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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 48 di giovedì 2 febbraio 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA , Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 72, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1, recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori (A.C. 750-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 750-A: Conversione in legge del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1, recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori.

Ricordo che nella seduta del 12 gennaio sono state respinte le questioni pregiudiziali Bonafe'.

ed altri n. 1 e Richetti ed altri n. 2.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 750-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni riunite affari costituzionali e trasporti si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione trasporti, deputato Carmine Fabio Raimondo, che interverrà anche a nome del relatore per la maggioranza per la Commissione affari costituzionali, deputato Edoardo Ziello.

CARMINE FABIO RAIMONDO, Relatore per la maggioranza per la IX Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor sottosegretario, l'Assemblea è chiamata oggi ad esaminare il disegno di legge n. 750-A, di conversione del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1, recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori.

Il decreto-legge al nostro esame, licenziato dal Consiglio dei ministri il 28 dicembre scorso, consta di 3 articoli e intende regolamentare l'azione delle navi delle ONG nel Mediterraneo, con il duplice obiettivo, da una parte, di assicurare l'incolumità delle persone recuperate in mare e, dall'altra, l'esigenza di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica.

Le Commissioni affari costituzionali e trasporti, riunite in sede referente fin dallo scorso 11 gennaio, hanno concluso l'esame del provvedimento il 31 gennaio.

Nello specifico, il decreto-legge interviene in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative, declinando le condizioni in presenza delle quali le attività svolte dalle navi che effettuano interventi di recupero di persone in mare possono essere ritenute conformi alle Convenzioni internazionali e alle norme nazionali in materia di diritto del mare.

In particolare, le nuove norme modificano alcuni commi del decreto-legge n. 130 del 2020 su immigrazione e sicurezza, il cosiddetto decreto Lamorgese, regolando la questione dei salvataggi multipli, che rappresentano uno degli aspetti più controversi dell'operato delle ONG, le quali, spesso, anziché intervenire su una singola situazione di rischio, restano in mare per giorni, effettuando diversi trasferimenti prima di condurre i migranti in un porto sicuro.

L'articolo 1 del decreto-legge al nostro esame modifica l'articolo 1 del decreto-legge n. 130 del 2020, intervenendo sul comma 2 e inserendovi 6 ulteriori commi. Il provvedimento d'urgenza attualmente in conversione mantiene ferma la disciplina in base alla quale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica, nel rispetto della Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay del 1982, il Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale.

Fermo restando questo presupposto, il decreto-legge in esame interviene sulle condizioni in presenza delle quali le limitazioni o i divieti governativi non trovano applicazione e sulle conseguenti sanzioni. A tal fine, l'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge sopprime il secondo e terzo periodo del comma 2 dell'articolo 1 del decreto Lamorgese, relativi, rispettivamente, all'esclusione della possibilità di limitare o vietare il transito e la sosta di navi impegnate in operazioni di soccorso in presenza di determinate condizioni, e all'applicazione, in caso di inosservanza delle limitazioni e dei divieti, della pena della reclusione fino a 2 anni e della multa da 10 mila a 50 mila euro. Entrambe le discipline sono, infatti, oggetto di modifica e di collocazione in distinti commi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 130 del 2020.

L'articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto-legge in conversione introduce, dunque, 6 nuovi commi all'articolo 1 del decreto Lamorgese. Il comma 2-bis riprende ed integra il contenuto dell'abrogato secondo periodo del comma 2, prevedendo che il provvedimento del Ministro dell'Interno di interdizione al transito o alla sosta non sia adottato in caso di operazioni di soccorso.

Come già previsto, di queste operazioni deve essere data immediata comunicazione al Centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo, precisando che si tratta di quello nella cui area di responsabilità si svolge l'evento, e allo Stato di bandiera.

Le operazioni di soccorso devono, poi, essere effettuate nel rispetto delle indicazioni non della competente Autorità per la ricerca e soccorso in mare, come previsto dalla norma previgente, bensì del Centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e delle autorità dello Stato di bandiera.

La disposizione conferma che tali indicazioni devono essere emesse sulla base dei nostri obblighi internazionali. La disposizione in esame, in aggiunta a queste prescrizioni già vigenti, pur con diversa formulazione, individua alcune ulteriori condizioni che devono ricorrere congiuntamente per escludere l'adozione del provvedimento di limite o divieto del transito e della sosta. Si tratta delle seguenti condizioni, alle quali gli operatori di soccorso in mare devono attenersi: a) la nave che effettua in via sistematica attività di ricerca e soccorso in mare deve operare in conformità alle certificazioni e ai documenti rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di bandiera e deve essere mantenuta conforme agli stessi, ai fini della sicurezza della navigazione, della prevenzione dell'inquinamento, della certificazione e dell'addestramento del personale marittimo, nonché delle condizioni di vita e di lavoro a bordo (su questo punto è intervenuta una modifica nel corso dell'esame in sede referente volta a precisare più puntualmente il contenuto della condizione); b) devono essere tempestivamente avviate iniziative volte ad informare le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, devono essere raccolti i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità; c) deve essere richiesta, nell'immediatezza dell'evento, l'assegnazione del porto di sbarco; d) il porto di sbarco assegnato alle autorità competenti deve essere raggiunto senza ritardo per il completamento dell'intervento di soccorso; e) devono essere fornite alle autorità per la ricerca ed il soccorso in mare italiane ovvero, nel caso di assegnazione del porto di sbarco, alle autorità di pubblica sicurezza le informazioni richieste ai fini dell'acquisizione di elementi relativi alla ricostruzione dettagliata delle operazioni di soccorso poste in essere; f) le modalità di ricerca e soccorso in mare da parte delle navi non devono aver concorso a creare situazioni di pericolo a bordo, né impedire di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco.

Ricordo a quest'Aula che alcune di queste condizioni richiamano quanto già previsto dal codice di condotta per le ONG impegnate nel salvataggio dei migranti in mare del 2017, quando il Presidente del Consiglio dei ministri era l'onorevole Paolo Gentiloni.

Questo non è un decreto, come qualcuno ha detto, che impedisce il soccorso in mare perché sul punto il testo è chiaro. Il comma 2-ter dell'articolo 1 stabilisce, infatti, senza alcun dubbio interpretativo, che il transito e la sosta di navi nel mare territoriale sono comunque garantiti ai soli fini di assicurare il soccorso e l'assistenza a terra delle persone prese a bordo a tutela della loro incolumità. I commi 2-quater, 2-quinquies, 2-sexies e 2-septies introducono una nuova disciplina sanzionatoria di natura amministrativa per i casi di inosservanza del provvedimento del Governo di divieto o limitazione del transito e della sosta di navi nel mare territoriale in presenza di determinate condizioni. La nuova disciplina, inserita nel comma 2-quater, sostituisce l'illecito penale con un illecito amministrativo. L'importo della relativa sanzione pecuniaria - da un minimo di 10.000 euro ad un massimo di 50.000 euro - corrisponde a quello della multa precedentemente prevista. Sono inoltre fatte salve le sanzioni penali nel caso in cui la condotta integri un reato.

Al pagamento della sanzione amministrativa è tenuto il comandante della nave, in solido con l'armatore e il proprietario del mezzo. Oltre alla sanzione pecuniaria, il nuovo comma 2-quater prevede che la nave sia sottoposta a fermo amministrativo per due mesi e affidata in custodia, con i relativi oneri di spesa, all'armatore o, in assenza di questi, al comandante o ad un altro soggetto obbligato in solido, tenuti a farne cessare la navigazione. Avverso il provvedimento di fermo è previsto il ricorso entro 60 giorni dalla notificazione dello stesso al prefetto, che dovrà pronunciarsi entro venti giorni dal ricevimento dell'istanza. Al fermo si applicano, se compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 214 del codice della strada relativo al fermo amministrativo del veicolo.

Ai sensi del comma 2-quinquies, in caso di reiterazione della violazione commessa con l'utilizzo della medesima nave, si applica la sanzione amministrativa accessoria della confisca della nave; in tal caso si precede immediatamente al sequestro cautelare della nave.

Il comma 2-sexies introduce una nuova fattispecie di illecito amministrativo che si configura qualora il comandante della nave o l'armatore non forniscano le informazioni richieste dalla competente autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare o, a seguito di una modifica apportata nel corso dell'esame in sede referente, dalla struttura preposta al coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell'immigrazione clandestina, oppure non si uniformino alle indicazioni delle predette autorità. In questi casi, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro, nonché la sanzione accessoria del fermo amministrativo, per 20 giorni, della nave utilizzata per commettere la violazione. In caso di reiterazione della violazione, la sanzione accessoria del fermo amministrativo viene portata a due mesi e si applica il comma 2-quater, secondo periodo, quarto periodo, quinto periodo e sesto periodo. In caso di ulteriore reiterazione della violazione, si applica la confisca dell'imbarcazione secondo quanto previsto dal comma 2- quinquies.

Nel corso dell'esame in sede referente, è stato altresì previsto che queste sanzioni si applichino anche in caso di mancanza di una delle condizioni di cui al comma 2-bis, accertata successivamente all'assegnazione del porto di sbarco.

Il comma 2-septies infine individua l'autorità che irroga le sanzioni nel prefetto territorialmente competente per il luogo di accertamento della violazione.

A seguito di una modifica approvata nel corso dell'esame in sede referente, inizialmente proposta dai relatori e successivamente sottoscritta da tutte le forze politiche delle Commissioni, i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie sono stati destinati al Fondo per l'erogazione di contributi in favore dei comuni di confine con altri Paesi europei e dei comuni costieri interessati dalla gestione dei flussi migratori.

L'articolo 2 del decreto-legge reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 3 dispone in ordine all'entrata in vigore del decreto-legge, stabilita nel giorno successivo alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Signor Presidente, questo provvedimento riconduce l'attività di soccorso delle navi ONG nella cornice del diritto internazionale. In occasione dell'esame del provvedimento nelle Commissioni I e IX riunite, alcuni esponenti dell'opposizione lo hanno definito un decreto criminogeno, un decreto che viola l'antichissima legge del mare, un decreto contro la legge, un decreto infame, un decreto naufragio dell'umanità e sono certo che, nel corso di questo dibattito, sentiremo ancora queste espressioni.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto non contrasta con il diritto internazionale, lo rispetta. Rispetta le convenzioni internazionali in materia di diritto del mare, la SOLAS del 1974, così come la UNCLOS del 1982; rispetta la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetta il Trattato di Lisbona, rispetta il Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata per combattere il traffico illecito di migranti; rispetta la normativa nazionale, europea ed internazionale in materia di diritto d'asilo, rispetta l'articolo 10, terzo comma, della nostra Costituzione. Non è un decreto contro le ONG, è un decreto che regolamenta l'attività delle ONG, le regolamenta per quanto attiene alle condotte di soccorso, alla sicurezza della navigazione, all'informativa circa la possibilità di richiedere la protezione internazionale, alle informazioni da fornire all'autorità, all'assegnazione di un porto di sbarco da raggiungere senza ritardo. Sul punto, ricordo a questa Assemblea che la relazione del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, agli atti dei lavori delle Commissioni riunite, spiega come “l'Italia non abbia alcun obbligo, previsto dal diritto internazionale marittimo, di riscontrare la richiesta di POS proveniente da navi mercantili o ONG battenti bandiera straniera, che svolgono stabilmente attività di soccorso fuori dalla regione SAR e in assenza di coordinamento da parte dell'Italia”. Nessuna norma, nessuna convenzione, nessun trattato vieta ad uno Stato di poter decidere quale sia il luogo più adeguato a far sbarcare le persone recuperate in mare per gestire al meglio le operazioni di soccorso e di prima assistenza - ripeto: nessuna - e con questo provvedimento l'Italia si riappropria di questa sua sovrana prerogativa. E lo fa per salvare vite umane, lo fa per evitare che si creino situazioni emergenziali indecorose, come quelle che siamo stati abituati a vedere nell'isola di Lampedusa. Francamente chi ha a cuore la vita umana e la dignità della vita umana non può ulteriormente consentire né quelle condizioni inumane di sovraffollamento, né tantomeno che continui nel nostro mare la tratta degli esseri umani.

La gran parte dei salvataggi nel Mediterraneo viene effettuata dalla Guardia di finanza, dalla Guardia costiera e dalla Marina militare. Secondo i dati forniti dal Ministro Piantedosi, il 43 per cento delle persone sbarcate nel 2022 ha raggiunto le nostre coste a bordo di queste imbarcazioni. Le ONG hanno condotto a terra l'11 per cento del totale delle persone sbarcate. Numeri sicuramente non trascurabili ma che rappresentano un valore marginale rispetto al totale. Regolamentare queste attività non vuol dire mettere a repentaglio le vite umane o far crescere il numero di morti in mare ma, al contrario, significa salvare vite senza indugiare per giorni con la navigazione in attesa di riempire la capacità di trasporto delle navi. Questo provvedimento è soltanto un primo passo nella strategia del Governo per contrastare l'immigrazione illegale. Per questo, il Governo Meloni ha posto il tema a livello europeo e, con la missione del Presidente del Consiglio in Algeria e Libia dei giorni scorsi, l'Italia tornerà centrale nello scacchiere internazionale anche sui temi del contrasto all'immigrazione clandestina e della lotta ai trafficanti di esseri umani.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione affari costituzionali, deputato Riccardo Magi.

RICCARDO MAGI, Relatore di minoranza per la I Commissione. La ringrazio, Presidente. Onorevoli colleghi, con questa relazione di minoranza la componente +Europa del gruppo Misto invita la Camera dei deputati a votare contro la conversione del decreto-legge n. 1 del 2023.

Chi sottoscrive questa relazione presenterà emendamenti soppressivi, ma non predisporrà un testo alternativo perché, conformemente a molti precedenti, il testo è irricevibile in toto e non necessita di una proposta testuale diversa dalla sua reiezione radicale.

Il contenuto del decreto-legge n. 1, inserendosi nel potere, previsto dall'articolo 83 del Codice della navigazione, del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti di limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale per motivi di ordine pubblico o di sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell'Ambiente, per motivi di protezione di ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende, prevede che tali limitazioni e divieti non si applichino per il salvataggio in mare, ciò che è ovvio alla luce delle convenzioni internazionali.

Tuttavia, per godere dell'esenzione del divieto di transito e sosta nel mare territoriale, occorre che le operazioni di soccorso siano immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo nella cui area di responsabilità si svolge l'evento e allo Stato di bandiera, e che siano effettuate nel rispetto delle indicazioni delle predette autorità, emesse sulla base di obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare, della Convenzione CEDU e delle norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto d'asilo, fermo restando quanto previsto dal Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata per combattere il traffico illecito di migranti via terra, via mare e via aria, reso esecutivo dalla legge n. 146 del 2006.

A tale fine devono congiuntamente ricorrere le condizioni, che non elencherò, che sono state anche riportate testualmente nell'intervento del relatore per la maggioranza. L'aspetto sul quale mi preme soffermarmi un attimo, però, è la genesi del provvedimento e la lettura storica che è alla base di questo provvedimento, che, ben oltre i suoi tecnicismi, è prima di tutto il prodotto di un'ideologia basata su una lettura appunto storica e un'interpretazione errata dello sviluppo attuale.

Da molti è stato sottolineato nell'ultimo secolo come il fenomeno delle migrazioni umane sia un aspetto coessenziale all'evoluzione della specie. Si pensi solo al continente costituito dalle due Americhe, che dal XV secolo in poi hanno conosciuto un flusso ininterrotto di migrazioni: l'America del Nord specialmente dall'Europa centrale e settentrionale, nel XX secolo dall'America Latina; l'America del Sud, la quale proprio per questo è definita latina, essenzialmente dall'Europa del Sud, Portogallo, Spagna e Italia. Il nostro Paese è, dal canto suo, uno dei principali luoghi di provenienza dei migranti. È stato efficacemente scritto che l'emigrazione italiana nel mondo ha rappresentato uno dei tratti più peculiari dell'intera storia italiana contemporanea. Il fenomeno si è espanso nel corso di almeno un secolo, fino a diventare una delle dorsali costitutive dell'intera storia nazionale. Gli italiani si sono diretti sia nelle Americhe, principalmente Stati Uniti, Canada, Brasile, Venezuela e Argentina sia nell'Europa centro-settentrionale, Belgio, Svizzera, Francia, Germania e, negli ultimissimi decenni, nel Regno Unito. Tra il 1876 e il 1976 si sono mossi dall'Italia 27 milioni di nostri concittadini. Questo lo riporto citando un testo, che consiglio, di Stella: L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi. Le migrazioni hanno costituito un fattore di sviluppo e di arricchimento dei Paesi di destinazione. I normali cicli demografici si sono combinati con l'apporto dei migranti, con ciò potendo contare su una nuova manodopera, contributo allo sviluppo infrastrutturale, diversificazione culturale, aumento delle entrate tributarie e previdenziali. Una lettura storica, anche solo sommaria, della sterminata letteratura e delle statistiche al riguardo pertanto smentisce tutti i capisaldi dell'ideologia della destra di Governo, la quale è basata su stereotipi oggetto ormai di consistente confutazione scientifica.

Secondo l'ultimo rapporto Istat, la popolazione straniera in Italia al 1° gennaio 2022 è di 5.194.000 residenti. In quattro anni essa è aumentata di meno di 200 mila unità, su una popolazione di quasi 60 milioni di abitanti. Si tratta di cifre del tutto gestibili, specie alla luce della denatalità di cui l'Italia soffre. Si legga ancora il rapporto Istat 2022 sul punto. Nel 2021 le donne residenti in Italia hanno espresso un livello di fecondità media pari all'1,25, lo stesso osservato nel 2001, ma in un contesto completamente diverso. Nei primi anni Duemila la tendenza che si osservava indicava, infatti, un recupero della fecondità dopo il minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. Ora siamo in discesa. A diminuire sono stati prevalentemente i nati da coppie di genitori entrambi italiani. I figli di coppie straniere sono aumentati, ma solo fino al 2012, allorché è iniziata anche per loro una fase di costante diminuzione, tuttora in corso. Negli anni 2020 e 2021 il numero di nati stranieri è sceso sotto le 60 mila unità, segnando un ritorno ai livelli di 15 anni fa, quando però gli stranieri residenti erano la metà degli attuali. La denatalità ha avuto ripercussioni sui nati in corrispondenza di tutti gli ordini di nascita. I primogeniti nel 2020 presentano, rispetto al 2021, un calo del 28 per cento, superiore a quello registrato per i secondogeniti. Le cifre italiane si mostrano persino modeste nei confronti di altri Paesi europei. In Germania, per esempio, secondo i dati dell'Agenzia europea sul Trattato di Schengen, nel solo 2015, sono arrivate 890 mila persone e nel 2022 si è registrato un aumento del 35 per cento, con 1 milione 200 mila arrivi annuali.

In Spagna, sempre nel solo 2022, sono state registrate ben 119 mila richieste di protezione internazionale. Né può tacersi che la parte più consistente dei migranti arriva ai confini italiani ed europei via terra, sulla cosiddetta rotta balcanica, e non via mare. In questo contesto, allora, è anzitutto impossibile tracciare una significativa distinzione giuridica tra migrazioni politico-belliche, fatte cioè di persone in fuga da guerre e persecuzioni, da quelle economiche. Nel XVI secolo molti seguaci di confessioni protestanti inglesi e tedesche minoritarie fuggirono per motivi che erano al contempo religiosi ed economici, giacché i gruppi di aderenza confessionale, all'alba della storia moderna, erano gruppi di potere egemonico sul piano economico. Lo stesso accade oggi, per esempio, in Afghanistan, in cui regola religiosa talebana e monopolio sulle opportunità economiche sono la stessa cosa, oppure in Ucraina, da cui si fugge, da un anno a questa parte, per motivi di sicurezza personale ed economica allo stesso tempo. Sempre a questo proposito vale la pena anche osservare che la distinzione, pur formalmente importante, tra immigrati regolari e irregolari perde molto di senso se di fatto una via legittima e consolare di immigrazione non può essere praticata. Questo è il motivo di questo approfondimento.

Il titolo di questo decreto è: conversione in legge del decreto-legge recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori. Già dal titolo questo è un provvedimento mendace, non c'è nulla che regoli i flussi migratori. C'è solo un atto, estremamente preciso e ristretto, sull'attività di salvataggio in mare. Se il Governo davvero avesse voluto cimentarsi con un'azione di Governo su un fenomeno che ha questa complessità, e sarebbe servita anche questa, ritengo, lettura storica, avrebbe dovuto affrontare il tema degli ingressi legali nel nostro Paese per motivi di lavoro. Attualmente il tema degli ingressi legali nel nostro Paese è determinato dal decreto flussi, in base a una legge, la legge Bossi-Fini, che, a distanza di vent'anni, possiamo dire ha fallito per due motivi: perché doveva risolvere, tagliando alla radice, il problema della irregolarità - voi, colleghi della destra, dite clandestinità - e in realtà ha prodotto irregolari e clandestini, 600 mila, e l'altro motivo è che ha un approccio dirigista e statalista, perché voi pensate - lo pensavate nel momento in cui avete varato quel provvedimento vent'anni fa, lo pensate tuttora, perché non lo modificate - che sia lo Stato che possa prevedere quale sia l'esigenza per il sistema produttivo italiano di lavoratori nei vari settori. Neanche un approccio non solo statalista, ma stalinista, avrebbe potuto portare a una capacità predittiva tale da parte dello Stato.

Varrebbe la pena ancora, ma per brevità non lo farò, riprendere il rapporto Istat 2022 su altri passaggi in cui si parla dei percorsi di integrazione, che sono naturalmente processi di tipo individuale, da cui si può facilmente notare come da sempre le differenti collettività presenti in Italia seguano diversi modelli di integrazione. Le specificità dipendono in parte dal differente grado di maturità raggiunto dalla presenza sul territorio: alcune cittadinanze sono presenti in Italia sin dagli anni Ottanta, altre sono arrivate solo dopo la caduta del muro di Berlino, altre ancora solo durante le ondate migratorie legate alle crisi dei rifugiati degli ultimi anni. Si tratta di persone giunte in momenti storici e in congiunture economiche differenti, che hanno avuto più o meno tempo per dare vita a reti migratorie sul territorio. Inoltre, i percorsi - sottolinea il rapporto Istat - di integrazione degli stranieri nel nostro Paese non sono più solo a livello individuale, ma sempre più spesso in territori che comprendono intere famiglie. Tra i cittadini non comunitari si è assistito a una contrazione senza precedenti dei flussi per motivi di lavoro, a una sostanziale stabilità degli ingressi per ricongiungimento familiare e a un'improvvisa crescita degli arrivi di persone in cerca di protezione internazionale. Questo esattamente perché non abbiamo un sistema di ingressi legali per motivi di lavoro che funzioni. In secondo luogo, pertanto, discettare, come fanno le forze di Governo ancora in queste settimane e in questi giorni nel nostro Paese, di sostituzione etnica è un falso storico e di cronaca. Solo a titolo esemplificativo, guardiamo agli altri Paesi. L'attuale Primo Ministro britannico, Sunak, di origine indiana, è arrivato al vertice delle istituzioni senza che nessuno lo consideri un intruso nel tessuto etnico inglese. La teoria infinita di esponenti politici americani di origini proprio italiane, dalla speaker uscente Nunziata Nancy D'Alessandro Pelosi all'ex Segretario di Stato sotto Trump Mike Pompeo, fino all'attuale governatore della Florida Ron DeSantis, sta a dimostrare che si tratta del naturale effetto della mobilità umana nel corso dei secoli e dell'epoca contemporanea, senza che nessuna voce allarmata si levi a favore di una non ben identificata etnia americana. Sostituzione etnica, quindi, è un'insensata e tardiva espressione che fa finta di dimenticare la storia dell'uomo.

In terzo luogo, è grossolanamente inveritiero che i migranti cagionerebbero un danno economico al Paese di destinazione. Le ordinarie logiche di domanda e offerta di lavoro fanno sì che i migranti si inseriscano nel gioco dei fattori produttivi e del protagonismo economico. Basti solo pensare che, in Italia, ormai è assodato da almeno trent'anni che una serie di servizi alla persona, nonché, su altro versante, di mansioni a più basso contenuto professionale è stata letteralmente abbandonata dai lavoratori di origini italiane e svolta da persone provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'Europa dell'Est. Secondo la Fondazione Leone Moressa, nel 2021 la quota di PIL italiano dovuta al lavoro dei migranti è del 9 per cento e in Veneto addirittura si sale al 12 per cento. L'apporto dei lavoratori stranieri in agricoltura nel settentrione d'Italia è, per esempio, oggetto di approfondimenti scientifici da molto tempo (non ho tempo qui per soffermarmi ma li segnalerò; sono tutti segnalati dettagliatamente nella relazione che depositerò).

Nessun dubbio che, accanto a queste riflessioni, debbano essere collocate quelle su flussi ben regolati, appunto, con il coinvolgimento dei soggetti sociali interessati, dalle imprese alle camere di commercio e al volontariato, sull'integrazione ragionata e pianificata di nuovi residenti e sul contrasto al traffico illecito di persone. Su quest'ultimo aspetto, tuttavia, il nostro Paese non è esente da responsabilità, se è vero, come è vero, che vige ancora il memorandum con la Libia, in virtù del quale il controllo delle partenze è affidato in sostanza proprio ai trafficanti di uomini della guardia costiera libica.

In definitiva, di fronte all'immensità del problema delle migrazioni, il Governo predilige un'ottica nichilista e riduttiva e sceglie, ancora una volta, di identificare un nemico, le organizzazioni non governative, che si calano nella realtà drammatica del mar Mediterraneo e svolgono il ruolo che lo spirito di umana solidarietà dovrebbe imporre a qualsiasi Paese civile, prima ancora delle numerose norme di diritto internazionale: la salvezza delle vite e dell'accoglienza.

Da questo punto di vista, il decreto-legge n. 1 del 2023 si pone in scia con la legge n. 189 del 2002, la cosiddetta Bossi-Fini che, nel manomettere l'unico vero tentativo che era stato fatto di governo dei flussi migratori con la legge del 1998, pure imperfetta, ha inaugurato l'epoca della stretta dei bulloni penali sui pochi ingranaggi di un complesso sistema che dovrebbe concepire una visione ampia, realistica, coraggiosa e aggiornata del tema. Alla legge n. 189 del 2002, come noto, hanno fatto seguito numerosi provvedimenti impostati sulla stessa idea e, tra gli ultimi, il decreto-legge n. 113 del 2018.

Predisporre gli strumenti giuridici e amministrativi per rendere più difficoltoso il salvataggio in mare e più onerosa l'attività delle navi di enti come Emergency, Medici Senza Frontiere, Open Arms, Sea-Watch, ResQ e altri è arbitrario e illegittimo per molti motivi, come le audizioni svolte il 16 e il 17 gennaio 2023 hanno ben messo in luce. Ci si riferisce, per esempio e senza nulla togliere agli altri validi contributi, a quella di Silvia Stilli, dell'Associazione delle organizzazioni di cooperazione internazionale, dei docenti Roberto Zaccaria e Francesca De Vittor e di monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes.

Anzitutto, è in contrasto con l'articolo 118 della Costituzione, laddove si enuncia il principio di sussidiarietà, in virtù del quale le organizzazioni sociali possono svolgere funzioni di interesse generale. Poi, contraddice il principio di ragionevolezza e di non discriminazione, perché pretende dalle navi delle ONG requisiti che ad altri natanti non sono chiesti, ma anche perché, nel prevedere che le procedure di richiesta di asilo siano iniziate a bordo delle navi soccorritrici, non tiene conto delle effettive condizioni personali dei migranti che non sono certamente nello stato fisico e mentale per avviare procedure complesse, e non tiene conto del fatto che questa è una prerogativa demandata alla legislazione dei singoli Stati nazionali che individuano quali siano i soggetti preposti a ricevere tali domande.

Il decreto-legge è, dunque, chiaramente frutto di uno sviamento di potere legislativo, poiché il suo vero intento non è quello enunciato nel titolo ma è colpire le ONG ed evitare che, nella zona marina antistante le nostre coste, vi siano presenze e testimonianze scomode, tanto più che, come risulta dallo stesso documento depositato dal Corpo delle capitanerie di porto nella seduta delle Commissioni riunite I e IX del 18 gennaio 2023, “le unità navali” - cito testualmente - “riconducibili alle ONG attive unicamente sulla direttrice che unisce le coste della Tripolitania con l'isola di Lampedusa nel 2022 hanno soccorso 11.392 migranti, pari al 34 per cento dei migranti giunti in Italia attraverso il flusso libico della Tripolitania, a fronte dei 9.113 migranti soccorsi nel 2021”. In pratica, il decreto-legge si concentra su un segmento molto circoscritto del tema degli arrivi cosiddetti irregolari e sugli attori che in esso operano, perdendo completamente di vista le reali proporzioni del fenomeno.

Il disperato tentativo di affrontare la questione secolare della mobilità umana come un mero problema di ordine pubblico e di impugnare come clava l'insieme dei dilemmi dei flussi dall'Africa e dall'Asia, dell'integrazione sociale ed economica di quanti riescono ad arrivare, delle lentezze europee nell'affrontare anzitutto le cause vere dell'esodo da quei continenti, vale a dire l'emergenza climatica, come pure i soggetti ascoltati hanno spiegato, e con essa la mancanza di acqua, le guerre civili, alimentate e combattute non solo ma anche con armi di fabbricazione italiana, non ha portato frutti. I migranti continuano a venire perché lo desiderano per molti comprensibili motivi e perché il loro lavoro serve molto di più di quanto non si voglia ammettere. Da questo punto di vista è anche inconsistente l'argomento, emerso a più riprese da parte degli esponenti di maggioranza e smentito dalle persone ascoltate nel ciclo di audizioni, per cui le ONG sarebbero un elemento di stimolo degli arrivi per il mare, il cosiddetto pull factor.

Concludo. In disparte le rozze sgrammaticature giuridiche e costituzionali di questo decreto, la coalizione di destra che esprime l'Esecutivo con esso evidenzia una drammatica carenza di comprensione dei fenomeni contemporanei e di strategia politica di lungo periodo. Per questi motivi si invita l'Assemblea a non convertire il decreto-legge n. 1 del 2023 che, ribadisco, è mendace fin dal suo titolo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la IX Commissione (Trasporti), il deputato Anthony Emanuele Barbagallo.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO, Relatore di minoranza per la IX Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, nel momento in cui il Paese aveva ben altre emergenze, dal caro bolletta all'inflazione, dalla guerra in Ucraina al divario sempre più crescente con il Mezzogiorno, dalla disoccupazione alla dispersione scolastica, il Governo Meloni-Salvini ha autorizzato inopinatamente la decretazione d'urgenza per intervenire nella disciplina del soccorso in mare. Più che di decreto per la gestione dei flussi migratori, dovremmo ribattezzare il provvedimento come decreto Naufragi.

Una cosa è certa: se questo provvedimento verrà convertito in legge, il soccorso in mare sarà più difficile, nonostante le garanzie previste dalle fonti internazionali, fonti internazionali e convenzioni internazionali che in questa sede è opportuno richiamare. Innanzitutto, la Convenzione internazionale in materia di diritto del mare e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Mi preme ribadire alcuni degli articoli di questa Convenzione: l'articolo 2, con il richiamo al diritto alla vita; l'articolo 3, che fa riferimento alla proibizione della tortura e di trattamenti inumani o degradanti; l'articolo 5, con riferimento al diritto alla libertà e alla sicurezza, nonché, nel Protocollo addizionale, l'articolo 4, relativo al divieto di espulsioni collettive di stranieri, e, nel Protocollo n. 7, l'articolo 1, relativo alle garanzie procedurali in caso di espulsione di stranieri. Tutti i Paesi che formano il Consiglio d'Europa sono parte della Convenzione e ne sono parte tutti i membri dell'Unione europea.

E, ancora, ci sono le norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto di asilo. Poi, la nostra Carta costituzionale che, in particolare all'articolo 10, comma 3, riconosce allo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, il diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le disposizioni di legge. Ancora, la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, l'articolo 78 del Trattato di Lisbona e le tre direttive UE, la n. 95 del 2011, la cosiddetta direttiva Qualifiche, la n. 32 del 2013, la direttiva Procedure, e la n. 33 del 2013, la direttiva Accoglienza, per non parlare, poi, del Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata per combattere il traffico illecito dei migranti via terra, via mare e via aria, reso esecutivo dalla legge 16 marzo 2006, n. 146.

Il decreto-legge, che è all'esame dell'Aula oggi, è stato ampiamente criticato e fortemente avversato da tutte le forze sociali, dalla Chiesa cattolica e dalle associazioni e organizzazioni umanitarie, con Amnesty International su tutte. Con una squallida azione propagandistica posta in essere da parte delle forze politiche di destra si vorrebbe, da un lato, invertire il principio antico quanto il mondo che chi salva una vita in mare compie un gesto eroico, dall'altro, macchiare la reputazione delle ONG, facendo credere che esse siano complici dei trafficanti di essere umani. Alle ONG e ai volontari va il nostro più vivo e fervido ringraziamento per la straordinaria e colossale azione umanitaria che svolgono ogni giorno. Va ricordato in questa sede che prima del 2014 esse non facevano soccorso in mare, bensì si dedicavano ad altre attività, e sono subentrate in questo settore perché tanti Stati hanno deciso di disinvestire in esso, dati anche gli elevati costi. Nonostante la retorica, va ricordato come le ONG continuino a ricevere cospicue donazioni spesso derivanti da piccoli contributi di una pluralità di cittadini.

Vi è un dato doloroso, signor Presidente: nonostante gli sforzi sovrumani, le ONG, che suppliscono alle carenze degli Stati, riescono a salvare appena il 10 per cento di chi si mette in mare; inoltre, fa male l'azione posta in essere dal Ministro Salvini che più volte ha dichiarato, in campagna elettorale, che avrebbe rimandato a casa, dopo aver assunto l'incarico di Ministro, 500 mila immigrati irregolari, quando, invece, poi, la percentuale dei rimpatri e il loro ritmo sono stati uguali esattamente a quelli dei Governi precedenti.

Venendo al testo, il cuore del provvedimento è l'articolo 2-bis e, segnatamente, dalla lettera a) alla lettera f), con cui viene introdotto un ulteriore comma nel decreto-legge n. 130 del 2020; dalla lettera a) alla lettera f) vengono introdotte una serie di rigorose prescrizioni che devono ricorrere congiuntamente e che rendono sostanzialmente più difficile il soccorso in mare. Si tratta, appunto, delle condizioni che gli operatori di soccorso devono rispettare: la nave che effettua in via sistematica attività di ricerca e soccorso in mare deve operare secondo autorizzazioni o abilitazioni rilasciate dalle competenti autorità dello Stato di bandiera e deve possedere requisiti di idoneità tecnico-nautica alla sicurezza della navigazione; deve informare tempestivamente le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità; deve richiedere, nell'immediatezza dell'evento, l'assegnazione del porto di sbarco; deve raggiungere il porto di sbarco assegnato dalle competenti autorità senza ritardo per il completamento dell'intervento di soccorso; deve fornire alle autorità per la ricerca e il soccorso in mare italiane, ovvero, nel caso di assegnazione del porto di sbarco, alle autorità di pubblica sicurezza, le informazioni richieste ai fini dell'acquisizione di elementi relativi alla ricostruzione dettagliata - quel “dettagliata” è veramente insopportabile - delle operazioni di soccorso poste in essere; inoltre, le modalità di ricerca e soccorso in mare da parte della nave non devono aver concorso a creare situazioni di pericolo a bordo, né impedito di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco. Presidente, nel corso di tutto l'iter normativo, il Partito Democratico, anche dopo aver ascoltato le audizioni nelle Commissioni I e IX, ha provato ad avversare in ogni modo, e lo continueremo a fare in quest'Aula, ogni singola parola di queste prescrizioni rigorosissime. Continua, la disposizione, prevedendo il fermo amministrativo in luogo della sanzione pecuniaria e, addirittura, col comma 2-quinquies, la confisca della nave nel caso di reiterazione delle presunte violazioni.

Un altro aspetto che fa veramente male della norma è quello con cui vengono categoricamente vietati i salvataggi multipli che, oggi, sono resi, peraltro, particolarmente difficili. Nel corso di tutto l'esame abbiamo sottolineato come la previsione del testo contrasti con la realtà. Nell'immaginario del Governo sembra quasi che il salvataggio si stia concretizzando a riva, vicino alla spiaggia, quando invece le condizioni sono proibitive: come detto, il 90 per cento dei migranti, ahimè, perde la vita. Nel corso di tutto l'esame è, difatti, mancata da parte della maggioranza una capacità di confronto e di comprendere la profondità delle questioni umane che nel testo emergono chiaramente.

Signor Presidente, nei mesi scorsi a Catania, esercitando le prerogative parlamentari, ho avuto la possibilità di guardare negli occhi queste persone, di constatarne la sofferenza, lo smarrimento e la disperazione. Quella sofferenza non merita di essere strumentalizzata ai fini della costruzione del consenso elettorale o, peggio ancora, utilizzata come specchio per le allodole per distogliere l'attenzione del Paese rispetto ai suoi veri problemi. In questa sede è opportuno ribadire, come già fatto in tutto il procedimento normativo, che il Partito Democratico chiederà controlli approfonditi anche sulle scelte del Governo relative alla gestione dei porti. Siamo molto preoccupati e saremo vigili, affinché nell'assegnazione dei porti per gli sbarchi dei migranti soccorsi in mare venga scelto quello più adeguato; è inaccettabile che si scelgano porti sempre più lontani rispetto al luogo del soccorso. La combinazione del nuovo testo del decreto-legge e la nuova prassi di prevedere porti di sbarco molto distanti dal luogo di salvataggio mette ulteriormente a rischio la tutela dei diritti delle persone soccorse in mare e di quelle impegnate nei salvataggi. In particolare, ci sono tre aspetti che ci preme ribadire in questa sede: l'obbligo di procedere allo sbarco immediatamente dopo ogni operazione di salvataggio, con riferimento ai requisiti di cui alle lettere c) e d) del decreto in oggetto, combinato con la previsione di luoghi sicuri che si trovano a diversi giorni di navigazione dalla posizione in cui è stato effettuato il salvataggio, ha come risultato quello di costringere le navi di soccorso, con a bordo persone già in situazione di vulnerabilità, a trascorrere una parte significativa del loro tempo nei trasferimenti, piuttosto che nelle aree del Mediterraneo centrale dove statisticamente è più probabile che avvengano naufragi. In assenza di uno sforzo statale italiano ed europeo per pattugliare quelle aree con mezzi navali pronti a intervenire in caso di pericolo, l'allontanamento forzato delle navi di soccorso delle ONG aumenta significativamente il rischio di perdita di vite umane in mare. Inoltre, le nuove paventate misure non possono essere giustificate dalla presunta necessità di garantire una più equa distribuzione delle persone in Italia. Ciò è ancora più evidente se si considera che questo obiettivo può essere facilmente raggiunto con mezzi meno invasivi e rischiosi, come i trasferimenti via terra, che negli anni passati hanno permesso di distribuire i nuovi arrivati.

Un'ulteriore riflessione concerne le responsabilità eccessive o ingiustificate del comandante della nave, sempre all'interno del requisito b) previsto dal comma 2-bis del decreto. Se le indagini di base da parte del comandante sulle persone soccorse possono essere necessarie e appropriate, quest'ultimo non dovrebbe essere incaricato di valutare le richieste di asilo e dovrebbe, invece, concentrarsi sulla consegna delle persone soccorse in luogo sicuro, il prima possibile e senza ritardi inutili, come stabilito dalle linee guida sul trattamento delle persone salvate in mare dell'Organizzazione Marittima Internazionale.

Il terzo aspetto fa riferimento alla lettera a) del comma 2-bis. Si tratta della reiterazione di obblighi preesistenti, come quello di operare in conformità con le autorizzazioni e le certificazioni delle autorità competenti, che potrebbe essere vista semplicemente come pleonastica, in realtà, accompagnata da sanzioni aggiuntive, discrimina negativamente le navi di soccorso delle ONG. A tale proposito ricordiamo che ostacolare il lavoro dei difensori dei diritti umani, quali sono i soccorritori delle ONG, in quanto forniscono assistenza salvavita, può significare per uno Stato la violazione dei suoi obblighi di protezione del diritto alla vita codificato in diversi strumenti internazionali, in particolare nell'articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e nell'articolo 2 della Convenzione europea sui diritti umani.

Inoltre, come sottolineato dalla Commissione europea, la criminalizzazione delle ONG o di qualsiasi altro attore non statale che effettua operazioni di ricerca e salvataggio in mare, pur rispettando il quadro giuridico pertinente, equivale a una violazione del diritto internazionale e, pertanto, non è consentita dal diritto dell'Unione europea.

Concludendo, Presidente, oltre alle argomentazioni e ai richiami di natura normativa, c'è un ultimo aspetto che voglio evidenziare. Nel corso del procedimento normativo si è accesa un'intensa polemica tra le forze parlamentari, poi sedata da un emendamento dei relatori, che destina una parte delle sanzioni amministrative ai porti e ai comuni che subiscono maggiormente l'afflusso dei migranti o che sono chiamati a gestire il flusso dei migranti. Noi riteniamo questa misura non sufficiente; andrebbe previsto un apposito capitolo di spesa, perché il costo che sopportano i comuni che si trovano a gestire i migranti è un costo economico eccessivo, consistente.

Faccio l'esempio della realtà che conosco meglio, che è quella di Lampedusa, che più volte abbiamo visitato e che seguiamo quotidianamente con grande attenzione. Nel corso degli ultimi anni, il comune di Lampedusa rischia anche il dissesto e, certamente, la gestione dei flussi migratori e non aiuta per le continue emergenze che, quotidianamente, è chiamato a svolgere l'ente locale. Per questo riteniamo, Presidente, che venga fatta giustizia da questo punto di vista e venga fatta una riserva sui fondi degli enti locali, venga assegnato un capitolo di spesa, affinché i comuni, che ogni giorno si misurano su questo fronte difficilissimo, abbiano almeno la possibilità di godere di un cospicuo e consistente ristoro economico, anche per garantire i servizi essenziali legati a quel comune, la riqualificazione delle infrastrutture, indispensabili per procedere in modo ordinato a questa gestione. Per tutte le ragioni esposte, Presidente, invitiamo la Camera a votare contro il testo oggetto del dibattito di oggi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza per la Commissione Trasporti, la deputata Ghirra.

FRANCESCA GHIRRA, Relatrice di minoranza per la IX Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, signor Sottosegretario, avremmo immaginato di trascorrere questi giorni, in queste ore, a parlare di come risolvere i tanti problemi del Paese: il caro energia, il caro bollette, il caro carburanti, la disoccupazione dilagante, il tema del lavoro precario e sottopagato, le tante, troppe morti sul lavoro, la sanità pubblica allo sfascio, la preoccupante dispersione scolastica, l'emergenza abitativa o le condizioni di povertà in cui versano tante e tanti cittadini. Siamo, invece, qui, oggi, ad esaminare il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2023, che contiene le norme in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi di organizzazioni non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare. Un testo indigeribile, che trasforma in norma dello Stato e, di fatto, istituzionalizza l'omissione di soccorso in mare, intimidendo le organizzazioni umanitarie, con il risultato di non comportare alcun impatto rilevante sul fenomeno migratorio, ma di produrre solo future, maggiori vittime in mare.

Dopo ore di audizioni e discussioni, ci troviamo ad esaminare l'ennesima norma bandiera di questo Governo, l'ennesimo decreto-legge che non presenta alcuna caratteristica di necessità e urgenza, ma solo un fortissimo carattere ideologico. Ancora una volta, il Governo ha scelto la decretazione di urgenza su un tema che poteva e doveva essere contenuto in un disegno di legge ordinario, ma non in questa maniera. Il decreto dovrebbe recare, infatti, disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori: sembrerebbe orientato verso il salvataggio delle vite in mare, un fine nobilissimo e indiscutibile, ma, in realtà, il senso più profondo alla base di questo intervento di urgenza è quello di rendere più complicate e meno efficaci le operazioni di soccorso realizzate in mare dalle ONG. È del tutto evidente che la denominazione è impropria e ambigua, del tutto fuorviante perché non riflette il reale contenuto delle sue disposizioni. Si tratta, infatti, di norme volte a fermare le navi umanitarie che salvano le vite nei nostri mari. “Contro la Costituzione, le ONG e i diritti umani: l'insostenibile fragilità del decreto-legge n. 1/2023” è il titolo che ha dato alle memorie per le Commissioni l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione. Anche la Fondazione Migrantes della CEI, vista la situazione della crescita di arrivi e salvataggi via mare di migranti provenienti da almeno 60 Paesi del mondo, molti dei quali in situazioni di guerra, conflitti interni, disastri ambientali, miseria e rischio della propria vita, si sarebbe aspettata nuovi impegni e nuove norme per la tutela e la protezione dei migranti salvati nel Mediterraneo. E, invece, siamo qui ad esaminare un decreto che, da una parte, ribadisce prassi già da molto tempo utilizzate e rispettate dalle diverse organizzazioni che si occupano del soccorso in mare, e, dall'altra, introduce regolamentazioni confuse e contraddittorie, chiedendo ai comandanti delle navi umanitarie di compiere operazioni che violano numerose convenzioni internazionali relative alla necessità di portare in salvo le persone.

Certamente, dopo le prime azioni dimostrative di chiusura dei porti, non ci saremmo aspettati da questo Governo niente di diverso. Data, infatti, 24 ottobre 2022 - 10 giorni dopo l'insediamento - la direttiva con cui il Ministro dell'Interno ha rifiutato l'indicazione di un porto di approdo a 2 navi che avevano prestato soccorso a persone straniere naufraghe nel Mediterraneo - la Ocean Viking e la Humanity 1 -, chiedendo agli Stati di bandiera - Norvegia e Germania - di assumersi la responsabilità di indicare loro il porto sicuro. Al 4 novembre 2022 risale il decreto con cui è stato vietato alle navi Geo Barents e Humanity 1 di sostare in acque italiane oltre il tempo necessario per far sbarcare le sole persone in precarie condizioni di salute. Tentativi risultati fallimentari, visto che, dopo l'imbarazzante autorizzazione selettiva allo sbarco per le sole persone qualificate come vulnerabili, tutta le navi umanitarie sono state fatte entrare nei porti italiani e tutte le persone fatte sbarcare. Tutte, perché volenti o nolenti, dovete rispettare anche voi gli obblighi internazionali che impongono di prestare soccorso a chiunque si trovi in condizioni di pericolo in mare e di condurre le persone soccorse in un luogo di sbarco sicuro. È questo, infatti, che prevede il diritto internazionale: proteggere e salvare vite in mare è un inderogabile imperativo umanitario, oltre che un obbligo giuridico, degli Stati, in virtù del diritto internazionale consuetudinario e convenzionale. Qualsiasi norma italiana in contrasto, direttamente o indirettamente, con tale obbligo o che renda più difficile o più onerosa l'attività di soccorso da parte di tutti i soggetti che possono prestare soccorso è, quindi, contraria agli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese e, pertanto, incostituzionale.

Il fatto che stiate trasformando anche questo decreto in una norma bandiera dal fortissimo carattere ideologico è evidente anche dalla rapidità con cui è stato portato all'attenzione dell'Aula: promulgato il 2 gennaio, arriva oggi modificato nella sostanza, nonostante le numerose audizioni svolte e nonostante gli oltre 200 emendamenti presentati per cercare di migliorare un testo che, oltre a presentare numerosi profili di illegittimità e incostituzionalità, denota una forte e disumanità e cinismo da parte di questo Governo e di questa maggioranza. Il decreto finge solamente di essere coerente con la normativa internazionale. Il nuovo comma 2-bis cita pedissequamente le norme che si devono rispettare a prescindere dall'indicazione del decreto, ma le viola di fatto nelle disposizioni che contiene dalla lettera a) alla lettera f). L'obiettivo del tutto evidente è uno solo: criminalizzare chi salva vite umane, rendere il soccorso in mare più difficile e inutilmente più complicata l'attività di salvataggio di naufraghi da parte delle navi umanitarie nel Mediterraneo.

Un testo subdolo, pregno di ipocrisia e menzogna. Non è sfuggito a nessuno che, nella relazione degli onorevoli Ziello e Raimondo, si sottolinea che il decreto ha l'obiettivo di assicurare l'incolumità delle persone recuperate in mare, quando abbiamo già visto, in questo primo mese di applicazione, come ostacoli e penalizzi le attività di soccorso: porti lontani, comuni impreparati, sofferenze che si aggiungono a sofferenze. La Convenzione SOLAS impone agli Stati di cooperare affinché i comandanti delle navi che hanno prestato soccorso imbarcando persone in pericolo in mare siano liberati dal loro impegno con la minima deviazione possibile dalla rotta originariamente prevista. Tuttavia, a fine 2022 e all'inizio di quest'anno, il Governo italiano ha iniziato a dare istruzioni alle navi delle ONG di sbarcare le persone nei porti del Centro e del Nord Italia, in particolare a Livorno, a Ravenna, ad Ancona o a La Spezia. Nello stesso periodo, le navi della Guardia costiera e della Guardia di finanza italiane impegnate nei salvataggi hanno continuato a ricevere istruzioni per lo sbarco in Sicilia e Calabria. La nuova prassi sembrerebbe, pertanto, applicarsi solo alle navi delle ONG. La combinazione del nuovo decreto-legge con la nuova prassi di prevedere porti di sbarco molto distanti dal luogo di salvataggio mette ulteriormente a rischio la tutela dei diritti delle persone soccorse in mare e dei soccorritori. L'obbligo di procedere allo sbarco immediatamente dopo ogni operazione di salvataggio combinato con la nuova prassi governativa di indicare porti per lo sbarco molto distanti dalla posizione in cui è stato effettuato il salvataggio ha come risultato quello di costringere le navi di soccorso a trascorrere una parte significativa del loro tempo nei trasferimenti piuttosto che nelle aree dove avvengono i naufragi. Capite bene che l'allontanamento forzato delle navi di soccorso delle ONG aumenta significativamente il rischio di perdita di vite in mare, contribuendo a rendere il Mediterraneo il più grande cimitero a cielo aperto d'Europa.

Il quadro normativo è tutto contenuto nell'articolo 1, che modifica e integra l'articolo 1 del decreto-legge n. 130 del 2020, al fine di specificare ulteriormente le condizioni di svolgimento delle operazioni di soccorso. Le lettere a), c) e d) sono, per certi versi, le più innocue, perché ripropongono disposizioni già esistenti, ma comunque è chiaro a tutti l'intento punitivo nei confronti delle navi che prestano soccorso in mare. Tutte le navi umanitarie rispettano i requisiti e possiedono le certificazioni statutarie previste per la classe assegnata dallo Stato di bandiera. Non solo in Italia non esiste un'autorizzazione, una abilitazione o criteri con cui debbano essere costruite ed equipaggiate le navi che svolgono soccorsi in mare alle persone, ma non sarebbe comunque pensabile imporre alle navi obblighi, anche documentali, oltre quelli previsti dallo Stato di bandiera e dalle convenzioni internazionali. La Convenzione UNCLOS è molto chiara, come lo è stata la sentenza della Corte di giustizia del 1° agosto 2022 che ha condannato l'Italia proprio su questo punto. L'attività di soccorso in mare, indipendentemente dal fatto che sia svolta in modo occasionale o sistematico, è un'attività perfettamente lecita, anzi è obbligatoria e non può essere sottoposta ad alcuna autorizzazione. Eventuali sanzioni saranno impugnate e causeranno al nostro Stato ulteriori contenziosi, oltre a enormi figuracce davanti a tutti gli Stati europei. È peraltro da sottolineare che il termine utilizzato nel decreto, cioè porto di sbarco, si discosta da quello utilizzato dai trattati internazionali che fanno invece riferimento a un luogo sicuro - place of safety - che deve essere individuato sulla base delle indicazioni fornite dalle linee guida IMO. Le ONG contattano già immediatamente i centri marittimi competenti per l'area marittima dove accade l'evento per avere indicazioni di un porto sicuro in cui far sbarcare le persone soccorse, salvo che tale indicazione provenga dalla Libia, Stato che viola i diritti umani e che non può essere considerato, evidentemente, un luogo sicuro.

Le attuali modalità di assegnazione del porto di sbarco sono assurde. Nuovi problemi e difficoltà si aggiungono alla già terribile situazione di soccorritori e naufraghi. Persone che arrivano da situazioni drammatiche e da atroci sofferenze sono costrette a permanere in mare, ritardando il loro approdo a terra. Ma questo non vi basta. È proprio di ieri la notizia che i minori fatti sbarcare a La Spezia, dopo giorni di inutile navigazione supplementare, sono stati portati a Foggia, in autobus, a 800 chilometri di distanza; quale sia il senso di tutto questo è davvero incomprensibile. Vi abbiamo proposto di individuare modalità chiare di assegnazione del porto, che sia vicino e sicuro, ma vi siete rifiutati di accogliere i nostri suggerimenti.

Neanche la lettera e) prevede alcunché di nuovo. Le navi umanitarie forniscono sempre informative precise sulle operazioni di soccorso. La vostra strategia è fallimentare: anziché supportare le ONG, che solo lo scorso anno hanno salvato la vita a 14.000 naufraghi, le criminalizzate. Volete far passare il messaggio che chi salva le persone in mare è complice dalla tratta, agisce in maniera criminale, diventa un pull factor, come se i fenomeni migratori in atto fossero determinati dalla presenza delle ONG nel Mediterraneo; che assurdità! Nessuna evidenza di indagini risulta coronata da condanne, nessun rapporto illecito è emerso fra ONG e trafficanti, a differenza di quanto ha affermato il Ministro dell'Interno. È ampiamente dimostrato che non è la presenza nel Canale di Sicilia delle navi ONG a determinare le partenze dalla Libia. Il vero e unico pull factor è rappresentato dalla necessità di fuggire in ogni modo dai documentati orrori dalle carceri libiche, dalla guerra, dalla fame, tutto ciò aggiunto alle condizioni favorevoli del mare e alla vicinanza geografica con le sponde europee. Ciò che spinge le persone a partire non si risolve con la creazione di hotspot in Africa o con l'innalzamento di muri, ma con aiuti umanitari, canali migratori legali e sicuri e investimenti sostenibili e durevoli di cooperazione internazionale che abbiano l'obiettivo di un reale sviluppo umano, sociale ed economico delle comunità locali, non con il contenimento della migrazione.

Questo decreto è la massima espressione di un approccio erosivo dei diritti umani e ha un carattere discriminatorio, minando unicamente il lavoro delle ONG, che dovrebbe essere considerato una risorsa e non certo una minaccia.

Le disposizioni di cui alle lettere b), d) e f) contengono i veri obiettivi del decreto-legge, ovvero impedire l'approdo in Italia delle persone salvate dai naufragi e, conseguentemente, impedire che l'Italia diventi lo Stato competente all'esame delle domande di protezione internazionale. La norma prevede che debbono essere avviate tempestivamente iniziative volte a informare le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità, ma tali iniziative non possono essere attribuite ai comandati di una nave battente bandiera di un altro Stato. I poteri e doveri sono indicati dalla legge nazionale di quello Stato. Lo Stato italiano, quindi, non può imporre competenze non previste dall'ordinamento dello Stato di bandiera. Ogni Stato nomina specifiche autorità competenti all'esame delle domande di protezione internazionale e alla trattazione dei casi soggetti al Regolamento di Dublino per rifiutare l'ingresso nell'ambito delle procedure dell'esame di frontiera. L'Italia ha nominato le proprie autorità con il decreto legislativo del 2008, ma sappiamo che la specifica preparazione delle varie autorità competenti in materia di protezione internazionale non appartiene certamente a chi comanda una nave, a cui dunque non può essere affidata la ricezione di domande di protezione internazionale, che richiedono il rispetto di procedure precise. Anche con riferimento alle navi battenti bandiera italiana, peraltro, il comandante esercita esclusivamente le funzioni di pubblico ufficiale solo con riguardo ad atti di stato civile e per la ricezione di testamenti, non certo per le procedure previste da questo decreto. L'obbligo di soccorso delle persone in mare in condizioni di pericolo prescinde oggettivamente dalla qualificazione giuridica soggettiva di ognuna di loro. Le operazioni devono essere svolte a terra solo una volta che i naufraghi sono stati messi in salvo, come previsto dalle norme e come sancito categoricamente dalla sentenza della Corte di cassazione n. 6626 del 2020 - il famoso caso Rackete -, per la quale non può essere qualificato luogo sicuro, per evidente mancanza di tale presupposto, una nave in mare che, oltre a essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse.

Ulteriore assurdità del decreto è che il porto di sbarco sia raggiunto senza ritardo per il completamento dell'intervento di soccorso, lasciando intendere un divieto di salvataggi multipli; pretesa che non potrà mai avverarsi perché, nel momento in cui il comandante della nave che ha già prestato un primo soccorso venga a conoscenza di un'ulteriore situazione di pericolo, dovrà sempre dirigersi verso la zona e prestare assistenza, in ossequio all'obbligo inderogabile di soccorso previsto dal diritto internazionale, consuetudinario e pattizio, e dal diritto interno. Fatte salve le valutazioni tecniche sui rischi per la sicurezza della nave nello svolgere le operazioni di soccorso, non ci può essere alcun margine di scelta da parte del comandante di qualsiasi nave nell'effettuare anche diversi soccorsi qualora, nel corso della propria navigazione, intercetti più situazioni di pericolo e altre navi che portano le persone soccorse in un porto sicuro non siano in grado di intervenire, né le autorità italiane possono ordinare al comandante della nave che intercetti tali situazioni di pericolo di non effettuare il soccorso, salvo incorrere nella commissione di gravi reati. I trattati internazionali non prevedono un obbligo di raggiungere tempestivamente un porto, ma solo quello di prestare soccorso, che si conclude nel momento in cui le persone salvate sono fatte sbarcare in un luogo sicuro.

Per quanto riguarda le sanzioni previste dal nuovo comma 2-ter, sarebbe opportuno limitare la discrezionalità amministrativa. Suscitano non pochi dubbi i criteri e i modi con cui individuare l'organo accertatore dell'infrazione e il prefetto competente a irrogare le sanzioni amministrative, oltre alla graduazione dell'entità delle sanzioni, i criteri, i tempi e i modi previsti. Aver spostato poi le competenze dai giudici ai prefetti è piuttosto significativo. Non sfugge ad alcuno che, teoricamente, una sanzione amministrativa ha un livello di gravità inferiore a una sanzione di carattere penale, ma, allo stesso modo, non sfugge ad alcuno che le sanzioni amministrative saranno comminate dai prefetti, che sono i rappresentanti del Governo sui territori; non sfugge ad alcuno, quindi, la volontà di escludere la terzietà della magistratura nel giudicare le vicende legate ai flussi migratori, alla loro gestione e agli sbarchi, affidandola invece a organismi che rispondono anche politicamente al Governo.

Chi conosce i numeri e le dinamiche che regolano il mondo del soccorso non può avere dubbi: le misure previste dal decreto appena entrato in vigore limiteranno l'operatività delle ONG, aumentando il rischio di nuove tragedie in mare.

Nel 2022, il numero di morti e dispersi nel Mediterraneo è stato di circa 2.000 persone. Negli ultimi dieci anni, il bilancio di morte supera le 25.000 persone, tra cui moltissime donne e bambini. Il Mediterraneo si è trasformato nel più grande cimitero di Europa. Dovremmo lavorare insieme per fermare questa strage.

Concludo, Presidente. Al fine di affrontare i problemi delle migrazioni dal Mediterraneo e della tutela dei richiedenti asilo, il decreto non ha alcun valore aggiunto, anzi, peggiora la situazione in ordine all'obbligo del salvataggio in mare dei migranti, alla loro tutela e protezione, generando ulteriori pericoli.

Il decreto contiene disposizioni che non potranno far cessare né i gravi motivi, che inducono le persone a fuggire in mare dallo Stato di origine o di transito, né le operazioni di soccorso umanitario imposte dal diritto internazionale. La maggior parte delle norme sono già applicate, come abbiamo visto, mentre altre sono inapplicabili per contrasto con il diritto internazionale ed europeo. Le disposizioni urgenti che il nostro Parlamento dovrebbe affrontare non dovrebbero riguardare la limitazione della presenza delle ONG in mare, ma, piuttosto, una sostanziale riforma del sistema di accesso e di accoglienza che ponga al centro la tutela della vita, i diritti umani e l'inclusione dei migranti.

Per questo, come gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, vi invitiamo, ancora una volta, a non convertire in legge questo decreto e a ragionare insieme su nuove modalità di gestione dei flussi migratori e del sistema di accoglienza del nostro Paese, invito condiviso dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, proprio questa mattina (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Colleghi, salutiamo i docenti e gli studenti del liceo artistico De Ruggieri, di Massafra, che, oggi, assistono ai nostri lavori. Benvenuti alla Camera dei deputati (Applausi).

Chiedo al rappresentante del Governo, sottosegretario Molteni, se intenda intervenire: rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Caroppo. Ne ha facoltà.

ANDREA CAROPPO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, come capogruppo di Forza Italia in Commissione trasporti, ho seguito l'esame di questo provvedimento nelle Commissioni riunite I e IX. Prima di entrare nel merito tecnico e politico di questo decreto, voglio ringraziare il sottosegretario Molteni, i presidenti Pagano e Deidda, e i relatori, onorevoli Ziello e Raimondo, per l'equilibrio e l'imparzialità con cui hanno svolto il proprio ruolo in tutte queste fasi.

Il tema dell'immigrazione è, purtroppo, un tema politico di grandissima sensibilità non solo in Italia, ma in tutti i Paesi europei. È per questo che, nelle legislature passate, si sono verificati frequenti confronti, ma molto più spesso scontri, sull'esame dei numerosi decreti-legge che si sono avvicendati sul tema immigrazione.

In questo caso, non è accaduto. C'è stato un lungo dibattito in Commissione con le opposizioni che hanno utilizzato i tempi previsti dal Regolamento per manifestare le proprie posizioni, ma il tutto è ampiamente rimasto all'interno del perimetro di un sano confronto democratico. E se ciò è avvenuto, è dovuto al fatto che non ci sono state forzature.

Nel sottolineare la rilevanza politica del tema immigrazione, ho utilizzato volutamente la parola “purtroppo”. I flussi dei migranti non sono altro che centinaia di migliaia di donne e uomini che, a un certo punto della loro vita, decidono di abbandonare la loro casa, il loro Paese, intraprendendo un viaggio lunghissimo, pericoloso, per fuggire da una guerra, per fuggire da una dittatura o per fuggire dalla miseria economica, dalla carestia e dalla fame. Tutto questo nessuno lo nega e nessuno lo può negare. Allo stesso tempo, però, c'è un altro aspetto dei flussi migratori che è, altrettanto, oggettivo, è l'altra faccia della medaglia: se il cuore ci dice di tendere la mano a qualsiasi essere umano che chiede aiuto, la ragione ci impone di prevedere regole precise per decidere chi, con quali modalità, in che numero e per quanto tempo può arrivare nel nostro Paese. Lo sappiamo tutti, perché lo abbiamo visto alla prova dei fatti, che consentire ingressi facili ha un effetto moltiplicatore su nuove partenze verso le nostre coste. Consentire a chiunque di approdare in Italia significa mettere in fortissima crisi i territori rivieraschi di prima accoglienza e, in particolare, alcune realtà del Sud d'Italia, da decenni sotto una pressione ormai insostenibile.

Forza Italia, sul tema immigrazione, non è mai stata ipocrita, non ha mai recitato a soggetto, a seconda del fatto che si trovasse al Governo o all'opposizione. È stato il presidente Silvio Berlusconi a parlare, in tempi non sospetti, di un Piano Marshall per l'Africa, come strumento per intervenire alla radice sulle grandi immigrazioni. È stato il Governo Berlusconi che stipulò accordi con i Paesi del Nordafrica e, in particolare, con la Libia, in un'ottica di cooperazione più ampia per proteggere le nostre coste; operazione politica, all'epoca, criticatissima, salvo poi, a distanza di anni, essere sostanzialmente ripercorsa, in maniera pressoché identica, dall'allora Ministro Marco Minniti.

Nella scorsa legislatura, furono varati ben tre decreti sull'immigrazione e sugli sbarchi, due dal Governo Conte 1 e l'altro sempre da un Governo presieduto dall'onorevole Conte, il quale, però, per tutelare la sua permanenza a Palazzo Chigi e quella del MoVimento 5 Stelle al Governo, si rimangiò tutto, stravolgendo completamente le norme varate pochi mesi prima con la sua stessa prima firma in calce. Forza Italia non ha mai cambiato idea, non ha mai modificato la sua posizione. Dall'opposizione, votammo i decreti immigrazione del “Conte 1” e ci opponemmo a quelli del “Conte 2”.

Oggi, siamo ancora qua, fermi nella nostra convinzione che guarda all'interesse dell'Italia e dei suoi cittadini. Cosa dice, in sostanza, questo decreto? In realtà, il perimetro del suo intervento è molto limitato, segno che, al contrario di quanto qualcuno afferma, non si è voluto dar vita a un'opera di propaganda, bensì risolvere un problema specifico e concreto che riguarda le modalità di soccorso in mare. Se avessimo voluto fare propaganda, se il Governo avesse voluto fare propaganda, saremmo potuti intervenire su moltissimi temi che avrebbero rubato l'occhio e aumentato i consensi. Invece, questo decreto si limita ad indicare una serie di condizioni ben specifiche, al ricorrere delle quali non si può negare l'attracco ad una nave che trasporta naufraghi soccorsi in mare.

Si è detto politicamente che si è voluto mettere i bastoni tra le ruote delle ONG. Allora, vediamole le condizioni che sono state poste dal decreto: 1) la nave che effettua attività di soccorso in mare deve operare secondo certificazioni e documenti rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di bandiera (detto in maniera più semplice: deve essere una nave sicura che lo Stato di bandiera riconosce idoneo alla navigazione); 2) chi soccorre i naufraghi deve mettere a disposizione delle autorità, alle quali richiede lo sbarco, una serie di informazioni sulle persone che trasporta; 3) se salvi qualcuno, in quel momento, devi chiedere al porto più vicino la possibilità di sbarcare e non vai in giro, per qualche giorno, perché, invece che a Malta, vuoi venire in Italia; 4) nel momento in cui ti indicano il porto di sbarco, ti dirigi velocemente, proprio perché, a bordo, hai persone che soffrono; 5) dalle autorità per la ricerca e il soccorso in mare italiane, ovvero, nel caso di assegnazione del porto di sbarco, alle autorità di pubblica sicurezza devono essere fornite le informazioni richieste. ai fini dell'acquisizione di elementi relativi alla ricostruzione dettagliata delle operazioni di soccorso; 6) le modalità di ricerca e soccorso in mare da parte della nave non devono aver concorso a creare situazioni di pericolo a bordo, né impedire di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco.

Si tratta di una serie di misure ragionevoli, che vogliono, ad un tempo, tutelare le persone soccorse e tutelare l'Italia da operazioni illegali.

Sia chiaro: Forza Italia è, da sempre, un partito garantista a 360 gradi. Ci guardiamo bene dal puntare, soprattutto, dal criminalizzare tutte le ONG; al tempo stesso, però - ed è un dato di fatto -, ci sono ONG che operano in maniera ambigua e al di fuori delle regole. Il faro nei confronti di queste organizzazioni non si acceso solo in Italia, ma anche in molti Paesi d'Europa. La sigla ONG non è, di per sé, garanzia di legalità e, se volessi strumentalizzare, mi basterebbe dire che l'esempio lo si sta vedendo con quello che accade a Bruxelles, dove si presume un'opera di corruzione, che sembrerebbe girare attorno nascosta dietro esattamente una sigla ONG.

Non è, quindi, un'invenzione che, intorno al sistema immigrazione in Italia, sia stato creato un vero e proprio business, in cui ci sono associazioni e cooperative che si sono arricchite sulla pelle di quei migranti che dicevano di voler tutelare. E non c'è peggior crudeltà, colleghi, del falso buonismo o, peggio ancora, della solidarietà di interesse. Forza Italia non è ipocrita, ha il coraggio di dire quello che pensa e, quando è al Governo, di fare quello che aveva promesso. È per questo che abbiamo sostenuto con convinzione questo decreto ed è per questo che oggi noi possiamo dire di essere sulle stesse identiche posizioni del 2018, un lusso che non tutti possono permettersi in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Maria Stefania Marino. Ne ha facoltà.

MARIA STEFANIA MARINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Cari colleghi, oggi mi sono chiesta come mai, da quando sono qui, questa è la terza volta che sento la necessità di intervenire per ricordare a tutti i diritti umani. Per la terza volta, mi tocca citare la CEDU. Per la quarta, devo ricordare le raccomandazioni delle istituzioni europee di più alto rango. Ho perso il conto di quante volte mi sia toccato intervenire sui miei canali, sui social, su questioni importanti come l'aborto, trattamenti disumani in carcere e diritti umani di altro tipo che puntualmente venivano negati o, peggio, violati da dichiarazioni dei colleghi delle vostre file. Avevo sperato di poter discutere con voi di diritti umani in modo propositivo. Avevo pensato che potessimo avere l'interesse congiunto di riformare il nostro ordinamento, con lo scopo di migliorare la tutela. Invece, sono dovuta intervenire nel tentativo di impedirvi di eliminare diritti già esistenti o per discutere di quanto sia vergognoso pensare che nel 2022 si debba fare marcia indietro su questioni così delicate. Certo, considerato quanto abbiamo sentito in questi giorni in Aula, non abbiamo di che meravigliarci, anche se, devo dire, rimango sempre interdetta.

Andando al punto centrale della questione, per quanto riguarda questo intervento, oggi siamo chiamati a votare una riforma abominevole, tanto quanto la prima, firmata dall'oggi Ministro Piantedosi. Infatti, tra le altre cose, mi tocca ricordare al Ministro che i primi interventi di questo tenore, i decreti Sicurezza da lui stilati, e fatti votare dall'allora Ministro dell'Interno Matteo Salvini, furono bocciati dalla nostra Corte costituzionale, mentre la riforma di cui ci stiamo occupando oggi, giusto ieri ha ricevuto un fortissimo parere negativo da parte del Consiglio d'Europa che ha fatto notare l'inaccettabile violazione, da parte di questo decreto, della CEDU e di varie Convenzioni internazionali.

Tra le disposizioni più assurde di questo decreto troviamo che le ONG di bandiera dovrebbero richiedere ai migranti quale sia lo Stato in cui hanno intenzione di richiedere la protezione internazionale: previsione del tutto inutile, considerato che la Convenzione di Dublino prevede che il migrante abbia sempre, una volta sbarcato in Italia, la possibilità di presentare un'istanza di protezione alle autorità italiane, indipendentemente da qualunque circostanza, o quasi. Ma non è tutto. Nonostante il Ministro Piantedosi ci abbia tenuto a sottolineare in diretta TV che questo decreto non comporterà lo sbarco di migranti nei porti del Nord ed il successivo trasferimento degli stessi al Sud, i fatti dimostrano il contrario. Infatti, i migranti sbarcati a La Spezia il giorno 29 febbraio sono stati spostati con pullman a Foggia su ordine del Ministro stesso, con i maggiori costi che questo comporta. Insomma, come è vostra consuetudine, anche questa volta ci avete tenuto a condire l'entrata in vigore di questo decreto con le consuete fake news sbandierate ai quattro venti, salvo poi smentirvi da soli con i fatti a pochi giorni dalle dichiarazioni stesse.

Inoltre, devo concordare con il Consiglio europeo che ha definito questo decreto intimidatorio nei confronti di chi, invece, attraverso le ONG, realizza attività senza le quali oggi avremmo centinaia, se non migliaia, di morti in più nei nostri mari: uomini donne e bambini che, se le ONG non svolgessero il lavoro che svolgono, non avrebbero avuto alcuna speranza di vita. Dopo l'infinita campagna di delegittimazione che avete condotto contro queste organizzazioni, oggi provate a impedirne il funzionamento, gravandole di oneri enormi e obbligandole ad agire nel rispetto di regole arbitrarie per nulla chiare e contrarie a numerosissime Convenzioni internazionali di cui siamo firmatari. In ogni caso, non ho intenzione di proseguire questa discussione - che pure potrebbe essere infinita, come già i miei colleghi hanno precedentemente e abbondantemente spiegato - sugli argomenti tecnici del decreto oggetto di discussione. Preferisco, invece, focalizzarmi su aspetti umanitari, morali ed etici. Molti colleghi hanno, in campagna elettorale, urlato di essere cristiani e cattolici, in tutte le piazze d'Italia e d'Europa, piagnucolando in TV per il mantenimento del crocifisso nelle aule scolastiche. Siete andati in trasmissioni televisive di approfondimento giornalistico a recitare preghiere. Ora mi chiedo dove sia finita quella cristianità tanto sbandierata. Mi chiedo se teniate ancora il crocifisso in mano, mentre affrontate discussioni che hanno ad oggetto il vostro tentativo di obbligare l'organizzazione a scegliere chi salvare e chi no. Perché - sì - con questo decreto state chiedendo alle ONG di scegliere chi salvare e chi no. In sostanza, è come se iniziassimo a chiedere agli automobilisti coinvolti in un incidente stradale di salvare soltanto metà delle persone coinvolte, lasciando morire le altre. Lo capite da soli, è l'assurdità del decreto. Sapete, colleghi, non credo che una visione cattolica del mondo potrebbe mai consentire questo tipo di comportamento. Non sono un prete, ma non credo che il vostro Dio vi perdonerebbe mai per questo. Insomma, in una situazione del genere, discutere di cosa è consentito e di cosa non lo è, sulla base di Convenzioni internazionali e normative interne, è inutile, perché basterebbe applicare solo un briciolo di umanità per comprendere che quanto avete previsto da questo decreto è aberrante.

Anche oggi la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatović, invita il Governo a prendere in considerazione il ritiro o la revisione del primo decreto dell'anno, cioè questo. A giudizio della commissaria, le disposizioni del decreto potrebbero ostacolare le operazioni di ricerca e di soccorso delle ONG e quindi essere in contrasto con gli obblighi dell'Italia, così come disposto dal diritto internazionale per i diritti umani. Mi auguro e auspico che voi non convertiate questo decreto in legge, perché è veramente aberrante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Baldelli. Ne ha facoltà.

ANTONIO BALDELLI (FDI). Illustrissimo signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole membro del Governo, intervengo in quest'Aula provando insieme a voi il forte senso di responsabilità che comporta la gestione del fenomeno immigrazione. Fra i compiti di questa nostra Istituzione vi è sicuramente quello di costruire un orizzonte di tutela e sicurezza per i migranti e anche un orizzonte di accoglienza e speranza per coloro che possiedono i requisiti di rifugiato. Al contempo, sussiste il dovere precipuo di ogni Governo e di ogni parlamentare di garantire la sicurezza della Nazione, il rispetto della legalità e del diritto internazionale, di perseguire gli interessi nazionali.

In questa precisa ottica, ossia contemperando tali compiti e tali doveri, va ad inserirsi il decreto-legge n. 1 del 2023 che oggi siamo chiamati a convertire in legge. Un decreto che riguarda anche la disciplina dell'attività nel Mediterraneo delle navi delle organizzazioni non governative. Un provvedimento che va a regolamentare una realtà che non aveva una propria specifica disciplina e che, al contempo, consente di ridurre, diversamente da quello che qualcuno tenta strumentalmente di far credere, i tempi per l'assegnazione di un porto sicuro, rendendo le procedure più agili e trasparenti. Le Convenzioni internazionali sulla sicurezza in mare risalenti agli anni Settanta sono nate con l'esigenza di disciplinare uniformemente, tra Stati, il soccorso in mare, a seguito di situazioni accidentali di pericolo. Non sono nate con lo scopo di disciplinare il fenomeno dell'immigrazione clandestina via mare, non sono nate con lo scopo di combattere i trafficanti di uomini, né con quello di disciplinare l'attività delle navi ONG che, al tempo, nemmeno esistevano. Diversamente dalle esigenze che sussistevano al tempo, oggi ci troviamo a dover affrontare nuove tipologie di pericoli in mare, nuove condotte e mutate realtà.

Vi sono nuove realtà, come quelle delle ONG operanti nel Mediterraneo, e nuovi pericoli, come quelli per l'incolumità dei migranti, causati scientemente dalle condotte dei trafficanti di uomini, da organizzazioni criminali senza scrupoli che non possono continuare a dettare legge in mare, né possono rimanere impunite. È nostro dovere combattere i trafficanti di uomini e togliere loro ogni supporto, anche involontario. Non è più possibile indulgere di fronte a gravi forme di illegalità. Non dimentichiamolo: sono gli scafisti, non altri, a mettere ogni giorno in pericolo le vite di donne, uomini e bambini. Ciò detto, occorre anche prendere in esame con obiettività la condotta di tutti gli attori in campo, dunque anche la condotta delle ONG. Su tale materia occorre abbandonare una visione manichea, che vede contrapposti, da una parte, i detrattori delle ONG sempre e comunque, dall'altra, coloro che invece ne esaltano la presenza in maniera acritica, magari chiudendo gli occhi sulla realtà e arrivando persino ad attaccare quei PM e quei giudici che conducono indagini sulle attività delle ONG nel Mediterraneo, a fronte di precise intercettazioni, testimonianze, rilevazioni satellitari e video.

Dobbiamo rilevare senza ipocrisia come gli stazionamenti in mare delle navi ONG rappresentino uno dei fattori di attrazione, i cosiddetti pull factor, per i migranti che dalla Libia cercano di raggiungere l'Italia. È di altrettanta palmare evidenza come gli scafisti che operano sulla rotta libica si facciano ancor meno scrupoli ad abbandonare i migranti in mare, quando sanno che le navi ONG stazionano stabilmente proprio su quella rotta. E dalla Libia proviene il flusso più consistente di migranti verso l'Italia, oltre il 50 per cento degli arrivi complessivi. Di fronte a tale fenomeno, come si può pensare di rimanere inerti? Così, con questo decreto, il porto sicuro, il place of safety, viene assegnato immediatamente, diviene subito certezza, incidendo in modo significativo sulla qualità della vita a bordo e assicurando ai naufraghi di approdare con sicurezza nel luogo assegnato. Anche il Corpo delle capitanerie di porto e della Guardia costiera - come si legge nella recente relazione depositata alle Commissioni trasporti e affari costituzionali - ha confermato di aver sovente dovuto affrontare il problema dell'incertezza delle destinazioni finali, causa di forti criticità anche a bordo. Il decreto in questione mira poi a bloccare il fenomeno dei traghetti del Mediterraneo, ossia di coloro che credono di poter fare da spola tra l'Italia e gli scafisti. Nostro dovere, infatti, è quello di combattere, non di agevolare, le crudeli speculazioni compiute sulla pelle di persone disperate. Il dibattito di quest'Aula non può continuare ad ignorarlo: il Parlamento deve tornare a confrontarsi sul merito, sui fatti e sui dati, non sugli slogan, slogan da dare in pasto magari ai mezzi di informazione per ricavare un titolo ad effetto, per speculare politicamente, ma del tutto inutili a risolvere i problemi. D'altronde, per alcuni contano più gli slogan: sono facili da pronunciare, non comportano lo sforzo di approfondire e nemmeno quello di affrontare un dibattito e un confronto che può essere così evitato o troncato, accusando l'avversario politico di razzismo o di disumanità. A fianco di coloro che usano gli slogan, ci sono poi quelli che farisaicamente adottano una diversa linea, a seconda dell'opportunità politica del momento. Fra costoro, iscriviamo sicuramente il MoVimento 5 Stelle e l'onorevole Conte che, quando era Presidente del Consiglio, firmava i decreti Sicurezza, salvo poi, qualche mese più tardi, prenderne le distanze, prendere le distanze dalle stesse decisioni del proprio Governo e affermare, di fronte ai giudici, di non avere piena memoria dei fatti e di non poter quindi dare risposte precise in merito. D'altronde, è lo stesso comportamento adottato da un altro Ministro dell'allora Governo pentastellato, il Ministro Toninelli che, di fronte ai giudici di Catania, ha pronunciato oltre 40 “non ricordo” e, alla domanda dell'avvocato Bongiorno, che chiedeva se il divieto d'ingresso nelle nostre acque territoriali di Open Arms portasse anche la sua firma, ha avuto l'impudenza di rispondere: “Se ho firmato, sì, ma non ricordo il contesto”.

Questa, signor Presidente e onorevoli colleghi, non solo è assenza di responsabilità, ma è una vera e propria fuga dalla responsabilità, con cui alcuni esponenti di recenti Governi hanno gestito il problema immigrazione, una questione che riguarda la sicurezza, l'economia, l'ordine pubblico e persino la coesione sociale della nostra Nazione. Dunque, alle braccia aperte di Open Arms, affianchiamo occhi vigili e attenti, per non continuare ad essere complici indiretti di trafficanti di esseri umani che lucrano sulla pelle degli indifesi e che sguazzano nelle incertezze e nelle titubanze di chi, al contrario, dovrebbe agire con fermezza contro il loro continuo delinquere. Che vi sia un alone grigio attorno alle attività, all'operato e al finanziamento di alcune - ripeto: non tutte - ONG, è un dato di fatto che non può essere ignorato, né contestato, una realtà messa in luce anche da inchieste giudiziarie e giornalistiche anche recentissime. Di fronte a ciò, occorre stigmatizzare quella politica che non vuole compiere alcun distinguo tra ONG che davvero tutelano i diritti umani e ONG che invece fanno altro. Occorre prendere le distanze da una certa politica che chiude gli occhi di fronte all'evidenza e magari - come già detto - arriva a considerare nemici dei diritti umani i magistrati che indagano sull'operato di alcune ONG nel Mediterraneo. Occorre voltare pagina rispetto alla politica di chi, per decenni, ha avallato e promosso politiche irresponsabili di fronte all'emergenza immigrazione o si è dimostrato non all'altezza di affrontarla. Si pensi da ultimo all'ex Ministro Lamorgese, la cui gestione - per usare un eufemismo - è stata disastrosa: hotspot al collasso, sbarchi quotidiani, Forze dell'ordine allo stremo, un crescente clima di insicurezza. Questa la triste e impietosa eredità che ci ha lasciato il precedente Governo. Al contrario di quanto accaduto in passato, la linea del Governo Meloni è chiara: combattere il traffico di esseri umani, arrestare gli ingressi illegali, contrastare le morti in mare.

È notizia proprio di martedì scorso che nella mia regione, le Marche, il cui nome stesso deriva da “marca”, ossia terra di confine, sempre aperta all'accoglienza, dall'Albania al Kosovo e oggi all'Ucraina, la Direzione distrettuale antimafia di Ancona, nell'ambito dell'operazione «Wet shoes», ha arrestato una banda per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia. L'organizzazione criminale gli offriva supporto logistico e coperture per ottenere la documentazione necessaria a favorire lo sbarco clandestino di migranti sulle coste siciliane. Ma vi è di più: è stato riscontrato che, tra gli stranieri intenzionati a raggiungere l'Italia, vi fossero soggetti contigui a circuiti terroristici. Dunque, non dobbiamo più in alcun modo continuare a favorire le reti e le attività criminali dei trafficanti di esseri umani e persino del terrorismo. Occorre anche sottolineare che il decreto ONG non mette in nessun modo in difficoltà le operazioni di ricerca e soccorso dei migranti nel Mediterraneo ma - come già osservato - serve a scrivere regole, che prima non c'erano, anche nell'interesse degli stessi migranti a bordo.

Per rispondere ad alcune delle pretestuose polemiche delle opposizioni, riprendiamo le parole del contrammiraglio Giuseppe Aulicino che, nel corso della sua audizione, rispondendo alle domande dei commissari, ha affermato che il decreto ONG non vieta nemmeno i salvataggi multipli. Tra virgolette: “se lungo la rotta la nave ONG incontra situazioni di pericolo, può intervenire per salvare vite”. L'alto ufficiale ha anche smentito che la normativa internazionale parli esplicitamente di porto più vicino, perché la norma sul porto più vicino riguarda i mercantili commerciali, non le navi ONG. Le navi mercantili hanno infatti una rotta pianificata, e in tal caso lo Stato che coordina il soccorso deve dare al mercantile un porto che consenta alla nave stessa di deviare il meno possibile dalla sua rotta pianificata.

È anche doveroso sottolineare come sia la stessa attività delle ONG a richiedere un intervento normativo dello Stato italiano, considerato che l'Italia non ha alcun obbligo previsto dal diritto internazionale marittimo di riscontrare la richiesta di POS proveniente da navi mercantili o ONG battenti bandiera straniera che svolgono stabilmente attività di soccorso fuori dalla regione SAR italiana e in assenza di coordinamento da parte dell'Italia. L'affermazione non proviene, caro collega, da questo deputato di Fratelli d'Italia, ma si trova nella relazione del Comando generale delle capitanerie di porto.

Relazione che prosegue specificando: l'individuazione del POS dovrebbe essere effettuata dallo Stato competente per la regione SAR in cui sono state soccorse le persone in cooperazione, insieme allo Stato di bandiera dell'unità navale. Anche di fronte a questi asserti, cadono in frantumi tutte le strumentali polemiche delle opposizioni, che, ormai è chiaro a tutti gli italiani, cercano solamente di ostacolare il lavoro e i provvedimenti di questo nuovo Governo. Un lavoro svolto nell'interesse esclusivo della Nazione, nel rispetto del diritto internazionale, del diritto del mare e della nostra Costituzione italiana. Pertanto, se qualcuno decide di non rispettare le regole, se qualcuno vuole continuare a operare in maniera poco trasparente, rifiutandosi persino di collaborare con le autorità preposte, è giusto che vengano previste e applicate sanzioni anche severe. È arrivato il momento di invertire la rotta, è arrivato il momento di restituire alla politica il proprio ruolo e alle persone la loro dignità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, Presidente. Da bravo ambientalista, ammiro sempre coloro che prendono esempio dalla natura, perché la natura spesso ci è maestra, però vorrei consigliare ai colleghi della maggioranza di non prendere ad esempio lo struzzo, che è quell'animale che, per non vedere la realtà che gli sta intorno, mette la testa sotto terra (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché dopo una serie di audizioni importanti - ringrazio i presidenti che ci hanno consentito di ascoltare i veri esperti, i costituzionalisti, le associazioni, tutti coloro che si occupano di questo problema in modo serio, professionale, che ci hanno detto in modo chiaro, evidente, quali sono i limiti di questo decreto, la sua incostituzionalità, la sua chiara volontà di ostacolare il soccorso in mare da parte delle navi delle ONG - è arrivata anche questa mattina una lettera al Ministro Piantedosi della commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa Dunja Mijatović, che chiede il ritiro del decreto. Non lo chiedono soltanto le associazioni, non lo chiedono soltanto le opposizioni a questo Governo.

Lo chiede anche il Consiglio d'Europa, spiegando chiaramente cose che sono evidenti a tutti, e cioè che il testo non è conforme agli obblighi in materia di diritti umani e di diritto internazionale che il nostro Paese ha contratto; che l'idea di mandare una nave in un porto sicuro, che è lontano centinaia di chilometri, non è conforme all'idea del posto sicuro, cioè di quel porto che deve dare soccorso a coloro che sono stati salvati in mare. Fino ad arrivare all'assurdità che è accaduta nella giornata di ieri, quando la nave di Medici senza frontiere, che ha impiegato giorni per arrivare al porto di La Spezia, una volta arrivata lì, le è stato assegnato il posto di Foggia, 800 chilometri più a Sud.

È una vergogna, è una vergogna della quale voi vi dovete fare carico (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra), perché è evidente la volontà di non procedere al salvataggio in mare delle persone che stanno annegando.

Allora, oggi, a distanza di 117 anni, voglio ricordarvi la tragedia del piroscafo Sirio, quando i migranti eravamo noi. Era il 4 agosto del 1906 quando il piroscafo Sirio, 120 metri di lunghezza e 12 di larghezza, si inabissò nel mar Mediterraneo, al largo delle coste spagnole di Capo Palos. A bordo c'erano almeno un migliaio di persone, di cui 800 migranti italiani. Provenivano da tutta Italia, dal Nord al Sud, salpati da Genova per raggiungere il Sudamerica, in particolare l'Argentina, Buenos Aires, in cerca di fortuna, in cerca di vita migliore.

Oggi la storia si ripete nel silenzio e nell'indifferenza di chi ha memoria corta. All'epoca i migranti eravamo noi, su quella nave c'erano tanti piemontesi, genovesi, campani, pugliesi, bresciani, bergamaschi, cremonesi, mantovani e veneti, con un fagotto di cose ed effetti personali sulle spalle, una valigia di legno o di cartone e nulla più. Una valigia di cartone piena di speranza. In un primo momento si calcolarono 300 vittime, ma non si seppe mai il numero esatto delle vittime della tragedia Sirio. Questo è il nostro cimitero di migranti. Si chiamano Sirio tutte le navi che partono dalla Tunisia, si chiamano Sirio tutte le barche che partono dalle coste libiche, si chiamano Sirio tutte le navi che partono dal Libano, tutte quelle navi e quelle barche che in gran parte affondano nel Mediterraneo.

Ricordo che dal 2013 ammontano a 25.218 le persone morte in mare, una media città italiana, un quartiere di Roma. Ma chi sono queste persone che muoiono nel Mediterraneo? Chi sono queste persone, non migranti, persone che vengono raccolte in mare anche dalle navi ONG, ma anche dalla nostra Marina militare? Chi sono queste persone? Sono persone che partono dalle più svariate parti del mondo, dall'Asia, in gran parte dall'Africa centrale, scacciate dalla violenza, scacciate dalla fame, scacciate dai cambiamenti climatici. Queste persone, come i nostri emigranti del Sirio, viaggiano con un fagotto sulle spalle. Attraversano i deserti per arrivare dove? Per arrivare sulle coste della Libia, dove vengono reclusi in veri e propri lager! E la Presidente Meloni, nel suo viaggio recente in Libia, non ha speso una parola per chiedere la chiusura di quei lager (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), non ha detto nulla, come se nulla fosse. Eravamo a ridosso del Giorno della memoria, quando, giustamente, tutti noi rimanevamo ancora una volta attoniti rispetto alle immagini di Auschwitz, Dachau e Birkenau. Ma i lager della Libia non sono diversi: quelle persone vengono violentate, vengono torturate, e credo che sarebbe stato importante che la Meloni spendesse qualche parola per cercare di risolvere questo problema. Invece no, con un sedicente Governo libico, frutto di qualche banda, ha fatto un ulteriore accordo, quello di concedere altre 5 motovedette alla cosiddetta Guardia costiera libica. Abbiamo regalato altri 5 taxi agli scafisti, questa è la verità (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra)! Questa è la verità di cui questo Governo - mi scuserete - si deve vergognare, si deve vergognare.

Le ONG hanno delle navi che lavorano nel Mediterraneo centrale. Salvano le persone che sono in difficoltà e ne hanno salvate recentemente 14.000. Se non ci fossero state quelle navi e se non ci fossero stati quei volontari a bordo di quelle navi, queste 14.000 persone sarebbero morte. Sarebbero morte e starebbero in fondo al mare, in quello che è diventato il cimitero dei migranti, dei migranti della Siria e dei nuovi migranti che, purtroppo, continuano a morire in mare. Questo lo dobbiamo impedire!

Ora mi pare che su questo decreto ci sia un sostanziale ribaltamento della realtà, per cui coloro che sono i buoni e che cercano di salvare le vittime vengono penalizzati in tutti i modi, in tutti i modi.

Ma vi pare logico che una nave che salva dei naufraghi li deve portare prima a La Spezia e poi non va bene La Spezia e, quindi, deve arrivare a Foggia? Qual è l'intendimento di questo Governo? Ma tant'è che la risposta del Viminale alla lettera della Commissaria Mijatović è stata risibile. Insomma, si può dire che è necessario distribuire meglio gli afflussi, però prima le persone si salvano, prima si mettono in sicurezza e poi semmai si distribuiscono nelle altre regioni e negli altri Paesi europei. C'è il salvataggio prima di tutto e il porto più sicuro - non me ne vorrà il Sottosegretario Molteni, che su questo punto si è impermalosito in Commissione - è spesso o quasi sempre il porto più vicino, perché quelle persone hanno bisogno di cure, hanno bisogno di essere salvate. Come fate voi - come fate! - a non considerare questo aspetto?

Avete fatto un decreto che è un manifesto ideologico, una presa di posizione nei confronti del vostro elettorato per dire che voi chiudete le frontiere. Ma quali frontiere volete chiudere? Lo dico al Presidente e al Governo: guardate che i muri non hanno mai fermato nessuno. Non è servita la Grande Muraglia cinese, che è lunga 10.000 chilometri, per fermare gli Unni; non è servito il Vallo di Adriano per fermare gli Scozzesi che scendevano a valle; non sono servite neanche le legioni sul Danubio per fermare i Germani che invadevano l'impero. I muri non sono mai serviti a nulla e anche questa volta non servono, perché stiamo parlando di persone in carne e ossa.

Io penso che su questo voi dobbiate cominciare a fare una riflessione, cioè chiedervi se questo è un Paese civile, se questo è un Paese inserito nel contesto internazionale e rispetta gli obblighi derivanti dai trattati liberamente sottoscritti dal nostro Paese e, di conseguenza, rispetta il diritto internazionale o se, invece, volete andare in una direzione completamente opposta, perché è di questo che si tratta.

Ma vi rendete conto che state isolando il nostro Paese? Che siamo additati a livello internazionale, noi che siamo stati migranti nel passato, noi che abbiamo spesso rivendicato la solidarietà e l'umanità della nostra cultura, della nostra storia e della nostra accoglienza? Noi siamo additati come i peggiori in Europa per quanto riguarda la difesa dei diritti umani.

Ci sono questioni che veramente sono talmente tragiche che non riesco a definirle altrimenti. Ma vi pare che un capitano di nave, che comunque ha salvato dei naufraghi, se dopo trova un'altra nave a 500 metri dalla sua, che sta nuovamente naufragando, non può fare un altro salvataggio? Ma questa è omissione di soccorso! Voi vi siete arrabbiati perché io in Commissione ho detto: guardate che questo decreto si configura come un'istigazione a delinquere, cioè si configura come un elemento che determina il fatto che il comandante della nave non debba assolvere a un obbligo internazionale, a un obbligo di consuetudine e a un obbligo anche delle leggi nazionali, cioè prestare soccorso. Ma è una cosa veramente incredibile! Vorrei conoscere la mente che ha partorito tale parto, tale bambino, tale idea. Ma come è possibile pensare una cosa simile?

Contemporaneamente, mi chiedo come si possa pensare che un comandante a bordo debba fare la raccolta dei dati ai fini della protezione, per verificare le condizioni della protezione internazionale. Ma qual è la legge che determina questo obbligo? Perché non è che voi potete fare come vi pare. Avete vinto le elezioni, ma ci sono le leggi di questo Paese, ci sono gli obblighi internazionali, c'è il diritto internazionale e lì dentro ci dovete stare e ci dobbiamo stare tutti. Qual è l'obbligo? Allora, per quanto riguarda le nave battenti bandiera di un determinato Paese, nessun Paese obbliga i propri comandanti di nave a procedere a raccogliere i dati. Nessun Paese! Nessuna norma del diritto internazionale obbliga i comandanti a fare questa cosa. Dico di più: nessuna legge italiana, cioè del nostro Paese, obbliga i comandanti di navi italiane a fare questa cosa. Sarebbe veramente, come dire, scellerato il pensare che si tratti di imperizia, che si tratti di incapacità, perché guardate che a volte l'imperizia e l'incapacità sono peggiori anche della volontà di fare le cose sbagliate.

Io penso che su questo voi dobbiate avere il coraggio di tornare indietro, perché, vedete, errare humanum est, perseverare autem diabolicum e voi continuate imperterriti a errare su questioni fondamentali: la raccolta dati, il porto sicuro, i salvataggi multipli. Poi, il diritto internazionale e la Costituzione del nostro Paese che sono assolutamente calpestati!

Così non va, perché voi state rovesciando la realtà. State rovesciando la realtà! Peraltro, voi avete fatto un decreto d'urgenza. Ma qualcuno del Governo, Presidente, mi potrebbe spiegare dov'è l'urgenza su poche migliaia di persone che arrivano nelle coste del nostro Paese? È un'emergenza indotta, è un'emergenza inventata, perché, come dimostra anche il caso dell'Ucraina, quando il nostro Paese giustamente si è mobilitato e la nostra società e le nostre associazioni giustamente si sono mobilitate per accogliere i profughi dell'Ucraina, abbiamo dimostrato che poche migliaia di persone non possono essere un problema per un grande Paese come il nostro, perché l'Italia è e rimane un grande Paese dal punto di vista non solo culturale e delle politiche umanitarie, ma rimane un grande Paese dal punto di vista economico.

È la sesta o settima potenza economica del mondo. Ma vi pare possibile che un Paese di 60 milioni di abitanti, un Paese così ricco e, comunque, dalla parte ricca del mondo, non riesce a ospitare e a dare accoglienza a poche migliaia di persone disperate che arrivano sulle nostre coste? Non ci posso credere, non ci voglio credere, e non voglio credere neanche al fatto che questo Governo possa continuare a perseverare in questa strada così disastrosa.

A volte, con disprezzo, gli esponenti del centrodestra ci dicono che noi siamo buonisti. Rivendico il fatto di essere buono! Rivendico il fatto di essere buono (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché al mondo io sono stato educato e sono stato abituato a vedere che i cattivi vanno combattuti e non i buoni, non coloro che salvano le vite (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), ma coloro che fanno perdere quel bene prezioso della vita, che è un bene di esperienze e di culture che potrebbero anche aiutarci e arricchirci. Ora io non la voglio fare lunga, perché ci sono tanti interventi.

Voglio citare queste parole: “Io che ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare, benché abbia bevuto all'Arno prima di mettere i denti e tanto ami Firenze da patire, per amor suo, ingiustamente l'esilio (…)”. Queste sono le parole del padre del pensiero dell'accoglienza, del padre del pensiero della protezione internazionale, di chi per la sua differenza politica veniva scacciato da casa propria e chiedeva asilo in altre città e in altri Paesi. Queste parole, a cui noi facciamo riferimento con orgoglio, sono di un grande italiano, Dante Alighieri (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Salutiamo parte della meglio gioventù, che sono gli studenti dell'Istituto comprensivo “Virgilio” di Roma, che, oggi, seguono i nostri lavori con i loro docenti. Benvenuti alla Camera dei deputati (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, l'obiettivo di questo decreto è quello di muovere un primo passo verso il riordino di un ambito che, negli ultimi anni, evidentemente, non è stato gestito proprio bene. Lo ripeto, è un primo passo, ma pure sostanziale rispetto alla riconquista, secondo il mio avviso, ma non solo il mio, di una certa autorevolezza da parte del nostro Stato. Ciò di fronte a quello che, negli ultimi anni, troppo spesso, ci siamo dovuti abituare a fare, cioè chinare il capo nei confronti di un'Europa che ha parecchio debito di riconoscenza nei confronti della nostra Nazione, anche a causa di certe politiche, se così le vogliamo considerare, totalmente inesistenti su un terreno o, meglio, su un mare nel quale ancora si misura l'autorevolezza degli Stati.

Per questo era necessario intervenire in quest'ambito, per questo siamo intervenuti per iniziare a disciplinare questo fenomeno, partendo dalla condotta delle ONG.

Signori colleghi, i dati del Viminale, del Ministero dell'Interno, sono eloquenti: c'è un incremento del 60 per cento rispetto all'anno precedente di flussi migratori sulle coste italiane. Se vogliamo comprendere quello che sta accadendo e a cui ha co-partecipato, nella sua quota, il fenomeno delle ONG, basta raffrontare due dati fondamentali: quello cristallizzato al 31 dicembre 2019, quando - due decreti Sicurezza e Ministro Salvini - sono sbarcati poco più di 11 mila immigrati. Stessa data, ma anno diverso, 2022: in Italia, sono sbarcati più di 105 mila immigrati. È un dato mostruoso, che fa segnare un incremento del 56,4 per cento - i dati e le percentuali sono importanti - e che rasenta il dato abominevole di 119 mila sbarchi registrati soltanto nel 2017.

Allora, signor Presidente, cari colleghi, le cose ce le dobbiamo dire con serenità; oggi, questa maggioranza di Governo, questa nuova rappresentanza parlamentare agiscono in perfetta conformità di pensiero tra quello che è contenuto in questo decreto e le ripetute rimostranze negative, le critiche, che abbiamo sempre mosso alla normativa dell'ex Ministro Lamorgese; un periodo, quello, sostanzialmente di anarchia, attraverso il quale si sono cristallizzati quei numeri, si è cristallizzato anche un clima da “Far West”, nel quale le ONG hanno fatto quello che hanno voluto.

Ovviamente, non è questa la sede nella quale ci metteremo a enumerare tutte le manchevolezze registrate in quel periodo. Certamente, non siamo stati mai docili su quel tipo di gestione dei flussi da parte delle normative poste in essere dal Ministro Lamorgese, pur nel rispetto della nostra posizione di maggioranza, che abbiamo assunto solo e soltanto per senso di responsabilità dato il periodo storico. Però, ci siamo ritrovati sempre dalla stessa parte dei colleghi del centrodestra, una parte diametralmente opposta a quella del periodo della Ministra Lamorgese.

L'intervento del nuovo Governo e della sua maggioranza parlamentare, quindi, è un intervento necessario, finalizzato a riordinare, secondo principi, questi sì, universalmente riconosciuti, un ambito che è stato lasciato al caso, un ambito che è stato lasciato alle sole regole autonomamente costituite da parte delle ONG e, aggiungo, sulla scorta delle dichiarazioni delle ultime ore, consentitemelo, un ambito lasciato anche in balia di una certa sudditanza verso determinati salotti europei che, ad un certo punto, avevano creduto che l'Italia e il Mezzogiorno d'Italia potessero diventare permanentemente un unico campo di accoglienza di tutto il continente. Poi, è arrivato questo Governo. Ci aveva pensato prima il ministro Matteo Salvini nel 2018, ci abbiamo pensato noi a ripresentare l'idea che, prima che europeisti, si può essere europei convinti, senza calpestare la dignità, l'autorevolezza e la rispettabilità del nostro Paese.

Questo contributo, perché è un contributo al fenomeno migratorio, non è la risoluzione, non è la panacea risolutiva, vuole essere un contributo che getta le basi per il lavoro che il nostro Primo Ministro sta facendo in Europa, un contributo normativo concreto, snello e che - per chi lo vuole - può superare anche gli steccati ideologici.

Signor Presidente, cari colleghi, oggi, su un fenomeno come questo, dividersi, parlare di destra o di sinistra è un esercizio alquanto pretestuoso.

Il decreto-legge in questione, infatti, ha almeno un paio di finalità che potrebbero essere condivisibili: da una parte, definisce le condizioni in presenza delle quali le attività svolte dalle navi, che effettuano il soccorso delle persone in mare, possono essere ritenute conformi con le convenzioni internazionali, onde assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica e, soprattutto, garantire l'incolumità delle persone a bordo; dall'altra, realizza un quadro normativo certo e applicabile, a differenza di quello, a maglie ampie, direi, amplissime, che, fino ad oggi, è stato applicato, il tutto contemperato dai principi di umanità, che sono imprescindibili, e nel rispetto del diritto internazionale.

Dispiace - anche se devo dire che abbiamo lavorato molto bene all'interno delle Commissioni congiunte affari costituzionali e trasporti; ne approfitto per ringraziare i presidenti e tutti i commissari di maggioranza e di opposizione - che qualche collega delle opposizioni, anziché approfondire la normativa, analizzandola fino in fondo, si sia immediatamente lanciato in una propaganda che addirittura andava a minacciare le barricate verso un decreto che ancora doveva uscire in bozza e che già veniva considerato come un nuovo decreto Matteo Salvini. Non si tratta di questo, lo abbiamo dimostrato.

Signor Presidente, posto che la giustezza e l'utilità di quei decreti le abbiamo viste sulla nostra pelle il giorno immediatamente dopo l'applicazione e il superamento degli stessi, posto che l'utilità di quei decreti ce la raccontano i dati che ho enumerato all'inizio del mio intervento, invito i colleghi dell'opposizione, anche oggi, anche fino all'ultima possibilità, all'ultimo minuto, ad intervenire, ad approfondire questa normativa che, sicuramente, ci darà i risultati che noi ci aspettiamo da essa.

Anzi, restituirà all'Italia autorevolezza sul fronte caldo del Mediterraneo, darà regole e soprattutto valorizzerà, questo sì, l'aspetto solidale che ruota intorno al fenomeno migratorio e che coinvolge tanti comuni rivieraschi, tanti comuni costieri che sono impegnati ad affrontare il soccorso e la prima accoglienza.

Questo decreto, signor Presidente, dimostra che si può mettere ordine, non rinunciando all'umanità e a tutti i valori ad essa connessi.

Ordine e umanità, signori colleghi delle opposizioni, non confliggono, non sono in guerra, perché sono legati da un principio di buonsenso, ed è questo che dimostra questo decreto. Si tratta di criteri regolatori irrinunciabili da parte di una Nazione moderna, come quella italiana. L'alternativa era e potrebbe essere soltanto il caos e sarebbe il caos anche senza un sistema sanzionatorio certo. E, infatti, viene introdotto un nuovo sistema sanzionatorio di carattere amministrativo che sostituisce quello di carattere penale, graduando le misure repressive a seconda delle eventuali reiterazioni delle violazioni del provvedimento di limite o di divieto. È una nuova ipotesi di illecito amministrativo in caso di mancate informazioni richieste da parte dell'organo preposto. Cose semplici, cose banali, cose che sono l'“abc” di quello che dovrebbe essere il diritto.

Allora, signor Presidente: ordine, umanità, ma, soprattutto, solidarietà. Ed è per questo che non ci siamo dimenticati in questo decreto di quei comuni rivieraschi di cui parlavo prima, di quei comuni di confine perché, all'interno dell'ottimo lavoro fatto nelle Commissioni, abbiamo approvato un emendamento che istituisce un fondo nel quale andranno a confluire le risorse delle eventuali sanzioni e che verrà ridistribuito rispetto ai comuni di confine. Un intervento molto importante che fa il paio con quanto già, come maggioranza, avevamo previsto all'interno della manovra di bilancio, con un emendamento che andava a sostenere direttamente dei comuni siciliani, a cui essi stessi, compreso il comune di Lampedusa, potranno nuovamente attingere.

Signor Presidente, in un contesto come questo, non posso non ricordare che il Mezzogiorno d'Italia è una delle parti più investite da questo fenomeno. Non posso non ricordare quello che accade in Calabria, regione che si pone al secondo posto, quest'anno, per numeri di sbarchi: penso alla costa ionica, penso alla Locride, penso alla provincia di Crotone, penso a Roccella Ionica e al contributo che, in modo molto serio, l'amministrazione di quella parte di territorio - che, lo voglio ribadire, non appartiene alla mia parte politica, anzi, è diametralmente opposto - ha saputo dare in termini di idee e che noi abbiamo saputo cogliere e trasformare in questo provvedimento. Ovviamente, è un primo passo. Anche su questo il Governo ha saputo trovare la convergenza.

Ripeto, signor Presidente, e concludo, questo è un primo passo. Rispetto al fenomeno migratorio bisognerà ancora porre in essere tante altre misure normative, magari prendendo spunto da tutte quelle proposte normative e di modifica che il movimento Lega aveva presentato all'interno della discussione, che ancora rimangono valide come grandi idee che devono essere poste in essere nei primi provvedimenti utili.

Signor Presidente, questo decreto, con le implementazioni normative che ne deriveranno, si inserisce non soltanto nel contesto del regolamento dei flussi, ma posiziona l'Italia in un rinnovato contesto europeo di cui sarà finalmente protagonista (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iaria. Ne ha facoltà.

ANTONINO IARIA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il decreto in discussione oggi è indicativo di come la maggioranza invece di affrontare problemi complessi, come la gestione dei flussi migratori, insista nel proseguire la sua campagna elettorale, traducendo slogan come “fermiamo i migranti” in leggi confuse. Come questo decreto-legge che viola i diritti umani e il diritto internazionale, tant'è vero che il Consiglio d'Europa ha chiesto al Governo di ritirarlo e di rivederlo, tra l'altro con una missiva che, probabilmente, è arrivata già un mese fa, di cui noi non abbiamo avuto nemmeno notizia in Commissione. È un decreto che rischia di provocare situazioni di pericolo sia per i migranti, che necessitano di soccorso, sia per chi i soccorsi li attua: è questa anche una cosa grave.

La maggioranza destrorsa sta attuando la sua solita tecnica politica: trovare un nemico a cui addossare la colpa dei problemi del nostro Paese in modo da non doverli affrontare nel merito. Cari colleghi di maggioranza, potete continuare la vostra rubrica “Il nemico del mese”. Nel primo mese dei vostri 100 giorni, il nemico era il percettore di reddito, che per voi ha creato il lavoro nero e la disoccupazione; il secondo mese hanno vinto i benzinai che, secondo voi, hanno aumentato il prezzo della benzina; il terzo mese, vincono - si fa per dire - le ONG che per voi sono i taxi del mare e riempiono l'Italia di migranti (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra). Alle ONG avete dedicato questo assurdo decreto-legge. Diciamolo in maniera semplice: questo decreto-legge vuole impedire il soccorso in mare delle sole navi ONG, navi che portano in salvo circa il 10 per cento dei migranti totali salvati nel Mediterraneo; il restante 90 per cento viene salvato dalla nostra Guardia costiera, capitanerie di porto, Guardia di finanza e altri.

Approfitto per ringraziare chiunque salvi delle vite umane nel Mediterraneo, comprese, chiaramente, le ONG (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra).

A me piace scherzare e, se questo decreto non mettesse in pericolo le vite dei migranti, sarebbe facile fare ironia, ma il decreto mette in pericolo uomini, donne e bambini che rischiano la vita in mare per raggiungere le nostre coste ed è ignobile fare un decreto che complica il soccorso in mare. I migranti devono essere soccorsi senza indugi. Sembra assurdo dover specificare che il soccorso in mare è un obbligo giuridico stabilito dal diritto internazionale, dal cui rispetto nessuna legge italiana può prescindere, lo dice anche l'articolo 117 della Costituzione.

Per legge non si può e non si deve criminalizzare e disincentivare il soccorso in mare, quindi è facile comprendere l'assurdità di questo decreto.

Facciamo alcuni esempi sulle contraddizioni di questo decreto. Il primo esempio che mi viene in mente, molto dibattuto anche in Commissione, riguarda l'introduzione dell'espressione “porto di sbarco”. Ci siamo inventati nuovi termini per confondere. L'espressione “porto di sbarco” sostituisce l'espressione “porto sicuro”. Il porto di sbarco non è automaticamente un porto sicuro, l'hanno detto tutti, gente molto più preparata di me su questo argomento, gente che abbiamo sentito in audizione. Il porto sicuro, citato in tutte le convenzioni europee e regolamenti internazionali, ha una precisa definizione che riprendo sinteticamente: il porto sicuro è il luogo dove le operazioni di soccorso si possono definire compiute, quindi non è solo lo sbarco, ma anche l'accoglienza, l'identificazione, le cure mediche e altro. Quindi, è chiaro, cari colleghi, che questo dover interpretare il termine ogni volta che le navi ONG effettuano un salvataggio in mare complica il loro lavoro, ma complica anche l'accoglienza nelle città che vengono indicate come porti di sbarco e che devono attrezzarsi per l'accoglienza a terra in tempi brevissimi. In Commissione è stata citata la città di La Spezia, diventata un porto di sbarco dall'oggi al domani, che ha dovuto attrezzarsi velocemente per poter gestire l'accoglienza dei migranti. Ho citato la città di La Spezia proprio perché è governata dalla destra, quindi questo decreto complica la vita a tutte le amministrazioni locali, di destra, sinistra e altro.

In condizioni di emergenza, non sono accettabili tempi lunghi per l'assegnazione di un porto sicuro; in caso di pericolo, la risposta deve essere immediata, la vita umana viene prima di tutto. Ma l'invenzione più pericolosa e assurda è aver messo per legge che si deve fare un solo salvataggio alla volta. Cosa vuol dire un solo salvataggio alla volta? Proviamo a ribaltare quest'ultima frase per una situazione analoga. Magari i nostri cari sono in difficoltà e dobbiamo scegliere quale salvare perché possiamo fare un solo salvataggio alla volta. Avete inserito in una legge la possibilità di fare un solo salvataggio alla volta: è veramente strano. Per fortuna, nessuno applicherà questa parte del decreto, perché significherebbe avere più morti in mare di quelli che già, purtroppo, ci sono. Impedire il salvataggio plurimo contrasta con tutte le leggi che regolano l'obbligo di salvataggio in mare. Io non voglio pensare che per questa maggioranza il problema delle vite umane a rischio nel Mediterraneo sia minore solo perché trattasi di migranti, ma è chiaro che il modo in cui state affrontando il problema dei flussi vi sia sfuggito di mano.

Parliamo anche del divieto di trasbordo che, in alcuni casi, potrebbe mettere in pericolo anche la vita dei soccorritori stessi. È chiaro che, se ho a bordo troppi naufraghi e vicino c'è una grossa nave, il loro trasferimento è doveroso per la loro sicurezza e quella degli stessi soccorritori. Ripeto, la vita umana viene prima di tutto. Ma voi veramente pensate che questa legge fermerà i migranti? È già stato detto: guerre, persecuzioni, fame, povertà, cambiamenti climatici costringono milioni di persone a spostarsi in cerca di condizioni di vita migliore. Chi scappa da queste condizioni affronterà qualsiasi mare, valicherà qualsiasi muro e non si fermerà di fronte a niente. Per questo i blocchi navali, la chiusura dei porti o l'omissione di soccorso imposta per legge non rappresentano le soluzioni: sono solo slogan e trovate propagandistiche sulla pelle di poveri disperati, che non risolvono il problema. Il fenomeno deve essere gestito con intelligenza e visione - è un fenomeno complesso -, intervenendo a monte per rimuovere le cause politiche e socioeconomiche dell'immigrazione e per combattere i trafficanti anche nei Paesi di transito.

Bisogna intervenire anche a valle, bisogna gestire il fenomeno nell'unico modo possibile, ossia coinvolgendo l'Europa nel controllo delle sue frontiere marittime e, soprattutto, nella gestione dell'accoglienza dei migranti. Presidente, ormai lo abbiamo detto tutti, di qualsiasi forza politica, anche di quelle che attualmente sono al Governo: il tema dell'immigrazione deve essere affrontato a livello europeo e con la collaborazione di tutti gli Stati membri; è evidente, però, quanto sia strumentale e contraddittoria la posizione di questo Governo che, da un lato, chiede la collaborazione dell'Europa, accusandola di lasciare sola l'Italia nella gestione dei flussi migratori e, dall'altro, sapendo benissimo che chi rema contro l'adozione di politiche migratorie solidali sono proprio i Paesi europei governati dalle destre sovraniste, questo Governo strizza l'occhio a questi Paesi, i Paesi di Visegrád, ma poi abbiamo anche la Svezia, attualmente alla Presidenza dell'Unione europea, quella che ha un Governo sostenuto dai nazionalisti di Jimmie Akesson, uno Stato che punta, un po' come fa la nostra Presidente Meloni, a risolvere il problema esclusivamente tramite accordi con i Paesi di origine, quegli stessi Paesi da cui i migranti stanno scappando per chiedere asilo politico, una sorta di accordo sui numeri e non sulle persone.

Il superamento del Regolamento di Dublino, che obbliga lo Stato di primo approdo a gestire da solo l'accoglienza deve essere uno dei primi scogli da superare; ricordo che, grazie al Presidente Conte, con una sua lettera indirizzata a tutti i Paesi europei, il principio del Regolamento di Dublino fu, di fatto, superato per la prima volta, con la redistribuzione di centinaia di migranti in vari Paesi europei, tra cui Francia e Malta; quindi, c'è chi parla e chi ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista); il Presidente Conte ottenne di redistribuire centinaia e centinaia di migranti semplicemente inviando una lettera a tutti i Paesi europei. La strada da seguire deve essere quella di coinvolgere e responsabilizzare tutti i Paesi a livello europeo, con accordi strutturali e vincolanti, e non temporanei e volontari; quindi, accordi strutturali e vincolanti, vincolanti perché altrimenti si verificano cose come quella accaduta nel 2022, in cui era stato siglato un accordo temporaneo e volontario, proprio in previsione di ricollocare 8.000 migranti entro fine anno, mentre a fine anno ne sono solo stati ricollocati appena poco più di un centinaio.

In Commissione si è parlato anche di un nuovo Accordo di questo Governo con la Libia; è dal 2021 che noi, in Parlamento, ci schieriamo per interrompere la collaborazione con la Guardia costiera libica, con l'intenzione di concentrarci sul coinvolgimento dell'Unione europea e ora la Presidente, nell'ennesima prova di continuità con il Governo Draghi, va in Libia promettendo nuove motovedette a sostegno dei guardacoste libici, che, molte volte, sono anche in combutta con i trafficanti, la stessa Meloni che, in campagna elettorale, proponeva il blocco navale assurdo, impraticabile, sempre lei.

L'Italia è la frontiera marittima dell'Europa; per questo deve essere l'Unione europea a farsi carico anche del pattugliamento del Mediterraneo e contrastare il traffico di esseri umani; è necessario che anche l'Unione europea sigli con i Paesi di origine accordi che consentano il rimpatrio automatico e immediato dei cittadini non aventi diritto di protezione umanitaria o non rientranti nelle quote di lavoro; deve essere l'Unione europea a coordinare le operazioni di soccorso, nel pieno rispetto del diritto internazionale e delle leggi nazionali. L'Italia - siamo tutti d'accordo su questo - non deve essere lasciata sola, ma non è certo sanzionando chi soccorre naufraghi e lasciando annegare donne e bambini innocenti che convinceremo l'Europa e gli amici della Meloni e di Salvini a fare quello che va fatto. La vita umana viene prima di tutto. Grazie, Presidente. (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pino Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il tema che affrontiamo oggi, in quest'Aula, richiede serietà e consapevolezza e, soprattutto, richiede che venga sgomberato il campo da alcune ipocrisie; ipocrisie che magari consentono a una parte politica di presentarsi come baluardo della solidarietà e della filantropia, mentre, invece, coprono un mercato di illusioni e di morte.

Il decreto che oggi esaminiamo va in questa direzione: detta una disciplina più rigorosa per il transito delle navi nelle acque territoriali, stabilisce regole per i salvataggi, fissa procedure per le attività regolari, prescrive che la domanda di asilo sia fatta direttamente a bordo. Si tratta di un testo frutto di un confronto e, soprattutto, figlio di alcune consapevolezze. Queste consapevolezze, colleghi, dovrebbero, in realtà, appartenere a ciascuno di noi, perché disumano sarebbe non vedere che la rotta migratoria del Mediterraneo è una delle più pericolose in assoluto, sarebbe disumano non vedere che incoraggiare l'attività dei trafficanti di esseri umani sta trasformando il Mare Nostrum in una tomba di sogni e di vite. Non venite a farci le lezioni di solidarietà, colleghi della sinistra, perché non ne detenete l'esclusiva; la solidarietà è un valore che appartiene alla nostra comunità nazionale, ma se la si vuole praticare davvero non si può far finta di non vedere la linea che separa il salvataggio - attività encomiabile - dall'incentivo alle partenze, che non favorisce certo i profughi e neanche i migranti irregolari, ma solo i trafficanti i trafficanti di vite e, soprattutto, di morte. Si tratta di una linea talvolta evidente, talvolta più sottile, ma della quale la nostra legislazione non può non tenerne conto.

Il decreto al nostro esame questo fa, signor Presidente: tiene conto della realtà, senza voltarsi dall'altra parte, né nei confronti dei profughi, né nei confronti dei traffici illegali e disumani, e su questo, per inciso, mi piacerebbe conoscere l'opinione di qualche solerte commissario del Consiglio d'Europa, che manda lettere ai Ministri del nostro Paese, che proprio in Europa è impegnato in un difficile negoziato, che, per la prima volta, può portare a risultati importanti per l'intero continente, perché la porta d'ingresso all'Italia è la porta d'ingresso all'Europa, non dobbiamo mai dimenticarlo. Il Governo italiano sta, invero, lavorando affinché l'Europa traduca questa consapevolezza in fatti e regole comuni.

E, ancora, signor Presidente, non si può far finta di non vedere anche che chi arriva dal mare lo fa lo fa spesso dopo aver compiuto estenuanti o costosissimi viaggi via terra, per cercare fortuna in Europa o per ricongiungersi ai propri familiari; si scappa dalla povertà, per andare incontro a torture e sfruttamento e, purtroppo, non di rado alla morte. Quindi, onorevoli colleghi, vogliamo continuare ad avallare incentivare, a sollecitare questo meccanismo infernale e illegale? O vogliamo farci carico di una soluzione, magari meno immediata, ma più strutturale ai problemi del Sud del mondo, evitando, nel frattempo, che, dietro il paravento della solidarietà, i trafficanti arricchiscano le proprie fortune?

L'Italia e questo Governo hanno scelto questa seconda strada e la nostra maggioranza sostiene convintamente la scelta. La stessa distinzione tra migranti economici e aventi diritto all'asilo - che, analizzando i numeri, smentisce tante narrazioni disinformate, non coglie appieno la dimensione del fenomeno e la sfida alla quale il mondo è chiamato, se si considera la realtà di un continente nel quale molti territori faticano a offrire condizioni minime di vivibilità. Come rispondere a questa sfida? Veramente vogliamo rispondere a questa sfida alimentando i traffici dei mercanti di morte? Noi non vogliamo rispondere così, anzi noi non ci stiamo proprio a queste condizioni. Questa sfida la si affronta gestendo i flussi e la solidarietà con senso dell'umanità e senso delle regole e mettendo in campo, dopo tanti anni, tantissimi anni di parole, un Piano Marshall per l'Africa che coinvolga, in un impegno reale, tutta l'Europa, e non solo i Paesi di frontiera, dandosi una prospettiva e smettendo di giocare sulle quote e lasciando dunque i Paesi di primo approdo soli, con problemi che le tensioni geopolitiche rendono sempre più complessi. L'Europa deve affrontare in maniera radicale il tema della pressione migratoria del Sud del mondo, prevedendo un grande piano di investimenti nel continente africano, finalizzato allo sviluppo e alla creazione delle condizioni per una reale crescita economica; si tratta di un obiettivo che certamente non può avere i tempi della rotta di un barcone, ma, mentre il programma vasto viene messo in campo, non si può lasciare che il concetto di solidarietà venga travisato; non si può lasciare che si lucri sulle speranze e sui sogni di esseri umani che, se non trovano la morte in mare, trovano la sofferenza in un viaggio che spesso finisce con il rimpatrio. Non possiamo fare un braccio di ferro sulla pelle di bambini, donne e uomini che cercano solo condizioni di vita migliori per sé e per le proprie famiglie.

Visto che prima qualche collega faceva citazioni, vorrei ricordare Benedetto XVI che disse: “(…) prima ancora che il diritto ad emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare” (Applausi dei deputati dei gruppi Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier). E Papa Giovanni Paolo II disse: “Diritto primario dell'uomo è di vivere nella propria Patria”. Di questo, come comunità internazionale, dovremmo farci carico, impedendo che, nel frattempo, a proliferare sia lo squallido mercato delle vite umane.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Soumahoro. Ne ha facoltà.

ABOUBAKAR SOUMAHORO (MISTO). Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, onorevoli membri del Governo, nel diario di uno dei nostri connazionali, durante la traversata a bordo di una nave verso il Canada, possiamo leggere queste parole: “Il pane che ci viene distribuito farebbe rabbrividire perfino i cani; esso è fatto di crusca, segale, pepe, semi di lino e mille altre porcherie. La sera ci hanno dato il tè. Figuratevi, un po' d'acqua, sucida e senza zucchero. Nessuno di noi ha potuto accostarla alla bocca. Si guasta il distillatore di bordo; per queste ragioni non beviamo quell'acqua veramente marcia. È pieno di vermi che, per buona sorte, sono stati trovati in diverse botti che servivano come zavorra nel bastimento”.

Queste parole ci invitano a riflettere sul ricordo di chi siamo e dove vogliamo andare; ci invitano a riflettere rispetto a quale tipo di memoria vogliamo condividere sul piano collettivo.

Signor Presidente, nel nostro dibattito odierno, avendo come oggetto la conversione in legge del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1, recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori, innanzitutto c'è bisogno di alcune specificazioni sul piano lessicale, contestuale e anche per una questione di merito, al fine di aiutare il nostro dibattito all'interno di una cornice di giusta e legittima dialettica e rendendo così partecipe anche chi, fuori da quest'Aula, ci segue.

Sul piano lessicale, penso che il linguaggio sia la misura delle nostre vite e, allo stesso tempo, il riflesso del presente che viviamo e del futuro che vogliamo costruire per le prossime generazioni, perché il linguaggio esprime chi siamo, quale politica vogliamo rappresentare e quale società vogliamo costruire.

Definire perciò il provvedimento che stiamo discutendo oggi, peraltro già operativo, “Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori” è improprio rispetto alla nostra discussione. È improprio rispetto alla nostra discussione, perché non parliamo né di flussi migratori, né di processi migratori, né di naufraghi, ma delle organizzazioni che salvano vite umane in mare. Sarebbe, allora, coerente, sul piano lessicale, parlare di disposizioni per la gestione dei soccorsi in mare in relazione alle norme europee e alle norme internazionali sull'attività di soccorso in mare.

Questo chiarimento linguistico ci porta al secondo argomento, vale a dire il tema del contesto all'interno del quale si chiede di adottare questo provvedimento. L'attività di soccorso in mare è il reale oggetto del provvedimento; tra l'altro, è un'attività che dovrebbe svolgere direttamente lo Stato, nel pieno rispetto degli obblighi imposti dalle norme internazionali e dalle norme europee e, su questo, la nostra Costituzione parla in modo netto e chiaro; infatti, l'articolo 10 della Costituzione stabilisce che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute e che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge; inoltre, l'articolo 117 della Costituzione afferma che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Alla luce di questi articoli della Costituzione, possiamo affermare e anche concordare che l'obbligo di soccorso imposto dal diritto internazionale è norma di rango superiore e non può essere derogata da una disciplina interna, volta a limitare i soccorsi stessi, come sostiene l'Associazione per gli Studi giuridici sull'immigrazione, ASGI.

Il terzo elemento è una questione di merito: impedire a chi si fa carico di salvare vite umane in mare al posto dello Stato vuol dire violare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata, tra l'altro, dal nostro Paese, che prevede che chiunque sia in pericolo in mare vada salvato e il soccorso si può considerare concluso solo con lo sbarco in un luogo sicuro. Il comandante della nave, avvertito dall'evento di soccorso, è obbligato a procedere al soccorso nel minor tempo possibile. Questo provvedimento del Governo, invece, intende impedire il soccorso in mare attraverso la logica del soccorso selettivo, dopo aver praticato lo sbarco selettivo, sotto i miei occhi, lo scorso mese di novembre, a Catania.

Alla luce di questi elementi, possiamo affermare che il decreto-legge in discussione oggi si colloca fuori dai vincoli imposti dalla Costituzione e viola le norme del diritto internazionale, come la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

In conclusione, signor Presidente, penso che oggi, care colleghe e cari colleghi, sia il tempo di prendere atto del fatto che l'approccio ideologico al tema dei processi migratori non porta a nessuna soluzione, come del resto l'approccio emergenziale al tema dei processi migratori non porta da nessuna parte.

Per questo motivo, penso sia tempo di uscire dalla logica delle opposte tifoserie, perché l'argomento centrale riguarda le ragioni che sono alla base della fuga dei dannati della terra. Questi argomenti riguardano la crisi climatica, riguardano la colonizzazione, riguardano la colonizzazione economica, riguardano le guerre, la fame e le disuguaglianze globali. Questi sono gli elementi alla base della fuga delle persone. Occorre perciò un approccio olistico, responsabile e pragmatico, nel rispetto del diritto internazionale e della nostra Costituzione, ragione per cui occorre lavorare - e, su questo, mi rivolgo ai banchi del Governo e della maggioranza - per un piano insieme all'Africa e non per un piano per l'Africa.

Occorre lavorare per una modifica del regolamento di Dublino, perché chi sbarca in Italia sbarca in Europa. Per questi motivi occorre lavorare, allo stesso tempo, per una giustizia sociale, perché le ragioni delle fughe dagli altri continenti sono le medesime che portano molti dei nostri giovani connazionali ad andare altrove in Europa o nelle Americhe, come dimostrano i dati dei migranti italiani all'estero. E infine, i naufraghi e le organizzazioni non governative che salvano vite in mare, non sono nemici dello Stato. Molti dei nostri connazionali hanno un parente che ha dovuto lasciare l'Italia in condizioni difficili, come testimoniano le lettere. Onorare la memoria di questa Italia significherebbe avere la capacità di rimanere umani, di amministrare la vera giustizia verso i naufraghi e verso chi è costretto a salvarli. Una legge basata sullo spirito della deriva, che porta la disumanità e che viola il diritto internazionale, è umanamente sbagliata e giuridicamente errata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bonetti. Ne ha facoltà.

ELENA BONETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, oggi credo che dobbiamo fare un atto di onestà nella discussione generale che stiamo condividendo, riconoscendo che siamo qui, lasciatemelo dire, per un ennesimo atto di cosmesi legislativa, che vuole celare l'incapacità di un Governo che aveva annunciato in campagna elettorale di affrontare un problema sistemico, strutturale, complesso, come quello dell'immigrazione nel nostro Paese e della gestione dell'immigrazione nel nostro Paese, senza essere preparato a farlo a quanto pare; sicuramente si saranno detti pronti, ma di preparazione ne stiamo vedendo ben poca. E io vorrei togliere qualsiasi nota retorica o ideologica anche da questo mio intervento, che ovviamente segnerà una totale distanza dal nostro punto di vista, come gruppo Azione-Italia Viva, rispetto alla proposta oggi in discussione, per stare sulla concretezza dei dati.

Io penso che dobbiamo essere chiari nel dire che un problema immigrazione, grande, nel nostro Paese c'è stato, c'è e ci sarà. E ci sarà perché, vedete, la dimensione globale e internazionale della crisi climatica, delle crisi economico-sociali, della crisi demografica - che svuota il nostro contesto italiano europeo, ad esempio, ma che sta esplodendo nel continente africano - dice che, in modo del tutto naturale, in un processo di gestione complessa storica, porterà ad un flusso di immigrazione nel nostro Paese, che, potenzialmente, non è in grado e non è oggi, come dire, contenibile attraverso la decisione dell'approvazione di questo decreto.

Allora qual è il compito della politica? Qual è il compito delle istituzioni? Governare i processi storici, indirizzarli in una direzione di umanità, di sviluppo, di benessere, per le donne e gli uomini di questo nostro pianeta. Questo è lo sviluppo che tutti noi abbiamo a cuore, ma questo, lasciatemelo dire, è il dettato della nostra Costituzione, che si rifà in modo inequivocabile al riconoscimento di quei diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti anche a livello internazionale. Allora, se c'è bisogno di fare questo, cosa fa un Governo che lancia la campagna contro l'immigrazione clandestina e la gestione dei flussi? Intanto, si rende conto che c'è un problema immigrazione ampio. Noi usiamo la parola flusso perché è entrata nel nostro immaginario e nel nostro vocabolario, ma fa riferimento, evidentemente, alla narrazione dell'immigrato che arriva attraverso il mare per la collocazione geografica del nostro Paese, mentre sappiamo bene che di immigrati nel nostro Paese, via terra, ce ne sono e ce ne sono parecchi. Quindi c'è un tema anche di gestione globale. Ma concentriamoci sul tema mare, perché è più evocativo. Ebbene, cosa si fa di fronte ad un problema di questo tipo, nel quale l'Italia è la porta verso l'Europa del flusso immigratorio che arriva dal continente africano? La risposta più logica sarebbe stata: andare in Europa, imporre una discussione seria in Europa, che porti alla revisione del Trattato di Dublino e a una corresponsabilità dichiarata dai Paesi europei. E invece cosa fa il Governo come primo atto? Litiga con la Francia per 230 rifugiati, immigrati, che poi chiedevano l'asilo; per questi 230 litiga con la Francia, proprio con il Paese che aveva appena concluso la Presidenza dell'Unione europea e sotto la cui Presidenza, il 10 giugno, a Lussemburgo, è stato firmato un Patto di solidarietà - non da Polonia e Ungheria, evidentemente - che, in auto-partecipazione e in auto-corresponsabilità, definiva un meccanismo di distribuzione e di impegno degli altri Paesi firmatari, che avrebbe sollevato l'Italia.

Apro e chiudo una parentesi: perché si è firmato il Patto di solidarietà? Perché proprio quei Paesi che non lo hanno sottoscritto, non hanno intenzione di modificare il Patto di Dublino, che sarebbe l'unica vera risposta strutturale. E invece di andare in Europa e spingere per l'approvazione di questo trattato e la concretizzazione dell'impegno da parte dei Paesi, di fatto ci si è messi di lato, impedendo che questo potesse essere attuato.

Secondo elemento: si deve gestire la questione della sicurezza, della presa in carico di chi oggi è nei nostri mari. E anche qui, invece di fare un ragionamento complessivo, come era stato fatto, penso in particolare a quello che era stato un primo passaggio importante ai tempi del Governo Gentiloni, con il Ministro Minniti, che era un punto di partenza su cui si poteva aprire una piattaforma di discussione, si è deciso di fare un decreto sulle ONG.

E la prima cosa che si cerca di fare è questo decreto, perché è ovvio che un minimo di coerenza dei trattati internazionali, è quella di rendere complicata la vita delle ONG. Ma guardate che questo non modificherà di un solo rifugiato l'arrivo nel nostro Paese, semplicemente crea del gran fumo per generare dibattito pubblico, senza risolvere il problema, perché il problema lo si risolve facendo trattati internazionali e un ragionamento serio con i Paesi di partenza.

La Premier è appena stata in Libia e non ci è dato di sapere se e cosa abbiano, nel caso, convenuto in questa direzione. Ma, al di là di questo, questo provvedimento, così particolarmente ben riuscito, ha già ricevuto, ancora prima di entrare nel dibattito dell'Aula parlamentare, un alert dal Consiglio d'Europa - che è l'organismo di tutela dei diritti umani, dove noi sediamo - proprio da parte della commissaria per i diritti umani, a cui prontamente il Ministro Piantedosi, proprio nella giornata di ieri, ha già risposto, dando conto a fronte delle obiezioni puntuali di coerenza di questo decreto rispetto ai trattati internazionali e anche al diritto all'efficacia dell'utilizzo di questo decreto, portando argomentazioni evidentemente dalla controparte, e poi in qualche modo autoproclamandosi come mancante in questa direzione, perché dice che in fondo questo decreto opera solo per gestire quei salvataggi operati occasionalmente e non, invece, attività di intercetto e di recupero sistematico e non occasionale di migranti in partenza dalle coste africane. Io vorrei dire al Ministro, tramite lei, Presidente, che il tema è esattamente questo. Il tema oggi non è complicare la vita alle ONG, è organizzare in modo sistematico e strutturale quello che dice il Ministro, ossia il salvataggio dei migranti in mare che arrivano nel nostro Paese dalle coste africane. Questo deve fare un Governo, perché capite che, altrimenti, ci si riempie un po' la bocca anche di numeri o di annunci che, poi, a volte, vengono disattesi dalla realtà. Prima il collega - che era con noi in maggioranza nel Governo Draghi e che, quindi, ha votato la fiducia anche alla Ministra Lamorgese - ha richiamato il fatto che, meno male, ad un certo punto ci sono stati i decreti Sicurezza del Governo Conte 1, decreti che un'altra parte che oggi sta all'opposizione, il MoVimento 5 Stelle, aveva sottoscritto. Quindi, capite che c'è anche un'identità facilmente collocabile, perché si passa un po' da una parte all'altra su questi temi. Ebbene, io cito questi numeri, con riferimento ai dati di sbarchi per giorno: 532 pre-azione di Minniti, 117 nel 2017, in quella media annuale, e 61, poi, con i decreti Sicurezza. Peccato che sono aumentati in modo inequivocabile - quasi 3 volte! - quelli che sono i morti e i dispersi in mare per giorno (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Italia Viva-Renew Europe e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Io credo che questa sia la differenza e la cifra. Per quanto riguarda invece l'efficacia di questi interventi normativi - senza, per carità, entrare nell'ideologia, ma restando ai numeri - 3.035 sono stati gli sbarchi registrati nel nostro Paese a gennaio del 2022 - dati del Ministero dell'Interno -, 4.962 sono gli sbarchi nel nostro Paese nel 2023, 2.000 unità in più circa. Allora direi che, a questo punto, l'efficacia di questo provvedimento non ha raggiunto lo scopo. Allora, il nostro invito non è certamente di non governare il tema dei flussi, ma di iniziare a farlo seriamente. Noi ci siamo, abbiamo fatto delle proposte chiare, speriamo che nel corso della discussione possano essere indirizzate. Ricordo che con l'ideologia, con gli annunci e con i provvedimenti bandiera e simbolici, come detto dalla stessa maggioranza, non si risolvono i problemi e non si governa questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie Presidente. Il collega Caroppo ha già indicato le motivazioni che stanno alla base del nostro supporto a questo decreto, un decreto che Forza Italia ha condiviso e che va a toccare alcuni aspetti di una tematica sicuramente più generale e più complessiva, pertanto saranno necessari sicuramente altri atti.

È un decreto, quello del 2 gennaio 2023, che va a delineare alcune regole in materia di autorizzazioni e abilitazioni, che devono provenire dallo Stato di bandiera, in materia di requisiti di idoneità tecnico-nautica, relativi alla sicurezza della navigazione, anche per stabilire una coerenza tra le attività che alcuni navi svolgono nel Mediterraneo e quelle per cui sono registrate. Si parla poi di informazione alle persone sulla possibilità di richiedere protezione internazionale, della richiesta dell'assegnazione di un porto di sbarco e della necessaria interazione con le competenti autorità, della collaborazione per la ricostruzione dettagliata dell'operazione di soccorso; si chiede poi di fare in modo che le operazioni di soccorso non aggravino situazioni di pericolo a bordo e non impediscano il raggiungimento del porto di sbarco. Come è stato ricordato, ci sono state, nel corso della scorsa legislatura, già diverse azioni specifiche su questo aspetto; il riferimento più immediato, a questo riguardo, è quello del codice di condotta delle ONG del luglio del 2017, con l'allora Ministro Minniti. I toni portati avanti a commento di questo decreto da alcune ONG sono più o meno gli stessi di quelli dell'estate del 2017.

Io ritengo sia necessario un approccio organico a questa materia e questo lo considero un primo intervento. Forza Italia, già nella scorsa legislatura, ha individuato una serie di temi che sono alla base del nostro programma sul tema immigrazione. Il dato di fondo imprescindibile è che deve esserci necessariamente un approccio europeo alla questione, una solidarietà, una responsabilità e oneri condivisi tra i 27 Stati. Devo dire che, in parte, già nella scorsa legislatura, con l'ultimo Governo, il Governo Draghi, ma soprattutto adesso, con l'azione che stiamo portando avanti in questa legislatura, con il Governo Meloni, vedo un cambio di approccio. Per noi è basilare quello che verrà discusso e deciso nel prossimo Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio. Le parole della Presidente della Commissione, tra l'altro, mi sembra vadano nella giusta direzione. La Presidente Ursula von der Leyen ha mandato una lettera, in preparazione dell'appuntamento del 9 e del 10, in cui dice chiaramente che la migrazione è una sfida europea alla quale dobbiamo dare una risposta europea. In allegato alla lettera, la Presidente della Commissione, indica quattro aree in cui agire per fare la differenza nell'immediato: si parla del necessario rafforzamento delle frontiere esterne con il dispiegamento coordinato delle risorse dell'Unione europea nei punti strategici, di un fondamentale e necessario lavoro più mirato con i partner del Mediterraneo e dei Balcani occidentali, di un miglioramento delle procedure alla frontiera e nei rimpatri, della necessità di affrontare il problema dei movimenti secondari e di garantire un'effettiva solidarietà tra i Paesi europei e, infine, di intensificare la cooperazione con i partner per migliorare la gestione della migrazione e dei rimpatri.

Secondo noi, questi sono spunti interessanti, che vanno nella giusta direzione, perché quelle a Sud, come quelle ad Est, sono frontiere non solo degli Stati, ma dell'intera Unione europea. L'approccio europeo, vale a dire la necessaria e imprescindibile cornice europea, deve essere un punto sul quale dobbiamo continuare a batterci e a reclamare attenzione ai nostri partner. Qualsiasi politica in tema di immigrazione non può prescindere, secondo noi, dal contrasto all'immigrazione clandestina e dalla difesa delle frontiere esterne.

È necessario però andare oltre; in particolare, è necessaria un'interazione con i Paesi di transito. Ben vengano, quindi, gli incontri previsti in queste settimane della nostra Premier e del Ministro degli Affari esteri, Tajani, con i rappresentanti dei Paesi di transito. Ricordo che, nel corso del Governo Berlusconi, abbiamo siglato dei patti importanti in questa prospettiva, che hanno dato dei risultati tangibili. Sarà poi necessario quello che noi abbiamo chiamato un più generale Piano Marshall per l'Africa, al fine di dare un sostegno a questi Paesi di origine, che devono essere beneficiari di aiuti e contributi sotto l'egida, non solo dell'Italia, ma dell'Unione Europea. È necessario un impegno concreto sul quale si stanno facendo, in ambito comunitario, importanti passi avanti. È necessario discutere - ben vengano le parole della Presidente - di ricollocamenti e di rimpatri, di potenziamento delle agenzie europee dedicate e di una migliore definizione dei percorsi di migrazione legale.

Mi auguro - Forza Italia lo sta chiedendo a Roma, come a Bruxelles - che si facciano poi passi in avanti sul cosiddetto nuovo Patto europeo su immigrazione ed asilo, che è stato presentato dalla Commissione nell'autunno del 2020, sebbene gli eventi accaduti dopo il 24 febbraio non aiutano ad accelerare questo tipo di percorso. Tra l'altro, non ci piacciono molto le parole dell'ambasciatore Lars Danielsson, che ha già fatto sapere che, durante la Presidenza svedese, non ci sarà alcun patto sull'immigrazione. Secondo noi questa è una posizione assolutamente non condivisibile. Su questi aspetti Forza Italia continuerà a presentare idee e proposte.

Ci sono tutte le condizioni stavolta per affrontare questa tematica in maniera complessiva. Abbiamo un Governo che ha ricevuto un forte mandato popolare, che ha cinque anni di lavoro davanti a sé. Abbiamo un Ministro dell'Interno competente, abbiamo l'Europa che finalmente si rende conto della necessità di condividere la problematica e le relative soluzioni. Quindi ci sono tutte le condizioni per fare dei passi importanti in avanti, nella giusta direzione rispetto ad una problematica che, come è stato ricordato, è antica come l'uomo, c'è stata, c'è e ci sarà (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schlein. Ne ha facoltà.

ELLY SCHLEIN (PD-IDP). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, questo è un decreto che si pone chiaramente in violazione del diritto internazionale, della Convenzione SAR, quella rivolta alla ricerca e soccorso in mare, della Convenzione UNCLOS, della Convenzione SOLAS. E non è soltanto l'analisi di molti esperti che ve lo ha segnalato con forza, ma da oggi addirittura il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, che vi chiede di fermarvi. Fermatevi, fermatevi perché questa è una norma sbagliata, che, oltre a essere inumana, è anche una norma che rischia di farvi fare ciò che è già successo nel 2012, quando le destre hanno già fatto condannare l'Italia per i respingimenti collettivi. Era la sentenza Hirsi. Questo è un decreto che impedisce o vuole impedire di fare più salvataggi insieme, di operare più situazioni di soccorso in mare, ma, per rispettare questo tipo di decreto, il comandante della nave si troverebbe costretto a violare delle norme di rango superiore, quelle del diritto internazionale, e non lo possiamo permettere. Né il codice della navigazione né le convenzioni che ho citato prevedono alcun limite numerico alle operazioni di salvataggio, anzi, impongono esattamente il contrario, cioè a chi ha notizia di persone in difficoltà di procedere all'assistenza.

Alcune altre disposizioni, invece, di questo decreto sono vacue o ridondanti su cose che queste navi hanno già dimostrato di fare ogni volta che si trovano ad operare un soccorso in mare. Rimarcano requisiti già previsti da norme esistenti, e questo sembra voler aprire un varco a chiedere delle specifiche tecniche particolari per queste navi che effettuano soccorso, ma in realtà potrebbe capitare a qualsiasi nave mercantile di operare un soccorso, e quindi non si capirebbe la ragione di questa discriminazione. Le navi chiedono sempre il porto di sbarco, ma purtroppo la realtà è un'altra, che molte volte non hanno avuto risposte. Quindi è lo Stato, sono gli Stati ad essere inadempienti nei loro confronti, nei confronti dei diritti che dovremmo rispettare, che l'Italia è chiamata a rispettare. Il diritto internazionale del mare è anche chiaro nello stabilire che le procedure di asilo vanno gestite a terra, non certo sulle navi, perché il comandante della nave che abbia effettuato un salvataggio conclude i suoi obblighi nel momento in cui le persone sbarcano nel porto sicuro.

Di certo la pratica che avete adottato, questa novità di allungare volutamente le sofferenze delle persone salvate in mare, dando dei porti sempre più lontani, persone che, ricordiamolo, sono spesso in condizioni fisiche e anche psichiche di grande sofferenza e che necessitano di cure mediche urgenti, è una pratica che non ha alcun fondamento dal punto di vista giuridico. È una pratica che, oltretutto, è crudele e inumana. E poi mi chiedo perché riguarda solo chi viene salvato dalle ONG e non la maggioranza delle persone che vengono salvate, invece, dalla Guardia costiera.

Dal gennaio di quest'anno sono 5.000 le persone che sono arrivate, che sono sbarcate, e quattro su cinque sono state salvate proprio dalla Guardia costiera italiana. A riprova della vostra malafede - mi rivolgo al Governo - sono stati rimandati i minori non accompagnati arrivati fino a La Spezia con la Geo Barents indietro per 800 chilometri, fino a Foggia. È proprio la logistica dell'orrore quella che mettete in campo con questa nuova pratica, e non ha nulla a che fare con quello che afferma il Ministro Piantedosi, quando dice di volere sgravare le regioni del Sud rispetto agli obblighi di accoglienza. Abbiamo visto il contrario, abbiamo visto persone fatte arrivare fino a La Spezia e poi respinte, riportate fino a Foggia. Vorrei ricordare a questo Governo e a questa maggioranza che la solidarietà non è un reato, la solidarietà non è un reato, e questo decreto ha il solo fine di ostacolare le operazioni di chi cerca di salvare le vite dal mare. Ditelo allora, siate più onesti con il Paese, con le italiane e gli italiani. La verità è che queste organizzazioni stanno solo sopperendo alla gravissima mancanza di una missione istituzionale, di una missione europea con un pieno mandato umanitario di ricerca e soccorso nel mare, una Mare Nostrum europea. Questa sarebbe la battaglia che mi aspetto di veder fare a questo Governo.

Non ci sarebbe nemmeno bisogno dello sforzo di solidarietà delle organizzazioni non governative se l'Unione europea e i suoi Governi facessero pienamente il loro mestiere, perché quelle convenzioni chiedono di avere un sistema adeguato a prevedere la ricerca e il soccorso di chi si trova in difficoltà nel mare. Il Ministro Piantedosi poi parla spesso, a sproposito, devo dire, di un eventuale pull factor, ma credo che il Ministro, nella sua posizione, abbia la possibilità di studiare tutti i dati che dimostrano una cosa altra. Se guardiamo alle partenze, ad esempio, dal 1° gennaio al 18 maggio del 2021 - cito dei dati che ho visto di persona, ma ce ne saranno sicuramente a disposizione del Ministro anche di questo ultimo anno, il 2022 - abbiamo che le partenze di migranti con ONG in area SAR sono 125 al giorno, con nessuna ONG sono 135 al giorno. Credo che invece questo Governo dovrebbe spendere meglio le sue forze e le sue energie per fare battaglie giuste, come quella di aprire vie legali e sicure, che oggi mancano completamente, non solo verso l'Unione Europea, ma verso tutti i suoi Stati membri, con i visti umanitari ad esempio, con i corridoi umanitari, con i reinsediamenti, i ricollocamenti. Tutte cose contro cui, purtroppo, vi siete battuti. E gli sforzi di questo Governo sarebbero ancora meglio riposti se, anziché fare questa guerra alle ONG, voi convinceste gli altri Governi europei a cambiare l'ipocrisia originaria del regolamento di Dublino, che è quello che blocca centinaia di migliaia di richiedenti asilo nel primo Paese dove mettono piede per chiedere protezione internazionale in Europa. Quella sarebbe la battaglia da fare, perché quel regolamento è il motivo per cui assistiamo a questo inumano braccio di ferro sulla pelle delle persone più fragili, anche tra i Governi, perché non dimentichiamo anche le liti con Malta, con altri Paesi per chi assegna un porto di sbarco. Ma no, credo che a voi non interessi davvero trovare soluzioni, ma soltanto mostrare i muscoli verso le persone più deboli, in fuga da torture e conflitti, in fuga da disperazione e da discriminazione. Forti con i deboli e deboli con i forti, così siete. E, davanti a questo, la battaglia per la solidarietà europea si dovrebbe fare nei tavoli dove si cambiano quelle norme ingiuste. Sono norme che voi avete accettato, perché c'eravate voi, c'erano le destre, quando fu approvato quel regolamento di Dublino nel 2003, nella sua prima versione. Non ci voleva un genio già allora per capire che cosa avrebbe comportato nel lasciare le maggiori responsabilità dell'accoglienza sui Paesi che si trovano ai confini caldi dell'Unione europea. E quando abbiamo provato in sede europea, io stessa in un altro ruolo, a cancellare il criterio del primo Paese di accesso, facendo un lungo lavoro di riforma che è durato due anni, non ho mai visto le destre che oggi governano questo Paese partecipare a nessuna delle 22 riunioni di negoziato sulla riforma più importante per l'Italia sul tema dell'asilo.

Ma vorrei che voi diceste la verità, perché è chiaro perché non siete venuti a partecipare, e crediamo che le italiane e gli italiani meritino di sapere questa verità. La verità è che non avete il coraggio di dire ai vostri alleati nazionalisti, come Orbán, che i Trattati europei già prevedono sull'accoglienza il principio di solidarietà e di condivisione equa delle responsabilità tra tutti gli Stati membri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non avete il coraggio di dire a questi vostri alleati nazionalisti che non si possono volere soltanto i benefici di far parte dell'Unione europea, se non se ne condividono anche le responsabilità che ne derivano. Sarebbe semplice, ma capisco che, succubi di questi alleati, non potete chiedere una cosa giusta per i richiedenti asilo e per fare davvero l'interesse nazionale.

Solo che a questo punto mi viene un dubbio: quando, nel marzo dell'anno scorso, per effetto di un'altra guerra criminale ai danni dell'Ucraina, hanno iniziato a spostarsi milioni di persone che chiedevano protezione, per la prima volta si è attivato in Europa uno strumento fondamentale, che era sempre stato bloccato da quei vostri alleati nazionalisti: la direttiva sulla protezione temporanea.

Ecco, sfido la Presidente Meloni: se vuole fare una cosa giusta, chieda di attivare la direttiva sulla protezione temporanea anche per chi arriva dalla rotta mediterranea, anziché rimanere bloccato in Italia, in Spagna o in Grecia, cioè nel primo Paese di arrivo. Questo succede anche se quella persona ha reti familiari oppure che possano fornire protezione e accoglienza in altri Paesi europei. Chiedo questo a questo Governo e alla Presidente Meloni: fate il vostro mestiere fino in fondo, altrimenti dovremmo pensare che, siccome la Polonia ha dato il via libera, diciamo, finalmente all'attivazione di quella direttiva sulla protezione temporanea, quando milioni di persone sono arrivate proprio in quel Paese, questo Governo non è in grado di ottenere la stessa cosa dai propri alleati. Credo che questa sia la cosa che dovreste fare, perché, altrimenti, ci toccherebbe pensare che, per qualcuno, conta soltanto il colore della pelle delle persone che arrivano e questo, purtroppo, ha un nome che è “razzismo” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e le convenzioni internazionali dicono che non ci sono rifugiati di serie A e rifugiati di serie B (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gaetana Russo. Ne ha facoltà.

GAETANA RUSSO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, membro del Governo, il Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2022 ha approvato un decreto-legge, a prima firma Giorgia Meloni, che introduce disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori e la semplificazione procedimentale in materia di immigrazione che per noi è di rilevanza strategica, posto che traccia un cambio di passo importante rispetto al decreto n. 130 del 2020 su immigrazione e sicurezza, il cosiddetto decreto Lamorgese al quale, lo si ricorda con forza, Fratelli d'Italia dalla scorsa legislatura si è sempre opposta.

Finalmente oggi, con Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia come forza di maggioranza parlamentare, si traccia, a nostro avviso, una rotta diversa, verso regole chiare e certe per tutti, nell'interesse delle persone che abbiamo il dovere di soccorrere e salvare in mare, denunciando, però, in modo chiaro - proprio partendo da questo decreto che è il primo tassello di una politica migratoria più complessa e mirata -, che non voler ammettere che il problema dei flussi migratori è grave, e non può essere risolto con l'accoglienza indiscriminata, vuol dire fare della retorica buonista, senza avere il coraggio di affrontare in modo strutturato il problema, a discapito della sicurezza di quelle stesse persone che scappano da situazioni disastrose nei Paesi di provenienza e, al contempo, a discapito della sicurezza del Paese che le va a ospitare.

La linea politica di Fratelli d'Italia sulla questione immigrazione e ONG è da sempre chiara e non possiamo che essere soddisfatti che si sia messo mano in questo decreto, che ci apprestiamo a convertire, da quelle carenze strutturali che da anni rileviamo sul piano del contrasto all'immigrazione clandestina, sul piano della tutela della sicurezza sul territorio nazionale, alla lotta al degrado e alle forme sempre più dilaganti di criminalità comune importate anche in considerazione di quella immigrazione illecita, sino alle attività delle ONG negli ultimi anni non sempre edificanti.

Le modifiche di questo decreto hanno interessato principalmente - lo abbiamo ribadito più volte - il decreto Lamorgese che, in modo inesorabile, ha amplificato quelle criticità della politica migratoria italiana, già rilevate da Fratelli d'Italia e che si erano iniziate ad affrontare nei decreti Sicurezza dei Governi “Conte 1” e “Conte 2”, che quantomeno, per la ratio che li aveva supportati e per l'accoglimento di diversi rilievi e al tempo sostenuti proprio da Fratelli d'Italia, avevano ottenuto in Aula il voto favorevole di Fratelli d'Italia.

Occorre, perciò, fare un passo indietro e ricordare al MoVimento 5 Stelle, che ci ha abituato a repentini cambi di pensiero e a votare tutto e il contrario di tutto in considerazione della compagine di Governo, e di convenienza, di cui faceva parte, che, durante il Governo “Conte 1”, il cosiddetto Governo giallo-verde, furono varati i cosiddetti decreti Sicurezza, con i quali vennero introdotte significative modifiche alla legislazione allora vigente in materia di immigrazione, testi che, benché non fossero del tutto soddisfacenti per Fratelli d'Italia, prevedevano certamente norme meno lontane rispetto a quanto sostenuto dalla successiva maggioranza rosso-gialla, sempre a guida Conte, e a quella, ulteriormente successiva, a guida Draghi.

A seguito della nascita del Governo rosso-giallo si aprì, come è noto, il dibattito interno all'allora maggioranza sulla pretesa esigenza di modifica dei decreti Sicurezza, a seguito dei quali si è andati di fatto a scardinare le novità apportate nei due decreti Sicurezza e su cui oggi finalmente, con il Governo Meloni e con questo decreto, si è messo mano.

Si sono previste, infatti: la reintroduzione del divieto d'ingresso, transito o sosta di navi non regolarmente deputate al salvataggio in mare o impegnate in attività di soccorso in forma non occasionale, ovvero in assenza, come recita la lettera a) dell'articolo 1, comma 2-bis, delle “autorizzazioni o abilitazioni rilasciate dalle competenti autorità dello Stato di bandiera” e congiuntamente al possesso di requisiti di idoneità tecnica-nautica e di sicurezza della navigazione; la reintroduzione di rilevanti sanzioni, non soltanto di natura pecuniaria, a fronte della mancata ottemperanza ai precetti normativi ivi previsti; la subordinazione delle operazioni di soccorso e assistenza alle autorità competenti dello Stato di bandiera ove si svolga l'evento; l'introduzione del fermo e, in caso di reiterazione delle violazioni, della confisca della nave; la possibilità che anche la condotta del personale a bordo della nave sia passibile delle sanzioni previste dal corrente decreto, prevedendo, infatti, che, oltre al comandante, possano essere ritenuti legittimati passivi dei precetti normativi introdotti anche l'armatore e il proprietario della nave in via solidale.

Tutto ciò ha la finalità di determinare una disincentivazione all'attività non delle ONG in senso stretto, come abbiamo più volte ripetuto nel dibattito in Commissione, a meno che chi ne lamenta il carattere afflittivo e persecutorio non ritenga che talune ONG rientrino tra quelle imbarcazioni che, come recita il precetto, già menzionato, di cui alla lettera a), non siano in possesso delle relative autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti e di quei requisiti tecnici previsti, ma sicuramente questo decreto persegue una chiara disincentivazione verso quelle imbarcazioni che svolgono, in modo arbitrario e non regolamentato, l'attività di ricerca e soccorso in mare.

Tra le importanti novità, infine, introdotte con il presente decreto e su cui si è incentrato prevalentemente lo scontro con le opposizioni, vi sono, poi, la cosiddetta questione dei salvataggi multipli e l'assegnazione del porto di sbarco da parte della competente autorità, da raggiungere senza ritardo per il completamento dell'operazione di soccorso.

Oggi siamo, quindi, chiamati a convertire un provvedimento complesso e delicato sotto molteplici aspetti che, non a caso, ci ha imposto, come dovere morale in sede di Commissione trasporti, di audire compiutamente tutti gli enti interessati che, solo per compiutezza, vado ad annoverare, anche al fine di certificare che vi è stata l'assoluta disponibilità da parte delle forze di maggioranza, ma anche di minoranza, nel dare contenuto e forma ad una questione che ideologica non doveva e non deve essere: Alarm Phone, Amnesty International, Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, Emergency, Medici Senza Frontiere, Sea-Watch, SOS Méditerranée, ARCI, e potrei andare avanti ancora.

Si è, quindi, in sintesi affrontata in queste settimane la questione sulla gestione dei flussi migratori con la fermezza e con una linea politica chiara, ma senza alcuna pregiudiziale nei confronti di una diversa sensibilità dell'opposizione sul tema, con il rigore di accogliere, anche su istanza avversa, i contributi utili che potessero pervenire in sede di audizioni e discussioni in Commissione, con il precipuo scopo di non fare della vicenda immigratoria una bandiera ideologica, perché è di persone che rischiano la vita in mare che stiamo parlando.

Avremmo gradito - questo sì - che al medesimo riconoscimento della possibilità di un contributo proficuo alla questione migratoria da noi riservato alla minoranza fosse seguito, di converso, nei nostri riguardi la medesima attestazione di stima, pur con idee divergenti, e di rispetto, che, invece, spesso sono venuti meno, venendo il più delle volte additati con toni sgradevoli di superiorità morale che non meritano nemmeno di essere ripetuti in quest'Aula.

La linea politica che riteniamo si dovesse perseguire e su cui crediamo si sia fatto un buon lavoro con questo decreto mirava e mira a coniugare le norme del diritto internazionale con quelle di diritto nazionale, regolamentando l'azione delle navi ONG nel Mediterraneo con il preciso dovere di assicurare l'incolumità delle persone recuperate in mare e, dall'altro, di coniugare l'esigenza di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica nel nostro Paese.

Sinteticamente, il testo del decreto che andiamo a convertire prevede che le operazioni di soccorso debbano essere immediatamente comunicate alle autorità italiane e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni date dalle predette autorità. Appena effettuato il soccorso, deve essere richiesta l'assegnazione del porto di sbarco e quest'ultimo, indicato dalle autorità competenti, deve essere raggiunto senza ritardo. Da quel momento i soccorritori non potranno effettuare altre soste.

Non potranno, ad esempio, effettuare un altro soccorso, salvo che vi siano espressamente stati autorizzati, fino allo sbarco nel porto assegnato. Ancora più chiaramente, non viene quindi impedito tout court di effettuare un secondo e successivo soccorso durante la rotta intrapresa rispetto a quello originario già effettuato, né si fa una battaglia all'attività delle ONG fine a se stessa come se ne vorrebbe raccontare, ma si subordina tale attività a norme chiare, all'autorizzazione delle autorità competenti, in considerazione di una visione più centralizzata e regolamentata che mira ad intervenire nel salvataggio in modo più efficace e tempestivo. Sulla questione del porto assegnato, nonché sulla questione dei cosiddetti salvataggi multipli si sono accesi gli animi delle opposizioni e, francamente, non se ne comprende la ragione, a meno che l'opposizione non voglia dare cittadinanza in questo Paese e richiamare quest'Aula sul punto a una politica immigratoria discriminata, svincolata da una regolamentazione precisa, che non verta sul principio di sicurezza nazionale e internazionale, in palese divergenza, peraltro, rispetto alla politica di qualsiasi altro Paese appartenente alla Comunità europea, istituzione tanto consumata nelle orazioni avverse su qualsiasi altro tema, ma silenziosamente elusa proprio in tema di immigrazione.

Quanto all'assegnazione del porto sicuro ove terminare le operazioni di soccorso, è opinione di Fratelli d'Italia che un Governo serio e sovrano debba poter decidere, contingentando la disponibilità dei propri porti e delle città ospitanti e assumendosene le dovute responsabilità, quale sia il luogo più adeguato e opportuno per consentire lo sbarco di migranti, al fine di gestire al meglio le operazioni di soccorso e di prima assistenza e che tale compito non possa certo essere avocato a sé da parte di una nave all'occasione presente nei nostri mari, a meno che anche su tale aspetto, l'opposizione non voglia riferire in Aula che ci si debba piegare alla discrezionalità altrui o ancor più gravemente che le situazioni emergenziali indecorose, come quelle dell'hotspot di Lampedusa in cronico sovraffollamento, siano ricostruzioni frutto della fervida fantasia della maggioranza parlamentare.

Si respinge con forza - e anche su questo si è assistito a una relazione fallace da parte della sinistra - che sia una ricostruzione del tutto capziosa e strumentale alle ragioni di chi parla che quello che è accaduto negli ultimi anni non corrisponda al vero. Abbiamo assistito ad ONG che anziché intervenire su una singola situazione di rischio restavano in mare per giorni, effettuando diversi trasferimenti prima di condurre i migranti in un porto sicuro e facendo da spola da una sponda all'altra del Mediterraneo e ciò a discapito proprio di quei disperati che la sinistra italiana asserisce di voler proteggere e che, invece, ha costretto a restare in mare in balia di condizioni marittime pesanti, per giorni. Per Fratelli d'Italia, tutto ciò non è più ammissibile. L'ultimo dossier dei dati della Guardia costiera del 2022 - lo hanno ricordato in diversi in quest'Aula e sul punto costituisce per noi uno spartiacque fondamentale e terzo nel dibattito - fotografa la situazione del Mediterraneo e dei migranti arrivati in Italia dal 1° gennaio al 31 dicembre: su un totale di 105.129 persone salvate, la gran parte dei salvataggi di migranti nel Mediterraneo è stata effettuata dalla Guardia di finanza, dalla Guardia costiera e dalle navi della Marina Militare, chiarendo quindi che solo poco più dell'11 per cento del totale è stato condotto a terra dalle organizzazioni non governative. È evidente, perciò, che anche la narrativa della sinistra italiana che vorrebbe ricondurre all'attività delle ONG una funzione, sì, importante, ma certo nei numeri non così determinante, e alla quale con le censure a questo decreto parrebbe che non si possa nemmeno porre una regolamentazione chiara, in considerazione del ruolo salvifico che esse solo possono assolvere, non solo è vergognosa, non solo è intellettualmente disonesta, ma, soprattutto, è sconfessata nei numeri, quantomeno in quelli che vorrebbero ascrivere alle sole ONG il salvataggio dei migranti che approdano sulle nostre coste, avocando a sé un ruolo prioritario che invece non hanno.

Mi sia consentita una breve riflessione su quanto è accaduto nell'operazione di soccorso della ONG Geo Barents a La Spezia, domenica scorsa, della quale abbiamo avuto in Commissione una testimonianza diretta da parte della collega di Fratelli d'Italia, l'onorevole Frijia, che ricopre tuttora la carica di vicesindaco in questo comune, e su cui sarebbe interessante ascoltare le considerazioni anche di colleghi dell'opposizione che al contempo ricoprano o abbiano ricoperto in passato ruoli di amministratore nelle rispettive città.

In ottemperanza alle nuove disposizioni impartite nel decreto, la Geo Barents avrebbe dovuto soccorrere lo scorso lunedì 23 gennaio, 69 migranti a largo di Tripoli su un gommone sovraffollato e avrebbe dovuto terminare l'operazione di soccorso senza ritardo, dirigendosi verso il porto assegnato, per l'appunto, quello di La Spezia. In spregio ai nuovi precetti e asserendo di aver ricevuto una segnalazione di un altro gommone con migranti, ha abbandonato la direzione intrapresa, rivolgendosi verso la nuova rotta ove, sempre davanti alla Libia, avrebbe soccorso altre 61 persone e poi effettuato un diverso e terzo intervento a seguito di altra segnalazione di Alarm Phone, per 107 persone, per un totale, quindi, di 237 naufraghi, di cui 27 donne e 87 minori, anziché dei 69 originari da condurre sino a La Spezia.

Ora, se è vero che l'amministrazione interessata, come ci ha raccontato la collega, essendo amministrazione evidentemente capace, è stata in grado di assolvere comunque, pur a fatica, le operazioni di soccorso e intervento comprensive anche della più delicata fase di cura dei minori, che non erano originariamente previsti o, quantomeno, non in quel numero e che in quanto tali esigono protocolli specifici, è altrettanto vero che un conto è dover far fronte, proprio malgrado, a situazioni di emergenza inaspettate, un altro è individuare per tempo come assegnatario un porto in considerazione delle capacità del porto stesso e di un innesto su quel territorio con un numero preciso di persone da attenzionare, mettendo quell'amministrazione nelle condizioni migliori e ottimali per effettuare tutte le operazioni di soccorso, nell'interesse di chi va assistito. Si fa fatica a ritenere che tale pensiero non sia condiviso anche dai colleghi della minoranza presenti in Aula che al contempo ricoprano ruoli in amministrazioni o che lo abbiano fatto in passato, ma è proprio questo che il decreto che ci apprestiamo a convertire si propone di fare: dare regole certe e chiare a chi deve prestare soccorso, nell'interesse di chi va assistito e nella piena sicurezza di chi deve assistere. Mi piacerebbe, poi, chiedere, Presidente, per il suo tramite, alla minoranza, se ritiene legittimo che una ONG battente bandiera straniera si possa sottrarre arbitrariamente alle norme vigenti di diritto italiano. Regolamentare l'attività di queste organizzazioni non autorizzate nel Mediterraneo, peraltro, non significa voler mettere a repentaglio la vita dei migranti o far crescere il numero di morti in mare, ma contribuire a disincentivare partenze irregolari, considerando che negli anni il pattugliamento delle navi umanitarie davanti alle coste della Tripolitania è stato identificato più volte come un fattore di attrazione per i migranti. Sul punto, determinante è stato, infatti, il dato consegnatoci dalla Guardia costiera in sede di Commissione trasporti, la cui terzietà mi auguro che quest'Aula non voglia mettere in discussione: dei 105.000 circa migranti soccorsi in mare, 1.401 arriverebbero dall'Algeria, 32.798 dalla Tunisia, 17.901 dal Mediterraneo orientale e 53.190, ossia, la metà, dalla Tripolitania. Le ONG, secondo quanto riportato proprio dalla Guardia costiera, insisterebbero con la propria attività unicamente su quest'ultima rotta, dalle coste della Tripolitania sino all'isola di Lampedusa, andando a confermare, benché ovviamente non la si possa ritenere la causa scatenante delle partenze, che la presenza delle navi ONG davanti alle coste libiche sia uno dei fattori che contribuiscono ad incentivare quelle partenze.

Una cosa, tuttavia, senz'altro, nel dibattito con l'opposizione ci ha visto e ci vede concordi: occorre procedere per passi per trovare soluzioni concrete su un tema su cui finora non vi è mai stata, né a livello nazionale, né tanto meno a livello europeo, la volontà di individuare soluzioni efficaci e, purtroppo, anche questo scontro certifica che sinora si è voluto trasformare in un dibattito figlio di un approccio ideologico una materia che ideologica non deve essere. Ma per fare ciò, va accolto ancora prima un principio chiaro per cui solamente chi ha diritto a essere rifugiato può essere accolto e deve essere accolto equamente nei 27 Paesi dell'Unione europea, ma, a differenza dei profughi che vanno sempre accolti, i migranti devono essere gestiti con i decreti Flussi in modo legale e con regole certe.

Il decreto che andiamo a convertire regola il comportamento delle navi che effettuino operazioni di soccorso, ma nessuno tra noi ritiene che sia risolutivo del problema dell'immigrazione irregolare. Esso va inteso come un primo passo di una strategia più complessa da parte di questo Governo, che va affrontata sicuramente anche in sede europea oltre che con le autorità del Nordafrica, posto che l'obiettivo primario resta per noi quello di fermare le partenze e interrompere il business dei trafficanti, in accordo con i Governi locali.

E non vi è chi non veda che è esattamente quello che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta facendo da ottobre ad oggi, con una fitta serie di incontri bilaterali proprio in quelle zone ritenute sensibili e instabili da cui provengono i migranti, rispettando gli impegni che abbiamo assunto in campagna elettorale nei confronti degli italiani.

Mi accingo a terminare, Presidente, ricordando, da ultimo, che, il 28 gennaio, Giorgia Meloni si è recata a Tripoli, insieme ai Ministri degli Affari esteri e dell'Interno, dove ha incontrato le massime autorità del Governo libico. Ci risultano essere stati firmati importanti accordi in tema di cooperazione, energia e, ovviamente, di controllo dei flussi migratori. Questo viaggio, peraltro, arriva a pochi giorni di distanza dalla visita in Algeria e, prima ancora, in Turchia, Tunisia, Egitto. Evidentemente, tutto questo è da inquadrarsi nella precisa strategia che il Governo Meloni sta perseguendo in modo serrato, a passi spediti, per riportare l'Italia e l'Europa al centro dell'area mediterranea, passando per la trasformazione della Penisola in un hub energetico strategico per l'Europa, attraverso la promozione di un piano di crescita e di sviluppo destinato alle Nazioni del Nordafrica, ma, soprattutto, con l'ambizione di voler contribuire alla stabilizzazione dei Paesi dell'area mediterranea, con la consapevolezza che solo rendendo stabile il Paese di provenienza potranno diminuire le partenze illegali e la conseguente criminalità che, purtroppo, importiamo da quei Paesi.

Auspichiamo, perciò, che il Governo persegua su questa strada verso la cooperazione in tema di contrasto all'immigrazione irregolare, confermandone la centralità nell'agenda di Governo, al quale promettiamo il massimo sostegno da parte di Fratelli d'Italia e al quale chiediamo una sempre maggiore intensificazione degli sforzi e degli strumenti per regolare i flussi migratori e combattere i flussi illegali, assicurando sempre - e lo si sottolinea - un trattamento umano e attento alle persone che ne sono interessate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, finalmente è arrivata una parola di verità e di dissenso in questo che possiamo definire mare di bugie e - lo ribadiamo anche davanti a lei, Presidente Mule' - atti sconsiderati.

“Il Governo italiano deve considerare la possibilità di ritirare il decreto-legge” sulle ONG oppure adottare durante il dibattito parlamentare tutte le modifiche necessarie “per assicurare che il testo sia pienamente conforme agli obblighi del Paese in materia di diritti umani e di diritto internazionale”: mi dispiace - lo dico, Presidente Mule', per suo tramite, ai relatori per la maggioranza -, non sono le parole dell'opposizione, ma sono le parole pronunciate da Dunja Mijatović, commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa in una lettera inviata, proprio in queste ore, al Ministro Piantedosi.

Viste le ricostruzioni che abbiamo subito in queste ore - perché, veramente, è stata anche solo una tortura riascoltare ricostruzioni davvero fantasiose -, vorrei che andassimo a ritroso in questi atti che consideriamo sconsiderati. E sono molti, a partire dall'ultima dolorosa beffa dell'azione antiumanitaria del Governo: 770 chilometri in pullman, da La Spezia a Foggia, imposti a minori sbarcati dalla Geo Barents. Già, perché, dopo 4 giorni di viaggio in mare per raggiungere il lontanissimo porto di La Spezia, assegnato dal Viminale in questa idea intelligentissima di rendere questi viaggi sempre più interminabili, sono stati informati che la destinazione finale, in realtà, era un'altra per loro. D'altra parte, sappiamo benissimo - e lo ha ben compreso il Consiglio d'Europa - che assegnare alle ONG porti del Centro e Nord Italia non ha nulla a che fare con l'alleggerimento delle strutture di accoglienza del Sud, ma è solo un modo per rendere più tortuoso e difficile il percorso delle navi umanitarie.

Torniamo ancora indietro, però, a martedì 24 gennaio.

La nave di Medici senza frontiere aveva soccorso 69 persone e ricevuto l'indicazione di dirigersi verso il porto di La Spezia. Tuttavia, questi criminali, durante il tragitto, hanno avuto notizia di un'altra imbarcazione in difficoltà nelle vicinanze e, mentre si stava dirigendo verso quella imbarcazione - pensate -, ne ha incontrata un'altra; quindi - come hanno detto i relatori per la maggioranza, l'onorevole Russo, appena adesso, è a verbale -, si è fermata a soccorrere le 61 persone a bordo. Così, nel primo pomeriggio, ha effettuato la terza operazione, raggiungendo, poi, il porto di La Spezia, con 230 persone a bordo. Qualcuno ha detto “purtroppo” in quest'Aula, e non se ne vergogna. In sostanza, per ricapitolare per le persone che ci stanno ascoltando, mercoledì 25, la Geo Barents ha soccorso 2 imbarcazioni nel Mediterraneo centrale, senza l'autorizzazione del Governo italiano prevista dal codice di condotta approvato lo scorso dicembre, che impone di effettuare una sola operazione di soccorso e, poi, navigare verso il porto assegnato, l'oggetto di questo decreto.

Quindi, Presidente, glielo dico in un modo molto chiaro: prima di chiedere sanzioni, confische, sequestri - lo dico a lei, per suo tramite, al Presidente del Consiglio e alla deputata Russo -, chi avrebbe dovuto salvare quella bambina di 11 mesi insieme alla mamma, se il comandante non avesse invertito la rotta, andando contro il decreto di questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)? Lo chiedo in quest'Aula, perché sono 237 naufraghi, sono 87 bambini salvi e noi ne siamo orgogliosi! Ne siamo orgogliosi e chiediamo veramente scusa a chi è stato ostacolato in queste ore! E ringraziamo, perché il reato di umanità non avrà mai, e dico mai, in quest'Aula, una sanzione più grande della morte e dell'omissione di soccorso.

Presidente, la nave ora è ripartita per una nuova missione, a quanto abbiamo capito, senza incorrere in alcun sequestro. Certo, i soccorsi plurimi potrebbero costare alle ONG una multa dai 10 ai 50 mila euro. Vedete, la Presidente Meloni sostiene che abbiamo cominciato a difendere i nostri confini dai trafficanti di esseri umani, ma l'unico effetto che otterremo, se il decreto sarà approvato senza tener conto delle indicazioni dell'Unione europea e delle opposizioni, sarà quello di colpire le ONG di soccorso civile per fare pagare il prezzo alle persone che fuggono attraverso il Mediterraneo centrale e si trovano in situazioni di pericolo. Diciamoci la verità: volete che sia un monito. Ecco, il vostro decreto non farà che ridurre le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale, una delle rotte migratorie - come hanno detto tanti colleghi, che ringrazio - più letali del mondo. Nulla a che vedere con la lotta ai trafficanti di esseri umani, con cui le organizzazioni non governative - lo ribadiamo qui, senza timore - non intrattengono alcun rapporto. Al contrario - l'hanno ricordato bene la deputata Ghirra, l'onorevole Zaratti e gli onorevoli Schlein e Barbagallo -, quelle navi di soccorso civili stanno riempiendo il vuoto che gli Stati europei hanno deliberatamente lasciato con l'interruzione delle proprie operazioni di ricerca e soccorso. Eppure, gli Stati membri dell'Unione europea, capeggiati dall'Italia, continuano ad ostacolare le attività di ricerca e soccorso civile attraverso la diffamazione, le iniziative amministrative e, spesso, la criminalizzazione di quelle ONG e di quegli attivisti.

La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo normano già le attività di ricerca e soccorso, eppure ora il Governo introduce altre norme vessatorie, che mettono ulteriormente a rischio le persone in pericolo in mare. Già, perché obbligare a raccogliere a bordo delle navi di soccorso i dati dei sopravvissuti che intendono chiedere protezione internazionale è un modo, forse, per sollevare lo Stato da una sua responsabilità, come se queste imbarcazioni non avessero altre bandiere; già, perché non tutte sono italiane, anzi, la gran parte appartiene a Stati diversi dal nostro.

Ma, soprattutto, chiedere alle navi di dirigersi immediatamente in Italia dopo ogni salvataggio è solo uno stratagemma per ritardare o impedire i soccorsi, dato che, come dimostra la vicenda della Geo Barents, spesso le navi effettuano più salvataggi nel corso di diversi giorni.

Insomma, il diritto del mare chiede ai comandanti di prestare assistenza immediata alle persone in difficoltà, l'esatto contrario di ciò che voi vorreste imporre. L'assegnazione di porti lontani è un ulteriore gesto punitivo per dissuadere e intimidire chi si impegna nel soccorso umanitario. Ridurre la presenza di navi di soccorso non provocherà una riduzione delle partenze, ma un numero ancora più alto di naufraghi e di morti.

Nel 2022, l'Alarm Phone, un contatto di emergenza in supporto alle operazioni di salvataggio, è stato allertato per 673 imbarcazioni in pericolo nella regione del Mediterraneo centrale, a fronte di 27 casi di pericolo nel 2018, 101 nel 2019, 173 nel 2020, 407 nel 2021. Il rapporto diffuso da Alarm Phone ci dice che, nel 2022, cerca circa 105.000 migranti sono giunti attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, mentre erano 67.000 nel 2021, 34.000 nel 2020 e 11.000 nel 2019. Secondo le stime delle organizzazioni internazionali per le migrazioni, 1.377 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale durante il 2022, in un contesto reso più difficile dal venir meno di assetti di soccorso europeo e dagli ostacoli posti alle ONG, anche in precedenza.

Vedete, non saranno le vostre operazioni scomposte a fermare il fenomeno migratorio, come non lo è la generosità di chi offre aiuto a suscitarlo. Una delle peggiori bugie reazionarie sulle migrazioni è che sarebbero alimentate dalla disponibilità di navi delle ONG.

Un recente rapporto delle Nazioni Unite certifica che l'aumento dei disastri provocati dal cambiamento climatico, quello che qui spesso negate e di cui vi fregate, spinge milioni di persone a migrare: è una delle cause principali del traffico di esseri umani, quel cambiamento climatico che il Governo Meloni vorrebbe contrastare con una nuova corsa alle fonti fossili. Intere regioni diventeranno inabitabili, con effetti drammatici sulle comunità povere, che vivono principalmente di agricoltura e pesca; senza mezzi di sussistenza, queste persone saranno costrette a fuggire e diventeranno più vulnerabili nei confronti dei trafficanti. Per loro avete pronto un “Piano Mattei”, sì, certo, che certamente sarà collaborativo e giammai predatorio; “li aiutiamo a casa loro”, con gli effetti di un'era fossile che non abbiamo alcuna intenzione di chiudere; che non gli venga in mente, dunque, di muoversi, eh no, restino lì.

Ecco, concludo Presidente. Credo che nessun capitano ed equipaggio si faranno intimidire da questo decreto.

Il diritto nazionale, deputata Russo? Credo che la Costituzione, il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo sono dalla loro parte, il pronunciamento del Consiglio lo ha dimostrato. Anche noi siamo dalla loro parte, contro questo scellerato decreto.

Quanto a voi, ieri, vi sentivate forti di un consenso alimentato da sentimenti rancorosi; oggi, temo che vacilliate. È il momento di fare i bambini grandi, chiedere scusa, ritirare il decreto e tornare a più miti consigli.

Comunque vada, un giorno la storia giudicherà le condanne a morte che avreste voluto elargire con tanta dimestichezza, e non sarà generosa (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Saluto docenti e studenti dell'Istituto comprensivo “Virgilio”, di Roma, che assistono ai nostri lavori (Applausi).

È iscritta a parlare l'onorevole Carmina. Ne ha facoltà.

IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, era logico prevedere che il Governo Meloni, il Governo di destra di questo Paese, assumesse iniziative e adottasse provvedimenti in tema di immigrazione, tema di bandiera, tanto richiamato in campagna elettorale dal “Governo dei pronti”, che sembrava avesse pronte, appunto, le soluzioni adeguate al problema, che già avesse individuato le azioni da intraprendere, a monte e a valle.

Ma, certamente, ci saremmo aspettati interventi di diverso tenore e spessore, soluzioni che puntassero, ad esempio, al superamento del Trattato di Dublino, che, praticamente, pone a carico solo dell'Italia il compito di soccorrere e di provvedere all'accoglienza dei migranti, nel solco di quanto già ottenuto, con una semplice missiva, stante la sua autorevolezza, dal Presidente del Consiglio Conte, che addivenne a un impegno di ridistribuzione a carattere volontario da parte di alcuni Stati; ci saremmo aspettati che il Governo Meloni intervenisse, affinché la redistribuzione divenga un impegno strutturale e obbligatorio per tutti gli Stati dell'Unione europea, poiché le coste italiane sono, in realtà, la frontiera dell'Europa. In questo caso, comprendo l'imbarazzo: era più facile intervenire sulle ONG piuttosto che costringere gli Stati governati dalla destra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), gli Stati di Visegrád, ad addivenire a un impegno di redistribuzione obbligatoria. Oppure, ci saremmo aspettati che si adottassero provvedimenti più confacenti nei confronti di quei comuni appartenenti a quella fascia costiera che subisce l'impatto degli sbarchi, come, del resto, aveva cominciato a fare il Presidente Conte con la legge finanziaria del 2020, laddove, proprio su sollecitazione dei comuni di tale fascia costiera, era stato individuato un criterio e una norma e istituito un fondo di carattere strutturale, che sarebbe dovuto essere incrementato via via negli anni successivi, per riconoscere il ruolo svolto nell'accoglienza da questi comuni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ed è su questo fondo, creato dal Presidente Conte, che oggi si vanta questo Governo di aver canalizzato, con un emendamento, le sanzioni a cui saranno soggette le ONG; non è stato creato dal governo Meloni, ma sempre dalla visione acuta del Governo Conte.

Ci saremmo aspettati, soprattutto, che fossero pronti a interventi di contrasto nei confronti dell'illegalità, della criminalità, degli scafisti, dei trafficanti di esseri umani. Invece, la montagna ha partorito un topolino e, per giunta, mostruoso, andando a limitare la più grande espressione di solidarietà umana, intervenendo sul più nobile dei gesti che può compiere un uomo, ossia salvare la vita di un altro uomo, che, peraltro, si trova in una condizione terribile, in mezzo al mare, sulla rotta più mortale del Mediterraneo e sta annegando; provate solo a immaginarlo.

Normalmente, chi mette a rischio la propria vita per salvarne un'altra riceve una medaglia. In questo decreto, invece, viene sanzionato e criminalizzato, in forza di un becero ragionamento che è stato esposto, peraltro, qui, in Aula: limitare la possibilità di soccorso in mare per indurre i migranti a desistere dal partire, con ciò, indirettamente, determinando una supposta diminuzione del traffico illegale di esseri umani. Ma è ammissibile, prima moralmente e poi giuridicamente, sacrificare la possibilità di salvare esseri umani, al fine di convincerli a non partire? È questo l'intervento del “Governo dei pronti” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Lasciar annegare la gente in mare? Ma davvero credete che persone che affrontano i flutti per sfuggire alla guerra, alla fame, alla disperazione desistano dal partire, perché limitiamo la possibilità di salvezza da parte delle ONG?

Ancora una volta, poi, entrando nella tecnica giuridica, il Governo Meloni ci propone un provvedimento spot, raffazzonato, incoerente nelle premesse e nelle conclusioni, incerto nelle possibilità di applicazione e, per certi versi, inapplicabile per contrasto con le norme della nostra Costituzione e le norme del nostro ordinamento che prevedono l'obbligo di soccorso, perché, ricordiamolo a tutti, l'omissione di soccorso è un reato! È un reato (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

Il comandante di una nave che evitasse di soccorrere chi trova in mare in fase di annegamento e non rispondesse all'SOS risponderebbe di omissione di soccorso. La scelta qual è? Una sanzione amministrativa o la galera? Ditemi voi. È inapplicabile senza correre il rischio di una condanna per l'Italia, o per coloro che vi daranno esecuzione, per violazione dei diritti umani fondamentali universali, che vanno rispettati in ogni situazione, condizione, latitudine o colore della pelle della persona a rischio, perché si tratta di un uomo!

Vi ricordo solo che lo stato di necessità è addirittura una scriminante del diritto penale. Chi ha studiato diritto sa che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri da pericolo di danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile. Chi ha studiato diritto sa, chi ha letto il manuale di Antolisei sa che l'ipotesi di scuola che si fa è proprio quella delle due persone che stanno annegando: se l'una, non potendo una zattera sorreggerne due, allontana l'altra, e così la uccide, non risponde di omicidio. Ma volete che le ONG, che salvano esseri umani, possano rispondere di qualche illecito? Andrebbero, anzi, riconosciute e premiate per quello che fanno (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! E se ci fossero ONG colluse con i migranti andrebbero lì perseguite, magari con quelle intercettazioni che qui si vogliono demolire e che, invece, sono utilissime a scoprire reati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Le soluzioni che il Governo Meloni ci propone - vorrei scendere anche nel dettaglio del provvedimento - si richiamano alle Convenzioni internazionali, che impongono l'obbligo di salvataggio in mare al comandante di una nave, senza ritardo ed ogni modo. Poi si crea, invece, una serie di limitazioni. Intanto, bisogna attendere l'assegnazione di un porto di sbarco. Badate bene, questo è un distinguo importante, perché non ci si riferisce a un porto sicuro, come pretendono le Convenzioni internazionali che, addirittura, non parlano neanche di porto ma di place of safety, cioè di un luogo in cui siano al sicuro, ossia dove abbiano toccato la terraferma. Non solo. Si prevede che, una volta che abbiano persone a bordo, non compiano altre operazioni se non andare al porto assegnato di sbarco. Ciò significa che non si dovrebbero fermare a soccorrere altre persone, se incappassero in altre ipotesi di naufragi. Capite che è davvero disumano pretendere e attuare tutto questo nel nostro sistema.

Quindi una delle soluzioni al momento offerte dal Governo Meloni è limitare le operazioni di salvataggio in mare da parte delle ONG. Fra l'altro, si tratta della più marginale delle ipotesi di trasmigrazione in Italia, poiché riguarda poco più del 10 per cento dei casi; quasi la metà degli sbarchi sono autonomi e la restante parte, circa il 40 per cento, avviene grazie alla Guardia costiera, a cui va il nostro ringraziamento. Un'altra soluzione offerta è quella di accodarsi e piegarsi all'attuale Governo libico, finanziando la Guardia costiera libica e dotandola di 5 motovedette. Operazione, questa, su cui pesano gravi perplessità, perché la Libia innanzitutto non garantisce il rispetto dei diritti umani, essendosi rifiutata di firmare la Convenzione di Ginevra, e quindi non è soggetta all'ispezione dell'ONU. Pensate che persino Hitler aveva firmato la Convenzione di Ginevra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e aveva inscenato un falso lager, simpatico, dove gli ebrei giocavano a calcio, per ottemperare a questa Convenzione. I libici si rifiutano di firmarla. Per questo motivo il MoVimento 5 Stelle, già a luglio scorso, non ha votato il rifinanziamento della missione.

Questo punto viene ripreso, come richiesta di ritiro di questo decreto, persino dalla CEI, nella persona di monsignor Perego, il presidente della Commissione per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, che insiste anche sulla questione libica affinché non si dia tutto questo potere ai libici. Personalmente, poi, dico che tante volte la Guardia costiera libica - forse non lo si ricorda - ha avuto conflitti a fuoco con i pescherecci italiani, con i pescherecci di Mazara del Vallo, riducendoli alla fuga e imprigionandoli. Di che cosa stiamo parlando?

Detto questo, ancora stamattina, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa invita il Governo italiano a prendere in considerazione il ritiro o la revisione di questo decreto-legge, perché le norme potrebbero ostacolare le operazioni di ricerca e di soccorso delle ONG ed essere in contrasto con gli obblighi in materia di diritti umani e con il diritto internazionale, e stigmatizza la pratica di assegnare luoghi sicuri e lontani per sbarcare le persone soccorse in mare, come i porti del Nord e del Centro Italia. Questo perché le persone soccorse in mare rischiano di essere private dell'assistenza salvavita nella rotta più mortale del Mediterraneo.

Devo dirvi che chi vi parla ha perfetta conoscenza del problema, perché è vero che l'Italia è la frontiera dell'Europa ma, forse, la vera porta dell'Europa è il mio Paese, Porto Empedocle, in cui sono stata sindaco anche durante la pandemia. Conosco bene le difficoltà e le contraddizioni che la gestione del fenomeno migratorio comporta, le ho vissute in pandemia. Andavo ad assistere ad ogni sbarco, per vedere come venivano sbarcati, perché la pandemia, come dice Papa Francesco, avrebbe dovuto insegnarci che siamo tutti sulla stessa barca, e la salute andava tutelata, quella dei migranti e dei miei compaesani. Era molto complicato per chi, da solo, in una circostanza difficile come quella, si è trovato a gestire queste situazioni. Pensate che, all'indomani della dichiarazione dei porti italiani non sicuri, il sindaco di Lampedusa, allorquando sbarcarono decine di migranti, li tenne sul molo 24 ore, emanando ordinanza di divieto d'ingresso nell'hot spot affinché non contagiassero, eventualmente, gli altri immigrati che già vi si trovavano. Ebbene, presero questi migranti, li fecero stare 24 ore sul molo Favarolo, nel freddo di marzo, uomini donne e bambini, per poi trasportarli a Porto Empedocle. Quindi conosco bene queste vicende, ma mai - mai! - mi sognerei di dire che, nonostante il pericolo, nonostante le difficoltà, nonostante le contraddizioni, bisogna omettere di soccorrere una persona che sta annegando, perché per annegare, come ci insegna la tanatologia, occorrono solo 2 minuti. Fermatevi, ritirate questo decreto, non abbiate sulla coscienza neppure uno di coloro che annegheranno per mancanza di soccorso (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, sottosegretario Molteni, voi, signori e signore della maggioranza e del Governo, gonfiate il petto e fate anche la voce grossa, mentre ripetete la frase che vi piace di più: la pacchia è finita. Presidente, è la frase che va per la maggiore. Con il vostro arrivo sarebbe finita la pacchia per chi? Per le istituzioni europee, per gli organismi non governativi che in mare salvano la vita ai migranti e per i migranti stessi: per tutte queste categorie sarebbe finita la pacchia. Ma in realtà questo decreto, con tutte le sue crudeltà e con tutto il suo obbrobrio giuridico, è la prova provata del fallimento della politica della destra sull'immigrazione.

Un tema sul quale sapete forse fare propaganda, peraltro una propaganda cinica e veramente meschina, ma che non sapete governare; altrimenti, avreste fatto altro, avreste preteso dall'Unione europea (come poco fa ha evidenziato giustamente il collega Battilocchio), ma anche dagli altri Paesi europei, dai componenti e dagli Stati membri, tre cose: uno, la ridistribuzione obbligatoria tra i 27 Stati membri - nessuno escluso - dei richiedenti asilo che giungono in Italia via mare; due, la radicale revisione del regolamento di Dublino; tre, una missione europea di pattugliamento e soccorso nel Mediterraneo, sul modello di Mare Nostrum.

Ma gli autoproclamatisi “patrioti” non vanno, Presidente, nelle istituzioni europee a chiedere questo; la Presidente del Consiglio non lo ha fatto, perché altrimenti avrebbe scontentato i suoi amici Orbán e Morawiecki. Questa è la sua principale preoccupazione: non irritarli e non fare gli interessi del Paese.

Niente - dico niente - di quello che sarebbe necessario è stato detto, ma soltanto affermazioni tanto roboanti, quanto vuote: “difenderemo i confini dell'Unione europea”. Ma difenderli da chi, Presidente? Come se fossimo sotto attacco, circondati da temibilissimi nemici, come se le persone che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle violazioni dei diritti umani e dalla fame rappresentassero chissà quale minaccia ai nostri confini. “Difenderemo i nostri confini”. E come si difendono i confini europei, Presidente? Non lo so, ma vi riporto la ricetta che ho ascoltato in questi giorni. Ecco la ricetta: impedire che i migranti partano, che partano anche dalla Libia, regalando altre 5 motovedette a quella Guardia costiera che numerosi rapporti delle Nazioni Unite, inchieste giornalistiche della stampa nazionale, ma anche della stampa internazionale e testimonianze di organizzazioni umanitarie indicano spesso - se non quasi sempre - come in combutta, in accordo con i trafficanti. Nessuno, Presidente, nessuno oggi potrà dire di non sapere come si comporta la Guardia costiera libica e di non sapere che cosa accade in quegli infernali centri di detenzione, dove vengono portate le persone catturate in mare grazie ai vostri regali, catturate in mare con la forza, lo sottolineo.

Ecco allora, ricordiamolo, se qualcuno lo vuole mettere nel dimenticatoio: in quei centri di detenzione, che non esagerano i colleghi a definire lager, ci sono violenza sistematica, tortura, violazione dei diritti umani, angheria, ogni forma di vessazione e anche estorsioni.

Come con la legge di bilancio, invece di combattere la povertà, avete combattuto i poveri, con la vostra politica sull'immigrazione state combattendo non i trafficanti di esseri umani, ma gli stessi esseri umani, quelli più in difficoltà, quelli che rischiano di morire in un naufragio.

Vedete, colleghi e colleghe della maggioranza, una vostra politica sull'immigrazione degna di questo nome non esiste perché non riuscite a ragionare con lungimiranza. Ci sono fenomeni nella storia del mondo che hanno una spinta inarrestabile e non si possono fermare.

L'immigrazione si può e si deve governare, ma dire che i migranti, con voi al Governo, non partiranno più equivale a prendere in giro i vostri stessi elettori. Basta mentire! E, per favore, fatemi questo favore: lasciate stare Enrico Mattei! Enrico Mattei è stato un antifascista, un partigiano che si è sempre scagliato contro il colonialismo, anche quello italiano, che si macchiò di orribili crimini proprio in alcuni di quei Paesi da cui si continua oggi a fuggire.

Per quel che riguarda i migranti economici, l'unica cosa di senso che potreste fare sarebbe mandare in soffitta la vostra legge Bossi-Fini, una legge vecchia, che produce irregolarità perché nessuno - neanche voi - metterebbe mai a lavorare in un'azienda, o in casa propria, una persona che non ha mai visto prima. Questo dice la vostra legge Bossi-Fini: di assumere a scatola chiusa una persona che giunge da un altro Paese senza neanche averle potuto fare un colloquio di lavoro. Chi è che fa una cosa del genere? Me lo volete dire? Voi siete i primi a non farla, ma ipocritamente fate finta di niente. Ma tutto questo, infatti, voi non lo volete fare. Allora, prendiamocela con le ONG, facendo credere agli italiani che sono in affari con i trafficanti - menzogna: è una cosa smentita da tutte le indagini giudiziarie! – e che sono le ONG ad attrarre i migranti in Italia, il cosiddetto pull factor! Falsità: le cose non stanno così, la stragrande maggioranza dei migranti - parliamo di circa il 90 per cento, non di qualche migliaia - arriva direttamente sulle nostre coste o viene salvata dalla Guardia costiera o dalla Guardia di finanza.

L'ho detto più volte nei giorni scorsi, nelle sedute delle Commissioni congiunte, durante l'esame del testo: il Governo mira a mettere fuori gioco le ONG, ad impedire loro di operare e di salvare le vite umane in mare. Questo obiettivo è di per sé riprovevole, Presidente!

Costringere una nave, con a bordo dei naufraghi, a navigare per oltre 1.000 chilometri, prima di entrare in un porto, vuol dire solo penalizzare quella imbarcazione, nella più totale noncuranza dei bisogni di chi è a bordo. Contenere i flussi migratori, impedendo le operazioni di soccorso, quindi causando più morti, è contro i principi dello Stato di diritto, è contro le convenzioni internazionali, è contro la Costituzione, è contro l'antica legge del mare ed è contro il senso di umanità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Questo decreto non solo presenta vizi di costituzionalità, che abbiamo più volte evidenziato, ma getta anche discredito sul nostro Paese e, infatti, già arrivano - i colleghi e le colleghe lo hanno evidenziato - le prime osservazioni negative. Oggi abbiamo saputo - nessuno ce l'aveva detto prima, in quanto dal Viminale nulla era giunto - che è stata la stessa commissaria del Consiglio d'Europa, Mijatović, a scrivere al Ministro Piantedosi, non per fargli i complimenti - non è stata una letterina carina - o per dirgli che avete fatto un buon lavoro, ma per chiedere a Piantedosi di ritirare quel decreto, di ripensarci o almeno - dice nella lettera - “che si migliori il testo nel dibattito parlamentare”.

Ma non è sempre stato così, colleghi e colleghe: ci sono stati anni - penso al 2013 o al 2014 - in cui l'Italia, per il suo impegno, suscitava a livello internazionale ed europeo rispetto e ammirazione, quando i corpi dello Stato italiani soccorrevano le persone in pericolo ben oltre le acque territoriali. Era il tempo di Mare Nostrum, operazione che aveva un rilevante costo economico ma che, con l'orgoglio di fare la cosa giusta, venne per un anno sostenuta dal nostro Governo.

Le ONG - che peraltro, Presidente, soccorrono a costo zero per lo Stato - sono subentrate dopo la fine di quell'esperienza, perché gli Stati non investivano più sufficienti risorse nel pattugliamento e nel soccorso delle imbarcazioni in difficoltà.

Invece di essere grati per questo sforzo e coordinare le loro operazioni, voi volete che le imbarcazioni delle ONG vengano confiscate e fermate nei porti, perché così, in acque internazionali, nessuno potrà più testimoniare, nessuno potrà più denunciare quello che accade, perché nessuno potrà più salvare nessuno. E che farete dopo? Sottosegretario, che farete dopo? Dopo, quando le ONG non potranno più operare, ma i migranti continueranno ad arrivare. No, ditecelo, perché voi pensate veramente che questo “decretuccio” possa cambiare le sorti? Voi pensate veramente che con questo “decretuccio” tutto ciò si fermerà d'incanto? E che farete quando poi i migranti continueranno ad arrivare? Con chi ve la prenderete? I flussi migratori si gestiscono in altri modi, ma voi preferite la propaganda, anche quando costa vite umane. Questo ed altro è stato detto dalle deputate e dai deputati dell'opposizione nelle lunghe ore di lavoro nelle Commissioni riunite.

A noi, Presidente, rimane l'amarezza di non avere trovato nella maggioranza e nel Governo la disponibilità necessaria per ragionare insieme e per cercare altre risposte. Non è servito, Presidente, ricordare quanto antica sia la legge del mare secondo la quale non si può neanche concepire il fatto che, se un essere umano sta affogando, ci si volti dall'altra parte o si tiri dritto, perché di soccorsi, guarda un po', se ne può fare uno solo, come pretendete voi in questo decreto. Una pretesa inconcepibile, un'assurdità. E non è servito - ci siamo anche affidati alla cultura, all'antichità - ricordare Odisseo, ricordare Erodoto, Euripide, i Fenici. Niente, non è servito neanche questo. E non è servito neanche richiamare le convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, che ci vincolano ad alcuni principi che devono essere rispettati. È stato detto, lo ripeto anche qui: la Convenzione SAR sulla ricerca e il salvataggio marittimo, la Convenzione SOLAS per la salvaguardia della vita umana in mare, lo dice il titolo stesso, la Convenzione UNCLOS delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Non è servito neanche ricordare le linee guida dell'IMO, l'Organizzazione marittima internazionale. Come se non vi riguardassero! Ma voi siete l'istituzione di Governo, voi siete tenuti ad osservare le convenzioni internazionali perché nella gerarchia delle norme quelle convenzioni vengono prima dei vostri “decretucci”. Non è servito neanche ricordare l'articolo 10 della Costituzione, la nostra Costituzione, la Costituzione italiana, sul diritto d'asilo, e l'articolo 118, che contiene il principio di sussidiarietà, con l'intervento dei cittadini e della società civile accanto alle istituzioni statali e locali. È molto bello questo articolo, Presidente. Ma voi, signori della maggioranza e del Governo, le organizzazioni della società civile, che accanto allo Stato prestano soccorso in mare, volete solo spazzarle via. Non ci avete voluto ascoltare, e non ci avete voluto ascoltare perché avete bisogno di un provvedimento bandiera, come avete fatto con il decreto sui rave party. Ma al Governo, Presidente, non ci si va per farsi propaganda; ci si va per risolvere i problemi delle persone. E i problemi delle persone non sono certo le ONG, ma sono il lavoro che manca, il costo della vita che cresce, gli stipendi che restano fermi. E così, non sapendo come risolvere questi problemi, provate a distrarre i cittadini, facendo credere che tutti i mali del Paese si chiamino Ocean Viking e Geo Barents. Potete anche cantare vittoria, lo farete, sarete tanto contenti, ma presto gli italiani e le italiane vi chiederanno il conto. E non potrete rispondere loro: è vero, non ce la fate ad arrivare alla fine del mese, ma noi abbiamo costretto la Ocean Viking a sbarcare i naufraghi a Marina di Carrara. Complimenti! La vittoria di Pirro, una vera miseria.

Questo non è il decreto sulla gestione dei flussi migratori, come richiamato nel titolo. No, Presidente, questo è il decreto naufragi, perché, perseguitando le ONG e impedendo loro di fare soccorso in mare, aumenteranno le perdite di vite umane. Nessun Governo si era spinto a tanto. Nessun Governo! Questo decreto verrà fatto oggetto sicuramente di molti ricorsi, tanto evidenti sono i vizi di costituzionalità, ma intanto avrà causato danni; e negli anni a venire si ricorderà che c'è stato un Governo che, invece di esprimere gratitudine a coloro che salvavano in mare gli uomini, le donne e i bambini, faceva di tutto per perseguitarli, per impedirglielo. È un'infamia quella che state facendo, è un'infamia dal punto di vista politico, è un'infamia dal punto di vista giuridico e, soprattutto, lo è dal punto di vista etico, e di questo ne risponderete (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bakkali. Ne ha facoltà.

OUIDAD BAKKALI (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, membri del Governo, questo decreto lo abbiamo chiamato in più modi, decreto ONG, lo abbiamo chiamato forse più propriamente decreto naufragi. Lo voglio chiamare questa mattina anche decreto sulla manomissione delle parole. In questo decreto-legge la parola assume significati nuovi, se ne logora il senso. E proprio nel suo libro, La nuova manomissione delle parole, Carofiglio ci ricorda che Steiner osserva come le ideologie non producono lingue creative e solo di rado elaborano nuovi termini; molto più spesso saccheggiano e decompongono la lingua della comunità, manipolandola, usandola come arma.

Questo decreto saccheggia e decompone la lingua, manipola le norme, omette quelle di rango superiore, perché, non essendoci strumenti concreti ed espliciti, non corrispondendo gli obiettivi annunciati da questo Governo con il contenuto di questo decreto, che suona cinicamente ironico se si rileggono questi obiettivi dopo avere esaminato il provvedimento, i soggetti e le autorità preposte ad applicare questo decreto, le sue misure sanzionatorie e le sue restrizioni saranno impegnate in un lungo lavoro, confuso, dispersivo, di interpretazione, traduzione, allineamento con la gerarchia delle fonti. E uno dei primi casi di studio e di applicazione di questo decreto-legge è e sarà certamente l'arrivo della Geo Barents il 28 gennaio scorso a La Spezia, 237 persone salvate in tre differenti operazioni, effettuate in ossequio alle norme internazionali sul soccorso in mare. Al terzo salvataggio una bambina di 11 mesi, la madre diciassettenne. Otto ore di colloquio tra il comandante, il capo missione e le Forze dell'ordine, e il via libera, infine. La Geo Barents ha ripreso il mare il 31 gennaio, per ora senza sanzioni, senza fermi amministrativi. Ci si prende il tempo previsto dal decreto, tre mesi.

Questo decreto, signor Presidente, è inapplicabile, è vessatorio, è discriminatorio, e questo ve lo sta dicendo anche in queste ore il Consiglio d'Europa. Voglio ricordare brevemente qui gli obiettivi annunciati dal Governo e dai relatori del provvedimento: assicurare l'incolumità delle persone recuperate in mare, ordine e sicurezza pubblica. Si assicura, quindi, l'incolumità delle persone in mare non salvandole, e, quando salvate, prolungando la loro condizione di sofferenza e fragilità, infliggendo sofferenze aggiuntive a persone e minori in situazioni di vulnerabilità, allungando, senza criterio alcuno, i trasferimenti verso i porti di sbarco. E anche qui la vicenda di La Spezia ci porta a fatti reali da opporre a questa propaganda cinica.

Dopo quasi quattro giorni di navigazione aggiuntiva per le persone salvate dalla Geo Barents, i minori sbarcati a La Spezia vengono assegnati a una struttura di Foggia, a quattro giorni di navigazione dal luogo del salvataggio, 800 chilometri dal porto di sbarco. Il Ministro vuole alleggerire le strutture di accoglienza del Sud, e quindi fa sbarcare al Nord, ma rimanda al Sud i pullman. Cosa state facendo? Non riusciamo a comprendere, francamente. Si vogliono garantire ordine e sicurezza pubblica. Come? Inviando le navi umanitarie in porti di sbarco a giorni di navigazione, incuranti delle condizioni climatiche e delle condizioni di chi sta a bordo, in particolare quelle persone, quei minori che spesso sono in viaggio da mesi.

E sia chiaro, lo dico da deputata che viene da una città estratta a sorte come porto di sbarco, Ravenna, città che, tra l'altro, ha dato asilo e accoglienza ad un illustre rifugiato politico, Dante Alighieri. Centotredici persone sbarcate il 31 dicembre; un'intera comunità mobilitata, un'accoglienza umana dignitosa, il primario della pediatria sulla banchina ad attendere i più piccoli. Per questa città, come per molte delle città, l'accoglienza è un tratto identitario e culturale; l'accoglienza non è cifra negoziabile. Ma la richiesta dei territori è chiara: capire quali siano i criteri delle assegnazioni, se vi sarà una sede di concerto sul piano complessivo di gestione degli sbarchi in città che non hanno hub di prima accoglienza, ma che spesso hanno virtuosamente costruito e gestito il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e che, oggi, sul sistema SAI, vi chiedono più risorse e una migliore programmazione. Le città vogliono conoscere quali siano i criteri che orientano l'assegnazione del porto di sbarco per rendere minimamente programmabili e gestibili in ordinarietà gli interventi di competenza dei comuni, specie in presenza di minori non accompagnati. Quel Fondo per i comuni che è stato approvato, il solo emendamento in Commissione su più di 200, è l'ulteriore ammissione che i territori non hanno mezzi sufficienti per affrontare la vostra disorganizzazione. Sono impoveriti dalla crisi in corso e dalla legge di bilancio, nella quale li avete completamente ignorati.

E, dopo gli obiettivi, il titolo, che nulla ha a che fare con il contenuto: disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori. L'unico modo in cui questo provvedimento interviene sul flusso migratorio è facendo morire più persone, con un calcolo ben chiaro che le audizioni hanno confermato e quantificato: il 75 per cento delle persone tra quelle salvate, in media, dalle navi ONG rischia di non trovare più aiuto con i meccanismi introdotti per ostacolare e rallentare i salvataggi multipli, perché voi le cose non le dite direttamente, ma le nascondete nella manomissione delle parole, tra cui bambine e bambini che, oggi, le navi delle organizzazioni umanitarie traggono in salvo per dovere, per missione, per compensare l'assenza delle istituzioni europee nel Mediterraneo centrale. Nel 2022 - i dati del Ministero dell'Interno sono chiari - si sono registrati oltre 100.000 sbarchi e, di questi, i salvataggi effettuati dalle navi umanitarie non governative sono stati circa 14.000, il 14 per cento. Ostacolare le navi umanitarie e rallentarne le attività, con gli espedienti sottintesi in questa norma che sanziona chi effettua salvataggi multipli, potenzialmente si può tradurre in 10.400 morti, 10.400 vite umane che, con questo decreto, si decide con consapevolezza di non salvare.

Non sono disposizioni urgenti, perché se vi è qualcosa di sistematico, di strutturale e di continuativo non sono le ricerche delle ONG, ma sono proprio i flussi dei migranti e questi non si muovono in ragione di nessun pull factor, signor Presidente. Le condizioni climatiche sono l'unico elemento che gli studi rilevano come rilevante sulle partenze. Nessun pull factor, quindi, nessuno studio di Frontex a suffragare questa credenza e le tante fake news alla base della strategia di criminalizzazione delle navi umanitarie. L'unico studio che esiste e che smentisce con evidenza i dati e le vostre teorie è quello pubblicato dall'European University Institute, condotto da Cusumano e Villa nel 2021: la media dei migranti partiti ogni giorno è di 125, quando ci sono le ONG presenti in area SAR, e di 135, quando non ci sono.

Esistono solo push factor, signor Presidente, ovvero le ragioni che spingono a partire e a lasciare la propria terra, la propria famiglia e la propria lingua. Solo push factor portano intere famiglie con bambini ad affrontare questi viaggi. Esistono solo push factor quando si sopravvive a quanto si subisce nelle carceri libiche e sono la povertà, le violenze, i conflitti, le persecuzioni e gli sconvolgimenti ambientali.

Poi, si entra nel cuore di questo decreto, composto da soli 3 articoli, ma che concentra tutta la sua forza discriminatoria e vessatoria nel capoverso 2-bis dell'articolo 1, comma 1, in quelle 6 lettere che, magistralmente, compiono quell'opera di saccheggio dei significati comuni di tante parole e del diritto.

La lettera b) prescrive - oppure no; questo punto in Commissione non l'abbiamo capito dal Sottosegretario Molteni - al comandante una tempestiva informativa da rendere alle persone soccorse e alla raccolta dei dati rilevanti. Cosa sono i dati rilevanti? In Commissione, questo non lo abbiamo capito: nessuna risposta. Questo metterà in difficoltà i comandanti, che rischiano la sanzione. Quali figure raccoglieranno questi dati, quali sono i dati da raccogliere e perché costringere le persone a bordo, spesso in condizioni psicofisiche estreme, ad affrontare questo ulteriore passaggio burocratico, prima di ricevere assistenza sanitaria, accoglienza, riposo e tregua? Il comandante, come dice Amnesty International nelle audizioni, dovrebbe concentrarsi sul trasferimento delle persone soccorse in un luogo sicuro, il prima possibile, come indicano le linee guida IMO. Qualunque operazione di screening o valutazione dello status delle persone soccorse che vada oltre quanto necessario per offrire assistenza a persone in pericolo non dovrebbe mai ostacolare l'assistenza o ritardare inutilmente lo sbarco delle persone dalle navi di soccorso.

I capoversi c) e d) operano anch'essi una manipolazione, questa volta sulla dimensione del tempo e della sua misura. Scrivete che, nell'immediatezza dell'evento, va richiesto il porto di sbarco, immediatamente, per poi vedersi assegnato un porto a giorni di navigazione. Ma ancora più odioso è il termine della lettera d) del capoverso 2-bis, quel “senza ritardo”, che la sola traduzione in parole dirette rende chiara: senza attardarvi nel recuperare altre vite umane. Salvare vite umane è un ritardo per voi, un'attività nella quale si perde tempo prezioso. Tardi si arriva al vostro unico appuntamento, il porto più lontano. Lontano da dove? Dalle aree del Mediterraneo centrale, nelle quali operano e suppliscono alla mancanza di una missione istituzionale europea come quella che fu Mare Nostrum.

Si istituzionalizza l'omissione di soccorso: questo hanno detto le ONG audite in Commissione e questo ripetiamo in quest'Aula oggi. L'Italia, la Nazione che si esalta con la retorica patriottica, ma che poi umiliate, mostrando un volto che non è proprio della grande cultura italiana, della storia di un Paese immerso nel mare nostrum o il mar bianco di mezzo, come viene chiamato nella lingua araba dalla sponda Sud del Mediterraneo; un'Italia capace di mostrare il volto umano e solidale delle istituzioni repubblicane e la grandezza di uno Stato che non specula politicamente sulla pelle delle persone e che non approva un decreto che scientemente ha l'unico effetto di far morire più persone; un grande Stato che cerca alleanze e soluzioni in Europa sul tema delle migrazioni e dell'asilo, che agevola i percorsi migratori regolari e che davvero contrasta la tratta degli esseri umani, perché vi do una notizia: il contrasto al business degli scafisti e questo decreto non collimano. Quando gli scafisti vengono pagati, che queste persone arrivino sulle coste europee a loro non interessa più nulla: le persone che perdono la vita annegate hanno già saldato il debito con gli scafisti. Un grande Stato impone alla Libia regole chiare sui diritti umani, prima di qualsiasi accordo o cessione di nuove motovedette; un grande Stato promuove politiche di co-sviluppo.

Vede, Presidente, Primo Levi in Se questo è un uomo parla, ad un certo punto, di sommersi e salvati, per descrivere i livelli di disumanità toccati in uno dei periodi più bui della storia dell'essere umano, e queste parole, queste categorie che suonano drammatiche, i sommersi e i salvati, oggi risuonano urgenti per risvegliare le coscienze dormienti e ridare volto a chi viene continuamente disumanizzato e vive condizioni di oppressione e di privazione della dignità. Primo Levi scriveva: “I sommersi (…); loro, la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica, dei non-uomini che marciano e faticano in silenzio, spenta in loro la scintilla divina, già troppo vuoti per soffrire veramente”. Poi, continua: “Essi popolano la mia memoria della loro presenza senza volto, e se potessi racchiudere in una immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve (…)”. Voi, con questo decreto, li volete tutti sommersi gli uomini e le donne che attraversano il Mediterraneo: i bambini e le bambine lasciati senza salvezza.

Questo decreto non assicura l'incolumità delle persone salvate in mare, non agisce sui flussi, non impoverisce le speculazioni dei trafficanti e degli scafisti; al contrario, rallenta i soccorsi, riduce la presenza in mare del soggetto che aiuta la Guardia costiera e la Guardia di finanza, integrando il loro lavoro di ricerca e soccorso in mare, mette in difficoltà i territori e i comuni italiani. Se potessi racchiudere in un'immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei quest'immagine che mi è familiare: un uomo scarno, la fronte china, le spalle curve; se potessi racchiudere in un'immagine il male del nostro tempo sceglierei questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolo Ciani. Ne ha facoltà.

PAOLO CIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci troviamo, oggi, a parlare in quest'Aula di un decreto il cui titolo è molto significativo, molto importante, se letto da solo: “Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”. Ecco, leggendo solo il titolo - oggi, qui, abbiamo avuto in Aula le scuole, i ragazzi, ci lamentiamo spesso che la politica è poco compresa fuori dalle Aule della politica - magari potremmo immaginare che le misure urgenti per la gestione dei flussi migratori debbano essere quelle utili a liberare le persone arrestate, torturate, imprigionate, in tanti luoghi del mondo, ma anche alle porte del nostro Paese, per esempio, in quelli che sono stati definiti i lager della Libia. Misure urgenti per la gestione dei flussi migratori potrebbero essere quelle di dare finalmente la cittadinanza a migliaia e migliaia di bambini, figli di quei flussi migratori che hanno raggiunto il nostro Paese ormai da decenni e quella, sì, che sarebbe una misura urgente. Oppure, potrebbe essere una misura urgente quella di dare un permesso di soggiorno a chi, provenendo da flussi migratori, ha fatto una procedura di regolarizzazione due anni e mezzo fa, lavora nelle nostre case e si prende cura delle persone e ancora non ha un permesso di soggiorno, anche questo potrebbe essere un motivo per una disposizione urgente. Ancora di più, sarebbe una disposizione urgente quella che prevede di salvare le decine di migliaia di persone che muoiono nel Mediterraneo, il nostro mare, il mare che circonda il nostro Paese, che è diventato negli anni il più grande cimitero che noi possiamo vedere: decine di migliaia di uomini, donne e bambini, negli ultimi anni, centinaia di migliaia di persone morte alle porte del nostro Paese, persone partite per cercare una vita migliore, persone che hanno lasciato la propria terra per cercare di andare a vivere in un Paese migliore, come tanti milioni di italiani hanno fatto nel corso degli anni e dei secoli.

Ecco, questa che oggi affrontiamo, purtroppo, è un'altra legge che ha un solo obiettivo. Non lo dico io, sono stati ricordati in questi giorni monsignor Gian Carlo Perego, della Fondazione Migrantes della CEI, Filippo Grandi, Alto commissario dell'Onu per i rifugiati, oggi, il Consiglio di Europa e i tanti che in questi anni hanno seguito le vicende dei migranti che ci hanno richiamato con puntualità, con attenzione al fatto che questa legge, in realtà, ha un solo obiettivo: rendere più complicato, imbrigliare, quasi colpevolizzare chi salva la vita in mare.

Purtroppo, ho sentito alcuni colleghi questa mattina fare lunghi discorsi, ma non arrivare mai a questo punto: è molto evidente, è molto evidente a tutti che, se noi costringiamo una nave ad allontanarsi dalla zona in cui opera il soccorso in mare, quella perderà la sua funzione; è inutile girarci intorno, se una nave è posta in un luogo perché è lì che avvengono i naufragi ed è lì che muoiono le persone e noi la allontaniamo di chilometri da quel luogo, la prima conseguenza sarà che moriranno più persone.

Poi, basta, con questa contraddizione: da una parte, l'opera delle ONG è accusata di essere un pull factor, cioè un sistema che attrae, dall'altra, si dice: no, ma tanto, se non ci sono, non vale niente è uguale, tanto raccolgono soltanto l'11 per cento della popolazione dispersa in mare. Allora, facciamo pace, o non servono o, se servono, dobbiamo lasciarle lavorare.

Guardate, io non entro nei temi più specifici, ne hanno parlato i colleghi rispetto alla legge, lo hanno chiarito molto bene anche le audizioni in Commissione di questi giorni; ci sono dei punti molto stringenti, come la richiesta al comandante di avviare la procedura di domanda di protezione internazionale, l'impossibilità di azioni diverse di salvataggio nel tragitto per raggiungere il porto più vicino e più sicuro e guardate che questa è una delle cose più assurde, lo ripeto, è una delle cose più assurde: io vedo una persona in difficoltà che sta morendo, la soccorro, mentre la porto in un luogo sicuro ne incontro un'altra e non la posso raccogliere? Guardate che se lo raccontiamo con queste parole alle persone appare come una cosa assurda, una cosa inspiegabile, eppure, è quello che prevede questo decreto ritenuto urgente, poi qualcuno ci spiegherà per quale motivo.

Tuttavia, in questo dibattito io ho sentito anche dire, in modo meno esplicito, qualcosa di molto grave che noi dobbiamo stigmatizzare, cioè che chi compie un salvataggio in mare è quasi un complice dei trafficanti di esseri umani; è qualcosa di enorme questa affermazione, questo pensiero, è qualcosa di gravissimo. Salvare un essere umano, salvare una persona è comparato alla complicità con il traffico di esseri umani. Ma siamo impazziti? Ecco, in realtà, secondo me, questo decreto c'entra molto con qualcos'altro, con la narrazione che in questi anni è stata fatta del fenomeno delle migrazioni, con il fantasma, con la guerra che è stata fatta al fenomeno delle migrazioni e, ancor di più, a chi interpretava il fenomeno delle migrazioni e, quindi, alle persone, ai migranti, descritti sempre di più come barbari invasori, come le persone di cui diffidare, come coloro di cui avere paura e, quindi, in fondo, come qualcuno che se anche non salviamo non è un problema.

Guardate che il tema della disumanizzazione delle persone nella storia è stato sempre un punto importantissimo. Allora, parliamo di numeri, parliamo di migranti, addirittura, abbiamo parlato di “carico residuale”, parlando di esseri umani, di carico residuale. Guardate a che punto siamo arrivati e nel disumanizzare gli altri, noi abbiamo parlato dei migranti come di qualcuno che può anche morire e non dobbiamo troppo preoccuparci di salvarlo.

Ecco, questa è una logica che non vogliamo accettare, è una logica che non possiamo accettare, è una logica che non vogliamo diventi la normalità nel nostro Paese, perché ha eroso lo spirito, i cuori e le anime dei nostri concittadini. Peccato che, poi - in questi giorni abbiamo parlato in Aula della guerra - accade una cosa: nel 2015 vediamo un bambino riverso sulle coste della Turchia, Alan Kurdi; quel bambino aveva tre anni, era un bambino siriano, era scappato dalla guerra ed è morto sulle coste della Turchia, perché con la sua famiglia sperava di raggiungere l'Europa e di vivere una vita dignitosa, di vivere, innanzitutto, perché in guerra si muore e si scappa anche per vivere. Ecco, quella cosa ha ridestato le nostre attenzioni, ha riaperto i nostri occhi, ci ha fatto soffrire. Tanti, tanti si sono scandalizzati e non vogliamo accettare l'idea del nostro tempo che si scrolla il telefonino, che si cambia canale davanti a chi muore alle nostre porte. Non la vogliamo accettare, non è giusto, non deve accadere.

Allora, non vogliamo cedere a questa logica. Oggi, ho sentito in quest'Aula addirittura citare dei Papi per giustificare questo decreto. Io sono cristiano, mi viene in mente l'espressione: “scherzate coi fanti e lasciate stare i santi” (Commenti del Sottosegretario Molteni).

PAOLO CIANI (PD-IDP). No, non l'ho nemmeno ancora citato, però, se addirittura andiamo a citare i santi e i Papi per giustificare il mancato salvataggio in mare, facciamoci qualche domanda. Invece, adesso, visto che c'è questa richiesta, lo ricorderò anch'io un Papa, così possiamo interloquire (Commenti del Sottosegretario Molteni).

PRESIDENTE. Onorevole Molteni, per favore. Poi replicherà, eventualmente.

PAOLO CIANI (PD-IDP). Nel 2013, Papa Francesco - che, Presidente, con grande piacere, ho scoperto, dal giorno del nostro insediamento, essere molto citato in quest'Aula, addirittura tutti i colleghi si sono alzati in piedi, ad un certo punto, quando è stato citato - ha deciso di andare subito a Lampedusa e, a Lampedusa, ha fatto un discorso molto bello, che mi ha colpito molto, di cui vorrei citare alcune righe, perché, secondo me, c'entrano molto con il discorso relativo alla mentalità che noi dobbiamo contrastare con riferimento alla disumanizzazione dei migranti.

Papa Francesco diceva: “Dov'è il sangue del tuo fratello che grida fino a me? Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell'atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell'altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l'illusione del futile, del provvisorio, che porta all'indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell'indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell'altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.

Io credo che questo sia uno dei grandi mali del nostro tempo: non vogliamo rassegnarci alla globalizzazione dell'indifferenza, non vogliamo assuefarci al dolore degli altri.

Io sono cresciuto in un'epoca in cui, quando avevo 11 anni, un bambino cadde in un pozzo e tutta l'Italia si fermò, per 3 giorni, a vedere se riuscivamo a salvarlo. Mia nonna pianse per 3 giorni dopo quell'evento e tutti stavamo accanto a quei soccorritori, a sperare che quella persona fosse salvata. Credo che sia la cosa più normale pensare chi salva una persona in fin di vita o in pericolo di vita come ad un eroe. Lo abbiamo pensato durante la pandemia, lo abbiamo detto ai nostri medici, a chi ci ha soccorso: chi salva la vita è un eroe, non è qualcuno di cui diffidare o qualcuno di cui aver paura o da stigmatizzare.

Peraltro, in questi anni - e qui lo dico anche al Governo con compiacimento - in Italia, sono nate, anche sulla spinta di questo rinnovato sentimento di solidarietà, delle best practice a livello europeo: penso ai corridoi umanitari, che sono stati promossi anche privatamente dalla Comunità di Sant'Egidio, dalle Chiese evangeliche, dalla Caritas, che i vari Governi italiani hanno condiviso e che sono diventati un'esperienza di viaggi regolari da Paesi in guerra, da Paesi dove è complicato ed impossibile scappare. E, anzi, credo e spero che l'Italia si faccia portavoce anche a livello europeo di questa pratica, perché sarebbe importante che altri Paesi sposassero questo modello per permettere a chi fugge dalla guerra, a chi fugge dalla fame, a chi fugge dalla possibile morte di raggiungere il nostro Paese e l'Europa in tutta sicurezza.

Presidente, credo che questo tema non debba essere divisivo e, quando è stato divisivo, lo è stato perché è stato strumentalizzato. Credo che sull'idea di dover soccorrere chi è in pericolo di vita, di dover soccorrere chi sta per morire non debba esserci chiaramente alcuna divisione ed è per questo che noi richiamiamo a un grande senso di responsabilità i nostri colleghi, il Governo e tutta l'Aula, perché riteniamo questo provvedimento fortemente sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toni Ricciardi. Ne ha facoltà.

TONI RICCIARDI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, “Quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era già cominciato da un'ora, e il Galileo (…) continuava a insaccar miseria: una processione interminabile di gente che usciva a gruppi dall'edifizio dirimpetto (…). Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di latta dell'asilo infantile (…). Dopo di che, la sfilata degli emigranti ricominciava: visi e vestiti d'ogni parte d'Italia, robusti lavoratori dagli occhi tristi, vecchi cenciosi e sporchi, donne gravide, ragazze allegre, giovanotti brilli, villani in maniche di camicia, e ragazzi dietro ragazzi (…)”. Perché ho voluto iniziare con L'imbarco degli emigranti che è l'incipit di un'opera meno famosa del De Amicis del 1889, Sull'Oceano? Perché credo che noi dobbiamo affrontare un tema che non è tanto legato alla tecnicalità del decreto di cui parliamo, ma è legato a una narrazione culturale che si sta facendo. È testimoniato sa, Presidente, da cosa? Dall'affollamento dei banchi della maggioranza. Noi stiamo raccontando al Paese di un'emergenza, di un'urgenza e non c'è un collega dei partiti di maggioranza seduto nei banchi a difendere una priorità di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Perché dico questo? Perché ho sentito, stamane, che noi dobbiamo affrontare il tema in una maniera non ideologica, e io tenterò di affrontarlo in una maniera non ideologica, cercando di capire perché siamo giunti a tal punto. Ora ve li elenco: “wop”, “macaronì”, “spaghettifresser”, “cìncali”, e se volete posso continuare all'infinito. Questi erano i nomignoli con i quali siamo stati etichettati in giro per il mondo per almeno un paio di secoli. Perché, se qualcuno di voi immagina di avere inventato qualcosa di innovativo, vi segnalo che l'avversione nei confronti dell'altro è storia antica dell'umanità. E vi segnalo che le leggi più restrittive che la storia dell'umanità ha visto porre in essere sono nate per evitare l'invasione di italiane e italiani che attraccavano nel resto del mondo, tant'è che il sistema delle quote nasce per impedire ciò a coloro che possedevano il passaporto rosso e che erano identificati come degli analfabeti cronici, della sottospecie carico residuale; sì, carico residuale. Esistono vignette degli anni Dieci, negli Stati Uniti, in cui noi veniamo etichettati così.

Perché sto facendo tutti questi richiami? Perché io credo che questo Paese, ancora una volta, faccia fatica ad affrontare il tema che è veramente il suo tema identitario. E lo dico ai colleghi della destra se, casomai, distrattamente, stessero ascoltando sui social, mi appello al vostro Palazzo della civiltà italiana: un popolo di santi, di navigatori e di trasmigratori.

Vedete, anche nella fase storica, a un certo punto, si riconobbe che la migrazione sia stato un elemento costitutivo di questa Nazione. Perché sto facendo questo ragionamento? Perché voi state continuando, in questo Paese, a trattare il tema dal punto di vista della percezione; la migrazione è percezione; infatti, se andassimo ad analizzare i discorsi dei colleghi che mi hanno preceduto, noteremmo che ve lo hanno sottolineato, a più riprese, che, in termini assoluti, staremmo parlando di un non problema. Allora, perché accade questo?

E, ancora, il “Piano Marshall per l'Africa”. Colleghe e colleghi, io capisco - lo dico, anche se siamo in una dimensione di cenacolo, Presidente - che bisogna utilizzare la propaganda, ma se leggeste qualche libro di storia sul Piano Marshall sapreste e scoprireste che l'antipasto del Piano Marshall in Italia è stata la strategia di emigrazione di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Nei consessi internazionali, a partire dal 1946, si stabilì che l'Italia doveva riaprire le rotte, anzi, era la richiesta forte del Governo italiano dell'epoca: le rotte di emigrazione. Fu messo in piedi il più grande sistema di esportazione di donne e di uomini che la storia occidentale ancora oggi ricordi, furono istituiti centri per l'emigrazione, in una fase storica in cui il Paese doveva ripartire; mentre era ancora in ginocchio a causa della tragedia della guerra, si andò verso quella direzione; dal 1946 al 1955, questo Paese, questa Repubblica, in continuità con l'epoca liberale e con il periodo fascista, siglò decine di accordi di emigrazione per far partire donne e uomini. Io ho la sensazione che noi tutte queste storie le abbiamo dimenticate. E il Piano Marshall si innestò in tale contesto. E, allora, quando si parla di “Piano Marshall” da fare in quei Paesi, si deve avere il coraggio di dire alle italiane e agli italiani cosa significa: significa investimenti, significa apertura di direttrici, significa apertura di canali di migrazione legale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) che, lo segnalo a tutte e tutti, non esistono in questo Paese, perché la domanda che io vi pongo e che il cittadino la qualunque e la cittadina la qualunque vi porrebbero è: ma, secondo voi, una persona che paga 2.000, 3.000, 4.000 euro un trafficante, se avesse la possibilità di raggiungere questo Paese pagando la stessa cifra allo Stato italiano, lo farebbe o no? Una madre metterebbe a rischio la propria creatura, pagando uno scafista, semplicemente per quale ragione logica? Io vi segnalo che noi siamo il Paese dell'emigrazione clandestina per eccellenza; emigravamo clandestinamente negli Stati Uniti, spalando carbone nelle navi per non pagare il biglietto; emigravamo clandestinamente per andare a scavare carbone in Belgio; emigravamo rischiando la vita; Il cammino della speranza, perché capisco che la lettura costa fatica: guardatevi quel film del 1950, che ci testimonia quello che ancora oggi accade alla frontiera tra Italia e Francia, o, ancora, Pane e cioccolata, decine e decine di migliaia di bambini e bambine che vivevano in clandestinità nella ricca Svizzera semplicemente perché era vietato il ricongiungimento familiare. Noi siamo questo, noi siamo questo Paese. Allora, se non abbiamo memoria della nostra storia e se immaginiamo di derubricare una vicenda umana a mera propaganda non so che Paese siamo diventati.

Dico questo e aggiungo che, a ogni piè sospinto, gli hotspot sono in affanno. Allora, voi dovete avere l'onere di spiegare all'opinione pubblica che fine fanno i 18.000 euro che arrivano per ogni piede che viene poggiato su suolo italiano, che fine fanno, perché vi ricordiamo che avete l'onere e l'onore del Governo. E, allora, un fenomeno non lo si analizza; un fenomeno, se sei al Governo, lo governi. Quindi, noi dobbiamo avere il coraggio e la forza di dire questo.

Ma entriamo nel merito delle questioni, Presidente. Noi, oggi, stiamo parlando di una misura che si regge su tre premesse false, perché sono false.

La prima: viviamo un'emergenza immigrazione. Falso. Falso, gli immigrati, quando possono, evitano addirittura di transitare dall'Italia. Io vi segnalo che noi stiamo discutendo della rotta di transito e di approdo in Italia, la meno trafficata e utilizzata dall'umanità che si sposta, perché lo sapete meglio di noi che il grosso della migrazione che entra in Europa attraversa i Balcani, è una migrazione via terra, e non via mare; eppure continuate a raccontare questo fenomeno come fosse una invasione.

Seconda premessa falsa: si continua a narrare di questo legame simbiotico tra ONG e trafficanti del mare. In questo Paese, ha indagato la magistratura, l'ha fatto più volte, e non è mai stato rilevato nulla; quindi, seconda fake news.

La terza: dichiarare che la cancellazione della capacità operativa delle ONG porti a disincentivare le partenze - i miei colleghi vi hanno dato le cifre, i numeri - è falso, perché, nel momento in cui voi bloccate le navi delle ONG, i migranti continuano ad arrivare. Vi vorrei, infatti, ricordare che la migrazione è come l'acqua e l'acqua con le mani non la si fermerà mai, perché quando le persone scappano, quando le persone hanno la voglia profonda di cambiare la loro esistenza, non le si fermerà mai, come non si sono fermati, per due secoli, milioni di italiane e di italiani che sono partiti per il mondo.

Allora, noi abbiamo l'onere e il dovere di raccontare la verità al Paese. E ci saremmo aspettati un'altra cosa - lo dico, Presidente, tramite lei, al Sottosegretario qui presente, che ringrazio; so che è il suo dovere, ma lo ringrazio a prescindere, non fosse altro perché sta seduto lì da stamattina, a differenza dei suoi colleghi, che non ci sono nemmeno -: se si fa l'opposizione, non si deve solo sottolineare - è facile sparare sulla Croce rossa, mi sia consentito, Presidente -, ma si deve anche proporre. Noi ci saremmo aspettati una cosa, considerato che la misura non parla di diritto all'asilo, allo sbarco, ma di gestione di flussi migratori, no? Ho letto bene? Allora, se ho letto bene, noi ci chiediamo: dove sono finiti i rimpatri assistiti? Quando ne parlate? Quando ci spiegate come immaginate di fare? In secondo luogo, dove sono le politiche per il governo dei flussi migratori? Quando ce le spiegate? Quando ce le relazionate? Quando ce le dimostrate? Come, quando, quanto costano? Quanta gente ci lavora? Perché, Presidente la cosa strana sa qual è? È che noi, in questo Paese - giustamente, dico io - facciamo le vertenze sindacali per qualsiasi minuscolo stabilimento - a ragione, ribadisco - che va in crisi ma nessuno si è posta la domanda di raccontarci in quest'Aula quanta gente lavora, quanti mediatori culturali, quanti psicologi, quanti operatori delle mense, quanta gente lavora e grazie a questo lavoro evita di essere, a propria volta, emigrante. O vi devo rifare la storia anche della matrice economica delle migrazioni degli ultimi tre secoli? Non credo.

E ancora, quando - e dico quando, perché da questa mattina si è richiamato il fatto che i temi debbano essere condivisi - vogliamo affrontare il tema della professionalizzazione di questa questione? In Germania vi è l'Amt für arbeit und migration; la Francia, negli anni Venti, si è organizzata con il centro di gestione degli immigrati; e potrei continuare all'infinito. Noi siamo l'unico Paese… Non è vero che da noi l'immigrazione è arrivata tardi, anche di questo possiamo parlare, vi do la bibliografia se volete. Allora, quando lo affrontiamo in una maniera professionalizzante? È questa la sfida che ha dinanzi il Governo, è questo il tema. Dobbiamo comprendere che è un fenomeno strutturale e non emergenziale - strutturale, ripeto - che ci accompagna da tempo e ci accompagnerà in futuro; immaginiamo veramente di trattarlo ancora nella veste emergenziale della sicurezza? Guardate che la comparazione con qualsiasi altro Paese europeo vi dimostra l'esatto contrario. Non funziona, perché o lo affronti professionalizzando, o non funziona.

Un ultimo punto: quando immaginiamo, in questo Paese, di porre a sistema una modalità di ingresso regolare per le persone che vogliono migrare in questo Paese? Se una persona, legalmente, Presidente, rispettando le leggi, pagando le tasse, pagando l'obolo del permesso per poter entrare, volesse recarsi in questo Paese per cercare lavoro, la legge non lo consentirebbe, perché la legge non esiste. E allora dico: invece di attardarci su propaganda inutile, credo che sarebbe questo il caso, il tema, il percorso da seguire.

Ma in realtà, come disse Aldo Moro nel congresso del 1970, se non erro a Benevento (io l'ho letto, veramente non ero nemmeno nato all'epoca), amministrare è difficile perché difficile è amministrare. E allora, governare è difficile perché difficile è governare. Noi capiamo che la grancassa della propaganda vi ha portato a criminalizzare la miseria, i social sono ancora pieni dei video sul caro benzina, le accise stanno là e la gente è disperata dinanzi alle pompe di benzina. E noi, invece di impiegare il nostro tempo a trovare la soluzione o le soluzioni a quei problemi, siamo qui a discutere nella solitudine di un finto problema. Lo dico a chi ci ascolta al di fuori di qui: sapete quanti sono stati gli sbarchi gestiti dalle ONG nel mese di gennaio 2023? Sono stati 527 e noi siamo qui per una urgenza. L'emergenza strutturale di questo Paese sono state 527 persone, donne, uomini e bambini.

E ancora, ma perché accade questo? Perché, ovviamente, nella narrazione dell'impotenza - che non voglio chiamare incapacità perché sarei poco rispettoso, ma forse rischio di esserlo ancora di più - voi tentate semplicemente, come fa di solito la destra in qualsiasi Paese, di trovare il nemico al di fuori di noi, perché il nemico, se è diverso, soprattutto se è anche un po' più scuro di noi, soprattutto se ha anche un credo religioso diverso dal nostro, è più facile da additare ed è più facile capire che quello è il nemico da battere. Ma, come diceva la mia collega Bakkali prima, noi qui siamo dinanzi a una questione anche in termini di narrazione. Da quanti anni sentiamo in questo Paese la narrazione “prima gli italiani”? Vi segnalo un dato, Presidente. Non so se lei lo sa, ma io vivo al Nord dell'Italia, quindi per me l'Italia è Sud, è Meridione; le parrà strano, per la cadenza che ho, ma è così. In Ticino, la campagna “prima i nostri” è fatta, non nei confronti di 4 africani del Meridione d'Italia, ma è fatta nei confronti di coloro che sono esattamente oltre i confini, oltre le frontiere. E perché accade questo, Presidente? Perché, guarda caso, se non stai al Polo Nord, c'è sempre qualcuno che sta più a nord di te, c'è sempre qualcuno che è più disperato di te, c'è sempre qualcuno che è più migrante di te. Vogliamo accantonare le campagne elettorali? Vogliamo accantonare le finte narrazioni? Vogliamo finalmente affrontare i problemi per come vanno affrontati? Allora diciamocelo, ve l'hanno ripetuto tutti: questa misura sarà inapplicabile. Lo è perché ve l'ha detto l'Europa e non perché ve lo ha detto, come ha sempre fatto, ma perché lo dice la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ed è norma! Sentivo anche stamane gli interventi: uniformare alla legislazione italiana. Io vi ricordo, per coloro che hanno fatto l'esame di base di diritto, che esiste la gerarchia delle fonti e che il diritto europeo e il diritto internazionale tecnicamente hanno un peso e una valenza maggiore. Però, Presidente, siamo ancora nella narrazione propagandistica.

Chiudo con una proposta, perché l'opposizione, secondo me, deve fare anche questo. Vogliamo professionalizzare la questione? La vogliamo affrontare? Vogliamo metterci a lavorare, tutte e tutti, l'una a fianco all'altro, per affrontare il tema? Bene, allora io vi elenco dei punti professionalizzanti, anzi, vi sfido ad affrontare la questione così.

Primo: istituiamo una commissione di studio per la riforma dei procedimenti amministrativi in materia di immigrazione. Perché, Presidente, sa che cosa accade? Noi siamo reduci - si spera che sia finita - da un periodo pandemico. Quando c'è stata la pandemia, abbiamo fatto ricorso tutti ad esperti del tema. Se c'è un problema economico, grosso modo, si fa il richiamo a degli esperti e a degli economisti. Se si parla di immigrazione, non parla mai un esperto, non viene mai chiamato in ballo un esperto. Allora facciamo questo: iniziamo ad affrontare il tema dal punto di vista scientifico.

Secondo: come dicevo prima, citando gli esempi di altri Paesi europei, istituiamo un'Autorità indipendente per l'immigrazione. Facciamola indipendente, non facciamola indipendente, facciamola come vogliamo ma costruiamo un luogo dove tematizzare e affrontare, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma economico, sociale e culturale, la questione.

Terzo: interventi di capacity building. Noi abbiamo bisogno, parallelamente all'istituzione di questi luoghi, di rafforzare lo straordinario lavoro che le amministrazioni locali, che i territori, che i volontari, che tutto il mondo che opera attorno alla migrazione pongono in essere.

E, soprattutto, istituiamo una volta e per sempre la figura del mediatore linguistico culturale. Ero ancora all'università quando furono istituiti i primi corsi di studi in tal senso: tutte queste professionalità ci aiuterebbero a gestire la tematica in maniera più efficiente, efficace e umana, se è consentito dirlo in quest'Aula; tra l'altro, vi sono anche condizioni di esistenza e di permanenza di tante ragazze e tanti ragazzi, costretti comunque a partire. Chiudo, Presidente, la coperta si tiene, perché parliamo, da un lato, di coloro che non vogliamo, dall'altro, di coloro che non vogliamo far partire, ma poi, in realtà, non affrontiamo mai la questione in una maniera concreta e professionalizzante.

Come dicevo all'inizio, De Amicis ce lo ricorda: “quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era cominciato già da un'ora, e il Galileo (…) continuava a insaccar miseria”, l'una dopo l'altra. E allora questa è la priorità di questo Paese. Questo Paese ha la priorità di riacquisire davvero un ruolo centrale geopolitico nello spazio del Mediterraneo; e questo ruolo, caro Presidente, si ritrova nel momento in cui si pone fine all'ingrossamento del più grande cimitero a cielo aperto che è divenuto il Mediterraneo.

Allora, dobbiamo ritornare ai fondamentali: non ai fondamentali della politica, della scienza o della cultura, ma a quelli dell'umanità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 750-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la Commissione affari costituzionali, il deputato Ziello.

EDOARDO ZIELLO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Grazie, Presidente, una replica veramente veloce perché mi sembra giusto - anche per rispetto ai milioni di italiani che si sono imbarcati da questo Paese legalmente e che si sono sottoposti volontariamente ai controlli ferrei, duri e precisi nell'isola di Ellis Island, davanti alla costa di New York - ricordare che gli italiani, quando emigravano, lo facevano legalmente e non in forma clandestina. Ma, a parte questo, si sono dette tante cose su questo decreto; me le sono appuntate per rispetto ai colleghi e alle colleghe di opposizione che hanno compiuto il proprio intervento in questa discussione generale. Si è citato Primo Levi, utilizzandolo e brandendolo come una clava da utilizzare contro questo decreto.

Anche qui è veramente brutto, grave e pesante strumentalizzare o provare quasi a strumentalizzare un grande scrittore, come Primo Levi, che ha narrato e descritto il dramma dell'Olocausto. Chi utilizza certi autori a sproposito, oltre ad essere particolarmente offensivo, evidentemente dimostra di conoscere poco la storia recente, purtroppo. Ma, al di là di questo, il porto sicuro - finalmente è stato detto anche da parte di alcuni esponenti dell'opposizione - non deve essere per forza di cose vicino. Questo è stato ribadito anche dalle autorità della nostra Guardia costiera italiana. Il porto sicuro viene assegnato dalle autorità competenti non, tra l'altro, sulla base di una discrezionalità politica, perché siamo arrivati addirittura ad affermare che il porto lontano si assegna per fare un danno alle navi ONG. Assolutamente. Il porto sicuro si assegna sulla base di alcuni elementi e parametri tecnici. Prendiamo, ad esempio, in considerazione la nave Ocean Viking; mi sono andato a guardare i metri di questa imbarcazione, si parla di 69 metri, un gigante che ha un costo di gestione giornaliero di 14 mila euro. È chiaro che necessiti di un porto che deve essere particolarmente compatibile con le dimensioni di un gigante come la Ocean Viking; non c'è alcun elemento di discrezionalità politica da questo punto di vista.

Si è affermato che sia sbagliato dire che la nave ONG è elemento di pull factor, ma, attenzione, questo non è stato detto soltanto dal Ministro Piantedosi sulla base di una serie di elementi tecnici forniti dalle autorità italiane. No, è stato detto da Frontex. Frontex dice che le ONG, oltre ad essere soggetti privati, rappresentano un fattore di attrazione per le imbarcazioni di immigrati. Anche qui, un altro elemento che viene utilizzato dall'opposizione come clava contro questo decreto che viene smontato.

Infine, concludo, l'Italia è tutto fuorché isolata. È notizia di pochi giorni fa che ENI ha appena concluso un accordo da circa 8 miliardi con il principale fornitore energetico della Libia.

Adesso i nostri Ministri finalmente si occupano di una politica italiana, a livello internazionale, in grado di far tornare l'Italia a ricoprire il ruolo di principale protagonista del Mar Mediterraneo, e questo è testimoniato dagli incontri, a livello europeo e internazionale, che stanno avendo i nostri Ministri e il nostro Presidente del Consiglio, ma ci sarà modo di approfondirlo durante le successive fasi del seguito di questo decreto.

Grazie, Presidente, voglio ringraziare anche l'onorevole Sottosegretario Nicola Molteni per aver seguito egregiamente i lavori della Commissione, aiutando e coadiuvando anche i presidenti delle due Commissioni, insieme a tutti i funzionari delle stesse.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende replicare.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori per ribadire la richiesta, già avanzata ieri dal presidente del gruppo del Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, Debora Serracchiani. Chiediamo al Presidente della Camera di attivarsi affinché il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, torni il prima possibile in quest'Aula per comunicarci con un'informativa l'esito dell'indagine interna sull'uso delle informazioni rivelate dal 31 gennaio.

Cito testualmente dal resoconto stenografico: già nella giornata di ieri, come è noto, ho chiesto al mio capo di gabinetto di ricostruire quanto è accaduto. Noi rinnoviamo la richiesta di saperlo al più presto.

PRESIDENTE. La ringrazio. Ovviamente porteremo la sua richiesta alla Presidenza della Camera e, quindi, al Ministro e al Governo.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 31 gennaio 2023, il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE ha reso noto che, in pari data, l'assemblea del medesimo gruppo ha nominato tesoriere il deputato Paolo Emilio Russo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 3 febbraio 2023 - Ore 9,30:

1. Discussione sulle linee generali delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00038, Foti ed altri n. 1-00039, Bonelli ed altri n. 1-00054, Cattaneo ed altri n. 1-00055, Pavanelli ed altri n. 1-00043, Simiani ed altri n. 1-00057 e Manes ed altri n. 1-00058 concernenti iniziative in relazione alla proposta di direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia .

2. Discussione sulle linee generali della mozione Sportiello ed altri n. 1-00051 concernente iniziative volte al potenziamento del Servizio sanitario nazionale .

La seduta termina alle 14,50.