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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 16 aprile 2024

TESTO AGGIORNATO AL 18 APRILE 2024

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 16 aprile 2024.

  Albano, Ascani, Auriemma, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bicchielli, Bignami, Billi, Bitonci, Borrelli, Braga, Brambilla, Caiata, Calderone, Calovini, Cappellacci, Caretta, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Centemero, Cesa, Cirielli, Coin, Colosimo, Alessandro Colucci, Coppo, Enrico Costa, Sergio Costa, D'Attis, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Fassino, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gallo, Gardini, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Iacono, La Salandra, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Malavasi, Mangialavori, Mantovani, Maschio, Maullu, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morgante, Morrone, Mulè, Nordio, Onori, Orlando, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Pietrella, Pittalis, Pizzimenti, Polidori, Porta, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sottanelli, Soumahoro, Sportiello, Stefani, Sudano, Tabacci, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Auriemma, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bicchielli, Bignami, Billi, Bitonci, Borrelli, Braga, Brambilla, Caiata, Calderone, Calovini, Cappellacci, Caretta, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Centemero, Cesa, Cirielli, Coin, Colosimo, Alessandro Colucci, Coppo, Enrico Costa, Sergio Costa, D'Attis, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Fassino, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gallo, Gardini, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Gusmeroli, La Salandra, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Malavasi, Mangialavori, Mantovani, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morgante, Morrone, Mulè, Nordio, Onori, Orlando, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Pietrella, Pittalis, Pizzimenti, Polidori, Porta, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sottanelli, Soumahoro, Sportiello, Stefani, Sudano, Tabacci, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa notturna della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Billi, Bitonci, Braga, Brambilla, Calderone, Calovini, Cappellacci, Caretta, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Centemero, Cesa, Cirielli, Coin, Colosimo, Alessandro Colucci, Coppo, Enrico Costa, Sergio Costa, D'Attis, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Fassino, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gallo, Gardini, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mantovani, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Onori, Orlando, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Pietrella, Pizzimenti, Polidori, Porta, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Soumahoro, Sportiello, Stefani, Sudano, Tabacci, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge d'iniziativa regionale.

  In data 15 aprile 2024 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, la seguente proposta di legge:

   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE: «Modifica all'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, in materia di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale» (1824).

  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di proposte di inchiesta parlamentare.

  In data 15 aprile 2024 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:

   BONELLI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle pratiche commerciali scorrette, sulle conseguenze ambientali dei metodi di produzione e sulle infiltrazioni criminali nella filiera agricola e alimentare» (Doc. XXII, n. 38).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   VII Commissione (Cultura):

  MARATTIN: «Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di riordino delle competenze della Società italiana degli autori ed editori e di tutela della concorrenza nell'intermediazione e nella gestione dei diritti d'autore» (1526) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, IX, X, XII e XIV;

  DE LUCA ed altri: «Modifica alla legge 2 agosto 1999, n. 264, e altre disposizioni in materia di accesso ai corsi universitari dell'area sanitaria» (1646) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV;

  MIELE ed altri: «Delega al Governo per la riorganizzazione dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado con la previsione della durata quadriennale dei corsi di studio» (1739) Parere delle Commissioni I, V, VIII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):

  FURFARO ed altri: «Disposizioni per l'inserimento dell'esame prenatale non invasivo nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza a carico del Servizio sanitario nazionale» (1336) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  TENERINI: «Riconoscimento della fibromialgia o sindrome fibromialgica come malattia invalidante e disposizioni in favore delle persone che ne sono affette» (1525) Parere delle Commissioni I, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XIII Commissione (Agricoltura):

  DAVIDE BERGAMINI ed altri: «Istituzione dell'Albo nazionale delle imprese agromeccaniche e disciplina dell'esercizio dell'attività professionale di agromeccanico» (1794) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, VIII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione di documento alla Commissione parlamentare per la semplificazione.

  A seguito della costituzione della Commissione parlamentare per la semplificazione, la relazione sui risultati raggiunti nell'attuazione dei progetti Normattiva e x-leges e sulle loro prospettive di sviluppo, aggiornata al 30 aprile 2023, di cui è stato dato annuncio nell'Allegato A al resoconto dell'Assemblea della seduta del 17 maggio 2023, è stata trasmessa a tale Commissione.

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 15 aprile 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Costruire il futuro con la natura: stimolare le biotecnologie e la biofabricazione nell'Unione europea (COM(2024) 137 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla nona relazione sulla coesione (COM(2024) 149 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Presidente della Federazione italiana golf.

  Il Presidente della Federazione italiana golf, con lettera in data 22 marzo 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 63, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, la relazione sulle attività svolte ai fini della realizzazione del progetto Ryder Cup 2023, accompagnata dalla rendicontazione analitica dell'utilizzo delle somme assegnate, riferita all'anno 2023.

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 15 aprile 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento, al dottor Mauro D'Amico, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore dell'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 2 MARZO 2024, N. 19, RECANTE ULTERIORI DISPOSIZIONI URGENTI PER L'ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR) (A.C. 1752-A)

A.C. 1752-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in fase di conversione reca norme urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    il testo in esame, oltre a garantire la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e di quelli non più finanziati con le risorse del PNRR a seguito del negoziato con la Commissione europea sulle modifiche al PNRR, conclusosi con l'approvazione della decisione dell'8 dicembre 2023 da parte del Consiglio ECOFIN, reca numerose disposizioni riguardanti la governance, l'accelerazione e lo snellimento delle procedure oltre a norme di coordinamento;

    nell'ambito delle norme che dovrebbero consentire l'accelerazione e lo snellimento delle procedure, si inserisce l'articolo 11 del provvedimento che, modificato in commissione durante l'esame in sede referente e in relazione alle misure di semplificazione amministrativa, reca nuove procedure per la gestione finanziaria delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    in particolare il richiamato articolo 11, al comma 1, fissa al 30 per cento la misura delle anticipazioni erogabili in favore dei soggetti attuatori del PNRR, da erogarsi entro i trenta giorni dalla presentazione della richiesta;

    la norma introduce una regola di carattere generale, che sembrerebbe trovare applicazione, quindi, tanto per i soggetti attuatori pubblici che per quelli privati e sia per interventi finanziati con le risorse del Fondo Next Generation EU-Italia, di cui all'articolo 1, commi 1037 e 1038, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), sia per i cosiddetti «Progetti in essere» finanziati con risorse a valere su autorizzazioni di spesa a legislazione vigente, superando quindi l'attuale soglia dell'anticipazione che, di norma, è pari al 10 per cento del valore dell'intervento;

    la disposizione in parola è volta a potenziare lo strumento dell'anticipazione per far fronte alle esigenze di liquidità più volte manifestate dai soggetti attuatori per assicurare la tempestiva esecuzione degli interventi PNRR e, pertanto, riveste particolare importanza per la concreta e tempestiva attuazione degli stessi,

impegna il Governo

a chiarire che l'accesso all'anticipazione nella misura del 30 per cento è garantito a tutti i soggetti attuatori di finanziamenti PNRR, indipendentemente dalla natura di soggetto di diritto pubblico o privato rivestita dal soggetto attuatore nonché dal tipo di procedura utilizzata per la selezione dei progetti ed è garantito altresì anche in relazione ai progetti per i quali è già stata richiesta o erogata l'anticipazione del 10 per cento, attraverso una richiesta integrativa relativamente alla maggiore quota spettante.
9/1752-A/1. Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 43 nella formulazione approvata nel corso dell'esame in sede referente prevede che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate le modalità tecnologiche idonee a garantire il rilascio e la verifica delle certificazioni sanitarie digitali, in conformità alle specifiche tecniche europee e internazionali;

    il PNRR dedica l'8,16 per cento delle risorse disponibili, pari a 15,63 miliardi di euro, alla missione «Salute» (7 miliardi di euro sulla prima componente e circa 8,6 miliardi di euro sulla seconda), che si sommano alle risorse provenienti da altri fondi e che portano il finanziamento complessivo a 18,5 miliardi;

    il Fascicolo sanitario elettronico, istituito dalle regioni e dalle province autonome, è il punto unico di accesso per i cittadini ai servizi, ai documenti e alle informazioni relative alle diagnosi e alle cure prestate dal Sistema sanitario nazionale (SSN);

    l'accesso al Fascicolo sanitario elettronico da parte dei cittadini avviene attraverso l'identità digitale: sistema pubblico di identità digitale (SPID), carta di identità digitale (CIE), tessera sanitaria (TS-CNS);

    secondo gli obiettivi del PNRR entro la fine del 2025 l'85 per cento dei medici di base dovrà alimentare il fascicolo sanitario elettronico attivamente ed entro la metà del 2026 tutte le regioni dovranno utilizzarlo;

    secondo le ultime rilevazioni effettuate nel 2024, riferite ai dati dell'ultimo trimestre del 2023, il Fascicolo sanitario elettronico è presente in tutte le regioni e province autonome italiane. Nonostante ciò, i dati di utilizzo sembrano essere ancora molto bassi: in diverse regioni meno del 15 per cento dei cittadini ha proceduto all'accesso al Fascicolo sanitario elettronico e meno del 15 per cento del personale medico e degli operatori sanitari lo ha utilizzato nei 90 giorni precedenti la rilevazione. Il Fascicolo sanitario elettronico sembra in particolare ancora poco conosciuto ed utilizzato tra la popolazione, soprattutto in determinate fasce d'età,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere la diffusione e l'effettivo utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico attraverso iniziative di comunicazione e formazione per contrastare il divario digitale dei cittadini nelle quali siano coinvolti anche i soggetti del sistema sanitario nazionale interessati (strutture sanitarie, operatori sanitari, medici, farmacie, Agenzia italiana del farmaco), l'omogeneizzazione dei contenuti e delle procedure informatiche tra le regioni e le province autonome, nonché prevedendo l'istituzione di un gruppo di monitoraggio sull'attuazione del Fascicolo sanitario elettronico al fine di proporre la candidatura dell'Italia come ente pilota per l'integrazione europea del Fascicolo sanitario elettronico.
9/1752-A/2. Cavandoli, Lazzarini.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 19 dell'articolo 29 modifica la disciplina generale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ed in particolare l'articolo 27, prevedendo una disciplina regolamentare per la definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, operanti nei cantieri temporanei o mobili, introducendo, in via diretta legislativa e con decorrenza dal 1° ottobre 2024, l'obbligo di possesso di una patente, rilasciata in base ad una serie di condizioni per il possesso o la decurtazione di crediti;

    il testo originario del decreto-legge escludeva dall'obbligo le imprese in possesso dell'attestazione di qualificazione SOA, prevista dal codice dei contratti pubblici;

    durante l'esame in sede referente, il testo è stato modificato prevedendo tale esclusione solo per le imprese in possesso dell'attestazione di qualificazione SOA, in classifica pari o superiore alla III, che riguarda le imprese qualificate per lavori pubblici di importo da euro 516.000 a euro 1.033.000;

    si tratta di una esclusione notevolmente penalizzante per le piccole e medie imprese, in quanto le sottopone ad ulteriori procedimenti burocratici, completamente inutili, visto che si tratta di imprese che già presentano la documentazione per la loro attività alle SOA e che sono già sottoposte ai controlli sia da parte delle SOA che dell'ANAC;

    il comma 5 del citato articolo 27 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'ispettorato nazionale del lavoro, che individua criteri di attribuzione di crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale nonché le modalità di recupero dei crediti decurtati,

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione della norma, anche nell'ambito delle attività di monitoraggio sulla funzionalità del sistema della patente, previste da parte dell'Ispettorato nazionale del lavoro, ai sensi del comma 13 dell'articolo 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e, ove si verifichino eventuali effetti negativi, a valutare la possibilità di evitare l'obbligo della patente per le piccole e medie imprese, che sono comunque qualificate SOA in classifica inferiore alla III, o, in alternativa, nell'ambito del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previsto dal comma 5 del citato articolo 27, attribuire al possesso dell'attestazione SOA, da parte di tali imprese, un congruo numero di crediti aggiuntivi.
9/1752-A/3. Zinzi, Benvenuto, Bof, Montemagni, Pizzimenti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in fase di conversione reca norme urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ma in diversi comuni italiani si registrano ritardi nell'articolazione e presentazione dei progetti necessari per spenderne le risorse;

    l'articolo 15, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 dispone che per favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per quindici anni decorrenti dalla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono;

    sul territorio nazionale si contano circa 8.000 comuni dei quali 5.500 sono piccoli comuni e nei quali risiede circa il 17 per cento della popolazione nazionale;

    la fusione può essere uno strumento utile per efficientare la dotazione organica degli uffici necessari alla realizzazione dei progetti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) nonché per ridurre i costi di gestione degli uffici specie in relazione alla presenza per ogni Ente di costi fissi la cui incidenza può diminuire incrementandone la popolazione;

    la struttura del Fondo previsto nel TUEL prevede un tetto massimo finanziabile per singola annualità al cui raggiungimento non possono più essere erogate risorse finalizzate ad incentivare le fusioni;

    le risorse assegnate dal Ministero dell'interno ammontano a poco più di 83 milioni di euro ma è evidente che se il budget rimane il medesimo ed il numero dei comuni fusi aumenta, il contributo per ciascun comune diminuisce, venendo così a tradire l'impegno dello Stato,

impegna il Governo

ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune misure volte ad incrementare adeguatamente le risorse previste dal Fondo di cui all'articolo 15, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267, al fine di garantire per l'esercizio 2024 ad ogni comune beneficiario esattamente lo stesso importo dell'esercizio 2023.
9/1752-A/4.Marattin.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di istruzione e merito all'interno del Capo II il quale, tra gli articoli che lo compongono, vede l'articolo 14 specificatamente volto ad introdurre misure per l'attuazione delle riforme di cui alla Missione 4 «Istruzione e ricerca» – Componente 1 «Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli Asili nido alle Università» del Piano nazionale di ripresa e resilienza concernenti – tra le altre – anche il sistema di reclutamento dei docenti;

    il comma 7 del citato articolo 14, ai fini di garantire il raggiungimento del target finale previsto dal Piano, prevede una anticipazione delle facoltà assunzionali dei docenti anche relative alle annualità successive, fermo restando che le assunzioni potranno essere effettuate nei limiti delle facoltà assunzionali maturate e disponibili a legislazione vigente;

    per la realizzazione di tale target, il Ministero dell'istruzione e del merito si è impegnato a reclutare ulteriori 70 mila docenti entro il 2026;

    il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, ha stabilito che le graduatorie dei concorsi ordinari 2020 e concorsi STEM, comprensive degli idonei, siano prorogate fino al loro esaurimento, ma a partire dall'anno scolastico 2024/2025 queste graduatorie saranno utilizzate solo in coda rispetto a quelle riferite alle procedure PNRR;

    con riferimento ai concorsi ordinari 2020, si tratta delle graduatorie delle procedure concorsuali bandite con decreti del Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione n. 498 e n. 499 del 21 aprile 2020, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 34, del 28 aprile 2020, nelle quali diverse migliaia di docenti sono risultati idonei e hanno acquisito il diritto giuridico all'assunzione in ruolo dopo una lunga procedura ritardata dalla pandemia;

    i primi bandi PNRR sembrerebbero stabilire che i vincitori dei nuovi concorsi ad hoc godano di precedenza nelle assunzioni rispetto a coloro che sono stati dichiarati idonei dalle citate procedure, non prevedendone in modo specifico lo scorrimento, se non nei casi in cui risulti necessario coprire il mancato raggiungimento dei target intermedi previsti per i concorsi PNRR;

    di fatti, i docenti risultati idonei dalle procedure ordinarie verrebbero ingiustamente esclusi dalla possibilità di assunzione in ruolo;

    il PNRR non esclude che per raggiungere l'obiettivo delle 70.000 assunzioni si attinga a graduatorie pregresse; recentemente, il TAR del Lazio ha ritenuto valide le ragioni dei ricorrenti con riferimento al bando 2023, esigendo dall'Amministrazione dei chiarimenti motivati circa il mancato scorrimento delle graduatorie dei concorsi del 2020 banditi con i citati decreti n. 498 e n. 499;

    questo precedente avrebbe come potenziale conseguenza una mole di ricorsi, avverso la Pubblica Amministrazione, da parte di coloro risultati idonei;

    nella sostanza, si rischia di alimentare un precariato che proprio il concorso 2020 voleva limitare, compromettendo i diritti degli idonei;

    sarebbe auspicabile farsi carico delle graduatorie aperte rispettando, così, non solo i parametri previsti ma anche le aspettative e le esigenze di tutti i candidati risultati idonei,

impegna il Governo

ad adottare una soluzione che garantisca, anche ai fini del raggiungimento del target di assunzione di docenti previsto dal PNRR, l'assunzione sia di coloro che stanno svolgendo con successo le procedure concorsuali bandite ad hoc per il PNRR sia dei risultati idonei ai concorsi 2020 anche convocando, se necessario, un tavolo di confronto al fine di contemperare tutti gli interessi coinvolti.
9/1752-A/5. Grippo, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Sottanelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente provvedimento reca, all'articolo 38, una misura agevolativa di carattere fiscale in materia di investimenti;

    in particolare, si prevede un contributo, sotto forma di credito d'imposta, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici alle condizioni, nelle misure ed entro i limiti di spesa stabiliti dalle norme in commento;

    sempre in materia di investimenti, l'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, prevede, a carico degli intermediari finanziari, l'obbligo di versare un acconto relativo ai prelevamenti effettuati a titolo di imposta sostitutiva sulle plusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria in regime di risparmio amministrato;

    ai fini della determinazione e versamento del predetto acconto, entro il 16 dicembre di ciascun anno, è stato introdotto un metodo di calcolo parametrato all'imposta da versare con riferimento ai primi undici mesi del medesimo anno;

    rispetto ai criteri di calcolo dell'acconto, con risposta n. 55 del 28 febbraio 2024, l'amministrazione finanziaria ha precisato che: «Non v'è spazio e margine, dunque, per ipotizzare l'utilizzo del cosiddetto “metodo previsionale” [...], ovvero calcolando gli acconti tenendo conto dei redditi diversi di natura finanziaria in regime di risparmio amministrato che prevedibilmente saranno conseguiti [...]», nonché la possibilità di «utilizzare le eccedenze a credito [...] per compensare i debiti relativi ad altre imposte e contributi»;

    tuttavia, l'impossibilità di applicare il cosiddetto «metodo previsionale» potrebbe condizionare gli investimenti nel mercato dei capitali, soprattutto in termini di liquidità per gli intermediari finanziari che ivi operano;

    già con l'approvazione della legge di delega per la riforma fiscale del 9 agosto 2023, n. 111, si è previsto quale criterio direttivo l'armonizzazione dei redditi di natura finanziaria, prevedendo un'unica categoria reddituale, nonché la determinazione dei medesimi sulla base del principio di cassa e una più ampia possibilità di compensazione tra componenti positivi e negativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di introdurre anche la possibilità di versare l'acconto dell'imposta sostitutiva sul risparmio amministrato applicando il metodo previsionale.
9/1752-A/6. Centemero.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0;

    viene previsto un contributo, sotto forma di credito d'imposta, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici;

    per l'accesso all'agevolazione si pone la condizione che, tramite tali investimenti si consegua complessivamente una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale non inferiore al 3 per cento o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall'investimento non inferiore al 5 per cento;

    per le imprese di nuova costituzione, il risparmio energetico conseguito è calcolato rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale, individuato secondo i criteri definiti dalla normativa di rango secondario,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere le modalità di calcolo del risparmio energetico applicato alle imprese di nuova costituzione anche alle imprese già costituite ma che hanno acquisito fabbricati industriali nuovi – o porzioni di essi – e che non dispongono di dati utili a eseguire un confronto con i consumi energetici dell'anno precedente.
9/1752-A/7. Frassini.


   La Camera,

   premesso che:

    i soggetti di cui al comma 9, lettera d-bis) dell'articolo 119, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, (cosiddetto «decreto Rilancio») che intendono effettuare degli interventi, agevolati dal cosiddetto Superbonus, su un complesso immobiliare adibito ad attività socio-sanitarie assistenziali, per la verifica dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale e per la modalità di calcolo dei limiti di spesa ammessa alla predetta detrazione, fanno riferimento al comma 10-bis del medesimo articolo 119;

    l'articolo 119, comma 10-bis, del citato decreto-legge n. 34 del 2020 «decreto Rilancio», nella versione attualmente vigente, stabilisce che «limite di spesa ammesso alle detrazioni di cui al presente articolo, previsto per le singole unità immobiliari, è moltiplicato per il rapporto tra la superficie complessiva dell'immobile oggetto degli interventi di incremento dell'efficienza energetica, di miglioramento o di adeguamento antisismico previsti ai commi 1, 2, 3, 3-bis, 4, 4-bis, 5, 6, 7 e 8, e la superficie media di una unità abitativa immobiliare, come ricavabile dal rapporto immobiliare pubblicato dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle entrate ai sensi dell'articolo 120-sexiesdecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per i soggetti di cui al comma 9, lettera d-bis), che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, e i cui membri del Consiglio di Amministrazione non percepiscano alcun compenso o indennità di carica; b) siano in possesso di immobili rientranti nelle categorie catastali B/1, B/2 e D/4, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito. Il titolo di comodato d'uso gratuito è idoneo all'accesso alle detrazioni di cui al presente articolo, a condizione che il contratto sia regolarmente registrato in data certa anteriore alla data di entrata in vigore della presente disposizione»;

    il calcolo della spesa massima ammessa alle detrazioni fiscali si basa, quindi, su due dati essenziali: la superficie complessiva e la superficie media di un'unità abitativa;

    in assenza di specifici richiami normativi, la locuzione «superficie complessiva» potrebbe essere oggetto di variegate interpretazioni. A titolo esemplificativo, e non esaustivo, la definizione del termine potrebbe avere le seguenti chiavi di lettura: 1) prettamente letterale; 2) riferito al regolamento edilizio tipo sottoscritto nell'Intesa del 20 ottobre 2016 in sede di Conferenza tra Governo, regioni e comuni; 3) riferito al decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1998, n. 138. Interpretazioni che porterebbero ad individuare diversi valori delle superficie complessiva;

    ipotizzando un'interpretazione prettamente letterale del termine, si otterrebbe la superficie complessiva data dalla somma delle superfici di ogni singolo piano, interrato e fuori terra, misurate sul perimetro esterno delle murature. In tal caso si configurerebbe una sostanziale assonanza con la superficie lorda dell'immobile, interpretazione sostanzialmente disconosciuta dall'Agenzia delle entrate che nella risposta all'interrogazione n. 5-01992 in Commissione VI ha chiarito quanto segue: «L'esempio prospettato nella circolare n. 3 del 2023, nel quale si fa riferimento alla superficie lorda in luogo di quella complessiva, aveva esclusivamente l'obiettivo di illustrare, in termini matematici, le modalità di calcolo delle unità immobiliari figurative ma non intendeva, in alcun modo, derogare al parametro – costituito, si ribadisce, dalla superficie complessiva — da porre al numeratore del rapporto previsto dal primo periodo del comma 10-bis dell'articolo 119 del medesimo decreto-legge n. 34 del 2020 "decreto Rilancio"»;

    un'altra possibilità potrebbe essere quella di rifarsi alle definizioni uniformi dell'Intesa del 20 ottobre 2016, per cui la superficie complessiva dell'edificio è la somma delle superficie utile di tutti i piani aumentata del 60 per cento della superficie accessoria mentre la superficie utile è la superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre. Questa interpretazione è gravata dal fatto che le regioni, in sede di recepimento del regolamento edilizio e delle definizioni uniformi, hanno provveduto a integrare e a modificare gli schemi approvati dalla Conferenza, in conformità alla normativa regionale vigente. Questo ha fatto sì che siano stati attribuiti differenti significati alle definizioni di superficie accessoria, superficie utile e superficie complessiva creando disparità di trattamento per i contribuenti, che, a seconda della regione in cui si trovano, sono soggetti a variabili risultati del calcolo della spesa massima ammissibile alla detrazione fiscale del Superbonus;

    la soluzione alle criticità sopra richiamate potrebbe essere quella di interpretare la locuzione generica di «superficie complessiva» in chiave di superficie catastale, così come determinata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1998 n. 138. Al riguardo, si ricorda che il decreto è valido su tutto il territorio nazionale e non ammette interpretazioni regionali. La superficie determinata secondo il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998, restituisce una più precisa stima in metri quadrati dell'unità immobiliare, anche e soprattutto in considerazione della particolare destinazione d'uso. Inoltre la superficie catastale, essendo uno dei dati essenziali per l'accatastamento di un bene immobile, è un dato immediatamente disponibile negli archivi dell'Agenzia delle entrate e non richiede ulteriori elaborazioni o interpretazioni;

    assumere come significato della locuzione generica di «superficie complessiva» quello della superficie catastale, consentirebbe di evitare qualsiasi disparità di trattamento territoriale in capo ai contribuenti;

   considerato che:

    la risposta all'interrogazione n. 5-01992 della Commissione finanze non ha contribuito a fare chiarezza sulla definizione autentica del termine generico di «superficie complessiva»,

impegna il Governo

ad adottare, nel primo provvedimento utile, un'iniziativa normativa volta a chiarire che con la locuzione generica «superficie complessiva» contenuta nell'articolo 119, comma 10-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, si fa riferimento alla superficie catastale così come determinata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1998 n. 138.
9/1752-A/8. Comaroli.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca all'articolo 1, comma 8, dei tagli lineari alle dotazioni finanziarie relative agli interventi del Piano nazionale complementare (PNC) nella misura di 1,9 miliardi di euro per l'anno 2024, 1,44 miliardi di euro per l'anno 2025 e 404 milioni di euro per l'anno 2026;

    tra questi, vedono ridursi di circa 106 milioni di euro le autorizzazioni di spesa relative all'intervento «Ecosistemi per l'innovazione al Sud in contesti urbani marginalizzati», di 410 milioni di euro l'intervento sul «Rafforzamento delle linee ferroviarie regionali», di 510 milioni di euro l'intervento «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» e di circa 133 milioni di euro l'investimento «Ecosistema innovativo della salute»;

    si tratta di progetti vitali per lo sviluppo del Paese, volti nello specifico a:

     a) riqualificare nel Mezzogiorno le infrastrutture dedicate a percorsi di istruzione superiore, ricerca multidisciplinare e creazione di imprese;

     b) favorire la realizzazione di interventi in materia di mobilità in tutto il territorio nazionale e ridurre il divario infrastrutturale tra le diverse regioni;

     c) delineare un percorso di miglioramento strutturale nel campo della sicurezza degli edifici ospedalieri, adeguandoli alle vigenti norme in materia di costruzioni in area sismica;

     d) creare un ecosistema sanitario innovativo attraverso la creazione di reti clinico-transnazionali di eccellenza in grado di mettere in comune le tecnologie disponibili e le competenze esistenti in Italia e di creare interventi su cui concentrare l'attenzione di enti pubblici e di quelli privati che operino in sinergia per innovare, sviluppare e creare posti di lavoro altamente qualificati;

    si tratta di linee di intervento assolutamente prioritarie per un Paese come l'Italia, e necessitano, quindi, di finanziamenti adeguati e fruibili nell'immediato,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di ripristinare, nel primo provvedimento utile, le dotazioni finanziarie degli interventi previsti dal PNC, con particolare riferimento a quelli descritti in premessa.
9/1752-A/9. Carfagna, Bonetti, D'Alessio, Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula prevede disposizioni urgenti in materia di investimenti PNRR del Ministero della salute, con particolare riferimento agli investimenti legati alla digitalizzazione, alle innovazioni e al rafforzamento dell'infrastruttura tecnologica;

    nell'ambito della salute digitale, una nuova frontiera dalle straordinarie potenzialità è rappresentata dalle terapie digitali, note anche con il nome di «digital therapeutics» o «DTx» nella sigla in inglese;

    le terapie digitali sono le tecnologie che offrono interventi terapeutici mediati da programmi software di alta qualità. Questi programmi sono basati su evidenze scientifiche ottenute attraverso una sperimentazione clinica rigorosa e sono progettati per prevenire, gestire o trattare un disturbo medico o una malattia, modificando il comportamento del paziente al fine di migliorarne gli esiti clinici;

    è evidente la necessità di promuovere un'attività di monitoraggio degli sviluppi scientifici e tecnologici delle terapie digitali, anche in vista della definizione di un percorso regolatorio che possa favorirne la diffusione e l'implementazione,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione presso il Ministero della salute di un Osservatorio permanente sulle terapie digitali, con un componente designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, deputato allo svolgimento di attività di monitoraggio degli sviluppi scientifici e tecnologici delle medesime terapie.
9/1752-A/10. Loizzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula prevede disposizioni urgenti in materia di investimenti PNRR del Ministero della salute, con particolare riferimento agli investimenti legati alla digitalizzazione e al rafforzamento dell'infrastruttura tecnologica;

    l'articolo 42 del decreto-legge in esame, in particolare, richiama la necessità di garantire la tempestiva attuazione del sub intervento M6C1 1.2.2.4 «COT-Progetto pilota di intelligenza artificiale»;

    in relazione all'applicazione della Intelligenza Artificiale (IA) alla sanità digitale, occorre dare atto della specificità della Università della Calabria;

    l'Università della Calabria vanta la presenza di un corso di laurea in medicina e chirurgia – TD, il cui percorso integra, in un approccio interdisciplinare, una solida formazione in ambito medico con le competenze che consentono di utilizzare in maniera efficace le tecnologie digitali e, in particolare, l'IA nei vari settori della medicina, dalla prevenzione delle malattie, alla riabilitazione dei pazienti, allo sviluppo di soluzioni diagnostiche e terapeutiche caratterizzanti la medicina di precisione, personalizzata e di frontiera, consentendo infatti di conseguire agli studenti anche laurea in Ingegneria informatica;

    è presente una significativa massa critica di ricercatori in Intelligenza Artificiale dalla ampia visibilità internazionale presso l'Università della Calabria che risulta, infatti, uno dei soli 10 spoke attivati sul territorio nazionale nell'ambito del Partenariato Esteso sugli aspetti fondazionali dell'IA, finanziato dal Ministero dell'università e della ricerca nell'ambito delle iniziative PNRR;

    il Dipartimento di matematica e informatica dell'Università della Calabria è riconosciuto come una delle più avanzate sedi di studio della disciplina e il cui direttore è l'attuale presidente dell'Associazione italiana per l'intelligenza artificiale,

impegna il Governo:

   alla costituzione di un Osservatorio sulle applicazioni dell'IA alla sanità digitale che coinvolga il Ministero della salute e l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, anche avvalendosi del supporto dell'Università della Calabria;

   ad avviare attraverso l'Osservatorio citato una sinergica collaborazione per l'elaborazione di protocolli, progetti di ricerca e linee guida riguardanti le applicazioni dell'IA alla sanità digitale, nonché per lo studio delle possibili valutazioni in merito all'utilizzo protetto dei dati sanitari mediante IA.
9/1752-A/11. Matone, Loizzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame dispone misure afferenti a diverse materie, nello specifico contiene disposizioni urgenti in materia di investimenti del Ministero della salute;

    le infezioni correlate all'assistenza (ICA) costituiscono una problematica più diffusa di quanto si pensi e i dati sono allarmanti: al riguardo il Ministero della salute ha evidenziato come, in Europa, le ICA provochino ogni anno oltre 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza, 37.000 decessi direttamente attribuibili e 110.000 decessi per i quali l'infezione rappresenta una concausa;

    l'esperienza della recente pandemia da COVID-19 ha dimostrato come l'efficacia, l'appropriatezza e l'affidabilità dei dispositivi di protezione individuale (DPI), tra cui allo stato attuale dell'offerta tecnologica rientrano divise, costituite da casacca e pantalone riutilizzabili anche dopo numerosi lavaggi e camici ospedalieri, sono elementi essenziali per la qualità delle cure, nonché per la prevenzione del contagio soprattutto in ambienti protetti e sensibili;

    negli ultimi anni la ricerca in materia ha portato allo sviluppo di nuove tecnologie di produzione di tessuti per casacche e pantaloni che garantiscono livelli di sicurezza molto più elevati rispetto a quelli attualmente maggiormente diffusi sul mercato (ci si riferisce in particolare a quei prodotti che per l'attuale offerta tecnologica, sono risultati conformi agli standard più elevati inerenti all'attività antibatterica e antivirale di cui alle norme tecniche EN ISO 20743:2013 e ISO 18184:2019;

    secondo un report del 2016 condotto dall'Istituto superiore di sanità (ISS) e che ha coinvolto 56 strutture e selezionato 14.773 pazienti distribuiti in vari reparti è stato evidenziato come «la prevalenza di pazienti con almeno un'infezione correlata all'assistenza è risultata pari all'8,03 per cento»;

    uno studio dell'European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) pubblicato nel 2019 su un'importante rivista scientifica internazionale ha rilevato come l'Italia risulti essere il Paese dell'Unione europea con il più alto numero di decessi da infezione contratte in ambito nosocomiale ovvero 10.000/anno;

    il legislatore in un'ottica di tutela della sicurezza e della salute del lavoratore ha individuato il datore di lavoro quale soggetto onerato del reperimento e della fornitura dei migliori prodotti disponibili sul mercato per garantire la suddetta tutela negli ambienti di lavoro di qualsiasi soggetto ivi presente;

    ai sensi della normativa vigente i DPI devono essere: adeguati ai rischi da prevenire; adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; adattabili all'utilizzatore secondo le sue necessità; in possesso dei requisiti essenziali intrinseci di sicurezza;

    in alcuni settori particolarmente sensibili, quali quelli a maggior rischio di esposizione ad agenti patogeni (i.e. ospedali, residenze per anziani, strutture di degenza, strutture per la riabilitazione, et alia) si rende necessario il ricorso, almeno nelle aree ritenute critiche, a divise del tipo casacca e pantalone in tessuti più sicuri e quelli conformi ai più elevati standard di sicurezza di cui alle menzionate norme tecniche EN ISO 20743:2013 e ISO 18184:2019,

impegna il Governo a valutare l'opportunità di:

   promuovere, di concerto con le unità sanitarie locali e sotto il coordinamento del Ministero della salute, una campagna informativa sulle migliori tecniche e le buone pratiche relative all'impiego almeno nelle aree critiche sanitarie e socio-sanitarie di casacche e pantaloni qualificati quali dispositivi di protezione individuale, incentivando l'uso dei dispositivi in grado di garantire maggiore sicurezza;

   attivarsi con ogni opportuna iniziativa al fine di promuovere, di concerto con gli organismi di vigilanza, gli organismi ispettivi e le altre Autorità di pubblica sicurezza, le verifiche di conformità sulle misure di sicurezza attuate, sia a livello privato che pubblico, per abbattere le ICA assicurandosi che esse siano, in relazione al tipo di attività svolta, le migliori reperibili sul mercato considerando attentamente quanto evidenziato dal Legislatore a tal riguardo nei disposti sopra richiamati;

   rendere effettivo e più stringente l'obbligo già previsto ex lege circa l'utilizzo del miglior prodotto di protezione disponibile sul mercato, con particolare riguardo agli ambienti di lavoro esposti, più degli altri, a rischio biologico quali laboratori, industrie, strutture sanitarie;

   incentivare nelle strutture pubbliche, anche attraverso una specifica valorizzazione nei capitolati d'appalto, almeno per gli operatori delle aree critiche sanitarie e socio-sanitarie, l'utilizzo di casacche e pantaloni qualificati quali dispositivi di protezione individuale in quanto garanti di tutela da infezioni sia per gli operatori che per gli utenti delle sopra menzionate aree;

   promuovere, sia nel settore pubblico che in quello privato, con specifico riguardo alle divise, tipo casacca e pantalone, l'utilizzo di prodotti in tessuto che garantiscano i migliori standard di sicurezza e di protezione da infezioni di cui alle norme tecniche EN ISO 20743:2013 e ISO 18184:2019;

   promuovere la formazione sul corretto utilizzo dei DPI, mediante corsi di aggiornamento in presenza del personale che opera in luoghi da presumersi a rischio come da valutazione dei rischi.
9/1752-A/12. Ciocchetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, completa la fase di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avviata lo scorso anno e rappresenta il risultato di un importante lavoro svolto dal Governo e in particolare dal Ministro Fitto, in quanto recepisce le modifiche approvate dall'Unione europea lo scorso anno, ed imprime al tempo stesso un'ulteriore accelerazione alla capacità di spesa per il conseguimento di tutti gli obiettivi nei tempi previsti, rispettando il cronoprogramma per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'impianto normativo del testo, nel corso dell'esame in sede referente, è stato significativamente perfezionato, a seguito delle proposte emendative approvate e presentate dal Governo e dai gruppi parlamentari, volte a rendere più efficiente e moderno il tessuto socio-economico del sistema-Paese;

    l'articolo 36 in particolare, (che reca norme per la realizzazione degli interventi nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2009 e del 2016, intervenendo attraverso il comma 2, sulla valutazione ambientale e la verifica dei progetti di infrastrutture stradali interessate dagli eventi sismici del 2016-2017 in Italia centrale) integra le disposizioni già adottate nel corso della legislatura dal Consiglio dei ministri, in favore delle regioni del Centro-Italia colpite da eventi sismici, al fine di accelerare e semplificare le procedure per la ricostruzione, attraverso le disposizioni speciali sulla governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    al riguardo si evidenzia che, nonostante le importanti risorse stanziate in favore della regione Abruzzo, attraverso il Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza (con una dotazione complessiva di 1 miliardo e 780 milioni di euro per le regioni del Centro-Italia) per sostenere i loro investimenti sul territorio e il rilancio del territorio, attraverso la riqualificazione degli edifici e gli spazi pubblici, emergono difficoltà di ordine sociale in relazione all'esodo di molti abitanti abruzzesi (in particolare nelle piccole comunità di montagna) i quali hanno deciso di lasciare la propria residenza, a seguito dei tragici eventi sismici del 2009 e del 2016;

    in relazione alle predette osservazioni, a giudizio del sottoscrittore del presente atto di indirizzo, risulta necessario sostenere i piccoli centri della regione Abruzzo, interessati dal suddetto fenomeno di svuotamento delle aree interne, attraverso misure d'incentivazione, volte a favorire il rientro nei comuni, soprattutto dei paesi montani, quali ad esempio il ricorso al lavoro agile cosiddetto smart working da parte dei lavoratori abruzzesi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel corso dei prossimi provvedimenti utili, l'introduzione di un piano organizzativo, attraverso una misura anche di tipo normativo, volta a consentire nei piccoli comuni o in quelli montani della regione Abruzzo, lo svolgimento dell'attività professionale in forma flessibile, sia in ambito pubblico che privato, attraverso il lavoro agile, cosiddetto smart working, potenziando le infrastrutture digitali al fine di permettere alle comunità interessate di favorire il rientro dei lavoratori interessati nelle proprie residenze.
9/1752-A/13. Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, contiene una pluralità di disposizioni finalizzate a garantire l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ed è indirizzato ad imprimere un'ulteriore accelerazione alla capacità di spesa per il conseguimento di tutti gli obiettivi nei tempi previsti, attraverso uno snellimento delle procedure indicate per la realizzazione degli interventi programmati;

    nel corso dell'esame in sede referente, l'impianto normativo è stato significativamente migliorato, a seguito dell'approvazione di numerose proposte emendative, che completano il quadro delle misure già introdotte nei precedenti decreti-legge a valere sulle risorse previste del PNRR, in favore anche degli enti locali;

    al riguardo, l'articolo 37 del decreto-legge in oggetto, che modifica le disposizioni che regolano le attività del Nucleo PNRR Stato-regioni, prevede lo svolgimento (da parte del medesimo Nucleo) di un supporto tecnico alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano nell'elaborazione di un «Progetto bandiera», al fine di favorire il confronto con le amministrazioni titolari degli interventi previsti dal PNRR, senza incidere sulle loro competenze e senza modificare le modalità di finanziamento vigenti;

    in tale ambito, si evidenzia che, fra i compiti svolti dal Nucleo PNRR Stato-regioni, (operativo fino al 31 dicembre 2026) rientra anche l'attività di assistenza agli enti territoriali, con particolare riferimento ai piccoli comuni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 ottobre 2017, n. 158;

    il sottoscrittore del presente atto a tal fine rileva che, nell'ambito delle attività di sostegno già in essere, le suddette realtà locali necessitano di ulteriori attenzioni e supporto, attraverso una maggiore assistenza da parte degli organismi del personale dirigenziale, la cui attività di assistenza risulta centrale nella fase di attuazione degli obiettivi connessi al PNRR;

    prorogare fino al 30 giugno 2026 la continuità dell'incarico di segretario comunale, per i titolari delle sedi di segreteria iscritti (in deroga a quanto previsto dall'articolo 12-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 52) al fine di supportare gli enti locali, in particolare i piccoli comuni, per l'attuazione degli interventi e la realizzazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, consentendo a tali piccole realtà territoriali di completare, con maggiore serenità, le importanti sfide previste dal Recovery Plan, risulta pertanto, a parere del sottoscrittore del presente atto, urgente e necessario, in relazione alle suesposte considerazioni, e onde evitare, in caso contrario, una nuova riorganizzazione amministrativa, con un aumento inevitabile dei costi insostenibili nei confronti di molti piccoli e piccolissime realtà sulle quali graverebbero inevitabili aumenti finanziari, a causa dell'assenza di tale figura tecnico-professionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi provvedimenti utili, l'introduzione di una misura normativa volta a prorogare al 30 giugno 2026 la possibilità che, su richiesta del sindaco, il segretario comunale iscritto nella fascia iniziale di accesso in carriera, possa assumere la titolarità anche in sedi, singole o convenzionate, corrispondenti alla fascia professionale immediatamente superiore aventi fino ad un massimo di 5 mila abitanti, nonché fino ad un massimo di 10 mila abitanti nelle sedi singole situate nelle isole minori, in caso di vacanza della sede e qualora la procedura di pubblicizzazione sia andata deserta.
9/1752-A/14. Matera.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto d'urgenza all'esame dell'Assemblea prevede una molteplicità di misure finalizzate a completare l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e rappresenta, al contempo, un passaggio molto importante nel percorso di «messa a terra» degli interventi già disposti, in coerenza peraltro, con l'attività svolta dal Governo d'intesa con la Commissione europea;

    il provvedimento è stato significativamente perfezionato, a seguito di numerose proposte emendative approvate in sede referente, presentate sia dal Governo che dai Gruppi parlamentari sia di maggioranza che di opposizione, a testimonianza del clima di collaborazione e di unità svolto dal Parlamento per sostenere il sistema-Paese, nell'attuale contesto geo-economico internazionale complesso e difficile, che il Governo Meloni sta fronteggiando con grande attenzione e concretezza, attraverso le misure adottate nel corso della Legislatura;

    l'articolo 38, in particolare, che si compone di ventuno commi, istituisce e disciplina il piano «Transizione 5.0», dando attuazione all'investimento 15 della Missione 7 «REPowerEU» introdotta nel PNRR, che destina un ammontare di risorse pari a 6,3 miliardi di euro sotto forma di credito d'imposta, rivolto a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che, negli anni 2024 e 2025, effettuano nuovi investimenti in strutture produttive, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici entro determinati limiti di spesa;

    più specificamente, la predetta misura che reca un'articolata disciplina con riferimento ai requisiti per ottenere le agevolazioni nei confronti dei soggetti interessati, subordina al comma 11, il riconoscimento del contributo alla presentazione di apposite certificazioni rilasciate da un valutatore indipendente, secondo criteri e modalità individuate con norma secondaria (decreto attuativo) che, rispetto all'ammissibilità e al completamento degli investimenti, attesta:

     a) ex ante, la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni di cui al comma 4;

     b) ex post, l'effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex ante;

    in particolare il decreto attuativo, secondo quanto previsto dal provvedimento, deve individuare i requisiti, anche in termini di indipendenza, imparzialità, onorabilità e professionalità, dei soggetti autorizzati al rilascio delle certificazioni, ovvero quelli abilitati al rilascio delle certificazioni che comprendono, in ogni caso: gli esperti in gestione dell'energia (EGE) certificati da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339 e le Energy Service Company (ESCo) certificate da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11352;

    al riguardo, si evidenzia che la presente formulazione delle suesposte disposizioni esclude dalla certificazione dei requisiti previsti dall'articolo 38, (che com'è suindicato istituisce e disciplina il piano «Transizione 5.0») circa 600 mila professionisti iscritti all'albo di area tecnica, abilitati alla progettazione di edifici ed impianti appartenenti alla Rete delle professioni tecniche (Rpt);

    il sottoscrittore del presente atto di indirizzo rileva, in particolare, che i professionisti in precedenza richiamati, rappresentano iscritti nei relativi ordini e collegi professionali, che posseggono competenze ed esperienze di attività legate alle prestazioni energetiche e, pertanto, anche alle diagnosi energetiche, apprezzate e riconosciute in ambito nazionale;

    l'attività di certificazione ex ante ed ex post, prevista dal comma 11 dell'articolo 38 del provvedimento in esame, evidenzia altresì il sottoscrittore del presente atto di indirizzo, rappresenta una diagnosi energetica e che il soggetto deputato alla certificazione effettua prima e dopo l'intervento progettuale di miglioramento del rendimento energetico; la stessa, infatti, si effettua prima verificando la riduzione dei consumi energetici in base all'investimento pianificato ma anche successivamente, al fine di verificare l'effettiva realizzazione dell'investimento che abbia avuto come risultato l'efficientamento energetico previsto;

    la decisione legislativa di non considerare l'inclusione dei soggetti abilitati e qualificati, all'interno dei requisiti previsti dall'articolo 38, della «Transizione 5.0», rischia di determinare, pertanto, a giudizio della Rete delle professioni tecniche un'illegittima discriminazione tra professionisti esercenti attività già esistenti ovvero sovrapponibili nell'ordinamento a parità di conoscenze e competenze professionali, determinando un pregiudizio al mercato interno dei servizi professionali, nonché ai diritti dei consumatori tale da impedire e restringere la libera concorrenza all'interno del mercato interno dei servizi professionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel prossimo provvedimento utile, l'introduzione di una norma ad hoc, volta ad includere anche i tecnici abilitati alla progettazione di edifici o impianti, iscritti nei rispettivi ordini e collegi professionali, tra i soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni individuati all'articolo 38, comma 11, lettere a) e b), nell'ambito dei requisiti che saranno individuati dal decreto attuativo, riportato in premessa, in termini di indipendenza, imparzialità, onorabilità e professionalità.
9/1752-A/15. De Bertoldi, Matera, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca la conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    il Capo VIII prevede disposizioni urgenti in materia di lavoro e l'articolo 29, commi da 15 a 18 prevede un esonero contributivo per lavoro domestico;

    in particolare si dispone che a decorrere da una data che verrà comunicata dall'INPS e fino al 31 dicembre 2025, si riconoscerà, entro determinati limiti di spesa, un esonero contributivo totale, per un periodo massimo di 24 mesi, in caso di assunzioni (o di trasformazioni) a tempo indeterminato di lavoratori domestici con mansioni di assistente a soggetti anziani con almeno 80 anni di età, già titolari dell'indennità di accompagnamento, a condizione che il datore di lavoro destinatario della prestazione possieda un ISEE non superiore a 6.000 euro;

    per la finalità citata sarebbe opportuno prevedere l'emersione e la regolarizzazione dei rapporti di lavoro irregolari, da affiancare all'esonero contributivo;

    andrebbe per cui prevista la possibilità di presentare una istanza al fine dell'assunzione o trasformazione a tempo indeterminato di contratti di lavoro domestico, dichiarando la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri, similarmente a quanto disciplinato dall'articolo 103 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,

impegna il Governo

a prevedere, per le finalità di cui all'articolo 29, commi da 15 a 18 anche attraverso un successivo intervento normativo, procedure per l'emersione dei rapporti di lavoro dei cittadini extracomunitari, italiani e dell'Unione europea, nonché per il rilascio di un permesso di soggiorno.
9/1752-A/16. Soumahoro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 29 reca disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare;

    in particolare, al comma 11 è previsto che negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a 150.000 euro, fermi restando i profili di responsabilità amministrativo-contabile, l'avvenuto versamento del saldo finale da parte del responsabile del progetto in assenza di esito positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell'impresa affidataria dei lavori, è considerato dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della performance dello stesso. L'esito dell'accertamento della violazione di cui al primo periodo è comunicato all'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), anche ai fini dell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti ai sensi dell'articolo 222, comma 3, lettera b), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36;

    al comma 12, con riferimento agli appalti privati di valore complessivo pari o superiore a 500.000 euro, si prevede che il versamento del saldo finale, in assenza di esito positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell'impresa affidataria dei lavori, comporta la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 5.000 a carico del committente;

   tenuto conto che:

    in Commissione è stato respinto l'emendamento 29.69 (identico a 29.70 e 29.71) volto a eliminare, al comma 11, il valore soglia pari a 150.000 euro per gli appalti pubblici e a ridurre, al comma 12, il valore soglia da 500.000 euro a 70.000 euro per gli appalti privati;

    il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 25 giugno 2021, n. 143, definisce un sistema di verifica della congruità dell'incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili, che si riferisce all'incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell'ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione;

    con particolare riferimento ai lavori privati, il citato decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali si applica esclusivamente alle opere il cui valore risulti complessivamente di importo pari o superiore a 70.000 euro;

   atteso che:

    la modifica si rende necessaria e urgente per coerenza e uniformità di sistema,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 29, commi 11 e 12, citato in premessa, al fine di prevedere, nel primo provvedimento utile, la modifica delle disposizioni in questione, eliminando, al comma 11, la soglia prevista per gli appalti pubblici e riducendo, al comma 12, la soglia per gli appalti privati da 500.000 a 70.000 euro o comunque prevedendo quest'ultima soglia quale presupposto, sempre negli appalti privati, per l'applicazione di una sanzione amministrativa in misura ridotta.
9/1752-A/17. Trancassini, Ottaviani, Pella.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, all'articolo 38, l'istituzione e la disciplina del Piano cosiddetto «Transizione 5.0»;

    nello specifico, al comma 4, si pone la condizione che, tramite gli stessi investimenti agevolabili si possa accedere al credito d'imposta solamente se con gli stessi si consegua complessivamente una riduzione dei consumi energetici non inferiore al 3 per cento, o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall'investimento non inferiore al 5 per cento;

    tali condizionalità, oltre ad essere subordinate a certificazioni ex ante ed ex post, con tutte le problematiche connesse, pongono limiti del tutto arbitrari ed escludono dal novero di possibili investimenti ammessi progetti che contribuirebbero in ogni caso alla riduzione dei consumi energetici,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di eliminare, ovvero rivedere al ribasso la soglia minima di riduzione dei consumi energetici prevista per gli investimenti ammissibili al credito d'imposta previsto dal Piano Transizione 5.0.
9/1752-A/18. Benzoni, D'Alessio, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, all'articolo 38, l'istituzione e la disciplina del Piano cosiddetto «Transizione 5.0»;

    nello specifico, al comma 18 viene stabilito che il credito d'imposta sia cumulabile con altri incentivi, a condizione che questo non porti al superamento del costo sostenuto;

    tuttavia, la cumulabilità è esclusa con il beneficio garantito dal credito d'imposta per investimenti nella ZES unica nel Mezzogiorno, istituita con il decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162;

    tale disposizione, nei fatti, limita la capacità d'azione delle aziende localizzate nel Mezzogiorno, contribuendo in modo decisivo al permanere di divari territoriali importanti tra le diverse realtà produttive del Paese,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa allo scopo di prevedere che il credito d'imposta per gli investimenti nella ZES unica nel Mezzogiorno sia cumulabile con quello previsto dal Piano Transizione 5.0, nel rispetto del principio di sovracompensazione, al fine di incentivare maggiormente le aziende operanti nelle regioni meridionali d'Italia.
9/1752-A/19. D'Alessio, Benzoni, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in commento ha la finalità prevalente di dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), favorendo le sinergie tra le diverse amministrazioni e i soggetti attuatori operanti nei territori, nonché migliorare l'attività di supporto in favore degli enti locali;

    l'articolo 17, in particolare, semplifica le procedure in materia di alloggi e di residenze per studenti universitari intervenendo sulla normativa urbanistico-edilizia e garantendo snellimenti procedimentali e incentivazioni economiche;

    sempre in materia di alloggi, a causa di una non univoca interpretazione che individua parte degli alloggi Ater non come «alloggi sociali» alcuni comuni chiedono il pagamento della tassa IMU anche sugli alloggi sfitti;

    l'articolo 1, comma 741, lettera c), numero 3) della legge 27 dicembre 2019, n. 160, si ricorda, considera abitazioni principali «i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, adibiti ad abitazione principale»;

    difatti, il citato decreto Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che contiene la definizione di alloggio sociale, specifica che «(...) rientrano nella definizione di cui al comma 2 gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati (...) destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni.»;

    parimenti, l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, aggiunge «si considera alloggio sociale l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale, realizzata o recuperata da soggetti pubblici e privati, nonché dall'ente gestore comunque denominato, da concedere in locazione, per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato, nonché alle donne ospiti dei centri antiviolenza e delle case-rifugio di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119. [...]»;

    a seguito di numerosi contenziosi amministrativi e tributari, l'Amministrazione finanziaria, da ultimo, è intervenuta con la risoluzione 2/DF del 20 marzo 2023, fornendo chiarimenti in merito all'applicazione dell'esenzione IMU per gli immobili destinati al social housing, pur tuttavia lasciando aperta l'interpretazione degli alloggi di edilizia pubblica con finalità sociale e dati in locazione, quindi non rientranti nella disciplina delle esenzioni, bensì delle detrazioni di 200 euro di cui alla summenzionata legge 27 dicembre 2019, n. 160;

    ne consegue, vista la non uniforme applicazione della disciplina dell'esenzione IMU per alloggi sociali, che molti enti di edilizia residenziale pubblica (EPR) si trovano in debito verso i comuni, anche quando essi risultano sfitti; il paradosso, peraltro, scaturisce dalla circostanza che trattasi di immobili pubblici destinati a persone non in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato, tramite bandi pubblici emessi dagli stessi comuni che poi richiedono il pagamento della relativa imposizione fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative volte a chiarire, con un'interpretazione univoca, la definizione di alloggi sociali e alloggi regolarmente assegnati, precisando che trattasi di alloggi pubblici rivolti ad un target di popolazione impossibilitata a sostenere i costi del libero mercato, al fine di riconoscerne l'esclusione dal pagamento dell'IMU per gli immobili di edilizia residenziale pubblica, anche quando essi risultano sfitti, nell'ottica di scongiurare il default di molti Ater comunali.
9/1752-A/20. Lazzarini, Bof.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 945, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, ha istituito la Fondazione «Biotecnopolo di Siena», al fine di promuovere attività di studio e ricerca scientifica per il contrasto alle pandemie e quale hub antipandemico per lo sviluppo e produzione di vaccini, anticorpi monoclonali per la cura delle patologie epidemico-pandemiche emergenti;

    alla guida del centro sono state individuate figure di assoluto rilievo nel panorama medico-scientifico internazionale: il professore Rino Rappuoli in qualità di direttore scientifico, il premio Nobel Giorgio Parisi in qualità di componente del consiglio d'amministrazione, il premio Nobel Emmanuelle Charpentier in qualità di membro del comitato tecnico-scientifico, oltre ad ulteriori docenti e ricercatori pluripremiati;

    la Fondazione è stata dotata di risorse per 440 milioni di euro, mediante il finanziamento di azioni complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    ad oggi l'avvio concreto delle attività del centro nazionale appare ancora fermo e si registra un sostanziale immobilismo complice l'attesa – da oltre diciotto mesi – dell'approvazione da parte del Governo del nuovo statuto della Fondazione e la riduzione delle risorse, per oltre il 40 per cento rispetto a quelle originariamente previste, sancita dal decreto-legge in esame all'articolo 1, comma 8, lettera a), numero 18), laddove prevede un taglio lineare dei finanziamenti destinati alle misure stanziate per l'Ecosistema innovativo della salute;

    il direttore scientifico ha già comunicato sulla stampa l'assoluto rammarico per l'attuale stallo e annunciato che provvederà a rinunciare all'incarico se non vi sarà in tempi brevi un rilancio definitivo del polo;

    risulta alquanto grave che un progetto di grande qualità, la cui necessità ed importanza ci è stata sottolineata dall'esperienza del Covid, che ha raccolto l'adesione e l'impegno di figure di assoluto rilievo, rimanga incompiuto ed ora subisca pure questo definanziamento,

impegna il Governo

a ripristinare, nel primo provvedimento utile, le risorse necessarie al pieno funzionamento della Fondazione del «Biotecnopolo di Siena» e a rilanciare il progetto superando l'attuale situazione di stallo nella quale versa il polo.
9/1752-A/21. Bonetti, Benzoni, D'Alessio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    il miglioramento delle periferie urbane con il sub investimento piani urbani integrati – progetti generali della missione M5C2 è rimasto finanziato in parte con risorse del PNRR e per la parte non più ricompresa con le risorse di cui all'articolo 1 del presente provvedimento;

    il rilancio e il recupero delle periferie urbane, in particolare di quelle con maggiore livello di degrado risulta di primaria importanza, non è solo dal punto di vista sociale ma anche per riaffermare la legalità, contrastare la criminalità organizzata e garantire sicurezza;

    il lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione d'inchiesta monocamerale della Camera dei deputati sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, con missioni svolte nelle periferie di grandi città e audizioni mirate, ha destato l'attenzione dei media e della pubblica opinione su tale tema, consentendo di prendere atto delle iniziative già in corso poste in essere dal Governo e dell'attesa di dare attuazione a quelle ancora in fase progettuale,

impegna il Governo

a proseguire nell'opera intrapresa a sostegno delle periferie con gli strumenti e le risorse individuate tramite il PNRR e il decreto-legge in esame, considerando il loro recupero tra le priorità dell'azione amministrativa e politica.
9/1752-A/22. Battilocchio, De Palma.


   La Camera,

   premesso che:

    al fine di consentire agli enti locali la piena attuazione del PNRR, di implementarne i progetti e realizzarli, è necessario un lavoro di potenziamento della struttura amministrativa e organizzativa dei comuni;

    senza dipendenti, o comunque con poco personale, sarà difficile e complesso (se non impossibile) seguire i bandi, preparare i progetti e controllare che i fondi vengano spesi bene; infatti, si tratta di un flusso di denaro e lavoro straordinario che si aggiunge alla già complessa ordinaria amministrazione;

    dunque, servono nuovi professionisti con competenze specifiche per presentare i progetti ai Ministeri, affidare i lavori, eseguirli e controllarli nei tempi richiesti dal Piano. Questa scelta consentirebbe al Governo di rispettare gli impegni presi con la Commissione europea senza avere conseguenze sull'erogazione dei fondi a causa delle difficoltà degli enti locali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità – per i comuni di cui al comma 567 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 - in deroga all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 – per il periodo 2022-2032, di assumere personale con contratto a tempo determinato con qualifica non dirigenziale da destinare alle predette specifiche attività.
9/1752-A/23. Mulè.


   La Camera,

   premesso che:

    i comuni sono tra i principali soggetti attuatori degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 31-bis del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, al fine di consentire l'attuazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ha autorizzato i comuni, che provvedono alla realizzazione degli interventi previsti dai predetti progetti, ad effettuare assunzioni di personale con qualifica non dirigenziale in possesso di specifiche professionalità per un periodo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di completamento del PNRR e comunque non oltre il 31 dicembre 2026;

    in Italia ci sono 5.521 comuni sotto i 5.000 abitanti, che rappresentano il 69,92 per cento del numero totale dei comuni italiani;

    in considerazione del ruolo strategico dei cosiddetti piccoli comuni nell'attuazione del PNRR e al fine di finanziare le assunzioni di personale da parte dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, il comma 5 del citato articolo 31-bis, ha istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno, con una dotazione di 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026;

    il PNRR nell'ambito della Missione 5, Componente 3 (Interventi speciali di coesione territoriale) prevedeva, nella sua originaria formulazione, il rafforzamento della Strategia nazionale per le aree interne attraverso misure a supporto dei livelli e della qualità dei servizi scolastici, sanitari e sociali, con un finanziamento complessivo di 825 milioni (sovvenzioni);

    l'investimento per le aree interne previsto dal PNRR si articolava in due sub-investimenti: il primo («Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità», con una dotazione di 725 milioni di euro) prevedeva la realizzazione di servizi e infrastrutture sociali nuovi e migliorati accessibili per almeno 2 milioni di residenti in comuni delle aree interne (di cui almeno 900 mila residenti in quelli del Mezzogiorno) entro la fine del 2025 (M5C3-2); il secondo («Servizi sanitari di prossimità territoriale», con una dotazione di 100 milioni di euro) prevedeva il sostegno a 500 farmacie rurali in comuni delle aree interne con meno di 3.000 abitanti entro la fine del 2023 (M5C3-3), con l'obiettivo di renderle strutture in grado di ampliare la gamma dei servizi sanitari erogati in favore della popolazione residente nelle Aree interne, e poi il sostegno ad ulteriori 1.500 farmacie rurali entro il secondo trimestre 2026, per un totale di 2.000 farmacie rurali (M5C3-4);

    nella quarta relazione sullo stato di attuazione del PNRR, sono state evidenziate le ragioni oggettive che hanno indotto ad espungere dal PNRR il sub-investimento «Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità» (impossibilità di rispettare la milestone del 31 dicembre 2025) ed a rimodulare il sub- investimento «Servizi sanitari di prossimità territoriale», estendendone l'ambito di riferimento ai comuni con meno di 5.000 abitanti mantenendo invariate la scadenza e il target;

    in relazione al sub-investimento «Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità», il Governo ha garantito, anche mediante lo stanziamento di 500 milioni di euro previsto dall'articolo 1, comma 5, lettera e), del presente decreto-legge, il suo integrale finanziamento;

    il decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162 (cosiddetto decreto-legge SUD), ha previsto, all'articolo 7, al fine di assicurare l'efficacia e la sostenibilità nel tempo della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, in coerenza con l'Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2021-2027, l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una Cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne, con il compito, tra l'altro, di esercitare funzioni di indirizzo e di coordinamento per la promozione e lo sviluppo delle aree interne del Paese, anche mediante l'approvazione del Piano strategico nazionale delle aree interne (PSNAI);

    il Piano strategico nazionale delle aree interne deve individuare gli ambiti di intervento e le priorità strategiche, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione, della mobilità, ivi compresi il trasporto pubblico locale e le infrastrutture per la mobilità, e dei servizi sociosanitari, cui destinare le risorse del bilancio dello Stato, disponibili allo scopo, tenendo conto delle previsioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e delle risorse europee destinate alle politiche di coesione;

    la riforma 1.9.1 della Missione 1, Componente 1, del PNRR è finalizzata ad accelerare l'attuazione e l'efficienza della politica di coesione in complementarità con il PNRR,

impegna il Governo:

   ad assumere, compatibilmente con gli equilibri di bilancio e con i vincoli di finanza pubblica, ogni iniziativa finalizzata a consentire il pieno utilizzo da parte dei cosiddetti piccoli comuni delle risorse del Fondo di cui all'articolo 31-bis, comma 5, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, ad essi assegnate;

   ad individuare, mediante la celere elaborazione ed approvazione del Piano strategico nazionale delle aree interne (PSNAI) previsto dall'articolo 7 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162, gli ambiti di intervento e le priorità strategiche di sviluppo delle aree interne, in coerenza con l'Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2021-2027;

   ad individuare, nella fase dell'attuazione della riforma 1.9.1. del PNRR, le opportune modalità mediante le quali assicurare un impiego efficiente delle risorse europee destinate alle politiche di coesione, degli ambiti di intervento e delle priorità strategiche indicate nel PSNAI.
9/1752-A/24. Pella.


   La Camera,

   premesso che:

    con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, è stata approvata la proposta di revisione del PNRR italiano;

    a seguito della revisione, il PNRR italiano: ha una dotazione finanziaria incrementata a 194,4 miliardi di euro (di cui 122,6 miliardi di euro in prestiti e 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni); prevede investimenti aggiuntivi per 25 miliardi di euro (di cui 11 miliardi afferenti ai nuovi interventi del capitolo REPowerEU e 14 miliardi derivanti dall'ampliamento di investimenti già previsti dal PNRR); è costituito da sette Missioni, di cui una relativa ai capitolo REPowerEU, che prevedono 66 riforme (sette in più rispetto al piano originario) e 150 investimenti, diretti a promuovere la competitività e la resilienza dell'Italia, nonché la transizione verde e digitale; prevede un numero complessivo di milestone e target pari a 614 (a fronte delle 527 originarie);

    i comuni e le città metropolitane sono tra i principali soggetti attuatori degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    al fine di rendere maggiormente efficace il monitoraggio su base territoriale degli interventi del PNRR, di favorire le sinergie tra le diverse amministrazioni e i soggetti attuatori operanti nel medesimo territorio, nonché di migliorare l'attività di supporto in favore degli enti territoriali anche promuovendo le migliori prassi, l'articolo 9 del decreto-legge prevede l'istituzione presso ciascuna prefettura – ufficio territoriale di Governo di una cabina di coordinamento, presieduta dal prefetto o da un suo delegato, per la definizione del piano di azione per l'efficace attuazione dei programmi e degli interventi previsti dal PNRR in ambito provinciale. Alla cabina di coordinamento partecipano il Presidente della provincia o il sindaco della città metropolitana o loro delegati, un rappresentante della regione o della provincia autonoma, un rappresentante della Ragioneria Generale dello Stato, una rappresentanza dei sindaci dei comuni titolari di interventi PNRR o loro delegati e i rappresentanti delle Amministrazioni centrali titolari dei programmi e degli interventi previsti dal PNRR da attuare in ambito provinciale, di volta in volta interessati;

    ai fini della predisposizione di piani di azione da parte delle citate cabine di coordinamento, nonché per il monitoraggio della sua attuazione e per il suo eventuale adeguamento, l'articolo 9 prevede l'emanazione di apposite linee guida da parte della Struttura di missione PNRR della Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze – Ispettorato generale per il PNRR e il Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno;

    la Fondazione Istituto per la finanza e l'economia locale (IFEL) assicura ai comuni il supporto necessario per l'attuazione degli interventi finanziati dal PNRR, anche mediante il Servizio Orientamento PNRR comuni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative volte a prevedere, nelle emanande linee guida previste dall'articolo 9 del provvedimento in esame, il coinvolgimento dell'IFEL nell'attività di elaborazione dei piani di azione da parte delle cabine di coordinamento.
9/1752-A/25. Sala, Pella.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    nella riforma della sanità territoriale, di cui alla Missione 6 – Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il medico di medicina generale (MMG) e il pediatra di libera scelta (PLS) ricoprono un ruolo centrale;

    l'attuale scenario socio-sanitario richiede una formazione adeguata per rispondere alle sfide del PNRR. In termini di digitalizzazione del sistema il livello di digitalizzazione della professione dei medici di medicina generale e dei pediatri è, infatti, ancora piuttosto limitato;

    ad oggi, vi è una conclamata carenza di tali figure professionali che, peraltro, dedicano una grande porzione di tempo per adempimenti burocratici o attività ripetitive;

    appare necessario provvedere a interventi mirati di sistema che vadano a implementare la conoscenza digitale dei professionisti, considerato anche il ruolo centrale che essi rivestiranno nella riforma della sanità territoriale;

    in particolare, l'adozione di soluzioni digitali potrebbe contribuire in modo significativo a sburocratizzare l'attività dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, liberando tempo da dedicare all'assistenza ai cittadini, promuovendo il funzionamento più efficace dei servizi sanitari e garantendo quegli strumenti utili ad alleggerire il peso delle richieste sulle strutture sanitarie, con un impatto diretto sul grave fenomeno delle liste d'attesa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un contributo in favore dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta per l'acquisto di strumentazioni digitali per la gestione automatizzata degli appuntamenti dei pazienti e per l'effettuazione di prestazioni base in telemedicina, quali video-consulti e gestione dei pazienti, al fine di snellire l'attività amministrativa necessaria per la gestione dell'intera attività clinica.
9/1752-A/26. Ciancitto.


   La Camera,

   premesso che:

    il sistema della giustizia tributaria è costituito dall'insieme degli organismi che, in base alla legge, si occupano della giurisdizione tributaria;

    il raggiungimento degli obiettivi posti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ha reso necessari degli interventi anche sulla giustizia tributaria allo scopo di ridurre il numero di ricorsi in Cassazione e consentire una trattazione più rapida delle controversie in ambito tributario;

    la riforma della giustizia tributaria, nello specifico, ha reso necessari alcuni interventi riguardanti il miglioramento delle piattaforme tecnologiche ed il rafforzamento del capitale umano, anche attraverso nuove assunzioni od incentivi economici destinati al personale ausiliario;

    in particolare la legge 31 agosto 2022 n. 130 ha dato l'avvio a questa stagione riformatrice focalizzandosi su interventi di riforma ordinamentale e processuale promuovendo una transizione da una magistratura «laica» ad una «togata»;

    la legge 31 agosto 2022 n. 130 interviene anche sul Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, organo di autotutela della magistratura tributaria, affidando al Consiglio maggiori oneri senza, tuttavia, intervenire sull'organizzazione e sull'equiparazione dei compensi;

    l'articolo 27 comma 1 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, prevede che i componenti del Consiglio di Presidenza siano esonerati dalle funzioni proprie conservando la titolarità dell'ufficio ed il relativo trattamento economico ragguagliato;

    il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, all'articolo 24 reca disposizioni in materia di giustizia tributaria volte al reclutamento dei magistrati tributari;

    posta la necessità di garantire il corretto funzionamento del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria al fine di espletare correttamente le funzioni di cui è stato investito per la prima volta,

impegna il Governo a

valutare l'opportunità, compatibilmente alle previsioni della finanza pubblica, di attuare nel prossimo provvedimento disponibile una o più misure volte al rafforzamento strutturale, economico e tecnologico del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.
9/1752-A/27. Romano.


   La Camera,

   premesso che:

    all'articolo 10, comma 4, del provvedimento in esame, ai fini della nomina del Presidente e dei componenti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), viene disposto che non trovino applicazione le limitazioni previste dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che non consente, tra l'altro, il conferimento a titolo oneroso nelle pubbliche amministrazioni di incarichi di studio, consulenza, dirigenziali direttivi e di governo di enti a soggetti già lavoratori collocati in quiescenza, nonché il conferimento ai medesimi soggetti di incarichi dirigenziali o direttivi a titolo gratuito aventi durata superiore a un anno;

    viene, altresì, disposto, sempre al citato comma 4, che resta ferma l'applicazione delle norme limitative del cumulo degli emolumenti derivanti da incarichi pubblici con trattamenti pensionistici di cui all'articolo 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e agli articoli 14, comma 3, e 14.1, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26;

    con riguardo al comma 4, premesso che all'articolo 5, comma 9, del citato decreto-legge n. 95 (norma derogata con riguardo al presidente e ai componenti CNEL) non sono stati a suo tempo ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica, il dossier del Servizio bilancio dello Stato della Camera dei deputati circa i profili finanziari non formula osservazioni, nel presupposto – non confermato da parte del Governo – che il conferimento di tali incarichi, nei termini ora consentiti dalla disposizione, possa essere disposto solo nei limiti delle risorse finanziarie assegnate a legislazione vigente;

   considerato che:

    in sostanza, dal 1° aprile 2024, il presidente del CNEL potrà percepire e cumulare la pensione come ex professore e come ex parlamentare a un ulteriore compenso attribuitogli in qualità di attuale presidente del CNEL;

    in via generale, però, con riguardo al cumulo tra retribuzioni e pensioni a carico delle finanze pubbliche, il Legislatore è chiamato a garantire una tutela sistemica, non frazionata, dei valori costituzionali in gioco. Similmente, è pur vero che può corrispondere a un rilevante interesse pubblico il ricorso a professionalità particolarmente qualificate, che già fruiscono di un trattamento pensionistico;

    tuttavia, come ha sottolineato la Corte costituzionale, nella sentenza n. 124/2017, il carattere limitato delle risorse pubbliche giustifica la necessità di una predeterminazione complessiva – e modellata su un parametro prevedibile e certo – delle risorse che l'amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni;

    in tal senso, la norma di cui al comma 4 dell'articolo 10, oltre ad apparire redatta ad personam per l'attuale Presidente del CNEL – quasi a compensare la «straordinaria» attività ovvero «rinascita» dell'istituzione nell'ultimo anno – e sempreché il Governo opportunamente confermi che non abbisogna di copertura finanziaria in quanto valida solo nei limiti delle risorse finanziarie assegnate a legislazione, comunque importa una grave lacuna ossia quella di non determinare in modo chiaro e trasparente il livello massimo del compenso autorizzato;

    inoltre, sempre come specificato dal considerato in diritto 9.2 della sentenza richiamata, con riferimento alla ratio delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 9, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, si noti altresì che il principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto deve essere valutato in un contesto peculiare, che «non consente una considerazione parziale della retribuzione e del trattamento pensionistico»;

    inquadrata in queste più ampie coordinate e non ancorata a una cifra predeterminata, la norma derogatoria in oggetto non pare attuare un contemperamento ragionevole dei princìpi costituzionali;

    tra l'altro, laddove un chiaro indirizzo politico si fosse formato ed esprimesse la scelta di derogare alla disciplina di cui al decreto-legge n. 95 del 2012, sarebbe allora auspicabile una diversa normazione, ma che quantomeno sia applicabile in via uniforme e imparziale a tutta la pubblica amministrazione e non esclusivamente all'attuale presidente del CNEL;

    quanto premesso non può, in fine, non indurre a valutare come la norma di carattere squisitamente governativo sia oltretutto gravemente stridente con la scelta di questo stesso Governo e della sua maggioranza di smantellare ogni politica seria di contrasto alla povertà, prima, e di ratificare l'affossamento della proposta di legge sul salario minimo poi – tra l'altro sostituendola con una delega in bianco per cui si è addirittura finito per coinvolgere lo stesso CNEL;

    nonostante l'eccezione disposta per il presidente del CNEL dall'articolo 10, comma 4, del provvedimento in esame, che supera i limiti di cui all'articolo 5, comma 9, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, il Governo si è sottratto alla necessità di definire con urgenza, anche attraverso un intervento di carattere normativo, un salario minimo legale mensile pari a un centosettantesimo del compenso onnicomprensivo percepito dall'attuale presidente del CNEL alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche sulla base del parere del CNEL,

impegna il Governo

ad aprire un'ulteriore riflessione circa l'irragionevolezza della norma derogatoria ad personam in questione.
9/1752-A/28. Francesco Silvestri, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

    il provvedimento in esame lascia in larga parte irrisolte numerose difficoltà sistemiche generali che presidiano alla riuscita e attuazione del Piano, tra cui, in particolare, il ritardo generalizzato registrato nell'attuazione delle iniziative di investimento e di riforma rispetto alle scadenze concordate a livello europeo e di quelle con valenza meramente nazionale, nonché la perdurante impossibilità di accesso alle informazioni di monitoraggio degli investimenti sul territorio e il funzionamento del sistema Regis;

    in particolare, in assenza di un database aggiornato su tutti i progetti che saranno realizzati con i Fondi del Piano, non è possibile allo stato attuale decifrare con esattezza quali di questi progetti saranno portati a termine con altre fonti di finanziamento e quali invece saranno eliminati del tutto; inoltre, il decreto contiene nuove modifiche alla governance del Piano, che vedono un ruolo ancora più centrale della struttura di missione;

    per coprire i progetti definanziati e originariamente inclusi nel PNRR, vengono dirottate risorse da altri Fondi, principalmente il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) e il Piano nazionale complementare (PNC). In particolare, il Fondo complementare è una delle voci principali a cui il Governo ha scelto di attingere per finanziare i progetti rimossi dal Piano: per coprire i costi delle nuove misure vengono infatti tagliati 3,8 miliardi di investimenti del PNC, solo in parte compensati da un rifinanziamento che però arriverà in gran parte dal 2026;

    con questa logica di rimodulazione, a rimetterci saranno soprattutto i comuni che pagheranno le spese del dirottamento dei Fondi operato dal Governo per coprire le opere definanziate con la revisione del Piano: tra questi, quelli per investimenti, messa in sicurezza degli edifici e infrastrutture. L'elenco dei tagli è molto lungo: meno risorse per gli investimenti e la messa in sicurezza di edifici e territori, meno risorse per le ferrovie regionali (-410 milioni), per il rinnovo delle flotte di bus, treni e navi «verdi» (-60 milioni); meno risorse per il rinnovamento degli ospedali (-500 milioni del Fondo complementare),

impegna il Governo

a prevedere, in favore degli enti territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, risorse dirette a incrementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e servizi in favore dei cittadini, a partire dagli investimenti per le infrastrutture, la cura del territorio, la presenza di servizi scolastici, sanitari e socio sanitari.
9/1752-A/29. Scutellà, Scerra, Bruno.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

    la coesione sociale e territoriale rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui poggia la programmazione e il contenuto dell'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Piano persegue, infatti, il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud come priorità trasversale a tutte le missioni del PNRR, accompagnando tale processo di convergenza tra Sud e Centro-Nord quale obiettivo di crescita economica, come più volte ribadito nelle raccomandazioni della Commissione europea;

    secondo quanto espressamente indicato nel PNRR, il Piano mette a disposizione del Sud un complesso di risorse pari a non meno del 40 per cento delle risorse territorializzabili del PNRR per le otto regioni del Mezzogiorno;

    l'assegnazione del 40 per cento delle risorse del PNRR al Mezzogiorno è stata peraltro stabilita, a livello normativo, dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del PNRR e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure) coordinato con la legge di conversione 29 luglio 2021, n. 108, il quale, nella Parte I, che disciplina la governance del PNRR, attribuisce alle Amministrazioni centrali titolari di interventi previsti dal PNRR il compito di assicurare che, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi del PNRR, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle regioni del Mezzogiorno, salve le specifiche allocazioni territoriali già previste nel PNRR (articolo 2, comma 6-bis);

    il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso i dati rilevati dal sistema di monitoraggio attivato dal Servizio centrale per il PNRR, verifica il rispetto di tale obiettivo relazionando periodicamente alla Cabina di regia appositamente costituita per l'attuazione del Piano e, laddove necessario, sottopone gli eventuali casi di scostamento alla Cabina, che adotta le occorrenti misure correttive e propone eventuali misure compensative. Tali relazioni, in genere a scadenza semestrale, vengono pubblicate sul sito istituzionale del Dipartimento affinché ci sia un monitoraggio per il raggiungimento di questo essenziale obiettivo di investimento per il Mezzogiorno;

    ad oggi però non si ha più traccia della ricognizione in questione che non appare né sul canale istituzionale, né su altri documenti ufficiali diramati dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. Infatti, dopo la «Prima relazione sulla clausola del 40 per cento di risorse PNRR Mezzogiorno» del gennaio 2022, la Seconda relazione datata giugno 2022, e la Terza relazione risalente a dicembre 2022, questo strumento di verifica e accertamento sull'effettiva attuazione di questa clausola risulta accantonato;

    una sezione specifica in merito neanche appare contenuta nell'ultima relazione semestrale del Governo al Parlamento sull'attuazione del PNRR, presentata a fine febbraio 2024 su dati al 31 dicembre 2023. Il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, non ha neanche riferito su questa quota di riserva per il Mezzogiorno in un'informativa in Parlamento dedicata né ha fornito in qualche modo un dato aggregato, da cui sia possibile accertare il rispetto di questa percentuale di investimento a favore delle regioni meridionali;

    tale mancanza di trasparenza preoccupa alla luce dei tagli che la revisione del PNRR ha prodotto in merito ad interventi nel Mezzogiorno, ancora da coprire con risorse alternative, non identificate nello specifico e non indicate nel dettaglio. Inoltre tale timore appare giustificato anche a fronte dai rilevanti ritardi di attuazione e di spesa in settori strategici che potrebbero colpire prevalentemente il Mezzogiorno;

    inoltre i tagli di progetti conseguenti alla revisione del Piano, tolgono la copertura finanziaria ad interventi che erano strategici per il rilancio dei servizi essenziali nel Mezzogiorno, in particolare in ambito di sanità, ad esempio per il rinnovamento degli ospedali (tagliati oltre 500 milioni su 1,45 miliardi); in questo scenario, la mancanza di trasparenza nel fornire dati sulla clausola del 40 per cento, aggravata anche dall'eliminazione del controllo concomitante della Corte dei conti che pure risultava un utile strumento per verificare la destinazione delle risorse del PNRR, genera una certa diffidenza sulla sua osservanza nonché la concreta preoccupazione che i tagli e ritardi nell'attuazione del PNRR ricadano soprattutto sul Mezzogiorno;

   considerato che il Mezzogiorno, insieme ai giovani e alle donne, sono una delle tre priorità trasversali del PNRR, di importanza cruciale proprio per ridurre i gap strutturali tra le aree del Paese e sostenere un rilancio dell'economia, del lavoro, delle infrastrutture e dei servizi nelle regioni italiane che ne hanno maggiore bisogno,

impegna il Governo

a procedere con l'urgenza prevista dal caso, in ottemperanza all'articolo 2, comma 6-bis del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, alla pubblicazione della Terza relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili, al fine di verificare l'effettiva attuazione del predetto obiettivo in termini di riequilibrio territoriale e di rilancio del Sud come priorità trasversale a tutte le missioni del Piano e a scongiurare eventuali tagli ai progetti destinati alle regioni meridionali conseguenti alla revisione del PNRR.
9/1752-A/30. Scerra, Scutellà, Bruno.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

    l'articolo 28 mira a garantire il rispetto degli impegni connessi all'attuazione del PNRR, nelle more dell'aggiornamento del contratto di programma, parte investimenti, sottoscritto con la società Rete ferroviaria italiana Spa. A tal fine, l'articolo in esame prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla rimodulazione delle fonti di finanziamento degli interventi ferroviari ricompresi nella misura M3C1 del PNRR, a seguito della decisione di esecuzione del Consiglio dell'Unione europea dell'8 dicembre 2023 che modifica la decisione di esecuzione del Consiglio del 13 luglio 2021, al fine di consentirne l'immediata realizzazione. Si prevede inoltre che con il medesimo decreto si provvede altresì alla ricognizione delle risorse nazionali che si rendono disponibili a seguito della rimodulazione del PNRR per le misure di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da realizzare nell'ambito dell'aggiornamento per l'anno 2024 del Contratto di Programma – parte Investimenti;

    il nuovo Contratto di Programma 2022-2026, parte Investimenti, che ha seguito il nuovo iter previsto dal decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, è stato approvato dal CIPESS nella seduta del 2 agosto 2022 con delibera n. 25 pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 9 novembre 2022 ed ha concluso il suo iter autorizzativo con la sottoscrizione tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana avvenuta rispettivamente in data 19 e 20 dicembre 2022;

    il decreto in esame conferma i timori più volte espressi sul definanziamento e rimodulazione degli investimenti ferroviari al Sud, sul materiale rotabile ferroviario, sull'upgrade tecnologico della rete e la cancellazione del limite del 2026 per la realizzazione degli investimenti,

impegna il Governo

ad assicurare i fondi dovuti alle infrastrutture ferroviarie, con particolare riguardo a quelle del sud, alla luce dei definanziamenti in esame, prevedendo un cronoprogramma entro il 2026 che permetta di non disperdere le risorse previste dal PNRR evitando di accentuare il divario infrastrutturale tra sud e nord, d'intesa con Rete ferroviaria italiana e il Ministero dell'economia e delle finanze.
9/1752-A/31.Iaria, Fede, Cantone, Traversi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

    il testo del decreto rinvia, a sua volta, a numerosi provvedimenti attuativi da varare per rendere pienamente operative le misure previste dal testo, numero che va ad aggiungersi agli oltre 300 provvedimenti attuativi ancora da varare riferiti a tutte le altre leggi già approvate dal Governo Meloni;

    solo per citarne alcuni, si menziona il rinvio contenuto nel provvedimento in esame a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che dovrà stabilire l'individuazione delle modalità di presentazione della richiesta, di rilascio e i contenuti informativi della patente a crediti per il contrasto al lavoro sommerso e la vigilanza in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; altra misura attuativa fondamentale, da varare entro il 1° maggio, riguarda il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, per adeguare alle riduzioni e ai rifinanziamenti i cronoprogrammi procedurali contenenti gli obiettivi iniziali, intermedi e finali degli interventi del Piano nazionale complementare al PNRR;

    gli atti di secondo grado, come i decreti ministeriali cui il provvedimento rinvia, rivestono un'importanza fondamentale per la realizzazione del PNRR, non solo per dare effettiva attuazione alle riforme ma anche per rendere più efficienti le procedure ivi contenute; la pubblicazione di questi atti è infatti indispensabile per il completamento delle scadenze legate alle riforme ma anche perché, in alcuni casi, la loro mancata emanazione osta, di fatto, all'assegnazione e all'erogazione di risorse già stanziate, impedendo così l'avvio dei lavori legati agli investimenti del piano,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative volte a dare, in tempi celeri e nel rispetto delle scadenze previste, effettiva attuazione alle riforme e agli investimenti contenuti nel PNRR mediante l'adozione dei relativi decreti attuativi, al fine di rendere pienamente operative le misure contenute nel provvedimento, scongiurando il rischio di una mancata o ritardata erogazione di risorse già stanziate.
9/1752-A/32. Bruno, Scutellà, Scerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

   considerato che:

    a fine 2023 su 194 miliardi ne sono stati spesi appena 43, dunque per restare entro la scadenza del 2026 si dovrebbero spendere circa 60 miliardi all'anno (tre volte rispetto alla media attuale);

    in valori assoluti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è il soggetto più indietro con oltre 33 miliardi ancora da spendere;

   considerato che:

    parallelamente a questo già gravoso e complesso compito, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha valutato di impegnare lo Stato, il suo dicastero e le amministrazioni nazionali e locali, variamente coinvolte, nella faraonica opera del ponte sullo stretto di Messina. Tale opera prevede un onere a carico del bilancio dello Stato, con una autorizzazione di spesa di 9.312 milioni di euro e ne viene disciplinata l'articolazione temporale negli esercizi finanziari 2024-2032. Nulla invece è noto con riguardo alle iniziative intraprese ai fini del reperimento di ulteriori risorse a copertura dei costi di realizzazione dell'opera, attività questa che deve essere svolta dal dicastero del Ministro Salvini,

impegna il Governo

al fine di concludere le necessarie opere infrastrutturali per tutto il Paese entro i termini concordati con l'Unione europea, a rivedere completamente, anche con futuri provvedimenti normativi, l'impegno finanziario di risorse strumentali e umane previste per il Ponte sullo Stretto di Messina verso le opere del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
9/1752-A/33. Cantone, Iaria.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame rientra nell'alveo di quei provvedimenti omnibus, per argomenti trattati e massa di risorse mobilitate, che in una situazione «ordinaria» non sarebbe emanabile e che ha la sua giustificazione nell'adempimento delle condizionalità, delle riforme e degli investimenti previsti dal PNRR;

    stando alle audizioni svoltesi in sede referente, si tratta di una complessa serie di interventi – che comprende incrementi degli impegni di spesa, tagli, spostamenti di risorse nelle varie annualità fino al 2030, definanziamenti di interventi in ritardo nell'attuazione – assunta senza un pieno e trasparente coinvolgimento del partenariato economico e sociale, con specifico riferimento alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e capillarmente presenti in tutti i territori;

   considerato che:

    nel quadro summenzionato e per lo più relativo alla revisione del PNRR, approvata da parte del Consiglio ECOFIN già l'8 dicembre scorso, il Capo VIII, rubricato «disposizioni urgenti in materia di lavoro» ed in particolare gli articoli dal 29 al 31, dovrebbero rappresentare la risposta governativa alla tragedia sul lavoro che si è consumata nel cantiere di Firenze lo scorso 16 febbraio e, più in generale, costituire efficaci misure di contrasto agli incidenti sul lavoro che si susseguono sempre più drammaticamente, nonché per il rafforzamento degli strumenti di prevenzione, salute e sicurezza;

    oltre a preferire un veicolo normativo più ordinario e adatto all'approfondimento e al confronto parlamentare sul tema, si aggiunga che la summenzionata rappresentazione delle misure adottate in materia è strumentalmente utilizzata dal Governo, in quanto una parte consistente delle norme contenute nel provvedimento in esame – e pressoché tutte, eccetto l'intervento sulla qualificazione delle imprese con la definizione della cosiddetta «patente a crediti» – sono in attuazione delle azioni normative individuate nel Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025, la cui adozione è una specifica condizionalità del PNRR;

    pertanto si noti che è totalmente assente, invece, una strategia nazionale di prevenzione e protezione per tutti i settori produttivi, a partire dalla piena attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, da un sistema di vigilanza efficace, da interventi concreti sulla formazione e contro lo sfruttamento del lavoro,

impegna il Governo

a porre in essere le condizioni per la definizione di un piano organico di interventi volti concretamente ed efficacemente al contrasto della irregolarità, precarietà e povertà del lavoro dipendente, alla promozione della cultura della sicurezza, alla definizione di diverse politiche migratorie, alla creazione della parità di diritti per ricomporre le frammentazioni nel mercato del lavoro, in particolare coinvolgendo le forze economiche e sociali sia nella fase di definizione che di valutazione sulle proposte normative, nonché valorizzando il ruolo del Parlamento nell'ambito di un iter legis ordinario.
9/1752-A/34. Carotenuto.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame rientra nell'alveo di quei provvedimenti omnibus, per argomenti trattati e massa di risorse mobilitate, che in una situazione «ordinaria» non sarebbe emanabile e che ha la sua giustificazione nell'adempimento delle condizionalità, delle riforme e degli investimenti previsti dal PNRR;

    stando alle audizioni svoltesi in sede referente, si tratta di una complessa serie di interventi – che comprende incrementi degli impegni di spesa, tagli, spostamenti di risorse nelle varie annualità fino al 2030, definanziamenti di interventi in ritardo nell'attuazione – assunta senza un pieno e trasparente coinvolgimento del partenariato economico e sociale, con specifico riferimento alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e capillarmente presenti in tutti i territori;

   considerato che:

    nel quadro summenzionato e per lo più relativo alla revisione del PNRR, approvata da parte del Consiglio ECOFIN già 1'8 dicembre scorso, il Capo VIII, rubricato «disposizioni urgenti in materia di lavoro» ed in particolare gli articoli dal 29 al 31, dovrebbero rappresentare la risposta governativa alla tragedia sul lavoro che si è consumata nel cantiere di Firenze lo scorso 16 febbraio e, più in generale, costituire efficaci misure di contrasto agli incidenti sul lavoro che si susseguono sempre più drammaticamente, nonché per il rafforzamento degli strumenti di prevenzione, salute e sicurezza;

    oltre a preferire un veicolo normativo più ordinario e adatto all'approfondimento e al confronto parlamentare sul tema, si aggiunga che la summenzionata rappresentazione delle misure adottate in materia è strumentalmente utilizzata dal Governo, in quanto una parte consistente delle norme contenute nel provvedimento in esame – e pressoché tutte, eccetto l'intervento sulla qualificazione delle imprese con la definizione della cosiddetta «patente a crediti» – sono in attuazione delle azioni normative individuate nel Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025, la cui adozione è una specifica condizionalità del PNRR;

   valutato che:

    per quanto attiene agli interventi normativi previsti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si noti che la stessa introduzione della cosiddetta «patente a crediti» (articolo 29, comma 19), pur auspicata dal M5S nei termini di un meccanismo per la qualificazione delle imprese, presenta molteplici profili di criticità, sia sul meccanismo di perdita-riacquisizione di crediti, che sugli obblighi formativi;

    la nuova disciplina, anche nella versione all'esame dell'Aula e quindi dal Governo riformulata rispetto al testo inizialmente presentato, non crea uno strumento prevenzionistico nuovo, bensì si propone di perfezionare la disciplina preesistente, più volte modificata tra il 2008 e il 2022, della «patente» di conformità aziendale alla normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro, rilasciata dall'ispettorato del lavoro, necessaria all'impresa o al lavoratore autonomo per operare nei cantieri edili, che la prevedeva per la generalità delle attività economiche;

    la proposta di riformulazione ha accolto solo in parte i miglioramenti contenuti negli emendamenti presentati dall'opposizione. In particolare, non convince la novità introdotta con riguardo allo strumento dell'autocertificazione che non può considerarsi idoneo a garantire il possesso dei previsti requisiti da parte delle imprese: la prevista autocertificazione riguarderà circa 2 milioni di imprese e, stante la perdurante necessità di aumento dell'organico presso l'Ispettorato nazionale del lavoro, si dubita che gli ispettorati del lavoro potranno esercitare i dovuti controlli per il rispetto della nuova disciplina;

    il sistema della patente, come riscritto dal Governo, non convince nemmeno con riguardo al sistema delle sanzioni che prevede importi troppo esigui rispetto alla gravità dei fatti sanzionati e non appare graduato in base alla gravità delle violazioni. Più in generale, la disciplina proposta non appare idonea a garantire efficacemente la sicurezza dei lavoratori, non essendo oltretutto prevista una Procura nazionale per i reati contro la sicurezza sul lavoro che intervenga in modo sistematico, oltre a mantenere una non opportuna discrezionalità in tema di sospensione della patente a crediti, anche considerando la complessità dei progetti relativi al PNRR;

    la disciplina non convince per una ulteriore lunga serie di motivazioni: anzitutto l'efficacia della norma è limitata al solo settore edile, mentre appare evidente come invece il tema della qualificazione delle imprese debba riguardare l'insieme dei settori economici e dei soggetti che operano nel sistema degli appalti pubblici e privati e come se anche i più recenti gravi incidenti avvenuti presso la centrale idroelettrica di Suviana e lo stabilimento Stellantis di Pratola Serra non dovessero essere ricompresi nell'ambito di una seria strategia di tutela della salute e della sicurezza nel lavoro;

    la disciplina della patente è poi incompleta perché si rinvia ad un successivo decreto ministeriale per la definizione della normativa di dettaglio: ciò sembra escludere una disponibilità del Governo a voler comunque discutere in Parlamento i contenuti di tale decreto attuativo, quasi si trattasse di una delega in bianco su una materia così fondamentale per la vita stessa dei cittadini, lavoratori e lavoratrici, e indubitabilmente trasversale alle forze politiche;

    non si comprende poi la predisposizione dell'allegato relativo alla tabella di decurtazione dei crediti così come formulata prima e riformulata poi dal Governo, che presenta aspetti peggiorativi rispetto al testo del decreto, e su cui oltretutto il Governo si è rifiutato di fornire risposte alle domande pure poste in sede referente, stante l'incomprensibilità della ratio sottesa all'attribuzione dei punteggi, così come alla definizione delle diverse fattispecie (si pensi solo al caso di inabilità temporanea assoluta rispetto all'inabilità permanente al lavoro assoluta);

    la stessa denominazione «patente a crediti» e non «a punti» già sposta sul livello semantico la contraddizione insita nel provvedimento: non si può pensare che l'impresa sia dotata di «crediti» a prescindere, e che la stessa non debba essere in alcun modo sanzionata anche per evidenti e gravi violazioni;

    la nuova disciplina inoltre non prevede alcun vincolo di ripristino delle condizioni di sicurezza, attraverso interventi sull'organizzazione del lavoro e investimenti, né prevede, per il recupero dei crediti, la realizzazione di necessari investimenti di natura tecnologica per il ripristino delle condizioni di sicurezza; nel nuovo meccanismo della patente, poi, non si affronta in modo serio e strutturale il problema dell'elusione e dell'evasione degli obblighi formativi, pratica diffusissima, agevolata peraltro dall'esistenza di un fiorente mercato di enti erogatori irregolari e di attestati falsi emessi, da altrettanto inesistenti e non conformi «organismi paritetici»;

    a margine, poiché si ritiene necessario – per tutti gli appalti di lavori, opere e servizi – estendere le regole degli appalti pubblici agli appalti nei settori privati, si noti che servirebbe altresì introdurre ulteriori strumenti di controllo quali il cartellino identificativo per l'ingresso nei cantieri e ciò in netto contrasto con quanto lo stesso Governo ha sancito all'articolo 2, comma 1, lettera f), del cosiddetto collegato lavoro che abroga esplicitamente alcune norme, sostanziali e sanzionatorie, relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento – corredate di fotografia e relative ai lavoratori sia dipendenti sia autonomi – nei cantieri edili,

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative di carattere normativo volte ad una ulteriore e più approfondita riflessione circa i temi della salute e sicurezza sul lavoro, in particolare, anche al fine dell'adozione del decreto ministeriale di cui in premessa, previamente convocando uno specifico tavolo di confronto con le parti sociali, nonché trasmettendo il relativo schema di decreto alle Camere ai fini del parere delle Commissioni parlamentari competenti.
9/1752-A/35. Aiello.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento in esame istituisce e disciplina il piano «Transizione 5.0»;

    si prevede che a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, è riconosciuto, nei limiti delle risorse fissati dalla norma in esame, un credito d'imposta proporzionale alla spesa sostenuta per gli investimenti effettuati;

   ritenuto che:

    il procedimento di accesso al nuovo credito d'imposta «Transizione 5.0» prevede più fasi e il coinvolgimento di vari attori con diverse competenze, tra cui il Ministero delle imprese e del made in Italy, il Gestore dei servizi energetici e l'Agenzia delle entrate;

    in particolare, il procedimento che porta al riconoscimento e utilizzo del credito si compone di oltre dieci passaggi applicativi, che richiedono adempimenti a carico delle imprese beneficiarie, peraltro con risorse «a rubinetto» e in un arco temporale limitato alle annualità 2024 e 2025;

    la disciplina del procedimento verrà meglio dettagliata da apposito decreto ministeriale tra cui: il contenuto nonché le modalità e i termini di trasmissione delle comunicazioni, delle certificazioni e dell'eventuale ulteriore documentazione atta a dimostrare la spettanza del beneficio; i criteri per la determinazione del risparmio energetico conseguito; le procedure di fruizione del credito d'imposta; le procedure di controllo nonché i casi di esclusione e recupero del beneficio atte a garantire il rispetto della normativa nazionale ed europea; le modalità con le quali sarà effettuato il monitoraggio in merito al rispetto del limite di spesa;

    in un tale contesto, è necessario definire tempistiche certe e regole chiare al fine di semplificare l'accesso alle misure da parte delle imprese, agevolando in particolare le imprese di minori dimensioni, soprattutto al fine di preservare il pieno automatismo di accesso alle agevolazioni e consentire la più ampia partecipazione delle imprese;

    in merito alla procedura sin qui descritta, preoccupa il rischio di una corsa all'incentivo da parte delle imprese, con un conseguente, potenziale, rapido esaurimento delle risorse,

impegna il Governo:

   nell'ambito dell'adozione del decreto attuativo, a definire criteri e procedure di accesso alle misure incentivanti in grado di assicurare il beneficio alla più ampia platea di imprese e preservare il pieno automatismo degli incentivi, in linea con le esigenze di programmazione degli investimenti;

   a prevedere una procedura speciale e semplificata per le imprese di minori dimensioni;

   a introdurre misure di contenimento del rischio di rapido esaurimento delle risorse, evitando in ogni caso un effetto «click-day» e considerando anche la possibilità della liberazione ex post delle risorse per effetto di disallineamenti tra il risparmio energetico atteso e quello conseguito.
9/1752-A/36. Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento in esame istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0;

    si prevede che a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, è riconosciuto, nei limiti delle risorse fissati dalla norma in esame, un credito d'imposta proporzionale alla spesa sostenuta per gli investimenti effettuati;

   ritenuto che:

    il procedimento di accesso al nuovo credito d'imposta «Transizione 5.0» prevede più fasi e il coinvolgimento di vari attori con diverse competenze, tra cui il Ministero delle imprese e del made in Italy, il Gestore dei servizi energetici e l'Agenzia delle entrate;

    in particolare, il procedimento che porta al riconoscimento e all'utilizzo del credito si compone di oltre dieci passaggi applicativi, che richiedono adempimenti a carico delle imprese beneficiarie, peraltro con risorse «a rubinetto» e in un arco temporale limitato alle annualità 2024 e 2025;

    la disciplina del procedimento verrà meglio dettagliata da apposito decreto ministeriale, tra cui: il contenuto nonché le modalità e i termini di trasmissione delle comunicazioni, delle certificazioni e dell'eventuale ulteriore documentazione atta a dimostrare la spettanza del beneficio; i criteri per la determinazione del risparmio energetico conseguito; le procedure di fruizione del credito d'imposta; le procedure di controllo nonché i casi di esclusione e recupero del beneficio atte a garantire il rispetto della normativa nazionale ed europea; le modalità con le quali sarà effettuato il monitoraggio in merito al rispetto del limite di spesa;

    in un tale contesto è necessario definire tempistiche certe e regole chiare, al fine di semplificare l'accesso alle misure da parte delle imprese, agevolando in particolare le imprese di minori dimensioni, soprattutto al fine di preservare il pieno automatismo di accesso alle agevolazioni e consentire la più ampia partecipazione delle imprese;

    in merito alla procedura sin qui descritta, preoccupa il rischio di una corsa all'incentivo da parte delle imprese, con un conseguente, potenziale, rapido esaurimento delle risorse,

impegna il Governo

in fase di adozione del decreto ministeriale di cui in premessa, a prevedere specifici termini di chiusura dell'istruttoria e per la trasmissione delle comunicazioni tra le varie amministrazioni interessate, non previsti dalla norma primaria, al fine di dare certezza alle imprese in merito alle tempistiche di definizione delle pratiche e procedere con l'utilizzo del credito, nonché liberare risorse eventualmente non utilizzabili ai fini delle agevolazioni.
9/1752-A/37. Raffa.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento in esame istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0;

    si prevede che a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, è riconosciuto, nei limiti delle risorse fissati dalla norma in esame, un credito d'imposta proporzionale alla spesa sostenuta per gli investimenti effettuati;

   ritenuto che:

    il nuovo pianto transizione 5.0 comprende, tra le spese agevolabili, anche le spese per la formazione del personale dipendente dirette all'acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi, erogate da soggetti esterni individuati con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy. Tali spese possono concorrere a formare la base di calcolo del credito d'imposta nei limiti del 10 per cento degli investimenti effettuati nei beni individuati nei commi 4 e 5, lettera a) e sino al massimo di euro 300.000;

    si deve evidenziare che il piano transizioni 5.0 non sostituisce gli incentivi del precedente piano Transizione 4.0 ovvero i crediti d'imposta concessi in relazioni a investimenti in beni e tecnologie 4.0, indipendentemente dal conseguimento di obiettivi di risparmio energetico, e che, a normativa vigente, sono riconosciuti agli investimenti effettuati sino al 31 dicembre 2025;

    va evidenziato come, contrariamente al passato e al nuovo piano Transizione 5.0, tali incentivi non sono accompagnati da misure finalizzate a favorire la formazione del personale, non essendo stato prorogato per l'anno 2024 il credito d'imposta formazione 4.0;

    è necessario riattivare tale misura, come peraltro in più occasioni sostenuto dallo stesso Ministro delle imprese e del made in Italy, al fine di accompagnare e supportare la crescita tecnologica dei processi di produzione con il necessario sviluppo delle conoscenze e competenze tecniche,

impegna il Governo

a prevedere, con il prossimo provvedimento utile, la proroga del credito d'imposta formazione 4.0 o, in ogni caso, l'introduzione di incentivi fiscali finalizzati a favorire la formazione del personale dipendente nonché l'acquisizione o il consolidamento delle competenze nelle tecnologie 4.0, rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale dei processi di produzione.
9/1752-A/38. Gubitosa.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento in esame istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0;

    si prevede che a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, è riconosciuto, nei limiti delle risorse fissati dalla norma in esame, un credito d'imposta proporzionale alla spesa sostenuta per gli investimenti effettuati;

   ritenuto che:

    sul versante del rapporto tra le diverse agevolazioni previste dall'ordinamento sui medesimi costi, il comma 18 dell'articolo 38 dispone il divieto di cumulo con la disciplina del credito d'imposta per investimenti in beni nuovi strumentali di cui all'articolo 1, commi 1051 e seguenti, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Piano transizione 4.0) e con il credito di imposta per la ZES unica;

    tale divieto – si legge nella relazione illustrativa al provvedimento – è teso a incoraggiare la partecipazione del privato all'investimento, in modo da garantire un moltiplicatore di investimenti privato, idoneo ad incidere sullo sviluppo economico delle aree interessate;

    la stessa disposizione prevede tuttavia che il credito d'imposta possa essere cumulato con «altre agevolazioni» che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti derivanti dalla disposizione in premessa con riferimento alla cumulabilità tra i crediti d'imposta del nuovo piano Transizione 5.0 e i vigenti crediti d'imposta del piano Transizione 4.0 e il credito d'imposta per investimenti nella ZES unica, al fine di rimuovere il divieto, soprattutto con riferimento alle imprese di minori dimensioni nonché nei territori svantaggiati della ZES unica, fermo restando il limite massimo di agevolazione pari al costo complessivo dell'investimento.
9/1752-A/39. Lovecchio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 29, commi da 15 a 18, a decorrere da una data che verrà comunicata dall'INPS e fino al 31 dicembre 2025, riconosce, entro determinati limiti di spesa, un esonero contributivo totale, per un periodo massimo di ventiquattro mesi, in caso di assunzioni (o di trasformazioni) a tempo indeterminato di lavoratori domestici con mansioni di assistente a soggetti anziani con almeno 80 anni di età, già titolari dell'indennità di accompagnamento, a condizione che il datore di lavoro destinatario della prestazione possieda un ISEE non superiore a 6.000 euro;

    la misura incide su uno tra i settori che più incidono in materia di parità di genere, valore fondante dell'Unione europea, al centro della strategia per la parità di genere 2020-2025 e riconosciuto dai piani di ripresa e resilienza adottati dai Governi degli Stati che ne fanno parte, compreso il nostro PNRR;

    sul mercato del lavoro, nonostante generali miglioramenti rispetto al biennio precedente, la ripresa mostra una persistenza dei gap di genere, riservando alla componente femminile una posizione subalterna. Secondo dati Eurostat (pubblicati nel rapporto annuale Employment and activity by sex and age a dicembre 2023), in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al IV trimestre 2022 è stato pari al 55 per cento, mentre la media UE è stata pari al 69,3 per cento. Da tali dati emerge la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, il cui tasso di occupazione risulta essere quello più basso tra gli Stati UE, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media UE a fine 2022;

    a ciò si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Tale ultimo aspetto riveste una particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52 per cento, da esigenze di conciliazione e per il 19 per cento da considerazioni economiche. In generale, il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34 per cento in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni (dati dal «rapporto plus 2022» di INAPP);

    anche secondo il Rapporto ISTAT SDGs 2023, la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora. Nel 2022, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5 per cento (+1,6 p. p. rispetto al 2021), mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6 per cento (+2,7 p.p. rispetto al 2021). La differenza occupazionale tra lo status di madre e non madre è molto bassa in presenza di un livello di istruzione più elevato, con un valore dell'indicatore pari a 91,5 per cento;

   considerato che:

    il lavoro domestico può essere considerato cruciale per la partecipazione femminile al mercato del lavoro e fondamentale per una maggiore conciliazione vita-lavoro. Non a caso, come emerge chiaramente dai dati dell'Osservatorio Domina, nel relativo Rapporto annuale 2023, l'occupazione femminile (che tradizionalmente si avvantaggia di più della collaborazione domestica) è più elevata proprio dove ci sono più lavoratori domestici: il Report rileva infatti che oltre il 21 per cento del «PIL del lavoro domestico» italiano è prodotto in Lombardia e circa il 45 per cento nel Lazio, in Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana, ovvero nelle aree dove il tasso di occupazione femminile è più elevato e quello di disoccupazione è più basso;

    sebbene vada notata una «distanza» tra dati ufficiali disponibili e dimensione reale del fenomeno tale per cui secondo i dati ufficiali dell'osservatorio sul lavoro domestico dell'INPS, nell'anno 2021 i lavoratori domestici regolari erano pari a circa la metà di quelli indicati dall'ISTAT, secondo le stime dell'istituto statistico, il tasso di irregolarità nel settore supera addirittura il 50 per cento. Tali numeri confermerebbero pertanto l'impatto del sommerso, come già riportato nella «relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva», pubblicata contestualmente alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, ove, nell'anno d'imposta 2020, si riportava che l'evasione IRPEF del personale domestico si collocherebbe a circa 994 milioni di euro (pari al 30,4 per cento dell'evasione complessiva di tutti i lavoratori dipendenti irregolari, stimata in 3,2 miliardi di euro),

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta a consentire il riconoscimento e l'acquisizione di un valore economico del lavoro di cura e domestico, cruciale per la partecipazione femminile al mercato del lavoro e per una maggiore conciliazione vita-lavoro, in particolare adottando un serio piano di sostegno all'occupazione in questo settore, suscettibile di determinarne una maggiore produttività ed una conseguente riduzione dell'area sommersa;

   reperire le risorse necessarie al fine di estendere l'esonero contributivo per lavoro domestico di cui all'articolo 29, commi 15-18, quantomeno ricomprendendovi i casi di assunzioni a tempo determinato e indeterminato già in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ampliando la fattispecie con riguardo allo svolgimento di mansioni di assistente a soggetti anziani con almeno 65 anni di età, già titolari dell'indennità di accompagnamento.
9/1752-A/40. Tucci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

   considerato che:

    il trasporto ferroviario delle merci è la modalità di trasporto con minore impatto negativo per l'ambiente e per il territorio. Il settore contribuisce in modo sostanziale all'economia nazionale ed europea impiegando in via diretta circa 1 milione di persone, tra imprese ferroviarie e gestori dell'infrastruttura, ed almeno altrettanti nell'indotto (costruttori, manutentori, fornitori);

    l'invecchiamento della forza lavoro e l'incremento di traffico ferroviario delle merci, atteso al termine dei lavori PNRR che comporteranno un ammodernamento dell'infrastruttura ferroviaria, rappresentano le precondizioni per la costante ricerca di personale formato, per quel che attiene la sicurezza ferroviaria e la condotta dei treni, da parte delle 26 imprese ferroviarie abilitate al trasporto ferroviario delle merci su tutto il territorio nazionale, e del relativo indotto (manutentori, personale di terra e personale di esercizio);

    al fine di contrastare il fenomeno della disoccupazione e della inoccupazione, soprattutto quella giovanile, risulta prioritario contrastare il crollo dei volumi di traffico ferroviario merci in ambito portuale cominciato nel 2023,

impegna il Governo:

   in analogia con il settore dell'autotrasporto, a istituire un fondo di supporto alla formazione professionale dei giovani che intraprendono la carriera nell'esercizio ferroviario delle merci;

   a riconoscere un incentivo agli operatori della manovra ferroviaria, al fine di sostenere il rilancio del trasporto ferroviario delle merci in ambito portuale.
9/1752-A/41. Traversi, Iaria.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame rientra nell'alveo di quei provvedimenti omnibus, per argomenti trattati e massa di risorse mobilitate, che in una situazione «ordinaria» non sarebbe emanabile e che ha la sua giustificazione nell'adempimento delle condizionalità, delle riforme e degli investimenti previsti dal PNRR;

    stando alle audizioni svoltesi in sede referente, si tratta di una complessa serie di interventi – che comprende incrementi degli impegni di spesa, tagli, spostamenti di risorse nelle varie annualità fino al 2030, definanziamenti di interventi in ritardo nell'attuazione – assunta senza un pieno e trasparente coinvolgimento del partenariato economico e sociale, con specifico riferimento alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e capillarmente presenti in tutti i territori;

   considerato che:

    nel quadro summenzionato e per lo più relativo alla revisione del PNRR, approvata da parte del Consiglio ECOFIN già l'8 dicembre scorso, il Capo VIII, rubricato «disposizioni urgenti in materia di lavoro» ed in particolare gli articoli dal 29 al 31, dovrebbero rappresentare la risposta governativa alla tragedia sul lavoro che si è consumata nel cantiere di Firenze lo scorso 16 febbraio e, più in generale, costituire efficaci misure di contrasto agli incidenti sul lavoro che si susseguono sempre più drammaticamente, nonché per il rafforzamento degli strumenti di prevenzione, salute e sicurezza;

    il Governo pare invero aver dimenticato molti aspetti legati alla salute e alla sicurezza sul lavoro che abbisognano di una maggiore e più puntale attenzione e, tra questi, basti pensare alla necessità di tutela da condotte vessatorie e generatrici di stress perpetrate in ambito lavorativo;

    promuovere una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e la dignità dell'essere umano è fondamentale. Tale assunto si fonda sul fatto che, da un lato, il lavoro è uno dei luoghi privilegiati dove la persona ha l'opportunità di svilupparsi in modo completo e che, da un altro lato, quello che accade nel luogo di lavoro ha, spesso, ripercussioni sull'ambiente familiare e sociale della persona stessa;

    l'Italia, con la legge 15 gennaio 2021, n. 4, ha autorizzato la ratifica della Convenzione dell'organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108a sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione;

    la Convenzione riconosce «il diritto di tutti ad un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie, ivi compresi la violenza e le molestie di genere», e che questi fenomeni sono incompatibili con lo sviluppo di imprese sostenibili e hanno «un impatto negativo sull'organizzazione del lavoro, sui rapporti nei luoghi di lavoro, sulla partecipazione dei lavoratori, sulla reputazione delle imprese e sulla produttività»;

   valutato che:

    nell'ambito della violenza sul luogo di lavoro trovano la loro collocazione, oltre alle molestie, anche fenomeni come il mobbing e lo straining che, nonostante l'ormai consolidato riconoscimento a livello fattuale e giurisprudenziale, non hanno ancora un'espressa regolamentazione a livello nazionale. In merito, è d'uopo segnalare che la dottrina e la giurisprudenza appaiono concordi nel ritenere che le vessazioni materiali e psicologiche derivanti dai fenomeni di mobbing o di bossing all'interno dell'azienda sono riconducibili a una violazione dell'obbligo di sicurezza e di protezione dei dipendenti sancito dall'articolo 2087 del codice civile. Si tratta di un'interpretazione evolutiva della norma, che fa discendere l'obbligo contrattuale imposto al datore di lavoro direttamente dal primo e dal secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione e che si basa sul principio secondo cui la libertà di iniziativa economica privata nell'esercizio di impresa incontra un forte limite nell'obbligo di non recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità della persona;

    nonostante tale interpretazione estensiva, preziosa nella sua applicazione pratica, si ritiene che fenomeni tanto difficili da identificare e da denunciare siano meritevoli di essere portati all'attenzione anche a livello normativo,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo e con la dovuta urgenza, finalizzata alla prevenzione di comportamenti che possano direttamente o indirettamente determinare l'insorgere di stati di disagio o di danno psichico a carico dei lavoratori, ad intervenire a livello definitorio e legislativo che alcune condotte che avvengono sul luogo di lavoro sono da considerare «atti vessatori e generatori di stress».
9/1752-A/42. Barzotti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 20, comma 3, del provvedimento in esame, nell'ambito di una presunta «operazione di razionalizzazione e di riassetto industriale» delle partecipazioni dello Stato, ha attribuito le quote di capitale della società PagoPA, detentrice dell'omonima piattaforma digitale deputata ai pagamenti in favore della pubblica amministrazione, rispettivamente all'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, nella misura del 51 per cento, e a Poste S.p.A., nella misura del restante 49 per cento;

    tale manovra, che si inserisce nel solco delle privatizzazioni annunciate dal Governo al fine di recuperare 20 miliardi di euro nel triennio 2024-2026, ha sollevato forti critiche tra gli operatori di mercato e la netta contrarietà da parte di banche ed enti creditizi in ragione della non conformità dell'operazione con la normativa vigente in materia di concorrenza;

   considerato che:

    a esprimersi in merito ai contenuti della norma citata è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, tramite un comunicato ufficiale, ha formalizzato una serie di osservazioni sui contenuti e le modalità dell'operazione di cessione di PagoPA, affermando che la norma presenta «alcune criticità concorrenziali»;

    nella memoria dell'Autorità si precisa che: «in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, l'individuazione del cessionario della quota del 49 per cento dovrebbe avvenire a esito di un'asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse»;

    ad allertare l'Autorità sono state sia le modalità, considerate poco trasparenti, seguite per la cessione al mercato di una società pubblica, sia le caratteristiche specifiche del soggetto cessionario individuato dal Legislatore. Nello specifico, ha osservato che l'ingresso di Poste italiane nel capitale sociale di PagoPA «potrebbe sollevare alcune rilevanti problematicità nel funzionamento del mercato, che investono in primis il settore dei pagamenti digitali e poi quello delle notifiche»;

    in tal senso, l'ingresso nel capitale della società pubblica di un operatore di mercato comporterebbe l'attribuzione in via diretta allo stesso operatore del privilegio riconosciuto alla piattaforma, con conseguente partecipazione alla relativa quota di profitti. Per questo motivo, secondo l'Autorità, si rende indispensabile l'adozione di modalità trasparenti e non discriminatorie per trasferire a un soggetto di mercato parte dei benefici connessi al godimento di un privilegio riconosciuto ex lege;

    il comunicato ha messo, altresì, in luce come il programma tracciato dal Governo sia fondamentalmente incompatibile con le disposizioni di legge riguardanti le procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni, disciplinata dal decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474;

    la normativa prevede, infatti, che nei casi di cessione mediante trattativa diretta di partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, il sistema prioritario sia il ricorso al mercato con procedura aperta, relegando in via residuale ed eccezionale la negoziazione diretta;

    la cessione delle quote di PagoPA a Poligrafico e Poste per una cifra inferiore a quella di mercato costituirebbe anche una violazione della disciplina sugli aiuti di Stato. Pertanto, al fine di valorizzare al meglio i beni pubblici da alienare, è indispensabile che la cessione avvenga mediante una gara aperta, disciplinata secondo procedure trasparenti e non discriminatorie;

   valutato che:

    un emendamento governativo ha poi riformulato la disposizione originariamente contenuta nel provvedimento e, in particolare, ha previsto che Poste italiane non possa stipulare patti di sindacato che la portino ad avere un'influenza dominante su PagoPA, che l'amministratore delegato della società di pagamenti pubblici debba essere espressione del socio di maggioranza (Poligrafico dello Stato che avrebbe il 51 per cento dopo la cessione) così come la maggioranza dei consiglieri, che all'organo delegato siano riservate «le proposte di deliberazione in materia di servizi prestati tramite piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati e la piattaforma digitale per le notifiche, nonché di nomina e revoca dei dirigenti con responsabilità strategica» e che, da ultimo, PagoPA garantisca uguale trattamento a tutti coloro che operano sulla piattaforma e adotti presidi gestionali per evitare lo sfruttamento di informazioni commercialmente sensibili;

    stante tale riformulazione, però, la norma non parrebbe avulsa dal rischio di non centrare l'obiettivo dichiarato nella relazione tecnica ovverosia garantire la «parità di trattamento tra i prestatori di servizi di pagamento aderenti alla piattaforma dei pagamenti» e adottare «conseguentemente i presidi gestionali e organizzativi funzionali anche a evitare lo sfruttamento di informazioni commercialmente sensibili relative a tutti i servizi prestati dalla società»,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di:

    adottare tutte le misure necessarie per risolvere le problematiche concorrenziali rilevate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato in relazione alla cessione di PagoPA all'Istituto poligrafico e zecca dello Stato e a Poste italiane S.p.A.;

    in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, predisporre un'asta competitiva o comunque una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse si da garantire il conseguimento di maggiori introiti per il bilancio pubblico rispetto alle indeterminate modalità previste nell'articolo 20 citato;

    adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta ad escludere che dalla cessione summenzionata derivi un disimpegno pubblico sul fronte dello sviluppo, della semplificazione, della qualità e della sicurezza dei servizi di pagamento in via digitale, con conseguente pregiudizio per la pubblica amministrazione e gli enti creditori che hanno finora utilizzato la piattaforma di PagoPA.
9/1752-A/43.Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame include una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come modificato dalla Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, nonché misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

    la coesione sociale e territoriale rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui poggia la programmazione e il contenuto dell'intero PNRR. Il Piano persegue, infatti, il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud come priorità trasversale a tutte le missioni del PNRR, accompagnando tale processo di convergenza tra Sud e Centro-Nord quale obiettivo di crescita economica, come più volte ribadito nelle raccomandazioni della Commissione europea;

   considerato che:

    uno degli obiettivi principali legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è la riduzione dei divari territoriali e delle diseconomie che pregiudicano la possibilità per i territori più fragili di agganciare la ripresa economica e di promuovere una crescita socioeconomica recuperando anche ritardi cronici;

    l'Italia è stato il Paese destinatario della fetta maggiore del Recovery Plan proprio in virtù dei divari territoriali, sociali e generazionali;

    l'assegnazione del 40 per cento delle risorse del PNRR al Mezzogiorno è stata peraltro stabilita, a livello normativo, dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del PNRR e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, il quale, nella Parte I, che disciplina la governance del PNRR, attribuisce alle amministrazioni centrali titolari di interventi previsti dal PNRR il compito di assicurare che, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi del PNRR, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle regioni del Mezzogiorno, salve le specifiche allocazioni territoriali già previste nel PNRR (articolo 2, comma 6-bis);

    ad oggi non si ha più traccia della ricognizione di monitoraggio sul punto di cui è incaricato il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso i dati rilevati dal sistema di monitoraggio attivato dal Servizio centrale per il PNRR, né sul canale istituzionale, né su altri documenti ufficiali diramati dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR;

    una sezione specifica in merito non appare contenuta neanche nell'ultima relazione semestrale del Governo al Parlamento sull'attuazione del PNRR, presentata a fine febbraio 2024 su dati al 31 dicembre 2023;

    stante tale mancanza di trasparenza, anche alla luce dei tagli che la revisione del PNRR ha prodotto in merito ad interventi nel Mezzogiorno, nonché il confuso dibattito che si registra anche all'interno del Governo circa la impossibilità di utilizzare le risorse del PNRR e la richiesta di proroga oltre la scadenza del 2026 per il PNRR che sarebbe già stata avanzata dal Ministro Giorgetti, forte è la preoccupazione che ad essere penalizzati maggiormente siano proprio i territori e le aree svantaggiate del Mezzogiorno;

    più volte le regioni del Sud e anche i comuni hanno sollecitato l'attivazione di una specifica cabina di regia appositamente per il Mezzogiorno, al fine di migliorare la capacità di spesa per il conseguimento degli obiettivi delle Missioni entro i termini stabiliti;

    questa sollecitazione nasce anche dal fatto che per quanto riguarda la capacità di spesa concernente i fondi strutturali, gli enti territoriali hanno mostrato maggiore efficacia nella messa a terra rispetto alle amministrazioni centrali con la conseguente riflessione che il loro coinvolgimento sia indispensabile per raggiungere gli obiettivi del PNRR,

impegna il Governo

ad attivare tempestivamente una apposita cabina di regia con i rappresentanti degli enti locali del Mezzogiorno, le forze economiche e sociali, con l'obiettivo di monitorare l'attuazione dei progetti PNRR, scongiurando il rischio di perdere risorse e assicurare al contempo il pieno rispetto della previsione del 40 per cento destinato proprio al Sud.
9/1752-A/44. Donno.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 32, comma 2, del decreto-legge in esame incarica il Ministero della difesa, mediante le proprie competenti articolazioni del genio militare, della progettazione, dell'esecuzione dei lavori nonché dell'acquisizione delle forniture necessarie per la realizzazione delle strutture previste dal Protocollo d'intesa fra Italia e Albania per l'accoglienza di migranti in territorio albanese nelle aree di Schenjin e Gjadar, individuate dall'Annesso 1 al Protocollo citato;

    preme sottolineare che la legge di autorizzazione di ratifica del Protocollo in oggetto è stata approvata definitivamente dal Parlamento il 15 febbraio del 2024 e appena 15 giorni dopo il decreto-legge in conversione – presentato il 2 marzo – reca un aumento di oneri finanziari rispetto alla realizzazione delle strutture di accoglienza di migranti in Albania di 25,8 milioni di euro;

    nella versione previgente, tale disposizione autorizzava la spesa di euro 31,2 milioni per l'anno 2024 in favore del Ministero dell'interno e di euro 8 milioni per l'anno 2024 in favore del Ministero della giustizia. Con le modifiche apportate dal decreto-legge in esame, tali autorizzazioni di spesa vengono sostituite con euro 65 milioni per l'anno 2024 in favore del Ministero della difesa;

    l'aumento decisamente consistente e ingiustificato degli oneri finanziari per la realizzazione delle strutture in titolo conferma la fondatezza della posizione contraria alla misura da parte del Movimento 5 Stelle nonché ai contenuti del Protocollo, della gestione della politica migratoria e del coinvolgimento della Difesa in merito,

impegna il Governo

a riconsiderare l'opportunità della disposizione di cui in premessa, considerato il significato e ingiustificato incremento delle risorse finanziarie destinate alla realizzazione della misura medesima.
9/1752-A/45. Pellegrini, Baldino, Lomuti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 43 del decreto-legge in esame, sull'interoperabilità delle certificazioni sanitarie digitali, nella sua versione attualmente vigente dispone che per far fronte a eventuali emergenze sanitarie, nonché per agevolare il rilascio e la verifica di certificazioni sanitarie digitali utilizzabili in tutti gli Stati aderenti alla rete globale di certificazione sanitaria digitale dell'Organizzazione mondiale della sanità, dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo, la Piattaforma nazionale digital green certificate (Piattaforma nazionale – DGC) emette, rilascia e verifica le certificazioni e le ulteriori certificazioni sanitarie digitali;

    al fine di assicurare la predetta evoluzione della Piattaforma nazionale – DGC per il collegamento della stessa alla rete globale di certificazione sanitaria digitale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nonché assicurare la conduzione e manutenzione ordinaria della stessa, il decreto-legge in esame ha autorizzato la spesa di euro 3.850.000 per l'anno 2024, da gestire nell'ambito della vigente convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e la società SOGEI spa;

    in sostanza la disposizione di cui all'articolo 43 del decreto-legge in esame consente, secondo una logica condivisibile, l'evoluzione e il riutilizzo della piattaforma green pass nata per l'emergenza sanitaria da Covid per altre future emergenze;

    tuttavia, con nota del 6 marzo 2024 il Ministro della salute Schillaci ha preso le distanze da tale articolo affermando: «A seguito dell'approvazione in Consiglio dei ministri del decreto-legge del 26 febbraio, ritengo utile precisare che il Governo non ha alcuna intenzione di aderire al cosiddetto “green pass globale” dell'Oms. In sede di conversione del decreto-legge, verrà presentato un emendamento per riformulare il testo e ricondurre la norma agli obiettivi PNRR in tema di salute, a partire dalla piena operatività del fascicolo sanitario elettronico»;

    in sede referente, con successivo emendamento del Governo, la predetta disposizione di cui all'articolo 43 è stata integralmente sostituita, di fatto dando seguito a quanto rappresentato anche dal Ministro della salute circa la non volontà del Governo di aderire al cosiddetto «green pass globale» dell'Oms;

    appaiono pretestuose e non guidate da alcun fondamento scientifico adeguato le affermazioni del Ministro della salute a seguito dell'approvazione in Consiglio dei ministri del provvedimento all'esame, volte a precisare che il Governo non ha alcuna intenzione di aderire al cosiddetto «green pass globale» dell'Oms anche laddove tale strumento possa rivelarsi nuovamente utile per contenere nuove emergenze sanitarie;

    Hans Kluge, direttore dell'Ufficio regionale dell'Oms per l'Europa, in un'intervista all'Adnkronos Salute in occasione della sua visita in Italia per celebrare il ventesimo anniversario dell'Ufficio Oms di Venezia, ha invitato l'Italia a considerare tutti gli elementi, anche gli scenari futuri, affermando: «Il Green pass globale proposto dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall'Ue è una sorta di fascicolo sanitario elettronico, come quello fornito dalle autorità sanitarie locali, ma verificabile e accettato in tutto il mondo. Ogni Paese sovrano ha il diritto di decidere se aderire al nuovo sistema di Green pass. Vorrei incoraggiare tutti i Paesi – compresa l'Italia – a riflettere attentamente su come gestirebbero la prossima crisi sanitaria. Crediamo che ci sia bisogno di più, e non di meno, cooperazione e scambio per aiutare a prevenire o rispondere alla prossima grande emergenza sanitaria. L'Oms Europa lancerà alla fine di questo mese una Rete paneuropea per il controllo delle malattie, composta da Paesi Ue e non Ue della Regione europea, che include l'Asia centrale»;

    Hans Kluge ha ricordato come la pandemia abbia dimostrato che molte delle sfide odierne per i sistemi sanitari sono sfide condivise, cosa che sta spingendo «la Commissione europea a presentare proposte per un'Unione sanitaria europea più forte. Sebbene l'obiettivo primario sia rafforzare il quadro di sicurezza sanitaria dell'Ue in risposta alle minacce transfrontaliere, ciò è accompagnato da un rinnovato e più ampio impegno politico per migliorare i sistemi sanitari europei e investire nella loro resilienza e sostenibilità»;

    la nuova rete per il controllo delle malattie consentirà di rilevare, verificare e notificare rapidamente l'uno all'altro degli Stati che ne faranno parte eventuali nuove minacce sanitarie in evoluzione, dalle malattie infettive emergenti alla resistenza antimicrobica;

    «A livello globale – ha ricordato Kluge – l'incapacità di prevenire e quindi poi di gestire adeguatamente la pandemia da Covid ha comportato un'immensa perdita di vite umane e di salute, nonché un'interruzione senza precedenti delle attività sociali ed economiche in tutto il mondo. Aver sperimentato tutto ciò ha creato lo slancio per riformare l'architettura sanitaria globale. Come parte di questo processo è stato suggerito un Green pass globale, che sarebbe fondamentalmente un'estensione e digitalizzazione della cosiddetta “Yellow card”», una sorta di «passaporto medico», «in uso anche in Italia, necessaria per verificare la vaccinazione contro alcune malattie pericolose e richiesta per l'ingresso in alcuni Paesi»,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative per armonizzare la gestione dei dati sanitari, assicurando che:

   a) il nostro Paese non rimanga fuori da architetture sanitarie europee o internazionali che consentano di far fronte più efficacemente a eventuali nuove emergenze sanitarie, nonché per agevolare il rilascio e la verifica di certificazioni sanitarie digitali utilizzabili in tutti gli Stati aderenti, inclusa la rete globale di certificazione sanitaria digitale dell'Organizzazione mondiale della sanità;

   b) ogni soluzione digitale per il trattamento dei dati stessi sia effettuata avendo riguardo alla interoperabilità sull'intero territorio nazionale ed europeo, evitando ogni frammentazione normativa e regolamentare, giuridica e amministrativa, che sia di ostacolo alla piena ed effettiva digitalizzazione, tenendo conto del progetto della Commissione europea di creare un'Unione europea della salute e di costruire uno Spazio europeo dei dati sanitari;

   c) siano previsti incentivi alla completa e conforme digitalizzazione dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici, riguardanti l'assistito, e riferiti a qualsiasi prestazione erogata, condizionando a tal fine l'accreditamento e l'autorizzazione all'esercizio di prestazioni sanitarie, in regime pubblico, convenzionato o privato.
9/1752-A/46. Quartini.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del provvedimento in esame detta disposizioni per la realizzazione degli investimenti non più finanziati con le risorse del PNRR e in materia di revisione del PNC (Piano per gli investimenti complementari al PNRR); in particolare, le predette disposizioni conseguono agli effetti finanziari netti derivanti dalla revisione del PNRR adottata con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023;

    per effetto delle predette modifiche apportate al PNRR, la dotazione complessiva del Piano è passata da 191,5 miliardi di euro a 194,41 miliardi di euro (di cui 122,6 miliardi di euro di prestiti e 71,8 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto);

    le modifiche apportate al PNRR non si sono, tuttavia, limitate a programmare le risorse aggiuntive assegnate all'Italia, ma hanno inciso in maniera più ampia sui contenuti del Piano, ridefinendone il quadro finanziario interno, con conseguente necessità di rimodulazione e integrazione delle risorse a suo tempo attivate a livello nazionale per assicurare l'attuazione del PNRR;

    gli investimenti destinati al programma «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», già finanziati a carico del Fondo complementare al PNRR, sono posti a carico del finanziamento di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, integrando i progetti inseriti nei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) già sottoscritti (si tratta quindi di risorse nazionali già previste a legislazione vigente per l'edilizia sanitaria);

    in sostanza per effetto delle modifiche fatte al PNRR le risorse destinate al programma «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» saranno poste a carico di risorse nazionali già previste a legislazione vigente per l'edilizia sanitaria il cui impiego, si ricorda, è trentennale; tale previsione non si applica alle province autonome di Trento e di Bolzano e alla regione Campania;

    con il provvedimento all'esame vengono rimodulate risorse per gli investimenti in sanità per oltre 1,8 miliardi di euro, di cui 1,2 che la norma pone a carico dei fondi di cui al menzionato articolo 20 già destinati alle regioni;

    a riguardo le regioni hanno fortemente protestato rilevando come non risulti, alle regioni medesime, un'effettiva disponibilità delle risorse ex articolo 20 per l'edilizia sanitaria: i fondi articolo 20 che le regioni considerano già assegnati vengono ridestinati da una norma nazionale, superando la programmazione regionale già avvenuta (es. delibere di consiglio regionale);

    la sottrazione di risorse del PNC, per 1,2 miliardi di euro, poste dal decreto a carico dell'articolo 20, viene effettuata senza alcun chiarimento analitico da parte del Governo volto a declinare quali e quanti siano gli interventi, per ciascuna regione; inoltre l'esclusione dell'applicazione della norma per le province autonome di Trento e di Bolzano e per la regione Campania parrebbe beneficiare, per ragioni ignote, i territori esclusi;

    a riguardo le regioni hanno rappresentato come la riprogrammazione, a livello nazionale, su fondi già ripartiti alle regioni, non tenga conto del diritto, esercitato dalle regioni, alla propria programmazione, già in atto; i tecnici regionali osservano infatti come questa sovrapposizione alla programmazione regionale possa presentare problemi di costituzionalità, nel rapporto Stato-regioni, nel rispetto delle specifiche competenze;

    le regioni hanno pertanto posto il tema dell'impossibilità di dare luogo, come invece programmato, agli interventi di messa in sicurezza degli ospedali, con pesanti ricadute sui territori,

impegna il Governo

a rimodulare, nel primo provvedimento normativo utile, le risorse per gli investimenti in sanità per almeno 1,2 miliardi di euro, affinché le stesse siano poste nuovamente a carico del PNC e non già dei fondi già destinati alle regioni ex articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, in coerenza e a salvaguardia della programmazione regionale e dei bilanci degli enti territoriali, senza in alcun modo sottrarre risorse finalizzate alla realizzazione del programma «Verso un ospedale sicuro e sostenibile».
9/1752-A/47. Di Lauro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del provvedimento in esame detta disposizioni per la realizzazione degli investimenti non più finanziati con le risorse del PNRR e in materia di revisione del PNC (Piano per gli investimenti complementari al PNRR); in particolare, le predette disposizioni conseguono agli effetti finanziari netti derivanti dalla revisione del PNRR adottata con la Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023;

    per effetto delle predette modifiche apportate al PNRR, la dotazione complessiva del Piano è passata da 191,5 miliardi di euro a 194,41 miliardi di euro (di cui 122,6 miliardi di euro di prestiti e 71,8 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto);

    le modifiche apportate al PNRR non si sono, tuttavia, limitate a programmare le risorse aggiuntive assegnate all'Italia, ma hanno inciso in maniera più ampia sui contenuti del Piano, ridefinendone il quadro finanziario interno, con conseguente necessità di rimodulazione e integrazione delle risorse a suo tempo attivate a livello nazionale per assicurare l'attuazione del PNRR;

    con il provvedimento all'esame vengono rimodulate risorse per gli investimenti in sanità per oltre 1,8 miliardi di euro, di cui 1,2 che la norma pone a carico dei fondi di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, già destinati alle regioni e viene spostata dal 2024 al 2027 l'autorizzazione di spesa di 30 milioni di euro per l'investimento «Iniziative di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambito sanitario e assistenziale» del Ministero dell'università e della ricerca (cfr. 1, comma 8, lettera a) n. 22);

    l'investimento: «Iniziative di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambito sanitario e assistenziale» (Piano Nazionale Complementare PNC investimento I.1 – Complementarietà con M4C2 del PNRR) al quale sono sottratte risorse rientra fra le iniziative promosse congiuntamente dal Ministero dell'università e della ricerca e il Ministero della salute, come definito dalle linee guida emanate il 28 febbraio del 2022 ed ha l'obiettivo di mettere a sistema in chiave innovativa le tecnologie abilitanti in ambito sanitario per migliorare la diagnosi, il monitoraggio, le cure assistenziali e riabilitative di determinate comunità di riferimento identificate a priori;

    l'investimento è finanziato con 500 milioni di euro del Piano complementare al PNRR e a giugno 2022 è stato già pubblicato l'avviso per la concessione di finanziamenti destinati a iniziative di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambito sanitario e assistenziale;

    nel dettaglio, l'avviso finanzia 4 «Iniziative» di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambito sanitario e assistenziale, con l'obiettivo di mettere a sistema il potenziamento della ricerca sulle tecnologie abilitanti in ambito sanitario per migliorare la diagnosi, il monitoraggio e le cure, incluse quelle riabilitative. I progetti riguarderanno robotica e strumenti digitali, monitoraggio a distanza, reingegnerizzazione dei processi e data mining. Grande attenzione sarà rivolta alla valutazione dell'impatto dei fattori ambientali e dello stile di vita sulla salute, il monitoraggio e transizione verso stili di vita sostenibili;

    in particolare, il bando prevede che siano finanziabili attività di ricerca industriale, sviluppo e innovazione in collaborazione con il settore privato; trasferimento tecnologico e valorizzazione dei risultati della ricerca, incluse attività di disseminazione; acquisto di attrezzature e strumentazione di ricerca; attività formative, inclusi dottorati di ricerca; attività di terza missione; attività di public engagement;

    alle iniziative, finanziate a valere sulle risorse previste dal Fondo complementare al PNRR, sono destinati 100 milioni di euro all'anno dal 2022 al 2026, per un investimento complessivo di 500 milioni di euro. Per ciascuna iniziativa l'importo complessivo dell'agevolazione concessa sarà compreso, nei limiti della dotazione finanziaria, tra un minimo di 75 milioni di euro e un massimo di 150 milioni di euro. Come per altri investimenti del PNRR, anche in questo caso almeno il 40 per cento del totale delle risorse disponibili è destinato al finanziamento di iniziative che abbiano una ricaduta in termini di spesa nelle regioni del Mezzogiorno, così come almeno il 40 per cento dei ricercatori assunti a tempo determinato e almeno il 40 per cento delle borse di dottorato deve essere destinato a donne,

impegna il Governo

a reperire nel primo provvedimento normativo utile, le più congrue risorse per un importo non inferiore 30 milioni di euro per l'investimento «Iniziative di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambito sanitario e assistenziale» del Ministero dell'università e della ricerca, affinché lo stesso investimento non subisca alcun ritardo nella realizzazione.
9/1752-A/48. Marianna Ricciardi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame conferma nel suo impianto l'intento del Governo di ridurre il coinvolgimento dei comuni, nonostante il loro ruolo rimanga comunque centrale nella realizzazione degli obiettivi. La capacità amministrativa degli enti locali dovrebbe rappresentare un tassello fondamentale per preservare la qualità degli interventi;

    la Corte dei conti ha rilevato che, con la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'indirizzo governativo sembra quello di ridurre il coinvolgimento dei comuni, non considerando che il loro ruolo rimane comunque centrale nella realizzazione degli obiettivi e che pertanto resta quindi cruciale che si implementino altri interventi per integrare, nelle amministrazioni comunali, le competenze tecniche necessarie a sostenere i processi amministrativi e burocratici richiesti;

    la garanzia dell'allocazione del 40 per cento delle risorse rivolte al Sud, volta a colmare il divario territoriale, è divenuta poi più incerta e preoccupante alla luce della revisione del PNRR, e di quanto previsto nel decreto-legge oggetto di conversione. Se tale percentuale ha difficoltà a essere attuata, è evidente che il divario sarà ancora più accentuato;

    secondo l'UPB, il comparto comunale risulta tra quelli con la maggior percentuale di avvio dei progetti (101 mila sono i soggetti attuatori), ma integra anche uno di quelli che presenta le maggiori fragilità. La quantità di passaggi burocratici a cui è necessario adempiere e la complessità della documentazione da fornire fa sì infatti che gli enti locali meno efficienti siano scoraggiati anche solo dal presentare le domande di finanziamento, con la conseguenza che rischiano di essere esclusi dai Fondi proprio quei territori che ne avrebbero più bisogno;

   considerato che:

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un'occasione unica di sviluppo e rilancio per l'Italia, e in tal senso sono necessarie ampie sinergie fra le diverse istituzioni, sia nelle articolazioni centrali che in quelle territoriali,

impegna il Governo

a sostenere la capacità amministrativa degli enti locali, nonché ad adottare le necessarie misure per rafforzare il coinvolgimento dei comuni nell'attuazione del Piano, anche al fine di un migliore coordinamento nelle progettualità e negli investimenti in corso nel PNRR, assicurando alle amministrazioni comunali le competenze tecniche necessarie a sostenere i processi amministrativi e burocratici richiesti, nel rispetto dell'autonomia programmatoria di regioni e province autonome, in conformità al principio di leale collaborazione.
9/1752-A/49. Lomuti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12, comma 8, del decreto-legge oggetto di conversione prevede che, limitatamente agli investimenti e agli interventi avviati a partire dal 1° febbraio 2020 ed ammessi a finanziamento, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del PNRR, le disposizioni di cui all'articolo 47 e all'articolo 50, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, volte a garantire le pari opportunità e il diritto al lavoro alle persone disabili, si applicano con riferimento alle procedure afferenti ai settori speciali del Codice dei contratti pubblici, esclusivamente a quelle avviate successivamente alla data di comunicazione della concessione del finanziamento;

    la norma sopra descritta elimina le clausole occupazionali previste per incentivare l'occupazione femminile e giovanile, di fatto ridimensionando l'articolo 47 del citato decreto-legge n. 77 del 2021 inerente le condizionalità di genere e legate ai giovani;

   considerato che:

    sono preoccupanti i dati relativi al rispetto dei meccanismi di tutela previsti per alcune categorie di beneficiari del PNRR: secondo il rapporto del think tank Period, pubblicato in occasione dell'8 marzo 2024, il 65,5 per cento dei bandi del PNRR ha derogato ai meccanismi di tutela pensati per favorire l'inclusione di donne, giovani e persone con disabilità. Nello specifico, nel 2,7 per cento dei casi si tratta di una deroga parziale (viene derogata la quota femminile o la quota giovanile o entrambe), mentre nel restante 62,8 per cento dei casi si parla di una deroga totale. Se si considerano le deroghe totali, la missione con la maggior percentuale di bandi derogati totalmente è la missione 1 (digitalizzazione e innovazione) con il 69,4 per cento, seguita dalla missione 2 (rivoluzione verde e transizione ecologica) con il 69,2 per cento;

    dall'analisi dei dati emerge, pertanto, un'assenza di trasversalità delle misure premiali e delle quote, confermando perlopiù una concentrazione in ambiti dove è già presente una significativa presenza femminile, come le infrastrutture sociali, la sanità, il turismo, e quote più basse proprio nelle missioni dove sono concentrate metà delle risorse economiche del PNRR, digitalizzazione e rivoluzione verde, con la conseguenza di far venire meno l'obiettivo del Piano di incrementare l'inclusione sociale, stimolando l'occupazione femminile, giovanile e delle persone con disabilità,

impegna il Governo

a riconsiderare l'opportunità della misura di cui in premessa al fine di assicurare il rispetto dei meccanismi di tutela previsti per alcune categorie di beneficiari del PNRR, tra cui donne, giovani e persone con disabilità, nonché il raggiungimento di obiettivi trasversali, come l'inclusione sociale e la sostenibilità economica, sociale e ambientale degli interventi, vigilando sul rispetto di tali vincoli da parte dei bandi di gara e stimolando a tal fine l'occupazione femminile, giovanile e delle persone con disabilità.
9/1752-A/50. Baldino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza procede a rilento;

    l'Ufficio parlamentare di bilancio nell'ambito dell'esame dell'atto n. 182 «Affare assegnato concernente la relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)», ha rilevato che, al 26 novembre 2023, sono stati spesi 28,1 miliardi di euro, pari a circa il 14,7 per cento del totale delle risorse PNRR assegnate all'Italia;

    tuttavia, mentre nel periodo compreso tra il 2020 e il 2022 la spesa effettuata è stata in linea con quella prevista, nel 2023 sono stati spesi dall'Italia soltanto 2,5 miliardi di euro di fondi PNRR, pari al 7,4 per cento del totale delle risorse programmate, determinando un ritardo che dovrà essere recuperato nei prossimi tre anni per mantenere il diritto a ottenere i finanziamenti previsti;

    secondo l'Upb, le ragioni dei ritardi si riscontrano principalmente in fase di progettazione esecutiva e nell'assegnazione. I comuni rappresentano i soggetti attuatori maggiormente coinvolti nell'ambito di tutte le Missioni (fatta eccezione per le Missioni 3 e 6);

    soltanto Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, presentano una quota dei progetti aggiudicati superiore al 23 per cento sul valore totale dei progetti assegnati, mentre la media nazionale si attesta al 19 per cento;

    le difficoltà attengono alle fasi di preparazione e di svolgimento delle gare, a fortiori da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni, ma anche all'estrema frammentazione del Piano a livello locale e all'atavica carenza di personale;

    i dati sopra elencati certificano la necessità di potenziare le pubbliche amministrazioni e, segnatamente, le strutture amministrative preposte all'attuazione del PNRR,

impegna il Governo

a introdurre ulteriori misure, anche di carattere normativo, destinate a rafforzare la capacità amministrativa degli enti locali delle regioni aventi le quote minori relative ai progetti aggiudicati del PNRR, ivi compresa l'assunzione di nuovo personale con contratti di lavoro a tempo indeterminato, con l'obiettivo di consentire di recuperare il ritardo maturato nell'attuazione dei progetti programmati.
9/1752-A/51. Pavanelli.


   La Camera,

   premesso che:

    in particolare, l'articolo 33 interviene sulle disposizioni di cui l'articolo 1, comma 29 e seguenti, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, modificando la disciplina in materia di investimenti infrastrutturali dei comuni, le cosiddette «piccole opere», con l'obiettivo di eliminare i riferimenti al PNRR in virtù dello stralcio di tali in vestimenti dal novero delle misure finanziate dal Piano; di riformare le disposizioni sul monitoraggio; di fissare nuovi termini per l'aggiudicazione dei lavori nonché il termine unico del 31 dicembre 2025 per la conclusione degli stessi; di modificare le modalità di erogazione dei contributi da parte del Ministero dell'interno al comune beneficiario nonché di disciplinare le procedure di revoca di quelli assegnati in caso di mancato rispetto dei termini previsti;

    le strade sono l'arteria vitale dei territori e la manutenzione straordinaria delle medesime risulta cruciale per preservarne, ripristinarne o migliorarne la qualità nonché per garantire la sicurezza e l'efficienza della viabilità e della circolazione nel tempo;

    soprattutto per gli enti locali del Mezzogiorno d'Italia e delle isole avere risorse da destinare alla messa in sicurezza e alla manutenzione straordinaria delle strade comunali significa valorizzare gli asset infrastrutturali esistenti attraverso una logica non orientata all'intervento episodico o emergenziale bensì su una programmazione volta a prevenire le criticità di sicurezza, funzionalità o comfort della rete stradale comunale;

    poter programmare la manutenzione stradale, infatti, significa fornire concreti benefici diretti sia agli utenti della strada, in termini di maggior continuità e qualità dei servizi, sia alla collettività, in termini di contenimento dei costi complessivi di intervento, nonché indiretti, per il Paese, in termini di valorizzazione e riqualificazione del patrimonio stradale del Mezzogiorno e delle isole, oggi mediamente in fase avanzata del suo ciclo di vita,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere i contributi per investimenti destinati ad opere pubbliche di cui all'articolo 1, comma 29, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, agli interventi per la messa in sicurezza e la manutenzione straordinaria delle strade comunali, attraverso l'assegnazione prioritaria delle risorse agli enti locali del Mezzogiorno e delle isole, al fine di garantire nei predetti territori una maggior funzionalità ed efficienza della rete infrastrutturale, anche in termini di riduzione dell'impatto ambientale connesso a una corretta manutenzione stradale.
9/1752-A/52. Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure volte a garantire l'attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza scongiurandone lo sforamento del cronoprogramma, anche attraverso il «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni che ne sono titolari;

    si tratta, in proposito, del quarto di questa tipologia di provvedimenti d'urgenza, qualificati, come ricordato dal Comitato per la legislazione, «provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 244 del 2016) per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo»; al tempo stesso però la medesima Corte, nella sentenza n. 247 del 2019, ha sollevato perplessità sul ricorso ad un'altra ratio unitaria dai contorni estremamente ampi, la «materia finanziaria» in quanto essa si «riempie dei contenuti definitori più vari»; in proposito, andrebbe approfondito se tali considerazioni non possano valere anche per la finalità sopra individuata del «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni titolari di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza; ciò premesso, potrebbe essere oggetto di approfondimento la riconducibilità alle finalità sopra descritte dell'articolo 8, comma 23 (interventi relativi alla società Autostrada Pedemontana Lombarda Spa), dell'articolo 9, comma 5 (risorse per l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina); dell'articolo 12, commi 12 e 13 (semplificazione di regimi amministrativi in materia di impresa artigiana); dell'articolo 20, commi da 3 a 5 (assetto societario della società PagoPA); dell'articolo 22, commi 5, 6, 7 (albo dei periti presso il tribunale), dell'articolo 29, commi da 15 a 18 (esonero contributivo per lavoro domestico), e dell'articolo 32, comma 2 (realizzazione delle strutture di accoglienza di migranti in Albania);

    il provvedimento reca numerose disposizioni in tema di personale pubblico, in particolare in termini di deroghe, requisiti, procedure selettive e stabilizzazioni ai fini del rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni;

    ai fini del medesimo obiettivo,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, ad adottare ogni iniziativa utile, anche legislativa, al fine di estendere anche ai comuni la possibilità di valorizzare la professionalità acquisita dal personale assunto a tempo determinato per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, la possibilità di procedere, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica, alla stabilizzazione nei propri ruoli del medesimo personale nella qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine, previo colloquio e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta.
9/1752-A/53. Auriemma.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12 del provvedimento in esame interviene con misure di semplificazione in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e in materia di procedimenti amministrativi. In particolare, prevede che, in relazione agli interventi non più ricompresi nel PNRR, connotati da un avanzato livello di progettazione, per i quali siano già state indette le relative procedure di gara, è consentita l'applicazione della disciplina acceleratoria e semplificata già prevista dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, dal decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, e delle altre disposizioni legislative relative agli interventi finanziati con le risorse del PNRR. Sempre in relazione agli interventi definanziati, continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso le disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, e, più in generale, le ulteriori specifiche disposizioni legislative finalizzate ad agevolare il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal PNRR;

   considerato che:

    l'introduzione nell'ordinamento di un tertium genus all'interno del quale sono ricomprese fattispecie che hanno perso la condizionalità e il vincolo, anche temporale, che caratterizza gli interventi previsti dal PNRR ma che continuano a beneficiare del medesimo regime di favore e derogatorio previsto per i progetti ancora finanziati dal Piano, per quanto supportata dall'esigenza di garantire continuità e coerenza alla disciplina vigente, al fine di preservare il legittimo affidamento di terzi e la tempestiva conclusione degli interventi, rischia tuttavia di generare stratificazioni e incertezze normative che, in sede applicativa, si risolvono in un aggravamento dell'attività amministrativa e, contestualmente, nel venir meno delle necessarie garanzie di certezza del diritto e di trasparenza;

    ad esprimersi in merito ai contenuti della norma citata è intervenuta anche l'ANAC che ha messo in luce come la previsione di discipline differenziate in materia di appalti sia disfunzionale e tale da generare rallentamenti e ritardi da parte delle amministrazioni committenti che si trovino a gestire contemporaneamente più regimi normativi, producendo dunque l'effetto opposto a quello auspicato;

    occorre uscire dallo schema delle deroghe al regime ordinario degli appalti rafforzando gli strumenti già a disposizione, come il fascicolo virtuale dell'operatore economico, basato sull'interoperabilità dei dati e sul principio del once only, e la complessiva digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, in grado di garantire maggior efficienza, semplificazione e accelerazione delle procedure di gara,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta a limitare l'ambito di applicazione delle disposizioni in deroga previste dal citato articolo 12 del provvedimento in esame ai soli casi in cui lo stato di avanzamento della progettazione e gli impegni contrattuali assunti siano effettivamente tali da non consentire l'applicazione del regime ordinario senza pregiudizio per gli interessi di terzi;

   a potenziare gli strumenti di digitalizzazione previsti dal Codice dei contratti pubblici, quali il Fascicolo virtuale dell'operatore economico (FVOE) e il Building Information Modeling (BIM), al fine di renderli applicabili anche per gli appalti PNRR.
9/1752-A/54. Santillo, Dell'Olio, Ilaria Fontana.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca misure volte a garantire l'attuazione degli interventi del PNRR scongiurandone lo sforamento del cronoprogramma, anche attraverso il «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni che ne sono titolari;

    si tratta, in proposito, del quarto di questa tipologia di provvedimenti d'urgenza, qualificati, come ricordato dal Comitato per la legislazione, «provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 244 del 2016) per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo»; al tempo stesso però la medesima Corte, nella sentenza n. 247 del 2019, ha sollevato perplessità sul ricorso ad un'altra ratio unitaria dai contorni estremamente ampi, la «materia finanziaria» in quanto essa si «riempie dei contenuti definitori più vari»; in proposito, andrebbe approfondito se tali considerazioni non possano valere anche per la finalità sopra individuata del «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni titolari di interventi del PNRR; ciò premesso, potrebbe essere oggetto di approfondimento la riconducibilità alle finalità sopra descritte dell'articolo 8, comma 23 (interventi relativi alla società Autostrada Pedemontana Lombarda Spa), dell'articolo 9, comma 5 (risorse per l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina); dell'articolo 12, commi 12 e 13 (semplificazione di regimi amministrativi in materia di impresa artigiana); dell'articolo 20, commi da 3 a 5 (assetto societario della società PagoPA); dell'articolo 22, commi 5, 6, 7 (albo dei periti presso il tribunale), dell'articolo 29, commi da 15 a 18 (esonero contributivo per lavoro domestico), e dell'articolo 32, comma 2 (realizzazione delle strutture di accoglienza di migranti in Albania);

    preme al firmatario segnalare che l'articolo 1 del provvedimento in esame detta disposizioni per la realizzazione degli investimenti non più finanziati con le risorse del PNRR e in materia di revisione del PNC (Piano per gli investimenti complementari al PNRR); in particolare, le predette disposizioni conseguono agli effetti finanziari netti derivanti dalla revisione del PNRR adottata con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023;

    per effetto delle predette modifiche apportate al PNRR, la dotazione complessiva del Piano è passata da 191,5 miliardi di euro a 194,41 miliardi di euro (di cui 122,6 miliardi di prestiti e 71,8 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto);

    le modifiche apportate al PNRR non si sono, tuttavia, limitate a programmare le risorse aggiuntive assegnate all'Italia, ma hanno inciso in maniera più ampia sui contenuti del Piano, ridefinendone il quadro finanziario interno, con conseguente necessità di rimodulazione e integrazione delle risorse a suo tempo attivate a livello nazionale per assicurare l'attuazione del PNRR;

    con il provvedimento all'esame vengono rimodulate risorse per gli investimenti in sanità per oltre 1,8 miliardi di euro, di cui 1,2 che la norma pone a carico dei fondi di cui all'articolo 20 già destinati alle regioni e si sottraggono risorse all'investimento contenuto su PNC relativo a «Salute, ambiente, biodiversità e clima» di 34,7 milioni nel 2024 (confronta articolo 1, comma 8, lettera a), n. 16);

    l'investimento al quale vengono sottratte risorse mira a far fronte efficacemente ai rischi storici ed emergenti sulla salute dei cambiamenti ambientali e climatici nell'ambito del nuovo assetto di prevenzione collettiva e sanità pubblica promosso dal PNRR ed è collegato all'istituzione del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS), in linea con l'approccio «One health» o «Planetary health»;

    l'investimento rientra tra i programmi finanziati con il Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR ed ha la finalità di rafforzare la capacità, l'efficacia, la resilienza e l'equità del Paese nell'affrontare gli impatti sanitari, presenti e futuri, associati ai rischi ambientali e climatici, attraverso azioni sinergiche quali:

     rafforzamento complessivo delle strutture e dei servizi di SNPS-SNPA (Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici – Sistema nazionale di protezione dell'ambiente) a livello nazionale, regionale e locale, migliorando le infrastrutture, le capacità umane e tecnologiche e la ricerca applicata;

     sviluppo e implementazione di specifici programmi operativi pilota per la definizione di modelli di intervento integrato salute-ambiente-clima in 2 siti contaminati selezionati di interesse nazionale;

     programma nazionale di formazione continua in salute-ambiente-clima anche di livello universitario;

     promozione e finanziamento di ricerca applicata con approcci multidisciplinari in specifiche aree di intervento salute-ambiente-clima;

     piattaforma di rete digitale nazionale SNPA-SNPS,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, ad adottare le iniziative, anche legislative, al fine di recuperare le risorse e gli investimenti indicati in premessa, necessari al fine di affrontare e combattere efficacemente i rischi storici ed emergenti derivanti dai cambiamenti ambientali e climatici nell'ambito del nuovo assetto di prevenzione collettiva e di sanità pubblica.
9/1752-A/55. Alfonso Colucci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca misure volte a garantire l'attuazione degli interventi del PNRR scongiurandone lo sforamento del cronoprogramma, anche attraverso il «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni che ne sono titolari;

    si tratta, in proposito, del quarto di questa tipologia di provvedimenti d'urgenza, qualificati, come ricordato dal Comitato per la legislazione, «provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 244 del 2016) per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo»; al tempo stesso però la medesima Corte, nella sentenza n. 247 del 2019, ha sollevato perplessità sul ricorso ad un'altra ratio unitaria dai contorni estremamente ampi, la «materia finanziaria» in quanto essa si «riempie dei contenuti definitori più vari»; in proposito, andrebbe approfondito se tali considerazioni non possano valere anche per la finalità sopra individuata del «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni titolari di interventi del PNRR; ciò premesso, potrebbe essere oggetto di approfondimento la riconducibilità alle finalità sopra descritte dell'articolo 8, comma 23 (interventi relativi alla società Autostrada Pedemontana Lombarda Spa), dell'articolo 9, comma 5 (risorse per l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina); dell'articolo 12, commi 12 e 13 (semplificazione di regimi amministrativi in materia di impresa artigiana); dell'articolo 20, commi da 3 a 5 (assetto societario della società PagoPA); dell'articolo 22, commi 5, 6, 7 (albo dei periti presso il tribunale), dell'articolo 29, commi da 15 a 18 (esonero contributivo per lavoro domestico), e dell'articolo 32, comma 2 (realizzazione delle strutture di accoglienza di migranti in Albania);

    in proposito preme al firmatario segnalare all'articolo 10, inerente alla riorganizzazione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, il comma 4 – ad avviso del firmatario un atto puramente emulativo in senso giuridico – il quale dispone che al Presidente e ai componenti del CNEL, non si applica il divieto di incarichi dirigenziali, direttivi, di consulenza e di studio a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza e, quando lo consente, lo consente per un solo anno e gratuitamente;

    non poche norme, quella in commento, unitamente ad altre introdotte o prorogate di recente – quali la permanenza in servizio al raggiungimento dell'anzianità di servizio, l'accensione di contratti a tempo determinato di durata anche superiore ai 36 mesi in deroga alla disciplina vigente, quest'ultima, oltre ad alimentare il precariato ci espone ad infrazioni in sede europea – non appaiono le soluzioni ideali per sopperire alle annose criticità in cui versano le pubbliche amministrazioni, né esse appaiono soddisfare i principi di efficacia, efficienza ed economicità,

impegna il Governo:

   ferme restando le prerogative parlamentari:

    ad adottare ogni iniziativa utile, anche legislativa, affinché le amministrazioni pubbliche che si trovino in carenza di organico, con priorità rispetto ad altre modalità di assunzione, procedano allo scorrimento delle graduatorie di concorsi pubblici anche banditi da altre amministrazioni pubbliche fino a completamento delle dotazioni organiche o delle assunzioni previste nell'ambito dei rispettivi Piani integrati per l'attività e l'organizzazione (PIAO) nell'ambito delle stesse aree di inquadramento giuridico per le quali si siano evidenziate le carenze di organico e nella medesima area territoriale di competenza;

    a prescindere dalla sua onerosità, integrale o parziale che sia, a valutare gli effetti della norma di cui all'articolo 10, comma 4, e a rivederla, a fronte della disciplina generale vigente in materia e, in particolare, sulla base della sua replicabilità, del suo potenziale effetto emulativo.
9/1752-A/56. Penza.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame prevede disposizioni volte ad assicurare il conseguimento degli obiettivi della Missione 5, Componente 2, Investimento 2.2 del PNRR relativa al superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura;

    in particolare, l'articolo 7 prevede la nomina di un Commissario straordinario che opera presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e provvede all'espletamento dei propri compiti e delle proprie funzioni con tutti i poteri e secondo la modalità previste dall'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, in raccordo con l'Unità di missione per l'attuazione degli interventi del PNRR del citato Ministero, nonché con la Struttura di missione PNRR di cui all'articolo 2 del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41;

    il Commissario, segnatamente, ha il compito di adottare tutti gli atti necessari per l'esecuzione dei progetti, coordinando le varie amministrazioni coinvolte e operando in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, nel rispetto di alcuni principi e vincoli;

    viene, altresì, prevista la creazione di una struttura di supporto al Commissario, alle sue dirette dipendenze, composta da massimo di 12 unità di personale, e che opera sino alla data di cessazione dell'incarico del Commissario straordinario;

    occorre prevedere una soluzione strutturale e, in particolare, idonea a finanziare anche la fase prodromica all'attuazione dei progetti del PNRR, stanziando delle risorse specifiche in un fondo per l'assunzione di personale tecnico alle dirette dipendenze delle prefetture proprio per il reclutamento di personale tecnico per progetti PNRR di superamento degli insediamenti illegali, ovvero contro il caporalato in agricoltura;

    ci si riferisce, nello specifico, alle attività di preparazione e alle assunzioni delle professionalità soprattutto tecniche (ingegneri, mediatori culturali, ecc.) di cui hanno bisogno i Prefetti anche nella fase preliminare e prima della vera e propria attuazione del progetto PNRR, al fine di attuare concretamente il progetto della gestione e del superamento di questi insediamenti illegali già esistenti e fortemente problematici;

    attualmente la gestione di tali insediamenti viene effettuata da parte dei Prefetti nominati commissari straordinari con la dotazione di uomini e risorse in essere sul territorio di competenza, di appartenenza ad istituzioni diverse dalla Prefettura (ingegneri del Genio Civile, vigili del Fuoco, Forze dell'Ordine territoriali);

    appare opportuno segnalare, in questa sede, il caso relativo al gran Ghetto di Rignano a San Severo (FG), destinatario di un finanziamento con fondi PNRR di circa 28 milioni di euro, ovvero la cosiddetta «pista di Borgo Mezzanone» a Foggia, destinataria di un finanziamento con fondi PNRR di oltre 53 milioni di euro;

    la istituzione di tale Fondo consentirebbe ai Prefetti di sostenere, tramite le risorse finanziarie a questo destinate, le attività di preparazione e le assunzioni a tempo determinato delle professionalità soprattutto tecniche (ingegneri, mediatori culturali, ecc.) necessarie anche nella fase preliminare e prima della vera e propria attuazione del progetto PNRR,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire un fondo specifico presso il Ministero dell'interno per l'assunzione a tempo determinato di personale tecnico, non solo per la fase attuativa, ma anche per quella preliminare, relativa ai progetti PNRR di superamento degli insediamenti illegali, così da contrastare lo sfruttamento del lavoro in agricoltura.
9/1752-A/57. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 22, comma 1, lettera a), modifica le condizioni per l'ammissione al bando di concorso per il reclutamento di addetti all'ufficio per il processo, prevedendo, altresì, che il servizio prestato costituisca titolo di preferenza nei concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato;

    l'articolo 22, comma 1, lettera a), interviene sull'articolo 11 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, in materia di addetti all'ufficio per il processo (UPP). L'articolo 11 del citato decreto-legge n. 80 del 2021 è volto a realizzare quanto specificamente previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e in particolare a favorire la piena operatività delle strutture dell'ufficio per il processo, sia nell'ambito della giustizia ordinaria che in quello della giustizia amministrativa;

    tuttavia, l'atto in esame difetta di qualsivoglia previsione in merito al rafforzamento della pianta organica della magistratura ordinaria, impedendo – tra l'altro – la piena attuazione del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'articolo 111 della Costituzione, posto che appare evidente come il vero e unico antidoto alla lentezza dei processi sia costituito dall'incremento delle risorse umane, per rafforzare l'organico della magistratura e consentire di smaltire l'annoso problema dell'arretrato degli uffici giudiziari;

    appare opportuno ricordare in questa sede come ai fini dell'attuazione degli obiettivi del PNRR, l'Italia si è impegnata a ridurre la durata dei processi del 40 per cento nel civile e del 25 per cento nel penale, entro giugno 2026;

    inoltre, il disegno di legge già approvato al Senato e attualmente in esame alla Camera (A.C. 1718) recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare» ha introdotto la collegialità nell'applicazione della misura della custodia in carcere o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva, e pertanto, comporterà un ulteriore aggravio delle competenze dei singoli magistrati, che richiederebbe già di per sé, un incremento considerevole della pianta organica;

    sebbene sia stato previsto, per un adeguato rafforzamento dell'organico, che tali norme si applichino decorsi 2 anni dall'entrata in vigore della legge e l'aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado, l'incremento di 250 unità – infatti – non appare sufficiente a sopportare il carico di lavoro degli organi giudicanti, considerando, altresì, l'ingente quantità di arretrato, cui ancora non si è potuto far fronte, specie in grado di appello;

    anche la legge di bilancio di recente approvazione ha sostanzialmente confermato come la effettiva velocizzazione dei processi, soprattutto civili non appaiono una priorità del Governo in carica: in particolare, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026, conteneva solo una norma in materia di giustizia, l'articolo 67, che ha istituito un fondo per la magistratura onoraria, al fine di dare attuazione alla riforma della medesima. Ma, nonostante le esigue modifiche apportate in sede emendativa, il Governo in carica ha dimostrato di non voler incidere concretamente sullo smaltimento dell'arretrato e sulla riduzione del disposition time visto che non sono state stanziate risorse a favore di assunzioni straordinarie nella magistratura ordinaria;

    una parte non indifferente della progettualità richiesta per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici e il contenimento in termini fisiologici della durata media dei procedimenti passa per la disponibilità di adeguate risorse umane,

impegna il Governo

a stanziare ulteriori risorse per consentire l'ampliamento della pianta organica della magistratura di 1.000 unità, al fine di avvicinare il rapporto magistrati-cittadini dagli attuali 11 ogni 100.000 abitanti alla media europea di 22.
9/1752-A/58. Cafiero De Raho, D'Orso, Ascari, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, all'articolo 1 (commi da 2 a 4) disciplina la procedura per la verifica dei costi di realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC);

    si ricordi che il Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) è stato istituito al fine di integrare, con risorse nazionali, gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per complessivi 30,6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026;

    il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ha ripartito le risorse tra i Ministeri competenti, individuando 30 programmi, dei quali 24 sono finanziati esclusivamente dal PNC, mentre 6 sono ricompresi anche nel PNRR e risultano pertanto cofinanziati con risorse aggiuntive; tra questi vi è anche quello relativo alla costruzione e miglioramento padiglioni e spazi strutture penitenziarie per adulti e minori;

    il comma 10, tuttavia, reca l'abrogazione di alcune disposizioni legislative di spesa che prevedevano l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027, al fine di reintegrare la disponibilità del Fondo. Nel dettaglio, l'articolo 2, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 59 del 2021 destinava – previa delibera del CIPESS – 700 milioni di risorse del FSC 2021-2027 al finanziamento di investimenti nei seguenti settori: Interventi infrastrutturali per evitare il sovraffollamento carcerario;

    desta preoccupazione sia la circostanza che l'atto in esame preveda l'abrogazione di norme proprio relative agli strumenti per gestire l'emergenza carceraria, sia che il provvedimento in esame difetti di qualsivoglia previsione relativa alle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza;

    l'attuale situazione dei suicidi in carcere desta notevole preoccupazione: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora;

    solo dall'inizio del 2024 si registrano già 29 suicidi, uno ogni due giorni e mezzo. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, sarà destinato solo ad aumentare;

    il Ministro della giustizia Carlo Nordio ha firmato di recente un decreto con cui sono stati stanziati 5 milioni di euro per il potenziamento dei servizi trattamentali. L'aumento dei fondi, tuttavia, non porterà però ad un reale potenziamento dell'assistenza offerta ai detenuti. Lo scorso febbraio erano stati, infatti, aumentati i compensi orari degli esperti psicologi: se non fosse intervenuto l'adeguamento delle risorse, il servizio sarebbe stato di fatto dimezzato;

    pertanto, tale intervento non appare ai firmatari del presente atto sufficiente a contenere l'emergenza in corso, in quanto appare piuttosto uno strumento per tamponare una falla aperta a inizio anno, considerando la previsione di un aumento della sola tariffa oraria, ma non anche del bilancio complessivo delle ore;

    si consideri, tra l'altro, quanto era stato precedentemente annunciato dal direttore del Dap, Giovanni Russo, in una audizione parlamentare, a metà febbraio, relativamente alla volontà del Governo di tagliare del 42 per cento le ore di assistenza psicologica;

    per quel che riguarda le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, si consideri preliminarmente come, secondo quanto riportato testualmente dal sito del Ministero della giustizia, le REMS hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) aboliti nel 2013 e chiusi definitivamente il 31 marzo 2015, anche se l'internamento nelle nuove strutture ha carattere transitorio ed eccezionale in quanto applicabile «solo nei casi in cui sono acquisiti elementi dai quali risulti che è la sola misura idonea ad assicurare cure adeguate ed a fare fronte alla pericolosità sociale dell'infermo o seminfermo di mente»;

    la gestione della residenza e delle sue attività è di esclusiva competenza della Sanità, mentre le attività di sicurezza e di vigilanza esterna nonché l'accompagnamento dei pazienti in ospedali o ad altre sedi sono svolte, tramite specifico accordo, d'intesa con le prefetture. Con l'autorità prefettizia vanno concordati anche gli interventi delle forze dell'ordine competenti per territorio, nelle situazioni di emergenza e di sicurezza;

    tuttavia ad oggi, le strutture sanitarie destinate a ospitare pazienti che soffrono di disturbi psichiatrici o di personalità che potenzialmente li rendono pericolosi per sé stessi o per gli altri sono poche rispetto alle esigenze reali e, spesso, i soggetti in oggetto risultano detenuti negli istituti penitenziari, mettendo a rischio l'incolumità propria ed anche del personale, delle forze dell'ordine e degli altri detenuti;

    circa il 15 per cento della popolazione carceraria è affetta da turbe psichiche che rendono incompatibile la loro detenzione;

    i fondi previsti per gli psicologi e gli psichiatri sono totalmente insufficienti e non permettono, in media e non in tutti gli istituti, più di un'ora a settimana di terapia,

impegna il Governo

al fine di rafforzare le funzioni terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative in favore di soggetti affetti da patologie psichiatriche, a prevedere, con il primo provvedimento utile, lo stanziamento di ulteriori risorse per implementare la capienza e il numero delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, così da scongiurare il rischio che i soggetti che, necessitando di supporto sanitario, siano invece destinati a scontare la pena all'interno di non idonei istituti penitenziari, compiano gesti estremi, mettendo in pericolo altresì l'incolumità del personale penitenziario; nonché intervenire destinando risorse a favore di enti o comunità di recupero per tossicodipendenti.
9/1752-A/59. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, all'articolo 1 (commi da 2 a 4), disciplina la procedura per la verifica dei costi di realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC);

    il Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) è stato istituito al fine di integrare, con risorse nazionali, gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per complessivi 30,6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026;

    Il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ha ripartito le risorse tra i Ministeri competenti, individuando 30 programmi, dei quali 24 sono finanziati esclusivamente dal PNC, mentre 6 sono ricompresi anche nel PNRR e risultano pertanto cofinanziati con risorse aggiuntive;

    tra questi vi è anche quello relativo alla costruzione e miglioramento di padiglioni e spazi di strutture penitenziarie per adulti e minori;

    Il comma 10, tuttavia, reca l'abrogazione di alcune disposizioni legislative di spesa che prevedevano l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027, al fine di reintegrare la disponibilità del Fondo. Nel dettaglio, l'articolo 2, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 59 del 2021 destinava – previa delibera del CIPESS – 700 milioni di euro di risorse del FSC 2021-2027 al finanziamento di investimenti nei seguenti settori: Interventi infrastrutturali per evitare il sovraffollamento carcerario;

    desta preoccupazione ai sottoscrittori del presente atto sia la circostanza che il provvedimento in esame preveda l'abrogazione di norme proprio relative agli strumenti per gestire l'emergenza carceraria, sia che difetti di destinare ulteriori risorse a favore dell'attività trattamentale nelle carceri;

    uno dei fondamentali principi del nostro ordinamento penale risiede nel principio rieducativo della pena sancito all'articolo 27 comma 3, della Costituzione, secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato;

    la legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, stabilisce, a sua volta, che il trattamento penitenziario dei condannati e degli internati ha carattere rieducativo e che tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale, anche attraverso attività sperimentali mirate a promuovere e a diffondere metodologie nuove nel contesto nazionale, prevedendo, altresì, che la comunità locale partecipi all'azione rieducativa svolta nei confronti degli stessi;

    il Ministro della giustizia Carlo Nordio ha firmato di recente un decreto con cui sono stati stanziati 5 milioni di euro per il potenziamento dei servizi trattamentali;

    l'aumento dei fondi, tuttavia, non porterà però ad un reale potenziamento dell'assistenza offerta ai detenuti. Lo scorso febbraio erano stati, infatti, aumentati i compensi orari degli esperti psicologi, pertanto, se non fosse intervenuto l'adeguamento delle relative risorse, il servizio sarebbe stato di fatto dimezzato;

    pertanto, tale intervento non appare agli scriventi sufficiente a contenere l'emergenza in corso, in quanto appare piuttosto uno strumento per tamponare una falla aperta a inizio anno, considerando la previsione di un aumento della sola tariffa oraria, ma non anche del bilancio complessivo delle ore;

    si consideri che lo stesso ordinamento penitenziario (articoli 74-77 della legge 26 luglio 1975, n. 354) prevede già uno strumento rimasto inattuato. Da quasi 50 anni, invero, è in vigore una norma per favorire il reinserimento dei detenuti e per sostenere le vittime di gravi reati, attraverso la previsione di un apposito organismo, il Consiglio di aiuto sociale, istituito in ogni Tribunale, e costituito da rappresentanti di istituzioni, Chiesa e volontariato;

    tali Consigli sono presieduti dal Presidente del locale tribunale, e composti da funzionari ministeriali, medici, rappresentanti di categorie professionali, con il compito di facilitare il reinserimento sociale dei detenuti. Lo stesso Ministro Nordio ha ammesso che tali Consigli non sono mai stati attivati;

    sarebbero opportuni interventi strutturali per gestire l'emergenza carceraria dilagante: occorre garantire una disponibilità maggiore di attività, che siano lavorative, formative, culturali, così come occorre prevedere il trasferimento in strutture dedicate di tutte quelle persone che non sarebbero dovute entrare in contatto con l'ambiente carcerario sin dall'inizio, a partire dai tossicodipendenti e dai malati psichiatrici;

    tra le attività finalizzate al reinserimento sociale dei detenuti, un ruolo significativo è ricoperto dal teatro in carcere, sia nell'area penale per adulti sia in quella minorile, con scopi e metodologie molto diversi tra loro: tale finalità, peraltro, è stata riconosciuta anche dal Ministero della giustizia, che ha definito il teatro in carcere come «una pratica formativa non tradizionale, che aiuta la riscoperta delle capacità e delle sensibilità personali, ma anche una modalità di espressione positiva di emozioni negative o angoscianti», dal momento che «l'esperienza del gruppo teatrale consente di sperimentare ruoli e dinamiche diversi da quelli propri della detenzione, sostituendo i meccanismi relazionali basati sulla forza, sul controllo e sulla sfida con quelli legati alla collaborazione, allo scambio e alla condivisione»;

    è ormai riconosciuto che le attività teatrali negli istituti penitenziari hanno non solo un carattere trattamentale nei confronti dei detenuti, ma anche un'importante funzione di collegamento con la società, nella creazione di rapporti che consentano un miglioramento delle condizioni di vita e il superamento dei pregiudizi non solo dei detenuti ma di tutto il personale coinvolto;

    anche l'attività sportiva rientra nel novero delle attività trattamentali fondamentali per il recupero sociale e psicologico dei soggetti ristretti. Invero, è di recente sottoscrizione un protocollo di intesa tra il Ministero della giustizia, il Ministero per lo sport e i giovani, e il Ministero della cultura per iniziative comuni volte a incentivare l'attività motoria e sportiva e promuovere uno stile di vita attivo nella quotidianità carceraria;

    tuttavia, il progetto sarà attuato senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, pertanto senza la destinazione all'uopo di specifiche ed adeguate risorse,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, anche di carattere normativo volte a garantire – attraverso adeguate e strutturali forme di finanziamento – la promozione e il sostegno di tutte le attività trattamentali, con particolare riguardo alle attività teatrali negli istituti penitenziari, finalizzate al recupero e al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, per un loro reingresso nella società civile, attraverso la promozione di percorsi formativi e culturali che favoriscano l'acquisizione di nuove competenze nell'ambito dei diversi mestieri;

   a prevedere la destinazione di ulteriori risorse finalizzate alla stipula di protocolli e convenzioni con soggetti privati per favorire il lavoro con i soggetti detenuti sia durante l'esecuzione della pena, che una volta tornati in libertà; nonché garantire la piena attuazione degli articoli 74-77 della legge sull'ordinamento penitenziario che ha istituito il cosiddetto Consiglio di aiuto sociale, al fine di favorire concretamente il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti, nel pieno rispetto del principio di rieducazione della pena sancito dalla nostra Costituzione.
9/1752-A/60. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14, comma 12, modifica il comma 4-bis.2 dell'articolo 21 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, relativo ai contratti per gli incarichi temporanei di personale ausiliario a tempo determinato nell'ambito degli organici PNRR e Agenda Sud, chiarendo che, in caso di rinuncia all'incarico, le istituzioni scolastiche possono attingere alle graduatorie di istituto;

    ai sensi dell'articolo 21, commi 4-bis e 4-bis.1 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, le istituzioni scolastiche impegnate nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) possono assumere personale amministrativo, tecnico e ausiliario aggiuntivo assunto con incarichi temporanei, inizialmente previsti fino al 31 dicembre 2023;

    successivamente, l'articolo 20-bis del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2023, n. 191, ha disposto una proroga per i contratti relativi all'assunzione di 3.166 assistenti tecnici e amministrativi fino al 30 giugno 2026, essendo gli oneri di spesa coperti a valere su risorse del PNRR, mentre per quanto concerne i collaboratori scolastici, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 326 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, gli incarichi sono stati prorogati fino al 15 aprile 2024;

    nonostante la disparità di trattamento e le numerose criticità emerse nella fase attuativa delle disposizioni, gli assistenti tecnici e amministrativi hanno trovato, seppur con notevole ritardo, una tutela rispetto all'effettiva disponibilità delle risorse da parte delle istituzioni scolastiche all'interno del provvedimento in esame, ai sensi dell'articolo 11, lettera b);

    invero, per quanto concerne i collaboratori scolastici, nonostante gli annunci, non c'è stata nessuna proroga dei loro contratti sino al termine delle lezioni (30 giugno 2024), costringendo quasi 6.000 collaboratori scolastici che in questi mesi hanno contribuito al regolare funzionamento delle istituzioni scolastiche a rimanere a casa dopo la scadenza del proprio contratto e senza possibilità di programmare con certezza il proprio futuro;

    da tale quadro emerge non solo una chiara e ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori appartenenti alla stessa categoria, ma soprattutto la volontà di continuare a procedere tramite continue azioni frammentate e disomogenee, invece di attuare una volta per tutte una politica strutturale che miri a contrattualizzare queste figure professionali in maniera certa e permanente,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, iniziative volte a garantire la continuità contrattuale dei collaboratori scolastici assunti ai sensi dell'articolo 21, commi 4-bis e 4-bis.1, individuando le risorse necessarie affinché vengano prorogati i contratti in scadenza al 15 aprile 2024 sino al termine delle lezioni.
9/1752-A/61. Caso, Amato, Orrico.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 8, lettera a), prevede una riduzione di numerose autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (PNC) di cui all'articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59 convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, al Fondo per lo sviluppo e la coesione, ai Fondi per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e al Fondo per gli investimenti a favore dei comuni;

    tali modifiche riguardano la rimodulazione di diversi interventi già finanziati dal PNRR, i quali, a seguito del negoziato con la Commissione europea, sono stati rivisti sia in termini di obiettivi quantitativi (target) e relative scadenze, sia in termini di aumento o diminuzione delle risorse finanziarie ad essi assegnate, nonché il definanziamento integrale di alcuni interventi precedentemente inseriti nel Piano;

    in particolare, al numero 15) si interviene sul comma 2, lettera d), numero 1), dell'articolo 1 del citato decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, concernente il finanziamento del Piano di investimenti strategici sui siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali, che, nella previsione originaria, prevedeva uno stanziamento 265,1 milioni di euro per l'anno 2024, 260 milioni di euro per l'anno 2025 e 82,3 milioni di euro per l'anno 2026;

    la disposizione in esame, invece, sottrae dagli stanziamenti iniziali del Piano 135 milioni di euro per l'anno 2024 e 180 milioni di euro per l'anno 2025, al fine di finanziare altri investimenti depotenziati dalle modifiche avvenute per il PNRR;

    tale definanziamento appare tutt'altro che necessario, in quanto il Piano prevede interventi di rigenerazione integrata di recupero urbano, processi di riqualificazione culturale, interventi di restauro e recupero del patrimonio culturale in aree che richiedono interventi rilevanti, nonché interventi in ambiti paesaggistico/territoriali;

    inoltre, già la legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024) aveva riprogrammato le risorse del Piano, disponendo una riduzione dello stanziamento per l'annualità 2024 per un importo pari a 100 milioni di euro ed un incremento per l'anno 2025 e 2026 di 50 milioni per ciascuna annualità;

    questi definanziamenti e riprogrammazioni non possono che peggiorare il complesso quadro delle risorse finanziarie destinate alla tutela e alla conservazione del bene pubblico, per la quale l'Italia risulta agli ultimi posti per la percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura,

impegna il Governo

a reperire nel primo provvedimento utile le risorse dell'importo equivalente al definanziamento attuato ai sensi dell'articolo 1, comma 8, lettera a), numero 15, del provvedimento in esame al fine di garantire la continuità degli interventi del Piano di investimenti strategici finalizzati a riqualificare il patrimonio culturale nazionale.
9/1752-A/62. Orrico, Amato, Caso.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 8, prevede una riduzione di numerose autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (PNC) di cui all'articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, al Fondo per lo sviluppo e la coesione, ai Fondi per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e al Fondo per gli investimenti a favore dei comuni;

    tali modifiche si rendono necessarie per coprire gli oneri derivanti dalla rimodulazione di diversi interventi già finanziati dal PNRR, i quali, a seguito del negoziato con la Commissione europea, sono stati rivisti sia in termini di obiettivi quantitativi (target) e relative scadenze, sia in termini di aumento o diminuzione delle risorse finanziarie ad essi assegnate, a cui si aggiunge il definanziamento integrale di alcuni interventi precedentemente inseriti nel Piano;

    in particolare, alla lettera r) si interviene riducendo lo stanziamento di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026, 2027 e 2028, per un totale di 60 milioni di euro, dal Fondo unico per l'edilizia scolastica, di cui all'articolo 11, comma 4-sexies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;

    tale definanziamento appare tutt'altro che necessario, in quanto le infrastrutture scolastiche che ospitano studenti di ogni e ordine e grado su tutto il territorio nazionale risultano tra gli elementi fondamentali per garantire la continuità dei percorsi formativi e contrastare la dispersione scolastica;

    numerosi report e studi economici, tra cui quello della Banca d'Italia e il XXIII Report Ecosistema Scuola di Legambiente, mostrano come le scuole italiane continuino a essere in ritardo sulla riqualificazione edilizia, un elemento che va ad alimentare i divari territoriali che persistono tra le diverse aree del Paese;

    a titolo esemplificativo, gli edifici scolastici del Sud, insieme a quelli delle Isole e del Centro, hanno mediamente necessità di interventi urgenti per una scuola su due, a fronte delle scuole del Nord che ne necessitano solo nel 21,2 per cento dei casi;

    non a caso, i livelli di spesa pro capite risultano molto eterogenei sul territorio nazionale: secondo i dati elaborati dalla Banca d'Italia, le province autonome di Trento e Bolzano spendono in media ogni anno il quadruplo del valore nazionale mentre in regioni come la Campania, la Sicilia e la Puglia la spesa è stata inferiore al 40 per cento rispetto al dato italiano,

impegna il Governo

a reperire nel primo provvedimento utile le risorse dell'importo equivalente al definanziamento attuato ai sensi dell'articolo 1, comma 8, lettera r), del provvedimento in esame, al fine di accelerare gli interventi di riqualificazione edilizia delle istituzioni scolastiche e di eliminare i gap infrastrutturali territoriali, garantendo a tutti gli studenti strutture scolastiche sicure e dotate di tutti i servizi necessari.
9/1752-A/63. Amato, Caso, Orrico.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca misure volte a garantire l'attuazione degli interventi del PNRR scongiurandone lo sforamento del cronoprogramma, anche attraverso il «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni che ne sono titolari;

    si tratta, in proposito, del quarto di questa tipologia di provvedimenti d'urgenza, qualificati, come ricordato dal Comitato per la legislazione, «provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 244 del 2016) per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo»; al tempo stesso però la medesima Corte, nella sentenza n. 247 del 2019, ha sollevato perplessità sul ricorso ad un'altra ratio unitaria dai contorni estremamente ampi, la «materia finanziaria» in quanto essa si «riempie dei contenuti definitori più vari»; in proposito, andrebbe approfondito se tali considerazioni non possano valere anche per la finalità sopra individuata del «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni titolari di interventi del PNRR; ciò premesso, potrebbe essere oggetto di approfondimento la riconducibilità alle finalità sopra descritte dell'articolo 8, comma 23 (interventi relativi alla società Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.a.), dell'articolo 9, comma 5 (risorse per l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina); dell'articolo 12, commi 12 e 13 (semplificazione di regimi amministrativi in materia di impresa artigiana); dell'articolo 20, commi da 3 a 5 (assetto societario della società PagoPA); dell'articolo 22, commi 5, 6, 7 (albo dei periti presso il tribunale), dell'articolo 29, commi da 15 a 18 (esonero contributivo per lavoro domestico), e dell'articolo 32, comma 2 (realizzazione delle strutture di accoglienza di migranti in Albania);

    parimenti, infatti, il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni risulta essere ampio contenitore, idoneo a supportare deroghe e disposizioni estranee;

    preme alla firmataria del presente atto segnalare la nomina del Commissario straordinario per la valorizzazione e la rifunzionalizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata di cui all'articolo 6, cui sono assegnati i poteri quasi «assoluti» e del tutto derogatori, gli stessi previsti dall'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, nel caso di rispetto di cronoprogrammi;

    il Commissario in parola è chiamato alla realizzazione delle opere che sono state escluse dal PNRR e non è chiaro perché debba agire in spregio alle norme in materia ambientale, della sicurezza e dell'incolumità pubblica, dei beni culturali e dei piani urbanistici – tale assunto, risulta, altresì, in contrasto con uno dei pilastri e degli obiettivi primari del PNRR, vale a dire la transizione ecologica;

    è previsto, altresì, che il Commissario resti in carica fino al 31 dicembre 2029,

impegna il Governo

   ferme restando le prerogative parlamentari, a valutare gli effetti applicativi della disposizione indicata in premessa e ad adottare le opportune iniziative volte a prevedere:

    a) che i poteri del Commissario in parola siano compresi tra quelli di cui all'articolo 12, comma 5, primo periodo, del citato decreto-legge n. 77 del 2021 e resti fermo il rispetto delle norme in materia di sicurezza, di incolumità pubblica, di tutela ambientale e del Codice dei beni culturali e del paesaggio;

    b) che la permanenza in carica del Commissario in parola sia rinnovata annualmente sulla base di una valutazione dell'efficacia e del raggiungimento degli obiettivi del suo operato.
9/1752-A/64. Alifano.


   La Camera,

   premesso che:

    le numerose difficoltà sistemiche generali che presidiano alla riuscita e attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), tra cui, in particolare, il ritardo generalizzato registrato nell'attuazione delle iniziative di investimento e di riforma rispetto alle scadenze concordate a livello europeo e di quelle con valenza meramente nazionale, hanno spinto il Governo italiano ad avanzare l'ipotesi di richiesta di proroga della scadenza del Piano, considerato il conflitto russo-ucraino;

    il Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, in risposta alla richiesta italiana ha ribadito la rigidità della scadenza al 2026 del PNRR. In tale contesto il Commissario ha aggiunto, inoltre, che: «il metodo di finanziare in comune obiettivi comuni, anche quando Next Generation Eu sarà concluso, può essere utilizzato per altri obiettivi. E questa non è una discussione che avverrà fra quattro anni, ma è di queste settimane. Per esempio su quello che riguarda la difesa comune europea.», ribadendo in tale senso la priorità del tema;

   considerato che:

    l'inizio del 2024 ha visto, infatti, l'affermazione di una nuova tendenza in seno alle assemblee e all'agenda politica dell'Unione europea, con l'intento di fare della difesa europea una priorità politica nell'agenda dell'Unione, declinata in chiave di rafforzamento industriale: in particolare, con la Strategia europea per l'industria della difesa (EDIS), si intende aumentare notevolmente la capacità di produzione di armi e munizioni, incentivandone altresì la produzione e la cooperazione transfrontaliera. L'idea di difesa comune europea, così come emerge dalle azioni intraprese in Europa, è volta esclusivamente ad aumentare la cooperazione in fatto di acquisizioni militari e a contrastare di conseguenza la frammentazione dell'industria della difesa;

    lo scorso 5 marzo, la Commissione europea e l'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell hanno presentato una comunicazione relativa a una strategia industriale europea in materia di difesa a livello dell'Unione europea e una proposta di Regolamento istitutiva di un programma europeo per l'industria della difesa (EDIP): tra gli elementi principali della strategia, la previsione di un fondo da 1,5 miliardi di euro, almeno il 40 per cento entro il 2030 di acquisti congiunti di armi e priorità alla produzione europea; in base alla delineata strategia, il valore del commercio della difesa intra Unione europea dovrà essere almeno il 35 per cento del totale ed entro il 2030 il 50 per cento degli acquisti dovrà essere fatto in Europa e il 60 per cento entro il 2035;

    l'idea di difesa comune europea, così come emerge dalle azioni intraprese in Europa, è volta esclusivamente ad aumentare la cooperazione in fatto di acquisizioni militari e a contrastare di conseguenza la frammentazione dell'industria della difesa;

    il nuovo orientamento dell'agenda politica dell'Unione europea lascia trasparire un deciso mutamento di prospettiva all'interno dell'Unione stessa e preoccupa per le ricadute dirette che il rafforzamento della strategia per l'industria della difesa potrebbe avere nei confronti delle altre priorità legislative dell'Unione europea su temi centrali quali la transizione verde e digitale, la sanità, l'istruzione, la green economy. Peraltro, tale svolta è stata impressa sul finire della legislatura europea, come noto, ormai al termine;

    preme ricordare l'approvazione lo scorso 20 luglio del regolamento «Act in Support of Ammunition Production» (ASAP), volto ad incrementare la produzione di armamenti, che apre alla possibilità per gli Stati membri di impiegare fondi europei per sostenere direttamente lo sviluppo dell'industria della difesa, pari a cinquecento milioni di euro l'anno destinati alla produzione di un milione di munizioni d'artiglieria, munizioni terra-terra e missili, di cui all'articolo 6, paragrafo 3 del citato regolamento,

impegna il Governo

a intraprendere tutte le azioni necessarie atte a scongiurare la destinazione di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza a favore del co-finanziamento dell'industria della difesa, in particolare per la produzione di armamenti, considerato che tali fondi rappresentano lo strumento principale di ripresa e rilancio dell'economia del Paese provato dalla recente pandemia e dalle conseguenze dei conflitti bellici in corso, e non uno strumento di supporto ad una economia di guerra.
9/1752-A/65. Riccardo Ricciardi, Pellegrini, Baldino, Lomuti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca misure volte a garantire l'attuazione degli interventi del PNRR scongiurandone lo sforamento del cronoprogramma, anche attraverso il «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni che ne sono titolari;

    si tratta, in proposito, del quarto di questa tipologia di provvedimenti d'urgenza, qualificati, come ricordato dal Comitato per la legislazione, «provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 244 del 2016) per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo»; al tempo stesso però la medesima Corte, nella sentenza n. 247 del 2019, ha sollevato perplessità sul ricorso ad un'altra ratio unitaria dai contorni estremamente ampi, la «materia finanziaria» in quanto essa si «riempie dei contenuti definitori più vari»; in proposito, andrebbe approfondito se tali considerazioni non possano valere anche per la finalità sopra individuata del «rafforzamento della capacità amministrativa» delle amministrazioni titolari di interventi del PNRR; ciò premesso, potrebbe essere oggetto di approfondimento la riconducibilità alle finalità sopra descritte dell'articolo 8, comma 23 (interventi relativi alla società Autostrada Pedemontana Lombarda Spa), dell'articolo 9, comma 5 (risorse per l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina); dell'articolo 12, commi 12 e 13 (semplificazione di regimi amministrativi in materia di impresa artigiana); dell'articolo 20, commi da 3 a 5 (assetto societario della società PagoPA); dell'articolo 22, commi 5, 6, 7 (albo dei periti presso il tribunale), dell'articolo 29, commi da 15 a 18 (esonero contributivo per lavoro domestico), e dell'articolo 32, comma 2 (realizzazione delle strutture di accoglienza di migranti in Albania);

    in proposito preme alla firmataria segnalare all'articolo 10, inerente alla riorganizzazione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, il comma 4, il quale dispone che al Presidente e ai componenti del CNEL, non si applica il divieto di incarichi dirigenziali, direttivi, di consulenza e di studio a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza e, quando lo consente, lo consente per un solo anno e gratuitamente; non poche norme, quella in commento, unitamente ad altre introdotte o prorogate di recente – quali la permanenza in servizio al raggiungimento dell'anzianità di servizio, l'accensione di contratti a tempo determinato di durata anche superiore ai 36 mesi in deroga alla disciplina vigente, quest'ultima, oltre ad alimentare il precariato ci espone ad infrazioni in sede europea – non appaiono le soluzioni ideali per sopperire alle annose criticità in cui versano le pubbliche amministrazioni, né esse appaiono soddisfare i principi di efficacia, efficienza ed economicità,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, ad adottare ogni iniziativa utile, anche legislativa, ai fini del superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni, centrali e locali – anche individuando delle soluzioni per i comuni che abbiano adottato un piano di riequilibrio finanziario e gestiscono punti di crisi per la gestione dei flussi migratori – ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, prorogando i termini di cui ai commi 1 e 2, dell'articolo 20, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, per far fronte alle eccezionali esigenze di potenziamento del personale della pubblica amministrazione.
9/1752-A/66. Carmina.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 44-quinquies, recante norme in materia di servizi consultoriali, approvato in sede referente, consente alle regioni di organizzare i servizi consultoriali nell'ambito della Missione 6, Componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza avvalendosi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità;

    i consultori familiari sono stati istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, una delle leggi italiane che più contraddistingue il livello di civiltà del nostro sistema sanitario e socio-sanitario che, quasi incredibilmente, era riuscito ben oltre quarantacinque anni fa a istituire dei presidi territoriali di assistenza e di sostegno alle donne e ai nuclei familiari;

    da quel momento ad oggi i valori e la società stessa sono mutati profondamente; già nel 1978, con l'introduzione operata dalla legge 22 maggio 1978, n. 194, della possibilità di scegliere, a determinate condizioni, l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), i compiti del consultorio si sono estesi fino a comprendere lo svolgimento del colloquio e del confronto con la donna nonché l'eventuale assistenza nel percorso verso tale intervento, successivamente reso possibile anche attraverso la somministrazione di farmaci, cosiddetta «IVG farmacologica»;

    nel 2019, l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha pubblicato i risultati dell'indagine condotta su 1.800 consultori italiani, tra il mese di novembre 2018 e il mese di luglio 2019, dalla quale emerge una sostanziale disomogeneità fra i modelli operativi indicati dalle leggi regionali, accompagnata dall'assenza o dalla precarietà delle figure professionali necessarie a garantire il ruolo sistemico di sostegno dei nuclei familiari, delle donne e dei soggetti vulnerabili che i consultori familiari dovrebbero, invece, garantire; il tutto, unito ad una insufficiente diffusione dei consultori sul territorio, in modo da essere prossimi alle persone più fragili; non appare congrua, infatti, neppure la distribuzione dei consultori familiari in riferimento alla diversa densità per unità di popolazione dei servizi consultoriali nelle regioni italiane e, soprattutto, tra Nord, Centro e Sud;

    occorre potenziare e riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, ampliandone e potenziandone gli interventi sociali in favore dei nuclei familiari e per promuovere l'integrazione socio-sanitaria; e a tal riguardo sarebbe necessario un rapporto minimo di un consultorio – o di una struttura con il personale di un consultorio e svolgente le sue funzioni – per ogni 20.000 abitanti nei centri urbani, nonché di un consultorio ogni 10.000 abitanti nelle zone rurali;

    occorre altresì garantire un'adeguata dotazione organica dei consultori familiari, assicurando la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza e in grado di garantire la giusta multidisciplinarità;

    quanto approvato in sede referente esula invece dalle reali necessità di potenziamento dei consultori a sostegno delle funzioni fondamentali che gli stessi svolgono, anche nel garantire l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza e nel sostegno alla donna successivamente al parto;

    la disposizione approvata in Commissione rischia di aprire le porte dei consultori a quel volontariato e privato sociale che, ideologicamente orientato, tenta di sovvertire e negare le reali tutele sottese ai servizi che i consultori sono tenuti a garantire, anche per avviare la procedura relativa all'interruzione di gravidanza,

impegna il Governo:

   a potenziare e riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, garantendo un rapporto minimo di un consultorio – o di una struttura con il personale di un consultorio e svolgente le sue funzioni – per ogni 20.000 abitanti nei centri urbani, nonché di un consultorio ogni 10.000 abitanti nelle zone rurali;

   a garantire un'adeguata dotazione organica dei consultori familiari, assicurando la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza e in grado di garantire la giusta multidisciplinarità;

   a potenziare il personale dei consultori, affinché per il post partum e per un periodo non inferiore ai tre anni di vita del figlio nato o adottato sia garantito il sostegno ai nuclei familiari, anche tramite visite domiciliari del personale sanitario dei consultori familiari;

   a introdurre misure che impediscano l'accesso nelle strutture consultoriali di quegli enti del Terzo settore ovvero soggetti del volontariato e privato sociale che, ideologicamente orientati, tentino di negare le tutele sottese ai servizi che i consultori sono tenuti a garantire per avviare la procedura relativa all'interruzione di gravidanza.
9/1752-A/67. Sportiello, Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12 del provvedimento in esame interviene con misure di semplificazione in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e in materia di procedimenti amministrativi;

    in particolare, il comma 8 prevede che, limitatamente agli investimenti e agli interventi avviati a partire dal 1° febbraio 2020 e ammessi a finanziamento, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del PNRR, le disposizioni di cui all'articolo 47 e all'articolo 50, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, che riguardano i requisiti premiali nell'ambito dei bandi di gara per promuovere l'imprenditoria giovanile, l'inclusione lavorativa delle persone disabili, la parità di genere e l'assunzione di giovani e di donne, si applicano con riferimento alle procedure afferenti ai settori speciali del Codice dei contratti pubblici, esclusivamente a quelle avviate successivamente alla data di comunicazione della concessione del finanziamento;

    come noto, l'articolo 47 del «decreto governance PNRR», finalizzato a concorrere al rispetto dei princìpi di pari opportunità, generazionali e di genere e per promuovere l'inclusione lavorativa delle persone disabili, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR o dal PNC, ha previsto, come requisito necessario dell'offerta dell'operatore economico, l'obbligo di assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto, una quota pari almeno al 30 per cento delle assunzioni sia all'occupazione giovanile sia all'occupazione femminile;

    il comma 8 sopracitata, inoltre, prevede che il regime derogatorio e semplificato introdotto dalla disposizione in esame si applica agli investimenti o gli interventi che abbiano già beneficiato di contributi o di finanziamenti diversi dal PNRR, per le sole procedure avviate successivamente alla data di comunicazione della concessione del finanziamento a valere, in tutto o in parte, sulle risorse del PNRR. In questi casi viene fatto salvo quanto previsto dall'articolo 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, relativamente all'obbligo di presentazione della dichiarazione relativa al rispetto della disciplina in materia di diritto al lavoro delle persone con disabilità, nonché dall'articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, relativamente alla redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile;

    a tale riguardo, preme rilevare che l'ulteriore sistema di deroghe introdotto dalla disposizione di cui all'articolo 12, sebbene supportata dall'esigenza di consentire la tempestiva conclusione degli interventi finanziati, affievolisce e vanifica l'efficacia delle prescrizioni volte a consolidare l'obiettivo della parità di genere, con particolare riguardo alla riduzione del gap occupazionale di genere e della segregazione occupazionale femminile;

    l'ANAC ha rilevato che, al 30 giugno 2023, quasi il 70 per cento degli appalti del PNRR e del PNC prevede una deroga totale alla clausola che obbliga le imprese che si aggiudicano la gara a occupare almeno il 30 per cento di giovani under 36 e donne: ben 51.850 su un totale di 75.109 affidamenti PNRR o PNC censiti nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici di ANAC da luglio 2022 al 1° giugno 2023, ossia il 69,03 per cento. Sono 1.900 (il 2,53 per cento) i bandi per cui le stazioni appaltanti hanno chiesto una deroga parziale (ovvero un abbassamento della clausola del 30 per cento) mentre 21.229 (il 28,26 per cento) prevedono il rispetto della quota di giovani e donne prescritta dalla legge,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi del citato articolo 12 del provvedimento in esame al fine di adottare ogni opportuna iniziativa volta a garantire concreta ed effettiva attuazione delle disposizioni indicate nel PNRR per la parità di genere, quali ad esempio la clausola della riserva del 30 per cento;

   ad adottare iniziative volte a rafforzare l'efficacia dell'azione di gender procurement nel settore degli appalti, mediante la individuazione di dati e informazioni che le stazioni appaltanti sono tenute a trasmettere alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, con particolare riferimento alle procedure che derogano alle disposizioni in materia di pari opportunità e inclusione lavorativa, anche ai fini della corretta individuazione nei bandi di gara dei criteri premiali di cui all'articolo 108 del codice dei contratti pubblici.
9/1752-A/68. Torto, Ilaria Fontana.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento in esame, modificato in sede referente, istituisce e disciplina il Piano Transizione 5.0, con lo scopo di sostenere il processo di transizione digitale ed energetica delle imprese, in attuazione quanto previsto dalla decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023 e, in particolare, di quanto disposto in relazione all'Investimento 15 – «Transizione 5.0», della Missione 7 – REPowerEU, il Piano Transizione 5.0;

    la previsione normativa in esame si colloca nel solco degli interventi a sostegno delle imprese, principalmente aventi la forma di crediti di imposta e di contributi, con la finalità di rafforzare il sistema produttivo nazionale nell'ottica di finalizzare gli strumenti normativi, da ultimo, alla promozione dell'innovazione sostenibile;

   considerato che:

    è quanto mai necessario intervenire per impedire il fenomeno del greenwashing e gli effetti di tale pratica nell'ambito della comunicazione sulla sostenibilità ambientale, anche mediante l'introduzione di nuovi standard di rendicontazione della sostenibilità a livello globale;

    la lotta al fenomeno cosiddetto greenwashing è in linea con le strategie e gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Green Deal 2050, i quali hanno come precipuo obiettivo quello di promuovere una transizione ecologica che porti allo sviluppo di un nuovo modello economico social-ecologico a basso impatto di carbonio, inclusivo ed equo;

   considerato altresì che:

    è parimenti necessario introdurre disposizioni volte a contrastare il fenomeno dell'obsolescenza programmata, ovvero la strategia industriale ben definita adottata dalle aziende produttrici per accorciare la vita dei prodotti, così da suscitare nei consumatori l'esigenza di sostituire con maggiore frequenza i beni tecnologici o appartenenti ad altre tipologie, mantenendo alta la domanda di prodotti sul mercato;

    l'obsolescenza programmata è infatti un fenomeno che si pone in netto contrasto con gli obiettivi dell'Agenda 2030, la strategia dell'ONU che fissa gli obiettivi di sviluppo sostenibile, che i Paesi dovrebbero seguire in merito alle tre dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica e sociale,

impegna il Governo

ad introdurre, nel primo provvedimento utile, un credito d'imposta in favore delle imprese la cui attività prevalente è il commercio di prodotti o servizi destinati al mercato, per politiche di investimento volte a contrastare il fenomeno del greenwashing e dell'obsolescenza programmata, al fine di garantire la tutela dell'ambiente e il perseguimento degli obiettivi di transizione energetica e di sviluppo sostenibile nella cornice del Green Deal europeo di cui alla comunicazione della Commissione europea dell'11 dicembre 2019 (COM (2019) 640 final).
9/1752-A/69. L'Abbate, Pavanelli, Ilaria Fontana.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8, ai commi 8-9-10 reca disposizioni per istituire, a decorrere dal 1° luglio 2024, un posto di funzione dirigenziale di livello generale nell'ambito dell'Ufficio di Gabinetto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, in aggiunta all'attuale dotazione organica e in deroga alle percentuali previste dalla normativa vigente;

    il direttore generale, per lo svolgimento dei compiti, si avvale di personale indicato dalle articolazioni ministeriali interessate dai processi di revisione della spesa, con competenza in materia di bilancio pubblico, nonché di esperti in materia di analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa;

    gli oneri derivanti dalla disposizione in esame sono pari a euro 141.233 per l'anno 2024 ed euro 282.466 annui a decorrere dall'anno 2025;

   considerato che:

    non appare chiara la necessità effettiva della creazione di questa posizione dirigenziale in relazione alle esigenze dell'Ufficio di Gabinetto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste; sarebbe forse stato auspicabile un esame delle alternative possibili per ottimizzare le risorse esistenti e migliorare l'efficienza della struttura ministeriale senza l'aggiunta di nuovi costi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi derivanti dalla disposizione indicata in premessa, al fine di valutare l'opportunità di destinare, ove possibile, le risorse PNRR in parola ad altri scopi e progetti destinati all'agricoltura, anche al fine di rafforzare e sostenere il settore.
9/1752-A/70. Cherchi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 reca disposizioni per istituire un contributo, sotto forma di credito d'imposta, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici alle condizioni, nelle misure ed entro i limiti di spesa stabiliti dalle norme in commento;

    in particolare, il comma 8 prevede l'innalzamento della misura del credito d'imposta per ciascuna quota di investimento, secondo specifiche indicazioni;

   considerato che:

    esistono potenziali vantaggi ambientali, economici e sociali della rottamazione e del riciclaggio delle macchine agricole;

    sarebbe opportuna una promozione per la rottamazione di macchine agricole obsolete o inutilizzate stabilendo una definizione degli obiettivi e dei criteri di rottamazione;

    è stimato dal punto di vista empirico un alto tasso di infortuni nel comparto agricoltura, in particolare le denunce di infortunio coincidono con oltre 120 decessi in media l'anno legati alla mancanza o all'usura dei più basilari sistemi di sicurezza;

    sin dal 1992, l'articolo 111 del Codice della Strada ha previsto sanzioni amministrative per la mancata revisione dei mezzi agricoli. Tuttavia, nonostante un decreto interministeriale del 20 maggio 2015 tra il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'agricoltura, la revisione dei suddetti mezzi non è ancora attiva. Questo è dovuto alla mancanza di norme attuative, che devono essere redatte in collaborazione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e l'INAIL,

impegna il Governo

a promuovere misure agevolative, anche quali il credito di imposta previsto dall'articolo in parola, per le imprese agricole che rottamano macchine, ancora in uso, immatricolate prima del 1997, ciò al fine, oltre di garantire innovazione nel settore, anche di assicurare una maggiore sicurezza sul lavoro e sulla strada.
9/1752-A/71. Caramiello.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 17 del provvedimento in esame introduce numerose misure di semplificazione in materia di cambi di destinazione d'uso degli immobili da destinare a residenze universitarie;

    in particolare, prevede che, al fine di favorire la dotazione di alloggi e residenze per studenti mediante l'utilizzo del patrimonio edilizio esistente, nell'ambito della Riforma 1.7 della Missione 4, Componente 1, del PNRR, sia sempre ammesso il mutamento di destinazione d'uso funzionale all'impiego di tali immobili quali residenze universitarie, anche in deroga alle eventuali prescrizioni e limitazioni previste dalle previsioni degli strumenti urbanistici. In caso di interventi di ristrutturazione edilizia sono consentiti incrementi della volumetria fino al 35 per cento di quella originaria, legittima o legittimata. Sono inoltre previste ulteriori deroghe rispetto agli obblighi di reperimento di aree per servizi di interesse generale, previste dal decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968, e per la dotazione minima obbligatoria dei parcheggi;

    il complessivo regime di favore introdotto dalla disposizione in esame prevede, come unico contrappeso, il mantenimento del vincolo di destinazione funzionale dell'immobile per una durata non inferiore a dodici anni, decorsi i quali può essere impressa all'immobile una diversa destinazione d'uso, circostanza che lascia presagire una nuova inevitabile involuzione dell'offerta di alloggi per studenti;

   considerato che:

    come noto, l'accesso allo studio è strettamente legato alla capacità di sostenere i costi abitativi, considerando, in particolare, la scarsa dotazione di student housing, nettamente inferiore in Italia rispetto ad altri Paesi europei;

    preme, tuttavia, rilevare che le misure introdotte, sorrette dall'esigenza ampliare l'offerta di alloggi e residenze per studenti, mancano tuttavia di una prospettiva adeguata, in grado di cogliere l'opportunità di avviare processi rigenerativi e di sviluppo territoriale stabili e di lunga durata, basati su strategie integrate, sulla sperimentazione di nuovi modelli abitativi che prevedano il riuso di edifici esistenti e, contestualmente, soluzioni abitative innovative e funzionali, in grado di soddisfare anche l'esigenza di incrementare la dotazione di servizi e attrezzature per studenti, di ridisegnare i luoghi di condivisione e gli spazi comuni, anche nel rispetto dei principi ecologici e di economia circolare,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a contemperare l'esigenza di incrementare l'offerta di alloggi e residenze per studenti con una più ampia strategia di riqualificazione urbana e territoriale, in chiave sostenibile, coerente con i principi dell'European Green Deal.
9/1752-A/72. Ilaria Fontana.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca, inter alia, disposizioni in materia di prezzi calmierati per gli alloggi degli studenti universitari;

    le spese per la locazione dell'alloggio di cui sopra, tuttavia, costituiscono solo una delle voci di costo dei bilanci familiari. Molte famiglie, si ritrovano a dover affrontare importanti esborsi anche per l'aumento dei prezzi dei generi alimentari nonché di svariati prodotti e servizi, ai quali si aggiunge il riacutizzarsi di tensioni nei prezzi di alcuni beni ad alta frequenza d'acquisto, quali i carburanti, che erodono il potere di acquisto e incidono pesantemente sulla spesa dei nuclei familiari de quo;

    nel corrente mese di aprile 2024, secondo le ultime rilevazioni, i prezzi della benzina sono nuovamente aumentati. E la situazione non sembra destinata a migliorare nel breve termine;

    in particolare, secondo i dati dell'Osservatorio prezzi e tariffe del Ministero delle imprese e del made in Italy, aggiornati all'8 aprile, la benzina in modalità self sfiora la soglia critica dei 2 euro al litro (1,916, per l'esattezza), mentre il servito è arrivato a 2,053 euro. In autostrada, in base alle rilevazioni di Assoutenti, i prezzi medi superano i 2,50 al litro;

    leggermente meglio il diesel, che si conferma stabile o in lieve discesa, seppur tendenzialmente elevato. In questo caso, stando ai dati ministeriali, il prezzo medio è 1,813 euro per il self e 1,954 per il servito;

    il dato medio regionale pubblicato dallo stesso Ministero delle imprese e del made in Italy mostra che, con l'eccezione di Marche, Veneto e Lazio dove il prezzo della benzina self-service non ha superato la soglia dei 1,9 euro al litro, tutte le altre regioni hanno visto questo limite essere oltrepassato;

    tra le cause alla base dei rincari i conflitti in Ucraina e Medio Oriente, i rallentamenti del commercio nel Mar Rosso, l'aumento del Brent che ha superato i 90 dollari al barile, il taglio alla produzione imposto da Opec fino a metà 2024, oltre all'alta percentuale di IVA e accise, che vanno a influire per il 61,9 per cento sul prezzo della benzina e per il 58,9 per cento su quello del gasolio, a cui si aggiungono anche le spese per il trasporto della materia prima: in Italia infatti l'85 per cento della merce trasportata viaggia su gomma, e i costi di trasporto incidono sui prezzi finali non solo dei carburanti, ma anche sui listini al dettaglio di una moltitudine di altri prodotti;

    i summenzionati incrementi di prezzo, così come i precedenti, si riverberano negativamente e con pesanti ripercussioni, dirette e indirette, sui costi delle imprese e delle famiglie, particolarmente vulnerabili alle fluttuazioni del costo del carburante, e pertanto rappresentano una questione alla quale va data priorità e urgenza,

impegna il Governo

ad adottare urgenti iniziative, anche di carattere normativo, volte ad incentivare la transizione ecologica sostenibile anche al fine di compensare gli effetti negativi del caro-carburante per imprese e consumatori finali al fine di riportare i prezzi dei predetti a livelli sostenibili e calmierati nel breve periodo.
9/1752-A/73. Appendino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, all'articolo 38, l'istituzione e la disciplina del Piano cosiddetto «Transizione 5.0»;

    il comma 11 subordina il riconoscimento del credito d'imposta alla presentazione di apposite certificazioni rilasciate da un valutatore indipendente, secondo poi criteri e modalità individuati con futuri decreti del Ministro delle imprese e del made in Italy;

    nello specifico, le certificazioni ex ante devono attestare la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni potenzialmente ammessi al beneficio, mentre le certificazioni ex post attestano l'effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla relativa certificazione ex ante;

    di fatti, si duplicano l'onere a carico delle aziende e le tempistiche relative alla progettazione degli investimenti e alla loro certificazione ai fini dell'ottenimento del beneficio fiscale;

    si tratta, quindi, di un ulteriore aggravio burocratico che comporterà procedure lente, dispendiose e non in linea con le tempistiche di ammodernamento e programmazione degli investimenti necessarie alle aziende,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi, della disposizione indicata in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative volte a prevedere che il credito d'imposta relativo al Piano Transizione 5.0 sia attestato solamente ex post e non richieda una duplicazione di oneri e tempistiche legati ad un'ulteriore certificazione ex ante.
9/1752-A/74. Ruffino, D'Alessio, Benzoni, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38, allo scopo di sostenere il processo di transizione digitale ed energetica delle imprese, in relazione all'investimento 15 – «Transizione 5.0», della Missione 7 – REPowerEU, prevede incentivi per le imprese che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio nazionale, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici nel rispetto di una serie di condizioni;

    in particolare, il comma 6, esclude dagli incentivi una serie di investimenti sulla base del principio di «non arrecare un danno significativo all'ambiente», ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (UE) n. 852/2020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020;

    ai fini degli obiettivi del piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha in corso l'emanazione di un decreto che dovrà indicare i criteri di individuazione delle aree idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, e assegnerà gli obiettivi di produzione per ciascuna regione, in attuazione dell'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199;

    nelle more dell'individuazione delle aree idonee, lo stesso articolo 20, al comma 8, prevede una serie di situazioni territoriali che sono considerate aree idonee;

    esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, il numero 1) della lettera c-ter), del comma 8, dell'articolo 20, del medesimo decreto legislativo n. 199 del 2021, prevede che sono considerate aree idonee «le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere»;

    inoltre la lettera c-quater) considera idonee tutte le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela dal codice dei beni culturali e del paesaggio, incluse le zone gravate da usi civici, né ricadono nella fascia di rispetto dei beni vincolati e definisce tale fascia di rispetto considerando una distanza dal bene tutelato pari a tre chilometri per gli impianti eolici e a soli cinquecento metri per gli impianti fotovoltaici, senza tenere conto se si tratta di impianti da realizzare in area collinare, quindi estremamente visibili dall'area vincolata, laddove la distanza dei cinquecento metri diventa alquanto ridotta;

    nell'ambito delle indicazioni previste dal citato articolo 20, per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, nulla si prevede per i casi di vicinanza degli impianti ad aree di pregio turistico o di quartieri a destinazione residenziale dal Piano regolatore comunale;

    ad esempio, nel comune di Fubine Monferrato è stata presentata l'istanza per la realizzazione di un mega impianto di 170 mila metri quadri di pannelli fotovoltaici, in zona collinare, alquanto visibile e adiacente ad una area di pregio turistico e una zona residenziale, nonché adiacente ad una area di 200 ettari di campi da golf aperti a gare di livello internazionale; non esistono nel citato articolo 20 indicazioni che possano regolamentare casi simili;

    peraltro, nei Piani regolatori comunali spesso si interpongono zone residenziali tra la zona industriale o commerciale e la zona agricola;

    l'intenzione dell'articolo 20 non potrebbe essere quella di permettere la realizzazione di grandi impianti fotovoltaici a ridosso di quartieri residenziali;

    occorre correggere tali situazioni sconvenienti che si potrebbero verificare spesso a scapito dei cittadini che si troverebbero ad abitare nelle vicinanze degli impianti;

    due situazioni anomale di questo tipo si stanno verificando in Toscana, una nel comune di Massarosa, ove un'impresa ha acquistato il diritto di superficie agricola per realizzare pannelli fotovoltaici per 20,2 mila metri quadri, e, un'altra, nel comune di Porcari, ove un'azienda agricola privata intende costruire pannelli per 30 mila metri quadrati in una zona collinare, nei pressi del lago dell'ex Fornace;

    in seguito ad una Ordinanza cautelare del TAR Toscana che permetteva, di fatto, l'avvio dei lavori per la realizzazione dell'impianto fotovoltaico, il Consiglio di Stato con Ordinanza n. 01328/2024, del 12 aprile 2024, ha accolto l'appello cautelare proposto dal comune di Porcari (ricorso numero: 2347/2024), e ha bloccato l'inizio dei lavori da parte dell'impresa proponente, in considerazione che «il pregiudizio allegato dalla società ricorrente non presenta i caratteri della gravità, immediatezza e irreparabilità atteso che i lavori relativi all'impianto di cui trattasi sono ad uno stadio iniziale», e soprattutto affermando che «le questioni connesse all'interpretazione dell'articolo 20, comma 8, del medesimo decreto legislativo n. 199 del 2021 debbano essere adeguatamente approfondite nella sede di merito», fissata per il prossimo 10 luglio;

    occorre adottare in tempi congrui le opportune modifiche alla norma e alle fattispecie sopra esposte per evitare disomogenee applicazioni nelle sedi dei tribunali amministrativi,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per verificare l'esistenza sul territorio nazionale di situazioni simili a quelle esposte in premessa e valutare la possibilità di chiarire che, ai fini dell'applicazione del comma 8 dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 del 2021, nelle vicinanze del perimetro delle aree idonee alla realizzazione di grandi impianti a fonti rinnovabili, e in particolare fotovoltaici, non devono esistere zone a destinazione residenziale del PRG, o zone di pregio turistico e campi da golf di livello internazionale, specialmente qualora si tratti di impianti da realizzare in aree collinari.
9/1752-A/75. Molinari, Montemagni, Zinzi, Benvenuto, Bof, Pizzimenti.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 10 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, prevede l'abrogazione di alcune disposizioni legislative di spesa che prevedevano l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027;

    tra le suddette norme oggetto di abrogazione troviamo l'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, che destinava – previa delibera del CIPESS – 700 milioni di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027, al finanziamento di investimenti in importanti settori, quali per esempio il miglioramento della qualità dell'aria; il risanamento urbano dei comuni con popolazione tra 50.000 e 250.000 abitanti; nodi e collegamenti ferroviari nel Sud Italia; interventi infrastrutturali per evitare il sovraffollamento carcerario; eccetera;

    in particolare le suddette risorse pari a 115 milioni di euro, stanziate per investimenti per il miglioramento della qualità dell'aria, in considerazione del perdurare del superamento dei valori limite relativi alle polveri sottili (PM10) e dei valori limite relativi al biossido di azoto (NO2), di cui alla procedura di infrazione n. 2015/2043, e della complessità dei processi di conseguimento degli obiettivi indicati dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, risultano già deliberate per l'assegnazione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS),

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle suddette abrogazioni di norme di spesa di cui all'articolo 2, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 59 del 2021, al fine di garantirne perlomeno la dotazione finanziaria prevista dal medesimo decreto-legge;

   a garantire comunque le risorse per il miglioramento della qualità dell'aria di cui in premessa, in quanto già deliberate per l'assegnazione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS).
9/1752-A/76. Evi, Zanella, Grimaldi, Borrelli, Dori, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo VII del decreto-legge in esame, contiene disposizioni urgenti in materia di infrastrutture e trasporti;

    in questo ambito ricordiamo che il decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 (cosiddetto «decreto Aiuti») all'articolo 9, comma 2, ha consentito alle Autorità di sistema portuale di costituire una o più comunità energetiche rinnovabili, con esclusione della realizzazione di impianti in aree naturali protette;

    la finalità della suddetta disposizione è quella di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e al perseguimento della resilienza energetica nazionale;

    dette comunità energetiche rinnovabili sono istituite in coerenza con il Documento di pianificazione energetica e ambientale di cui all'articolo 4-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84;

    al fine di contribuire alla decarbonizzazione del sistema energetico di ciascun porto, sarebbe importante prevedere una disciplina organica, effettiva e semplificata dell'uso delle risorse energetiche in ambito portuale, anche alla luce del fatto che la fornitura di energia elettrica implica l'uso di impianti che insistono congiuntamente su ambito demaniale in gestione delle Autorità di sistema portuale e contemporaneamente su aree in concessione,

impegna il Governo

a introdurre le necessarie disposizioni di legge per giungere a una disciplina organica, effettiva e semplificata dell'uso delle risorse energetiche in ambito portuale, prevedendo che le Autorità di sistema portuale possano coordinarsi e sottoscrivere accordi ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con i soggetti concessionari di aree e banchine in ambito portuale, nonché le imprese in grado di produrre, stoccare e/o distribuire energia rinnovabile, al fine di disciplinare l'uso condiviso delle infrastrutture energetiche e relativi impianti anche prevedendo una gestione comune di tali infrastrutture nonché dei servizi di «cold ironing».
9/1752-A/77. Ghirra, Zanella, Grimaldi, Borrelli, Dori, Evi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 31 reca ulteriori disposizioni urgenti in materia di lavoro, disponendo, tra l'altro, diverse norme attraverso cui rafforzare l'attività ispettiva degli organi di controllo e di vigilanza;

    come è noto l'attività di controllo e vigilanza su salute e sicurezza sul lavoro è svolta anche dai servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro delle competenti aziende sanitarie locali;

    risulta necessario rafforzare strutturalmente gli organici dei servizi dipendenti dai relativi dipartimenti di prevenzione, anche in ragione della specificità di alcune funzioni di controllo e vigilanza svolte dal personale dipendente delle strutture locali delle ASL, in particolar modo in riferimento al controllo e alla vigilanza in merito alla salubrità nonché alla sicurezza, dei luoghi di lavoro;

    l'attuale consistenza di tutto il personale ispettivo deputato a poter effettuare attività di controllo e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro supera di poco le 3.000 unità su tutto il territorio nazionale e, dato il censimento ISTAT relativo al numero di imprese attive sul territorio nazionale di 1.700.000 imprese;

    senza considerare il numero delle relative unità operative; tenuto conto della capacità media di assicurare l'adeguata attività di controllo e vigilanza sulle medesime viene a determinarsi una calendarizzazione temporale di una visita ispettiva ogni 14 anni per ciascuna azienda;

    il rafforzamento dei servizi ispettivi, di vigilanza e controllo non può che essere centrale ed assumere una funzione strategica per contrastare efficacemente la tragedia costante delle morti sul lavoro, nonché degli infortuni e delle malattie professionali, questo anche per rispondere al dettato costituzionale di garantire un'esistenza libera e dignitosa alle lavoratrici e ai lavoratori liberi dalle preoccupazioni determinate anche dallo svolgimento della propria attività lavorativa in luoghi di lavoro non salubri e idonei dal punto di vista delle condizioni di sicurezza,

impegna il Governo

a rafforzare strutturalmente, anche promuovendo provvedimenti di carattere normativo, i servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro delle competenti aziende sanitarie locali, assumendo, altresì, una iniziativa al fine di procedere ad una intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che definisca una programmazione pluriennale di assunzioni nei suddetti dipartimenti di prevenzione, nonché presso tutti gli organi di controllo e vigilanza per la salute e sicurezza sul lavoro.
9/1752-A/78. Mari, Zanella, Grimaldi, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame introduce disposizioni in materia di governance per il PNRR e il PNC al fine di accelerarne e snellirne le procedure per l'attuazione e garantire la piena operatività del Piano come modificato a seguito della decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, inclusivo di RepowerEU, in relazione anche al maggiore fabbisogno finanziario netto derivante dalla rimodulazione del Piano;

    in particolare il citato comma 13 prevede che per assicurare la tempestiva realizzazione degli investimenti 1.1 «Case della Comunità» e 1.3 «Ospedali di Comunità», di cui alla Missione 6, Componente 1, del PNRR, e dell'investimento 1.2. «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», di cui alla Missione 6, Componente 2, del PNRR, e degli interventi già posti a carico del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR che, per gli incrementi di costo dei materiali, non abbiano ricevuto assegnazioni dal Fondo per l'avvio delle opere indifferibili di cui all'articolo 26, comma 7 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, le regioni possono sostenere i maggiori costi emergenti accedendo alle risorse finanziarie, ove disponibili, a loro destinate ai sensi dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, integrando il quadro economico dei progetti inseriti nei Contratti istituzionali di sviluppo (CIS) già sottoscritti;

    al fine di tutelare degli investimenti già programmati nel settore della sanità, fondamentali per il Servizio sanitario nazionale, sarebbe stato necessario procedere all'abrogazione dell'articolo 1, comma 13 del decreto-legge in esame, che prevede complessivamente un taglio di 1,2 miliardi di euro alle regioni relativi anche ad opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere, o, in alternativa, appare necessario l'impegno formale del Governo ad individuare le risorse necessarie anche negli anni successivi,

impegna il Governo

a garantire comunque le risorse necessarie per assicurare integralmente l'attuazione e la tempestiva realizzazione degli investimenti 1.1 «Case della Comunità» e 1.3 «Ospedali di Comunità», di cui alla Missione 6, Componente 1, del PNRR, e dell'investimento 1.2. «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», di cui alla Missione 6, Componente 2, del PNRR, e degli interventi già posti a carico del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR.
9/1752-A/79. Zanella, Grimaldi, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il PNRR si pone l'obiettivo di affrontare il problema delle residenze per studenti fuori sede. A tale fine il Piano ha già erogato due bandi da 287 milioni di euro di cui solo 77 milioni di euro già assegnati alle università che gestiscono le residenze pubbliche insieme agli enti per il diritto allo studio, mentre il resto, pari a 210 milioni di euro, agli enti gestori privati. Per questi ultimi il PNRR ha messo sul piatto altri 660 milioni di euro del Fondo Housing Universitario;

    le strutture realizzate dagli operatori privati sembrano, inoltre, non essere destinati solo agli studenti in quanto, come previsto dal PNRR, possono accogliere anche i turisti;

    si pone, pertanto, il problema di capire con regole certe quanti e quali siano i posti letto degli studentati privati finanziati dal PNRR – anche in città a forte attrazione turistica – distribuiti tra chi studia, per garantire il diritto allo studio con affitti sostenibili, e chi è in gita turistica oltre che, in particolare, con quali garanzie questi posti sono riservati e in quale misura al diritto allo studio;

    sono circa 824.000 nel nostro Paese gli studenti fuori sede che devono imbattersi nei prezzi degli studentati privati spesso di gran lunga superiori alla media del mercato degli affitti: secondo dati forniti dall'Udu per una camera singola possono arrivare a chiedere 1.700 euro al mese, mentre per una doppia 790 euro;

    fin dai primi decreti attuativi (come il cosiddetto decreto Aiuti ter del settembre 2022), si è stabilito che la destinazione d'uso prevalente degli immobili [è] ad alloggio o residenza per studenti, con possibilità di diversa finalità, riconoscendo, per legge, agli operatori la possibilità di riservare, quando l'attività universitaria è sospesa e/o quando ci sono posti liberi, una parte dei propri alloggi ai turisti;

    un esempio su tutti è fornito dalla pagina dedicata su Booking alla struttura «ibrida» Belfiore di Torino (CX Turin Belfiore Student&Explorer Place) da dove si può prenotare una camera doppia per 115-140 euro a notte. A gestirla è CampusX, che dal PNRR ha ricevuto 9,88 milioni di euro per mettere a disposizione 247 posti letto agli universitari fuori sede;

    il Ministero dell'università e della ricerca nonostante dichiari di esercitare i controlli collegando a ciascun posto letto finanziato dal PNRR una non meglio precisata «anagrafe», non riesce ad impedire che i posti letto sovvenzionati finiscano ai turisti. La criticità, pertanto è insita nel fatto che non è dato sapere come e con quale periodicità vengono effettuati i controlli, e che la verifica avvenga solo una tantum;

    inoltre, troppo spesso studenti meritevoli, ma in condizione di precarietà e insicurezza economica, hanno difficoltà nel sostenere costi d'affitto in netto aumento. Parliamo di studenti capaci, che spesso a causa del caro affitti, dal caro trasporti e dal caro studi sono costretti ad abbandonare l'università. Si continua a concentrare gran parte delle risorse sugli studentati privati, finanziando camere che arrivano a costare fino a 1000 euro al mese. Bisognerebbe cambiare strada e investire seriamente nelle residenze universitarie pubbliche,

impegna il Governo:

   a garantire che le residenze universitarie offerte da privati e finanziate dal PNRR siano destinate prioritariamente a studenti fuori sede presenti nelle graduatorie degli enti per il diritto allo studio;

   a prevedere che i controlli periodici, da effettuare anche durante il periodo estivo o delle festività, relativamente ai posti sovvenzionati verifichino l'effettivo utilizzo esclusivo da parte di studenti fuori sede ai quali garantire il diritto allo studio;

   a prevedere che non siano finanziate con fondi PNRR residenze universitarie per studenti fuori sede già realizzate da privati con sovvenzioni pubbliche;

   ad intervenire affinché tutti gli studenti che risultano idonei nelle graduatorie e che, quindi, hanno diritto ad un posto in una residenza universitaria siano riconosciuti assegnatari.
9/1752-A/80. Grimaldi, Zanella, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14, commi 11 e 12, reca disposizioni in materia di incarichi temporanei di personale ATA, nell'ambito degli organici PNRR o Agenda Sud;

    è di queste ore una buona notizia: lo stanziamento di circa 14 milioni di euro da parte del Ministero dell'istruzione e del merito da destinare alla proroga dell'impiego di circa 6.000 collaboratori scolastici aggiuntivi delle categorie ATA legati ai progetti PNRR e Agenda Sud la cui scadenza era fissata al 15 aprile 2024;

    la prosecuzione dei contratti, richiede, però, un provvedimento normativo urgente, da adottare in tempi molto brevi: le scuole necessitano di indicazioni da parte del Ministero in modo da poter operare per la proroga dei giorni strettamente necessari fino a quando l'iter giuridico della norma sarà perfezionato;

    è importante assicurare ai collaboratori scolastici aggiuntivi che nessun giorno di lavoro e nessun giorno di stipendio venga perso. Allo stesso tempo va garantito alle scuole la continuità di un servizio fondamentale per la loro quotidianità,

impegna il Governo

ad utilizzare temporaneamente i fondi ordinari in attesa di un provvedimento amministrativo urgente che garantisca la continuità e sia utile a dare la necessaria copertura fino al 30 giugno prossimo.
9/1752-A/81. Piccolotti, Zanella, Grimaldi, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Mari, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14, comma 11 del provvedimento reca disposizioni in materia di incarichi temporanei di personale ATA, nell'ambito degli organici PNRR o Agenda Sud, detta una specifica disciplina volta all'incremento degli stanziamenti dei capitoli di bilancio destinati al pagamento delle retribuzioni di tale personale ATA, con incarico temporaneo, destinato alla realizzazione dei progetti finanziati dal PNRR;

    nello specifico la lettera b) del comma 11 del suddetto articolo 14, dispone il generico versamento all'entrata del bilancio dello Stato di parte delle risorse di cui alla missione 4 – componente 1 del PNRR, (M4C1 – Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli Asili nido alle Università) affinché siano destinate ad incrementare gli stanziamenti di bilancio dei capitoli destinati al pagamento delle retribuzioni del personale scolastico sopra richiamato destinatario degli incarichi temporanei;

    a tutt'oggi i circa 3.170 contratti di personale ATA assunto nell'ambito dell'organico aggiuntivo del PNRR scaduti il 31 dicembre 2023 non sono stati ancora prorogati dalle rispettive istituzioni scolastiche che avendo la discrezionalità nell'assunzione ed essendo a corto di risorse finanziarie, non hanno provveduto al loro rinnovo;

    le risorse economiche destinate ai suddetti contratti e previste dal cosiddetto decreto Anticipi (n. 145 del 2023) sono, come stabilito dallo stesso, gestite dalle singole scuole in riferimento ai progetti del PNRR anziché dalla Ragioneria territoriale dello Stato. Inoltre al momento non c'è un termine preciso di scadenza per i rinnovi dei relativi contratti come invece è previsto dalla legge di bilancio 2024 per i collaboratori scolastici. Inoltre laddove le istituzioni scolastiche intendano procedere alla stipula di ulteriori contratti a tempo determinato, esclusivamente per attività di supporto all'attuazione delle misure previste dal PNRR, a favore del personale amministrativo e tecnico già assunto precedentemente nell'ambito dell'organico PNRR e dell'organico Agenda Sud, dovranno attingere ai fondi PNRR assegnati a ciascuna istituzione scolastica;

    secondo la normativa in vigore le istituzioni scolastiche possono, nell'ambito della propria autonomia, porre a carico del PNRR esclusivamente le spese per il personale amministrativo e tecnico a tempo determinato effettivamente impegnato nella realizzazione degli interventi del PNRR «nei limiti della percentuale delle spese generali dell'investimento, in misura comunque non superiore al 10 per cento del correlato finanziamento PNRR, ovvero dei costi indiretti»;

    in tale situazione l'orientamento dominante dei dirigenti scolastici è stato quello di non prorogare i contratti per la mancanza di risorse economiche sufficienti, venendo così a determinare una discriminazione a carico del personale amministrativo e tecnico assunto nell'ambito dell'organico aggiuntivo PNRR;

    tale stallo sarebbe superabile qualora le suddette risorse aggiuntive destinate ad incrementare gli stanziamenti per la M4C1-PNRR fossero, per legge, vincolate al rinnovo dei soprarichiamati contratti,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento utile che le risorse aggiuntive pari a 40 milioni di euro previste dall'articolo 14, comma 11, lettera b), del provvedimento relative alla M4C1 e già trasferite alle istituzioni scolastiche siano espressamente vincolate al rinnovo dei contratti del personale amministrativo e tecnico assunto nell'ambito dell'organico aggiuntivo PNRR, al fine di aggirare l'attuale discrezionalità dei dirigenti scolastici di rinnovare o meno i relativi contratti.
9/1752-A/82. Borrelli, Zanella, Grimaldi, Dori, Evi, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula interviene, tra l'altro, sulla struttura generale del finanziamento del PNRR, come modificato dalla revisione concordata con le istituzioni europee nel dicembre del 2023, a cui si collega anche una consistente rimodulazione del Piano nazionale complementare (PNC), piano gemello nazionale del PNRR, secondo una catena di definanziamenti e rifinanziamenti di progetti;

    ad avviso dei presentatori, nell'ambito dei suddetti negoziati il Governo ha scelto deliberatamente ed unilateralmente di colpire i fragili ed aumentare le diseguaglianze della società civile, tagliando risorse per circa 14 miliardi di euro, già destinate ad interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana delle periferie delle grandi metropoli, già teatro di continui blitz da parte delle forze dell'ordine e di maggiore degrado come il Corviale, Tor Bella Monaca, Santa Maria della Pietà a Roma, ma anche il progetto per la «nuova Scampia» del comune di Napoli (denominato col titolo evocativo «Restart Scampia» e che prevedeva la realizzazione di trecento nuovi alloggi, un asilo nido e una scuola materna, ma anche un centro polifunzionale, botteghe e laboratori artigianali nella periferia nord di Napoli che punta a voltare pagina, con l'addio agli ecomostri delle Vele), deludendo le aspettative dei residenti di quei quartieri che nei progetti vedevano il riscatto da una condizione di marginalità e la possibilità di emancipazione dalla criminalità organizzata,

impegna il Governo

nel prossimo provvedimento utile a ripristinare nell'ambito del PNRR le risorse già destinate alla riqualificazione e rigenerazione urbana delle periferie e delle aree caratterizzate dalla presenza della criminalità organizzata, rifinanziando in particolare:

   1) la misura M5C2/2.1 (3,3 miliardi di euro), che prevede interventi per la rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di emarginazione e degrado sociale;

   2) la misura M5C2/2.2 (circa 2,5 miliardi di euro) dedicata ai piani urbani integrati, che prevede una progettazione urbanistica partecipata, con l'obiettivo di valorizzare grandi aree urbane degradate, colmando deficit infrastrutturali e di mobilità;

   3) la misura M5C3/1.1.1 (circa 725 milioni di euro) relativa al potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità nelle aree interne;

   4) la misura M5C3/1.2 (300 milioni di euro) relativa alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie per promuovere lo sviluppo economico, sociale e civile nelle aree caratterizzate dalla presenza della criminalità organizzata.
9/1752-A/83. Zaratti, Zanella, Grimaldi, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Mari, Piccolotti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula interviene, tra l'altro, sulla struttura generale del finanziamento del PNRR, come modificato dalla revisione concordata con le istituzioni europee nel dicembre del 2023, a cui si collega anche una consistente rimodulazione del Piano nazionale complementare (PNC), Piano gemello nazionale del PNRR, secondo una catena di definanziamenti e rifinanziamenti di progetti;

    nell'ambito dei suddetti negoziati il Governo ha scelto deliberatamente di definanziare la misura dedicata alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, per un totale di 300 milioni di euro stanziati nel novembre del 2021, per i quali era già stata pubblicata la graduatoria definitiva di ammissione al finanziamento degli enti locali;

    la suddetta decisione del Governo rischia di creare anche seri problemi agli enti locali e al rapporto tra questi, il sistema delle imprese e le stesse autorità di Governo, avendo i comuni lavorato alacremente e celermente per progettare le opere da realizzare e assegnare i lavori;

    la grave scelta denota la scarsa attenzione del Governo alla lotta alle mafie, attraverso l'inconcepibile e veloce cancellazione del più grande investimento su questi beni pubblici degli ultimi 40 anni, che si sarebbero trasformati in asili nido, centri antiviolenza, presidi di mutualismo e legalità in territori colpiti dalla violenza mafiosa, e che penalizza tutte quelle amministrazioni comunali che in questi mesi hanno progettato, impiegato risorse pubbliche e attivato manifestazioni di interesse con l'ANBSC, e improvvisamente, si trovano senza risorse previste per trasformare il tesoro dei boss in beni pubblici per la comunità;

    con la riqualificazione di tali beni, attraverso i relativi progetti si intendevano perseguire diverse finalità:

     1) l'aumento dell'inclusione sociale attraverso la creazione di residenze sociali e sanitari, strutture di co-housing e flat sharing;

     2) l'aumento dell'integrazione attraverso il completo rinnovo degli spazi pubblici al di fine ampliare l'offerta dei servizi al cittadino (servizi sociali di comunità, scuole di infermieristica, centri ricreativi, librerie, palestre, laboratori, eccetera);

     3) creazione di nuovi luoghi di ritrovo per i giovani gestiti da associazioni (mini-librerie, sale prova per musicisti, eccetera);

     4) supporto, tramite lo sviluppo di hub e centri tematici, alla creazione di nuove opportunità di lavoro per i giovani e le persone a rischio esclusione, attraverso la produzione di beni e servizi di interesse pubblico;

     5) aumento dei presidi di legalità e sicurezza del territorio (stazioni di polizia/carabinieri, protezione civile, eccetera) al fine di promuovere un'economia legale e trasparente;

     6) creazione di nuove strutture per l'ospitalità, la mediazione e l'integrazione culturale al contro mafie e corruzione non è tollerabile nessun passo indietro;

    l'articolo 6, comma 1, del provvedimento si limita alla nomina di un Commissario straordinario per assicurare la rapida realizzazione degli interventi – non più finanziati con le risorse del PNRR – di recupero, rifunzionalizzazione e valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata, senza prevedere alcuna forma di rifinanziamento,

impegna il Governo

nel primo provvedimento utile, a destinare agli enti locali le risorse necessarie al riuso di quei beni che, sottratti alla criminalità tramite provvedimenti di confisca, avrebbero potuto avere nuova vita a vantaggio delle collettività dagli stessi amministrate.
9/1752-A/84. Dori, Zanella, Grimaldi, Borrelli, Evi, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, all'esame dell'Assemblea, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), contiene meritoriamente, nello specifico, disposizioni urgenti in materia di giustizia e di reclutamento dei magistrati tributari;

    l'articolo 24, in particolare, come modificato in sede referente, disciplina la procedura concorsuale riguardante i magistrati tributari, al fine di consentire la continuità della funzione giurisdizionale per l'anno 2024, definendo i criteri delle prove concorsuali e del loro svolgimento, nonché i criteri per la valutazione dei candidati;

    tuttavia, il provvedimento non appare aver esaurito le ulteriori modificazioni all'ordinamento giuridico necessarie, nello specifico in materia dei magistrati tributari,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:

    a) valorizzare maggiormente la competenza dei magistrati transitati con riguardo alle nomine nei posti vacanti;

    b) bandire un concorso, per l'anno 2024, finalizzato al reclutamento di un numero congruo di magistrati;

    c) applicare alla magistratura tributaria quanto previsto per la magistratura ordinaria e per le altre magistrature, facendo in modo che il trattamento economico spettante ai magistrati tributari sia equiparato a quello dei magistrati ordinari.
9/1752-A/85. Osnato.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7 prevede la nomina di un Commissario straordinario con la finalità di assicurare il conseguimento degli obiettivi della Missione 5, Componente 2, Investimento 2.2 del PNRR relativa al superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura;

    secondo il Rapporto su «Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare» pubblicato nel 2022 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, almeno 10 mila lavoratori agricoli migranti vivono in insediamenti informali in Italia. I comuni hanno segnalato 150 insediamenti informali o spontanei non autorizzati, con sistemazioni varie (casolari e palazzi occupati, baracche, tende, roulotte) e presenze che vanno dalle poche unità registrate nei micro insediamenti alle migliaia di persone nei «ghetti» più noti alle cronache;

    le operazioni di contrasto al caporalato hanno dimostrato in modo inequivocabile che l'impianto normativo delineato dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, sul piano repressivo, è adeguato ed efficace. In particolare, la nuova norma penale, che – con la riformulazione dell'articolo 603-bis del codice penale – ha meglio definito la condotta di intermediazione illecita e di sfruttamento, e i nuovi strumenti di indagine, affiancati alla responsabilità penale dell'imprenditore e alle misure di prevenzione conseguenti, hanno sortito un effetto notevolmente deterrente rispetto al fenomeno in esame, come testimoniano i dati registrati negli ultimi anni;

    l'impianto della legge del 2016 si è, tuttavia largamente inattuato, relativamente alla parte preventiva, presentando alcuni aspetti problematici. In relazione a tale profilo, gli strumenti di contrasto allo sfruttamento illecito della manodopera andrebbero integrati e rafforzati, sia attraverso la piena attuazione della legge richiamata anche sul versante della prevenzione, sia attraverso la previsione di interventi diretti, in generale, a rimuovere gli squilibri e le distorsioni della produzione agro-alimentare destinati a ripercuotersi negativamente anche sulle dinamiche del lavoro agricolo,

impegna il Governo

a garantire su tutto il territorio nazionale la piena applicazione della suddetta legge n. 199 del 2016, il rafforzamento dei servizi ispettivi e maggior tutela e protezione sociale dei lavoratori vittime di sfruttamento.
9/1752-A/86.Forattini, Vaccari, Marino, Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 4-quinquies proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 la possibilità di utilizzare i finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali colpite dal sisma 2012 nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto;

    il Governo ha deciso di escludere dalle deroghe al decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, tutte le regioni colpite da terremoti e sisma, tranne l'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto una discriminazione che ignora le richieste di sindaci e amministratori locali e che colpisce in particolare quelle famiglie che stanno completando la ricostruzione delle proprie case;

    la mancata deroga al decreto-legge Superbonus rischia di penalizzare un numero di cantieri pari al 5 per cento del totale, già autorizzati e finanziati dalla struttura commissariale, ma che sono ancora aperti a causa di diverse ragioni, a partire dal caro materiali che ne ha rallentato il completamento,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere le deroghe anche alle zone dell'Emilia-Romagna colpite dal sisma del 2012, al fine di garantire equità e giustizia per tutte le aree terremotate del Paese.
9/1752-A/87. Vaccari, Marino, Forattini, Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'Ue con decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette Missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU;

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    a distanza di tre mesi dalla revisione, con il decreto-legge oggi in esame, il Governo è intervenuto per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa alle misure definanziate;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano nazionale complementare (PNC) da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento della misura M2C4 Investimento 2.1.A — Misure per la gestione del rischio di alluvione e per ridurre il rischio idrogeologico, a tal fine prevedendo con il primo provvedimento utile l'apposito stanziamento di 1.287 milioni di euro.
9/1752-A/88. Morassut.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'Unione europea con decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette Missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU;

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    a distanza di tre mesi dalla revisione, con il decreto-legge oggi in esame, il Governo è intervenuto per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa alle misure definanziate;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano nazionale complementare (PNC) da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento della misura M5C3 Investimento 1.1.1 Aree interne – Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità, a tal fine prevedendo con il primo provvedimento utile l'apposito stanziamento di 225 milioni di euro.
9/1752-A/89. Madia.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'UE con decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette Missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU;

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    a distanza di tre mesi dalla revisione, con il decreto-legge oggi in esame, il Governo è intervenuto per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa alle misure definanziate;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano Nazionale Complementare (PNC) da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento della misura M2C2 Investimento 5.3 — Sviluppo leadership internazionale industriale e di ricerca e sviluppo nel campo degli autobus elettrici, a tal fine prevedendo con il primo provvedimento utile l'apposito stanziamento di 200 milioni di euro.
9/1752-A/90. Mancini.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'Unione europea con decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette Missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU,

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    a distanza di tre mesi dalla revisione, con il decreto-legge oggi in esame, il Governo è intervenuto per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa alle misure definanziate;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano nazionale complementare (PNC) da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento della misura M5C2 Investimento 2.1 – Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, per ridurre emarginazione e degrado sociale, a tal fine prevedendo con il primo provvedimento utile l'apposito stanziamento di 1.300 milioni di euro.
9/1752-A/91. Quartapelle Procopio.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'Unione europea con Decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU;

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    a distanza di tre mesi dalla revisione, con il decreto-legge oggi in esame, il Governo è intervenuto per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa alle misure definanziate;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano nazionale complementare (PNC) da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento della misura M2C2 – Investimento 1.3: Promozione impianti innovativi (incluso off-shore), a tal fine prevedendo con il primo provvedimento utile l'apposito stanziamento di 675 milioni di euro.
9/1752-A/92. De Micheli.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'Unione europea con decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette Missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU,

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    a distanza di tre mesi dalla revisione, con il decreto-legge oggi in esame, il Governo è intervenuto per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa alle misure definanziate;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano nazionale complementare (PNC) da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento della misura M3C1 – Investimento 1.2.3 Linee di collegamento ad alta velocità con l'Europa nel Nord (Verona-Brennero – opere di adduzione), a tal fine prevedendo con il primo provvedimento utile l'apposito stanziamento di 930 milioni di euro.
9/1752-A/93. Zan.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi di euro) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi di euro);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR e cancellati dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra i tagli sul PNC dell'articolo 1, comma 8 e il comma 13 del medesimo articolo che prevede lo spostamento su risorse nazionali per l'edilizia sanitaria degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» determina un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale Esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore sanitario minano l'idea di centralità e universalità del servizio senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con le regioni, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a valutare gli effetti negativi dell'applicazione delle disposizioni di cui in premessa e garantire, nel prossimo provvedimento utile, la destinazione di 1,2 miliardi di euro per gli investimenti nel settore sanitario.
9/1752-A/94. Braga, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Bonafè, Carè, Casu, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Luca, De Maria, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Ghio, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerini, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Provenzano, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Schlein, Scotto.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Basilicata, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/95. Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Lazio, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/96. Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Lombardia, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/97. Mauri.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto delle disposizioni di cui ai commi 8 e 13 dell'articolo 1, che prevedono una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria, determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni, attraverso le parole del presidente Fedriga, ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale Esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

a intraprendere un confronto con la regione Piemonte, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/98. Fassino.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al Piano nazionale di ripresa e resilienza che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del Piano nazionale complementare oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 8 e 13, che prevedono una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria, determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale complementare doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Puglia, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del presente decreto-legge potrebbe far venir meno.
9/1752-A/99. Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Sardegna, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/100. Lai.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi di euro) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi di euro);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi di euro nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la Regione Siciliana, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/101. Provenzano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 44-quinquies, introdotto durante l'esame referente, prevede che le regioni organizzano i servizi consultoriali nell'ambito della Missione 6, componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità;

    si tratta di una norma che incide su una materia delicata come l'attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194, inserita quasi senza dibattito nel brevissimo iter di esame del provvedimento in commissione con il solo scopo, ad avviso della presentatrice dell'ordine del giorno, di fare entrare nei consultori associazioni anti abortiste che possano incidere psicologicamente, in modo inaccettabile e violento, sulla volontà delle donne che si confrontano con la difficilissima scelta dell'interruzione volontaria di gravidanza,

impegna il Governo

ad assicurare che le disposizioni citate in premessa non minino in alcun modo la piena attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194 e non restringano il diritto delle donne ad avere accesso ad una interruzione volontaria di gravidanza.
9/1752-A/102. Ferrari.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi di euro) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi di euro);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi di euro nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Veneto, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/103. Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al Piano nazionale di ripresa e resilienza che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del Piano nazionale complementare oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni dell'articolo 1, comma 8 e comma 13 che prevede una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale complementare doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con la regione Emilia-Romagna, coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del decreto potrebbe far venir meno.
9/1752-A/104. De Maria.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    l'ambito più colpito da questa impostazione scelta dal Governo è, senza dubbio, quello sanitario. Il combinato disposto tra le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 8 e 13, che prevedono una diversa copertura degli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile», il cui finanziamento è posto a valere sulle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria determinano un taglio di 1,2 miliardi nel settore;

    persino la Conferenza delle regioni attraverso le parole del presidente Fedriga ha lanciato un profondo allarme dei territori rispetto ad una diminuzione di risorse che l'attuale esecutivo si ostina a negare;

    obiettivo del PNRR e del PNC doveva essere quello di rilanciare il sistema sanitario all'indomani della pandemia, questi ulteriori tagli al settore lo indeboliscono, si allontanano dall'idea di centralità e universalità del servizio, senza prospettare alcuna alternativa alla ricetta dei ticket più alti per la sanità pubblica e accreditamenti più cospicui per quella privata,

impegna il Governo

ad intraprendere un confronto con le regioni Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta coinvolgendo il Parlamento, finalizzato a ripristinare le risorse per tutti gli investimenti del programma denominato «Verso un ospedale sicuro e sostenibile» che l'applicazione delle disposizioni del presente decreto-legge potrebbe far venir meno.
9/1752-A/105. Bakkali.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12, comma 11, reca disposizioni in materia di Zone logistiche semplificate (ZLS), volte a creare condizioni favorevoli allo sviluppo di nuovi investimenti nelle aree portuali delle regioni più sviluppate che, in deroga ai divieti di aiuti di Stato dell'Unione europea, prevedono agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrative per le imprese che vi operano;

    le ZLS sono state previste dagli articoli 4, 5 e 5-bis del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, disposizioni novellate varie volte e, da ultimo, con l'articolo 37, comma 3, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, fino all'abrogazione degli articoli 4 e 5-bis e alla modifica dell'articolo 5 con il decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162;

    la disposizione introdotta con il decreto-legge in conversione è quindi volta a far salvo il testo degli articoli 5 e 5-bis del citato decreto-legge n. 91 del 2017 cui la legge di bilancio del 2018 rinvia, cristallizzando le norme vigenti al 2022;

    la struttura di governance e il generale assetto di agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrative del citato decreto-legge n. 91 del 2017, dopo essere stato quasi interamente soppiantato in relazione alle 8 ZES attivate nel Sud Italia per presunte incapacità di stimolare investimenti, viene dunque riabilitato per favorire nuovi insediamenti produttivi nelle regioni del Nord Italia;

    al contempo, come testimoniato anche dalle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 16, del decreto-legge in conversione, recante la sospensione dei termini dei procedimenti non ancora definiti e soggetti ad autorizzazione unica nella ZES per il Mezzogiorno, la Zona economica speciale unica per il Sud, introdotta con il citato decreto-legge n. 124 del 2023, stenta a decollare, manifestando perplessità e gravissime problematiche sotto diversi profili;

    tali deficit, in più occasioni segnalati al Governo anche per mezzo di interrogazioni parlamentari, rischiano di paralizzare gli investimenti in essere e di dissuadere le imprese dalla presentazione di nuovi progetti di insediamento industriale e apertura di attività, rendendo completamente inefficace e inutile l'esistenza stessa della ZES Unica;

    come dimostrato dall'istituzione delle ZLS al Nord e malgrado la frettolosa archiviazione dell'esperienza delle 8 ZES nelle regioni del Sud, il precedente modello organizzativo è ritenuto tuttora valido anche dall'attuale Esecutivo,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riformare la governance, le modalità organizzative, le agevolazioni fiscali e le semplificazioni amministrative della ZES Unica, ripristinando il medesimo modello adottato per le Zone logistiche semplificate.
9/1752-A/106. Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto all'esame interviene in particolare sulla governance per il PNRR e il PNC e prevede tra l'altro misure in materia di digitalizzazione, con modifiche al Codice dell'amministrazione digitale;

    nell'ambito della medesima misura sulla digitalizzazione l'articolo 20, al comma 3, prevede che i diritti di opzione per l'acquisto dell'intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella PagoPA (società in house della Presidenza del Consiglio dei ministri) siano attribuiti in misura maggioritaria all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa e, in misura minoritaria, a Poste Italiane Spa;

    la misura potrebbe rientrare nella visione del Governo nella più ampia operazione di privatizzazione di Poste italiane Spa al quale il Gruppo del Partito democratico si è già fermamente opposto in sede di esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa;

    la dismissione delle quote azionarie, a cui si aggiunge l'operazione di acquisizione da parte di Poste italiane Spa del 49 per cento della quota capitale di PagoPA, evidenzia l'utilizzo della più importante azienda italiana di servizi come fonte di finanziamento delle politiche del Governo;

    anche l'Antitrust ha rilevato diversi elementi di criticità sia per la contestuale proposta di privatizzazione di Poste Italiane Spa sia per le modalità con cui il Governo intende operare in assenza di procedure concorsuali rimarcando gli effetti estremamente negativi in termini di concorrenza e protezione di dati sensibili dei cittadini;

    PagoPA Spa è un modello di eccellenza, con un know-how essenziale per la transizione digitale del settore pubblico;

    la privatizzazione di Poste italiane Spa e la contestuale cessione di PagoPA Spa rischiano di creare un enorme danno al Paese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti negativi in termini di concorrenza e protezione di dati sensibili dei cittadini evidenziati dall'Antitrust conseguenti all'acquisto dell'intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella società PagoPA Spa (società in house della Presidenza del Consiglio dei ministri) in misura maggioritaria all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa e in misura minoritaria a Poste italiane Spa allo scopo di adottare in tempi rapidi le opportune iniziative normative volte a scongiurarne la cessione.
9/1752-A/107. Merola.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto all'esame interviene in particolare sulla governance per il Piano nazionale di ripresa e resilienza e il Piano nazionale complementare e prevede, tra l'altro, misure in materia di digitalizzazione, con modifiche al Codice dell'amministrazione digitale;

    nell'ambito della medesima misura sulla digitalizzazione l'articolo 20, al comma 3, prevede che i diritti di opzione per l'acquisto dell'intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella PagoPa (società in house della Presidenza del Consiglio dei ministri) siano attribuiti in misura maggioritaria a all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa e, in misura minoritaria, a Poste Italiane Spa;

    la misura potrebbe rientrare nella visione del Governo nella più ampia operazione di privatizzazione di Poste Italiane Spa al quale il Gruppo del Partito Democratico si è già fermamente opposto in sede di esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa;

    la dismissione delle quote azionarie, a cui si aggiunge l'operazione di acquisizione da parte di Poste italiane Spa del 49 per cento della quota capitale di PagoPa, evidenzia l'utilizzo della più importante azienda italiana di servizi come fonte di finanziamento delle politiche del Governo;

    anche l'Antitrust ha rilevato diversi elementi di criticità sia per la contestuale proposta di privatizzazione di Poste Italiane Spa sia per le modalità con cui il governo intende operare in assenza di procedure concorsuali rimarcando gli effetti estremamente negativi in termini di concorrenza e protezione di dati sensibili dei cittadini;

    PagoPA Spa è un modello di eccellenza, con un know-how essenziale per la transizione digitale del settore pubblico;

    la privatizzazione di Poste Italiane Spa e la contestuale cessione di PagoPa Spa rischiano di creare un enorme danno al Paese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti negativi in termini di concorrenza e protezione di dati sensibili dei cittadini evidenziati dall'Antitrust conseguenti all'acquisto dell'intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella società PagoPa Spa (società in house della Presidenza del Consiglio dei ministri) in misura maggioritaria all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa e in misura minoritaria a Poste Italiane Spa allo scopo di adottare in tempi rapidi le opportune iniziative normative volte ad attivare procedure per valutare le manifestazioni di interesse effettuate nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione per la cessione della quota minoritaria ad almeno due soggetti cessionari evitando così che la concentrazione comporti la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante, così da ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza.
9/1752-A/108. Roggiani.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento all'esame dell'Assemblea istituisce e disciplina il piano «Transizione 5.0». L'articolo introduce un contributo, sotto forma di credito d'imposta, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici alle condizioni, nelle misure ed entro i limiti di spesa stabiliti. L'articolo 38 disciplina anche i requisiti per ottenere le agevolazioni e soggetti esclusi, l'elenco degli investimenti agevolabili, il calcolo dei parametri rilevanti ai fini dell'agevolazione, le condizioni di accesso all'agevolazione tra cui la presentazione di apposite certificazioni attestanti la riduzione dei consumi energetici conseguibili e l'effettiva realizzazione degli investimenti, le modalità di utilizzo del credito di imposta e il suo cumulo con altri incentivi, il regime dei controlli, l'implementazione e gestione di una piattaforma informatica finalizzata a consentire il monitoraggio e il controllo dell'andamento dell'agevolazione;

    gli investimenti agevolabili riguardano beni materiali e immateriali nuovi, strumentali all'esercizio d'impresa di cui agli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, e che sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Le tipologie di beni interessati dalla misura sono asset digitali (beni 4.0 materiali e immateriali), asset necessari per l'autoproduzione e l'autoconsumo di energia da Fer (esclusa la biomassa), la formazione del personale in competenze per la transizione ecologica. L'importo del credito è commisurato proporzionato alla riduzione finale del consumo energetico ottenuta con l'investimento da ciascuna impresa e prevede tre livelli crescenti di intensità di aiuto. Un ulteriore 1 per cento del budget è volto a creare una piattaforma di gestione delle certificazioni dei progetti. La misura prevede anche la pubblicazione di un report, da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy, di valutazione degli investimenti PNRR di sua competenza;

    l'investimento Transizione 5.0 (M7-I15), inserito nel capitolo REPowerEU del PNRR Italiano, è finalizzato alla transizione dei processi produttivi verso un modello di produzione sostenibile con un budget di 6.300 milioni di euro, puntando a raggiungere un risparmio energetico cumulato di 400.000 Tep (tonnellate di equivalente in petrolio). La misura, secondo quanto riporta la relazione del Governo sullo stato di attuazione del PNRR (Doc. XIII, n. 2) trasmessa il 26 febbraio 2024, è strutturata come un credito di imposta a valere sulle spese effettuate dalle imprese nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 ed il 31 dicembre 2025;

    l'agevolazione introdotta presenta numerose similitudini con il precedente credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, sia con riferimento alla disciplina sostanziale – percentuale agevolata decrescente rispetto alla dimensione dell'investimento, condizioni di ammissione – sia per quanto riguarda il regime di utilizzabilità e i controlli ed è volta a incentivare gli investimenti in innovazione energetica e digitale delle imprese, anche in abbinamento a investimenti in impianti di autoproduzione da Fer. Si tratta, anche grazie all'entità delle risorse stanziate, di un'agevolazione in grado di sostenere in maniera diffusa gli investimenti delle PMI per efficientare i propri processi e, in particolare, realizzare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili da destinare all'autoconsumo, riducendo così in maniera significativa i costi energetici che, soprattutto per le piccole imprese, sono particolarmente penalizzanti. In particolare, considerando che il confronto con la Commissione europea ha portato ad «abbinare» gli interventi di riduzione dei consumi energetici con gli investimenti in autoproduzione, occorre evitare che questi ultimi rimangano penalizzati da complessità o vincoli troppo stringenti nella realizzazione degli interventi «trainanti» in transizione 5.0., vista anche l'importanza delle risorse assegnate su due anni, che, ricomprendendo quanto già disponibile per Transizione 4.0, possono effettivamente rappresentare un'importante occasione di rilancio dell'economia nazionale, raccogliendo le aspettative delle imprese che sino ad ora hanno preferito rimanere alla finestra e rallentare negli investimenti in beni produttivi, in relazione alle incertezze del quadro economico e congiunturale, fortemente condizionato anche dalla instabilità geopolitica;

    ulteriori condizioni possono essere definite per favorire una maggiore efficacia e appetibilità della misura come favorire l'incremento del livello di efficienza raggiunto delle tecnologie applicate che per quanto attiene al fotovoltaico riguarda l'uso di pannelli bifacciali. Questo consentirebbe di incrementare la quota di mercato ammessa alle agevolazioni del nuovo piano previsto dal decreto-legge in esame, al fine di evitare strozzature nelle forniture delle tecnologie e quindi rallentamenti nelle installazioni. La rimodulazione proposta infatti, aprirebbe alle tecnologie ad oggi ad altri sedici imprese che producono moduli in Europa, di cui due con stabilimenti in Italia, e a centouno tipologie di prodotti ad oggi esclusi. Inoltre, una maggiore apertura del mercato permetterebbe anche di diminuire il rischio di un plausibile incremento dei prezzi dovuto alla scarsità dell'offerta, quindi minori installazioni totali e pertanto di potenzialità di decarbonizzazione,

impegna il Governo

ad intervenire con il primo provvedimento utile per modificare la lettera a) del comma 1 dell'articolo 12 del cosiddetto decreto-legge Energia (decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 febbraio 2024, n. 11), al fine di esplicitare che nel Registro che verrà redatto dall'ENEA sulle tecnologie legate al fotovoltaico, nonché nelle tecnologie agevolate ai sensi del Piano Transizione 5.0, per quanto riguarda i moduli fotovoltaici si intendono anche i moduli bifacciali.
9/1752-A/109. Di Sanzo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 38 del provvedimento all'esame dell'Assemblea istituisce e disciplina il piano «Transizione 5.0». L'articolo introduce un contributo, sotto forma di credito d'imposta, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici alle condizioni, nelle misure ed entro i limiti di spesa stabiliti. L'articolo 38 disciplina anche i requisiti per ottenere le agevolazioni e soggetti esclusi, l'elenco degli investimenti agevolabili, il calcolo dei parametri rilevanti ai fini dell'agevolazione, le condizioni di accesso all'agevolazione tra cui la presentazione di apposite certificazioni attestanti la riduzione dei consumi energetici conseguibili e l'effettiva realizzazione degli investimenti, le modalità di utilizzo del credito di imposta e il suo cumulo con altri incentivi, il regime dei controlli, l'implementazione e gestione di una piattaforma informatica finalizzata a consentire il monitoraggio e il controllo dell'andamento dell'agevolazione;

    gli investimenti agevolabili riguardano beni materiali e immateriali nuovi, strumentali all'esercizio d'impresa di cui agli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 e che sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Le tipologie di beni interessati dalla misura sono asset digitali (beni 4.0 materiali e immateriali), asset necessari per l'autoproduzione e l'autoconsumo di energia da FER (esclusa la biomassa), la formazione del personale in competenze per la transizione ecologica. L'importo del credito è commisurato proporzionato alla riduzione finale del consumo energetico ottenuta con l'investimento da ciascuna impresa e prevede tre livelli crescenti di intensità di aiuto. Un ulteriore 1 per cento del budget è volto a creare una piattaforma di gestione delle certificazioni dei progetti. La misura prevede anche la pubblicazione di un report, da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy, di valutazione degli investimenti PNRR di sua competenza;

    l'investimento Transizione 5.0 (M7-I15), inserito nel capitolo REPowerEU del PNRR Italiano, è finalizzato alla transizione dei processi produttivi verso un modello di produzione sostenibile con un budget di 6.300 milioni, puntando a raggiungere un risparmio energetico cumulato di 400.000 TEP (tonnellate di equivalente in petrolio). La misura, secondo quanto riporta la relazione del Governo sullo stato di attuazione del PNRR (Doc. XIII, n. 2) trasmessa il 26 febbraio 2024, è strutturata come un credito di imposta a valere sulle spese effettuate dalle imprese nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 ed il 31 dicembre 2025;

    l'agevolazione introdotta presenta numerose similitudini con il precedente credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, sia con riferimento alla disciplina sostanziale – percentuale agevolata decrescente rispetto alla dimensione dell'investimento, condizioni di ammissione – sia per quanto riguarda il regime di utilizzabilità e i controlli ed è volta a incentivare gli investimenti in innovazione energetica e digitale delle imprese, anche in abbinamento a investimenti in impianti di autoproduzione da FER. Si tratta, anche grazie all'entità delle risorse stanziate, di un'agevolazione in grado di sostenere in maniera diffusa gli investimenti delle piccole e medie imprese per efficientare i propri processi e, in particolare, realizzare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili da destinare all'autoconsumo, riducendo così in maniera significativa i costi energetici che, soprattutto per le piccole imprese, sono particolarmente penalizzanti;

    il Next Generation EU (NGEU) è stato ideato non solo con l'obiettivo di sostenere la ripresa degli Stati membri, ma anche con quello di ridurre le disparità fra essi e all'interno di ciascuno di essi. Per questo motivo le risorse sono allocate non in proporzione alla popolazione, ma in relazione alle loro difficoltà strutturali e alle loro necessità di ripresa dopo la pandemia. Le disparità tra paesi e territori rappresentano una sfida fondamentale per la coesione sociale ed economica dell'Unione europea. Il PNRR a tal proposito fa riferimento alla dimensione territoriale in virtù della norma generale che prevede che almeno il 40 per cento del totale delle risorse territorializzabili siano allocate nelle regioni del Sud. Il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha poi stabilito che tale norma si applichi a tutte le misure del Piano: alla luce di tutto questo, le misure previste dall'articolo 38 rischiano di inficiare il rispetto di questo criterio per la misura in oggetto, dato che, a differenza di quanto avveniva per il piano Transizione 4.0, si esclude la cumulabilità dell'incentivo 5.0 con altri aiuti alle imprese (ad esempio il credito d'imposta per investimenti nella ZES unica), applicabili alle imprese che operano nelle regioni del Sud;

    si rende necessario quindi ripristinare la possibile cumulabilità i diversi regime d'aiuto al fine di evitare la concentrazione degli incentivi 5.0 alle sole aziende insediate nelle aree affluenti, determinando un paradossale effetto di divaricazione a scapito dei territori che andrebbero maggiormente sostenuti,

impegna il Governo

a intervenire con il primo provvedimento utile per consentire che il credito d'imposta citato in premessa sia cumulabile, per i medesimi costi, con altri incentivi e sostegni previsti dalla normativa vigente, in particolare quelli previsti per la ZES unica di cui all'articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162.
9/1752-A/110. Graziano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea reca «misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma», interventi volti a «un'ulteriore semplificazione e accelerazione delle procedure, incluse quelle di spesa, strumentali all'attuazione del PNRR», nonché «misure per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi»;

    il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin durante il question time alla Camera rispondendo a un'interrogazione sulle grandi concessioni idroelettriche e sulla posizione dell'Italia in sede europea all'interno del PNRR, ha chiarito che è stato assunto uno specifico impegno a «rendere obbligatorio lo svolgimento di gare per i contratti di concessione per l'energia idroelettrica, definire il quadro normativo per le concessioni idroelettriche ed eliminare gradualmente la possibilità di prorogare i [predetti] contratti», come recita testualmente la milestone M1C2-6 del PNRR, cui si è dato attuazione mediante l'articolo 7 della legge sulla concorrenza relativa al 2021, oggetto di valutazione positiva da parte della Commissione europea nell'ambito del pagamento della terza rata del PNRR stesso;

    l'idroelettrico rappresenta la prima FER in Italia, producendo il 41 per cento dell'energia complessiva rinnovabile con quasi 4.300 impianti che ogni anno producono 46 TWh. Una risorsa energetica che impiega quasi 15.300 addetti e che necessita costante manutenzione e continui investimenti. Sono state più volte segnalate capacità non sfruttate del sistema idroelettrico «storico»: la potenza lorda degli impianti idroelettrici operativi è quasi raddoppiata dal 1963 ad oggi, eppure, la produzione idroelettrica si è mantenuta sostanzialmente costante, segno evidente della carenza di investimenti del settore che ne penalizza la produzione. Le 532 dighe maggiori, tra cui 309 a prevalente uso idroelettrico gestite da 28 concessionari, hanno in media addirittura 80 anni. Per rimetterle a nuovo, dotarle di tecnologie evolute e drenare i bacini, in modo da gestire il calo delle piogge per la crisi climatica, secondo uno studio di The European House – Ambrosetti e A2A, servono investimenti per 48 miliardi in dieci anni;

    nel 2021 è stata disposta l'archiviazione delle procedure di infrazione in precedenza avviate nei confronti di diversi Stati membri, tra cui l'Italia in relazione alle modalità di affidamento senza gara delle Grandi concessioni idroelettriche: tra le ragioni dell'archiviazione, la Commissione ha preso atto che le analisi svolte hanno mostrato una situazione stagnante nel settore idroelettrico negli ultimi 15 anni e anche nel prossimo futuro, il che rivelerebbe la mancanza di un interesse economico a realizzare i nuovi impianti anche in ragione degli investimenti necessari per adempiere agli obblighi ambientali derivanti dalla normativa unionale;

    con l'articolo 25, comma 1, lettera 0a) del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51, si è estesa la disciplina del golden power anche alle concessioni di grande derivazione idroelettrica;

    con la legge sulla concorrenza n. 118 del 2022 si è stabilito che procedure di assegnazione delle concessioni sono effettuate tenendo conto degli interventi di miglioramento delle infrastrutture esistenti e di recupero della capacità di invaso, e si prevede la competenza normativa, sulla materia, delle singole regioni e l'avvio non oltre il 31 dicembre 2023 delle gare per l'assegnazione delle concessioni di derivazione d'acqua per uso idroelettrico scadute o in scadenza: nel frattempo i Tar sono stati investiti da una serie di ricorsi, tra le regioni che hanno l'obbligo di bandire le gare (e che vogliono incassare quanto più possibile dalle concessioni) e gli operatori che per investire chiedono la riassegnazione dei contratti e l'estensione delle durate. Tra dicembre 2023 e gennaio 2024 le regioni Lombardia e Abruzzo hanno avviato le procedure per la riassegnazione delle prime concessioni scadute. Tali azioni, pur compiute nell'alveo delle rispettive competenze e deliberazioni regionali in materia, hanno evidenziato importanti profili di disomogeneità inerenti non solo alle condizioni di gara ma anche alle leggi regionali stesse, ostacolando già in partenza lo sviluppo di investimenti nel settore;

    quindi il tema è che le imprese, gli operatori, temendo di perdere la gestione degli impianti, non investono e in questo momento sono «paralizzati» in attesa di sapere cosa riserva il futuro e purtroppo, questo pone con urgenza il tema degli investimenti e dell'ammodernamento tecnologico del settore come riscontrato con tragica contingenza in relazione all'incidente occorso alla diga di Bargi, dove Enel Green Power, nell'ambito di un programma di efficientamento, a inizio 2022 ha avviato un progetto per l'aggiornamento tecnologico di alcune parti dell'impianto emiliano: secondo la Filctem Cgil, «Senza garanzie sui loro investimenti, le aziende concessionarie dell'idroelettrico fanno la manutenzione straordinaria, ma non quella ordinaria che nei fatti è legata a professionalità interne. Occorrono conoscenze specifiche dei singoli impianti, che sono uno diverso dall'altro, e della loro storia. Quelle professionalità non sono più presenti nelle aziende: nessuno conosce più gli impianti»;

    è evidente come sia assolutamente attuale l'esigenza di introdurre misure atte a valorizzare le potenzialità dell'idroelettrico, considerata il suo essere asset strategico per la sicurezza energetica del Paese,

impegna il Governo

ad intervenire, con il primo provvedimento utile, sulla disciplina delle concessioni idroelettriche prevedendo che, pur salvaguardando le condizioni economiche di mercato, le regioni e le province autonome possano, in alternativa a quanto previsto e fermo restando il passaggio in proprietà delle opere, riassegnare direttamente al concessionario scaduto o uscente le concessioni per l'uso dei beni acquisiti alla proprietà pubblica, delle acque e della relativa forza idraulica.
9/1752-A/111. Peluffo.


   La Camera,

   premesso che:

    il nuovo PNRR italiano, a seguito della revisione approvata dal Consiglio dell'Unione europea con decisione dell'8 dicembre 2023, prevede ora sette Missioni, con l'inclusione del capitolo REPowerEU;

    per finanziare il nuovo capitolo del REPowerEU e le ulteriori modifiche apportate al Piano, sono stati sostanzialmente apportati definanziamenti, integrali o parziali, rimodulazioni e riallocazioni delle risorse finanziarie previste dal Piano originario, peraltro con effetti sulle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024 e sulle correlate esigenze di cassa;

    ciò ha generato uno stato di incertezza sulla prosecuzione degli investimenti del PNRR su progetti in buona parte avviati, nonché di preoccupazione rispetto allo spostamento di risorse finanziarie destinate ad altre finalità, con particolare riferimento alle politiche per il Mezzogiorno;

    il decreto-legge oggi in esame, per approntare le risorse finanziarie per dare continuità attuativa ad alcune misure definanziate, stabilisce espressamente una serie di ulteriori tagli a valere sulle risorse del Piano nazionale complementare (PNC), che prevede interventi non meno importanti di quelli inseriti nel PNRR su settori strategici come sanità, energia e trasporti;

    ciononostante, il rifinanziamento risulta parziale, tant'è che nel provvedimento stesso si prevede un meccanismo di monitoraggio degli investimenti previsti dal PNC da tagliare per recuperare altre risorse, nonché delle iniziative intraprese ai fini del reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la copertura integrale dei costi delle misure eliminate dal PNRR,

impegna il Governo

ad assicurare l'effettivo e integrale rifinanziamento dei progetti, a valere sia sulle risorse del PNRR che su quelle del PNC, finalizzati ad incrementare e migliorare i servizi essenziali per i cittadini, in particolare quelli relativi al settore della salute, alla scuola e agli asili.
9/1752-A/112. De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR, il quale, per il settore giustizia, ha impegnato il Paese con l'Europa ad attuare riforme strategiche, che sono state approvate in tempi assolutamente utili ma che adesso necessitano di piena attuazione;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha infatti individuato nel sistema giustizia uno snodo strategico per il rilancio del Paese e, nella celerità dei processi, uno degli obiettivi strategici cui orientare parte dei progetti finanziati con le risorse europee e, per ridurre la durata dei giudizi, il Piano si prefigge tra gli obiettivi quello di portare a piena attuazione l'Ufficio del processo, introdotto in via sperimentale dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, di rafforzare la capacità amministrativa del sistema, per valorizzare le risorse umane, integrare il personale delle cancellerie, e sopperire alla carenza di professionalità tecniche, diverse da quelle di natura giuridica, essenziali per attuare e monitorare i risultati dell'innovazione organizzativa, potenziare le infrastrutture digitali con la revisione e diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti, garantire al sistema giustizia strutture edilizie efficienti e moderne, contrastare la recidiva dei reati potenziando gli strumenti di rieducazione e di reinserimento sociale dei detenuti,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue prerogative, ai fini del conseguimento degli obiettivi stabiliti dal PNRR nonché al fine di supportare l'azione di abbattimento dell'arretrato civile e delle pendenze civili e penali e la celere definizione dei procedimenti giudiziari, per l'attuazione delle riforme, per l'abbattimento della recidiva e per la piena attuazione dei principi costituzionali, quale quello di cui all'articolo 27 della Costituzione, a prevedere il reclutamento di non meno di 500 nuovi magistrati, eventualmente anche tramite lo scorrimento di graduatorie in corso di validità all'entrata in vigore della legge in esame, a garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, aumentando il personale e portando a termine i concorsi già banditi, ad agire assicurando la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, aumentandone la dotazione organica, potenziando gli organici dei funzionari della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale, psicologi e di mediatore culturale, a assicurare la piena operatività delle strutture organizzative denominate «Ufficio per il processo», costituite ai sensi dell'articolo 16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevedendo che il personale reclutato con il profilo di addetto all'Ufficio per il processo – da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia tramite concorso pubblico al termine del contratto di lavoro di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, possa accedere ad un contratto a tempo indeterminato presso l'amministrazione assegnataria previo colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica nell'ambito del Piano triennale dei fabbisogni dell'amministrazione giudiziaria, in deroga a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 20, nonché in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente in materia di turnover, alle previsioni di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e di cui all'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli altri profili professionali chiamati per rafforzare l'attività ordinaria dell'amministrazione della giustizia.
9/1752-A/113. Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Zan.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto all'esame dispone ulteriori misure finalizzate a garantire l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), intervenendo in particolare sulla governance per il PNRR e il PNC e prevedendo, tra l'altro, specifiche misure per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari delle misure PNRR e dei soggetti attuatori;

    sulla fase di programmazione e realizzazione degli investimenti, in particolar modo quelli legati all'attuazione del PNRR, è necessario un potenziamento della figura del Responsabile unico del procedimento (RUP) e l'istituzione del progetto di procedura del RUP;

    revisionare la figura del responsabile del procedimento per meglio delinearne e circoscriverne il ruolo, i compiti e le responsabilità è oggi di fondamentale importanza per dare attuazione agli interventi previsti dal PNRR;

    a partire dalla fase di individuazione del RUP, prima del formale conferimento dell'incarico, deve essere richiesta la presentazione di un progetto di procedura che rappresenta un'attività preliminare costituita dall'insieme dei nodi processuali impiegati per sviluppare i piani di dettaglio del progetto stesso; è poi necessario rivedere il quadro normativo che regolamenta gli incentivi per il RUP incaricato di elaborare il progetto di procedura e seguire tutte le fasi conseguenti nei tempi e nei modi proposti, prevedendo parimenti adeguate sanzioni in caso di inottemperanza;

    nello specifico degli interventi previsti dal PNRR, è necessario garantire agli enti locali la possibilità di reperire personale qualificato da spendere per l'attuazione degli obiettivi del PNRR stesso;

    al fine di garantire il rispetto dei tempi previsti per l'attuazione del Recovery Plan e il supporto tecnico operativo necessario all'attuazione degli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC, è necessario prevedere che gli enti locali possano adottare procedure semplificate e rapide di assegnazione di incarichi di responsabile unico del procedimento;

    il Governo, in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica) convertito, con modificazioni dalla legge del 13 gennaio 2023, n. 6, aveva accolto l'ordine del giorno n. 9/730/29 che impegnava il Governo sulle medesime finalità del presente atto senza tuttavia aver avviato alcuna azione concreta a seguire,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità per gli enti locali di adottare procedure semplificate e rapide di assegnazione di incarichi di responsabile unico del procedimento, per garantire supporto tecnico-operativo necessario all'attuazione degli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC e a consentire ai medesimi enti locali la possibilità di conferire incarichi a professionisti privati nel caso di interventi di particolare complessità in relazione all'opera da realizzare che richiedano necessariamente valutazioni e competenze altamente specialistiche, per lo svolgimento delle attività inerenti gli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, ovvero per le attività di assistenza e di supporto tecnico-amministrativo al responsabile unico del procedimento e ai suoi uffici, ivi compresa l'alta sorveglianza sullo svolgimento degli interventi medesimi nella fase progettuale ed esecutiva.
9/1752-A/114. D'Alfonso.


   La Camera,

   premesso che:

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR, il quale, per il settore giustizia, ha impegnato il Paese con l'Europa ad attuare riforme strategiche;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nel sistema giustizia uno snodo strategico per il rilancio del Paese: il sistema Giustizia è infatti un sistema complesso, nel quale, oltre all'organizzazione giudiziaria, deve assumere una posizione sempre più centrale il mondo dell'esecuzione penale;

    particolare attenzione meriterebbe in questo contesto la giustizia minorile, strategica, questa sì, per il futuro che intendiamo costruire per le nuove generazioni;

    il VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile e gli Istituti penali per minorenni ci dice che, all'inizio del 2024 erano circa 500 i detenuti nelle carceri minorili italiane: da oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra, e che gli ingressi negli IPM, Istituti penali minorili, sono in netto aumento; se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi quindici anni; inoltre i ragazzi in IPM in misura cautelare erano 340 nel gennaio 2024, mentre erano 243 un anno prima; «si tratta dunque – denuncia il rapporto – di un effetto evidente degli effetti del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 recante “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, noto come Decreto Caivano; la crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Altro effetto del decreto è la notevole crescita degli ingressi in IPM per violazione della legge sugli stupefacenti, con un aumento del 37,4 per cento in un solo anno. La presenza negli IPM oggi è fatta soprattutto di ragazzi e ragazze minorenni. La fascia più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni, ed in totale i minorenni sono in larga maggioranza, quasi il 60 per cento dei presenti. Due anni fa la situazione era esattamente invertita. L'aumentata possibilità introdotta dal Decreto Caivano di trasferire i ragazzi maggiorenni dagli IPM alle carceri per adulti sta facendo vedere i propri effetti, con danni enormi sul futuro dei ragazzi»;

    durante i lavori che ne hanno preceduto l'approvazione avevamo denunciato come il combinato disposto tra le norme proposte dal Governo e le modifiche introdotte al Senato avrebbe determinato un grave impatto sui penitenziari minorili, nonché portato ad un aumento notevole dei detenuti negli istituti penitenziari minorili in strutture già al limite della capienza, indebolendo gravemente proprio quel modello italiano con un basso livello di reclusione dei minori (nel 2022, a fronte di circa quattordicimila arresti, erano meno di quattrocento i giovanissimi presenti negli istituti penali per minorenni) che è guardato con grande interesse nel resto del mondo, in quanto particolarmente sensibile all'istanza di reinserimento sociale del minore, in linea con l'articolo 27 della Costituzione e con il legame – da esso consacrato – tra rieducazione e umanità della pena;

    il PNRR rappresenta una grande occasione per intervenire con decisione per incrementare e assicurare un migliore funzionamento delle strutture penitenziarie per minorenni, e per finanziarie gli interventi di costruzione, miglioramento di padiglioni e spazi per strutture penitenziarie per minorenni, anche quelli facenti parte degli interventi complementari al PNRR nell'ambito degli investimenti, per il Ministero della giustizia, Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità;

    il PNC, Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, ha infatti stanziato complessivamente 30,6 miliardi di euro per la realizzazione di interventi finanziati in via esclusiva e dunque a carico del bilancio dello Stato e altri cofinanziati con il PNRR, per i quali il PNC istituisce risorse aggiuntive rispetto a quelle previste dal PNRR;

    è dunque necessario e urgente perseguire un migliore funzionamento delle strutture penitenziarie per minorenni, da considerare sempre e comunque come extrema ratio della giustizia minorile, degli Uffici di servizio sociale per minorenni, degli Istituti penali per minorenni, dei Centri di prima accoglienza, delle Comunità, dei Centri diurni polifunzionali, per assicurare l'ottimale svolgimento delle attività trattamentali, formative e rieducative previste, ma soprattutto è fondamentale riportare il sistema dell'esecuzione penale minorile alla sua unica e fondamentale funzione e natura, e cioè quella rieducativa, volta al recupero e alla formazione, riportando al centro la probation e il sistema delle misure alternative alla detenzione,

impegna il Governo

a predisporre, nell'ambito delle sue proprie prerogative, tutte le misure, sia di carattere finanziario sia relative all'organizzazione e al reclutamento e alla formazione del personale alle stesse preposte, necessarie al raggiungimento delle finalità individuate dal PNRR e dal PNC, rendendo sempre possibile il trattamento e riportando al centro il sistema della probation minorile e delle misure alternative al carcere, potenziando gli uffici di servizio sociale per minorenni, i centri di prima accoglienza, le case e i centri di comunità, i centri diurni polifunzionali, al fine di assicurare l'ottimale svolgimento delle attività trattamentali, formative e rieducative.
9/1752-A/115. Di Biase, Serracchiani, Gianassi, Zan, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    il nuovo sistema di qualificazione delle imprese, inizialmente valido solo per quelle del settore edile, prevede un meccanismo di decurtazione dei crediti iniziali in corrispondenza dell'accertamento di violazioni delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro o di incidenti occorsi durante lo svolgimento delle attività lavorative;

    la soluzione indicata nel testo, così come modificato in sede referente, prevede che l'eventuale recupero dei crediti decurtati possa avvenire con procedure e criteri definiti con decreto ministeriale, da adottare sentito l'INL;

    va scongiurato che l'emananda disciplina di recupero dei crediti, in analogia con quanto disposto dal decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri, faccia riferimento alla mera frequentazione di corsi di formazione;

    per la credibilità del nuovo strumento della patente a crediti è indispensabile che non solo le sanzioni siano proporzionate e puntuali, ma anche che le procedure per il recupero dei crediti eventualmente decurtati siano attendibili e verificabili, in linea con i rilievi effettuati dagli ispettori pubblici;

    anche sotto tale profilo, appare necessario un proficuo coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale,

impegna il Governo

ad assicurare che nella disciplina delle modalità di recupero dei crediti decurtati sia previsto non solo la semplice partecipazione a corsi formativi, ma anche il superamento di una prova finale di verifica.
9/1752-A/116. Laus, Scotto, Gribaudo, Fossi, Sarracino, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    il nuovo sistema di qualificazione delle imprese, che sarà vincolante per il solo settore edile, a decorrere dal prossimo 1° ottobre, potrà «essere estesa ad altri ambiti di attività individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative»;

    è di tutta evidenza come, anche in ragione della recente tragedia nella centrale idroelettrica di Bargi, va assicurato il massimo livello di qualificazione della sicurezza delle imprese impegnate in attività lavorative che possano comportare rischi diretti e indiretti per la sicurezza e la salute dei lavoratori, in qualunque settore operino;

    gli indici di sinistrosità dei diversi settori di produzione dovrà rappresentare il criterio guida per la progressiva estensione del meccanismo di certificazione delle imprese a crediti, anche nei settori diversi dall'edilizia, secondo un cronoprogramma congruo e progressivo,

impegna il Governo

ad avviare un sistematico confronto con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale al fine di definire un cronoprogramma di estensione del meccanismo di certificazione della sicurezza delle imprese anche per i settori diversi dall'edilizia, dandone tempestiva comunicazione alle Camere.
9/1752-A/117. Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    secondo il rapporto annuale delle attività di tutela e vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, svolte nel 2022 dall'Ispettorato nazionale del lavoro, circa otto aziende ispezionate su dieci presentano delle irregolarità. Le ispezioni in materia di tutela e sicurezza hanno interessato complessivamente 17.035 aziende e hanno registrato irregolarità in 2.857 casi nel Nord est (81,8 per cento), 2.364 nel Nord ovest (83,9 per cento), 3.371 nel Centro (65,5 per cento) e 4.645 nel Sud (83,2 per cento);

    tali valori, oltre al drammatico e costante dato di circa tre decessi al giorno, evidenziano la necessità di uno straordinario investimento sul tema della sicurezza sul lavoro e per il potenziamento delle attività di prevenzione e ispezione, che assicurino irrinunciabili effetti positivi sulla condizione di lavoro per migliaia e migliaia di lavoratori, nonché la riduzione di gravissimi costi sociali ed economici per l'intera collettività;

    nonostante le assunzioni di nuovi ispettori dell'INL decise dal precedente Governo, in numerose regioni si registra solo un ispettore ogni 39.000 imprese, contro la raccomandazione dell'Unione europea che ne indica uno ogni 10.000, mentre le misure contenute nel provvedimento in oggetto rappresentano solo una parzialissima risposta;

    un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro,

impegna il Governo

a prevedere, sin dai prossimi provvedimenti utili, le opportune misure per assicurare un significativo incremento del personale ispettivo dell'INL, in linea con le raccomandazioni dell'Unione europea.
9/1752-A/118. Gribaudo, Sarracino, Scotto, Fossi, Laus, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    tali valori, oltre alle indicazioni che emergono dal sistema dei controlli dal quale emerge che circa 8 imprese su 10 risultano in condizioni di irregolarità, nonché il drammatico e costante dato di circa tre decessi al giorno, evidenziano la necessità di uno straordinario investimento sul tema della sicurezza sul lavoro e per il potenziamento delle attività di prevenzione e ispezione, che assicurino irrinunciabili effetti positivi sulla condizione di lavoro per migliaia e migliaia di lavoratori, nonché la riduzione di gravissimi costi sociali ed economici per l'intera collettività;

    appare necessario procedere al potenziamento delle attività di vigilanza e prevenzione sull'intero territorio nazionale e di rafforzare i servizi erogati per la salute e la sicurezza negli ambienti e nei luoghi di lavoro dai Dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, derogando agli ordinari limiti assunzionali, per il reclutamento straordinario e a tempo indeterminato di dirigenti medici, dirigenti delle professioni sanitarie, dirigenti ingegneri, dirigenti chimici, tecnici della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro, assistenti sanitari, fisici, architetti, psicologi, laureati in scienze giuridiche, nonché di personale amministrativo;

    un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro,

impegna il Governo

a prevedere, sin dai prossimi provvedimenti utili, le opportune misure finalizzate ad assicurare un significativo incremento del personale impegnato nelle attività di vigilanza e prevenzione e nei servizi erogati per la salute e la sicurezza negli ambienti e nei luoghi di lavoro dai Dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali.
9/1752-A/119. Iacono, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro contenute nel provvedimento in oggetto, predisposte all'indomani della strage al cantiere Esselunga a Firenze più opportunamente sarebbero dovute essere contenute in un apposito provvedimento dedicato a tale rilevante materia, anziché confluire nell'ennesimo provvedimento omnibus;

    con specifico riferimento alla soluzione prospettata in materia di certificazione delle imprese del solo settore dell'edilizia, attraverso le disposizioni di cui all'articolo 29, comma 19, lettera a) del provvedimento in oggetto, si segnala l'impropria soluzione di disciplina con norma di rango legislativo, a differenza di quanto disponeva il previgente articolo 27, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che al riguardo rinviava, invece, a un decreto del Presidente della Repubblica. Una procedura che, inoltre, prevedeva il coinvolgimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

    la soluzione adottata con il presente provvedimento finisce per irrigidire una disciplina di evidente carattere tecnico, con la conseguenza di renderne più complesso l'adeguamento nel tempo e in ragione di nuove esigenze e valutazioni;

    tenuto conto che la nuova disciplina entrerà in vigore successivamente al prossimo 1° ottobre,

impegna il Governo

a presentare alle Camere entro un anno dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina, una relazione sulle condizioni in materia di sicurezza e salute nei settori di applicazione della patente, anche ai fini di una verifica della sua disciplina ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
9/1752-A/120. Fornaro, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    appare necessario procedere al potenziamento delle attività di vigilanza e prevenzione sull'intero territorio nazionale con regole chiare ed efficaci;

    un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro, che assicuri irrinunciabili effetti positivi sulla condizione di lavoro per migliaia e migliaia di lavoratori, nonché la riduzione di gravissimi costi sociali ed economici per l'intera collettività;

    in tale prospettiva, appare anacronistica e preoccupante l'ipotesi che la disciplina sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro possa vedere una sua disarticolazione e differenziazione su base territoriale, in ragione della applicazione dei principi previsti nella proposta in materia di autonomia differenziata;

    i lavoratori e le imprese non possono trovarsi, in prossimo futuro, di fronte a una pluralità di discipline su una materia tanto delicata e tecnicamente complessa a seconda se opereranno in un territorio regionale diverso rispetto a quello di riferimento;

    si rischia di compromettere la certezza e la stessa appropriata conoscibilità della disciplina sulla sicurezza sul lavoro, aumentando i pericoli per l'incolumità dei nostri lavoratori,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura utile al fine di scongiurare che la disciplina in materia di sicurezza del lavoro possa essere disarticolata sul piano territoriale, mettendo a rischio la condizione dei lavoratori e complicando la gestione di tale delicata attività da parte delle imprese.
9/1752-A/121. Cuperlo, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    tra i fattori che maggiormente contribuiscono ad aumentare i rischi per la salute dei lavoratori rientra senz'altro il tema della precarietà lavorativa e le improprie forme di intermediazione lavorativa, così sembrerebbe emergere anche in occasione delle indagini che hanno portato la Procura di Milano ad ordinare un sequestro di 64 milioni di euro nei confronti del gruppo Gs, titolare della catena dei supermercati Carrefour;

    in precedenza, un analogo provvedimento giudiziario aveva riguardato anche il gruppo Esselunga, con il sequestro di 48 milioni di euro per frode fiscale;

    secondo le risultanze delle indagini, emergerebbe il fenomeno della somministrazione illecita di manodopera con la stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore;

    al di là dei comportamenti penalmente rilevanti, su cui valuteranno gli organi giurisdizionali, da questi e altri episodi analoghi emerge, in ogni caso, un quadro normativo che appare troppo permeabile rispetto a pratiche elusive;

    appare necessario una revisione della disciplina dell'appalto di manodopera che, oltre alle misure già contenute nel provvedimento in oggetto, precluda la possibilità di ricorrere a tale istituto qualora il medesimo si configuri come mero esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto,

impegna il Governo

a riconsiderare la disciplina in materia di appalto di manodopera, assicurando che il medesimo sia considerato illecito quando si configuri come mero esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto.
9/1752-A/122.Guerra, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 15-bis del provvedimento in esame stabilisce che, al fine di assicurare la continuità dell'erogazione dei servizi educativi e scolastici comunali dell'infanzia, le graduatorie comunali vigenti del personale scolastico educativo e ausiliario, gestite direttamente dai Comuni, possono essere utilizzate fino all'anno scolastico 2026-2027 anche in deroga al possesso del titolo di studio previsto dal CCNL funzioni locali 2019-2021 per l'immissione in servizio a tempo determinato, e per l'immissione in servizio a tempo indeterminato nell'Area degli istruttori nei casi in cui il personale abbia maturato almeno tre anni di esercizio dell'attività professionale;

    la disposizione risulta inadeguata a causa del tetto di spesa previsto per il quale la spesa non può essere superiore a quella sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009, incrementata del 40 per cento;

    il limite finanziario stabilito dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, alla spesa di personale flessibile, consente alle amministrazioni di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni nel limite del (100 per cento) della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;

    l'adeguata offerta di servizi educativi per l'infanzia, accessibili in condizioni di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, rappresenta un fondamentale strumento di sostegno alle famiglie, anche in termini di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro;

    i comuni da molto tempo subiscono forti restrizioni di carattere finanziario con una diminuzione dei trasferimenti di risorse provenienti dallo Stato, riduzione della spesa per il personale, con i blocchi dei rinnovi di contratti collettivi,

impegna il Governo

a riconsiderare il tetto di spesa previsto all'articolo 15-bis derogando, in fase di approvazione del primo provvedimento utile, ai limiti di spesa per il personale educativo di comuni e unioni di comuni, previsto dall'articolo 9, comma 28, del citato decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come modificato dall'articolo 1, commi 156 e 545, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, al fine di fronteggiare la carenza di personale nei servizi educativi per l'infanzia.
9/1752-A/123. Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che,

    l'articolo 32, comma 2, incarica il Ministero della difesa, mediante le proprie competenti articolazioni del genio militare, della progettazione, dell'esecuzione dei lavori nonché dell'acquisizione delle forniture necessarie per la realizzazione delle strutture previste dal Protocollo d'intesa fra Italia e Albania per l'accoglienza di migranti in territorio albanese;

    la disposizione in questione attribuisce al Ministero della difesa e, in particolare, alle articolazioni del genio militare il compito di installare le strutture prefabbricate modulari per l'accoglienza di migranti nelle aree di Schenjin e Gjadar, individuate dall'Annesso 1 al Protocollo;

    per tali finalità vengono stanziati, con il provvedimento in oggetto altri 25 milioni di euro;

    anche alla luce di tale ulteriore stanziamento, l'accordo Italia-Albania sull'immigrazione si dimostra un progetto costosissimo che avrà effetti dannosi per le casse dello Stato con un costo complessivo che arriverà ben oltre i 700 milioni di euro dichiarati inizialmente;

    in un provvedimento che si dimostra una specie di omnibus compaiono anche i fondi per i rifugiati ucraini e per i centri per richiedenti asilo in Albania;

    in particolare, per quanto riguarda i centri in Albania, dopo le insistenze delle opposizioni per avere chiarimenti, risulta che vi sia un aumento di circa 25 milioni di euro di cui quasi 16 vengono dal Fondo per le esigenze indifferibili, cioè il fondo a cui si attinge per aiutare le persone in caso di disastri come i terremoti o le alluvioni, e 10 milioni di euro da un fondo per la difesa. Un'enormità, ad avviso della presentatrice, per un progetto pieno di lacune che viola le norme comunitarie e i diritti umani e che servirà solo alla campagna elettorale della Presidente Meloni e che, come abbiamo visto, drena e sottrae anche risorse destinate alle emergenze che, in qualsiasi momento, possono colpire la popolazione italiana,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in materia di finanziamento delle opere relative alla realizzazione dei centri in Albania e a relazionare periodicamente al Parlamento sullo stato di attuazione degli stessi e sulle relative necessità finanziarie.
9/1752-A/124. Boldrini.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (5 miliardi);

    in sostanza, per realizzare gli investimenti già previsti nel PNRR ed espunti dal Governo, si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    nello specifico, per quanto concerne la riduzione disposta dall'articolo 1, comma 8, lettera a), a valere sugli interventi del Piano nazionale complementare (PNC), si segnalano alcune riduzioni degli stanziamenti previsti all'articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, fortemente impattanti sulla transizione ecologica del trasporto marittimo. In particolare sono state rimodulate le seguenti autorizzazioni di spesa:

     meno 408,3 milioni di euro nel triennio 2024/2026 per il rinnovo o ammodernamento navi (comma 2-ter, lettera a);

     rimodulazione di 100 milioni di euro dal biennio 2024/2025 al biennio 2027/2028 per lo sviluppo dell'accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici con rimodulazione nel biennio 2027/2028 (comma 2, lettera c), n. 7);

     rimodulazione di 170 milioni di euro dal biennio 2024/2025 al biennio 2027/2028 per l'elettrificazione delle banchine (Cold ironing), attraverso un sistema alimentato da fonti green rinnovabili (comma 2, lettera c), n. 11),

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle riduzioni e delle rimodulazioni di cui in premessa, valutandone l'impatto sui settori del trasporto marittimo e della portualità e garantendone il ripristino nei primi provvedimenti utili.
9/1752-A/125. Ghio.


   La Camera,

   premesso che:

    la gestione della risorsa idrica è un tema centrale in Italia che è sottoposta periodicamente a fasi di emergenza idrica con fenomeni di siccità;

    per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento idrico, il PNRR ha previsto l'investimento della Missione 2 (M2C4 14.1.) teso a finanziare – con uno stanziamento pari a 2 miliardi di euro – progetti per il potenziamento, il completamento e la manutenzione straordinaria delle infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura idrica primaria in tutto il Paese, così da migliorare la qualità dell'acqua e garantire la continuità dell'approvvigionamento nelle importanti aree urbane e nelle grandi aree irrigue;

    la Corte dei conti con propria delibera relativa al controllo concomitante ha concluso che, negli «Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico» (Investimento 4.1, Missione 2, Componente C4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza), siano emerse numerose e rilevanti criticità (...) si evidenzia sinteticamente come l'investimento risenta di notevole incertezza nella concreta definizione degli obiettivi e non sono stati affrontati, fin dall'inizio, aspetti essenziali quali: 1) la individuazione dei sistemi idrici integrati complessi da rafforzare entro marzo 2026; 2) la coerente definizione degli obiettivi «nazionali» di rafforzamento di opere idriche non incluse nei citati venticinque sistemi idrici; 3) l'utilizzo ottimale dell'ampio budget disponibile (2 miliardi di euro);

    per la Corte dei conti si dovrebbe individuare un percorso correttivo che dovrebbe considerare almeno i seguenti elementi: individuazione di stringenti tempistiche entro cui deve essere completato l'incremento della sicurezza delle n. 124 opere selezionate dal decreto ministeriale n. 517 del 2021, per complessivi 2 miliardi; tempestiva individuazione ex ante delle singole opere che costituiranno i «venticinque sistemi complessi», al fine di consentire la corretta misurabilità dell'obiettivo e delle sue fasi attuative; maggior rigore nell'attività di monitoraggio degli interventi da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

    malgrado le citate criticità sollevate dalla deliberazione della Corte dei conti per il controllo concomitante il decreto-legge in commento non contiene alcuna soluzione al riguardo;

    l'Italia è il terzo Paese europeo per disponibilità di risorse idriche, ma le reti nazionali perdono il 40 per cento di acqua. In Sicilia la percentuale sale al 50 per cento e l'isola resta dipendente d'acqua anche da altre regioni per l'approvvigionamento;

    nell'anno record della siccità e l'inizio del processo di desertificazione, la Sicilia ha ancora reti d'acqua colabrodo che potrebbero essere riparate o sostituite con fondi PNRR o FSC ma nessuno dei due strumenti prevede ad oggi la risposta all'emergenza;

    tra gli obiettivi dichiarati del PNRR è compreso anche quello relativo alla riduzione del water service divide (cioè la differenza nella qualità dei servizi erogati) tra le regioni del Sud ed il resto del Paese. Inoltre, attraverso alcune riforme, il PNRR punta ad incentivare un miglioramento nella governance di sistema, considerata responsabile dei mancati interventi di manutenzione che, nel tempo, hanno portato alle attuali criticità;

    con il decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 giugno 2023, n. 68, recante «Disposizioni urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche», è stato nominato un Commissario straordinario nazionale per la scarsità idrica, ma non anche un riequilibrio delle risorse per colmare i divari territoriali e la gravità dei divari al Sud;

    il criterio seguito per l'erogazione delle risorse diverge dall'obiettivo di riduzione dei divari e non tiene conto del vincolo del 40 per cento al Sud finendo per penalizzare quei territori che maggiormente sono gravati dall'emergenza siccità;

    divari ancora maggiori riguardano le aree interne, la cui valenza è stata totalmente ignorata dal provvedimento in commento;

    per migliorare le reti idriche e quindi dotarsi di un sistema efficiente, l'Italia e la Sicilia devono poter puntare al sostegno economico del PNRR e dei Piani di sviluppo e coesione. Oggi Sicilia e Campania condividono, ad esempio, un piano per investire dove sarebbe necessario. Si tratta della Linea d'intervento «Infrastrutture Idriche» finanziati con il Piano sviluppo e coesione (PSC) 2021-2027 per 275 milioni di euro. Si tratta di fondi spendibili per la manutenzione delle reti già esistente, per la realizzazione di infrastrutture più sostenibili e resilienti e per interventi a contrasto del cambiamento climatico sia in città che nelle aree esterne. Tra questi 275 milioni, 20 milioni sarebbero stanziati per il completamento delle dighe incompiute;

    la Regione Siciliana ha adottato il Piano regionale per la lotta alla siccità in cui ha individuato gli interventi necessari nel breve, medio e lungo periodo;

    il decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 giugno 2023, n. 68, ha previsto la nomina di un Commissario straordinario nazionale siccità che, per la Sicilia, ha individuato 27 interventi prioritari con un investimento di 829 milioni di euro;

    come documentato nella 2a Relazione del Commissario straordinario nazionale alla Cabina di regia, in relazione agli invasi, la Sicilia ha registrato un deficit del 33 per cento del livello totale degli invasi rispetto ai livelli medi nazionali del periodo che indica la necessità di una riprogrammazione delle risorse per recuperare il divario;

    è necessario inoltre conoscere i bilanci idrici della Sicilia aggiornati che tengano conto della situazione delle infrastrutture dell'approvvigionamento idrico primario in relazione al fenomeno della siccità e della scarsità idrica al fine di predisporre con urgenza gli interventi necessari alla risoluzione del problema attivando in caso di inerzia o di inadeguata governance locale i poteri sostitutivi,

impegna il Governo:

   a dare piena attuazione agli interventi previsti dal Commissario straordinario nazionale per la siccità indicati nella 2a Relazione alla Cabina di regia con particolare attenzione ai 27 interventi programmati in Sicilia per un costo di 829 milioni di euro;

   a garantire la totale assegnazione delle risorse PNRR alla Sicilia in relazione agli «Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico»;

   a tener conto dei bilanci idrici della Sicilia aggiornati che prendano in considerazione la situazione delle infrastrutture dell'approvvigionamento idrico primario in relazione al fenomeno della siccità e della scarsità idrica al fine di predisporre con urgenza gli interventi necessari alla risoluzione del problema attivando in caso di inerzia o di inadeguata governance locale i poteri sostitutivi;

   ai sensi di quanto documentato nella 2a Relazione del Commissario straordinario nazionale in ragione della quale la Sicilia ha un deficit del 33 per cento del livello totale degli invasi rispetto ai livelli medi nazionali del periodo, a procedere ad una riprogrammazione delle risorse per recuperare il suddetto divario.
9/1752-A/126. Barbagallo, Provenzano, Marino, Iacono, Porta.


   La Camera,

   premesso che:

    le scuole, grazie alle risorse stanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, hanno potuto aderire ai singoli progetti di investimento e, a tal fine, richiedere ed usufruire di una unità aggiuntiva di personale ATA e, nello specifico, di un collaboratore scolastico o di un assistente tecnico o di un assistente amministrativo;

    sono state assunte circa 6.000 unità di personale scolastico grazie al piano Agenda Sud e al Piano nazionale di ripresa e resilienza, nominati sul cosiddetto organico rinforzato in scadenza il 15 aprile;

    da mesi, con la presentazione di emendamenti e atti di sindacato ispettivo, chiediamo al Governo l'impegno ad assicurare la continuità del lavoro ai collaboratori scolastici e superare il limite temporale della scadenza, per nulla coerente con lo sviluppo temporale dei progetti che si proiettano fino al 2026;

    da dichiarazioni a mezzo stampa apprendiamo che il Governo avrebbe individuato una dotazione di circa 14 milioni di euro, direttamente nel bilancio del Ministero, da destinare alla proroga dell'impiego di questo personale, proroga che sarà disposta con un intervento legislativo nel primo provvedimento disponibile;

    i contratti, per i quali non è stata prevista la proroga, sono scaduti il 15 aprile;

    riteniamo adesso urgente che il Ministero dia immediate indicazioni alle istituzioni scolastiche al fine di operare la proroga dei giorni strettamente necessari a garantire la continuità lavorativa del servizio svolto dai circa 6.000 collaboratori scolastici aggiuntivi delle categorie ATA, contingente che sta svolgendo un ruolo importante nel sostegno al sistema educativo, peraltro durante una fase caratterizzata dalla realizzazione delle misure finanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dalle iniziative di Agenda Sud,

impegna il Governo

ad intraprendere, per quanto di competenza, ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, affinché sia garantita la copertura fino al 30 giugno prossimo, come da dichiarazioni del Ministro competente e siano date immediate indicazioni alle istituzioni scolastiche al fine di operare per la proroga contrattuale dei giorni strettamente necessari a garantire la continuità lavorativa del servizio svolto dai circa 6.000 collaboratori scolastici aggiuntivi delle categorie ATA, scaduto il 15 aprile.
9/1752-A/127. Manzi, Orfini, Berruto, Zingaretti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 5, comma 1, al fine di assicurare il conseguimento entro il 30 giugno 2026 degli obiettivi della M4C1 del PNRR relativa alla realizzazione di nuovi posti letto destinati agli studenti universitari, dispone la nomina di un commissario straordinario;

    al comma 2, per l'esercizio dei compiti assegnati, il commissario straordinario resta in carica fino al 31 dicembre 2026 e si avvale di una struttura di supporto posta alle sue dirette dipendenze, che opera sino alla data di cessazione dell'organo commissariale;

    il diritto allo studio e le politiche per il welfare studentesco dovrebbero rappresentare le priorità per il Paese e per il suo futuro;

    le proteste degli studenti davanti le università, che si susseguono, hanno fatto emergere, a partire dall'elevato importo degli affitti (cosiddetto caro affitti), l'enorme problema del costo degli studi e della necessità di implementare gli strumenti di welfare e i fondi per il diritto allo studio;

    il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che «discrimina» una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche, a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione,

impegna il Governo

in fase di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a meglio indicare le funzioni e i limiti del commissario straordinario, al fine di salvaguardare il principio di sussidierà e a tutelare l'autonomia delle università e degli enti per il diritto allo studio.
9/1752-A/128. Zingaretti, Manzi, Orfini, Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 17 interviene in materia di alloggi e residenze per studenti universitari al fine di semplificare l'attuazione degli interventi aventi ad oggetto le residenze universitarie, intervenendo in particolare sulla normativa urbanistico-edilizia e prevedendo alcune agevolazioni in materia;

    il diritto allo studio e le politiche per il welfare studentesco dovrebbero rappresentare le priorità per il Paese e per il suo futuro;

    le proteste degli studenti davanti le università, che si susseguono, hanno fatto emergere, a partire dall'elevato importo degli affitti (cosiddetto caro affitti), l'enorme problema del costo degli studi e della necessità di implementare gli strumenti di welfare e i fondi per il diritto allo studio;

    il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che «discrimina» una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche, a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione;

    al fine di sostenere gli studenti fuori sede iscritti alle università statali, appartenenti a un nucleo familiare con un indice della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro e che non usufruiscono di altri contributi pubblici per l'alloggio, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un fondo con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2021, finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dai medesimi studenti fuori sede residenti in luogo diverso rispetto a quello dove è ubicato l'immobile locato;

    l'incremento del fondo rappresenterebbe una risposta concreta alle difficoltà dei tanti studenti fuori sede,

impegna il Governo

al fine di sostenere gli studenti fuori sede iscritti alle università statali, a prevedere, in fase di approvazione del primo provvedimento utile, l'incremento del fondo di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
9/1752-A/129. Orfini, Zingaretti, Manzi, Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 19, modificato in sede referente in seguito all'approvazione di un emendamento del Partito democratico, reca misure volte a snellire le procedure di utilizzo, da parte del Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, di talune tipologie di risorse di cui all'investimento 3.1 della Missione 5, Componente 2 del PNRR;

    la norma consente al Dipartimento di autorizzare i soggetti attuatori degli interventi di impiantistica sportiva a utilizzare le economie derivanti dai ribassi d'asta; autorizza il Dipartimento a riprogrammare le risorse resesi disponibili in seguito a revoche o a rinunce da parte dei soggetti attuatori, per l'efficientamento energetico di impianti sportivi pubblici destinati alla pratica di sport natatori, sport del ghiaccio e sport invernali e per la realizzazione di nuove palestre pubbliche nei comuni delle isole minori marine,

impegna il Governo

a non circoscrivere la realizzazione di nuove palestre pubbliche ai soli comuni delle isole minori marine.
9/1752-A/130. Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8, istituisce, a decorrere dal 1° luglio 2024, un posto di funzione dirigenziale di livello generale nell'ambito dell'Ufficio di gabinetto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, in aggiunta all'attuale dotazione organica e in deroga alle percentuali previste dalla normativa vigente;

    tale misura è finalizzata al potenziamento e al rafforzamento delle competenze del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste in materia di analisi, di valutazione delle politiche pubbliche e di revisione della spesa, in coerenza con gli obiettivi del PNRR,

impegna il Governo

ad assumere iniziative affinché eventuali risorse finanziarie aggiuntive stanziate da nuovi provvedimenti vengano destinate al settore agroalimentare e non ad incrementare l'Ufficio di gabinetto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il budget del suo staff.
9/1752-A/131. Marino, Andrea Rossi, Vaccari, Forattini.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame presenta disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    il conferimento di incarichi di collaborazione per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all'attuazione del PNRR, in particolare con il «Progetto 1000 esperti», come previsto all'articolo 1 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, all'articolo 9, ha prodotto significativi risultati sia nella collaborazione svolta all'interno della pubblica amministrazione centrale, sia all'interno degli enti locali (regioni, province, e comuni);

    il «Progetto 1000 esperti» rappresenta uno strumento di assistenza tecnica di durata triennale, a sostegno degli enti locali per semplificare e accelerare quelle procedure complesse di carattere autorizzatorio, verso imprese e cittadini, propedeutiche alla realizzazione dei progetti previsti dal PNRR. Si tratta di un progetto unico a sostegno della pubblica amministrazione per:

     diffondere in maniera uniforme e condivisa con le amministrazioni coinvolte il miglioramento;

     superare gli ostacoli, sia di natura organizzativa sia tecnologica, alle autorizzazioni;

     abilitare appieno le opportunità offerte dal PNRR;

     rendere i territori maggiormente competitivi, attrattivi e coesi;

    tale progetto è stato necessario per garantire le adeguate competenze alla pubblica amministrazione la cui attuale carenza di personale comporta gravi criticità;

    entro il 2024 gli incarichi attivati con il «Progetto 1000 esperti» cesseranno e considerata l'importanza di avere continuità nella prestazione di tale tipo di collaborazioni appare necessario continuare a mantenere tali contratti sino al completamento dei progetti, con particolare riferimento ai progetti di edilizia scolastica i cui appalti di lavori avranno termine entro il 30 giugno 2026;

    tale indicazione risulta indifferibile anche in virtù delle citate criticità degli enti locali che in mancanza di tali professionalità avrebbero difficoltà a continuare a fare fronte ai numerosi adempimenti previsti dal PNRR, in termini di rendicontazione, monitoraggio, controllo, semplificazioni delle procedure, sopralluoghi nei cantieri e tutto quanto concerne le specifiche attività previste obbligatoriamente per la realizzazione dei progetti;

    appare quindi necessario il rifinanziamento del «Progetto 1000 esperti»: con tale finalità è stato presentato un emendamento al provvedimento in esame poi però non approvato,

impegna il Governo

a prevedere nel primo provvedimento utile il rifinanziamento, in relazione a quanto espresso in premessa, del «Progetto 1000 esperti» sino al completamento dei progetti per i quali tali professionisti sono stati assunti.
9/1752-A/132. Bonafè, Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    nel corso dell'iter di conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante «ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)», un emendamento del Governo all'articolo 36 ha introdotto una serie di misure relative anche agli eventi sismici che hanno colpito il territorio della regione Umbria nel marzo del 2023;

    in particolare, il dispositivo prevede che il Commissario straordinario di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 11 gennaio 2023, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 21, sulla base delle procedure e dei criteri di quantificazione dei danni di cui al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, provvede alla ricognizione dei fabbisogni per la ricostruzione, la riparazione o il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate per effetto degli eventi sismici sopra richiamati;

    la ricognizione di cui trattasi è sottoposta al Governo, mediante una relazione trasmessa al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;

    il provvedimento in esame, tuttavia, precisa che dalle disposizioni non sorgono nuovi, ulteriori o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, in particolare, che alla loro attuazione si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;

    risulta pertanto del tutto evidente che il Governo, nonostante la pressante richiesta di fondi, impegni e tempi certi, non abbia provveduto allo stanziamento di quelle risorse che risultano imprescindibili al fine di sostenere le esigenze delle comunità colpite, in particolare per la ricostruzione e la riparazione degli immobili;

    a distanza di oltre un anno dai rovinosi eventi, rispetto ai quali non sono state ancora avviate azioni significative, il provvedimento in esame non sana dunque la drammatica carenza di fondi che penalizza l'Umbria e, al contempo, introduce nuove procedure burocratiche il cui unico effetto sarà quello di procrastinare l'avvio del processo di ricostruzione,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie al fine di garantire, alle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno colpito il territorio della regione Umbria nel marzo del 2023, l'immediato avvio del processo di ricostruzione nonché a stanziare le risorse necessarie allo scopo.
9/1752-A/133. Ascani, Curti.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)» sono presenti norme e risorse che riguardano il Piano Transizione 5.0;

    in particolare l'articolo 38 istituisce un contributo, sotto forma di credito d'imposta, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici;

    le biomasse sono una fonte rinnovabile inclusa e disciplinata dalle Direttive REDII e REDIII e dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, che prevede dei requisiti minimi per i generatori di calore a biomassa che accedono ad incentivi basati sulle prestazioni ambientali;

    l'autoproduzione di energia da biomasse riguarda energia termica ed elettrica in cogenerazione ad alto rendimento. Inoltre nel settore industriale spesso si riutilizzano residui legnosi e sottoprodotti provenienti da altre lavorazioni destinati allo smaltimento (economia circolare e sostenibilità) spesso in un regime di autoproduzione dei combustibili e quindi dell'energia;

    appare quindi necessaria l'inclusione anche di questa tipologia di combustibili e di impianti tra gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali previsti dal Piano Transizione 5.0 per sostenere processo di transizione energetica delle imprese all'interno del decreto in esame, al fine di promuovere il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica prefissati a livello nazionale ed europeo;

    nel corso della discussione del provvedimento in esame è stato presentato un emendamento con l'obiettivo di includere gli impianti a biomasse tra gli investimenti in beni materiali previsti dal Piano Transizione 5.0, al fine di sostenere il processo di transizione energetica delle imprese e per promuovere il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica prefissati a livello nazionale ed europeo,

impegna il Governo

ad includere, nel prossimo provvedimento utile, gli impianti a biomasse tra gli investimenti in beni materiali previsti dal Piano Transizione 5.0, al fine di sostenere il processo di transizione energetica delle imprese e per promuovere il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica prefissati a livello nazionale ed europeo.
9/1752-A/134. Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    la strage di Bargi sul lago di Suviana, in provincia di Bologna, è solo l'ultimo della lunga serie di incidenti mortali sul lavoro che continuano a segnare le cronache italiane: solo nei primi due mesi del 2024, secondo gli ultimi aggiornamenti Inail, si è già arrivati a quota 119. È il 19 per cento in più rispetto allo scorso anno;

    nonostante le assunzioni di nuovi ispettori dell'INAIL decise dal precedente Governo, in numerose regioni si registra solo un ispettore ogni 39.000 imprese, contro la raccomandazione dell'Unione europea che ne indica uno ogni 10.000. Nel 2021, i controlli effettuati insieme ad INPS e INAIL, hanno registrato un 69 per cento di imprese irregolari;

    i controlli in materia di sicurezza spettano soprattutto alle ASL, con organici molto depotenziati e per le quali nella legge di bilancio non c'è alcuno stanziamento;

    si registrano infatti oltre 2.600 persone in meno rispetto alla pianta organica, tra cui 1.100 ispettori. Non perché non siano stati fatti i concorsi, ma perché gli stipendi sono così poco attrattivi che i vincitori spesso rinunciano all'incarico o se ne vanno dopo pochi mesi. Con il risultato che gli ispettori in attività sono costretti a dividersi tra i sopralluoghi in cantieri e aziende e le attività amministrative;

    è di tutta evidenza che occorre una radicale revisione della strategia in materia di lavoro, da definire insieme alle parti sociali, puntando alla buona e stabile occupazione e a un significativo investimento nella sicurezza del lavoro;

    lo stesso Governo ha riconosciuto le attuali criticità; rispondendo alla Camera, in Commissione Lavoro, alla interrogazione numero 5-02027, il 21 febbraio scorso, il sottosegretario Claudio Durigon ha infatti dichiarato: «Riguardo il miglioramento dell'attuale scenario in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sono allo studio diverse soluzioni normative che, con particolare riferimento al settore dell'edilizia, sono volte a garantire la continua verifica della idoneità delle imprese e dei lavoratori autonomi, nel rispetto della normativa vigente e senza tralasciare l'ambito formativo in materia di salute e sicurezza, che rappresenta un parametro importante, in ottica preventiva, per ridurre il tasso di eventi letali nei luoghi di lavoro. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle competenze istituzionali attribuite e, in raccordo con tutti gli altri soggetti coinvolti, garantisce il massimo impegno nel favorire e rafforzare il dialogo con le parti sociali perché vi è la consapevolezza che solo attraverso un serio confronto è possibile valorizzare l'effettiva efficacia delle misure poste a presidio della tutela della salute e della sicurezza di tutti i lavoratori»;

    nonostante ciò nel corso del dibattito parlamentare nel provvedimento in esame l'emendamento che avrebbe istituito un apposito fondo con una dotazione finanziaria pari a 8 milioni di euro annui per trattamento accessorio del personale dell'ispettorato nazionale del lavoro è stato respinto,

impegna il Governo

a istituire, in relazione a quanto espresso in premessa e per contrastare concretamente gli incidenti sul lavoro, un apposito fondo per garantire un adeguato trattamento accessorio al personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
9/1752-A/135. Fossi, Scotto, Gribaudo, Laus, Sarracino, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)» sono presenti norme e risorse che riguardano lo sviluppo infrastrutturale del Paese;

    il PNRR finanzia, con oltre 500 milioni di euro, la realizzazione di nuove tramvie nella città metropolitana di Firenze;

    il sistema tramviario di Firenze costituisce una infrastruttura per la mobilità ecologica e puntuale nell'area metropolitana, che snellisce i flussi di traffico e determina l'abbattimento di emissioni nocive;

    il sistema tramviario di Firenze è già oggi molto utilizzato e consiste nelle linee attive T1 (Careggi-Scandicci) e T2 (Aeroporto-Piazza dell'Unità), nella linea in corso di realizzazione «Variante Centro Storico» (Fortezza-Cavour) e nelle linee da realizzare Linea 3.2.1 (Piazza Libertà-Bagno a Ripoli), Linea 3.2.2 (Piazza Libertà-Rovezzano), Linea 2.2 (Peretola-Sesto fiorentino) e Linea 4 (Leopolda-Campi Bisenzio), le cui realizzazioni sono finanziate anche dal PNRR;

    con la legge di bilancio 2024-2026 sono stati definanziati 30 milioni di euro relativi alla realizzazione della prima tratta della tramvia 4 (Leopolda-San Donnino);

    il Governo si è però impegnato pubblicamente a reinserire tali risorse nel bilancio 2027 per consentire di realizzare la suddetta Linea 4;

    appare quindi urgente e necessario la conferma del finanziamento dei 30 milioni di euro anche al fine di evitare ritardi nella realizzazione delle linee tramviarie, finanziate anche dal presente provvedimento,

impegna il Governo

a ripristinare nelle prossime manovre di bilancio, in relazione a quanto espresso in premessa, 30 milioni di euro assegnati originariamente per l'anno 2024 alla tramvia di Firenze.
9/1752-A/136. Gianassi, Fossi.


   La Camera,

   premesso che:

    nel corso dell'iter di conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante «ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)», un emendamento del Governo articolo 36 approvato in sede referente come comma 2-ter di tale articolo, ha introdotto una serie di misure relative all'evento sismico che ha colpito il territorio della regione Marche il 9 novembre 2022;

    in particolare, la norma prevede che il Commissario straordinario di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 11 gennaio 2023, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 21, sulla base delle procedure e dei criteri di quantificazione dei danni di cui al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, provvede alla ricognizione dei fabbisogni per la ricostruzione, la riparazione o il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate per effetto degli eventi sismici sopra richiamati;

    la ricognizione di cui trattasi è sottoposta al Governo, mediante una relazione trasmessa al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;

    il comma 2-ter precisa che dalle disposizioni non sorgono nuovi, ulteriori o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, in particolare, che alla loro attuazione si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;

    risulta pertanto evidente che il Governo, nonostante la pressante richiesta di fondi, impegni e tempi certi, non abbia provveduto allo stanziamento di quelle risorse che risultano imprescindibili al fine di sostenere le esigenze delle comunità colpite, in particolare per la ricostruzione e la riparazione degli immobili;

    a distanza di oltre un anno dai rovinosi eventi, rispetto ai quali non sono state ancora avviate azioni significative, il provvedimento in esame non sana dunque la drammatica carenza di fondi che penalizza questa emergenza e, al contempo, introduce nuove procedure burocratiche il cui unico effetto sarà quello di procrastinare l'avvio del processo di ricostruzione;

    il numero di sfollati che da troppo tempo attendono una pianificazione certa degli interventi è pari, per la sola città di Ancona, a 750 persone,

impegna il Governo

a stanziare le risorse necessarie e ad adottare le misure essenziali per garantire, alle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio della regione Marche il 9 novembre 2022, l'immediato avvio del processo di ricostruzione.
9/1752-A/137.Curti, Ascani, Manzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede una serie di misure relative al Sistema sanitario nazionale;

    in particolare, nel testo originario presentato alla Camera, per far fronte a eventuali emergenze sanitarie, nonché per agevolare il rilascio e la verifica di certificazioni sanitarie digitali utilizzabili in tutti gli Stati aderenti alla rete globale di certificazione sanitaria digitale dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), era disciplinato il «green pass europeo»;

    il green pass globale proposto dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dall'Unione europea è una sorta di fascicolo sanitario elettronico, come quello fornito dalle autorità sanitarie locali, ma verificabile e accettato in tutto il mondo;

    il green pass europeo nasce dalla necessità di prevedere una maggiore cooperazione tra gli Stati per aiutare a prevenire o rispondere ad una possibile prossima grande emergenza sanitaria;

    la pandemia da COVID-19 ha dimostrato che molte delle sfide odierne per i sistemi sanitari sono sfide condivise non solo tra Paesi europei ma anche extra europei e che i temi della condivisione delle informazioni e della cooperazione sono necessarie per tutelare la salute globale,

impegna il Governo

a predisporre, fin dal primo provvedimento utile, misure volte a verificare la possibilità di far aderire l'Italia alla rete green pass dell'OMS per far fronte a eventuali emergenze sanitarie, nonché per agevolare il rilascio e la verifica di certificazioni sanitarie digitali utilizzabili in tutti gli Stati aderenti alla rete globale di certificazione sanitaria digitale.
9/1752-A/138. Stumpo.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede una serie di misure relative al Sistema sanitario nazionale tra cui un taglio drastico di 1,2 miliardi di euro destinati alla messa in sicurezza sismica delle strutture ospedaliere (programma cosiddetto «verso un ospedale sicuro e sostenibile»);

    si tratta dell'ennesimo taglio dopo quelli relativi alle case di comunità (riduzione che supera il 30 per cento, dalle 1.350 programmate alle sole 936 che verranno realizzate) e agli ospedali di comunità (riduzione del 25 per cento da 400 programmati ai 304 che verranno realizzati);

    nonostante siano perlopiù appartenenti alle forze politiche della maggioranza, gli assessori regionali che compongono la Commissione salute della Conferenza delle regioni, di fronte a questo ennesimo taglio hanno sollevato perplessità e dubbi;

    dopo il drammatico periodo del Covid niente è cambiato e la promessa di un Servizio sanitario nazionale più vicino e immediato al cittadino che ha un problema di salute è rimasta lettera morta, con la sanità che continua ad essere un bancomat da cui, con varie scuse, prelevare le risorse per altri progetti e il diritto alla salute dei cittadini l'ultima delle priorità, la più sacrificabile;

    e non convince certo la strada alternativa prevista dall'esecutivo per salvare questi interventi di messa in sicurezza di strutture sanitarie spesso molto fatiscenti – quella di attingere alle risorse non ancora impiegate del Fondo ordinario per l'edilizia ospedaliera: si tratta del cosiddetto «Fondo articolo 20» della legge di bilancio che nel 1988 per la prima volta lanciò un piano pluriennale per l'edilizia ospedaliera da oltre 30 miliardi e che secondo l'Esecutivo non risulta impegnato per 2,2 miliardi anche a causa di procedure spesso complicate e burocratiche. Somme residue che per il Governo possono essere appunto usate per coprire lo spostamento dei fondi dal PNRR, mantenendo dunque gli interventi previsti;

    in realtà questi 2,2 miliardi – secondo un primo monitoraggio – sarebbero in larga parte spendibili ma solo nelle regioni del Sud che non li hanno ancora impegnati del tutto e non a esempio in quelle del Centro-Nord, con in particolare Lombardia, Lazio e Piemonte che a quanto risulta non avrebbero nemmeno un euro da attingere a quel fondo per l'edilizia sanitaria;

    la stessa Corte dei conti, in una memoria depositata alla Commissione bilancio ha certificato il taglio dei fondi per la sanità, in particolare quelli per il programma «Ospedale sicuro e sostenibile» già finanziati con le risorse del PNC, il Piano complementare al PNRR,

impegna il Governo

a ripristinare fin dal primo provvedimento utile risorse adeguate affinché la salute torni ad essere un diritto fondamentale di tutte le persone così come sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione e il buon funzionamento del Sistema sanitario nazionale torni ad essere una priorità per questo Governo.
9/1752-A/139. Malavasi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede una serie di misure relative al Sistema sanitario nazionale;

    in coerenza con gli obiettivi della Missione 6, Componente 2, del PNRR, per favorire la ricerca scientifica e, in tal modo, il conseguimento di risultati utili per il miglioramento della salute dei cittadini è necessario adeguare le regole per la gestione dei dati sanitari;

    le nuove disposizioni dovrebbero avvenire in modo da consentire una sperimentazione delle attività di ricerca basate sui dati sanitari affrontando, in un ambiente protetto, i limiti posti all'utilizzo dei dati sanitari da parte delle autorità amministrative e di vigilanza e delle strutture di controllo interno alle entità impegnate nella ricerca scientifica (nello specifico, il Data Protection Officer);

    l'obiettivo dovrebbe essere quello di potenziare la medicina di iniziativa e di prevenzione, garantendo, allo stesso tempo, una adeguata protezione dei dati sanitari degli assistiti,

impegna il Governo

ad adottare, fin dal primo provvedimento utile, misure volte a definire le modalità di una possibile sperimentazione relativa all'utilizzo dei dati sanitari volta al perseguimento, mediante nuove tecnologie, della tutela della salute e dell'innovazione dei prodotti e dei servizi sanitari.
9/1752-A/140. Girelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede una serie di misure relative al Sistema sanitario nazionale;

    in particolare, come già evidenziato nell'ordine del giorno 9/01633-A/019 a prima firma dell'Onorevole Furfaro pubblicato il 19 febbraio al 31 dicembre 2023 sono scaduti i contratti dei lavoratori precari dell'AIFA, ente pubblico non economico con un ruolo fondamentale nella gestione della governance farmaceutica ai fini della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e dei correlati Sistemi sanitari regionali (SSR) e del sostegno alla ricerca clinica per la verifica del valore terapeutico dei farmaci e per l'acquisizione di nuove risorse anche private;

    inoltre, l'Agenzia è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale a supporto degli interventi di assistenza sanitaria previsti nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per il periodo 2021-2026, finalizzati al rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, nonché per le nuove funzioni e competenze che l'Italia, al pari degli altri Paesi dell'Unione europea, è chiamata a svolgere ai sensi del nuovo regolamento europeo di Health Technology Assessment (Hta), applicato dal gennaio 2025, nonché alle attività richieste per l'attuazione del regolamento sul sistema tariffario dell'EMA e a quelle scaturenti dalla partecipazione al processo di revisione della legislazione farmaceutica;

    nonostante l'ordine del giorno richiamato sia stato approvato dal Governo sono passati ulteriori 2 mesi senza che la situazione sia stata sbloccata;

    dopo 4 mesi, il personale che era stato assunto con contratti di lavoro di flessibile, co.co.co., somministrazione, a progetto (tutte le forme possibili che la pubblica amministrazione ha utilizzato per aggirare i blocchi o la spending review) e che svolgono in tutto e per tutto le medesime funzioni dei colleghi strutturati non sono stati richiamati in servizio,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima ogni misura necessaria volta a consentire la ripresa in servizio di coloro che erano stati assunti da AIFA con contratti atipici nonché ad individuare una soluzione, compatibilmente con i princìpi ordinamentali in materia di pubblico impiego, che consenta la stabilizzazione dei lavoratori parasubordinati che da oltre 13 anni lavorano per AIFA, in conformità al diritto dell'Unione europea (direttiva 1999/70/CE).
9/1752-A/141. Furfaro.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede una serie di misure relative al sistema sanitario nazionale;

    si tratta dell'ennesimo taglio dopo quelli relativi alle case di comunità (riduzione che supera il 30 per cento, dalle 1.350 programmate alle sole ne 936 che verranno realizzate) e agli ospedali di comunità (riduzione del 25 per cento da 400 programmati ai 304 che verranno realizzati);

    il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni definisce gli obiettivi del Servizio sanitario nazionale, garantendo i livelli essenziali e uniformi di assistenza attraverso il Piano sanitario nazionale;

    il decreto del Ministero della salute n. 77 del 23 maggio 2022 ha introdotto nuovi modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, al fine di garantire un accesso facilitato alle cure per i cittadini;

    il medesimo decreto legislativo n. 502 del 1992, all'articolo 1 comma 2, afferma che il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei princìpi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse;

    nonostante gli investimenti per la ripresa economica post pandemica, le risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale risultano insufficienti per attuare appieno le nuove modalità organizzative e consentire la piena accessibilità ai servizi sanitari in particolare per le persone più vulnerabili,

impegna il Governo

ad individuare, fin dal primo provvedimento utile, risorse finanziarie stabili ed adeguate al fine di garantire i princìpi di universalità, eguaglianza ed equità propri del nostro Servizio sanitario nazionale.
9/1752-A/142. Ciani.


   La Camera,

   premesso che:

    il tema della sicurezza sul lavoro sta assumendo connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;

    le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro contenute nel provvedimento in oggetto, predisposte all'indomani della strage al cantiere Esselunga a Firenze, più opportunamente sarebbero dovute essere contenute in un apposito provvedimento dedicato a tale rilevante materia, anziché confluire nell'ennesimo provvedimento omnibus;

    nello specifico, la soluzione prospettato in materia di certificazione delle imprese del solo settore dell'edilizia ha destato molte preoccupazioni e critiche, non solo da parte sindacale, rispetto alle quali l'esame in sede referente ha solo parzialmente offerto risposte appropriate;

    un profilo, che nel corso dell'esame in sede referente è stato solo parzialmente attenuato, concerne l'esclusione dall'applicazione della patente a crediti per le imprese in possesso della attestazione di qualificazione SOA, ora specificata nella classifica pari o superiore alla III;

    va rilevato come, ai sensi dell'articolo 100, comma 4, del codice dei contratti pubblici, la stessa disciplina della attestazione di qualificazione SOA, sia volta ad attestare l'esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento di lavori pubblici, così come si evince dal dettato del corrispondente Allegato II.12, del medesimo codice dei contratti pubblici;

    come evidente, tali requisiti hanno un riflesso molto indiretto sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro e la circostanza di averne elevato la caratterizzazione alle imprese che possano partecipare a lavori di importo superiore euro 1.033.000 non appare sufficiente a giustificare l'esclusione del sistema della patente a crediti;

    peraltro, tale esclusione sembrerebbe escludere la possibilità di applicare la sospensione delle attività nei casi di incidenti mortali e gravi infortuni, come invece previsto ai sensi del novellato articolo 27, comma 15, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, così come novellato dal presente provvedimento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame e ad avviare un sollecito confronto con le parti sociali, al fine di rivedere le disposizioni di cui in premessa che limitano l'applicazione del sistema di certificazione delle imprese edili in materia di sicurezza sul lavoro, in ragione dell'esistenza di capacità tecnica e finanziaria.
9/1752-A/143. Toni Ricciardi, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (5 miliardi), quindi investimenti che accompagnavano e integravano la realizzazione del PNRR;

    in sostanza, per realizzare gli interventi già previsti nel PNRR e cancellati dal Governo si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    ulteriori tagli al PNC sono stabiliti anche dalle norme programmatiche dell'articolo 1 che, intervenendo in materia di governance per il PNRR e il PNC, prevede la presentazione di una informativa congiunta al CIPESS sulle iniziative intraprese per il reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la realizzazione degli investimenti non più finanziati, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del PNRR a seguito della revisione del Piano;

    sulla base dell'informativa, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sono individuati gli eventuali interventi del PNC oggetto di definanziamento in ragione del mancato perfezionamento delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e le risorse sono destinate all'incremento del Fondo per lo sviluppo e la coesione, fino a concorrenza degli importi (circa 5 miliardi) versati all'entrata del bilancio dello Stato, ai sensi del comma 8, lettere h) ed i),

impegna il Governo

a valutare gli effetti negativi dell'applicazione delle norme citate in premessa e stabilire, qualora le risorse derivanti dagli interventi oggetto di definanziamento del Piano nazionale complementare – PNC da destinare al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) fossero inferiori all'importo del taglio di 5 miliardi che:

   a) siano individuate fonti di finanziamento alternative per garantire la completa compensazione del taglio;

   b) sia in ogni caso rispettato il vincolo di destinazione dell'80 per cento delle risorse al Mezzogiorno.
9/1752-A/144. Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    il preambolo del decreto individua gli straordinari motivi di necessità ed urgenza alla base dell'adozione del decreto-legge nell'esigenza di disporre misure volte a garantire la tempestiva attuazione degli interventi relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) coerentemente con il relativo cronoprogramma, anche attraverso il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni titolari degli interventi;

    in proposito si ricorda che, con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, sono state approvate modifiche al PNRR che hanno interessato, nel complesso, 145 misure. Dieci misure sono state completamente definanziate. In relazione a queste ultime, il provvedimento in esame, avrebbe dovuto reperire le risorse occorrenti a garantirne la continuità attuativa;

    la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte sono in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Piano nazionale complementare (3,9 miliardi di euro) e del Fondo per lo sviluppo e la coesione (5 miliardi di euro), quindi investimenti che accompagnavano e integravano la realizzazione del PNRR;

    in sostanza, per realizzare gli interventi già previsti nel PNRR e cancellati dal Governo si taglia altra spesa per investimenti che avrebbero dovuto accompagnare quelli del Piano come nel caso del PNC oppure essere finalizzati alla riduzione dei divari territoriali (FSC);

    ulteriori tagli al PNC sono stabiliti anche dalle norme programmatiche dell'articolo 1 che, intervenendo in materia di governance per il PNRR e il PNC, prevede la presentazione di una informativa congiunta al CIPESS sulle iniziative intraprese per il reperimento di fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale per la realizzazione degli investimenti non più finanziati, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del PNRR a seguito della revisione del Piano, sulla base dell'informativa, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sono individuati gli eventuali interventi del PNC oggetto di definanziamento in ragione del mancato perfezionamento delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e le risorse sono destinate all'incremento del Fondo per lo sviluppo e la coesione, fino a concorrenza degli importi (circa 5 miliardi di euro) versati all'entrata del bilancio dello Stato, ai sensi del comma 8, lettere h) ed i),

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 1, comma 2, laddove non si esplicita che tra le ulteriori fonti di finanziamento diverse da quelle a carico del bilancio nazionale con cui coprire le misure espunte dal PNRR, non possa essere in alcun modo ricompreso nuovamente il FSC e, in ogni caso, non prima che sia completamente reintegrato il taglio da circa 5 miliardi di euro.
9/1752-A/145. Ubaldo Pagano.


   La Camera,

   premesso che:

    i commi 9 e 10 dell'articolo 1 del provvedimento intervengono sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027;

    il comma 10 reca l'abrogazione di alcune disposizioni legislative di spesa che prevedevano l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027, al fine di «reintegrare» la disponibilità del Fondo;

    in particolare, il comma dispone la soppressione dei commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'articolo 2 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, con l'obiettivo eliminare i vincoli di destinazione posti alle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027, per complessivi 700 milioni di euro, previsti dalle disposizioni oggetto di abrogazione;

    si tratta di investimenti importanti, già avviati, in settori strategici. Tra gli altri: la rete di interconnessione nazionale dell'istruzione, il Polo energetico nel mare Adriatico, il risanamento urbano dei comuni piccoli, nodi e collegamenti ferroviari nel Sud Italia, interventi infrastrutturali per evitare il sovraffollamento carcerario;

    si rileva che la copertura degli oneri del rifinanziamento delle misure espunte dal PNRR sono già in larga parte reperite attraverso riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa relative al Fondo per lo sviluppo e la coesione (5 miliardi di euro) e che reintegrare le risorse significa aumentarle non togliere finalizzazioni a progetti che sono già finanziati a valere su medesimo Fondo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti negativi delle disposizioni citate in premessa e garantire, in ogni caso, la piena attuazione degli interventi già previsti dai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 59 del 2021.
9/1752-A/146. Tabacci.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 10 inserisce una serie di modifiche normative volte a rafforzare il ruolo e la presenza del CNEL in materia di cooperazione con il partenariato economico e sociale nell'attività di monitoraggio e di attuazione del PNRR, nonché il suo contributo nella piena implementazione del PNRR;

    al comma 4 si dispone che, ai fini della nomina del Presidente e dei componenti del CNEL, non trovano applicazione le disposizioni che non consentono l'attribuzione di incarichi di studio, consulenza, dirigenziali e direttivi a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza;

    la norma concede, in sostanza, al Presidente attuale, già titolare di pensione, di ricevere anche uno stipendio per il suo ruolo presso il CNEL,

impegna il Governo

a valutare le ricadute negative che derivano dalla disapplicazione ad personam di norme generali e astratte.
9/1752-A/147. Gnassi.