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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 28 settembre 2023

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 28 settembre 2023.

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pastorella, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tabacci, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zanella, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Boschi, Braga, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Michelotti, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pastorella, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tabacci, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zanella, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 settembre 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   MORGANTE ed altri: «Istituzione dell'ostetrica di comunità e del servizio di assistenza domiciliare postnatale» (1431);

   FURFARO: «Istituzione della figura professionale dell'operatore per l'emotività, l'affettività e la sessualità delle persone con disabilità» (1432);

   CAVANDOLI ed altri: «Agevolazioni fiscali per l'acquisto di autocaravan destinati a persone con disabilità» (1433).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE MARIANNA RICCIARDI ed altri: «Modifica all'articolo 68 della Costituzione in materia di utenze telefoniche mobili intestate ai membri del Parlamento» (1319) Parere delle Commissioni II e IX.

   II Commissione (Giustizia):

  MARIANNA RICCIARDI ed altri: «Modifiche all'articolo 590-sexies del codice penale in materia di responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario» (1204) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   VI Commissione (Finanze):

  TRANCASSINI: «Agevolazione fiscale per interventi di recupero di edifici esistenti o di costruzione di nuovi edifici da destinare all'edilizia sociale» (936) Parere delle Commissioni I, V, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 27 settembre 2023, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, che è stata autorizzata, in relazione a un intervento da realizzare tramite un contributo assegnato per l'anno 2019 in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, una variazione non onerosa del progetto «Fighting malnutrition in Njombe DC – agricoltura sostenibile per la lotta contro la malnutrizione nel distretto di Njombe – Tanzania» dell'associazione CEFA ONLUS – Comitato europeo per la formazione e l'agricoltura.

  Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 27 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Ente Ville vesuviane, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 125).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 27 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT), per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 126).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 28 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 127).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministro dell'ambiente
e della sicurezza energetica.

  Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, in data 18 settembre 2023, ha trasmesso la proposta di aggiornamento del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), presentata alla Commissione europea in data 30 giugno 2023 (Doc. XXVII, n. 12).

  Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Commissario straordinario del Governo per il piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma.

  Il Commissario straordinario del Governo per il piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma, con lettera in data 27 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 13-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, la relazione concernente la rendicontazione delle attività svolte dalla gestione commissariale per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, riferita all'anno 2022 (Doc. CC, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 settembre 2023, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti (COM(2023) 420 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 420 final – Annex) e dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto (SWD(2023) 422 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). Questa proposta è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 28 settembre 2023.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 26 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con le predette comunicazioni, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:

  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla contabilizzazione delle emissioni di gas a effetto serra dei servizi di trasporto (COM(2023) 441 final);

  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'uso della capacità di infrastruttura ferroviaria nello spazio ferroviario europeo unico, che modifica la direttiva 2012/34/UE e abroga il regolamento (UE) n. 913/2010 (COM(2023) 443 final);

  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle associazioni transfrontaliere europee (COM(2023) 516 final).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettera in data 25 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Vado Ligure (Savona).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dalla Regione Sardegna.

  Il Presidente del Consiglio regionale della Sardegna, con lettera in data 22 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 51 dello statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, un voto, approvato dal medesimo Consiglio il 13 settembre 2023, volto a chiedere la tempestiva approvazione di nuove disposizioni in materia di sistema elettorale a suffragio universale e diretto degli organi di governo delle province e delle città metropolitane.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Richieste di parere parlamentare
su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 7 novembre 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante adozione della nota metodologica relativa alla determinazione dei fabbisogni standard per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, relativamente alle funzioni fondamentali di territorio, ambiente, istruzione, trasporti, polizia provinciale, funzioni generali, stazione unica appaltante/centrale unica degli acquisti e controllo dei fenomeni discriminatori, nonché relativamente alle funzioni fondamentali per le sole città metropolitane e province montane delle regioni a statuto ordinario per l'anno 2022 (82).

  Questa richiesta è assegnata, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. È altresì assegnata, ai sensi del medesimo comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio). Tali Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 13 ottobre 2023.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 29 agosto 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 43, comma 5-quater, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante l'approvazione della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario e della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo (83).

  Questa richiesta è assegnata, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. È altresì assegnata, ai sensi del medesimo comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio). Tali Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 28 ottobre 2023.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 10 AGOSTO 2023, N. 105, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI PROCESSO PENALE, DI PROCESSO CIVILE, DI CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI, DI RECUPERO DALLE TOSSICODIPENDENZE, DI SALUTE E DI CULTURA, NONCHÉ IN MATERIA DI PERSONALE DELLA MAGISTRATURA E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (A.C. 1373-A)

A.C. 1373-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene, tra le altre, alcune disposizioni in materia di processo penale, disponendo, in particolare, che nel verbale siano riportate anche le comunicazioni intercettate a favore dell'indagato;

    il sistema processuale penale italiano, ormai dall'anno 1988, è imperniato su un sistema di tipo accusatorio che onera le parti ad effettuare l'istruttoria necessaria per la sostenibilità o meno dell'accusa in giudizio, rendendo il magistrato giudicante davvero terzo ed imparziale;

    nel corso degli anni sono intervenute alcune autorevoli sollecitazioni dalla giurisprudenza e qualificata dottrina, che hanno richiamato il principio processuale secondo cui, nella fase delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero non deve esser considerato oggettivamente una parte poiché, prima dell'esercizio obbligatorio dell'azione penale, non risulterebbe ancora insorto alcun rapporto tra l'ordinamento e l'indagato. Parimenti neppure l'indagato, in quella fase, risulterebbe rivestire il ruolo di parte poiché, in tale fase, mancherebbe il presupposto essenziale processuale per l'esistenza stessa;

    in quella particolare fase il Pubblico Ministero sarebbe soltanto titolare esclusivo delle indagini e, in quanto tale, spetta ad esso canalizzare ogni elemento pro et contra indagato al fine della ragionevole previsione di condanna in giudizio o della sua superfluità;

    è necessario mantenere alte le garanzie a difesa di un giusto processo e della dignità degli indagati, stante il fatto che il principio di obbligatorietà dell'azione penale non comporta l'obbligo di esercitare l'azione ogni qualvolta il pubblico ministero sia stato raggiunto da qualunque notizia di reato, ma va contemperato con il fine di evitare l'instaurazione di un processo superfluo,

impegna il Governo

a confermare, rafforzare e rendere concreti i diritti della difesa già contenuti nella normativa vigente, prevedendo misure volte a garantire l'obbligo in capo al pubblico ministero di svolgere accertamenti anche a favore della persona indagata, a pena di inutilizzabilità di tutta l'attività svolta nel corso delle indagini preliminari e di darne successiva notizia all'indagato e al suo difensore tramite inserimento nel fascicolo, anteriormente alla presentazione della richiesta di archiviazione o della notificazione della conclusione delle indagini.
9/1373-A/1. Michelotti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene, tra le altre, alcune disposizioni in materia di processo penale, disponendo, in particolare, che nel verbale siano riportate anche le comunicazioni intercettate a favore dell'indagato;

    il sistema processuale penale italiano, ormai dall'anno 1988, è imperniato su un sistema di tipo accusatorio che onera le parti ad effettuare l'istruttoria necessaria per la sostenibilità o meno dell'accusa in giudizio, rendendo il magistrato giudicante davvero terzo ed imparziale;

    nel corso degli anni sono intervenute alcune autorevoli sollecitazioni dalla giurisprudenza e qualificata dottrina, che hanno richiamato il principio processuale secondo cui, nella fase delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero non deve esser considerato oggettivamente una parte poiché, prima dell'esercizio obbligatorio dell'azione penale, non risulterebbe ancora insorto alcun rapporto tra l'ordinamento e l'indagato. Parimenti neppure l'indagato, in quella fase, risulterebbe rivestire il ruolo di parte poiché, in tale fase, mancherebbe il presupposto essenziale processuale per l'esistenza stessa;

    in quella particolare fase il Pubblico Ministero sarebbe soltanto titolare esclusivo delle indagini e, in quanto tale, spetta ad esso canalizzare ogni elemento pro et contra indagato al fine della ragionevole previsione di condanna in giudizio o della sua superfluità;

    è necessario mantenere alte le garanzie a difesa di un giusto processo e della dignità degli indagati, stante il fatto che il principio di obbligatorietà dell'azione penale non comporta l'obbligo di esercitare l'azione ogni qualvolta il pubblico ministero sia stato raggiunto da qualunque notizia di reato, ma va contemperato con il fine di evitare l'instaurazione di un processo superfluo,

impegna il Governo

a confermare, rafforzare e rendere concreti i diritti della difesa già contenuti nella normativa vigente, prevedendo misure volte a garantire l'obbligo in capo al pubblico ministero di svolgere accertamenti anche a favore della persona indagata.
9/1373-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Michelotti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce specifiche disposizioni in materia di amministrazione penitenziaria;

    in particolare, l'articolo 5 reca una disciplina transitoria relativa agli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna (EPE) e degli istituti penali minorili (IPM);

    come esplicitato nel medesimo preambolo, l'intervento normativo si rende necessario anche per rispondere alla straordinaria necessità ed urgenza di garantire l'efficienza e il buon andamento della Pubblica Amministrazione;

    manca nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore del rafforzamento del personale educatore all'interno degli istituti penitenziari. Si consideri, al riguardo, che la grave situazione di carenza di personale non riguarda esclusivamente la polizia penitenziaria, ma anche i funzionari giuridico pedagogici, che sono un numero considerevolmente inferiore rispetto a quello previsto;

    è di tutta evidenza come a tale categoria di lavoratori l'ordinamento riconosca un ruolo fondamentale, in quanto il loro contributo consente di dare piena attuazione al principio costituzionale della funzione rieducativa della pena, di cui all'articolo 27 della nostra Carta Fondamentale. I funzionari giuridico pedagogici, infatti, svolgono attività imprescindibili ai fini del reinserimento in società del detenuto, sia sotto il profilo della «osservazione scientifica della personalità» e dell'accesso alle misure alternative dei condannati definitivi, che in termini di progettazione delle attività dell'istituto, scolastiche, formative, sportive e ricreative, cercando di dare seguito ai molti bisogni dei ristretti. Infine, la circolare ministeriale che ne ha modificato la denominazione in funzionari giuridico pedagogici, ha attribuito a questi ultimi anche il compito di coordinare la rete interna ed esterna al carcere in modo da garantire una relazione con il territorio;

    il XIX Rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione fotografa una situazione all'interno delle carceri che desta notevole preoccupazione e impone di intervenire per far fronte alle evidenti carenze di personale educatore. Il numero totale degli educatori effettivi, invero, secondo quanto si evince dalle schede trasparenza aggiornate a maggio 2023, è pari a 803 unità a fronte delle 923 previste in pianta organica. La media nazionale di persone detenute in carico a ciascun funzionario è di 71. Tuttavia, sono 100 su 191 gli istituti che presentano un rapporto persone detenute/educatori più elevato rispetto alla media e ben distante da quello fissato dal DAP, pari a 65. In relazione ai dati emersi nelle 97 visite effettuate nel 2022 dall'Osservatorio di Antigone il rapporto medio tra persone detenute ed educatori appare più elevato ed è pari a 87,2: peggiore rispetto a quello riscontrato nel 2021, ove erano 83 i detenuti per ciascun educatore. In alcuni istituti gli educatori che effettivamente garantiscono la loro presenza quotidiana sono un numero inferiore. Tale circostanza comporta indubbiamente una discrepanza tra quanto effettivamente garantito all'utenza e quanto riportato nelle statistiche;

    nel 2022 è stato indetto un concorso che ha riguardato il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, da cui deriverà l'assunzione di 204 funzionari giuridico pedagogici (indetto per 104 figure è stato poi innalzato a 204). Tuttavia, secondo quanto ha reso noto il DAP con Circolare 3 febbraio 2022 – Incremento pianta organica Funzionario Giuridico Pedagogico, l'obiettivo è quello di fissare il rapporto di un funzionario ogni 65 detenuti (attualmente di 71 in media nazionale),

impegna il Governo

in occasione dell'adozione di successivi provvedimenti, ad autorizzare e finanziare procedure concorsuali pubbliche, in aggiunta a quelle già previste a legislazione vigente, al fine di procedere all'assunzione straordinaria di personale nei ruoli di funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale, per rafforzare il personale nell'ambito degli istituti penitenziari, alla luce della rilevante scopertura di organico e dell'ambizioso obiettivo di ridurre il rapporto educatori/persone detenute a 65, considerando, altresì il ruolo fondamentale che questi ultimi rivestono all'interno dell'ordinamento ai fini del reinserimento in società dei ristretti.
9/1373-A/2. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    l'articolo 2 istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni, allo scopo di assicurare più elevati e uniformi livelli di sicurezza, aggiornamento tecnologico, efficienza, economicità e capacità di risparmio energetico dei sistemi informativi funzionali alle attività di intercettazione eseguite da ciascun ufficio del pubblico ministero;

    il comma 4 del richiamato articolo specifica che i requisiti tecnici delle infrastrutture debbano garantire l'autonomia delle funzioni del procuratore della Repubblica di direzione, organizzazione e sorveglianza sulle attività di intercettazione e sui relativi dati, nonché sugli accessi e sulle operazioni compiute sui dati stessi, contemplando – infine – una clausola di chiusura che escluda, in ogni caso, l'accesso ai dati in chiaro;

    tuttavia, la ratio di incrementare i livelli di sicurezza, mantenendo l'autonomia funzionale del magistrato incaricato, stride con la previsione di garantire l'esclusione dell'accesso dei dati da parte del Ministero della giustizia ai soli dati in chiaro,

impegna il Governo

in occasione dell'adozione di successivi provvedimenti, ad intervenire per garantire l'esclusione dell'accesso ai dati da parte del Ministero della giustizia a tutti i dati, a prescindere che gli stessi siano in chiaro o criptati.
9/1373-A/3. Cafiero De Raho, D'Orso, Ascari, Giuliano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    l'art. 266 del codice di procedura penale individua i limiti oggettivi di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, contemplando un elenco tassativo di fattispecie in presenza delle quali deve ritenersi ammissibile tale strumento di ricerca della prova, nel rispetto del principio costituzionale della libertà e della segretezza delle comunicazioni (articolo 15);

    nello specifico, alla lettera f-bis) include nel novero dei delitti per i quali è possibile procedere ad intercettazione, quelli previsti dall'articolo 600-ter c.p. relativo ad alcuni casi di pornografia minorile, nonché dall'articolo 609-undecies, per il delitto di adescamento;

    è notorio come alcune ipotesi di violenza fisica o abusi consumati all'interno delle mura domestiche siano di difficile emersione ed accertamento, considerando lo stato di soggezione in cui spesso versa la vittima, che porta la stessa a trattenersi dal denunciare, per timore di ulteriori ritorsioni personali;

    appare opportuno consentire all'autorità giudiziaria di valutare la possibilità di accedere allo strumento delle intercettazioni anche per svolgere indagini relativamente ad altre ed ulteriori fattispecie che coinvolgono soggetti minori,

impegna il Governo

ad intervenire, con l'adozione di successivi provvedimenti, al fine di potenziare ulteriormente lo strumento delle intercettazioni, estendendone l'applicazione anche all'ipotesi di detenzione di materiale pornografico, oltre che per tutte le fattispecie di pornografia minorile, nonché in caso di maltrattamenti contro familiari o conviventi.
9/1373-A/4. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    l'articolo 266 del codice di procedura penale individua i limiti oggettivi di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, contemplando un elenco tassativo di fattispecie in presenza delle quali deve ritenersi ammissibile tale strumento di ricerca della prova, nel rispetto del principio costituzionale della libertà e della segretezza delle comunicazioni (articolo 15);

    nello specifico, alla lettera f-bis) include nel novero dei delitti per i quali è possibile procedere ad intercettazione, quelli previsti dall'articolo 600-ter c.p. relativo ad alcuni casi di pornografia minorile, nonché dall'articolo 609-undecies, per il delitto di adescamento;

    è notorio come alcune ipotesi di violenza fisica o abusi consumati all'interno delle mura domestiche siano di difficile emersione ed accertamento, considerando lo stato di soggezione in cui spesso versa la vittima, che porta la stessa a trattenersi dal denunciare, per timore di ulteriori ritorsioni personali;

    appare opportuno consentire all'autorità giudiziaria di valutare la possibilità di accedere allo strumento delle intercettazioni anche per svolgere indagini relativamente ad altre ed ulteriori fattispecie che coinvolgono soggetti minori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire per estendere lo strumento delle intercettazioni al settore della detenzione di materiale pedo-pornografico.
9/1373-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce specifiche disposizioni in materia di amministrazione della giustizia;

    in particolare, l'articolo 4 modifica la disciplina riguardante i corsi di formazione per partecipare ai concorsi per l'attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi per magistrati;

    come esplicitato nel medesimo preambolo, l'intervento normativo si rende necessario anche per rispondere alla straordinaria necessità ed urgenza di garantire l'efficienza e il buon andamento della Pubblica Amministrazione;

    tuttavia, manca nell'atto in esame qualsivoglia previsione volta ad attribuire maggiori ed ulteriori risorse all'amministrazione giudiziaria, necessarie per assicurare l'efficienza della macchina della giustizia, a beneficio degli utenti finali, i cittadini;

    occorrono, quindi, specifiche ed ulteriori previsioni a favore del rafforzamento del personale dei magistrati, imprescindibile anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione del contenzioso pendente previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, alla luce della rilevante scopertura di organico;

    siamo di fronte ad una situazione di scopertura dell'organico magistratuale senza precedenti: circa 1.500 unità su 10.900. Pur considerando l'immissione in ruolo dei magistrati ordinari in tirocinio di cui al decreto ministeriale 23 novembre 2022 avvenuta lo scorso mese di dicembre, questi ultimi – gli unici attualmente in tirocinio – termineranno il tirocinio generico nel novembre di quest'anno e quello mirato nel luglio del 2024 sicché solo successivamente potranno prendere servizio nei vari uffici giudiziari;

    a tal riguardo si è espresso anche il Consiglio superiore della magistratura, adottando una risoluzione il 20 ottobre 2022, con cui ha invitato il Ministro della giustizia a far fronte a questa situazione, per porre rimedio alla scopertura degli organici determinata dall'aver riportato l'età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni; una parte non indifferente della progettualità richiesta per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici ed il contenimento in termini fisiologici della durata media dei procedimenti passa per la disponibilità di adeguate risorse umane,

impegna il Governo

in occasione dell'adozione di successivi provvedimenti, a prevedere ulteriori procedure concorsuali pubbliche, in aggiunta a quelle già previste a legislazione vigente, al fine di procedere all'assunzione straordinaria di personale non dirigenziale a tempo indeterminato del Ministero della giustizia e di nuovi magistrati ordinari.
9/1373-A/5. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    le modifiche proposte intendono estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi; ciò appare in netta contraddizione – fortunosamente – con le incaute dichiarazioni del 19 luglio scorso del ministro Nordio sul concorso esterno in associazione mafiosa e in ordine alla volontà di ridurre delle intercettazioni, sulla base dell'assunto che i mafiosi non usano il telefono;

    in corso d'esame, sono state introdotte nel provvedimento in titolo misure che escludono il perseguimento di specifiche condotte connesse a reati contro la PA ove tali condotte siano emerse nell'ambito di intercettazioni autorizzate per altre e diverse indagini;

    contestualmente all'esame del provvedimento in titolo in questa sede, in Commissione Giustizia, al Senato, nella relazione conclusiva sull'indagine conoscitiva sulle intercettazioni, la maggioranza ha inserito, a sorpresa, un impegno affinché sia escluso l'utilizzo del trojan nelle indagini per reati contro la PA;

    con lucida e consapevole scelta puramente politica, si introduce nuovamente un singolare doppio binario: l'inasprimento delle intercettazioni per gravi reati, ma un nuovo salvacondotto per i reati dei c.d. «colletti bianchi», reati c.d. «spia» e porta alle infiltrazioni della criminalità organizzata, alle cui condotte, palesemente, non è assegnato grave disvalore;

    ciò ricorda ai firmatari, lo stesso doppio binario recato dal primo provvedimento d'urgenza adottato dal Governo in carica, il c.d. «decreto rave», nel quale si introducevano obblighi inflessibili e severe sanzioni per i condannati che decidono di collaborare e indulgenza di stato per i patrimoni occulti dei condannati che decidono di non collaborare, autorizzati a serbare il silenzio sulle ricchezze accumulate e sottratte alla confisca grazie a sofisticate tecniche di riciclaggio;

    dopo la norma del decreto c.d. rave, che ha restituito i benefici penitenziari ai condannati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e dopo la norma che abolisce il reato di abuso d'ufficio, si aggiunge questo nuovo tassello in ordine all'impunità dei colletti bianchi;

    la gravità e il disvalore delle condotte criminose nell'ambito degli uffici pubblici discendono direttamente dall'articolo 54, secondo comma, della Costituzione, che ne costituisce il fondamento giuridico e giova, evidentemente, rammentarne, in questa sede, il dettato: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.»;

    nel loro complesso, le misure appaiono compiere la volontà di indebolire gli istituti a tutela della legalità, di depotenziare la capacità di risposta dello Stato al fenomeno della corruzione pubblica nelle sue molteplici declinazioni, gravido di conseguenze in un Paese in cui il 90 per cento delle truffe sono da ricondurre a fenomeni di corruttela connessi ad appalti e responsabilità erariali e amministrative nella pubblica amministrazione, acuite dal momento contingente, in cui gli interessi dei comitati d'affari, delle mafie e delle reti corruttive sono ingolositi dalle ingentissime risorse e dalle connesse opere da realizzare ai fini dell'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza;

    in proposito, preme ai firmatari richiamare, altresì, due recenti disposizioni volute dal Governo in carica e dalla sua maggioranza parlamentare: la proroga del c.d. «scudo contabile» e la soppressione del controllo concomitante della Corte dei conti sulla gestione delle risorse e sulle opere del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza e del Piano nazionale complementare – che, unitamente a quanto sopra esposto, costituiscono palesemente un favor verso chi rompe il patto di fedeltà con la Repubblica e i cittadini e inquina l'economia e la società;

    dai dati assunti alla fine dell'anno 2022, si ricava che le frodi sui fondi europei e sul PNRR sono in forte crescita – come si evince anche dall'allarme lanciato dalla Procura della Corte dei conti europea il 20 per cento delle citazioni in giudizio hanno riguardato indebite percezioni di fondi europei e nazionali, per una richiesta risarcitoria di oltre 231 milioni di euro, le criticità si appuntano in particolare sul nostro Paese, in cui si concentrano il 22 per cento delle indagini – «quasi 600 indagini avviate, un danno al bilancio dell'UE di 5,3 miliardi di euro e la rilevazione del forte coinvolgimento della criminalità organizzata nelle frodi transnazionali»;

    un allentamento dei presìdi contro i fenomeni corruttivi non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali, attirate dall'ingente quantità di afflusso di danaro;

    l'articolo 54, comma secondo, della Costituzione introduce il principio di un'etica pubblica e richiede onorabilità a coloro ai quali sono affidate funzioni pubbliche, ma, ad avviso dei firmatari del presente atto, l'articolo 54, comma secondo, richiama, altresì, il Legislatore a darvi corpo e sostanza con precetti normativi conseguenti,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, alla luce degli effetti prodotti dalla nuova disciplina in materia di utilizzabilità delle comunicazioni intercettate in alcuni procedimenti connessi, in occasione dell'adozione di successivi provvedimenti, a potenziare i presìdi a tutela della trasparenza, della legalità e dell'integrità dell'azione delle amministrazioni pubbliche, rafforzando ed estendendo, in particolare, la competenza, le funzioni e le attività dell'Autorità nazionale anticorruzione e ad informare i competenti organi parlamentari in merito alle modalità con le quali intende monitorare, prevenire, controllare la correttezza dell'attività amministrativa, al fine di prevenire, nonché sanzionare, gestioni illecite, le eventuali condizioni in ordine a conflitti di interesse, casi di appropriazione indebita, le frodi o i doppi finanziamenti.
9/1373-A/6. Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di proseguire nel rafforzare gli strumenti idonei a garantire e potenziare i presidi a tutela della trasparenza, della legalità e dell'integrità dell'azione delle amministrazioni pubbliche.
9/1373-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    le modifiche proposte intendono estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    è fondamentale garantire la piena operatività dello strumento delle intercettazioni anche ai reati c.d. «spia», ovvero quelli di corruzione. Invero, è notorio come la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, ed in particolare, di quella di stampo mafioso, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nella economia legale, con un costo per lo Stato di circa 60 miliardi l'anno, determinando, così, perspicue implicazioni economiche e sociali;

    il legislatore ha l'obbligo di dotare l'autorità giudiziaria di tutti gli strumenti necessari a cogliere ogni attività in corso o interessi nascosti del malaffare. Nella scorsa legislatura, la legge n. 3 del 2019 c.d. Spazzacorrotti ha previsto, tra gli altri, il potenziamento delle intercettazioni per i reati connessi alla corruzione. Inoltre, durante il governo Conte II è stato adottato il decreto-legge n. 161 del 2019, entrato in vigore a settembre 2020, che ha chiuso una stagione di interventi confusionari e superflui, rappresentando una sintesi equilibrata tra l'esigenza di perseguire reati gravi e il diritto alla privacy rispetto a fatti non rilevanti;

    il trojan rappresenta certamente un mezzo imprescindibile per l'emersione dei fenomeni corruttivi e per interrompere sul nascere il pactum sceleris tra corrotto e corruttore. L'eliminazione o il depotenziamento del trojan per i reati contro la PA rappresenterebbe un notevole passo indietro rispetto alla normativa attuale, finalmente adeguata agli standard europei,

impegna il Governo

ad astenersi da qualsivoglia intervento – anche normativo – volto a riformare la disciplina delle intercettazioni in termini più limitativi per l'autorità giudiziaria o comunque peggiorativi, ovvero a depotenziare lo strumento del trojan, determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le più gravi manifestazioni criminose, compresa la corruzione, sulle quali prospera la criminalità organizzata e ancor più la mafia.
9/1373-A/7. Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    l'articolo 2 istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni, allo scopo di assicurare più elevati e uniformi livelli di sicurezza, aggiornamento tecnologico, efficienza, economicità e capacità di risparmio energetico dei sistemi informativi funzionali alle attività di intercettazione eseguite da ciascun ufficio del pubblico ministero;

    il comma 4 del richiamato articolo specifica che i requisiti tecnici delle infrastrutture debbano garantire, l'autonomia delle funzioni del procuratore della Repubblica di direzione, organizzazione e sorveglianza sulle attività di intercettazione e sui relativi dati, nonché sugli accessi e sulle operazioni compiute sui dati stessi;

    tuttavia, sebbene permangano l'autonomia e la sorveglianza in capo al procuratore della Repubblica, difficilmente può essere esercitato da questi un controllo diretto, proprio in virtù della circostanza che la conservazione dei dati avverrà presso strutture centralizzate e, pertanto, fisicamente distanti dalle sedi delle singole Procure incaricate;

    appare opportuno, pertanto, individuare presso il ministero, con il medesimo decreto, un soggetto responsabile per la conservazione dei dati presso l'archivio,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche legislative, al fine di demandare al Ministero della Giustizia l'onere di incaricare un soggetto precipuamente responsabile per la conservazione dei dati presso l'archivio, al pari di quanto accade per la conservazione e trattamento dei dati sensibili.
9/1373-A/8. Auriemma, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce specifiche disposizioni in materia di amministrazione penitenziaria;

    in particolare, l'articolo 5 reca una disciplina transitoria relativa agli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna (EPE) e degli istituti penali minorili (IPM);

    come esplicitato nel medesimo preambolo, l'intervento normativo si rende necessario anche per rispondere alla straordinaria necessità ed urgenza di garantire l'efficienza e il buon andamento della Pubblica Amministrazione;

    manca nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore del rafforzamento del personale della polizia penitenziaria. Pertanto, occorrono specifiche ed ulteriori previsioni in tal senso;

    la situazione del personale di Polizia penitenziaria presenta carenze a cui occorre fare fronte, considerando, altresì le gravi ripercussioni da ciò derivanti, sia in termini di condizioni di impiego dei lavoratori, che di sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;

    secondo i dati riportati nelle schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2023, manca il 15 per cento delle unità previste in pianta organica. In totale il personale effettivamente presente è pari a 31.546;

    il rapporto detenuti agenti attuale è pari ad 1,8, a fronte di una previsione di 1,5. Tra le regioni italiane questo rapporto varia fra VI, 2 e il 2 e suggerisce una distribuzione disomogenea del personale. Il rapporto detenuti per agente più elevato si riscontra a Rossano, dove è pari a 3, il minore invece a Lauro, con 0,3 detenuti per agente;

    il XIX Rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione conferma quanto riportato dai dati ministeriali. Dei 97 istituti visitati, 44 presentano un rapporto tra detenuti e agenti più elevato rispetto alla media di 1,8;

    la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, alla lettera g) contempla, tra i tanti, anche il coinvolgimento degli uffici per l'esecuzione penale esterna, al fine di consentire l'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel giudizio di cognizione;

    occorre incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, al fine di incidere positivamente sui livelli di sicurezza, operatività e di efficienza degli istituti penitenziari e di incrementare le attività di controllo dell'esecuzione penale esterna,

impegna il Governo:

   in occasione dell'adozione di successivi provvedimenti, a prevedere il potenziamento dell'organico del Corpo di Polizia Penitenziaria, anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, in deroga alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, al fine di rendere maggiormente efficienti gli

   istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri.
9/1373-A/9. Penza, Alfonso Colucci, Auriemma, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    l'articolo 2 istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni, allo scopo di assicurare più elevati e uniformi livelli di sicurezza, aggiornamento tecnologico, efficienza, economicità e capacità di risparmio energetico dei sistemi informativi funzionali alle attività di intercettazione eseguite da ciascun ufficio del pubblico ministero;

    il comma 4 del richiamato articolo specifica che i requisiti tecnici delle infrastrutture debbano garantire, l'autonomia delle funzioni del procuratore della Repubblica di direzione, organizzazione e sorveglianza sulle attività di intercettazione e sui relativi dati, nonché sugli accessi e sulle operazioni compiute sui dati stessi;

    in ragione di un coinvolgimento sempre maggiore della polizia giudiziaria nell'ambito di attività strettamente tecnologiche, quali ad esempio la captazione informatica di dati attraverso il cosiddetto Trojan, appare indispensabile un impegno delle istituzioni per una formazione costante e per l'aumento delle risorse umane e strumentali dirette alla gestione del progresso tecnologico;

    come emerso nel corso dell'indagine conoscitiva relativa al provvedimento in esame al Senato in materia di intercettazioni A.S. 808 per rafforzare la garanzia dei diritti fondamentali nell'applicazione delle norme in materia di intercettazioni, oltre al rinnovamento della formazione dei magistrati, è opportuno procedere ad una integrale copertura degli organici del Ministero della giustizia, così da agire anche sotto il profilo del settore tecnologico, sempre in un'ottica di tutela dei diritti derivanti dalle prescrizioni costituzionali e internazionali;

    allo stesso modo occorre assicurare una formazione specifica al personale della polizia giudiziaria sul versante del know-how tecnologico ed in generale a tutto il personale coinvolto nell'amministrazione della giustizia;

    la formazione è tanto più necessaria laddove si consideri che, della selezione delle conversazioni rilevanti ai fini dell'indagine si fa carico proprio la polizia giudiziaria;

    è altresì inderogabile l'assunzione di personale tecnico informatico qualificato da inserire all'interno degli Uffici Giudiziari (es. Amministratori di Sistema), che sia in grado di interloquire con i vari fornitori di servizi, monitorare le attività svolte e cooperare in caso di incidenti;

    come è emerso dalle audizioni e dai sopralluoghi, devono comunque essere previsti investimenti per adeguare le attuali sale server al fine di garantire la continuità dei servizi, sia attraverso l'introduzione di sistemi di backup dati, sia attraverso l'ampliamento della memoria dei server medesimi;

    l'adeguamento infrastrutturale è indispensabile perché non può essere consentita una «tirannia» informatica sulle norme giuridiche poste a tutela dei diritti fondamentali e del contrasto alla criminalità;

    è necessario superare definitivamente quello che il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha definito come «subalternità cognitiva» della macchina giudiziaria, ma anche degli apparati di polizia nell'impiego a fini di giustizia delle tecnologie digitali;

    in questo quadro, occorre intervenire al fine di impedire che le tecnologie nelle indagini siano totalmente nella disponibilità e gestione di soggetti privati, e quindi impiegabili solo con il supporto tecnico di questi ultimi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire, con il primo provvedimento utile, per garantire maggiori risorse da destinare alla formazione specifica del personale dell'amministrazione della giustizia e delle forze di polizia giudiziaria deputati allo svolgimento di attività tecnologiche di captazione di informazioni, così da assicurare in concreto il rispetto dei diritti fondamentali, superando quella subalternità tecnologica che vede interessati i suddetti organi.
9/1373-A/10. Iaria, Alfonso Colucci, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce specifiche disposizioni in materia di amministrazione della giustizia;

    in particolare, l'articolo 4 modifica la disciplina riguardante i corsi di formazione per partecipare ai concorsi per l'attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi per magistrati;

    come esplicitato nel medesimo preambolo, l'intervento normativo si rende necessario anche per rispondere alla straordinaria necessità ed urgenza di garantire l'efficienza e il buon andamento della Pubblica Amministrazione;

    tuttavia, manca nell'atto in esame qualsivoglia previsione volta ad attribuire maggiori ed ulteriori risorse all'amministrazione giudiziaria, necessarie per assicurare l'efficienza della macchina della giustizia, a beneficio degli utenti finali, i cittadini;

    occorrono, quindi, specifiche ed ulteriori previsioni a favore del rafforzamento del personale amministrativo, imprescindibile anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione del contenzioso pendente previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, alla luce della rilevante scopertura di organico;

    il Presidente della regione Veneto in data 30 giugno 2023 ha sottoscritto insieme al Ministro della giustizia una Convenzione volta a condividere le graduatorie dei concorsi regionali, così da cedere al Ministero della giustizia una lista già formata di candidati a ruoli amministrativi, dalla quale, da subito, quest'ultimo potrà attingere per incrementare il personale dipendente presso i tribunali e rendere più efficiente l'intera macchina della giustizia;

    allo scopo di affrontare in modo efficace e concreto la problematica relativa alla carenza di personale nel settore pubblico, specie per le peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico circa la tempestiva e proficua attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, delle agende urbane e della programmazione strategica del ciclo 2021-2027, appare opportuno consentire anche alle pubbliche amministrazioni di altre regioni di attingere da graduatorie vigenti, delle categorie C e D, ai fini del potenziamento della capacità amministrativa e organizzativa degli uffici regionali e delle strutture periferiche;

    analogo percorso ed analoga convenzione potrebbe ben essere realizzata, invero, anche con la Regione Siciliana che dispone di graduatorie vigenti relative a profili spendibili presso gli uffici giudiziari presenti nel territorio siciliano i quali necessitano di un rafforzamento dell'organico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere un percorso tra Ministero della giustizia e Regione siciliana volto alla stipula di una convenzione per la condivisione delle graduatorie vigenti, delle categorie C e D, al fine di consentire il potenziamento dell'organico degli uffici giudiziari e la valorizzazione delle professionalità presenti sul territorio siciliano.
9/1373-A/11. Aiello, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame contiene diffuse disposizioni riguardanti gli enti locali, il personale della pubblica amministrazione, il trattenimento in servizio di dirigenti pubblici, nonché disposizioni in materie di contrasto agli incendi boschivi;

    in ordine alle attività di contrasto, controllo, prevenzione nonché monitoraggio del territorio in termini ambientali, preme ai firmatari segnalare la condizione in cui versano i Campi Flegrei;

    i Campi Flegrei sono una vasta area vulcanica attiva con una struttura detta «caldera», cioè un'area ribassata di forma quasi circolare che si è formata per effetto di grandi eruzioni esplosive. La caldera dei Campi Flegrei si estende da Monte di Procida a Posillipo e comprende anche una parte sottomarina nel Golfo di Pozzuoli. All'interno della caldera, negli ultimi 15.000 anni si sono avute oltre 70 eruzioni che hanno formato edifici vulcanici, crateri e laghi vulcanici ancora ben visibili come Astroni, la Solfatara e il lago di Averno. L'ultima eruzione, avvenuta nel 1538, è stata preceduta da un sollevamento del suolo che in due anni ha raggiunto 19 metri e ha dato origine al vulcano Monte Nuovo. Da allora la caldera è quiescente, cioè «dormiente» ma mostra segnali di attività quali sismicità, fumarole e deformazioni del suolo;

    i Campi Flegrei presentano un rischio vulcanico molto elevato per la presenza di numerosi centri abitati nell'area e per la loro immediata vicinanza alla città di Napoli. A differenza di quanto avviene nei vulcani con apparato centrale, l'area di possibile apertura di bocche eruttive è molto ampia; ciò ha reso difficile predisporre il Piano Nazionale di Emergenza per il Rischio Vulcanico. La pianificazione è partita nel 2001 ed è stata costantemente rivista e aggiornata nel corso degli anni, ridefinendo gli scenari di riferimento, la perimetrazione delle zone di rischio e i piani di allontanamento;

    attualmente il livello di allerta per i Campi Flegrei è giallo e la fase operativa adottata è di «attenzione»;

    la «zona rossa» (ridefinita nell'allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016: «Disposizioni per l'aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei») è l'area per cui l'evacuazione preventiva è individuata quale unica misura di salvaguardia della popolazione. Essa comprende: i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero; parte dei comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli e alcune municipalità del comune di Napoli (quartieri di: Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Chiaia, una parte di Arenella, Vomero, Chiaiano e San Ferdinando). Nell'area vivono oltre 500 mila abitanti;

    la caldera è inoltre caratterizzata dal fenomeno del bradisismo, cioè un ciclico e lento sollevamento e abbassamento del suolo. Le maggiori crisi bradisismiche più recenti si sono avute nei periodi 1969-1972 e 1982-1984 e hanno fatto registrare un sollevamento del suolo complessivo di oltre tre metri e migliaia di terremoti. Durante queste crisi i residenti del centro storico di Pozzuoli sono stati evacuati e ricollocati in quartieri periferici e/o fuori città;

    sebbene il meccanismo del bradisismo non sia stato ancora completamente compreso, è opinione consolidata che le cause del fenomeno risiedano nell'interazione tra il sistema vulcanico e quello idrotermale. La forte risalita di gas e una maggiore pressurizzazione del sistema idrotermale profondo e/o l'iniezione di lingue magmatiche in «sacche» a circa 4 chilometri di profondità determinano il sollevamento dell'area secondo una geometria a «cupola» centrata sulla città di Pozzuoli. La «pressione» prodotta nel sottosuolo produce anche la rottura delle rocce e quindi i terremoti; all'aumentare della «pressione» aumentano sia il sollevamento che i terremoti;

    è bene precisare che una crisi bradisismica non segnala necessariamente l'approssimarsi di un'eruzione. Tuttavia è in grado, anche da sola, di causare danni agli edifici e disagi alla popolazione;

    dopo la crisi del 1982-1984 il suolo ha ripreso ad abbassarsi fino a novembre 2005, quando è cominciata una nuova fase ascendente che ha prodotto, nel centro di Pozzuoli (area di massima deformazione), un innalzamento del suolo di circa 113 centimetri ad agosto 2023, di cui 80 centimetri a partire da gennaio 2016. La velocità di sollevamento è stata nel complesso mediamente bassa, con delle punte di accelerazione come quella del 2012 che determinò il passaggio al livello di allerta giallo e alla fase operativa di attenzione, nella quale tuttora si permane;

    dallo scorso novembre (2022) si sta registrando un nuovo aumento della velocità di sollevamento (circa 1,5 cm/mese) con conseguente incremento dell'attività sismica sia in termini frequenza degli accadimenti sia in termini di intensità;

    nel corso degli ultimi 12 mesi i terremoti sono stati 5.477, di cui 1.118 nell'ultimo mese di agosto, il numero più elevato di eventi/mese registrato a partire dalla ripresa di questa fase bradisismica iniziata nel 2005;

    l'attività sismica sta fortemente caratterizzando anche il mese di settembre 2023. Giovedì 7 è stato registrato un sisma con magnitudo 3.8, la più elevata dal 1985 ad oggi;

    è necessario evidenziare che sebbene la magnitudo dei terremoti non sia particolarmente elevata, gli ipocentri, concentrati quasi interamente all'interno del comune di Pozzuoli, sono molto superficiali (entro i 4 chilometri), pertanto le scosse sono spesso percepite in modo violento dai cittadini. Ecco perché quando ci si riferisce ai Campi Flegrei si parla di forti scosse anche per magnitudo contenute comprese tra 2 e 3. Se poi la magnitudo supera la 3.0 e raggiunge la 4.0 possono esserci danni agli edifici non armati e causare persino dei crolli;

    a ciò occorre aggiungere che la dilatazione del suolo, legata al sollevamento, sottopone gli edifici e le infrastrutture a stress aggiuntivi che possono impattare sulla loro staticità, soprattutto nell'area di massima deformazione che, come già detto, è situata nel centro storico della città di Pozzuoli (+113 centimetri rispetto a novembre 2006);

    l'intensificarsi del fenomeno, per tutto quanto suesposto, sta fortemente preoccupando la cittadinanza, che sempre più spesso si riversa nelle strade in seguito agli eventi tellurici. Le richieste di intervento, di messa in sicurezza dell'edificato e di semplice informazione si stanno moltiplicando a dismisura ed i comuni sono in forte difficoltà a farvi fronte h24 con il personale a disposizione;

    in particolare, Polizia Municipale, Protezione Civile Comunale, Lavori Pubblici sono in prima linea nelle operazioni di informazione, monitoraggio e controllo e ancor di più lo sarebbero qualora il livello di allerta per rischio vulcanico venisse innalzato ai livelli superiori. In caso di allerta arancione o addirittura rosso, infatti, tale personale si troverebbe ad assistere la popolazione nelle operazioni di evacuazione spontanea e forzata;

    pertanto, al fine di supportare i comuni interessati nelle attività di gestione e controllo della «crisi» bradisismica in atto e di un eventuale aggravamento della stessa,

impegna il Governo

a consentire l'ampliamento della pianta organica, anche in deroga ai vincoli assunzionali e di spesa vigenti, dei Comuni della «Zona Rossa Dei Campi Flegrei», favorendo le nuove assunzioni anche con l'istituzione di un Fondo all'uopo dedicato.
9/1373-A/12. Caso, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Fornaro, Cangiano, Borrelli, Patriarca, Amato, Zinzi, Cerreto, Bicchielli, D'Alessio, Dalla Chiesa, Rubano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame contiene diffuse disposizioni riguardanti gli enti locali, il personale della pubblica amministrazione, il trattenimento in servizio di dirigenti pubblici, nonché disposizioni in materie di contrasto agli incendi boschivi;

    in ordine alle attività di contrasto, controllo, prevenzione nonché monitoraggio del territorio in termini ambientali, preme ai firmatari segnalare la condizione in cui versano i Campi Flegrei;

    i Campi Flegrei sono una vasta area vulcanica attiva con una struttura detta «caldera», cioè un'area ribassata di forma quasi circolare che si è formata per effetto di grandi eruzioni esplosive. La caldera dei Campi Flegrei si estende da Monte di Procida a Posillipo e comprende anche una parte sottomarina nel Golfo di Pozzuoli. All'interno della caldera, negli ultimi 15.000 anni si sono avute oltre 70 eruzioni che hanno formato edifici vulcanici, crateri e laghi vulcanici ancora ben visibili come Astroni, la Solfatara e il lago di Averno. L'ultima eruzione, avvenuta nel 1538, è stata preceduta da un sollevamento del suolo che in due anni ha raggiunto 19 metri e ha dato origine al vulcano Monte Nuovo. Da allora la caldera è quiescente, cioè «dormiente» ma mostra segnali di attività quali sismicità, fumarole e deformazioni del suolo;

    i Campi Flegrei presentano un rischio vulcanico molto elevato per la presenza di numerosi centri abitati nell'area e per la loro immediata vicinanza alla città di Napoli. A differenza di quanto avviene nei vulcani con apparato centrale, l'area di possibile apertura di bocche eruttive è molto ampia; ciò ha reso difficile predisporre il Piano Nazionale di Emergenza per il Rischio Vulcanico. La pianificazione è partita nel 2001 ed è stata costantemente rivista e aggiornata nel corso degli anni, ridefinendo gli scenari di riferimento, la perimetrazione delle zone di rischio e i piani di allontanamento;

    attualmente il livello di allerta per i Campi Flegrei è giallo e la fase operativa adottata è di «attenzione»;

    la «zona rossa» (ridefinita nell'allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016: «Disposizioni per l'aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei») è l'area per cui l'evacuazione preventiva è individuata quale unica misura di salvaguardia della popolazione. Essa comprende: i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero; parte dei comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli e alcune municipalità del comune di Napoli (quartieri di: Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Chiaia, una parte di Arenella, Vomero, Chiaiano e San Ferdinando). Nell'area vivono oltre 500 mila abitanti;

    la caldera è inoltre caratterizzata dal fenomeno del bradisismo, cioè un ciclico e lento sollevamento e abbassamento del suolo. Le maggiori crisi bradisismiche più recenti si sono avute nei periodi 1969-1972 e 1982-1984 e hanno fatto registrare un sollevamento del suolo complessivo di oltre tre metri e migliaia di terremoti. Durante queste crisi i residenti del centro storico di Pozzuoli sono stati evacuati e ricollocati in quartieri periferici e/o fuori città;

    sebbene il meccanismo del bradisismo non sia stato ancora completamente compreso, è opinione consolidata che le cause del fenomeno risiedano nell'interazione tra il sistema vulcanico e quello idrotermale. La forte risalita di gas e una maggiore pressurizzazione del sistema idrotermale profondo e/o l'iniezione di lingue magmatiche in «sacche» a circa 4 chilometri di profondità determinano il sollevamento dell'area secondo una geometria a «cupola» centrata sulla città di Pozzuoli. La «pressione» prodotta nel sottosuolo produce anche la rottura delle rocce e quindi i terremoti; all'aumentare della «pressione» aumentano sia il sollevamento che i terremoti;

    è bene precisare che una crisi bradisismica non segnala necessariamente l'approssimarsi di un'eruzione. Tuttavia è in grado, anche da sola, di causare danni agli edifici e disagi alla popolazione;

    dopo la crisi del 1982-1984 il suolo ha ripreso ad abbassarsi fino a novembre 2005, quando è cominciata una nuova fase ascendente che ha prodotto, nel centro di Pozzuoli (area di massima deformazione), un innalzamento del suolo di circa 113 centimetri ad agosto 2023, di cui 80 centimetri a partire da gennaio 2016. La velocità di sollevamento è stata nel complesso mediamente bassa, con delle punte di accelerazione come quella del 2012 che determinò il passaggio al livello di allerta giallo e alla fase operativa di attenzione, nella quale tuttora si permane;

    dallo scorso novembre (2022) si sta registrando un nuovo aumento della velocità di sollevamento (circa 1,5 cm/mese) con conseguente incremento dell'attività sismica sia in termini frequenza degli accadimenti sia in termini di intensità;

    nel corso degli ultimi 12 mesi i terremoti sono stati 5.477, di cui 1.118 nell'ultimo mese di agosto, il numero più elevato di eventi/mese registrato a partire dalla ripresa di questa fase bradisismica iniziata nel 2005;

    l'attività sismica sta fortemente caratterizzando anche il mese di settembre 2023. Giovedì 7 è stato registrato un sisma con magnitudo 3.8, la più elevata dal 1985 ad oggi;

    è necessario evidenziare che sebbene la magnitudo dei terremoti non sia particolarmente elevata, gli ipocentri, concentrati quasi interamente all'interno del comune di Pozzuoli, sono molto superficiali (entro i 4 chilometri), pertanto le scosse sono spesso percepite in modo violento dai cittadini. Ecco perché quando ci si riferisce ai Campi Flegrei si parla di forti scosse anche per magnitudo contenute comprese tra 2 e 3. Se poi la magnitudo supera la 3.0 e raggiunge la 4.0 possono esserci danni agli edifici non armati e causare persino dei crolli;

    a ciò occorre aggiungere che la dilatazione del suolo, legata al sollevamento, sottopone gli edifici e le infrastrutture a stress aggiuntivi che possono impattare sulla loro staticità, soprattutto nell'area di massima deformazione che, come già detto, è situata nel centro storico della città di Pozzuoli (+113 centimetri rispetto a novembre 2006);

    l'intensificarsi del fenomeno, per tutto quanto suesposto, sta fortemente preoccupando la cittadinanza, che sempre più spesso si riversa nelle strade in seguito agli eventi tellurici. Le richieste di intervento, di messa in sicurezza dell'edificato e di semplice informazione si stanno moltiplicando a dismisura ed i comuni sono in forte difficoltà a farvi fronte h24 con il personale a disposizione;

    in particolare, Polizia Municipale, Protezione Civile Comunale, Lavori Pubblici sono in prima linea nelle operazioni di informazione, monitoraggio e controllo e ancor di più lo sarebbero qualora il livello di allerta per rischio vulcanico venisse innalzato ai livelli superiori. In caso di allerta arancione o addirittura rosso, infatti, tale personale si troverebbe ad assistere la popolazione nelle operazioni di evacuazione spontanea e forzata;

    pertanto, al fine di supportare i comuni interessati nelle attività di gestione e controllo della «crisi» bradisismica in atto e di un eventuale aggravamento della stessa,

impegna il Governo

a valutare eventuali misure idonee a supportare i Comuni della «Zona Rossa Dei Campi Flegrei» nelle attività di gestione e controllo della crisi bradisismica, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1373-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta)Caso, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Fornaro, Cangiano, Borrelli, Patriarca, Amato, Zinzi, Cerreto, Bicchielli, D'Alessio, Dalla Chiesa, Rubano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame, all'articolo 10, commi 1, 2 e 3 modifica il decreto legislativo n. 300 del 1999 operando in due direzioni: da un lato, riordinano e aggiornano le aree funzionali del Ministero della cultura, senza mutarne le attribuzioni; dall'altro lato, modificano il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4). Il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti;

    in particolare, per quanto attiene al passaggio dal modello organizzativo incentrato sulle direzioni generali, coordinate dal segretario generale, a quello articolato in dipartimenti, la disposizione, modificando l'articolo 54 del decreto legislativo n. 300 del 1999, prevede che questi debbano riferirsi alle aree funzionali di cui all'articolo 53 (contestualmente novellato) e non possano essere più di 4; si prevede, inoltre, che il numero delle posizioni di livello dirigenziale generale non possa essere superiore a 32, ivi inclusi i capi dei dipartimenti;

    gli incarichi dirigenziali generali e non generali in corso cessano con la conclusione delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001;

    con questo tipo di organizzazione si rischia che non sia rispettato il criterio della separazione tra indirizzo politico e indirizzo amministrativo, in quanto di fatto si sottrae autonomia e indipendenza ad organismi tecnici per mettere la gestione di tutta la struttura sotto il controllo politico del Ministro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa allo scopo di adottare, in occasione di provvedimenti successivi, iniziative normative volte a rivedere la disposizione relativa alla modifica del modello organizzativo del MIC al fine di abrogare la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi di indebolimento dell'attività del MIC con un'amministrazione meno libera e più sottomessa alla politica.
9/1373-A/13. Orrico, Amato, Caso, Cherchi, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame, all'articolo 10, commi 1, 2 e 3 modifica il decreto legislativo n. 300 del 1999 operando in due direzioni: da un lato, riordinano e aggiornano le aree funzionali del Ministero della cultura, senza mutarne le attribuzioni; dall'altro lato, modificano il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4). Il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti;

    in particolare, per quanto attiene, al passaggio dal modello organizzativo incentrato sulle direzioni generali, coordinate dal segretario generale, a quello articolato in dipartimenti, la disposizione, modificando l'articolo 54 del decreto legislativo n. 300 del 1999, prevede che questi debbano riferirsi alle aree funzionali di cui all'articolo 53 (contestualmente novellato) e non possano essere più di 4; si prevede, inoltre, che il numero delle posizioni di livello dirigenziale generale non possa essere superiore a 32, ivi inclusi i capi dei dipartimenti;

    gli incarichi dirigenziali generali e non generali in corso cessano con la conclusione delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001;

    dunque decadono tutti gli attuali dirigenti generali per poi sostituirli – aumentando tra l'altro gli incarichi – con nuove figure apicali scelte personalmente dal ministro, con la conseguenza di portare al ministero molte più figure fiduciarie, oltre a quelle già previste per gli uffici di diretta collaborazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare, in occasione di provvedimenti successivi, iniziative normative volte a rivedere la disposizione relativa alla cessazione degli attuali incarichi dirigenziali e non dirigenziali, affinché la sostituzione avvenga dopo la decadenza naturale degli incarichi attuali.
9/1373-A/14. Amato, Orrico, Caso, Cherchi, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame, al comma 4 dell'articolo 10 modifica la legge n. 140 del 2022, recante «Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi», sopprimendone l'articolo 2, comma 3. Per effetto della modifica, viene meno la previsione che rinvia a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per stabilire i criteri di assegnazione e riparto annuale del contributo economico disposto dalla legge medesima;

    nel dettaglio, si abroga la disposizione che affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, la definizione dei criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo (4.510.000 euro per gli anni dal 2022 al 2028) attribuito al Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi;

    per effetto della modifica, dunque, non è più previsto che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a stabilire i criteri di assegnazione e riparto annuale del contributo, senza però chiarire e precisare come saranno stabiliti il riparto e l'assegnazione del contributo;

    il comma 4, del medesimo articolo 10 stabilisce che al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo,

impegna il Governo

a garantire che i contributi economici di cui in premessa siano comunque assegnati e ripartiti con criteri improntati sulla chiarezza e su principi di trasparenza.
9/1373-A/15. Cherchi, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF di diretta gestione statale;

    in particolare si prevede una nuova finalità di destinazione delle risorse di competenza statale, relativa ad interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche;

    inoltre, si prevede la possibilità di ripartire le risorse relative alla quota a diretta gestione statale, per le quali i contribuenti non hanno effettuato una scelta tra gli interventi di cui all'articolo 48, secondo finalità stabilite annualmente con deliberazione del Consiglio dei ministri o, in assenza, in proporzione alle scelte espresse;

   considerato che:

    secondo i dati diffusi dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'economia, su un totale di oltre 41 milioni di contribuenti nel 2019, poco più del 40 per cento ha fatto una scelta espressa per destinare l'8 per mille ripartito nel 2023;

    l'8 per mille di coloro che non hanno espresso una scelta viene comunque ripartito in base alle preferenze di chi invece la scelta l'ha espressa o, secondo le modifiche che si intende introdurre, sulla base delle finalità stabilità annualmente con deliberazione del Consiglio dei Ministri; oltre all'8 per mille, la legislazione italiana prevede altre forme di contribuzione volontaria, specificamente il 5 per mille e il 2 per mille;

    solo il 3,5 per cento dei contribuenti nel 2022 ha effettuato la scelta per il 2 per mille,

impegna il Governo

a potenziare la campagna informativa e di sensibilizzazione dei contribuenti ai fini dell'esercizio della scelta di destinazione delle risorse.
9/1373-A/16. Alifano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF di diretta gestione statale;

    in particolare si prevede una nuova finalità di destinazione delle risorse di competenza statale, relativa ad interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche;

    inoltre, si prevede la possibilità di ripartire le risorse relative alla quota a diretta gestione statale, per le quali i contribuenti non hanno effettuato una scelta tra gli interventi di cui all'articolo 48, secondo finalità stabilite annualmente con deliberazione del Consiglio dei ministri o, in assenza, in proporzione alle scelte espresse;

   considerato che:

    secondo i dati diffusi dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia, su un totale di oltre 41 milioni di contribuenti nel 2019, poco più del 40 per cento ha fatto una scelta espressa per destinare l'8 per mille ripartito nel 2023;

    l'8 per mille di coloro che non hanno espresso una scelta viene comunque ripartito in base alle preferenze di chi invece la scelta l'ha espressa o, secondo le modifiche che si intende introdurre, sulla base delle finalità stabilità annualmente con deliberazione del Consiglio dei Ministri; oltre all'8 per mille, la legislazione italiana prevede altre forme di contribuzione volontaria, specificamente il 5 per mille e il 2 per mille;

    solo il 3,5 per cento dei contribuenti nel 2022 ha effettuato la scelta per il 2 per mille;

   ritenuto che:

    l'erogazione dei contributi avviene a distanza di mesi e anni dalla scelta operata dal contribuente, in conseguenza degli oneri burocratici connessi alla gestione delle assegnazioni,

impegna il Governo

a introdurre misure finalizzate ad accelerare le procedure di attribuzione ed erogazione delle risorse, anche favorendo lo scambio di informazioni tra le amministrazioni e riducendo gli oneri a carico dei beneficiari, a partire dalle risorse destinate a enti e associazioni con finalità sociali o di ricerca al fine di consentire una migliore programmazione delle attività anche sulla base delle risorse spettanti.
9/1373-A/17. Fenu, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF di diretta gestione statale;

   considerato che:

    oltre all'8 per mille, la legislazione italiana prevede altre forme di contribuzione volontaria, specificamente il 5 per mille e il 2 per mille;

   ritenuto che:

    l'erogazione dei contributi avviene spesso con ritardo in conseguenza degli oneri burocratici connessi alla gestione delle assegnazioni;

    la procedura di erogazione prevede la partecipazione dell'Agenzia delle entrate, che svolge l'istruttoria, e le diverse amministrazioni erogatrici, competenti in base alla finalità;

    non di rado il mancato pagamento consegue alla mancata comunicazione delle informazioni necessarie da parte dei beneficiari, come ad esempio l'omesso aggiornamento dell'IBAN;

    in tali casi – si legge nelle Faq pubblicate dal Ministero – l'Agenzia delle Entrate invia una lettera con la quale chiede agli enti le nuove coordinate IBAN e, quando «avrà raccolto un adeguato numero di rettifiche», le trasmetterà al Ministero che procederà ai pagamenti;

    tutto ciò comporta l'inevitabile trascorrere di mesi ai fini dell'erogazione delle risorse,

impegna il Governo

a introdurre misure finalizzate a rafforzare lo scambio di informazioni tra le amministrazioni e i beneficiari, anche valutando l'attribuzione di tutte le fasi del processo di assegnazione ed erogazione direttamente all'Agenzia delle entrate, fermo restando l'obbligo di condivisione e trasmissione della documentazione alle diverse amministrazioni per i controlli di competenza.
9/1373-A/18. Lovecchio, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF di diretta gestione statale;

   considerato che:

    oltre all'8 per mille, la legislazione italiana prevede altre forme di contribuzione volontaria, specificamente il 5 per mille e il 2 per mille;

    i beneficiari di contributi non inferiori a 20.000 euro hanno l'obbligo di redigere un apposito rendiconto accompagnato da una relazione illustrativa entro un anno dalla ricezione delle somme, e di trasmetterlo all'Amministrazione erogatrice di esse entro i successivi trenta giorni;

    entro i trenta giorni successivi alla scadenza dei termini di trasmissione, gli stessi enti beneficiari hanno l'obbligo di pubblicare sul proprio sito gli importi percepiti ed il rendiconto di cui sopra, dandone comunicazione all'Amministrazione erogatrice nei successivi sette giorni;

    se l'ente beneficiario non effettua la pubblicazione, l'Amministrazione erogatrice deve diffidare il beneficiario ad effettuarla entro 30 giorni dalla ricezione della diffida ed in caso di inerzia provvede all'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 25 per cento del contributo percepito;

    in merito alla spettanza del contributo, invece, l'Amministrazione può procedere al recupero del contributo nel caso di dichiarazioni mendaci, impiego per finalità diverse da quelle istituzionali, omessa rendicontazione, cessazione dell'attività,

impegna il Governo

a introdurre misure finalizzate a rafforzare il controllo e la vigilanza sul corretto impiego delle risorse nonché sulla spettanza dei contributi, destinando le maggiori risorse provenienti dalle attività di recupero e dalle sanzioni irrogate a favore degli enti virtuosi.
9/1373-A/19. Raffa, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

   il provvedimento in titolo contiene disposizioni urgenti che riguardano il processo penale, il processo civile, la normativa sulla formazione della magistratura ordinaria, i dirigenti dell'esecuzione penale esterna e degli istituti di pena minorili, unitamente a norme riguardanti il contrasto al fenomeno degli incendi boschivi, il recupero delle persone tossicodipendenti, in materia di isolamento, autosorveglianza e monitoraggio della situazione epidemiologica, di cultura e di Pubblica amministrazione;

    il provvedimento in esame introduce altresì specifiche disposizioni in materia di amministrazione penitenziaria;

    nel Capo II sono inserite disposizioni in materia di processo civile davanti al tribunale per i minorenni allo scopo di salvaguardare il superiore interesse del minore, ribadito dalla risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2022 sulla tutela dei diritti dei minori nei procedimenti di diritto civile, amministrativo e di famiglia;

    in particolare, l'articolo 5 reca una disciplina transitoria relativa agli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna (EPE) e degli istituti penali minorili (IPM);

    il principio della salvaguardia del superiore interesse del minore è stato ribadito dalla risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2022 sulla tutela dei diritti dei minori nei procedimenti di diritto civile, amministrativo e di famiglia, nella quale si ribadisce la necessità «di garantire che l'audizione del minore sia condotta da un giudice o da un esperto qualificato», «fornendo nel contempo tutte le garanzie tese ad assicurare il rispetto dell'integrità emotiva e dell'interesse superiore del minore»;

    in particolare, si sottolinea nella risoluzione, «nell'ambito di procedimenti di diritto familiare in cui vi è un sospetto di violenza domestica, familiare o “assistita”, l'audizione del minore dovrebbe essere sempre condotta in presenza di professionisti qualificati, medici o psicologi, compresi professionisti specializzati in neuropsichiatria infantile, per non aggravare il suo trauma o causargli ulteriori danni»;

    manca nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore del rafforzamento del personale educatore all'interno degli istituti penitenziari. Si consideri, al riguardo, che la grave situazione di carenza di personale non riguarda esclusivamente la polizia penitenziaria, ma anche i funzionari giuridico pedagogici, che sono un numero considerevolmente inferiore rispetto a quello previsto;

    tra il personale impegnato all'interno degli istituti penitenziari vi è anche quella degli operatori del teatro sociale, una categoria di lavoratori professionisti, attualmente non riconosciuta dall'ordinamento ma che svolgono, attraverso il teatro, un'attività fondamentale ai fini del reinserimento in società del detenuto. Il loro contributo consente infatti di dare piena attuazione al principio costituzionale della funzione rieducativa della pena, di cui all'articolo 27 della nostra Costituzione,

impegna il Governo

ad intraprendere tutte le necessarie iniziative, anche normative, finalizzate al riconoscimento da parte dell'ordinamento della figura dell'operatore del teatro sociale, al fine di valorizzare le attività svolte da tali lavoratori professionisti in termini di progettazione di attività finalizzate al reinserimento in società del detenuto e contrastare il rischio dell'esclusione sociale.
9/1373-A/20. Bruno, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Piccolotti, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    al contempo, tuttavia, e incomprensibilmente, il provvedimento reca disposizioni che indeboliscono ulteriormente il contrasto alle condotte criminose connesse a non pochi dei reati contro la pubblica amministrazione – reati cosiddetti «spia» e strettamente connessi alle modalità di infiltrazione della criminalità organizzata – che si sommano alle misure già adottate con il decreto-legge cosiddetto «rave» – che ha restituito i benefici penitenziari ai condannati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione – e a quelle, proposte in altra sede parlamentare, che abrogano il reato di abuso d'ufficio e alleggeriscono la fattispecie di traffico di influenze illecite;

    nel nostro Paese il 90 per cento delle truffe è da ricondurre a fenomeni di corruttela connessi ad appalti e responsabilità erariali e amministrative nella pubblica amministrazione; nel suo complesso, la corruzione corrisponde ad un costo per il bilancio dello Stato stimato in circa 60 miliardi l'anno, con gravi ricadute economiche e sociali;

    l'efficacia della disciplina anticorruzione e l'integrità nell'esercizio del potere pubblico rafforzano i sistemi giuridici e la fiducia dei cittadini e delle imprese nelle autorità pubbliche, così come gli ostacoli all'applicazione di sanzioni dissuasive nei casi di corruzione, in particolare ad alto livello, possono generare un rischio di impunità, privando le iniziative anticorruzione di deterrenza: questo l'assunto delle istituzioni europee, anche in relazione alle Raccomandazioni sulla gestione delle ingenti risorse del PNRR,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, a valutare, anche in termini di impatto economico-finanziario e sociale, gli effetti applicativi delle vigenti disposizioni inerenti ai reati contro la pubblica amministrazione, come disposte dal provvedimento in titolo e dal decreto-legge cosiddetto rave.
9/1373-A/21. Pellegrini, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    esaminato il provvedimento in titolo, contenente disposizioni urgenti che riguardano il processo penale, il processo civile, la normativa sulla formazione della magistratura ordinaria, i dirigenti dell'esecuzione penale esterna e degli istituti di pena minorili, unitamente a norme riguardanti il contrasto al fenomeno degli incendi boschivi, il recupero dalle persone tossicodipendenti, in materia d'isolamento, autosorveglianza e monitoraggio della situazione epidemiologica, di cultura e di Pubblica amministrazione;

    evidenziato che l'articolo 6 detta disposizioni urgenti in materia di repressione degli incendi boschivi, apportando alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., idonee ad operare in sinergia con le misure recentemente adottate dalla Commissione europea per il rafforzamento delle capacità amministrative, delle conoscenze nonché degli investimenti nelle azioni di prevenzione degli incendi a livello di Unione europea;

    le previsioni sul rischio di incendi in Europa e nel resto del modo sono in continuo aumento a causa dei cambiamenti climatici: in particolare sono quotidiane le notizie dei numerosi incendi che negli ultimi giorni hanno devastato la Sicilia, da Catania a Palermo, passando per Messina, con perdita di vite umane e aree che necessiteranno molto più tempo per un loro completo ripristino;

    nonostante la situazione descritta, che si ripete ormai ad ogni stagione estiva, il contingente di vigili del fuoco della Regione Sicilia – ed in particolare del Comando di Catania – risulta sottodimensionato rispetto alla popolazione e alla superficie di territorio che si trova a coprire: come recentemente segnalato dalla Protezione Civile della Sicilia, nella Regione mancano all'appello circa 300 Vigili del Fuoco, di cui 80 solo a Catania; inoltre i mezzi a loro disposizione non sono sufficienti e la scarsa manutenzione della strumentazione e il lavoro senza giusto riposo li espone a rischi insostenibili,

impegna il Governo:

   alla luce della situazione sopradescritta e delle gravi carenze di organico, a valutare l'opportunità di incrementare e adeguare la pianta organica del comando dei vigili del fuoco della Regione Siciliana, soprattutto là dove ancora non siano stati istituiti presidi fissi e distaccamenti idonei, al fine di non sovraccaricare il lavoro del personale in forza ed efficientare il servizio antincendio e di soccorso tecnico nonché di promuovere investimenti volti a fornire a questo Corpo adeguati mezzi e strumentazione;

   a valutare altresì l'opportunità di intraprendere tutte le necessarie iniziative volte a contrastare gli interessi dei criminali incendiari e l'attività dei piromani al fine di portare avanti una strategia integrata di prevenzione e governo degli incendi, basata sul coordinamento territoriale a livello regionale e nazionale dei settori dedicati a previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio.
9/1373-A/22. Scerra, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 5, del provvedimento in esame, reca una disciplina transitoria, in vigore sino al 31 marzo 2033, per cui, in deroga alla disciplina generale, gli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna (EPE) e degli istituti penali minorili (IPM) possono essere conferiti ai dirigenti penitenziari del ruolo di istituto penitenziario, in possesso della anzianità di nove anni e sei mesi. Inoltre, si prevede, per la medesima durata, che ai dirigenti penitenziari dell'esecuzione penale esterna e di istituto penale minorile, non ancora in possesso dell'anzianità prevista, possa essere conferito l'incarico di direttore aggiunto;

    al riguardo, pur preso atto di quanto riferito dalla relazione tecnica in merito alla neutralità finanziaria della disposizione, appare opportuno acquisire ulteriori elementi di valutazione volti ad escludere che tale disposizione possa determinare un'alterazione dell'assetto organico del ruolo dei dirigenti d'istituto penitenziario tale da incidere sulla funzionalità delle strutture dell'amministrazione penitenziaria,

impegna il Governo

a garantire che dalle disposizioni richiamate non si determini un'alterazione dell'assetto organico del ruolo dei dirigenti d'istituto penitenziario tale da incidere sulla funzionalità delle strutture dell'amministrazione penitenziaria.
9/1373-A/23. Torto, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 5, del provvedimento in esame, reca una disciplina transitoria, in vigore sino al 31 marzo 2033, per cui, in deroga alla disciplina generale, gli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna (EPE) e degli istituti penali minorili (IPM) possono essere conferiti ai dirigenti penitenziari del ruolo di istituto penitenziario, in possesso della anzianità di nove anni e sei mesi. Inoltre, si prevede, per la medesima durata, che ai dirigenti penitenziari dell'esecuzione penale esterna e di istituto penale minorile, non ancora in possesso dell'anzianità prevista, possa essere conferito l'incarico di direttore aggiunto;

    la norma prevede, altresì, al comma 2, che ai dirigenti penitenziari assunti nei ruoli EPE e IPM non ancora in possesso dell'anzianità prevista per l'attribuzione di incarico superiore, possa essere conferito l'incarico di direttore aggiunto;

    al riguardo, pur considerato che, come confermato anche dalla relazione tecnica, il conferimento dell'incarico di direttore aggiunto nelle strutture individuate come sede di incarico superiore è già disciplinato nell'assetto previgente con riferimento ai ruoli dei dirigenti di istituto penitenziario, andrebbero acquisti chiarimenti in merito agli eventuali oneri retributivi e/o indennitari connessi all'esercizio di tale incarico che non sembrano essere stati oggetto di valutazione da parte della relazione tecnica,

impegna il Governo

a fornire tempestivamente ai competenti organi parlamentari ulteriori informazioni in merito agli eventuali oneri retributivi e/o indennitari connessi all'esercizio dell'incarico richiamato.
9/1373-A/24. Barzotti, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento interviene nell'ambito della disciplina speciale in materia di intercettazioni attualmente prevista in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse;

    segnatamente, l'articolo 1 intende estendere la suddetta normativa speciale anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, allo scopo di potenziare un importante mezzo di ricerca della prova, quale l'intercettazione, di cui dispone l'autorità giudiziaria in casi particolarmente gravi;

    al contempo, tuttavia, e incomprensibilmente, il provvedimento reca disposizioni che indeboliscono ulteriormente il contrasto alle condotte criminose connesse a non pochi dei reati contro la pubblica amministrazione reati cosiddetti «spia» e strettamente connessi alle modalità di infiltrazione della criminalità organizzata – che si sommano alle misure già adottate con il decreto-legge cosiddetto «rave» – che ha restituito i benefici penitenziari ai condannati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione – e a quelle, proposte in altra sede parlamentare, che abrogano il reato di abuso d'ufficio e alleggeriscono la fattispecie di traffico di influenze illecite;

    in particolare, si vieta l'utilizzo delle intercettazioni per i reati quali quelli contro la PA – «captati» nel corso delle indagini, reati ulteriori rispetto a quelli per quali si indaga; preme ai firmatari segnalare, in proposito, l'esclusione dei reati di cui agli articoli 316-bis e 316-ter del codice penale, riguardanti rispettivamente malversazione di erogazioni pubbliche e indebita percezione di erogazioni pubbliche;

    la citata esclusione appare vieppiù grave laddove si consideri anche la recente soppressione del controllo c.d. concomitante della Corte dei conti sul PNRR e il PNC, volto al controllo e alla prevenzione rispetto a utilizzo fraudolento di risorse pubbliche;

    nel nostro Paese il 90 per cento delle truffe è da ricondurre a fenomeni di corruttela connessi ad appalti e responsabilità erariali e amministrative nella pubblica amministrazione;

    nel suo complesso, la corruzione corrisponde ad un costo per il bilancio dello Stato stimato in circa 60 miliardi l'anno, con gravi ricadute economiche e sociali;

    l'efficacia della disciplina anticorruzione e l'integrità nell'esercizio del potere pubblico rafforzano i sistemi giuridici e la fiducia dei cittadini e delle imprese nelle autorità pubbliche, così come gli ostacoli all'applicazione di sanzioni dissuasive nei casi di corruzione, in particolare ad alto livello, possono generare un rischio di impunità, privando le iniziative anticorruzione di deterrenza: questo l'assunto delle istituzioni europee, anche in relazione alle Raccomandazioni sulla gestione delle ingenti risorse del PNRR,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, ad intervenire, con l'adozione di successivi provvedimenti, al fine di potenziare ulteriormente lo strumento delle intercettazioni, anche e soprattutto nei predetti casi di captazione nel corso delle indagini per altri reati, in particolare per i reati indicati in premessa che incidono gravemente, in termini di frode, sulla finanza pubblica.
9/1373-A/25. Dell'Olio, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

    l'articolo 2, del provvedimento in esame istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni. La disposizione traccia quindi un graduale percorso, segnato dall'emanazione di una serie di decreti ministeriali, al fine di consentire di localizzare presso le suddette infrastrutture digitali l'archivio digitale previsto dalle norme vigenti e, successivamente, di effettuare le stesse intercettazioni mediante tali infrastrutture;

    si evidenzia che la norma autorizza la spesa di 43 milioni di euro per l'anno 2023 e di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2024 e 2025, per la realizzazione delle infrastrutture informatiche digitali centralizzate funzionali alle attività di intercettazione eseguite da ciascun ufficio del pubblico ministero e di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023 per la gestione, la manutenzione evolutiva e l'assistenza informatica delle medesime infrastrutture;

    la relazione tecnica fornisce una valutazione di massima delle voci di spesa da sostenere per la realizzazione delle infrastrutture e, pertanto, autorizza una spesa per oneri costituiti da limiti massimi;

    si noti che, se da un lato il comma 8, prevedendo che le intercettazioni relative ai procedimenti penali iscritti successivamente alla data del 28 febbraio 2025 siano effettuate mediante le nuove infrastrutture digitali, dovrebbe comportare che queste ultime vengano sostanzialmente completate nell'anno 2024, dall'altro lato, il successivo comma 10 imputa invece più di un terzo della spesa all'anno 2025,

impegna il Governo

a chiarire la ripartizione temporale degli oneri citati, con particolare riguardo a quelli di carattere temporaneo pari complessivamente a 143 milioni di euro.
9/1373-A/26. Donno, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10, del provvedimento in esame, modificano il decreto legislativo n. 300 del 1999, operando in due direzioni: da un lato, riordinano e aggiornano le aree funzionali del Ministero della cultura, senza mutarne le attribuzioni; dall'altro lato, modificano il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4);

    il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti;

    in particolare, il comma 2, dell'articolo 10, ha riguardo ai tempi di attuazione della riorganizzazione e alla disciplina intertemporale;

    a riguardo, mentre la norma, prevedendo che i regolamenti di organizzazione del Ministero della cultura siano adottati entro il 31 dicembre 2023, pare non escludere un'entrata in vigore degli stessi anteriore al 1° gennaio 2024, la relazione illustrativa invece afferma che «l'entrata in vigore del regolamento è in ogni caso fissata a una data non anteriore al 1° gennaio 2024»,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere normativo affinché la disposizione normativa richiamata espliciti un'entrata in vigore dei regolamenti a decorrere dal 2024, al fine di consentire l'effettiva assunzione dei nuovi incarichi di vertice a partire da tale anno, anche in coerenza con il profilo temporale degli oneri e con la copertura finanziaria indicati.
9/1373-A/27. L'Abbate, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 1, dell'articolo 9, del provvedimento in esame, reca l'abolizione degli obblighi in materia di isolamento delle persone positive al SARS-COV-2 e di autosorveglianza dei contatti stretti di soggetti confermati positivi al medesimo virus;

    il comma 1 citato, nell'abolire, alla lettera a), gli istituti dell'isolamento e dell'autosorveglianza e gli obblighi connessi, alla lettera b) abroga in maniera esplicita la correlata disciplina sanzionatoria solo con riguardo all'autosorveglianza;

    invero, nella relazione illustrativa, nella parte concernente il comma in oggetto, il Governo afferma che la norma prevede l'abrogazione della disciplina sull'isolamento e sull'autosorveglianza e «delle correlate disposizioni sanzionatorie»;

    quanto alla successione nel tempo di disposizioni in materia penale e di illeciti amministrativi, si ricorda: nel settore penale, l'articolo 2 c.p. prevede, in estrema sintesi, la retroattività della legge posteriore più favorevole per il reo, sia pure con alcuni rilevanti limiti ed eccezioni; nell'ambito degli illeciti amministrativi, l'articolo 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo interpretazione giurisprudenziale, stabilisce un principio di irretroattività, anche con riferimento alla legge più mite eventualmente sopravvenuta,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, affinché, in tempi celeri, si forniscano elementi riguardo al profilo dell'eventuale portata retroattiva delle abrogazioni in premessa.
9/1373-A/28. Carotenuto, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, del provvedimento in esame, stabilisce che la disciplina speciale in materia di intercettazioni, attualmente contemplata per lo svolgimento delle indagini in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, che prevede condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse, si applichi anche ai delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso;

    in particolare, il comma 2, prevede che la disposizione si applichi anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto;

    in linea generale, in riferimento alla successione di leggi nel tempo, alla disciplina di carattere processuale si applica di norma il principio generale del tempus regit actum, in forza del quale le nuove disposizioni processuali possono essere applicate anche a fatti commessi in precedenza purché riguardino atti processuali non già conclusi ed esauriti negli effetti;

    a tal proposito, la disposizione in esame, prevedendo che tale nuova disciplina si applichi anche ai procedimenti in corso, non specifica in quale fase tali procedimenti debbano trovarsi affinché essa possa trovare applicazione, e cioè se essa, ad esempio, trovi applicazione solo per i procedimenti in cui non sia ancora stata chiesta l'autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni o per quelli nei quali non si sia ancora deciso sulla utilizzabilità del materiale probatorio acquisito,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, affinché, in tempi celeri, si chiarisca l'ambito di applicazione della normativa in questione.
9/1373-A/29. Tucci, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2, del provvedimento in esame, istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni. La disposizione traccia quindi un graduale percorso, segnato dall'emanazione di una serie di decreti ministeriali, al fine di consentire di localizzare presso le suddette infrastrutture digitali l'archivio digitale previsto dalle norme vigenti e, successivamente, di effettuare le stesse intercettazioni mediante tali infrastrutture;

    in particolare, ai sensi del comma 3, con un decreto del Ministro della giustizia, sono definiti i requisiti tecnici specifici per la gestione dei dati, che assicurano l'autenticità, l'integrità e la riservatezza dei dati medesimi anche in relazione al conferimento e ai sistemi di ripristino, ed è disciplinato il collegamento telematico tra le infrastrutture digitali interdistrettuali e i luoghi di ascolto presso le procure della Repubblica, garantendo il massimo livello di sicurezza e riservatezza;

    presso ogni Ufficio di Procura trovano allocazione delle sale ascolto – poste sotto il controllo diretto del Procuratore della Repubblica – presso le quali la polizia giudiziaria delegata alle operazioni ex articolo 267, comma 4, del codice di procedura penale può ascoltare le intercettazioni;

    la polizia giudiziaria può procedere all'ascolto anche presso i propri uffici a mezzo della cosiddetta «remotizzazione». Più precisamente, la remotizzazione consente l'ascolto presso gli uffici della P.G. di ciò che materialmente viene registrato e continua a risiedere negli impianti esistenti presso la procura: si tratta praticamente di una forma di streaming;

    per costante giurisprudenza «in tema di captazione di flussi comunicativi, la condizione necessaria per l'utilizzabilità delle intercettazioni è che l'attività di registrazione sia avvenuta nei locali della Procura della Repubblica mediante l'utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre l'ascolto può avvenire “in remoto” presso gli uffici della polizia giudiziaria, senza che, in questo caso, sia necessaria l'autorizzazione prevista dall'articolo 268, terzo comma, cod. proc. pen. [...] in quanto il mezzo di prova è costituito esclusivamente dalla registrazione delle conversazioni che viene effettuata presso gli uffici di Procura e non dall'ascolto delle stesse che viene eseguito contestualmente dalla P. G. in luogo diverso, ai fini della prosecuzione delle indagini» (da ultimo Cass. Sez. V, n. 1781 del 28.10.2021),

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, affinché, in tempi celeri, sia demandato all'adottando decreto ministeriale anche la disciplina del collegamento telematico con le infrastrutture digitali interdistrettuali nel caso di remotizzazione dell'ascolto.
9/1373-A/30. Carmina, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7, inserito nel Capo V recante disposizioni per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche, detta disposizioni relative alla destinazione della quota Irpef dell'otto per mille relativa alle scelte effettuate dai contribuenti a favore dello Stato senza l'indicazione della tipologia di intervento;

    in particolare il predetto articolo dispone che la predetta quota Irpef, attribuita alla diretta gestione statale e riferita a scelte non espresse dai contribuenti, oggetto di ripartizione nell'anno 2023, sia utilizzata prioritariamente per il finanziamento di interventi straordinari relativi al recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche, sulla base delle domande presentate dagli interessati entro il 31 ottobre 2023 e, per la parte eventualmente rimanente, in proporzione alle scelte espresse;

    si demanda quindi ad un decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 15 settembre 2023, la definizione dei parametri specifici di valutazione delle istanze, della tipologia di interventi «recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche» e le modalità di istituzione della Commissione valutativa e di monitoraggio che sarà composta da tre rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, uno dei quali con funzioni di Presidente, da cinque rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze e da cinque rappresentanti delle amministrazioni statali competenti per materia;

   considerato che:

    la formulazione del testo ed alcune terminologie impiegate, come ad esempio «prioritariamente» ovvero «soggetti interessati», rischiano di generare diverse incertezze attuative sulla procedura finalizzata ad individuare i soggetti beneficiari e le tipologie degli interventi;

    anche il riferimento alle «tossicodipendenze» non appare in armonia con l'evoluzione, purtroppo drammatica, dei disturbi da uso di sostanze e comportamentali, che includono diverse tipologie di addictions, assai spesso correlate tra loro;

    appare un grave vulnus che gli interventi non sia rivolti anche alla prevenzione delle addictions e siano esclusivamente concentrati sul solo recupero,

impegna il Governo:

   ad adottare ulteriori iniziative volte ad assicurare che gli interventi riguardino un più ampio genus di disturbi da uso di sostanze, così da rispecchiare la drammatica evoluzione che il fenomeno ha assunto negli ultimi anni, includendovi tutte le sostanze, alcol e tabacco compresi, e i disturbi comportamentali, come ad esempio il gioco d'azzardo;

   nell'ambito di tali interventi, ad agire incisivamente anche sulla prevenzione per arginare il fenomeno dei disturbi da uso di sostanze e delle addictions comportamentali (GAP, sex addiction, internet addiction, shopping compulsivo, nomofobia, vamping, etc.), definendo strategie integrate che intervengano nei fattori di rischio (prevenzione primaria) e che limitino la progressione verso disturbi da uso di sostanze e comportamentali gravi attraverso una diagnosi precoce (prevenzione secondaria).
9/1373-A/31. Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8, per quanto previsto al precedente articolo 7, introduce talune modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222 in tema di destinazione della quota Irpef dell'otto per mille, prevedendo in particolare:

     all'articolo 47, che in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse e, come novellato dalla disposizione in esame, la quota a diretta gestione statale è ripartita tra gli interventi di cui all'articolo 48, secondo le finalità stabilite annualmente con deliberazione del Consiglio dei ministri o, in assenza, in proporzione alle scelte espresse;

     all'articolo 48 si aggiunge il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche tra gli interventi straordinari ai quali destinare le quote di cui all'articolo 47, secondo comma;

    occorre valutare con attenzione la portata delle modifiche arrecate all'articolo 47, laddove si prevede che la ripartizione delle quote tra gli interventi di cui all'articolo 48 avviene sulla base di finalità stabilite annualmente con delibera del Consiglio dei ministri;

    le predette modifiche infatti rischiano di disapplicare integralmente le procedure articolate e rigorose previste dal Regolamento recante criteri e procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale (decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998);

    ai sensi del predetto decreto del Presidente della Repubblica:

     i soggetti che possono accedere alla ripartizione, previa apposita richiesta alla Presidenza del Consiglio, sono le pubbliche amministrazioni; le persone giuridiche e gli enti pubblici e privati, sono escluse, dunque, le persone fisiche e i soggetti che operano per fine di lucro;

     che la quota sia ripartita, di regola, in cinque quote uguali per le cinque tipologie di interventi ammesse a contributo. Qualora in sede di riparto, il Consiglio dei ministri, su proposta del suo Presidente, intenda derogare al criterio di ripartizione in cinque quote di pari importo – nel caso in cui si voglia concentrare le risorse per specifici interventi, per questioni di eccezionalità, necessità ed urgenza dei medesimi, ovvero nel caso in cui l'importo delle risorse a disposizione sia inferiore o uguale a 1 milione di euro – il Governo è tenuto a trasmettere alla Camere una relazione che dia conto delle ragioni per cui ha derogato ai criteri suddetti (articolo 2-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 76);

     gli interventi, che devono essere coerenti con gli indirizzi e le priorità eventualmente individuati dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai Ministri competenti e dai Ministri delegati, sono considerati straordinari quando esulano effettivamente dall'attività ordinaria e dalla corrente cura degli interessi coinvolti e non sono ricompresi nella programmazione ordinaria dell'utilizzazione delle risorse finanziarie;

     il Presidente del Consiglio dei ministri sottopone alle competenti Commissioni parlamentari, per il parere, lo schema di decreto di ripartizione della quota dell'otto per mille a diretta gestione statale, redatto sulla base delle valutazioni espresse dalle Commissioni tecniche di valutazione,

impegna il Governo

a garantire che le procedure di individuazione degli interventi ammessi al contributo, per tutte le tipologie, avvengano nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, assicurando sempre il coinvolgimento delle Commissioni parlamentari competenti e comunque riducendo qualsiasi impropria discrezionalità del Governo.
9/1373-A/32. Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Quartini, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9, inserito nel Capo VI recante disposizioni in materia di isolamento, autosorveglianza e monitoraggio della situazione epidemiologica, al comma 1 dispone l'abolizione degli obblighi in materia di isolamento e autosorveglianza e modifica la disciplina del monitoraggio della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del virus SARS-CoV-2);

    in particolare si abroga l'articolo 10-ter del decreto-legge n. 52 del 2021 (cosiddetto decreto riaperture) che ha introdotto disposizioni relative all'isolamento e all'autosorveglianza vietando la mobilità dalla propria abitazione o dimora alle persone sottoposte alla misura dell'isolamento perché positive al Covid e prevedendo l'obbligo di DPI per coloro che hanno avuto contatti stretti con positivi; conseguentemente si sopprime il rinvio al predetto articolo 10-ter nella parte in cui si disciplina il sistema sanzionatorio;

    il medesimo articolo 9, al comma 2, interviene sul monitoraggio prevedendo che i dati sul monitoraggio siano comunicati al Ministero della salute e all'istituto superiore di sanità con periodicità stabilita con provvedimento della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute e quindi il Ministero della salute, anche sulla base dei dati ricevuti, verifica l'andamento della situazione epidemiologica;

    la relazione del Governo al provvedimento in esame precisa che la disposizione è introdotta «in considerazione del mutato quadro epidemiologico a seguito della dichiarazione, da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità del 5 maggio 2023, della cessazione dello stato di emergenza sanitaria mondiale a causa della pandemia da COVID-19, e dell'evoluzione del quadro clinico dei casi di COVID-19»;

    tuttavia, i dati più recenti del monitoraggio dell'ISS rappresentano un diffusione del Covid comunque crescente e mostrano un'incidenza dei casi diagnosticati e segnalati progressivamente più elevata;

   considerato che:

    in audizione sul provvedimento all'esame, il Presidente della Federazione nazionale dei medici, Filippo Anelli, ha sottolineato l'opportunità di mantenere attivo il monitoraggio così da consentire al Ministro della salute d'intervenire prontamente in caso di nuove evenienze emergenziali;

    esistono allo stato attuale due sistemi di sorveglianza per le malattie infettive: uno ordinario ed uno speciale;

    il sistema di sorveglianza routinario per le malattie infettive è affidato al Sistema informativo delle malattie infettive (Simi), basato sulle segnalazioni dei medici. Il sistema comprende segnalazioni immediate per allertare gli operatori di sanità pubblica e riepiloghi mensili di tutte le malattie infettive notificate, compilati da ogni Azienda sanitaria locale. Il medico, sia esso ospedaliero o di medicina generale o pediatra di libera scelta o medico che svolga attività privata, ha l'obbligo di legge di segnalare al servizio di Igiene pubblica, competente per la sua area, qualunque caso di malattia infettiva e diffusiva reale o sospetta, di cui sia venuto a conoscenza nell'esercizio della sua professione;

    oltre al Simi, sono attivi i sistemi di sorveglianza speciale per le meningiti, la legionellosi, l'influenza, la malattia di Creutzfleld-Jacob, salmonellosi E.Coli 0157 VTEC e Campylobacter (Enternet), il morbillo (circolare del 20 aprile 2007), la Rosolia congenita e in gravidanza, le epatiti virali acute (Seieva), le malattie sessualmente trasmesse, l'antibiotico resistenza (Ar-Iss), la sorveglianza delle malattie infettive prevenibili da vaccino (Spes),

impegna il Governo

ad assicurare che per il Covid sia comunque attivo uno dei sistemi di sorveglianza delle malattie infettive, chiarendo quale dei due sistemi sia da applicarsi nel caso concreto.
9/1373-A/33. Marianna Ricciardi, Sportiello, Quartini, Di Lauro, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9, inserito nel Capo VI recante disposizioni in materia di isolamento, autosorveglianza e monitoraggio della situazione epidemiologica, al comma 1 dispone l'abolizione degli obblighi in materia di isolamento e autosorveglianza e modifica la disciplina del monitoraggio della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del virus SARS-CoV-2);

    in particolare si abroga l'articolo 10-ter del decreto-legge n. 52 del 2021 (cosiddetto decreto riaperture) che ha introdotto disposizioni relative all'isolamento e all'autosorveglianza vietando la mobilità dalla propria abitazione o dimora alle persone sottoposte alla misura dell'isolamento perché positive al Covid e prevedendo l'obbligo di DPI per coloro che hanno avuto contatti stretti con positivi; conseguentemente si sopprime il rinvio al predetto articolo 10-ter nella parte in cui si disciplina il sistema sanzionatorio;

    secondo gli ultimi dati disponibili, del 22 settembre 2022, l'incidenza del Covid sale a 61 casi per 100 mila abitanti rispetto ai 52 della settimana precedente; cresce anche l'occupazione dei letti in Area medica che si attesta al 4,1 per cento (era al 3,8 per cento la scorsa settimana) con un totale di 2.533 ricoverati. Aumenta anche l'occupazione delle terapie intensive (1 per cento rispetto allo 0,9 per cento della precedente rilevazione) dove sono ricoverate 91 persone. In calo l'indice Rt;

    la legge 3 luglio 2023, n. 85, nel convertire con modificazioni il decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 ha prorogato al 30 settembre 2023 il diritto per i lavoratori fragili nel settore pubblico e privato di svolgere la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile;

    il 30 settembre scade dunque la proroga del diritto al lavoro agile per i lavoratori cosiddetti superfragili, ossia i lavoratori pubblici e privati affetti da gravi patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, specificamente individuate dal decreto ministeriale del 4 febbraio 2022,

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente il diritto per i lavoratori fragili nel settore pubblico e privato di svolgere la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile, almeno fino al 31 dicembre 2023.
9/1373-A/34. Sportiello, Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo IV del provvedimento recava, nel testo originario, «Disposizioni di contrasto agli incendi boschivi», mutuato in corso d'esame in «Disposizioni concernenti reati in materia ambientale e altre disposizioni in materia di sanzioni penali e responsabilità delle persone giuridiche»;

    in ordine ad un'azione di più vasto respiro e complessiva ai fini del contrasto agli incendi boschivi, preme ai firmatari segnalare la necessità dell'adozione di misure efficaci anche in termini di prevenzione, individuando strumenti funzionali ad una Strategia forestale nazionale, declinata in Programmi regionali forestali;

    in proposito, ferme restando le attuali competenze e funzioni assegnate, in materia di controllo forestale, ai Corpo dei Carabinieri, si reputa opportuna l'istituzione, presso il Ministero dell'agricoltura, sovranità alimentare e foreste, di un Servizio tecnico forestale e ambientale nazionale, articolato in Servizi forestali regionali, quali organi della protezione civile, in particolare per gli incendi boschivi, e nell'Ispettorato forestale dello Stato, allo scopo di svolgere attività di vigilanza onde prevenire danni o pregiudizi arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie ambientali e forestali nonché le attività dirette alla prevenzione, all'accertamento ed alla repressione degli illeciti penali ed amministrativi,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, ad adottare ulteriori provvedimenti volti all'istituzione del Servizio come illustrato in premessa, nonché all'istituzione ai livelli provinciali del Tavolo di coordinamento del sistema ambientale e forestale per il controllo ed il monitoraggio, presieduti dal Prefetto competente per il territorio.
9/1373-A/35. Baldino, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   in sede di conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante tra le altre disposizioni urgenti anche quelle in materia di recupero dalle tossicodipendenze;

   premesso che:

    tenuto conto della gravità degli effetti e del sempre grave allarme sociale costituito dalla diffusione delle sostanze stupefacenti, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione;

    tenuto conto e apprezzato l'indirizzo espresso dal Ministro della salute mediante il decreto 7 agosto 2023 avente per oggetto la «Revoca del decreto 28 ottobre 2020 di “Sospensione dell'entrata in vigore del decreto 1° ottobre 2020, recante: ‘Aggiornamento delle tabelle contenenti l'indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni ed integrazioni. Inserimento nella Tabella dei medicinali, sezione B, delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis’”. (23A04729) (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 194 del 21 agosto 2023)»,

impegna il Governo:

   in relazione a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto-legge, in materia di destinazione della quota dell'8 per mille dell'IRPEF ad interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche:

   a una maggiore e più rigorosa restrizione della vendita della cannabis e dei suoi derivati al di fuori delle farmacie e della prescrizione medica;

   a proseguire e rafforzare con determinazione nel contrasto alla diffusione e uso delle sostanze stupefacenti, prevedendo in particolare un severo rafforzamento del quadro penale per lo spaccio e la detenzione delle sostanze stupefacenti;

   a proseguire e rafforzare ogni sforzo finalizzato alla prevenzione e al recupero dei tossicodipendenti, con adeguati progetti da sviluppare in accordo con le deputate istituzioni territoriali e il terzo settore.
9/1373-A/36. Candiani, Montaruli.


   La Camera,

   in sede di conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante tra le altre disposizioni urgenti anche quelle in materia di recupero dalle tossicodipendenze;

   premesso che:

    tenuto conto della gravità degli effetti e del sempre grave allarme sociale costituito dalla diffusione delle sostanze stupefacenti, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione;

    tenuto conto e apprezzato l'indirizzo espresso dal Ministro della salute mediante il decreto 7 agosto 2023 avente per oggetto la «Revoca del decreto 28 ottobre 2020 di “Sospensione dell'entrata in vigore del decreto 1° ottobre 2020, recante: ‘Aggiornamento delle tabelle contenenti l'indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni ed integrazioni. Inserimento nella Tabella dei medicinali, sezione B, delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis’”. (23A04729) (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 194 del 21 agosto 2023)»,

impegna il Governo:

   in relazione a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto-legge, in materia di destinazione della quota dell'8 per mille dell'IRPEF ad interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche:

   a una maggiore e più rigorosa restrizione della vendita della cannabis e dei suoi derivati al di fuori delle farmacie e della prescrizione medica;

   a proseguire e rafforzare con determinazione l'attività di contrasto alla diffusione e uso delle sostanze stupefacenti, valutando altresì la possibilità di prevedere un rafforzamento del quadro penale per lo spaccio e la detenzione delle sostanze stupefacenti stesse;

   a proseguire e rafforzare ogni sforzo finalizzato alla prevenzione e al recupero dei tossicodipendenti, con adeguati progetti da sviluppare in accordo con le deputate istituzioni territoriali e il terzo settore.
9/1373-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta)Candiani, Montaruli.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge, all'esame dell'Assemblea, prevede disposizioni relative al processo penale ed in materia di personale della magistratura. L'articolo 5 del provvedimento stabilisce una disciplina transitoria per il conferimento di incarichi superiori del ruolo di istituto penitenziario. È necessario, vista la grave situazione in cui versano gli istituti penitenziari del nostro Paese, evidenziare il lavoro svolto dai dirigenti dei suddetti istituti penitenziari e della polizia penitenziaria a fronte di una situazione con gravi criticità che si riscontra nelle carceri italiane. L'articolo 7 prevede una destinazione della quota IRPEF dell'otto per mille alle scelte effettuate dai contribuenti a favore dello Stato che deve essere utilizzata prioritariamente per il finanziamento di interventi straordinari relativi al recupero delle tossicodipendenze. Anche negli istituti penitenziari esistono problematiche relative alla presenza di molti detenuti tossicodipendenti che potrebbero essere recuperati attraverso idonei ed adeguati percorsi per la salvaguardia della loro salute e per il loro reinserimento nella società;

    è opportuno, pertanto, un intervento del Governo per superare le difficoltà oggi esistenti negli istituti penitenziari in relazione all'articolo 27 della Costituzione che stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato in modo da favorire lo svolgimento del delicato lavoro da parte degli operatori della giustizia che operano negli istituti penitenziari;

    infatti, le gravi criticità negli istituti penitenziari del nostro Paese sono legate innanzitutto al sovraffollamento (tra i più alti d'Europa). L'associazione Antigone ha presentato recentemente un rapporto in cui si evidenzia, circa il sovraffollamento, come in un terzo degli istituti penitenziari non siano garantiti gli spazi per i detenuti. Si evidenzia, in particolare, che negli istituti ci sono celle in cui non sono garantiti neppure i 3 metri calpestabili per persona. L'Italia si conferma tra i paesi con le carceri più affollate dell'Unione europea, seconda solo a Romania, Grecia, Cipro e Belgio. Questa situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari determina un peggioramento della vita dei detenuti con notevoli problemi sotto il profilo della tutela dei loro diritti ed anche il delicato e complesso lavoro dei direttori delle carceri e della polizia penitenziaria;

    da evidenziare l'aumento dei suicidi negli istituti penitenziari, con una media di oltre un suicidio ogni cinque giorni. Ciò dimostra carenze e disagi sintomo di un grave malessere e di un sistema che necessita di profondi cambiamenti. Tra l'altro si ricorda che, secondo gli ultimi dati del Consiglio d'Europa, il nostro Paese si colloca al 10o posto tra i paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere. Va sottolineato inoltre che anche gli agenti penitenziari sono gravemente colpiti dalla situazione in cui versano le carceri,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative dirette a potenziare il finanziamento di progetti volti al recupero e al reinserimento dei detenuti e dei condannati con l'attivazione di percorsi di inclusione lavorativi e formativi;

   ad attivare misure dirette ad implementare l'offerta dei servizi educativi ai detenuti, fondamentale per attuare concretamente il principio secondo cui le pene hanno una finalità rieducativa;

   a potenziare gli interventi diretti rivolti alla tutela della salute con particolare riguardo alle personalità fragili, come i tossicodipendenti, con azioni di sostegno che promuovano interventi sanitari, sociali e psicologici;

   ad adottare iniziative per migliorare la manutenzione gli istituti penitenziari;

   ad incrementare la dotazione organica di personale organico dell'amministrazione penitenziaria;

   a potenziare la mediazione linguistica-culturale che costituisce un primo modo per superare le difficoltà dei detenuti extracomunitari;

   ad adottare misure dirette a garantire la presenza di presidi medici negli istituti penitenziari.
9/1373-A/37. Soumahoro.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame recante «disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione» sono presenti, agli articoli 7 e 8, misure relative alla destinazione della quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e alle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi;

    la misura del 2 per mille è un importante strumento di sussidiarietà fiscale che potrebbe intercettare l'interesse di un numero crescente di cittadini-contribuenti che sarebbero certamente lieti di sostenere gli enti e le associazioni delle cui tante attività beneficiano;

    la reintroduzione e stabilizzazione nel lungo periodo di questa misura, prevista per la prima volta dall'articolo 1, comma 985, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Bilancio per l'anno 2016) permetterebbe di dare respiro al settore delle Imprese Culturali Creative, realtà che produce occupazione altamente qualificata;

    potrebbero giovare del contributo numerose attività che portano benefici in termine di valorizzazione, attrattività dei nostri territori e rafforzamento dell'identità territoriale; che impattano sul benessere delle nostre comunità, sulla socialità, su inclusione e coesione sociale, che danno risposte alle tante nuove situazioni di povertà educativa, di emarginazione, alla necessità di dialogo tra le generazioni, che contrastano abbandono scolastico;

    oltre le meritorie misure del tax credit o altre esenzioni a favore di chi può e investe in cultura, questa misura restituirebbe a tutti i cittadini la fiducia da parte dello Stato che glia affida la scelta diretta dell'ente o dell'associazione beneficiaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, attraverso le opportune iniziative normative, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, la misura del due per mille sull'IRPEF alla cultura a partire dal prossimo anno finanziario.
9/1373-A/38. Latini.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione;

    in particolare con gli articoli 7 e 8 si interviene sulla normativa relativa alla destinazione dell'8 per mille indicando, non solo per il 2023 che la quota attribuita alla diretta gestione statale senza indicazione della tipologia di intervento sia destinata prioritariamente al recupero dalla tossicodipendenza e dalle altre dipendenze patologiche ma anche inserendo, a partire dalla dichiarazione dei redditi 2023, una nuova finalità di destinazione delle risorse di competenza statale, relativa ad interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche;

    in particolare, l'articolo 48 della legge n. 222 del 1985 prevede che la quota dell'otto per mille di competenza dello Stato possa essere utilizzata per interventi di carattere straordinario nei seguenti cinque settori: fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati ed ai minori stranieri non accompagnati; conservazione dei beni culturali, ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili adibiti all'istruzione scolastica di proprietà pubblica ed ora recupero dalla tossicodipendenza e dalle altre dipendenze patologiche;

    si tratta di settori importanti a cui si dovrebbe aggiungere anche interventi di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica;

    secondo il rapporto Save the Children del 2022 sulla povertà educativa in Italia il 67,6 per cento dei minori di 17 anni non è mai andato a teatro, il 62,8 per cento non ha mai visitato un sito archeologico e il 49,9 per cento non è mai entrato in un museo, il 22 per cento non ha praticato sport e attività fisica e solo il 13,5 per cento dei bambini e delle bambine sotto i tre anni ha frequentato un asilo nido;

    la povertà educativa viene definita da Save the Children come la «privazione della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni di bambini, bambine e adolescenti»; è l'impossibilità di accedere a risorse economiche, cognitive e culturali per la promozione della propria libertà individuale;

    «Leaving no one behind», non lasciare nessuno indietro, è il motto dell'Agenda ONU 2030 e richiama un approccio integrato al problema della povertà educativa affermando che ciascuno può essere agente concreto di cambiamento;

    per contrastare la povertà educativa è necessario fornire risorse aggiuntive (scuole, centri sociali, infrastrutture, asili eccetera) proprio in quei territori dove maggiormente si concentra la povertà materiale e educativa, come le aree periferiche urbane,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte ad inserire anche la povertà educativa tra i possibili interventi di carattere straordinario previsti dall'articolo 48 della legge 222 del 1985, anche al fine di potenziare i servizi educativi per la prima infanzia nonché l'offerta formativa e didattica delle scuole con servizi di refezione, tempo pieno, infrastrutture adatte alla promozione di attività extracurriculari, come sport, arte, programmi culturali, ricreativi;

   al fine di ridurre le disuguaglianze educative e assicurare servizi socio-educativi di qualità, accessibili a tutti i bambini ad adottare ogni possibile iniziativa volta a fare chiarezza rispetto all'osservanza dei tempi previsti dal PNRR per il raggiungimento degli obiettivi posti per la realizzazione di almeno 264.480 nuovi posti per la fascia 0-6 anni.
9/1373-A/39. Malavasi.


   La Camera,

   premesso che:

    in particolare, il comma 1 dell'articolo 9 reca l'abolizione degli obblighi in materia di isolamento delle persone positive al Sars-Cov-2 e di autosorveglianza dei contatti stretti di soggetti confermati positivi al medesimo virus;

    l'abolizione dell'obbligo di isolamento domiciliare per i cittadini positivi al Covid, non deve porre in secondo piano la necessità di tutelare le persone più fragili, in particolare quelle ricoverate negli ospedali o gli alunni all'interno degli istituti scolastici;

    la norma in oggetto, infatti, non contiene nessuna indicazione sull'individuazione e sull'isolamento dei pazienti positivi all'interno degli ospedali o degli istituti scolastici nonostante si stia assistendo, nelle ultime settimane, ad un incremento dei contagi dovuti a nuove varianti;

    inoltre, ad oggi la campagna vaccinale contro il Covid è in alto mare non essendo ancora arrivati i nuovi vaccini né diramate le indicazioni operative ai soggetti vaccinatori Le uniche indicazioni certe sono quelle contenute nella circolare dello scorso 14 agosto dove si afferma che in fase di avvio della campagna, nell'eventualità di una disponibilità di dosi insufficiente a garantire un'immediata adeguata copertura, la vaccinazione «sarà prioritariamente somministrata alle persone di età pari o superiore a 80 anni, agli ospiti delle strutture per lungodegenti, alle persone con elevata fragilità, con particolare riferimento ai soggetti con marcata compromissione del sistema immunitario, agli operatori sanitari addetti all'assistenza negli ospedali e nelle strutture di lungodegenza»,

impegna il Governo

ad adottare, quanto prima, tutte le misure necessarie ad avviare la campagna vaccinale contro il virus Sars-Cov-2 facendo sì che tutti i soggetti fragili, le persone con più di 60 anni di età, oltre agli operatori della sanità, ricevano una nuova dose di vaccino contro il Covid-19, eventualmente in coincidenza con la campagna vaccinale contro l'influenza.
9/1373-A/40. Girelli.


   La Camera,

   premesso che:

    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10, del provvedimento in esame, modificano il decreto legislativo n. 300 del 1999 operando in due direzioni: da un lato, riordinano e aggiornano le aree funzionali del Ministero della cultura, dall'altro lato, modificano il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4); Il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti;

    tale intervento di riorganizzazione del Ministero della Cultura, per la quale come Gruppo Pd, con un emendamento presentato in commissione e con dichiarazioni a mezzo stampa, ci siamo opposti fermamente esprimendo la nostra contrarietà – intende reintrodurre la riforma ministeriale del 2004 dell'allora ministro Buttiglione;

    è opportuno ricordare che la trasformazione in dipartimenti comporterà comunque un aumento di spesa, dato dal differenziale di costo tra 3 posizioni di capo dipartimento, da un lato, e 3 direttori generali, dall'altro: un onere complessivo stimato in 171.460 euro annui, che il comma 3 dell'articolo 10 copre a valere su fondi destinati al Mie a partire dal 2024;

    l'esecutivo appena insediato, tra i primi interventi, con il decreto-legge 11 novembre 2023, n. 173, conv., con modificazioni, nella legge 16 dicembre 2023, n. 204, ha cambiato l'organizzazione di più ministeri (Salute, Imprese e made in Italy, Lavoro e politiche sociali e, appunto, Cultura) determinando in pochi mesi il passaggio a modello;

    tali trasformazioni organizzative, provocano un effetto non positivo sulle strutture, perché esse vivono un riassetto organizzativo aggiuntivo a quello fisiologico già attraversato con il cambio di Governo e, inoltre, la trasformazione organizzativa non è stata accompagnata o motivata dalla attribuzione di nuove o ulteriori funzioni, ma si è verificata- come espressamente dichiarato anche nella relazione illustrativa – a funzioni invariate;

    tale intervento non esclude che le modifiche organizzative siano state ispirate anche dall'esigenza politica di avere un avvicendamento negli incarichi apicali di questi Ministeri;

    riteniamo grave proporre la riorganizzazione di un ministero con la previsione di far cessare tutti gli attuali dirigenti generali, strutturando nuovi dipartimenti e, di fatto, sottrarre autonomia ad un ministero e sottoporre al controllo politico gli organi tecnici e scientifici,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di riconsiderare la riorganizzazione del Ministero della cultura, così come proposta dall'articolo 10, prevedendo, invece, interventi volti a valorizzare il personale presso il Ministero della cultura e a tutelare il lavoro svolto dai direttori generali, dagli organi tecnici e scientifici, nel rispetto della propria autonomia organizzativa.
9/1373-A/41. Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10, del provvedimento in esame, modificano il decreto legislativo n. 300 del 1999 operando in due direzioni: da un lato, riordinano e aggiornano le aree funzionali del Ministero della cultura, dall'altro lato, modificano il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4); Il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti;

    la misura di cui al comma 2, stabilisce che «Gli incarichi dirigenziali generali e non generali decadono con il perfezionamento delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165»;

    tale norma, come evidenziato in discussione di merito nel corso delle audizioni, è di dubbia legittimità costituzionale; La possibilità di procedere al conferimento di nuovi incarichi dirigenziali nel caso di una riorganizzazione radicale degli uffici è infatti generalmente ammessa;

    la Corte di cassazione, in particolare, ha chiarito che la revoca/decadenza di incarico per riorganizzazione si può avere solo in presenza di due presupposti (non compatibili con una decadenza generalizzata): a) uno strutturale: la riorganizzazione deve riguardare le specifiche posizioni dirigenziali oggetto di revoca e cioè «attenere al settore cui è preposto il dirigente» interessato; b) uno funzionale: la riorganizzazione deve essere «sostanziale», quindi non ridursi a correttivi puramente formali o nominalistici;

    come rilevato anche sugli organi di stampa, la formula usata nell'articolo 10, comma 2, del decreto in esame, sembra invece tradire il disegno di applicare uno spoils system generalizzato nel Ministero della cultura;

    tale norma alimenterà probabili contenziosi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame, al fine di riconsiderare la norma di cui all'articolo 10, comma 2, che stabilisce che «Gli incarichi dirigenziali generali e non generali decadono con il perfezionamento delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», al fine di evitare probabili contenziosi essendo non in linea con la giurisprudenza della Corte di cassazione.
9/1373-A/42. Orfini, Manzi, Zingaretti, Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» presenta norme di carattere culturale e relative al finanziamento di celebrazioni legate a figure storiche;

    Pietro Antonio Stefano Mascagni (nato a Livorno il 7 dicembre 1863 e morto a Roma il 2 agosto 1945) è stato un compositore e direttore d'orchestra italiano. Mascagni visse a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, occupando un posto di rilievo nel panorama musicale dell'epoca, soprattutto grazie al successo immediato e popolare ottenuto nel 1890 con la sua prima opera, Cavalleria rusticana. Cavalleria fu la prima di altre quindici opere per cui Mascagni ebbe una popolarità mondiale, insieme a pochi altri compositori;

    nel secondo dopoguerra, motivi ideologici connessi ad una sua presunta adesione al fascismo (in realtà era il regime che coglieva l'opportunità di sfruttarne la notorietà a livello internazionale) e difficoltà tecniche di esecuzione hanno determinato la scomparsa delle opere di Pietro Mascagni dalle stagioni operistiche e teatrali, producendo un grande impoverimento culturale che va oggi superato definitivamente, riscattando dall'immeritato oblio la quasi totalità delle composizioni di uno dei maggiori rappresentanti della cultura italiana ed europea del '900;

    il Mascagni Festival, promosso a Livorno a partire dal 2020 dalla Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, con la collaborazione del comune di Livorno, rappresenta in questo contesto una opportunità preziosa e unica nel panorama culturale nazionale. Questa iniziativa costituisce un palcoscenico internazionale di approfondimento della figura di Pietro Mascagni, della sua storia personale e della sua attività di celebre compositore che, nonostante i successi e la popolarità, è rimasto sempre radicato nel suo territorio;

    per sostenere, valorizzare e dare continuità a questo appuntamento è quindi opportuno lo stanziamento di contributi pubblici stabili finalizzati a garantire una organizzazione efficace degli eventi ovvero di finanziamenti che vadano ad integrare le risorse già stanziate dagli enti territoriali e dagli sponsor privati;

    in occasione del 160° anniversario della nascita di Mascagni, si propone quindi l'assegnazione, a decorrere dall'anno 2023, di un contributo annuo a favore del comune di Livorno ed a favore della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno per la realizzazione del Mascagni Festival;

    su tale tematica è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge: «Modifica all'articolo 2 della legge 20 dicembre 2012, n. 238, concernente la concessione di un contributo al comune di Livorno e alla Fondazione “Teatro della città di Livorno – Carlo Goldoni” per la realizzazione del Mascagni Festival» (A.C. numero 1103),

impegna il Governo

a stanziare risorse adeguate, in relazione a quanto espresso in premessa ed a favore del comune di Livorno ed a favore della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, per sostenere la realizzazione del Mascagni Festival.
9/1373-A/43. Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» presenta norme di carattere culturale e relative al finanziamento di celebrazioni legate a figure storiche;

    Pietro Antonio Stefano Mascagni (nato a Livorno il 7 dicembre 1863 e morto a Roma il 2 agosto 1945) è stato un compositore e direttore d'orchestra italiano. Mascagni visse a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, occupando un posto di rilievo nel panorama musicale dell'epoca, soprattutto grazie al successo immediato e popolare ottenuto nel 1890 con la sua prima opera, Cavalleria rusticana. Cavalleria fu la prima di altre quindici opere per cui Mascagni ebbe una popolarità mondiale, insieme a pochi altri compositori;

    nel secondo dopoguerra, motivi ideologici connessi ad una sua presunta adesione al fascismo (in realtà era il regime che coglieva l'opportunità di sfruttarne la notorietà a livello internazionale) e difficoltà tecniche di esecuzione hanno determinato la scomparsa delle opere di Pietro Mascagni dalle stagioni operistiche e teatrali, producendo un grande impoverimento culturale che va oggi superato definitivamente, riscattando dall'immeritato oblio la quasi totalità delle composizioni di uno dei maggiori rappresentanti della cultura italiana ed europea del '900;

    il Mascagni Festival, promosso a Livorno a partire dal 2020 dalla Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, con la collaborazione del comune di Livorno, rappresenta in questo contesto una opportunità preziosa e unica nel panorama culturale nazionale. Questa iniziativa costituisce un palcoscenico internazionale di approfondimento della figura di Pietro Mascagni, della sua storia personale e della sua attività di celebre compositore che, nonostante i successi e la popolarità, è rimasto sempre radicato nel suo territorio;

    per sostenere, valorizzare e dare continuità a questo appuntamento è quindi opportuno lo stanziamento di contributi pubblici stabili finalizzati a garantire una organizzazione efficace degli eventi ovvero di finanziamenti che vadano ad integrare le risorse già stanziate dagli enti territoriali e dagli sponsor privati;

    in occasione del 160° anniversario della nascita di Mascagni, si propone quindi l'assegnazione, a decorrere dall'anno 2023, di un contributo annuo a favore del comune di Livorno ed a favore della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno per la realizzazione del Mascagni Festival;

    su tale tematica è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge: «Modifica all'articolo 2 della legge 20 dicembre 2012, n. 238, concernente la concessione di un contributo al comune di Livorno e alla Fondazione “Teatro della città di Livorno – Carlo Goldoni” per la realizzazione del Mascagni Festival» (A.C. numero 1103),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare risorse adeguate, in relazione a quanto espresso in premessa ed a favore del comune di Livorno ed a favore della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, per sostenere la realizzazione del Mascagni Festival, purché compatibile con i vincoli di finanza pubblica.
9/1373-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta)Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in materia di incendi boschivi;

    l'articolo 6 del provvedimento apporta alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., aumentando il minimo edittale della pena sia nel caso si integri la fattispecie colposa che quella dolosa, prevedendo un'aggravante ad effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione di propri doveri inerenti alla prevenzione e al contrasto degli incendi o per trame profitto;

    secondo i dati dell'Ispra – 23 agosto 2023 – è aumenta l'estensione delle aree percorse da grandi incendi boschivi in Italia, prossimi a 64.000 ettari, di cui più di 10.000 ettari di ecosistemi forestali;

    le foreste coinvolte risultano in gran parte macchia mediterranea e leccete (63 per cento) e superfici ricoperte da boschi e rimboschimenti di conifere (20 per cento);

    l'89 per cento delle aree bruciate finora sono in Sicilia (72 per cento) e Calabria (17 per cento). Le province con la maggiore superficie interessata da incendi sono: Palermo (oltre 15.800 ettari, di cui il 20 per cento foreste), Reggio Calabria (più di 8.500 ettari, il 17 per cento di foreste), Messina (oltre 5.300 ettari, il 19 per cento di foreste), e Siracusa (oltre 4.300 ettari, il 23 per cento di foreste);

    in crescita anche il numero di aree naturali protette con ecosistemi forestali percorsi da incendio. Le aree protette maggiormente colpite sono in provincia di Palermo (7), Caltanissetta (7), Siracusa (3) ed in provincia di Agrigento (3). È stato registrato un evento rilevante in Liguria vicino al confine con la Francia;

    alla luce dell'incremento dei delitti di incendi boscosi che si registrano annualmente nel nostro Paese sarebbe opportuno prevedere specifiche modifiche alla legge 21 novembre 2000, n. 353 «Legge-quadro in materia di incendi boschivi»,

impegna il Governo

ad impedire, attraverso opportune iniziative, che le zone boscate i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco possano avere successivamente una destinazione urbanistica diversa da quella preesistente all'incendio, o possano essere interessati dalla realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive.
9/1373-A/44. Borrelli, Zanella, Bonelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in materia di incendi boschivi;

    secondo i dati dell'Ispra – 23 agosto 2023 – è aumenta l'estensione delle aree percorse da grandi incendi boschivi in Italia, prossimi a 64.000 ettari, di cui più di 10.000 ettari di ecosistemi forestali;

    le foreste coinvolte risultano in gran parte macchia mediterranea e leccete (63 per cento) e superfici ricoperte da boschi e rimboschimenti di conifere (20 per cento);

    l'89 per cento delle aree bruciate finora sono in Sicilia (72 per cento) e Calabria (17 per cento). Le province con la maggiore superficie interessata da incendi sono: Palermo (oltre 15.800 ettari, di cui il 20 per cento foreste), Reggio Calabria (più di 8.500 ettari, il 17 per cento) di foreste), Messina (oltre 5.300 ettari, il 19 per cento di foreste), e Siracusa (oltre 4. 300 ettari, il 23 per cento di foreste);

    in crescita anche il numero di aree naturali protette con ecosistemi forestali percorsi da incendio. Le aree protette maggiormente colpite sono in provincia di Palermo (7), Caltanissetta (7), Siracusa (3) ed in provincia di Agrigento (3). È stato registrato un evento rilevante in Liguria vicino al confine con la Francia;

    alla luce dell'incremento dei delitti di incendi boscosi che si registrano annualmente nel nostro Paese sarebbe opportuno ripristinare, anche con nuovi compiti in materia di prevenzione e contrasto dei delitti contro l'ambiente, il Corpo forestale dello Stato soppresso con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177;

    dopo sei anni è inconfutabile che le riserve e i parchi nazionali non possono essere gestiti da una Forza armata, qual è l'Arma dei carabinieri. In tutto il mondo a controllare i boschi, le foreste, le montagne, l'ambiente naturale e il paesaggio non ci sono militari, bensì guardie forestali aventi lo status di poliziotti civili e l'Italia è l'unico Paese al mondo a essersi privato di un proprio Corpo forestale;

    dopo sei anni è tempo di cambiare, di raccontare dei boschi (che coprono oramai il 40 per cento del territorio) anche quando le fiamme non ci sono, di puntare sulla prevenzione educando i cittadini con un costante coinvolgimento delle comunità per sbarrare il passo all'incuria che sempre più domina i nostri paesaggi e alla criminalità organizzata, al teppismo, alla vendetta e alla devianza sociale che si maschera da psicopatologia incendiaria;

    dopo sei anni emerge con chiarezza che servono investimenti veri, ricerca, strumenti e tecnologie, semplificazioni di procedure e competenze all'interno di una strategia complessiva che poggia le solide basi sulla ricostruzione del Corpo forestale dello Stato con nuove competenze in materia di tutela dell'ecosistema territoriale;

    oggi sappiamo che i crimini contro la natura sono la quarta attività criminale più redditizia al mondo: preceduti «solo» dal traffico di droga, dalla contraffazione e dal contrabbando di armi. Un mercato che genera entrate per 280 miliardi di dollari l'anno e costituisce un settore della criminalità in crescita. I dati sono emersi il 12 aprile scorso in occasione della presentazione del workshop organizzato dal Wwf a Roma per il Progetto LIFE SWiPE;

    precedentemente a fare il punto è stato il nuovo report Ecomafia 2022, realizzato da Legambiente, nel 2021, dove si legge che i reati contro l'ambiente non scendono sotto il muro dei 30 mila illeciti, registrando una media di quasi 84 reati al giorno, circa 3,5 ogni ora, crescono gli arresti toccando quota 368, +11,9 per cento rispetto al 2020. Sono 59.268 gli illeciti amministrativi contestati, con una media di 162 ai giorno, 6,7 ogni ora che sommati ai reati ambientali, raccontano un Paese dove vengono accertate ogni ora circa 10 violazioni ambientali,

impegna il Governo

a valutare, attraverso opportune iniziative normative, di ripristinare, anche con nuovi compiti in materia di prevenzione e contrasto dei delitti contro l'ambiente, il Corpo forestale dello Stato soppresso con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177.
9/1373-A/45. Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in di contrasto della diffusione del virus Sars-Cov-2;

    in sede di conversione del provvedimento era stato presentato dalle forze di maggioranza un emendamento contenente modifiche al codice penale, al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. L'emendamento conteneva, tra l'altro, l'abrogazione dell'articolo 733 del codice penale;

    grazie ai rilievi fatti, anche da gruppo AVS, durante l'esame del provvedimento in commissione l'emendamento è stato riformulato ed è stata espunta la parte relativa all'abrogazione dell'articolo 733 del codice penale, il cui scopo è quello di proteggere l'interesse della collettività rispetto alla fruizione dei beni culturali;

    ricordiamo che il danneggiamento al patrimonio storico o artistico nazionale è un reato previsto dall'articolo 733 del Codice Penale italiano, che stabilisce l'arresto fino a un anno o una sanzione di non meno di 2.065 euro per chiunque danneggi, deteriori o distrugga un monumento o una cosa propria che abbiano un pregio rilevante nel caso in cui dal fatto derivino conseguenze negative per il patrimonio artistico, storico o archeologico del nostro Paese. Si tratta di un reato proprio, dal momento che può essere posto in essere unicamente dal proprietario, dal possessore o dai detentore;

    la sentenza n. 7083 del 1988 della Cassazione a proposito del danneggiamento al patrimonio storico o artistico nazionale precisa che l'ipotesi di reato prevista dall'articolo 733 del Codice Penale può formalmente concorrere con l'ipotesi di reato prevista dagli articoli 11 e 59 della legge n. 1089 del 1° giugno del 1939, relativa alla violazione delle disposizioni per la sicurezza, l'integrità e la conservazione delle cose di interesse storico o artistico. Le due norme, infatti, sono differenti non solo dal punto di vista di ciò che deve essere tutelato, ma anche per la funzione tutoria specifica che il legislatore attribuisce loro. Nel dettaglio, l'articolo 733 del Codice Penale intende tutelare in linea generale il patrimonio artistico e storico della nazione nei confronti del privato che è eventualmente proprietario delle cose che contribuiscono a formare quello stesso patrimonio; ecco perché la condizione di punibilità è rappresentata dal nocumento arrecato al patrimonio nazionale. La legge n. 1.089 del 1° giugno del 1939, invece, fa sì parte di una regolamentazione complessiva del patrimonio nazionale, ma sanziona anche quei comportamenti commissivi da cui può non derivare un danno del patrimonio stesso;

    inoltre, nella, parte precettiva dell'articolo 733 del Codice Penale è contemplato l'obbligo, per chi dispone dei beni oggetto di tutela, di evitare e di prevenire qualsiasi tipo di danneggiamento di tali beni: insomma, è necessario fare di tutto affinché i beni siano conservati nel migliore dei modi, e la violazione di questo obbligo presuppone un reato di danno a forma libera. L'oggetto materiale può essere danneggiato sia in conseguenza di un semplice alto istantaneo che con un comportamento prolungato nel tempo e continuo: per esempio, lo stato di abbandono di un bene può renderlo privo di tutela rispetto agli agenti atmosferici o ad altri fattori naturali,

impegna il Governo

a potenziare, attraverso opportune iniziative anche di natura normativa, le sanzioni previste dall'articolo 733 al fine tutelare il patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.
9/1373-A/46. Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in di contrasto della diffusione del virus Sars-Cov-2;

    in sede di conversione del provvedimento era stato presentato dalle forze di maggioranza un emendamento contenente modifiche al codice penale, al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. L'emendamento conteneva, tra l'altro, l'abrogazione dell'articolo 733 del codice penale;

    grazie ai rilievi fatti, anche da gruppo AVS, durante l'esame del provvedimento in commissione l'emendamento è stato riformulato ed è stata espunta la parte relativa all'abrogazione dell'articolo 733 del codice penale, il cui scopo è quello di proteggere l'interesse della collettività rispetto alla fruizione dei beni culturali;

    ricordiamo che il danneggiamento al patrimonio storico o artistico nazionale è un reato previsto dall'articolo 733 del Codice Penale italiano, che stabilisce l'arresto fino a un anno o una sanzione di non meno di 2.065 euro per chiunque danneggi, deteriori o distrugga un monumento o una cosa propria che abbiano un pregio rilevante nel caso in cui dal fatto derivino conseguenze negative per il patrimonio artistico, storico o archeologico del nostro Paese. Si tratta di un reato proprio, dal momento che può essere posto in essere unicamente dal proprietario, dal possessore o dai detentore;

    la sentenza n. 7083 del 1988 della Cassazione a proposito del danneggiamento al patrimonio storico o artistico nazionale precisa che l'ipotesi di reato prevista dall'articolo 733 del Codice Penale può formalmente concorrere con l'ipotesi di reato prevista dagli articoli 11 e 59 della legge n. 1089 del 1° giugno del 1939, relativa alla violazione delle disposizioni per la sicurezza, l'integrità e la conservazione delle cose di interesse storico o artistico. Le due norme, infatti, sono differenti non solo dal punto di vista di ciò che deve essere tutelato, ma anche per la funzione tutoria specifica che il legislatore attribuisce loro. Nel dettaglio, l'articolo 733 del Codice Penale intende tutelare in linea generale il patrimonio artistico e storico della nazione nei confronti del privato che è eventualmente proprietario delle cose che contribuiscono a formare quello stesso patrimonio; ecco perché la condizione di punibilità è rappresentata dal nocumento arrecato al patrimonio nazionale. La legge n. 1.089 del 1° giugno del 1939, invece, fa sì parte di una regolamentazione complessiva del patrimonio nazionale, ma sanziona anche quei comportamenti commissivi da cui può non derivare un danno del patrimonio stesso;

    inoltre, nella, parte precettiva dell'articolo 733 del Codice Penale è contemplato l'obbligo, per chi dispone dei beni oggetto di tutela, di evitare e di prevenire qualsiasi tipo di danneggiamento di tali beni: insomma, è necessario fare di tutto affinché i beni siano conservati nel migliore dei modi, e la violazione di questo obbligo presuppone un reato di danno a forma libera. L'oggetto materiale può essere danneggiato sia in conseguenza di un semplice alto istantaneo che con un comportamento prolungato nel tempo e continuo: per esempio, lo stato di abbandono di un bene può renderlo privo di tutela rispetto agli agenti atmosferici o ad altri fattori naturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di proseguire nella verifica della idoneità del complessivo apparato sanzionatorio a tutelare il patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.
9/1373-A/46. (Testo modificato nel corso della seduta)Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in materia di incendi boschivi;

    l'articolo 6 del provvedimento apporta alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., aumentando il minimo edittale della pena sia nel caso si integri la fattispecie colposa che quella dolosa, prevedendo un'aggravante ad effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione di propri doveri inerenti alla prevenzione e al contrasto degli incendi o per trame profitto;

    gli incendi costituiscono un importante fattore ecologico che condiziona l'evoluzione degli ecosistemi forestali di molte regioni biogeografiche, l'ambiente mediterraneo, in particolare, è sottoposto al verificarsi di numerosi incendi boschivi, specie nel periodo estivo, con conseguenze importanti sui processi di evoluzione e conservazione della biodiversità vegetale ed animale;

    in ambito forestale, numerosi studi hanno dimostrato le conseguenze degli incendi boschivi su micro e macro-fauna, quali ad esempio: gasteropodi, artropodi, mammiferi e ungulati. Le specie caratterizzate da scarsa mobilità, soprattutto terrestri e/o terricole, sono quelle maggiormente influenzate dall'azione delle fiamme, dal calore e dal fumo generato durante la combustione;

    in alcuni casi gli incendi possono determinare cambiamenti strutturali piuttosto marcati nella struttura e nella funzionalità degli ecosistemi forestali, tali da alterare i cicli biologici di molte specie vegetali ed animali, con conseguenze alcune volte veramente catastrofiche;

    il cambiamento climatico, il crollo della biodiversità e l'aumento di gravi crimini ambientali mettono in pericolo l'intera comunità internazionale e che le attività delle imprese pubbliche o private non possono più causare impunemente gravi danni all'ambiente;

    l'8 febbraio 2022 il Parlamento ha approvato il disegno di legge che prevede la modifica di due articoli della Costituzione: l'articolo 9 si allarga alla tutela dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali. La modifica all'articolo 41, invece, sancisce che la salute e l'ambiente sono paradigmi da tutelare da parte dell'economia, al pari della sicurezza, della libertà e della dignità umana. È che le istituzioni possano orientare l'iniziativa economica pubblica e privata verso fini sociali e ambientali. Una riforma che si dimostra essere un impegno solenne per il presente e per il futuro,

impegna il Governo:

   a istituire un gruppo di lavoro, di esperti di diritto ambientale, al fine di presentare alle Camere, una proposta codificata di crimine di ecocidio che possa essere coerente con il diritto penale italiano;

   a favorire iniziative diplomatiche per proporre, a nome della Repubblica italiana, emendamenti allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale per includere il crimine di ecocidio.
9/1373-A/47. (Versione corretta)Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in materia di incendi boschivi;

    l'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF di diretta gestione statale, prevedendo, in particolare una nuova finalità di destinazione delle risorse di competenza statale, relativa ad interventi straordinari per il recupero delle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche;

    in sede di conversione del provvedimento sono stati presentati emendamenti che prevedevano la possibilità di destinare, quota parte dell'8 per mille anche al sostegno e potenziamento dei centri antiviolenza e case rifugio e alla tutela delle vittime di violenza di genere previsti dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93;

    emendamenti bocciati proprio mentre il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa faceva notare con preoccupazione che i dati forniti da Roma «mostrano una persistente alta percentuale di procedimenti per violenza domestica e sessuale archiviati nella fase delle indagini preliminari, un uso limitato degli ordini di protezione e un tasso significativo di violazione degli stessi»;

    In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5 per cento delle donne ha subìto nei corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,1 per cento dei casi da partner. Il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2 per cento (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21 per cento (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4 per cento (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila);

    secondo i dati pubblicati dal Viminale nel 2022 in Italia si sono registrati 120 casi di femminicidio, 102 nel 2021, mentre a oggi se nel 2023 se ne registrano già 81, un dato veramente preoccupante,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le misure necessarie per contrastare efficacemente i fenomeni di violenza richiamati in premessa sia attraverso le politiche attive già delineate dalla Convenzione di Istanbul, sia con finanziamenti idonei al sostegno e al potenziamento dei centri antiviolenza e case rifugio e alla tutela delle vittime di violenza di genere previsti dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, anche mediante l'adozione di opportune iniziative normative volte a intervenire sulla disciplina dell'8 per mille nei termini indicati in premessa.
9/1373-A/48. Ghirra, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Morfino, Ascari.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in materia di incendi boschivi;

    l'articolo 6 del provvedimento apporta alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., aumentando il minimo edittale della pena sia nel caso si integri la fattispecie colposa che quella dolosa, prevedendo un'aggravante ad effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione di propri doveri inerenti alla prevenzione e al contrasto degli incendi o per trame profitto;

    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10 modificano il decreto legislativo n. 300 del 1999, operando un riordino delle aree funzionali del Ministero della cultura, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4) con il rischio concreto e reale di ridurre le competenze e le vigilanze in materia di vincoli paesaggistici, ambientali ed archeologici;

    secondo i dati dell'Ispra – 23 agosto 2023 – è aumenta l'estensione delle aree percorse da grandi incendi boschivi in Italia, prossimi a 64.000 ettari, di cui più di 10.000 ha di ecosistemi forestali;

    le foreste coinvolte risultano in gran parte macchia mediterranea e leccete (63 per cento) e superfici ricoperte da boschi e rimboschimenti di conifere (20 per cento);

    al fine di assicurare la tempestiva realizzazione, entro il 31 dicembre 2024, degli interventi di adeguamento della pista olimpica di bob e slittino «Eugenio Monti» di Cortina d'Ampezzo, con il comma 3-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2021, n. 156, è stato nominato commissario straordinario l'amministratore delegato della società SIMICO;

    il dossier di candidatura Milano Cortina 2026 del 31 marzo 2019 stimava in 47 milioni di euro i costi per la realizzazione dell'infrastruttura in questione, importo poi rideterminato in 61 milioni nell'ambito della presa d'atto delle risultanze del documento di fattibilità delle alternative progettuali dell'intervento, passato successivamente a 85 milioni e oggi ridefinito in 124 milioni di euro dal progetto definitivo;

    il bando di gara per la realizzazione dell'impianto sarebbe andato deserto e la società SIMICO ha avviato una procedura «negoziata» per l'aggiudicazione a trattativa privata, anche questa conclusasi senta esito;

    secondo il cronoprogramma dei lavori, previsto in 807 giorni lavorativi, la conclusione dei lavori sarebbe prevista non prima del 15 gennaio 2026, solo 20 giorni prima della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Milano- Cortina, termine che pone non pochi dubbi sul regolare svolgimento delle operazioni di omologazione della pista e del suo successivo utilizzo;

    agli enormi costi economici per la realizzazione della pista, si aggiungono gli alti impatti ambientali connessi, con l'abbattimento di 500 larici secolari e il prelievo idrico di oltre 3 mila metri cubi d'acqua per il funzionamento dell'impianto;

    trattasi di un intervento invasivo su area boscosa, che potrebbe essere interessata da incendi, comunque con un impatto paesaggistico e ambientale non indifferente;

    nell'opinione pubblica si rafforza il dubbio sull'effettiva necessità di costruzione della pista e lo stesso CIO rispondendo alla Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, ha sottolineato come non sia un'esigenza del Comitato Olimpico quella di avere un impianto nuovo e che anzi il CIO è aderente in prima istanza ai valori della sostenibilità;

    il Sindaco di Innsbruck avrebbe formalizzato al Commissario di governo la disponibilità ad ospitare le gare olimpiche nell'impianto austriaco, chiedendo all'Italia di coprire un terzo del costo necessario per l'omologazione della pista stimato in 27 milioni di euro, soluzione a basso impatto economico e di salvaguardia ambientale, accettata anche dal CIO che non vincola la manifestazione al rispetto del territorio nazionale,

impegna il Governo

ad intervenire presso il Commissario straordinario perché venga accolta la proposta avanzata dal Sindaco della città di Innsbruck di far disputare le gare olimpiche sulla pista di bob della città austriaca, abbandonando il progetto di realizzazione della nuova pista «Eugenio Monti» di Cortina dall'altissimo costo economico e dall'elevato impatto, paesaggistico e ambientale.
9/1373-A/49. Zanella, Dori, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Berruto, Cappelletti, Laus, Ambrosi.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di approvazione del disegno di legge A.C. 1373 recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione» è emersa la necessità ed urgenza di approfondire e migliorare le disposizioni in materia di incendi boschivi;

    l'articolo 6 del provvedimento apporta alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., aumentando il minimo edittale della pena sia nel caso si integri la fattispecie colposa che quella dolosa, prevedendo un'aggravante ad effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione di propri doveri inerenti alla prevenzione e al contrasto degli incendi o per trame profitto;

    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10 modificano il decreto legislativo n. 300 del 1999, operando un riordino delle aree funzionali del Ministero della cultura, optando per il modello articolato in dipartimenti (che non potranno essere più di 4) con il rischio concreto e reale di ridurre le competenze e le vigilanze in materia di vincoli paesaggistici, ambientali ed archeologici;

    secondo i dati dell'Ispra – 23 agosto 2023 – è aumenta l'estensione delle aree percorse da grandi incendi boschivi in Italia, prossimi a 64.000 ettari, di cui più di 10.000 ha di ecosistemi forestali;

    le foreste coinvolte risultano in gran parte macchia mediterranea e leccete (63 per cento) e superfici ricoperte da boschi e rimboschimenti di conifere (20 per cento);

    al fine di assicurare la tempestiva realizzazione, entro il 31 dicembre 2024, degli interventi di adeguamento della pista olimpica di bob e slittino «Eugenio Monti» di Cortina d'Ampezzo, con il comma 3-bis dell'articolo 16 del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2021, n. 156, è stato nominato commissario straordinario l'amministratore delegato della società SIMICO;

    il dossier di candidatura Milano Cortina 2026 del 31 marzo 2019 stimava in 47 milioni di euro i costi per la realizzazione dell'infrastruttura in questione, importo poi rideterminato in 61 milioni nell'ambito della presa d'atto delle risultanze del documento di fattibilità delle alternative progettuali dell'intervento, passato successivamente a 85 milioni e oggi ridefinito in 124 milioni di euro dal progetto definitivo;

    il bando di gara per la realizzazione dell'impianto sarebbe andato deserto e la società SIMICO ha avviato una procedura «negoziata» per l'aggiudicazione a trattativa privata, anche questa conclusasi senta esito;

    secondo il cronoprogramma dei lavori, previsto in 807 giorni lavorativi, la conclusione dei lavori sarebbe prevista non prima del 15 gennaio 2026, solo 20 giorni prima della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Milano- Cortina, termine che pone non pochi dubbi sul regolare svolgimento delle operazioni di omologazione della pista e del suo successivo utilizzo;

    agli enormi costi economici per la realizzazione della pista, si aggiungono gli alti impatti ambientali connessi, con l'abbattimento di 500 larici secolari e il prelievo idrico di oltre 3 mila metri cubi d'acqua per il funzionamento dell'impianto;

    trattasi di un intervento invasivo su area boscosa, che potrebbe essere interessata da incendi, comunque con un impatto paesaggistico e ambientale non indifferente;

    nell'opinione pubblica si rafforza il dubbio sull'effettiva necessità di costruzione della pista e lo stesso CIO rispondendo alla Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, ha sottolineato come non sia un'esigenza del Comitato Olimpico quella di avere un impianto nuovo e che anzi il CIO è aderente in prima istanza ai valori della sostenibilità;

    il Sindaco di Innsbruck avrebbe formalizzato al Commissario di governo la disponibilità ad ospitare le gare olimpiche nell'impianto austriaco, chiedendo all'Italia di coprire un terzo del costo necessario per l'omologazione della pista stimato in 27 milioni di euro, soluzione a basso impatto economico e di salvaguardia ambientale, accettata anche dal CIO che non vincola la manifestazione al rispetto del territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare soluzioni alternative rispetto alla realizzazione della pista di bob a Cortina.
9/1373-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta)Zanella, Dori, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Berruto, Cappelletti, Laus, Ambrosi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'Amministrazione penitenziaria rappresenta un comparto fondamentale della Pubblica amministrazione; in materia di investimenti sulle dotazioni di personale e organizzative del comparto giustizia e del carcere, mentre il Ministro della giustizia sottolinea spesso l'importanza degli investimenti sul carcere e degli investimenti sulle misure alternative alla esecuzione, in realtà il primo atto del suo Governo è stato, con la legge di bilancio per il 2023, quello di operare tagli molto pesanti in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero sistema nel settore Giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria e al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che in qualità di Autorità centrale cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori;

    le significative riduzioni di spesa stanno incidendo pesantemente sulla tenuta di un sistema oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni, in particolare, rischiano di essere colpite le attività trattamentali delle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, allo stesso tempo, rischia di rallentare il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e, con essa, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale;

    si aggiunga, inoltre, che le riduzioni di spesa operano nel quadro di una manovra di finanza pubblica che non prevede altra misura relativa al comparto penitenziario, in particolare, laddove vengono previste risorse per l'edilizia giudiziaria, manca del tutto qualunque previsione in materia di edilizia e architettura penitenziaria e di gestione degli spazi a fini di riduzione del sovraffollamento e trattamentali;

    per realizzare la funzione rieducativa della pena, così come delineata nella nostra Costituzione, occorrono investimenti sul personale e investimenti sulle strutture, come dimostrano tutti gli studi condotti sul tema anche a livello europeo e internazionale;

    il ruolo che in questo percorso trattamentale assumono gli spazi detentivi è fondamentale: è necessario procedere alla riqualificazione dei luoghi dell'esecuzione penale, che devono essere progettati e definiti in funzione dell'organizzazione di efficaci percorsi trattamentali di reinserimento sociale di coloro che hanno commesso reati;

    il contenimento del tasso di recidiva è strettamente collegato al percorso trattamentale che viene offerto ai detenuti, in attuazione dell'articolo 27 della Costituzione;

    si tratta di uno sforzo nell'interesse non solo dei detenuti, ma anche del personale che nelle carceri lavora e vive ogni giorno, e di tutti i cittadini: se la pena riesce a svolgere una funzione rieducativa ed emancipante, il rischio di recidiva diminuisce sensibilmente. Questo permette di ridurre l'illegalità e quindi di aumentare la sicurezza, a beneficio di tutta la collettività,

impegna il Governo

a ripristinare, nonché ad incrementare, dal primo provvedimento utile, le risorse tagliate con la legge di bilancio per il 2023 al Dipartimento della amministrazione penitenziaria e al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, nonché, per garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, e per assicurare la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, aumentarne la dotazione organica, potenziando gli organici dei funzionari della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale e di mediatore culturale, a potenziare inoltre le risorse, presso il Ministero della giustizia, riconducibili al Fondo destinato ad interventi straordinari sulle carceri e per l'architettura penitenziaria, per l'elaborazione e la realizzazione di un modello coerente con l'idea di rieducazione e per interventi puntuali di manutenzione sulle strutture esistenti, nonché ad aumentare gli investimenti nella giustizia riparativa.
9/1373-A/50. Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Zan, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    l'ufficio per il processo, istituito dall'articolo 16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, è un modello volto a rendere più efficiente il servizio giustizia, che partendo da prassi virtuose di revisione dei moduli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie, consente di supportare i processi di innovazione, di smaltimento dell'arretrato e di efficientamento degli uffici giudiziari;

    il Ministero della giustizia, nell'ambito delle proprie competenze, ha predisposto un programma di interventi, organizzativi e normativi, per fornire ai Tribunali, alle Corti di appello, e alla Corte di cassazione la cornice normativa, le risorse finanziarie e gli strumenti informatici diretti all'organizzazione di strutture di staff in grado di affiancare il giudice nelle attività d'ufficio. I singoli uffici giudiziari, nell'ambito della loro autonomia, potranno dare completa attuazione a strutture di supporto e di assistenza all'attività giurisdizionale dei magistrati;

    l'Ufficio per il Processo è composto dai magistrati, dai rappresentanti del personale amministrativo delle cancellerie, dagli addetti all'Ufficio per il processo, e dai cosiddetti tirocinanti (studenti universitari che svolgono un tirocinio di 12 o 18 mesi presso i tribunali, corti di appello e Corte di cassazione);

    le attività che possono svolgersi nell'ufficio per il processo sono diverse, ricerca dottrinale e dei precedenti giurisprudenziali, stesura di relazioni, massimazione di sentenze, collaborazione diretta con il magistrato per la preparazione dell'udienza, rilevazione dei flussi dei dati statistici;

    la figura del Funzionario addetto all'Ufficio del Processo è delineata, in particolare, dal decreto-legge n. 80 del 2021 – articolo 11 e dal decreto legislativo n. 151 del 2022, che ha aggiornato e parzialmente modificato le disposizioni relative all'U.P.P.;

    nel 2022 si è provveduto ad assumere, previo espletamento di una procedura concorsuale indetta con bando del 6 agosto 2021 un primo contingente di personale non dirigenziale dell'Area funzionale terza, Fascia economica FI, con il profilo di Addetto all'ufficio per il processo di complessive 8.250 unità con contratto della durata di due anni e sette mesi, anche con mansioni di supporto all'attività giurisdizionale;

    le relazioni tenute in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario del 2023 dal Primo Presidente della Corte di cassazione e dagli altri Presidenti delle Corti d'Appello hanno riconosciuto il contributo importante che è venuto dalla istituzione dell'UPP, nel loro ruolo di «ponte» fra le attività prettamente giurisdizionali e le attività di supporto tradizionali, sottolineando una grande duttilità nel servizio, una forte propensione all'utilizzo degli strumenti tecnologici quale fattore di innovazione, una decisa capacità di sfruttare i margini delle attività di cancelleria in chiave di più efficace supporto al magistrato, un obiettivo, già in parte raggiunto, che trova ostacolo nella temporaneità del contratto di servizio degli addetti e alla conseguente mancanza di stabilità lavorativa;

    appare dunque necessario prevedere soluzioni che permettano di superare la eccessiva frammentazione e a garantire, aumentando gli organici e in seguito ad una selezione che si fondi su una valutazione positiva del candidato, continuità nell'attività dell'ufficio del processo,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, al fine di supportare l'azione di aggressione dell'arretrato civile e delle pendenze civili e penali, la celere definizione dei procedimenti giudiziari, nonché in ausilio delle ulteriori linee di progetto in materia di digitalizzazione e di edilizia giudiziaria, anche al fine di continuare a supportare le linee di progetto ricomprese nel PNRR assicurando la piena operatività delle strutture organizzative denominate «Ufficio per il processo», costituite ai sensi dell'articolo 16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ad adottare iniziative affinché il personale reclutato con il profilo di addetto all'Ufficio per il processo – da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia tramite concorso pubblico – al termine del contratto di lavoro di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, possa accedere ad un contratto a tempo indeterminato presso l'amministrazione assegnataria previo colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica nell'ambito del Piano triennale dei fabbisogni dell'amministrazione giudiziaria, in deroga a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 20, nonché in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente in materia di turnover, alle previsioni di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e di cui all'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9/1373-A/51. Lacarra, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan.


   La Camera,

   premesso che:

    in materia di investimenti sulle dotazioni di personale e organizzative del comparto giustizia e del carcere, mentre il Ministro della giustizia sottolinea spesso l'importanza degli investimenti sul carcere e degli investimenti sulle misure alternative alla esecuzione, in realtà il primo atto del suo Governo è stato, con la legge di bilancio per il 2023, quello di operare tagli molto pesanti in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero sistema nel settore Giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria e al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che in qualità di Autorità centrale cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori;

    l'Amministrazione penitenziaria rappresenta un comparto fondamentale della Pubblica amministrazione;

    le significative riduzioni di spesa stanno incidendo pesantemente sulla tenuta di un sistema oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni, in particolare, rischiano di essere colpite le attività trattamentali delle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, allo stesso tempo, rischia di rallentare il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e, con essa, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale;

    si aggiunga, inoltre, che le riduzioni di spesa operano nel quadro di una manovra di finanza pubblica che non prevede altra misura relativa al comparto penitenziario,

impegna il Governo

a ripristinare, nonché ad incrementare, dal primo provvedimento utile, le risorse tagliate con la legge di bilancio per il 2023 al Dipartimento della amministrazione penitenziaria e al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, nonché a prevedere il reclutamento di personale adeguato a coprire le vacanze di organico nel ruolo iniziale del Corpo di polizia penitenziaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente.
9/1373-A/52. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    nel 1946 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la salute come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l'assenza di malattie» e, sempre l'OMS, rileva che in Europa un detenuto su tre soffre di disturbi mentali, tanto che la causa più comune di morte nelle carceri è il suicidio;

    il rapporto Oms ha analizzato le prestazioni nelle carceri di 36 paesi dell'Ue dove sono detenute 600.000 persone. E risultato che il 32,6 per cento dei reclusi soffre di disturbi mentali; studi recenti mostrano inoltre che fra i detenuti la diffusione del disturbo psicotico e di depressione maggiore è di 2-4 volte superiore rispetto alla popolazione libera; nell'ultimo anno e mezzo nel nostro Paese, infatti, si sono verificati 107 suicidi in carcere, quasi uno ogni 5 giorni. La condanna del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sulla condizione degli istituti di pena in Italia e il ripetuto richiamo per migliorare una situazione drammatica è l'ennesima conferma che sulle carceri servirebbe una svolta con investimenti, un maggiore ricorso alle misure alternative e attuazione della riforma cosiddetta Cartabia sulla giustizia riparativa;

    la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 99 del 2019, pubblicata il 19 aprile 2019, ha fornito un importantissimo contributo alla rinascita del diritto alla tutela della salute delle persone con problemi di malattia mentale detenute nei nostri istituti penitenziari;

    il vigente ordinamento penitenziario, nello specifico il regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 agli articoli 111 e 112, prevede la possibilità di assegnare detenuti affetti da patologie psichiatriche in sezioni speciali, oggi denominate «articolazioni per la salute mentale» (A.T.S.M), volte a garantire servizi di assistenza rafforzata per rendere il regime carcerario compatibile con i disturbi psichiatrici; si tratta di reparti destinati a condannati o internati che sviluppino una patologia psichiatrica durante la detenzione o a condannati affetti da vizio parziale di mente, che dovrebbero garantire un'attività di tipo terapeutico e riabilitativo in maniera continuativa e individualizzata; anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 99 del 2019 ha sottolineato che «soprattutto le patologie psichiche possono aggravarsi e acutizzarsi proprio per la reclusione: la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle persone malate, sì da determinare, nei casi estremi, una vera e propria incompatibilità tra carcere e disturbo mentale, in attuazione degli articoli 27 e 32 della Costituzione»;

    con la legge 23 maggio 2013, n. 57 di conversione del decreto-legge n. 24/2013 che stabiliva il programma regionale in cui definire «tempi certi e impegni precisi per il superamento degli OPG», fino alla svolta avvenuta con la legge n. 81 del 2014 che ha apportato, in sede di conversione di un decreto-legge, significative modifiche volte a sancire il superamento dell'ottica meramente repressiva che aveva contraddistinto la gestione degli O.P.G. e che ha previsto l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in O.P.G. solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura. Il primo passo verso un cambiamento è stato il trasferimento delle competenze di medicina penitenziaria dal Ministero della Giustizia a quello della Sanità. Il secondo tassello è stato rappresentato dall'introduzione delle R.E.M.S. – Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza –, introdotte con legge 17 febbraio 2012, n. 9, che hanno costituito la risposta alle esigenze sopra esposte; sono troppo, però, poche rispetto alla crescente domanda di salute mentale delle nostre carceri;

    in materia di investimenti sulle dotazioni di personale e organizzative del comparto giustizia e del carcere, mentre il Ministro della Giustizia sottolinea spesso l'importanza degli investimenti sul carcere e degli investimenti sulle misure alternative alla esecuzione, in realtà il primo atto del suo Governo è stato, con la legge di bilancio per il 2023, quello di operare tagli molto pesanti in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero sistema nel settore Giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e minorile e di comunità;

    le significative riduzioni di spesa stanno incidendo pesantemente sulla tenuta di un sistema oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni, in particolare, rischiano di essere colpite le attività trattamentali delle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, allo stesso tempo, rischia di rallentare il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e, con essa, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale e del personale che con loro lavora, in condizioni spesso, estreme, a cui va riconosciuta una particolare motivazione,

impegna il Governo

a riconoscere al personale medico specialistico e al personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge n. 81 del 2014, e presso gli Uffici di esecuzione penale esterna, un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione a titolo di indennità correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro.
9/1373-A/53. Di Biase, Serracchiani, Gianassi, Zan, Lacarra, Fornaro, Casu, Ciani.


   La Camera,

   premesso che:

    nel 1946 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la salute come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l'assenza di malattie» e, sempre l'OMS, rileva che in Europa un detenuto su tre soffre di disturbi mentali, tanto che la causa più comune di morte nelle carceri è il suicidio;

    il rapporto Oms ha analizzato le prestazioni nelle carceri di 36 paesi dell'Ue dove sono detenute 600.000 persone. E risultato che il 32,6 per cento dei reclusi soffre di disturbi mentali; studi recenti mostrano inoltre che fra i detenuti la diffusione del disturbo psicotico e di depressione maggiore è di 2-4 volte superiore rispetto alla popolazione libera; nell'ultimo anno e mezzo nel nostro Paese, infatti, si sono verificati 107 suicidi in carcere, quasi uno ogni 5 giorni. La condanna del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sulla condizione degli istituti di pena in Italia e il ripetuto richiamo per migliorare una situazione drammatica è l'ennesima conferma che sulle carceri servirebbe una svolta con investimenti, un maggiore ricorso alle misure alternative e attuazione della riforma cosiddetta Cartabia sulla giustizia riparativa;

    la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 99 del 2019, pubblicata il 19 aprile 2019, ha fornito un importantissimo contributo alla rinascita del diritto alla tutela della salute delle persone con problemi di malattia mentale detenute nei nostri istituti penitenziari;

    il vigente ordinamento penitenziario, nello specifico il regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 agli articoli 111 e 112, prevede la possibilità di assegnare detenuti affetti da patologie psichiatriche in sezioni speciali, oggi denominate «articolazioni per la salute mentale» (A.T.S.M), volte a garantire servizi di assistenza rafforzata per rendere il regime carcerario compatibile con i disturbi psichiatrici; si tratta di reparti destinati a condannati o internati che sviluppino una patologia psichiatrica durante la detenzione o a condannati affetti da vizio parziale di mente, che dovrebbero garantire un'attività di tipo terapeutico e riabilitativo in maniera continuativa e individualizzata; anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 99 del 2019 ha sottolineato che «soprattutto le patologie psichiche possono aggravarsi e acutizzarsi proprio per la reclusione: la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle persone malate, sì da determinare, nei casi estremi, una vera e propria incompatibilità tra carcere e disturbo mentale, in attuazione degli articoli 27 e 32 della Costituzione»;

    con la legge 23 maggio 2013, n. 57 di conversione del decreto-legge n. 24/2013 che stabiliva il programma regionale in cui definire «tempi certi e impegni precisi per il superamento degli OPG», fino alla svolta avvenuta con la legge n. 81 del 2014 che ha apportato, in sede di conversione di un decreto-legge, significative modifiche volte a sancire il superamento dell'ottica meramente repressiva che aveva contraddistinto la gestione degli O.P.G. e che ha previsto l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in O.P.G. solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura. Il primo passo verso un cambiamento è stato il trasferimento delle competenze di medicina penitenziaria dal Ministero della Giustizia a quello della Sanità. Il secondo tassello è stato rappresentato dall'introduzione delle R.E.M.S. – Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza –, introdotte con legge 17 febbraio 2012, n. 9, che hanno costituito la risposta alle esigenze sopra esposte; sono troppo, però, poche rispetto alla crescente domanda di salute mentale delle nostre carceri;

    in materia di investimenti sulle dotazioni di personale e organizzative del comparto giustizia e del carcere, mentre il Ministro della Giustizia sottolinea spesso l'importanza degli investimenti sul carcere e degli investimenti sulle misure alternative alla esecuzione, in realtà il primo atto del suo Governo è stato, con la legge di bilancio per il 2023, quello di operare tagli molto pesanti in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero sistema nel settore Giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e minorile e di comunità;

    le significative riduzioni di spesa stanno incidendo pesantemente sulla tenuta di un sistema oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni, in particolare, rischiano di essere colpite le attività trattamentali delle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, allo stesso tempo, rischia di rallentare il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e, con essa, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale e del personale che con loro lavora, in condizioni spesso, estreme, a cui va riconosciuta una particolare motivazione,

impegna il Governo

a valorizzare il personale medico specialistico e il personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge n. 81 del 2014, e presso gli Uffici di esecuzione penale esterna, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1373-A/53. (Testo modificato nel corso della seduta)Di Biase, Serracchiani, Gianassi, Zan, Lacarra, Fornaro, Casu, Ciani.


   La Camera,

   premesso che:

    alla violenza sulle donne è emerso chiaramente negli anni, non ultimo dai lavori della Commissione femminicidio della scorsa legislatura, che tra le priorità di intervento, vi è l'esigenza di una necessaria formazione e specializzazione di tutto il personale che interviene con donne e minori vittime di violenza, a partire da tutti gli operatori della giustizia;

    per far sì che le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica siano immediatamente individuate e ricevano un'assistenza adeguata, lo Stato deve garantire che gli operatori e i professionisti che possono entrare in contatto con le vittime – polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, personale socio-sanitario, insegnanti, polizia municipale – siano coinvolti in un'apposita azione di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione, con natura continua e permanente, al fine di mettere in atto una corretta gestione del fenomeno, nonché di permetterne una corretta lettura, necessaria a consentire un'efficace e tempestiva azione di contrasto della violenza di genere e domestica, affinché anche le organizzazioni responsabili possano coordinare efficacemente le loro azioni, anche operando in sinergia con gli ordini professionali, con la Conferenza delle Regioni, con l'A.N.C.I, U.P.I., U.N.C.E.M., con la Conferenza dei rettori delle università italiane, con la Scuola Nazionale dell'Amministrazione, con il Formez PA. e con le associazioni attive nel contrasto al fenomeno e con i centri antiviolenza,

impegna il Governo

a colmare, sin dal primo provvedimento utile, nell'ambito delle sue proprie prerogative, la gravissima assenza di misure, sia finanziarie sia organizzative, necessarie a cogliere gli obiettivi sopra richiamati per il contrasto alla violenza sulle donne e domestica, adottando i necessari interventi volti a garantire un'apposita azione di formazione, di aggiornamento e di qualificazione, con natura continua e permanente, del personale che può entrare in contatto con le vittime – polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, personale socio-sanitario, insegnanti, polizia municipale, e di garantire che la stessa sia inserita al centro dei processi di pianificazione e programmazione delle amministrazioni pubbliche, anche con riguardo al rischio di intimidazione e di vittimizzazione ripetuta e secondaria e ai mezzi per prevenirlo, alle misure di protezione e assistenza a disposizione delle vittime, e che la stessa sia coordinata e integrata con gli obiettivi programmatici e strategici di performance dell'amministrazione, trovando una piena integrazione nel ciclo della performance e con le politiche di reclutamento, valorizzazione e sviluppo delle risorse umane, all'interno di un piano organico di prevenzione e informazione sul fenomeno della violenza contro le donne, anche attraverso iniziative culturali e percorsi formativi, con particolare riguardo alla formazione scolastica.
9/1373-A/54. Forattini, Ferrari, Di Biase, Ghio, Boldrini, Furfaro, Fornaro, Ascari, Morfino, Serracchiani, Zanella, Grimaldi, Mari, Bonelli, Dori, Fratoianni, Piccolotti, Borrelli, Evi, Ghirra, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di processo penale, e in particolare misure volte ad intervenire in materia di intercettazioni;

    da notizie di stampa è emerso che in un'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia avente ad oggetto questioni relative all'amministrazione comunale di Santa Marinella sarebbero stati depositati agli atti da parte della procura, e di conseguenza diffusi in modo incontrollato, video di intercettazioni ambientali penalmente irrilevanti riguardanti il sindaco di Santa Marinella;

    non si tratta dell'unico caso in cui vengono allegate agli atti intercettazioni non rilevanti penalmente ma di interesse mediatico in quanto di contenuto tale da alimentare il pettegolezzo;

    le intercettazioni ambientali, in particolare quelle condotte tramite captatori informatici, si prestano per loro stessa natura ad entrare nell'ambito della sfera più intima del soggetto interessato; per tale ragione, in attesa di una disciplina organica che circoscriva i tempi e i luoghi nei quali è possibile effettuare captazioni, necessario il massimo rigore nel rispetto delle norme e delle procedure esistenti, al fine di scongiurare il rischio di diffusione di fatti intimi penalmente irrilevanti, in violazione della privacy e della dignità dei soggetti interessati, come avvenuto nel caso in oggetto,

impegna il Governo

anche in relazione a quanto previsto dal provvedimento in esame, che dispone, all'articolo 1, comma 2-ter, di non trascrivere il contenuto delle intercettazioni irrilevanti ai fini delle indagini, ad avvalersi dei poteri ispettivi in capo al Ministero della Giustizia al fine di approfondire la dinamica delle vicende riportata in premessa, accertando eventuali irregolarità e relative responsabilità.
9/1373-A/55. D'Alessio, Enrico Costa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di processo penale, e in particolare misure volte ad intervenire in materia di intercettazioni;

    da notizie di stampa è emerso che in un'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia avente ad oggetto questioni relative all'amministrazione comunale di Santa Marinella sarebbero stati depositati agli atti da parte della procura, e di conseguenza diffusi in modo incontrollato, video di intercettazioni ambientali penalmente irrilevanti riguardanti il sindaco di Santa Marinella;

    non si tratta dell'unico caso in cui vengono allegate agli atti intercettazioni non rilevanti penalmente ma di interesse mediatico in quanto di contenuto tale da alimentare il pettegolezzo;

    le intercettazioni ambientali, in particolare quelle condotte tramite captatori informatici, si prestano per loro stessa natura ad entrare nell'ambito della sfera più intima del soggetto interessato; per tale ragione, in attesa di una disciplina organica che circoscriva i tempi e i luoghi nei quali è possibile effettuare captazioni, necessario il massimo rigore nel rispetto delle norme e delle procedure esistenti, al fine di scongiurare il rischio di diffusione di fatti intimi penalmente irrilevanti, in violazione della privacy e della dignità dei soggetti interessati, come avvenuto nel caso in oggetto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriori interventi a tutela dei terzi estranei alle indagini.
9/1373-A/55. (Testo modificato nel corso della seduta)D'Alessio, Enrico Costa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di processo penale, e in particolare misure volte intervenire in materia di intercettazioni;

    in relazione all'acquisizione di file audio captati attraverso le intercettazioni si vuole segnalare la pericolosità dei sistemi di analisi e di modifica della voce c.d. «deep fake»;

    è di tutta evidenza la diffusione e il facile utilizzo di sistemi e applicazioni (anche a basso costo e rinvenibili sugli store dei telefoni cellulari) basati su intelligenza artificiale (c.d. «deep fake») in grado di replicare in modo impercettibile la voce di chiunque a sua insaputa e permettendo a chiunque di far pronunciare frasi e interi discorsi completamente inventati con la voce dell'ignara vittima. È sufficiente avere un file di pochi minuti di «parlato» della vittima per far inventare frasi lunghe e complesse all'intelligenza artificiale;

    non vi è alcuna intenzione di minare l'impianto delle intercettazioni inserendo dubbi e ipotesi sulla falsificazione delle stesse ma si vuole solo porre l'attenzione sul problema e fornire alcune soluzioni prima che tale possibilità si verifichi in un procedimento penale e che qualche soggetto finisca ingiustamente indagato, per evitare, come già troppe volte accaduto, di rincorrere i problemi, colmare lacune normative e riparare danni del sistema a posteriori (in questo senso, l'esempio del Trojan è lampante);

    la questione dei «deep fake» può essere risolta proprio grazie all'Intelligenza artificiale, che se da una parte è in grado di realizzarli, dall'altra parte ha già permesso ai tecnici di utilizzare le stesse tecniche e metodologie al contrario, ovvero per individuarli. Così come vi è la possibilità di scrivere un testo di varia lunghezza con IA LLM (Intelligenza artificiale generativa di linguaggio), in pochi secondi un sistema software analogo è in grado di rivelare che quel testo è stato scritto con IA; allo stesso modo, a detta di autorevoli tecnici, è possibile scoprire che un file audio di varia lunghezza è stato realizzato con tecniche di «deep fake»;

    non sfugge che gli strumenti di IA idonei a creare «deep fake» sono sempre più sofisticati, ma questo non dovrebbe far altro che aumentare la nostra preoccupazione sul rischio di errori e sulla necessità di avere strumenti processuali idonei quantomeno a limitarli;

    la soluzione sotto il profilo delle modifiche alle norme processuali può essere quella di prevedere a richiesta di almeno una delle parti del processo di effettuare una perizia sui file audio che si ha motivo di ritenere possano essere stati oggetto di manipolazione con sistemi di IA, ad esempio ove il soggetto sia certo di non aver mai detto quelle parole,

impegna il Governo

nell'ambito della più ampia dimensione del riconoscimento della prova «vocale», ad introdurre le opportune modifiche delle norme processuali al fine di istituire una specifica procedura, anche attraverso una puntuale forma di incidente probatorio, in fase di indagine o di udienza preliminare e su richiesta di parte, al fine di garantire l'effettuazione di una perizia in caso di sospetti sull'alterazione di file audio o video per mezzo di sistemi di intelligenza artificiale.
9/1373-A/56. Enrico Costa, Orlando, D'Attis, Matone, Bellomo, Candiani, Bicchielli, Giaccone, Steger, Furgiuele, Zinzi, De Monte, Castiglione, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che

    l'articolo 10 del decreto-legge n. 105 del 2023 modifica il decreto legislativo n. 300 del 1999 operando in due direzioni: da un lato, riordina e aggiorna le aree funzionali del Ministero della cultura, senza mutarne le attribuzioni; dall'altro lato, modifica il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti;

    il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti;

    la riorganizzazione prevista dal decreto riguarda le strutture direttive del Ministero della cultura e non le articolazioni periferiche presenti nell'ambito della macro struttura organizzativa;

    il provvedimento prevede che gli incarichi dirigenziali generali e non generali decadono con il perfezionamento delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

    in questo modo, l'articolo 10 del presente provvedimento rischia di determinare una decadenza automatica di incarichi senza che vi siano i presupposti normativi che, nel caso di uffici che non subiscono modifiche a seguito della revisione organizzativa, sono esclusivamente rintracciabili nelle previsioni di cui all'articolo 19, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che richiamano la fattispecie prevista dall'articolo 21, comma 1, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001,

impegna il Governo

a specificare, nel prossimo provvedimento utile, che decadono esclusivamente gli incarichi generali e non generali a cui si applicano le modifiche organizzative previste al comma 1, lettera b) dell'articolo 10 del decreto-legge n. 105 del 2023.
9/1373-A/57. Piccolotti, Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 6 del decreto in esame, modificato in sede referente, apporta alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., aumentando il minimo edittale della pena sia nel caso si integri la fattispecie colposa sia quella dolosa e prevedendo un'aggravante ad effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione di propri doveri inerenti alla prevenzione e al contrasto degli incendi o per trarne profitto;

    l'Italia è tra i Paesi europei più colpite dagli effetti del cambiamento climatico e a dimostrarlo è anche il perdurare di una gravissima siccità che aumenta significativamente il rischio di incendi nel Paese;

    la legge n. 353 del 2000, legge quadro in materia di prevenzione e lotta agli incendi, obbliga tutti i comuni a censire i terreni percorsi dal fuoco, predisponendo un apposito catasto, in modo da applicare con esattezza i vincoli previsti, che varino dal divieto di modificare la destinazione d'uso dell'area per 15 anni all'impossibilità di edificare ed esercitare la caccia o la pastorizia per un periodo di 10 anni. Si calcola che un comune su cinque nel nostro Paese non abbia mai adottato il catasto delle aree percorse dal fuoco oppure non lo tenga aggiornato;

    il decreto-legge 120 del 2021 ha previsto misure per l'accelerazione dell'aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco,

impegna il Governo

ad adottare, sulla base del monitoraggio dello stato di attuazione dell'articolo 10 della legge quadro in materia di prevenzione e lotta agli incendi, iniziative di competenza per garantire il rispetto degli obblighi previsti sull'aggiornamento del catasto delle aree già percorse dal fuoco, prevedendo lo stanziamento di apposite risorse da destinare ai comuni finalizzate all'assolvimento di tale compito e, in ultima istanza, valutando l'opportunità, al fine di prevenire pericoli gravi per l'incolumità e la sicurezza pubblica, in caso di accertata e perdurante inerzia da parte dell'ente competente, di applicare il potere sostitutivo previsto dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
9/1373-A/58. Braga.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 6 del decreto in esame, modificato in sede referente, apporta alcune modifiche al reato di incendio boschivo, di cui all'articolo 423-bis c.p., aumentando il minimo edittale della pena sia nel caso si integri la fattispecie colposa sia quella dolosa e prevedendo un'aggravante ad effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione di propri doveri inerenti alla prevenzione e al contrasto degli incendi o per trarne profitto;

    l'Italia è tra i Paesi europei più colpite dagli effetti del cambiamento climatico e a dimostrarlo è anche il perdurare di una gravissima siccità che aumenta significativamente il rischio di incendi nel Paese;

    la legge n. 353 del 2000, legge quadro in materia di prevenzione e lotta agli incendi, obbliga tutti i comuni a censire i terreni percorsi dal fuoco, predisponendo un apposito catasto, in modo da applicare con esattezza i vincoli previsti, che varino dal divieto di modificare la destinazione d'uso dell'area per 15 anni all'impossibilità di edificare ed esercitare la caccia o la pastorizia per un periodo di 10 anni. Si calcola che un comune su cinque nel nostro Paese non abbia mai adottato il catasto delle aree percorse dal fuoco oppure non lo tenga aggiornato;

    il decreto-legge 120 del 2021 ha previsto misure per l'accelerazione dell'aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco,

impegna il Governo

a valutare lo stato di attuazione dell'articolo 10 della legge quadro in materia di prevenzione e lotta agli incendi, e valutare l'opportunità di eventuali iniziative per garantire il rispetto degli obblighi previsti sull'aggiornamento del catasto delle aree già percorse dal fuoco, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1373-A/58. (Testo modificato nel corso della seduta)Braga.


   La Camera,

   premesso che:

    l'A.C. 1373-A reca all'articolo 1 «Disposizioni in materia di intercettazioni» e stabilisce, tra le altre disposizioni che la disciplina speciale in materia di intercettazioni, attualmente contemplata per lo svolgimento delle indagini in relazione ai delitti di criminalità organizzata per i quali è prevista una attenuazione dei requisiti per la sua autorizzazione, si applichi anche ai delitti, consumati o tentati, di delitti inerenti ad organizzazioni criminali per il traffico illecito di rifiuti e di sequestro di persona a scopo di estorsione, o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso;

    la norma in approvazione è stata, altresì, implementata nel corso dell'esame in commissione, di ulteriori commi inerenti i criteri applicativi dei decreti autorizzativi e di utilizzo delle intercettazioni in procedimenti diversi;

   evidenziato che:

    la CEDU chiamata a fornire una corretta interpretazione del limite delle intercettazioni in ottemperanza dell'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pagina 37), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pagina 11), nella sentenza testualmente riferisce rispondendo alla questione sollevata in ordine all'ammissibilità delle captazioni per reati diversi da quelli strettamente indicati dalla direttiva su richiamata;

    testualmente statuisce che l'articolo 15 deve essere interpretato nel senso che:

     esso osta a che dati personali relativi a comunicazioni elettroniche che sono stati conservati, in applicazione di una misura legislativa adottata ai sensi di tale disposizione, dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica e che sono stati successivamente messi a disposizione, in applicazione della medesima misura, delle autorità competenti a fini di lotta alla criminalità grave possano essere utilizzati nell'ambito di indagini per condotte illecite di natura corruttiva;

     ritiene la Corte infatti che gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all'articolo 8, paragrafi da 1 a 4, e all'articolo 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE (del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pagina 31)), una misura necessaria, opportuna e proporzionata all'interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica;

   inoltre, considerato che:

    la Sentenza n. 170 del 2023 della Corte costituzionale stabilisce che la nozione di «corrispondenza», si presterebbe a ricomprendere, oltre alla tradizionale corrispondenza cartacea recapitata a mezzo del servizio postale e telegrafico (divenuta ormai «statisticamente minoritari[a]»), anche i messaggi scritti scambiati attraverso strumenti di tipo informatico e telematico: messaggi assistiti dalla medesima garanzia di segretezza, assicurata dalle credenziali di accesso riservate per la corrispondenza elettronica e dalla disponibilità esclusiva, in capo ai corrispondenti, dei dispositivi elettronici utilizzati per lo scambio dei messaggi di testo;

    l'assimilabilità dei due strumenti, che assolvono alla medesima funzione comunicativa per iscritto, sarebbe stata, d'altro canto, costantemente riconosciuta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la quale ha sempre ritenuto riferibile la nozione di «corrispondenza», di cui all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, alla posta elettronica e ai messaggi scambiati via internet, così come ai dati memorizzati nei server informatici, negli hard disk e negli altri dispositivi di memorizzazione;

    nel diritto interno, inoltre, la legge 23 dicembre 1993, n. 547 (Modificazioni ed integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica), sostituendo il quarto comma dell'articolo 616 del codice penale, ha espressamente equiparato la corrispondenza informatica o telematica alla corrispondenza epistolare e telegrafica: ciò, al fine di non sottrarre al sistema di tutela della legge ordinaria forme di comunicazione rientranti nella sfera di protezione dell'articolo 15 della Costituzione, che qualifica come inviolabili la libertà e la segretezza della corrispondenza;

    la Costituzione non poteva occuparsi della corrispondenza informatica e telematica solo per ragioni di carattere storico, e non certo di differenziazione di disciplina. Sia nell'articolo 15 della Costituzione, sia nell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione, il termine «corrispondenza» è peraltro utilizzato senza alcuna specificazione, prestandosi, quindi, ad essere riferito ad ogni forma di comunicazione divenuta praticabile a seguito dell'evoluzione tecnologica;

    la giurisprudenza di legittimità ha, d'altro canto, chiarito quale sia l'elemento che, con riguardo alla trasmissione di dati e informazioni tramite canali elettronici, distingue la presa di cognizione della corrispondenza dall'intercettazione. Nel delineare i rapporti tra il delitto di cui all'articolo 616 del codice penale (che punisce l'acquisizione illecita del contenuto della corrispondenza, anche informatica e telematica) e quello di cui al successivo articolo 617-quater (che sanziona l'intercettazione delle comunicazioni informatiche o telematiche), la Corte di cassazione ha, infatti, affermato che quest'ultima figura criminosa è riferibile alla comunicazione nel suo momento «dinamico», ossia in fase di transizione, mentre la prima concerne la comunicazione nel suo profilo «statico», ossia il pensiero già comunicato o da comunicare fissato su supporto fisico o altrimenti rappresentato in forma materiale;

    tale considerazione renderebbe palese come non siano idonei a porre in discussione la ricostruzione dianzi prospettata gli argomenti addotti dalla giurisprudenza di legittimità al fine di ritenere inapplicabile l'articolo 254 del codice di procedura penale al sequestro di posta elettronica e messaggistica di testo: argomenti con i quali essa sembrerebbe negare la natura di corrispondenza a quella elettronica, qualificandola come documento, ai sensi dell'articolo 234 del codice di procedura penale. A prescindere dal fatto che anche la corrispondenza cartacea ha natura di documento, sicché l'una qualificazione non è affatto incompatibile con l'altra, occorrerebbe considerare che l'articolo 254 del codice di procedura penale non esaurisce la disciplina del sequestro di corrispondenza, ma si occupa esclusivamente di quello che interviene quando la stessa è in transito dal mittente al destinatario, determinando così una interruzione del flusso informativo; laddove, invece, la corrispondenza già recapitata può formare oggetto di sequestro documentale presso il destinatario ai sensi del precedente articolo 253 del codice di procedura penale. Ciò, in perfetta analogia con la distinzione, dianzi ricordata, tra profilo dinamico e profilo statico della comunicazione e lo scambio di messaggi elettronici – e-mail, SMS, WhatsApp e simili – rappresenti, di per sé, una forma di corrispondenza agli effetti degli articoli 15 e 68, terzo comma, della Costituzione non può essere revocato in dubbio;

    posto che quello di «corrispondenza» è concetto ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza, questa Corte ha ripetutamente affermato che la tutela accordata dall'articolo 15 della Costituzione – che assicura a tutti i consociati la libertà e la segretezza «della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione», consentendone la limitazione «soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge» – prescinde dalle caratteristiche del mezzo tecnico utilizzato ai fini della trasmissione del pensiero, «aprendo così il testo costituzionale alla possibile emersione di nuovi mezzi e forme della comunicazione riservata» (sentenza n. 2 del 2023). La garanzia si estende, quindi, ad ogni strumento che l'evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e informatici, ignoti al momento del varo della Carta costituzionale (sentenza n. 20 del 2017; già in precedenza, con riguardo agli apparecchi ricetrasmittenti di debole potenza, sentenza n. 1030 del 1988; sulla libertà del titolare del diritto di scegliere liberamente il mezzo con cui corrispondere, sentenza n. 81 del 1993).

    posta elettronica e messaggi inviati tramite l'applicazione WhatsApp (appartenente ai sistemi di cosiddetta messaggistica istantanea) rientrano, dunque, a pieno titolo nella sfera di protezione dell'articolo 15 della Costituzione, apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi. La riservatezza della comunicazione, che nella tradizionale corrispondenza epistolare è garantita dall'inserimento del plico cartaceo o del biglietto in una busta chiusa, è qui assicurata dal fatto che la posta elettronica viene inviata a una specifica casella di posta, accessibile solo al destinatario tramite procedure che prevedono l'utilizzo di codici personali; mentre il messaggio WhatsApp, spedito tramite tecniche che assicurano la riservatezza, è accessibile solo al soggetto che abbia la disponibilità del dispositivo elettronico di destinazione, normalmente protetto anch'esso da codici di accesso o altri meccanismi di identificazione;

   ribadito che:

    nella consapevolezza di voler non rispettare i dettati CEDU, il Governo ha inteso comunque prevedere la possibilità di captare conversazioni per reati della pubblica amministrazione, appare evidente che questa deroga debba prevedere dei limiti rigorosi è più stringenti rispetto agli altri reati di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame;

   preso atto che:

    c'è la necessità di una riforma equilibrata che, pur partendo dal presupposto dell'irrinunciabilità delle intercettazioni come strumento indispensabile per la ricerca della prova, preveda l'eliminazione del rischio di abusi e di compressione delle libertà fondamentali. Tutela, quindi, per questo strumento purché usato correttamente,

impegna il Governo:

   nel primo provvedimento utile ad adottare disposizioni volte a:

   prevedere anche per la corrispondenza forme speciali di protezione;

   stabilire, che le captazioni, per reati diversi da quelli indicati nella sentenza di cui nelle premesse, siano concesse solo se sottoposte a a criteri rigorosi al fine di garantire e rispettare il diritto europeo sancito dalla direttiva 2002/5 8/CE all'articolo 15 e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pagina 37), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pagina 11).
9/1373-A/59. Bellomo.


   La Camera,

impegna il Governo:

  a valutare la conformità dell'assetto processuale al diritto europeo sancito dalla direttiva 2002/5 8/CE all'articolo 15 e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pagina 37), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 e conseguentemente a valutare l'opportunità di eventuali interventi normativi.
9/1373-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta)Bellomo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea è intervenuto sul tema della ripartizione delle quote inerenti l'otto per mille dell'IRPEF inoptata dai contribuenti. In particolare gli articoli 7 e 8 stabiliscono che la quota destinata allo Stato per l'anno 2023 sia finalizzata oltre che per gli interventi già previsti anche per la nuova destinazione «interventi straordinari per il recupero delle tossicodipendenze e delle altre dipendenze psicologiche»;

    ad oggi la ripartizione dell'otto per mille è regolata dalla legge 20 maggio 1985, n. 222 emanata in esecuzione degli accordi tra Repubblica italiana e Santa Sede conseguenti alla revisione del Concordato del 1929, firmata il 18 febbraio 1984 e ratificato con legge 25 maggio 1985, n. 121, e prevede la possibilità per i contribuenti italiani di destinare una quota delle imposte dovute per l'Irpef, pari all'8 per mille, ad una confessione religiosa, purché si tratti di una confessione con la quale lo Stato ha stipulato un'intesa o allo Stato;

    l'articolo 47, comma 3, ultimo periodo prevede che «in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse»;

    il meccanismo previsto dalla legge n. 222 del 1985 va a violare la diretta libertà di scelta del contribuente il quale, decidendo di non destinare la sua quota di otto per mille, esprimerebbe la volontà di non partecipare al sistema, di conseguenza quelle risorse dovrebbero essere considerate denaro pubblico o, alternativamente riassorbite all'interno del bilancio dello Stato o ripartite tra quelle destinate a scopi sociali a diretta gestione statale;

    come rilevato dalla Corte dei conti – che è intervenuta diverse volte negli ultimi anni rilevando gli elementi di debolezza della normativa – in virtù di tale meccanismo ognuno è coinvolto, indipendentemente dalla propria volontà, nel finanziamento delle confessioni, dal momento che i soli optanti decidono per tutti, e il riparto anche delle scelte non espresse, avvantaggia soprattutto i maggiori beneficiari. «Il sistema, pertanto, risulta non del tutto rispettoso dei principi di proporzionalità, di volontarietà e di uguaglianza», di conseguenza si configura una violazione della libertà del contribuente;

    come sottolineato con deliberazione del 23 dicembre 2016, n. 16/2016/G, sempre la Corte dei Conti «in un periodo di generalizzata riduzione delle spese sociali a causa della congiuntura economica, le contribuzioni a favore delle confessioni continuano, in controtendenza, ad incrementarsi senza che lo Stato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l'erario, tanto più che, negli ultimi anni, si è assistito al sovrapporsi delle assegnazioni previste dal diritto pattizio con quelle – che raggiungono cifre, in taluni casi, ancora più consistenti – di diritto comune. Il progressivo accrescersi di queste ultime fa, in parte, venir meno le ragioni che giustificano il cospicuo intervento finanziario dello Stato disegnato dall'otto per mille, che ha contribuito ad un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana»;

    secondo quanto è possibile apprendere dai dati pubblicati sul sito del Ministero dell'Economia e delle finanze, per quanto riguarda le dichiarazioni dei redditi facenti riferimento al 2019 (anno per il quale i dati risultano consolidati) e ripartiti nel 2023, le scelte espresse valide sono state pari al 40,50 per cento del totale, mentre il così detto «inoptato» è stato, pari al 58,97 per cento del totale;

    per quanto riguarda la ripartizione tra le diverse confessioni religiose e lo stato, per il quale è possibile dal 2023 prevedere l'indicazione della destinazione, ad esso risulta destinato il 22,63 per cento, alla Chiesa Cattolica il 71,73 per cento mentre alle altre confessioni religiose percentuali che oscillano tra lo 0,05 e l'2,91 per cento,

impegna il Governo

ad intervenire, anche formalizzando la richiesta alla Conferenza Episcopale Italiana di avviare la procedura prevista dall'articolo 49 della legge 20 maggio 1985, n. 222, al fine di modificare l'articolo 47 della stessa legge, per stabilire che le quote di otto per mille per le quali non è stata indicata una destinazione dai contribuenti siano destinate esclusivamente ad interventi a diretta gestione statale, sanando uno squilibrio già più volte evidenziato dalla Corte dei Conti.
9/1373-A/60. Magi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 6-bis del decreto in esame, inserito in sede referente, introduce una sanzione penale per chi abbatte, cattura o detiene orsi bruni marsicani;

    alla fine degli anni '90 l'orso bruno si era quasi completamente estinto dalle Alpi, e per recuperare questo grande carnivoro è stata quindi realizzata una reintroduzione co-finanziata dall'Unione europea;

    per assicurare la coesistenza dell'orso con l'uomo è necessario attivare politiche gestionali efficaci da parte delle amministrazioni locali e statali competenti. Per questo è stato redatto il PACOBACE, piano d'azione – che è stato formalmente recepito da tutte le Amministrazioni territoriali (Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano) delle Alpi centro Orientali, dal Ministero dell'ambiente e da ISPRA – in materia di conservazione e gestione dell'Orso nelle Alpi;

    il piano contiene indicazioni dettagliate circa le misure da adottare per prevenire e risarcire i danni causati dall'Orso, le più opportune misure di intervento sugli esemplari problematici, la struttura delle campagne di informazione e comunicazione, la formazione del personale, ed il monitoraggio della popolazione,

impegna il Governo

ad adottare tutte le necessarie iniziative di competenza finalizzate alla piena attuazione del Piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali (PACOBACE ).
9/1373-A/61. Curti, Simiani, Ferrari, Borrelli, Ilaria Fontana.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione;

    con l'attuazione del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in materia di «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», la progressiva chiusura dei piccoli tribunali ad opera dei precedenti governi, che avrebbe avuto la pretesa di incrementare l'efficienza a fronte di un risparmio di spesa, ha comportato, invece, evidenti problemi nella gestione della giustizia soprattutto per avere accentrato numerosi procedimenti nei tribunali più grandi, non sempre in grado di gestire il carico dei processi, sia civili sia penali, deviati alla loro competenza, con sovraccarico di lavoro e gravi ritardi nelle decisioni;

    i correttivi e le proroghe al decreto legislativo n. 155 del 2012 intervenute negli anni hanno messo in luce i limiti di questa riforma evidenziando che una geografia giudiziaria di questo tipo non può funzionare;

    i tribunali sono garanti della tutela del cittadino, presìdi della cultura del diritto, della sicurezza e della presenza e prestigio dello Stato, anche nelle zone più disagiate e periferiche. La chiusura di quelli minori nelle zone montane e nelle isole pone, infatti, un problema logistico e sociale anche relativamente alla perdita di posti di lavoro e progressivo allontanamento da questi centri;

    a quanto risulta al proponente, esistono nei distretti di Corte d'Appello vari tribunali minori, piccoli ma molto efficienti, che salvaguardano altresì la sussistenza nel distretto della relativa Corte come quello di Rovereto (TN) che, nel Trentino-Alto Adige, con i Tribunali di Trento e Bolzano, contribuisce a mantenere ancora la Corte d'Appello a Trento, grazie all'esistenza dei tre tribunali (cd. «Regole del 3»);

    una giustizia competitiva favorisce gli investimenti e la crescita del Paese, oltre a incentivare e valorizzare le risorse,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di effettuare una revisione della geografia giudiziaria tramite la completa revisione del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, tenendo conto dell'importanza dei tribunali periferici e minori;

   a valutare l'opportunità di adottare misure idonee e risorse necessarie per garantire il funzionamento efficiente e il buon andamento della giustizia negli uffici giudiziari, onde ridurre i tempi di attesa degli utenti, anche attraverso l'adozione e/o rivisitazione dei Protocolli d'Intesa con la Regione, ove esistenti come in Trentino Alto Adige, relativamente all'attività amministrativa e organizzativa di supporto agli uffici giudiziari;

   a salvaguardare l'occupazione lavorativa legata agli uffici giudiziari nei territori disagiati e periferici, a valorizzarne la formazione, anche attraverso l'attuazione di Protocolli d'Intesa, e a implementare le risorse necessarie per garantire la digitalizzazione dei servizi anche al fine di semplificare i processi giudiziari con riduzione dei costi.
9/1373-A/62. Urzì.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione;

    con l'attuazione del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in materia di «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», la progressiva chiusura dei piccoli tribunali ad opera dei precedenti governi, che avrebbe avuto la pretesa di incrementare l'efficienza a fronte di un risparmio di spesa, ha comportato, invece, evidenti problemi nella gestione della giustizia soprattutto per avere accentrato numerosi procedimenti nei tribunali più grandi, non sempre in grado di gestire il carico dei processi, sia civili sia penali, deviati alla loro competenza, con sovraccarico di lavoro e gravi ritardi nelle decisioni;

    i correttivi e le proroghe al decreto legislativo n. 155 del 2012 intervenute negli anni hanno messo in luce i limiti di questa riforma evidenziando che una geografia giudiziaria di questo tipo non può funzionare;

    i tribunali sono garanti della tutela del cittadino, presìdi della cultura del diritto, della sicurezza e della presenza e prestigio dello Stato, anche nelle zone più disagiate e periferiche. La chiusura di quelli minori nelle zone montane e nelle isole pone, infatti, un problema logistico e sociale anche relativamente alla perdita di posti di lavoro e progressivo allontanamento da questi centri;

    a quanto risulta al proponente, esistono nei distretti di Corte d'Appello vari tribunali minori, piccoli ma molto efficienti, che salvaguardano altresì la sussistenza nel distretto della relativa Corte come quello di Rovereto (TN) che, nel Trentino-Alto Adige, con i Tribunali di Trento e Bolzano, contribuisce a mantenere ancora la Corte d'Appello a Trento, grazie all'esistenza dei tre tribunali (cd. «Regole del 3»);

    una giustizia competitiva favorisce gli investimenti e la crescita del Paese, oltre a incentivare e valorizzare le risorse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di effettuare un'analisi della geografia giudiziaria conseguente al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, anche al fine di una rivalutazione delle scelte compiute.
9/1373-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)Urzì.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento oggetto di esame, al CAPO III, reca disposizioni in materia di personale di magistratura e del ministero della giustizia;

    in particolare l'articolo 4, nel modificare l'articolo 26-bis del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, ne novella, tra l'altro, il comma 5, disciplinando le modalità di attribuzione degli incarichi direttivi e semi-direttivi, sia requirenti che giudicanti, sia di primo che di secondo grado, per i magistrati;

    il Consiglio Superiore della Magistratura è chiamato ad esprimere una valutazione in merito all'operato dei magistrati, nell'ambito della conferma degli stessi nelle loro funzioni;

    la disciplina della formazione e della gestione del fascicolo personale degli impiegati dello Stato trova il proprio fondamento normativo negli articoli 55 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 n. 3 e 24 ss., decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957 n. 686 (quest'ultimo contiene le disposizioni di attuazione del T.U.) e tale quadro normativo può essere esteso al corpo magistratuale in virtù della norma di rinvio di cui all'articolo 276 ord. Giud;

    in ordine ai rapporti tra il C.S.M. e il Ministero della Giustizia ha rilievo l'articolo 40 del Decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958 n. 916, recante disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marzo 1958 n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del C.S.M. e disposizioni transitorie, la quale prevede che il Consiglio, nel fare le proprie richieste all'ispettorato Generale presso il Ministero della giustizia, «ne informa il Ministro, al quale può richiedere che autorizzi l'esame dei fascicoli personali dei magistrati. L'Ispettore Generale trasmette direttamente al Consiglio la relazione e gli atti delle inchieste promosse dal Consiglio stesso e, contemporaneamente, ne invia copia al Ministro»;

    da tale previsione si ricava che, se tra le funzioni proprie del Ministro vi è anche quella di tenere un fascicolo personale dei magistrati, tale funzione, però, non è esclusiva del Ministro, essendone titolare parimenti il CSM, il quale, per lo svolgimento dei propri fini istituzionali di derivazione costituzionale, è altrettanto legittimato a tenere presso di sé un fascicolo di ciascun magistrato dell'ordine giudiziario;

    l'articolo 3, comma 1, lettera h), della legge 17 giugno 1971, n. 71, aveva previsto tra i criteri di delega di cui all'articolo 1 del medesimo provvedimento, l'istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato, stabilendo un raccordo con la disciplina vigente relativa al fascicolo personale del magistrato;

    sarebbe opportuno, che, ai fini della valutazione di cui all'ultimo periodo del comma 5 del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, come novellato dall'articolo 4, comma 1, lettera a), numero 2) del provvedimento oggetto di conversione, il Consiglio superiore della magistratura esaminasse il fascicolo personale del magistrato, integrandolo con i dati statistici e la documentazione relativa al complesso dell'attività svolta, compresa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività nell'adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all'esito degli atti e dei provvedimenti nelle fasi o nei gradi successivi del procedimento e del giudizio, nonché ogni altro elemento utile ai fini della valutazione,

impegna il Governo

a garantire, il prima possibile, se necessario anche attraverso norma primaria, a dare piena attuazione a quanto originariamente previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera h), della legge 17 giugno 1971, n. 71, disponendo l'istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato, tale da ricomprendere, per ogni anno di attività, i dati statistici, la documentazione relativa al complesso dell'attività svolta, compresa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività nell'adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all'esito degli atti e dei provvedimenti nelle fasi o nei gradi successivi del procedimento e del giudizio, stabilendo altresì, un raccordo con la disciplina vigente relativa al fascicolo personale del magistrato.
9/1373-A/63. Boschi, Enrico Costa.


   La Camera

impegna il Governo

a dare attuazione alla delega conferita con la legge n. 71/2022 in materia di fascicolo per la valutazione del magistrato.
9/1373-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta)Boschi, Enrico Costa.


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 19 SETTEMBRE 2023, N. 124, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI POLITICHE DI COESIONE, PER IL RILANCIO DELL'ECONOMIA NELLE AREE DEL MEZZOGIORNO DEL PAESE, NONCHÉ IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE (A.C. 1416)

A.C. 1416 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

   La Camera,

   premesso che:

    è all'esame il disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione»;

    al pari di quanto già accaduto con il decreto-legge cosiddetto «aiuti-quater» – recante misure concernenti la strategia energetica nazionale, assegnato alla sola Commissione Bilancio, ledendo prerogative e competenze della Commissione Ambiente – i firmatari stigmatizzano le modalità di assegnazione del decreto-legge in titolo, alla sola Commissione Bilancio, che reiterano l'elusione del necessario approfondimento nelle sedi proprie – il decreto reca, infatti, temi delicati e complessi che concernono la condizione, il trattamento e il trattenimento dei migranti e misure speciali e derogatorie per la realizzazione di nuovi hot spot e centri di permanenza per i rimpatri e, in proposito, è stata formalmente investita la Presidenza;

    è del tutto inopportuno che le disposizioni di pertinenza, per quanto di numero inferiore rispetto alle misure di carattere economico-finanziario, siano escluse dall'analisi e dalle valutazioni nella modalità e con le prerogative proprie della sede referente da parte della Commissione Affari costituzionali;

    al modus operandi del Governo in carica – abuso della decretazione d'urgenza e utilizzo pervicace della posizione della questione di fiducia, inspiegabile e ingiustificabile, ad avviso dei firmatari, a fronte di una asserita maggioranza compatta nonché, si sottolinea, schiacciante – si somma l'estromissione delle attività proprie delle Commissioni parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa;

    il susseguirsi incessante di interventi d'urgenza – recanti, ad avviso dei firmatari, complesse norme «tampone», improvvisate e derogatorie – rappresentano gli strumenti meno appropriati a garantire soluzioni efficaci, equilibrate, durevoli e, soprattutto, lungimiranti, in ordine alla gestione del fenomeno migratorio;

    in proposito, preme ai firmatari ripercorrere atti e fatti dell'anno in corso:

     il 2 gennaio 2023 il Governo ha presentato il decreto-legge n. 1, recante «disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori», con l'obiettivo dichiarato «di contemperare l'esigenza di assicurare l'incolumità delle persone recuperate in mare, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e nazionale in materia, con quella di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica» – denominato «decreto ONG», recava, ad avviso dei firmatari del presente atto, misure esclusivamente punitive verso l'assistenza umanitaria in mare e l'attività di ricerca e salvataggio dei migranti ad opera delle imbarcazioni delle organizzazioni non governative nell'area mediterranea;

     il 10 marzo 2023 il Governo ha presentato il decreto-legge n. 20, recante «disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare», emanato in seguito al mancato soccorso e alla conseguente strage di migranti di fronte alla spiaggia di Steccato di Cutro (KR) all'alba del 24 febbraio, con l'obiettivo «di rafforzare gli strumenti per favorire l'immigrazione legale, semplificandone gli aspetti procedurali, potenziare i flussi regolari, intensificare i corridoi umanitari e contrastare le reti criminali degli scafisti» – denominato «decreto Cutro», nell'insieme disponeva, ad avviso dei firmatari del presente atto, nuove disposizioni suscettibili di incrementare il numero di stranieri in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale, condizioni che a loro volta alimentano situazioni di rischio di marginalità sociale e cooptazione nell'ambito del lavoro nero e criminale; conteneva, in particolare, lo smantellamento del sistema di accoglienza e integrazione (SAI) nel suo complesso – l'unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale di cui il nostro Paese era dotato – e nuove fattispecie penali da perseguire in tutto l'orbe terracqueo, di dubbia legittimità e applicabilità nonché, a fronte dei dati e dei fatti incontrovertibili di cui al contesto attuale, del tutto privi, rispetto ai dichiarati intenti, di efficacia dissuasoria rispetto al fenomeno migratorio;

     il 4 aprile 2023, dal vertice a Palazzo Chigi è scaturita, quale chiave di volta, la «strategia» in «9 punti» del Governo, tra i quali si rammentano il dialogo con la Tunisia e i patti con gli altri Paesi del Nord Africa, la limitazione degli arrivi e l'aumento dei rimpatri;

     l'11 aprile 2023, con delibera del Consiglio dei Ministri, è stato dichiarato lo stato di emergenza «in conseguenza dell'eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo», con il quale si assegnava al Capo del Dipartimento della protezione civile la competenza ai fini dell'attuazione degli interventi urgenti;

     il 16 luglio 2023, su forte sollecitazione del Governo italiano, è stato sottoscritto un memorandum di blandi, ad avviso dei firmatari, intenti tra l'Unione europea e la Tunisia su una vasta gamma di temi, in primis quello migratorio, con l'obiettivo di ottenere un'opera di contenimento dei flussi dalla Tunisia verso l'Europa, si legga verso l'Italia, in cambio di risorse finanziarie; a giudizio dei firmatari, gli intenti peccano nel sorvolare sulle gravi violazioni dei diritti umani subite dai migranti e richiedenti asilo di origine sub-sahariana perpetrate in Tunisia e con il generale e crescente deterioramento della situazione democratica nel Paese;

     il 28 agosto 2023, la gestione dei flussi migratori, ufficialmente «al fine di affrontare il problema in maniera pragmatica, con decisioni rapide e coordinate e dare piena attuazione al decreto Cutro» è stata avocata al Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), presieduto dalla Presidente del Consiglio, anche «nell'interlocuzione con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo»;

    dai dati diffusi alla fine dell'agosto scorso dal «cruscotto statistico» del Viminale risulta per l'anno in corso un incremento del 103 per cento degli arrivi dei migranti rispetto allo stesso periodo del 2022 – sono 113.483 i migranti sbarcati sulle coste italiane dall'inizio dell'anno fino al 28 agosto u.s., un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2022, quando erano stati 55.785;

    l'aggiornamento del 15 settembre 2023, porta a 141.201 i migranti sul territorio nazionale, distribuiti tra le diverse strutture e le varie regioni, di cui 5.696 negli hotspot, 100.734 nei centri di accoglienza, 34.771 nel SAI – non è chiaro come possa incidere su un fenomeno di tale portata la disponibilità dei circa 2000 posti aggiuntivi recata dalla realizzazione di nuovi centri, come annunciato dal Governo e disposto dal provvedimento in titolo;

    pesante risulta anche il bilancio in termini di perdite di vite umane, circa 2.000 dall'inizio del 2023; per quanto riguarda le nazioni di partenza dei natanti i dati confermano che la rotta più utilizzata dai migranti per attraversare il quadrante sud del Mediterraneo è quella che parte dalle coste tunisine: nei primi otto mesi dell'anno sono stati 58.488 i mezzi partiti dalla Tunisia, in netta crescita rispetto al 2022 quando erano stati 12.237 – oltre il 50 per cento delle partenze verso le coste italiane nell'anno in corso, con una forte intensificazione nei mesi di luglio e agosto, è avvenuto, infatti, dalla Tunisia (fonte: Missing migrants projects dell'OIM);

    nel centro di accoglienza dell'isola di Lampedusa, che può ospitare al massimo 400 persone, si è giunti, nel mese di agosto, ad accoglierne anche oltre 4000;

    un assessore della regione Lombardia ha dichiarato il 28 agosto u.s., che la regione «è satura di immigrati» e che «la situazione dei centri di accoglienza ha raggiunto ormai da tempo il punto di non ritorno, la situazione di collasso dei centri e dell'intero sistema di ospitalità è un dato di fatto»;

    in ordine, segnatamente, al provvedimento in titolo:

     il Governo ha adottato il decreto-legge «scavalcando» completamente il coinvolgimento e il ruolo delle Regioni, ledendo i principi di leale collaborazione istituzionale e di buon andamento;

     a fondamento della sua adozione, la premessa del decreto-legge in titolo recita della «Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni in materia di trattenimento presso i Centri di permanenza per i rimpatri» che, all'articolo 20, si riassumono nel mero innalzamento, di proroga in proroga, del termine di trattenimento dei migranti – fino al limite massimo consentito dalle attuali normative europee, diciotto mesi – e in una più ampia casistica e discrezionalità nella determinazione delle proroghe;

    l'articolo 21 dispone la realizzazione sul territorio nazionale, da parte del Ministero della Difesa, anche per il tramite dell'organismo in house «Difesa Servizi spa», di nuovi punti di crisi, i cosiddetti hot spot, e di nuovi centri di permanenza per i rimpatri – con riguardo ai centri, «in numero congruo» recita il testo, «almeno uno» per ogni regione dichiara il Governo – utilizzando anche strutture militari dismesse, opere considerate strategiche e necessarie le quali, in forza delle modifiche apportate, sono ora accomunate alle opere di interesse nazionale per la difesa – al pari delle basi missilistiche, per fare un esempio concreto – con quanto ne consegue in termini di opere secretate, disciplina derogatoria e speciale rispetto, in particolare, alle procedure di appalti e affidamenti nonché alla assegnazione della gestione dei centri;

    l'articolo 21 si sovrappone, non rendendo chiare competenze, modalità e discipline applicabili, alle vigenti disposizioni introdotte dagli articoli 5-bis e 10 del decreto-legge cosiddetto «Cutro» – già deplorate in questa stessa sede – che prevedono anch'esse la realizzazione di (nuovi) hotspot e di (nuovi) centri di permanenza per i rimpatri in deroga «ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale», con l'esclusiva salvezza delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, deroga inopportuna e aggravata dal fatto che la vigilanza dell'ANAC sia rimessa alla mera volontà di richiederla da parte del soggetto attuatore, in spregio all'obbligo della corretta attività di vigilanza assegnata all'ANAC in occasione di procedure d'urgenza derogatorie rispetto alle ordinarie disposizioni del Codice dei contratti pubblici, ai sensi dell'articolo 213, comma 3, lettera g), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

    la realizzazione di un numero indefinito di centri di permanenza per i rimpatri, adeguatamente sorvegliati come è nella volontà del Governo e che, in forza di norme fumose e combinati disposti, possono accogliere qualunque migrante, a prescindere dal rimpatrio, pongono un serio problema di sicurezza – il sindacato di Polizia ha chiarito che occorrono almeno cento agenti al giorno per ciascuna struttura – ma il provvedimento non prevede alcuna misura concernente il personale della pubblica sicurezza né strumenti che possano garantire la convivenza civile per una tempistica di oltre un anno di detenzione amministrativa all'interno e all'esterno dei centri né l'incremento, da parte delle autorità responsabili, delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione dei centri di accoglienza e permanenza dei migranti, in particolare in ordine al rispetto delle convenzioni stipulate con gli enti gestori dei centri medesimi e ai criteri di gestione previsti dalle vigenti disposizioni normative e regolamentari;

    al di là dei dati statistici rilevati dal «cruscotto» del Viminale, non si conosce lo stato di attuazione delle misure e delle nuove discipline introdotte con i due decreti legge sopra menzionati e quali siano le loro risultanze; non si conoscono le misure eventualmente attivate ai sensi della predetta delibera del Consiglio dei Ministri dell'11 aprile né quali siano le risultanze in ordine alla valutazione dell'effettivo impatto dell'evento migratorio e alla quantificazione del fabbisogno finanziario complessivo ivi disposte;

    il Ministro dell'interno non ha ancora adempiuto per l'anno in corso alle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, in base al quale «Entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro dell'interno, coordinandosi con il Ministero dell'economia e delle finanze, presenta alle Camere una relazione in merito al funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale. La relazione deve contener cosiddetto e dati relativi al numero delle strutture, alla loro ubicazione e alle caratteristiche di ciascuna, nonché alle modalità di autorizzazione, all'entità e all'utilizzo effettivo delle risorse finanziarie erogate e alle modalità della ricezione degli stessi.»;

    i firmatari segnalano, infine, che nei centri di permanenza per i rimpatri possono essere ospitati e trattenuti anche i richiedenti asilo, per effetto delle disposizioni del decreto-legge cosiddetto «Cutro», che li ha esclusi dal sistema di accoglienza e integrazione, in un'evidente e palese lesione dei diritti umani, violazione del principio della libertà personale nonché forzatura del nostro ordinamento costituzionale e dei doveri di solidarietà che la nostra Carta costituzionale riconosce all'articolo 10;

    il provvedimento non reca alcuna misura che possa definirsi di programmazione, buon governo e lungimiranza nella gestione del fenomeno migratorio in grado di superare l'approccio emergenziale, contrastare l'immigrazione irregolare nel pieno rispetto del diritto internazionale, prevedere il diretto coinvolgimento e l'attiva partecipazione delle Regioni, degli enti locali e degli enti del Terzo Settore, garantire la sicurezza e la convivenza civile, assicurare congrue risorse anche ai fini dell'integrazione e dell'inclusione dei migranti;

    in aperta discrasia con le dichiarazioni del Governo e con gli asseriti propositi di prevenzione, controllo e contrasto dell'immigrazione irregolare, la gestione dei flussi migratori, per come maturata e scaturita nell'anno in corso, in particolare a fronte delle nuove disposizioni ora in esame, configura, ad avviso dei firmatari, il rischio di trasformare il territorio nazionale in un gigantesco hot spot di trattenimento a lungo termine di migranti, prelude ad una sorta di rassegnazione al cospetto di massicci afflussi, avendo smarrito, al contempo, le modalità umanitarie dell'accoglienza;

    le pressioni migratorie sono da considerarsi una tendenza strutturale e destinata a crescere, per motivi solo parzialmente attribuibili a crisi specifiche e improvvise; il fenomeno migratorio non si fermerà finché non cederanno le ragioni – politiche, economiche, sociali – che ne costituiscono il flusso; il complesso delle scelte compiute dal Governo in carica confida ancora, evidentemente, nell'efficacia dissuasoria di un impianto esclusivamente ostile e punitivo verso tutti i migranti, senza discernimento rispetto alla loro condizione e ai loro diritti, che ha già dimostrato tutta la sua inanità e del quale i Governi recenti hanno saputo prendere atto;

    parafrasando un noto e saggio detto, errare è umano e dagli errori si dovrebbe imparare, ma perseverare negli errori, accertati nel tempo e conclamati negli effetti, non lo è,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1416.
N. 1. Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno, Francesco Silvestri.

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame detta disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione;

    il provvedimento è caratterizzato da un contenuto disorganico ed eterogeneo, componendosi di 23 articoli le cui previsioni spaziano dalla crescita e il consolidamento economico delle aree meridionali del Paese all'attuazione del PNRR, all'istituzione di un'unica Zona economica speciale SUD, al ricorso di un nuovo piano di assunzioni, al ricorso ai contratti istituzionali di sviluppo, a interventi in favore del Comune di Lampedusa e Linosa e, infine, alla gestione dei flussi migratori e all'istituzione di Centri di permanenza per i rimpatri, ponendosi in tal modo in contrasto con il principio di omogeneità, che ha trovato la sua consacrazione nell'art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, laddove si afferma che i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo;

    a suffragare la natura di eterogeneità del provvedimento è la necessità, prevista nel suo iter legislativo, di dover acquisire il parere di tutte le commissioni parlamentari eccetto, incomprensibilmente della commissione Affari esteri e comunitari. Un tale primato lo vanta solo la legge di Bilancio;

    con il provvedimento in questione il Governo ha inteso proseguire, accentuandola, nella inopportuna prassi che, contravvenendo a quanto stabilito dall'articolo 77 della Costituzione, ha comportato negli anni un costante sviluppo degenerativo della decretazione d'urgenza sfociato in un profluvio di provvedimenti che spesso avevano poco a che fare con «eventi nei quali occorre legiferare con un grado di tempestività che il normale procedimento legislativo non è in grado di assicurare» (G. Zagrebelsky), e che attenta a quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che, in una forma di governo parlamentare, dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale;

    giova inoltre ricordare che la verifica del sopra richiamato criterio di omogeneità costituisce uno dei perni fondamentali sui quali la Corte costituzionale ha da sempre fondato i percorsi argomentativi legati alla presenza, o assenza, del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dal suddetto articolo 77 della Costituzione per la legittima adozione dei decreti-legge, la cui sussistenza non può sufficientemente essere rilevabile e sostenuta dalla loro apodittica enunciazione nel preambolo del provvedimento, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che introduce;

    con due sentenze oramai divenute storiche, la n. 171 del 2007 e la n. 128 del 2008, la suprema Corte si è avvalsa dell'omogeneità come indice per stabilire se sussiste o meno l'evidente mancanza dei presupposti, giacché una evidente eterogeneità degli oggetti presenti in un decreto-legge fa difficilmente presupporre l'esistenza dei requisiti per ognuno di essi. Tutto ciò postula l'esigenza imprescindibile, che identica e rigorosa vigilanza debba essere esercitata dal Parlamento nella fase di conversione in legge dello stesso;

    passando ad una veloce disamina di alcuni degli articoli del provvedimento con le previsioni di cui all'intero Capo I (artt. 1-6) che rimodulano l'attribuzione delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 al fine di compensare quanto verrà tagliato con la revisione di molti progetti del PNRR, il governo non fa altro che confermare risorse già destinate per l'80 per cento allo sviluppo del Sud; con le previsioni di cui al Capo III (artt. 7-17) che istituiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2024, una nuova ZES unica per il Mezzogiorno di durata triennale, da una parte si cancellano con un tratto di penna le otto ZES esistenti e dall'altra, con la previsione della loro gestione da parte di una Struttura di missione (la Cabina di regia) le cui decisioni e governance verranno accentrate alla Presidenza del Consiglio dei ministri, vengono ulteriormente emarginati tutti quei territori già fortemente compromessi dal processo di attuazione dell'autonomia differenziata;

    dunque anche quest'ultimo provvedimento, nonostante il titolo, va contro gli interessi dei cittadini che vivono nell'area più in difficoltà del Paese smascherando una strategia di governo che sembra non avere alcuna intenzione di investire sul Mezzogiorno, né tantomeno di risolvere la sua crisi sociale sempre più acuta, danneggiando in questo modo l'intero Paese, che ha bisogno, per crescere in maniera solida e strutturale, di ridurre diseguaglianze e divari territoriali, e di rilanciare innanzitutto le aree più svantaggiate;

    di più: con le disposizioni di cui al Capo V (artt. 20-21) che dettano misure in materia di trattenimento degli stranieri e di realizzazione di strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio, si prevede l'allestimento, a cura del Genio militare, di altri dodici Cpr (per dotare ciascuna regione), selezionati tra le caserme dismesse, basi missilistiche, aeroporti, etc., in località scarsamente popolate, facilmente recintabili e sorvegliabili, ove i migranti che entrano illegalmente nel nostro Paese possono essere trattenuti oltre il limite massimo consentito dalle attuali normative europee;

    i Centri di permanenza per i rimpatri, che per il provvedimento sono «dichiarate di diritto quali opere destinate alla difesa ed alla sicurezza nazionale», ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa dell'accertamento delle condizioni per il rilascio del diritto di asilo o di esecuzione di provvedimenti di espulsione;

    la previsione di un allungamento del termine di trattenimento introdotta dal provvedimento, a fronte dei flussi migratori, lede i diritti della persona costituzionalmente riconosciuti in quanto la custodia da accoglienza si trasforma in detenzione;

    di assai dubbia costituzionalità è la disciplina relativa al trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) tanto degli stranieri ritenuti irregolari, quanto dei richiedenti protezione poiché a partire dalla storica sentenza n. 105/2001 della Corte costituzionale, è fuori discussione che il trattenimento amministrativo dello straniero in vista dell'espulsione costituisce una forma di privazione della libertà personale, in quanto tale meritevole delle tutele previste dall'art. 13 Costituzione;

    il trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea e assistenza è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell'articolo 13 della Costituzione;

    per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere propagandati e di conseguenza percepiti come gravi problemi di sicurezza e di ordine pubblico, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, è riconosciuto ad ogni persona e non limitata a coloro che appartengono ad una comunità nazionale e sovranazionale, ora si palesa, addirittura la possibilità che un cittadino straniero, che stia scontando una pena presso le strutture carcerarie per un periodo di sei mesi, possa essere trattenuto presso uno dei centri di permanenza per il rimpatrio, confermando che ad oggi i Cpr sono considerati veri e propri luoghi di detenzione, favorendo, peraltro, la promiscuità tra persone condannate per la commissioni di reati e persone non sottoposte ad alcun procedimento penale,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1416.
N. 2. Zanella, Grimaldi, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Mari, Piccolotti.

   La Camera,

   premesso che:

    è all'esame della Camera il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 124 del 2023, che prevede disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del mezzogiorno del paese, nonché in materia di immigrazione;

    il decreto all'esame appare, innanzitutto, carente del fondamentale requisito dell'omogeneità, così come delineato dalla giurisprudenza ormai consolidata della Corte costituzionale. Fin dalla sentenza n. 22 del 2012, infatti, la Corte ha chiarito che il decreto-legge, adottato per far fronte a casi straordinari di necessità e urgenza, deve per ciò stesso presentare un fondamentale requisito di omogeneità, consistente nell'essere le disposizioni del decreto, seppur diversificate tra loro, tutte riconducibili a un medesimo singolo caso di necessità e urgenza; un atto normativo unitario, dunque, anche se articolato e differenziato al suo interno, e non un insieme di norme assemblate sulla base di una mera casualità temporale;

    le disposizioni contenute nel decreto in esame, al contrario, appaiono prive di un collegamento stringente, e pertanto in aperta violazione dell'articolo 77, comma secondo, alla luce del fatto che a fronte di misure finalizzate, come dice la relazione, «al consolidamento economico delle aree del Mezzogiorno, con l'obiettivo di rendere l'area più idonea per lo sviluppo e la crescita dimensionale del suo sistema produttivo» sono state inserite norme come quelle previste dagli articoli 20 e 21 in materia di immigrazione che nulla hanno a che vedere con le norme e le finalità sopra indicate;

    del resto anche le genesi dell'inserimento in questo provvedimento degli articoli 20 e 21 in materia di immigrazione, e inerenti la durata massima della permanenza all'interno dei Centri per il rimpatrio, e la progettazione e realizzazione delle strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio, sembrerebbe confermare il carattere non omogeneo di queste norme in rapporto alle restanti disposizioni del decreto. Tali norme infatti sono state inserite solo in un secondo momento in un decreto già approvato in Consiglio dei ministri, e per diversi giorni non pubblicato in Gazzetta Ufficiale, determinando tra l'altro la necessità di una seconda approvazione del provvedimento in seno allo stesso Consiglio dei ministri;

    l'articolo 20 che determina l'estensione del periodo di trattenimento all'interno dei Centri per il rimpatrio fino a 18 mesi appare assai problematico anche sotto il profilo del merito, trattandosi di una misura già sperimentata a partire dal 2011 nei centri allora definiti come Centri di identificazione ed espulsione, e con esiti tutt'altro che efficaci. Come dimostrato infatti nel periodo in cui fu introdotta nel nostro ordinamento, questa misura ha aumentato i costi per lo Stato italiano, e quindi per i contribuenti, che dovranno sostenere nuovamente le risorse necessarie per trattenere i migranti per un periodo di tempo triplicato; non agevola affatto l'identificazione nei casi più complessi (è noto infatti che difficilmente una persona che non è stata identificata nei primi sei mesi, potrà esserlo nell'anno successivo), e non favorisce neppure i rimpatri, essendo questi strettamente legati sia agli accordi che si riescono a stipulare con i paesi di origine, sia alle risorse economiche investite per sostenere i rimpatri non volontari;

    al contrario, tale misura allunga il periodo di privazione della libertà personale quale conseguenza dell'applicazione di una sanzione meramente amministrativa, consistente nell'assenza di un valido titolo di soggiorno nel nostro Paese e che ora può portare a trattenere una persona in un Centro per il rimpatrio fino a diciotto mesi. Come riportato anche da notizie a mezzo stampa, l'allungamento dei termini da sei a diciotto mesi di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione che fu applicato in Italia tra il 2011 e il 2014, non solo non determinò un maggior tasso di rimpatri, ma finì per accrescere le tensioni all'interno dei centri medesimi; né, come ormai è stato ampiamente dimostrato, sarà la lunghezza dei tempi di detenzione un efficace deterrente per chi fugge da guerre, miserie o gravissime violazioni dei diritti umani;

    il decreto appare, altresì, in contrasto con il dettato dell'articolo 117, terzo comma, che annovera tra le materie oggetto di legislazione concorrente il «governo del territorio», laddove prevede, nella specie, che l'intero territorio della Regione sia qualificato «ZES» e introduce una «Struttura di missione» che, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera g), svolge le funzioni di amministrazione procedente ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica, così vanificando l'intera pianificazione regionale;

    l'eventuale riprogrammazione delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione, che seguono un ciclo di programmazione corrispondente a quelli comunitari, in questo caso 2021-2027, a copertura delle opere in ritardo del PNRR che non si riescono a realizzare entro il 2026, sembra ledere il principio di leale collaborazione, imponendo una scelta agli enti territoriali che inficia l'opportunità di realizzare una seria programmazione autonoma e toglie, di fatto, la possibilità di utilizzo alternativo di quelle stesse risorse del Fondo di sviluppo e coesione per il finanziamento di altri interventi,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1416.
N. 3. Bonafè, Ubaldo Pagano, Cuperlo, Fornaro, Mauri, Schlein, Guerra, Lai, Roggiani, Sarracino, De Luca.