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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 87 di venerdì 14 aprile 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CHIARA COLOSIMO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 61, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 13 aprile 2023, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio):

S. 564. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione della politica agricola comune. Disposizioni concernenti l'esercizio di deleghe legislative» (approvato dal Senato) (1089) - Parere delle Commissioni II, IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da martedì 18 aprile 2023, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96-bis del Regolamento, i termini di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo sono conseguentemente adeguati. In particolare, il termine per la presentazione di questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge è fissato alle ore 14 di lunedì 17 aprile 2023.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti in relazione a eventuali decisioni in ambito europeo favorevoli alla produzione e commercializzazione di carne coltivata, alla luce del recente disegno di legge presentato in materia - n. 2-00123)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Evi ed altri n. 2-00123 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Evi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELEONORA EVI (AVS). Grazie, Presidente. Il 28 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, che passerà all'esame del Parlamento.

Secondo un sondaggio commissionato da Good Food Institute Europe, gli italiani sono, però, tra i cittadini più ricettivi in Europa, con il 55 per cento degli intervistati interessati ad assaggiare la carne coltivata, percentuale che sale al 72 per cento nella fascia più giovane della popolazione.

La carne coltivata è il risultato di un processo più sostenibile e meno inquinante rispetto agli attuali allevamenti intensivi.

I risultati di uno studio del Centro comune di ricerca della Commissione europea hanno dimostrato - in via ipotetica, chiaramente - che, se tutta la carne prodotta nell'Unione europea fosse sostituita da carne coltivata, le emissioni di gas a effetto serra, l'uso del suolo e dell'acqua sarebbero ridotti di due ordini di grandezza rispetto alle attuali pratiche di produzione di carne: diminuirebbero, quindi, del 98,8 per cento, del 99,7 e del 94 per cento.

La letteratura scientifica attuale non lascia, di fatto, dubbi sulla sicurezza per i consumatori della carne coltivata, essendo basata su un meccanismo di replicazione cellulare, ben noto e applicato da tempo.

L'immissione sul mercato potrà avvenire solamente in seguito all'autorizzazione delle autorità europee, che richiedono un'attenta valutazione di ogni potenziale rischio, come nel caso degli Stati Uniti e di Singapore.

Dal punto di vista della salute pubblica, la carne coltivata offre sostanziali vantaggi, perché porterebbe a un uso minimo, o pari a zero, di antibiotici, fondamentale per ridurre il grave problema dell'antibiotico-resistenza.

In particolare, sappiamo come, in Italia, l'utilizzo di antibiotici, in particolar modo nel settore dell'allevamento, è assolutamente tra i più alti e provoca una serie di conseguenze nefaste, su cui dobbiamo assolutamente cercare di intervenire. Infatti, l'ambiente sterile in cui viene prodotta la carne sintetica riduce la possibilità di esposizione ad agenti patogeni, oggi, di fatto, inevitabile con le carni derivanti da allevamento e macellazione degli animali.

In Europa, al parere scientifico sta lavorando l'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha sede a Parma, cui seguirà una decisione in ambito dell'Unione europea.

L'Unione europea, nell'ambito del programma quadro Horizon 2020, ha finanziato il progetto Meat4All, che mira a migliorare l'industria europea della carne, migliorandone la competitività e sviluppando l'elevato potenziale del mercato delle carni coltivate e, nello stesso anno, ha finanziato anche il progetto CCMeat, con l'obiettivo di aiutare i produttori di carni coltivate a introdurre sul mercato i loro prodotti alternativi e a contribuire a ridurre le conseguenze negative della produzione di carne convenzionale.

Un tema che, secondo me, qui è fondamentale, su cui vogliamo sentire e capire le posizioni del Governo, riguarda la libera circolazione, perché la libera circolazione delle merci è la prima delle quattro libertà fondamentali del mercato interno ed è garantita attraverso l'eliminazione dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative e dal divieto di adottare misure di effetto equivalente.

Con gli eventuali pareri scientifici positivi da parte di EFSA, con ogni probabilità questi prodotti potranno, comunque, entrare nel mercato italiano.

Con la produzione della carne coltivata, si stima un giro d'affari di circa 450 miliardi di dollari nel 2040, che costituisce il 20 per cento della produzione mondiale di carne.

L'articolo 2 della bozza di testo in visione del citato disegno di legge trova il proprio presupposto nel principio di precauzione, previsto dal regolamento n. 178 del 2002, che, al fine di garantire la salute umana, consente di adottare “misure provvisorie di gestione del rischio”, quali lo stop alla commercializzazione, in caso di effettiva incertezza sul piano scientifico circa la possibilità di effetti dannosi derivanti dall'uso di alcuni prodotti.

Sempre ai sensi di questo regolamento, le suddette misure provvisorie devono essere proporzionate e, soprattutto, temporanee, in quanto devono essere “riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente”.

Dunque, vorrei chiedere alla Sottosegretaria quali iniziative di competenza ritenga opportuno porre in essere il Governo, qualora il parere scientifico sia positivo da parte dell'EFSA, dato che la misura del Governo di fatto frena la ricerca e la competitività italiana in un nuovo settore, lasciando indietro il nostro Paese e i mercati che, in futuro, avranno un'enorme rilevanza globale di crescita economica e di posti di lavoro; inoltre, se si sia tenuto conto nella priorità ontologica, quindi non temporale, del diritto europeo su quello nazionale, in seguito ad una eventuale normativa specifica che introduca, a livello uniforme, la carne coltivata tra i nuovi cibi ammessi nel territorio dell'Unione europea.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato, Matilde Siracusano, ha facoltà di rispondere.

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Evi per aver posto questo quesito e avermi dato la possibilità di fornire ulteriori chiarimenti sul tema. Le ragioni che hanno indotto il Governo a presentare il disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione del cibo sintetico sono esattamente opposte a quelle per le quali lei ritiene si sia in presenza di un progresso per il nostro Paese.

Mi consenta anche di dissentire sui benefici per l'ambiente per una serie di motivi. Il primo riguarda la mistificazione delle metriche: la produzione di carni da cellule è energivora e produce CO2, che resta in atmosfera centinaia di anni, mentre gli animali emettono metano, che resta in atmosfera 12 anni.

Studi autorevoli e recenti tendono a stimare l'impatto climalterante della carne prodotta da cellule intorno ai 13,6 kg di CO2. La media degli allevamenti italiani indica 0,26 kg di CO2 per chilo di pollo e arriva a circa 13,5 per le carni bovine (sono dati Faostat). Stiamo parlando di medie, quando sarebbe più corretto un confronto con gli allevamenti più performanti.

C'è poi da approfondire il tema degli impatti ambientali indiretti, che spostano ulteriormente l'equilibrio a favore dell'agricoltura e dell'allevamento naturali: quali sarebbero i costi ambientali e sociali della sostituzione della campagna con i bioreattori?

Senza contare, inoltre, che l'impatto della carne sintetica, frutto di attività di laboratorio, porterebbe all'abbandono progressivo delle attività zootecniche, che da millenni si incaricano di conservare l'ambiente e curare il buono stato del territorio per le generazioni future, con conseguenti fenomeni di spopolamento e desertificazione, purtroppo comuni quando le attività produttive primarie vengono dismesse.

Riguardo allo studio da lei citato, svolto dallo European Commission's Joint Research Centre, vorrei sottolineare che trattasi di uno studio presentato ad un convegno nel 2012, ancor prima che il prodotto alternativo alla carne derivato da cellule animali fosse brevettato. Ci sono studi molto più recenti che mettono in dubbio i benefici ambientali di questi prodotti risalenti agli anni 2020, 2021 e 2022.

Inoltre, i dubbi non sono minori se si confronta l'impatto idrico, perché il consumo per chilogrammo di prodotto da laboratorio è stimato tra 360 e 520 litri, mentre in media per un chilogrammo di pollo si consumano poco più di 300 litri.

Anche sui vantaggi per la salute pubblica mi permetta di contestarla, onorevole, perché dal rapporto congiunto FAO/OMS, intitolato “Aspetti della sicurezza alimentare a base cellulare”, pubblicato recentemente, sono stati evidenziati i potenziali rischi del processo associati alle diverse fasi della produzione (selezione, produzione, raccolta e trasformazione cellulare). Sono stati individuati 53 potenziali rischi per la salute umana associati al cibo a base cellulare. Tra questi, il rischio di contaminazione microbica, allergie, fenomeni cancerogeni che necessitano di valutazioni più approfondite di quelle attuali. Viene inoltre evidenziato l'uso di fattori di crescita esogeni, oggi vietati negli allevamenti europei ma indispensabili per produrre in pochi giorni ciò che, in natura, richiede diversi anni. Senza tener conto che non tutti gli ingredienti sono noti al pubblico in quanto taluni elementi della produzione sono coperti da segreto commerciale; tra questi anche alcune sostanze che favoriscono la crescita e, in particolare, le cosiddette proteine ricombinanti che possono includere sostanze come l'insulina e gli ormoni della crescita.

Riguardo alla presunta riduzione dell'uso di antibiotici negli alimenti sintetici vanno innanzitutto considerati i grandi progressi che si stanno facendo nelle riduzioni dell'uso degli antimicrobici in allevamento, destinati in Europa ad essere ridotti del 50 per cento nei prossimi 6 anni, senza contare che, come evidenziato dal rapporto FAO/OMS e dalla nota della Food and Drug Administration, anche la produzione da cellule richiede l'uso di antibiotici. Di contro, non credo si possa dubitare della sicurezza degli attuali processi di macellazione degli animali, che in Italia avvengono sempre sotto il controllo di medici veterinari specializzati.

Sul principio di precauzione, inoltre, occorre intendersi: per l'adozione di misure protettive non occorre attendere che sia dimostrata la nocività dell'alimento come lei ha inteso - questo è quanto accade in altri Paesi - ma è sufficiente che vi siano incertezze sull'esistenza o la portata dei rischi per la salute delle persone.

Occorre poi tener conto della tutela del nostro sistema enogastronomico quale espressione di una cultura secolare profondamente connessa alle radici storiche del nostro Paese, in cui il cibo non è solo un prodotto che può derivare da diverse tecniche ma è soprattutto l'espressione di una comunità. La qualità degli alimenti, infatti, è il vero valore aggiunto delle nostre produzioni alimentari.

Come già esposto dal Ministro Lollobrigida nella risposta al question time del 5 aprile, il regolamento UE n. 178 del 2002 legittima gli Stati membri ad adottare proprio la limitazione alla libera circolazione degli alimenti.

Aggiungo, per rispondere alle sue domande, che il principio di sussidiarietà, sulla base del quale sono regolate le competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri, consente agli Stati di intervenire in presenza di vuoto normativo a livello europeo. Ed è proprio questo il caso: l'Italia, per prima in Europa, ha ritenuto di attivare le misure precauzionali per impedire la produzione e commercializzazione del cibo sintetico. Lo dimostra il caso degli ormoni esogeni negli allevamenti ma anche quello degli OGM e il tema del glyphosate. La questione degli ormoni sembra oggi essere ostativa.

Questa è la situazione attuale. Quali saranno gli sviluppi futuri non è dato sapere, ma non condividiamo la sua stessa certezza nella futura adozione di una normativa europea che introduca la carne sintetica tra i nuovi cibi ammessi nel territorio dell'Unione europea.

Crediamo che l'Unione europea dovrà ben ponderare le ragioni che hanno indotto l'Italia ad intervenire con il divieto di cibo sintetico, che muovono dai rischi per la salute umana ma che vanno oltre questo aspetto per mettere in discussione i nostri stessi valori e le nostre tradizioni.

Concludo, richiamando le parole dell'onorevole De Castro, autorevole membro di un partito certamente più vicino alle sue posizioni, in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera, ove dichiara: “Al di là dei divieti e del resto, che saranno questioni da affrontare a livello europeo, stante l'attuale divieto UE di consumo di carne con ormoni, come insegna la disputa commerciale con gli USA, non vedo come sia possibile che ne sia autorizzato il consumo”.

PRESIDENTE. La deputata Evi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELEONORA EVI (AVS). Grazie, Presidente. No, non posso dirmi soddisfatta. Chiaramente questo è un tema molto complesso e anche pieno di sfaccettature. Io ho il timore che, però, ci troviamo di fronte ad un'ennesima decisione che rischia di essere oscurantista e rischia anche di farci perdere un vero e proprio treno verso l'innovazione. Che senso ha vietare la produzione e l'immissione sul mercato, se esiste un mercato unico europeo - su questo ancora non riesco ad avere risposte chiare - e se l'Europa stessa mette in campo delle regole, che sono di fatto ferree, a tutela della nostra salute, sull'autorizzazione all'immissione sul mercato di prodotti alimentari e non?

Sul tema dell'impatto ambientale, io vorrei sottolineare il fatto che tutto dipende da come verrà prodotta questa carne coltivata. Se utilizzeremo fonti fossili, è evidente che ci sarà una maggiore emissione in atmosfera di CO2 ma, se si utilizzeranno le rinnovabili per gli impianti, per questi stabilimenti e questi laboratori, è evidente che il tema della CO2 non si pone. Sul tema del metano e della CO2, anche qui, senza dubbio, la CO2 è il gas serra principale che dobbiamo sconfiggere, ma il metano gioca un ruolo enorme, fino ad oggi forse anche troppo sottovalutato, e rimane in atmosfera, è vero, meno tempo, ma ha un potere calorifico molto più elevato della CO2. Quindi, ridurlo velocemente produrrebbe maggiori benefici proprio nella lotta alla crisi climatica. La carne coltivata - è questo, tra l'altro, il suo vero nome, non cibo sintetico o carne sintetica, che sono stati usati nel dibattito pubblico, in particolar modo dal Governo, e che evocano subito qualcosa di mostruoso -, se approvata dagli organismi europei, potrebbe - ripeto, potrebbe - essere parte della soluzione alla crisi dei sistemi alimentari globali, i quali, oggi, non possiamo più nasconderlo, sono insostenibili, inquinanti e generatori di un'immensa sofferenza verso altri esseri viventi, sempre più sfruttati.

Non solo. La carne coltivata potrebbe anche essere, come dicevo prima, un volano per l'innovazione. Noi abbiamo rivolto, infatti, questa interpellanza al Ministro Urso, al Ministro delle Imprese e del made in Italy, proprio perché io rilevo e ritengo che con questo divieto rischiamo di mettere a repentaglio la ricerca in Italia, che era già iniziata e che stava già lavorando e far perdere di fatto, poi, per sempre, delle opportunità competitive e di sviluppo alle imprese italiane che si stavano affacciando e stavano scommettendo su questo settore. Imprese che verranno, poi, semplicemente, di fatto battute e travolte da quelle europee e internazionali, lasciandoci indietro sul piano globale. Quindi, vietare colture cellulari a fini alimentari in Italia non serve a nulla, se l'EFSA darà il via libera a livello europeo e verranno prodotti questi cibi in altri Paesi, in quanto per la libera circolazione delle merci potranno essere venduti tranquillamente anche in Italia.

Dunque, la ritengo una norma inutile che ha il solo scopo di terrorizzare le persone e fermare i processi innovativi, fingendo di difendere il buon cibo italiano, perché di prodotti made in Italy, quando di made in Italy si parla, onestamente, oggi, rimane ben poco, se le produzioni nostrane sono sempre più spesso industrializzate e globalizzate.

Dal mio punto di vista, è qui il grande paradosso di questa storia. Quali prodotti made in Italy stiamo difendendo? Nessuno nega che vi siano moltissime eccellenze importantissime nel nostro Paese, che vanno difese e tutelate, ma raccontare che tutta la produzione italiana sia prodotta nelle cascine di campagna, in realtà, è una grande bugia, è una grande presa in giro. Penso a certi scandali, come la bresaola della Valtellina, prodotta con la carne di zebù che viene dal Brasile, o a tutto il tema della mangimistica, dei mangimi, di cui siamo importatori, perché in Italia mancano materie prime, come soia e mais, ed è necessario rivolgersi al mercato internazionale. Oltre il 60 per cento delle farine proteiche dei cereali impiegati nei mangimi è importato e, molto spesso, è anche OGM. Tuttavia, i prodotti provenienti animali nutriti con colture transgeniche sono esenti da etichettatura, che rilevi la presenza e l'utilizzo di organismi geneticamente modificati.

Ritengo che, nel dibattito sul tema della carne coltivata, sia necessaria molta meno ideologia e molto più un approccio scientifico e pragmatico.

Infine, due precisazioni importanti. EFSA dovrà valutare accuratamente gli studi scientifici. Su questo, chiaramente, siamo d'accordo. Noi, come Verdi, siamo i primi ad aver sempre chiesto una piena trasparenza sulle valutazioni scientifiche prodotte anche da organismi pubblici e indipendenti, in modo tale da valutare efficacemente le possibili conseguenze sulla salute e sull'ambiente. È un punto per noi veramente imprescindibile rispetto alla sicurezza delle valutazioni effettuate.

Un secondo punto riguarda la produzione di questi nuovi prodotti, novel food. Ribadiamo che non dovrebbero essere appannaggio di poche grandi aziende che detengono le tecnologie, per non causare una forte concentrazione del mercato in pochi soggetti e rifiutiamo qualunque eventuale brevetto dei cibi.

Concludo dicendo che, per rendere sostenibili i nostri sistemi alimentari, dovremmo prioritariamente ridurre il consumo di carne in generale, promuovere diete vegetali, garantendo che esse siano sempre quelle di default e non l'eccezione, e sostenere maggiormente la conversione verso un'agricoltura e un allevamento biologici. In tal senso, non mi pare di vedere alcun tipo di passo da parte di questo Governo. Le soluzioni tecnologiche, quindi, non possono che giocare un ruolo, in una strategia complessiva per trasformare il nostro sistema alimentare verso una maggiore sostenibilità.

(Chiarimenti in merito al capitolo REPowerEU del PNRR, con particolare riferimento ai tempi di presentazione, ai contenuti e alle eventuali consultazioni svolte - n. 2-00124)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Luca ed altri n. 2-00124 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Casu se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, illustro la nostra interpellanza per richiamare l'attenzione di quest'Aula, del Parlamento e di tutti noi sull'importanza del piano REPowerEU. Innanzitutto, come nasce questo piano? All'indomani dell'invasione russa dell'Ucraina, la Commissione europea risponde alle conseguenti difficoltà e volatilità del mercato energetico mondiale, presentando un piano finalizzato a risparmiare energia, a produrre energia pulita e a diversificare il nostro approvvigionamento energetico.

C'è un obiettivo importante: rendere l'Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030, secondo modalità che garantiscano coerenza con il Green Deal europeo. Come procede questo piano? Attraverso riforme e investimenti connessi al settore dell'energia, definiti introducendo nei PNRR nazionali un apposito capitolo dedicato al piano REPowerEU.

Sulla base delle nuove linee guida della Commissione del 1° febbraio 2023, per il finanziamento dei capitoli REPowerEU gli Stati avranno a disposizione ulteriori 20 miliardi in sovvenzioni (12 dal Fondo per l'innovazione e 8 dalle aste anticipate di quote ETS) e di questi l'Italia ne avrà 2,76 (il 13,8 per cento). Inoltre, gli Stati potranno trasferire fino al 7,5 per cento delle dotazioni del Fondo europeo di sviluppo regionale dal Fondo sociale europeo Plus e dal Fondo di coesione, equivalenti per l'Italia a circa 2,1 miliardi.

Infine, sono a disposizione anche i fondi non spesi della riserva di adeguamento alla Brexit (per l'Italia 146,8 milioni). Queste sono le cifre. Si tratta di cifre importanti che non possiamo assolutamente permetterci di sprecare.

Veniamo adesso agli obiettivi, fondamentali per il nostro Paese. Innanzitutto, vi è il miglioramento delle infrastrutture e degli impianti energetici, per rispondere alle esigenze immediate in termini di sicurezza dell'approvvigionamento di gas, incluso il gas naturale liquefatto, in particolare, per consentire la diversificazione dell'approvvigionamento, nell'interesse dell'Unione nel suo complesso; le misure riguardanti le infrastrutture e gli impianti petroliferi necessari per rispondere alle esigenze immediate in termini di sicurezza dell'approvvigionamento possono essere inclusi nel capitolo dedicato al piano REPowerEU di uno Stato membro, solo qualora tale Stato membro sia soggetto a deroga temporanea eccezionale, a causa della sua dipendenza specifica dal petrolio greggio e della sua situazione geografica.

Il secondo punto concerne i seguenti temi: promozione dell'efficienza energetica degli edifici e delle infrastrutture energetiche critiche; decarbonizzazione dell'industria; aumento della produzione e della diffusione del biometano sostenibile e dell'idrogeno rinnovabile o ottenuto senza combustibili fossili; aumento della quota e accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili.

In terzo luogo, vi è il contrasto alla povertà energetica di famiglie e imprese, comprese le piccole e medie imprese.

Quarto punto è l'incentivazione della riduzione della domanda di energia. In questo campo, possono avere un ruolo strategico e fondamentale anche i nostri comportamenti, le nostre scelte individuali e collettive, ma bisogna mettere le persone nelle condizioni di operare le scelte migliori per l'interesse personale, familiare, delle imprese e nazionale.

Quinto punto: contrasto delle strozzature interne e transfrontaliere nella trasmissione e nella distribuzione di energia; sostegno dello stoccaggio di energia elettrica e l'accelerazione dell'integrazione delle fonti energetiche rinnovabili; sostegno dei trasporti a zero emissioni e delle relative infrastrutture, comprese le ferrovie.

Il sesto punto è la riqualificazione accelerata della forza lavoro, grazie all'acquisizione di competenze verdi e delle relative competenze digitali, attraverso il sostegno delle catene del valore relative alle materie prime e a tecnologie critiche connesse alla transizione verde.

Le misure del PNRR destinate alla transizione verde, compresa la biodiversità, devono rappresentare almeno il 37 per cento della dotazione totale e almeno il 37 per cento dei costi totali stimati dalle misure, incluse nel capitolo dedicato al piano REPowerEU.

Con il PNRR e il capitolo dedicato al piano REPowerEU, gli Stati membri sono tenuti a conseguire obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale, per ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite, prestando sempre particolare attenzione alle zone remote, periferiche, isolate e alle nostre isole. Inoltre, vi è anche un contributo di solidarietà temporaneo per le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio e del gas naturale.

Perché abbiamo descritto questo piano? Perché l'abbiamo ricordato oggi in quest'Aula? Perché le dichiarazioni stampa del capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, riportano la volontà di arrivare a valutare a rinunciare a una parte dei fondi a debito. Così pure il deputato Alberto Bagnai, in un intervento alla Camera del 4 aprile, ha dichiarato: “Nel merito (…) fin dall'inizio ci siamo posti il tema di quanto le priorità scelte in Europa che il Pnrr incorporava fossero effettivamente compatibili con le esigenze del tessuto produttivo del nostro Paese”.

Oggi è il 14 aprile. Il PNRR, modificato con il capitolo REPowerEU, deve essere presentato alla Commissione entro il 30 aprile, due settimane, poche ore in più. Non il Partito Democratico, ma tutto il Paese si chiede e ci chiede se il Governo sarà in grado di rispettare la scadenza del 30 aprile per presentare il capitolo dedicato al REPowerEU. Si chiede, altresì, quali siano i progetti compresi, se ci sia stata condivisione con le autorità locali e regionali, le parti sociali, le organizzazioni della società civile, le organizzazioni giovanili e gli altri portatori di interesse. Noi non conosciamo le istanze relative a questo piano. Invece, deve essere chiaro, non solo quali siano, ma come possano consentire di raggiungere gli obiettivi strategici.

Chiedo solo qualche attimo per aggiungere un punto. Veniamo da un inverno meno lungo e meno freddo di quello che temevamo e questo ci ha consentito, come sistema Paese, di consumare meno energia di quanto preventivato.

Ciò non significa, però, che quanto abbiamo risparmiato in inverno non ci debba servire in estate, perché potremmo avere un'estate più lunga e più calda di quello che abbiamo preventivato. I numeri straordinari della ripresa turistica che abbiamo avuto a Pasqua, con le nostre città piene di turisti, sono una notizia importante e un rilancio della nostra economia e di una grande industria strategica del Paese, che è l'industria turistica. Ma l'industria turistica è un'industria energivora tra le industrie energivore, perché serve energia per accogliere, serve energia per trasportare, serve energia per riscaldare e per raffreddare, quando è estate, il turista che viene nelle nostre città. Noi abbiamo bisogno di tantissima energia. Da questo punto di vista è molto importante avere le idee ben chiare sia su come, in termini strategici, noi costruiamo, attraverso la pianificazione del REPowerEU, gli obiettivi e i passaggi che ci servono a consumare di meno e utilizzare meglio ciò che produciamo, quindi in un lungo orizzonte, sia anche nel breve periodo.

Quindi è un ulteriore elemento, che aggiungo, di riflessione in vista di quello che ci aspetta per la prossima estate. Non è solo importante e fondamentale conoscere il REPowerEU nella sua prospettiva ma anche come ci stiamo attrezzando per la straordinarietà del momento che stiamo attraversando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Matilde Siracusano, ha facoltà di rispondere.

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Casu e anche l'onorevole De Luca, che è il primo firmatario dell'interpellanza. In premessa, ci tenevo a specificare che il Governo ha perfetta consapevolezza dell'importanza di questo strumento, oggetto della sua interpellanza. Vorrei precisare che, anche in riferimento ad alcune accuse poste in essere dall'opposizione in riferimento all'atteggiamento di chiusura del Governo rispetto alla condivisione dei programmi, devo dire che nei giorni passati, nell'ambito della discussione del decreto PNRR al Senato, c'è stata un'ampia condivisione e anche un atteggiamento estremamente positivo di apertura da parte del Ministro Fitto rispetto alle opposizioni e rispetto al suo gruppo politico, sia in sede di Commissione, nelle fase emendativa, sia in sede di discussione in Aula al Senato. Ci tenevo a fare questa precisazione.

In riferimento alla sua interpellanza, occorre precisare che il regolamento (UE) 2023/435 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 febbraio 2023, oltre a modificare i regolamenti (UE) 1303/2013, 2021/1060 e 2021/1755 e la direttiva 2003/87/CE, reca altresì modifiche al regolamento (UE) 2021/241, ovvero al regolamento istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza. In particolare, detto regolamento ha previsto l'inserimento del capitolo dedicato al piano REPowerEU nel PNRR, sulla base della considerazione che: “Dopo l'adozione del regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza, gli eventi geopolitici senza precedenti provocati dalla guerra di aggressione da parte della Russia nei confronti dell'Ucraina e l'aggravarsi delle conseguenze dirette e indirette della crisi COVID-19 hanno avuto ripercussioni considerevoli sulla società e sull'economia dell'Unione, sulla sua popolazione e sulla sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare, è più che mai evidente che per una ripresa efficace, sostenibile e inclusiva dalla crisi COVID-19 sono indispensabili la sicurezza energetica e l'indipendenza energetica dell'Unione, essendo queste tra i principali fattori che contribuiscono alla resilienza dell'economia dell'Unione”. L'inserimento nei piani per la ripresa e la resilienza di un capitolo dedicato al piano REPowerEU è inoltre funzionale a “ottimizzare la complementarità, la coerenza e la coesione delle strategie e delle azioni intraprese dall'Unione e dagli Stati membri per promuovere l'indipendenza, la sicurezza e la sostenibilità dell'approvvigionamento energetico dell'Unione”.

Occorre poi ricordare che l'iniziativa REPowerEU è stata attuata dalla stessa Commissione europea anche mediante l'introduzione di opportune modifiche ai programmi legati alle politiche di coesione, allo scopo di renderli idonei a fronteggiare l'emergenza energetica. Al regolamento REPowerEU è infatti collegata la possibilità di utilizzare le risorse della programmazione 2014-2020 per finanziare misure eccezionali per supportare le piccole e medie imprese colpite dall'aumento del prezzo dell'energia e sostenere le famiglie bisognose nell'affrontare le spese energetiche, unitamente ad un uso flessibile del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo.

L'introduzione del capitolo aggiuntivo PNRR relativo al REPowerEU consente, dunque, di avviare l'allineamento dei quadri programmatori delle diverse fonti di finanziamento, sia europee sia nazionali, in materia di coesione e di assicurarne il coordinamento per una gestione maggiormente efficace ed efficiente. Il 2023 è l'anno di conclusione del ciclo di programmazione delle politiche di coesione 2014-2020 e di avvio del ciclo di programmazione 2021-2027, ma è anche l'anno in cui il PNRR entra nella fase di realizzazione dei progetti e degli investimenti. La razionalizzazione e il coordinamento del quadro complessivo degli interventi attuativi delle diverse programmazioni rappresentano, pertanto, un'esigenza ineludibile.

Sulle tempistiche di presentazione del capitolo REPowerEU il regolamento (UE) 2023/435, entrato in vigore il 1° marzo 2023, non prevede la data del 30 aprile come termine perentorio per la presentazione dell'aggiornamento del PNRR comprensivo del capitolo REPowerEU. Infatti, il regolamento si limita esclusivamente a sollecitare la presentazione, da parte degli Stati membri, dei suddetti capitoli preferibilmente entro due mesi dalla sua entrata in vigore, ovvero entro il 30 aprile 2023.

L'unico termine da osservare è costituito dalla data 31 agosto 2023, come indicato nella successiva comunicazione della Commissione europea 2023/C 80/01, pubblicata in data 3 marzo 2023, recante gli “Orientamenti sui piani per la ripresa e la resilienza nel contesto di REPowerEU”. In particolare, detta comunicazione indica come termine legale, e dunque come scadenza per gli Stati per la presentazione dell'aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ivi compreso quello derivante dall'inserimento del capitolo REPowerEU, la data del 31 agosto 2023. L'Italia, in linea con le indicazioni della Commissione e facendo seguito all'incontro del RRF Expert Group del 12 gennaio ultimo scorso, ha avviato, in data 6 febbraio, la consultazione dei principali stakeholders. Il confronto è stato inizialmente avviato con le principali società pubbliche e con le amministrazioni centrali dello Stato e, successivamente, esteso anche alle regioni e agli enti locali al fine precipuo di ricevere proposte condivise, coerenti con le finalità del capitolo REPowerEU ed effettivamente realizzabili entro i termini previsti dal dispositivo di ripresa e resilienza. Al riguardo, occorre considerare che il REPowerEU al momento ha una dotazione finanziaria di 20 miliardi derivanti dalle quote ETS. Avendo l'Italia già utilizzato tutta la quota dei contributi a fondo perduto di 122 miliardi di euro sotto forma di prestiti resi disponibili dal dispositivo di ripresa e resilienza, la quota italiana dei fondi REPowerEU è pari a 2,7 miliardi di euro, ai quali si può aggiungere fino al 7,5 per cento dei fondi relativi alla programmazione 2021-2027 della politica di coesione.

Conseguentemente, è indispensabile che il capitolo REPower del PNRR italiano sia costituito da riforme e investimenti non solo realizzabili entro l'arco temporale del dispositivo di ripresa e resilienza ma anche in grado di contribuire effettivamente a realizzare gli obiettivi di diversificazione dell'approvvigionamento energetico, in particolare dei combustibili fossili, nonché di aumentare la resilienza, la sicurezza e la sostenibilità del sistema energetico, così come declinati dall'articolo 21-quater, paragrafo 3, del regolamento (UE) 241/2021 e ricordati dagli onorevoli interpellanti.

Il Governo, a far data dal 9 marzo scorso, ha avviato, così come previsto dai citati orientamenti, costanti interlocuzioni con la Commissione europea in ordine all'avanzamento dell'istruttoria relativa all'aggiornamento del PNRR e al capitolo REPowerEU finalizzate a concordarne preventivamente i contenuti, nonché i tempi e i modi della loro presentazione. Quanto ai progetti ricompresi nel capitolo REPowerEU, si rappresenta che, essendo ancora in corso l'attività istruttoria, non è possibile allo stato fornire elementi di dettaglio. Tuttavia, si può anticipare che quelli acquisiti e in corso di valutazione riguardano interventi per la sicurezza energetica, il miglioramento della rete, l'aumento della produzione da fonti rinnovabili, misure e incentivi per la decarbonizzazione delle imprese, nonché misure per sostenere la filiera produttiva.

Ovviamente, si tratta di una parte delle misure che potranno essere incluse nel capitolo REPower, nel quale, come noto, possono essere inserite riforme e investimenti finalizzati a: migliorare le infrastrutture e gli impianti energetici per soddisfare le esigenze immediate di sicurezza dell'approvvigionamento di gas, compreso il GNL, in particolare per consentire la diversificazione dell'approvvigionamento nell'interesse dell'Unione nel suo complesso; aumentare l'efficienza energetica negli edifici e nelle infrastrutture energetiche critiche, decarbonizzare l'industria, incrementare la produzione e l'adozione di biometano sostenibile, idrogeno rinnovabile o privo di combustibili fossili e aumentare la quota e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili; affrontare la povertà energetica; incentivare la riduzione della domanda di energia; affrontare le strozzature interne e transfrontaliere nella trasmissione e distribuzione dell'energia, sostenere lo stoccaggio dell'elettricità e accelerare l'integrazione delle fonti di energia rinnovabile, nonché sostenere il trasporto a zero emissioni e le relative infrastrutture, comprese le ferrovie.

Sono, inoltre, finalizzati a sostenere gli obiettivi sopra ricordati, attraverso una riqualificazione accelerata della forza lavoro verso le competenze verdi e le relative competenze digitali, nonché il sostegno alle catene del valore delle materie prime e delle tecnologie critiche legate alla transizione verde.

Concludo, ribadendo che, come da impegno assunto ieri al Senato, mediante l'approvazione di un ordine del giorno presentato dal Partito Democratico al disegno di legge di conversione del decreto-legge PNRR, al fine precipuo di garantire il pieno coinvolgimento del Parlamento in merito all'aggiornamento del Piano e all'utilizzo delle risorse dei fondi REPowerEU, il Governo provvederà appunto a trasmettere alle Camere una relazione illustrativa, nella quale saranno indicati gli investimenti e le riforme inserite nella proposta di aggiornamento, comprensive del capitolo REPowerEU.

PRESIDENTE. Il deputato De Luca ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ringrazio la rappresentante del Governo, per la risposta che ha fornito alla nostra interpellanza. Devo ammettere, però, di non essere particolarmente soddisfatto della risposta, perché non sono stati forniti, in realtà, chiarimenti precisi proprio in merito all'oggetto dell'interpellanza, e ne spiegherò le ragioni.

Come è stato ricordato anche dal collega Casu, il programma REPowerEU è stato presentato come un grande Piano strategico della Commissione, approvato poi con un preciso regolamento, richiamato anche dal Governo, l'(EU) 2023/435, per rispondere a tre esigenze in particolare, accelerate, nelle ragioni politiche - purtroppo - dall'invasione della Russia in Ucraina. Le tre esigenze sono, innanzitutto, quella di contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici, inserendosi nel pacchetto Fit for 55 e nella riduzione, quindi, delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2030 e nel raggiungimento degli obiettivi della neutralità climatica entro il 2050, il cosiddetto Green Deal, la coerenza col Green Deal dell'Unione europea: contribuire a programmi di lotta ai cambiamenti climatici, abbattimento dei gas a effetto serra e neutralità climatica entro il 2050.

Tuttavia, ci sono anche altre ragioni strategiche e politiche che motivano il Piano REPowerEU, la prima è quella legata appunto all'autonomia strategica nell'approvvigionamento energetico da parte dell'intero continente europeo, che si aggiunge e si accompagna all'obiettivo ulteriore di aiutare le famiglie e le imprese ad abbattere i costi dell'energia nel nostro Paese. Venivano ricordate le imprese del comparto turistico, ma tutte le nostre famiglie stanno soffrendo, da mesi, purtroppo, l'aumento dei costi dell'energia, dell'approvvigionamento di luce elettrica e di gas.

Questi obiettivi sono quelli che gli Stati devono accompagnare con un impegno specifico. Questi impegni sono indicati in modo chiaro all'interno del regolamento e la data del 30 aprile 2023 non è indicativa, ma è una data precisa entro la quale la Commissione invitava - e invita - gli Stati membri a presentare i propri progetti da inserire nel PNRR legati al piano REPowerEU. C'è una data finale per ottenere i prestiti, ma la data indicata per presentare i progetti è appunto quella del 30 aprile 2023. Certo, se non si presentano i progetti, non si otterranno le risorse, ma c'è una data indicata in modo esatto e, a quanto apprendiamo oggi, il Governo è in ritardo, perché ci viene confermato che l'elaborazione dei programmi è ancora in corso, che le interlocuzioni, quelle che finora sono state svolte, ovviamente, sono assolutamente parziali ed altre sono in programma, ma evidentemente non saranno concluse entro il termine del 30 aprile, e non si ha ancora un'idea precisa - perché questo è stato, con grande onestà intellettuale, ammesso dal Governo - su quali siano i progetti che si intenderanno presentare alla Commissione europea per la successiva approvazione, secondo le regole di procedura del Recovery Plan.

A questo stato dell'arte di incompletezza dei lavori e di confusione che ancora regna nel Governo aggiungiamo un dato, che noi abbiamo denunciato e stiamo denunciando da tempo, rispetto all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ossia il mancato coinvolgimento del Parlamento, in un dialogo costruttivo, costante ed efficace, sulle idee di modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo ha annunciato di voler portare avanti e sulle idee di attuazione dei programmi legati appunto al REPowerEU. Il Parlamento, ad oggi, non è stato minimamente coinvolto, questa è la realtà. La discussione che si è svolta in Senato e che si svolgerà anche qui, presso la Camera dei deputati, dalla prossima settimana, riguarda le regole di governance, su cui pure abbiamo espresso forti perplessità, che reitereremo in questa Camera, legate, ad esempio, all'accentramento del coordinamento - non solo, politico, ma anche tecnico-operativo - dell'attuazione dei piani a Palazzo Chigi e non più al MEF, perché questo rischia di creare un collo di bottiglia, delle strozzature che rallentano e insabbiano ulteriormente l'attuazione del Piano. Il Parlamento non è ancora stato minimamente coinvolto in merito alle idee che ha il Governo sulle modifiche da apportare al Piano nazionale di ripresa e resilienza; dire modifiche significa anche correre il rischio di perdere alcune risorse e siccome alcuni esponenti di forze politiche del Governo e della maggioranza hanno espressamente ammesso e dichiarato di voler rinunciare, o di preferire rinunciare, ad alcune risorse, noi ribadiamo in quest'Aula, anche oggi, che siamo profondamente contrari a questa idea di perdere un'opportunità storica, di perdere risorse dedicate alla coesione sociale e territoriale, dedicate e rivolte alla digitalizzazione del Paese e, soprattutto, rivolte alla transizione ambientale ed ecologica del nostro Paese e, di conseguenza, dell'intero continente.

Da questo punto di vista, il messaggio che noi lanciamo è molto chiaro: vi invitiamo a fare il massimo per utilizzare appieno le risorse che abbiamo ottenuto in Europa negli anni passati; guai a immaginare di rinunciare a parte di fondi che sono, innanzitutto, per quota parte, a fondo perduto; poi, sicuramente si tratta di prestiti, ma con tassi di interesse fortemente agevolati rispetto al costo del denaro che avremmo se andassimo a reperire le risorse sul mercato.

Allora, abbiamo un Piano già strutturato, se ci sono elementi su cui intervenire per l'aumento del costo dell'energia in modo chirurgico, lo si faccia, ma si deve coinvolgere il Parlamento; se ci sono altre idee, legate alla volontà di smantellare questo Piano, di tornare indietro, di insabbiarlo o di fare qualcosa di completamente diverso, noi non ci stiamo e chiediamo - e stiamo chiedendo - un'operazione trasparenza e verità al Governo; niente di particolare, ma occorre informare il Parlamento e, quindi, l'Italia, su cosa il Governo intenda fare di queste risorse che sono destinate al futuro, oltre che al presente, del nostro Paese.

I progetti del piano REPowerEU, come ricordava perfettamente il collega Casu, sono volti a migliorare le infrastrutture degli impianti energetici, ad affrontare e a risolvere i temi della sicurezza e dell'approvvigionamento di gas, incluso il gas naturale liquefatto, della promozione e dell'efficientamento energetico degli edifici, delle infrastrutture energetiche, del sostegno alla decarbonizzazione dell'industria, del sostegno e della diffusione del biometano sostenibile, dell'idrogeno rinnovabile, delle rinnovabili, del contrasto alla povertà energetica delle famiglie e delle imprese, del rafforzamento di tutta la rete delle rinnovabili e delle competenze, anche occupazionali, verdi e digitali, attraverso il sostegno anche alla realizzazione di nuove catene di valore per sostenere la creazione di materie prime tecnologiche critiche connesse alla transizione verde. C'è un piano strategico complessivo e l'Italia non può perdere questa occasione; non possiamo permetterci ulteriori ritardi, quali quelli cui stiamo assistendo, per esempio, riguardo all'attuazione dei programmi già in corso. La verità è che il Governo ha fatto fatica, finora, ad avviare, a riavviare la macchina e il motore del PNRR, dopo aver ricevuto il passaggio di consegne dal Governo Draghi. Ha fatto fatica a completare i 55 obiettivi dello scorso anno e il ritardo nel pagamento della terza tranche da 19 miliardi di euro, purtroppo, lo testimonia, e siamo preoccupati per quanto riguarda l'attuazione dei 27 obiettivi di questo semestre, perché mentre noi siamo concentrati su quelli del precedente semestre, ricordiamo a tutti che siamo oggi al 14 aprile e mancano pochi mesi alla conclusione di un prossimo ciclo di interventi, che dovrebbe portarci ad ottenere un'ulteriore rata da 16 miliardi di euro, di cui non stiamo minimamente parlando.

Queste sono le problematiche che stiamo ponendo con grande serietà e anche con grande spirito costruttivo, dando la disponibilità al dialogo, ma questa disponibilità finora è mancata, e, anche da questo punto di vista, non tolleriamo lo scaricabarile sui precedenti Esecutivi.

I precedenti Esecutivi hanno avuto un contatto e un dialogo costante con il Parlamento, che si è concretizzato in tre successive risoluzioni, portate avanti da settembre, dal primo Piano presentato al Parlamento fino agli ultimi interventi dell'aprile 2021.

Abbiamo adesso l'esigenza di recuperare un dialogo che è mancato finora. Chiediamo un'operazione verità, chiediamo un'operazione trasparenza e chiediamo di coinvolgere il Parlamento nella possibilità di comprendere cosa si intenda fare di un Piano che non appartiene ad una singola forza politica o a un singolo Governo, ma è patrimonio dell'intero Paese. Speriamo che questo spirito costruttivo venga raccolto e che non si perda questa occasione straordinaria per rilanciare e riformare l'Italia e cogliere questi obiettivi, anche legati alla transizione energetica, a quella ambientale, nonché all'autonomia, strategica, energetica del Paese e dell'intero continente europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola secondaria Gesmundo-Moro-Fiore, di Terlizzi, in provincia di Bari, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Oggi i nostri lavori sono dedicati alle risposte che il rappresentante del Governo dà ad alcuni deputati.

(Iniziative normative volte a tutelare i lavoratori che diffondano informazioni riservate per la segnalazione di illeciti, anche alla luce di un episodio riguardante la Banca d'Italia - n. 2-00125)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Barzotti ed altri n. 2-00125 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Barzotti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Oggi poniamo all'attenzione di quest'Aula e del Governo una vicenda che riveste un'enorme importanza a livello politico e istituzionale, vicenda iniziata ormai anni fa e che, però, ancora si sta trascinando, in questi giorni. Si tratta, appunto, della vicenda del signor Carlo Bertini, componente del gruppo di vigilanza di Banca d'Italia su Monte dei Paschi di Siena. Il Bertini, nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni istituzionali di vigilanza in Bankitalia, aveva segnalato quelli che, a suo avviso, erano elementi suggestivi del coinvolgimento dei vertici della Banca Monte dei Paschi di Siena nell'attivazione di un'attività di commercializzazione di diamanti da investimento presso la clientela, a prezzi gonfiati. Si ricorda che effettivamente tali condotte furono sanzionate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel 2017 e che poi tale decisione fu confermata anche in ultimo grado dal Consiglio di Stato. Effettivamente, questo giro d'affari avrebbe riguardato circa 71.000 risparmiatori e le banche coinvolte hanno rimborsato circa 1,2 miliardi di euro ai risparmiatori. In ragione di ciò il Bertini si trovò a dover effettuare verifiche sulla banca che effettivamente era da lui vigilata.

Perché è così importante questa vicenda, signor Presidente e Governo? Perché, da un lato, vede coinvolto un pubblico funzionario che ha scoperto alcuni fatti potenzialmente illeciti e che a un certo punto, dopo varie segnalazioni interne, ha deciso di divulgarle perché ritenute di pubblico interesse, quindi assumendosi il rischio e tutte le assurde conseguenze che ne sono derivate; dall'altro lato, abbiamo la Banca d'Italia, la Banca centrale della Repubblica, volta alla tutela del risparmio.

Che cosa accadde allora, signor Presidente? Il Bertini si attivava per segnalare questi fatti, giuridicamente rilevanti e gravi, tramite canali interni alla Banca e sollecitava il dipartimento addetto alla vigilanza di Banca d'Italia chiedendo di occuparsi di un'ispezione e di sanzionare i vertici dell'istituto senese. A seguito di ciò, la Banca d'Italia avrebbe assunto nei suoi confronti atteggiamenti e condotte ritenute, percepite e, comunque, da considerarsi oggettivamente vessatorie, ritorsive e discriminatorie.

In questa vicenda si intrecciano varie problematiche di diritto del lavoro, dal mobbing, su cui il nostro Paese, purtroppo, non si è ancora dotato di una normativa specifica, nonostante noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo depositato una proposta di legge volta alla prevenzione e al contrasto delle condotte vessatorie sui luoghi di lavoro, ma anche problematiche relative alla normativa sulla protezione delle persone che segnalano la violazione del diritto dell'Unione, la cosiddetta legge sul whistleblowing e, quindi, la tutela delle segnalazioni di illeciti da parte dei dipendenti.

Nel caso del signor Bertini, si è passati dall'allontanamento dal team per la vigilanza sul Monte dei Paschi di Siena all'invito a prendersi un periodo di riposo, dalla sospensione dal servizio, alla plurima e - mi perdoni - pessima richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici e medici, comunque superati dal Bertini con giudizio di idoneità alla mansione specifica - quindi, tutte queste situazioni sono state superate dal Bertini in modo esemplare -, fino ad arrivare alla destituzione dal servizio. Anche il ricorso del Bertini contro il provvedimento di destituzione ha trovato, in data 28 marzo 2023, accoglimento da parte del TAR, in ragione del mancato rispetto del diritto di difesa nell'ambito del procedimento disciplinare. Nonostante tale annullamento, la Banca d'Italia ha comunque deciso di procedere con un'ulteriore attività disciplinare nei confronti del lavoratore.

Ebbene, Presidente, assistere a questa vicenda paradossale ci suscita una sensazione di forte ingiustizia. È fuori discussione l'importanza della denuncia del signor Bertini, che riguardava fatti già sanzionati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il diritto di riservatezza delle informazioni ricevute da Banca d'Italia riteniamo debba cedere all'interesse pubblico relativo al corretto svolgimento dell'attività degli istituti di credito, cosa che, peraltro, era prevista - ed è tuttora prevista - dalla legge sul whistleblowing.

Inoltre, destano preoccupazioni le modalità con cui Banca d'Italia sta gestendo questo rapporto con il lavoratore, perché è da sottolineare, al riguardo, sia l'escalation sia la reiterazione dei provvedimenti emanati da Banca d'Italia - che ancora continuano, pur nella crescente lontananza temporale essendo i fatti imputati anteriori al 2020 - sia la ripetizione dell'affermazione dell'Autorità medesima di ritenere comunque - e a priori - fondati gli addebiti già mossi al Bertini, sia pure per l'enormità della sanzione erogata a quest'ultimo con la destituzione del servizio, a scapito del rispetto del principio di proporzionalità.

È chiaro, dunque, che l'apertura di un'ulteriore fase procedimentale si pone in palese contrasto, se non altro, con le regole di buona fede e correttezza del rapporto contrattuale, nonché con principi fondanti il diritto del lavoro come quello dell'attualità e dell'immediatezza sostanziale delle contestazioni disciplinari.

Pertanto, si chiede al Governo di quali elementi disponga, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda richiamata in premessa e quali eventuali iniziative normative intenda assumere il Governo ai fini di una più ampia tutela del lavoratore in casi analoghi.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Matilde Siracusano, ha facoltà di rispondere.

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Nell'interpellanza in esame l'onorevole interpellante espone la vicenda di un dipendente della Banca d'Italia, il dottor Bertini, licenziato a seguito di procedimento disciplinare, poi annullato dal TAR Lazio, con sentenza n. 05249 del 27 marzo 2023, a seguito della quale Banca d'Italia ha dapprima riammesso in servizio il dottor Bertini, salvo poi riattivare il provvedimento disciplinare in argomento.

L'interpellante, in particolare, nella sintetica ricostruzione della vicenda, ascrive il licenziamento del dipendente in questione a un atteggiamento di accanimento ritorsivo nei confronti del lavoratore, che scaturirebbe, sempre ad avviso dell'onorevole interpellante, dalla scoperta, da parte del signor Bertini, di una truffa perpetrata da alcuni intermediari finanziari a danno dei risparmiatori, concernente la vendita di diamanti a un prezzo superiore rispetto a quello di mercato. In proposito, ferme restando le peculiarità del rapporto di impiego alle dipendenze di Banca d'Italia, dagli elementi istruttori acquisiti si evidenzia che una ricostruzione accurata dei fatti citati in premessa dall'onorevole interpellante, ovvero quelli relativi al coinvolgimento degli intermediari bancari nella vendita di diamanti, è stata pubblicata dalla Banca d'Italia sul proprio sito istituzionale il 15 dicembre 2021 e che in data 8 febbraio 2022 si è svolta un'audizione dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, nel corso della quale il Direttore generale della Banca d'Italia, Luigi Federico Signorini, ha esposto i contorni della vicenda, dando conto delle azioni intraprese dalla Banca d'Italia, anche in stretto raccordo con le altre autorità competenti. Come si evince dal resoconto stenografico del verbale della seduta dell'8 febbraio 2022, la Commissione ha deciso che la discussione relativa a questioni poste da alcuni senatori, relative, tra l'altro, alle vicende che hanno riguardato il dottor Bertini, fosse svolta nella parte di seduta secretata, ovviamente per motivi di tutela della privacy.

Come evidenziato dall'onorevole interpellante, il 27 marzo 2023 il TAR ha annullato il provvedimento con cui la Banca d'Italia destituiva il dottor Bertini dal servizio, ravvisando un vizio procedurale, pregiudiziale alla valutazione del merito, sulla base del quale il tribunale ha deciso che “non essendosi correttamente instaurato il procedimento contenzioso disciplinare, ogni apprezzamento sui contenuti sostanziali di quest'ultimo non potrà che essere affidato alla nuova eventuale riedizione del procedimento stesso, ove ne sussistano i presupposti”.

Dall'istruttoria svolta si è appreso che Banca d'Italia, a seguito della citata sentenza, ha ritenuto di instaurare nuovamente il procedimento disciplinare, prevedendo anche la presenza del difensore di fiducia nell'ambito del procedimento medesimo, aderendo - sotto questo profilo - a quanto osservato dal giudice amministrativo nella citata sentenza in ordine alla costituzione del contraddittorio ed al corretto esercizio del diritto di difesa.

Per quanto attiene, infine, alla richiesta dell'onorevole interpellante in ordine alle eventuali iniziative normative che il Governo intende assumere per garantire la tutela dei lavoratori, si coglie l'occasione per evidenziare che è di recente adozione il decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24, con il quale è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva UE 2019/1937, fornendo un'ampia e rafforzata tutela alla persona segnalante.

Il decreto, entrato in vigore il 30 marzo scorso ma le cui disposizioni avranno effetto a decorrere dal prossimo 15 luglio, detta una disciplina uniforme per il settore privato e per quello pubblico, con conseguente abrogazione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, che ha finora costituito la norma di riferimento per il pubblico impiego, ed integrazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.

La nuova normativa prevede l'attivazione di specifici canali di segnalazione, interni ed esterni alle organizzazioni, cui può far ricorso il dipendente che sia venuto a conoscenza di eventuali violazioni commesse all'interno della stessa organizzazione, ferma restando la possibilità di effettuare denunce all'autorità giudiziaria e contabile.

L'identità del segnalante non può essere rivelata, allo stesso viene garantita tutela avverso qualsiasi misura di natura ritorsiva, con inversione dell'onere della prova in sede giudiziale. Si estende, poi, la protezione assicurata al segnalante anche a colui che effettua una divulgazione pubblica - attraverso la stampa o mezzi di comunicazione di massa - delle informazioni sulle violazioni commesse dall'organizzazione, purché al momento della divulgazione ricorrano le seguenti condizioni: il segnalante abbia preventivamente effettuato una segnalazione, interna o esterna, cui non è stato dato riscontro; il segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse; il segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto (rischio di occultamento o distruzione delle prove; timore di collusione con l'autore della violazione da parte di chi ha ricevuto la segnalazione).

Il provvedimento disciplina, inoltre, le misure di protezione dalle ritorsioni, stabilendo la nullità degli atti assunti in violazione del divieto di ritorsione e che le persone che siano state licenziate a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all'autorità giudiziaria o contabile hanno diritto di essere reintegrate nel posto di lavoro.

Si prevede, infine, che l'autorità giudiziaria adita adotti tutte le misure, anche provvisorie, necessarie ad assicurare la tutela alla situazione giuridica soggettiva azionata, ivi compresi risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l'ordine di cessazione della condotta posta in essere e la dichiarazione di nullità degli atti adottati in violazione del medesimo articolo.

PRESIDENTE. L'onorevole Auriemma ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza.

CARMELA AURIEMMA (M5S). Grazie Presidente, grazie Sottosegretario per la risposta, ma non ci riteniamo soddisfatti. Voglio illustrarne i motivi, proprio partendo da quello che ha detto il Sottosegretario, soprattutto in merito all'ultima comunicazione, quella inviata nuovamente al signor Bertini a seguito dell'annullamento della sentenza di licenziamento. Il signor Bertini è stato allontanato con una serie di provvedimenti dal luogo di lavoro, la Banca d'Italia, da oltre un anno e mezzo. A seguito della vittoria dinanzi al TAR, con annullamento del provvedimento di destituzione, il passaggio naturale era l'inserimento del signor Bertini all'interno del contesto lavorativo. Si badi bene, se è pur vero, come sottolineato dal Sottosegretario e dalla Banca d'Italia, che questo annullamento della sentenza è avvenuto per un vizio formale, dobbiamo spiegare qual è questo vizio formale, perché non è un vizio formale, ma è molto di più. La sentenza che annulla il licenziamento, la destituzione, dice chiaramente che il procedimento che ha portato alla destituzione è stato avviato violando il diritto di difesa del signor Bertini. Questo è, sì, un vizio formale, ma si traduce in una lesione di un diritto fondamentale del lavoratore; cioè, al signor Bertini, Banca d'Italia ha negato il sacrosanto diritto di difendersi davanti a un procedimento che avrebbe portato ad una conclusione terribile per lo stato del lavoratore, vale a dire il suo licenziamento. Pertanto, se è pur vero che è un vizio formale, trattasi però di un vizio che incide in maniera sostanziale su un diritto costituzionalmente garantito. Ma prima di questo provvedimento e prima del diniego della legittima richiesta di essere assistito da un avvocato, il signor Bertini è stato demansionato ed è stato sottoposto a visite psichiatriche. Già questa condotta dice molto, a nostro parere, sull'atteggiamento che ha avuto e che sta continuando ad avere Bankitalia nei confronti del signor Bertini. Qui non siamo in un'aula di tribunale - è vero , saranno, quindi, gli avvocati del signor Bertini a dimostrare che non esiste un pericolo attuale di lesione dell'ambiente lavorativo, tenuto conto che l'ennesimo procedimento disciplinare si basa sul fatto che la presenza del signor Bertini, che è lontano dall'ambiente lavorativo da oltre un anno e mezzo, potrebbe turbare l'ambiente lavorativo di Bankitalia. Saranno gli avvocati del signor Bertini, lo ripeto, a difendere il proprio assistito su questo punto. Ciò che a noi interessa è che noi, in quest'Aula, rappresentiamo il popolo italiano e, quindi, anche se necessario, un singolo lavoratore, ma rappresentiamo soprattutto lo Stato. Pertanto, è necessario approfondire un altro aspetto che emerge da questa vicenda sul ruolo della Banca d'Italia, che è tutto racchiuso in un comunicato stampa reso all'indomani, non della destituzione, ma dell'avvio del procedimento, dall'organizzazione sindacale FALBI, l'organizzazione sindacale maggioritaria all'interno della Banca Centrale. In tale comunicato si legge che con l'avvio solo del procedimento disciplinare nei confronti del signor Bertini - quindi non siamo nella fase del licenziamento e neanche nella fase della sentenza che annulla il licenziamento, ben oltre un anno fa - “(…) sia stato affermato un pericoloso precedente per tutti i colleghi della banca, che, da questa vicenda, traggono una inequivocabile lezione: in Banca è opportuno legare l'asino dove vuole il padrone, perché ogni gesto di autonomia di giudizio, che dovesse contrastare con il volere dei superiori, può essere foriero di gravi conseguenze. In sostanza, si è cancellato il principio di indipendenza che è fondamentale prerogativa del funzionario pubblico e soprattutto di chi agisce all'interno di un'istituzione di regolamentazione e controllo. Riteniamo che i rischi reputazionali della Banca non derivino dai comportamenti di Carlo Bertini, bensì dalla gestione dell'intera vicenda messa in atto dalla Banca e dai suoi più alti esponenti”.

Questo comunicato - lo ripeto, perché è importante la tempistica - non è stato reso oggi, con l'avvio dell'ennesimo provvedimento che di fatto va ad emarginare il Bertini, ma precedentemente, addirittura prima della sentenza di annullamento. Ed è questo il punto fondamentale che a noi preoccupa. Qui non si tratta soltanto di tutelare giustamente un lavoratore che, di fatto, è stato investito di una serie di atti che oggi sono classificati dal decreto legislativo, approvato lo scorso marzo, che il Sottosegretario ha citato, ritorsivi. La stessa forzatura di sottoporre il signor Bertini a visite psichiatriche sono considerati - nell'elenco che fa il decreto legislativo - come atti ritorsivi.

Ma la questione è che qui abbiamo dinanzi un funzionario pubblico che svolge la sua funzione all'interno della Banca d'Italia, cioè di un organo di controllo e di vigilanza del nostro sistema bancario, quindi, ha una funzione, che è di vigilanza, a tutela di un bene costituzionalmente garantito dall'articolo 47, che è il risparmio degli italiani.

Quindi, è evidente che tutta questa vicenda si inserisce in maniera violenta all'interno del contesto lavorativo della Banca d'Italia, dove un funzionario, a seguito di uno scandalo che ha portato al rinvio di oltre 100 persone al tribunale di Milano e tutta una serie di sanzioni, va ad approfondire, cercando di ricostruire pienamente tutta la vicenda. E cosa fa la Banca d'Italia? Inizia una serie di procedure nei suoi confronti che, di fatto, lo portano ad un licenziamento dichiarato illegittimo e oggi nuovamente sottoposto ad una procedura disciplinare.

Allora ci domandiamo: cosa turba l'ambiente lavorativo della Banca d'Italia? Il signor Bertini che ha fatto quello che impone la Costituzione, che impone a tutti coloro che svolgono funzioni pubbliche, cioè prestare dovere alla Nazione, al popolo italiano o la Banca d'Italia che, in questo momento, come dice il sindacato, il maggiore sindacato della Banca d'Italia, sta mandando un messaggio chiaro, un messaggio che non fa bene sicuramente al contesto di un ente che è autonomo e deputato alla vigilanza? Le funzioni di vigilanza e di indipendenza dei funzionari sono importantissime. Qui non stiamo parlando soltanto di un funzionario pubblico, ma di un funzionario pubblico che ha come dovere, come mansione, controllare e, quindi, l'indipendenza del funzionario pubblico, che è già una prerogativa indispensabile di questa figura, ha ancora di più un significato all'interno della Banca d'Italia.

Faccio soltanto un passaggio sul nuovo decreto legislativo, che introduce questa procedura del whistleblowing, anche se dobbiamo dircela tutta: già c'era una tutela ed era prevista dall'articolo 54-bis del testo unico, introdotto attraverso un provvedimento del Movimento del 2017, che è stata, però, annacquata, perché la stessa direttiva del 2019 innanzitutto va a disciplinare anche i casi in cui il lavoratore, l'informatore, fornisce informazioni ai giornalisti di inchiesta, perché, molte volte, è questo lo strumento per poter denunciare dei fatti, per potere tutelare l'interesse pubblico a cui è deputato il funzionario.

Anche con riferimento al decreto legislativo, non è questo oggetto di interpellanza, ma è giusto dire che è stata annacquata la direttiva del 2019, che parte da un presupposto: chi lavora all'interno di un ente pubblico, chi svolge la propria attività professionale a favore di un ente pubblico, sicuramente, è più a contatto ed è più a conoscenza di eventuali violazioni e ipotesi di reato e, quindi, si cerca di tutelarlo fino in fondo, cosa che non fa questo decreto legislativo, perché impone una procedura interna assolutamente gravosa per il lavoratore, che va in contrasto con l'articolo 25 della stessa direttiva, che dice che gli Stati possono prevedere nuove misure, che alleggeriscono la procedura di segnalazione, non che la appesantiscono con quest'obbligo perentorio - se non in alcuni casi specifici - di intervenire con una denuncia interna, che il signor Bertini ha comunque fatto, denunciando, internamente, più volte, con mail, dal 2019.

Quindi noi ci poniamo - concludo - questo dubbio e ci dobbiamo dare una risposta su questo atteggiamento che la Banca d'Italia sta avendo in maniera così clamorosa nei confronti del signor Bertini, che, sicuramente, a nostro avviso, può incidere sull'atmosfera e sulla funzione di indipendenza dei dipendenti della Banca d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Saluto la nuova rappresentanza degli studenti e dei docenti della scuola Gesmundo-Moro-Fiore, di Terlizzi, che sono ancora con noi questa mattina e che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Iniziative volte a garantire un equilibrio sostenibile tra la presenza del lupo e le attività del comparto zootecnico, nonché per prevenire e contrastare il fenomeno delle ibridazioni lupo-cane e la presenza di cani inselvatichiti - n. 2-00121)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Braga ed altri n. 2-00121 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Vaccari se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevole Sottosegretaria, colleghe e colleghi, voglio iniziare questa mia illustrazione dell'interpellanza riprendendo le considerazioni che, nei giorni scorsi, Luca Santini, neo presidente nazionale di Federparchi, la federazione che riunisce tutti gli enti gestori dei parchi e delle aree protette nazionali e regionali, ha rivolto a tutti noi - politica, società, istituzioni, portatori di interesse - per riportare sui giusti binari il dibattito scatenatosi sull'aggressione di un orso, che è costata la vita ad Andrea Papi, sui sentieri del monte Peller, in Trentino. Alla famiglia di Andrea, ai suoi amici, alla comunità di Val di Sole, voglio subito esprimere la vicinanza ed il cordoglio, a nome del gruppo parlamentare del Partito Democratico.

L'autorevolezza del richiamo di Federparchi è data dalla sua storia, dalla capacità, come ente gestore, di avere consentito al nostro Paese, nel corso degli anni, di essere parte fondamentale dal punto di vista della tutela territoriale e ambientale, tanto che l'Italia è caratterizzata da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo, sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia per l'alto tasso di endemismo. Basti pensare che circa un terzo delle specie animali europee è presente in Italia, il 20 per cento delle specie della fauna terrestre e di acqua dolce è, infatti, endemica o subendemica. La fauna offre, come tutti sanno, un importante contributo in termini di ricchezza e complessità alla biodiversità, senza contare che, su un piano economico, la bellezza dei territori, conseguenza di una buona gestione e di una buona tutela, produce la valorizzazione delle nostre eccellenze e dei nostri siti turistici.

Federparchi, giustamente, segnala che occorre tenere conto della necessità di trovare sempre il giusto equilibrio fra le esigenze di conservazione della natura, di tutela della biodiversità, con quelle della sicurezza e dello sviluppo sostenibile delle comunità e dei territori, che racchiudono i nostri meravigliosi scrigni di capitale naturale. In ogni caso, la ricerca dell'equilibrio fra uomo e grandi carnivori va fatta mettendo insieme e confrontando esperienze e buone pratiche a livello europeo, al fine di migliorare e integrare le strategie di gestione. Va fatta anche attenzione a non limitarsi al mero spostamento del problema da un territorio ad altri, con il rischio di moltiplicare le criticità, anziché risolverle.

Quelle parole trovano riscontro scientifico e fattuale nel rapporto pubblicato lo scorso anno da ISPRA, concernente il primo monitoraggio del lupo coordinato a livello nazionale, che, su mandato del Ministero dell'Ambiente, ha consentito di fotografarne la distribuzione e la consistenza, contemporaneamente, dalle Alpi alla Calabria, utilizzando disegni di campionamento e protocollo standardizzati molto avanzati.

Il lavoro complesso e articolato è stato realizzato, tra il 2020 del 2021, da un gruppo di lavoro altamente specializzato, che ha visto partecipi zoologi e genetisti, 19 regioni, 20 parchi nazionali, 5 associazioni ambientaliste nazionali, 34 locali, 504 reparti di carabinieri forestali e ambientali, ricercatori universitari, 10 università, per un totale di 3.000 persone coinvolte. E cosa è emerso? Un numero stimato di lupi intorno ai 950 esemplari si muove nelle regioni alpine, mentre sono quasi 2.400 quelli distribuiti lungo il resto della Penisola. Complessivamente, in Italia, si stima la presenza di circa 3.300 lupi. Se si calcola l'estensione delle aree di presenza del lupo, si può affermare che la specie occupa la quasi totalità degli ambienti idonei dell'Italia peninsulare. Ovunque la popolazione di lupi è cresciuta e sulle Alpi si è registrato l'aumento più significativo.

Il monitoraggio è stato condotto suddividendo in celle di 10 per 10 chilometri il territorio nazionale e realizzando due analisi distinte per regioni e province autonome della zona Alpi e le regioni dell'Italia peninsulare. La presenza del lupo è stata documentata da 24.490 segni di presenza. Si può, dunque, dire che il lupo, da un periodo di forte declino in virtù di azioni dirette di tutela e di conservazione, è tornato ad abitare in maniera stabile gran parte della nostra Penisola. Questa presenza, in molte occasioni visibile, da una parte, rafforza il trend positivo in ordine alla biodiversità, d'altro canto, però, interviene sistematicamente in diverse aree del nostro Paese in relazione alle attività umane, creando disagi e contrastanti reazioni tra i cittadini. Anche in questo caso è la scienza, tramite l'ISPRA, ad offrire spunti di una riflessione che le istituzioni e la politica non possono non ascoltare per assumere conseguenti decisioni.

I dati raccolti e la rete creata possono fornire un supporto ad enti locali, parchi nazionali e regioni, per una corretta conservazione del lupo, per mitigare i conflitti di questo predatore con l'attività dell'uomo.

Intanto, ISPRA segnala il primo dei problemi per lo stesso lupo: il rischio di un processo di ibridazione, che è già in corso tra lupo e cane, a causa della presenza di randagi e cani inselvatichiti sul territorio. L'ibridazione lupo-cane per ISPRA determina l'introduzione di geni non adattativi nella popolazione selvatica e può modificare l'identità genetica e, conseguentemente, l'ecologia, la morfologia, il comportamento e gli adattamenti, mettendo in pericolo un patrimonio genetico evolutosi nel corso dei millenni, che ha permesso al lupo di sopravvivere e di adattarsi al mutamento delle condizioni ambientali. Dalle analisi genetiche condotte sui campioni raccolti nell'area peninsulare sono stati identificati geneticamente 513 individui di lupo, di cui l'11,7 per cento mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico, mentre il 15,6 per cento ha mostrato segni di una più antica ibridazione. Un trend di ibridazione significativo, che può mettere a repentaglio il lavoro di conservazione fatto e il patrimonio genetico del lupo, oltre ad aumentare sul territorio una presenza di lupi ibridi e cani inselvatichiti, che mal si concilia con le attività di allevamento zootecnico e con la sicurezza dei cittadini.

Non esistono dati aggiornati sui cani randagi in Italia ma, secondo l'ultima rilevazione del Ministero della Salute, in Italia si stimano tra i 500.000 e i 700.000 cani randagi, una valutazione numerica presentata nel 2012 al Parlamento dall'allora Sottosegretario di Stato per la Salute. I numeri non sono di certo migliorati, visto che, sempre secondo il sito del Ministero della Salute, al 31 dicembre 2021 risultano essere presenti nei canili sanitari oltre 72.000 cani, e oltre 29.000 nei canili rifugio, in un crescendo di annata in annata. Cani vaganti, in cerca di cibo, che, accoppiati con i lupi e inselvatichiti, si muovono a gruppi e spesso, come denunciano le cronache dei giornali, attaccano l'uomo. Spesso si tende a dare al lupo responsabilità che appartengono, invece, a ibridi e a cani inselvatichiti.

Anche le statistiche, in questo caso, non fanno distinzioni: in totale, con riferimento al periodo 2015-2019, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi di predazione accertati, per una media di circa 3.597 eventi ogni anno. L'andamento temporale degli eventi di predazione a livello nazionale ha mostrato una generale tendenza all'aumento. Il numero di eventi di predazione ha avuto, infatti, un aumento del 23,5 per cento. A seguito di questi eventi di predazione totale, sono stati registrati come predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 capi ogni anno. Le somme concesse a titolo di indennizzo durante quel periodo sono risultate in totale pari a poco più di 9 milioni, per una media di poco più di 1.800.000 euro annui. Va considerato che, però, gli importi erogati a titolo di indennizzo si riferiscono al 77 per cento degli eventi di predazione, poiché nel restante 23 per cento nessuna informazione era disponibile riguardo ad eventuali compensazioni economiche del danno o a casi non determinati.

Esiste, quindi, una lunga catena di eventi che lega la predazione di un animale d'allevamento alla compensazione economica del danno, una catena che può interrompersi in diversi punti. Innanzitutto, non tutti gli animali predati sono rinvenuti dagli allevatori, soprattutto se la carcassa viene allontanata e portata dal lupo in ambienti di difficile accesso. Non sempre gli allevatori colpiti dal danno fanno richiesta d'indennizzo, e ciò può essere dovuto al fatto che alcune amministrazioni legano l'erogazione dell'indennizzo alla presenza di misure di prevenzione ma anche ai lunghi tempi di attesa per l'erogazione degli indennizzi. Sempre nello stesso periodo, il tempo medio intercorso tra richiesta di indennizzo ed eventuale liquidazione è risultato pari a 201 giorni, ma con grandi differenze tra le diverse amministrazioni; il 17 per cento delle predazioni è stato indennizzato entro 60 giorni. Infine, in alcuni casi non esistevano gli elementi materiali per accertare che la predazione fosse avvenuta ad opera del lupo. Tutto ciò conferma come il dato riportato nello studio rappresenti l'impatto minimo accertato, a cui si aggiunge una quota sommersa non facile da quantificare.

Ripeto, tutto questo lo scrive nel suo rapporto l'ISPRA ed il monitoraggio dell'impatto del lupo - e, aggiungo io, degli ibridi e dei cani inselvatichiti - sul comparto zootecnico è uno degli aspetti fondamentali per assicurare una corretta gestione della specie in presenza di attività antropiche, base essenziale sia per la conservazione del lupo, specie particolarmente protetta e di interesse comunitario, sia per tutelare le imprese agricole e zootecniche.

Le predazioni sono, già oggi, la principale causa della chiusura di molti allevamenti di piccole e medie dimensioni, con gravi ripercussioni sulla biodiversità, sull'occupazione e sulla manutenzione del territorio. Occorre ritrovare, quindi, un equilibrio sostenibile che, da un lato, preservi la specie del lupo in purezza e, dall'altro, agisca per ridurre l'impatto dei cani inselvatichiti, riducendo così una pesante criticità per la sopravvivenza degli allevamenti e delle aziende. Per questo serve con urgenza un piano di controllo e di progressiva eradicazione dei cani inselvatichiti, in modo da interrompere i processi di ibridazione e abbassare notevolmente gli attacchi agli allevamenti.

Serve uno studio più approfondito sulle presenze abnormi del lupo in alcuni areali, affidando alla scienza le eventuali strategie di controllo. Serve, poi, rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni, affinché, oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l'agricoltore, siano coperti non solo i danni causati dal lupo ma anche quelli causati dai cani inselvatichiti. Il risarcimento deve coprire non solo i costi di perdita del capo animale ma anche la mancata produzione di latte o di carne. In particolare, il risarcimento deve essere calcolato sulla base di princìpi equitativi, assumendo come valore di riferimento l'entità del danno accertato dai tecnici incaricati. Ancora, va previsto un sistema di misure di prevenzione dei danni, incentivando finanziariamente le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno, nonché sistemi assicurativi contro i danni, i cui costi devono essere a carico, al 100 per cento, degli enti pubblici competenti a gestire la fauna selvatica. Ma va anche risolto il problema dello smaltimento delle carcasse degli animali da allevamento, con oneri a carico della pubblica amministrazione.

Per tutte queste ragioni, non siamo saliti, anche nei giorni scorsi, sulle curve tra i protezionisti del ‘tutto così com'è' in termini assoluti o, dall'altra parte, tra chi ritiene che serve agire in maniera indistinta per eliminare drasticamente il problema. Serve una strategia equilibrata. Questo Governo è in grado di farla?

PRESIDENTE. Deve concludere.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Ho finito, Presidente. Ecco perché abbiamo fatto questa interpellanza. Non serve più navigare a vista, agitando bandierine propagandistiche quando serve. Le decisioni vanno prese con immediatezza. Lo chiediamo attraverso questa nostra interpellanza, in attesa di un piano complessivo anche della gestione della fauna selvatica, strombazzato in sede di legge di bilancio ed ancora non arrivato, così come della costituzione del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, che potrebbe dare un contributo importante in termini tecnici e scientifici. Nel frattempo, anche i cinghiali ringraziano e gli allevatori e gli agricoltori molto meno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato, Matilde Siracusano, ha facoltà di rispondere.

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste in questa interpellanza, rappresento quanto segue.

Il lupo è incluso tra le specie “particolarmente protette” dalla legge n. 157 del 1992 nonché tra le “specie sottoposte a tutela rigorosa” secondo la direttiva Habitat. La normativa vigente impone, pertanto, il divieto di cattura, uccisione e disturbo per questa specie animale.

Tuttavia, dati i rilevanti impatti che produce, specialmente in ambito zootecnico, la sua conservazione dipende dalla capacità di mitigarne gli impatti e di gestirne la convivenza.

Ai fini della gestione della convivenza uomo-lupo, la normativa prevede che, in presenza di motivazioni valide e per le quali siano state prioritariamente attuate misure preventive, e queste non siano risultate efficaci o lo siano state solo in parte, quindi come ultimo strumento a cui ricorrere, si possa derogare ai divieti imposti dalla direttiva, ai sensi dell'articolo 16 e, segnatamente, per prevenire comprovati gravi danni alle attività produttive o nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica.

La stessa Commissione europea, nel 2021, nella pubblicazione del “Documento di orientamento sulla rigorosa tutela delle specie animali di interesse comunitario ai sensi della direttiva Habitat”, mette in rilievo il carattere di eccezionalità che deve avere la concessione delle deroghe ai sensi del suddetto articolo 16 e viene evidenziato come le deroghe al regime di tutela debbano inserirsi in un sistema scrupolosamente controllato, che impone il rispetto di specifiche condizioni. Si sottolinea che prelievi operati senza una rigorosa verifica del rispetto di tali condizioni possono comportare rischi di procedure di infrazione da parte degli organi comunitari.

Per quanto concerne gli impatti causati dal lupo sulle attività umane, in particolare nel settore zootecnico, il quadro normativo impone che tali problematiche vengano affrontate prioritariamente tramite l'attivazione e la promozione di metodi preventivi, nella direzione di modalità di gestione degli allevamenti attraverso l'utilizzo di più strumenti contemporaneamente, quali, ad esempio: il rafforzamento della guardiania, anche incoraggiando l'uso di cani specificamente addestrati, la stabulazione notturna degli animali, l'installazione di recinzioni per il contenimento delle greggi, prevedendo altresì l'attivazione di misure di accertamento e di indennizzo dei danni.

In linea generale, si ritiene opportuno evidenziare che la normativa vigente affida alle regioni e agli enti parco il compito di erogare contributi a titolo di indennizzo e prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica. Inoltre, si sottolinea che, dal 2018, la normativa europea consente agli allevatori che hanno subito danni da lupo di poter essere indennizzati al di fuori del regime de minimis, previa approvazione del regime di aiuto locale da parte della Commissione stessa.

Per quanto riguarda la questione legata alla presenza di individui ibridi, la Commissione europea ha approvato la raccomandazione della Convenzione di Berna n. 173 del 2014, nella quale vengono esortati gli Stati membri a implementare misure volte sia a monitorare e a prevenire l'ibridazione sia a gestire il fenomeno facendo ricorso alla rimozione degli individui ibridi lupo-cane dal contesto naturale. Si raccomanda, inoltre, che la rimozione sia condotta dallo Stato e che sia lo Stato a confermare, sulla base di caratteristiche morfologiche e/o genetiche, la natura ibrida dell'individui, garantendo che non sia compromesso lo stato di conservazione del lupo. Su tale tema, in diverse occasioni, amministrazioni locali hanno autorizzato, sulla base di un parere ISPRA, interventi di cattura, sterilizzazione e rilascio di animali risultati ibridi. A tale proposito, lo stesso Istituto ha proposto un protocollo per l'identificazione degli esemplari ibridi e introgressi, ponendo all'attenzione come le analisi genetiche non invasive rappresentano senz'altro uno strumento essenziale per il monitoraggio della specie.

Le politiche nazionali di gestione del lupo sono definite dal Piano d'azione per la conservazione. Il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica ha promosso l'aggiornamento del Piano nazionale di conservazione e gestione del lupo in Italia, basandosi sulle migliori conoscenze scientifiche, in quanto redatto da oltre 70 esperti e condiviso con ISPRA e su ampia e solida letteratura scientifica. L'aggiornamento del Piano d'azione del lupo è stato più volte portato in discussione presso la Conferenza Stato-regioni e il processo di adozione del Piano si è contraddistinto per un lungo iter, con il susseguirsi di modifiche e integrazioni richieste dalle regioni, dalle province autonome, in particolare sulla disciplina delle deroghe, ai sensi della direttiva Habitat. Segnatamente, in alcuni casi, è stata richiesta una più rapida applicazione della deroga a catturare o ad abbattere lupi particolarmente pericolosi o dannosi; in altri, invece, è stata espressa l'assoluta contrarietà a ogni ammissione di deroga rispetto al generale divieto di rimozione. In sostanza, alcune regioni o province autonome spingono per rendere più facile la possibilità di catturare o uccidere i lupi particolarmente pericolosi o dannosi, altre amministrazioni si dichiarano contrarie ad ogni autorizzazione di deroghe rispetto al generale divieto di rimozione. Nel rispetto della normativa, l'obiettivo imprescindibile rimane quello di migliorare lo stato di conservazione del lupo, attesa una scrupolosa gestione delle situazioni di conflitto con le attività umane, soprattutto attraverso uno strumento condiviso, che consenta di migliorare la convivenza fra lupi e attività antropiche, inclusa, in situazioni eccezionali, la possibilità di rimuovere singoli esemplari di lupo, oltre a rimuovere gli ibridi, come già si sta operando in talune realtà.

A seguito del notevole miglioramento dello stato di conservazione della specie su tutto il territorio nazionale e in base allo studio recentemente condotto da ISPRA - su incarico di questo Ministero, richiamato dall'interrogante -, che ha permesso di ottenere una stima della distribuzione dell'abbondanza della specie nel nostro Paese, nonché di ulteriori emendamenti delle amministrazioni regionali, è stata elaborata una versione aggiornata del Piano d'azione lupo. La nuova versione, nel quadro complessivo delle azioni di conservazione, fornirebbe una base per possibili aperture a prelievi in modo strettamente controllato. Il Piano, qualora approvato, permetterà di agire in maniera più incisiva anche nei confronti di altre problematiche inerenti al lupo, in particolare circa il problema dei lupi confidenti e degli ibridi lupo per cane.

Per quanto riguarda la richiesta relativa all'eradicazione dei cani inselvatichiti, la normativa vigente sul randagismo canino e animali d'affezione esclude il ricorso ad azioni cruente nei confronti dei cani.

Infine, si rappresenta che il Ministero della Salute ripartisce annualmente alle regioni, laddove sia disponibile in bilancio, il Fondo previsto dalla legge n. 281 del 1991 (legge quadro in maniera di animali d'affezione e prevenzione del randagismo) e le stesse regioni adottano autonomamente un programma di prevenzione del randagismo, come previsto dalla medesima legge, e mettono in atto tutte le misure e gli interventi necessari a combattere e prevenire il fenomeno.

PRESIDENTE. Il deputato Vaccari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla interpellanza.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ringrazio la Sottosegretaria, che, però, ci ha raccontato quanto sapevamo già e, quindi, non possiamo ritenerci soddisfatti, nel senso che la raccomandazione dell'Unione europea del 2014, di adottare misure preventive e anche di rimozione dei capi ibridati della specie lupo, è uno di quegli indirizzi - e andremo a leggere la nuova versione del Piano nazionale di conservazione del lupo - dal quale ci aspettavamo misure un po' più concrete, considerati le motivazioni, che abbiamo provato a portare, e il pericolo che la specie lupo sta correndo in tema di sua ibridazione.

Come dimostrano anche i dati, stiamo parlando di una diffusione molto estesa di cani inselvatichiti, che rischiano di pregiudicare lo sforzo che gli enti parco e il Ministero dell'Ambiente hanno fatto, in tutti questi anni, per riuscire a tutelare e conservare, oltre che allargare, la presenza della specie lupo nel nostro Paese.

Ci aspettavamo una risposta più concreta, perché quando andiamo a leggere i dati, che molto concretamente abbiamo portato a motivazione della nostra interpellanza, riguardo i danni provocati da questi animali sulle attività zootecniche o agricole, ci accorgiamo che la parte di indennizzo dei danni esiste, purtroppo a macchia di leopardo in tutto il Paese, che quantitativamente è insufficiente e che riguarda due terzi, fra l'altro, dei soli danni accertati, perché c'è una parte di tali danni che non possono essere accertati, proprio perché, giustamente, i tecnici incaricati non possono certificare - perché la riconduzione è alla specie lupo - se l'accaduto è stato causato da quegli animali.

È chiaro che tutti i metodi preventivi, che lei ha citato, Sottosegretaria, come la guardiania, i cani, le recinzioni e quant'altro, comportano investimenti da parte delle imprese zootecniche e delle imprese agricole. Allora, siccome dobbiamo contemperare il diritto di queste imprese di continuare a svolgere la propria attività con le norme della direttiva Habitat e, quindi, con i piani nazionali di conservazione e tutela della specie lupo, dobbiamo provare a trovare soluzioni che facciano fare passi in avanti al sistema, e non limitarci a richiamare norme che conosciamo bene e che anche le imprese agricole e zootecniche conoscono bene, ma che non sono attualmente sufficienti a dare risposte alle esigenze che si stanno ponendo. Soprattutto, stiamo parlando di una condizione di allarme, in alcuni casi anche sociale, che la diffusione dei cani inselvatichiti, associati erroneamente alla specie lupo, sta producendo in tante parti del nostro Paese, da Nord a Sud, generando anche reazioni, come quelle da lei citate, che possono produrre danni alla specie lupo, che, invece, va conservata. Diverso, invece, è affrontare in modo più serio e concreto il tema dei cani inselvatichiti e della parte di lupi ibridata oramai in percentuale significativa.

Quindi, anche i ragionamenti, le scelte fatte, come Governo, con riferimento alla legge n. 157, durante la legge di bilancio, devono avere meno accentuazioni propagandistiche, facendo più attenzione al carattere della scientificità che quelle scelte devono avere. Stiamo, infatti, parlando di impatto sulla biodiversità e sulle attività umane, nonché di ciò che concretamente possono fare le regioni, perché il piano del controllo della fauna selvatica è ancora di là da venire e anche quello che avete previsto, per l'istituzione del Comitato tecnico-faunistico nazionale, non è ancora stato realizzato. Quello potrebbe essere il luogo dentro il quale avviare un confronto serio e molto più avanzato con tutte le parti in causa in grado di produrre risposte molto più avanzate rispetto a quelle che lei oggi ci è venuto a dire a nome del Governo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 13 aprile, il presidente della Commissione affari costituzionali, anche a nome del presidente della Commissione V (Bilancio), ha rappresentato l'esigenza - sulla quale hanno convenuto gli uffici di presidenza delle Commissioni riunite integrati dai rappresentanti dei gruppi - di posticipare l'orario di inizio della discussione generale del decreto-legge recante disposizioni urgenti per l'attuazione del PNRR e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune - Disposizioni concernenti l'esercizio di deleghe legislative, già previsto alle ore 10 di martedì 18 aprile, alle ore 12 della medesima giornata.

Pertanto, secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame di tale decreto-legge avrà luogo a partire dalla seduta di martedì 18 aprile, con inizio della discussione generale alle ore 12 e con votazioni non prima delle ore 16 ed eventuale prosecuzione notturna e nelle giornate successive.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 17 aprile 2023 - Ore 15:

1. Discussione sulle linee generali delle mozioni Serracchiani ed altri n. 1-00073, Ilaria Fontana ed altri n. 1-00064, Ruffino ed altri n. 1-00081 e Bonelli ed altri n. 1-00117 concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della siccità .

2. Discussione sulle linee generali delle mozioni Ruffino ed altri n. 1-00098, Sergio Costa ed altri n. 1-00056, Cattaneo ed altri n. 1-00083, Bonelli ed altri n. 1-00116 e Zucconi ed altri n. 1-00118 concernenti iniziative in materia energetica nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, con particolare riferimento all'energia nucleare .

La seduta termina alle 11,10.