Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 30 ottobre 2023

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 30 ottobre 2023.

  Albano, Ascani, Bagnai, Baldino, Barbagallo, Barelli, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Cafiero De Raho, Caiata, Calderone, Calovini, Cappellacci, Carè, Carloni, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Enrico Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Fitto, Foti, Freni, Gallo, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Pastorella, Patriarca, Piccolotti, Pichetto Fratin, Pittalis, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tabacci, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Baldino, Barbagallo, Barelli, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Cafiero De Raho, Caiata, Calderone, Calovini, Cappellacci, Carè, Carloni, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Enrico Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Fitto, Foti, Freni, Gallo, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Pastorella, Patriarca, Piccolotti, Pichetto Fratin, Pittalis, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tabacci, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 ottobre 2023 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:

   BOF: «Modifiche all'articolo 1-bis del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e altre disposizioni per assicurare la libera circolazione sulle strade ferrate e ordinarie e la libera navigazione» (1518).

  Sarà stampata e distribuita.

Trasmissione dal Senato.

  In data 27 ottobre 2023 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:

  S. 878. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale» (approvato dal Senato) (1517).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di un disegno di legge
a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   VI Commissione (Finanze):

  S. 674. – «Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti» (approvato dal Senato) (1515) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, X, XI e XIV.

Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  in data 26 ottobre 2023, Sentenza n. 192 del 27 settembre – 26 ottobre 2023 (Doc. VII, n. 224),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'articolo 1, comma 1, della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata a New York il 10 dicembre 1984, ratificata e resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, è impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa:

   alla II Commissione (Giustizia);

  in data 27 ottobre 2023, Sentenza n. 193 del 21 giugno – 27 ottobre 2023 (Doc. VII, n. 225),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 6, della legge 15 luglio 2022, n. 106 (Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo), nella parte in cui stabilisce che i decreti del Ministro della cultura debbano essere adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza;

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022;

    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, promossa dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, in riferimento all'articolo 118, commi primo e secondo, della Costituzione;

    dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, in riferimento agli articoli 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118, commi primo e secondo, 120, secondo comma, della Costituzione, nonché dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia anche in riferimento all'articolo 4, primo comma, numeri 1) e 14), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia);

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nonché dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia anche in riferimento agli articoli 4, primo comma, numero 14), e 8), dello statuto speciale e all'articolo 3 della Costituzione;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, in riferimento agli articoli 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, della Costituzione, nonché dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia anche in riferimento all'articolo 4, primo comma, numeri 1) e 14), dello statuto speciale;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, secondo periodo, lettere a) e b), della legge n. 106 del 2022, promosse dalla Regione Lombardia in riferimento all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 7 della legge n. 106 del 2022, promosse dalla Regione Campania in riferimento agli articoli 81, terzo comma, 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 120 della Costituzione:

   alla VII Commissione (Cultura);

  in data 30 ottobre 2023, Sentenza n. 197 del 10 ottobre – 30 ottobre 2023 (Doc. VII, n. 228),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 577, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui vieta al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti di cui agli articoli 62, primo comma, numero 2), e 62-bis del codice penale:

   alla II Commissione (Giustizia).

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  sentenza n. 194 del 19 settembre-27 ottobre 2023 (Doc. VII, n. 226),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 186, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli articoli 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Milano, sezione prima penale;

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 186, comma 2-bis, del Nuovo codice della strada, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Milano, sezione prima penale:

   alla IX Commissione (Trasporti);

  sentenza n. 195 del 10-27 ottobre 2023 (Doc. VII, n. 227),

   con la quale:

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 590-ter del codice penale, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Milano, undicesima sezione penale, in composizione monocratica, e dal Tribunale ordinario di Monza, sezione penale, in composizione monocratica:

   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 198 del 20 settembre – 30 ottobre 2023 (Doc. VII, n. 229),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, in composizione monocratica:

   alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 ottobre 2023, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 19 ottobre 2023, sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione (atto Camera n. 1416).

  Questo parere è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 ottobre 2023, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 19 ottobre 2023, sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (atto Camera n. 1437).

  Questo parere è trasmesso alla VI Commissione (Finanze) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 27 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9 della legge 15 ottobre 1991, n. 344, la relazione sullo stato di attuazione della legge 26 dicembre 1981, n. 763, recante provvedimenti in favore dei profughi italiani, riferita all'anno 2022 (Doc. CVI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 ottobre 2023, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nella 33a sessione dell'assemblea dell'Organizzazione marittima internazionale in merito all'adozione di modifiche degli orientamenti nell'ambito del sistema armonizzato di visite e certificazioni, delle linee guida per l'attuazione da parte delle amministrazioni del codice internazionale di gestione della sicurezza, dell'elenco non esaustivo degli obblighi per gli strumenti interessati dal codice per l'applicazione degli strumenti IMO, degli orientamenti sui luoghi di rifugio per le navi che necessitano di assistenza, nonché all'adozione di un progetto di risoluzione dell'assemblea per la promozione di azioni volte a prevenire operazioni illecite di navigazione con i sistemi di identificazione automatica spenti nel settore marittimo (COM(2023) 663 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli alimenti e i loro ingredienti trattati con radiazioni ionizzanti negli anni 2020-2021 (COM(2023) 676 final), corredata dai relativi allegati (COM(2023) 676 final – Annexes 1 to 3), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);

   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nella 5a sessione del comitato ad hoc per gli affari giuridici e la cooperazione internazionale dell'OTIF (COM(2023) 687 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 687 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 26 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda i termini per l'adozione di principi di rendicontazione di sostenibilità per taluni settori e per talune imprese di paesi terzi (COM(2023) 596 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Trasmissione di documenti connessi
ad atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 27 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, commi 3 e 6, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le relazioni predisposte dalla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, riferite al periodo dal 12 al 16 ottobre 2023.

  Questi documenti sono trasmessi alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) e alle Commissioni competenti per materia.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 19 SETTEMBRE 2023, N. 124, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI POLITICHE DI COESIONE, PER IL RILANCIO DELL'ECONOMIA NELLE AREE DEL MEZZOGIORNO DEL PAESE, NONCHÉ IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE (A.C. 1416-A)

A.C. 1416-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, rilancio dell'economia del Mezzogiorno e immigrazione;

    l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    negli anni, in Italia, sia la Cassa del Mezzogiorno che l'articolazione delle Politiche di Coesione per i Fondi Strutturali Europei, pur concentrando i maggiori investimenti e le più ampie deroghe nelle regioni del Sud con indicatori economici inferiori alla media europea, hanno sempre previsto strumenti e aree di transizione e compensazione per quelle regioni e/o territori, quasi sempre confinanti, che presentassero fondamentali economici migliori ma non ancora al livello delle regioni più industrializzate e sviluppate;

    è stato così con l'inclusione di alcune aree del Lazio (Latina, Frosinone, Rieti-Città Ducale) e delle Marche (Valle del Tronto) per la Cassa del Mezzogiorno, ed è avvenuto lo stesso per i diversi cicli di programmazione dei Fondi Strutturali in cui erano previste diverse aree obiettivo; nella programmazione 2007-2013 era stato anche previsto uno specifico regime transitorio, il phasing-out, in favore di quelle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75 per cento della media comunitaria se calcolata sui 15 Stati membri, ma che superarono tale soglia per effetto dell'allargamento della UE a 25 Stati;

    lo stesso Regime degli Aiuti di Stato a finalità regionale del TFUE, nella definizione delle «zone a» (più svantaggiate) e «zone c» (meno svantaggiate) prevede un riconoscimento specifico per le zone che si trovano in contiguità con le «zone a»;

    tutto questo risponde a una logica evidente di gradualità e progressività degli strumenti e delle possibilità di sostegno, per non creare situazioni di regressione della competitività territoriale di alcune aree per effetto collaterale del sostegno allo sviluppo di altre aree vicine;

    anche il Governo nazionale ha previsto meccanismi compensativi di questo genere: la legge di bilancio per il 2021, ad esempio, ha previsto l'istituzione del fondo per contrastare la deindustrializzazione dei territori che prima erano compresi nel perimetro della Cassa del Mezzogiorno e dopo non sono rientrati nei programmi delle zone più svantaggiate delle Politiche di Coesione;

    l'istituzione della Zona Unica ZES per il Mezzogiorno, a partire dal 1° gennaio 2024 è di fatto un'estensione territoriale rilevantissima per un modello di politica industriale innovativo, che stava iniziando a funzionare bene: da otto aree ben delimitate con baricentro otto porti del Sud, si passa all'estensione di regole e strumenti speciali per otto intere regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;

    dalla configurazione della nuova ZES unica emergono rischi di eccessiva centralizzazione e diluizione degli effetti positivi finora raggiunti nelle ZES definite;

    la creazione della nuova ZES unica può incidere significativamente sulla spinta agli investimenti nel Mezzogiorno e pone la necessità di una riflessione per le province di Frosinone, Rieti e Latina; le regioni del Mezzogiorno avevano già la possibilità di beneficiare delle intensità di aiuti massima consentita dal regime europeo degli Aiuti di Stato, e se a questo si sommano i benefici della ZES, è necessario considerare la possibilità di un effetto «spiazzamento» a svantaggio delle suddette province e gravi conseguenze di lungo periodo, posto che si rischierà una desertificazione delle imprese, attratte dal più favorevole regime fiscale delle regioni contigue;

    il Lazio, in particolare, è la regione più esposta a questo rischio, essendo confinante con ben tre regioni ricomprese nella ZES unica;

    viene meno quel principio di gradualità e progressività dei benefici richiamato in premessa e sempre adottato in situazioni di questo genere;

    lo stesso regolamento europeo prevede una sorta di area cuscinetto per le zone contigue a quelle che beneficiano di intensità di aiuto più alte,

impegna il Governo

a disporre, con successivi provvedimenti normativi, l'estensione della ZES unica alle province di Frosinone, Rieti e Latina.
9/1416-A/1. Ruspandini, Pulciani, Trancassini, Mattia.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, rilancio dell'economia del Mezzogiorno e immigrazione;

    l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    negli anni, in Italia, sia la Cassa del Mezzogiorno che l'articolazione delle Politiche di Coesione per i Fondi Strutturali Europei, pur concentrando i maggiori investimenti e le più ampie deroghe nelle regioni del Sud con indicatori economici inferiori alla media europea, hanno sempre previsto strumenti e aree di transizione e compensazione per quelle regioni e/o territori, quasi sempre confinanti, che presentassero fondamentali economici migliori ma non ancora al livello delle regioni più industrializzate e sviluppate;

    è stato così con l'inclusione di alcune aree del Lazio (Latina, Frosinone, Rieti-Città Ducale) e delle Marche (Valle del Tronto) per la Cassa del Mezzogiorno, ed è avvenuto lo stesso per i diversi cicli di programmazione dei Fondi Strutturali in cui erano previste diverse aree obiettivo; nella programmazione 2007-2013 era stato anche previsto uno specifico regime transitorio, il phasing-out, in favore di quelle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75 per cento della media comunitaria se calcolata sui 15 Stati membri, ma che superarono tale soglia per effetto dell'allargamento della UE a 25 Stati;

    lo stesso Regime degli Aiuti di Stato a finalità regionale del TFUE, nella definizione delle «zone a» (più svantaggiate) e «zone c» (meno svantaggiate) prevede un riconoscimento specifico per le zone che si trovano in contiguità con le «zone a»;

    tutto questo risponde a una logica evidente di gradualità e progressività degli strumenti e delle possibilità di sostegno, per non creare situazioni di regressione della competitività territoriale di alcune aree per effetto collaterale del sostegno allo sviluppo di altre aree vicine;

    anche il Governo nazionale ha previsto meccanismi compensativi di questo genere: la legge di bilancio per il 2021, ad esempio, ha previsto l'istituzione del fondo per contrastare la deindustrializzazione dei territori che prima erano compresi nel perimetro della Cassa del Mezzogiorno e dopo non sono rientrati nei programmi delle zone più svantaggiate delle Politiche di Coesione;

    l'istituzione della Zona Unica ZES per il Mezzogiorno, a partire dal 1° gennaio 2024 è di fatto un'estensione territoriale rilevantissima per un modello di politica industriale innovativo, che stava iniziando a funzionare bene: da otto aree ben delimitate con baricentro otto porti del Sud, si passa all'estensione di regole e strumenti speciali per otto intere regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;

    la creazione della nuova ZES unica può incidere significativamente sulla spinta agli investimenti nel Mezzogiorno e pone la necessità di una riflessione per le province di Frosinone, Rieti e Latina;

    il Lazio, in particolare, è la regione più esposta a questo rischio, essendo confinante con ben tre regioni ricomprese nella ZES unica;

    lo stesso regolamento europeo prevede una sorta di area cuscinetto per le zone contigue a quelle che beneficiano di intensità di aiuto più alte,

impegna il Governo

ad assumere, in coerenza con le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato, ogni opportuna iniziativa, ove necessario anche di tipo normativo, finalizzata a garantire il sostegno economico ai territori delle province di Frosinone, Rieti e Latina, nonché il riconoscimento di agevolazioni incentivanti alle imprese insediate o che intendano insediarsi nei medesimi territori, anche valutando la possibilità di costituire una zona logistica semplificata.
9/1416-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Ruspandini, Pulciani, Trancassini, Mattia.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca alcune disposizioni volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali;

    l'articolo in questione, inoltre, contiene disposizioni dirette a garantire una più efficace e razionale programmazione ed utilizzazione in ordine alle modalità di impiego delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027;

    la norma disciplina, tra l'altro, gli «accordi per la coesione», da definire tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR d'intesa con i Ministri interessati, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi di competenza delle Amministrazioni centrali, ovvero i Presidenti delle regioni e delle province autonome, con i quali individuare gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi;

    occorre dare maggiore impulso al sistema produttivo della Regione Siciliana, mediante l'adozione di misure volte a stabilire un percorso accelerato per favorire la realizzazione degli interventi infrastrutturali che possano migliorare la libera circolazione di cittadini e merci anche all'interno del territorio regionale;

    il provvedimento contiene norme promosse al fine di una concreta svolta nel superamento delle diseguaglianze infrastrutturali tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche per le regioni meridionali;

    occorre sottrarre dal suo isolamento ferroviario la città di Siracusa e il suo circondario prevedendo assegnazione di risorse finalizzate all'avvio delle opere di ammodernamento, potenziamento nonché di velocizzazione della rete ferroviaria tra le province Catania-Siracusa-Ragusa;

    è quanto mai urgente incrementare la dotazione di rete elettrificata e a doppio binario delle infrastrutture ferroviarie presenti, nonché provvedere alla gestione della circolazione in sicurezza della medesima rete ferroviaria,

impegna il Governo

ad avviare le iniziative necessarie, d'intesa con la Regione Siciliana, per indicare nel cosiddetto «Accordo per la coesione», tra gli obiettivi di sviluppo da perseguire, le opere di ammodernamento e potenziamento della rete ferroviaria regionale siciliana tra le province di Catania-Siracusa-Ragusa prevedendo la dotazione di rete elettrificata e a doppio binario delle infrastrutture ferroviarie presenti, nonché opere di ammodernamento e potenziamento con previsione della linea ad alta velocità.
9/1416-A/2. Messina, Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca alcune disposizioni volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali;

    l'articolo in questione, inoltre, contiene disposizioni dirette a garantire una più efficace e razionale programmazione ed utilizzazione in ordine alle modalità di impiego delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027;

    la norma disciplina, tra l'altro, gli «accordi per la coesione», da definire tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR d'intesa con i Ministri interessati, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi di competenza delle Amministrazioni centrali, ovvero i Presidenti delle regioni e delle province autonome, con i quali individuare gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi;

    occorre dare maggiore impulso al sistema produttivo della Regione Siciliana, mediante l'adozione di misure volte a stabilire un percorso accelerato per favorire la realizzazione degli interventi infrastrutturali che possano migliorare la libera circolazione di cittadini e merci anche all'interno del territorio regionale;

    il provvedimento contiene norme promosse al fine di una concreta svolta nel superamento delle diseguaglianze infrastrutturali tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche per le regioni meridionali;

    occorre sottrarre dal suo isolamento ferroviario la città di Siracusa e il suo circondario prevedendo assegnazione di risorse finalizzate all'avvio delle opere di ammodernamento, potenziamento nonché di velocizzazione della rete ferroviaria tra le province Catania-Siracusa-Ragusa;

    è quanto mai urgente incrementare la dotazione di rete elettrificata e a doppio binario delle infrastrutture ferroviarie presenti, nonché provvedere alla gestione della circolazione in sicurezza della medesima rete ferroviaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'attività istruttoria finalizzata alla definizione del contenuto dell'Accordo per la coesione con la Regione Siciliana, di verificare, l'intesa con la predetta regione, la possibilità di inserire anche gli interventi finalizzati all'ammodernamento e potenziamento della rete ferroviaria della Regione Siciliana, tenendo conto delle attività già programmate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sempreché il livello di progettazione di detti interventi e le risorse disponibili ne consentano la realizzazione entro il periodo di utilizzazione delle risorse FSC 2021-2027.
9/1416-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Messina, Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca alcune disposizioni volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali;

    l'articolo in questione, inoltre, contiene disposizioni dirette a garantire una più efficace e razionale programmazione ed utilizzazione in ordine alle modalità di impiego delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027;

    la norma disciplina, tra l'altro, gli «accordi per la coesione», da definire tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR d'intesa con i Ministri interessati, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi di competenza delle Amministrazioni centrali, ovvero i Presidenti delle regioni e delle province autonome, con i quali individuare gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi;

    il provvedimento contiene norme promosse al fine di una concreta svolta nel superamento delle diseguaglianze infrastrutturali tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche per le regioni meridionali;

    ebbene, l'area sud orientale della Sicilia, da più di 40 anni è in attesa della costruzione del tracciato autostradale della A18 Siracusa-Gela, per i cui lotti 10 e 11 del secondo tronco, come da Convenzione con il Consorzio Autostrade Siciliane, sarebbero stati redatti dal Concessionario i relativi «progetti preliminari» e per i quali manca la relativa copertura finanziaria;

    per il completamento dell'autostrada fino a Gela (terzo tronco Ragusa-Gela), per una estesa di km 31 terzo tronco, sono stati ancora solo redatti i progetti di livello preliminare ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale;

    al fine di dare maggiore impulso e di favorire la realizzazione degli interventi infrastrutturali che possano migliorare la libera circolazione di cittadini e merci anche all'interno del territorio regionale,

impegna il Governo

ad avviare le iniziative necessarie, d'intesa con la Regione Siciliana, per indicare nel cosiddetto «Accordo per la coesione», tra gli obiettivi di sviluppo da perseguire, il completamento del tracciato autostradale della A18 Siracusa-Gela.
9/1416-A/3. Longi, Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca alcune disposizioni volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali;

    l'articolo in questione, inoltre, contiene disposizioni dirette a garantire una più efficace e razionale programmazione ed utilizzazione in ordine alle modalità di impiego delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027;

    la norma disciplina, tra l'altro, gli «accordi per la coesione», da definire tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR d'intesa con i Ministri interessati, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi di competenza delle Amministrazioni centrali, ovvero i Presidenti delle regioni e delle province autonome, con i quali individuare gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi;

    il provvedimento contiene norme promosse al fine di una concreta svolta nel superamento delle diseguaglianze infrastrutturali tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche per le regioni meridionali;

    ebbene, l'area sud orientale della Sicilia, da più di 40 anni è in attesa della costruzione del tracciato autostradale della A18 Siracusa-Gela, per i cui lotti 10 e 11 del secondo tronco, come da Convenzione con il Consorzio Autostrade Siciliane, sarebbero stati redatti dal Concessionario i relativi «progetti preliminari» e per i quali manca la relativa copertura finanziaria;

    per il completamento dell'autostrada fino a Gela (terzo tronco Ragusa-Gela), per una estesa di km 31 terzo tronco, sono stati ancora solo redatti i progetti di livello preliminare ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale;

    al fine di dare maggiore impulso e di favorire la realizzazione degli interventi infrastrutturali che possano migliorare la libera circolazione di cittadini e merci anche all'interno del territorio regionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'attività istruttoria finalizzata alla definizione del contenuto dell'Accordo per la coesione con la Regione Siciliana, di verificare, d'intesa con la predetta regione, la possibilità di inserire anche gli interventi finalizzati al completamento della rete autostradale della Regione Siciliana, tenendo conto delle attività già programmate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sempreché il livello di progettazione di detti interventi, le risorse e il relativo cronoprogramma procedurale ne consentano la realizzazione entro il periodo di utilizzazione delle risorse FSC 2021-2027.
9/1416-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Longi, Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca alcune disposizioni volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali;

    l'articolo in questione, inoltre, contiene disposizioni dirette a garantire una più efficace e razionale programmazione e utilizzazione in ordine alle modalità di impiego delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027;

    la norma disciplina, tra l'altro, gli «accordi per la coesione», da definire tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR d'intesa con i Ministri interessati, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi di competenza delle Amministrazioni centrali, ovvero i Presidenti delle regioni e delle province autonome, con i quali individuare gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi;

    il provvedimento contiene norme promosse al fine di una concreta svolta nel superamento delle diseguaglianze tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di opere strategiche per le regioni meridionali;

    ebbene, il Polo ospedaliero della città di Siracusa non è solo la costruzione di un ospedale all'avanguardia per tutta la provincia, ma un grande progetto con implicazioni su tutto il territorio da un punto di vista sociale, urbanistico, architettonico, culturale e ambientale;

    al fine di concludere tutte le procedure finalizzate alla realizzazione del nuovo complesso ospedaliero non si può non tenere conto dell'aumento dei costi derivanti dall'incremento dei prezzi per le opere pubbliche e della sua variante progettuale che hanno mutato sensibilmente le risorse necessarie da destinare all'opera,

impegna il Governo

ad avviare le iniziative necessarie, d'intesa con la Regione Siciliana, per indicare nel cosiddetto «Accordo per la coesione», tra gli obiettivi di sviluppo da perseguire, la definizione e la completa realizzazione del Polo ospedaliero della città di Siracusa.
9/1416-A/4. Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca alcune disposizioni volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali;

    l'articolo in questione, inoltre, contiene disposizioni dirette a garantire una più efficace e razionale programmazione e utilizzazione in ordine alle modalità di impiego delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027;

    la norma disciplina, tra l'altro, gli «accordi per la coesione», da definire tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR d'intesa con i Ministri interessati, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi di competenza delle Amministrazioni centrali, ovvero i Presidenti delle regioni e delle province autonome, con i quali individuare gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi;

    il provvedimento contiene norme promosse al fine di una concreta svolta nel superamento delle diseguaglianze tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di opere strategiche per le regioni meridionali;

    ebbene, il Polo ospedaliero della città di Siracusa non è solo la costruzione di un ospedale all'avanguardia per tutta la provincia, ma un grande progetto con implicazioni su tutto il territorio da un punto di vista sociale, urbanistico, architettonico, culturale e ambientale;

    al fine di concludere tutte le procedure finalizzate alla realizzazione del nuovo complesso ospedaliero non si può non tenere conto dell'aumento dei costi derivanti dall'incremento dei prezzi per le opere pubbliche e della sua variante progettuale che hanno mutato sensibilmente le risorse necessarie da destinare all'opera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'attività istruttoria finalizzata alla definizione del contenuto dell'Accordo per la coesione con la Regione Siciliana, di verificare, d'intesa con la predetta regione, la possibilità di inserire anche gli interventi finalizzati alla realizzazione di infrastrutture ospedaliere, sempreché il livello di progettazione di detti interventi, le risorse disponibili e il relativo cronoprogramma procedurale ne consentano la realizzazione entro il periodo di utilizzazione delle risorse FSC 2021-2027.
9/1416-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    in Italia c'è un'area vasta quanto i territori di Lombardia, Veneto e Piemonte messi assieme totalmente sprovvista di sportelli bancari;

    non sono solo le persone a subire le conseguenze dell'abbandono dei territori da parte delle banche, anche per molte imprese la chiusura delle filiali rappresenta un problema rilevante;

    per molte imprese e milioni di cittadini significa dover sopportare pesanti disagi per l'accesso al credito e per poter fruire dei servizi necessari alla quotidianità; e negli ultimi anni il problema si è perfino aggravato nonostante il ricorso sempre più spinto al digitale;

    per fare qualche esempio, in Sicilia sono 352 mila le persone che risiedono in comuni che non registrano la presenza di alcuna banca, 57 mila in più negli ultimi 12 mesi;

    sono 18 mila le imprese siciliane che hanno sede in comuni che non vedono la presenza di una banca, oltre 3000 in più negli ultimi 12 mesi;

    in Puglia sono ben 150 mila le persone che risiedono in comuni senza che ci sia uno sportello bancario, 19 mila persone in più negli ultimi 3 mesi e ben 9000 le imprese pugliesi che non possono fruire di uno sportello nel proprio comune,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure volte al rilancio delle attività produttive nelle regioni del Mezzogiorno, a valutare l'opportunità di avviare iniziative necessarie per arginare il cosiddetto fenomeno della «desertificazione bancaria» così da tutelare e sostenere migliaia di imprese nello svolgimento delle attività finanziarie.
9/1416-A/5. Giorgianni, Cannata.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in discussione prevede all'articolo 7 l'istituzione di una Cabina di Regia con funzioni di indirizzo e di coordinamento per la promozione e lo sviluppo delle aree interne del Paese;

    in particolare, alla Cabina di Regia spetta l'approvazione del «Piano strategico nazionale delle aree interne», nonché delle strategie di intervento sulle singole aree interne, con l'indicazione delle risorse e delle operazioni da finanziare;

    con riferimento agli interventi per servizi e infrastrutture sociali di comunità destinati allo sviluppo delle aree interne, l'Agenzia per la coesione territoriale nel marzo 2022 (con DDG n. 100/2022) approvò un avviso pubblico per la presentazione di proposte di interventi rivolto ai comuni delle aree interne (intermedi, periferici, ultra periferici);

    attualmente la graduatoria per il finanziamento degli interventi, approvata nel dicembre 2022, nonostante l'imponente sforzo economico messo in campo dal Governo, vede finanziate, a seguito di vari scorrimenti, circa 800 proposte di intervento a fronte di più di 2.000 domande ritenute idonee;

   considerato che per assicurare uno sviluppo delle aree interne efficace e sostenibile occorre garantire servizi e infrastrutture sociali, per rimediare a quel divario nell'accesso ai servizi che segna tanti territori del nostro Paese ed è fonte di disagio per molti nostri concittadini,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito del «Piano strategico nazionale delle aree interne», ovvero in successivi provvedimenti come la proposta di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024, l'impegno di risorse per l'incremento della dotazione finanziaria disponibile nella procedura relativa all'Avviso pubblico approvato con DDG n. 100/2022 dell'Agenzia per la Coesione Territoriale, ai fini dello scorrimento della graduatoria delle domande idonee.
9/1416-A/6. Maiorano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in discussione prevede all'articolo 7 l'istituzione di una Cabina di Regia con funzioni di indirizzo e di coordinamento per la promozione e lo sviluppo delle aree interne del Paese;

    in particolare, alla Cabina di Regia spetta l'approvazione del «Piano strategico nazionale delle aree interne», nonché delle strategie di intervento sulle singole aree interne, con l'indicazione delle risorse e delle operazioni da finanziare;

    con riferimento agli interventi per servizi e infrastrutture sociali di comunità destinati allo sviluppo delle aree interne, l'Agenzia per la coesione territoriale nel marzo 2022 (con DDG n. 100/2022) approvò un avviso pubblico per la presentazione di proposte di interventi rivolto ai comuni delle aree interne (intermedi, periferici, ultra periferici);

    attualmente la graduatoria per il finanziamento degli interventi, approvata nel dicembre 2022, nonostante l'imponente sforzo economico messo in campo dal Governo, vede finanziate, a seguito di vari scorrimenti, circa 800 proposte di intervento a fronte di più di 2.000 domande ritenute idonee;

   considerato che per assicurare uno sviluppo delle aree interne efficace e sostenibile occorre garantire servizi e infrastrutture sociali, per rimediare a quel divario nell'accesso ai servizi che segna tanti territori del nostro Paese ed è fonte di disagio per molti nostri concittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, ulteriori risorse destinate al finanziamento delle proposte di intervento rivolte ai comuni delle aree interne ritenute idonee all'esito della procedura avviata dall'Agenzia per la coesione territoriale con l'avviso pubblico approvato n. 100/2022.
9/1416-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Maiorano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in discussione istituisce, all'articolo 7, una Cabina di Regia al fine di assicurare l'efficacia e la sostenibilità nel tempo della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese mediante l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2021-2027;

    la Cabina di Regia individua le strategie territoriali delle singole aree interne indicando le direttrici di intervento;

    molti dei comuni appartenenti alle aree interne, in particolar modo quelli con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, soffrono annose situazioni di carenza di infrastrutture primarie, quali allacciamenti di reti fognarie e persino reti idriche per l'erogazione dell'acqua, oppure soffrono di carenza di infrastrutture equiparate alle opere primarie, come, ad esempio, gli impianti e le costruzioni cimiteriali;

    per anni ci si è preoccupati anzitutto di finanziarie opere urbanistiche secondarie, delle quali non si nega il valore, come non si nega l'importanza delle infrastrutture sociali, che peraltro sono state già oggetto di un bando mirato per le aree interne nell'ambito dei fondi del PNRR;

    tuttavia non si potrà mai pervenire a una reale coesione territoriale del Paese, senza prima colmare quel divario tra territori causato dalla carenza di opere infrastrutturali primarie, perché queste riguardano le esigenze fondamentali dei cittadini, incidono negativamente sulla qualità della vita degli italiani, fino a creare gravi disparità nell'accesso ai servizi,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito delle attività della Cabina di Regia, strategie, progetti e interventi in favore dei comuni delle aree interne con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, per lo sviluppo di infrastrutture urbane primarie, quali reti idriche e fognarie, nonché impianti e costruzioni cimiteriali.
9/1416-A/7. Lucaselli, Maiorano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in discussione istituisce, all'articolo 7, una Cabina di Regia al fine di assicurare l'efficacia e la sostenibilità nel tempo della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese mediante l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2021-2027;

    la Cabina di Regia individua le strategie territoriali delle singole aree interne indicando le direttrici di intervento;

    molti dei comuni appartenenti alle aree interne, in particolar modo quelli con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, soffrono annose situazioni di carenza di infrastrutture primarie, quali allacciamenti di reti fognarie e persino reti idriche per l'erogazione dell'acqua, oppure soffrono di carenza di infrastrutture equiparate alle opere primarie, come, ad esempio, gli impianti e le costruzioni cimiteriali;

    per anni ci si è preoccupati anzitutto di finanziarie opere urbanistiche secondarie, delle quali non si nega il valore, come non si nega l'importanza delle infrastrutture sociali, che peraltro sono state già oggetto di un bando mirato per le aree interne nell'ambito dei fondi del PNRR;

    tuttavia non si potrà mai pervenire a una reale coesione territoriale del Paese, senza prima colmare quel divario tra territori causato dalla carenza di opere infrastrutturali primarie, perché queste riguardano le esigenze fondamentali dei cittadini, incidono negativamente sulla qualità della vita degli italiani, fino a creare gravi disparità nell'accesso ai servizi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, nell'ambito delle attività della Cabina di Regia, strategie, progetti e interventi in favore dei comuni delle aree interne con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, per lo sviluppo di infrastrutture urbane primarie, quali reti idriche e fognarie, nonché impianti e costruzioni cimiteriali.
9/1416-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Lucaselli, Maiorano.


   La Camera,

   premesso che:

    le Zone economiche speciali per il Mezzogiorno rappresentano anche il compimento di quella parte della legge quadro n. 394 del 1991 che all'articolo 7 che in termini di priorità individua nei singoli cittadini, e soprattutto per le giovani imprese green, ed in generale per la green economy del Mezzogiorno, la valorizzazione delle biodiversità e dell'ambiente;

    le modifiche agli articoli 9 e 41 della nostra Carta costituzionale prevedono l'obbligo della Repubblica di tutelare l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, in un'ottica di giustizia anche verso le future generazioni, che rappresentano «una bussola molto importante nel percorso verso la transizione ecologica», determinando «una maggiore integrazione tra dimensione ecologica e dimensione economica e sociale»;

    le Zone Economiche Ambientali (ZEA) corrispondono ai parchi nazionali e prevedono agevolazioni e vantaggi fiscali per i comuni ricadenti nelle aree del parco e per chi volesse aprire al loro interno attività imprenditoriali, chiaramente ecosostenibili;

    la Strategia nazionale per la Biodiversità 2030 prevede di proseguire «il finanziamento delle Zone Economiche Ambientali (ZEA), coincidenti con Parchi Nazionali», da ampliare ai parchi regionali in un modello centralizzato, promuovendo provvedimenti normativi che prevedono agevolazioni e vantaggi fiscali per le attività imprenditoriali ecosostenibili operanti nelle medesime aree;

    il cosiddetto Decreto Ristori aveva istituito un fondo presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il riconoscimento di un contributo straordinario alle attività economiche operanti nelle ZEA, che svolgano attività economiche eco-compatibili;

    nel Mezzogiorno si contano sette parchi nazionali, di cui solamente quattro sono dotati del piano del Parco (Alta Murgia, Aspromonte, Cilento e Vesuvio che coinvolgono 143 comuni);

    al fine di contribuire con le agevolazioni proprie delle ZES Uniche alla sperimentazione di un modello innovativo di un fondo investimenti delle imprese, anche di nuova costituzione, in transizione verde,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la struttura organizzativa delle ZES Uniche del Mezzogiorno e le agevolazioni ad esse collegate anche alle Zone Economiche Ambientali.
9/1416-A/8. Bicchielli.


   La Camera,

   premesso che:

    le Zone economiche speciali per il Mezzogiorno rappresentano anche il compimento di quella parte della legge quadro n. 394 del 1991 che all'articolo 7 che in termini di priorità individua nei singoli cittadini, e soprattutto per le giovani imprese green, ed in generale per la green economy del Mezzogiorno, la valorizzazione delle biodiversità e dell'ambiente;

    le modifiche agli articoli 9 e 41 della nostra Carta costituzionale prevedono l'obbligo della Repubblica di tutelare l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, in un'ottica di giustizia anche verso le future generazioni, che rappresentano «una bussola molto importante nel percorso verso la transizione ecologica», determinando «una maggiore integrazione tra dimensione ecologica e dimensione economica e sociale»;

    le Zone Economiche Ambientali (ZEA) corrispondono ai parchi nazionali e prevedono agevolazioni e vantaggi fiscali per i comuni ricadenti nelle aree del parco e per chi volesse aprire al loro interno attività imprenditoriali, chiaramente ecosostenibili;

    la Strategia nazionale per la Biodiversità 2030 prevede di proseguire «il finanziamento delle Zone Economiche Ambientali (ZEA), coincidenti con Parchi Nazionali», da ampliare ai parchi regionali in un modello centralizzato, promuovendo provvedimenti normativi che prevedono agevolazioni e vantaggi fiscali per le attività imprenditoriali ecosostenibili operanti nelle medesime aree;

    il cosiddetto Decreto Ristori aveva istituito un fondo presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il riconoscimento di un contributo straordinario alle attività economiche operanti nelle ZEA, che svolgano attività economiche eco-compatibili;

    nel Mezzogiorno si contano sette parchi nazionali, di cui solamente quattro sono dotati del piano del Parco (Alta Murgia, Aspromonte, Cilento e Vesuvio che coinvolgono 143 comuni);

    al fine di contribuire con le agevolazioni proprie delle ZES Uniche alla sperimentazione di un modello innovativo di un fondo investimenti delle imprese, anche di nuova costituzione, in transizione verde,

impegna il Governo

ad assumere, compatibilmente con i vincoli di bilancio e di finanza pubblica, nel rispetto della normativa eurounitaria, ogni opportuna iniziativa finalizzata a coordinare la disciplina in materia di ZES unica con le semplificazioni e le agevolazioni previste in relazione alle zone economiche ambientali (ZEA) istituite nelle regioni del Mezzogiorno.
9/1416-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Bicchielli.


   La Camera,

   premesso che:

    le norme approvate dai primi provvedimenti di governo registrano per il settore dell'istruzione importanti riduzioni di spesa che andranno ad impattare negativamente sul settore;

    con le modifiche apportate all'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è stata introdotta a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni;

    gli Uffici scolastici regionali e provinciali hanno iniziato a pubblicare i piani di dimensionamento scolastico per l'anno scolastico 2023/24 e le fusioni porteranno a conferire molti istituti in reggenza;

    il calcolo che si evince, come denunciato dal settore, è la riduzione, non solo delle sedi, che verranno inevitabilmente accorpate, ma anche la riduzione del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, che saranno quasi dimezzati rispetto ad oggi: si passerà dai 6.490 del 2024-2025, ovvero il primo anno in cui entreranno in vigore le norme della Manovra 2023, fino ai 3.144 del 2031-2032, quindi parliamo di 3.346 dirigenti scolastici in meno;

    saranno le regioni del Mezzogiorno a dover tagliare un numero considerevole di autonomie scolastiche,

impegna il Governo

al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici, a riconsiderare i suddetti criteri per la definizione del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e per la distribuzione tra le regioni.
9/1416-A/9. Manzi, Orfini, Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20/2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133/2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Abruzzo e della regione Molise.
9/1416-A/10. Torto, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20/2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133/2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Basilicata.
9/1416-A/11. Lomuti, Morfino, Auriemma.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20/2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133/2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Calabria.
9/1416-A/12. Baldino, Orrico, Scutellà, Tucci, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Campania.
9/1416-A/13. Auriemma, Alifano, Amato, Bruno, Caramiello, Carotenuto, Caso, Sergio Costa, Di Lauro, Gubitosa, Penza, Marianna Ricciardi, Santillo, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Emilia-Romagna.
9/1416-A/14. Ascari, Cafiero De Raho, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Lazio.
9/1416-A/15. Alfonso Colucci, Francesco Silvestri, Ilaria Fontana, Onori, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Liguria.
9/1416-A/16. Traversi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR;

    l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Lombardia.
9/1416-A/17. Barzotti, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hot spot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Marche.
9/1416-A/18. Fede, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Piemonte e della regione Valle D'Aosta.
9/1416-A/19. Appendino, Iaria, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR;

    l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Puglia.
9/1416-A/20. Donno, Dell'Olio, Giuliano, L'Abbate, Lovecchio, Pellegrini, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133/2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Sardegna.
9/1416-A/21. Fenu, Cherchi, Todde, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133/2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della Regione Siciliana.
9/1416-A/22. Aiello, Carmina, Cantone, D'Orso, Morfino, Raffa, Scerra.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture,

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Toscana.
9/1416-A/23. Riccardo Ricciardi, Quartini, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle Regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133/2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture,

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Umbria.
9/1416-A/24. Pavanelli, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    tramite l'indefesso e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza nonché allo stato di emergenza, dal suo insediamento il Governo tenta di fronteggiare l'ondata di sbarchi di migranti;

    con il provvedimento in titolo, scavalcando e ignorando competenza, coinvolgimento e ruolo delle regioni, dispone, all'articolo 20, il trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) fino a 18 mesi e, all'articolo 21, la realizzazione sul territorio nazionale di un numero attualmente indefinito di nuovi CPR – «in numero congruo» recita il testo normativo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo;

    la contrarietà dei firmatari al portato dell'articolo 21 è da leggersi anche in combinato disposto con altre disposizioni adottate dal Governo, cui esso si cumula: gli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge n. 20 del 2023, cosiddetto «Cutro», che prevedono anch'essi la realizzazione di (nuovi) CPR; l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2023, in fase di conversione contestualmente al provvedimento in titolo, che prevede l'incremento fino al doppio della capienza consentita per i centri di accoglienza dei migranti sparsi nel territorio nazionale, «in deroga alle disposizioni normative e amministrative delle regioni, delle province autonome o degli enti locali»;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hotspot di trattenimento a lungo termine di migranti e pone un serio problema di sicurezza: i sindacati di Polizia hanno prefigurato il rischio di «bombe sociali» e chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri e militari, al giorno per ciascuna struttura, con ciò sguarnendo gli uffici sui territori, ma il provvedimento in titolo, al pari di quelli finora adottati, non prevede alcuna misura di prevenzione e sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile, all'interno e all'esterno dei CPR, per una tempistica che vede i migranti in detenzione amministrativa fino a 18 mesi né l'incremento delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri;

    gran parte dei posti dei nove CPR attualmente attivi sul territorio nazionale non sono utilizzabili soprattutto in ragione dei danneggiamenti causati dagli stessi soggetti trattenuti e, in proposito, ai firmatari preme rammentare che il decreto «Cutro» ha eliminato dai servizi resi ai migranti l'assistenza psicologica – da considerarsi, invece, un efficace strumento di prevenzione proprio rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture;

    la teoria del Governo, in base alla quale l'incremento dei CPR, necessario alla luce dell'allungamento a 18 mesi del trattenimento di migranti, consentirebbe un incremento dei rimpatri è smentita dai dati: anche in passato, in costanza della vigenza di un trattenimento pari a diciotto mesi, il numero dei rimpatriati è rimasto costante, pari al 50 per cento dei migranti trattenuti,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 21 del provvedimento, al fine di superare la disciplina ivi recata, astenendosi dalla realizzazione di nuovi centri per la permanenza e i rimpatri dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al territorio della regione Veneto, della regione Trentino-Alto Adige e della regione Friuli Venezia Giulia.
9/1416-A/25. Cappelletti, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente provvedimento reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese;

    con il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, è stato introdotto uno strumento innovativo espressamente dedicato al Mezzogiorno, denominato «Resto al Sud»;

    il Governo non ha ritenuto di intervenire nell'ambito del provvedimento in esame per ridare slancio alla misura «Resto al Sud», attiva dal 15 gennaio 2018, volta a sostenere la nascita di nuove attività imprenditoriali;

    la misura costituisce una delle principali forme di sostegno allo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ed è rivolta ai soggetti con età inferiore a 55 anni, residenti al momento della presentazione della domanda nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza, e che la mantengano per tutta la durata del finanziamento pari al massimo a 60.000 euro, consistente, in parte, in erogazioni a fondo perduto, per un massimo del 50 per cento, e, per la restante parte in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni;

    sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, ivi compresi i servizi turistici, nonché, dal 2019, le attività dei liberi professionisti; sempre dal 2019 la misura è stata estesa anche ai comuni colpiti dal sisma nelle regioni Lazio, Marche e Umbria nonché ai comuni delle isole minori;

    dopo oltre cinque anni dall'introduzione, l'incentivo «Resto al Sud», a fronte delle oltre 40.000 domande presentate a Invitalia, soggetto attuatore della norma, ha finanziato la nascita di 14.221 imprese e creato 51.630 nuovi posti di lavoro (fonte: Invitalia febbraio 2023), rappresentando una leva anticongiunturale e una concreta opportunità di sviluppo produttivo e occupazionale;

    gli investimenti attivati sono complessivamente pari a quasi un miliardo di euro, a fronte di 766 milioni di agevolazioni erogate; la regione più attiva è la Campania con 7.042 imprese finanziate, segue la Sicilia con 2.192 e la Calabria con 1.960;

    l'incentivo Resto al Sud ha finora contribuito a contrastare la disoccupazione giovanile e la decrescita demografica nelle aree di intervento, con particolare riferimento alla cosiddetta fuga dei talenti, ai quali è stata invece concretamente offerta l'opportunità di valorizzare le proprie competenze e diventare imprenditori nella loro terra d'origine;

    in alcune realtà si è assistito al rilancio del territorio e della comunità innescando dinamiche di rigenerazione urbana e di sviluppo integrato dei contesti locali;

    l'analisi degli effetti nel periodo dal 2018 al 2021, realizzata dalla società Italiacamp, dimostra l'efficacia dell'incentivo nel sostenere iniziative di start up o sviluppo d'impresa nel Mezzogiorno, con un impatto economico più di due volte superiore all'investimento pubblico;

    le risorse a legislazione vigente destinate alla misura sono state individuate a valere sul Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, per un importo complessivo di 1.250 milioni di euro con Delibera Cipe 7 agosto 2017 n. 74 sono state assegnate negli anni tali risorse con la seguente ripartizione: 36 milioni di euro per il 2017; 100 milioni di euro per il 2018; 107 milioni di euro per il 2019; 308,50 milioni di euro per il 2020; 92 milioni di euro per il 2021; 22,50 milioni di euro per il 2022; 18 milioni di euro per il 2023; 14 milioni di euro per il 2024 e 17 milioni di euro per il 2025. Successivamente la Delibera Cipe n. 102 del 22 dicembre 2017, ha assegnato ulteriori 535 milioni di euro di cui 180 milioni di euro per l'anno 2018, 355 milioni per l'anno 2019;

    a fronte di ingenti risorse iniziali, attualmente quelle disponibili per la misura sono esigue e non sufficienti a garantire continuità al programma;

    valorizzando il capitale umano, la misura Resto al Sud appare il coerente presupposto dell'obiettivo della costituzione della Zona economica speciale e cioè quello di realizzare sviluppo economico nel Mezzogiorno attraverso la creazione di particolari benefici per attività economiche e imprenditoriali da parte delle aziende già operative e di quelle che si insedieranno sul territorio,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare le risorse necessarie per fare ripartire la misura Resto al Sud di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, prevedendo di destinare, a integrazione di quelle già stanziate, ulteriori risorse a valere sul Fondo sviluppo e coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 almeno pari a 100 milioni di euro annui.
9/1416-A/26. Toni Ricciardi, D'Alfonso.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente provvedimento reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese;

    l'articolo 16 in particolare introduce, al comma 1, per l'anno 2024, il credito di imposta a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise e il comma 2, in più, precisa che sono agevolabili gli investimenti relativi all'acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nel territorio, nonché all'acquisto di terreni e all'acquisizione, alla realizzazione ovvero all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti;

    il provvedimento tuttavia non stimola in alcun modo la riconversione delle aree dismesse al fine di evitare o contenere il consumo ulteriore di suolo, per favorire la riqualificazione, la rigenerazione e il riuso del patrimonio edilizio esistente;

    sarebbe quanto prima opportuna una ricognizione e una valorizzazione del territorio e degli spazi inutilizzati con il coinvolgimento degli enti territoriali competenti al fine di garantire la presenza e promuovere la migliore intrapresa industriale per salvaguardare l'occupazione,

impegna il Governo

a valorizzare il patrimonio immobiliare esistente, riconvertendo e riqualificando gli immobili inutilizzati, con il coinvolgimento degli enti territoriali competenti, al fine di accrescere lo sviluppo economico nel Mezzogiorno, garantire la presenza e promuovere la migliore intrapresa industriale per salvaguardare l'occupazione, evitando o contenendo il consumo ulteriore di suolo.
9/1416-A/27. D'Alfonso.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame dispone al Capo III l'istituzione della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, e ne individua l'organizzazione e le diverse articolazioni;

    in particolare, lo sviluppo della «ZES unica» viene definita attraverso un Piano strategico triennale predisposto dalla «Struttura di missione per la ZES», che definisce, anche in modo differenziato per regione, «i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES e le modalità di attuazione»;

    nella predisposizione dello schema di Piano strategico da parte della Struttura di missione, si prevede «la piena partecipazione delle regioni interessate»;

    tale previsione è fondamentale per garantire il contributo delle istituzioni territoriali alla definizione degli interventi necessari nei singoli contesti locali;

    tuttavia, la mancata indicazione di un coinvolgimento anche delle più significative realtà economiche e sociali delle regioni interessate nella predisposizione dello schema di Piano strategico rischia di rappresentare un sensibile impoverimento del confronto costruttivo tra Stato e territori;

    il Codice Europeo di condotta sul Partenariato nell'ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei (Regolamento delegato (UE) della Commissione n. 240 del 7 gennaio 2014) assicura in circostanze analoghe la partecipazione del partenariato economico-sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere anche la partecipazione del partenariato economico-sociale nella predisposizione dello schema di Piano strategico triennale da parte della «Struttura di missione per la ZES», in coerenza con i principi disciplinati dal citato Codice Europeo di condotta sul Partenariato
9/1416-A/28. Steger, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame dispone al Capo III l'istituzione della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, e ne individua l'organizzazione e le diverse articolazioni;

    in particolare, lo sviluppo della «ZES unica» viene definita attraverso un Piano strategico triennale predisposto dalla «Struttura di missione per la ZES», che definisce, anche in modo differenziato per regione, «i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES e le modalità di attuazione»;

    nella predisposizione dello schema di Piano strategico da parte della Struttura di missione, si prevede «la piena partecipazione delle regioni interessate»;

    tale previsione è fondamentale per garantire il contributo delle istituzioni territoriali alla definizione degli interventi necessari nei singoli contesti locali;

    tuttavia, la mancata indicazione di un coinvolgimento anche delle più significative realtà economiche e sociali delle regioni interessate nella predisposizione dello schema di Piano strategico rischia di rappresentare un sensibile impoverimento del confronto costruttivo tra Stato e territori;

    il Codice Europeo di condotta sul Partenariato nell'ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei (Regolamento delegato (UE) della Commissione n. 240 del 7 gennaio 2014) assicura in circostanze analoghe la partecipazione del partenariato economico-sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare le modalità di partecipazioni di partenariato economico e sociale nella predisposizione dello schema di Piano strategico della ZES unica.
9/1416-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta)Steger, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7, del decreto-legge in oggetto, ha istituito la Cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne, presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, con la partecipazione dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della sicurezza energetica, delle imprese e del made in Italy, dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dell'interno, della cultura, del turismo, dell'istruzione e del merito, dell'università e della ricerca, della salute, per gli affari regionali e le autonomie, per la protezione civile e le politiche del mare, per le disabilità, dell'economia e delle finanze, per lo sport e i giovani;

    l'articolo 10 ha istituito la Cabina di regia ZES, presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e composta dai Ministri per gli affari regionali e le autonomie, per la pubblica amministrazione, per la protezione civile e le politiche del mare, per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, delle imprese e del made in Italy, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'ambiente e della sicurezza energetica, dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del turismo, della cultura, e altri Ministri competenti;

    solo grazie all'iniziativa del Partito Democratico, con appositi emendamenti, i suddetti organismi sono stati integrati con la partecipazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

    anche la composizione della Cabina di regia per il codice dei contratti pubblici, di cui all'Allegato V.3, del decreto legislativo n. 36 del 2023, prevede un rappresentante del Presidente del Consiglio dei ministri, con funzioni di Presidente e un rappresentante dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle imprese e del made in Italy, dell'ambiente e della sicurezza energetica, del turismo, della cultura, dell'istruzione e del merito, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'innovazione, ma non il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

    il progetto di legge in materia di promozione e sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo, anch'esso all'esame di questa Assemblea, prevede, tra l'altro, l'istituzione dell'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria e il lavoro giovanile nell'agricoltura. Tra le competenze dell'ONILGA rientrano: la raccolta ed elaborazione dei dati relativi alle effettive possibilità di occupazione dei giovani nel settore agricolo e, in genere, nel territorio rurale; l'analisi della normativa riguardante il lavoro giovanile e la sua evoluzione; la promozione di politiche attive, comprese le attività formative, da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici per sostenere la crescita dell'imprenditoria agricola giovanile. Anche in questo caso non è prevista la partecipazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

    durante l'esame delle proposte in materia di salario minimo, il Governo ha deciso di non investire il Ministero in questione della definizione delle soluzioni più appropriate, ma delegandole al CNEL,

impegna il Governo

a non proseguire nella sistematica esclusione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da tutti quegli organismi che, direttamente o indirettamente, hanno competenze in materia di occupazione, formazione e questioni sociali.
9/1416-A/29. Scotto, Sarracino, Gribaudo, Fossi, Laus, Orlando.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione, all'esame in prima lettura in Assemblea, contiene significative misure, orientate a incrementare i livelli di crescita e di competitività nelle aree territoriali del Sud del Paese;

    al riguardo, il provvedimento d'urgenza introduce all'articolo 16 per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, riconosciuto nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, in favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e Abruzzo; la medesima disposizione inoltre, individua i settori esclusi dall'agevolazione, i criteri di determinazione della misura del contributo, nonché la specifica base giuridica europea per la compatibilità della misura;

    a tal fine, si evidenzia che in precedenza, l'articolo 1, commi 98-108 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 – legge di stabilità per il 2016, successivamente modificato dall'articolo 7-quater del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, ha istituito la medesima agevolazione fiscale, stabilendo una serie di requisiti di accesso previsti dalla normativa europea, la cui misura è differenziata, anche in relazione alla dimensione aziendale: il 20 per cento per le piccole imprese, il 15 per cento per le medie imprese, il 10 per cento per le grandi imprese;

    la circolare interpretativa del 13 aprile 2017, n. 12/E dell'Agenzia delle entrate, ha chiarito in tale ambito, una serie di aspetti normativi, necessari per una corretta applicazione delle misure indicate, con riferimento al credito d'imposta per l'acquisizione dei beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo;

    la suesposta circolare, risulta tuttavia ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, desueta e non più efficace, in relazione ai cambiamenti economici e sociali degli ultimi anni, (dall'emergenza pandemica, alla crisi energetica causata dal conflitto bellico in Ucraina e in Medioriente) che hanno determinato ricadute negative sulle imprese e l'intero sistema produttivo del tessuto economico nazionale;

    il settore della panificazione e dei prodotti affini al riguardo, evidenzia una serie di criticità in relazione alla circolare interpretativa in precedenza richiamata, rilevando la necessità di ammodernare rimpianto normativo della disciplina originaria dell'agevolazione del credito d'imposta, usufruendo comunque di tale misura, anche attraverso la sostituzione dei beni strumentali acquisiti in precedenza, considerati obsoleti;

    tale richiesta risulta, a giudizio dei sottoscrittori del presente atto, condivisibile ed opportuna in relazione alle osservazioni suesposte, la cui revisione normativa, consentirebbe di migliorare i livelli di crescita e di competitività in particolare delle piccole, piccolissime e medie imprese e d'implementare la dotazione di impianti altamente tecnologici, ad alto risparmio energetico e a basso impatto ambientale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso della legislatura, nel rispetto dei vincoli di bilancio e di finanza pubblica e in coerenza con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, l'introduzione di una norma volta ad aggiornare il quadro regolatorio indicato in premessa, concedendo la possibilità alle imprese, di fruire del credito d'imposta per l'acquisizione dei beni strumentali per le strutture produttive, ubicate nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e Abruzzo, anche mediante la sostituzione dei precedenti beni strumentali acquisiti, successivamente deterioratisi, in un'ottica di miglioramento di efficienza energetica.
9/1416-A/30. Matera, Testa, Congedo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, prevede con l'articolo 9, l'istituzione a decorrere dal 1° gennaio 2024, della Zona economica speciale per il Mezzogiorno (ZES Unica), quale zona delimitata del territorio nazionale, in cui sarà consentito l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali, da parte di aziende già operative e di quelle che si insedieranno, le quali potranno beneficiare di speciali condizioni, in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo d'impresa;

    la medesima disposizione, elenca le regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, quali aree territoriali interessate dalla misura agevolativa, la cui nuova disciplina sostituirà le attuali Zone economiche speciali, istituite nei territori del Mezzogiorno, ai sensi del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 12, e successivamente disciplinate in dettaglio dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2018;

    in tale ambito, il comma 1 dell'articolo 16 del medesimo provvedimento d'urgenza, contempla oltre alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, le zone assistite della regione Abruzzo, in quanto ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell'unione europea, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027;

    il quadro complessivo delle misure indicate, esclude pertanto, dai benefici derivanti dalla ZES Unica, la regione Marche, la cui esclusione, a giudizio del sottoscrittore del presente atto, rappresenterebbe un evidente divario, in termini di competitività e di crescita, tra le aree interessate e quelle incluse nel decreto-legge in oggetto;

    le zone limitrofe alla ZES Unica, in modo particolare il territorio della regione Marche, risentirebbero, a parere del sottoscrittore del medesimo documento, in maniera preponderante, dell'esclusione a livello industriale, economico e sociale, a causa della disparità, che si andrebbe a determinare e dei vantaggi consistenti a cui avrebbero accesso aree strettamente contigue;

    occorre ricordare inoltre che, la predetta regione sia stata interessata negli anni passati, da una serie di eventi sismici che, a partire dall'anno 2016, hanno determinato gravissimi effetti socioeconomici alla comunità locale, le cui ripercussioni hanno causato pesanti danni economici e produttivi, oltre che infrastrutturali, ulteriormente aggravati dall'emergenza pandemica avvenuta nel 2020 e dall'alluvione del 2022;

    in relazione alle suesposte osservazioni, appare pertanto necessario, a giudizio del sottoscrittore del presente atto, avviare adeguati interventi, anche di carattere normativo, volti a inserire tra le regioni previste dalla ZES Unica, il territorio della regione Marche, le cui iniziative in tale direzione, sono state già avviate nella proposta di Accordo di Partenariato inviato alla Commissione europea il 17 gennaio 2022, da parte della medesima regione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, in coerenza con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato, l'introduzione nel prossimo provvedimento utile, di una misura di tipo normativo, volta a comprendere fra le aree territoriali delle otto regioni, ricomprese nella nuova Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES Unica, anche la regione Marche, i cui requisiti appaiono condivisibili in relazione alla disciplina attuale nonché alla Programmazione strategica del ciclo 2021-2027 per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale della UE che ha formalizzato il «declassamento» delle Marche da regione «più sviluppata» a regione «in transizione».
9/1416-A/31. Rachele Silvestri.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, prevede con l'articolo 9, l'istituzione a decorrere dal 1° gennaio 2024, della Zona economica speciale per il Mezzogiorno (ZES Unica), quale zona delimitata del territorio nazionale, in cui sarà consentito l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali, da parte di aziende già operative e di quelle che si insedieranno, le quali potranno beneficiare di speciali condizioni, in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo d'impresa;

    la medesima disposizione, elenca le regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, quali aree territoriali interessate dalla misura agevolativa, la cui nuova disciplina sostituirà le attuali Zone economiche speciali, istituite nei territori del Mezzogiorno, ai sensi del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 12, e successivamente disciplinate in dettaglio dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2018;

    in tale ambito, il comma 1 dell'articolo 16 del medesimo provvedimento d'urgenza, contempla oltre alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, le zone assistite della regione Abruzzo, in quanto ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell'unione europea, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027;

    il quadro complessivo delle misure indicate, esclude pertanto, dai benefici derivanti dalla ZES Unica, la regione Marche, la cui esclusione, a giudizio del sottoscrittore del presente atto, rappresenterebbe un evidente divario, in termini di competitività e di crescita, tra le aree interessate e quelle incluse nel decreto-legge in oggetto;

    le zone limitrofe alla ZES Unica, in modo particolare il territorio della regione Marche, risentirebbero, a parere del sottoscrittore del medesimo documento, in maniera preponderante, dell'esclusione a livello industriale, economico e sociale, a causa della disparità, che si andrebbe a determinare e dei vantaggi consistenti a cui avrebbero accesso aree strettamente contigue;

    occorre ricordare inoltre che, la predetta regione sia stata interessata negli anni passati, da una serie di eventi sismici che, a partire dall'anno 2016, hanno determinato gravissimi effetti socioeconomici alla comunità locale, le cui ripercussioni hanno causato pesanti danni economici e produttivi, oltre che infrastrutturali, ulteriormente aggravati dall'emergenza pandemica avvenuta nel 2020 e dall'alluvione del 2022;

    in relazione alle suesposte osservazioni, appare pertanto necessario, a giudizio del sottoscrittore del presente atto, avviare adeguati interventi, anche di carattere normativo, volti a inserire tra le regioni previste dalla ZES Unica, il territorio della regione Marche, le cui iniziative in tale direzione, sono state già avviate nella proposta di Accordo di Partenariato inviato alla Commissione europea il 17 gennaio 2022, da parte della medesima regione,

impegna il Governo

ad assumere, in coerenza con le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato, ogni opportuna iniziativa, ove necessario anche di tipo normativo, finalizzata a garantire il sostegno economico ai territori della regione Marche, nonché il riconoscimento di agevolazioni incentivanti alle imprese insediate o che intendano insediarsi nei medesimi territori, anche valutando la possibilità di costruire una zona logistica semplificata.
9/1416-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta)Rachele Silvestri.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento esame in reca all'articolo 8 interventi in favore del comune di Lampedusa e Linosa;

    in particolare al comma 6 si prevedono disposizioni per prevenire l'accumulo di relitti in ambito portuale al fine di consentire il rapido smaltimento dell'ingente numero di imbarcazioni utilizzate dai migranti prevedendo in via eccezionale e nella misura strettamente necessaria a fronteggiare l'emergenza, l'affidamento diretto del servizio di alaggio e trasporto delle barche dall'isola di Lampedusa verso i siti della Regione Siciliana attrezzati per lo smaltimento;

    l'intervento normativo riguarda quindi le imbarcazioni presenti in porto, tuttavia, come è noto, è consuetudine che gli equipaggi delle vedette delle forze dell'ordine, dopo aver salvato e trasbordato sulle loro unità i migranti soccorsi, per problemi di rapidità di rientro in porto a Lampedusa, per eventuali necessità di pronto intervento medico ed adeguata assistenza, lasciano alla deriva le imbarcazioni usate dai migranti;

    queste numerose imbarcazioni lasciate alla deriva creano un pericolo per la navigazione, specialmente notturna, di qualsiasi unità, e non favoriscono la salvaguardia della vita umana in mare;

    dopo alcuni giorni, di navigazione alla deriva, queste imbarcazioni inevitabilmente affondano ed i fondali antistanti l'isola di Lampedusa si stanno riempendo di carrette del mare e materiale vario che rendono il mare impraticabile per pescare e che difatti mette a repentaglio la sicurezza e la vita degli stessi pescatori;

    al fine di evitare gli innumerevoli incagli delle reti su questi relitti, con i conseguenti danni sia alle attrezzature dei pescatori che in termini di perdita di giornate lavorative, perché obbligati a rientrare in porto per ripristinare le reti e sbarcare i pezzi di imbarcazioni ripescate, sarebbe quindi opportuno istituire un servizio di recupero delle imbarcazioni lasciate alla deriva dai soccorritori, ogni qualvolta che gli stessi siano impossibilitati a portarle in porto dopo aver salvato le persone,

impegna il Governo:

a prevedere, anche attraverso un successivo intervento normativo:

   un servizio di recupero delle imbarcazioni lasciate alla deriva al di fuori del porto di Lampedusa;

   ristori per le imprese del settore della pesca nell'isola di Lampedusa, colpite a seguito dell'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Mediterraneo.
9/1416-A/32. Soumahoro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 21 del decreto-legge in esame aggiunge all'elenco delle opere di cui all'articolo 233, comma 1, del codice dell'ordinamento militare (COM), le strutture di cui agli articoli di cui agli articoli 10-ter e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, definendole opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale. In particolare, si tratta di punti di crisi (hotspot), centri di permanenza per i rimpatri (CPR), centri di accoglienza governativi (ex Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e Centri di accoglienza (CDA), centri di accoglienza straordinaria (CAS);

    per la realizzazione di tali strutture viene incaricato il Ministero della difesa per la progettazione e la realizzazione, mediante le proprie competenti articolazioni del Genio militare, con l'impiego delle Forze armate e avvalendosi di Difesa Servizi S.p.A.;

    la norma prevede un numero idoneo di strutture, all'occorrenza anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti. Tali opere, dispone il comma 3, sono considerate «di diritto» quali opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale, nonostante la loro precipua natura. Sono, dunque, accomunate alle opere destinate alla difesa nazionale, al pari di basi missilistiche, basi navali, caserme, stabilimenti e arsenali, poligoni e altro, con quanto ne consegue in termini di applicazione della disciplina derogatoria e speciale rispetto, in particolare, alle procedure di appalti e affidamenti e in materia di tutela paesaggistica;

    inoltre, stante il processo decisionale disposto dalla norma in relazione all'individuazione, progettazione e realizzazione, emerge la totale estromissione degli enti locali e l'assenza di concertazione Stato-regioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di riconsiderare l'opportunità della disposizione di cui in premessa, al contempo concentrando l'azione di Governo nelle opportune sedi internazionali ed europee allo scopo di sostenere il superamento dell'attuale disciplina della gestione dei flussi migratori, basata su uno strumento, il Regolamento di Dublino, penalizzante per i paesi di primo approdo come l'Italia, per arrivare ad una redistribuzione con quote obbligatorie di migranti per tutti gli Stati europei, con sistemi solidaristici automatici e non volontari.
9/1416-A/33. Pellegrini, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca disposizioni volte a modificare l'attuale disciplina in ordine alle modalità di programmazione e di utilizzo delle risorse FSC (FSC) stanziate per il ciclo 2021-2027;

    in particolare, il comma 1 dell'articolo in esame sostituisce il comma 178 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), che reca la disciplina per la programmazione, la gestione finanziaria e per il monitoraggio dell'utilizzo delle risorse del FSC per la programmazione 2021-2027. Il comma 178 aveva definito, alle lettere da a) a m), i meccanismi procedurali di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio dell'utilizzo delle risorse, in analogia con quelli del precedente ciclo di programmazione 2014-2020, definiti dall'articolo 1, comma 703, della legge n. 190 del 2014;

    tale disciplina – che prevedeva l'impiego della dotazione del Fondo per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione sulla base delle 5 missioni del «Piano Sud 2030», in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei Fondi strutturali europei 2021-2027, e l'attuazione degli interventi finanziati con il FSC mediante lo strumento dei «Piani Sviluppo e Coesione», attribuiti alla titolarità di ciascuna delle Amministrazioni Centrali, regionali o città ed approvati dal CIPESS – viene ora completamente sostituita dall'articolo in esame;

   considerato che:

    la norma di cui alla lettera a) del riscritto articolo 1, comma 178, della legge n. 178 del 2020, oggi stabilisce che la dotazione finanziaria del FSC è impiegata per iniziative e misure afferenti alle politiche di coesione come definite dal Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, nonché per l'attuazione degli Accordi per la coesione che costituiscono i nuovi strumenti operativi per la gestione del FSC 2021-2027;

    precedentemente, per l'impiego della dotazione del FSC 2021-2027, si faceva riferimento ad «obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione economica, sociale e territoriale, sulla base delle missioni del “Piano Sud 2030”» – presentato nel 2020 dall'allora Ministro per il Sud e la coesione territoriale – dando priorità alle azioni e agli interventi previsti nel suddetto Piano, compresi quelli relativi al rafforzamento delle PA e anche in coerenza con gli obiettivi e le strategie definiti per il periodo di programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e di investimento europei (oltre che con le politiche settoriali e con le politiche di investimento e di riforma previste nel PNRR, come confermato nel testo in esame). Tale riferimento non viene ripreso dal testo riformulato della lettera a);

    la nuova formulazione della lettera a) del comma 178 sembra, pertanto, prescrivere un vincolo di coerenza dell'impiego delle risorse del FSC 2021-2027 rivolto unicamente alle politiche settoriali e alle politiche di investimento e di riforma previste nel PNRR, sganciando operativamente l'impiego della dotazione finanziaria del FSC, per altro verso, dagli obiettivi e dalle strategie definiti per il ciclo 2021-2027 dei Fondi strutturali e di investimento europei,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di prescrivere un vincolo di coerenza dell'impiego delle risorse del FSC 2021-2027 rivolto anche agli obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione sulla base delle 5 missioni del «Piano Sud 2030», in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei Fondi strutturali europei 2021-2027.
9/1416-A/34. Santillo, Morfino, Torto, Provenzano, Fornaro, Cappelletti, Mari, Carfagna, D'Alessio.


   La Camera,

   premesso che:

    al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di persone provenienti dai Paesi del Mediterraneo, l'articolo 8 prevede la predisposizione, da parte del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un piano di interventi strategici, da approvare con delibera del CIPESS con cui saranno assegnate al comune di Lampedusa e Linosa risorse nel limite complessivo di 45 milioni di euro, a valere sul FSC (commi 1 e 2);

    la finalità perseguita dalla norma in esame attiene similmente anche al comune di Porto Empedocle che, insieme a Lampedusa e Linosa, è crocevia di un flusso migratorio continuo e disperato e, pertanto, direttamente investito dalla medesima grave situazione socio-economica;

    se tra luglio, agosto e settembre a Lampedusa sono arrivati 68 mila migranti, moltissimi di questi, immediatamente dopo lo sbarco, sono stati condotti a Porto Empedocle;

    Porto Empedocle, città a vocazione turistica, non può e non deve diventare una città hotspot, così come non è accettabile che si continuino a verificare episodi gravi come la fuga di persone in cerca di acqua e cibo, lo stato di shock di essere umani ammassati e disperati, condizioni igienico sanitarie precarie;

    per quanto la popolazione empedoclina, i commercianti, e tanti abbiano teso la mano e aiutato con cibo, acqua, vestiti, biberon e altro, dimostrandosi la concretezza dell'accoglienza, nel comune di Porto Empedocle vanno contrastate le pratiche di sfruttamento e business umanitario connesse all'ingente flusso migratorio alla stregua degli sforzi che vengono effettuati per Lampedusa e Linosa,

impegna il Governo

a prevedere, nella prossima legge di bilancio, un incremento delle risorse di cui all'articolo 8, pari a 20 milioni di euro, da destinare specificatamente al comune di Porto Empedocle.
9/1416-A/35. Carmina, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9 del procedimento in esame istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno — ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    ai sensi dell'articolo 11, la politica di sviluppo della ZES unica per il Mezzogiorno è definita nell'ambito dell'omonimo Piano strategico, all'interno del quale sono individuati i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES unica e le modalità di attuazione degli interventi;

   considerato che:

    tra le novità normative di maggior rilievo introdotte nel corso della XVIII legislatura vanno annoverate le disposizioni riguardanti le Zone Economiche Ambientali (ZEA);

    l'articolo 4-ter del cosiddetto «decreto Clima» (decreto-legge n. 111 del 2019), recante misure volte a contrastare i cambiamenti climatici e migliorare le qualità dell'aria, ha istituito le zone economiche ambientali (ZEA), ossia aree coincidenti con i territori dei parchi nazionali, nelle quali sono previste misure di agevolazione fiscale e di incentivazione economica, sul modello delle zone economiche speciali, per le imprese ecocompatibili che operano al loro interno, al fine di favorire investimenti orientati al contrasto ai cambiamenti climatici, all'efficientamento energetico, all'economia circolare, alla protezione della biodiversità e alla coesione sociale e territoriale;

    ulteriori risorse sono state stanziate anche dalla legge di bilancio 2021 che ha, altresì, previsto l'istituzione di un Fondo volto alla realizzazione di progetti pilota di educazione ambientale, per gli studenti degli istituti comprensivi delle scuole, dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, site nei comuni delle ZEA e in altre aree protette naturalistiche;

    la rinnovata missione attribuita ai parchi e alle aree marine protette per effetto dell'istituzione delle ZEA, all'interno delle quali la vocazione naturale si coniuga con la sperimentazione di forme di economia sostenibile, sta dando risultati incoraggianti ed è auspicabile che il contributo delle aree naturalistiche nella definizione di un sistema di economia geo-circolare possa essere ulteriormente rafforzato anche nell'ambito della nuova pianificazione strategica prevista dall'articolo 11 del procedimento in esame,

impegna il Governo

ad adottare idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte ad introdurre, nell'ambito del Piano strategico della ZES unica per il Mezzogiorno, apposite misure finalizzate allo sviluppo delle zone economiche ambientali (ZEA) di cui all'articolo 4-ter del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111.
9/1416-A/36. Ilaria Fontana, Sergio Costa, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9 del procedimento in esame istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno — ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    ai sensi dell'articolo 11, la politica di sviluppo della ZES unica per il Mezzogiorno è definita nell'ambito dell'omonimo Piano strategico, all'interno del quale sono individuati i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES unica e le modalità di attuazione degli interventi;

   considerato che:

    tra le novità normative di maggior rilievo introdotte nel corso della XVIII legislatura vanno annoverate le disposizioni riguardanti le Zone Economiche Ambientali (ZEA);

    l'articolo 4-ter del cosiddetto «decreto Clima» (decreto-legge n. 111 del 2019), recante misure volte a contrastare i cambiamenti climatici e migliorare le qualità dell'aria, ha istituito le zone economiche ambientali (ZEA), ossia aree coincidenti con i territori dei parchi nazionali, nelle quali sono previste misure di agevolazione fiscale e di incentivazione economica, sul modello delle zone economiche speciali, per le imprese ecocompatibili che operano al loro interno, al fine di favorire investimenti orientati al contrasto ai cambiamenti climatici, all'efficientamento energetico, all'economia circolare, alla protezione della biodiversità e alla coesione sociale e territoriale;

    ulteriori risorse sono state stanziate anche dalla legge di bilancio 2021 che ha, altresì, previsto l'istituzione di un Fondo volto alla realizzazione di progetti pilota di educazione ambientale, per gli studenti degli istituti comprensivi delle scuole, dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, site nei comuni delle ZEA e in altre aree protette naturalistiche;

    la rinnovata missione attribuita ai parchi e alle aree marine protette per effetto dell'istituzione delle ZEA, all'interno delle quali la vocazione naturale si coniuga con la sperimentazione di forme di economia sostenibile, sta dando risultati incoraggianti ed è auspicabile che il contributo delle aree naturalistiche nella definizione di un sistema di economia geo-circolare possa essere ulteriormente rafforzato anche nell'ambito della nuova pianificazione strategica prevista dall'articolo 11 del procedimento in esame,

impegna il Governo

ad assumere, compatibilmente con i vincoli di bilancio e di finanza pubblica, nel rispetto della normativa eurounitaria, ogni opportuna iniziativa finalizzata a coordinare la disciplina in materia di ZES unica con le semplificazioni e le agevolazioni previste in relazione alle zone economiche ambientali (ZEA) istituite nelle regioni del Mezzogiorno.
9/1416-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta)Ilaria Fontana, Sergio Costa, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9 del provvedimento in esame istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità che i Paesi membri si sono impegnati ad attuare attraverso il raggiungimento di 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs);

    gli SDGs rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti che accomunano tutte le nazioni, come il contrasto al cambiamento climatico, la lotta alla povertà, l'eliminazione della fame, e tutti i Paesi sono chiamati a contribuire alla sfida per portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo;

   considerato che:

    al fine del perseguimento dei predetti obiettivi e degli obiettivi definiti dall'Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile, è quanto mai necessario promuovere iniziative volte ad incentivare comportamenti rispettosi dei valori espressi dai criteri ESG (Environment, Social & Governance) e dell'Economia Circolare, relativi alle buone prassi ambientali, sociali e di buona gestione aziendale, anche in relazione alle recenti iniziative promosse dalle Nazioni Unite;

    come noto i criteri ESG permettono di affrontare i temi del cambiamento climatico, della tutela dell'ambiente e dei nuovi modelli di produzione e consumo mediante la misurazione, sulla base di parametri standardizzati e condivisi, delle performance ambientali, sociali e di governance di un'azienda e dunque a porre la sostenibilità al centro della trasformazione aziendale,

impegna il Governo

ad introdurre, nel primo provvedimento utile, specifici interventi volti ad incentivare il percorso di miglioramento delle performance ESG delle piccole, medie e grandi imprese interessate a investire nel territorio della Zona economica speciale per il Mezzogiorno, così da promuovere la crescita sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale e raggiungere gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile.
9/1416-A/37. L'Abbate, Sergio Costa, Ilaria Fontana, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9 del provvedimento in esame istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità che i Paesi membri si sono impegnati ad attuare attraverso il raggiungimento di 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs);

    gli SDGs rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti che accomunano tutte le nazioni, come il contrasto al cambiamento climatico, la lotta alla povertà, l'eliminazione della fame, e tutti i Paesi sono chiamati a contribuire alla sfida per portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo;

   considerato che:

    al fine del perseguimento dei predetti obiettivi e degli obiettivi definiti dall'Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile, è quanto mai necessario promuovere iniziative volte ad incentivare comportamenti rispettosi dei valori espressi dai criteri ESG (Environment, Social & Governance) e dell'Economia Circolare, relativi alle buone prassi ambientali, sociali e di buona gestione aziendale, anche in relazione alle recenti iniziative promosse dalle Nazioni Unite;

    come noto i criteri ESG permettono di affrontare i temi del cambiamento climatico, della tutela dell'ambiente e dei nuovi modelli di produzione e consumo mediante la misurazione, sulla base di parametri standardizzati e condivisi, delle performance ambientali, sociali e di governance di un'azienda e dunque a porre la sostenibilità al centro della trasformazione aziendale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vicoli di bilancio e di finanza pubblica, di assumere specifiche iniziative finalizzate al miglioramento delle performance ESG delle piccole, medie e grandi imprese interessate a investire nel territorio della zona economica speciale per il Mezzogiorno così da promuovere la crescita sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale.
9/1416-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta)L'Abbate, Sergio Costa, Ilaria Fontana, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    con il provvedimento in titolo, si dispone, al capo III, una riforma complessiva del sistema delle Zone economiche e speciali, attraverso l'istituzione, a far data dal 1° gennaio 2024, di una ZES unica per il Sud, che ricomprende l'intero territorio meridionale, in sostituzione delle attuali otto aree;

    tale riforma snatura radicalmente il disegno originario e la ratio dello strumento, facendo venir meno la definizione di zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata delle ZES, nonché il requisito di specialità in base al quale tali zone erano state istituite, con ripercussioni sul lavoro fin qui svolto dalle strutture commissariali;

    preoccupano, in particolare, sia l'assenza di connessione della istituenda ZES unica e della relativa struttura di missione nazionale con il tessuto regionale e le amministrazioni locali, sia i rischi che un accentramento decisionale in capo alla Struttura di missione presso Palazzo Chigi potrebbe avere per il tessuto regionale in termini di ingorghi burocratici e mancato coinvolgimento dei territori – analogamente a quanto già previsto per la nuova gestione dei fondi di sviluppo e coesione – sia ancora l'effettiva capacità della struttura di missione nazionale di svolgere per l'intero territorio meridionale la funzione di sportello unico delle autorizzazioni;

    le misure previste dal decreto, che dovrebbero fungere da incentivi per la ZES unica, tra cui le modalità per attuazione del credito di imposta integralmente rimesse al Ministro per gli Affari europei, appaiono inoltre del tutto insufficienti e inadeguati a sostenere l'ampliamento e l'integrazione del sistema produttivo del Mezzogiorno, essendo il suddetto credito riconosciuto solo per l'anno 2024 e rinviando il Governo ad una fonte normativa secondaria sia per la determinazione di alcuni aspetti essenziali (modalità di accesso al beneficio, criteri e modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, limite massimo di spesa, controlli), sia per l'individuazione degli oneri che effettivamente discenderanno dall'operatività del credito d'imposta medesimo; preoccupa inoltre l'abrogazione della riduzione del 50 per cento dell'imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell'attività nella ZES, disposta dal 1° gennaio 2024;

    in conclusione, le misure di cui al provvedimento in esame rischiano di essere una mera concessione di contributi a pioggia al Mezzogiorno, senza un reale piano di sviluppo delle regioni del Sud, mancando così l'obiettivo di renderle realmente attrattive per nuovi investimenti, anche in termini di funzionalità rapportata alle esigenze di chi vorrebbe avviare nuove imprese,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a rivedere la riforma inerente all'istituzione della Zona Economica Speciale Sud – Zes unica, con particolare riguardo alla sua organizzazione e al sistema della governance, a partire dall'estensione della durata della concessione del credito di imposta ZES, almeno su base triennale, al fine di garantire al tessuto imprenditoriale il necessario orizzonte temporale atto a garantire una maggiore certezza negli investimenti;

   ad intraprendere altresì le necessarie iniziative finalizzate ad incentivare all'interno della ZES unica, il recupero degli immobili esistenti, includendo, a tal fine, tra gli investimenti oggetto di agevolazione del credito di imposta, anche la ristrutturazione di immobili a destinazione produttiva, limitando in tal modo il consumo del suolo, in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, nonché ad eliminare la soglia attualmente prevista al 50 per cento del valore dei terreni e degli immobili rispetto al valore complessivo degli investimenti agevolabili, anche per garantire continuità di condizioni a chi ha già ricevuto l'Autorizzazione Unica e ha già in corso investimenti;

   ad adottare iniziative volte ad abbassare a 100 mila euro la soglia al di sotto della quale i progetti di investimento effettuati nella ZES unica non possono godere delle agevolazioni derivanti dall'applicazione del credito di imposta;

   ad adottare, con urgenza, interventi specifici volti a riconoscere, a favore delle imprese che intraprendono, entro il 31 dicembre 2026, una nuova iniziativa economica nella ZES unica, l'agevolazione relativa alla riduzione dell'imposta sul reddito del 50 per cento.
9/1416-A/38. Scerra, Scutellà, Morfino, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    esaminato il provvedimento in titolo recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    valutate le misure inserite nell'articolo 17 che dispone in materia di investimenti;

   considerato, a tal riguardo, il cosiddetto Bonus per gli Investimenti al Sud misura, istituita con la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) che prevede un credito d'imposta cosiddetto «Bonus Investimenti sud» per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e successivamente estesa Molise e Abruzzo);

    rilevato che tale misura, in vigore dal giugno 2016, si è rivelata fondamentale per le imprese agricole delle regioni interessate, tanto da essere ritenuto uno strumento utile a stabilizzare il sistema produttivo del Mezzogiorno, prevedendo un regime di aiuti che consente le imprese che acquistano macchinari, impianti e attrezzature destinate a strutture produttive nuove o esistenti, con la garanzia di un credito di imposta a liquidità immediata;

    tale strumento, invero, oltre a contribuire all'incremento e alla crescita del Mezzogiorno ha coadiuvato l'occupazione lavorativa;

    alla luce della centralità di tale misura, da anni se ne chiede, anche in Parlamento, l'estensione alle aziende agricole con reddito agrario e dominicale, ma non di impresa, che non ne risultano beneficiarie, pur costituendo tale tipologia imprenditoriale la gran parte delle realtà produttive in agricoltura in tutto il Paese;

    considerando infine l'obiettivo del provvedimento in esame che è quello di rilanciare l'economia nelle aree del Mezzogiorno,

impegna il Governo

a prorogare, nel prossimo provvedimento utile, la misura del Bonus Investimenti Sud e a inserire tra i beneficiari della stessa le imprese con reddito agrario e dominicale.
9/1416-A/39. Caramiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 introduce, per l'anno 2024. il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 4 specifica che il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro, senza distinzione tra piccole, medie e grandi imprese;

    si prevede l'esclusione dell'agevolazione per i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro (comma 4);

    tra gli investimenti agevolabili vengono considerati anche l'acquisto di terreni e l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel limite del 50 per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato;

    il comma 6 rinvia al decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, l'individuazione della misura del credito d'imposta spettante e, soprattutto, il limite complessivo di spesa in termini di risorse finanziarie da impiegare per l'erogazione dell'agevolazione:

   considerato che:

    l'introduzione del tetto massimo di spesa con la finalità, dichiarata dallo stesso Ministro Fitto nel corso delle audizioni sul provvedimento, di trasformare la misura in un «incentivo a rubinetto», rischia di penalizzare gli investimenti delle piccole imprese nonché compromettere l'automatismo dell'incentivo, punto di forza del credito d'imposta finora vigente;

    da considerare inoltre che le nuove disposizioni, contrariamente alla normativa vigente, non prevedono differenziazioni in base alla dimensione di impresa con l'ulteriore rischio che le risorse disponibili, in assenza di una riserva finanziaria, finiscano per essere interamente utilizzate delle imprese di maggiori dimensioni;

    è necessario garantire un diffuso ed equilibrato accesso agli incentivi tra le imprese, con particolare riferimento alle imprese di minori dimensione, al fine di garantire Funi forme avanzamento e ammodernamento tecnologico delle aziende e dei processi produttivi sul territorio della ZES,

impegna il Governo

nella definizione delle modalità di accesso al credito d'imposta, a preservare l'automatismo dell'incentivo, al fine di salvaguardare indistintamente l'accesso alla misura, ferme restando le ordinarie attività di controllo in merito alla spettanza del credito.
9/1416-A/40. Lovecchio, Morfino, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    nel presente provvedimento gli articoli 10-17 si occupano di definire la nuova Zes;

    in base alla precedente normativa sono state attivate ben 8 Zes tra cui quella Jonica che interessa Taranto e l'area della Valbasento in Provincia di Matera;

    suddetta Zes costituisce una importante opportunità di rilancio per il territorio in questione che è oggetto di significativi investimenti;

    purtroppo la nuova normativa introdotta rischia di vanificare il lavoro fin qui fatto facendo perdere alla Zes in questione capacità attrattiva per investimenti rispetto ad altri territori,

impegna il Governo

a convocare tempestivamente, e non oltre trenta giorni dalla data di conversione in legge del presente provvedimento, uno specifico tavolo istituzionale relativo alla «Zes Jonica» con la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali economici e sociali relativamente al territorio lucano interessato, al fine di tutelare il percorso fin qui realizzato e a mettere in sicurezza gli attuali investimenti anche in chiave infrastrutturale consentendo alle aree industriali di preservare la propria capacità attrattiva per l'allocazione di nuovi investimenti industriali.
9/1416-A/41. Amendola, Speranza, Laus.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 4 specifica che il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro, senza distinzione tra piccole, medie e grandi imprese;

    si prevede l'esclusione dell'agevolazione per i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro (comma 4);

    tra gli investimenti agevolabili vengono considerati anche l'acquisto di terreni e l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel limite del 50 per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato:

    il comma 6 rinvia al decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, l'individuazione della misura del credito d'imposta spettante e, soprattutto, il limite complessivo di spesa in termini di risorse finanziarie da impiegare per l'erogazione dell'agevolazione;

   considerato che:

    l'introduzione del tetto massimo di spesa con la finalità, dichiarata dallo stesso Ministro Fitto nel corso delle audizioni sul provvedimento, di trasformare la misura in un «incentivo a rubinetto», rischia di penalizzare gli investimenti delle piccole imprese nonché compromettere l'automatismo dell'incentivo, punto di forza del credito d'imposta finora vigente;

    da considerare inoltre che le nuove disposizioni, contrariamente alla normativa vigente, non prevedono differenziazioni in base alla dimensione di impresa con l'ulteriore rischio che le risorse disponibili, in assenza di una riserva finanziaria, finiscano per essere interamente utilizzate delle imprese di maggiori dimensioni;

    è necessario garantire un diffuso ed equilibrato accesso agli incentivi tra le imprese, con particolare riferimento alle imprese di minori dimensione, al fine di garantire l'uniforme avanzamento e ammodernamento tecnologico delle aziende e dei processi produttivi sul territorio della ZES,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di prevedere, con il prossimo provvedimento utile, la eliminazione o quantomeno la riduzione del limite minimo di investimento al fine di favorire gli investimenti delle imprese di minore dimensione.
9/1416-A/42. Alifano, Morfino, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 4 specifica che il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro, senza distinzione tra piccole, medie e grandi imprese;

    si prevede l'esclusione dell'agevolazione per i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro (comma 4);

    tra gli investimenti agevolabili vengono considerati anche l'acquisto di terreni e l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel limite del 50 per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato;

    il comma 6 rinvia al decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, l'individuazione della misura del credito d'imposta spettante e, soprattutto, il limite complessivo di spesa in termini di risorse finanziarie da impiegare per l'erogazione dell'agevolazione;

   considerato che:

    l'introduzione del tetto massimo di spesa con la finalità, dichiarata dallo stesso Ministro Fitto nel corso delle audizioni sul provvedimento, di trasformare la misura in un «incentivo a rubinetto», rischia di penalizzare gli investimenti delle piccole imprese nonché compromettere l'automatismo dell'incentivo, punto di forza del credito d'imposta finora vigente;

    da considerare inoltre che le nuove disposizioni, contrariamente alla normativa vigente, non prevedono differenziazioni in base alla dimensione di impresa con l'ulteriore rischio che le risorse disponibili, in assenza di una riserva finanziaria, finiscano per essere interamente utilizzate delle imprese di maggiori dimensioni;

    è necessario garantire un diffuso ed equilibrato accesso agli incentivi tra le imprese, con particolare riferimento alle imprese di minori dimensione, al fine di garantire l'uniforme avanzamento e ammodernamento tecnologico delle aziende e dei processi produttivi sul territorio della ZES,

impegna il Governo

a introdurre misure che garantiscano il costante monitoraggio dell'andamento degli investimenti e dell'utilizzo dei crediti d'imposta in funzione delle risorse, trasmettendo le relative informazioni al Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, e il Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini dell'individuazione, ove necessario, delle risorse sufficienti alla copertura degli investimenti programmati.
9/1416-A/43. Raffa, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 4 specifica che il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro, senza distinzione tra piccole, medie e grandi imprese;

    si prevede l'esclusione dell'agevolazione per i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro (comma 4);

    tra gli investimenti agevolabili vengono considerati anche l'acquisto di terreni e l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel limite del 50 per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato;

    il comma 6 rinvia al decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, l'individuazione della misura del credito d'imposta spettante e, soprattutto, il limite complessivo di spesa in termini di risorse finanziarie da impiegare per l'erogazione dell'agevolazione;

   considerato che:

    con riferimento all'applicazione dell'incentivo alle spese per l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel corso degli anni vi sono state diverse richieste di interpello all'Agenzia delle entrate in merito alla portata della disposizione, vigente già dal 2017 in relazione al credito d'imposta ZES;

    la posizione dell'Agenzia delle entrate (v. risp. Interpello 332/2022) è stata di favore nei confronti del contribuente con riferimento al riconoscimento dell'incentivo anche alle spese relative alla ristrutturazione edilizia di immobili strumentali esistenti;

    l'intervento normativo rappresenta un'occasione per definire normativamente quanto ribadito in via interpretativa dall'Agenzia delle entrate, al fine di garantire la certezza del diritto in merito al perimetro dell'incentivo,

impegna il Governo

a definire normativamente, con il prossimo provvedimento utile, il perimetro di applicazione dell'incentivo chiarendo, in linea con l'orientamento già espresso dall'Agenzia delle entrate, l'inclusione, tra le spese agevolabili, anche delle spese per la riqualificazione di immobili esistenti, indipendentemente dal relativo ampliamento, ivi inclusi gli interventi finalizzati all'efficientamento energetico e sismico degli edifici.
9/1416-A/44. Sergio Costa, Dell'Olio, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 4 specifica che il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro, senza distinzione tra piccole, medie e grandi imprese;

    si prevede l'esclusione dell'agevolazione per i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro (comma 4);

    tra gli investimenti agevolabili vengono considerati anche l'acquisto di terreni e l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel limite del 50 per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato;

    il comma 6 rinvia al decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, l'individuazione della misura del credito d'imposta spettante e, soprattutto, il limite complessivo di spesa in termini di risorse finanziarie da impiegare per l'erogazione dell'agevolazione;

   considerato che:

    l'introduzione del tetto massimo di spesa con la finalità, dichiarata dallo stesso Ministro Fitto nel corso delle audizioni sul provvedimento, di trasformare la misura in un «incentivo a rubinetto», rischia di penalizzare gli investimenti delle piccole imprese nonché compromettere l'automatismo dell'incentivo, punto di forza del credito d'imposta finora vigente;

    da considerare inoltre che le nuove disposizioni, contrariamente alla normativa vigente, non prevedono differenziazioni in base alla dimensione di impresa con l'ulteriore rischio che le risorse disponibili, in assenza di una riserva finanziaria, finiscano per essere interamente utilizzate delle imprese di maggiori dimensioni;

    è necessario garantire un diffuso ed equilibrato accesso agli incentivi tra le imprese, con particolare riferimento alle imprese di minori dimensione, al fine di garantire l'uniforme avanzamento e ammodernamento tecnologico delle aziende e dei processi produttivi sul territorio della ZES,

impegna il Governo

a individuare risorse finanziarie in grado di assicurare la più ampia diffusione dei benefici tra le imprese, anche tenuto conto dell'andamento degli incentivi negli anni pregressi, e al fine di garantire l'integrale copertura degli investimenti.
9/1416-A/45. Scutellà, Scerra, Morfino, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16, comma 6, del provvedimento in esame, in merito all'istituito credito di imposta in favore delle imprese operanti nella nuova ZES unica per il Mezzogiorno, rinvia a un decreto del Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, sia l'individuazione del limite di spesa complessivo, sia la definizione delle modalità di accesso al beneficio, nonché i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta e i relativi controlli;

    in particolare, la misura in oggetto è concessa entro un limite massimo di spesa che la norma non individua, ma la cui fissazione è demandata al successivo citato decreto ministeriale, «a valere sulle risorse europee e nazionali della politica di coesione come individuate sulla base della ricognizione effettuata dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri»;

    a riguardo, la relazione tecnica non fornisce elementi di maggior dettaglio circa la quantificazione o la copertura, così come nulla si evince dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari che pare non considerare la disposizione;

    come si evince dal dossier degli Uffici Camera, una simile circostanza si rinviene, di regola, o quando la norma non produce effetti sui saldi di finanza pubblica o quando, come nel caso particolare in esame, la norma modifica la finalizzazione di risorse già destinate a spesa, ossia quando all'attuazione della norma medesima si provvede «a valere» su risorse già stanziate cui si attribuisce, purché disponibili, una nuova finalizzazione e non quando agli oneri si provvede «mediante riduzione» delle stesse;

   considerato che:

    la disposizione presenta diversi profili di criticità, anzitutto in quanto non consente di verificare ex ante, come prescritto dall'articolo 17, comma 1, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità pubblica), né l'ammontare degli oneri da essa derivanti, né quello della relativa copertura finanziaria;

    la relativa determinazione di oneri e copertura, infatti, è rinviata ad un meccanismo amministrativo di verifica ex post e, in specie, a un decreto ministeriale che, partendo dalla ricognizione delle eventuali risorse disponibili, giunge, sulla base di quest'ultime, alla determinazione di un tetto di spesa da utilizzare per la concessione del credito di imposta;

    da un lato, un simile meccanismo potrebbe anche concludersi senza l'erogazione del credito di imposta, nell'ipotesi in cui, all'esito della citata verifica, non risultassero disponibili risorse (incentivi cosiddetti «a rubinetto»); dall'altro, lo stesso non appare sufficientemente definito per quanto riguarda le risorse potenzialmente utilizzabili, posto che il credito d'imposta viene riconosciuto a valere «sulle risorse europee e nazionali della politica di coesione» senza ulteriori precisazioni;

    tra l'altro, la questione attiene a risorse che potrebbero essere assolutamente non trascurabili, giacché l'analoga misura (come da ultimo prorogata a tutto il 2023 dal comma 265 dell'articolo 1 della legge n. 197 del 2022), prevedeva oneri – in tal caso stimati ex ante – pari a 1.467 milioni di euro per il medesimo anno 2023, posti a carico delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2021-2027;

   rilevato che:

    inoltre, in merito ai profili di compatibilità del comma 6 dell'articolo 16 in esame, rispetto all'articolo 17, comma 1, della legge n. 196 del 2009, va sottolineato che la medesima disposizione della legge di contabilità è stata posta alla base del parere con il quale, all'interno della proposta di legge C. 1275, in materia di introduzione del salario minimo legale, è stata richiesta la soppressione dell'articolo 7, riguardante il riconoscimento di incentivi in favore dei datori di lavoro;

    il contrasto della risoluzione di fattispecie simili è aggravato anche dall'osservazione per cui, mentre il meccanismo previsto oggi non preveda alcuna procedura che consenta di assicurare, neppure ex post, il necessario controllo delle Camere sugli oneri derivanti dalla disposizione e sulla relativa copertura finanziaria, lo stesso si distingue semmai negativamente rispetto a quanto previsto nella citata proposta C. 1275 sul salario minimo, in cui invero, all'articolo 7, la esatta quantificazione degli oneri e la relativa indicazione della fonte di copertura erano attribuiti ad una fonte primaria – la legge di bilancio – che, seppur atto ad iniziativa governativa, resta fonte primaria di cui il Parlamento è pienamente investito, anche dentro un arco temporale predeterminato e certo secondo Costituzione;

   valutato che:

    su un piano più generale, nella bozza del disegno di legge di bilancio per il 2024 già in circolazione sembrerebbe figurare la copertura del credito d'imposta in favore delle imprese operanti nella nuova ZES unica per il Mezzogiorno;

    la questione è stata puntualmente sollevata durante i lavori della Commissione competente in sede referente;

    la circostanza riportata, qualora effettivamente confermata, è da accogliere favorevolmente in quanto indice di una marcia indietro del Governo rispetto alla discutibile scelta di rinviare ad una fonte normativa secondaria – il decreto ministeriale già citato – l'individuazione degli oneri che effettivamente discenderanno dall'operatività del credito d'imposta ZES unica;

    d'altra parte, però, con ciò si inciderebbe sul corretto dispiegarsi dei reciproci rapporti tra Governo e Parlamento e tra gli stessi schieramenti di maggioranza e opposizione, nonché si arrecherebbe grave pregiudizio all'esercizio delle funzioni svolte dal Parlamento, eluse laddove le proposte emendative presentate in Commissione Bilancio con riguardo alla copertura suddetta hanno ricevute parere negativo dal Governo che, nel frattempo, vi provvedeva invero in altro provvedimento;

    da ultimo, laddove si confermasse che la copertura finanziaria del credito citato è iscritta nella legge di bilancio 2024, correrebbe l'obbligo da parte del Governo, non fosse altro che per coerenza dato il precedente formatosi, di rivedere, nella prima occasione utile nel corso dell'iter legis relativo alla proposta di legge C. 1275 sul salario minimo – appena ripreso in sede referente presso la Commissione Lavoro di questa Camera – il proprio parere sull'articolo 7, in merito ai profili di copertura finanziaria, conseguentemente venendo meno – in fatto oltreché in diritto – la premessa che ha condotto alla soppressione dello stesso dal testo,

impegna il Governo

a fornire, nel più breve tempo possibile, una relazione alle Camere che dia conto della esatta perimetrazione delle risorse afferenti alla politica di coesione cui si intende – sia pure all'esito del citato processo di ricognizione – concretamente attingere al fine di coprire finanziariamente l'istituendo credito d'imposta in favore delle imprese operanti nella nuova ZES unica per il Mezzogiorno.
9/1416-A/46. Dell'Olio, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7 del presente decreto-legge si occupa della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne;

    in Italia circa 4.000 comuni, pari alla metà dei comuni italiani, ricadono nelle aree interne, coprendo quasi il 60 per cento della superficie nazionale e abitati da poco più di 13 milioni di persone pari al 22 per cento della popolazione residente;

    in questi territori si assiste ad una progressiva rarefazione dei servizi pubblici essenziali, dalla sanità all'istruzione, e dove persino fare rifornimento di carburante o acquistare un quotidiano diventa un problema;

    suddetto articolo prevede che entro 60 giorni dalla data di entrata di vigore la istituita Cabina di Regia è chiamata ad approvare un documento programmatico denominato «Piano strategico nazionale delle aree interne» (PSNAI) con ambiti di intervento e priorità strategiche;

    considerata la rilevanza del documento appare del tutto irragionevole che il Parlamento sia estromesso da qualsiasi forma di coinvolgimento,

impegna il Governo

a trasmettere il suddetto «Piano strategico nazionale delle aree interne» (PSNAI) alle Commissioni parlamentari nonché a inviare semestralmente una relazione sullo stato di attuazione del richiamato PSNAI.
9/1416-A/47. Simiani, Curti.


   La Camera,

   premesso che:

    la sostanziale caratteristica del territorio di Massa Carrara è il fatto che la Lunigiana e la costa Apuana risultano distanti fisicamente con la circostanza, unica in Italia, per cui per raggiungere il capoluogo di provincia Massa, dalla Lunigiana, occorre passar per un'altra regione;

    il progetto di realizzazione della cosiddetta Direttissima Fivizzano-Mare ricopre un'ampia rilevanza strategica per la Lunigiana orientale e la costa Apuana, nonché per la provincia di Massa-Carrara, in quanto finalizzato a promuovere lo sviluppo economico dei territori limitrofi ed una moderna viabilità;

    tale rilevanza strategica è evidenziata da numerosi studi e dati statistici relativi al territorio, allo sviluppo economico ed alla dislocazione della popolazione;

    il progetto ha un'importanza fondamentale perché consentirebbe la connessione tra l'entroterra e la costa, favorirebbe la mobilità sia locale che interregionale e determinerebbe una migliore accessibilità al territorio in funzione dell'obiettivo della valorizzazione e dello sviluppo dello stesso;

    ciò anche in ragione della necessità di rettificare la tortuosità del percorso e come risposta alle opportunità turistiche e al servizio di trasporto sanitario;

    nel 1958 l'amministrazione provinciale di Massa Carrara predispose un progetto di massima per una strada di collegamento tra il comune di Fivizzano e i centri capoluogo, per rendere più agevoli i collegamenti con l'area costiera. Il progetto, che prese subito il nome di «Direttissima Fivizzano-mare», fu approvato, ma poi accantonato;

    tale piano fu ripreso negli anni '70 e di nuovo negli '80, fino ad essere ulteriormente aggiornato e integrato nel 2021. Oggi si parla di una strada a scorrimento veloce che porterebbe in meno di 20 minuti da Carrara a Fivizzano e in circa 50 minuti a Reggio Emilia, collegandosi poi con la E6 del Brennero;

    allo stato attuale le forze politiche locali hanno sottoscritto un atto per l'inserimento della Fivizzano-mare nel programma regionale di sviluppo, ma la realizzazione dell'opera stenta a partire;

    occorre sottolineare come Fivizzano (Massa-Carrara) abbia una storia caratterizzata da sviluppo economico, da una forte economia di scambio, da un fiorente artigianato, da un'ampia vocazione turistica in ragione delle sue peculiarità morfologiche, da una consistente e varia produzione agraria;

    effettive difficoltà geologiche caratterizzano però Fivizzano, ossia strade adeguate alle esigenze attuali che garantiscano scorrevolezza, facilità di percorso, rapidità e sicurezza,

impegna il Governo

ad avviare uno studio di fattibilità sulla base delle progettualità già esistenti, allo scopo di giungere a una pianificazione esecutiva e alla realizzazione di un'opera che consentirebbe lo sviluppo di tutta la Lunigiana orientale, ciò attraverso il confronto con gli enti locali ed i soggetti a vario titolo coinvolti, monitorando tutte le iniziative idonee alla progettazione e realizzazione dell'opera.
9/1416-A/48. Tenerini.


   La Camera,

   premesso che:

    la sostanziale caratteristica del territorio di Massa Carrara è il fatto che la Lunigiana e la costa Apuana risultano distanti fisicamente con la circostanza, unica in Italia, per cui per raggiungere il capoluogo di provincia Massa, dalla Lunigiana, occorre passar per un'altra regione;

    il progetto di realizzazione della cosiddetta Direttissima Fivizzano-Mare ricopre un'ampia rilevanza strategica per la Lunigiana orientale e la costa Apuana, nonché per la provincia di Massa-Carrara, in quanto finalizzato a promuovere lo sviluppo economico dei territori limitrofi ed una moderna viabilità;

    tale rilevanza strategica è evidenziata da numerosi studi e dati statistici relativi al territorio, allo sviluppo economico ed alla dislocazione della popolazione;

    il progetto ha un'importanza fondamentale perché consentirebbe la connessione tra l'entroterra e la costa, favorirebbe la mobilità sia locale che interregionale e determinerebbe una migliore accessibilità al territorio in funzione dell'obiettivo della valorizzazione e dello sviluppo dello stesso;

    ciò anche in ragione della necessità di rettificare la tortuosità del percorso e come risposta alle opportunità turistiche e al servizio di trasporto sanitario;

    nel 1958 l'amministrazione provinciale di Massa Carrara predispose un progetto di massima per una strada di collegamento tra il comune di Fivizzano e i centri capoluogo, per rendere più agevoli i collegamenti con l'area costiera. Il progetto, che prese subito il nome di «Direttissima Fivizzano-mare», fu approvato, ma poi accantonato;

    tale piano fu ripreso negli anni '70 e di nuovo negli '80, fino ad essere ulteriormente aggiornato e integrato nel 2021. Oggi si parla di una strada a scorrimento veloce che porterebbe in meno di 20 minuti da Carrara a Fivizzano e in circa 50 minuti a Reggio Emilia, collegandosi poi con la E6 del Brennero;

    allo stato attuale le forze politiche locali hanno sottoscritto un atto per l'inserimento della Fivizzano-mare nel programma regionale di sviluppo, ma la realizzazione dell'opera stenta a partire;

    occorre sottolineare come Fivizzano (Massa-Carrara) abbia una storia caratterizzata da sviluppo economico, da una forte economia di scambio, da un fiorente artigianato, da un'ampia vocazione turistica in ragione delle sue peculiarità morfologiche, da una consistente e varia produzione agraria;

    effettive difficoltà geologiche caratterizzano però Fivizzano, ossia strade adeguate alle esigenze attuali che garantiscano scorrevolezza, facilità di percorso, rapidità e sicurezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'attività istruttoria finalizzata alla definizione del contenuto dell'Accordo per la coesione con la regione Toscana, di verificare, d'intesa con la predetta regione, la possibilità di inserire anche gli interventi finalizzati all'implementazione della rete stradale, tenuto conto delle attività già programmate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sempre che il livello di progettazione di detti interventi, le risorse disponibili e il relativo cronoprogramma procedurale ne consentano la realizzazione entro il periodo di utilizzazione delle risorse FSC 2021-2027.
9/1416-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta)Tenerini.


   La Camera,

   premesso che:

    in data 7 agosto 2023 il Governo, dopo aver ottenuto il via libera dalle Camere, ai sensi dell'articolo 21 del Regolamento europeo del Dispositivo di ripresa e resilienza (Ue 2021/241), presentava alla Commissione le proposte per la revisione del PNRR e REPowerEU;

    il documento prospetta una serie di aggiustamenti ai target e ai milestone relativi agli investimenti e alle riforme incluse nel Piano concordato con le istituzioni europee nel luglio 2021 e, inoltre, individua una serie di nuovi interventi destinati a costruire un nuovo capitolo RePowerEU;

    il nuovo Piano prevede una diversa allocazione delle risorse con l'incremento o la creazione di nuovi obiettivi ed il contestuale definanziamento di altri; e che dei 9 investimenti definanziati, ben 4 interessano l'Abruzzo per un totale di 555,4 milioni di euro, dato confermato a seguito della verifica effettuata sulla piattaforma ReGiS della Ragioneria generale dello Stato, con una diminuzione complessiva dei finanziamenti pari a 629,1 milioni di euro in quanto, in diversi casi, il soggetto attuatore contribuiva al finanziamento del progetto medesimo, attingendo da risorse proprie o attraverso altri fondi pubblici;

    i territori abruzzesi rischiano pertanto di perdere oltre mezzo miliardo di euro di finanziamenti del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), qualora le istituzioni europee approvassero la proposta di revisione del piano inoltrata dal governo italiano definanziando interventi strategici per il territorio, come la linea ferroviaria Roma-Pescara che non vedrebbe più il suo raddoppiamento;

    a livello provinciale sarebbe Chieti il territorio in cui rischierebbero di saltare i progetti con l'importo totale più consistente (218,1 milioni). Seguono le province di Teramo (192,2), L'Aquila (158,7) e Pescara (114,4). A livello comunale al primo posto vi sarebbe Teramo con 10 progetti a rischio per un valore complessivo di circa 33 milioni di cui 24,8 provenienti dal PNRR. Seguono Pescara (27 progetti per 28 milioni quasi interamente PNRR) e Chieti (12 progetti, 20,6 milioni anche in questo caso quasi totalmente provenienti dal piano). Discorso a parte lo merita il capoluogo di regione. Il comune del L'Aquila vedrebbe infatti un taglio di 5 progetti, per importi totali pari a 20,1 milioni di euro, ma di cui solo 340 mila di provenienza PNRR;

    ci sono poi altri 5 comuni che vedono progetti a rischio per un valore complessivo superiore ai 10 milioni. Si tratta di Montesilvano (25 progetti, 15,7 milioni), Martinsicuro (12 progetti, 14 milioni), Roseto degli Abruzzi (9 progetti, 12,9 milioni), Avezzano (17 progetti, 12,3 milioni), e San Salvo (10 progetti, 10,5 milioni). Altri 231 comuni invece hanno progetti a rischio per un importo superiore al milione di euro;

    se invece si considerano solamente i fondi PNRR che potenzialmente potrebbero venir meno, tra i centri più «colpiti» troviamo Pescara (27,9 milioni), Teramo (24,8), Chieti (20,5), Montesilvano (15,7), Avezzano (9) e Lanciano (8,4). Occorre notare anche che, seppur parlando di cifre più modeste, alcuni comuni prevedono progetti con fonte di finanziamento quasi esclusivamente legata al piano,

impegna il Governo

a prevedere, già nella prossima legge di bilancio, lo stanziamento di misure volte a rifinanziare i progetti di cui in premessa, tramite il contestuale incremento del Piano complementare ovvero la predisposizione di altre misure che preservino tutti gli investimenti originariamente previsti nel Piano per la regione Abruzzo.
9/1416-A/49. Nazario Pagano, Torto, Toni Ricciardi, Ubaldo Pagano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 4 specifica che il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, in caso di investimenti immobiliari, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro, senza distinzione tra piccole, medie e grandi imprese;

    si prevede l'esclusione dell'agevolazione per i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro (comma 4);

    tra gli investimenti agevolabili vengono considerati anche l'acquisto di terreni e l'acquisizione, la realizzazione ovvero l'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, nel limite del 50 per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato;

    il comma 6 rinvia al decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, l'individuazione della misura del credito d'imposta spettante e, soprattutto, il limite complessivo di spesa in termini di risorse finanziarie da impiegare per l'erogazione dell'agevolazione;

   considerato che:

    l'introduzione del tetto massimo di spesa con la finalità, dichiarata dallo stesso Ministro Fitto nel corso delle audizioni sul provvedimento, di trasformare la misura in un «incentivo a rubinetto», rischia di penalizzare gli investimenti delle piccole imprese nonché compromettere l'automatismo dell'incentivo, punto di forza del credito d'imposta finora vigente;

    da considerare inoltre che le nuove disposizioni, contrariamente alla normativa vigente, non prevedono differenziazioni in base alla dimensione di impresa con l'ulteriore rischio che le risorse disponibili, in assenza di una riserva finanziaria, finiscano per essere interamente utilizzate delle imprese di maggiori dimensioni;

    è necessario garantire un diffuso ed equilibrato accesso agli incentivi tra le imprese, con particolare riferimento alle imprese di minori dimensione, al fine di garantire l'uniforme avanzamento e ammodernamento tecnologico delle aziende e dei processi produttivi sul territorio della ZES,

impegna il Governo

nella definizione delle risorse finanziarie necessarie al riconoscimento della misura, a destinare, ove ritenute non sufficienti a coprire la totalità degli investimenti, quota parte delle risorse di riserva in favore delle micro, piccole e medie imprese.
9/1416-A/50. Penza, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione in esame reca, tra le altre, disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e rilancio dell'economia, con particolare riguardo al Mezzogiorno;

    le aree interne costituiscono la parte maggioritaria del territorio italiano caratterizzata dalla significativa distanza dai centri di offerta di servizi essenziali, e vedono l'assegnazione di importanti risorse del ciclo di programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), oltre che di altri fondi europei e regionali;

    l'articolo 7 del decreto-legge apporta rilevanti modifiche alla governance della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne (SNAI), individuando una cabina di regia – composta da ben 17 ministri, oltre che dai presidenti delle Regioni e Province autonome, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'UPI, dell'ANCI e dell'UNCEM – con rilevanti prerogative, tra le altre, in materia di approvazione del Piano strategico nazionale (PSNAI), approvazione delle strategie delle singole aree interne, monitoraggio degli interventi e di generale indirizzo e coordinamento;

    tale disposizione assume, peraltro, carattere di ridondanza alla luce dell'esistenza del Comitato Tecnico Aree Interne (CTAI), istituito con delibera CIPE n. 9 del 2015 e mai convocato dall'attuale Governo;

    si sottolinea, poi, a quanto risulta alla presentatrice, come ad oggi il Governo non abbia sbloccato i fondi per la prevenzione incendi (40 milioni di euro), i fondi per le isole minori (11,4 milioni di euro), i fondi per le vecchie e le nuove aree (198,6 milioni di euro) approvati dal CIPESS ad aprile e ad agosto 2022;

    complessivamente, sempre con riferimento alla programmazione europea 2021-2027, risultano fermi 250 milioni di euro riguardanti sia le aree interne sia il progetto speciale isole minori,

impegna il Governo

a procedere con la massima celerità all'erogazione dei finanziamenti per la SNAI riferiti alla programmazione 2021-2027 già approvati dal CIPESS.
9/1416-A/51. Carfagna, Alifano, Cappelletti, Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione in esame reca, tra le altre, disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e rilancio dell'economia, con particolare riguardo al Mezzogiorno;

    le aree interne costituiscono la parte maggioritaria del territorio italiano caratterizzata dalla significativa distanza dai centri di offerta di servizi essenziali, e vedono l'assegnazione di importanti risorse del ciclo di programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), oltre che di altri fondi europei e regionali;

    l'articolo 7 del decreto-legge apporta rilevanti modifiche alla governance della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne (SNAI), individuando una cabina di regia – composta da ben 17 ministri, oltre che dai presidenti delle Regioni e Province autonome, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'UPI, dell'ANCI e dell'UNCEM – con rilevanti prerogative, tra le altre, in materia di approvazione del Piano strategico nazionale (PSNAI), approvazione delle strategie delle singole aree interne, monitoraggio degli interventi e di generale indirizzo e coordinamento,

impegna il Governo

a procedere con la massima celerità all'erogazione dei finanziamenti per la SNAI riferiti alla programmazione 2021-2027 già approvati dal CIPESS.
9/1416-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta)Carfagna, Alifano, Cappelletti, Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    in particolare, l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno — ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, assegnando al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR la responsabilità di predisporre e attuare il Piano strategico della Zes, in cui sono definite le politiche di sviluppo e individuati i settori da promuovere e da consolidare, nonché gli interventi infrastrutturali prioritari da realizzare;

    ogni iniziativa nell'ambito di una politica di un rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno, non può non considerare la necessità di colmare l'evidente divario infrastrutturale del Sud rispetto alle regioni del Nord Italia, anche in termini di ammodernamento e messa in sicurezza;

    in tale contesto, di particolare interesse risulta l'intervento di sistemazione e messa in sicurezza della strada statale 284 «Occidentale Etnea» nel tratto tra Adrano e Paternò per circa 14,6 km, sia per l'importanza strategica che riveste per raggiungere l'aeroporto di Catania, Fontanarossa, sia perché ricopre la funzione di raccordo di importanti realtà territoriali, quali i centri abitati di Adrano, Biancavilla, S. Maria di Licodia, Ragalna, Bel Passo, Paternò e di relativi hinterland;

    attualmente la strada è assimilabile ad una tipo IV CNR'80, una corsia per senso di marcia e banchine di dimensioni variabili per una larghezza compresa tra i 7 metri e i 9 metri. Le caratteristiche plano altimetriche dell'attuale tracciato, con lunghi rettilinei e curve di medio e ampio raggio, le intersezioni a raso e la consistente percentuale di veicoli pesanti sono gli elementi che individuano numerose zone di criticità per la sicurezza stradale ed elevate percentuali di incidenti stradali;

    il progetto prevede il miglioramento delle intersezioni e la sistemazione di accessi con la realizzazione di una strada con categoria C1 nel tratto fra Adrano e Adrano sud (per circa 1,7 km) e con Categoria B nel tratto fra Adrano sud e Paternò (per circa 12,9 km). Lo scorso 3 maggio è stato pubblicato il decreto VIA relativo all'intervento ed è stata chiusa con esito favorevole la CdS sul progetto definitivo;

    ad oggi, è disponibile un finanziamento di 185 milioni di euro per i lavori di miglioramento del tratto fra Adrano e Adrano sud, su un investimento complessivo dell'intervento, aggiornato al prezzario Anas 2022 Rev. 2, che ammonta ad 495,94 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre nel prossimo provvedimento utile, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di bilancio, interventi volti alla sistemazione e messa in sicurezza della strada statale 284 «Occidentale Etnea» nel tratto tra Adrano e Paternò per circa 14,6 km, al fine di assicurare il recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e di accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche per l'Area Sud Occidentale della Sicilia.
9/1416-A/52. Ciancitto.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    in particolare, l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno — ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, assegnando al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR la responsabilità di predisporre e attuare il Piano strategico della Zes, in cui sono definite le politiche di sviluppo e individuati i settori da promuovere e da consolidare, nonché gli interventi infrastrutturali prioritari da realizzare;

    ogni iniziativa nell'ambito di una politica di un rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno, non può non considerare la necessità di colmare l'evidente divario infrastrutturale del Sud rispetto alle regioni del Nord Italia, anche in termini di ammodernamento e messa in sicurezza;

    in tale contesto, di particolare interesse risulta l'intervento di sistemazione e messa in sicurezza della strada statale 284 «Occidentale Etnea» nel tratto tra Adrano e Paternò per circa 14,6 km, sia per l'importanza strategica che riveste per raggiungere l'aeroporto di Catania, Fontanarossa, sia perché ricopre la funzione di raccordo di importanti realtà territoriali, quali i centri abitati di Adrano, Biancavilla, S. Maria di Licodia, Ragalna, Bel Passo, Paternò e di relativi hinterland;

    attualmente la strada è assimilabile ad una tipo IV CNR'80, una corsia per senso di marcia e banchine di dimensioni variabili per una larghezza compresa tra i 7 metri e i 9 metri. Le caratteristiche plano altimetriche dell'attuale tracciato, con lunghi rettilinei e curve di medio e ampio raggio, le intersezioni a raso e la consistente percentuale di veicoli pesanti sono gli elementi che individuano numerose zone di criticità per la sicurezza stradale ed elevate percentuali di incidenti stradali;

    il progetto prevede il miglioramento delle intersezioni e la sistemazione di accessi con la realizzazione di una strada con categoria C1 nel tratto fra Adrano e Adrano sud (per circa 1,7 km) e con Categoria B nel tratto fra Adrano sud e Paternò (per circa 12,9 km). Lo scorso 3 maggio è stato pubblicato il decreto VIA relativo all'intervento ed è stata chiusa con esito favorevole la CdS sul progetto definitivo;

    ad oggi, è disponibile un finanziamento di 185 milioni di euro per i lavori di miglioramento del tratto fra Adrano e Adrano sud, su un investimento complessivo dell'intervento, aggiornato al prezzario Anas 2022 Rev. 2, che ammonta ad 495,94 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'attività istruttoria finalizzata alla definizione del contenuto dell'Accordo per la coesione con la Regione Siciliana, di verificare, d'intesa con la predetta regione, la possibilità di inserire anche gli interventi finalizzati al completamento della rete stradale della Regione Siciliana, tenendo conto delle attività già programmate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sempre che il livello di progettazione di detti interventi, le risorse disponibili e il relativo cronoprogramma procedurale ne consentano la realizzazione entro il periodo di utilizzazione delle risorse FSC 2021-2027.
9/1416-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta)Ciancitto.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del provvedimento in oggetto reca disposizioni in materia di istituzione e programmazione della Zona Economica Speciale Sud – Zes Unica, ivi compresi i correlati aspetti procedimentali e attuativi, tra cui l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una Cabina di regia ZES, con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio e la creazione dello Sportello Unico Digitale ZES per i procedimenti di autorizzazione unica per l'avvio di attività economiche o l'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all'interno della ZES Unica;

    le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES unica possono usufruire della riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti, nonché di agevolazioni fiscali;

   considerato che:

    il monitoraggio costante delle politiche di sviluppo economico e sociale adottate per il Mezzogiorno nell'ambito della Zes Unica risulta, dunque, fondamentale al fine di analizzarne gli effetti, anche a lungo termine;

    in tale ottica, l'affiancamento alla Cabina di regia di un osservatorio ausiliario con funzioni consultive, di ricerca e analisi dei dati economici relativi all'area della Zes Unica permetterebbe una migliore valutazione dei processi di sviluppo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, un Osservatorio nazionale sulle politiche di sviluppo economico del Mezzogiorno.
9/1416-A/53. Loizzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese;

    all'articolo 9 si prevede l'istituzione, a partire dal prossimo 1° gennaio 2024, della Zona economica speciale per il Mezzogiorno, nella quale l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali da parte di aziende potrà beneficiare di speciali condizioni in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo d'impresa;

    l'articolo 11 dispone la definizione del Piano strategico della ZES unica, al quale spetterà l'individuazione dei settori da promuovere e di quelli da rafforzare;

    il nostro Paese ha una tradizione molto importante nel settore della cantieristica nautica, in cui peraltro gli ultimi dati mostrano un effetto moltiplicatore pari a sette, comportando dunque che per ogni euro investito si generi un effetto sette volte più grande sia nella filiera che nell'indotto;

    l'industria nautica da diporto italiana è un comparto che si colloca tra le eccellenze del Made in Italy nel mondo e che conta quasi trentamila addetti, di cui oltre diecimila solo in Campania,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di prevedere che nel Piano strategico della ZES unica il settore della cantieristica nautica da diporto sia ricompreso tra quelli da promuovere ovvero rafforzare.
9/1416-A/54. Cangiano.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del decreto-legge in esame, rubricato «Zona Economica Speciale Sud – ZES unica», ricomprende gli articoli da 9 a 17 recando specifiche misure finalizzate alla crescita e al consolidamento economico delle aree del Mezzogiorno, con l'obiettivo di rendere i territori interessati più idonei per lo sviluppo e la crescita dimensionale dei propri sistemi produttivi;

    l'articolo 9, comma 1, in particolare, stabilisce che per Zona economica speciale (ZES) si intende una zona delimitata del territorio dello Stato nella quale l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali, da parte sia delle aziende già operative nei relativi territori, sia di quelle che vi si insedieranno, può beneficiare di speciali condizioni, in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo dell'impresa. Il successivo comma 2, istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la nuova Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle otto regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    si tratta di un provvedimento così tanto incisivo e radicale per l'economia della nostra Nazione, che è doveroso richiamare l'attenzione di quest'Aula anche sulle altre aree del Paese contigue a quelle ricomprese nella nuova ZES unica, in particolare quelle che attualmente si trovano ancora in una condizione di fragilità economico-produttiva e di debolezza competitiva nonostante siano destinatarie di alcuni provvedimenti agevolativi o compensativi. Provvedimenti che, oltre a risultare in scadenza, e il cui effetto può di fatto considerarsi esaurito, sono molto limitati e sicuramente non tali da poter garantire la valorizzazione strutturale dei territori né lo sviluppo delle potenzialità di questi ultimi;

    ci si riferisce, nel dettaglio, alle aree dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, che oggi rientrano nella Zona franca urbana (ZFU) istituita ai sensi dell'art. 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, che consente il ricorso a strumenti per il rilancio dell'economia anche grazie a programmi come Next Appennino finanziato dal Fondo complementare del PNRR per le aree sisma. Sebbene la scorsa legge di bilancio n. 197 del 2022, al comma 746 dell'articolo 1, abbia esteso le esenzioni finora riconosciute e non fruite per i periodi di imposta 2019, 2020, 2021 e 2022, anche al 2023, oramai la misura è giunta a scadenza;

    si tratta di territori che si estendono – nel complesso – su una superficie pari a circa 8.000 chilometri quadrati e che interessano 138 comuni di dieci province, ma che palesemente sono ancora fortemente svantaggiati;

    molti dei comuni che fanno oggi parte della ZFU, praticamente allo scadere di questa, dal prossimo 1° gennaio 2024 transiteranno nella nuova ZES Unica e potranno rientrare in un regime ben più favorevole e garantito. Gli altri comuni, pur trovandosi in aree contigue, si troveranno nella situazione paradossale e iniqua di non poter godere dei medesimi benefici e delle medesime opportunità;

    questi comuni rischieranno, piuttosto, di andare incontro ad un depauperamento del tessuto sociale ed economico che difficilmente potrà essere recuperato, di essere gravemente penalizzati fino al punto di regredire economicamente e rischiare l'abbandono, di fronte alle maggiori possibilità concesse a comuni limitrofi di sviluppare strategie economiche efficaci e soprattutto di attrarre investimenti anche da parte grandi realtà imprenditoriali;

    in prospettiva, è doveroso offrire a territori tra loro contigui, parimente colpiti da gravi calamità naturali, eguali opportunità di sviluppo e crescita includendoli nella nuova ZES unica e fornire loro, in tal modo, un quadro normativo di riferimento certo, omogeneo e con caratteristiche temporali che consentano di attrarre importanti e duraturi investimenti capaci di assicurare uno sviluppo strutturale e competitivo in queste aree svantaggiate e sfortunate del Paese, anche alla luce delle deroghe previste dagli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'UE,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di un provvedimento che estenda le misure previste per la nuova ZES Unica anche ai comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, riportati negli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, ove non già ricompresi nelle altre ZES.
9/1416-A/55. Trancassini, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del decreto-legge in esame, rubricato «Zona Economica Speciale Sud – ZES unica», ricomprende gli articoli da 9 a 17 recando specifiche misure finalizzate alla crescita e al consolidamento economico delle aree del Mezzogiorno, con l'obiettivo di rendere i territori interessati più idonei per lo sviluppo e la crescita dimensionale dei propri sistemi produttivi;

    l'articolo 9, comma 1, in particolare, stabilisce che per Zona economica speciale (ZES) si intende una zona delimitata del territorio dello Stato nella quale l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali, da parte sia delle aziende già operative nei relativi territori, sia di quelle che vi si insedieranno, può beneficiare di speciali condizioni, in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo dell'impresa. Il successivo comma 2, istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la nuova Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle otto regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    si tratta di un provvedimento così tanto incisivo e radicale per l'economia della nostra Nazione, che è doveroso richiamare l'attenzione di quest'Aula anche sulle altre aree del Paese contigue a quelle ricomprese nella nuova ZES unica, in particolare quelle che attualmente si trovano ancora in una condizione di fragilità economico-produttiva e di debolezza competitiva nonostante siano destinatarie di alcuni provvedimenti agevolativi o compensativi. Provvedimenti che, oltre a risultare in scadenza, e il cui effetto può di fatto considerarsi esaurito, sono molto limitati e sicuramente non tali da poter garantire la valorizzazione strutturale dei territori né lo sviluppo delle potenzialità di questi ultimi;

    ci si riferisce, nel dettaglio, alle aree dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, che oggi rientrano nella Zona franca urbana (ZFU) istituita ai sensi dell'art. 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, che consente il ricorso a strumenti per il rilancio dell'economia anche grazie a programmi come Next Appennino finanziato dal Fondo complementare del PNRR per le aree sisma. Sebbene la scorsa legge di bilancio n. 197 del 2022, al comma 746 dell'articolo 1, abbia esteso le esenzioni finora riconosciute e non fruite per i periodi di imposta 2019, 2020, 2021 e 2022, anche al 2023, oramai la misura è giunta a scadenza;

    si tratta di territori che si estendono – nel complesso – su una superficie pari a circa 8.000 chilometri quadrati e che interessano 138 comuni di dieci province, ma che palesemente sono ancora fortemente svantaggiati;

    molti dei comuni che fanno oggi parte della ZFU, praticamente allo scadere di questa, dal prossimo 1° gennaio 2024 transiteranno nella nuova ZES Unica e potranno rientrare in un regime ben più favorevole e garantito. Gli altri comuni, pur trovandosi in aree contigue, si troveranno nella situazione paradossale e iniqua di non poter godere dei medesimi benefici e delle medesime opportunità;

    questi comuni rischieranno, piuttosto, di andare incontro ad un depauperamento del tessuto sociale ed economico che difficilmente potrà essere recuperato, di essere gravemente penalizzati fino al punto di regredire economicamente e rischiare l'abbandono, di fronte alle maggiori possibilità concesse a comuni limitrofi di sviluppare strategie economiche efficaci e soprattutto di attrarre investimenti anche da parte grandi realtà imprenditoriali;

    in prospettiva, è doveroso offrire a territori tra loro contigui, parimente colpiti da gravi calamità naturali, eguali opportunità di sviluppo e crescita includendoli nella nuova ZES unica e fornire loro, in tal modo, un quadro normativo di riferimento certo, omogeneo e con caratteristiche temporali che consentano di attrarre importanti e duraturi investimenti capaci di assicurare uno sviluppo strutturale e competitivo in queste aree svantaggiate e sfortunate del Paese, anche alla luce delle deroghe previste dagli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'UE,

impegna il Governo

ad assumere, in coerenza con le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato, ogni iniziativa, ove necessario anche di tipo normativo, finalizzata a garantire il sostegno economico ai territori dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, riportati negli Allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, ove non già ricompresi nell'ambito della ZES unica, nonché il riconoscimento di agevolazioni incentivanti alle imprese insediate o che intendano insediarsi nei medesimi territori, anche valutando la possibilità di costruire una zona logistica semplificata.
9/1416-A/55. (Testo modificato nel corso della seduta)Trancassini, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    in particolare, l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, assegnando al ministro per il Sud la responsabilità di predisporre e attuare il Piano strategico della Zes, in cui sono definite le politiche di sviluppo e individuati i settori da promuovere e da consolidare, nonché gli interventi infrastrutturali prioritari da realizzare;

    la previsione di un Piano strategico può rappresentare un tassello importante per vincere la scommessa «Sud», che, ancora oggi, rimane sinonimo di tentativi mai riusciti di emancipazione e di territori meravigliosi, ostaggi di meccanismi che ne impediscono il riscatto e il progresso;

    quando si parla di questione meridionale e delle cause che ne impediscono il superamento, tra le prime criticità da richiamare vi è senza dubbio quello riguardante il concetto di legalità, inteso nel senso di sicurezza, di presenza effettiva delle Istituzioni, di fiducia che le persone ripongono negli organi di governo e nelle sue articolazioni territoriali;

    è il caso di Castel Volturno, una striscia di terra lunga 73 chilometri, 25 di spiaggia e dieci di pineta per 27 mila residenti e 35 mila immigrati, di cui almeno 15 mila irregolari, diventato negli anni crocevia di illegalità, dal clan dei casalesi alla più recente mafia nigeriana dedita al narcotraffico internazionale, e abusivismo che inchiodano i suoi abitanti a una condizione di scarse opportunità e di incuria. La presenza di un elevato numero di immigrati sommersi che sfuggono ai censimenti e ai tentativi di regolarizzazione sono spesso il terreno fertile per il degrado urbano e sociale che negli ultimi decenni ha caratterizzato questo luogo situato sul litorale domitio;

    quella di Castel Volturno è una realtà di abbandono e povertà ormai riconosciuta come una vera e propria emergenza sociale ed economica, dove il futuro è un miraggio e il presente è un paradosso: dall'alto tasso di dispersione scolastica, con il 37 per cento dei ragazzi in età scolastica che non sono mai stati iscritti o hanno abbandonano precocemente la scuola;

    alla mancanza di sicurezza e ordine pubblico, con la piaga nevralgica del numero di immigrati clandestini irregolari, che rende impossibile qualunque progetto di integrazione e il controllo del territorio; dall'abusivismo al degrado ambientale, che ne hanno impedito la crescita economica, e compromesso le potenzialità di pieno sviluppo del settore turistico ed agroalimentare;

    quello di Castel Volturno è un contesto sociale unico, senza punti di aggregazione a cui è necessario rispondere con azioni adeguate e strutturate e che richiedono un impegno ulteriore da parte delle istituzioni,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere nel prossimo provvedimento utile, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, l'introduzione di una misura normativa, volta ad istituire nel comune di Castel Volturno in provincia di Caserta, una zona franca urbana, ai sensi dell'articolo 1, comma 340 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

   a valutare altresì l'opportunità di prevedere, nel corso della legislatura, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, adeguati interventi in favore del suesposto comune, in materia di riconversione e riqualificazione produttiva nell'ambito delle risorse assegnate alle aree di crisi industriale non complessa di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 aprile 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 22 giugno 2021, al fine di rilanciare le attività industriali e salvaguardare i livelli occupazionali;

   a valutare l'opportunità di prevedere infine, nell'ambito dell'individuazione delle aree interessate dalla realizzazione di nuovi Centri Permanenti per il Rimpatrio (CPR), misure di tipo normativo, volte a monitorare il contesto socio-economico di riferimento, prediligendo le località a bassa densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili.
9/1416-A/56. Cerreto, Cangiano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    in particolare, l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, assegnando al ministro per il Sud la responsabilità di predisporre e attuare il Piano strategico della Zes, in cui sono definite le politiche di sviluppo e individuati i settori da promuovere e da consolidare, nonché gli interventi infrastrutturali prioritari da realizzare;

    la previsione di un Piano strategico può rappresentare un tassello importante per vincere la scommessa «Sud», che, ancora oggi, rimane sinonimo di tentativi mai riusciti di emancipazione e di territori meravigliosi, ostaggi di meccanismi che ne impediscono il riscatto e il progresso;

    quando si parla di questione meridionale e delle cause che ne impediscono il superamento, tra le prime criticità da richiamare vi è senza dubbio quello riguardante il concetto di legalità, inteso nel senso di sicurezza, di presenza effettiva delle Istituzioni, di fiducia che le persone ripongono negli organi di governo e nelle sue articolazioni territoriali;

    è il caso di Castel Volturno, una striscia di terra lunga 73 chilometri, 25 di spiaggia e dieci di pineta per 27 mila residenti e 35 mila immigrati, di cui almeno 15 mila irregolari, diventato negli anni crocevia di illegalità, dal clan dei casalesi alla più recente mafia nigeriana dedita al narcotraffico internazionale, e abusivismo che inchiodano i suoi abitanti a una condizione di scarse opportunità e di incuria. La presenza di un elevato numero di immigrati sommersi che sfuggono ai censimenti e ai tentativi di regolarizzazione sono spesso il terreno fertile per il degrado urbano e sociale che negli ultimi decenni ha caratterizzato questo luogo situato sul litorale domitio;

    quella di Castel Volturno è una realtà di abbandono e povertà ormai riconosciuta come una vera e propria emergenza sociale ed economica, dove il futuro è un miraggio e il presente è un paradosso: dall'alto tasso di dispersione scolastica, con il 37 per cento dei ragazzi in età scolastica che non sono mai stati iscritti o hanno abbandonano precocemente la scuola;

    alla mancanza di sicurezza e ordine pubblico, con la piaga nevralgica del numero di immigrati clandestini irregolari, che rende impossibile qualunque progetto di integrazione e il controllo del territorio; dall'abusivismo al degrado ambientale, che ne hanno impedito la crescita economica, e compromesso le potenzialità di pieno sviluppo del settore turistico ed agroalimentare;

    quello di Castel Volturno è un contesto sociale unico, senza punti di aggregazione a cui è necessario rispondere con azioni adeguate e strutturate e che richiedono un impegno ulteriore da parte delle istituzioni,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di prevedere, infine, nell'ambito dell'individuazione delle aree interessate dalla realizzazione dei nuovi centri permanenti per il rimpatrio, misure di tipo normativo volte a monitorare il contesto socio-economico di riferimento.
9/1416-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta)Cerreto, Cangiano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 reca disposizioni volte a modificare l'attuale disciplina in ordine alle modalità di programmazione e di utilizzo delle risorse Fondo per lo sviluppo e la coesione stanziate per il ciclo 2021-2027;

    in particolare, secondo la nuova disciplina la dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione è impiegata per iniziative e misure afferenti alle politiche di coesione, nonché per l'attuazione degli Accordi per la coesione. La dotazione finanziaria è altresì impiegata in coerenza con le politiche settoriali, con gli obiettivi e le strategie dei fondi strutturali europei del periodo di programmazione 2021-2027 e con le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), secondo princìpi di complementarità e di addizionalità;

    durante l'esame in commissione è stato a lungo discusso un emendamento che stabiliva il rispetto della ripartizione territoriale delle risorse dell'80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord nel caso in cui la dotazione fosse impiegata per interventi già previsti per il PNRR;

    il governo e la maggioranza hanno respinto questo emendamento perché il suo contenuto veniva giudicato sostanzialmente ultroneo rispetto a quanto già stabilito dalla legislazione vigente e ulteriormente ribadito dall'articolo 1 del provvedimento in esame;

    proprio per queste motivazioni, anche al fine di rendere ancora più esplicita la volontà di assegnare le risorse nel rispetto delle suddette percentuali per tutti gli impieghi previsti dal comma 1,

impegna il Governo

a stabilire, nel prossimo provvedimento utile, che ove la dotazione fosse impiegata per interventi già previsti per il PNRR, venga in ogni caso rispettata la ripartizione territoriale dell'80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord.
9/1416-A/57. Barbagallo, Iacono, Marino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge n. 124 del 2023 «Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione» – AC. 1416 – in via di conversione, all'articolo 19 stabilisce che, a decorrere dal 2024, le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le città metropolitane, le province, le unioni di comuni e i comuni che appartengono alle citate regioni, sono autorizzate ad assumere, nell'ambito delle vigenti dotazioni organiche, personale non dirigenziale nel limite massimo complessivo di 2200 unità, di cui 71 per il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri;

    lo stesso articolo 19 stabilisce che allo scopo di favorire l'acquisizione, il rafforzamento e la verifica delle competenze specifiche in materia di politiche di coesione, coerentemente con le finalità e titolarità del Programma Nazionale FESR FSE+ Capacità per la coesione 2021-2027, le assunzioni avverranno tramite una o più procedure per esami svolte dal Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri che si avvale della Commissione RIPAM;

    negli scorsi mesi il Parlamento ha stabilito la possibilità di procedere, tramite stipula di convenzioni, allo scorrimento delle graduatorie RIPAM vigenti in modo da poter rispondere con rapidità ed efficacia alle esigenze di personale della PA, ed ha per questo approvato due emendamenti relativi rispettivamente al decreto-legge n. 44 del 2023 come convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2023 n. 74 (ora articolo 1, comma 4, lettera b-bis del decreto convertito in legge) e al decreto-legge n. 75 del 2023, come convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023 n. 112 (ora articolo 28-bis del decreto come convertito in legge) che oltre ad essere strumenti legislativi importanti per poter procedere nel tempo più rapido possibile alle assunzioni necessarie nella PA, possono anche essere utili come modello per strumenti analoghi e che rispondano, come afferma anche lo stesso articolo 19, alle esigenze di rafforzamento della capacità amministrativa degli enti interessati, che potrebbero, nelle more delle procedure concorsuali, procedere ad una parte delle assunzioni necessarie tramite scorrimenti di graduatorie già esistenti;

    per quel che riguarda gli oneri, il comma 8 del citato articolo 19 dispone che per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029 si provvederà a valere dalle risorse del Programma Nazionale FESR FSE+ Capacità per la Coesione 2021-2027, mentre dal 2030 in avanti è prevista la riduzione di risorse a disposizione di alcuni Fondi già esistenti;

    al riguardo, si dispone che per la cifra di 11.278.750 euro annui si proceda a coprire gli oneri prodotti dall'articolo 19 tramite corrispondente riduzione del Fondo Nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale (articolo 1 comma 301 legge n. 228 del 24 dicembre 2012 – legge di Stabilità 2013);

    il trasporto pubblico locale, che oggi versa in condizioni di grave difficoltà, è fondamentale per garantire una giusta transizione ecologica, migliorare a qualità della vita dei cittadini e per l'inclusione sociale. Per raggiungere questi obiettivi è, indispensabile, quindi, non solo non ridurre la dotazione del Fondo per il trasporto pubblico locale ma anzi aumentarla;

    in IX Commissione alla Camera è in corso la discussione delle Risoluzioni n. 7-00111 Casu, n. 7-00138 Raimondo, n. 7-00146 Ghirra, recanti iniziative in materia di trasporto pubblico durante la quale quali numerosi soggetti auditi hanno confermato, tra l'altro, la insufficienza della attuale capienza del Fondo,

impegna il Governo:

   a valutare, per quanto di sua competenza, la possibilità di aggiungere alle procedure concorsuali previste dall'articolo 19 del decreto in via di conversione, anche la possibilità di procedere ad assunzioni mediante scorrimento delle graduatorie RIPAM in corso di validità;

   a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata dall'articolo 19, comma 3, lettera c), valutando la possibilità di provvedere, a partire dalla prossima Legge di Bilancio, alla identificazione di una copertura diversa degli oneri previsti dall'articolo 19 del decreto per quel che riguarda la prevista riduzione della dotazione del Fondo TPL a partire dal 2030, prevedendo, invece, l'aumento della dotazione del citato Fondo TPL, in modo da rendere più efficace ed efficiente il servizio reso ai cittadini, favorendo nel contempo la transizione ecologica.
9/1416-A/58. Casu.


   La Camera,

   premesso che,

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica;

    in particolare, l'articolo 9 detta la definizione della Zona economica speciale (ZES) e istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    le Marche confinano con la regione Abruzzo, già inserita nella nuova ZES del Mezzogiorno e, in particolare, vivono in regime di sostanziale contiguità l'area di crisi complessa del Piceno e quella della Val Vibrata. Ciò rischia di alimentare un penalizzante flusso migratorio di Imprese, non solo del sud della regione ma anche delle province del centro-nord, verso tali territori in cui vigono i favorevolissimi regimi agevolativi sopra evidenziati;

    la Programmazione strategica del ciclo 2021-2027 per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale della UE ha formalizzato il «declassamento» delle Marche da regione «più sviluppata» a regione «in transizione». Un risultato negativo giustificato dall'impoverimento del «PIL pro-capite», oggi attestantesi tra il 75 per cento ed il 100 per cento della media europea;

    il «PIL pro-capite», pur rappresentando un parametro oggettivo su cui si basa la collocazione di una regione rispetto alle categorie di classificazione individuate, non è tuttavia esaustivo della complessa serie di fattori che è alla base del regresso economico regionale;

    le Marche, infatti, hanno visto erodere 24 punti percentuali di Pil pro-capite in 20 anni segnando un –16 per cento di perdita di valore aggiunto dell'economia regionale;

    dal Rapporto ISTAO «La Strategia di Specializzazione Intelligente 2021-2027» si evince che le Marche sono state fortemente colpite, come l'Italia in generale, dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008, in termini di calo del PIL e di competitività internazionale. La reazione allo shock e l'adeguamento della struttura produttiva ai nuovi scenari sono risultati, però, lenti e affannosi rispetto a quelli osservati in altre regioni italiane. Le Marche hanno visto peggiorare la loro posizione e soprattutto la propria capacità di generare crescita e occupazione in modo stabile e continuativo;

    il sisma del 2016 ha causato la chiusura e la delocalizzazione di molte aziende del territorio marchigiano, già martoriato in precedenza dalla crisi del 2008, generando la perdita di una importante quota di posti di lavoro;

    la pandemia da Coronavirus del 2020 ha provocato una gravissima emergenza sanitaria mondiale e ha determinato una profonda crisi economica anche nelle Marche, interessando sostanzialmente tutti i settori, peraltro in occasione di una congiuntura già estremamente complessa e caratterizzata da gravi criticità;

    l'alluvione del 2022, che ha colpito il nord della regione, ha provocato ulteriori ingenti danni ed ha aggravato la dinamica in essere;

    sarebbe essenziale per le Marche l'inclusione nella nuova ZES unica per il Mezzogiorno, al fine di sostenere il rilancio dell'economia del territorio, la tutela dei livelli occupazionali, il contrasto alle minacce attuali ed emergenti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di includere il territorio della regione Marche tra quelli ricompresi nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica.
9/1416-A/59. Curti, Manzi.


   La Camera,

   premesso che,

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica;

    in particolare, l'articolo 9 detta la definizione della Zona economica speciale (ZES) e istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    le Marche confinano con la regione Abruzzo, già inserita nella nuova ZES del Mezzogiorno e, in particolare, vivono in regime di sostanziale contiguità l'area di crisi complessa del Piceno e quella della Val Vibrata. Ciò rischia di alimentare un penalizzante flusso migratorio di Imprese, non solo del sud della regione ma anche delle province del centro-nord, verso tali territori in cui vigono i favorevolissimi regimi agevolativi sopra evidenziati;

    la Programmazione strategica del ciclo 2021-2027 per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale della UE ha formalizzato il «declassamento» delle Marche da regione «più sviluppata» a regione «in transizione». Un risultato negativo giustificato dall'impoverimento del «PIL pro-capite», oggi attestantesi tra il 75 per cento ed il 100 per cento della media europea;

    il «PIL pro-capite», pur rappresentando un parametro oggettivo su cui si basa la collocazione di una regione rispetto alle categorie di classificazione individuate, non è tuttavia esaustivo della complessa serie di fattori che è alla base del regresso economico regionale;

    le Marche, infatti, hanno visto erodere 24 punti percentuali di Pil pro-capite in 20 anni segnando un –16 per cento di perdita di valore aggiunto dell'economia regionale;

    dal Rapporto ISTAO «La Strategia di Specializzazione Intelligente 2021-2027» si evince che le Marche sono state fortemente colpite, come l'Italia in generale, dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008, in termini di calo del PIL e di competitività internazionale. La reazione allo shock e l'adeguamento della struttura produttiva ai nuovi scenari sono risultati, però, lenti e affannosi rispetto a quelli osservati in altre regioni italiane. Le Marche hanno visto peggiorare la loro posizione e soprattutto la propria capacità di generare crescita e occupazione in modo stabile e continuativo;

    il sisma del 2016 ha causato la chiusura e la delocalizzazione di molte aziende del territorio marchigiano, già martoriato in precedenza dalla crisi del 2008, generando la perdita di una importante quota di posti di lavoro;

    la pandemia da Coronavirus del 2020 ha provocato una gravissima emergenza sanitaria mondiale e ha determinato una profonda crisi economica anche nelle Marche, interessando sostanzialmente tutti i settori, peraltro in occasione di una congiuntura già estremamente complessa e caratterizzata da gravi criticità;

    l'alluvione del 2022, che ha colpito il nord della regione, ha provocato ulteriori ingenti danni ed ha aggravato la dinamica in essere;

    sarebbe essenziale per le Marche l'inclusione nella nuova ZES unica per il Mezzogiorno, al fine di sostenere il rilancio dell'economia del territorio, la tutela dei livelli occupazionali, il contrasto alle minacce attuali ed emergenti,

impegna il Governo

ad assumere, in coerenza con le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato, ogni opportuna iniziativa, ove necessario anche di tipo normativo, finalizzata a garantire il sostegno economico ai territori della regione Marche, nonché il riconoscimento di agevolazioni incentivanti alle imprese insediate o che intendano insediarsi nei medesimi territori, anche valutando la possibilità di costituire una zona logistica semplificata.
9/1416-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta)Curti, Manzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca la «conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione»;

    il Capo III è volto all'istituzione di una Zona Economica Speciale per il Sud Italia in sostituzione delle Zes precedentemente istituite e in particolare:

    l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    l'articolo 10 disciplina l'organizzazione della ZES unica per il Mezzogiorno, attraverso l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una Cabina di regia ZES e di una Struttura di missione per la ZES;

    l'articolo 16, infine, introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio delle regioni meridionali, rinviando a un decreto del Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR l'individuazione della copertura finanziaria;

    le zone economiche speciali sono state introdotte nel nostro ordinamento dall'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123 e concepite come un'area nella quale le aziende insediate potessero beneficiare di diverse tipologie di vantaggi sia in termini fiscali sia in termini di semplificazione burocratica;

    tra i vantaggi fiscali previsti per le imprese che intraprendevano una nuova iniziativa economica nelle ZES precedentemente istituite figurava, ai sensi dell'articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la riduzione dell'imposta sul reddito del 50 per cento a decorrere dal periodo d'imposta di inizio attività e per i sei periodi d'imposta successivi. Il riconoscimento dell'agevolazione era subordinato al rispetto di una serie di condizioni riguardanti il mantenimento dell'attività nell'area ZES per almeno dieci anni e la conservazione dei posti di lavoro creati nell'ambito dell'attività avviata nella ZES per almeno dieci anni. Le imprese beneficiarie, inoltre, non dovevano essere in stato di liquidazione o di scioglimento;

    l'articolo 22 del provvedimento in esame prevede che la citata agevolazione venga mantenuta solo per imprese che intraprendono, entro il 31 dicembre 2023, una nuova iniziativa economica nelle vecchie ZES,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 22, al fine di ripristinare ed estendere il beneficio della riduzione dell'imposta sul reddito del 50 per cento a decorrere dal periodo d'imposta di inizio attività e per i sei periodi d'imposta successivi a tutte le imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica nella ZES Unica.
9/1416-A/60. De Luca, Ubaldo Pagano, Sarracino, Stefanazzi, Lai, Guerra, D'Alfonso, Peluffo, Lacarra, Barbagallo, Graziano.


   La Camera,

   premesso che:

    al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di persone provenienti dai Paesi del Mediterraneo, l'articolo 8 del provvedimento in esame prevede la predisposizione, da parte del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un piano di interventi strategici con cui sono assegnate al comune di Lampedusa e Linosa risorse nel limite complessivo di 45 milioni di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione;

    sono altresì previste specifiche disposizioni per la realizzazione dei punti di crisi cosiddetti hotspot e dei centri governativi di prima accoglienza. Per le opere indicate nell'articolo, oltre a quelle presenti nel piano, sono previste semplificazioni in tema di valutazioni ambientali (VINCA, VIA e VAS) e in materia paesaggistica. Vi sono, inoltre, norme per agevolare il rapido smaltimento delle imbarcazioni utilizzate dai migranti;

    il comma 8 prevede che alcuni interventi possano essere realizzati anche in deroga alla normativa paesaggistica, se ricorrono le seguenti condizioni:

     a) le strutture o i manufatti di nuova installazione siano ancorati semplicemente al suolo senza opere murarie o di fondazione, amovibili o di facile rimozione;

     b) la demolizione e ricostruzione di edifici e manufatti sia realizzata con volumetria, sagoma e area di sedime corrispondenti a quelle preesistenti;

    è evidente la delicatezza di azioni in deroga alla normativa paesaggistica in siti che costituiscono la rete Natura 2000,

impegna il Governo

ad agire, nell'ambito delle proprie competenze, affinché tutti gli interventi siano comunque effettuati nel rispetto delle disposizioni poste a tutela dell'area marina protetta – Isole Pelagie e della Riserva naturale orientata – Isola di Lampedusa.
9/1416-A/61. Iacono, Barbagallo, Marino, Provenzano, Carmina.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca la «conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione»;

    in particolare, il Capo III del provvedimento reca disposizioni per l'istituzione di una Zone Economica Speciale unica per tutto il territorio del Mezzogiorno d'Italia;

    tale processo di istituzione presuppone un trasferimento di funzioni, personale e strutture dalle attuali otto Z.E.S. alla futura Struttura di Missione di cui all'articolo 10 che, analogamente alle strutture commissariali in funzione, sarà incaricata di compiti di coordinamento e attività istruttorie volte al riconoscimento delle semplificazioni amministrative e dei benefici fiscali spettanti ai progetti di investimento presentati ai sensi degli articoli 14,15 e 16 del decreto-legge in esame;

    l'articolo 22, ai commi 2, 3 e 4, prevede una fase transitoria nelle more dell'istituzione e della piena operatività delle nuove strutture;

    dal 19 al 21 giugno 2024 si terrà a Bari l'edizione 2024 dell'Annual International Conference Exhibition (AICE) della World Free Zones Organization, la conferenza mondiale che riunisce le circa 5000 Zone Economiche Speciali (ZES) e le 2260 Zone Franche di oltre 140 Paesi e rappresenta un tavolo strategico per il confronto tra autorità politiche e istituzionali, investitori, CEO di importanti multinazionali, esperti del settore e attori economici e sociali di livello globale;

    l'iniziativa, essendo volta a raccogliere e diffondere le best practices sperimentate in tutte le Zone Economiche Speciali e le Zone Franche del mondo, riveste una grande rilevanza anche per la corretta implementazione della Z.E.S. Unica prevista dal provvedimento in esame,

impegna il Governo

a garantire l'effettivo svolgimento dell'edizione 2024 dell'Annual International Conference Exhibition (AICE) della World Free Zones Organization da tenersi a Bari dal 19 al 21 giugno 2024.
9/1416-A/62. Lacarra, Ubaldo Pagano, Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca la «conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione»;

    in particolare, il Capo III del provvedimento reca disposizioni per l'istituzione di una Zone Economica Speciale unica per tutto il territorio del Mezzogiorno d'Italia;

    tale processo di istituzione presuppone un trasferimento di funzioni, personale e strutture dalle attuali otto Z.E.S. alla futura Struttura di Missione di cui all'articolo 10 che, analogamente alle strutture commissariali in funzione, sarà incaricata di compiti di coordinamento e attività istruttorie volte al riconoscimento delle semplificazioni amministrative e dei benefici fiscali spettanti ai progetti di investimento presentati ai sensi degli articoli 14,15 e 16 del decreto-legge in esame;

    l'articolo 22, ai commi 2, 3 e 4, prevede una fase transitoria nelle more dell'istituzione e della piena operatività delle nuove strutture;

    dal 19 al 21 giugno 2024 si terrà a Bari l'edizione 2024 dell'Annual International Conference Exhibition (AICE) della World Free Zones Organization, la conferenza mondiale che riunisce le circa 5000 Zone Economiche Speciali (ZES) e le 2260 Zone Franche di oltre 140 Paesi e rappresenta un tavolo strategico per il confronto tra autorità politiche e istituzionali, investitori, CEO di importanti multinazionali, esperti del settore e attori economici e sociali di livello globale;

    l'iniziativa, essendo volta a raccogliere e diffondere le best practices sperimentate in tutte le Zone Economiche Speciali e le Zone Franche del mondo, riveste una grande rilevanza anche per la corretta implementazione della Z.E.S. Unica prevista dal provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire l'effettivo svolgimento in Italia dell'edizione 2024 dell'Annual International Conference Exhibition della World Free Zones Organization.
9/1416-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)Lacarra, Ubaldo Pagano, Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 del provvedimento in esame introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione di determinati beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise;

    il comma 6 che dovrebbe recare la copertura finanziaria rinvia ad un decreto del Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR l'individuazione del limite di spesa complessivo;

    con il medesimo decreto sono definite, altresì, le modalità di accesso al beneficio, nonché i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta e dei relativi controlli. Si rinviava, pertanto, alla fonte normativa secondaria – il decreto ministeriale – la determinazione sia di alcuni elementi di disciplina essenziali ai fini della piena operatività del suddetto credito d'imposta (modalità di accesso al beneficio da parte dei soggetti aventi diritto, criteri e modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, controlli), sia del limite di spesa entro il quale il credito medesimo è riconosciuto, vale a dire degli oneri che effettivamente discenderanno dall'operatività di questo istituto;

    da fonti di stampa si apprende che la medesima norma, con una puntuale copertura finanziaria, sia presente nel testo della legge di bilancio per il 2024 che sarà esaminata, in prima (e forse unica) lettura, dal Senato della Repubblica;

    oltre a stigmatizzare la presenza della medesima norma all'interno di due diversi provvedimenti all'esame delle Camere, è altresì grave lasciare alla fonte secondaria la disciplina di tutti gli elementi essenziali ai fini della piena operatività del suddetto credito d'imposta,

impegna il Governo

ad assicurare forme di coinvolgimento dei Presidenti delle regioni del Mezzogiorno in ordine alla predisposizione del decreto attuativo del credito di imposta.
9/1416-A/63. Lai, Ubaldo Pagano, Sarracino.


   La Camera,

   premesso che,

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica;

    in particolare, l'articolo 9 detta la definizione della Zona economica speciale (ZES) e istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    la legge 10 agosto 1950, n. 646 aveva istituito, come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico allo scopo di predisporre programmi, finanziamenti ed esecuzione di opere straordinarie dirette al progresso economico e sociale dell'Italia meridionale, la Cassa per il Mezzogiorno, così avviando le politiche di coesione in Italia;

    ai sensi dell'articolo 3 della citata legge, sono destinatari dei finanziamenti i comuni delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, i comuni delle province di Latina e Frosinone, l'isola d'Elba, i comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, i comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto e i comuni della provincia di Roma compresi nella zona del comprensorio di bonifica di Latina;

    appare evidente come, in un approccio sostanziale e non meramente geografico, sarebbe necessario includere i citati territori ai fini della realizzazione della nuova ZES unica, in analogia con quanto già disposto dall'articolo 1, comma 200, della legge 30 dicembre 2020, n. 178,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a includere i territori di cui all'articolo 3 della legge 10 agosto 1950, n. 646, tra quelli ricompresi nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica.
9/1416-A/64. Mancini, Curti, Orfini.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7 prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne, presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, con funzioni di indirizzo e di coordinamento per la promozione e lo sviluppo delle aree interne del Paese;

    la Cabina di regia approva il «Piano strategico nazionale delle aree interne» (PSNAI), che individua gli ambiti di intervento e le priorità strategiche – con particolare riguardo ai settori dell'istruzione, della mobilità e dei servizi socio-sanitari – cui destinare le risorse del bilancio dello Stato già stanziate e disponibili allo scopo. Ad essa compete altresì il monitoraggio in ordine all'utilizzazione delle risorse finanziarie;

    secondo il provvedimento, la cabina di regia è composta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, dal Ministro delle imprese e del made in Italy, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dal Ministro dell'interno, dal Ministro della cultura, dal Ministro del turismo, dal Ministro dell'istruzione e del merito, dal Ministro dell'università e della ricerca, dal Ministro delle salute, dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, dal Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, dal Ministro per le disabilità, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro per lo sport e i giovani, dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega in materia di coordinamento della politica economica e di programmazione degli investimenti pubblici nonché dal presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dal presidente dell'Unione delle province d'Italia, dal presidente dell'Associazione nazionale dei comuni italiani e dal presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani. Alle sedute della Cabina di regia possono essere invitati, in ragione della tematica affrontata, i Ministri interessati nonché i presidenti delle regioni e delle province autonome;

    tale composizione esclude attori importanti quali i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria e dei professionisti, del settore bancario, finanziario e assicurativo, del sistema dell'università e della ricerca, della società civile e delle organizzazioni della cittadinanza attiva,

impegna il Governo

ad agire, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di includere nella composizione della Cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne i principali attori istituzionali coinvolti nei territori direttamente interessati.
9/1416-A/65. Marino, Barbagallo, Iacono.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica;

    la nuova disciplina stabilisce, tra gli altri:

     a) l'istituzione presso la Struttura di missione per le ZES della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal 1° gennaio 2024, dello Sportello Unico Digitale ZES per le attività produttive nella ZES unica per il Mezzogiorno, cui sono attribuite le funzioni di sportello unico per le attività produttive per i procedimenti di autorizzazione unica all'avvio di attività economiche o all'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all'interno della ZES Unica ai sensi dell'articolo 14;

     b) l'introduzione, per l'anno 2024, del credito di imposta per la ZES unica a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio delle regioni meridionali, rinviando a un decreto del Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR l'individuazione della copertura finanziaria;

    a quanto si apprende, dovrebbe, invece, essere il disegno di legge di bilancio per il 2024 a provvedere alla copertura finanziaria del nuovo credito di imposta, nel limite di spesa complessivo di 1.800 milioni di euro per l'anno 2024: la fissazione di tale limite lascia intendere la previsione di un meccanismo di prenotazione del beneficio (cosiddetto «click day»);

    l'istituzione di una ZES unica comporta un rilevante allargamento della potenziale platea dei benefici ad essa connessi e, conseguentemente, esige una consistente dotazione finanziaria al fine di assicurare il finanziamento di tutte le richieste;

    a fronte dell'atteso esponenziale incremento delle richieste di accesso ai benefici, il provvedimento non prevede una sufficiente dotazione di personale in favore delle strutture preposte alle attività istruttorie e autorizzative derivanti dal procedimento unico e dall'autorizzazione unica di cui agli articoli 14 e 15,

impegna il Governo:

   a incrementare la dotazione finanziaria del nuovo credito di imposta ZES unica di cui all'articolo 16 qualora quella prevista si riveli insufficiente a soddisfare integralmente le richieste ammissibili al beneficio;

   ad assicurare, qualora la dotazione di risorse umane dello Sportello unico digitale ZES si riveli insufficiente alla gestione dei procedimenti amministrativi ad esso conferiti ai sensi dell'articolo 13, un organico di personale adeguato sia in termini quantitativi, che di competenze.
9/1416-A/66. Ubaldo Pagano, Sarracino, Stefanazzi, Lai, De Luca, Guerra, D'Alfonso, Peluffo, Lacarra, Barbagallo, Graziano.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica;

    in particolare, l'articolo 9 detta la definizione della Zona economica speciale (ZES) e istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    la politica di sviluppo della «ZES unica» viene definita, ai sensi dell'articolo 11, attraverso un Piano strategico triennale predisposto dalla «Struttura di missione per la ZES», che definisce, anche in modo differenziato per regione, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES e le modalità di attuazione;

    il medesimo articolo 11, prevede, nella predisposizione dello schema di Piano strategico da parte della Struttura di missione, «la piena partecipazione delle regioni interessate»;

    ai fini del pieno raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano strategico, sarebbe necessario assicurare anche la presenza del partenariato economico-sociale,

impegna il Governo

ad assicurare anche la partecipazione del partenariato economico-sociale nella predisposizione dello schema di Piano strategico, in coerenza con i principi disciplinati dal Codice Europeo di condotta sul Partenariato nell'ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei (Regolamento delegato (UE) della Commissione n. 240 del 7 gennaio 2014).
9/1416-A/67. Peluffo.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica;

    in particolare, l'articolo 9 detta la definizione della Zona economica speciale (ZES) e istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    la politica di sviluppo della «ZES unica» viene definita, ai sensi dell'articolo 11, attraverso un Piano strategico triennale predisposto dalla «Struttura di missione per la ZES», che definisce, anche in modo differenziato per regione, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES e le modalità di attuazione;

    il medesimo articolo 11, prevede, nella predisposizione dello schema di Piano strategico da parte della Struttura di missione, «la piena partecipazione delle regioni interessate»;

    ai fini del pieno raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano strategico, sarebbe necessario assicurare anche la presenza del partenariato economico-sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare le modalità di partecipazione del partenariato economico e sociale nella predisposizione dello schema di Piano strategico della ZES unica.
9/1416-A/67. (Testo modificato nel corso della seduta)Peluffo.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo III del provvedimento all'esame riguarda la Zona Economica Speciale Sud – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    in particolare, la nuova disciplina stabilisce:

     a) l'istituzione presso la Struttura di missione per le ZES della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal 1° gennaio 2024, dello Sportello Unico Digitale ZES per le attività produttive nella ZES unica per il Mezzogiorno, cui sono attribuite le funzioni di sportello unico per le attività produttive per i procedimenti di autorizzazione unica all'avvio di attività economiche o all'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all'interno della ZES Unica;

     b) la previsione che i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all'insediamento di attività industriali, produttive ed economiche all'interno della ZES unica, siano soggetti ad autorizzazione unica, sostitutiva di tutti i titoli abilitativi e autorizzatori necessari alla localizzazione, all'insediamento, alla realizzazione, alla messa in esercizio, alla trasformazione, alla ristrutturazione, alla riconversione, all'ampliamento o al trasferimento, nonché alla cessazione o alla riattivazione delle attività economiche, industriali, produttive e logistiche;

     c) il principio secondo cui le imprese che intendono avviare attività economiche, ovvero insediare attività industriali, produttive e logistiche all'interno della Zona economica speciale (ZES), presentino la relativa istanza allo Sportello unico digitale, allegando la documentazione prevista dalle normative di settore finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni;

    appare evidente l'importanza di estendere a tutto il territorio nazionale le citate misure di velocizzazione dei procedimenti amministrativi, istituendo uno sportello unico digitale nazionale per le attività produttive, che rappresenterebbe anche un'opportunità economica per quelle imprese che, nel mutato contesto politico internazionale, stanno valutando il rientro in Italia dei propri stabilimenti,

impegna il Governo

ad agire, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di estendere a tutto il territorio nazionale le disposizioni di cui agli articoli 13, 14 e 15 in materia Sportello Unico Digitale, procedimento unico e autorizzazione unica.
9/1416-A/68. Roggiani, Ubaldo Pagano, Sarracino, Stefanazzi, Guerra, Lai.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 19 del provvedimento in esame autorizza, a decorrere dal 2024, le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le città metropolitane, le province, le unioni dei comuni e i comuni appartenenti a tali regioni, ad assumere, con contratto di lavoro a tempo indeterminato e nell'ambito delle vigenti dotazioni organiche, personale non dirigenziale nel limite massimo complessivo di 2.200 unità, di cui 71 unità riservate al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri;

    si tratta di una disposizione che risponde solo in maniera parziale all'esigenza dei territori del Mezzogiorno di assunzioni a tempo indeterminato di personale qualificato per supportare gli enti locali, in particolar modo quelli di minor dimensione e con maggiori fragilità, nell'attuazione delle politiche di coesione;

    in primo luogo, per l'obiettivo che l'articolo si propone, appare del tutto insufficiente il numero di assunzioni previste;

    in secondo luogo, si ricorda che l'assunzione di personale altamente qualificato sia già avvenuta in precedenza, a seguito dei concorsi banditi dall'Agenzia per la Coesione in attuazione di quanto disposto dall'articolo 1, comma 179 della legge 30 dicembre 2020 n. 178. Tali concorsi però, avevano la finalità di assumere personale a solo tempo determinato e ciò ha creato una situazione di grave incertezza per il personale reclutato e contribuito alla dispersione delle elevate competenze già maturate nel corso del servizio prestato;

    sarebbe stato necessario, proprio per valorizzare il patrimonio di competenze acquisite, trovare adeguate coperture per dare certezza al percorso di stabilizzazione dopo 24 mesi di servizio disciplinato dall'articolo 50, comma 17-bis del decreto-legge n. 13 del 2023. Tale norma, però, operando nell'ambito delle facoltà assunzionali vigenti, è stata disattesa in particolar modo nelle amministrazioni locali più piccole;

    da ultimo, appare paradossale che tra le regioni indicate nel testo del decreto-legge non figuri la regione Abruzzo che, nei precedenti concorsi banditi dall'Agenzia per la Coesione, era stata sempre inserita tra le regioni obiettivo delle misure di rafforzamento straordinario della capacità amministrativa,

impegna il Governo

ad agire, nell'ambito delle proprie competenze, per raddoppiare il numero di assunzioni previste, consentire piena efficacia ai procedimenti di stabilizzazione del personale di cui all'articolo 1, comma 179 della legge 30 dicembre 2020 n. 178 e inserire l'Abruzzo tra le regioni oggetto della disposizione.
9/1416-A/69. Sarracino, Ubaldo Pagano, De Luca, Guerra, Lai, Roggiani, Stefanazzi, D'Alfonso, Scotto.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca la «conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione»;

    il Capo III è volto all'istituzione di una Zona Economia Speciale per il Sud Italia e in particolare:

     l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

     l'articolo 10 disciplina l'organizzazione della ZES unica per il Mezzogiorno, attraverso l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una Cabina di regia ZES e di una Struttura di missione per la ZES;

     l'articolo 11 disciplina i contenuti, la durata e il procedimento di approvazione del Piano strategico della ZES unica per il Mezzogiorno e l'articolo 13 dispone l'istituzione dello Sportello Unico Digitale ZES – denominato S.U.D. ZES – per le attività produttive nella ZES unica per il Mezzogiorno, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;

     l'articolo 16, infine, introduce, per l'anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio delle regioni meridionali, rinviando a un decreto del Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR l'individuazione della copertura finanziaria;

    l'istituzione di una ZES unica comporta un rilevante allargamento della potenziale platea dei benefici ad essa connessi e, conseguentemente, esige un corposo aumento della dotazione finanziaria rispetto a quanto assicurato alle attuali ZES;

    a fronte dell'atteso esponenziale incremento delle richieste di accesso ai benefici, il provvedimento non prevede una sufficiente dotazione di personale in favore delle strutture preposte alle attività istruttorie e autorizzative derivanti dal procedimento unico e dall'autorizzazione unica di cui agli articoli 14 e 15;

    il limite di 200.000 euro quale requisito minimo per richiedere l'agevolazione di un progetto di investimento esclude di fatto la maggior parte delle piccole e medie imprese dal beneficio,

impegna il Governo:

   ad assicurare ulteriori forme di coinvolgimento delle regioni e degli enti territoriali interessati nell'ambito della Cabina di regia ZES e della Struttura di missione per la ZES unica e a valorizzare le competenze acquisite dai Commissari straordinari delle attuali ZES nell'ambito della definizione del Piano strategico della ZES unica di cui all'articolo 11;

   a garantire, già con la legge di bilancio 2024-2026, una copertura finanziaria pluriennale al credito di imposta per la ZES unica, nonché idonea a soddisfare l'atteso esponenziale incremento delle richieste di accesso al beneficio;

   a organizzare lo Sportello unico digitale ZES di cui all'articolo 13 in sedi territoriali regionali, ciascuna competente territorialmente ai fini delle attività derivanti dal procedimento unico e dall'autorizzazione unica;

   a prevedere strumenti agevolativi specifici per i progetti di investimento delle piccole e medie imprese nei territori rientranti nella ZES unica.
9/1416-A/70. Stefanazzi, Ubaldo Pagano, Sarracino, Lai, De Luca, Guerra, D'Alfonso, Peluffo, Lacarra, Barbagallo, Graziano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, nel recare disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, prevede all'articolo 9 l'istituzione della Zes unica per il Mezzogiorno, che andrebbe a ricomprendere i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    rammentato che le province di Latina e Frosinone non solo figuravano storicamente tra le aree ammesse agli interventi agevolati dalla Cassa del Mezzogiorno, istituita dalla legge n. 646 del 1950, ma hanno addirittura beneficiato di una considerevole percentuale delle risorse finanziarie complessivamente erogate dal predetto ente pubblico, ed oggi rientrano nelle cosiddette «zone c non predefinite», come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 approvata con decisione della Commissione europea C(2021) 8655 final del 2 dicembre 2021 e integrata dalla decisione C(2022) 1545 final del 18 marzo 2022;

    preso atto che tale «carta», riconoscendo la sussistenza di altre aeree svantaggiate, indica i comuni all'interno dei quali possono essere concessi alle imprese agevolazioni e contributi per investimenti produttivi in misura superiore a quella normalmente prevista dalla normativa sugli aiuti di Stato; trattasi di aiuti a finalità regionale che sono destinati allo sviluppo e alla coesione territoriale e che mirano a recuperare il ritardo e a ridurre le disparità in termini di benessere economico, reddito e disoccupazione delle Regioni europee meno favorite che vengono individuate tra quelle che soddisfano le condizioni di compatibilità previste dalla disciplina comunitaria;

    condiviso che il diretto inserimento dei suddetti territori nell'ambito della nuova ZES unica, anche alla luce di quanto previsto dalla menzionata Carta degli aiuti a finalità regionale, rileverebbe potenziali criticità rispetto al diritto dell'Unione europea;

    ritenuto, tuttavia, imprescindibile assicurare a codeste realtà territoriali il necessario sostegno economico, anche tramite l'individuazione di strumenti alternativi o sostitutivi rispetto alle agevolazioni introdotte dal capo III del presente decreto-legge,

impegna il Governo

ad adottare apposite iniziative, anche di carattere normativo, in favore delle province di Latina e Frosinone, al fine di garantire il fondamentale sostegno economico ai predetti territori del Lazio meridionale e le indispensabili agevolazioni incentivanti alle imprese insediate – o che intendano insediarsi – nei medesimi territori, anche valutando l'eventuale costituzione di Zone Logistiche Semplificate (ZLS) ad hoc.
9/1416-A/71. Ottaviani, Miele.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, nel recare disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, prevede all'articolo 9 l'istituzione della Zes unica per il Mezzogiorno, che andrebbe a ricomprendere i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le attuali ZES istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017;

    rammentato che le province di Latina e Frosinone non solo figuravano storicamente tra le aree ammesse agli interventi agevolati dalla Cassa del Mezzogiorno, istituita dalla legge n. 646 del 1950, ma hanno addirittura beneficiato di una considerevole percentuale delle risorse finanziarie complessivamente erogate dal predetto ente pubblico, ed oggi rientrano nelle cosiddette «zone c non predefinite», come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 approvata con decisione della Commissione europea C(2021) 8655 final del 2 dicembre 2021 e integrata dalla decisione C(2022) 1545 final del 18 marzo 2022;

    preso atto che tale «carta», riconoscendo la sussistenza di altre aeree svantaggiate, indica i comuni all'interno dei quali possono essere concessi alle imprese agevolazioni e contributi per investimenti produttivi in misura superiore a quella normalmente prevista dalla normativa sugli aiuti di Stato; trattasi di aiuti a finalità regionale che sono destinati allo sviluppo e alla coesione territoriale e che mirano a recuperare il ritardo e a ridurre le disparità in termini di benessere economico, reddito e disoccupazione delle Regioni europee meno favorite che vengono individuate tra quelle che soddisfano le condizioni di compatibilità previste dalla disciplina comunitaria;

    condiviso che il diretto inserimento dei suddetti territori nell'ambito della nuova ZES unica, anche alla luce di quanto previsto dalla menzionata Carta degli aiuti a finalità regionale, rileverebbe potenziali criticità rispetto al diritto dell'Unione europea;

    ritenuto, tuttavia, imprescindibile assicurare a codeste realtà territoriali il necessario sostegno economico, anche tramite l'individuazione di strumenti alternativi o sostitutivi rispetto alle agevolazioni introdotte dal capo III del presente decreto-legge,

impegna il Governo

ad assumere, in coerenza con le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato, ogni opportuna iniziativa, ove necessario anche di tipo normativo, finalizzata a garantire il sostegno economico ai territori delle province di Latina e Frosinone, nonché il riconoscimento di agevolazioni incentivanti alle imprese insediate o che intendano insediarsi nei medesimi territori, anche valutando la possibilità di costituire una zona logistica semplificata.
9/1416-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta)Ottaviani, Miele.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, al Capo V, reca disposizioni in materia di trattenimento presso i centri di permanenza per i rimpatri e di realizzazione delle strutture di prima accoglienza, permanenza, e rimpatrio. Nello specifico, all'articolo 20 estende da sei a diciotto mesi il limite massimo di permanenza nei CPR degli stranieri in attesa di espulsione. All'articolo 21, inoltre, sono aggiunti all'elenco di opere di difesa e sicurezza nazionale di cui al codice dell'ordinamento militare i punti di crisi (hotspot) e i centri di accoglienza, permanenza e rimpatrio, e si prevede che con DPCM sia approvato il piano straordinario per individuare le aree interessate dalla realizzazione di tali strutture;

    dall'inchiesta «Rinchiusi e sedati: l'abuso quotidiano di psicofarmaci nei CPR italiani», pubblicata dalla rivista «Altreconomia» e presentata in conferenza stampa presso la Camera dei deputati in data 6 aprile 2023, è emerso che all'interno dei CPR sarebbero regolarmente somministrati ai migranti ivi reclusi ingenti quantità di psicofarmaci, talvolta senza adeguato piano terapeutico;

    l'abuso di sostanze quali Quetiapina, Olanzapina o Depakin, indicati per la terapia di schizofrenia e di disturbo bipolare, Pregabalin (antiepilettico), Akineton, utilizzati per il trattamento del morbo di Parkinson, sarebbe ulteriormente preoccupante in quanto, come emerge dall'inchiesta, «a differenza della realtà carceraria, nel CPR la cura della salute non è affidata a medici e figure specialistiche che lavorano per il Sistema sanitario nazionale, bensì al personale assunto dagli enti gestori il cui ruolo di monitoraggio si è dimostrato carente»,

impegna il Governo

a svolgere le opportune verifiche all'interno dei CPR, anche adottando iniziative ispettive, con riferimento ai fatti descritti in premessa, affinché siano scongiurati casi di somministrazione di psicofarmaci e di altre sostanze che non siano congruenti con piani terapeutici, e di informare tempestivamente il Parlamento circa i risultati delle verifiche.
9/1416-A/72. Magi, Della Vedova.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, al Capo V, reca disposizioni in materia di trattenimento presso i centri di permanenza per i rimpatri e di realizzazione delle strutture di prima accoglienza, permanenza, e rimpatrio. Nello specifico, all'articolo 20 estende da sei a diciotto mesi il limite massimo di permanenza nei CPR degli stranieri in attesa di espulsione. All'articolo 21, inoltre, sono aggiunti all'elenco di opere di difesa e sicurezza nazionale di cui al codice dell'ordinamento militare i punti di crisi (hotspot) e i centri di accoglienza, permanenza e rimpatrio, e si prevede che con DPCM sia approvato il piano straordinario per individuare le aree interessate dalla realizzazione di tali strutture;

    dall'inchiesta «Rinchiusi e sedati: l'abuso quotidiano di psicofarmaci nei CPR italiani», pubblicata dalla rivista «Altreconomia» e presentata in conferenza stampa presso la Camera dei deputati in data 6 aprile 2023, è emerso che all'interno dei CPR sarebbero regolarmente somministrati ai migranti ivi reclusi ingenti quantità di psicofarmaci, talvolta senza adeguato piano terapeutico;

    l'abuso di sostanze quali Quetiapina, Olanzapina o Depakin, indicati per la terapia di schizofrenia e di disturbo bipolare, Pregabalin (antiepilettico), Akineton, utilizzati per il trattamento del morbo di Parkinson, sarebbe ulteriormente preoccupante in quanto, come emerge dall'inchiesta, «a differenza della realtà carceraria, nel CPR la cura della salute non è affidata a medici e figure specialistiche che lavorano per il Sistema sanitario nazionale, bensì al personale assunto dagli enti gestori il cui ruolo di monitoraggio si è dimostrato carente»,

impegna il Governo

a svolgere le opportune verifiche, nell'ambito delle regole vigenti, riguardanti i profili sanitari nella gestione dei CPR con riferimento ai fatti in premessa.
9/1416-A/72. (Testo modificato nel corso della seduta)Magi, Della Vedova.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    l'attenzione allo sviluppo del territorio e alla crescita dell'occupazione in un'ottica organica è ben esplicitata dall'articolo 14 il quale prevede che i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all'insediamento di attività industriali, produttive ed economiche all'interno della ZES unica, siano di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e dispone che siano soggetti ad autorizzazione unica;

    al fine di raggiungere gli obiettivi fissati dal presente provvedimento, è necessario promuovere un migliore coordinamento tra le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le città metropolitane, le province, le unioni dei comuni e i comuni appartenenti a tali regioni;

    tra le regioni interessate dal provvedimento è importante ricordare gli svantaggi che l'insularità comporta e come questa possa influenzare lo sviluppo dei territori sia da un punto di vista economico che infrastrutturale;

    il provvedimento provvede al riguardo, alla creazione di una ZES unica evidenziando un approccio frutto di una visione sistemica ai fini della promozione della crescita e della riduzione dei divari territoriali che in modo atavico zavorrano una parte del Paese;

    uno sviluppo migliore del Sud del Paese rappresenta una missione non più rinviabile e che vede nel PNRR un'importante opportunità;

    l'articolo 1 comma 1 interviene al riguardo, al fine di assicurare un più efficace coordinamento tra le risorse europee e nazionali per la coesione e del Piano nazionale di ripresa e resilienza e le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere, in ossequio con quanto normato dall'articolo 1, comma 1, modalità utili a garantire il massimo grado di continuità tra quanto enunciato dal provvedimento in esame e i progetti di sviluppo precedentemente programmati.
9/1416-A/73. Gardini.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    l'articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    l'attenzione allo sviluppo del territorio e alla crescita dell'occupazione in un'ottica organica è ben esplicitata dall'articolo 14 il quale prevede che i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all'insediamento di attività industriali, produttive ed economiche all'interno della ZES unica, siano di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e dispone che siano soggetti ad autorizzazione unica;

    al fine di raggiungere gli obiettivi fissati dal presente provvedimento, è necessario promuovere un migliore coordinamento tra le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le città metropolitane, le province, le unioni dei comuni e i comuni appartenenti a tali regioni;

    tra le regioni interessate dal provvedimento è importante ricordare gli svantaggi che l'insularità comporta e come questa possa influenzare lo sviluppo dei territori sia da un punto di vista economico che infrastrutturale;

    il provvedimento provvede al riguardo, alla creazione di una ZES unica evidenziando un approccio frutto di una visione sistemica ai fini della promozione della crescita e della riduzione dei divari territoriali che in modo atavico zavorrano una parte del Paese;

    uno sviluppo migliore del Sud del Paese rappresenta una missione non più rinviabile e che vede nel PNRR un'importante opportunità;

    l'articolo 1 comma 1 interviene al riguardo, al fine di assicurare un più efficace coordinamento tra le risorse europee e nazionali per la coesione e del Piano nazionale di ripresa e resilienza e le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere, in ossequio a quanto previsto dell'articolo 1, comma 1, modalità utili a garantire il massimo grado di continuità tra quanto enunciato dal provvedimento in esame e i progetti di sviluppo in fase di attuazione, fermo restando quanto previsto all'articolo 44, comma 7-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, relativamente agli interventi definanziati dalla mancata generazione di obbligazioni giuridicamente vincolanti entro il termine del 31 dicembre 2022.
9/1416-A/73. (Testo modificato nel corso della seduta)Gardini.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9 del provvedimento istituisce a far data dal 1° gennaio 2024 la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

    tali territori corrispondono integralmente a quelli indicati all'articolo 3 della legge 10 agosto 1950, n. 646 concernente l'Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno), con l'eccezione delle province di Latina e Frosinone, dell'Isola d'Elba, dei comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, dei comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume del Tronto, nonché dei comuni della provincia di Roma compresi nella zona del comprensorio di bonifica di Latina;

    detti territori indicati all'articolo 3 della legge 10 agosto 1950, n. 646 non ricompresi nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica da istituire a far data dal 1° gennaio 2024, dato il loro storico sviluppo economico assimilabile per molti versi alle regioni ricomprese dalla Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES – come evidenziato in passato, appunto, dall'essere parte dei territori interessati dalle misure della Cassa del Mezzogiorno a seguito di attente valutazioni e studi rilevanti non trascurabili affinità socio-economiche – necessitano per l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali di beneficiare di speciali condizioni in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo dell'impresa, nonché delle risorse del PNRR previste alla istituzione di una Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno come da proposta di modifica del PNRR presentata dal Governo alla Commissione UE in data 7 agosto 2023,

impegna il Governo

a inserire nel primo provvedimento utile i territori di cui all'articolo 3 della legge 10 agosto 1950, n. 646 non ricompresi nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica da istituire a far data dal 1° gennaio 2024.
9/1416-A/74. Iaria, Fede, Ilaria Fontana, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 20 del provvedimento rimodula i termini del trattenimento degli stranieri che entrano illegalmente nel nostro Paese presso i Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) stabilendo che il termine iniziale di permanenza a seguito del provvedimento del questore è di 3 mesi, prorogabile dal giudice, su richiesta del questore, di ulteriori 3 mesi qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà. Ulteriori proroghe possono essere disposte dal giudice, sempre su richiesta del questore, per ulteriori periodi di 3 mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri 12 mesi;

    i centri per il rimpatrio (CPR) sono strutture di detenzione amministrativa dove vengono trattenuti i migranti sottoposti a un ordine di espulsione, in attesa di essere rimpatriati e rappresentano ancora oggi lo stato della detenzione amministrativa, sottoponendo a regime di privazione della libertà personale individui che hanno violato una disposizione amministrativa, come quella del necessario possesso di permesso di soggiorno. Si tratta di vere e proprie prigioni, dove sono rinchiuse persone che di fatto non hanno commesso alcun crimine e che pertanto non hanno alcuna utilità visto che, a differenza di altre strutture detentive, non avviano percorsi finalizzati all'inclusione della persona. Questa, infatti, giunta al termine della sua detenzione, è irregolare quanto lo era in precedenza: in questo senso i Cpr generano un circolo vizioso che finisce per creare ancora più irregolarità, vista anche l'inefficace politica dei rimpatri, con effetti deleteri sui migranti stessi, che vengono esclusi e relegati alla marginalità, ma anche sulle comunità, che deve gestire ulteriori ed evitabili conflitti e tensioni sociali;

    nonostante i cittadini stranieri si trovino all'interno dei CPR con lo status di trattenuti o ospiti, la loro permanenza nella struttura corrisponde di fatto ad una detenzione, in quanto sono privati della libertà personale e sono sottoposti ad un regime di coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far valere il fondamentale diritto alla difesa legale;

    secondo il garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale «la detenzione amministrativa assume nella prassi prevalentemente i tratti di un meccanismo di marginalità sociale, confino e sottrazione temporanea allo sguardo della collettività di persone che le Autorità non intendono includere, ma che al tempo stesso non riescono nemmeno ad allontanare»;

    lo stesso Garante, in un rapporto sulle visite effettuate nei CPR relative al biennio 2019-2020, dichiara: «L'ampliamento della rete dei Centri ha fatto quindi segnare un'intensificazione nell'utilizzo del trattenimento amministrativo senza alcun superamento dei problemi che riguardavano le vecchie strutture, oggi replicati in quelle di recente apertura previste dal decreto-legge n. 13 del 2017. Nel contempo, il raddoppio dei tempi di trattenimento da 90 a 180 giorni previsto dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 – poi nuovamente mutati – ha determinato ulteriori, purtroppo tangibili, elementi di stress su un sistema già largamente deficitario.»;

    le previsioni contenute nel provvedimento all'esame dell'Assemblea dimostrano che il Governo ha voluto investire sulla detenzione dei migranti ponendosi in perfetta continuità con quanto già a dicembre 2022 la legge di bilancio aveva anticipato, ossia un sostanziale aumento dei fondi per l'ampliamento della rete dei centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Insomma una serie di misure che manifestano una scelta politica molto chiara: di non investire nell'accoglienza, ma piuttosto nell'esclusione;

    all'interno dei CPR, non essendo il fine ultimo il reinserimento in società ma l'espulsione, non viene avviato nessun percorso lavorativo o formativo, né viene realizzata alcuna attività ricreativa, con la conseguenza che le persone detenute concludono la loro permanenza in una situazione di rinnovata illegalità;

    gran parte dei trattenuti nei CPR sono già ex detenuti delle carceri. Tale circostanza sembra legittimare il Governo a rinchiuderli operando in tal modo una scelta politica esecrabile poiché chiunque sia stato già sottoposto ad una pena ed ha ultimato il suo percorso di recupero non dovrebbe mai essere sottoposto ad un suo prolungamento surrettizio;

    la percentuale di persone detenute nei CPR e che successivamente vengono effettivamente rimpatriate si aggira attorno al 45 per cento, di conseguenza dovrebbero essere riservati solo ai casi per i quali esiste una reale prospettiva di rimpatrio. Per i restanti casi, a rischio di reale espulsione, l'identificazione potrebbe essere effettuate direttamente in carcere, evitando così di trattenere rinchiuse a carico dello Stato ed in condizioni disumane ed incivili, persone per ulteriori 18 mesi;

    da numerose indagini giudiziarie è emerso che i cittadini stranieri vengono trattenuti nei CPR in condizioni lesive della loro dignità, disumane, degradanti ed in contrasto con le norme di legge che presiedono al funzionamento di tali strutture;

    deliri psicotici, lamette ingerite, suicidi tentati, fiumi di psicofarmaci, acqua non potabile, mancanza di cure, degrado igienico-sanitario, socialità negata, sono alcune delle istantanee- denuncia scattate da alcuni parlamentari in visita ad alcuni CPR del Paese,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di propria competenza atte a consentire l'accesso ai CPR ad operatori della società civile quali giornalisti, medici, psicologi, organizzazioni no profit e del terzo settore in grado di realizzare report e campagne informative e di sensibilizzazione sulla condizione dei migranti trattenuti nei CPR.
9/1416-A/75. Grimaldi, Zanella, Ghirra, Evi, Zan, Cuperlo, Boldrini.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in fase di conversione detta disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    il provvedimento si compone di 23 articoli le cui previsioni spaziano dalla crescita e il consolidamento economico delle aree meridionali del Paese all'attuazione del PNRR, dall'istituzione di un'unica Zona economica speciale per il SUD, al ricorso di un nuovo piano di assunzioni, dal ricorso ai contratti istituzionali di sviluppo a interventi in favore dei comuni di Lampedusa e Linosa, fino alla gestione dei flussi migratori e all'istituzione di Centri di permanenza per i rimpatri;

    in particolare, con le previsioni del Capo III (articoli 9-17) che provvedono ad istituire, a decorrere dal 1° gennaio 2024, una nuova ZES unica per il Mezzogiorno di durata triennale, da una parte si eliminano le otto ZES attualmente esistenti, e dall'altra, con la previsione della loro gestione da parte di una specifica struttura di missione – Cabina di regia – la cui governance è accentrata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, viene drasticamente ridotto il ruolo decisionale delle istituzioni locali e regionali, in concomitanza con un momento storico del tutto peculiare, posto che è in fase di attuazione il processo dell'autonomia differenziata, attualmente all'esame del Senato (AS 615);

    nell'ambito del vaglio da parte della Commissione competente è stato presentato un emendamento che interviene sull'articolo 10 del provvedimento e introduce al primo comma un periodo che prevede che in attuazione del sesto comma dell'articolo 119 della Costituzione, presso la Cabina di regia sia costituita una Sezione speciale, cui partecipano i Ministri competenti e, anche separatamente, i Presidenti della Regione Siciliana e della regione Sardegna, avente il compito di individuare gli interventi necessari a superare gli svantaggi dell'insularità, a valere sulla quota riservata di cui al secondo periodo del comma 6 dell'articolo 16;

    la citata proposta emendativa non comporta oneri economici a carico dello Stato, e nel resto del provvedimento nessuna altra disposizione prevede fondi a sostegno degli svantaggi correlati all'insularità;

    in senso analogo si è d'altronde espressa la Commissione parlamentare per le questioni regionali che, nell'esprimere parere favorevole sul provvedimento in esame, ha sottolineato l'importanza di tenere in debito conto gli svantaggi strutturali dell'insularità e della perifericità, valutando a tal fine anche la possibilità di istituire una sezione speciale della Cabina di regia, con il compito di individuare gli interventi necessari a superare i predetti svantaggi;

   considerato che:

    per quanto concerne la Sardegna in particolare, il grave e permanente svantaggio naturale correlato allo stato di insularità, ha comportato negli anni un gap infrastrutturale certificato da un'indebolita coesione nei trasporti, all'interno dell'isola sarda e tra questa e la terraferma, nei ritardi nelle reti energetiche e di comunicazione, nel freno allo sviluppo socio-economico;

    la Sardegna è rientrata fra le regioni dell'Obiettivo 1 dell'Unione europea e ha un indice di competitività del 23,75 per cento, contro quello medio europeo del 60,3 per cento e del 57 per cento della Lombardia;

    si conta che ogni anno migliaia di giovani sardi, in gran parte laureati e diplomati, lascino l'isola perché non vi trovano alcuna opportunità di lavoro;

    dall'atlante infrastrutturale del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) emergono i dati del ritardo della Sardegna nel confronto con il resto del Paese: per quanto riguarda le reti energetiche, l'indice è di 100 per l'Italia, di 64,54 per il Mezzogiorno e di 35,22 per la Sardegna;

    per quanto riguarda le reti stradali, l'indice è di 100 per l'Italia, di 87,10 per il Mezzogiorno e di 45,59 per la Sardegna; per quanto riguarda le reti ferroviarie, l'indice è di 100 per l'Italia, di 87,81 per il Mezzogiorno e di 15,06 per la Sardegna; per quanto riguarda le infrastrutture economico-sociali, l'indice è di 100 per l'Italia, di 84,45 per il Mezzogiorno e di 66,16 per la Sardegna;

    le analisi compiute dal Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (CRESME) relativamente alle risorse finanziarie pro capite e territoriali stanziate negli ultimi dieci anni relativamente alle infrastrutture evidenziano che: con riferimento allo stanziamento per chilometro quadrato, considerato che il valore medio nazionale del costo dell'intero programma infrastrutturale risulta pari a circa 1.190.000 euro per chilometro quadrato, la Sardegna risulta essere penultima nella graduatoria, con un investimento di 237.000 euro per chilometro quadrato; con riferimento allo stanziamento pro capite, il valore pro capite del costo dell'intero programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari a una media di circa 6.000 euro per abitante, ma la Sardegna si attesta su 3.423 euro; gravissimi i dati dello spopolamento (in 304 comuni su 377 i morti negli ultimi anni hanno superato i nuovi nati), le proiezioni demografiche a 30 anni vedono la Sardegna l'isola con la più bassa densità demografica del Continente europeo, seconda soltanto all'Islanda;

    la detta condizione di svantaggio oggettivo comporta la necessità di adeguate politiche nazionali ed europee, che compensino fattivamente gli svantaggi derivanti dall'insularità e riducano gli effetti negativi dell'isolamento fisico;

    in quest'ottica la legge costituzionale 7 novembre 2022, n. 2 ha introdotto nell'articolo 119 della Costituzione il riconoscimento delle peculiarità delle isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità; la condizione di insularità comporta in capo allo Stato un obbligo giuridico in attuazione del dettato costituzionale a sostegno di una strategia di sviluppo paritario dei propri territori, e tale sostegno non può prescindere da adeguate risorse finanziarie, anche in accordo con l'articolo 13 dello Statuto sardo,

impegna il Governo

a prevedere, nei prossimi provvedimenti utili, idonee misure finanziarie dirette al concreto superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità e degli effetti negativi dell'isolamento fisico della Sardegna.
9/1416-A/76. Ghirra, Zanella, Grimaldi, Lai.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in fase di conversione detta disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    il provvedimento si compone di 23 articoli le cui previsioni spaziano dalla crescita e il consolidamento economico delle aree meridionali del Paese all'attuazione del PNRR, dall'istituzione di un'unica Zona economica speciale per il SUD, al ricorso di un nuovo piano di assunzioni, dal ricorso ai contratti istituzionali di sviluppo a interventi in favore dei comuni di Lampedusa e Linosa, fino alla gestione dei flussi migratori e all'istituzione di Centri di permanenza per i rimpatri;

    in particolare, con le previsioni del Capo III (articoli 9-17) che provvedono ad istituire, a decorrere dal 1° gennaio 2024, una nuova ZES unica per il Mezzogiorno di durata triennale, da una parte si eliminano le otto ZES attualmente esistenti, e dall'altra, con la previsione della loro gestione da parte di una specifica struttura di missione – Cabina di regia – la cui governance è accentrata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, viene drasticamente ridotto il ruolo decisionale delle istituzioni locali e regionali, in concomitanza con un momento storico del tutto peculiare, posto che è in fase di attuazione il processo dell'autonomia differenziata, attualmente all'esame del Senato (AS 615);

    nell'ambito del vaglio da parte della Commissione competente è stato presentato un emendamento che interviene sull'articolo 10 del provvedimento e introduce al primo comma un periodo che prevede che in attuazione del sesto comma dell'articolo 119 della Costituzione, presso la Cabina di regia sia costituita una Sezione speciale, cui partecipano i Ministri competenti e, anche separatamente, i Presidenti della Regione Siciliana e della regione Sardegna, avente il compito di individuare gli interventi necessari a superare gli svantaggi dell'insularità, a valere sulla quota riservata di cui al secondo periodo del comma 6 dell'articolo 16;

    la citata proposta emendativa non comporta oneri economici a carico dello Stato, e nel resto del provvedimento nessuna altra disposizione prevede fondi a sostegno degli svantaggi correlati all'insularità;

    in senso analogo si è d'altronde espressa la Commissione parlamentare per le questioni regionali che, nell'esprimere parere favorevole sul provvedimento in esame, ha sottolineato l'importanza di tenere in debito conto gli svantaggi strutturali dell'insularità e della perifericità, valutando a tal fine anche la possibilità di istituire una sezione speciale della Cabina di regia, con il compito di individuare gli interventi necessari a superare i predetti svantaggi;

   considerato che:

    per quanto concerne la Sardegna in particolare, il grave e permanente svantaggio naturale correlato allo stato di insularità, ha comportato negli anni un gap infrastrutturale certificato da un'indebolita coesione nei trasporti, all'interno dell'isola sarda e tra questa e la terraferma, nei ritardi nelle reti energetiche e di comunicazione, nel freno allo sviluppo socio-economico;

    la Sardegna è rientrata fra le regioni dell'Obiettivo 1 dell'Unione europea e ha un indice di competitività del 23,75 per cento, contro quello medio europeo del 60,3 per cento e del 57 per cento della Lombardia;

    si conta che ogni anno migliaia di giovani sardi, in gran parte laureati e diplomati, lascino l'isola perché non vi trovano alcuna opportunità di lavoro;

    dall'atlante infrastrutturale del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) emergono i dati del ritardo della Sardegna nel confronto con il resto del Paese: per quanto riguarda le reti energetiche, l'indice è di 100 per l'Italia, di 64,54 per il Mezzogiorno e di 35,22 per la Sardegna;

    per quanto riguarda le reti stradali, l'indice è di 100 per l'Italia, di 87,10 per il Mezzogiorno e di 45,59 per la Sardegna; per quanto riguarda le reti ferroviarie, l'indice è di 100 per l'Italia, di 87,81 per il Mezzogiorno e di 15,06 per la Sardegna; per quanto riguarda le infrastrutture economico-sociali, l'indice è di 100 per l'Italia, di 84,45 per il Mezzogiorno e di 66,16 per la Sardegna;

    le analisi compiute dal Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (CRESME) relativamente alle risorse finanziarie pro capite e territoriali stanziate negli ultimi dieci anni relativamente alle infrastrutture evidenziano che: con riferimento allo stanziamento per chilometro quadrato, considerato che il valore medio nazionale del costo dell'intero programma infrastrutturale risulta pari a circa 1.190.000 euro per chilometro quadrato, la Sardegna risulta essere penultima nella graduatoria, con un investimento di 237.000 euro per chilometro quadrato; con riferimento allo stanziamento pro capite, il valore pro capite del costo dell'intero programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari a una media di circa 6.000 euro per abitante, ma la Sardegna si attesta su 3.423 euro; gravissimi i dati dello spopolamento (in 304 comuni su 377 i morti negli ultimi anni hanno superato i nuovi nati), le proiezioni demografiche a 30 anni vedono la Sardegna l'isola con la più bassa densità demografica del Continente europeo, seconda soltanto all'Islanda;

    la detta condizione di svantaggio oggettivo comporta la necessità di adeguate politiche nazionali ed europee, che compensino fattivamente gli svantaggi derivanti dall'insularità e riducano gli effetti negativi dell'isolamento fisico;

    in quest'ottica la legge costituzionale 7 novembre 2022, n. 2 ha introdotto nell'articolo 119 della Costituzione il riconoscimento delle peculiarità delle isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità; la condizione di insularità comporta in capo allo Stato un obbligo giuridico in attuazione del dettato costituzionale a sostegno di una strategia di sviluppo paritario dei propri territori, e tale sostegno non può prescindere da adeguate risorse finanziarie, anche in accordo con l'articolo 13 dello Statuto sardo,

impegna il Governo

a valutare, nei prossimi provvedimenti utili, idonee misure dirette al concreto superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità e degli effetti negativi dell'isolamento fisico della Sardegna.
9/1416-A/76. (Testo modificato nel corso della seduta)Ghirra, Zanella, Grimaldi, Lai.


   La Camera,

   premesso che:

    con le disposizioni di cui al Capo III (Articoli 9-17) del provvedimento si superano le ZES, così come concepite sei anni fa con la Legge 123/2017, per sostituirle con una ZES unica, evidenziandosi la volontà del governo di centralizzare la gestione delle politiche economiche e industriali rivolte al Sud: di fatto le disposizioni svuotano di senso la Zona Economica Speciale, che è uno strumento a disposizione delle vocazioni produttive territoriali e che quindi non dovrebbe essere caratterizzata da un approccio «generalista», ma da specifiche direzioni di specializzazione e differenziazione;

    le Zes (zone economiche speciali) sono identificate come aree territoriali di ristrette dimensioni, dotate di idonee infrastrutture e accessibilità, all'interno delle quali sono previste particolari opportunità di insediamento, servizi e agevolazioni fiscali a favore delle imprese, e rappresentano oltre ad uno strumento a disposizione delle vocazioni produttive territoriali anche un importante fattore di attrazione di nuovi investimenti nelle aree industriali;

    la sostituzione delle attuali Zes con la Zes Unica sarebbe giustificata dal governo dall'esigenza di superare le inefficienze dimensionali e funzionali delle precedenti zone speciali e di costruire un modello che consenta di rendere concreti i potenziali benefici dello strumento;

    l'efficacia del progetto del governo dipende da alcune condizioni e azioni di coordinamento affidate ad una Cabina di regia Cabina di regia ZES, con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR con il compito di definire le politiche di sviluppo e individuare i settori da promuovere e da consolidare, nonché gli interventi infrastrutturali prioritari da realizzare. Pertanto, molto dipenderà dalla volontà e capacità di attuare le norme, di coordinare le politiche e di gestire, con un apparato centralizzato, un sistema sicuramente complesso; con la riforma prevista nel PNRR da un paio di anni erano stati nominati dei commissari straordinari per gestire le ZES esistenti che decadono con l'entrata in vigore del provvedimento all'esame dell'Aula, rischiando di compromettere quanto fin qui già realizzato nei territori. È, infatti, fondato il timore che con le nuove previsioni possano sfumare i progetti territoriali già avviati; inoltre la gestione centralizzata degli interventi non valorizza le potenzialità territoriali che le otto ZES italiane già istituite ed operanti avrebbero potuto garantire;

    le ZES sono lo strumento per cogliere una importante prospettiva di sviluppo utile anche a rafforzare la capacità dei porti del meridione di accogliere il crescente traffico di merci nel Mediterraneo;

    l'articolo 10 del provvedimento prevede che la Cabina di regia è composta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR Ministro per gli affari regionali e le autonomie, dai Ministri per la pubblica amministrazione, per la protezione civile e le politiche del mare, per le riforme istituzionali e là semplificazione normativa, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, delle imprese e del made in Italy, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'ambiente e della sicurezza energetica, dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del turismo, della cultura, degli altri Ministri competenti in base all'ordine del giorno, dai Presidenti delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna. Inoltre alle riunioni della Cabina di regia possono essere invitati come osservatori i rappresentanti di enti pubblici locali e nazionali e dei portatori di interesse collettivi o diffusi;

    i numerosi protocolli fino ad oggi siglati dai commissari straordinari delle otto Zes sono la testimonianza dell'importanza di operare in sinergia con le forze sociali e datoriali, al fine di coniugare l'attrazione di nuovi investimenti con il mantenimento e l'incremento dei livelli occupazionali, la garanzia della sicurezza sul lavoro e l'arginamento della delocalizzazione aziendale. Eppure si tratta di categorie non rappresentate nella Cabina di regia;

    l'espresso coinvolgimento delle parti interessate, attraverso la previsione di adeguati luoghi, metodi e strumenti di coinvolgimento del partenariato economico e sociale, è fondamentale per dare voce alle esigenze e all'opinione di coloro che sono direttamente coinvolti negli investimenti all'interno della ZES,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a prevedere adeguati luoghi, metodi e strumenti di coinvolgimento del partenariato economico e sociale e della filiera istituzionale, includendo nella composizione della Cabina di regia di cui all'articolo 10 del provvedimento le parti sociali maggiormente rappresentative, il Presidente del CNEL, il Presidente dell'Anci, i Presidenti delle Autorità di sistema portuale ed i rappresentanti dei consorzi di sviluppo industriale presenti sul territorio della ZES unica.
9/1416-A/77. Borrelli, Zanella, Grimaldi, Ghirra.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1416 recante: «Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione» è emersa con decisione l'ennesima forzatura del governo di inserire misure in materia di immigrazione in decreti-legge che affrontano ambiti di tutt'altra natura;

    il provvedimento in esame all'articolo 20 interviene in materia di trattenimento presso Centri di permanenza per i rimpatri estendendo da sei a diciotto mesi il limite massimo di permanenza nei medesimi Centri, qualora lo straniero non collabori, o per i ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi;

    tale misura rischia di aggravare notevolmente la condizione dei migranti presenti nei CPR, visto che il termine precedentemente previsto era di tre mesi prorogabile per altri tre mesi. Così si rischia di peggiorare pesantemente la vita all'interno dei CPR sia per quanto riguarda le condizioni igienicosanitarie, sia per il rispetto dei diritti civili, poiché sono strutture che già adesso non offrono gli standard previsti dalla normativa europea e dalle convenzioni internazionali;

    basta qui ricordare come diversi Tribunali italiani hanno già disapplicato le norme del decreto Cutro, nella parte che prevede il trattenimento dei richiedenti asilo nel CPR, poiché violano gli articoli 3 e 10 della Costituzione e le norme dell'Ue, in maniera particolare la direttiva 2013/33/Ue – norme sull'accoglienza dei richiedenti asilo –;

    si ricorda una decisione della Corte di giustizia dell'Ue, che afferma come: «il trattenimento di un richiedente protezione internazionale sia una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto»;

    la Corte di cassazione ha stabilito che: «la normativa interna incompatibile con quella dell'unione va disapplicata dal giudice nazionale»;

    si ricorda come, in occasione della conversione del decreto-legge 20/2023 cosiddetto decreto Cutro, avevamo denunciato come la maggioranza nell'inserire norme contro la Costituzione, le norme europee e le convenzioni internazionali, avrebbe lasciato alla magistratura il compito di dirimere nelle aule giudiziarie il riconoscimento dei loro diritti negati;

    si ricorda, ancora una volta, che le nuove disposizioni non faranno altro che complicare la vita di migliaia di bambini, donne e persone bisognose di protezione internazionale, che rinchiusi in CPR – fino a 18 mesi – non faranno altro che assumere uno nuovo status indefinito, questo a tutto svantaggio dell'interesse pubblico, anche in termini economici, ma soprattutto in contrasto con la Costituzione, le norme europee e le convenzioni internazionali;

    la nuova normativa rischia seriamente di confliggere con la direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 che ha introdotto norme chiare, trasparenti ed eque nell'ambito di una politica di rimpatrio efficace, necessaria per una corretta gestione della politica di immigrazione. Le procedure di rimpatrio, come stabilito dall'art. 1, devono essere eseguite nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto considerati principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale e sempre nel rispetto degli obblighi previsti in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo. Gli Stati dovrebbero considerare come preminente l'interesse superiore del bambino, come sottolineato nel «considerando n. 22» e previsto anche dall'articolo 5, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989. Inoltre, deve essere rispettato il principio del non respingimento dei richiedenti asilo, e devono essere tenute in debita considerazione la vita familiare e le condizioni di salute dell'interessato;

    in ogni caso, la direttiva prevede una serie di garanzie procedurali volte a tutelare i destinatari delle decisioni di rimpatrio: al cittadino di un Paese terzo devono essere concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio o per chiederne la revisione, e deve essere garantita la necessaria assistenza o rappresentanza legale gratuita,

impegna il Governo

a porre in essere tutti gli atti e provvedimenti necessari affinché sia evitato a minorenni, donne e persone fragili la permanenza nei CPR con persone maggiorenni e/o autori di reati.
9/1416-A/78. Zanella, Grimaldi, Ghirra.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1416 recante: «Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione» è emersa con decisione l'ennesima forzatura del governo di inserire misure in materia di immigrazione in decreti-legge che affrontano ambiti di tutt'altra natura;

    l'articolo 21 aggiunge all'elenco delle opere di difesa e sicurezza nazionale di cui al codice dell'ordinamento militare (COM) i punti di crisi (hotspot) e i centri di accoglienza, permanenza e rimpatrio;

    demanda a un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'approvazione del piano straordinario per l'individuazione delle aree interessate dalla realizzazione di tali strutture;

    il Ministero della difesa è incaricato della realizzazione di tali strutture, che vengono qualificate come opere di difesa e sicurezza nazionale: di fatto si aggiungono alle opere «destinate alla difesa e sicurezza nazionale» (in cui figurano, tra l'altro, caserme, basi navali, stabilimenti e arsenali, ecc...);

    il comma 1 nel qualificare come opere per la difesa e la sicurezza nazionale ai sensi dell'articolo 233 del COM gli hotspot, i centri per il rimpatrio e i centri di accoglienza ordinari e straordinari, dispone che il Ministero della difesa per la loro realizzazione possa avvalersi della procedura accelerata prevista dall'articolo 140 del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 36 del 2023) per i lavori di somma urgenza e protezione civile;

    la qualificazione come opera per la difesa e la sicurezza nazionale potrebbe poi comportare che anche alle strutture sopra richiamate si applichino le procedure accelerate e speciali di cui agli articoli 352 (disciplina urbanistica), 353 (disciplina edilizia) e 354 (disciplina paesaggistica) del codice dell'ordinamento militare;

    si tratta, più in dettaglio delle seguenti strutture per migranti: punti di crisi (hotspot); centri di permanenza per i rimpatri (CPR); centri di accoglienza governativi (ex Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e Centri di accoglienza (CDA); centri di accoglienza straordinaria (CAS);

    le opere destinate alla difesa nazionale sono assoggettate ad uno speciale regime derogatorio, che è assoluto in materia urbanistica ed edilizia in quanto le opere destinate alla difesa militare non sono soggette all'accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche né al rilascio di titolo: per tali opere non occorre l'accertamento di conformità urbanistica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383;

    si ricorda che nell'ottica di conseguire gli obiettivi di cui al PNRR, sono già previste una serie di semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile viene identificato quale organo individuato ad esprimere le valutazioni di natura tecnica sui progetti inerenti la realizzazione di opere pubbliche, nonché sulla fase autorizzatoria, creando un procedimento ad hoc per una serie di opere;

    nello specifico, nei casi di comprovate necessità correlate alla funzionalità delle Forze armate, anche connesse all'emergenza sanitaria, le citate misure di semplificazione potranno essere applicate alle nuove opere;

    inoltre, il Ministero della difesa è autorizzato ad avvalersi delle procedure previste dall'articoli 140 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36), in caso di somma urgenza e protezione civile. In tali casi, l'art. 140 del Codice dei contratti pubblici dispone in particolare l'immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 500.000 euro. L'esecuzione dei lavori e l'acquisizione dei servizi e delle forniture di somma urgenza può essere affidata in forma diretta e in deroga alle procedure ordinarie del Codice a uno o più operatori economici individuati dal RUP o da altro tecnico dell'amministrazione competente. In via eccezionale, nella misura strettamente necessaria, l'affidamento diretto può essere autorizzato anche al di sopra dei limiti di cui sopra;

    il Ministero della difesa realizza tali opere mediante le proprie competenti articolazioni del Genio militare avvalendosi di Difesa Servizi S.p.A., è una società per avente come socio unico il Ministero della difesa, che svolge, come organo in house, la sua attività in favore del Ministero della difesa, sotto la vigilanza dello stesso Ministero,

impegna il Governo:

   ad adottare ulteriori iniziative normative allo scopo di prevedere, nell'individuazione delle aree di cui al comma 2 dell'articolo 21, un parere obbligatorio, da parte degli enti locali interessati, al fine di non pregiudicare programmi di riqualificazione urbana e, o ambientale già stabiliti dalle amministrazioni; comunque limitando, il più possibile, l'insediamento delle strutture dentro le aree ricomprese nelle zone speciali di conservazione e nelle zone di protezione speciale della rete europea Natura 2000, come individuate dalle vigenti direttive europee;

   a evitare in ogni modo che nei suddetti centri siano alloggiati contemporaneamente minorenni, donne e persone fragili con persone maggiorenni e/o autori di reati.
9/1416-A/79. Zaratti, Zanella, Grimaldi, Ghirra.