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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 18 maggio 2023

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: PDL N. 115 E ABB.

Pdl n. 115 e abb. – Delega al Governo in materia di esercizio del diritto di voto in un comune diverso da quello di residenza, in caso di impedimenti per motivi di studio, lavoro o cura

Tempo complessivo: 15 ore e 30 minuti, di cui:

• discussione sulle linee generali: 9 ore e 30 minuti;

• seguito dell'esame: 6 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 35 minuti 55 minuti
(con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 7 ore e 5 minuti 3 ore e 55 minuti
Fratelli d'Italia 51 minuti 48 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 49 minuti 33 minuti
Lega – Salvini premier 48 minuti 32 minuti
MoVimento 5 Stelle 48 minuti 28 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 47 minuti 26 minuti
Azione – Italia Viva – Renew Europe 46 minuti 20 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 46 minuti 17 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 45 minuti 16 minuti
Misto: 45 minuti 15 minuti
  Minoranze Linguistiche 26 minuti 9 minuti
  +Europa 19 minuti 6 minuti

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 18 maggio 2023.

  Albano, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Evi, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Lacarra, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Orsini, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Evi, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Lacarra, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Orsini, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 17 maggio 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   CIABURRO e CARETTA: «Disposizioni per la promozione del lavoro e dell'imprenditoria femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura» (1158);

   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE DARA ed altri: «Modifica all'articolo 22 della Costituzione in materia di tutela del diritto all'identità, anche digitale, della persona» (1159);

   ZANELLA: «Modifica all'articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni concernenti la cessazione dell'impiego delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche nei processi produttivi e nei prodotti industriali» (1160).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di proposte
di inchiesta parlamentare.

  In data 17 maggio 2023 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:

   SIMIANI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave “Moby Prince”» (Doc. XXII, n. 29).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BOF ed altri: «Introduzione dell'articolo 633-bis del codice penale, in materia di occupazione abusiva di alloggi pubblici o privati» (332) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Cecchetti.

  La proposta di legge BOSCHI ed altri: «Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche» (413) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Madia.

  La proposta di legge BISA ed altri: «Introduzione dell'articolo 624-ter del codice penale, in materia di tutela dell'inviolabilità del domicilio da occupazione arbitraria, nonché disposizioni concernenti la reintegrazione del proprietario o detentore legittimo nel possesso» (566) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Cecchetti.

  La proposta di legge LUCASELLI: «Disciplina dell'attività di enoturismo» (804) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Maschio.

  La proposta di legge RAMPELLI ed altri: «Modifica alla legge 3 marzo 1951, n. 178, in materia di revoca delle onorificenze dell'Ordine “Al merito della Repubblica italiana”» (886) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Maiorano.

  La proposta di legge MASCHIO ed altri: «Introduzione dell'articolo 612-bis.1 del codice penale, concernente i reati di bullismo e cyberbullismo, modifica dell'articolo 731 del medesimo codice, in materia di inosservanza dell'obbligo di istruzione dei minori, e delega al Governo per l'adozione di disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo» (910) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pellicini.

  La proposta di legge ASCARI ed altri: «Modifiche all'articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, e all'articolo 1, comma 241, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, in materia di durata massima del congedo per le donne vittime di violenza di genere» (944) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Torto.

  La proposta di legge CARAMANNA ed altri: «Disposizioni in materia di turismo accessibile e di partecipazione delle persone disabili alle attività culturali, turistiche e ricreative» (997) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Maschio.

  La proposta di legge MORGANTE ed altri: «Modifiche alla legge 14 novembre 2016, n. 220, in materia di accessibilità della fruizione delle opere cinematografiche alle persone con disabilità» (1044) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Maschio e Fabrizio Rossi.

  La proposta di legge MARCHETTO ALIPRANDI ed altri: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione alimentare nei corsi scolastici del primo e del secondo ciclo di istruzione» (1055) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Fabrizio Rossi.

  La proposta di legge DI GIUSEPPE ed altri: «Modifica all'articolo 1, comma 741, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in materia di applicazione dell'imposta municipale propria agli immobili posseduti nel territorio nazionale da cittadini iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero» (1099) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Almici e Lampis.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  SCHULLIAN: «Modifiche alla composizione di organi parlamentari bicamerali» (1024) Parere delle Commissioni V, VI e XII;

  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE GIAGONI ed altri: «Modifica all'articolo 14 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di attribuzione del demanio marittimo alla competenza della regione» (1025) Parere della VI Commissione.

   IX Commissione (Trasporti):

  MASCARETTI ed altri: «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di circolazione di monopattini elettrici, biciclette a pedalata assistita e altri mezzi a motore forniti di una o più ruote» (1030) Parere delle Commissioni I, II, V, VI e XIV.

Assegnazione di proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  FRANCESCO SILVESTRI e ALFONSO COLUCCI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone» (Doc XXII, n. 26) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Ministro per i
rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 18 maggio 2023, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 10 maggio 2023, sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche (atto Camera n. 1114).

  Questo parere è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di risoluzioni
del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo, in data 16 maggio 2023, ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dal 17 al 20 aprile 2023, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:

   Risoluzione legislativa sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2018/1806, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (Kosovo) (Doc. XII, n. 132) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti macchina (Doc. XII, n. 133) – alla X Commissione (Attività produttive);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione, della decisione (UE) 2015/1814 relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'Unione per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra e del regolamento (UE) 2015/757 (Doc. XII, n. 134) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione, della decisione (UE) 2015/1814 relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'Unione per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra e del regolamento (UE) 2015/757 (Doc. XII, n. 135) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Doc. XII, n. 136) – alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo sociale per il clima (Doc. XII, n. 137) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda il contributo del trasporto aereo all'obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell'economia dell'Unione e recante adeguata attuazione di una misura mondiale basata sul mercato (Doc. XII, n. 138) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla messa a disposizione sul mercato dell'Unione e all'esportazione dall'Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento (UE) n. 995/2010 (Doc. XII, n. 139) – alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIII (Agricoltura);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle criptoattività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 (Doc. XII, n. 140) – alla VI Commissione (Finanze);

   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e determinate cripto-attività (rifusione) (Doc. XII, n. 141) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);

   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo che modifica l'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio, per quanto riguarda l'accordo sulle sovvenzioni alla pesca (Doc. XII, n. 142) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione sulla repressione del diritto all'istruzione e degli attivisti per il diritto all'istruzione in Afghanistan, incluso il caso di Matiullah Wesa (Doc. XII, n. 143) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione sulla depenalizzazione universale dell'omosessualità, alla luce dei recenti sviluppi in Uganda (Doc. XII, n. 144) – alla III Commissione (Affari esteri).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 17 maggio 2023, a pagina 5, prima colonna, trentaquattresima riga, la parola: «2022» si intende sostituita dalla seguente: «2023».

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 30 MARZO 2023, N. 34, RECANTE MISURE URGENTI A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE E DELLE IMPRESE PER L'ACQUISTO DI ENERGIA ELETTRICA E GAS NATURALE, NONCHÉ IN MATERIA DI SALUTE E ADEMPIMENTI FISCALI (A.C. 1060-A/R)

A.C. 1060-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2, comma 1, proroga la riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento (in deroga all'aliquota del 10 o 22 per cento prevista a seconda dei casi dalla normativa vigente) alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023;

    il comma 2 prevede la riduzione al 5 per cento dell'aliquota IVA anche in relazione alle forniture di servizi di teleriscaldamento nonché somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia;

    l'articolo 4 riconosce, abbassandone le percentuali, anche nel secondo trimestre 2023 alcuni crediti di imposta già concessi nel 2022 dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115, n. 144 e n. 176 del 2022 e, per il primo trimestre 2023, dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 2-9) per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese;

    dalle suddette norme risulta assente il riferimento agli impianti sportivi e natatori;

    diversi nei nostri interventi chiedono di porre maggiore attenzione al mondo dello sport che ha sofferto una crisi devastante negli ultimi anni con la pandemia e adesso è in forte affanno a causa dei pesanti rincari energetici;

    Questa condizione, che sta diventando insostenibile per tutte le PMI energivore e le famiglie a basso reddito, sta aggravando anche la situazione finanziaria dei gestori degli impianti natatori, sui quali già pesano i mesi di chiusura forzata a causa della pandemia;

    le piscine e le strutture per l'attività motoria sono anche importanti spazi di aggregazione sociale e la loro chiusura avrebbe preoccupanti risvolti negativi sulla salute fisica e sul benessere mentale, oltretutto in un momento storico già delicato sotto questo punto di vista,

impegna il Governo

ad estendere e riconoscere le agevolazioni, sia sotto forma di credito di imposta che quelle relative alla riduzione al 5 per cento dell'aliquota IVA, agli impianti sportivi e natatori, oggi in difficoltà a causa dei pesanti rincari energetici;
9/1060-AR/1. Berruto, Fassino, Scarpa, Casu, Pastorino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2, comma 1, proroga la riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento (in deroga all'aliquota del 10 o 22 per cento prevista a seconda dei casi dalla normativa vigente) alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023;

    il comma 2 prevede la riduzione al 5 per cento dell'aliquota IVA anche in relazione alle forniture di servizi di teleriscaldamento nonché somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia;

    l'articolo 4 riconosce, abbassandone le percentuali, anche nel secondo trimestre 2023 alcuni crediti di imposta già concessi nel 2022 dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115, n. 144 e n. 176 del 2022 e, per il primo trimestre 2023, dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 2-9) per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese;

    dalle suddette norme risulta assente il riferimento agli impianti sportivi e natatori;

    diversi nei nostri interventi chiedono di porre maggiore attenzione al mondo dello sport che ha sofferto una crisi devastante negli ultimi anni con la pandemia e adesso è in forte affanno a causa dei pesanti rincari energetici;

    Questa condizione, che sta diventando insostenibile per tutte le PMI energivore e le famiglie a basso reddito, sta aggravando anche la situazione finanziaria dei gestori degli impianti natatori, sui quali già pesano i mesi di chiusura forzata a causa della pandemia;

    le piscine e le strutture per l'attività motoria sono anche importanti spazi di aggregazione sociale e la loro chiusura avrebbe preoccupanti risvolti negativi sulla salute fisica e sul benessere mentale, oltretutto in un momento storico già delicato sotto questo punto di vista,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere e riconoscere le agevolazioni, compatibilmente con i vincoli di bilancio, sia sotto forma di credito di imposta che quelle relative alla riduzione al 5 per cento dell'aliquota IVA, agli impianti sportivi e natatori, oggi in difficoltà a causa dei pesanti rincari energetici;
9/1060-AR/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Berruto, Fassino, Scarpa, Casu, Pastorino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'industria della vendita diretta è oggi una riconosciuta presenza nel panorama economico italiano con un giro d'affari che oltrepassa i 3,2 miliardi di euro e garantisce occupazione a circa 700 mila persone;

    la figura dell'incaricato alle vendite – regolata dal combinato disposto degli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, dell'articolo 1, comma 1, lettera b) della legge quadro 17 agosto 2005, n. 173 e dell'articolo 69 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 – costituisce l'elemento cardine di tale sistema, che, negli anni, si è reso sempre più attrattivo;

   considerato che:

    l'attività dell'incaricato consiste nel promuovere – direttamente e indirettamente tramite la propria rete di collaboratori – la raccolta di ordinativi di vendita per conto della società incaricante e che, specialmente durante il periodo pandemico, si è registrato un incremento nell'utilizzo di social media e strumenti digitali per lo svolgimento di tale attività;

    tali evoluzioni della professione rendono necessario, pertanto, chiarire come l'attività effettuata dagli incaricati alla vendita possa avvenire anche attraverso la propria rete di collaboratori, nel rispetto del divieto di vendite piramidali, e attraverso l'utilizzo di social media e strumenti digitali;

   sarebbe quindi opportuno che i soggetti incaricati alla vendita diretta a domicilio che promuovono direttamente e indirettamente la raccolta di ordinativi presso privati consumatori fossero qualificati come coloro che interagiscono con il consumatore finale anche tramite strumenti digitali e social media oltre che operare attraverso altri collaboratori della medesima struttura di vendita, nel rispetto dei divieti di vendite piramidali,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte a precisare che ai soggetti che svolgono la predetta attività in maniera abituale, ancorché non esclusiva, o in maniera occasionale, si continuano ad applicare le disposizioni di cui all'articolo 25-bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in materia di ritenuta sui redditi di lavoro autonomo e su altri redditi.
9/1060-AR/2. Gusmeroli.


   La Camera,

   premesso che:

    l'industria della vendita diretta è oggi una riconosciuta presenza nel panorama economico italiano con un giro d'affari che oltrepassa i 3,2 miliardi di euro e garantisce occupazione a circa 700 mila persone;

    la figura dell'incaricato alle vendite – regolata dal combinato disposto degli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, dell'articolo 1, comma 1, lettera b) della legge quadro 17 agosto 2005, n. 173 e dell'articolo 69 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 – costituisce l'elemento cardine di tale sistema, che, negli anni, si è reso sempre più attrattivo;

   considerato che:

    l'attività dell'incaricato consiste nel promuovere – direttamente e indirettamente tramite la propria rete di collaboratori – la raccolta di ordinativi di vendita per conto della società incaricante e che, specialmente durante il periodo pandemico, si è registrato un incremento nell'utilizzo di social media e strumenti digitali per lo svolgimento di tale attività;

    tali evoluzioni della professione rendono necessario, pertanto, chiarire come l'attività effettuata dagli incaricati alla vendita possa avvenire anche attraverso la propria rete di collaboratori, nel rispetto del divieto di vendite piramidali, e attraverso l'utilizzo di social media e strumenti digitali;

   sarebbe quindi opportuno che i soggetti incaricati alla vendita diretta a domicilio che promuovono direttamente e indirettamente la raccolta di ordinativi presso privati consumatori fossero qualificati come coloro che interagiscono con il consumatore finale anche tramite strumenti digitali e social media oltre che operare attraverso altri collaboratori della medesima struttura di vendita, nel rispetto dei divieti di vendite piramidali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare nuove normative volte a precisare che ai soggetti che svolgono la predetta attività in maniera abituale, ancorché non esclusiva, o in maniera occasionale, si continuano ad applicare le disposizioni di cui all'articolo 25-bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in materia di ritenuta sui redditi di lavoro autonomo e su altri redditi.
9/1060-AR/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Gusmeroli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, si articola in quattro Capi, corrispondenti a quattro temi che incidono profondamente sulle famiglie e le imprese, in quanto diretti a contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas, in capo alle imprese e sostenere il potere d'acquisto delle famiglie;

    l'articolo 5 al riguardo, interviene in materia di contributo di solidarietà temporaneo, stabilendo la rideterminazione della base imponibile, ai fini del calcolo del contributo stesso per il 2023, per i soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi, al fine di contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori;

    la disposizione in oggetto dispone in particolare, l'esclusione dell'utilizzo di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali e che siano parimenti esclusi, dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022, gli utilizzi di riserve del patrimonio netto che hanno concorso al reddito nei suddetti quattro periodi di imposta;

    al riguardo, si evidenzia che il decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2022, n. 13, ha previsto all'articolo 15-bis, un meccanismo di compensazione a «due vie», (di fatto un «price cap» che taglia i ricavi) sull'energia prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili, i quali per quelli entrati in esercizio successivamente al 31 dicembre 2010, è previsto tuttavia l'esonero da tale meccanismo di compensazione, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 15-bis, comma 1, lettera b) del suesposto decreto-legge;

    la ragione dell'esonero in precedenza esposto, (in accoglimento di una raccomandazione dell'ARERA) è dettata dal riconoscimento nei confronti degli impianti entrati in esercizio successivamente al 31 dicembre 2010, del piano d'ammortamento attualmente in corso, a seguito degli ingenti investimenti effettuati;

    ad avviso del sottoscrittore del presente atto, in ragione delle suesposte motivazioni, appare ragionevole evitare l'inasprimento di una riduzione forzosa dei ricavi, che ne conseguirebbe inevitabilmente, dall'applicazione del meccanismo di compensazione «a due vie»;

    a tal fine, a giudizio del presentatore del presente documento, si ritiene che il suesposto principio, sia da applicare anche nel caso del contributo di solidarietà temporaneo, di cui all'articolo 1, comma 115 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – legge di bilancio per il 2023, esonerando i produttori di energia da fonte idroelettrica, limitatamente alla quota di reddito prodotta da impianti, le cui concessioni siano state assegnate dalle regioni o province autonome territorialmente competenti, a seguito della scadenza delle concessioni originarie, attraverso procedure ad evidenza pubblica e con decorrenza successiva al 31 dicembre 2010, ovvero da impianti esentati dal meccanismo di compensazione a «due vie»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel corso della legislatura, nei limiti degli equilibri di bilancio, un intervento normativo ad hoc, volto a dispensare gli impianti di energia da fonte idroelettrica, dall'onere derivante dal contributo di solidarietà straordinario sotto forma di prelievo temporaneo per l'anno 2023, in ragione delle motivazioni riportate nella premessa.
9/1060-AR/3. Ambrosi, Mollicone, Zucconi, Fabrizio Rossi, Amorese, De Bertoldi, Steger, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, contiene importanti misure finalizzate a sostenere le imprese e le famiglie, dagli effetti del caro bollette e dall'aumento dell'inflazione;

    il provvedimento, è stato modificato nelle rispettive Commissioni Finanze e Affari sociali, in senso migliorativo, attraverso una serie di proposte emendative approvate in sede referente, finalizzate a sostenere le categorie produttive e il tessuto sociale del Paese;

    al riguardo, l'articolo 5 del testo, che ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo nei confronti dei soggetti che producono, importano o vendono energia elettrica, gas naturale, o prodotti petroliferi prevista dalla legge di bilancio 2023 n. 197 del 2023, prevede l'esclusione dalla base di calcolo ai fini della determinazione del reddito relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, degli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali, dedotte ai sensi del TUIR, previgente alle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 33, lettera q), della legge del 24 dicembre 2007, n. 244;

    in materia di interventi sull'elettricità prodotta da impianti a fonti rinnovabili, l'articolo 15-bis, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, ha dato origine ad un contenzioso amministrativo avente ad oggetto, oltre alla predetta disposizione, anche i provvedimenti attuativi dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) e del Gestore dei Servizi Energetici – GSE Spa;

    il sottoscrittore del presente atto evidenzia al riguardo, che il Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia, con una serie di sentenze del 1° dicembre 2022, ha annullato la Deliberazione ARERA n. 266/2022/R/EEL del 21 giugno 2022 attuativa dell'articolo 15-bis;

    alla luce delle criticità emerse anche nel contenzioso, a parere dello scrivente, anche al fine di dirimere le controversie giudiziarie in corso, risulta necessario prevedere un'esenzione dal taglio dei ricavi degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili introdotto dall'articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022, in precedenza richiamato, in favore degli enti locali, delle piccole e medie imprese del settore agroalimentare (vitivinicolo e oleario) e delle aziende agricole che hanno investito in tali impianti per ridurre i propri costi energetici e sostenere l'attività primaria;

    l'introduzione di misure agevolative, consentirebbe infatti, a giudizio del sottoscrittore del presente atto, nei riguardi dei comuni e le imprese appartenenti a un settore strategico per l'Italia quale quello agroalimentare, di contrastare efficacemente la congiuntura energetica internazionale sfavorevole e l'aumento dei costi produttivi, evitando per le aziende la sospensione o la cessazione dell'attività;

    a tal fine si evidenzia, come i ricavi provenienti dagli impianti da fonte rinnovabile, hanno consentito infatti alle PMI del comparto in precedenza richiamato, di sopravvivere in questo momento emergenziale, così come, gli stessi ricavi derivanti dall'energia elettrica immessa, si considerano necessari e indispensabili, al fine di compensare i maggiori oneri derivanti dall'acquisto dell'energia elettrica per i fabbisogni aziendali, nel momento in cui, gli impianti da fonte rinnovabile non producono e si manifestano i maggiori costi delle materie prime utilizzate per l'attività manufatturiera principale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, l'introduzione di una misura agevolativa, volta a consentire, nei riguardi delle piccole e medie imprese del settore agroalimentare di cui in premessa, l'esclusione dall'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 15-bis commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, riportato altresì in premessa, che non esercitano come attività prevalente la produzione di energia e aventi un fatturato che nell'ultimo anno non abbia superato i 5 milioni di euro, nonché nei riguardi degli impianti di aziende agricole fino a 1 MW.
9/1060-AR/4. De Bertoldi, Mollicone, Ambrosi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi anni, l'evoluzione della ricerca ha consentito di ottenere terapie in grado di portare benefici in termini di salute pubblica senza precedenti, in ambiti di malattie rare o patologie ad alto bisogno terapeutico;

    la valutazione di innovatività di un farmaco, effettuata da AIFA in base al bisogno terapeutico, al valore terapeutico aggiunto ed alla qualità delle prove, può portare al riconoscimento dell'innovatività piena, dell'innovatività condizionata o al mancato riconoscimento dell'innovatività; i farmaci con innovatività condizionata sono quei farmaci che hanno dimostrato un valore aggiunto rispetto alle alternative terapeutiche, ma non a livello massimo o importante in tutte le tre dimensioni di valutazione, come richiesto dai criteri per l'innovatività piena;

    l'articolo 1, comma 401, della legge n. 232 del 2016, ha istituito a decorrere dal 1° gennaio 2017 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo, con una dotazione di 1.000 milioni di euro annui, successivamente portato a 1.100, 1.200 e 1.300 milioni rispettivamente per gli anni 2022, 2023 e 2024, per il concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto dei farmaci innovativi; il successivo comma 402-bis prevede che i farmaci, ivi compresi quelli oncologici, per i quali è stato riconosciuto, da parte dell'Aifa, il possesso del requisito dell'innovatività condizionata, sono inseriti automaticamente nei prontuari terapeutici regionali ma non accedono alle risorse del Fondo di cui sopra e che le risorse di tale Fondo non impiegate confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato;

    tuttavia, al fine di consentire il pieno utilizzo delle risorse assegnate alla farmaceutica e all'innovazione dalla normativa vigente, come proposto da un emendamento bocciato in sede referente, sarebbe opportuno prevedere che le risorse eventualmente non spese per l'acquisto dei farmaci ad innovatività piena possano essere utilizzate per il concorso al rimborso alle Regioni delle spese sostenute per l'acquisto di farmaci ad innovatività condizionata, eliminando dal meccanismo di calcolo della spesa per acquisti diretti la spesa destinata a tali farmaci;

    in tal modo ne andrebbero a beneficiare parzialmente quei farmaci che hanno comunque dimostrato parte dei requisiti di innovatività – e non subirebbero una dispersione su altri settori, come invece è possibile con la norma attuale, senza maggiori oneri finanziari a carico dello Stato;

    è parimenti importante un intervento del legislatore nell'ambito dei medicinali per terapie avanzate (ATMP), una classe innovativa ed eterogenea di biofarmaci (medicinali per la terapia genica, cellulare, prodotti di ingegneria tessutale e combinati); si tratta di medicinali con benefici clinici rilevanti per malattie gravi e disabilitanti spesso con esiti infausti, e con scarse o nulle opzioni terapeutiche disponibili;

    le ATMP hanno la peculiarità di essere somministrate con un unico trattamento e di dare benefici su un più lungo orizzonte temporale; questo determina un disallineamento temporale tra costi attuali, molto elevati (tra 1 milione e 2 milioni di euro per somministrazione) e concentrati nel breve periodo, e risultati futuri in termini clinici, terapeutici, sociali ed economici per i sistemi sanitari e la salute dei pazienti;

    in Europa sono state approvate 25 terapie avanzate, 18 delle quali in commercio; di queste, l'Italia, che riveste un ruolo di primo piano nella ricerca e sviluppo delle stesse, ha concesso la rimborsabilità a 8; entro il 2030 potrebbero essere lanciate fino a 60 nuove terapie avanzate a livello globale; con riferimento agli impatti economici, recenti analisi stimano per l'anno 2023 una spesa per l'Italia compresa tra i 132 e 264 milioni di euro, fino ad arrivare ad una spesa tra 905 e 1,810 milioni di euro per l'anno 2027;

    l'articolo 12 del decreto-legge n. 158 del 2012 contiene un'importante norma che prevede un limite di 100 giorni per la conclusione delle procedure di rimborsabilità e prezzo per farmaci orfani o di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale al fine di garantire la disponibilità di terapie con impatto potenzialmente rilevante, che purtroppo però non viene rispettata,

impegna il Governo:

   a modificare il comma 402-bis della legge 232/2016 al fine di prevedere che le risorse eventualmente non spese per l'acquisto dei farmaci ad innovatività piena possano essere utilizzate per il concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto di farmaci ad innovatività condizionata;

   all'attivazione di un tavolo che veda la partecipazione dei Ministeri della salute, dell'economia, dell'Aifa, delle aziende farmaceutiche, nonché di enti e istituti di ricerca operanti nel settore, al fine di individuare modalità innovative per il rimborso delle terapie avanzate da parte del SSN, introducendo in via sperimentale un fondo ad hoc pluriennale con applicazione di un sistema contabile per competenza che preveda lo stanziamento in anticipo delle somme, e permetta una valutazione dei benefici pluriennali in quanto spese di investimento;

   a garantire il rispetto della norma sui 100 giorni di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 158 del 2012 per i farmaci orfani, di uso ospedaliero, e di eccezionale rilevanza terapeutica;

   per trattamenti indirizzati a patologie gravi, invalidanti o rare, a introdurre modalità di accesso anticipato contestuali all'approvazione regolatoria Europea a fronte di una negoziazione che procede parallela alla fase di disponibilità del farmaco, sul modello dell'Autorisation d'Accès Précoce francese (AAP, ex ATU).
9/1060-AR/5. Bonetti, Richetti.


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi anni, l'evoluzione della ricerca ha consentito di ottenere terapie in grado di portare benefici in termini di salute pubblica senza precedenti, in ambiti di malattie rare o patologie ad alto bisogno terapeutico;

    la valutazione di innovatività di un farmaco, effettuata da AIFA in base al bisogno terapeutico, al valore terapeutico aggiunto ed alla qualità delle prove, può portare al riconoscimento dell'innovatività piena, dell'innovatività condizionata o al mancato riconoscimento dell'innovatività; i farmaci con innovatività condizionata sono quei farmaci che hanno dimostrato un valore aggiunto rispetto alle alternative terapeutiche, ma non a livello massimo o importante in tutte le tre dimensioni di valutazione, come richiesto dai criteri per l'innovatività piena;

    l'articolo 1, comma 401, della legge n. 232 del 2016, ha istituito a decorrere dal 1° gennaio 2017 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo, con una dotazione di 1.000 milioni di euro annui, successivamente portato a 1.100, 1.200 e 1.300 milioni rispettivamente per gli anni 2022, 2023 e 2024, per il concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto dei farmaci innovativi; il successivo comma 402-bis prevede che i farmaci, ivi compresi quelli oncologici, per i quali è stato riconosciuto, da parte dell'Aifa, il possesso del requisito dell'innovatività condizionata, sono inseriti automaticamente nei prontuari terapeutici regionali ma non accedono alle risorse del Fondo di cui sopra e che le risorse di tale Fondo non impiegate confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato;

    tuttavia, al fine di consentire il pieno utilizzo delle risorse assegnate alla farmaceutica e all'innovazione dalla normativa vigente, come proposto da un emendamento bocciato in sede referente, sarebbe opportuno prevedere che le risorse eventualmente non spese per l'acquisto dei farmaci ad innovatività piena possano essere utilizzate per il concorso al rimborso alle Regioni delle spese sostenute per l'acquisto di farmaci ad innovatività condizionata, eliminando dal meccanismo di calcolo della spesa per acquisti diretti la spesa destinata a tali farmaci;

    in tal modo ne andrebbero a beneficiare parzialmente quei farmaci che hanno comunque dimostrato parte dei requisiti di innovatività – e non subirebbero una dispersione su altri settori, come invece è possibile con la norma attuale, senza maggiori oneri finanziari a carico dello Stato;

    è parimenti importante un intervento del legislatore nell'ambito dei medicinali per terapie avanzate (ATMP), una classe innovativa ed eterogenea di biofarmaci (medicinali per la terapia genica, cellulare, prodotti di ingegneria tessutale e combinati); si tratta di medicinali con benefici clinici rilevanti per malattie gravi e disabilitanti spesso con esiti infausti, e con scarse o nulle opzioni terapeutiche disponibili;

    le ATMP hanno la peculiarità di essere somministrate con un unico trattamento e di dare benefici su un più lungo orizzonte temporale; questo determina un disallineamento temporale tra costi attuali, molto elevati (tra 1 milione e 2 milioni di euro per somministrazione) e concentrati nel breve periodo, e risultati futuri in termini clinici, terapeutici, sociali ed economici per i sistemi sanitari e la salute dei pazienti;

    in Europa sono state approvate 25 terapie avanzate, 18 delle quali in commercio; di queste, l'Italia, che riveste un ruolo di primo piano nella ricerca e sviluppo delle stesse, ha concesso la rimborsabilità a 8; entro il 2030 potrebbero essere lanciate fino a 60 nuove terapie avanzate a livello globale; con riferimento agli impatti economici, recenti analisi stimano per l'anno 2023 una spesa per l'Italia compresa tra i 132 e 264 milioni di euro, fino ad arrivare ad una spesa tra 905 e 1,810 milioni di euro per l'anno 2027;

    l'articolo 12 del decreto-legge n. 158 del 2012 contiene un'importante norma che prevede un limite di 100 giorni per la conclusione delle procedure di rimborsabilità e prezzo per farmaci orfani o di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale al fine di garantire la disponibilità di terapie con impatto potenzialmente rilevante, che purtroppo però non viene rispettata,

impegna il Governo
nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare la possibilità di:

   modificare il comma 402-bis della legge 232/2016 al fine di prevedere che le risorse eventualmente non spese per l'acquisto dei farmaci ad innovatività piena possano essere utilizzate per il concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto di farmaci ad innovatività condizionata;

   attivare un tavolo che veda la partecipazione dei Ministeri della salute, dell'economia, dell'Aifa, delle aziende farmaceutiche, nonché di enti e istituti di ricerca operanti nel settore, al fine di individuare modalità innovative per il rimborso delle terapie avanzate da parte del SSN, introducendo in via sperimentale un fondo ad hoc pluriennale con applicazione di un sistema contabile per competenza che preveda lo stanziamento in anticipo delle somme, e permetta una valutazione dei benefici pluriennali in quanto spese di investimento;

   garantire il rispetto della norma sui 100 giorni di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 158 del 2012 per i farmaci orfani, di uso ospedaliero, e di eccezionale rilevanza terapeutica;

   per trattamenti indirizzati a patologie gravi, invalidanti o rare, introdurre modalità di accesso anticipato contestuali all'approvazione regolatoria Europea a fronte di una negoziazione che procede parallela alla fase di disponibilità del farmaco, sul modello dell'Autorisation d'Accès Précoce francese (AAP, ex ATU).
9/1060-AR/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Bonetti, Richetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca un insieme variegato di misure in campo economico e sociale, nonché misure volte a favorire il lavoro dei giovani medici e degli specializzandi in ambito ospedaliero;

    da giorni in diverse città d'Italia gli studenti fuori sede stanno protestando contro il caro affitti e la carenza di posti letto;

    gli alloggi per studenti universitari sono circa 40.000 a fronte di un numero di studenti fuori sede pari a circa 570.000, di cui 290.000 con ISEE inferiore a 24.000 euro; il numero di posti letto nel 2022 è diminuito del 7 per cento rispetto al 2021; secondo l'ufficio studi di Idealista, i canoni sono aumentati del 20 per cento negli ultimi 3 anni;

    il PNRR prevede lo stanziamento di euro 960 milioni per 60.000 nuovi posti letto entro il 2026; sebbene le tempistiche siano state finora rispettate, esse prevedono che nei primi 2 anni fosse realizzato solo il 31 per cento del totale con un intervento da 300 milioni di euro; il secondo intervento, coperto dai restanti euro 660 milioni, è volto alla realizzazione degli altri 52.000 posti letto grazie al coinvolgimento di operatori privati;

    con la legge di bilancio 2023, il Governo ha rifinanziato il fondo previsto dalla legge n. 338 del 2000 che prevede il cofinanziamento da parte dello Stato di interventi volti alla realizzazione di alloggi e residenze per studenti universitari. Il fondo, includendo il nuovo finanziamento di 400 milioni di euro in tre anni, ha a disposizione circa euro 567 milioni per la realizzazione di 14.000 posti letto aggiuntivi;

    la legge di bilancio per il 2023 non ha invece previsto il rifinanziamento del «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» istituito dall'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e incrementato a 330 milioni di euro nel luglio 2022, durante il Governo Draghi;

    anche se le tempistiche del PNRR venissero rispettate e fossero utilizzare tutte le risorse previste dal Fondo per il cofinanziamento statale per la realizzazione di alloggi, nel 2026 avremmo solamente 114 mila posti letto per un totale di circa 570 mila studenti fuori sede, con una copertura pari a solo il 20 per cento del totale;

    per tale ragione è necessario prevedere misure che già nel breve periodo supportino gli studenti fuori sede e le loro famiglie che si rivolgono al mercato immobiliare; un contributo di 400 euro al mese per gli studenti fuori sede con ISEE inferiore a 24.000 avrebbe un costo per lo Stato di 1,4 miliardi di euro l'anno;

    la legge 7 aprile 2022, n. 32, all'articolo 5, non ancora attuato, reca una delega al Governo per sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell'autonomia finanziaria dei giovani,

impegna il Governo

ad attuare l'articolo 5, comma 2, lettere a) e c) della legge 7 aprile 2022, n. 32 (cosiddetto Family act), prevedendo detrazioni fiscali per le spese sostenute dalle famiglie per il contratto di locazione di abitazioni per i figli iscritti a corsi universitari e ulteriori interventi volti a sostenere l'autonomia abitativa dei giovani, con particolare riferimento agli studenti fuori sede, introducendo sostegni diretti alla residenzialità differenziati in base all'ISEE.
9/1060-AR/6. Grippo, Richetti, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca un insieme variegato di misure in campo economico e sociale, nonché misure volte a favorire il lavoro dei giovani medici e degli specializzandi in ambito ospedaliero;

    da giorni in diverse città d'Italia gli studenti fuori sede stanno protestando contro il caro affitti e la carenza di posti letto;

    gli alloggi per studenti universitari sono circa 40.000 a fronte di un numero di studenti fuori sede pari a circa 570.000, di cui 290.000 con ISEE inferiore a 24.000 euro; il numero di posti letto nel 2022 è diminuito del 7 per cento rispetto al 2021; secondo l'ufficio studi di Idealista, i canoni sono aumentati del 20 per cento negli ultimi 3 anni;

    il PNRR prevede lo stanziamento di euro 960 milioni per 60.000 nuovi posti letto entro il 2026; sebbene le tempistiche siano state finora rispettate, esse prevedono che nei primi 2 anni fosse realizzato solo il 31 per cento del totale con un intervento da 300 milioni di euro; il secondo intervento, coperto dai restanti euro 660 milioni, è volto alla realizzazione degli altri 52.000 posti letto grazie al coinvolgimento di operatori privati;

    con la legge di bilancio 2023, il Governo ha rifinanziato il fondo previsto dalla legge n. 338 del 2000 che prevede il cofinanziamento da parte dello Stato di interventi volti alla realizzazione di alloggi e residenze per studenti universitari. Il fondo, includendo il nuovo finanziamento di 400 milioni di euro in tre anni, ha a disposizione circa euro 567 milioni per la realizzazione di 14.000 posti letto aggiuntivi;

    la legge di bilancio per il 2023 non ha invece previsto il rifinanziamento del «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» istituito dall'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e incrementato a 330 milioni di euro nel luglio 2022, durante il Governo Draghi;

    anche se le tempistiche del PNRR venissero rispettate e fossero utilizzare tutte le risorse previste dal Fondo per il cofinanziamento statale per la realizzazione di alloggi, nel 2026 avremmo solamente 114 mila posti letto per un totale di circa 570 mila studenti fuori sede, con una copertura pari a solo il 20 per cento del totale;

    per tale ragione è necessario prevedere misure che già nel breve periodo supportino gli studenti fuori sede e le loro famiglie che si rivolgono al mercato immobiliare; un contributo di 400 euro al mese per gli studenti fuori sede con ISEE inferiore a 24.000 avrebbe un costo per lo Stato di 1,4 miliardi di euro l'anno;

    la legge 7 aprile 2022, n. 32, all'articolo 5, non ancora attuato, reca una delega al Governo per sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell'autonomia finanziaria dei giovani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, come previsto dalla legge n. 32 del 2022, di prevedere detrazioni fiscali per le spese sostenute dalle famiglie per il contratto di locazione di abitazioni per i figli iscritti a corsi universitari e ulteriori interventi volti a sostenere l'autonomia abitativa dei giovani, con particolare riferimento agli studenti fuori sede.
9/1060-AR/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Grippo, Richetti, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che

    l'articolo 12 del decreto-legge in esame definisce un regime temporaneo fino al 31 dicembre 2025 per l'ammissione ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza del personale medico che, anche se non in possesso di alcun diploma di specializzazione, alla data di pubblicazione del decreto-legge abbia maturato, tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023, almeno 3 anni di servizio, anche non continuativo, presso i servizi di emergenza-urgenza del SSN, o un equivalente numero di ore di attività;

    sebbene sia condivisibile la finalità della norma, ovvero far fronte alla carenza delle professionalità mediche nella specializzazione dell'emergenza-urgenza, tale norma, oltre a scoraggiare le specializzazioni in Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza e a determinare una disparità di titoli posseduti tra i futuri dirigenti medici in quell'area, rischia di avere gravi ripercussioni sulla qualità delle prestazioni sanitarie prestate ai pazienti;

    gli emendamenti volti a rendere più stringenti i requisiti richiesti per la partecipazione al concorso, al fine di prevedere che quantomeno i 3 anni di servizio presso i servizi di emergenza-urgenza del SSN fossero continuativi e il conseguimento dell'attestato di idoneità all'attività di emergenza sanitaria territoriale, sono stati bocciati nel corso dell'esame in sede referente,

impegna il Governo

a prevedere borse di studio per l'accesso alle scuole di specializzazione nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza ed equipollenti per il personale medico che sia risultato vincitore di un concorso ai sensi dell'articolo 12 comma 1 del decreto in esame, ai fini del conseguimento del relativo titolo entro i successivi cinque anni.
9/1060-AR/7. Richetti, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che

    l'articolo 12 del decreto-legge in esame definisce un regime temporaneo fino al 31 dicembre 2025 per l'ammissione ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza del personale medico che, anche se non in possesso di alcun diploma di specializzazione, alla data di pubblicazione del decreto-legge abbia maturato, tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023, almeno 3 anni di servizio, anche non continuativo, presso i servizi di emergenza-urgenza del SSN, o un equivalente numero di ore di attività;

    sebbene sia condivisibile la finalità della norma, ovvero far fronte alla carenza delle professionalità mediche nella specializzazione dell'emergenza-urgenza, tale norma, oltre a scoraggiare le specializzazioni in Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza e a determinare una disparità di titoli posseduti tra i futuri dirigenti medici in quell'area, rischia di avere gravi ripercussioni sulla qualità delle prestazioni sanitarie prestate ai pazienti;

    gli emendamenti volti a rendere più stringenti i requisiti richiesti per la partecipazione al concorso, al fine di prevedere che quantomeno i 3 anni di servizio presso i servizi di emergenza-urgenza del SSN fossero continuativi e il conseguimento dell'attestato di idoneità all'attività di emergenza sanitaria territoriale, sono stati bocciati nel corso dell'esame in sede referente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere borse di studio per l'accesso alle scuole di specializzazione nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza ed equipollenti per il personale medico che sia risultato vincitore di un concorso ai sensi dell'articolo 12 comma 1 del decreto in esame, ai fini del conseguimento del relativo titolo entro i successivi cinque anni.
9/1060-AR/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Richetti, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 del decreto-legge in esame modifica l'articolo 583-quater del codice penale, introducendo un inasprimento sanzionatorio – con reclusione da due a cinque anni – per lesioni semplici cagionate al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso;

    è utile ricordare che già l'articolo 4 della legge n. 113 del 2020 è intervenuta sull'articolo 543-quater codice penale, estendendo al personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso l'ambito di applicazione delle pene previste della reclusione da 4 a 10 anni per lesioni gravi e reclusione da 8 a 16 anni per lesioni gravissime;

    con riguardo alle lesioni non aggravate cagionate al personale sanitario, l'autore, in base al quadro normativo vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in conversione, era chiamato a rispondere a titolo di lesioni personali (articolo 582 codice penale); la legge del 2020 aveva introdotto anche una aggravante comune (articolo 61, numero 11-octies del codice penale) per lesioni personali (articolo 582 codice penale) quando il delitto è commesso in danno degli esercenti le professioni sanitarie; la legge stessa ha inoltre previsto la procedibilità d'ufficio per i reati (ivi incluso il reato di lesioni personali) aggravati ai sensi della suddetta circostanza;

    il quadro normativo vigente non ha impedito il portarsi di episodi di violenza nelle strutture sanitarie, sempre più frequenti in particolare nei pronto soccorso e più in generale alle strutture DEA (dipartimenti emergenza- urgenza e accettazione); si stima inoltre che una larga parte di tali episodi non viene denunciata;

    sebbene dunque la norma sia volta a rafforzare il sistema normativo penale posto a tutela del personale sanitario e socio-sanitario, il mero inasprimento sanzionatorio non è certamente sufficiente per prevenire e contrastare i fenomeni di violenza,

impegna il Governo

a prevedere, nel primo provvedimento utile, misure di carattere normativo che impongano l'installazione di sistemi di videosorveglianza presso le maggiori aree di afflusso delle strutture DEA, o quantomeno presso le sale d'attesa dei pronto soccorso.
9/1060-AR/8. Pastorella, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 del decreto-legge in esame modifica l'articolo 583-quater del codice penale, introducendo un inasprimento sanzionatorio – con reclusione da due a cinque anni – per lesioni semplici cagionate al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso;

    è utile ricordare che già l'articolo 4 della legge n. 113 del 2020 è intervenuta sull'articolo 543-quater codice penale, estendendo al personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso l'ambito di applicazione delle pene previste della reclusione da 4 a 10 anni per lesioni gravi e reclusione da 8 a 16 anni per lesioni gravissime;

    con riguardo alle lesioni non aggravate cagionate al personale sanitario, l'autore, in base al quadro normativo vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in conversione, era chiamato a rispondere a titolo di lesioni personali (articolo 582 codice penale); la legge del 2020 aveva introdotto anche una aggravante comune (articolo 61, numero 11-octies del codice penale) per lesioni personali (articolo 582 codice penale) quando il delitto è commesso in danno degli esercenti le professioni sanitarie; la legge stessa ha inoltre previsto la procedibilità d'ufficio per i reati (ivi incluso il reato di lesioni personali) aggravati ai sensi della suddetta circostanza;

    il quadro normativo vigente non ha impedito il portarsi di episodi di violenza nelle strutture sanitarie, sempre più frequenti in particolare nei pronto soccorso e più in generale alle strutture DEA (dipartimenti emergenza- urgenza e accettazione); si stima inoltre che una larga parte di tali episodi non viene denunciata;

    sebbene dunque la norma sia volta a rafforzare il sistema normativo penale posto a tutela del personale sanitario e socio-sanitario, il mero inasprimento sanzionatorio non è certamente sufficiente per prevenire e contrastare i fenomeni di violenza,

impegna il Governo

tenendo in considerazione le vigenti disposizioni e nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, misure di carattere normativo che impongano l'installazione di sistemi di videosorveglianza presso le maggiori aree di afflusso delle strutture DEA, o quantomeno presso le sale d'attesa dei pronto soccorso.
9/1060-AR/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Pastorella, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 del decreto-legge in discussione istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire tra le regioni e le province autonome, quale contributo statale al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018;

    nulla si prevede in materia di payback farmaceutico, ovvero la procedura – introdotta dall'articolo 5 del decreto-legge n. 159 del 2007 per l'assistenza farmaceutica territoriale, ed estesa successivamente anche alla farmaceutica ospedaliera dall'art. 15, comma 8, del decreto-legge n. 95 del 2012 – per effetto della quale le aziende del comparto farmaceutico sono chiamate a ripianare – per intero per quanto riguarda la spesa per la convenzionata territoriale, per metà relativamente alla spesa per acquisti diretti – l'eccedenza della spesa farmaceutica, allorché sia superato il tetto stabilito per legge; più precisamente, nel caso in cui venga accertato dall'AIFA uno sforamento della soglia, le norme richiamate prevedono che il ripiano sia effettuato dalle imprese mediante versamenti disposti direttamente a favore delle Regioni e delle Province autonome;

    la legge di bilancio 2017 ha istituito due Fondi a valere sul Fondo sanitario nazionale, con una dotazione di 500 milioni ciascuno, dedicati rispettivamente ai medicinali innovativi e agli oncologici innovativi, stabilendo che la spesa per l'acquisto di tali farmaci innovativi concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti (spesa farmaceutica ospedaliera) per l'ammontare eccedente annualmente l'importo di ciascuno dei fondi;

    negli anni sulla misura dei rimborsi si è determinato un rilevante contenzioso con le imprese;

    dopo che con il Decreto semplificazioni è stato raggiunto l'accordo con le aziende farmaceutiche sul recupero delle risorse finanziarie connesse alle procedure di ripiano della spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017, la legge di bilancio 2021, fermo restando il valore complessivo della spesa farmaceutica al 14,85 per cento del fabbisogno sanitario nazionale standard, ha rimodulato, innalzandoli, i valori percentuali dei tetti della spesa farmaceutica convenzionata territoriale, subordinando tale innalzamento al regolare ripiano, da parte delle aziende farmaceutiche, del payback 2018 e 2019;

    l'industria farmaceutica rappresenta un settore strategico per la salute, la crescita e la sicurezza del Paese;

    il 2022 ha visto un incremento del valore della produzione e un aumento dell'occupazione di circa il 2 per cento, con una prevalenza di giovani e donne; tuttavia anche tale settore risente dell'aumento dei costi dei fattori produttivi, che non si è trasferito sui prezzi;

    in questo contesto il payback, in particolare per quanto attiene alla spesa ospedaliera, rappresenta una tassazione aggiuntiva per le aziende, in particolare le PMI, che riduce la loro capacità di investimento, in particolare per i farmaci innovativi che hanno un orizzonte temporale lungo; andrebbe al contrario immaginata una nuova governance della spesa farmaceutica che riconosca il valore clinico, scientifico ed economico della ricerca farmaceutica e il suo contributo della qualità delle cure, con effetto sulla salute dei cittadini e sul sistema sanitario nazionale, anche in termini di minori spese,

impegna il Governo

a superare il vigente sistema in materia di payback farmaceutico individuando modalità alternative di concorso alla spesa da parte delle aziende, procedendo all'immediata apertura di un tavolo di confronto con le associazioni rappresentative del settore e con le Regioni.
9/1060-AR/9. Del Barba, Bonetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    il sistema sanitario nazionale è allo stremo e rischia di implodere in particolare per quanto riguarda i servizi dell'emergenza urgenza;

    la cronicità della carenza di personale sanitario soprattutto nei reparti di emergenza/urgenza, e lo scarso indice di gradimento che riscontrano le scuole di specializzazione del settore ha spinto le aziende sanitarie a forme di ingaggio atipiche, attraverso affidamenti di appalti esterni, talvolta di interi reparti, con costi crescenti, contabilizzati non più tra i costi del personale, ma tra quelli di beni e servizi;

    la carenza di personale sanitario può stimarsi in circa 25.000 medici e 63.000 infermieri, a fronte di un sistema sanitario che, in ragione della crisi della natalità, sarà chiamato a rispondere a una popolazione che nel 2050 sarà costituita, per circa 1'8 per cento, da persone con più di 85 anni, a fronte di pensionamenti che, per il prossimo quinquennio, sono stimati in 21.050 unità per gli infermieri e 29.331 unità per i medici;

    detta cronica carenza di personale, destinata pure ad aggravarsi pregiudica la possibilità di offrire risposte globali e tempestive a tutti i pazienti, acuendo richiamati (e drammatici) fenomeni sanitari e sociali della rinuncia alle cure, dell'aumento delle liste d'attesa e della mobilità passiva non fisiologica;

    le tempistiche per ricevere assistenza sanitaria sono sempre più lunghe e aumentano il rischio di pregiudicare le più elementari esigenze di prevenzione, che si pongono alla base di qualsivoglia sistema di tutela sanitaria: tempi d'attesa spesso superiore a un anno e che spesso non riguardano solo le tempistiche relative alla diagnosi, ma anche quelle relative agli interventi terapeutici e assistenziali-riabilitativi, che vengono posti in essere con ritardi che finiscono inesorabilmente per aggravare il quadro clinico del paziente;

    per far fronte alle criticità sopradescritte è necessario superare gli attuali limiti legislativi relativi alle spese di personale ponendo fine ai tetti di spesa che vincolano le regioni alle assunzioni;

    senza lo sblocco (anche per le regioni in piano di rientro) dei limiti alle assunzioni ora presenti nel nostro ordinamento non si potrà procedere al turn over funzionale, né all'attuazione di modelli organizzativi appropriati per la sanità territoriale, né offrire prospettive concrete di stabilizzazione ai precari,

impegna il Governo

al fine di garantire risposte globali e tempestive a tutti i pazienti, migliori condizioni di lavoro al personale sanitario e medico nonché il loro turn over, la fine di forme contrattuale atipiche con costi crescenti e minore sicurezza a predisporre quanto prima, misure economiche e normative volte a superare in via definitiva la politica dei tetti di spesa per l'assunzione di personale sanitario da parte di tutte le regioni.
9/1060-AR/10. Malavasi, Furfaro, Ciani, Girelli, Stumpo, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    il sistema sanitario nazionale è allo stremo e rischia di implodere in particolare per quanto riguarda i servizi dell'emergenza urgenza;

    la cronicità della carenza di personale sanitario soprattutto nei reparti di emergenza/urgenza, e lo scarso indice di gradimento che riscontrano le scuole di specializzazione del settore ha spinto le aziende sanitarie a forme di ingaggio atipiche, attraverso affidamenti di appalti esterni, talvolta di interi reparti, con costi crescenti, contabilizzati non più tra i costi del personale, ma tra quelli di beni e servizi;

    la carenza di personale sanitario può stimarsi in circa 25.000 medici e 63.000 infermieri, a fronte di un sistema sanitario che, in ragione della crisi della natalità, sarà chiamato a rispondere a una popolazione che nel 2050 sarà costituita, per circa 1'8 per cento, da persone con più di 85 anni, a fronte di pensionamenti che, per il prossimo quinquennio, sono stimati in 21.050 unità per gli infermieri e 29.331 unità per i medici;

    detta cronica carenza di personale, destinata pure ad aggravarsi pregiudica la possibilità di offrire risposte globali e tempestive a tutti i pazienti, acuendo richiamati (e drammatici) fenomeni sanitari e sociali della rinuncia alle cure, dell'aumento delle liste d'attesa e della mobilità passiva non fisiologica;

    le tempistiche per ricevere assistenza sanitaria sono sempre più lunghe e aumentano il rischio di pregiudicare le più elementari esigenze di prevenzione, che si pongono alla base di qualsivoglia sistema di tutela sanitaria: tempi d'attesa spesso superiore a un anno e che spesso non riguardano solo le tempistiche relative alla diagnosi, ma anche quelle relative agli interventi terapeutici e assistenziali-riabilitativi, che vengono posti in essere con ritardi che finiscono inesorabilmente per aggravare il quadro clinico del paziente;

    per far fronte alle criticità sopradescritte è necessario superare gli attuali limiti legislativi relativi alle spese di personale ponendo fine ai tetti di spesa che vincolano le regioni alle assunzioni;

    senza lo sblocco (anche per le regioni in piano di rientro) dei limiti alle assunzioni ora presenti nel nostro ordinamento non si potrà procedere al turn over funzionale, né all'attuazione di modelli organizzativi appropriati per la sanità territoriale, né offrire prospettive concrete di stabilizzazione ai precari,

impegna il Governo

al fine di garantire risposte globali e tempestive a tutti i pazienti, migliori condizioni di lavoro al personale sanitario e medico nonché il loro turn over, la fine di forme contrattuali atipiche con costi crescenti e minore sicurezza a predisporre quanto prima, nel rispetto dei vincoli di bilancio, misure economiche e normative volte a superare in via definitiva la politica dei tetti di spesa per l'assunzione di personale sanitario da parte di tutte le regioni.
9/1060-AR/10. (Testo modificato nel corso della seduta)Malavasi, Furfaro, Ciani, Girelli, Stumpo, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    al di là dell'anticipo del finanziamento già previsto nell'ultima legge di bilancio per il personale dei pronto soccorso non c'è molto e, tanto meno, di strutturale per colmare la grave carenza di personale medico e sanitario che affligge il nostro sistema sanitario nazionale;

    pochi giorni fa si è chiuso il primo G7 salute in Giappone dopo il Covid ove è stato ribadito, nel documento finale approvato da tutti i rappresentanti dei Paesi presenti, la necessità d'investire nella sanità;

    il documento finale diviso in tre parti pone altrettanti obiettivi:

    sviluppare e rafforzare l'architettura sanitaria globale per affrontare al meglio le emergenze di sanità pubblica;

    contribuire a raggiungere una copertura sanitaria universale più resiliente, equa e sostenibile attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitari;

    promuovere l'innovazione sanitaria per affrontare le varie sfide sanitarie;

    nella dichiarazione finale che introduce il documento i ministri del G7 Salute hanno convenuto sulla necessità di assumersi la «responsabilità collettiva di rafforzare l'architettura sanitaria globale (GHA) traendo lezione da quanto accaduto durante la pandemia Covid per impegnarsi nuovamente a raggiungere la copertura sanitaria universale (UHC) e a sfruttare le innovazioni per migliorare la salute globale»;

    «sulla base delle esperienze della pandemia COVID-19 e di tutte le iniziative correlate» – si legge ancora nel documento – è necessario «che la salute globale debba continuare a rimanere in cima all'agenda globale» ed evitare che man mano che le attività economiche e sociali riprendono gradualmente abbandonare gli sforzi intrapresi;

    il G7 ha condiviso, quindi, una visione comune sulla necessità di un sistema in grado di favorire un rapido aumento dei finanziamenti per fornire tempestivamente nuovi fondi in previsione dell'impatto finanziario di future crisi sanitarie nonché ha concordato sulla necessità di creare un meccanismo ad hoc per consentire a tutte le persone in tutto il mondo, comprese quelle nei paesi a basso e medio reddito, di avere accesso ai vaccini, ai medicinali a prezzi accessibili;

    particolare attenzione è stata poi data alla salute degli anziani per i quali è stata ribadita la necessità di un approccio basato sulla salute di comunità con forte incentivo all'assistenza domiciliare,

impegna il Governo

a dare attuazione al documento sottoscritto e approvato al G7 salute stanziando le risorse necessarie affinché si possa arrivare a dedicare alla salute almeno il 7 per cento del PIL, così da rendere il nostro Sistema sanitario nazionale pronto ad affrontare le sfide future.
9/1060-AR/11. Ciani, Furfaro, Girelli, Malavasi, Stumpo, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    al di là dell'anticipo del finanziamento già previsto nell'ultima legge di bilancio per il personale dei pronto soccorso non c'è molto e, tanto meno, di strutturale per colmare la grave carenza di personale medico e sanitario che affligge il nostro sistema sanitario nazionale;

    pochi giorni fa si è chiuso il primo G7 salute in Giappone dopo il Covid ove è stato ribadito, nel documento finale approvato da tutti i rappresentanti dei Paesi presenti, la necessità d'investire nella sanità;

    il documento finale diviso in tre parti pone altrettanti obiettivi:

    sviluppare e rafforzare l'architettura sanitaria globale per affrontare al meglio le emergenze di sanità pubblica;

    contribuire a raggiungere una copertura sanitaria universale più resiliente, equa e sostenibile attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitari;

    promuovere l'innovazione sanitaria per affrontare le varie sfide sanitarie;

    nella dichiarazione finale che introduce il documento i ministri del G7 Salute hanno convenuto sulla necessità di assumersi la «responsabilità collettiva di rafforzare l'architettura sanitaria globale (GHA) traendo lezione da quanto accaduto durante la pandemia Covid per impegnarsi nuovamente a raggiungere la copertura sanitaria universale (UHC) e a sfruttare le innovazioni per migliorare la salute globale»;

    «sulla base delle esperienze della pandemia COVID-19 e di tutte le iniziative correlate» – si legge ancora nel documento – è necessario «che la salute globale debba continuare a rimanere in cima all'agenda globale» ed evitare che man mano che le attività economiche e sociali riprendono gradualmente abbandonare gli sforzi intrapresi;

    il G7 ha condiviso, quindi, una visione comune sulla necessità di un sistema in grado di favorire un rapido aumento dei finanziamenti per fornire tempestivamente nuovi fondi in previsione dell'impatto finanziario di future crisi sanitarie nonché ha concordato sulla necessità di creare un meccanismo ad hoc per consentire a tutte le persone in tutto il mondo, comprese quelle nei paesi a basso e medio reddito, di avere accesso ai vaccini, ai medicinali a prezzi accessibili;

    particolare attenzione è stata poi data alla salute degli anziani per i quali è stata ribadita la necessità di un approccio basato sulla salute di comunità con forte incentivo all'assistenza domiciliare,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare la possibilità di dare attuazione al documento sottoscritto e approvato al G7 salute stanziando le risorse necessarie affinché si possa arrivare a dedicare alla salute almeno il 7 per cento del PIL, così da rendere il nostro Sistema sanitario nazionale pronto ad affrontare le sfide future.
9/1060-AR/11. (Testo modificato nel corso della seduta)Ciani, Furfaro, Girelli, Malavasi, Stumpo, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    il decreto-legge oggetto della discussione dispone alcune novità per rafforzare la tutela del personale socio-sanitario in servizio presso le strutture sanitarie, attraverso l'estensione del perimetro applicativo e inasprendo la cornice edittale del reato di cui all'articolo 583-quater del codice penale;

    le aggressioni al personale sanitario sono una vera e propria emergenza nazionale, solo negli ultimi 5 anni sono stati più di 12 mila i casi di infortunio in occasione di lavoro accertati positivamente dall'INAIL e codificati come violenze, aggressioni, minacce e similari, con una media di circa 2.500 l'anno dei quali il 75 per cento a danno di donne;

    appare opportuno intervenire anche sulla prevenzione degli episodi di violenza e di aggressioni al personale, non solo nell'ambito dell'impianto sanzionatorio delle fattispecie di reato, ma ponendo il personale in una condizione lavorativa sicura anche attraverso la maggiore assunzione delle responsabilità di adeguata prevenzione da parte delle strutture presso cui è impiegato,

impegna il Governo

a individuare le modalità più opportune per rendere cogenti e direttamente applicabili in tutte le strutture presso cui opera il personale socio-sanitario le linee guida di cui alla raccomandazione n. 8 del Ministero della salute, anche prevedendo l'istituzione obbligatoria di un apposito registro delle mancate aggressioni dove vengano registrati tutti gli episodi di tentata violenza commessi ai danni dei propri dipendenti nell'esercizio delle loro funzioni, nonché gli eventi sentinella che possano dare luogo a fatti commessi con minacce e violenza ai danni dei propri dipendenti.
9/1060-AR/12. Stumpo, Furfaro, Ciani, Girelli, Malavasi, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    il Servizio sanitario nazionale si trova in una diffusa condizione di grave carenza di organico del personale sanitario che nei prossimi anni potrà solo peggiorare se non vengono accantonate adeguate risorse per garantire assunzioni di personale, stabilizzazione dei precari e in generale tutte quelle azioni volte a rendere la cura nuovamente un diritto esigibile per tutti i cittadini;

    negli anni recenti per far fronte alle gravi carenze di organico le aziende e le strutture del SSN hanno fatto ricorso ad appalti di servizi, evitando l'applicazione puntuale delle norme relative ai tetti di spesa del personale di cui da ultimo al decreto-legge n. 35 del 2019, acuendo le disparità di trattamento con il personale dipendente interno e nei fatti aprendo un mercato secondario completamente incontrollato dove alcune specializzazioni mediche vengono pagate anche 200 euro l'ora o più;

    il decreto-legge interviene per circoscrivere le condizioni che legittimano gli affidamenti e la loro durata, anche se non più solo nell'ambito dei servizi di emergenza-urgenza come invece positivamente proposto inizialmente dal Governo;

    la positiva reinternalizzazione dei servizi affidati all'esterno può avvenire solo con un massiccio investimento pubblico nel Servizio sanitario nazionale, altrimenti le limitazioni poste dal decreto-legge rischiano una decisa accelerazione alla privatizzazione, sia per le proroghe già disposte attraverso gli emendamenti approvati all'articolo 10 nelle commissioni in sede referente VI e XII, sia per la mancata previsione di adeguate risorse economiche;

    in particolare il tema delle risorse necessarie per la reinternalizzazione dei servizi e il rafforzamento del SSN non appare sufficientemente trattato nel decreto-legge, oltre ad essere al momento incompatibile con i saldi di finanza pubblica individuati nel DEF 2023,

impegna il Governo

a reperire tutte le risorse necessarie alla completa reinternalizzazione dei servizi medici ed infermieristici dati in appalto dalle aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale, e al rafforzamento di quest'ultimo, per garantire a pieno titolo l'accesso alle cure come bene costituzionalmente garantito per tutti i cittadini, superando l'ostacolo normativo del tetto di spesa del personale.
9/1060-AR/13. Girelli, Furfaro, Ciani, Malavasi, Stumpo, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    il Servizio sanitario nazionale si trova in una diffusa condizione di grave carenza di organico del personale sanitario che nei prossimi anni potrà solo peggiorare se non vengono accantonate adeguate risorse per garantire assunzioni di personale, stabilizzazione dei precari e in generale tutte quelle azioni volte a rendere la cura nuovamente un diritto esigibile per tutti i cittadini;

    negli anni recenti per far fronte alle gravi carenze di organico le aziende e le strutture del SSN hanno fatto ricorso ad appalti di servizi, evitando l'applicazione puntuale delle norme relative ai tetti di spesa del personale di cui da ultimo al decreto-legge n. 35 del 2019, acuendo le disparità di trattamento con il personale dipendente interno e nei fatti aprendo un mercato secondario completamente incontrollato dove alcune specializzazioni mediche vengono pagate anche 200 euro l'ora o più;

    il decreto-legge interviene per circoscrivere le condizioni che legittimano gli affidamenti e la loro durata, anche se non più solo nell'ambito dei servizi di emergenza-urgenza come invece positivamente proposto inizialmente dal Governo;

    la positiva reinternalizzazione dei servizi affidati all'esterno può avvenire solo con un massiccio investimento pubblico nel Servizio sanitario nazionale, altrimenti le limitazioni poste dal decreto-legge rischiano una decisa accelerazione alla privatizzazione, sia per le proroghe già disposte attraverso gli emendamenti approvati all'articolo 10 nelle commissioni in sede referente VI e XII, sia per la mancata previsione di adeguate risorse economiche;

    in particolare il tema delle risorse necessarie per la reinternalizzazione dei servizi e il rafforzamento del SSN non appare sufficientemente trattato nel decreto-legge, oltre ad essere al momento incompatibile con i saldi di finanza pubblica individuati nel DEF 2023,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a reperire tutte le risorse necessarie alla completa reinternalizzazione dei servizi medici ed infermieristici dati in appalto dalle aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale, e al rafforzamento di quest'ultimo, per garantire a pieno titolo l'accesso alle cure come bene costituzionalmente garantito per tutti i cittadini, superando l'ostacolo normativo del tetto di spesa del personale.
9/1060-AR/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Girelli, Furfaro, Ciani, Malavasi, Stumpo, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente provvedimento in diversi articoli, dal 12 al 16 in particolare, tratta questioni afferenti al personale sanitario;

    in Basilicata si registra una evidente e grave criticità che riguarda il Servizio sanitario pubblico;

    i presìdi ospedalieri così come gli ospedali distrettuali evidenziano una situazione di precarietà e destrutturazione organizzativa che sta mortificando il personale in servizio e rendendo difficile l'erogazione delle prestazioni per i cittadini;

    per quanto riguarda il personale in servizio, sulla base di quanto riportato dalle organizzazioni sindacali di settore, le piante organiche, tra pensionamenti, trasferimenti e mancato turn over, presenterebbe vuoti pari quasi al 40 per cento del totale;

    difficoltà si riscontrano anche per quel che riguarda la presenza dei medici di base con molti comuni scoperti di presidio, anche pediatrico;

    ad aggravare la situazione vi è una condizione di precariato che incide in maniera rilevante sulle criticità di presa in carico dei bisogni dei cittadini;

    l'aumento delle liste di attesa accentua le difficoltà delle persone in particolar modo quelle più fragili non solo sanitario ma anche dal punto di vista economico e sociale alimentando diseguaglianze;

    questo accentua il fenomeno dei cosiddetti viaggi della speranza da parte di molti pazienti costretti ad emigrare per potersi curare;

    le organizzazioni sindacali di categoria e territoriali da tempo denunciano questo stato di estrema difficoltà e hanno dato vita ad importanti e partecipate manifestazioni di protesta cui non sono seguite risposte da parte delle istituzioni tutte;

    l'obiettivo è quello di garantire anche ai cittadini lucani il pieno accesso alle cure previsto dalla nostra Carta Costituzionale,

impegna il Governo

ad attivare entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto un tavolo in sede ministeriale per affrontare le criticità più rilevanti del sistema sanitario regionale lucano al fine di garantire un progressivo potenziamento del personale sanitario nelle strutture pubbliche e di rendere fruibili prestazioni e cure per i cittadini.
9/1060-AR/14. Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    In particolare l'articolo 8 interviene in materia di payback sanitario stanziando un 1.085 milioni di euro al fine di prevenire e ridurre l'elevato tasso di contenzioso tra imprese e regioni in merito agli importi che le prime dovrebbero versare in relazione agli anni 2015, 2016, 2017 e 2018;

    il così detto meccanismo del payback è stato introdotto con l'articolo 15, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che prevede un limite massimo all'acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale e ospedaliera da soggetti privati accreditati attualmente pari – per effetto della rideterminazione operata dall'articolo 45 comma 1-ter, del decreto-legge n. 124 del 2019 – al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011;

    per effetto di questa disposizione normativa, le regioni si sono viste limitare il potere di programmazione dell'acquisto di prestazioni dalle strutture accreditate; queste ultime, a loro volta, hanno dovuto subire un limite alla loro possibilità di erogare prestazioni, indipendentemente dal fabbisogno regionale;

    durante la pandemia, il legislatore è intervenuto più volte in deroga espressa al suddetto limite di spesa, a dimostrazione che questo meccanismo provoca un blocco di prestazioni a discapito della salute dei cittadini;

    la crisi sanitaria ha avuto e continua ad avere effetti dirompenti sulla salute pubblica e sull'accessibilità alle cure dei pazienti: la ciclica sospensione delle prestazioni considerate differibili e non urgenti ha acuito fenomeni gravi – bassa aderenza terapeutica, liste d'attesa, mobilità passiva non fisiologica, rinuncia alle cure – che già affliggevano il Servizio sanitario nazionale;

    benché negli ultimi anni il Fondo sanitario nazionale sia aumentato in modo consistente, tale aumento non ha prodotto alcun effetto sugli acquisti delle prestazioni da privato accreditato, come invece avvenuto per la spesa farmaceutica per la quale gli incrementi del Fondo, introdotti nel corso dell'emergenza pandemica dai vari decreti legge adottati, ha percentualmente inciso, in aumento, sui tetti per essa previsti; viceversa, il «tetto» imposto alla componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale è ancorato ad un dato storico, rimasto pressoché immutato;

    il superamento del tetto, inoltre, è stato richiesto dalla Commissione salute della Conferenza delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano nel documento inviato al Ministero della salute e diffuso a mezzo stampa lunedì 7 novembre 2022, dove si legge: «Questi tetti di spesa sono stati definiti nell'anno 2012 e non sono più compatibili con l'attuale fase di gestione dell'emergenza da COVID-19, di recupero delle prestazioni sanitarie rinviate durante la pandemia, di attuazione delle misure di qualificazione e consolidamento del Servizio sanitario nazionale. Queste attività, infatti, comportano politiche espansive della spesa sanitaria che, stante le difficoltà di poter disporre delle necessarie risorse umane, richiedono il coinvolgimento degli erogatori privati accreditati»;

    inoltre, come dimostra l'intervento operato con l'articolo 8 del decreto in esame il meccanismo del payback mette in forte difficoltà un gran numero di piccole e medie imprese italiane che producono dispositivi sanitari,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, in un'ottica programmatica, a superare il meccanismo del payback per le annualità dal 2019 e seguenti, allo scopo di scongiurare sia ripercussioni fortemente negative soprattutto per piccole e medie imprese, molte delle quali rischierebbero di non poter proseguire la propria attività, sia le conseguenze altrettanto negative che si verrebbero a produrre per le strutture del Servizio sanitario nazionale.
9/1060-AR/15. Casasco, Cappellacci, Benigni, Patriarca, Paolo Emilio Russo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    In particolare l'articolo 8 interviene in materia di payback sanitario stanziando un 1.085 milioni di euro al fine di prevenire e ridurre l'elevato tasso di contenzioso tra imprese e regioni in merito agli importi che le prime dovrebbero versare in relazione agli anni 2015, 2016, 2017 e 2018;

    il così detto meccanismo del payback è stato introdotto con l'articolo 15, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che prevede un limite massimo all'acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale e ospedaliera da soggetti privati accreditati attualmente pari – per effetto della rideterminazione operata dall'articolo 45 comma 1-ter, del decreto-legge n. 124 del 2019 – al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011;

    per effetto di questa disposizione normativa, le regioni si sono viste limitare il potere di programmazione dell'acquisto di prestazioni dalle strutture accreditate; queste ultime, a loro volta, hanno dovuto subire un limite alla loro possibilità di erogare prestazioni, indipendentemente dal fabbisogno regionale;

    durante la pandemia, il legislatore è intervenuto più volte in deroga espressa al suddetto limite di spesa, a dimostrazione che questo meccanismo provoca un blocco di prestazioni a discapito della salute dei cittadini;

    la crisi sanitaria ha avuto e continua ad avere effetti dirompenti sulla salute pubblica e sull'accessibilità alle cure dei pazienti: la ciclica sospensione delle prestazioni considerate differibili e non urgenti ha acuito fenomeni gravi – bassa aderenza terapeutica, liste d'attesa, mobilità passiva non fisiologica, rinuncia alle cure – che già affliggevano il Servizio sanitario nazionale;

    benché negli ultimi anni il Fondo sanitario nazionale sia aumentato in modo consistente, tale aumento non ha prodotto alcun effetto sugli acquisti delle prestazioni da privato accreditato, come invece avvenuto per la spesa farmaceutica per la quale gli incrementi del Fondo, introdotti nel corso dell'emergenza pandemica dai vari decreti legge adottati, ha percentualmente inciso, in aumento, sui tetti per essa previsti; viceversa, il «tetto» imposto alla componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale è ancorato ad un dato storico, rimasto pressoché immutato;

    il superamento del tetto, inoltre, è stato richiesto dalla Commissione salute della Conferenza delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano nel documento inviato al Ministero della salute e diffuso a mezzo stampa lunedì 7 novembre 2022, dove si legge: «Questi tetti di spesa sono stati definiti nell'anno 2012 e non sono più compatibili con l'attuale fase di gestione dell'emergenza da COVID-19, di recupero delle prestazioni sanitarie rinviate durante la pandemia, di attuazione delle misure di qualificazione e consolidamento del Servizio sanitario nazionale. Queste attività, infatti, comportano politiche espansive della spesa sanitaria che, stante le difficoltà di poter disporre delle necessarie risorse umane, richiedono il coinvolgimento degli erogatori privati accreditati»;

    inoltre, come dimostra l'intervento operato con l'articolo 8 del decreto in esame il meccanismo del payback mette in forte difficoltà un gran numero di piccole e medie imprese italiane che producono dispositivi sanitari,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disciplina in esame, al fine di valutare la possibilità di adottare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ulteriori iniziative normative volte, in un'ottica programmatica, a superare il meccanismo del payback per le annualità dal 2019 e seguenti, allo scopo di scongiurare sia ripercussioni fortemente negative soprattutto per piccole e medie imprese, molte delle quali rischierebbero di non poter proseguire la propria attività, sia le conseguenze altrettanto negative che si verrebbero a produrre per le strutture del Servizio sanitario nazionale.
9/1060-AR/15. (Testo modificato nel corso della seduta)Casasco, Cappellacci, Benigni, Patriarca, Paolo Emilio Russo.


   La Camera,

   premesso che

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute:

     il riconoscimento dell'innovatività di un farmaco – individuati dall'AIFA e dalla sua Commissione tecnico-scientifica – presuppone la valutazione di tre elementi basilari: bisogno terapeutico, valore terapeutico aggiunto e robustezza delle prove scientifiche sottoposte dall'azienda a supporto della richiesta di innovatività;

    per assicurare un più rapido accesso dei pazienti ai farmaci innovativi, il legislatore ha creato un fondo dedicato volto a rimborsare le Regioni per l'acquisto di detti materiali;

    destinare risorse senza ulteriori oneri per il bilancio dello Stato potrebbe contribuire a sostenere attività di ricerca e sviluppo del comparto, in cui, a fronte dell'incremento significativo del tasso di inflazione e del rincaro dei prezzi per l'approvvigionamento di materie prime e dell'energia (pari a oltre il 600 per cento) non è possibile attuare manovre di compensazione del prezzo in quanto quest'ultimo è frutto di negoziazione con l'AIFA prima dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di garantire che le disponibilità residue non siano utilizzate per destinazioni d'uso esterne al finanziamento della spesa farmaceutica, di individuare opportune misure volte a prevedere che a decorrere dal 2023 i farmaci in possesso del requisito di innovatività condizionata, ivi compresi quelli oncologici, possano accedere alle risorse non impiegate al 31 dicembre dell'anno di riferimento del Fondo farmaci innovativi di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
9/1060-AR/16. Benigni, Patriarca, Cappellacci.


   La Camera,

   premesso che

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute:

     il riconoscimento dell'innovatività di un farmaco – individuati dall'AIFA e dalla sua Commissione tecnico-scientifica – presuppone la valutazione di tre elementi basilari: bisogno terapeutico, valore terapeutico aggiunto e robustezza delle prove scientifiche sottoposte dall'azienda a supporto della richiesta di innovatività;

    per assicurare un più rapido accesso dei pazienti ai farmaci innovativi, il legislatore ha creato un fondo dedicato volto a rimborsare le Regioni per l'acquisto di detti materiali;

    destinare risorse senza ulteriori oneri per il bilancio dello Stato potrebbe contribuire a sostenere attività di ricerca e sviluppo del comparto, in cui, a fronte dell'incremento significativo del tasso di inflazione e del rincaro dei prezzi per l'approvvigionamento di materie prime e dell'energia (pari a oltre il 600 per cento) non è possibile attuare manovre di compensazione del prezzo in quanto quest'ultimo è frutto di negoziazione con l'AIFA prima dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità, al fine di garantire che le disponibilità residue non siano utilizzate per destinazioni d'uso esterne al finanziamento della spesa farmaceutica, di individuare opportune misure volte a prevedere che a decorrere dal 2023 i farmaci in possesso del requisito di innovatività condizionata, ivi compresi quelli oncologici, possano accedere alle risorse non impiegate al 31 dicembre dell'anno di riferimento del Fondo farmaci innovativi di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
9/1060-AR/16. (Testo modificato nel corso della seduta)Benigni, Patriarca, Cappellacci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute: ai sensi del comma 402-bis, dell'articolo 1, della legge 11 dicembre 2012, n. 232, i farmaci, ivi compresi quelli oncologici, per i quali è stato riconosciuto, da parte dell'AIFA, il possesso del requisito dell'innovatività condizionata, sono inseriti esclusivamente nei prontuari terapeutici regionali di cui all'articolo 10, commi 2 e 3, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, e non accedono alle risorse di cui al Fondo previsto al comma 401 per un periodo massimo di diciotto mesi;

    per quanto riguarda i farmaci innovativi, in considerazione della specificità dei destinatari – pazienti con patologie rilevante per la quale non esistono valide alternative terapeutiche – e dell'importante valore terapeutico aggiunto, il legislatore ha istituito distinti fondi finalizzati all'acquisto di detta tipologia di farmaci;

    la garanzia della disponibilità agli assistiti dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale erogati attraverso gli ospedali e le aziende sanitarie locali, riconosciuti dall'AIFA come farmaci innovativi, per la natura delle patologie trattate e per l'importanza del loro valore terapeutico, rientra nei livelli essenziali di assistenza che regioni e province autonome di Trento e Bolzano sono tenute ad assicurare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che i farmaci cosiddetti ad innovatività condizionata o potenziale possano accedere alle risorse di cui al Fondo di cui al comma 401, dell'articolo 1, della legge 11 dicembre 2012, n. 232, per un periodo massimo di trentasei mesi.
9/1060-AR/17. Cappellacci, Patriarca, Benigni, Giagoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute: ai sensi del comma 402-bis, dell'articolo 1, della legge 11 dicembre 2012, n. 232, i farmaci, ivi compresi quelli oncologici, per i quali è stato riconosciuto, da parte dell'AIFA, il possesso del requisito dell'innovatività condizionata, sono inseriti esclusivamente nei prontuari terapeutici regionali di cui all'articolo 10, commi 2 e 3, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, e non accedono alle risorse di cui al Fondo previsto al comma 401 per un periodo massimo di diciotto mesi;

    per quanto riguarda i farmaci innovativi, in considerazione della specificità dei destinatari – pazienti con patologie rilevante per la quale non esistono valide alternative terapeutiche – e dell'importante valore terapeutico aggiunto, il legislatore ha istituito distinti fondi finalizzati all'acquisto di detta tipologia di farmaci;

    la garanzia della disponibilità agli assistiti dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale erogati attraverso gli ospedali e le aziende sanitarie locali, riconosciuti dall'AIFA come farmaci innovativi, per la natura delle patologie trattate e per l'importanza del loro valore terapeutico, rientra nei livelli essenziali di assistenza che regioni e province autonome di Trento e Bolzano sono tenute ad assicurare,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di prevedere che i farmaci cosiddetti ad innovatività condizionata o potenziale possano accedere alle risorse di cui al Fondo di cui al comma 401, dell'articolo 1, della legge 11 dicembre 2012, n. 232, per un periodo massimo di trentasei mesi.
9/1060-AR/17. (Testo modificato nel corso della seduta)Cappellacci, Patriarca, Benigni, Giagoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute:

     in Italia si rileva la necessità di ridurre la finestra temporale tra l'Autorizzazione all'immissione in Commercio da parte dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) al fine di consentire un rapido accesso alle terapie ai pazienti, in particolare per quelle relative a patologie particolarmente gravi o per cui non siano presenti alternative terapeutiche e ci sia un alto bisogno insoddisfatto;

    l'Italia ha attivato negli anni passati diversi programmi di accesso precoce, inteso come accesso prima dell'autorizzazione all'immissione in commercio o, in alcuni casi, fino a disponibilità del farmaco, finanziati dal SSN (648 e farmaci ad uso consolidato) o dal SSN attraverso un finanziamento dell'industria (cosiddetto Fondo 5 per cento), attualmente sospeso, oltre ad uso compassionevole (sempre a carico dell'industria);

    questi programmi, oltre a rappresentare una risorsa per i pazienti, rappresentano anche una importante possibilità per la ricerca di raccogliere dati «real life» così da contribuire ad un ulteriore consolidamento delle evidenze sperimentali;

    le principali criticità sono rappresentate da un parziale snaturamento del loro impianto originario, la frammentazione e a volte le difficoltà operative generate, l'incertezza delle risorse messe a disposizione dei programmi e la limitata disponibilità di dati sul loro impatto, anche economico;

    risulterebbe pertanto necessario intervenire a modificare il sistema che disciplina l'accesso precoce in termini di individuazione dei requisiti di applicabilità all'accesso precoce specifici con riferimento sia alla indisponibilità di valide alternative terapeutiche sia alla presunzione di innovatività del farmaco oggetto di accesso precoce; prevedere una durata specifica per evitare che il programma di accesso precoce sia usato per allungare i tempi di accesso; prevedere un protocollo di raccolta dati, per produrre evidenze utili alla successiva negoziazione; introdurre meccanismi di salvaguardia finanziaria;

    i farmaci già individuati da EMA come eleggibili per una valutazione accelerata (Accelerated Assessment, Adaptive Pathway e Conditional Approval) sono ritenuti di potenziale impatto innovativo sulla salute pubblica dal Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP),

impegna il Governo

ad introdurre misure volte a definire un programma di accesso precoce per i farmaci individuati dalla European medicines agency (EMA) come eleggibili per una valutazione accelerata, orfani o destinati a patologie per cui non siano disponibili alternative terapeutiche e first in class.
9/1060-AR/18. Patriarca, Benigni, Cappellacci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute:

     i reparti di pronto soccorso registrano già oggi una grave carenza di personale, destinata ad aggravarsi;

    si registra lo spopolamento di tali reparti, preceduto da una costante riduzione dell'adesione ovvero all'abbandono della specializzazione in medicina d'urgenza con un tasso di posti non coperti del 61 per cento, con circa 1144 contratti non assegnati o abbandonati;

    fra le cause primarie di tale fenomeno vi è certamente la sovraesposizione degli operatori di questo settore sanitario al rischio di procedimenti penali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nell'ordinamento norme volte a prevedere per il personale medico dei servizi di emergenza-urgenza una limitazione della responsabilità penale nei casi di lesioni e omicidio colposi ai soli casi di colpa grave anche lasciando impregiudicata la responsabilità per fatti dolosi e l'eventuale azione risarcitoria in sede civile.
9/1060-AR/19. Tenerini, Pittalis, Benigni, Patriarca.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute:

     i reparti di pronto soccorso registrano già oggi una grave carenza di personale, destinata ad aggravarsi;

    si registra lo spopolamento di tali reparti, preceduto da una costante riduzione dell'adesione ovvero all'abbandono della specializzazione in medicina d'urgenza con un tasso di posti non coperti del 61 per cento, con circa 1144 contratti non assegnati o abbandonati;

    fra le cause primarie di tale fenomeno vi è certamente la sovraesposizione degli operatori di questo settore sanitario al rischio di procedimenti penali,

impegna il Governo

tenuto conto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento, a valutare la possibilità di inserire nell'ordinamento norme volte a prevedere per il personale medico dei servizi di emergenza-urgenza una limitazione della responsabilità penale nei casi di lesioni e omicidio colposi ai soli casi di colpa grave anche lasciando impregiudicata la responsabilità per fatti dolosi e l'eventuale azione risarcitoria in sede civile.
9/1060-AR/19. (Testo modificato nel corso della seduta)Tenerini, Pittalis, Benigni, Patriarca.


   La Camera,

   premesso che:

    l'attuale crisi economica colpisce particolarmente i soggetti che, oltre all'enorme aumento delle bollette per l'energia e il caro prezzi, devono affrontare anche i costi per l'affitto di una casa;

    il costo degli affitti è attualmente insostenibile per molte famiglie, soprattutto quelle monoreddito, quelle numerose, con persone disabili o malate, che a causa dell'inflazione non riescono più ad arrivare a fine mese;

    il fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e il fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, strumenti fondamentali per l'attuazione delle politiche di sostegno al diritto alla casa, non sono stati rifinanziati dalla legge di bilancio per il 2023, né con successivi provvedimenti da parte del Governo;

    il mancato rifinanziamento non consente alle amministrazioni locali di intervenire per affrontare la precarietà abitativa, il caro affitti e gli sfratti per morosità che, come noto, sono ripresi a partire dal 1° gennaio 2022, dopo il blocco stabilito durante il periodo pandemico, determinando così un aumento drammatico delle persone senza casa e ciò costituisce una vera e propria emergenza nel Paese;

    l'importo attualmente riconosciuto della detrazione spettante per le spese sostenute per l'affitto è ampiamente inferiore alla analoga detrazione prevista sulla rata di mutuo per gli acquirenti della prima casa;

    è necessario colmare questo divario incomprensibile che penalizza chi, impossibilitato all'acquisto, in particolare a causa del precariato, il basso livello dei salari e l'elevata disoccupazione, affronta e risolve il bisogno abitativo con la locazione,

impegna il Governo:

   quali ulteriori misure volte a recare sostegno alle famiglie:

   a rifinanziare, con il primo provvedimento utile, i fondi di sostegno all'affitto e per la morosità incolpevole a partire dall'anno in corso, prevedendo modalità di coordinamento e unificazione dei due fondi e destinando una quota specifica al sostegno della graduazione programmata degli sfratti per morosità;

   a raddoppiare l'importo attuale della detrazione sul reddito di cui possono beneficiare i conduttori in locazione abitativa.
9/1060-AR/20. Braga, Furfaro, Guerra, Simiani, Roggiani.


   La Camera,

   premesso che:

    in piena coerenza con le sanatorie e i condoni contenuti nella legge di bilancio 2023 e con l'impianto culturale del disegno di legge delega per la riforma fiscale, il provvedimento all'esame introduce proroghe dei termini previsti dalle disposizioni di legge di bilancio per l'accesso alle misure agevolative e dispone un presunto condono penale con l'esclusione di punibilità per i reati tributari di omesso versamento di ritenute per importo superiore a 150.000 euro, omesso versamento IVA di importo superiore a 250.000 euro e indebita compensazione di crediti non spettanti superiore a 50.000 euro;

    mentre nel Documento di Economia e Finanza – DEF – il Governo assume impegni a perseguire gli ambiziosi obiettivi di riduzione del tax gap previsti dal PNRR (che prevedono la riduzione della propensione al gap almeno al 17,7 per cento entro il 2023 e al 15,8 per cento entro il 2024), dall'altro introduce misure, a partire dalla legge di bilancio 2023 e a seguire nel decreto all'esame, che allentano le maglie dei controlli sull'evasione riducendo l'onere tributario per i contribuenti non in regola, in netto contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese che anima il PNRR e con l'esigenza di continuare a ridurre l'evasione fiscale;

    il Governo e la maggioranza sembrano non considerare l'evasione fiscale come una fonte di iniquità e un mancato rispetto dell'obbligo costituzionale di contribuire alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva, ma piuttosto come una presunta difesa nei confronti di una amministrazione finanziaria considerata troppo aggressiva,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni riguardanti la causa speciale di non punibilità dei reati tributari introdotta dal presente provvedimento allo scopo di adottare, in tempi rapidi, le opportune iniziative normative volte a ripristinare la completa efficacia del dettato normativo previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

   a perseguire riforme orientate al conseguimento di obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo attraverso il sistema della riscossione in particolare:

    a) prevedendo che il discarico per inesigibilità da parte degli Agenti della riscossione avvenga qualora sia verificata l'assenza di beni e di crediti del debitore con controlli effettuati in una data di accesso non anteriore a tre mesi dalla comunicazione e sia verificata anche l'assenza di disponibilità finanziarie;

    b) attuando un nuovo processo di cooperazione informatica con gli operatori finanziari che preveda uno scambio di flussi e l'obbligo, per i medesimi operatori, di rendere disponibile agli agenti della riscossione la situazione contabile dei rapporti finanziari.
9/1060-AR/21. Guerra, Merola, D'Alfonso, Toni Ricciardi, Stefanazzi, Tabacci.


   La Camera,

   premesso che:

    in piena coerenza con le sanatorie e i condoni contenuti nella legge di bilancio 2023 e con l'impianto culturale del disegno di legge delega per la riforma fiscale, il provvedimento all'esame introduce proroghe dei termini previsti dalle disposizioni di legge di bilancio per l'accesso alle misure agevolative e dispone un presunto condono penale con l'esclusione di punibilità per i reati tributari di omesso versamento di ritenute per importo superiore a 150.000 euro, omesso versamento IVA di importo superiore a 250.000 euro e indebita compensazione di crediti non spettanti superiore a 50.000 euro;

    mentre nel Documento di Economia e Finanza – DEF – il Governo assume impegni a perseguire gli ambiziosi obiettivi di riduzione del tax gap previsti dal PNRR (che prevedono la riduzione della propensione al gap almeno al 17,7 per cento entro il 2023 e al 15,8 per cento entro il 2024), dall'altro introduce misure, a partire dalla legge di bilancio 2023 e a seguire nel decreto all'esame, che allentano le maglie dei controlli sull'evasione riducendo l'onere tributario per i contribuenti non in regola, in netto contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese che anima il PNRR e con l'esigenza di continuare a ridurre l'evasione fiscale,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni riguardanti la causa speciale di non punibilità dei reati tributari;

   a valutare di perseguire riforme orientate al conseguimento di obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo.
9/1060-AR/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Guerra, Merola, D'Alfonso, Toni Ricciardi, Stefanazzi, Tabacci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame reca tra l'altro misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese e misure in materia di adempimenti fiscali;

    è fondamentale in questo contesto intervenire a sanare una problematica impellente riguardante il regime di imposizione fiscale previsto per i cosiddetti fringe benefit, ossia l'insieme dei beni e servizi messi a disposizione dal datore di lavoro ai propri dipendenti come forma di remunerazione non monetaria in aggiunta alla normale retribuzione;

    nella categoria dei fringe benefit rientrano tra l'altro anche i finanziamenti concessi ai dipendenti a tassi agevolati rispetto a quelli di mercato in relazione ai quali l'articolo 51, comma 4, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il 50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto (attualmente tasso di riferimento della BCE) vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi;

    tale metodo di calcolo risulta adeguato in relazione ai finanziamenti a tasso variabile ma non per i finanziamenti a tasso fisso atteso che, per quest'ultima tipologia di prestiti, il vero beneficio è rappresentato dalla differenza tra il tasso fisso al momento della contrazione del prestito e il tasso fisso agevolato rispetto a quello di mercato alla stessa data;

    con gli attuali tassi della BCE in salita, molti dipendenti, in particolare del settore bancario, che hanno ricevuto il beneficio del tasso fisso agevolato oggi si trovano a dover corrispondere di fatto un tasso variabile;

    il comparto bancario evidenzia che l'ancoraggio del beneficio al TUR (Tasso Ufficiale di Riferimento) calcolato anno per anno in costanza di contratto introduce, nei mutui a tasso fisso, un elemento di non giustificata aleatorietà rispetto a detto calcolo che dovrebbe essere determinato, semplicemente, dallo spread tra il tasso agevolato e quello di mercato al momento della stipula del contratto,

impegna il Governo

ad intervenire con urgenza per correggere il criterio di determinazione forfetaria del reddito in caso di concessione di finanziamenti a tasso fisso ai dipendenti, in conseguenza dell'aumento del tasso ufficiale di riferimento della BCE.
9/1060-AR/22. Stefanazzi, Caiata, Fenu, Auriemma.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali» sono presenti norme per ristorare i costi energetici. Tali norme riguardano contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, fino comunque al 30 giugno 2023;

    l'articolo 5 del provvedimento in esame «Disposizioni in materia di contributo di solidarietà temporaneo» ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 121 della legge di Bilancio 2023 (legge numero 197 del 2022) scontando di fatto 404 milioni di euro ai soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi;

    secondo il presidente dell'Authority per l'energia Stefano Besseghini, in audizione in Commissione Finanze alla Camera, sono previsti nuovi rialzi in vista per i prezzi dell'elettricità e gas sui mercati, con conseguenti rischi di rincari in bolletta: i prezzi del gas sono attesi in salita del 5 per cento da luglio a settembre e di un altro 15 per cento da ottobre e dicembre. Per la luce, invece, è previsto un rialzo del 10 per cento nel terzo trimestre e del 25 per cento nel quarto;

    in una fase come quella attuale, caratterizzata da una forte incertezza sugli scenari economici futuri e nella quale sono ancora evidenti gli effetti di due anni di crisi profondissima, i limiti strutturali delle nostre Pmi appaiono quanto mai evidenti e rischiosi per la tenuta del sistema di fronte alle nuove criticità generate dai recenti eventi bellici e dalla crisi degli approvvigionamenti di materie prime, in particolare energetiche. Criticità strutturali e congiunturali definiscono un quadro in cui è quindi necessario agire con interventi rapidi ed efficaci;

    tale scenario è aggravato inevitabilmente dall'aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (Bce) che ha portato il tasso di deposito al 3,75 per cento;

    secondo gli ultimi dati sono presenti in Italia circa 160mila piccole e medie imprese (Pmi): questa rete territoriale di aziende costituisce il fulcro del sistema produttivo nazionale contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo della nostra economia; il valore aggiunto complessivo generato dalle Pmi è pari a 204 miliardi di euro;

    le Pmi rappresentano circa un quarto delle imprese che hanno depositato un bilancio valido e occupano oltre 4 milioni di addetti, di cui 2,2 milioni lavorano in aziende piccole e 1,9 milioni in aziende di medie dimensioni;

    nel 2021, dopo le perdite subite a causa della pandemia, le stime sui conti economici delle piccole e medie imprese hanno fanno emergere i primi segnali di ripresa, certificati anche dalla tenuta complessiva degli indicatori di stabilità finanziaria;

    sulla base di tale stime il fatturato delle Pmi italiane era previsto in crescita dell'8,1 per cento su base annua; tali cifre sono state però messe in discussione dalla guerra in Ucraina e dalla conseguente crisi energetica;

    le misure presenti nel provvedimento in esame per contenere i costi energetici delle imprese sono palesemente insufficienti e limitate nel tempo, soprattutto in relazione all'aumento dell'energia e del costo del denaro;

    si tratta inoltre di risorse spesso insufficienti per contrastare gli aumenti, erogati sotto forma di credito di imposta e finalizzati in particolar modo alle imprese particolarmente energivore;

    in questa fase, invece di aumentare la tassazione degli extra profitti, è stato deciso di optare per scelte diametralmente opposte, riducendo le imposte per le imprese che negli ultimi mesi hanno aumentato esponenzialmente i ricavi con la vendita dell'energia;

    sarebbe quindi auspicabile che una ulteriore parte di tali extraprofitti venga prelevata ed utilizzata per istituire un apposito fondo per l'anno 2023 finalizzato alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura di gas naturale a favore delle piccole e medie imprese;

    nel corso della discussione parlamentare del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti specifici con tali obiettivi senza però essere approvati,

impegna il Governo

ad incrementare, già a partire dal prossimo provvedimento utile ed in relazione a quanto espresso in premessa, il contributo straordinario sugli extraprofitti delle società ed utilizzare conseguentemente tali risorse aggiuntive per istituire un fondo finalizzato alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura di gas naturale a favore delle piccole e medie imprese.
9/1060-AR/23. Bonafè.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali» sono presenti norme per ristorare i costi energetici. Tali norme riguardano contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, fino comunque al 30 giugno 2023;

    l'articolo 5 del provvedimento in esame «Disposizioni in materia di contributo di solidarietà temporaneo» ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 121 della legge di Bilancio 2023 (legge numero 197 del 2022) scontando di fatto 404 milioni di euro ai soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi;

    secondo il presidente dell'Authority per l'energia Stefano Besseghini, in audizione in Commissione Finanze alla Camera, sono previsti nuovi rialzi in vista per i prezzi dell'elettricità e gas sui mercati, con conseguenti rischi di rincari in bolletta: i prezzi del gas sono attesi in salita del 5 per cento da luglio a settembre e di un altro 15 per cento da ottobre e dicembre. Per la luce, invece, è previsto un rialzo del 10 per cento nel terzo trimestre e del 25 per cento nel quarto;

    in una fase come quella attuale, caratterizzata da una forte incertezza sugli scenari economici futuri e nella quale sono ancora evidenti gli effetti di due anni di crisi profondissima, i limiti strutturali delle nostre Pmi appaiono quanto mai evidenti e rischiosi per la tenuta del sistema di fronte alle nuove criticità generate dai recenti eventi bellici e dalla crisi degli approvvigionamenti di materie prime, in particolare energetiche. Criticità strutturali e congiunturali definiscono un quadro in cui è quindi necessario agire con interventi rapidi ed efficaci;

    tale scenario è aggravato inevitabilmente dall'aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (Bce) che ha portato il tasso di deposito al 3,75 per cento;

    secondo gli ultimi dati sono presenti in Italia circa 160mila piccole e medie imprese (Pmi): questa rete territoriale di aziende costituisce il fulcro del sistema produttivo nazionale contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo della nostra economia; il valore aggiunto complessivo generato dalle Pmi è pari a 204 miliardi di euro;

    le Pmi rappresentano circa un quarto delle imprese che hanno depositato un bilancio valido e occupano oltre 4 milioni di addetti, di cui 2,2 milioni lavorano in aziende piccole e 1,9 milioni in aziende di medie dimensioni;

    nel 2021, dopo le perdite subite a causa della pandemia, le stime sui conti economici delle piccole e medie imprese hanno fanno emergere i primi segnali di ripresa, certificati anche dalla tenuta complessiva degli indicatori di stabilità finanziaria;

    sulla base di tale stime il fatturato delle Pmi italiane era previsto in crescita dell'8,1 per cento su base annua; tali cifre sono state però messe in discussione dalla guerra in Ucraina e dalla conseguente crisi energetica;

    le misure presenti nel provvedimento in esame per contenere i costi energetici delle imprese sono palesemente insufficienti e limitate nel tempo, soprattutto in relazione all'aumento dell'energia e del costo del denaro;

    si tratta inoltre di risorse spesso insufficienti per contrastare gli aumenti, erogati sotto forma di credito di imposta e finalizzati in particolar modo alle imprese particolarmente energivore;

    in questa fase, invece di aumentare la tassazione degli extra profitti, è stato deciso di optare per scelte diametralmente opposte, riducendo le imposte per le imprese che negli ultimi mesi hanno aumentato esponenzialmente i ricavi con la vendita dell'energia;

    sarebbe quindi auspicabile che una ulteriore parte di tali extraprofitti venga prelevata ed utilizzata per istituire un apposito fondo per l'anno 2023 finalizzato alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura di gas naturale a favore delle piccole e medie imprese;

    nel corso della discussione parlamentare del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti specifici con tali obiettivi senza però essere approvati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura del gas a favore delle piccole e medie imprese.
9/1060-AR/23. (Testo modificato nel corso della seduta)Bonafè.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 23 del presente decreto, che introduce la causa speciale di non punibilità dei reati tributari, amplifica l'effetto sanante dell'adesione alla cosiddetta Tregua Fiscale introdotta dall'attuale Governo nella legge di bilancio 2023. La norma si presta a diverse valutazioni sul piano tecnico giuridico e su quello sostanziale;

    occorre rammentare che la nuova normativa non modifica la norma dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 74 del 2000 che prevede la non punibilità dell'omesso versamento o della indebita compensazione ma, più modestamente, prevede che soltanto per coloro che hanno aderito ad uno degli istituti della Tregua Fiscale il termine ultimo del versamento – capace di farne derivare la non punibilità penale – si sposta in avanti fino alla pronuncia del giudice di appello. Per tutti gli altri, dunque, – cioè per coloro che non hanno potuto o voluto aderire alla Tregua Fiscale – il termine ultimo del versamento con effetti esonerativi resta fissato nella data di apertura del giudizio di primo grado;

    il fenomeno degli omessi versamenti si è tradotto negli ultimi anni in una fonte incontrollata di disponibilità liquide senza che alcuna valutazione di merito creditizio venisse ad accompagnarlo. Alcuni contribuenti hanno verificato che, dovendo reperire risorse finanziarie, era più facile reperirle non pagando i tributi dovuti piuttosto che passare per le ordinarie procedure, ristrettezze, garanzie e valutazioni, di ordine creditizio. Sono, conseguentemente, divenute frequenti le gestioni di finanza aziendale che – fra le diverse possibili opzioni – considera anche quella di non pagare le imposte per un certo periodo di tempo dandosi come scadenza ultima, per il possibile rimborso, la data di apertura dell'udienza di primo grado nel procedimento penale che ne consegue ai sensi del citato articolo 13; la disposizione dell'articolo 23 dilata il già ampio tempo medio di finanziamento senza garanzia che è valutabile nell'ordine di 4 anni spostando la non punibilità penale in avanti fino alla pronuncia del giudice di appello e i provvedimenti di sanatoria ripetuti che consentono una sostanziosa riduzione dell'importo complessivamente dovuto rendono appetibile questa forma di finanziamento rispetto ai tradizionali canali;

    il comportamento volutamente omissivo dovrebbe essere scoraggiato tanto più se non è frutto di una temporanea situazione di difficoltà economica ma di calcoli di convenienza che a fronte del mancato versamento delle imposte permette agli imprenditori di partecipare ad esempio a gare pubbliche che richiedono un certo grado di solidità patrimoniale, pagare regolarmente i compensi degli amministratori e distribuire dividendi ai soci;

    concedere di pagare il debito tributario fino all'appello significa consentire calcoli strumentali all'imputato; significa disincentivare il patteggiamento o altre forme di definizione anticipata del procedimento perché l'imputato potrà difendersi nel merito in primo grado (e magari anche confidare nella prescrizione del reato) e, se condannato, potrà accedere alle procedure tributarie e avvalersi della causa di non punibilità;

    ciò produce effetti negativi sui tempi del processo, in contrasto con gli obiettivi del PNRR che prevedono come è noto, entro il 2026, la riduzione del 25 per cento dei tempi medi dei processi penali nei diversi gradi di giudizio;

    infine si rappresenta che la causa speciale di non punibilità dei reati tributari non fa alcun riferimento alla sospensione del termine di prescrizione del reato e nemmeno alla sospensione del termine di improcedibilità dell'azione penale per superamento della durata massima del giudizio di impugnazione, di cui all'articolo 344-bis codice di procedura penale; tuttavia disponendo l'articolo 23, al comma 3, una sospensione obbligatoria del processo penale sembra doversi ritenere che, in base all'articolo 159, comma 1 codice penale, richiamato dall'articolo 344-bis, comma 6;

    codice di procedura penale, durante tale sospensione siano sospesi anche i termini di prescrizione del reato e di improcedibilità dell'azione penale;

    sarebbe tuttavia opportuno chiarire in questa sede, per evitare possibili dubbi interpretativi, che durante il periodo di sospensione del processo di merito è altresì sospeso il termine di prescrizione del reato e il termine di improcedibilità dell'azione penale,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni riguardanti la causa speciale di non punibilità dei reati tributari introdotta dal presente provvedimento al fine di prevedere correttivi volti ad escludere la possibilità durante il periodo di sospensione del processo di merito di distribuire utili, dividendi o riserve nonché di partecipare a procedure ad evidenza pubblica, circoscrivendo quindi l'applicazione ai soli casi di obiettiva difficoltà in cui versa il contribuente per l'omesso versamento dell'IVA a fronte del mancato incasso delle fatture emesse;

   a chiarire, per evitare possibili dubbi interpretativi, che durante il periodo di sospensione del processo di merito è altresì sospeso il termine di prescrizione del reato e il termine di improcedibilità dell'azione penale.
9/1060-AR/24. Merola, D'Alfonso, Toni Ricciardi, Stefanazzi, Tabacci.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    al di là dell'anticipo del finanziamento già previsto nell'ultima legge di bilancio per il personale dei pronto soccorso non c'è molto e, tanto meno, di strutturale per colmare la grave carenza di personale medico e sanitario che affligge il nostro sistema sanitario nazionale;

    niente risorse extracontrattuali per il CCNL 2019-2021, i cui incrementi previsti sono un terzo del tasso inflattivo, niente fiscalità di vantaggio, concessa a privati e altri settori del pubblico impiego, neppure per attività di valore sociale come l'abbattimento delle liste di attesa;

    niente anticipo a gennaio 2023, come più volte promesso, dell'indennità di pronto soccorso già prevista dall'articolo 1 comma 526 della legge 197 del 2022 a partire da gennaio 2024 e in questo decreto, dopo non poche sollecitazioni, anticipata solo a giugno 2023;

    un decreto che fallisce l'obiettivo di sollevare un Servizio sanitario nazionale in ginocchio e arrestare la fuga di medici, dirigenti sanitari e veterinari, delusi e insoddisfatti, dal Ssn che non saranno di certo incentivati a rimanere nella sanità pubblica da una sanatoria per l'accesso ai ruoli della «area critica» senza specializzazione, o da un incremento minimo della retribuzione oraria delle prestazioni aggiuntive in PS oppure da incarichi libero-professionali per gli specializzandi;

    anche il fenomeno del reclutamento dei medici cosiddetti a gettone, fenomeno sempre più rilevante è preoccupante di medici che vengono inseriti nei diversi reparti per tamponare la carenza di personale o più semplicemente per coprire i buchi negli organici, in particolare nelle Terapie intensive, in medicina di Emergenza e Urgenza, ma anche in Pronto Soccorso, in Ginecologia, Pediatria viene regolamentato e legittimato;

    l'uso distorto delle esternalizzazioni non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta gravi criticità in termini di sicurezza delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia perché riduce la fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche, derivanti da ingaggi professionali distribuiti contemporaneamente su più sedi, con conseguente mancanza di conoscenza da parte dei turnisti dell'organizzazione delle unità operative in cui svolgono le loro prestazioni,

impegna il Governo

a prevedere un intervento legislativo urgente volto a riconoscere al personale medico e sanitario che svolge la propria attività all'interno di aziende ospedaliere collocate in zone territoriali disagiate quali territori montani, isole minori e aree interne un anno di anzianità di servizio aggiuntivo per ogni anno di servizio svolto a condizione che il servizio sia svolto per almeno un quinquennio continuativo.
9/1060-AR/25. Toni Ricciardi, Di Sanzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    al di là dell'anticipo del finanziamento già previsto nell'ultima legge di bilancio per il personale dei pronto soccorso non c'è molto e, tanto meno, di strutturale per colmare la grave carenza di personale medico e sanitario che affligge il nostro sistema sanitario nazionale;

    niente risorse extracontrattuali per il CCNL 2019-2021, i cui incrementi previsti sono un terzo del tasso inflattivo, niente fiscalità di vantaggio, concessa a privati e altri settori del pubblico impiego, neppure per attività di valore sociale come l'abbattimento delle liste di attesa;

    niente anticipo a gennaio 2023, come più volte promesso, dell'indennità di pronto soccorso già prevista dall'articolo 1 comma 526 della legge 197 del 2022 a partire da gennaio 2024 e in questo decreto, dopo non poche sollecitazioni, anticipata solo a giugno 2023;

    un decreto che fallisce l'obiettivo di sollevare un Servizio sanitario nazionale in ginocchio e arrestare la fuga di medici, dirigenti sanitari e veterinari, delusi e insoddisfatti, dal Ssn che non saranno di certo incentivati a rimanere nella sanità pubblica da una sanatoria per l'accesso ai ruoli della «area critica» senza specializzazione, o da un incremento minimo della retribuzione oraria delle prestazioni aggiuntive in PS oppure da incarichi libero-professionali per gli specializzandi;

    anche il fenomeno del reclutamento dei medici cosiddetti a gettone, fenomeno sempre più rilevante è preoccupante di medici che vengono inseriti nei diversi reparti per tamponare la carenza di personale o più semplicemente per coprire i buchi negli organici, in particolare nelle Terapie intensive, in medicina di Emergenza e Urgenza, ma anche in Pronto Soccorso, in Ginecologia, Pediatria viene regolamentato e legittimato;

    l'uso distorto delle esternalizzazioni non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta gravi criticità in termini di sicurezza delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia perché riduce la fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche, derivanti da ingaggi professionali distribuiti contemporaneamente su più sedi, con conseguente mancanza di conoscenza da parte dei turnisti dell'organizzazione delle unità operative in cui svolgono le loro prestazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a prevedere un intervento legislativo urgente volto a riconoscere al personale medico e sanitario che svolge la propria attività all'interno di aziende ospedaliere collocate in zone territoriali disagiate quali territori montani, isole minori e aree interne un anno di anzianità di servizio aggiuntivo per ogni anno di servizio svolto a condizione che il servizio sia svolto per almeno un quinquennio continuativo.
9/1060-AR/25. (Testo modificato nel corso della seduta)Toni Ricciardi, Di Sanzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    al di là dell'anticipo del finanziamento già previsto nell'ultima legge di bilancio per il personale dei pronto soccorso non c'è molto e, tanto meno, di strutturale per colmare la grave carenza di personale medico e sanitario che affligge il nostro sistema sanitario nazionale;

    niente risorse extracontrattuali per il CCNL 2019-2021, i cui incrementi previsti sono un terzo del tasso inflattivo, niente fiscalità di vantaggio, concessa a privati e altri settori del pubblico impiego, neppure per attività di valore sociale come l'abbattimento delle liste di attesa;

    niente anticipo a gennaio 2023, come più volte promesso, dell'indennità di pronto soccorso già prevista dall'articolo 1 comma 526 della legge 197 del 2022 a partire da gennaio 2024 e in questo decreto, dopo non poche sollecitazioni, anticipata solo a giugno 2023;

    un decreto che fallisce l'obiettivo di sollevare un Servizio sanitario nazionale in ginocchio e arrestare la fuga di medici, dirigenti sanitari e veterinari, delusi e insoddisfatti, dal Ssn che non saranno di certo incentivati a rimanere nella sanità pubblica da una sanatoria per l'accesso ai ruoli della «area critica» senza specializzazione, o da un incremento minimo della retribuzione oraria delle prestazioni aggiuntive in PS oppure da incarichi libero-professionali per gli specializzandi;

    anche il fenomeno del reclutamento dei medici cosiddetti a gettone, fenomeno sempre più rilevante è preoccupante di medici che vengono inseriti nei diversi reparti per tamponare la carenza di personale o più semplicemente per coprire i buchi negli organici, in particolare nelle Terapie intensive, in medicina di Emergenza e Urgenza, ma anche in Pronto Soccorso, in Ginecologia, Pediatria viene regolamentato e legittimato;

    l'uso distorto delle esternalizzazioni non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta gravi criticità in termini di sicurezza delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia perché riduce la fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche, derivanti da ingaggi professionali distribuiti contemporaneamente su più sedi, con conseguente mancanza di conoscenza da parte dei turnisti dell'organizzazione delle unità operative in cui svolgono le loro prestazioni,

impegna il Governo

a prevedere un intervento legislativo urgente volto a riconoscere al personale medico e sanitario che svolge la propria attività per almeno un quinquennio continuativo presso le aziende ospedaliere del SSN situate in zone territoriali disagiate quali territori montani, isole minori e aree interne un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione a titolo di indennità correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro.
9/1060-AR/26. Di Sanzo, Toni Ricciardi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023 n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del SSN e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    al di là dell'anticipo del finanziamento già previsto nell'ultima legge di bilancio per il personale dei pronto soccorso non c'è molto e, tanto meno, di strutturale per colmare la grave carenza di personale medico e sanitario che affligge il nostro sistema sanitario nazionale;

    niente risorse extracontrattuali per il CCNL 2019-2021, i cui incrementi previsti sono un terzo del tasso inflattivo, niente fiscalità di vantaggio, concessa a privati e altri settori del pubblico impiego, neppure per attività di valore sociale come l'abbattimento delle liste di attesa;

    niente anticipo a gennaio 2023, come più volte promesso, dell'indennità di pronto soccorso già prevista dall'articolo 1 comma 526 della legge 197 del 2022 a partire da gennaio 2024 e in questo decreto, dopo non poche sollecitazioni, anticipata solo a giugno 2023;

    un decreto che fallisce l'obiettivo di sollevare un Servizio sanitario nazionale in ginocchio e arrestare la fuga di medici, dirigenti sanitari e veterinari, delusi e insoddisfatti, dal Ssn che non saranno di certo incentivati a rimanere nella sanità pubblica da una sanatoria per l'accesso ai ruoli della «area critica» senza specializzazione, o da un incremento minimo della retribuzione oraria delle prestazioni aggiuntive in PS oppure da incarichi libero-professionali per gli specializzandi;

    anche il fenomeno del reclutamento dei medici cosiddetti a gettone, fenomeno sempre più rilevante è preoccupante di medici che vengono inseriti nei diversi reparti per tamponare la carenza di personale o più semplicemente per coprire i buchi negli organici, in particolare nelle Terapie intensive, in medicina di Emergenza e Urgenza, ma anche in Pronto Soccorso, in Ginecologia, Pediatria viene regolamentato e legittimato;

    l'uso distorto delle esternalizzazioni non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta gravi criticità in termini di sicurezza delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia perché riduce la fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche, derivanti da ingaggi professionali distribuiti contemporaneamente su più sedi, con conseguente mancanza di conoscenza da parte dei turnisti dell'organizzazione delle unità operative in cui svolgono le loro prestazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a prevedere un intervento legislativo urgente volto a riconoscere al personale medico e sanitario che svolge la propria attività per almeno un quinquennio continuativo presso le aziende ospedaliere del SSN situate in zone territoriali disagiate quali territori montani, isole minori e aree interne un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione a titolo di indennità correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro.
9/1060-AR/26. (Testo modificato nel corso della seduta)Di Sanzo, Toni Ricciardi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 5 del provvedimento riserva un trattamento di favore nei confronti dei market players del settore energetico prevedendo una modalità di calcolo del contributo di solidarietà sugli extra-profitti realizzati dagli stessi nel periodo d'imposta antecedente al 1° gennaio 2023 ridotta rispetto a quella, già largamente generosa, stabilita dall'articolo 37, comma 2 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, come modificato dall'articolo 1 commi da 115 a 119 della legge n. 197 del 2022 (legge di Bilancio 2023), attraverso la previsione che una parte degli utili generati nel 2022 può essere esclusa dal calcolo della base imponibile scomputando gli utilizzi di riserve effettuati nel 2022 o, in caso di non utilizzo nel 2022, di quelle delle quattro annualità precedenti, una misura che determinerà per il bilancio statale per il solo anno 2023 un mancato gettito del 15,8 per cento ed un conseguente relativo aggravio di oneri pari a 404 milioni di euro;

    la stessa RT di accompagnamento al provvedimento spiega che l'articolo nel ridisegnare la base imponibile, prevede che vengano eliminate in misura non superiore al 30 per cento le riserve di bilancio disponibili in sospensione di imposta che rientrano nella base imponibile 2022 ma che sono state generate in passato, ossia prima dell'impennata shock dei prezzi di energia elettrica e gas, e che (testualmente): «in un'ottica di estrema prudenza e in assenza dei dati dichiarativi relativi all'utilizzo delle suddette riserve nel 2022, si è ipotizzato che in tale annualità l'utilizzo delle riserve in sospensione sia pari al 30 per cento del loro ammontare complessivo con una riduzione della base imponibile del contributo pari a circa 1,6 miliardi di euro»;

    ancora una volta l'onda lunga dell'eccezionale instabilità del sistema energetico nazionale derivante dall'impennata del costo del gas e dei prodotti energetici, per effetto della guerra in Ucraina e delle sanzioni economiche internazionali disposte nei confronti della federazione russa, viene fronteggiata dal Governo con una misura redistributiva tiepida ed inadeguata, foriera di una scelta di totale asservimento ai colossi energetici del settore fossile, attingendo solo in minima parte al totale dei 40 miliardi di euro di extraprofitti accumulati da questi ultimi nell'anno 2022, con l'aggravante che il suddetto restringimento della base imponibile del contributo di solidarietà, comporterà una sensibile compromissione del gettito atteso per il 2023 avente la finalità, nella previsione a livello unionale, (testualmente) «di attenuare gli effetti economici diretti dell'impennata dei prezzi dell'energia sui bilanci delle autorità pubbliche, sui clienti finali e sulle imprese in tutta l'Unione», ma che avrebbe potuto anche essere destinato a politiche di transizione energetica, in primis quelle di investimento in fonti rinnovabili e di superamento della dipendenza dalle fonti fossili;

    il 9 maggio 2023 presso la commissione Bilancio, riunita in sede consultiva per l'esame dell'AC 1060, il sottosegretario Federico FRENI, replicando alle richieste di chiarimento formulate dalla relatrice nella precedente seduta del 3 maggio, deposita una nota predisposta dall'ufficio legislativo-Economia del Ministero dell'economia e delle finanze con la quale segnala che, ai fini della stima del minor gettito derivante dalla suddetta riduzione della base imponibile disposta dall'articolo 5, sono stati presi in considerazione i valori dei decrementi delle riserve in sospensione d'imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali per gli anni dal 2018 al 2021, specificando che (testualmente): «in tale quadro si è ipotizzato, in un'ottica prudenziale, che per ogni soggetto tenuto al predetto contributo I utilizzo delle predette riserve per l'anno 2022 sia pari al 30 per cento dell'ammontare complessivo del saldo finale al 31 dicembre 2021 ovvero, se maggiore, all'intero valore dell'effettivo utilizzo delle riserve nell'anno 2021, fino a capienza del saldo finale, al fine di considerare un possibile incremento delle riserve nell'anno 2022 e il probabile allineamento al limite normativo del 30 per cento, con lo scopo di ridurre l'impatto del contributo di solidarietà.»;

    dal suddetto chiarimento fornito dal rappresentante del Governo emerge lo scopo autentico della disposizione di cui all'articolo 5 del provvedimento in esame, ossia quello di permettere l'elusione parziale del contributo relativo agli extraprofitti conseguiti dalle imprese energetiche attraverso loro comportamenti volti, appunto, a «ridurre l'impatto del contributo di solidarietà», nonostante lo stesso Ministro Giorgetti, interrogato nel corso di un question-time presentato il 13 dicembre 2022 dal Gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, avesse rassicurato che non sarebbero più stati fatti passi indietro rispetto al regime di tassazione degli extraprofitti delle imprese energetiche;

    eppure col tempo si è andata travisando la natura di un prelievo originariamente e specificatamente istituito per finanziare misure di sostegno contro il caro energia a favore di imprese e famiglie. La prima versione della tassa introdotta dal governo Draghi nella primavera 2022, prevedeva una aliquota del 10 per cento, successivamente portata al 25 per cento ma non più sugli extraprofitti ma sul maggior margine imponibile Iva realizzato tra ottobre 2021 e marzo 2022 rispetto al semestre ottobre 2020-marzo 2021, con una previsione di gettito pari a 10,9 miliardi di euro;

    successivamente il governo Meloni, in sede di esame della legge di bilancio 2023, ha reso ancor meno incisivo il suddetto prelievo, trasformandolo in un prelievo del 50 per cento sul reddito Ires 2022 che ecceda per almeno il 10 per cento la media dei redditi conseguiti nei quattro anni precedenti, da versare entro il 30 giugno 2023, con una previsione di gettito di un quarto inferiore, ossia pari a 2,5 miliardi di euro. Inoltre dopo solo tre mesi, con l'emanazione del decreto-legge n. 34 del 2023 (l'AC 1060-A all'esame dell'Aula) l'esecutivo ha fatto un ulteriore passo indietro escludendo, con la previsione di cui all'articolo 5, l'utilizzo delle riserve del patrimonio netto accantonate in passato dalle società energetiche e che secondo la RT al provvedimento ammontavano a 5,1 miliardi di euro;

    come recentemente confermato dal Ministro Giorgetti, rispondendo ad un ulteriore question-time presentata il 23 aprile 2023 dal medesimo gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, a fronte, come si è visto, di un'originaria previsione di incasso pari a 10,9 miliardi di euro, alla data del 30 novembre 2022, in relazione al contributo in argomento risultano versamenti erariali, tramite deleghe F24, per un ammontare complessivo pari a 2 miliardi 757 milioni, con una ammanco pari a 8,2 miliardi di euro,

impegna il Governo:

   a prevedere nel prossimo provvedimento utile l'integrale restituzione degli extraprofitti realizzati da parte delle società energetiche durante il conflitto russo-ucraino, elevando al cento per cento l'aliquota di cui all'articolo 37, comma 2 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, e destinando il relativo maggior gettito a politiche energetiche che sostengano le famiglie e le imprese italiane;

   ad avviare accertamenti fiscali nei confronti delle società energetiche inadempienti che avrebbero dovuto effettuare il versamento del contributo di cui all'articolo 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, entro il 15 dicembre 2022, al fine di conseguire le originarie previsioni di gettito.
9/1060-AR/27. Bonelli, Zanella, Fratoianni, Borrelli, Grimaldi.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 6 dell'articolo 12 del provvedimento stabilisce che a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, al personale sanitario per cui il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, è riconosciuto, ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, l'incremento dell'età anagrafica per l'applicazione del coefficiente di trasformazione previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di urgenza ed emergenza presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, nel limite massimo di ventiquattro mesi;

    la suddetta disposizione intende riconoscere un beneficio economico a tutto il personale dei servizi sanitari che abbia prestato servizio durante l'emergenza pandemica, prendendo a riferimento l'intero periodo dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri e durato dal 31 gennaio 2020 al 31 marzo 2022;

    appare ora necessario superare i riconoscimenti specifici strettamente collegati con le mansioni svolte nel periodo pandemico prevedendo un beneficio economico universale che consenta a tutto il personale sanitario degli enti del Servizio sanitario nazionale nonché delle strutture sanitarie private in convenzione di vedersi riconosciuti gli sforzi fatti durante la fase acuta della pandemia, tenendo conto delle condizioni straordinarie di rischio sopportate, di stress correlato all'esecuzione dell'attività lavorativa e della straordinaria condizione in cui si è trovato il Paese,

impegna il Governo

ad individuare, nel prossimo provvedimento utile, le risorse necessarie, in coerenza con quanto stabilito all'articolo 12 comma 6, al fine di prevedere che ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, l'incremento dell'età anagrafica a cui applicare il coefficiente di trasformazione previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sia pari a un anno per ogni anno di attività effettivamente svolta presso le Aziende e gli Enti del Servizio sanitario nazionale, nonché presso le strutture sanitarie private accreditate che operano in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, durante il periodo corrispondente alla vigenza dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022.
9/1060-AR/28. Mari, Borrelli, Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    le aggressioni al personale sanitario sono diventate una vera e propria emergenza nazionale. Solo negli ultimi 5 anni sono stati più di 12.000 i casi di infortunio in occasione di lavoro accertati positivamente dall'INAIL e codificati come violenze, aggressioni, minacce e similari, con una media di circa 2.500 l'anno, dei quali il 75 per cento a danno di donne;

    l'articolo 16 del provvedimento all'esame dell'aula dispone alcune novità per rafforzare la tutela del personale socio-sanitario in servizio presso le strutture sanitarie, inasprendo la cornice edittale del reato di cui all'articolo 583-quater del codice penale attraverso l'estensione del perimetro applicativo dello stesso;

    appare opportuno intervenire anche sulla prevenzione degli episodi di violenza e di aggressioni al personale, non solo nell'ambito dell'impianto sanzionatorio delle fattispecie di reato, ma ponendo il personale in una condizione lavorativa sicura anche attraverso la maggiore assunzione delle responsabilità di adeguata prevenzione da parte delle strutture presso cui è impiegato;

    sono stati presentati diversi emendamenti sul tema nella discussione affrontata in sede referente dalle Commissioni riunite VI e XII,

impegna il Governo

ad individuare le modalità più opportune per rendere cogenti e direttamente applicabili in tutte le strutture presso cui opera il personale socio-sanitario le linee guida di cui alla raccomandazione n. 8 del Ministero della salute, anche prevedendo l'istituzione obbligatoria di un apposito registro delle mancate aggressioni dove vengano registrati tutti gli episodi di tentata violenza commessi ai danni dei propri dipendenti nell'esercizio delle loro funzioni, nonché gli eventi sentinella che possano dare luogo a fatti commessi con minacce e violenza ai danni dei propri dipendenti.
9/1060-AR/29. Borrelli, Zanella, Mari.


   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio sanitario nazionale si trova in una diffusa condizione di grave carenza di organico del personale sanitario destinata nei prossimi anni a peggiorare qualora non venissero accantonate adeguate risorse per garantire assunzioni di personale, stabilizzazione dei precari e in generale tutte quelle azioni volte a rendere la cura nuovamente un diritto esigibile per tutti i cittadini;

    negli anni recenti per far fronte alle gravi carenze di organico le aziende e le strutture del SSN hanno fatto ricorso ad appalti di servizi, evitando l'applicazione puntuale delle norme relative ai tetti di spesa del personale di cui da ultimo al decreto-legge n. 35 del 2019, acuendo le disparità di trattamento con il personale dipendente interno e nei fatti aprendo un mercato secondario completamente incontrollato dove alcune specializzazioni mediche vengono pagate anche 200 euro l'ora o più;

    il decreto-legge interviene per circoscrivere le condizioni che legittimano gli affidamenti e la loro durata, anche se, dopo alcune modifiche al testo intervenute in sede referente, non più solo nell'ambito dei servizi di emergenza-urgenza come invece giustamente proposto originariamente dal Governo;

    un'adeguata reinternalizzazione dei servizi affidati all'esterno può avvenire solo con un massiccio investimento pubblico nel Servizio sanitario nazionale, altrimenti le limitazioni poste dal provvedimento rischiano una decisa accelerazione alla privatizzazione, sia per le proroghe già disposte attraverso le modifiche all'articolo 10 intervenute in sede referente nelle commissioni di merito, sia per la mancata previsione di adeguate risorse economiche, tema quest'ultimo che oltre a non essere adeguatamente affrontato dal decreto-legge in questione appare essere incompatibile con i saldi di finanza pubblica individuati nel DEF 2023,

impegna il Governo:

a reperire le risorse necessarie alla completa reinternalizzazione dei servizi medici ed infermieristici dati in appalto dalle aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale, al suo rafforzamento per garantire a pieno titolo l'accesso alle cure come bene costituzionalmente garantito per tutti i cittadini, superando l'ostacolo normativo del tetto di spesa del personale.
9/1060-AR/30. Zanella, Borrelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio sanitario nazionale si trova in una diffusa condizione di grave carenza di organico del personale sanitario destinata nei prossimi anni a peggiorare qualora non venissero accantonate adeguate risorse per garantire assunzioni di personale, stabilizzazione dei precari e in generale tutte quelle azioni volte a rendere la cura nuovamente un diritto esigibile per tutti i cittadini;

    negli anni recenti per far fronte alle gravi carenze di organico le aziende e le strutture del SSN hanno fatto ricorso ad appalti di servizi, evitando l'applicazione puntuale delle norme relative ai tetti di spesa del personale di cui da ultimo al decreto-legge n. 35 del 2019, acuendo le disparità di trattamento con il personale dipendente interno e nei fatti aprendo un mercato secondario completamente incontrollato dove alcune specializzazioni mediche vengono pagate anche 200 euro l'ora o più;

    il decreto-legge interviene per circoscrivere le condizioni che legittimano gli affidamenti e la loro durata, anche se, dopo alcune modifiche al testo intervenute in sede referente, non più solo nell'ambito dei servizi di emergenza-urgenza come invece giustamente proposto originariamente dal Governo;

    un'adeguata reinternalizzazione dei servizi affidati all'esterno può avvenire solo con un massiccio investimento pubblico nel Servizio sanitario nazionale, altrimenti le limitazioni poste dal provvedimento rischiano una decisa accelerazione alla privatizzazione, sia per le proroghe già disposte attraverso le modifiche all'articolo 10 intervenute in sede referente nelle commissioni di merito, sia per la mancata previsione di adeguate risorse economiche, tema quest'ultimo che oltre a non essere adeguatamente affrontato dal decreto-legge in questione appare essere incompatibile con i saldi di finanza pubblica individuati nel DEF 2023,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a reperire le risorse necessarie alla completa reinternalizzazione dei servizi medici ed infermieristici dati in appalto dalle aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale, al suo rafforzamento per garantire a pieno titolo l'accesso alle cure come bene costituzionalmente garantito per tutti i cittadini, superando l'ostacolo normativo del tetto di spesa del personale.
9/1060-AR/30. (Testo modificato nel corso della seduta)Zanella, Borrelli.


   La Camera,

   premesso che:

    gli eventi meteorologici di straordinaria intensità, che hanno colpito l'Emilia-Romagna nei giorni scorsi, hanno determinando una grave situazione di pericolo per l'incolumità delle persone e per la sicurezza dei beni pubblici e privati;

    il maltempo, che ha interessato in particolare le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, e Ravenna, ha provocato l'esondazione di numerosi corsi d'acqua, la rottura di argini, lo smottamento di versanti, allagamenti, frane, l'isolamento di alcune località, costringendo le autorità a disporre l'evacuazione di numerose famiglie dalle proprie abitazioni; si sono registrati, inoltre, gravi danneggiamenti alle infrastrutture viarie, agli edifici pubblici e privati, alle opere di difesa idraulica, alle coltivazioni e alla rete dei servizi essenziali;

    con Decreto del Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare del 3 maggio 2023, è stato dichiarato lo stato di «mobilitazione del Servizio nazionale della protezione civile in conseguenza delle avverse condizioni meteorologiche che hanno colpito il territorio della provincia di Bologna, di Forlì-Cesena, di Modena, di Ravenna, di Ferrara e di altre zone del territorio regionale eventualmente interessate da esondazioni, rotture arginali o movimenti franosi»;

    nella riunione del 4 maggio 2023, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, ha dichiarato lo stato di emergenza a livello nazionale per la Regione Emilia-Romagna, della durata di 12 mesi, in conseguenza delle avverse condizioni meteorologiche che, a partire dal 1° maggio scorso, hanno colpito il territorio delle province di Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Reggio-Emilia;

    in attesa della valutazione dell'effettivo impatto sul territorio delle avversità atmosferiche, il Consiglio dei ministri ha stanziato 10 milioni di euro per l'attuazione dei primi interventi di emergenza;

    le strutture della protezione civile continuano ancora a garantire un costante presidio del territorio, per assicurare l'accoglienza e il supporto alle famiglie evacuate, per realizzare gli interventi di messa in sicurezza, per mappare i rischi e i problemi alla viabilità locale presenti sul territorio, anche in considerazione che il maltempo continua a creare danni ingenti, anche interessando ulteriori territori della regione come, ad esempio, la provincia di Rimini; attualmente risultano coinvolti 23 comuni, 1000 persone evacuate, 5 morti e molti dispersi; 14 fiumi risultano esondati, tanti ponti sono chiusi, il ponte della Motta è crollato in provincia di Bologna;

    il comma 2 dell'articolo 9 della legge 27 luglio 2000, n. 212, attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze il potere di sospendere o differire, con proprio decreto, il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili,

impegna il Governo

allo scopo di intervenire con urgenza a sostegno di famiglie e imprese, in attesa della stima definitiva dell'ammontare dei danni alle proprietà private e alle attività imprenditoriali e agricole, a valutare l'opportunità di emanare nell'immediato un decreto ministeriale, ai sensi del comma 2, dell'articolo 9, della legge 27 luglio 2000, n. 212, diretto a sospendere i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento e attività di riscossione, a favore dei contribuenti, persone fisiche e società interessati dagli eventi eccezionali ed imprevedibili che, a partire dal 1° maggio scorso, hanno colpito e continuano a colpire i territori della Regione Emilia-Romagna.
9/1060-AR/31. Morrone, Cavandoli, Davide Bergamini, Giagoni.


   La Camera,

   premesso che:

    la Costituzione italiana all'articolo 33 comma 2 disciplina che: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.»;

    il decreto-legge 10 marzo 2000 n. 62 all'articolo 1 dispone che: «al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all'istruzione a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie nell'adempimento dell'obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria e nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 12, lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l'istruzione mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione.»;

    in Italia sono presenti 12.662 istituti paritari per un totale di 879.158 studenti;

    le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione;

    il riconoscimento della parità garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti;

    in molti casi la scelta d'iscrivere i figli presso una scuola paritaria rappresenta una necessità per migliaia di famiglie, anche a basso reddito, che non trovano posto nelle graduatorie delle scuole statali;

    il recente rincaro dei costi energetici, che stanno interessando il nostro Paese e la nostra economia, è tale da mettere a rischio l'esistenza stessa dello svolgimento delle attività didattiche nelle scuole paritarie, condannando molti istituti alla chiusura;

    secondo le stime, le bollette elettriche hanno subito un aumento anche del 300 per cento, mentre quelle del gas sono più che raddoppiate nell'ultimo anno;

    nonostante i numerosi e accorati appelli, ed alcuni aiuti stanziati all'interno del decreto-legge n. 144 del 23 settembre 2022, queste realtà si trovano ancora oggi da sole a fronteggiare aumenti semplicemente insostenibili, tanto per le scuole quanto per le famiglie,

impegna il Governo

a valutare un incremento di 50 milioni di euro per l'anno 2023 del contributo di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 10 marzo 2000, n. 62.
9/1060-AR/32. Lupi, Cavo, Bicchielli, Brambilla, Cesa, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli, Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    la Costituzione italiana all'articolo 33 comma 2 disciplina che: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.»;

    il decreto-legge 10 marzo 2000 n. 62 all'articolo 1 dispone che: «al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all'istruzione a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie nell'adempimento dell'obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria e nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 12, lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l'istruzione mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione.»;

    in Italia sono presenti 12.662 istituti paritari per un totale di 879.158 studenti;

    le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione;

    il riconoscimento della parità garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti;

    in molti casi la scelta d'iscrivere i figli presso una scuola paritaria rappresenta una necessità per migliaia di famiglie, anche a basso reddito, che non trovano posto nelle graduatorie delle scuole statali;

    il recente rincaro dei costi energetici, che stanno interessando il nostro Paese e la nostra economia, è tale da mettere a rischio l'esistenza stessa dello svolgimento delle attività didattiche nelle scuole paritarie, condannando molti istituti alla chiusura;

    secondo le stime, le bollette elettriche hanno subito un aumento anche del 300 per cento, mentre quelle del gas sono più che raddoppiate nell'ultimo anno;

    nonostante i numerosi e accorati appelli, ed alcuni aiuti stanziati all'interno del decreto-legge n. 144 del 23 settembre 2022, queste realtà si trovano ancora oggi da sole a fronteggiare aumenti semplicemente insostenibili, tanto per le scuole quanto per le famiglie,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, un incremento del contributo di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 10 marzo 2000, n. 62.
9/1060-AR/32. (Testo modificato nel corso della seduta)Lupi, Cavo, Bicchielli, Brambilla, Cesa, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli, Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    per località disagiate si intendono quelle aree considerate geograficamente e meteorologicamente ostili o che si sviluppano tipicamente in ambiente montano o premontano con collegamenti di reti viarie complessi e conseguente dilatazione dei tempi, o ambienti insulari;

    in Italia sono circa 2.000 le località identificate come disagiate;

    il decreto del Ministro della salute del 2 aprile 2015 n. 70, relativo alla definizione degli standard dell'assistenza ospedaliera, individua le diverse tipologie di strutture deputate a rispondere alle necessità d'intervento urgente e le articola su quattro livelli di operatività. In particolare viene specificato che è possibile attivare presidi ospedalieri di base per zone particolarmente disagiate, distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento (o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso), superando i tempi previsti per un servizio di emergenza efficace, per garantire il tempestivo accesso alle cure urgenti anche in condizioni orogeografiche svantaggiate;

    il progetto di ricerca denominato OASES sviluppato dall'OMS e cofinanziato dal Terzo Programma Sanitario dell'UE analizza come molto spesso nei territori disagiati ci si ritrova soli, senza le adeguate strutture, in situazioni estremamente stressanti dove lavorare diventa molto complicato;

    la crisi pandemica da COVID-19, appena trascorsa, ha evidenziato come vi sia la necessità di presidi sanitari funzionanti ed a pieno organico anche nelle aree considerate disagiate;

    al fine di tutelare il diritto alla salute nelle aree disagiate insulari e periferiche d'Italia è necessario sviluppare una visione sanitaria che ponga al centro il cittadino, la tutela alla salute e la sicurezza delle prestazioni erogate,

impegna il Governo:

   a valutare d'istituire le Aziende Sanitarie disagiate che prevedano i seguenti requisiti: a) mancata copertura dei posti messi a concorso; b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico; c) condizioni di marginalità territoriale quali: condizioni geomorfologiche del territorio (ampiezza della superficie, orografia, insularità); viabilità critica; inadeguatezza della rete di trasporto pubblico rispetto ai centri hub; distanza chilometrica eccessiva tra comuni dell'ambito e le sedi di cure primarie e i presidi ospedalieri; dispersione degli insediamenti abitativi (oltre il 20 per cento degli abitanti residenti in frazioni o case sparse); densità della popolazione, vicinanza a zone di confine extranazionale che manifestano maggiore attrattività per i lavoratori;

   a valutare, inoltre, la previsione di ulteriori risorse aggiuntive al fine di incentivare la permanenza del personale;

   a prevedere specifiche proroghe ai contratti in essere fino alla copertura stabile dei posti vacanti.
9/1060-AR/33. Cavo, Bicchielli, Lupi, Brambilla, Cesa, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli, Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    per località disagiate si intendono quelle aree considerate geograficamente e meteorologicamente ostili o che si sviluppano tipicamente in ambiente montano o premontano con collegamenti di reti viarie complessi e conseguente dilatazione dei tempi, o ambienti insulari;

    in Italia sono circa 2.000 le località identificate come disagiate;

    il decreto del Ministro della salute del 2 aprile 2015 n. 70, relativo alla definizione degli standard dell'assistenza ospedaliera, individua le diverse tipologie di strutture deputate a rispondere alle necessità d'intervento urgente e le articola su quattro livelli di operatività. In particolare viene specificato che è possibile attivare presidi ospedalieri di base per zone particolarmente disagiate, distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento (o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso), superando i tempi previsti per un servizio di emergenza efficace, per garantire il tempestivo accesso alle cure urgenti anche in condizioni orogeografiche svantaggiate;

    il progetto di ricerca denominato OASES sviluppato dall'OMS e cofinanziato dal Terzo Programma Sanitario dell'UE analizza come molto spesso nei territori disagiati ci si ritrova soli, senza le adeguate strutture, in situazioni estremamente stressanti dove lavorare diventa molto complicato;

    la crisi pandemica da COVID-19, appena trascorsa, ha evidenziato come vi sia la necessità di presidi sanitari funzionanti ed a pieno organico anche nelle aree considerate disagiate;

    al fine di tutelare il diritto alla salute nelle aree disagiate insulari e periferiche d'Italia è necessario sviluppare una visione sanitaria che ponga al centro il cittadino, la tutela alla salute e la sicurezza delle prestazioni erogate,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di istituire, nel rispetto dei vincoli di bilancio e in conformità ai princìpi che sottendono all'assetto organizzativo del Sistema sanitario nazionale, le Aziende Sanitarie disagiate che prevedano i seguenti requisiti: a) mancata copertura dei posti messi a concorso; b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico; c) condizioni di marginalità territoriale quali: condizioni geomorfologiche del territorio (ampiezza della superficie, orografia, insularità); viabilità critica; inadeguatezza della rete di trasporto pubblico rispetto ai centri hub; distanza chilometrica eccessiva tra comuni dell'ambito e le sedi di cure primarie e i presidi ospedalieri; dispersione degli insediamenti abitativi (oltre il 20 per cento degli abitanti residenti in frazioni o case sparse); densità della popolazione, vicinanza a zone di confine extranazionale che manifestano maggiore attrattività per i lavoratori;

   a valutare, inoltre, la previsione di ulteriori risorse aggiuntive al fine di incentivare la permanenza del personale;

   a prevedere specifiche proroghe ai contratti in essere fino alla copertura stabile dei posti vacanti.
9/1060-AR/33. (Testo modificato nel corso della seduta)Cavo, Bicchielli, Lupi, Brambilla, Cesa, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli, Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente provvedimento reca, tra l'altro, misure di sostegno economico per le famiglie nell'attuale contesto di innalzamento dei costi energetici, nonché alcune disposizioni agevolative di carattere tributario;

    l'esigenza di mettere in atto politiche economiche a favore dei nuclei familiari emerge anche dalla drastica inversione della curva demografica nel nostro Paese, come confermato dagli ultimi dati Istat: al 31 dicembre scorso la popolazione residente risulta inferiore di circa 179 mila unità rispetto all'inizio dell'anno, con un rilevante calo del tasso di natalità;

    oltre alla diminuzione del numero delle nascite e al conseguente innalzamento dell'età media della popolazione, in Italia si registra anche un'elevata tendenza all'emigrazione: secondo un recente rapporto dell'AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all'Estero, gli emigrati italiani nel mondo al 1° gennaio 2022 sono 5.806.068, un dato in continua crescita negli ultimi anni (+6 per cento rispetto al 2019);

    il contesto sociale sopra descritto pone l'obiettivo di contrastare tali tendenze di lungo periodo con politiche di sostegno alla natalità e alla genitorialità, che possano favorire anche il rientro in Italia di numerosi lavoratori operanti all'estero;

    proprio in materia di rientro dei lavoratori, infatti, come già dimostrato da precedenti interventi normativi messi in atto dalla Lega, la previsione di un regime di tassazione agevolata rappresenta un'efficace risposta: si pensi, ad esempio, alle misure incentivanti per i lavoratori altamente qualificati, docenti e ricercatori previste dall'articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019 (cosiddetto «decreto Crescita»), che hanno determinato un sensibile aumento del numero di lavoratori italiani rientrati nel nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incentivare, mediante l'introduzione di ulteriori misure di maggior favore, il rientro di lavoratori italiani all'estero, sulla falsariga di quanto previsto nel decreto-legge n. 34 del 2019 citato in premessa, anche nell'ottica di contrastare il calo demografico e sostenere la natalità.
9/1060-AR/34. Centemero.


   La Camera,

   premesso che:

    con il decreto direttoriale n. 54 dell'8 agosto 2022 il Ministero della transizione ecologica, oggi Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, ha approvato le Istruzioni operative definite dal Gestore Servizi Energetici (GSE) per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati;

    esse prevedono, al punto 5.3, che i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici incentivati in Conto Energia possono decidere di prestare la garanzia finanziaria, per le operazioni di raccolta, trasporto, trattamento adeguato, dei moduli fotovoltaici incentivati versando la quota pari a 10 euro per modulo professionale e domestico nel trust di un sistema collettivo, in alternativa al versamento al Gestore dei servizi energetici. Tale possibilità è prevista dal decreto legislativo n. 49 del 2014 così come modificato dal decreto legislativo n. 118 del 2020 prima e dal decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 poi;

   considerato che: si tratta di una previsione che ha visto, sin dalla sua genesi, il favore del Ministero dell'ambiente, del Parlamento – che ha svolto, in Commissione Ecomafie e nelle Commissioni Ambiente di entrambi i rami del Parlamento, numerose audizioni anche del NOE, nucleo dei Carabinieri preposto alla prevenzione e repressione dei reati ambientali – e del GSE, che di fatto, gestendo tale garanzia si trova a svolgere un ruolo che non gli è proprio;

    la corretta gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici è un tema di assoluta centralità, tanto che la istituenda Commissione bicamerale cosiddetta Ecomafie avrà tra i propri compiti quello di indagare sull'esistenza di eventuali illeciti connessi allo smaltimento degli impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile, cosiddetti «rifiuti emergenti», come definiti dall'Agenzia europea dell'ambiente, con particolare riferimento allo smaltimento, al termine del loro ciclo di utilizzazione, dei pannelli solari fotovoltaici, delle pale eoliche, delle batterie nonché di ogni altro materiale o dispositivo utilizzato nelle infrastrutture per la produzione di energia da fonte rinnovabile;

   osservato che:

    le norme approvate nel corso dell'ultimo biennio hanno via via modificato il decreto legislativo n. 49 del 2014 rendendolo un provvedimento solido, in grado di normare pienamente la transizione energetica in atto, indicando i sistemi collettivi riconosciuti dal Ministero dell'ambiente come gli unici soggetti idonei nella gestione del fine vita dei moduli fotovoltaici; essi infatti sono dotati delle competenze tecniche, dell'equipaggiamento e della capillarità sul territorio nazionale utile a gestire l'intero ciclo del fine vita dei moduli FV, dallo smontaggio, allo smaltimento al recupero delle materie prime;

    la legge di conversione del decreto-legge cosiddetto milleproroghe ha già prolungato la possibilità per i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici di tipologia professionale entrati in esercizio tra il 2006 e il 2012 di optare per l'adesione a un sistema collettivo, scaduta il 31 dicembre 2022, fino al 30 giugno 2023;

    è bene ricordare che i pannelli incentivati dai cinque Conti energia che giungeranno a fine vita entro il 2027 sono circa 86 milioni;

   osservato altresì che:

    il lasso di tempo concesso ai soggetti responsabili per esercitare l'opzione tra sistemi collettivi e GSE è stato davvero esiguo, pari a soli 10 mesi; si tratta invece di un cambiamento culturale che necessita di un tempo sufficiente affinché venga assimilato dai soggetti responsabili, che vede al centro del sistema di recupero i sistemi collettivi;

    il parere favorevole in sede consultiva reso dalla Commissione ambiente al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame contiene una sola osservazione che chiede alle Commissioni di merito – Finanze e Affari sociali – di valutare l'opportunità di prorogare il termine entro il quale i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici possono comunicare la scelta di prestare la garanzia finanziaria per la gestione del fine vita dei relativi materiali in un sistema collettivo;

   considerato inoltre che:

    la combinazione tra fotovoltaico e capannoni industriali prende piede in sempre più numerose aziende in virtù sia del crescente trend del green che della più profonda attenzione all'ambiente, quanto per i benefici che ne derivano per le imprese;

    l'installazione dei pannelli solari su questo spazio produttivo di proprietà dell'impresa consente di ridurre l'energia elettrica acquistata dalla rete in quanto viene autoprodotta, coprendo la maggior parte dei consumi;

    le aziende possono usufruire di una fonte rinnovabile, che consente l'auto-approvvigionamento e l'indipendenza energetica e che, coniugando il fotovoltaico con l'attività produttiva, come nel caso dell'agrovoltaico, consente di realizzare un efficientamento delle performance aziendali;

    le comunità energetiche permettono alle aziende di condividere l'energia prodotta dai loro impianti fotovoltaici con altre realtà locali, quali abitazioni, uffici o altri capannoni industriali. In questo modo, è possibile creare un sistema di scambio energetico che favorisce l'autosufficienza, la resilienza e la sostenibilità dell'intera comunità,

impegna il Governo:

   a prorogare la possibilità, per i soggetti responsabili, di optare per l'iscrizione a uno dei sistemi collettivi riconosciuti dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, in scadenza il prossimo 30 giugno 2023, al 30 giugno 2024;

   a valutare l'opportunità di promuovere l'installazione, mediante sgravi fiscali ed eventualmente anche attraverso l'utilizzo di fondi PNRR, di pannelli fotovoltaici sui tetti o sulle coperture di impianti industriali e agricoli, anche in aree industriali dismesse al fine di raggiungere una forma di economia con impatto ambientale ridotto e particolari miglioramenti sociali.
9/1060-AR/35. Zucconi, Mollicone, Ambrosi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    con il decreto direttoriale n. 54 dell'8 agosto 2022 il Ministero della transizione ecologica, oggi Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, ha approvato le Istruzioni operative definite dal Gestore Servizi Energetici (GSE) per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati;

    esse prevedono, al punto 5.3, che i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici incentivati in Conto Energia possono decidere di prestare la garanzia finanziaria, per le operazioni di raccolta, trasporto, trattamento adeguato, dei moduli fotovoltaici incentivati versando la quota pari a 10 euro per modulo professionale e domestico nel trust di un sistema collettivo, in alternativa al versamento al Gestore dei servizi energetici. Tale possibilità è prevista dal decreto legislativo n. 49 del 2014 così come modificato dal decreto legislativo n. 118 del 2020 prima e dal decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 poi;

   considerato che: si tratta di una previsione che ha visto, sin dalla sua genesi, il favore del Ministero dell'ambiente, del Parlamento – che ha svolto, in Commissione Ecomafie e nelle Commissioni Ambiente di entrambi i rami del Parlamento, numerose audizioni anche del NOE, nucleo dei Carabinieri preposto alla prevenzione e repressione dei reati ambientali – e del GSE, che di fatto, gestendo tale garanzia si trova a svolgere un ruolo che non gli è proprio;

    la corretta gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici è un tema di assoluta centralità, tanto che la istituenda Commissione bicamerale cosiddetta Ecomafie avrà tra i propri compiti quello di indagare sull'esistenza di eventuali illeciti connessi allo smaltimento degli impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile, cosiddetti «rifiuti emergenti», come definiti dall'Agenzia europea dell'ambiente, con particolare riferimento allo smaltimento, al termine del loro ciclo di utilizzazione, dei pannelli solari fotovoltaici, delle pale eoliche, delle batterie nonché di ogni altro materiale o dispositivo utilizzato nelle infrastrutture per la produzione di energia da fonte rinnovabile;

   osservato che:

    le norme approvate nel corso dell'ultimo biennio hanno via via modificato il decreto legislativo n. 49 del 2014 rendendolo un provvedimento solido, in grado di normare pienamente la transizione energetica in atto, indicando i sistemi collettivi riconosciuti dal Ministero dell'ambiente come gli unici soggetti idonei nella gestione del fine vita dei moduli fotovoltaici; essi infatti sono dotati delle competenze tecniche, dell'equipaggiamento e della capillarità sul territorio nazionale utile a gestire l'intero ciclo del fine vita dei moduli FV, dallo smontaggio, allo smaltimento al recupero delle materie prime;

    la legge di conversione del decreto-legge cosiddetto milleproroghe ha già prolungato la possibilità per i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici di tipologia professionale entrati in esercizio tra il 2006 e il 2012 di optare per l'adesione a un sistema collettivo, scaduta il 31 dicembre 2022, fino al 30 giugno 2023;

    è bene ricordare che i pannelli incentivati dai cinque Conti energia che giungeranno a fine vita entro il 2027 sono circa 86 milioni;

   osservato altresì che:

    il lasso di tempo concesso ai soggetti responsabili per esercitare l'opzione tra sistemi collettivi e GSE è stato davvero esiguo, pari a soli 10 mesi; si tratta invece di un cambiamento culturale che necessita di un tempo sufficiente affinché venga assimilato dai soggetti responsabili, che vede al centro del sistema di recupero i sistemi collettivi;

    il parere favorevole in sede consultiva reso dalla Commissione ambiente al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame contiene una sola osservazione che chiede alle Commissioni di merito – Finanze e Affari sociali – di valutare l'opportunità di prorogare il termine entro il quale i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici possono comunicare la scelta di prestare la garanzia finanziaria per la gestione del fine vita dei relativi materiali in un sistema collettivo;

   considerato inoltre che:

    la combinazione tra fotovoltaico e capannoni industriali prende piede in sempre più numerose aziende in virtù sia del crescente trend del green che della più profonda attenzione all'ambiente, quanto per i benefici che ne derivano per le imprese;

    l'installazione dei pannelli solari su questo spazio produttivo di proprietà dell'impresa consente di ridurre l'energia elettrica acquistata dalla rete in quanto viene autoprodotta, coprendo la maggior parte dei consumi;

    le aziende possono usufruire di una fonte rinnovabile, che consente l'auto-approvvigionamento e l'indipendenza energetica e che, coniugando il fotovoltaico con l'attività produttiva, come nel caso dell'agrovoltaico, consente di realizzare un efficientamento delle performance aziendali;

    le comunità energetiche permettono alle aziende di condividere l'energia prodotta dai loro impianti fotovoltaici con altre realtà locali, quali abitazioni, uffici o altri capannoni industriali. In questo modo, è possibile creare un sistema di scambio energetico che favorisce l'autosufficienza, la resilienza e la sostenibilità dell'intera comunità,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prorogare la possibilità, per i soggetti responsabili, di optare per l'iscrizione a uno dei sistemi collettivi riconosciuti dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, in scadenza il prossimo 30 giugno 2023, al 30 giugno 2024;

   a valutare l'opportunità di promuovere l'installazione, mediante sgravi fiscali ed eventualmente anche attraverso l'utilizzo di fondi PNRR, di pannelli fotovoltaici sui tetti o sulle coperture di impianti industriali e agricoli, anche in aree industriali dismesse al fine di raggiungere una forma di economia con impatto ambientale ridotto e particolari miglioramenti sociali.
9/1060-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta)Zucconi, Mollicone, Ambrosi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    in particolare, l'articolo 7-bis prevede che, fino al 30 giugno 2024, siano realizzabili previa dichiarazione di inizio lavori asseverata nelle strutture turistiche o termali anche gli impianti fotovoltaici con moduli collocati su coperture piane o a falde, di potenza fino a 1 MW per l'autoconsumo. Nei centri storici o in aree a tutela paesaggistica, si richiede l'attestazione che non siano visibili dagli spazi esterni e che i manti delle coperture siano realizzati con prodotti che abbiano l'aspetto dei materiali della tradizione locale;

    l'Italia è una delle principali nazioni al mondo per i consumi di elettricità prodotta da impianti fotovoltaici: secondo l'ultimo report GSE, gli oltre 80.000 nuovi impianti entrati in esercizio nel corso dell'anno 2021 hanno incrementato di quasi 940 MW la potenza installata, confermando l'andamento crescente degli ultimi anni, ma purtroppo compromettendo spesso il paesaggio e diminuendo proporzionalmente le attività agricole; analoghi problemi sono stati registrati con l'installazione intensiva dei cosiddetti parchi eolici;

    la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili rientra certamente nella condivisibile politica nazionale ed europea di diversificazione nell'approvvigionamento energetico e di accelerazione della transizione verde, ma tale politica deve integrarsi con una altrettanto importante pianificazione globale che consideri gli impatti su paesaggio e agricoltura, al fine di tutelare le peculiarità storico-naturalistiche e il fabbisogno alimentare del territorio nazionale;

    in totale assenza di pianificazione, la realizzazione di questi imponenti progetti, ove proseguisse, rischierebbe di deturpare e stravolgere irrimediabilmente aree di grande pregio naturalistico, paesaggistico e storico, snaturando radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi tutelati dall'articolo 9 della Costituzione, depauperandone il valore commerciale e turistico e diminuendo gradualmente i terreni coltivabili e conseguentemente la produzione agricola;

    la transizione ecologica può, al contrario, essere l'occasione per la riqualificazione di aree dismesse e urbanisticamente compromesse, ex discariche, terreni abbandonati;

    occorre orientate la realizzazione degli impianti fotovoltaici su tali aree o sulle vie di gomma e ferro al posto delle barriere fonoassorbenti nei tratti di attraversamento dei nuclei urbani, escludendo i terreni agricoli,

impegna il Governo:

   a garantire la difesa della produzione agricola e del paesaggio, che meritano particolare attenzione per la loro specificità o perché connessi alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale;

   a individuare le aree urbanisticamente e ambientalmente compromesse, le ex discariche, le aree industriali, le arterie di scorrimento su gomma e ferro, al fine di sostituire i pannelli fonoassorbenti con pannelli fotovoltaici, le aree portuali e aeroportuali come uniche ubicazioni per le autorizzazioni di nuovi impianti fotovoltaici;

   a garantire che gli impianti di produzione di energia rinnovabile da fonte eolica siano realizzati esclusivamente a largo delle coste marine.
9/1060-AR/36. Rampelli, Mollicone, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame all'articolo 8 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire tra le regioni e le province autonome, quale contributo statale al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018;

    numerose imprese del settore farmaceutico versano oggi in condizione di difficoltà a causa del meccanismo del cosiddetto payback farmaceutico, disciplinato dal decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125 trovandosi costrette a fronteggiare una forte imprevedibilità che ne danneggia le capacità d'investimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con successivi provvedimenti normativi, un incremento del Fondo di cui all'articolo 8, al fine di coniugare le esigenze di equilibrio finanziario delle regioni con quelle delle imprese, fornitrici dei dispositivi medici.
9/1060-AR/37. Ascani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame all'articolo 8 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire tra le regioni e le province autonome, quale contributo statale al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018;

    numerose imprese del settore farmaceutico versano oggi in condizione di difficoltà a causa del meccanismo del cosiddetto payback farmaceutico, disciplinato dal decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125 trovandosi costrette a fronteggiare una forte imprevedibilità che ne danneggia le capacità d'investimento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di prevedere, con successivi provvedimenti normativi, un incremento del Fondo di cui all'articolo 8, al fine di coniugare le esigenze di equilibrio finanziario delle regioni con quelle delle imprese, fornitrici dei dispositivi medici.
9/1060-AR/37. (Testo modificato nel corso della seduta)Ascani.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    nonostante gli interventi predisposti dal Governo italiano per contenere i rincari energetici, l'inflazione ha colpito ad ogni buon conto questa voce di spesa, incrementando anche per gli Enti locali i costi di energia elettrica e gas;

    le ripartizioni delle risorse a sostegno dei comuni non tengono conto delle caratteristiche specifiche dei Comuni situati nelle aree interne, montane e rurali, ignorando – ad esempio – la vocazione turistica dei comuni stessi o la loro fascia altimetrica;

    un comune montano, ad esempio, ha costi diversi rispetto ad un comune in pianura o costiero per quanto riguarda voci quali gas e riscaldamento, e sono parimenti coinvolte sotto tale aspetto anche le Unioni montane e le Comunità montane, che gestiscono e sono proprietarie di loro strutture a beneficio delle collettività che vivono e operano nelle Alpi e negli Appennini;

    è altresì fondamentale parametrare a questa modalità di allocazione delle risorse sulla base oggettiva dei pagamenti effettuati dagli Enti locali stessi;

    il testo in esame, nelle fasi attuative, costituisce una importante opportunità per dare il congruo sostegno agli Enti locali nell'erogare servizi ai cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre, nell'ambito delle misure attuative successive al testo in esame, una ripartizione delle risorse verso i comuni per il sostegno dei costi legati alle utenze energetiche che tenga conto della fascia altimetrica, della base oggettiva dei pagamenti effettuati e delle peculiarità geografiche dei comuni situati nelle aree interne, montane e rurali, nonché a prevedere allocazioni di risorse anche per Unioni e comunità montane, anche in riferimento a quanto in premessa.
9/1060-AR/38. Ciaburro, Caretta, Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    la Portovesme Srl, azienda di proprietà della multinazionale svizzera Glencore, ha annunciato sin dallo scorso gennaio e poi ha interrotto dal mese di aprile l'attività industriale di produzione di zinco presso i due siti in Sardegna, limitando l'attività nella sede di Portovesme e bloccandola in quella di San Gavino, fonderia la cui attività risale agli anni '30;

    il sito presente in Sardegna tra Portovesme e la fonderia di San Gavino Monreale è l'unico in Italia per la produzione di zinco e piombo;

    la Portovesme Srl ha comunicato di aver sospeso le attività a causa degli alti prezzi dell'energia e, contemporaneamente, la società proprietaria ha annunciato l'avvio di uno studio per la sperimentazione di un sito di interesse europeo per la rigenerazione delle batterie al Litio;

    le istituzioni locali e i rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto di mantenere attivo il sito, dove lavorano oltre 1500 lavoratori tra diretti e indotto nelle more della definizione del progetto di riconversione, ottenendo il rifiuto della compagnia per gli alti costi attuali dell'energia che non sono tornati ai livelli precedenti la pandemia;

    altre società industriali del Sulcis, su intervento del Governo, hanno ottenuto contratti bilaterali per l'acquisto di energia a prezzi calmierati;

    in Sardegna i costi dell'energia sono più elevati nel resto del Paese anche per l'assenza di una rete di fornitura del metano la cui costruzione non sarà terminata nei prossimi 5 anni; l'obiettivo di bloccare entro il 2025 la produzione di energia da centrali a carbone in Sardegna non sarà raggiunto per l'assenza di una rete di fornitura a metano che potrebbe essere utilizzata per la conversione delle centrali a carbone esistenti e per l'impossibilità di completare entro tale data l'elettrodotto progettato da Terna tra Sicilia e Sardegna,

impegna il Governo:

   a operare, analogamente a quanto fatto negli anni scorsi, per la definizione di un contratto bilaterale di fornitura di energia necessario e giustificato dalla particolare condizione della Sardegna;

   a intervenire presso la multinazionale svizzera Glencore, proprietaria della Portovesme Srl, ai massimi livelli manageriali internazionali per ottenere il riavvio delle attività industriali nelle more della definizione del progetto di riconversione, a tutela dei 1500 lavoratori, alcuni dei quali privi anche di cassa integrazione.
9/1060-AR/39. Lai, Ghirra, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca, nel suo complesso, interventi urgenti a sostegno di famiglie e imprese e nello specifico disposizioni per poter sostenere l'aumento dei costi dell'energia oltre che disposizioni in materia di agevolazioni fiscali per interventi di risparmio energetico;

    il Real Sito di Carditello, situato nella provincia di Caserta, fu costruito per volere di Ferdinando IV di Borbone nel 1787, nell'area individuata già alla metà del XVIII secolo da Carlo di Borbone e destinata all'allevamento, alla selezione di cavalli di razza reale e alla produzione agricola e casearia. Il Real Sito è composto da una palazzina centrale sormontata da un loggiato e da un belvedere, affiancata da altri edifici di servizio, e da un ampio galoppatoio ellittico, delimitato da due fontane con obelischi e con un tempietto circolare nel mezzo;

    il complesso monumentale è passato attraverso vicende alterne e, a partire dal 2004, è stato interessato da un processo di rivalorizzazione, grazie alla passione dei movimenti civici e all'impegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che lo ha acquistato nel 2013;

    è stata costituita, nel febbraio del 2016, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dalla regione Campania e dal comune di San Tammaro, la fondazione Real Sito di Carditello, che si occupa di restituire lo splendido monumento intriso di storia a una completa fruizione pubblica e alla riproposizione delle attività produttive che ne avevano ispirato la nascita e la vita;

    l'attuale crisi economica dovuta all'aumento dei prezzi, con particolare riguardo al settore elettrico e a quello del gas naturale, impone un risparmio energetico considerevole e costante, anche e soprattutto da parte di strutture pubbliche come quella del Real Sito di Carditello;

    per poter determinare un concreto risparmio in termini di consumo di energia si renderebbero necessari interventi specifici sugli impianti e sulle strutture a servizio del Real Sito di Carditello,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per il rilancio e la riqualificazione energetica della Reggia di Carditello, valutando altresì la promozione di iniziative legislative specifiche relative ai processi di rigenerazione urbana e di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico.
9/1060-AR/40. Cangiano, Cerreto, Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 24 reca ai commi 6 e 7 le disposizioni per la copertura degli oneri recati dal provvedimento in esame riducendo di 5 milioni di euro per l'anno 2023, l'autorizzazione di spesa (di cui all'articolo 1, comma 131, della legge n. 178 del 2020, legge di bilancio 2021) relativa al credito d'imposta del 40 per cento in favore delle reti di imprese agricole e agroalimentari, anche costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi o parte delle strade del vino, per la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico;

    obiettivo del credito di imposta è quello di sviluppare e potenziare le attività commerciali in ambito agricolo e agroalimentare e favorire nuove opportunità in particolare per quanto riguarda il commercio extranazionale e implementare la logistica,

impegna il Governo

ad adottare, sin dal primo provvedimento utile, le opportune iniziative volte a ripristinare per l'anno 2023 il credito d'imposta del 40 per cento in favore delle reti di imprese agricole e agroalimentari nei termini previsti dalla legge di bilancio 2021.
9/1060-AR/41. Vaccari, Forattini, Marino, Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    in particolare, l'articolo 8 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire tra le regioni e le province autonome, quale contributo statale al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018, prevedendo, inoltre, che le aziende fornitrici di dispositivi medici, qualora non abbiano attivato un contenzioso o abbiano rinunciato allo stesso, possano versare a ciascuna regione e provincia autonoma, entro il 30 giugno 2023, in luogo della quota intera, una somma pari al 48 per cento di quanto dovuto a titolo di contributo al ripiano;

    la condivisibile apertura del Governo si pone nel solco dell'avvertita necessità di razionalizzare il meccanismo del superamento dei tetti di spesa per gli acquisti dei dispositivi medici da parte del Sistema Sanitario Nazionale, che ad oggi mette a rischio la tenuta delle aziende del settore che non esercitano alcuna forma di controllo sull'incidenza delle vendite dei propri prodotti sulla spesa pubblica nazionale e regionale;

    sulla base dei dati resi pubblici dalla Corte dei conti, FIFO ha stimato che la spesa per i dispositivi medici è cresciuta del 18,3 per cento, passando da 5,8 miliardi di euro nel 2015 a 6,8 nel 2020 e nell'ultimo anno, in particolare, la spesa è cresciuta del 7,3 per cento, pari in valore assoluto a oltre 460 milioni di euro;

    sono centinaia le imprese su cui impatta il meccanismo del payback, con il rischio di non riuscire a garantire le forniture di prodotti, anche salvavita, agli ospedali, e con conseguenze altrettanto gravi per i cittadini: senza imprese che riforniscono la sanità pubblica, sempre più persone non avranno accesso alle cure con un notevole impoverimento dell'offerta e della qualità dei servizi sanitari;

    quello del payback è un sistema incompatibile con i principi contabili costituzionali che prevedono che i bilanci dello Stato siano prudenti, veritieri, realistici e fondati sull'attendibilità delle previsioni passate;

    lavoro e salute sono i pilastri della nostra nazione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative di competenza volte a rideterminare per gli anni a decorrere dal 2024 il tetto di spesa per l'acquisto di dispositivi medici, di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevedendo l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano di monitorare l'andamento della spesa e di rendicontare e giustificare semestralmente al Ministero dell'economia e finanze eventuali scostamenti in eccesso rispetto al tetto fissato per la spesa di dispositivi medici rientranti nella categoria di costi BA0210 – Dispositivi medici;

   a valutare la necessità di stabilire, anche in deroga alle disposizioni di cui ai commi 8, 9 e 9-bis dell'articolo 9-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, nuovi criteri di riparto dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale.
9/1060-AR/42. Lucaselli, Ciocchetti, Mollicone, Zinzi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    in particolare, l'articolo 8 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire tra le regioni e le province autonome, quale contributo statale al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018, prevedendo, inoltre, che le aziende fornitrici di dispositivi medici, qualora non abbiano attivato un contenzioso o abbiano rinunciato allo stesso, possano versare a ciascuna regione e provincia autonoma, entro il 30 giugno 2023, in luogo della quota intera, una somma pari al 48 per cento di quanto dovuto a titolo di contributo al ripiano;

    la condivisibile apertura del Governo si pone nel solco dell'avvertita necessità di razionalizzare il meccanismo del superamento dei tetti di spesa per gli acquisti dei dispositivi medici da parte del Sistema Sanitario Nazionale, che ad oggi mette a rischio la tenuta delle aziende del settore che non esercitano alcuna forma di controllo sull'incidenza delle vendite dei propri prodotti sulla spesa pubblica nazionale e regionale;

    sulla base dei dati resi pubblici dalla Corte dei conti, FIFO ha stimato che la spesa per i dispositivi medici è cresciuta del 18,3 per cento, passando da 5,8 miliardi di euro nel 2015 a 6,8 nel 2020 e nell'ultimo anno, in particolare, la spesa è cresciuta del 7,3 per cento, pari in valore assoluto a oltre 460 milioni di euro;

    sono centinaia le imprese su cui impatta il meccanismo del payback, con il rischio di non riuscire a garantire le forniture di prodotti, anche salvavita, agli ospedali, e con conseguenze altrettanto gravi per i cittadini: senza imprese che riforniscono la sanità pubblica, sempre più persone non avranno accesso alle cure con un notevole impoverimento dell'offerta e della qualità dei servizi sanitari;

    quello del payback è un sistema incompatibile con i principi contabili costituzionali che prevedono che i bilanci dello Stato siano prudenti, veritieri, realistici e fondati sull'attendibilità delle previsioni passate;

    lavoro e salute sono i pilastri della nostra nazione,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di bilancio, ad assumere iniziative di competenza volte a rideterminare per gli anni a decorrere dal 2024 il tetto di spesa per l'acquisto di dispositivi medici, di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevedendo l'obbligo a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano di monitorare l'andamento della spesa e di rendicontare e giustificare semestralmente al Ministero dell'economia e finanze eventuali scostamenti in eccesso rispetto al tetto fissato per la spesa di dispositivi medici rientranti nella categoria di costi BA0210 – Dispositivi medici;

   nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare la necessità di stabilire, anche in deroga alle disposizioni di cui ai commi 8, 9 e 9-bis dell'articolo 9-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, nuovi criteri di riparto dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale.
9/1060-AR/42. (Testo modificato nel corso della seduta)Lucaselli, Ciocchetti, Mollicone, Zinzi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto all'esame interviene in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica non è risolta, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti e con l'allargamento delle diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;

    per limitare l'impatto in bolletta degli straordinari rialzi dei prezzi dei prodotti energetici, si sono susseguiti diversi provvedimenti che hanno cercato, di trimestre in trimestre, per tutto il 2022, e per questo inizio del 2023 di mitigare il costo dell'energia elettrica per tutte le utenze elettriche (domestiche e non domestiche), principalmente attraverso la sterilizzazione degli oneri generali di sistema in bolletta per l'energia elettrica e il riconoscimento di crediti d'imposta alle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale: in questo provvedimento la sterilizzazione degli oneri di sistema non ha avuto proroga, il credito d'imposta per l'acquisto del gas è stato prorogato (con valori però decisamente inferiori) solo fino al 30 giugno 2023;

    l'inverno particolarmente mite, la bassa domanda sia industriale sia domestica e l'offerta eccedente hanno determinato una diminuzione del prezzo del gas di circa il 50 per cento nel primo trimestre dell'anno in corso rispetto ai picchi raggiunti dopo marzo 2022. Anche il Pun (il prezzo di riferimento dell'energia elettrica rilevato sulla borsa elettrica italiana), influenzato dalla riduzione del prezzo dal gas e dalla ridotta domanda industriale, ha visto un trend in diminuzione: a marzo, infatti, ha raggiunto i 136,3 C/MWh rispetto ai 308,7 euro per MWh dello stesso mese nel 2022, con un calo di oltre il 55 per cento;

    alla luce di questi dati è necessario continuare a intervenire per ridurre il costo delle bollette per famiglie e imprese anche perché i prossimi mesi il trend di discesa dei prezzi dei prodotti energetici potrebbe interrompersi: ARERA ha evidenziato come «le quotazioni dei mercati all'ingrosso dell'energia elettrica per i prossimi mesi hanno recentemente di nuovo mostrato volatilità crescente e quotazioni per il terzo e quarto trimestre in rialzo, con aumenti di circa il 10 per cento nel terzo trimestre e del 25 per cento nel quarto trimestre rispetto alle quotazioni del secondo trimestre» e che «le quotazioni dei mercati all'ingrosso del gas naturale per i prossimi mesi hanno recentemente nuovamente mostrato volatilità crescente e quotazioni per il terzo e quarto trimestre in rialzo (rispettivamente di più del 5 per cento e del 15 per cento rispetto alle quotazioni per il secondo trimestre)»;

    si prefigurano quindi nuovi aumenti del costo della componente energia a partire dalla prossima estate: la mancata proroga delle misure riguardo agli oneri di sistema e, da giugno 2023 delle misure relative al credito d'imposta comporta di nuovo un forte rischio, per gran parte del settore economico e produttivo del nostro Paese, di ridimensionamento dell'attività se non di chiusura di centinaia di migliaia di imprese, oltre a impattare di nuovo pesantemente sui costi delle famiglie, già sotto pressione dal tasso di inflazione così sostenuto che ne erode la capacità d'acquisto;

    assolutamente iniqua e incomprensibile appare infine la scelta del governo di ridurre la tassazione sugli extra profitti per le aziende dell'energia che nei mesi scorsi hanno ottenuto utili miliardari,

impegna il Governo

ad intervenire con il primo provvedimento utile per limitare l'impatto dei costi di energia e gas per le imprese e le famiglie anche per il secondo semestre del 2023.
9/1060-AR/43. Peluffo, De Micheli, Di Biase, Gnassi, Orlando.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 4 del provvedimento in esame riconosce anche per il secondo trimestre 2023 i contributi straordinari, sotto forma di credito di imposta, previsti a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti dalle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale;

    il comma 8 del suddetto articolo disciplina le modalità applicative e di fruizione del credito di imposta nonché la facoltà di cessione ad altri soggetti;

    in particolar modo, il comma prevede che in caso di cessione dei crediti di imposta, le imprese beneficiarie richiedono il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto ai crediti d'imposta e afferma che lo stesso è rilasciato ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dai soggetti indicati all'articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e dai responsabili dell'assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all'articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997;

   considerato che:

    i tributaristi al pari degli Avvocati, dei Commercialisti, dei Caf, nell'esercizio della loro attività professionale forniscono assistenza e consulenza in campo fiscale, tributario e societario, nei confronti dei contribuenti e delle imprese, con i quali si instaura un rapporto di collaborazione e di fiducia, garantendo la corretta applicazione delle leggi fiscali e tributarie;

    tale competenza è certificata in accordo alla norma UNI 11511 che è requisito necessario, assieme all'iscrizione a un'associazione registrata presso il ministero e all'ottenimento dell'attestato di qualità, per poter autenticare la procura, necessaria a rappresentare e assistere i propri clienti presso gli uffici finanziari senza dover ricorrere all'autentica notarile;

    i professionisti tributaristi ex legge 4/2013 però non sono abilitati ad apporre il cosiddetto visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali dei contribuenti, ai sensi del decreto ministeriale 31 maggio 1999 n. 164 (cosiddetto «visto leggero») diversamente dai professionisti abilitati iscritti negli appositi Albi e ai Centri di assistenza fiscale (CAF);

    l'esclusione di questi ultimi dalla possibilità di apporre il visto di conformità causa dunque l'interruzione del rapporto fiduciario tra il Tributarista, che ha seguito tutte e le pratiche fiscali fino a quel momento, e il contribuente o l'imprese, che hanno fruito del suo servizio professionale rendendo necessario rivolgersi ad un altro professionista, generando un danno sia nei confronti della categoria dei tributaristi, sia nei confronti di tutti i loro clienti, siano essi contribuenti o imprese, i quali devono sopportare ulteriori costi per l'apposizione del visto;

    tale preclusione risulta in contrasto con la normativa europea, in particolar modo con le disposizioni relative al nuovo test di proporzionalità, introdotto nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 142 del 2020 in attuazione della direttiva UE n. 2018/958, il quale implica la rimozione delle riserve non rispettose di detto principio,

impegna il Governo:

   ad estendere, nel primo provvedimento utile, la competenza ad apporre il visto di conformità anche ai professionisti di cui alla norma UNI 11511 certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
9/1060-AR/44. Rizzetto, Mollicone, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, il cosiddetto «decreto bollette» comprende anche alcuni interventi in materia sanitaria per lo più di ordine normativo, rigorosamente senza impegni economici, che lasciano privo di soluzione e di prospettive il grande problema del destino del Ssn e dei professionisti che lavorano al suo interno;

    nonostante la mancanza di risposte strutturali alla carenza di personale, in un primo momento, con un emendamento approvato all'unanimità in sede referente, sembrava si fosse data almeno una risposta alle centinaia di lavoratori e lavoratrici altamente qualificati e specializzati nella ricerca sanitaria impiegati presso gli IRCCS e IZS pubblici autorizzando gli Istituti a stabilizzare il personale a tempo determinato con più di 3 anni di servizio;

    per la prima volta si concretizzava un risultato positivo ponendo fine alla precarizzazione sistematica adottata per decenni nei confronti di questa particolare categoria di lavoratori della sanità pubblica per la prima volta, biologi, chimici, fisici, farmacisti, statistici, ingegneri, data manager, grant officer, infermieri, tecnici e tanti altri lavoratori della ricerca sanitaria pubblica precari ormai da decenni e precari al 100 per cento delle unità con una anzianità media di contratti atipici (borse di studio, partita Iva e CoCoCo etc.) di 12 anni e con picchi di oltre 30 anni vedevano una luce in fondo al tunnel;

    si tratta di numeri altissimi di persone che si sono viste negare fino ad ora contributi pensionistici, ferie, congedi parentali, maternità, TFR, e che si scontrano col paradosso di quanto sia indispensabile il loro lavoro per diagnosi e terapie innovative di malattie gravi e invalidanti, di speranza di cure future per malattie oggi ancora incurabili;

    successivamente la maggioranza ha sollevato profili di criticità riguardo la definizione delle modalità di quantificazione e di copertura degli oneri per le stabilizzazioni e anziché trovare le coperture necessarie, tale stabilizzazione è saltata lasciando ancora una volta nel limbo queste professionalità;

    ancora una volta questi professionisti, dopo anni di precariato, vedono negato il loro diritto alla stabilizzazione,

impegna il Governo

a prevedere nel primo provvedimento utile misure economiche e normative volte alla stabilizzazione delle centinaia di lavoratori e lavoratrici precari impiegati presso gli IRCCS e IZS.
9/1060-AR/45. Furfaro, Ciani, Malavasi, Girelli, Stumpo, Casu.


   La Camera

impegna il Governo

a prevedere le misure economiche e normative volte alla stabilizzazione delle centinaia di lavoratori e lavoratrici precari impiegati negli IRCSS e negli IZS, d'intesa con le regioni nei prossimi strumenti normativi utili.
9/1060-AR/45. (Testo modificato nel corso della seduta)Furfaro, Ciani, Malavasi, Girelli, Stumpo, Casu, Cappellacci, Patriarca, Benigni, Zanella, Grimaldi, Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento de quo si pone in parziale continuità con i precedenti decreti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, senza tuttavia introdurre azioni strutturali capaci di stabilizzare nel lungo periodo i costi e il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto quelle a basso reddito;

    l'incremento dei prezzi dell'energia unitamente al forte rialzo dell'inflazione, ai tassi di interesse, nonché alla richiesta di alloggi notevolmente superiore alla disponibilità nella maggior parte delle città italiane, sta, da tempo, peggiorando lo squilibrio tra domanda e offerta al punto che l'accesso ad alloggi a prezzi accessibili è un problema sempre più urgente per gli studenti fuori sede, legato all'aumento dei canoni di locazione e a una crisi abitativa senza precedenti, soprattutto nelle aree a forte vocazione universitaria e turistica;

    con particolare riferimento ai costi delle utenze, occorre altresì considerare che, nella maggior parte dei casi, gli alloggi affittati dagli studenti risultano essere seconde case e ciò determina, a parità di consumi, che la spesa per l'energia elettrica risulti anche del 30 per cento più alta rispetto a quella di un'utenza domestica residente, a causa di costi fissi più elevati;

    quanto sopra non fa che aggravare la difficile situazione in cui versano numerosi studenti che risiedono in una provincia diversa da quella della sede universitaria, sostenendo annualmente costi ingenti per far fronte ai crescenti canoni di locazione e alle spese accessorie (condominio, tassa sui rifiuti e utenze varie) e che hanno promosso, in questi giorni, una mobilitazione a livello nazionale per denunciare la crisi abitativa legata al caro affitti e chiedere risposte concrete al Governo,

   considerato che:

    secondo quanto emerso dal Rapporto «Lo student housing tra Pnrr e mercato», presentato nell'ambito del convegno «Il Pnrr e l'investimento nello student housing» dello scorso 13 aprile, allo stato attuale, la copertura dei posti letto offerti agli studenti universitari fuori sede, pari al 40 per cento degli iscritti, si attesta intorno ai 10,5 per cento e deriva da enti specifici che però coprono solo l'8,1 per cento del totale. Considerando che il fabbisogno stimato dell'offerta strutturata di posti letto deve essere pari ad almeno il 20 per cento degli studenti fuori sede (tasso di copertura medio europeo), sarebbero necessari almeno 130mila posti letto;

    il citato rapporto inoltre sottolinea come il numero di studenti universitari fuori sede si è mantenuto in crescita nell'ultimo anno, sulla scia di un incremento che prosegue in modo costante dal 2015;

    tale incremento è alla base dell'alterazione della tipologia di offerta presente sul mercato immobiliare universitario. I dati Istat, infatti, evidenziano come i prezzi delle camere singole risultino aumentati di ben 11 punti percentuali rispetto al 2021, e di 13 punti rispetto al 2022 fino a raggiungere un costo medio mensile di 539 euro, con picchi massimi nelle grandi città come Milano, Padova, Roma, Firenze e Bologna, che hanno toccato affitti mensili anche di 700 euro al mese; città dove peraltro si concentra circa un quarto del totale dei fuori sede italiani,

impegna il Governo

quale ulteriore intervento a sostegno delle famiglie, ad adottare con sollecitudine iniziative, anche di carattere normativo, tese all'introduzione di un complesso organico di misure – economiche, sociali e fiscali – idonee a contrastare il consistente aumento del costo degli affitti per gli studenti cosiddetti fuori sede, così da dare piena ed effettiva attuazione al diritto all'accesso ai livelli più alti dell'istruzione riconosciuto dall'articolo 34 della Costituzione.
9/1060-AR/46. Appendino, Pavanelli, Caso, Orrico, Morfino, Manzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo I del provvedimento contiene misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale;

    l'incremento dei prezzi dell'energia unitamente al forte rialzo dell'inflazione, ai tassi di interesse, sta colpendo in maniera significativa il settore immobiliare, soprattutto con riferimento alle locazioni di immobili;

    con particolare riferimento ai costi delle utenze, occorre considerare che, nella maggior parte dei casi, gli alloggi affittati risultano essere seconde case e ciò determina, a parità di consumi, che la spesa per l'energia elettrica risulti anche del 30 per cento più alta rispetto a quella di un'utenza domestica residente, a causa di costi fissi più elevati;

    inoltre, è un dato acquisito che, oggi, i proprietari di case trovino più conveniente e meno rischioso, optare per affitti a turisti, mediante piattaforme online, piuttosto che destinare i propri immobili a locazione di lunga durata, anche in ragione di una normativa fiscale di favore per gli affitti brevi;

   ritenuto che:

    il caro affitti penalizza ancora una volta le famiglie a reddito medio o medio basso, soprattutto nei casi di lavoratori e studenti fuori sede;

    l'allarmante situazione denunciata dagli studenti universitari negli ultimi giorni, rende evidente l'esigenza di rafforzare le forme di sostegno abitativo, anche attraverso la leva fiscale, in attesa della realizzazione di interventi strutturali nell'ambito delle politiche abitative finalizzate allo sviluppo di un'edilizia residenziale,

impegna il Governo:

quale ulteriore intervento volto a recare sostegni alle famiglie, al fine di contenere gli effetti dell'inflazione nel settore delle locazioni immobiliari e in attesa della realizzazione di politiche abitative per lo sviluppo dell'edilizia residenziale pubblica e privata, a introdurre misure fiscali finalizzate a incentivare la disponibilità di immobili e alloggi destinati a studenti e lavoratori fuori sede con redditi medio bassi, e al contenimento delle spese connesse alla locazione e al relativo godimento, valutando di:

  esentare dal pagamento dell'IMU gli immobili, o parte di essi, destinati ad alloggio o residenza per studenti o lavoratori fuori sede, garantendo che il vantaggio fiscale venga concretamente trasferito al conduttore in forma di riduzione del canone di locazione o dei costi accessori;

  potenziare lo strumento della cedolare secca e le garanzie per l'affittuario in termini di riduzione del canone di locazione;

  esentare dall'imposta di registro e di bollo i contratti di locazione stipulati da studenti e lavoratori fuori sede;

  sostenere i costi connessi al godimento di immobili e alloggi per studenti e lavoratori fuori sede incrementando il limite di spesa massima ammessa a detrazione e la percentuale di detrazione riconosciuta in relazione al pagamento di canoni di locazione o canoni relativi a contratti di ospitalità, estendendo altresì l'ambito applicativo dell'incentivo anche al deposito cauzionale, alle spese condominiali e alle spese comunque connesse al godimento dell'immobile (es. utenze);

  introdurre un contributo, in forma di detrazione o credito d'imposta, anche attraverso la previsione di rimborso diretto (cash back), ai compensi, comunque denominati, pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza della stipula di contratti di locazione per studenti e lavoratori fuori sede;

  introdurre un contributo, in forma di detrazione o credito d'imposta, anche attraverso la previsione di rimborso diretto (cash back) ove sostenute dallo studente, in relazione alle spese per la ristrutturazione, a partire dalle spese per l'eliminazione delle barriere architettoniche, o l'acquisto di mobili destinati ad immobili adibiti ad alloggi per studenti o lavoratori fuori sede.
9/1060-AR/47. Fenu, Lovecchio, Raffa, Alifano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame non si rinvengono misure adeguate volte a sostenere famiglie ed imprese contro il caro energia che non appare arrestarsi;

    in conseguenza della crescente inflazione, la Banca Centrale Europea (Bce) ha avviato un piano di incremento dei tassi di interesse con l'obiettivo di contrastare l'aumento dei prezzi e riportare l'inflazione sotto la soglia del 2 per cento;

    l'aumento dei tassi di interesse sta incidendo immancabilmente sulle spese delle famiglie e delle imprese;

    secondo i dati diffusi da Bankitalia, a marzo 2023, a seguito dei rialzi della Bce, il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 3,81 per cento contro il 3,65 per cento del mese precedente: nello specifico, il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è stato il 4 per cento rispetto al 3,76 per cento del mese precedente e al 5,72 per cento a fine 2007; il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è stato del 3,9 per cento contro il 3,55 per cento del mese precedente;

    stante il citato rialzo dei tassi di interesse, le rate dei mutui saranno più elevate, e potrebbe altresì aumentare la difficoltà di accesso ai finanziamenti per imprese e famiglie. Inoltre, si registra un calo nell'erogazione di mutui: i recenti dati diffusi da Istat, già confermano il calo dei mutui sulle abitazioni nel terzo trimestre 2022, che segnano un -7,4 per cento rispetto al precedente anno; secondo l'ultimo studio di Crif, nel primo trimestre del 2023 le richieste di istruttoria per mutui immobiliari da parte delle famiglie italiane hanno registrato una contrazione del 23,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;

    peggiora anche il numero degli sfratti secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'interno, di cui oltre l'80 per cento per morosità;

    gli istituti di ricerca concordano nel confermare che i prezzi delle case in Italia continueranno ad aumentare nei prossimi tre anni, specialmente nelle grandi città. La società di consulenza Nomisma parla di una crescita del 12 per cento a Milano e del 9 per cento a Roma. La domanda abitativa ha toccato i massimi storici: quasi il 4 per cento dei nuclei familiari sta attualmente cercando una casa da acquistare e circa il 10 per cento dichiara di voler iniziare la ricerca entro l'anno. Anche gli immobili di impresa costeranno di più;

    così il mercato immobiliare italiano continuerà a risentire della recessione e dell'inflazione e a vivere le ripercussioni della crisi globale, e la carenza di alloggi a prezzi accessibili – problema non recente – sarà certamente inasprito dalle nuove tendenze;

   considerato che:

    secondo i dati emersi da un sondaggio condotto da Swg per Greenpeace, tra l'11 e il 16 gennaio 2023, la maggioranza degli italiani è nettamente contraria all'aumento della spesa militare, mentre più dei due terzi vorrebbero addirittura estendere la tassazione al 100 per cento degli extra profitti anche all'industria bellica;

    la direzione che i cittadini vorrebbero seguire è piuttosto chiara, tenuto conto che il 53 per cento degli intervistati pensa che sarebbe meglio investire «esclusivamente» (27 per cento), o «in gran parte» (26 per cento), nella transizione energetica. Soltanto poco più di un quinto ritiene che si debba puntare «in egual misura su fonti fossili e transizione energetica» ed è assolutamente marginale la percentuale di chi vorrebbe investire «in gran parte» (6 per cento), o «esclusivamente» (3 per cento), nelle fonti fossili,

impegna il Governo:

quale misura volta a recare sostegno alle famiglie, a individuare nei tempi più ristretti, anche eventualmente attraverso il ricorso alla decretazione di urgenza, risorse adeguate da destinare al rifinanziamento del Fondo per il sostegno all'affitto e del Fondo per la morosità incolpevole, nonché al finanziamento di un Piano di edilizia residenziale pubblica e misure specifiche contro il rincaro degli affitti per studenti universitari, eventualmente anche istituendo a tal fine un contributo solidaristico sui cosiddetti extra profitti netti da interessi conseguiti, nei mesi più recenti, dal settore produttivo di armi e munizioni.
9/1060-AR/48. Donno, Torto, Pellegrini, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo I del provvedimento contiene misure urgenti per il contenimento degli effetti conseguenti agli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale;

    l'incremento dei prezzi dei prodotti energetici costituisce la principale causa dell'inflazione che sta colpendo milioni di famiglie e imprese;

    allo scopo di ricondurre la crescente inflazione nella soglia del 2 per cento, a partire da luglio dello scorso anno la Bce ha avviato una politica monetaria orientata all'aumento dei tassi di interesse;

    l'aumento dei tassi di interesse previsto dalla Bce ha comportato una vertiginosa e rapida crescita dei tassi di interesse applicati a mutui e finanziamenti: l'ultimo bollettino mensile dell'Abi, evidenzia come il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è stato del 4 per cento nel mese di marzo 2023, mentre il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è stato del 3,9 per cento;

    tale incremento si traduce a sua volta in centinaia di euro in più che gravano sui bilanci mensili di famiglie e imprese, oltre al peso dell'inflazione;

   ritenuto che:

    il settore bancario sta registrando una crescita dei ricavi record in conseguenza del margine di interesse favorevole, a fronte di maggiori costi per la clientela;

    è opportuno introdurre, come avvenuto per il settore energetico, misure perequative al fine di contenere gli effetti del rincaro dei prodotti finanziari in linea con le iniziative assunte in altri paesi europei;

    è necessario intervenire con urgenza individuando soluzioni mirate finalizzate a compensare i maggiori ricavi del settore bancario con le maggiori spese per la clientela e neutralizzare gli aumenti conseguenti ai maggiori interessi applicati sui prestiti, preservando la capacità di spesa delle famiglie e delle imprese,

impegna il Governo

quale ulteriore misura a sostegno delle famiglie e delle imprese e in linea con la finalità di contenere gli effetti dell'inflazione di cui al provvedimento in esame, ad adottare ulteriori iniziative normative finalizzate a neutralizzare gli effetti negativi degli aumenti dei tassi di interesse sui mutui e prestiti alla clientela, anche attraverso la previsione di forme di prelievo sui maggiori ricavi da margine di interesse e commissioni conseguiti dal settore bancario.
9/1060-AR/49. Francesco Silvestri, Fenu, Raffa, Alifano, Lovecchio, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il Capo I del provvedimento contiene misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale:

    l'incremento dei prezzi dell'energia unitamente al forte rialzo dell'inflazione, ai tassi di interesse, sta colpendo le famiglie riducendo il relativo potere di acquisto e rendendo sempre più difficile arrivare «a fine mese»;

    espressione di tale sofferenza è il crescente disagio abitativo;

    secondo gli ultimi dati pubblicati dal Ministero dell'interno, a seguito della cessazione della moratoria disposta durante l'emergenza sanitaria, nel 2021 è avanzata la crescita degli sfratti per morosità;

    nel solo 2021 ci sono state 8.163 nuove sentenze di sfratto (quasi il 20 per cento in più rispetto al 2020), di cui 32.083 per morosità (circa l'85 per cento del totale), 33.208 richieste di esecuzione forzata (-45,39 per cento) e 9.537 sfratti eseguiti con la forza pubblica (+ 80,97 per cento);

    il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale, con le città del sud che presentano la maggiore crescita percentuale del numero di richieste di esecuzione forzata e di sfratti eseguiti: Napoli (+197,94 per cento e -58,77 per cento); Bari (+128 per cento e +100 per cento); Potenza (+233,33 per cento e -383,33 per cento); Catanzaro (+110 per cento e -216,67 per cento);

    il rincaro dei prezzi alimentari ed energetici, unitamente all'aumento dei tassi di interesse e le difficoltà di accesso al credito, rischiano di aggravare ulteriormente l'emergenza abitativa;

   ritenuto che:

    il provvedimento non contiene misure di contrasto al disagio abitativo;

    nell'ultima legge di bilancio non sono stati rifinanziati per l'anno 2023 i fondi per l'accesso alle locazioni e il contrasto delle morosità incolpevoli;

    è necessario intervenire con urgenza per sostenere le famiglie economicamente più deboli,

impegna il Governo

quale ulteriore misura volta a recare sostegno alle famiglie e in linea con gli obiettivi di contenimento dell'inflazione e di conservazione di cui al provvedimento in esame, ad assumere con urgenza ulteriori iniziative al fine di contrastare il disagio abitativo e tutelare il diritto all'abitazione, come riconosciuto dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, a partire dal rifinanziamento dei fondi per l'accesso alle locazioni e il contrasto delle morosità incolpevoli.
9/1060-AR/50. Baldino, D'Orso, Morfino, Cherchi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento de quo si pone in parziale continuità con i precedenti decreti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, senza tuttavia introdurre azioni strutturali capaci di stabilizzare nel lungo periodo i costi e il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto quelle a basso reddito;

    gli interventi posti in essere mostrano tutta la loro inadeguatezza a fronte della continua situazione di difficoltà ed emergenza in cui versa il territorio del nostro Paese a causa dei continui e sempre più ravvicinati eventi catastrofici che, di fatto, spesso vanificano per i cittadini e le imprese l'impatto positivo degli aiuti stanziati;

    l'evento calamitoso, abbattutosi in questi giorni con incredibile violenza sul territorio della regione Emilia Romagna e delle regioni limitrofe, interessando, a distanza di pochi mesi dall'ultima alluvione, anche le province di Pesaro e di Ancona, ha causato cinque morti, numerosi feriti, oltre 5 mila persone evacuate, danni ingenti alle abitazioni e alle infrastrutture pubbliche e private, e 50 mila utenti senza energia elettrica; bilancio che, purtroppo, potrebbe ancora aggravarsi;

    le forti piogge hanno provocato l'esondazione di 14 fiumi in Emilia-Romagna, 19 corsi d'acqua che hanno superato il livello 3 (allarme) della soglia idrometrica in alcune stazioni di rilevamento, e allagamenti diffusi in 23 comuni. Secondo la Protezione civile resta altissima anche l'attenzione sul versante idrogeologico dell'Appennino forlivese-cesenate, bolognese e ravennate, con oltre 250 situazioni di dissesto in atto;

    moltissime strade sono interrotte ed è stato necessario chiudere al traffico alcuni tratti dell'autostrada A14 dove l'acqua ha raggiunto il piano viabile;

    tale evento si somma agli oltre 1300 eventi alluvionali estremi già registrati in Italia dal 2010 al 2022 (più di 130 solo nel 2022), con impatti rilevanti in più di 700 comuni;

    secondo il Rapporto ISPRA del 2021. oltre 2.4 milioni di persone vivono in case ad alto rischio di inondazioni. Sommando le zone «a media pericolosità idraulica», la popolazione esposta alle alluvioni sale a 6.8 milioni di persone. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli ubicati in aree inondabili nello scenario medio sono oltre 1,5 milioni (10,7 per cento);

    come noto, a determinare tale situazione contribuiscono molti fattori, tra i quali, principalmente, il mutato regime delle piogge e del clima, l'eccessiva urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, la riduzione del terreno agricolo;

    nonostante il ripetersi di eventi estremi, il rischio idrogeologico continua a non essere affrontato e gestito in modo adeguato, anche nelle aree in cui eventi analoghi si sono già verificati di recente;

    è ormai improcrastinabile un adeguato impegno finanziario del Governo al fine di accelerare l'attuazione degli investimenti per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico, compresi quelli finanziabili nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    a tal fine occorre un piano nazionale aggiornato di adattamento alla crisi climatica, nonché individuare idonee politiche territoriali di prevenzione del rischio idrogeologico, promuovere campagne di informazione per evitare comportamenti che possano mettere a repentaglio la vita delle persone, e riavviare quanto prima l'iter per l'approvazione di una legge contro il consumo di suolo:

    si assiste invece ad una riduzione degli stanziamenti per il dissesto idrogeologico che, rispetto agli importi previsti nelle precedenti leggi di bilancio (pari a circa 780 milioni di euro per il 2023), si riduce a circa 670 milioni nel 2024 e a 430 milioni nel 2025,

impegna il Governo:

   quale ulteriori iniziative volte a recare sostegno alle famiglie e alle imprese:

   a prevedere, nel primo provvedimento utile, congrue misure finanziarie a supporto dei cittadini e delle imprese che hanno subito danni materiali ed economici nei territori colpiti dagli eventi alluvionali in corso, al fine di consentire il ripristino urgente della regolare situazione di vivibilità dei luoghi, dei trasporti e delle infrastrutture, nonché una ripresa rapida delle attività produttive, anche in considerazione della fragilità del contesto territoriale e della vocazione turistica di alcuni luoghi;

   ad assumere tempestive iniziative per sospendere i termini di pagamento delle fatture emesse o da emettere di energia elettrica e gas naturale per le popolazioni dei Comuni che hanno subito danni riconducibili ai suddetti eventi alluvionali, prevedendo che il pagamento dei citati adempimenti, dopo la sospensione dei termini, sia effettuato con rateizzazioni e senza applicazione di sanzioni e interessi, nonché ad introdurre agevolazioni di natura tariffaria analogamente a quanto già fatto in occasione di precedenti eventi calamitosi.
9/1060-AR/51. Ascari, Cafiero De Raho, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 23 introduce, nell'ambito delle procedure agevolate di regolarizzazione fiscale previste dalla legge di bilancio 2023. una causa di non punibilità per taluni reati tributari qualora le violazioni sottese a tali reati siano state definite e vi sta stato l'integrale pagamento delle somme dovute prima della pronuncia della sentenza di appello;

    l'articolo 23, comma 1, prevede che non siano punibili i contribuenti che si avvalgano delle procedure di definizione agevolata introdotte dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) per regolarizzare la propria posizione contributiva;

    si tratta di contribuenti per i quali sono in corso procedimenti penali per l'accertamento di alcuni reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000 (recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto);

    la causa di non punibilità è applicabile ai seguenti reati: omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis), omesso versamento di IVA (articolo 10-ter), indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater comma 1);

    la causa di non punibilità così come delineata dall'art. 23 del decreto-legge n. 34 del 2023 non appare idonea a contemperare l'esigenza di massimizzazione della riscossione del tributo con quella di salvaguardia delle istanze general-preventive, considerando che il costo dell'evasione si attesta stabilmente su valori superiori ai 10 miliardi euro annui e che, per gran parte, non corrisponde affatto alla fenomenologia della pretesa «evasione di necessità»;

    la previsione di un termine molto ampio entro il quale poter aderire alla tregua fiscale per accedere alla non punibilità, ovvero la pronuncia di appello, determinerebbe il rischio di dispersione dell'attività processuale (che sarebbe protratta anche dopo la celebrazione del giudizio di primo grado e l'intervenuta – eventuale – pronuncia di una sentenza di condanna, per altro, ampiamente dopo il termine ultimo per l'accesso ai riti alternativi della messa alla prova, del patteggiamento o del giudizio abbreviato), oltre a vanificare le risorse già spese per svolgere indagini e celebrare processi penali, favorendo strategie opportunistiche dell'imputato, con rilevanti limitazioni delle future prospettive di adempimento tempestivo e spontaneo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di intervenire normativamente con il primo provvedimento utile allo scopo di limitare l'arco temporale concesso all'imputato per valutare se accedere alla causa di non punibilità, anticipandolo alla dichiarazione di apertura del dibattimento.
9/1060-AR/52. Giuliano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 23 introduce, nell'ambito delle procedure agevolate di regolarizzazione fiscale previste dalla legge di bilancio 2023, una causa di non punibilità per taluni reati tributari qualora le violazioni sottese a tali reati siano state definite e vi sia stato l'integrale pagamento delle somme dovute prima della pronuncia della sentenza di appello;

    l'articolo 23, comma 1, prevede che non siano punibili i contribuenti che si avvalgano delle procedure di definizione agevolata introdotte dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) per regolarizzare la propria posizione contributiva;

    si tratta di contribuenti per i quali sono in corso procedimenti penali per l'accertamento di alcuni reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000 (recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto);

    la causa di non punibilità è applicabile ai seguenti reati: omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis), omesso versamento di IVA (articolo 10-ter), indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater comma 1 );

    la causa di non punibilità così come delineata dall'articolo 23 del decreto-legge n. 34 del 2023 non appare idonea a contemperare l'esigenza di massimizzazione della riscossione del tributo con quella di salvaguardia delle istanze general-preventive, considerando che il costo dell'evasione si attesta stabilmente su valori superiori ai 10 miliardi euro annui e che, per gran parte, non corrisponde affatto alla fenomenologia della pretesa «evasione di necessità»;

    l'articolo 23 del decreto-legge n. 34 del 2023 non contempla in maniera esplicita la sospensione della prescrizione sostanziale, né della improcedibilità per superamento dei termini di fase ex articolo 344-bis del codice di procedura penale, in caso di sospensione del processo di merito, a differenza di quanto previsto dall'articolo 13 comma 3 del decreto legislativo n. 74 del 2000;

    ciò può generare problemi connessi al carattere strumentale dell'accesso a soluzioni di dilazione e rateizzazione, con effetti estintivi anche sulle confische dichiarate in primo grado,

impegna il Governo

ad intervenire normativamente con il primo provvedimento utile al fine di esplicitare l'intervenuta sospensione della prescrizione in caso di sospensione del processo.
9/1060-AR/53. Cafiero De Raho, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 23 introduce, nell'ambito delle procedure agevolate di regolarizzazione fiscale previste dalla legge di bilancio 2023, una causa di non punibilità per taluni reati tributari qualora le violazioni sottese a tali reati siano state definite e vi sia stato l'integrale pagamento delle somme dovute prima della pronuncia della sentenza di appello;

    l'articolo 23, comma 1, prevede che non siano punibili i contribuenti che si avvalgano delle procedure di definizione agevolata introdotte dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) per regolarizzare la propria posizione contributiva;

    si tratta di contribuenti per i quali sono in corso procedimenti penali per l'accertamento di alcuni reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000 (recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto);

    la causa di non punibilità è applicabile ai seguenti reati: omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis), omesso versamento di IVA (articolo 10-ter), indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater comma 1);

    la causa di non punibilità così come delineata dall'articolo 23 del decreto-legge n. 34 del 2023 non appare idonea a contemperare l'esigenza di massimizzazione della riscossione del tributo con quella di salvaguardia delle istanze general-preventive, considerando che il costo dell'evasione si attesta stabilmente su valori superiori ai 10 miliardi euro annui e che, per gran parte, non corrisponde affatto alla fenomenologia della pretesa «evasione di necessità»;

    la distinzione tra crediti non spettanti e quelli inesistenti non è del tutto limpida, al netto degli interventi chiarificatori della giurisprudenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di intervenire normativamente con il primo provvedimento utile allo scopo di eliminare il reato di indebita compensazione ex articolo 10-quater decreto legislativo 74/2000 da quelli per i quali l'articolo 23 del decreto in conversione consente l'applicazione della causa di non punibilità.
9/1060-AR/54. D'Orso, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 23 introduce, nell'ambito delle procedure agevolate di regolarizzazione fiscale previste dalla legge di bilancio 2023. una causa di non punibilità per taluni reati tributari qualora le violazioni sottese a tali reati siano state definite e vi sia stato l'integrale pagamento delle somme dovute prima della pronuncia della sentenza di appello;

    l'articolo 23, comma 1, prevede che non siano punibili i contribuenti che si avvalgano delle procedure di definizione agevolata introdotte dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) per regolarizzare la propria posizione contributiva:

    si tratta di contribuenti per i quali sono in corso procedimenti penali per l'accertamento di alcuni reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000 (recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto);

    la causa di non punibilità è applicabile ai seguenti reati: omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis), omesso versamento di IVA (articolo 10-ter), indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater comma 1);

    la causa di non punibilità così come delineata dall'art. 23 del decreto-legge n. 34 del 2023 non appare idonea a contemperare l'esigenza di massimizzazione della riscossione del tributo con quella di salvaguardia delle istanze general-preventive, considerando che il costo dell'evasione si attesta stabilmente su valori superiori ai 10 miliardi euro annui e che, per gran pane, non corrisponde affatto alla fenomenologia della pretesa «evasione di necessità»;

    il trattamento di maggior favore che deriva dall'applicazione dell'articolo 23 del decreto in conversione dovrebbe essere ancorato all'adempimento per intero del dovuto, pertanto in un'unica soluzione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di intervenire normativamente con il primo provvedimento utile allo scopo di escludere l'applicazione della causa di non punibilità in caso di pagamento rateale del debito.
9/1060-AR/55. Alifano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto l'articolo aggiuntivo 15-ter recante disposizioni in materia di accesso ai concorsi pubblici per dirigente medico odontoiatra e alle funzioni di specialista odontoiatra ambulatoriale del Servizio sanitario nazionale nonché di attività di medicina estetica;

    ai commi da 1 a 3 del predetto articolo aggiuntivo dispongono, per i laureati in odontoiatria e protesi dentaria e per i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio della professione di odontoiatra, l'abolizione del requisito della specializzazione ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici per dirigente medico odontoiatra e ai fini dell'accesso alle funzioni di specialista odontoiatra ambulatoriale del Servizio sanitario nazionale e stabiliscono quindi che il requisito della specializzazione non è richiesto per l'accesso alle funzioni di specialista odontoiatra ambulatoriale del Servizio sanitario nazionale;

    il successivo comma 4, invece, in totale disarmonia e disomogeneità con i precedenti commi e con l'articolo nel suo complesso, consente agli odontoiatri di esercitare le attività di medicina estetica non invasiva o mininvasiva al terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore del viso;

    il Collegio delle Società Scientifiche Italiane di Medicina Estetica – composto da Agorà, SIES e SIME – ha portato all'attenzione delle istituzioni la problematica connessa alla disposizione succitata che, a quanto risulta, è stata inserita anche nel disegno di legge cd. «Semplificazioni», evidenziando che la predetta estensione di una facoltà ad oggi riservata ai soli medici «è priva di un vero razionale tecnico», e rappresenta dunque un «provvedimento politico che appare come una concessione alla categoria degli odontoiatri che si troverebbero legittimati a svolgere attività completamente al di fuori della loro area anatomica di competenza»;

    tale attività, si legge in una nota, «vede purtroppo il ripetersi di questo tentativo come avvenuto a dicembre 2020, 2021 e 2022, quando il Collegio è intervenuto con l'adesione delle altre società scientifiche del settore riuscendo a portare una adeguata informazione alle istituzioni, elemento che ha senza meno concorso alla mancata approvazione degli emendamenti proposti»;

    il Presidente di Agorà Società Scientifica Italiana di Medicina ad indirizzo Estetico ha rappresentato come sia «doveroso allertare le istituzioni a tutela della salute pubblica dei pazienti e del rispetto delle differenti competenze cliniche del Medico Chirurgo rispetto ai laureato in Odontoiatria privo di una formazione adeguata al di fuori delle proprie aree di competenza, segnalando altresì le ulteriori importanti criticità tecnico-legali che l'approvazione dell'emendamento potrebbe comportare. Non di meno però, da anni il Collegio di Medicina Estetica lavora per una reale e idonea sinergia fra Medicina Estetica ed Odontoiatria. Una sinergia che in realtà è ben rodata e consolidata tra i professionisti che rispettano il proprio ambito di competenza: il Medico Estetico effettua prestazioni e trattamenti di Medicina Estetica mentre l'Odontoiatra quelle di cura e riabilitazione odontoiatrica ottenendo così il miglior risultato, anche in termini di sicurezza per i pazienti»;

    Consiglio Superiore di Sanità, nel 2019, ribadendo quanto già espresso nel 2014, ha espresso «parere favorevole sulla liceità delle terapie con finalità estetica da parte dell'odontoiatra solo dove queste siano destinate, ai sensi della legge 24 luglio 1985 n. 409, alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti – dove per “relativi tessuti” si intendono le zone perilabiali e dei mascellari inferiore e superiore, fino all'area sottozigomatica – e solo ove contemplate in un protocollo di cura odontoiatrica ampio e completo proposto al paziente, tale da rendere la cura estetica correlata, e non esclusiva, all'intero iter terapeutico odontoiatrico proposto al paziente»;

    inoltre, nel predetto parere, è stato sottolineato che «le terapie attuate non potranno, tuttavia, essere eseguite con l'impiego di dispositivi medici e farmaci immessi in commercio per finalità terapeutiche diverse dalla cura di zone anatomiche che sfuggono alle previsioni dell'articolo 2 della legge 409 del 1985» e che «la professione di odontoiatra è professione specifica distinta da quella di medico, specializzato o no in odontostomatologia e che la professione di odontoiatra si basa sulla formazione odontoiatrica differente dalla formazione prevista per il laureato in medicina e chirurgia»;

   considerato che:

    qualsiasi ampliamento di competenza in capo ad una professione sanitaria richiede solide evidenze scientifiche e razionali tecnici adeguati e deve discendere dal corpus definito dal percorso formativo e dal profilo professionale specifico;

    la tutela della salute per le persone che usufruiscono delle prestazioni sanitarie discende necessariamente dal predetto corpus che, ove carente, espone i cittadini a pericolosi rischi di salute e i professionisti stessi a gravi conseguenze di natura medico-legale,

impegna il Governo:

  a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di:

   rivedere, con estrema urgenza, la disposizione che consente agli odontoiatri di effettuare interventi di medicina estetica, sopprimendo l'estensione di competenze poiché non supportata da alcuna ratio tecnica o evidenza scientifica;

   ripristinare senza alcun indugio la tutela della salute per tutti i cittadini.
9/1060-AR/56. Gubitosa, Marianna Ricciardi, Quartini, Sportiello, Di Lauro, Morfino, Sergio Costa, Malavasi, Auriemma.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 del provvedimento in esame istituisce un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023 le cui risorse sono assegnate in quota parte alle regioni in proporzione agli importi complessivamente spettanti alle medesime regioni e province autonome per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sulla base della certificazione del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale effettuata con decreto ministeriale 6 luglio 2022 che ha individuato la quota complessiva di ripiano posta a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici;

    il decreto ministeriale 6 luglio 2022 ha certificato il superamento dei tetti di spesa per gli anni 2015. 2016, 2017 e 2018, ponendo a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici un onere complessivo pari a circa 2.086 milioni di euro. Successivamente, ciascuna regione e provincia autonoma ha emanato il provvedimento diretto a ripartire l'onere complessivo tra le singole aziende fornitrici di dispositivi medici, le quali avrebbero dovuto versare gli importi dovuti in favore delle regioni entro il 14 gennaio 2023, termine poi prorogato dal decreto-legge n. 4 del 2023 al 30 aprile 2023;

    le aziende di dispositivi medici che non hanno attivato alcun contenzioso o che vi rinunciano sono tenute a versare l'importo a titolo di ripiano residuale (pari al 48 per cento della quota originariamente prevista) entro il 30 giugno 2023: per le aziende che non rinunciano al contenzioso attivato, resta fermo l'obbligo del versamento della quota integrale;

    in sostanza con questa disposizione il Governo si fa carico della quota che le aziende produttrici di dispositivi medici, a norma di legge (norma inserita già dal 2015 ma rinviata nella sua applicazione), avrebbero dovuto restituire alle regioni per il superamento del tetto (pari al 4,4 per cento) sulla spesa per i dispositivi medici;

    la disposizione all'esame avvantaggia indistintamente tutte le aziende produttrici di dispositivi medici: dalle mi ero, piccole e medie imprese fino alle multinazionali;

    sulla base della Raccomandazione UH, le microimprese sono definite come imprese con meno di 10 occupati e che realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro; le piccole imprese sono definite come imprese con meno di 50 occupati e che realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro;

    le medie imprese sono definite come imprese con meno di 250 occupati e che realizzano un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;

    da un esame condotto sulla regione con lo sforamento del Letto di spesa più elevato, la Toscana, con un payback pari a e 394.735.841,27, (vedi decreto regionale 24681 del 14/12/2022 con il quale è stato approvato l'elenco delle aziende fornitrici di dispositivi medici e la quantificazione degli importi dovuti (cosiddetto «Payback») per gli anni 2015, 2016, 2017), è emerso che il payback per gli anni 2015-2018 è relativo per il 35,82 per cento alle prime 10 aziende su circa 1350 aziende; le prime 10 aziende corrispondono allo 0,74 per cento di tutte le imprese di dispositivi medici che hanno venduto alla Toscana dal 2015 al 2018 e sono per la maggior parte multinazionali con sede all'estero; il 58,35 per cento del payback da restituire per il 201 5-18 appartiene alle prime 30 aziende su circa 1350 che corrispondono al 2.22 per cento delle imprese fornitrici della toscana: il 68.86 per cento del payback, pari a 271.814.248,00 e da restituire per il 2015-18, appartiene alle prime 50 aziende su circa 1350 che corrispondono al 3,70 per cento delle imprese fornitrici della Toscana,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare le iniziative, anche legislative, necessarie a ripensare il sistema del payback affinché le micro e piccole imprese siano esonerate dalla compartecipazione allo sforamento dei tetti di spesa per i dispositivi medici e affinché le medie imprese non siano penalizzate alla stessa stregua delle multinazionali di dispositivi medici.
9/1060-AR/57. Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino, Iaria.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 10 del provvedimento all'esame, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario, consente alle aziende del SSN di affidare a terzi i servizi medici ed infermieristici solo in caso di necessità e urgenza, in un'unica occasione e senza possibilità di proroga, a seguito della verificata impossibilità di ricorrere a personale già in servizio o a personale assumibile per concorso o in quanto idoneo in graduatorie concorsuali in vigore;

    i predetti servizi possono essere affidati esclusivamente nei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri, per un periodo non superiore a dodici mesi, ad operatori economici che si avvalgono di personale medico ed infermieristico in possesso dei requisiti di professionalità contemplati e che dimostrano il rispetto delle disposizioni in materia d'orario di lavoro;

    si demanda quindi ad un successivo decreto, sentita l'Anac, l'elaborazione di linee guida recanti le specifiche tecniche, i prezzi di riferimento e gli standard di qualità dei servizi medici ed infermieristici degli affidamenti e si obbliga la stazione appaltante a esplicitare l'osservanza delle predette condizioni requisiti precisando che l'inosservanza è valutata anche ai fini della responsabilità dirigenziale per danno erariale;

    la disposizione in esame, quantunque sembrerebbe voler circoscrivere il fenomeno dei cosiddetti «medici a gettone», di fatto finisce per legittimarlo; tale fenomeno consiste nel reclutare medici liberi professionisti o altri sanitari, a chiamata, tramite società private o cooperative, per coprire turni e servizi scoperti; il fenomeno dei cosiddetti «medici a gettone», era iniziato già qualche anno prima della pandemia, ma con l'emergenza sanitaria è diventato sempre più diffuso e riguarda soprattutto i medici d'urgenza che operano nei pronto soccorso, ma anche i pediatri, i ginecologi e gli anestesisti-,

impegna il Governo:

  a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a:

   vietare l'impiego di sanitari a chiamata e consentire piuttosto le procedure straordinarie di reclutamento del personale delle professioni sanitarie e degli operatori socio-sanitari, già impiegate per tamponare l'emergenza Covid, disponendo l'obbligo per le strutture sanitarie di indire contestuali procedure concorsuali a tempo determinato e indeterminato (a seconda della tipologia di carenza), così da far fronte allo stato di grave carenza di organico del personale sanitario nei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri e a garantire i livelli essenziali di assistenza;

   disciplinare il divieto di affidare a terzi i servizi professionali (medici a gettone) per tutte le professioni sanitarie, disponendo anche l'annullamento delle procedure d'appalto per le quali non sia stata deliberata l'aggiudicazione provvisoria e le proroghe degli appalti già conclusi.
9/1060-AR/58. Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Quartini, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12 al fine di ovviare alla carenza di personale sanitario nei servizi dell'emergenza- urgenza, consente, fino al 31 dicembre 2025, al personale medico senza specializzazione di partecipare ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza;

    il requisito richiesto è l'aver maturato tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023, presso i servizi di emergenza-urgenza del SSN, almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con contratti di convenzione o altre forme di lavoro flessibile, ovvero abbia svolto un documentato numero di ore di attività, equivalente ad almeno tre anni di servizio del personale medico del SSN a tempo pieno, anche non continuative, presso i predetti servizi;

    l'attività di emergenza territoriale (118) è in gran parte svolto da medici convenzionati di medicina generale, che, soprattutto in questa fase di grave pandemia, ed anche a seguito della decurtazione dello stipendio della indennità regionale, tali medici stanno abbandonando il servizio per transitare in altri meglio remunerati e meno rischiosi;

    al fine di migliorare il servizio e garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del sistema di emergenza-urgenza extraospedaliera sarebbe auspicabile 1'inquadramento nel ruolo sanitario dei medici convenzionati di Emergenza Territoriale, al fine di scongiurare il rischio che transitino in altri servizi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad autorizzare le strutture sanitarie a bandire procedure concorsuali straordinarie finalizzate ad inquadrare nel ruolo della dirigenza medica i medici convenzionati dell'Emergenza Territoriale che abbiano maturato, anche in forma non continuativa, almeno 5 anni di anzianità di servizio, così da assicurare continuità operativa delle unità mediche, migliorare il servizio e garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del sistema di emergenza- urgenza extraospedaliera.
9/1060-AR/59. Di Lauro, Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    nel corso dell'esame in sede referente era stato introdotto l'articolo aggiuntivo 16-ter recante disposizioni in materia di ricerca sanitaria di IRCCS pubblici e IZS: l'articolo prevede che gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), dal 1° luglio 2023 e al 31 dicembre 2025, assumano a tempo indeterminato personale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria, già reclutato a tempo determinato con le procedure introdotte dalla legge di bilancio 2018;

    il predetto personale, per conseguire la stabilizzazione, deve aver maturato al 30 giugno 2023 alle dipendenze di un ente del SSN almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni, a seguito di procedura selettiva pubblica;

    la disposizione inoltre prevedeva, per gli anni dal 2023 al 2025, che l'assunzione a tempo indeterminato avvenisse in deroga ai limiti di spesa consentiti per il personale degli enti del SSN e dagli altri vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di personale;

    per la predetta stabilizzazione veniva quindi istituito un Fondo utilizzando gli stanziamenti già previsti dalla legge di bilancio 2018, da ripartire con apposito decreto;

   considerato che:

    il Governo ha richiesto successivamente la soppressione della predetta disposizione in quanto come rilevato dalla Ragioneria Generale dello Stato la disposizione era carente di copertura;

    sarebbe stato auspicabile invece che il Governo avesse trovato le coperture adeguate, com'è nelle sue facoltà e disponibilità;

    è inaccettabile che i precari della ricerca da oltre 13 anni, debbano essere gli unici a non essere stabilizzati;

    la ricerca sanitaria rappresenta il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale e della salute degli individui-,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative dello stesso tenore dell'emendamento sui ricercatori descritto in premessa, al fine di introdurle nel provvedimento ad esse consono, anche individuandolo tra quelli in corso di esame parlamentare e con la necessaria sollecitudine.
9/1060-AR/60. Sportiello, Marianna Ricciardi, Quartini, Di Lauro, Morfino.


   La Camera

impegna il Governo

a prevedere le misure economiche e normative volte alla stabilizzazione delle centinaia di lavoratori e lavoratrici precari impiegati negli IRCSS e negli IZS, d'intesa con le regioni nei prossimi strumenti normativi utili.
9/1060-AR/60. (Testo modificato nel corso della seduta)Sportiello, Marianna Ricciardi, Quartini, Di Lauro, Morfino, Cappellacci, Patriarca, Benigni, Zanella, Grimaldi, Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame interviene su diverse questioni inerenti alla salute;

    il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, dispone che il Ministero della salute, previa istruttoria dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) da concludere entro il 30 dicembre 2021, effettui una ricognizione delle attività svolte dalle singole regioni e province autonome ed elabori un programma triennale per l'attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, al fine di assicurare, entro il 31 dicembre 2025, l'uniforme erogazione dei livelli di assistenza in riferimento alle cure palliative;

    l'attuazione del predetto programma triennale da parte delle regioni e delle province autonome costituisce adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale;

    le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, invece, presentano periodicamente una relazione sullo stato di attuazione del citato programma triennale al Comitato permanente per l'erogazione dei predetti livelli essenziali di assistenza;

    successivamente, la legge di bilancio 2023 ha previsto che siano le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano a presentare, entro il 30 gennaio di ciascun anno, un piano di potenziamento delle cure palliative al fine di raggiungere, entro l'anno 2028, il 90 per cento della popolazione interessata, affidando il monitoraggio dell'attuazione all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che lo realizza a cadenza semestrale;

    in sintesi, com'è evidente dalle norme sopra richiamate, si è determinato un conflitto tra due norme per cui emerge una divergenza rispetto i soggetti attuatori dei piani di potenziamento delle stesse reti che era stato approvato nella precedente legislatura: la legge di bilancio 2023 prevede infatti che i piani di attuazione delle Reti di cure palliative siano elaborati dalle regioni e monitorati da Agenas mentre la legge n. 106 del 2021 (decreto sostegni bis) aveva attribuito tale funzione al Ministero affidando il monitoraggio al comitato LEA;

    peraltro, nella norma inserita nella legge di bilancio 2023 non vi è riferimento all'applicazione della procedura per l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato, quale aspetto fondamentale ed innovativo per dare reale impulso alle reti di cure palliative;

    il predetto conflitto tra norme, sta di fatto bloccando le procedure e le regioni non riescono a procedere nel consolidamento delle Reti di cure palliative,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a risolvere quanto prima il conflitto interpretativo, al fine di consentire l'avvio delle procedure necessarie per la costituzione e il potenziamento delle reti delle cure palliative.
9/1060-AR/61. Caramiello, Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9-ter, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, nell'ottica di razionalizzazione della spesa pubblica, ha imposto alle aziende fornitrici di dispositivi medici alle strutture sanitarie pubbliche di concorrere al ripianamento dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale per gli acquisti di dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018;

    successivamente, l'articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto decreto «Aiuti-bis»), convertito con modificazioni dalla legge n. 142 del 2022, ha introdotto all'interno del citato articolo un nuovo 9-bis, prevedendo una deroga «alle disposizioni di cui all'ultimo periodo del comma 9 e limitatamente al ripiano dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 dichiarato con il decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 8» assegnando, al contempo, alle regioni e alle province autonome il compito di definire «con proprio provvedimento, da adottare entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto ministeriale, l'elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano per ciascun anno, previa verifica della documentazione contabile anche per il tramite degli enti del servizio sanitario regionale»;

    in altri termini, per mezzo del meccanismo appena descritto, cosiddetto anche «payback sanitario» il legislatore ha previsto una forma di controllo della spesa pubblica sanitaria per i dispositivi medici imponendo la compartecipazione da parte delle imprese produttrici al ripiano del superamento dei limiti di spesa delle strutture sanitarie;

    in ragione dell'incombenza del termine scadenzale entro cui le aziende fornitrici avrebbero dovuto assolvere ai propri adempimenti in ordine ai versamenti in favore delle singole regioni e province autonome, il governo ha introdotto l'articolo 4, comma 8-bis del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (cosiddetto milleproroghe) con il quale è stata disposta una breve proroga con nuova scadenza fissata al 30 aprile 2023;

    spirato tale termine, numerose aziende fornitrici, a fronte di un onere economico ingente, insostenibile e ritenuto ingiusto, si sono trovate costrette a ricorrere alle vie legali innanzi agli organi giudiziari competenti;

    a fondamento della pretesa giudiziaria, si è sostenuta l'illegittimità sostanziale del sistema posto a fondamento del cosiddetto payback sanitario. Segnatamente, i dispositivi medici, a differenza dei farmaci, sono soggetti a una gara a evidenza pubblica per l'espletamento della quale viene fissata dalla committente una base d'asta, ossia un tetto di spesa stabilito ex ante. Vieppiù, per effetto di tale sistema, lo sfioramento dei tetti di bilancio, già assoggettato al vaglio amministrativo-contabile della Corte dei conti, produce l'effetto di generare un'ulteriore e ultronea responsabilità in capo ad operatori economici privati, estranei alle determine poste a fondamento delle spese pubbliche;

    consapevole del rischio gravante sull'Erario in virtù dei ricorsi pendenti, il decreto-legge in esame ha introdotto alcune disposizioni volte ad attenuare le criticità connesse al payback sanitario;

    la novella, tramite l'istituzione di un fondo da ripartire tra regioni e province autonome, introduce un contributo statale per mezzo del quale viene dimezzata la somma dovuta dalle aziende fornitrici a titolo di ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a condizione che le stesse imprese non abbiano attivato un contenzioso legale o che rinuncino allo stesso;

   considerato che:

    nonostante il regime di favor introdotto dal legislatore, le suesposte criticità sono destinate a rimanere irrisolte. Decine di micro e piccole imprese, infatti, entro il 30 giugno 2023 dovranno far fronte a un ingente onere finanziario, esponendosi al rischio di fallimento;

    inoltre, la norma si rivelerebbe inidonea a perseguire l'obiettivo di ridurre l'impatto del contenzioso giudiziario pendente con il rischio per l'erario di dover far fronte a una spesa non indifferente in caso di soccombenza in giudizio,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di abrogare definitivamente il meccanismo del cosiddetto payback sanitario previsto dal decreto-legge n. 78 del 2015 destinato, così come congegnato, a fare ricadere sulle imprese il costo delle inefficienze della pubblica amministrazione, ovvero, in via subordinata, di esonerare dal pagamento tutte le micro e piccole imprese;

   a istituire un tavolo di concertazione destinato a valutare l'impegno delle aziende fornitrici a versare alle regioni una percentuale sul fatturato dei dispositivi medici forniti a partire dalle gare che verranno esperite dal 2024 o da altra data compatibile con le reciproche esigenze finanziarie.
9/1060-AR/62. Pavanelli, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 del provvedimento in esame istituisce un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023 le cui risorse sono assegnate in quota parte alle regioni in proporzione agli importi complessivamente spettanti alle medesime regioni e province autonome per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sulla base della certificazione del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale effettuata con decreto ministeriale 6 luglio 2022 che ha individuato la quota complessiva di ripiano posta a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici;

    le aziende di dispositivi medici che non hanno attivato alcun contenzioso o che vi rinunciano sono tenute a versare l'importo a titolo di ripiano residuale (pari al 48 per cento della quota originariamente prevista) entro il 30 giugno 2023; per le aziende che non rinunciano al contenzioso attivato, resta fermo l'obbligo del versamento della quota integrale;

    in sostanza con questa disposizione il Governo si fa carico della quota che le aziende produttrici di dispositivi medici, a norma di legge (norma inserita già dal 2015 ma rinviata nella sua applicazione), avrebbero dovuto restituire alle regioni per il superamento del tetto (pari al 4,4 per cento) sulla spesa per i dispositivi medici;

    la disposizione all'esame avvantaggia indistintamente tutte le aziende produttrici di dispositivi medici: dalle micro, piccole e medie imprese fino alle multinazionali;

    per multinazionali si intendono quelle società ed enti di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro annui e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 10 milioni di euro annui avvalendosi del supporto dei soggetti di cui alla lettera a) del medesimo comma 1 dell'articolo 73 o di stabili organizzazioni in Italia di società di cui alla citata lettera d), appartenenti al medesimo gruppo societario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di individuare le più opportune misure affinché le società o enti riconducibili alle multinazionali indicate in premessa, siano tenute e versare la quota determinata dai provvedimenti regionali e provinciali di cui all'articolo 9-ter, comma 9-bis, quarto periodo, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, nella misura dell'importo integrale indicato nei predetti provvedimenti regionali e provinciali.
9/1060-AR/63. Orrico, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 del provvedimento in esame istituisce un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023 le cui risorse sono assegnate in quota parte alle regioni in proporzione agli importi complessivamente spettanti alle medesime regioni e province autonome per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sulla base della certificazione del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale effettuata con decreto ministeriale 6 luglio 2022 che ha individuato la quota complessiva di ripiano posta a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici;

    le aziende di dispositivi medici che non hanno attivato alcun contenzioso o che vi rinunciano sono tenute a versare l'importo a titolo di ripiano residuale (pari al 48 per cento della quota originariamente prevista) entro il 30 giugno 2023; per le aziende che non rinunciano al contenzioso attivato, resta fermo l'obbligo del versamento della quota integrale;

    in sostanza con questa disposizione il Governo si fa carico della quota che le aziende produttrici di dispositivi medici, a norma di legge (norma inserita già dal 2015 ma rinviata nella sua applicazione), avrebbero dovuto restituire alle regioni per il superamento del tetto (pari al 4,4 per cento) sulla spesa per i dispositivi medici;

    la disposizione all'esame, inoltre, ribadisce la vigenza dell'obbligo di indicare nella fattura elettronica, in modo separato, il costo del bene e il costo del servizio e il codice di repertorio, con l'onere per le regioni e le province autonome di verificarne la corretta compilazione e di relazionare in merito,

impegna il Governo

ad attivarsi, attraverso ulteriori iniziative normative, affinché, quanto meno per il futuro, siano penalizzate quelle aziende fornitrici di dispositivi medici che non abbiano adempiuto all'obbligo di indicare nella fattura elettronica riguardante i dispositivi medici, in modo separato, il costo del bene e il costo del servizio nonché il codice di repertorio di cui al decreto del Ministro della salute 21 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2010.
9/1060-AR/64. Pellegrini, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 del provvedimento in esame istituisce un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023 le cui risorse sono assegnate in quota parte alle regioni in proporzione agli importi complessivamente spettanti alle medesime regioni e province autonome per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sulla base della certificazione del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale effettuata con decreto ministeriale 6 luglio 2022 che ha individuato la quota complessiva di ripiano posta a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici;

    le aziende di dispositivi medici che non hanno attivato alcun contenzioso o che vi rinunciano sono tenute a versare l'importo a titolo di ripiano residuale (pari al 48 per cento della quota originariamente prevista) entro il 30 giugno 2023; per le aziende che non rinunciano al contenzioso attivato, resta fermo l'obbligo del versamento della quota integrale;

    in sostanza con questa disposizione il Governo si fa carico della quota che le aziende produttrici di dispositivi medici, a norma di legge (norma inserita già dal 2015 ma rinviata nella sua applicazione), avrebbero dovuto restituire alle regioni per il superamento del tetto (pari al 4,4 per cento) sulla spesa per i dispositivi medici;

    la disposizione all'esame, inoltre, ribadisce la vigenza dell'obbligo di indicare nella fattura elettronica, in modo separato, il costo del bene e il costo del servizio e il codice di repertorio, con l'onere per le regioni e le province autonome di verificarne la corretta compilazione e di relazionare in merito,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attivarsi, attraverso ulteriori iniziative normative, affinché, quanto meno per il futuro, siano penalizzate quelle aziende fornitrici di dispositivi medici che non abbiano adempiuto all'obbligo di indicare nella fattura elettronica riguardante i dispositivi medici, in modo separato, il costo del bene e il costo del servizio nonché il codice di repertorio di cui al decreto del Ministro della salute 21 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2010.
9/1060-AR/64. (Testo modificato nel corso della seduta)Pellegrini, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 8 del provvedimento in esame istituisce un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023 le cui risorse sono assegnate in quota parte alle regioni in proporzione agli importi complessivamente spettanti alle medesime regioni e province autonome per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sulla base della certificazione del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale effettuata con decreto ministeriale 6 luglio 2022 che ha individuato la quota complessiva di ripiano posta a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici;

    in sostanza con questa disposizione il Governo si fa carico della quota che le aziende produttrici di dispositivi medici, a norma di legge (norma inserita già dal 2015 ma rinviata nella sua applicazione), avrebbero dovuto restituire alle regioni per il superamento del tetto (pari al 4,4 per cento) sulla spesa per i dispositivi medici;

    la disposizione all'esame, inoltre, ribadisce talune disposizioni sulla tracciabilità, richiamando la vigenza dell'obbligo di indicare nella fattura elettronica, in modo separato, il costo del bene e il costo del servizio e il codice di repertorio, con l'onere per le regioni e le province autonome di verificarne la corretta compilazione e di relazionare in merito;

    con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, di cui alla delibera n. 958 del 7 settembre 2016, L'Anac aveva da tempo espresso la necessità di un intervento del legislatore affinché le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, fossero applicabili anche ai servizi sanitari e sociali erogati da strutture private accreditate o in regime di convenzionamento;

    le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136 hanno la finalità specifica di rendere trasparenti le operazioni finanziarie relative all'utilizzo del corrispettivo dei contratti pubblici, in modo da consentire un controllo a posteriori sui flussi finanziari provenienti dalle amministrazioni pubbliche e intercettare eventuali abusi;

    gli obblighi connessi all'istituto della tracciabilità si articolano, essenzialmente, in tre adempimenti principali in capo agli operatori economici: utilizzo di conti correnti bancari o postali dedicati alle commesse pubbliche, anche in via non esclusiva; effettuazione dei movimenti finanziari relativi alle commesse pubbliche esclusivamente mediante lo strumento del bonifico bancario o postale ovvero attraverso l'utilizzo di altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni; indicazione negli strumenti di pagamento relativi a ogni transazione del CIG e, ove obbligatorio ai sensi dell'articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, del CUP;

    le disposizioni vigenti sul payback, peraltro, escludono la spesa sostenute dalle strutture private accreditate o convenzionale i cui oneri sono posti a carico del Sistema Sanitario Nazionale,

impegna il Governo:

   ad individuare le più opportune misure affinché, ai fini del ripiano della spesa per l'acquisto di dispositivi medici:

    le regioni e le province autonome includano anche la spesa sostenuta per rimborsare le strutture private accreditate e convenzionate dei dispositivi medici erogati per conto del Sistema Sanitario Nazionale;

    le strutture sanitarie siano tenute ad adeguarsi alle medesime disposizioni già previste per le strutture sanitarie pubbliche ai fini della tracciabilità e trasparenza dei dispositivi medici e della fatturazione elettronica;

   a dare seguito all'atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, di cui alla delibera n. 958 del 7 settembre 2016, affinché le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, siano applicabili anche alle strutture private accreditate o in regime di convenzionamento.
9/1060-AR/65. Riccardo Ricciardi, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    con l'articolo 8 del provvedimento in esame, in sostanza, il Governo si fa carico della quota che le aziende produttrici di dispositivi medici, a norma di legge (norma inserita già dal 2015 ma rinviata nella sua applicazione), avrebbero dovuto restituire alle regioni per il superamento del tetto (pari al 4,4 per cento) sulla spesa per i dispositivi medici;

    la disposizione all'esame ribadisce inoltre talune disposizioni sulla tracciabilità, richiamando la vigenza dell'obbligo di indicare nella fattura elettronica, in modo separato, il costo del bene e il costo del servizio e il codice di repertorio, con l'onere per le regioni e le province autonome di verificarne la corretta compilazione e di relazionare in merito;

    indubbiamente sull'economicità della spesa sanitaria ha un ruolo predominante proprio la trasparenza della filiera produttiva di beni e servizi;

    l'articolo 1, comma 412, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), ha introdotto alcune misure concernenti l'informatizzazione dell'ordinazione e dell'esecuzione degli acquisti di beni e servizi nel Servizio sanitario nazionale e, al fine di incentivare l'efficienza e la trasparenza del sistema di approvvigionamento della pubblica amministrazione, ha disposto che l'emissione, la trasmissione, la conservazione e l'archiviazione dei documenti attestanti l'ordinazione e l'esecuzione degli acquisti di beni e servizi dovrà essere effettuata in forma elettronica;

    la citata legge di bilancio 2018 dispone inoltre che per gli enti del Servizio sanitario nazionale, ai fini del potenziamento del monitoraggio della spesa sanitaria, anche in relazione al perseguimento dell'efficienza e dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie, la trasmissione dei documenti attestanti l'ordinazione e l'esecuzione degli acquisti di beni e servizi avviene per mezzo del sistema di gestione messo a disposizione dal Ministero dell'economia e delle finanze e da questo gestito anche avvalendosi delle proprie strutture societarie,

impegna il Governo

al fine di garantire la trasparenza e l'economicità della spesa sanitaria, ad individuare le più opportune misure per implementare il Sistema di gestione previsto dalla legge di bilancio citata in premessa, al fine di consentire di rilevare in tempo reale l'intera filiera di un centro di costo, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private.
9/1060-AR/66. Scutellà, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 11 del provvedimento in esame per ovviare alla carenza di personale sanitario nei servizi dell'emergenza-urgenza consente, per l'anno 2023, alle aziende del Servizio sanitario nazionale di ricorrere, per il personale medico, alle prestazioni aggiuntive in libera professione intramoenia e di aumentarne la tariffa fino a 100 euro lordi omnicomprensivi, e per il personale infermieristico, alle prestazioni aggiuntive concordante a livello regionale e di aumentarne la tariffa fino a 50 euro lordi;

    le predette prestazioni aggiuntive mediche e infermieristiche sono finalizzate ad affrontare la carenza di personale medico e infermieristico presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri e ridurre l'utilizzo delle esternalizzazioni, e comunque possono essere impiegate nel limite di complessivi 50 milioni di euro per il personale medico e a complessivi 20 milioni di euro per il personale infermieristico;

   considerato che:

    la possibilità di ricorrere a prestazioni aggiuntive in libera professione intramoenia non dovrebbe essere impiegata per ovviare alla carenza strutturale di organico nel pronto soccorso;

    lo strumento delle prestazioni aggiuntive ad integrazione delle attività istituzionali, infatti, dovrebbe rispondere ad esigenze assolutamente momentanee ed eccezionali (come poteva essere ad esempio l'emergenza covid): la disposizione all'esame utilizza invece questo strumento eccezionale in via sistematica per un intero anno e in ragione di una carenza strutturale nell'organico (tutt'altro che momentanea), determinando il sovraccarico lavorativo sui medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale;

    la tariffa oraria proposta e la possibilità perdurante data alle regioni di ricorrere a questo strumento, fanno emergere rilevanti dubbi di economicità per le strutture del Servizio sanitario nazionale rispetto alla possibilità di assumere nuovo personale,

impegna il Governo

al fine di evitare che il personale sanitario sia sottoposto a turni massacranti che rischiano di incidere sulla qualità delle prestazioni, a circoscrivere l'impiego delle prestazioni aggiuntive di cui in premessa solo a carenze in organico che siano temporanee, per un periodo orientativamente non superiore ad una settimana, consentendo invece procedure semplificate e in deroga alle disposizioni vigenti per il tempestivo reclutamento del personale delle professioni sanitarie.
9/1060-AR/67. Barzotti, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12 consente, fino al 31 dicembre 2025, ai medici specializzandi, fermo restando il tetto di spesa per l'assunzione di personale, di esercitare la libera professione o avere rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, su base volontaria e al di fuori dall'orario dedicato alla formazione, presso i servizi di emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale e per un massimo di 8 ore settimanali;

    la predetta attività deve essere coerente con la formazione acquisita e il compenso orario, che integra la remunerazione prevista per la formazione specialistica, è pari a 40 euro lordi;

    l'attività svolta è valutabile nell'ambito nei concorsi per dirigente medico del Servizio sanitario nazionale e costituisce requisito utile per partecipare alle procedure di stabilizzazione con riserva nelle procedure concorsuali;

    per le medesime prestazioni aggiuntive i medici specializzati hanno una tariffa che, ai sensi dell'articolo II del provvedimento in esame, può arrivare anche a 100 euro, al netto degli oneri, mentre lo specializzando per la stessa prestazione avrà un compenso orario pari a 40 euro lordi comprensivi i di tutti gli oneri fiscali, previdenziali e ogni altro onere eventualmente previsto a carico dell'azienda o dell'ente che ha conferito l'incarico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa, al fine di rimuovere la differenza di trattamento retributivo dell'attività svolta in regime libero professionale tra i medici specializzati e gli specializzandi, così da evitare forme ingiuste e improprie nell'impiego di personale da assegnare allo svolgimento della medesima attività.
9/1060-AR/68. Ilaria Fontana, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Sportiello, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento de quo si limita, nella sostanza, a prorogare parte delle misure già adottate, con precedenti decreti, a sostegno di famiglie e imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, senza tuttavia introdurre azioni strutturali capaci di stabilizzare nel lungo periodo i costi e il potere d'acquisto dei predetti soggetti;

    come noto, la crisi energetica determinata dall'invasione russa dell'Ucraina ha messo il nostro Paese di fronte al problema della mancata autosufficienza energetica e dell'impennata delle quotazioni di gas che, de facto, si è tradotto in un incremento vertiginoso del prezzo dell'energia elettrica per le nostre imprese;

   considerato che:

    l'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, reca disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili e definisce gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico necessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030;

    in particolare, il citato decreto legislativo, nella prospettiva di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e al perseguimento della resilienza energetica nazionale, prevede che le regioni individuino «con legge», sulla scorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti interministeriali, le aree «idonee» all'installazione degli impianti a fonti rinnovabili, nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali. In difetto, subentrano i poteri sostitutivi dello Stato di cui all'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234;

    il decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13 (cosiddetto decreto-legge PNRR-ter) ha, successivamente, modificato l'articolo 20 del citato decreto legislativo 199 del 2021 e introdotto una disciplina transitoria-imperniata su decreti ministeriali non ancora adottati- per la quale sono considerate idonee determinate aree elencate dalle lettere a) e seguenti del comma 8 del medesimo articolo 20; disciplina applicabile solo «nelle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1»;

   considerato altresì che:

    la diffusione di impianti a fonti rinnovabili consente di limitare l'esposizione della tariffa elettrica alla volatilità dei prezzi delle commodity;

    nonostante i ripetuti interventi sulla normativa vigente per dare attuazione alla disciplina eurounitaria in materia di transizione ecologica attraverso la predisposizione di precise linee guida per le aree idonee per la costruzione di impianti FER, l'individuazione di tali superfici nel nostro Paese appare paralizzata dall'inerzia dei Ministeri competenti;

    i summenzionati decreti ministeriali avrebbero dovuto, infatti, essere emanati entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della RED 2 ma, ad oltre un anno di distanza, il Ministero dell'ambiente continua a temporeggiare e del decreto ministeriale non vi è ancora traccia, malgrado i ripetuti annunci,

impegna il Governo

ad emanare tempestivamente i decreti attuativi di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, al fine di procedere con la definizione delle aree idonee per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e, in tal modo, scongiurare ulteriori aggravi sui bilanci delle imprese, in particolare di quelle intenzionate ad effettuare ingenti investimenti in questo settore.
9/1060-AR/69. Sergio Costa, Pavanelli, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    al fine di contenere gli effetti dei rincari dei prodotti energetici, il provvedimento reca disposizioni in materia di acquisto di energia elettrica e gas al fine di sostenere la spesa in bolletta per le imprese maggiormente esposte all'aumento dei prezzi nonché introduce disposizioni fiscali per semplificare gli adempimenti a carico delle imprese;

   considerato che:

    in tema di acquisto di energia elettrica, recenti pronunce giurisprudenziali, di merito e di legittimità, hanno ribadito il diritto al rimborso delle addizionali provinciali e regionali applicate all'accisa sull'energia elettrica, negli anni abrogate dal legislatore in quanto in contrasto con la normativa comunitaria;

    la Corte di cassazione ha in più occasioni dichiarato l'incompatibilità dell'addizionale provinciale e regionale all'accisa sull'energia elettrica (Cassazione Civile 15198/2019; Cassazione Civile 27099/2019) sottolineando l'incoerenza tra il tributo addizionale e l'articolo I, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio. In particolare, la norma europea permette agli Stati membri dell'UE di applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette ma solo a condizione che le stesse abbiano «finalità specifiche» e siano rispettati vincoli particolari in relazione alla determinazione della base imponibile, del calcolo, dell'esigibilità e del controllo dell'imposta;

    nei casi di addebito delle accise in bolletta, i consumatori, per ottenere il rimborso, devono presentare la richiesta unicamente nei confronti dei fornitori di elettricità che a loro volta possono avanzare istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria ma solo successivamente a una sentenza del giudice ordinario civile che accerti l'ammontare del rimborso;

    il fornitore di energia elettrica, infatti, è obbligato a difendersi e costituirsi in giudizio ottenendo una sentenza di condanna a proprio carico passata in giudicato al fine di poter richiedere, all'Erario o alle province, il rimborso di quanto corrisposto ai consumatori;

    è di tutta evidenza che il processo civile sia particolarmente oneroso tanto per i fornitori di energia elettrica quanto per gli stessi consumatori;

    inoltre, con riferimento al contenzioso tributario, nel caso di clienti che presentano più pod, è necessario precisare che deve essere incardinato di fronte alla Corte di giustizia Tributaria della provincia competente e quindi nella provincia dove sono localizzati i pod. Ciò potrebbe comportare che, per un'unica richiesta di rimborso attuata in sede civilistica da parte di clienti multipod, si possano instaurare molteplici contenziosi in sede tributaria;

    infine si segnala che in caso di addizionale provinciale versata direttamente alle province per utenze inferiori a 200 KW, attualmente, l'Agenzia delle Dogane si sta dichiarando incompetente in quanto il tributo è stato incamerato direttamente alle province. Le province a loro volta stanno negando il diritto al rimborso per carenza di legittimazione passiva sulla base della considerazione che l'addizionale provinciale ha natura erariale in quanto tributo gestito e amministrato dallo stato;

   ritenuto che:

    è necessario introdurre semplificazioni finalizzate a favorire il recupero di quanto indebitamente versato da parte di migliaia di imprese, riducendo gli adempimenti a loro carico e i tempi di recupero di quanto dovuto;

    le stime riportano un ammontare di circa 3 miliardi di euro da restituire alle imprese fornitrici e ai consumatori finali;

    l'accelerazione delle procedure di rimborso, oltre che a restituire alle imprese quanto indebitamente versato, rappresenta un ulteriore e importante sostegno finanziario alla liquidità delle imprese nell'attuale difficile contesto economico,

impegna il Governo

a monitorare l'andamento delle pratiche di rimborso di cui in premessa e ad assumere ogni iniziativa utile al fine di poter semplificare le procedure di rimborso a favore delle imprese, evitando i costi e le lungaggini dell'accertamento giudiziario.
9/1060-AR/70. Lovecchio, Fenu, Raffa, Alifano, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 del provvedimento in esame prevede, a decorrere dal 1° ottobre e fino al 31 dicembre 2023, che ai clienti domestici residenti diversi da quelli titolari di bonus sociale sia riconosciuto un contributo, erogato in quota fissa e differenziato in base alle zone climatiche, qualora la media dei prezzi giornalieri del gas naturale sul mercato all'ingrosso superi la soglia di 45 euro/MWh;

   ritenuto che:

    nel corso del dibattito parlamentare e del ciclo di audizioni, sono state evidenziate le potenziali criticità operative derivanti dall'applicazione della disposizione in quanto l'informazione relativa alle aree climatiche, tipicamente presente nei sistemi di fatturazione del gas, non è presente nei sistemi di fatturazione della commodity elettrica, veicolo per il riconoscimento del bonus in quanto l'utilizzo dell'utenza elettrica permette di identificare l'abitazione di residenza (informazione non disponibile per le utenze gas);

    sarebbero pertanto necessari importanti aggiustamenti dei sistemi informativi dei venditori, come evidenziato anche da ARERA, con tempi e costi attualmente non noti e per di più ai fini dell'erogazione di un contributo solo eventuale (in quanto legato al verificarsi di scenari di prezzo) e la cui durata al momento è prevista per soli tre mesi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa e ad adottare ogni misura utile ai fini della corretta ed efficace applicazione, tra cui anche la possibilità di introdurre una gestione centralizzata da parte di Acquirente unico Spa, così garantendo l'erogazione uniforme del contributo alla clientela, analogamente a quanto previsto per il bonus sociale.
9/1060-AR/71. Dell'Olio, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento interviene con misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale;

    con particolare, l'articolo 4 riconosce, abbassandone le percentuali, anche nel secondo trimestre 2023 alcune agevolazioni concesse, in forma di credito d'imposta, nel 2022 dal decreto-legge 27 gennaio 2021, dal decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, dal decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, dal decreto-legge 17 maggio 2022. n. 50, dal decreto-legge 9 agosto 115, dal decreto-legge 23 settembre 20220 n. 144 e dal decreto-legge 18 novembre 2022. n. 176, nonché dalla legge 29 dicembre 2022, n. 196, al fine di contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese;

    a riguardo, va sottolineato come tra le imprese che maggiormente hanno sofferto l'aumento dei costi energetici risultano le piccole medie imprese, in particolare quelle operanti in comuni con una popolazione inferiore ai quindicimila abitanti. Infatti, questa particolare categoria di imprese, oltre che affrontare dei costi infrastrutturali maggiori, risente anche di un mercato di riferimento relativamente piccolo, aggravato, inoltre, dall'aumento dei costi logistici;

    l'aumento dei costi energetici, oltre che impattare sui costi di produzione delle imprese, ha avuto un importante effetto inflazionistico anche sui costi del trasporto di merci e, in generale, sulla logistica, penalizzando in maniera ancora più marcata le imprese operanti nei piccoli comuni che, rientrando in aree interne o aree rurali, vedono nella logistica un elemento imprescindibile;

   ritenuto che:

    il tema del caro energia va affrontato con un approccio sistemico che tenga in considerazione, oltre che i fabbisogni delle imprese, anche le ricadute socioeconomiche delle medesime con particolare riferimento, nel caso di imprese operanti nei comuni sotto i quindicimila abitanti, al ruolo svolto da esse per contrastare il fenomeno di spopolamento delle aree interne;

    è necessario garantire iniziative sostanziali che, mediante l'aiuto alle imprese in difficoltà a seguito all'aumento dei costi energetici, assicurino ai territori afflitti dal fenomeno da un punto di vista demografico dei meccanismi di resilienza per le attività economiche ivi stanziate,

impegna il Governo

nell'ambito dello stanziamento di risorse volte al finanziamento di meccanismi di agevolazione per far fronte al caro energie delle imprese, ad adottare ulteriori iniziative normative volte a individuare linee di agevolazione esclusive per le imprese con sede in comuni con una popolazione inferiore ai quindicimila abitanti.
9/1060-AR/72. Todde, Pavanelli, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento interviene con misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale con una spesa di circa 5 miliardi di euro. Nonostante l'impegno di importanti risorse, le disposizioni introdotte sono prive di azioni strutturali capaci di incidere nella riduzione dei prezzi dell'energia, lasciando i prezzi su livelli elevati ed insostenibili per le utenze di famiglie con reddito basso e delle piccole imprese;

    nell'anno in corso, tra il mese di gennaio ed aprile, il PUN (Prezzo Unico Nazionale), prezzo di riferimento all'ingrosso dell'energia elettrica acquistata sul mercato della Borsa, ha avuto un prezzo medio superiore ai 150 euro al megawattora, molto più alto rispetto ai livelli di prezzo del 2020, (40 euro megawattora);

    oltre all'elevato prezzo dell'energia elettrica bisogna tener conto che, tra le componenti della bolletta, si aggiungeranno anche i costi degli oneri generali di sistema che il Governo ha deciso di ripristinare a partire dal 3 1 marzo per le utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16.5 kW;

    rispetto a tale scelta, le Associazioni rappresentanti delle imprese e degli artigiani avevano già evidenziato come il mancato azzeramento degli oneri generali per tale tipologia di utenze, costituisse un danno per il comparto della piccola manifattura artigiana, composto da migliaia di piccole imprese operanti nei settori di eccellenza del Made in Italy;

    facciamo presente che circa 1/3 del valore dell'ammontare dei predetti oneri, pari a 5 miliardi, viene, infatti, sostenuto dalle micro e piccole imprese, sulla base di un sistema di contribuzione sperequato e del tutto slegato dai dati effettivi di prelievo di energia dalla rete. Sulle piccole imprese infatti ricadono i costi di maggiori oneri, pur consumando meno energia rispetto ad altri comparti produttivi;

   considerato che:

    gli scenari di rischio del Documento Economia e Finanza del 2023. rispetto alla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche ritengono che oltre ai rischi legati al prezzo del petrolio, condizioni climatiche meno favorevoli (quali ad esempio la siccità nei mesi estivi e un prossimo inverno più rigido) potrebbero far aumentare nuovamente il prezzo del gas e dell'elettricità. Per tali valutazioni, si è ipotizzato quindi che rispetto alla previsione base i prezzi del gas, dell'energia elettrica e del petrolio risulteranno più elevati del 20 per cento nel secondo semestre del 2023 e nel 2024, declinando negli anni successivi ma rimanendo più elevati dell'ipotesi base;

    di nuovi rialzi in vista per i prezzi dell'elettricità e gas sui mercati, con conseguenti rischi di rincari in bolletta, ha parlato anche il Presidente ARERA, Stefano Besseghini, in audizione in commissione Finanze alla Camera per l'esame del provvedimento di cui in premessa. Secondo il Presidente dell'Authority per l'energia, i prezzi del gas sono attesi in salita del 5 per cento da luglio a settembre e di un altro 15 per cento da ottobre e dicembre. Per la luce, invece, è previsto un rialzo del 10 per cento nel terzo trimestre e del 25 per cento nel quarto. Diversamente dalle aspettative enunciate al Parlamento, il 3 maggio, l'ARERA ha comunicato l'incremento della bolletta gas per la famiglia tipo in tutela, per i consumi di aprile, del 22,4 per cento rispetto a marzo. L'incremento, pur in presenza di un prezzo medio all'ingrosso nello scorso mese in leggero calo, è dovuto principalmente alla riduzione, prevista proprio dal provvedimento in esame di cui in premessa, della componente di sconto UG2, utilizzata nell'ultimo anno a beneficio dei consumatori per compensare gli aumenti;

   tenuto conto che:

    nel Documento Economia e Finanza del 2023, il costo del pacchetto energia per il 2022 viene quantificato in circa 53,8 miliardi, pari al 2,8 per cento del PIL. Per il 2023, considerando le misure approvate fino a gennaio 2023, la stima ammonterebbe a 26,4 miliardi, un livello corrispondente all'1,3 per cento del PIL;

    nonostante il poderoso impiego di risorse pubbliche per la riduzione dei costi della bolletta dell'energia, gli elevati livelli dei prezzi dell'elettricità e del gas hanno contribuito prevalentemente alla crescita dell'inflazione. Secondo i dati ISTAT pubblicati nel mese di aprile abbiamo avuto un aumento dello 0,5 per cento su base mensile e dell'8.3 per cento su base annua, da –7,6 per cento del mese precedente. L'accelerazione del tasso si deve soprattutto all'aumento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da –18,9 per cento a +26.7 per cento);

   considerato, altresì, che:

    in questo scenario, le piccole imprese rischiano di non riuscire ad essere in grado di garantire la continuità produttiva delle attività. Si rendono pertanto necessari interventi strutturali che aiutino le piccole imprese a ridurre i costi di energia elettrica. Tra le azioni da compiere per affrontare concretamente tali aspetti è necessario perseguire con maggiore convinzione uno sviluppo delle fonti rinnovabili più deciso di quanto fatto finora;

    è opportuno introdurre stimoli immediati e concreti per sostenere le imprese nell'autoproduzione dell'energia da fonti rinnovabili, che rappresenta il modo più rapido ed efficace per aggredire il problema in modo strutturale e per consentire di non subire gli effetti della attuale volatilità dei costi energetici;

    secondo lo studio del CNA «Il sole è di Tutti», la produzione fotovoltaica nazionale può essere incrementata in tempi molto rapidi attraverso la valorizzazione del patrimonio nazionale degli immobili «ad uso produttivo» che sfiora le 800 mila unita ed è detenuto, per circa il 70 per cento dalle PMI (si scende al 44 per cento considerando le sole imprese sotto i 10 addetti). Considerando una dimensione media dei patrimonio (in gran parte «capannoni» industriali o artigianali) di circa 500 mq ad immobile, si può stimare una superficie complessiva di 400 milioni di mq, un «campo fotovoltaico diffuso» con una potenza stimabile in circa 50.000 MW, capaci di produrre 57.600 GWh, equivalenti ad un consumo di 4,9 milioni di TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio) o a 5,3 miliardi di metri cubi di gas;

    dalla realizzazione degli impianti si otterrebbero vantaggi evidenti per le imprese, che ricaverebbero dall'autoproduzione in media il 50 per cento del loro fabbisogno di energia, ma anche la collettività nel suo complesso, grazie ad una riduzione della dipendenza dalle fonti fossili, della vulnerabilità degli approvvigionamenti, delle emissioni climalteranti. In particolare, sul fronte delle emissioni di gas serra, si determinerebbe un abbattimento complessivo di 23,4 milioni di tonnellate di CO2 (il 31.7 per cento di tutta la CO2 immessa attualmente dalla produzione termoelettrica nazionale e il 20.5 per cento di quella proveniente dalle sole centrali a gas),

impegna il Governo

a introdurre, nel primo provvedimento utile, l'istituzione triennale di un credito d'imposta per le Piccole e Medie Imprese, con percentuali da applicare in modo inversamente proporzionale alla dimensione della potenza dell'impianto, fino ad un massimo del 50 per cento per le spese sostenute per l'installazione di impianti di auto-produzione da fonti rinnovabili fino a 200 kW e l'eventuale sistema di accumulo.
9/1060-AR/73. Cappelletti, Pavanelli, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, in continuità con precedenti decreti legge, all'articolo 4 riconosce alcuni crediti di imposta per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese;

    è quanto mai necessario introdurre misure volle a contrastare gli effetti climatici dei refrigeranti HFC utilizzati nella refrigerazione commerciale, diminuendone drasticamente il consumo alla fonte e favorendo l'utilizzo di sistemi alternativi, moderni e più sostenibili, che sono già ampiamente disponibili sul mercato;

    a seguito dell'attuazione del regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui gas fluorurati, che ha introdotto misure per ridurre gradualmente il consumo di HFC dell'80 per cento entro il 2030, l'industria della refrigerazione commerciale ha completamente adattato le sue tecnologie e il suo portafoglio di prodotti privilegiando i refrigeranti a base naturale, anidride carbonica e propano, che sono attualmente utilizzati nel mercato nei sistemi di refrigerazione nuovi e che non provocano alcun effetto serra diretto;

    a livello internazionale si è intervenuti attraverso l'Accordo di Parigi e il successivo emendamento di Kigali (emendamento al Protocollo di Montréal sulle sostanze che riducono lo stato dell'ozono), in vigore dai 2019, che richiedono di abbandonare gli HFC in favore dei refrigeranti naturali. E mentre nel resto dell'Europa le emissioni serra da HFC stanno da anni progressivamente diminuendo, in Italia esse aumentano esponenzialmente in ragione del ricorso alla mera manutenzione dei vecchi supermercati e ipermercati che utilizzano refrigeranti altamente impattanti sul clima e che disperdono nell'ambiente il 12-15 per cento all'anno di questi gas a causa delle perdite in esercizio;

    oltre la metà delle emissioni nazionali di gas serra derivanti dai processi industriali è dovuta ai gas fluorurati, che sono aumentati del 387,5 per cento dal 1990, principalmente a causa del consumo degli idrofluorocarburi (HFC) nella refrigerazione, nel condizionamento (specialmente nelle autovetture) e negli aerosol farmaceutici. Questi gas sono stati responsabili nel passato della riduzione dello strato di ozono e sono oggi corresponsabili dell'acuirsi della crisi climatica;

   considerato che:

    i tempi appaiono maturi, sia a livello politico che di mercato, per intervenire con un programma strutturale di riconversione (retrofit) degli impianti di refrigerazione commerciale più vecchi e altamente impattanti sul clima con impianti dotati di moderne tecnologie a refrigerante naturale e migliorata efficienza energetica, tecnologie nelle quali le aziende italiane detengono una leadership assoluta a livello mondiale;

    introdurre uno strumento di incentivazione, sotto forma di credito d'imposta, destinato alle imprese la cui attività prevalente è il commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande, per l'acquisto di nuovi impianti di refrigerazione, si pone in perfetta linea con il perseguimento degli obiettivi di transizione energetica e di sviluppo sostenibile nella cornice del Green Deal europeo di cui alla comunicazione della Commissione europea dell'11 dicembre 2019 (COM(2019) 640 final),

impegna il Governo

ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative volte ad introdurre un credito d'imposta per le imprese del commercio alimentare al dettaglio per la sostituzione di impianti di refrigerazione a gas fluorurati con apparecchiature aventi minore impatto climatico, così da agevolare il percorso del Paese verso la neutralità carbonica, in linea con l'obiettivo climatico di riduzione di almeno il 55 per cento delle emissioni nette di gas serra entro il 2030 sancito nella legge europea sul clima, e con quello del raggiungimento della neutralità climatica nel 2050, previsto dall'European Green Deal di cui alla comunicazione della Commissione europea dell'11 dicembre 2019 (COM/2019/640 final).
9/1060-AR/74. L'Abbate, Pavanelli, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 24 istituisce per il 2023, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per le vittime dell'amianto in favore dei lavoratori di società a partecipazione pubblica che hanno contratto patologie asbesto correlate durante l'attività lavorativa prestata presso cantieri navali. Tale Fondo, che ha una dotazione di 20 milioni di euro;

    ad oggi risultano, purtroppo, esclusi dall'accesso al beneficio previdenziale ancora molti lavoratori che nel corso della loro carriera sono stati esposti a fibra di amianto;

    uno dei casi più rilevanti è sicuramente quello che riguarda gli ex lavoratori MonteFibre di Acerra;

    suddetti lavoratori sono stati esposti per anni inconsapevolmente alla pericolosità dell'amianto e purtroppo oggi risultano non essere nelle condizioni di poter accedere alla normativa vigente per poter accedere ai benefici previdenziali;

    un numero sempre crescente di lavoratori e anche di familiari degli stessi presenta malattie da esposizione e purtroppo con decessi che si registrano progressivamente nel corso del tempo,

impegna il Governo

sulla base della richiamata norma prevista nel presente provvedimento ad attivare, entro trenta giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo di conversione in legge, un tavolo tecnico istituzionale con la partecipazione delle organizzazioni sindacali al fine di individuare soluzione normativa, da inserire in uno dei prossimi provvedimenti, in grado di consentire anche ai lavoratori Montefibre di Acerra di poter accedere ai benefici previdenziali da esposizione.
9/1060-AR/75. Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali» sono presenti norme per ristorare i costi energetici. Tali norme riguardano contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, fino comunque al 30 giugno 2023;

    quella «geotermica» è una forma di energia naturale che trova origine dal calore della terra e, tra le energie rinnovabili, ha un valore aggiunto che condivide soltanto con l'idroelettrico: la continuità della produzione;

    nella regione Toscana la geotermia conta 34 centrali per una potenza installata di 761 megawatt. La produzione annua è di circa 5,9 miliardi di chilowattora che, complessivamente, soddisfa quasi il 30 per cento del fabbisogno energetico della regione e permette un risparmio di oltre 1 milione e 400 mila Tep e 4,1 tonnellate metriche di emissioni CO2 evitate. In questi territori la geotermia garantisce 650 occupati diretti e circa 2.000 nell'indotto e ha promosso lo sviluppo di numerose piccole e medie imprese in diversificati settori produttivi;

    i comuni geotermici producono quindi una fonte pulita e rinnovabile utilizzata anche da vasti bacini di utenza contigui e hanno quindi diritto a compensazioni adeguate;

    a tal fine l'articolo 6 del decreto-legge n. 50 del 2022 (cosiddetto «Decreto Aiuti», convertito in legge n. 91 del 15 luglio 2022) interviene sulla geotermia, prevedendo per i titolari di concessioni di impianti di fonti energetiche geotermiche di corrispondere annualmente 0,05 centesimi di euro per ogni chilowattora di energia elettrica prodotta dal campo geotermico della coltivazione a favore dello sviluppo sociale, economico e produttivo dei comuni sui cui territori insistono le concessioni;

    al tal fine il comma 2-quinquies del medesimo provvedimento prevede che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della transizione ecologica, d'intesa con i presidenti delle regioni interessate e sentiti i comuni coinvolti, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definite le modalità di erogazione, ripartizione e utilizzo delle risorse di cui al comma 2-quater»;

    ad oggi, dopo oltre 9 mesi dalla pubblicazione della legge n. 91 del 2022, il decreto interministeriale non è stato ancora emanato;

    tali ritardi sulla corretta erogazione di risorse già stanziate stanno di fatto penalizzando ulteriormente i territori interessati;

    già in data 29 agosto 2022 il Presidente dell'Anci Antonio Decaro sollecitava l'emanazione, in una lettera ai Ministri interessati, del decreto disposto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 50 del 2022 proponendo, per individuare i criteri di riparto ed erogazione, «un percorso coerente e più semplice, che può fondarsi su un riparto di risorse basato sui criteri del decreto legislativo n. 22 del 2010, articolo 16 ovvero ai comuni in cui è compreso il campo geotermico coltivato, proporzionalmente all'area delimitata dal titolo o dall'insieme dei titoli di coltivazione, assicurando comunque ai comuni, sede di impianti, una quota non inferiore al 60 per cento» –:

impegna il Governo

ad emanare il decreto citato in premessa, previsto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 50 del 2022, eventualmente utilizzando, per la definizione dei parametri di riparto, i criteri previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 22 del 2010.
9/1060-AR/76. Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    la principale sfida dei prossimi anni sarà la disponibilità di personale medico e delle professioni sanitarie adeguatamente formati e che l'impatto delle cure posticipate o cancellate a seguito della pandemia, con conseguente allungamento delle liste d'attesa insieme alla dinamica demografica, richiederà interventi mirati per l'ottimizzazione delle risorse e la definizione di nuovi standard organizzativi e strutturali nel ridisegnare i luoghi e le modalità di cura;

    il progresso scientifico e tecnologico in campo medico è oggi in grado di mettere a disposizione tecnologie e dispositivi medici in grado di contribuire al miglioramento delle condizioni cliniche del paziente, alla riduzione dei tempi di degenza e riabilitazione, nonché all'allocazione più efficiente di risorse umane, finanziarie e strutturali del Servizio Sanitario Nazionale, che possono essere definiti «dispositivi medici che potenziano la capacità del sistema sanitario»;

    che adeguati processi di Health Technology Assessment, eventualmente declinati secondo il relativo Piano Nazionale, sono in grado di individuare tali dispositivi medici, distinguendoli qualitativamente da altri dispositivi e, conseguentemente, garantendo un accesso più appropriato ai pazienti;

    la costituzione nel bilancio dello Stato di un Fondo ad hoc per l'acquisto di «dispositivi medici che potenziano la capacità del sistema sanitario» – alla stregua di quanto esistente in campo farmaceutico – sarebbe un incentivo alle regioni per l'utilizzo delle migliori soluzioni tecnologiche senza dover incorrere nei limiti imposti dai tetti di spesa per l'acquisto di dispositivi medici. Infatti, grazie a un simile Fondo, le regioni potrebbero acquistare queste tecnologie evitandone la contabilizzazione all'interno del tetto di spesa, mantenendo così un canale preferenziale per governare l'accesso dell'innovazione, contenendo gli effetti del payback e programmando in maniera appropriata i propri acquisti ed investimenti,

impegna il Governo

a garantire la disponibilità per gli enti del SSN di quei dispositivi medici che attraverso valutazioni di HTA hanno dimostrato di contribuire al miglioramento delle condizioni cliniche del paziente, alla riduzione dei tempi di degenza e riabilitazione, nonché all'allocazione più efficiente di risorse umane, finanziarie e strutturali del Servizio Sanitario Nazionale, tramite l'istituzione di un Fondo da ripartirsi tra le Regioni per il loro acquisto.
9/1060-AR/77. Ciocchetti, Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    la sclerosi multipla è una malattia autoimmune infiammatoria cronico degenerativa ingravescente che colpisce il sistema nervoso centrale;

    la sclerosi multipla colpisce circa 137.000 persone in Italia con una diffusione doppia nelle donne rispetto agli uomini. La patologia è diagnosticata nella maggior parte dei casi tra i 20 e i 40 anni di età e si stimano più di 3.600 nuovi casi l'anno;

    la sclerosi multipla può manifestarsi con sintomi anche molto diversi tra loro, che dipendono dall'entità e dalla sede della lesione nel sistema nervoso centrale, e si definisce come una malattia cronica dal momento che non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili numerose terapie che modificano il suo andamento, rallentandone la progressione;

    nel processo di cura e assistenza della sclerosi multipla, a causa della sua particolare complessità, risulta essenziale garantire l'accesso ad un appropriato e personalizzato intervento riabilitativo strutturato per fasi di malattia ed evoluzione della disabilità;

    gli enti di ricerca nazionali non-profit attraverso le loro attività promuovono e sostengono instancabilmente la ricerca innovativa di base e applicata, finalizzata al miglioramento della qualità della vita e delle terapie e, nel lungo termine, all'individuazione di una cura risolutiva per la sclerosi multipla. Tali attività, fondamentali nel sistema di ricerca nazionale e internazionale, vengono rese possibili grazie alle erogazioni liberali dei donatori. Le donazioni, tuttavia, non possono essere destinate esclusivamente alla attività di ricerca in quanto, ad oggi, non esiste una esenzione per gli Enti non-profit che copra le spese fiscali;

   considerato che:

    il Piano nazionale cronicità, approvato con accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 15 settembre 2016, è uno strumento di programmazione che intende contribuire «al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone l'impatto sull'individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale oltre ad assicurare maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini»;

    il Piano Nazionale della Cronicità del 2016 non prevede la sclerosi multipla nell'elenco delle malattie croniche, nonostante la rilevanza epidemiologica e il peso economico annuale che la gestione di questa malattia comporta per lo Stato e per le stesse persone. In questo contesto, l'aggiornamento e l'effettiva applicazione del Piano Nazionale Cronicità (PNC) – nel più ampio quadro previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – non può mancare di un disegno sugli impegni attuali e futuri per cambiare la vita delle persone con sclerosi multipla;

    il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera», in attesa di revisione e aggiornamento da parte del Ministero della salute, rappresenta il più importante riferimento programmatorio delle regioni nella definizione della propria rete ospedaliera;

    tuttavia, non prevede esplicitamente la Rete della Sclerosi multipla e delle patologie correlate come la Neuromielite Ottica nell'articolazione delle reti per patologia che integrano l'attività ospedaliera per acuti e post acuti con l'attività territoriale, limitandosi ad un riferimento generico alle reti delle patologie neurodegenerative e, al momento, la rete dei 240 centri per la sclerosi multipla lavora in assenza di un riconoscimento formale e con significative differenze in termini di personale, strumenti, assetti organizzativi e protocolli di lavoro;

    nel corso degli anni sono stati adottati diversi modelli organizzativi, variamente articolati, che hanno assicurato attraverso PDTA regionali ed aziendali di patologia un miglioramento nei percorsi diagnostico- terapeutico-assistenziale partendo dal ruolo centrale della rete clinica costituita dai Centri per la sclerosi multipla. Dall'esigenza di uniformare l'azione di tali Centri, il GLASM, Gruppo di lavoro di AGENAS sulla sclerosi multipla, ha elaborato il documento di linee di indirizzo per il «PDTA per la Sclerosi Multipla» che è stato pubblicato sul sito AGENAS a gennaio 2022, in cui tra gli altri aspetti viene affermata la necessità di formalizzare la rete di patologia al fine di garantire a tutte le persone con sclerosi multipla l'accesso alle migliori competenze possibili e ai più avanzati servizi e prestazioni in campo diagnostico, terapeutico e riabilitativo. Ad oggi, tale configurazione nazionale non risulta ancora riconosciuta e formalizzata, né sono stati definiti protocolli e processi uniformi per specifiche attività, nonostante ad agosto 2022 l'istituto Superiore di Sanità abbia pubblicato anche le «Linee Guida sulla sclerosi multipla» per affermare pienamente il diritto alla salute delle persone con tale patologia e rafforzare la capacità della Rete di riferimento di mettere in campo pratiche che siano consolidate, riconosciute e validate;

    la sclerosi multipla determina un costo medio annuo per persona pari a 45 mila euro, con un costo totale per il Paese che si aggira intorno ai 5 miliardi ogni anno, determinando una ingente rilevanza socioeconomica della patologia, l'entità della spesa necessaria per gestire i sintomi porta spesso alla necessità delle persone con sclerosi multipla e NMO (tra le principali patologie correlate alla SM) di ridurre la fruizione dei farmaci, con un impatto negativo molto significativo in termini di qualità di vita e di impedimento nello svolgimento delle attività lavorative, oltre che nelle relazioni sociali;

    l'assistenza farmaceutica ha assunto una crescente importanza per le persone con sclerosi multipla e, se in molti casi i farmaci sintomatici rientrano tra quelli interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale (cosiddetti farmaci di classe A: salvavita o per patologie croniche), non tutte le persone hanno la stessa reazione in termini di efficacia ed effetti collaterali al medesimo trattamento farmacologico e non tutti i farmaci necessari per la gestione dei sintomi sono collocati in fascia A. In questi casi, le persone con sclerosi multipla e patologie correlate sono dunque costrette ad acquistare il farmaco di tasca propria (cosiddetti farmaci di classe C: a totale carico del paziente, con o senza obbligo di prescrizione medica), con un impatto economico tanto più rilevante quanto più è elevato il livello di disabilità della persona; infatti, è stato evidenziato – si consulti in proposito il Barometro della SM e patologie correlate 2022 – come il 38 per cento delle persone con sclerosi multipla non riceve gratuitamente i farmaci sintomatici di cui fa uso;

    al fine di diminuire la pressione fiscale sulle attività di ricerca sanitaria non-profit, le cui attività sono sottoposte ad aliquota IVA piena (22 per cento), l'articolo 31-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 delega all'emanazione di un decreto ministeriale le modalità di erogazione di un credito di imposta – pari al 17 per cento delle spese sostenute da enti non-profit per l'acquisto di reagenti e apparecchiature destinati alla ricerca scientifica. Tale decreto, tuttavia, non risulta ancora attuato, perpetuando quella che a tutti gli effetti può essere considerata una tassa sulla solidarietà,

impegna il Governo:

  considerato quanto indicato in premessa in merito ai costi in termini di spesa farmaceutica e di assistenza sanitaria connessi alla patologia della sclerosi multipla:

   a inserire la sclerosi multipla tra le patologie a cui il Piano Nazionale Cronicità dedica attenzione, dal momento che si tratta di una patologia cronica ad altra complessità e ad alto impatto per le persone e il Paese;

   a prevedere esplicitamente i Centri clinici della sclerosi multipla nei piani di riorganizzazione delle reti ospedaliere nazionali, di cui alla revisione del decreto ministeriale del 2 aprile 2015 n. 70, recante definizione

   degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, dando formale riconoscimento alla Rete di patologia dedicata alla presa in carico delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate;

   a inserire il PDTA della sclerosi multipla e delle patologie correlate nel quadro di valutazione e monitoraggio all'interno del Nuovo Sistema di Garanzia, introdotto con il decreto ministeriale del 12 marzo 2019 recante «Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria», al fine di monitorare i bisogni correlati alla patologia e ridurre le disparità nel sistema delle cure;

   a procedere con la trasmissione ai livelli regionali del documento GLASM, attualmente atteso in Conferenza Stato-Regioni per la sua validazione;

   ad assicurare il diritto al farmaco sintomatico previsto dal Piano di cura come diritto incomprimibile e garantire l'accesso universale alle cure;

   a provvedere al riconoscimento della piena rimborsabilità dei farmaci sintomatici a carico del Sistema Sanitario Nazionale per tutti i casi di persone con sclerosi multipla e patologie correlate per i quali sia stata disposta la relativa prescrizione;

   a emanare tempestivamente il decreto di cui all'articolo 31-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, con la funzione di restituire ai soggetti che concorrono senza scopo di lucro allo sviluppo della ricerca sanitaria una percentuale pari al 17 per cento della spesa sostenuta per il pagamento IVA su apparecchiature e reagenti, al fine di favorire lo sviluppo della ricerca biomedica e la capacità degli enti di ricerca nazionali di competere efficacemente a livello europeo.
9/1060-AR/78. Rosso, Ciocchetti, Mollicone, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    la sclerosi multipla è una malattia autoimmune infiammatoria cronico degenerativa ingravescente che colpisce il sistema nervoso centrale;

    la sclerosi multipla colpisce circa 137.000 persone in Italia con una diffusione doppia nelle donne rispetto agli uomini. La patologia è diagnosticata nella maggior parte dei casi tra i 20 e i 40 anni di età e si stimano più di 3.600 nuovi casi l'anno;

    la sclerosi multipla può manifestarsi con sintomi anche molto diversi tra loro, che dipendono dall'entità e dalla sede della lesione nel sistema nervoso centrale, e si definisce come una malattia cronica dal momento che non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili numerose terapie che modificano il suo andamento, rallentandone la progressione;

    nel processo di cura e assistenza della sclerosi multipla, a causa della sua particolare complessità, risulta essenziale garantire l'accesso ad un appropriato e personalizzato intervento riabilitativo strutturato per fasi di malattia ed evoluzione della disabilità;

    gli enti di ricerca nazionali non-profit attraverso le loro attività promuovono e sostengono instancabilmente la ricerca innovativa di base e applicata, finalizzata al miglioramento della qualità della vita e delle terapie e, nel lungo termine, all'individuazione di una cura risolutiva per la sclerosi multipla. Tali attività, fondamentali nel sistema di ricerca nazionale e internazionale, vengono rese possibili grazie alle erogazioni liberali dei donatori. Le donazioni, tuttavia, non possono essere destinate esclusivamente alla attività di ricerca in quanto, ad oggi, non esiste una esenzione per gli Enti non-profit che copra le spese fiscali;

   considerato che:

    il Piano nazionale cronicità, approvato con accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 15 settembre 2016, è uno strumento di programmazione che intende contribuire «al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone l'impatto sull'individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale oltre ad assicurare maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini»;

    il Piano Nazionale della Cronicità del 2016 non prevede la sclerosi multipla nell'elenco delle malattie croniche, nonostante la rilevanza epidemiologica e il peso economico annuale che la gestione di questa malattia comporta per lo Stato e per le stesse persone. In questo contesto, l'aggiornamento e l'effettiva applicazione del Piano Nazionale Cronicità (PNC) – nel più ampio quadro previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – non può mancare di un disegno sugli impegni attuali e futuri per cambiare la vita delle persone con sclerosi multipla;

    il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera», in attesa di revisione e aggiornamento da parte del Ministero della salute, rappresenta il più importante riferimento programmatorio delle regioni nella definizione della propria rete ospedaliera;

    tuttavia, non prevede esplicitamente la Rete della Sclerosi multipla e delle patologie correlate come la Neuromielite Ottica nell'articolazione delle reti per patologia che integrano l'attività ospedaliera per acuti e post acuti con l'attività territoriale, limitandosi ad un riferimento generico alle reti delle patologie neurodegenerative e, al momento, la rete dei 240 centri per la sclerosi multipla lavora in assenza di un riconoscimento formale e con significative differenze in termini di personale, strumenti, assetti organizzativi e protocolli di lavoro;

    nel corso degli anni sono stati adottati diversi modelli organizzativi, variamente articolati, che hanno assicurato attraverso PDTA regionali ed aziendali di patologia un miglioramento nei percorsi diagnostico- terapeutico-assistenziale partendo dal ruolo centrale della rete clinica costituita dai Centri per la sclerosi multipla. Dall'esigenza di uniformare l'azione di tali Centri, il GLASM, Gruppo di lavoro di AGENAS sulla sclerosi multipla, ha elaborato il documento di linee di indirizzo per il «PDTA per la Sclerosi Multipla» che è stato pubblicato sul sito AGENAS a gennaio 2022, in cui tra gli altri aspetti viene affermata la necessità di formalizzare la rete di patologia al fine di garantire a tutte le persone con sclerosi multipla l'accesso alle migliori competenze possibili e ai più avanzati servizi e prestazioni in campo diagnostico, terapeutico e riabilitativo. Ad oggi, tale configurazione nazionale non risulta ancora riconosciuta e formalizzata, né sono stati definiti protocolli e processi uniformi per specifiche attività, nonostante ad agosto 2022 l'istituto Superiore di Sanità abbia pubblicato anche le «Linee Guida sulla sclerosi multipla» per affermare pienamente il diritto alla salute delle persone con tale patologia e rafforzare la capacità della Rete di riferimento di mettere in campo pratiche che siano consolidate, riconosciute e validate;

    la sclerosi multipla determina un costo medio annuo per persona pari a 45 mila euro, con un costo totale per il Paese che si aggira intorno ai 5 miliardi ogni anno, determinando una ingente rilevanza socioeconomica della patologia, l'entità della spesa necessaria per gestire i sintomi porta spesso alla necessità delle persone con sclerosi multipla e NMO (tra le principali patologie correlate alla SM) di ridurre la fruizione dei farmaci, con un impatto negativo molto significativo in termini di qualità di vita e di impedimento nello svolgimento delle attività lavorative, oltre che nelle relazioni sociali;

    l'assistenza farmaceutica ha assunto una crescente importanza per le persone con sclerosi multipla e, se in molti casi i farmaci sintomatici rientrano tra quelli interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale (cosiddetti farmaci di classe A: salvavita o per patologie croniche), non tutte le persone hanno la stessa reazione in termini di efficacia ed effetti collaterali al medesimo trattamento farmacologico e non tutti i farmaci necessari per la gestione dei sintomi sono collocati in fascia A. In questi casi, le persone con sclerosi multipla e patologie correlate sono dunque costrette ad acquistare il farmaco di tasca propria (cosiddetti farmaci di classe C: a totale carico del paziente, con o senza obbligo di prescrizione medica), con un impatto economico tanto più rilevante quanto più è elevato il livello di disabilità della persona; infatti, è stato evidenziato – si consulti in proposito il Barometro della SM e patologie correlate 2022 – come il 38 per cento delle persone con sclerosi multipla non riceve gratuitamente i farmaci sintomatici di cui fa uso;

    al fine di diminuire la pressione fiscale sulle attività di ricerca sanitaria non-profit, le cui attività sono sottoposte ad aliquota IVA piena (22 per cento), l'articolo 31-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 delega all'emanazione di un decreto ministeriale le modalità di erogazione di un credito di imposta – pari al 17 per cento delle spese sostenute da enti non-profit per l'acquisto di reagenti e apparecchiature destinati alla ricerca scientifica. Tale decreto, tuttavia, non risulta ancora attuato, perpetuando quella che a tutti gli effetti può essere considerata una tassa sulla solidarietà,

impegna il Governo:

  considerato quanto indicato in premessa in merito ai costi in termini di spesa farmaceutica e di assistenza sanitaria connessi alla patologia della sclerosi multipla:

   nel rispetto dei profili di competenza, delle evidenze tecnico-scientifiche e dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di:

   inserire la sclerosi multipla tra le patologie a cui il Piano Nazionale Cronicità dedica attenzione, dal momento che si tratta di una patologia cronica ad altra complessità e ad alto impatto per le persone e il Paese;

   prevedere esplicitamente i Centri clinici della sclerosi multipla nei piani di riorganizzazione delle reti ospedaliere nazionali, di cui alla revisione del decreto ministeriale del 2 aprile 2015 n. 70, recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, dando formale riconoscimento alla Rete di patologia dedicata alla presa in carico delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate;

   inserire il PDTA della sclerosi multipla e delle patologie correlate nel quadro di valutazione e monitoraggio all'interno del Nuovo Sistema di Garanzia, introdotto con il decreto ministeriale del 12 marzo 2019 recante «Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria», al fine di monitorare i bisogni correlati alla patologia e ridurre le disparità nel sistema delle cure;

   procedere con la trasmissione ai livelli regionali del documento GLASM, attualmente atteso in Conferenza Stato-Regioni per la sua validazione;

   assicurare il diritto al farmaco sintomatico previsto dal Piano di cura come diritto incomprimibile e garantire l'accesso universale alle cure;

   provvedere al riconoscimento della piena rimborsabilità dei farmaci sintomatici a carico del Sistema Sanitario Nazionale per tutti i casi di persone con sclerosi multipla e patologie correlate per i quali sia stata disposta la relativa prescrizione;

   emanare tempestivamente il decreto di cui all'articolo 31-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, con la funzione di restituire ai soggetti che concorrono senza scopo di lucro allo sviluppo della ricerca sanitaria una percentuale pari al 17 per cento della spesa sostenuta per il pagamento IVA su apparecchiature e reagenti, al fine di favorire lo sviluppo della ricerca biomedica e la capacità degli enti di ricerca nazionali di competere efficacemente a livello europeo.
9/1060-AR/78. (Testo modificato nel corso della seduta)Rosso, Ciocchetti, Mollicone, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali» sono presenti norme per ristorare i costi energetici. Tali norme riguardano contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, fino comunque al 30 giugno 2023;

    secondo il presidente dell'Authority per l'energia Stefano Besseghini, in audizione in commissione Finanze alla Camera, sono previsti nuovi rialzi in vista per i prezzi dell'elettricità e gas sui mercati, con conseguenti rischi di rincari in bolletta: i prezzi del gas sono attesi in salita del 5 per cento da luglio a settembre e di un altro 15 per cento da ottobre e dicembre. Per la luce, invece, è previsto un rialzo del 10 per cento nel terzo trimestre e del 25 per cento nel quarto;

    tale scenario è aggravato inevitabilmente dall'aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (Bce) che ha portato il tasso di deposito al 3,75 per cento;

    gli esercizi di vicinato non sono soltanto garanzia di sviluppo economico ed occupazionale ma rappresentano un presidio sociale irrinunciabile soprattutto per i residenti dei centri storici ed in particolare dei piccoli comuni;

    in questi ultimi anni numerose attività commerciali di questa tipologia hanno chiuso a causa della concorrenza della grande distribuzione organizzata e dell'e-commerce. La crisi energetica ha purtroppo peggiorato la situazione e senza interventi strutturali queste attività rischiano di estinguersi;

    un recente studio condotto da Confesercenti e Ipsos, intitolato «Il Commercio oggi e domani» ha infatti certificato come, dal 2019 al 2023 oltre 52 mila commercianti italiani, abbiano chiuso la propria attività;

    ristori delle spese energetiche a carico di questa tipologia di imprese presenti ed in particolare per quelle ricadenti nei Centri commerciali naturali, come individuati dalle rispettive norme regionali e costituiti in

    le misure presenti nel provvedimento in esame per contenere i costi energetici di tali esercizi di vicinato e sono palesemente insufficienti e limitate nel tempo, soprattutto in relazione all'aumento dell'energia e del costo del denaro;

    si tratta inoltre di risorse spesso insufficienti per contrastare gli aumenti, erogati sotto forma di credito di imposta e finalizzati in particolar modo alle imprese particolarmente energivore;

    nel corso della discussione parlamentare del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti specifici con tali obiettivi senza però essere approvati,

impegna il Governo

a prevedere, già a partire dal prossimo provvedimento utile e in relazione a quanto espresso in premessa, risorse e norme aggiuntive finalizzate alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura di gas naturale a favore di esercizi di vicinato di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, numero 114, che ricadono nei Centri commerciali naturali, come individuati dalle rispettive norme regionali e costituiti in forma di associazioni, rete di impresa o consorzi.
9/1060-AR/79. Gianassi, Simiani, Bonafè.


   La Camera,

   premesso che:

    le disposizioni che disciplinano l'inquadramento del personale della ricerca sanitaria degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e degli Istituti zooprofilattici sperimentali (articolo 1, commi 422 e seguenti, della legge n. 205 del 2017) non hanno sortito gli effetti sperati dal punto di vista della valorizzazione delle competenze di detto personale;

    la criticità più evidente che affligge la disciplina vigente concerne la cosiddetta «piramide» dei ricercatori, la cui durata decennale – di norma contratto a tempo determinato di 5+5 anni, con il secondo quinquennio che può essere ridotto ai sensi del decreto legislativo n. 200 del 2022 – ha di fatto regolarizzato, anziché arginare, l'abuso dei contratti a termine, gettando le basi per una sorta di «precariato a vita», com'è stato definito da più parti, con punte che raggiungono i trent'anni per il personale storico della ricerca sanitaria e una media nazionale che oltrepassa, ampiamente, i dieci anni di contratti atipici;

    la necessità di ricercare una soluzione alla precarietà del personale della ricerca sanitaria è confermata dai dati illustrati dall'Associazione Ricercatori in Sanità – Italia, nel corso delle audizioni che si sono svolte sul provvedimento in esame: su circa 1.800 ricercatori sanitari e collaboratori alla ricerca assunti, nell'anno 2019, con contratto a tempo determinato 5+5, si stima che solamente 1.000-1.100 unità siano rimaste in servizio, con una fuoriuscita di personale superiore al 35 per cento, insostenibile nel lungo periodo;

    la possibilità di assumere, stabilizzare e inquadrare adeguatamente il personale della ricerca sanitaria risulta indispensabile per la competitività degli IRCCS a livello nazionale e internazionale e per attrarre le menti più brillanti nel circuito di ricerca, in armonia con quanto si prefiggono di fare anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza («Pnrr») e il Programma nazionale della ricerca sanitaria 2020-2022 («Pnrs»);

    il mese scorso la Commissione europea ha esortato l'Italia a trovare soluzioni per porre fine all'abuso di contratti a tempo determinato e ad evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico;

    nel corso dell'esame in sede referente, le commissioni avevano approvato gli emendamenti presentati per la stabilizzazione del personale della ricerca sanitaria degli IRCCS pubblici e degli IZS, ma la norma conseguente (articolo 16-bis) è stata purtroppo soppressa dal testo aula per criticità di ordine tecnico,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di competenza volte ad assicurare, nel primo provvedimento utile, d'intesa con le regioni, la stabilizzazione del personale della ricerca sanitaria degli IRCCS pubblici e degli Istituti zooprofilattici sperimentali e l'adeguata valorizzazione delle relative competenze.
9/1060-AR/80. Panizzut, Lazzarini, Loizzo, Matone.


   La Camera

impegna il Governo

a prevedere le misure economiche e normative volte alla stabilizzazione delle centinaia di lavoratori e lavoratrici precari impiegati negli IRCSS e negli IZS, d'intesa con le regioni nei prossimi strumenti normativi utili.
9/1060-AR/80. (Testo modificato nel corso della seduta)Panizzut, Lazzarini, Loizzo, Matone, Cappellacci, Patriarca, Benigni, Zanella, Grimaldi, Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 15-ter, comma 4, del decreto-legge all'esame dell'Aula, inserito in sede referente, modifica gli articoli 2 e 4 della legge 24 luglio 1985, n. 409, recante «Istituzione della professione sanitaria di odontoiatria e disposizioni relative al diritto di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi da parte dei dentisti cittadini di Stati membri delle Comunità europee»;

    le modifiche apportate dalla disposizione prevedono un ampliamento delle attività che formano attualmente oggetto della professione di odontoiatria, ricomprendendo tra le medesime anche le «attività di medicina estetica non invasiva o mininvasiva al terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore del viso» (cfr. in particolare, l'articolo 15-ter, comma 4, lettera a));

    la medicina estetica è una disciplina relativamente recente che si propone di migliorare la qualità della vita delle persone che vivono un disagio a causa di un inestetismo, coniugando i due principi che sono propri della sua stessa denominazione (medicina ed estetica). L'obiettivo del trattamento non si esaurisce, quindi, nella soluzione dell'inestetismo, ma persegue una finalità di più ampio respiro in quanto tende a promuovere e stimolare la costruzione e la ricostruzione di una armonia e di un equilibrio individuale attraverso l'attivazione di un programma di medicina educativa, sociale, preventiva e correttiva, curativa e riabilitativa;

    come si evidenzia nella mozione n. 1/00128, presentata alla Camera dei deputati nella seduta del 26 aprile 2023, non esiste ad oggi un percorso universitario formalmente riconosciuto per l'esercizio della medicina estetica, sebbene questa richieda una conoscenza specifica ed approfondita dell'anatomia dei territori trattati, della struttura e delle caratteristiche dell'organo cute, della capacità di riconoscimento specifico diagnostico differenziale dell'elemento da trattare e anche dei rischi connessi all'impiego di tali procedure e pratiche;

    per assicurare l'informazione e la trasparenza nei confronti degli assistiti, alcuni ordini dei medici chirurghi e odontoiatri hanno previsto la predisposizione di appositi albi o elenchi dei medici operanti nel campo degli interventi e delle attività diagnostico-terapeutiche con finalità estetiche richiedendo, a tal fine, anche una specifica formazione in medicina estetica sia teorica che pratica;

    tali iniziative, seppure meritevoli e condivisibili nelle finalità, andrebbero supportate dalla definizione di standard qualitativi e professionali adeguati, individuati a livello nazionale, nell'ottica di evitare che questa disciplina sempre più richiesta, della quale si riscontra una domanda crescente, possa essere praticata da persone prive delle necessarie competenze con gravi rischi per la salute e per il benessere psicofisico dei pazienti,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere, in accordo con le università, e con gli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e le società scientifiche accreditate presso il Ministero della salute, l'individuazione di:

    percorsi di formazione e di corsi di aggiornamento specialistici post lauream per i laureati in medicina e chirurgia e/o in odontoiatria e protesi dentaria, per gli ambiti di rispettiva competenza, che possono svolgersi nell'ambito delle scuole di specializzazione in chirurgia plastica e dermatologia o mediante la frequenza di master universitario di II livello in medicina estetica;

    corsi di aggiornamento nell'ambito di programmi di formazione continua in medicina (Ecm) organizzati dagli ordini professionali o dalle società scientifiche accreditate, affinché la pratica della medicina estetica sia riservata a soggetti in possesso di specifiche competenze e di titoli di studio certificati.
9/1060-AR/81. Loizzo, Patriarca.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali;

    la crisi geopolitica derivante dalla guerra russo-ucraina ha comportato un forte aumento dei costi delle utenze energetiche comunque denominate, in relazione – in modo particolare – ai costi di energia elettrica e gas;

    al netto degli interventi stabiliti dal Governo italiano per la sterilizzazione dei costi relativi agli oneri di sistema delle utenze energetiche, che pesano sino ad un valore compreso tra il 20 ed il 25 per cento del totale per l'utenza della luce e poco meno per le utenze del gas, l'attuale spirale inflattiva derivante dalle evoluzioni internazionali ha impatti non trascurabili nei confronti dei cittadini e delle imprese;

    nonostante sia prevista la possibilità di godere di riduzioni e rimodulazioni del saldo luce e gas con ISEE inferiori a 15.000 euro per i singoli cittadini, vi sono numerose situazioni di difficoltà economica, nel caso anche di lavoratori autonomi, per fasce reddituali sino a 30.000 euro, spesso oggetto di rapida contrazione negli ultimi due anni a causa della crisi pandemica da COVID-19 e dei rincari dovuti dalla crisi russo-ucraina;

    in tal senso la misura della cd. rateizzazione delle utenze energetiche, in particolar modo per le utenze gas, ma anche elettriche, ha trovato nella sua introduzione di natura straordinaria, ampia diffusione ed utilizzazione, in particolar modo per quelle fasce reddituali che pur vivendo in condizioni di difficoltà economica, non erano nominalmente e puntualmente nella fascia richiesta per l'accesso alle rimodulazioni delle utenze energetiche previste con le decretazioni d'urgenza del Governo italiano;

    nonostante il quadro economico in tendenziale recupero, restano condizioni di malessere economico endemiche, dovute al trascinarsi delle crisi COVID-19 e russo-ucraina, quest'ultima ancora pienamente in corso;

    emergono difficoltà nel saldare puntualmente le rateizzazioni previste dai fornitori energetici, portando alla perdita del piano di rateizzazione con obbligo di pagamento dell'intero importo con maggiorazione a titolo sanzionatorio;

    sul punto, anche i piani di rientro non sono rateizzabili;

    il mancato saldo di una singola rata nei tempi previsti dal piano di rateizzazione può – dato lo scenario economico – essere dovuto anche a improvvise mancanze di liquidità, rapidamente colmate in tempi successivi, e la cancellazione del piano di rateizzazione per l'imposizione di un importo unico con maggiorazione ha una ratio eccessivamente punitiva nei confronti di chi non è stato in grado di tenere fronte alle rateizzazioni per ragioni economiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre, nell'ambito delle misure di attuazione del testo in esame, misure tali da permettere rateizzazioni delle utenze energetiche con maggiore flessibilità, anche mediante ricorso a strumenti di garanzia sui crediti già esistenti, per tutto l'anno 2023 a favore di cittadini e lavoratori autonomi in condizioni di difficoltà quali quelli di cui alla presente premessa, anche prevedendo la possibilità di rientro in precedenti piani di rateizzazione.
9/1060-AR/82. Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    il sistema sanitario nazionale ha il compito di soddisfare le esigenze di cura dei pazienti, garantendo al contempo la sostenibilità economica dei sistemi sanitari regionali;

    i farmaci biosimilari rappresentano un'importante opportunità di cura, in quanto da un lato generano una complessiva riduzione dei costi, liberando risorse per l'innovazione e gli investimenti nel sistema sanitario, dall'altra permettono di trattare con molecole biologiche di comprovata efficacia e qualità un numero maggiore di pazienti;

    la legge n. 232 del 2016 ha regolamentato l'acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto per i quali siano già presenti sul mercato i relativi biosimilari, prevedendo che le Regioni debbano garantire tramite accordi quadro l'acquisto dei primi tre farmaci classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di assicurare il pieno bilanciamento delle esigenze, parimenti importanti, di contenimento dei costi, di accesso alle cure ma anche di garanzia della libertà prescrittiva del medico attraverso la disponibilità di un novero ampio di terapie tra cui poter scegliere;

    tale meccanismo nella pratica è spesso disatteso in favore di una visione economicistica di questi processi di acquisto che, al fine di conseguire risparmi spesso di modesta entità, esita nella possibilità per il clinico di prescrivere esclusivamente il farmaco a minor prezzo, in luogo della possibilità di scelta tra i primi tre in graduatoria, costringendo i pazienti a frequenti e multipli cambi di terapia;

    nonostante il grande ruolo svolto dai biosimilari e il loro potenziale, si riscontra ancora oggi un'accentuata varietà regionale nella penetrazione di tali farmaci, e sono dunque ancora ampi i margini di efficientamento conseguibili in alcune regioni;

    è opportuno riflettere sulla necessità di disporre di politiche coordinate capaci di creare meccanismi di concorrenza sostenibili a lungo tempo, poiché meccanismi improntati a privilegiare esclusivamente il principio della razionalizzazione della spesa possono giungere nel lungo periodo a limitare la varietà del mercato stesso, la possibilità di scelta e financo la disponibilità di prodotti, finendo in ultima analisi per annullare il benefico effetto concorrenziale innescato dal biosimilare che negli ultimi anni è stato in grado di generare risparmi considerevoli,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative più opportune, in sede di Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, anche a seguito di un confronto con le imprese del settore e le loro rappresentanze associative, volte a garantire una corretta applicazione della legge n. 232 del 2016 in materia di razionalizzazione della spesa per l'acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e di accordi quadro per l'acquisto dei biosimilari, assicurando la più ampia disponibilità possibile di opzioni terapeutiche per i pazienti, tutelando al contempo la libertà prescrittiva dei medici e la sostenibilità complessiva del SSN.
9/1060-AR/83. Ciancitto, Ciocchetti, Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, contiene una molteplicità d'interventi finalizzati a sostenere, le famiglie e le imprese e il tessuto socioeconomico e produttivo del Paese in generale e contrastare gli effetti legati agli aumenti dell'energia elettrica, sostenendo al contempo, il reddito delle famiglie a causa della crescita dell'inflazione;

    il Capo II del provvedimento, reca inoltre una serie di interventi, che vertono in materia di salute, finalizzati in particolare, a porre rimedio alle criticità connesse al vigente quadro normativo in senso generale, anche a causa delle decisioni di politica sociale negative e penalizzanti, intraprese dai precedenti Governi;

    nell'ambito dell'attività di ricerca sanitaria e di carattere scientifico, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), svolgono un'attività, sotto la vigilanza del Ministero della salute, di riconosciuta eccellenza, nel campo biomedico ed in quello della organizzazione e di gestione dei servizi sanitari, al fine di garantire che la ricerca svolta, sia finalizzata all'interesse pubblico con una diretta ricaduta sull'assistenza del malato;

    al riguardo, anche in funzione dell'attività sociale di supporto tecnico ed operativo agli altri organi del SSN svolta dai suesposti Istituti, si ravvisa la necessità di potenziare il personale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria, in considerazione della valenza che tali realtà ospedaliere emergenti rappresentano, anche per le particolari patologie trattate che assumo un importante rilievo nazionale, apprezzate a livello scientifico e accademico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità compatibilmente con il quadro della finanza pubblica e i vincoli di bilancio, a prevedere l'introduzione, nel corso dei primi strumenti normativi, una misura volta a consentire agli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici e agli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), l'assunzione a tempo indeterminato, del personale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria, già reclutato a tempo determinato, attraverso le procedure introdotte dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 – legge di bilancio 2018.
9/1060-AR/84. Caiata, Osnato, Lucaselli, Ciancitto, Congedo, De Bertoldi, Filini, Matera, Matteoni, Foti, Ciocchetti, Maccari, Colosimo, Lancellotta, Morgante, Rosso, Schifone, Vietri, Mollicone, Loperfido, Caretta, Ciaburro.


   La Camera

impegna il Governo

a prevedere le misure economiche e normative volte alla stabilizzazione delle centinaia di lavoratori e lavoratrici precari impiegati negli IRCSS e negli IZS, d'intesa con le regioni nei prossimi strumenti normativi utili.
9/1060-AR/84. (Testo modificato nel corso della seduta)Caiata, Osnato, Lucaselli, Ciancitto, Congedo, De Bertoldi, Filini, Matera, Matteoni, Foti, Ciocchetti, Maccari, Colosimo, Lancellotta, Morgante, Rosso, Schifone, Vietri, Mollicone, Loperfido, Caretta, Ciaburro, Cappellacci, Patriarca, Benigni, Zanella, Grimaldi, Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    gli ospedali dipendenti da Ordini Religiosi, anche di fede non cattolica, traggono la propria connotazione da una grande tradizione storica e culturale di assistenza sanitaria basata sui valori umani;

    gli ospedali cattolici nel mondo sono più di 6 mila di cui in Italia sono 102 (tra i quali due Policlinici universitari e 19 ospedali classificati), con 17.099 posti letto;

    le strutture per riabilitazione sono 132, con 6.057 posti letto; gli hospice per le cure palliative ai malati oncologici 23, con 346 posti letto. In totale si tratta di 257 strutture con 23.502 posti letto. Vi lavorano circa 70.000 operatori sanitari, 8.000 dei quali sono medici. A questi numeri vanno aggiunte le strutture socio assistenziali per anziani, le case di riposo: quelle cattoliche sono 1.535 per un totale di 78.328 posti letto. Numeri in costante evoluzione e continuo cambiamento;

    gli enti di cui in premessa non sono compresi tra i soggetti beneficiari del Superbonus espressamente indicati dalla normativa;

   considerato che:

    il caro energia ha gravato sul comparto sanità, nel 2022, con un aggravio dei costi pari a 3,2 miliardi di euro;

    al fine di calmierare i costi sostenuti per l'acquisto di energia elettrica nonché per incentivare il processo di transizione energetica, sarebbe di rilevante importanza incentivare l'acquisto e l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili o di sistemi di accumulo da parte degli ospedali religiosi nonché degli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità;

    in risposta alle difficoltà e alle perturbazioni del mercato energetico mondiale causate dall'invasione russa dell'Ucraina, la Commissione europea ha presentato il piano REPowerEU;

    REPowerEU è un piano per risparmiare energia, produrre energia pulita, diversificare il nostro approvvigionamento energetico. Il piano prevede misure finanziarie e legislative per costruire in Europa le infrastrutture e il sistema necessari,

impegna il Governo

a istituire, anche grazie alle risorse del piano REPowerEU, un fondo per incentivare l'acquisto e l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili da parte degli istituti, enti ed ospedali di cui all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonché degli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità.
9/1060-AR/85. Comaroli.


   La Camera,

   premesso che:

    gli ospedali dipendenti da Ordini Religiosi, anche di fede non cattolica, traggono la propria connotazione da una grande tradizione storica e culturale di assistenza sanitaria basata sui valori umani;

    gli ospedali cattolici nel mondo sono più di 6 mila di cui in Italia sono 102 (tra i quali due Policlinici universitari e 19 ospedali classificati), con 17.099 posti letto;

    le strutture per riabilitazione sono 132, con 6.057 posti letto; gli hospice per le cure palliative ai malati oncologici 23, con 346 posti letto. In totale si tratta di 257 strutture con 23.502 posti letto. Vi lavorano circa 70.000 operatori sanitari, 8.000 dei quali sono medici. A questi numeri vanno aggiunte le strutture socio assistenziali per anziani, le case di riposo: quelle cattoliche sono 1.535 per un totale di 78.328 posti letto. Numeri in costante evoluzione e continuo cambiamento;

    gli enti di cui in premessa non sono compresi tra i soggetti beneficiari del Superbonus espressamente indicati dalla normativa;

   considerato che:

    il caro energia ha gravato sul comparto sanità, nel 2022, con un aggravio dei costi pari a 3,2 miliardi di euro;

    al fine di calmierare i costi sostenuti per l'acquisto di energia elettrica nonché per incentivare il processo di transizione energetica, sarebbe di rilevante importanza incentivare l'acquisto e l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili o di sistemi di accumulo da parte degli ospedali religiosi nonché degli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità;

    in risposta alle difficoltà e alle perturbazioni del mercato energetico mondiale causate dall'invasione russa dell'Ucraina, la Commissione europea ha presentato il piano REPowerEU;

    REPowerEU è un piano per risparmiare energia, produrre energia pulita, diversificare il nostro approvvigionamento energetico. Il piano prevede misure finanziarie e legislative per costruire in Europa le infrastrutture e il sistema necessari,

impegna il Governo

a valutare di istituire, anche grazie alle risorse del piano REPowerEU, un fondo per incentivare l'acquisto e l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili da parte degli istituti, enti ed ospedali di cui all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonché degli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità.
9/1060-AR/85. (Testo modificato nel corso della seduta)Comaroli.