affrontati e gestiti. Le merci non si muovono a compartimenti stagni, si muovono grazie alle navi, si muovono grazie ai treni, si muovono grazie ai mezzi dell'autotrasporto. Se noi nella pianificazione non teniamo conto di questa integrazione e, addirittura, diamo segnali devastanti, come potrebbe essere una riduzione della Missione su autotrasporto e intermodalità di 235,7 milioni di euro, rischiamo veramente di non essere, poi, competitivi in quella che, invece, può essere una delle grandi mission del nostro Paese nei confronti dell'Europa e del mondo. Quindi, per non perdere questa occasione, serve aprire il confronto con tutti gli operatori di tutti i settori e, poi, creare dei luoghi di confronto in cui siano coinvolti tutti insieme.

(Iniziative di competenza volte a chiarire le modalità di applicazione delle norme in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, alla luce della recente giurisprudenza italiana ed europea - n. 2-00256)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Deborah Bergamini ed altri n. 2-00256 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Deborah Bergamini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DEBORAH BERGAMINI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor Sottosegretario, colleghi, come lei diceva, Presidente, questa interpellanza urgente di Forza Italia riguarda lo stato delle concessioni demaniali marittime, un tema annoso che, nel corso del tempo, ha determinato sedimentazioni, confusione e incertezza per un settore che riguarda circa 30.000 aziende italiane, quasi tutte, di fatto, a gestione familiare, con una lunga tradizione nell'accoglienza turistica, che si trovano in una situazione di grandissima incertezza, appunto, sul loro futuro. Questa non è certamente una responsabilità di questo Governo, è sicuramente responsabilità di un sistema che, nel corso, ormai possiamo dire, dei lustri, non ha saputo dare risposte chiare, anzi, ne ha date di diversa natura e ha determinato, pertanto, questa sedimentazione che oggi rischia di danneggiare in maniera inesorabile un settore che rappresenta un fiore all'occhiello della nostra accoglienza, del nostro sistema turistico e del nostro prodotto interno lordo.

La domanda di questa interpellanza - parto dal fondo per, poi, andare all'inizio - è semplice. Con questa interpellanza noi chiediamo al Governo se non ritenga opportuno, in questo momento, adottare iniziative di competenza per chiarire. C'è, infatti, necessità di un chiarimento sulle diverse modalità applicative del complesso di decisioni che sono state prese nel corso del tempo, che oggi non mettono in chiarezza, non mettono al sicuro, rispetto alle prospettive, questo importante settore economico italiano.

Per chiarezza, ripercorro brevemente che cosa è successo fin qui. Parliamo di una situazione che si è determinata con l'emanazione di una direttiva europea, la direttiva Bolkestein - ormai tristemente o non tristemente nota quasi a tutti - emanata nel 2006 e diventata operativa nel nostro Paese nel 2010. Da allora, dal 2010 - questa è una direttiva sulla liberalizzazione dei servizi - si sono susseguite tantissime iniziative di natura giuridica volte a interpretare l'applicabilità di questa direttiva di liberalizzazione dei servizi per quello che riguarda la concessione di beni, per la verità. Infatti, le concessioni demaniali marittime non sono servizi, ma sono beni, e anche su questo elemento ci sono state tante diverse interpretazioni giuridiche. Sono beni o sono servizi? Perché, se sono beni, non si può applicare la direttiva Bolkestein e, prevalentemente, si tratta di beni, trattandosi di oggetti tangibili. Stiamo parlando di concessioni delle nostre coste. Ma non è soltanto questo l'elemento di forte dubbio che ha portato a interpretazioni molto differenti fra loro sul significato e sull'applicabilità di questa direttiva Bolkestein, ce ne sono stati tantissimi altri. Tutto questo si è verificato dal 2010 ad oggi e, ad oggi, non abbiamo ancora risposte chiare, tanto è vero che questo Governo, facendo una cosa giustissima, nella legge Milleproroghe di quest'anno, ha dovuto prendere due iniziative assolutamente condivisibili, frutto, peraltro, di proposte emendative del mio gruppo parlamentare, Forza Italia, e del gruppo parlamentare Lega. La prima è stata quella di prorogare le concessioni in essere proprio per cercare di arrivare a una finalizzazione sulla corretta interpretazione di questa direttiva e la seconda è stata quella di fare un lavoro che, nel corso del tempo, con Governi diversi che si sono succeduti, non si è mai stati in grado di fare, un lavoro che dovrebbe essere alla base - come la posso definire? - dell'autocoscienza di un Paese, cioè un tavolo tecnico che, finalmente, nell'anno 2023, si incaricasse di fare una mappatura delle coste italiane per valutare quali e quante sono le concessioni demaniali marittime in essere. Un lavoro che dovrebbe essere una prassi normale di un Paese e che, invece, in Italia non è mai stato fatto in maniera approfondita e completa, concorrendo, pertanto, ad alimentare una grandissima confusione sull'applicabilità o meno della direttiva Bolkestein.

Ricordo questo, perché queste due iniziative - le proroghe delle concessioni in essere e il tavolo tecnico che portasse a una mappatura delle coste - sono state, io credo, due risultati molto importanti ottenuti da questo Governo, che denotano la volontà di risolvere una questione che questo Governo si è trovato sulle spalle per una serie di lunghissime complicanze, di lunghissime contraddizioni, di mancanza di decisioni prese, di rimandi, eccetera, di cui sono tutti responsabili, tutti.

Il problema sono gli imprenditori che continuano a non avere chiarezza sul loro futuro e noi dobbiamo prenderci a cuore la questione e sapere che abbiamo questa responsabilità, tanto più alla luce di quanto accaduto nei giorni scorsi. Io sono toscana, sono versiliese, e ho potuto vedere con i miei occhi la devastazione che è stata prodotta - per carità, non c'è colpa di nessuno - dai fenomeni di maltempo drammatici e violenti che hanno colpito tutti noi, le cui immagini abbiamo visto tutti nei giorni scorsi. Danni enormi, danni impressionanti a strutture che vivono anche dipendendo dalla situazione del tempo o maltempo che sia. Oggi, sono un catasto di macerie che vanno ricostruite, affrontando spese importanti, facendo investimenti importanti ma non avendo alcuna certezza del fatto che quegli investimenti, poi, possano avere un futuro. Chi ha il coraggio oggi di investire milioni di euro per ripristinare una situazione di devastazione non sapendo, domani, quello che accade e non avendo neppure accesso ai mutui, al credito? Quale banca, infatti, può prestare dei soldi a imprenditori che non sanno per quanto potranno disporre di quella concessione nel tempo? Quindi, noi dobbiamo prenderci a cuore questa realtà.

Sono molto consapevole del fatto che ci sia da parte dell'opinione pubblica una visione divisa rispetto al settore dell'imprenditoria balneare. Però, un è dato oggettivo: noi siamo un Governo che ha promesso di non disturbare chi fa impresa, che ha promesso di aiutare chi fa impresa, chi fa impresa in Italia. Questi sono imprenditori piccoli, imprese familiari che si trovano alle prese con complessità, incertezze, precarietà, confusioni e, persino, con i danni del tempo - perché sono aziende che dipendono da questo - e che hanno bisogno di vedere chiaro nel loro futuro. Chiedono esclusivamente chiarezza e noi dobbiamo farci portatori di questa necessità di fare chiarezza.

So bene che questo Governo è molto impegnato su questo frangente, che è un frangente non facile, altrimenti non ci sarebbero state decine di sentenze che si sono contrapposte tra loro, interpretative e di vario tipo. Tuttavia, oggi noi dobbiamo fare i conti con il fatto che il Consiglio di Stato, con sentenza del novembre 2021, ha stabilito che le norme italiane che prorogano in modo automatico le concessioni demaniali marittime sono in contrasto con il diritto europeo e, quindi, vanno disapplicate, e che le concessioni in vigore sono efficaci fino al 31 dicembre 2023.

In realtà, poi, c'è stata la proroga del decreto Milleproroghe, che le porta al 31 dicembre 2024. C'è stata una sentenza della Corte di giustizia europea dell'aprile scorso, che ha fornito un'interpretazione “autentica” della direttiva, affermando che i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, debbano applicare le norme dell'Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale che non sono conformi ad esse ma, nello stesso tempo, sempre in quella sentenza, la Corte di giustizia ha statuito un principio, se vogliamo, nuovo, che dice che bisogna valutare effettivamente, se ci sia una scarsità di risorse, perché, quando tu vuoi liberalizzare, devi partire dal fatto che ci sia una scarsità di risorse, se no non c'è bisogno di imporre una liberalizzazione. Da tutto ciò deriva questo tavolo tecnico che si è insediato e che ha fatto un ottimo lavoro ed emerge un quadro, ad oggi, che dichiara che non c'è scarsità di risorse e, quindi, un ulteriore interrogativo sull'applicabilità della direttiva Bolkestein.

Comunque, in quella sentenza della Corte di giustizia si è specificato che il tema dell'applicabilità legata alla scarsità di risorse deve essere interpretato nel senso che questa valutazione deve avvenire combinando un approccio generale e astratto a livello nazionale e un approccio caso per caso, appunto, basato sull'analisi del territorio costiero. L'analisi del territorio costiero non ha evidenziato una scarsità di risorse, questo mi sembra un principio fondamentale, tuttavia, abbiamo una scadenza legata alle sentenze del Consiglio di Stato che è quella del 31 dicembre prossimo. Ecco, l'interrogativo è cosa faranno gli enti locali e i comuni rispetto a questa scadenza.

Da qui, la richiesta di un chiarimento, perché informalmente abbiamo evidenza, già, di iniziative partite in diversi punti del nostro territorio, volte a predisporsi all'avvio di procedure selettive per queste concessioni demaniali marittime. Da qui, la richiesta contenuta in questa interpellanza, perché riteniamo che sarebbe importante dire una parola su come i gestori degli enti locali debbano comportarsi per evitare accelerazioni, magari, improvvide e fuori luogo, anche perché bisogna capire bene, qualora venisse data applicazione alla norma di legge che ho citato, se si ponga in contrasto con la giurisprudenza amministrativa, ma non con il diritto comunitario, mentre l'emanazione dei bandi potrebbe comportare alcune responsabilità per legittimo affidamento, per danno erariale e danno ai concessionari uscenti, cioè portare a ricorsi che avrebbero poi una serie di conseguenze.

Quindi, l'auspicio è di lavorare tutti assieme, consapevoli dello sforzo che questo Governo sta facendo, non da oggi, proprio per venire incontro a questo bisogno di chiarezza e bisogno di prospettiva di lavorare assieme in modo da poter dare, il prima possibile, un quadro chiaro, soprattutto a coloro che sono chiamati ad amministrare, a livello locale, questa grande sedimentazione, questa grande confusione legata all'applicazione o meno della direttiva Bolkestein per le concessioni demaniali marittime.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti Tullio Ferrante, ha facoltà di rispondere.

TULLIO FERRANTE, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema posto dagli interpellanti insiste su un quadro normativo complesso e frammentato, nel quale interagiscono diversi livelli di regolazione di rilievo territoriale nazionale ed europeo. A livello statale, ci tengo a sottolinearlo, le competenze in materia sono assegnate a più amministrazioni centrali e intercettano solo in parte le attribuzioni del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.

Va preliminarmente chiarito che la materia è regolata a livello europeo dall'articolo 12 della direttiva europea 2006/123/CE, la cosiddetta Bolkestein, sull'applicazione dei principi della libera concorrenza al settore dei servizi. Tale direttiva ha stabilito che, laddove il numero delle concessioni di servizi sia limitato, per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il relativo rilascio debba avvenire a seguito di procedure di selezione aperte, imparziali e trasparenti, secondo i principi della libera concorrenza e per una durata limitata, senza rinnovo automatico e senza preferenze per il precedente concessionario o per persone a esso legate.

Le procedure concorrenziali sono, quindi, esplicitamente richieste solo laddove vi sia una scarsità delle risorse naturali. I criteri per valutare la scarsità delle risorse sono stati da ultimo chiariti dalla Corte di giustizia europea con sentenza del 20 aprile scorso. Nell'ambito di tale pronuncia, infatti, la Corte ha riconosciuto testualmente che “l'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali. Tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale ed astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l'accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell'autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci. (…) In ogni caso, è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati”.

Quanto richiamato sul quadro normativo e giurisprudenziale europeo spiega le scelte legislative operate dal Governo sul tema e l'attività amministrativa svolta negli ultimi mesi in coerenza con tali scelte. Per fornire una soluzione strutturale al problema, questo Governo ha, infatti, scelto di fornire risposte concrete alle esigenze preventive di ricognizione sull'effettiva scarsità del bene “aree demaniali marittime”.

A tal fine, con l'articolo 10-quater del decreto-legge 29 dicembre 2022, n, 198, è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un tavolo tecnico con compiti consultivi e di indirizzo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, finalizzati in particolare alla definizione dei criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile.

Facendo leva sul tempo necessario affinché il tavolo tecnico consultivo per le concessioni marittime espleti i propri compiti, il predetto decreto-legge n. 198 del 2022 ha previsto che il differimento del termine di scadenza delle concessioni demaniali marittime, fissato dall'articolo 3 del decreto-legge n. 118 del 2022 al 31 dicembre 2023, fosse prorogato al 31 dicembre 2024. Conseguentemente, anche il termine dell'ulteriore differimento del termine di scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2024, in caso di ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, veniva prorogato al 31 dicembre 2025.

Su tale differimento, è intervenuta tuttavia la sezione VI del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 7992 del 28 agosto scorso, ha previsto che tale proroga automatica dovesse essere disapplicata da qualunque organo dello Stato. La pronuncia ha richiamato sul punto la sentenza del 1° marzo 2023, n. 2192, della medesima sezione, nonché la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 20 aprile 2023.

La pronuncia, invece, non è entrata nel merito della proroga tecnica di un anno disposta dal decreto-legge n. 118 del 2022 nell'ipotesi di ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva per l'affidamento delle concessioni entro il 31 dicembre 2023.

Ferma restando, quindi, l'ipotesi di proroga tecnica prevista a legislazione vigente, è evidente che la questione prioritaria diventa quella relativa al completamento della ricognizione sulla scarsità del bene. Per questo, si è dato grande impulso all'attività del tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio che ha lavorato a ritmi particolarmente intensi per completare il complesso lavoro di definizione di criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile.

Nel prosieguo della risposta darò, quindi, conto dell'attività svolta dal tavolo e delle conclusioni sulla disponibilità della risorsa alle quali il tavolo è pervenuto. I lavori del tavolo tecnico sono stati articolati in tre fasi e in particolare: una prima fase concernente la ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale; una seconda fase relativa all'acquisizione sistematica e completa dei dati in possesso delle amministrazioni nazionali, territoriali e locali sui rapporti concessori attualmente in essere e sulla quantità e qualità delle risorse demaniali, marittime, lacuali e fluviali disponibili; una terza fase concernente, invece, la definizione dei criteri tecnici utili a definire il concetto di scarsità della risorsa naturale disponibile e a determinarne l'effettiva sussistenza. Il 5 ottobre 2023 si è svolta la quinta riunione del tavolo, all'esito della quale è stato condiviso un documento di sintesi dei lavori svolti in relazione alle tre fasi di cui sopra.

Nelle more dell'operatività del sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici ai fini dell'acquisizione dei dati, il tavolo ha fatto riferimento al sistema informativo del demanio marittimo quale strumento nazionale condiviso di supporto alla gestione amministrativa e fiscale del demanio marittimo, integrandolo con ulteriori dati relativi alle aree marine protette. Il tavolo ha individuato nei metri quadrati e non nel dato lineare il criterio che più fedelmente rappresenta la fotografia della risorsa effettivamente libera o occupata. Sulla base dei predetti dati è stata predisposta una tabella che dà conto delle aree occupate, comprensive delle concessioni e delle istanze presentate in rapporto al demanio concedibile, al netto di demanio militare, aree secretate, aviosuperfici, aree protette, aree industriali relative a impianti petroliferi, industriali e di produzione di energia. Non è stato possibile, viceversa, procedere alla mappatura del fluviale e del lacuale, in quanto i dati a disposizione non erano dettagliati per poter essere processati.

Sulla base dei dati disponibili ad oggi, il documento ha, quindi, attestato che la quota di aree occupate, comprensive delle concessioni e delle istanze presentate in rapporto al demanio concedibile, equivale attualmente al 33 per cento delle aree disponibili. Va sottolineato che, nell'attestare il dato nazionale relativo alle risorse effettivamente occupate, il documento adottato dal tavolo prende atto delle competenze regionali sulla materia del governo del territorio, come previste dal quadro costituzionale e dall'ordinamento amministrativo. Tuttavia, precisa che tale assetto non assume rilevanza ai fini del computo generale delle aree disponibili per la determinazione della scarsità del bene, in quanto le aree di costa ricadenti nel perimetro regionale possono comunque essere assegnate a operatori economici mediante rapporti di concessione o analoghi. Sul piano metodologico, in coerenza con quanto previsto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 20 aprile scorso, il tavolo ha, quindi, ribadito che la stima della scarsità della risorsa va effettuata tenendo conto del dato nazionale, secondo un approccio generale e astratto proporzionato e non discriminatorio. A questa fase nazionale dovrà evidentemente seguire un'ulteriore fase finalizzata a valutare le specifiche situazioni territoriali sulla base del completamento della mappatura della risorsa, in collaborazione con gli enti territoriali. A tal fine, il tavolo tecnico ha segnalato la necessità di avvalersi dei raccordi connaturati al sistema delle Conferenze fra i diversi livelli territoriali di governo. Allo stesso tempo ha valutato l'opportunità di presentare gli esiti dei lavori del tavolo e i criteri suggeriti in via preliminare alla Commissione europea.

In conclusione, ribadisco l'importanza del lavoro svolto dal tavolo tecnico per addivenire in chiave strutturale a una definitiva soluzione del problema.

PRESIDENTE. La deputata Deborah Bergamini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DEBORAH BERGAMINI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Ringrazio il Sottosegretario Ferrante per questa risposta alla nostra interpellanza. Chiaramente, come già ricordato in premessa, ringrazio il Sottosegretario per averci aggiornati rispetto all'esito dei lavori in corso, chiamiamoli così, del tavolo tecnico per la mappatura, perché - lo intendo in questo senso - è chiaro che l'esito dei lavori di quel tavolo, finalmente con un'idea chiara sulla mappatura e, quindi, sulla scarsità o non scarsità di risorse, è un fattore chiave per l'interlocuzione, cui accennava il Sottosegretario, con la Commissione europea. La Commissione europea non sempre, nel corso di questi lunghi anni, ha dimostrato - forse abbiamo anche delle responsabilità noi, come Paese - di comprendere bene di che cosa si parli quando parliamo di impresa balneare nel nostro Paese, di quali sono, come ricordavo in premessa, le complessità e le articolazioni e anche qual è il valore dell'impresa balneare italiana. Nel dibattito pubblico si tende, come sempre succede, a vedere gli aspetti negativi, ma stiamo parlando di imprenditori che hanno fatto la storia dell'accoglienza turistica nel nostro Paese, accoglienza che funziona, e i numeri lo dimostrano, e che garantisce, per larga parte delle nostre coste, un sistema di servizi, un sistema di tutela, un sistema di qualificazione dell'offerta turistica della quale i turisti italiani e stranieri sembrano beneficiare con piacere. Inoltre, si tratta di un mercato, anche questo è un mercato che ha, però, delle sue peculiarità. Dobbiamo sempre ricordare, infatti, che quando noi parliamo delle concessioni demaniali marittime parliamo, più che mai nel nostro Paese che è una penisola, dei nostri confini nazionali, cioè proprio della cintura che circonda il nostro Paese.

Quindi, in riferimento a quando, a suo tempo, la direttiva Bolkestein fu emanata, osservo che un conto è liberalizzare in generale i servizi - cosa che ci va benissimo, figuriamoci se noi di Forza Italia non siamo a favore - e altro conto è andare a incidere sui nostri confini nazionali. Io lo dico con grande chiarezza: non mi sentirei felicissima se un domani ci fosse un'asta, una procedura selettiva, e venisse a prendere porzioni di concessioni demaniali delle nostre spiagge qualche gruppo multinazionale straniero che viene e si insedia, commercialmente e imprenditorialmente, sui miei confini nazionali. Questa è una considerazione che lascio agli atti ma che, secondo me, è giusto fare quando affrontiamo il tema specifico delle concessioni demaniali marittime, per la conformazione specifica che ha il nostro Paese, per dove si trova e per tutto quello che comporta - adesso sarebbe lungo spiegare - in relazione ai nostri confini nazionali. È una considerazione a margine.

Per tornare, invece, alla risposta del Governo, io apprezzo il lavoro fatto, apprezzo quest'affermazione rispetto al dato, secondo me oggettivo che, non essendoci scarsità di risorse, viene meno un presupposto di applicabilità della Bolkestein. Quello che, però, rilevo e sottolineo ancora una volta - poi veramente concludo - è che ci deve essere chiarezza rispetto al futuro di queste imprese. È una chiarezza che sicuramente verrà sostanziata dall'esito finale dei lavori del tavolo tecnico. Ne siamo certi perché, da sempre, Forza Italia ritiene che non essendoci scarsità di risorse - questo tavolo si sta avviando a dimostrarlo e a certificarlo - viene meno un presupposto di base di qualunque forma di applicazione della Bolkestein, e non lo diciamo solo noi. Tuttavia, dobbiamo tenere presente anche quali sono i tempi, il contingentamento vero dei tempi di decisione. Sappiamo che c'è un'interlocuzione con la Commissione europea che, come io credo, il Governo sta portando avanti con la massima determinazione. Gli esiti del tavolo saranno un fattore sicuramente corroborante ma ritengo doveroso sottolineare che tutto questo ha bisogno di avvenire in tempi stretti per dare certezze, garanzie e prospettive chiare a questi imprenditori, che non chiedono niente perché fanno il loro lavoro. Questi imprenditori chiedono soltanto di avere chiarezza sulla cornice prospettica nella quale possono muoversi e non per muoversi tanto per fare ma perché muoversi significa intraprendere, investire, reinvestire, come molti, purtroppo, si troveranno a dover fare in Toscana, in Liguria e in tante altre regioni colpite, nei giorni scorsi, dal maltempo.

Muoversi per loro significa portare avanti un'impresa orgogliosamente italiana, che funziona, che ha dimostrato nei decenni di rappresentare - lo dico ancora una volta - un fiore all'occhiello della nostra accoglienza turistica e che, quindi, non chiede aiuti particolari, ma soltanto prospettive di chiarezza.

PRESIDENTE. Salutiamo gli appartenenti alla European Law Students' Association, di Modena e Reggio Emilia, che assistono ai nostri lavori (Applausi).

Sospendiamo adesso la seduta per una brevissima pausa di 5 minuti e ricominciamo alle 11,55. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 11,50, è ripresa alle 11,55.

(Chiarimenti in merito alla tipologia di prodotti da fumo oggetto di divieto di comunicazioni commerciali ai sensi del decreto legislativo n. 6 del 2016 - n. 2-00259)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bergamini e Battilocchio n. 2-00259 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Bergamini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DEBORAH BERGAMINI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Saluto il Sottosegretario e i colleghi. Molto rapidamente, questa è un'interpellanza, che, come da lei annunciato, Presidente, chiede un chiarimento di natura interpretativa. C'è, infatti, un decreto legislativo, il n. 6 del 2016, il quale, al comma 10 dell'articolo 21, inibisce le comunicazioni commerciali nei vari canali - sulla stampa, online, sulle pubblicazioni stampate e quant'altro - che abbiano lo scopo, anche indiretto, di promuovere le sigarette elettroniche e i liquidi di ricarica.

Il divieto sopra citato si rivolge specificatamente alle sigarette elettroniche e ai liquidi di ricarica che contengono nicotina. Però si sta registrando un'incertezza interpretativa - da cui, questa interpellanza - sull'applicazione di questo dispositivo normativo che ho richiamato, perché si sono susseguiti, da allora, pronunciamenti giudiziari difformi, che avrebbero ricompreso in questo divieto anche la comunicazione commerciale relativa a prodotti che, invece, sono privi di nicotina.

Ricomprendere nel divieto di pubblicità i prodotti da fumo che, però, non contengono nicotina ci è apparsa un'interpretazione della norma vigente che potrebbe avere effetti distorsivi.

Pertanto ci rivolgiamo al Governo per chiedergli se abbia in animo di adottare iniziative volte a chiarire se, nelle disposizioni recate dal comma 10 dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 6 del 2016, siano da ricomprendersi oppure no anche i prodotti da fumo che non contengono nicotina.

PRESIDENTE. Prima di ascoltare la risposta, salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto di istruzione secondaria superiore Keynes - il nome di un grande economista - di Castel Maggiore, in provincia di Bologna. Benvenuti alla Camera dei deputati (Applausi).

La Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Lucia Albano, ha facoltà di rispondere.

LUCIA ALBANO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Con il documento in esame, gli onorevoli interpellanti richiamano il comma 10 dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 6 del 2016, che impone il divieto delle comunicazioni commerciali nei servizi della società dell'informazione, sulla stampa e altre pubblicazioni stampate, aventi lo scopo, anche indiretto, di promuovere le sigarette elettroniche e i liquidi di ricarica.

In particolare, gli onorevoli interpellanti segnalano incertezze interpretative circa l'inclusione, nell'ambito del divieto, dei prodotti da fumo privi di nicotina.

A parere degli interpellanti, l'applicazione del cennato divieto di pubblicità anche ai prodotti da fumo non contenenti nicotina implicherebbe un'interpretazione distorsiva della normativa vigente. Pertanto, chiedono di sapere “se il Governo intenda adottare iniziative volte a chiarire se nelle disposizioni recate dal comma 10 dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 6 del 2016, siano da ricomprendersi anche i prodotti da fumo non contenenti nicotina”.

Al riguardo, preliminarmente, si osserva che la questione prospettata dagli interpellanti non presenta aspetti di natura fiscale, ma involge la competenza del Ministero della Salute. Detto Dicastero, pertanto, rappresenta quanto segue.

Il decreto legislativo n. 6 del 2016, di attuazione della direttiva europea 2014/40/UE non fa distinzione tra sigarette con nicotina e senza nicotina. L'articolo 1, comma 2, lettera e), recita: il presente decreto disciplina (…) e) l'immissione sul mercato e l'etichettatura di alcuni prodotti correlati ai prodotti del tabacco, ossia le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica e i prodotti da fumo a base di erbe”.

In particolare, l'articolo 21 del citato decreto legislativo, rubricato “Sigarette elettroniche”, specifica, al comma 1, che le previsioni dell'articolo non si rivolgono ai prodotti farmaceutici (decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219) e ai dispositivi medici (decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46). Inoltre, il comma 2 prescrive l'obbligo di notifica al Ministero della Salute e al Ministero dell'Economia e delle finanze per le sigarette elettroniche appartenenti alla categoria stabilita all'articolo 62-quater del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, che include le sigarette elettroniche, ossia prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti o meno nicotina. Il comma 6 è espressamente riservato ai liquidi contenenti nicotina. Il comma 7 prevede che il rilascio di nicotina deve essere costante. Il comma 11 sulle vendite a distanza si riferisce espressamente ai prodotti contenenti o meno nicotina. Il comma 10, che riguarda le comunicazioni commerciali e la promozione e la sponsorizzazione relative alle sigarette elettroniche, non fa riferimento alla presenza o meno di nicotina.

Pertanto, per tutelare la salute dei consumatori nei confronti di un prodotto nocivo e considerata la difficoltà di individuare dall'esterno, senza effettuare un'analisi del liquido contenuto, la presenza o meno di nicotina in una sigaretta elettronica o in un liquido di ricarica, il legislatore, con il citato decreto legislativo, ha inteso far riferimento ad entrambe le tipologie di sigarette elettroniche, specificando, ove opportuno, alcune misure riferite esclusivamente a quelle con nicotina.

A ulteriore conforto della propria opzione esegetica, il Ministero della Salute rappresenta che la successiva determinazione direttoriale del 29 marzo 2021 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, all'articolo 5, prevede, tra l'altro, l'estensione delle avvertenze sanitarie contemplate per le confezioni di sigarette elettroniche ed i contenitori del liquido di ricarica con nicotina anche alle confezioni degli analoghi prodotti senza nicotina, con il seguente testo: “il prodotto può contenere sostanze pericolose per la salute. Per info chiama il numero verde dell'Istituto superiore di sanità”.

PRESIDENTE. La deputata Bergamini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DEBORAH BERGAMINI (FI-PPE). Grazie Presidente. Ringrazio il Sottosegretario e sono soddisfatta del chiarimento. Credo fosse opportuno farlo, dal momento che si erano aperti margini diversi. Quindi, colgo dalle parole del Sottosegretario, che riferisce la posizione del Ministero della Salute, che c'è in generale una linea politica, una linea guida, che tende a identificare la sigaretta elettronica - non importa che siano con o senza nicotina - come un oggetto che deve avere lo stesso trattamento, quando ci riferiamo alla comunicazione commerciale, alla pubblicità o alla valorizzazione del prodotto, perché non è la presenza o meno della nicotina che fa la differenza, ma sono proprio la sigaretta elettronica in quanto tale ed i liquidi di ricarica che hanno un trattamento univoco. Ringrazio, quindi, il Sottosegretario per questo chiarimento e spero che possa essere utile, al di là di quest'Aula, per il futuro.

(Chiarimenti in merito alla possibile quotazione in borsa di Ferrovie dello Stato - n. 2-00264)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Barbagallo ed altri n. 2-00264 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Barbagallo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci rimettiamo al testo, annunciando anche la nostra amarezza. Siamo sgomenti per aver appreso dalla stampa che sarebbe in corso un sedicente tentativo di privatizzazione dell'ultima grande società statale, un tentativo, peraltro, che avrebbe un percorso tortuoso e complicato, anche dal punto di vista giuridico, perché, tra le indiscrezioni che girano, c'è quella della scissione fra le due grandi società controllate del gruppo, Trenitalia ed RFI, e addirittura si parla di una partecipazione con le risorse dei fondi pensione, insomma tutte soluzioni cervellotiche, mentre, dall'altro lato, ci sono gli oneri che incombono su FS per i consistenti investimenti del PNRR, che sono stati assegnati a FS - si parla di oltre 26 miliardi di euro - e tutti gli impegni del gruppo per l'ammodernamento delle infrastrutture che ammontano a oltre 200 miliardi. Quindi, chiediamo appunto di conoscere l'intendimento del Governo su questa questione.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Lucia Albano, ha facoltà di rispondere.

LUCIA ALBANO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza in esame, si rappresenta preliminarmente che, nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, la NADEF, è previsto che, nel triennio 2024-2026, il rapporto debito-PIL scenda al di sotto del 140 per cento, attingendo anche alle risorse rinvenienti dai proventi da dismissione di asset, incluse quote di partecipazione del capitale di società controllate dallo Stato. In particolare, è stata ipotizzata l'attivazione di risorse da cessioni di asset pari ad almeno l'1 per cento del PIL nell'arco del triennio in argomento, ossia circa 20 miliardi.

Tanto premesso, si evidenzia che la NADEF non ha specificato le operazioni di privatizzazione da realizzare e le relative società interessate e che il Ministro dell'Economia e delle finanze, in audizione sulla NADEF dinanzi alle Commissioni parlamentari congiunte V della Camera e V del Senato, non ha fatto alcun riferimento a dismissioni riguardanti particolari gruppi. Il Governo procederà alle attività propedeutiche all'avvio dei processi, quali quelli volti a dismettere quote di partecipazioni nel capitale di società in mano pubblica e ricordo che tali attività, proprio in ragione della loro complessità, richiedono tempi adeguati di preparazione. È infatti necessario che sia adeguatamente valutata la configurazione delle strutture organizzative del business aziendale e che siano individuate le migliori modalità attuative per la valorizzazione degli asset. Tali valutazioni dovranno sempre tener conto dell'importanza di garantire il mantenimento del controllo dello Stato sugli asset ritenuti strategici.

PRESIDENTE. Il deputato Barbagallo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e rappresentante del Governo, in sede di replica, non possiamo non evidenziare che, grazie all'iniziativa assunta oggi dal Partito Democratico, abbiamo parlamentarizzato l'affaire FS. Fino ad ora, è stato soltanto un susseguirsi di indiscrezioni e articoli di stampa su posizioni anche articolate, e certamente non aiuta, da questo punto di vista, anche la risposta - che, Sottosegretario, mi permetto di definire “tattica” - di oggi del Governo.

Gli italiani hanno diritto di sapere e hanno diritto di sapere in modo chiaro. Fino a questo momento, il dibattito sull'ultima grande società statale è rimasto chiuso nella stanza dei bottoni. Le considerazioni generiche non ci soddisfano e anche la conferma, più o meno velata, delle indiscrezioni non ci sembra il modo opportuno per affrontare questo tema. È insopportabile, infatti, che l'iniziativa sia dovuta venire dalle opposizioni e il Governo non abbia sentito il bisogno e il dovere di un confronto preliminare, sereno e democratico con il Parlamento sul destino di Ferrovie.

Questa scelta fa il paio con la sequela impressionante di decreti-legge e voti di fiducia, che danno l'idea appunto di come il Governo consideri questo Parlamento soltanto come un fastidio. Non ve lo permetteremo - l'abbiamo ribadito anche la scorsa settimana, in quest'Aula - e lo ribadiamo anche oggi e, poiché il Parlamento è la sede deputata all'esercizio della democrazia, esprimiamo tutta la nostra contrarietà rispetto alla paventata dismissione. Innanzitutto, una contrarietà nel metodo: questo percorso va avanti, infatti, senza un confronto serio, senza coinvolgere le parti sociali, i lavoratori e le categorie produttive, ma anche le regioni e gli enti locali interessati al passaggio dei treni. Nel momento in cui si dovrebbe mettere, con decisione, il piede sull'acceleratore per sfruttare le ingenti risorse del PNRR e investire sull'ammodernamento della rete ferroviaria o delle macchine, o, meglio ancora, sull'intermodalità, vengono appositamente alimentati dubbi e lanciate le trattative nelle segrete stanze per avviare un processo di dismissione statale, con l'intento poi di rifilare, al momento giusto - come abbiamo visto, in questi mesi - un bel decreto-legge che ne prevede la vendita.

Mi permetta, Presidente, una nota a margine: ci stiamo abituando ormai a fare con decreto-legge di tutto, dall'aggiudicazione e dagli affidamenti delle gare alle varianti in corso d'opera, per non parlare delle vendite o delle dismissioni statali, per questo nutriamo le preoccupazioni odierne.

Ma se, da un lato, c'è il Governo impelagato nelle segrete stanze, dall'altro, c'è un Paese che aspetta risposte concrete proprio sui temi infrastrutturali, con sempre maggiori diseguaglianze fra il Nord e il Sud, con una situazione della rete ferroviaria in alcune regioni che è da terzo mondo, come nella mia e nella nostra terra, Presidente, la Sicilia, dove la gente deve fare i conti con treni in ritardo o soppressi e tariffe in aumento. Secondo i dati raccolti da Pendolaria e dal Comitato pendolari Sicilia, la tratta, ad esempio, Catania-Caltagirone risulta una delle più colpite dai disservizi, a livello nazionale. Nel primo semestre del 2022, il 26 per cento delle corse, quindi più di una corsa su quattro, ha subito ritardi o soppressioni. Tra l'altro, la prosecuzione della linea che da Caltagirone conduce a Gela è interrotta dal 2011 - quindi, 12 anni di interruzione - per il crollo di un ponte, rendendo inutilizzabile 135 chilometri di tracciato ferroviario. A detta di Ferrovie, i lavori si concluderanno soltanto nel 2026, con l'insopportabile beffa che su questa tratta il costo dei biglietti è aumentato del 10 per cento negli ultimi 2 anni. Ma anche altre linee interne sono state recentemente interessate da disagi non indifferenti. Per l'estate 2023 sono stati eseguiti i lavori lungo le principali ferrovie interne dell'Isola, concluse soltanto lo scorso settembre. Gli interventi, lenti e lentissimi, finalizzati prevalentemente alla manutenzione ordinaria o all'adeguamento delle strutture con le nuove tecnologie, non hanno comportato sostanziali modifiche in termini di velocizzazione delle linee. Sono stati soltanto interventi di manutenzione ordinaria e di ripristino di impianti e del tracciato ferroviario.

La ferita più profonda è quella sulla Palermo-Agrigento, due siti UNESCO, e la linea ferroviaria è addirittura rimasta chiusa per tutta l'estate nella città della Valle dei Templi e nel sito UNESCO Palermo arabo-normanno, per riaprire soltanto il 10 settembre. Gli abitanti del cuore della Sicilia sono rimasti vittime anche di numerosi disagi per quanto riguarda la ferrovia che collega Canicattì ad Aragona e Canicattì a Caltanissetta, oggetto di interventi di manutenzione, ma anche di demolizione e ricostruzione di alcuni tratti del tracciato ferroviario. Con buona pace degli utenti, in estate il trasporto su gomma è rimasto per mesi l'unica opzione per gli spostamenti nella zona della Sicilia orientale. L'estate è terminata ma non i disagi nelle aree interne. Fino a dicembre, infatti, l'intera circolazione ferroviaria che da Dittaino porta a Catania, - quindi la linea principale della Sicilia orientale - è stata sospesa per i lavori di potenziamento della linea: quindi, da qui a dicembre non ci sarà un solo treno. Allo stesso modo, per tutto il mese di novembre non ci saranno collegamenti da Caltanissetta a Modica e da Caltanissetta ad Agrigento, per interventi di manutenzione straordinaria.

Insomma, non serve andare oltre, ma mentre l'Europa va da una parte, investendo sul ferro e sui treni green, c'è una parte del Paese che è rimasta ferma alle vecchie ferrovie borboniche, quando va bene.

Signor Sottosegretario, l'appello è - a lei e, per lei, all'intero Governo -: quando deciderete veramente di occuparvi delle ferrovie del Mezzogiorno e delle ferrovie della Sicilia?

Tornando al tema centrale di oggi, proprio in relazione alla situazione di disastro che c'è in alcune aree del Paese, la paventata privatizzazione ci terrorizza, perché è evidente - e, da questo punto di vista, facciamo una considerazione che per noi è assorbente - che il Governo non può vendere asset fondamentali per fare cassa. La possibile quotazione sul mercato infatti porterebbe alle casse dello Stato un introito di circa 5 miliardi, una goccia nel mare rispetto ai 2.859 miliardi di debito pubblico del nostro Paese stimato, il mese scorso, dalla Banca d'Italia e che non contribuirebbe in maniera incisiva alla risoluzione degli attuali problemi. L'operazione, oltre che essere infruttuosa rispetto all'esiguità della cifra che ne deriverebbe, non porterebbe neanche a un miglioramento in termini di performance o di sviluppo del settore ma, al contrario, c'è il serio rischio di danneggiare una delle poche aziende sane e utili del Paese, con evidenti ricadute negative in termini di occupazione e di riflesso sulla circolazione di passeggeri e merci, mettendo in crisi l'intero comparto della mobilità.

Quanto da noi sostenuto non è solo in linea con le parti sociali ma è un sentimento diffuso e consolidato nel Paese. Per rilanciare l'Italia servono insomma player nazionali strutturati e non questa corsa continua a tappare buchi o a trovare risorse inseguendo la ricapitalizzazione o la vendita di turno, passando da ITA a Lufthansa, da TIM a Vivendi, eccetera. Insomma, serve una strategia di politica industriale degna di un paese della storia e del prestigio dell'Italia, che certamente, a nostro giudizio, questo Governo non ha. Anche nella sua risposta di oggi, Sottosegretario, non serviva questo tatticismo: serviva affrontare il tema in modo sereno e democratico, sottoponendo al Parlamento tale questione e oggi è la prima di una serie iniziative che intraprenderemo per correre ai ripari ed evitare in ogni modo questo processo di privatizzazione.

Signor Presidente, abbiamo un altro aspetto che ci preoccupa profondamente, che riguarda gli 85.361 dipendenti di Ferrovie, oltre a quelli dell'indotto, i quali meritano tutele e diritti, ma soprattutto considerazione e rispetto per avere, in tanti anni, messo la propria vita al servizio dell'azienda, e che non vogliono leggere dalla stampa indiscrezioni più o meno fondate. Ci batteremo in tutte le sedi per le giuste e opportune rivendicazioni salariali e per tutelare con ogni mezzo il sacrosanto diritto dei lavoratori, dal primo all'ultimo.

Concludo, con la preoccupazione più profonda. La natura statale di Ferrovie dello Stato è il modo migliore per garantirne il controllo rispetto anche alla sua mission, alle tratte sociali, ai collegamenti con le aree interne, alla sfida della sostenibilità, agli investimenti nel Mezzogiorno, al fatto di colmare il gap con la parte meno infrastrutturata del Paese, che rappresentano l'obiettivo principale della grande azienda di Stato. Tutte queste certezze e queste garanzie non possono essere sacrificate per recuperare 5 miliardi su 2.859 miliardi di debito pubblico e per iniziare il balletto che ha visto protagonista - ahimè - tante partecipate statali negli ultimi anni. Fermatevi finché siete in tempo: il PD, dentro e fuori il Palazzo, sarà contro questo disegno scellerato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Iniziative volte alla salvaguardia del gruppo aziendale "La Perla", al fine di garantire la continuità operativa e il mantenimento dei livelli occupazionali, nonché elementi in ordine all'assolvimento degli obblighi contributivi e fiscali dell'attuale gestione - n. 2-00261)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Maria ed altri n. 2-00261 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato De Maria se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA DE MARIA (PD-IDP). Grazie Presidente. Colleghi, rappresentante del Governo, La Perla, fondata nel 1954 da Ada Masotti, rappresenta un marchio di grandissimo valore per il made in Italy, un presidio produttivo di rilievo nazionale conosciuto in tutto il mondo. L'azienda situata a Bologna svolge attività d'ideazione, produzione e vendita, su scala mondiale, di abbigliamento intimo di pregio, maschile e femminile. Gran parte del personale impiegato da La Perla è rappresentato da donne, artigiane di eccellenza altamente specializzate, che hanno acquisito nel tempo competenze professionali uniche e difficilmente riscontrabili in altre realtà. I capi della collezione La Perla realizzati con tecniche antiche e considerati unici ed espressione di un lusso raro e prezioso, sono venduti in tutto il mondo anche direttamente attraverso propri negozi presenti in Europa, nell'America del Nord, in Asia e in Medioriente.

Dal febbraio 2018 con il passaggio della proprietà di La Perla al fondo olandese Tennor holding la situazione economica e finanziaria dell'azienda è notevolmente peggiorata dal punto di vista economico, finanziario e organizzativo, per effetto di scelte gestionali errate, per l'assenza di un piano industriale incentrato sul rilancio e la valorizzazione dei prodotti e delle capacità manifatturiere dell'azienda.

Dal 2018 al 2023 la rete di La Perla nel mondo è stata ridotta da 120 punti vendita - 44 corner e 3 spacci - a 44 punti vendita, un negozio stagionale e uno spaccio. Al contempo, quella nazionale è stata ridotta da 9 boutique, un corner, 7 outlet e tre spacci a una sola boutique, un corner, 3 outlet e uno spaccio. I fornitori manterrebbero almeno 70 milioni di euro di mancati pagamenti.

Sulla base dei dati di bilancio disponibili de La Perla Fashion holding, i ricavi si sono ridotti da 85,5 milioni di euro nel 2019 a 69 milioni di euro nel 2022.

L'azienda non ha registrato utili nel periodo 2019-2022, ma perdite pari a 89 milioni di euro nel 2019, 136,3 milioni di euro nel 2020, 45,2 milioni di euro nel 2021 e 49,4 milioni euro nel 2022. L'indebitamento netto è cresciuto in una misura esponenziale, passando da 132,66 milioni di euro a 336,68 milioni di euro. Nel Regno Unito, La Perla Global Management Limited è stata liquidata il 1° novembre 2023 con una sentenza della magistratura inglese a causa di 2,8 milioni di sterline di imposte non pagate.

Notizia di ieri sera, dalla Gazzetta Ufficiale di Londra, tale società, la società madre, è stata liquidata il 3 novembre. Ricordo che, fra l'altro, noi abbiamo svolto un tavolo di crisi al Ministero il 6 novembre e che in quell'occasione i rappresentanti della proprietà non hanno dato notizia di tale avvenuta liquidazione, che invece è avvenuta il 3 novembre, anche se se n'è avuta notizia pubblica solo ieri.

Il taglio del personale in organico è tra i dati maggiormente preoccupanti della gestione Tennor Holding. A febbraio 2018 il gruppo La Perla occupava 615 dipendenti, mentre nel 2023, dopo una sequenza di licenziamenti, i dipendenti si sono ridotti a 324, di cui 220 in La Perla Manufacturing Srl, 70 in La Perla UK e 34 in La Perla Italia. Nel mese di agosto 2023 il personale di La Perla, senza alcun preavviso, non ha ricevuto il pagamento dello stipendio relativo al mese di luglio. Gli stipendi sono stati successivamente corrisposti anche grazie alle iniziative assunte dai sindacati e dalle istituzioni.

Nel tavolo di crisi del 5 settembre 2023, aperto presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy, a cui sono stato presente, per affrontare la situazione di crisi dell'azienda, sono mancati impegni chiari da parte della proprietà sullo sviluppo e il rilancio del gruppo La Perla sul fronte produttivo e finanziario, lasciando nell'incertezza le lavoratrici e i lavoratori dell'azienda. Successivamente al deposito di questa interpellanza, lo scorso 6 novembre 2023, si è svolto un ulteriore incontro del tavolo di crisi aperto presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy, incontro a cui ho partecipato anche in questo caso.

Devo dire con sincerità che le risposte dei rappresentanti della proprietà presenti in quella riunione sono state persino imbarazzanti, certamente del tutto inadeguate. Ancora una volta non è stato presentato alcun piano industriale; ci sono state generiche, ma preoccupanti, enunciazioni su esuberi del personale, non sono state fornite informazioni sulla situazione finanziaria del fondo. Si è resa evidente addirittura una non conoscenza della stessa storia dell'attività aziendale e del mercato in cui La Perla opera.

Voglio sottolineare che al tavolo di crisi i rappresentanti dei lavoratori hanno dimostrato grande senso di responsabilità e la volontà di contribuire al massimo a costruire un futuro per La Perla, e che le istituzioni, città metropolitana di Bologna, regione Emilia-Romagna e Governo, si sono espresse con grande sintonia e unità di intenti. Ascolterò oggi la risposta del Governo, ma devo dire che ho trovato serie, equilibrate e condivisibili le conclusioni della Sottosegretaria Bergamotto in occasione dell'incontro del 6 novembre; la voglio ringraziare per il suo impegno e con lei voglio ringraziare il presidente Bonaccini e l'assessore Colla della regione Emilia-Romagna, il sindaco Lepore e il capo di gabinetto Lo Giudice della città metropolitana di Bologna.

In conseguenza della gestione e del comportamento irresponsabile della proprietà del gruppo La Perla sono a forte rischio numerosi posti di lavoro altamente qualificati, la continuità operativa di un'impresa di grande valore per il Paese e la permanenza in Italia di un marchio di grandissimo rilievo per il made in Italy. Con la nostra interpellanza, sottoscritta anche dalla segretaria nazionale del PD Elly Schlein, da sempre impegnata sulla vertenza La Perla, dalla presidente del gruppo Chiara Braga, e che abbiamo depositato anche in Senato, a prima firma di Francesco Boccia, chiediamo di sapere dal Governo quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire il rilancio immediato della produzione del gruppo La Perla e per evitare derive finanziarie che rischiano di disperdere il know-how professionale dei dipendenti e di sottrarre al nostro Paese un marchio di una realtà aziendale di prestigio per l'industria tessile e per tutto il Paese.

Chiediamo anche al Governo se non ritenga opportuno, in assenza di precisi e documentati impegni da parte del fondo Tennor Holding, tenuto conto anche della preoccupante situazione economica e finanziaria del gruppo, resa ancora più drammatica dalle notizie di ieri, di valutare la messa in campo di una procedura di amministrazione straordinaria finalizzata a garantire la continuità operativa dell'azienda, il mantenimento dei livelli occupazionali e la transizione verso una nuova proprietà, che sia in grado di garantire, attraverso un serio piano industriale e finanziario, gli investimenti necessari al rilancio e alla valorizzazione dell'azienda.

Chiediamo comunque che il Governo accerti se l'attuale proprietà del gruppo La Perla abbia effettivamente versato tutti gli stipendi e i contributi dovuti al personale dipendente e se abbia adempiuto a tutti gli obblighi di versamento di imposte e tributi nei confronti dell'erario.

Voglio chiudere ringraziando di nuovo i lavoratori e le organizzazioni sindacali, per la mobilitazione di questi mesi, che è stata fondamentale per sollecitare l'attenzione di tutti su una crisi la cui soluzione rappresenta davvero una priorità per il Paese, e sottolineare che è fondamentale, in particolare di fronte ai comportamenti della proprietà, mantenere una grande unità fra le istituzioni, com'è accaduto finora, e unire tutte le forze politiche, perché questa unità è la condizione per rendere la nostra azione davvero efficace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Lucia Albano, ha facoltà di rispondere.

LUCIA ALBANO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Con l'atto in parola l'onorevole interpellante chiede al Ministero delle Imprese e del made in Italy quali iniziative intenda intraprendere per garantire il rilancio del gruppo La Perla, se si stia valutando l'attivazione di una procedura di amministrazione straordinaria e quali iniziative si intendano intraprendere per accertare il pagamento degli stipendi dei lavoratori, da un lato, e la regolarità nel pagamento delle imposte nei confronti dell'erario, dall'altro.

A tale riguardo, rappresento che il Ministero delle Imprese e del made in Italy vuole garantire la continuità della produzione di un marchio storico di eccellenza come La Perla, anche tutelando i lavoratori coinvolti. Per tale ragione è stato istituito un apposito tavolo di confronto, per comprendere le motivazioni all'origine della crisi dell'azienda e per ricercare soluzioni efficaci alla stessa. Invero, con l'istituzione del tavolo di crisi del 5 settembre 2023 il Ministero delle Imprese e del made in Italy ha mostrato sin da subito una forte attenzione alla vicenda, al fine di supportare un piano di rilancio delle produzioni di alta qualità, che da sempre caratterizza l'eccellenza di un marchio storico del made in Italy, nonché per la salvaguardia delle professionalità altamente specializzate delle maestranze impiegate a Bologna. In quella sede le organizzazioni sindacali hanno lamentato una situazione preoccupante, relativa a un rallentamento delle produzioni negli ultimi anni, dovuto al crescente indebitamento dell'azienda nei confronti dei fornitori e allo scarso dinamismo manageriale della nuova proprietà, che sta portando l'azienda a perdere importanti quote del mercato nazionale. I rappresentanti dei lavoratori, da una parte, hanno richiesto garanzie circa il pagamento delle retribuzioni e, dall'altra, hanno richiesto la ripresa dell'operatività stilistica, industriale e commerciale dello stabilimento di Bologna, pena il depauperamento delle sue produzioni e dell'immagine del marchio e l'imminente fuga delle professionalità altamente qualificate.

La proprietà, nel corso dell'incontro, ha precisato che nello stabilimento di Bologna oggi viene realizzata una percentuale marginale dei prodotti venduti, mentre i costi dello stesso sito risultano ormai non sostenibili. Si è impegnata, infine, a mettere a disposizione le risorse necessarie per il pagamento delle retribuzioni e a raccogliere quelle necessarie alla ripartenza e allo sviluppo industriale, 50 milioni di euro, con emissione di titoli. L'incontro si è concluso chiedendo alla proprietà di trasmettere al MimIt un piano industriale di rilancio dello storico marchio e dello stabilimento bolognese entro la metà del mese di ottobre e di illustrarlo in presenza in occasione della riconvocazione del tavolo.

Si è, infine, esortata la proprietà a mantenere l'impegno assunto circa il puntuale pagamento di tutte le retribuzioni, compresa quella di agosto. Alla riconvocazione del tavolo di crisi, come sottolineato, in data 6 novembre 2023, la proprietà, tuttavia, ha chiesto ancora 4 mesi per formulare i termini di “una ristrutturazione radicale e una riorganizzazione, tecnologica e logistica, necessarie per affrontare il rilancio del marchio”. Di fatto, non è stato presentato alcun piano industriale per il rilancio dell'azienda, come richiesto dal Ministero delle Imprese e del made in Italy e dalle organizzazioni sindacali.

Le notizie che giungono dal Regno Unito sulla condizione debitoria dell'azienda, inoltre, preoccupano i lavoratori e allertano le istituzioni. Dal tavolo è emersa la necessità di una verifica dettagliata e completa sulla gestione e sullo stato economico e finanziario dell'impresa, anche per accertare che da parte della proprietà siano stati rispettati tutti gli obblighi contributivi, fiscali e retributivi. Sull'amministrazione straordinaria vanno compiute tutte le dovute valutazioni circa la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto che competono all'autorità giudiziaria a seguito di una dichiarazione di un eventuale stato di insolvenza.

Sul caso le istituzioni sono tutte d'accordo ad andare fino in fondo per cercare di garantire un futuro certo a un marchio storico del made in Italy, come La Perla.

PRESIDENTE. Il deputato De Maria ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA DE MARIA (PD-IDP). Ringrazio la Sottosegretaria. Sì, sono soddisfatto, si è registrata, anche in questo intervento, una vera sintonia tra i livelli istituzionali e anche tra le diverse forze politiche. Siamo di fronte a una situazione molto critica e a rischi veramente rilevanti per lavoratori e lavoratrici di così grande qualità, anche per salvare un marchio che ha un grandissimo valore per il Paese. Dobbiamo metterci il massimo impegno tutti, agire con il massimo coordinamento fra tutte le istituzioni, anche nelle diverse appartenenze politiche di ognuno, perché credo che quest'azione sia assolutamente fondamentale per provare a riaprire una prospettiva che garantisca i posti di lavoro, garantisca quel presidio produttivo e garantisca la permanenza di quel marchio nel Paese.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Convocazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi.

PRESIDENTE. Comunico che la seduta costitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi, già prevista per martedì 14 novembre 2023 alle ore 14, è rinviata ad altra data.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 9 novembre, il presidente della XIV Commissione ha rappresentato l'esigenza - sulla quale hanno convenuto i rappresentanti dei gruppi della Commissione medesima - di rinviare alla giornata di mercoledì 15 l'inizio dell'esame in Assemblea del disegno di legge n. 1342-A - Legge di delegazione europea 2022-2023, previsto dal vigente calendario dei lavori a partire dalla seduta di lunedì 13 novembre, per la discussione generale e, a partire dalla seduta di martedì 14 novembre, per il seguito dell'esame.

A seguito delle intese intercorse tra i gruppi, la relativa discussione generale avrà pertanto luogo nella seduta di mercoledì 15 novembre, al termine delle votazioni pomeridiani dell'Assemblea, mentre il relativo seguito sarà collocato all'ordine del giorno della seduta di giovedì 16 novembre, secondo l'ordine già stabilito in precedenza.

Avverto altresì che, con distinte lettere in data 9 novembre, i presidenti delle Commissioni VII e XI hanno rappresentato l'esigenza - sulla quale hanno convenuto i rappresentanti dei gruppi delle Commissioni medesime - di rinviare al prossimo calendario l'esame in Assemblea delle seguenti proposte di legge: n. 836, in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni o quote di società sportive, la cui discussione generale è prevista dal vigente calendario dei lavori dell'Assemblea per lunedì 13 novembre e il relativo seguito dell'esame a partire da martedì 14 novembre; n. 1063 e n. 1057, in materia di finanziamento della spesa per la partecipazione a viaggi di istruzione, la cui discussione generale è prevista dal vigente calendario dei lavori dell'Assemblea per venerdì 17 novembre e il relativo seguito dell'esame a partire da lunedì 20 novembre; n. 153 e abbinate, in materia di conservazione del posto di lavoro e di permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, la cui discussione generale è prevista dal vigente calendario dei lavori dell'Assemblea per lunedì 27 novembre e il relativo seguito a partire da martedì 28 novembre.

A seguito delle intese intercorse tra i gruppi, l'esame di tali proposte di legge non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute del corrente calendario dei lavori.

Conseguentemente, nella giornata di lunedì 13 novembre, la seduta avrà inizio alle ore 12, anziché alle ore 10.

Avverto infine che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2023, sul Programma di lavoro della Commissione per il 2023 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1° luglio 2023-31 dicembre 2024).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 13 novembre 2023 - Ore 12:

(ore 12, con votazioni non prima delle ore 16)

1. Discussione sulle linee generali della mozione Braga ed altri n. 1-00210 concernente iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro .

2. Discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio. (C. 1437-A​)

Relatori: TESTA, per la VI Commissione; BARABOTTI, per la X Commissione.

La seduta termina alle 12,35.