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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 8 aprile 2024

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IARIA, FENU e ALIFANO. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   la Strategia nazionale aree interne (SNAI) in Italia è oggetto di preoccupazione per la sua attuazione e i risultati ottenuti fino ad oggi;

   vi è una mancanza di chiarezza e trasparenza riguardo alla destinazione dei fondi previsti per la SNAI, con un miliardo di euro bloccato e 40 milioni di euro destinati alla prevenzione degli incendi ancora da ripartire e bloccati a Roma;

   le regole per dare diritti di cittadinanza e servizi differenziati nei territori non sono state ancora compiute, e la sinergia con altre strategie come Green communities e forestale risulta essere un miraggio;

   i numeri della spesa della Strategia aree interne su Open Coesione sono drammatici, con solo l'11 per cento dei progetti conclusi, il 4 per cento dei progetti liquidati e il 29 per cento dei progetti non avviati su 1904 progetti monitorati –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti in merito alla situazione attuale della Strategia nazionale aree interne in Italia, specificando le azioni intraprese per migliorare l'attuazione della strategia, garantire la trasparenza nell'utilizzo dei fondi e promuovere la collaborazione con le istituzioni e i territori interessati.
(5-02251)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   VACCARI, FORATTINI, MARINO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a più di due anni dalla comparsa del primo caso in Italia la peste suina ha colpito oltre 15.400 cinghiali e quasi 14 mila suini. Nella sola zona del pavese le regole di prevenzione hanno portato all'abbattimento di 46 mila maiali;

   l'Italia ha da tempo istituito un commissario straordinario e pochi giorni fa ha nominato tre sottocommissari ad hoc. I risultati finora però non sembrano quelli sperati. Le iniziative di prevenzione si sono rivolte verso gli abbattimenti dei suini sani, con un eccesso precauzionale, mentre è stato trascurato il problema dei cinghiali infetti. L'esperienza maturata in questi anni ha dimostrato che l'abbattimento dei cinghiali selvatici senza una adeguata opera di contenimento non serve a niente;

   pur in assenza di allevamenti contaminati è sufficiente il ritrovamento di una carcassa di cinghiale infetto per attivare intorno ai comuni interessati zone di sorveglianza e restrizioni sanitarie che bloccano le attività e impattano a cascata sull'intera filiera suinicola con la conseguente svalutazione del prezzo della carne. Inoltre per riabilitare le importazioni dall'Italia devono passare due anni dal ritrovamento dell'ultima carcassa positiva alla peste suina per poi attendere altri due anni per completare l'iter di riqualificazione;

   tutti i Paesi extra Unione europea hanno chiuso le importazioni. In Cina, un mercato che per la filiera vale oltre 25 milioni di euro, da due anni è ferma l'importazione. Oltre al danno economico e di immagine tutto questo comporta una concorrenza da parte dei principali produttori europei pronti a sostituire i prodotti italiani con salumeria cruda e cotta vanificando lavoro e investimenti portati avanti dalla filiera suinicola italiana;

   la regione Emilia-Romagna ha messo a punto una strategia specifica per arginare la peste suina attraverso: attività di depopolamento, intensificata soprattutto nei distretti più vocati alla produzione suinicola; incremento del livello di biosicurezza nelle aziende zootecniche, con bandi fino a 9 milioni di euro; rimborso delle spese per la recinzione antintrusione e quella per la realizzazione di piazzole per la disinfestazione degli automezzi e delle zone filtro;

   le iniziative di una sola regione non bastano. Serve una strategia unica nazionale –:

   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare per favorire il depopolamento di migliaia di cinghiali selvatici e per assicurare la tutela del patrimonio suino nazionale, le esportazioni e quindi il sistema produttivo nazionale e la relativa filiera.
(3-01123)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta scritta:


   RICHETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   desta molta apprensione, nel parmense, la fragilità del territorio causa delle ripetute frane che stanno interessando diversi Comuni e molteplici collegamenti stradali;

   in particolar modo, sembra proprio «sciogliersi» la montagna ai piedi del Castello di Compiano, comune situato sull'Appennino parmense e che figura nella lista dei borghi più belli d'Italia. È una frana che si era già attivata due volte negli ultimi mesi ma ora la strada provinciale n. 66, che conduce al centro storico, è completamente interrotta a causa di terra, massi e alberi che sono franati nelle scorse settimane;

   la SP66 è vitale per la zona e la sua continua chiusura significa tagliare in due il territorio e arrecare gravi disagi alla cittadinanza come, ad esempio, l'interruzione del trasporto scolastico o del servizio di raccolta rifiuti;

   la frana, inoltre, ha messo in pericolo alcune abitazioni e, soprattutto, la casa di riposo «Rossi Sidoli» situata nelle vicinanze;

   il maltempo delle ultime settimane e i continui smottamenti stanno pregiudicando sempre più la resilienza del territorio dell'Appennino parmense e i residenti sono preoccupati;

   urge assolutamente intervenire per mettere in sicurezza le strade più colpite dagli eventi meteo, oltre che per ripristinare quelle chiuse da eventi franosi evitando, così, possibili rischi ed enormi disagi per la popolazione –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano mettere in atto per ripristinare la viabilità della SP66 e contrastare la fragilità del territorio, al fine di mettere in sicurezza la zona citata nel più breve tempo possibile, arginare gli smottamenti e preservare i versanti più a rischio, anche in modo da evitare che ulteriori frane arrechino danno e nocumento alla popolazione locale, e a strutture residenziali private o di particolare rilevanza sociale come la casa di riposo «Rossi Sidoli».
(4-02625)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CENTEMERO, BAGNAI, CAVANDOLI e GUSMEROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è noto come i Btp siano strumenti finanziari capaci di generare notevole liquidità, caratteristica per cui sono particolarmente apprezzati dagli investitori, soprattutto nell'attuale momento storico di incremento generale dei costi di mercato;

   in particolare, il Btp indicizzato all'inflazione europea rappresenta un titolo di Stato che fornisce all'investitore una protezione contro l'aumento del livello dei prezzi: sia il capitale rimborsato a scadenza sia le cedole pagate semestralmente sono, infatti, rivalutati sulla base dell'inflazione dell'area euro, misurata dall'Eurostat attraverso l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Iapc) con esclusione del tabacco;

   con comunicato stampa n. 39 del 20 marzo 2024 il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso noti i dettagli dell'emissione, pari a 5 miliardi di euro, dei nuovi Btp€i a 10 anni, con scadenza 15 maggio 2036 e cedola reale dell'1,80 per cento;

   all'operazione hanno partecipato oltre 170 investitori, rappresentativi di una platea molto diversificata, con una presenza rilevante di investitori esteri pari al 78,3 per cento mentre quelli domestici si sono aggiudicati il restante 21,7 per cento per una domanda complessiva superiore a 41 miliardi di euro;

   a giudizio degli interroganti, tali dati evidenziano non solo un'elevata capacità attrattiva del mercato italiano e un accrescimento della fiducia degli investitori, ma anche l'opportunità di continuare a sostenere l'introduzione nell'economia reale nazionale di capitale che possa aumentare gli scambi di beni e servizi e, di conseguenza, il benessere dei cittadini, a beneficio della competitività del nostro Paese, tema peraltro posto da tempo all'attenzione del Parlamento da parte del gruppo della Lega con specifico riferimento alla possibilità di introdurre buoni del Tesoro poliennali speciali riservati alle persone fisiche residenti in Italia (v. A.C. 105) –:

   di quali ulteriori elementi informativi disponga il Governo al fine di confermare il positivo riscontro degli investitori in termini di fiducia nella sottoscrizione degli strumenti finanziari di cui in premessa, nonché entro quali tempistiche preveda l'emissione di nuovi titoli di Stato rivolti ai risparmiatori italiani.
(5-02243)


   FENU, GUBITOSA, LOVECCHIO e RAFFA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella recente risposta all'interrogazione 3-01011 del 21 marzo 2024, presentata al Senato dal Senatore Mario Turco, il Ministro dell'economia e delle finanze ha evidenziato che «per quanto riguarda la questione dei cosiddetti crediti incagliati, le quote di crediti riferibili alle annualità scadute indicano che la perdita è molto contenuta e definita da Eurostat come trascurabile ai fini della classificazione statistica»;

   il Ministro ha altresì precisato che la predetta quota di crediti non utilizzati «potrebbe essere riconducibile al fenomeno delle frodi e dei crediti illegittimi»;

   in buona sostanza, da quanto può desumersi dalla richiamata risposta, i crediti d'imposta risulterebbero quasi interamente compensati, fatta eccezione per una quota da considerarsi «trascurabile» alla luce e ai fini della classificazione Eurostat;

   va ricordato che secondo l'ultimo dato ufficiale, fornito dall'Agenzia delle entrate il 14 novembre 2023, riportato nella risposta all'interrogazione n. 5-01625, dal 15 ottobre 2020 al 14 novembre 2023 le cessioni di crediti superbonus (eco e sisma) risultavano pari a complessivi 105 miliardi, di cui regolarmente compensati 18,3 miliardi, con un residuo di 1,7 miliardi circa riferito alle rate dell'anno 2023. Quanto agli altri bonus edilizi, alla medesima data risultavano cessioni di crediti per complessivi 54 miliardi, di cui regolarmente compensati 7,16 miliardi, con un residuo di 793 milioni di euro circa riferito alle rate dell'anno 2023;

   alla luce della recente risposta resa dal Ministro dell'economia e delle finanze, è necessario acquisire un aggiornamento in merito ai dati comunicati il 15 novembre 2023 –:

   quale sia ad oggi, per ciascuna tipologia di bonus e distinguendo il dato per anno di maturazione, l'ammontare complessivo dei crediti d'imposta compensati rispetto al totale dei crediti maturati nonché l'ammontare dei crediti d'imposta da considerarsi scaduti, che non possono essere più utilizzati in compensazione o essere ceduti a terzi.
(5-02244)


   MEROLA, SIMIANI e SARRACINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   tra le province di Arezzo e di Siena sono attualmente presenti circa 80 mila imprese;

   oltre un quarto quindi dell'export e dell'import toscano sono ascrivibili alle province dove si esercita l'attività doganale dell'ufficio di Arezzo e della sede operativa di Siena dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;

   dal 1999, anno della sua istituzione, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli svolge un lavoro strategico per l'economia e lo sviluppo territoriale. Nella propria missione statutaria, infatti, vi è la crescita economica locale, la promozione della circolazione delle merci negli scambi internazionali, la tutela degli interessi finanziari del Paese e dell'Unione europea, il contrasto all'evasione fiscale e alle frodi. In questo quadro nel 2002 venne istituto l'ufficio dogane di Arezzo, con annessa una sezione operativa territoriale di Siena. Questa istituzione sta garantendo un ruolo decisivo per l'intero comparto produttivo delle province di Arezzo e Siena;

   si apprende dalla stampa che un prossimo piano di riorganizzazione da parte della direzione nazionale dell'Agenzia comporterebbe, a fronte di una conferma della autonomia operativa e dirigenziale degli altri uffici esistenti in Toscana (Livorno, Pisa, Prato-Pistoia e Firenze), la trasformazione dell'ufficio delle dogane di Arezzo in struttura subalterna a quella di Firenze;

   le istituzioni locali, la Camera di commercio di Arezzo-Siena, le associazioni economiche di categoria e sindacali aretine e senesi, hanno espresso preoccupazione e soprattutto stupore rispetto a tale notizia, rimarcando come l'ufficio dogane di Arezzo-Siena svolga «un ruolo strategico per l'economia e sviluppo» e debba «essere potenziato e non ridimensionato», al fine di evitare di «incidere negativamente, in termini di efficienza e tempestività, su molti procedimenti che interessano le 80.000 imprese operanti nelle province di Arezzo e di Siena»;

   nell'interesse della realtà imprenditoriale delle province di Arezzo e di Siena appare quindi irrinunciabile mantenere la piena efficienza, in posizione paritetica rispetto a quella degli altri uffici della direzione territoriale della Toscana, dell'ufficio delle dogane di Arezzo –:

   se non ritenga necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, evitare ogni depotenziamento dell'ufficio delle dogane di Arezzo (e della sede operativa di Siena), al fine di non penalizzare le imprese di un territorio che garantisce attualmente oltre un quarto dell'export e dell'import della regione Toscana.
(5-02245)


   BORRELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 145 del 2023 (cosiddetto «Anticipi») convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191 del 2023, ha prorogato di un ulteriore anno la disciplina transitoria per onlus e associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni stabilendo che entro il prossimo mercedi 10 aprile 2024 occorre presentare domanda per accedere al riparto del 5 per mille dell'Irpef per l'anno 2024;

   in realtà, si tratta di disposizioni relative al sostegno degli enti del terzo settore che si sarebbero dovute applicare già a partire dal 2022, ossia dall'anno successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale del terzo settore (Runts);

   provvisoriamente, l'articolo 9, comma 6 del decreto-legge n. 228 del 2021, modificato appunto dall'articolo 17-bis del suddetto decreto-legge n. 145 del 2023, dispone che in merito alle onlus iscritte alla data del 22 novembre 2022 all'anagrafe tenuta presso l'Agenzia delle entrate, la disposizione che consente di devolvere il 5 per mille agli enti del terzo settore iscritti nel Runts si applica solo dal quarto anno successivo a quello di operatività del Runts, vale a dire il 2025;

   fino a quell'anno quindi, si può destinare il 5 per mille alle onlus sulla base di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2020 per gli enti del volontariato, il quale prevede che la domanda di accesso in via telematica all'Agenzia delle entrate, direttamente o tramite un intermediario abilitato va presentata in caso di prima iscrizione, in presenza di modifiche rispetto alla precedente iscrizione oppure se non si è stati inseriti nell'elenco permanente, entro il 10 aprile;

   dal comunicato stampa dell'Agenzia delle entrate del 6 marzo 2024 n. 9, con il quale vengono illustrate modalità e termini per accedere al beneficio, si evince come anche oltre il 10 aprile le onlus e le associazioni sportive dilettantistiche abbiano la possibilità di accreditarsi, inviando la domanda entro il 30 settembre, a condizione di avere i requisiti necessari alla data del 10 aprile, versando con modello F24 Elide un importo di 250 euro con il codice tributo «8115» (cosiddetto remissione in bonis) –:

   con quali tempistiche verranno pubblicati gli elenchi definitivi degli enti accreditati nel termine straordinario della remissione in bonis.
(5-02246)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARAMIELLO e MORFINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 dicembre 2023, 140 donne hanno ricevuto l'esito dell'ultimo concorso pubblico per l'assunzione di 411 vice ispettori del corpo di polizia penitenziaria. Il concorso prevedeva l'assunzione di 378 uomini e 33 donne;

   risulta all'interrogante che le donne escluse dalla selezione, rivolgendosi alle istituzioni, hanno chiesto una modifica dei criteri selettivi vigenti, auspicando di accrescere l'opportunità di carriera del genere femminile, sollecitando gli organi competenti a porvi rimedio parificando il ruolo ed aggiornando la struttura organica del Corpo di polizia penitenziaria;

   in data 8 novembre 2023, con parere n. 4449, il Consiglio di Stato si è espresso a favore della cancellazione di tale distinzione tra i sessi nel ruolo di ispettore, citando un rinvio della Corte di giustizia dell'Unione europea, chiedendo che prevalga «l'esigenza di certezza di assicurare a tutti la tutela del diritto fondamentale alla parità di genere e non discriminazione nell'accesso al lavoro»;

   l'interrogante ritiene quanto in oggetto imprescindibile per salvaguardare la tutela degli articoli 3 e 51 della Carta costituzionale, secondo cui «tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza»;

   tuttavia, atteso che sono rimasti scoperti per insufficienza di uomini idonei 38 posti, in data 19 marzo 2024, l'amministrazione penitenziaria ha deciso di ampliare la platea delle donne vincitrici da 33 a 71, stabilendo come data di avvio al corso il 6 maggio 2024;

   atteso che negli ultimi 12 mesi le piante organiche, proprio nel ruolo ispettori, sono state ampliate per un totale previsionale di 4.190 unità e considerando che l'organico già presente sfiora un effettivo pari a 3.204 unità, residua un vuoto organico di circa 986 unità. Pertanto, risulta all'interrogante che le restanti 69 donne idonee in graduatoria, non integrate col provvedimento del 19 marzo 2024, chiedono uno scorrimento della graduatoria per consentire di prendere parte al corso (che inizierà come già indicato il 6 maggio 2024) insieme ai colleghi già nominati vincitori –:

   se il ministro interrogato condivida l'opportunità di procedere tempestivamente allo scorrimento completo della graduatoria attraverso un incremento dei posti a concorso, utilizzando le risorse straordinarie eventualmente disponibili per coprire il vuoto di organico;

   le modalità attraverso cui il Ministro interrogato, relativamente al caso di specie, intenda tutelare il diritto fondamentale alla parità di genere, non discriminando l'accesso al lavoro.
(4-02624)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto reso pubblico dal dossier «Morire di carcere» curato da Ristretti Orizzonti, dal 1° gennaio all'8 aprile 2024, 29 detenuti si sono suicidati negli istituti penitenziari italiani;

   per contenere il rischio suicidano è molto importante il contatto che il detenuto è autorizzato ad avere con i propri congiunti;

   a questo proposito ed a seguito di una campagna nonviolenta che impegnò Don David Riboldi e l'ex deputata Rita Bernardini, il 26 settembre del 2022, l'allora Capo del DAP Carlo Renoldi emanò una circolare rivolta ai direttori affinché continuassero ad usare – come nel periodo della pandemia Covid – la più ampia discrezionalità nel concedere ai detenuti la possibilità di comunicare con i propri familiari attraverso telefonate e video-chiamate; dall'inizio dell'anno e fino all'emanazione della citata circolare, si erano già verificati 64 suicidi, un numero senza precedenti che portò a registrare il record annuo di persone detenute che in carcere si erano tolte la vita: ben 84;

   nella predetta circolare si sottolineava la funzione fondamentale che i colloqui e le telefonate assumono sul piano trattamentale, quale modalità di conservazione delle relazioni sociali e affettive nel corso dell'esecuzione penale e quale strumento indispensabile per garantire il benessere psicologico delle persone detenute e internate, al fine di attenuare quel senso di lontananza dalla famiglia e dal mondo delle relazioni affettive che è alla base delle manifestazioni più acute di disagio psichico, spesso difficilmente gestibili personale degli istituti e che non di rado possono sfociare in eventi drammatici;

   se si mantenesse la drammatica tendenza dei primi 99 giorni del 2022, al 31 dicembre prossimo si rischierebbe di superare il record del 2022, superando i 100 suicidi in un anno;

   il Sole 24 ore del 19 agosto 2023, in un articolo a firma di Giovanni Negri, riportava l'annuncio del Ministro interrogato che si dichiarava pronto a presentare in Consiglio dei ministri il provvedimento che aumentava il numero delle telefonate, passando da quattro a sei al mese, con la possibilità per i direttori degli istituti di aumentarne il numero in casi motivati; ciò avveniva – come segnalato nel citato articolo – a seguito del suicidio di due donne detenute a Torino;

   in tutte le carceri del nord e in diversi istituti del centro Italia i detenuti hanno la possibilità di inviare e-mail utilizzando la posta elettronica come accade da oltre trent'anni nella società esterna. In nessun istituto dell'Italia del sud e delle isole è invece possibile usare questo strumento di comunicazione che ha ormai quasi soppiantato l'invio di posta tramite lettera e francobollo –:

   quando si intende dar seguito agli intendimenti manifestati il 19 agosto 2023, aumentando il numero delle telefonate a disposizione dei detenuti;

   quando il servizio e-mail sarà esteso a tutto il territorio nazionale evitando discriminazioni fra i detenuti.
(4-02627)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta orale:


   BARABOTTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il settore della moda rientra tra principali esempi del made in Italy nel mondo; un comparto che conta circa 60.000 imprese e oltre 600.000 addetti;

   negli ultimi anni la filiera produttiva del tessile abbigliamento, pelle, cuoio, calzature e occhialeria ha subito forti contraccolpi; la crisi pandemica prima e le tensioni internazionali (dalla guerra in Ucraina alla crisi del Mar Rosso) hanno incrinato un asset fondamentale per l'economia italiana;

   sono sempre più frequenti i fermi produttivi e il ricorso agli ammortizzatori sociali evidenziano una tendenza negativa che necessita di interventi immediati e mirati;

   dal confronto con le principali associazioni di categoria è emersa la necessità di intervenire con strumenti, così sintetizzabili:

    1) moratoria su finanziamenti garantiti ottenuti dalle imprese del settore a partire dal 2020, quali ad esempio i prestiti SACE, sospensione straordinaria su linee di credito in conto corrente, finanziamenti per anticipi su titoli di credito, scadenze di prestiti a breve e rate di prestiti e canoni in scadenza a cui le aziende hanno avuto accesso a seguito della pandemia COVID-19;

    2) possibilità di sospensione momentanea dei finanziamenti in genere (non specifici Covid) per le aziende che ne facciano specifica richiesta;

    3) estensione straordinaria della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione e definizione di ammortizzatori sociali ad hoc per le imprese artigiane e PMI del settore;

    4) contributo a copertura totale per un primo modulo espositivo per la partecipazione a manifestazioni in Italia ed all'estero con qualifica di fiera internazionale a favore delle imprese artigiane e PMI del settore moda almeno per tutto l'anno 2024 e per il primo semestre 2025;

   si evidenzia quindi la necessità di tempestive misure di carattere economico, nel quadro di un più ampio progetto di politica industriale e rilancio del comparto moda –:

   quali iniziative di competenza il Governo abbia strutturato o intenda strutturare a sostegno del comparto della moda, specificando se siano previsti nel breve termine interventi di natura economica e programmatica a tutela dell'intera filiera.
(3-01124)


   GIANASSI, FOSSI e PELUFFO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore moda rappresenta uno dei comparti di maggior importanza del Paese, finalizzato soprattutto all'esportazione in tutti i continenti e alla promozione del made in Italy;

   si tratta di un sistema imprenditoriale con circa 60.000 imprese manifatturiere e oltre 600.000 addetti;

   dopo gli anni della pandemia il settore ha saputo reagire ma l'incerto e conflittuale contesto internazionale, caratterizzato da crisi energetica e aumento dell'inflazione, sta creando una contrazione economica generalizzata che ha pesanti ricadute sui fatturati delle imprese del comparto;

   le associazioni di categoria, con una lettera al Governo, hanno segnalato queste criticità che riguardano in particolare la pelletteria, il calzaturiero e il tessile, evidenziando come la moda non abbia potuto usufruire di misure a sostegno o contributi specifici come quelli sviluppati per altri settori;

   le associazioni di categoria hanno avanzato al Governo alcune richieste ufficiali. In particolare:

    a) la moratoria su finanziamenti garantiti ottenuti dalle imprese del settore a partire dal 2020, quali a esempio i prestiti Sace, sospensione straordinaria su linee di credito in conto corrente, finanziamenti per anticipi su titoli di credito, scadenze di prestiti a breve e rate di prestiti e canoni in scadenza a cui le aziende hanno avuto accesso a seguito della pandemia Covid-19 (misure che erano state predisposte per l'opportuna ripartenza);

    b) la possibilità di sospensione momentanea dei finanziamenti in genere (non specifici Covid) per le aziende che ne facciano specifica richiesta;

    c) l'estensione straordinaria della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione e definizione di ammortizzatori sociali ad hoc per le imprese artigiane e Pmi del settore;

    d) il contributo a copertura totale per un primo modulo espositivo per la partecipazione a manifestazioni in Italia e all'estero con qualifica di fiera internazionale a favore delle imprese artigiane e Pmi del settore moda (tessile, abbigliamento, pelletteria, pellicceria, calzature, occhialeria e componenti per la realizzazione delle collezioni) almeno per tutto l'anno 2024 e per il primo semestre 2025;

    e) la definizione di una misura che agevoli l'inserimento nel settore di nuova tecnologia e strumenti digitali con accompagnamento di tale inserimento a percorsi formativi ad hoc, sostegno per investimenti nella realizzazione dei campionari e promozione anche tramite strumenti digitali;

    f) la progettazione di azioni di supporto alle filiere presenti nei distretti moda partendo dalla messa a disposizione di strumenti finanziari tesi ad agevolare le aggregazioni d'imprese in forme varie;

    g) la messa in campo di azioni di comunicazione verso le giovani generazioni per stimolare l'acquisto di prodotti made in Italy favorendo anche le produzioni attente a sviluppare percorsi di sostenibilità economica, sociale e ambientale e agevolazioni per l'acquisto di prodotti italiani;

   la situazione attuale può avere ripercussioni gravi non solo sulla continuità produttiva delle imprese interessate ma sui livelli occupazionali coinvolti ed è quindi necessario che il Governo metta in campo gli strumenti normativi e le risorse adeguate per salvaguardare uno dei settori chiave della nostra economia –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti e se intendano adottare conseguentemente iniziative urgenti a sostegno del settore moda per salvaguardare uno dei principali settori del made in Italy a partire dalle richieste delle associazioni di categoria esposte in premessa.
(3-01125)


   FOSSI e GIANASSI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il settore industriale della pelletteria di lusso rappresenta uno dei comparti di maggior importanza del business dell'alta moda finalizzato soprattutto all'esportazione in tutti i continenti ed alla promozione del made in Italy;

   i dati relativi al comparto parlano infatti di esportazioni complessive annue per 80 miliardi di euro. Di questi, sono 10 i miliardi generati proprio dalla pelletteria, con una crescita del 6 per cento anche nei primi sei mesi del 2023, con export per 5,6 miliardi di euro;

   si tratta di lavorazioni, progettate e commissionate dalle grandi imprese sia italiane che multinazionali, che vengono vengono realizzate da artigiani di altissima specializzazione;

   uno dei distretti più significativi di questi settore di contoterzisti è situato nella provincia di Firenze ed in particolar modo nella realtà industriale di Scandicci, caratterizzato da centinaia di piccole e medie imprese con migliaia di lavoratori;

   da alcuni mesi, a causa di una crisi generata da contrazione della domanda, anche a seguito delle criticità del contesto geo-politico globale, sono state avviate procedure di cassa integrazione guadagni per circa 4.000 lavoratori solo nella provincia di Firenze e non si intravede a breve alcun superamento di tale fase problematica;

   le associazioni toscane di categoria hanno dichiarato di «essere molto preoccupate dai segnali di crisi nel distretto fiorentino della pelletteria, perché moda, pelletteria e meccanica sono tre comparti trainanti dell'economia regionale e anche nazionale»;

   è evidente come questa crisi possa avere ripercussioni gravissime non solo sulla continuità produttiva delle imprese interessate ma sui livelli occupazionali coinvolti –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa relative al settore delle imprese contoterziste della pelletteria di lusso in provincia di Firenze;

   se non si ritenga conseguentemente necessario adottare iniziative urgenti – a partire dalla convocazione di un tavolo interministeriale di confronto con le associazioni sindacali, le istituzioni locali e le stesse aziende committenti – con l'obiettivo di risolvere la crisi delle piccole e medie imprese contoterziste e tutelare un settore di altissima qualità, da sempre vanto mondiale del made in Italy;

   se non si ritenga altresì di dover assicurare risorse ai processi di innovazione del settore della pelletteria di lusso e della moda, anche valorizzando l'attività di formazione svolte dalle alte scuole di pelletteria e promuovendo l'istituzione di corsi appositi nelle università toscane, al fine di promuoverne competitività e sostenibilità.
(3-01126)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   GHIRRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa locale si apprende di gravi fatti di molestie avvenuti a bordo dei traghetti Tirrenia ai danni di passeggere, durante i viaggi nelle tratte operate dalla compagnia fra la Sardegna e il Continente;

   in particolare, dopo la denuncia di una passeggera, sarebbero emersi numerosi episodi del tutto similari, tutti avvenuti nei confronti di donne che viaggiano da sole, e che si trovano quindi a occupare cabine o a sostare nei locali comuni delle navi, soprattutto durante le traversate notturne invernali meno frequentate;

   i predetti episodi di molestie sarebbero riconducibili non solo in capo a passeggeri ma, ciò che si ritiene più grave, sarebbero avvenuti anche e soprattutto ad opera di personale maschile in servizio presso l'equipaggio dei traghetti; uomini quindi che, con estrema facilità, proprio in ragione delle mansioni svolte, hanno accesso ai dati personali delle passeggere e in più occasioni li avrebbero utilizzati per mettere in atto vere e proprie molestie nei confronti di queste ultime, contattandole sui social o importunandole altrimenti, lungo i corridoi o negli spazi comuni, con ostinazione e di persona;

   in taluni casi addirittura il molestatore si sarebbe presentato nottetempo davanti alla cabina occupata dalla passeggera presa di mira, bussando con insistenza, fino a terrorizzare la vittima, la quale, priva persino della linea telefonica – assente durate la traversata – non ha avuto altri mezzi per difendersi se non ergere una barricata contro la porta con gli arredi della cabina, nel timore che l'aggressore avesse un passe-partout in dotazione al personale;

   da quanto riportato dagli articoli di stampa sembrerebbe che la compagnia di navigazione abbia replicato scusandosi dell'accaduto ma senza intraprendere particolari iniziative –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare nei confronti delle compagnie di navigazione, anche nell'ambito dei relativi contratti di servizio, al fine di dare soluzione alle forti criticità esposte in premessa, con l'adozione di misure volte ad assicurare una maggiore sicurezza a passeggere e passeggeri dei traghetti.
(5-02247)


   PASTORELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la cosiddetta «interconnessione» di Parma è un'infrastruttura realizzata nel 2010, con un costo di circa 100 milioni di euro, che consente ai treni ad alta velocità di entrare e uscire dalla stazione di Parma;

   attualmente, l'interconnessione è utilizzata da Rfi come binario di emergenza, risultando quindi manutenuta ed attiva, ma non è mai stata utilizzata stabilmente per il trasporto di persone, se non per eventi sportivi e fiere;

   nel 2019 e nel 2020 la giunta comunale di Parma avviò delle interlocuzioni con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti proponendo l'utilizzo intensivo dell'interconnessione o la realizzazione di una nuova stazione Alta velocità nei pressi delle Fiere di Parma. Queste interlocuzioni portarono nel 2021 alla sottoscrizione di un protocollo d'intesa tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Emilia-Romagna, comune di Parma e Rfi. Tutti i sottoscrittori del protocollo hanno convenuto su «l'opportunità e l'urgenza di determinare la migliore modalità per inserimento efficace della città di Parma e del suo territorio nel reticolo dei servizi alta velocità» perché, «sia per importanza demografica sia per la presenza di un significativo tessuto produttivo turistico-culturale», necessitano di un'efficace connessione al sistema dei servizi ferroviari ad Alta velocità;

   l'attuale giunta comunale ha proseguito il dialogo sul tema sia con Trenitalia/Rfi che con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Le interlocuzioni sono sfociate anche in due incontri con il Ministro interrogato, ma la situazione sembra essere in stallo;

   le criticità sollevate da Trenitalia/Rfi nell'utilizzo dell'interconnessione non sembrano dirimenti poiché la scarsità di richiesta che avrebbe portato a dicembre 2023 alla soppressione di cinque treni «Freccia» con fermata nella stazione di Parma, interessa la tratta Milano-Costa adriatica e non il collegamento Milano-Bologna-Roma;

   altri operatori sembrano interessati a integrare la stazione di Parma nelle tratte offerte e alcuni soggetti del contesto produttivo e imprenditoriale della provincia si sono detti disponibili, insieme alla giunta comunale, a studiare soluzioni condivise, anche sperimentali ed alternative al mero aumento del numero dei treni;

   ciò che sembra mancare è l'interesse politico a rendere operativa un'infrastruttura già funzionante costata 100 milioni di euro, che permetterebbe di collegare efficacemente Parma e il territorio circostante con treni ad alta velocità, favorendo i cittadini, le imprese e il turismo dell'intera Provincia –:

   quali siano le intenzioni di utilizzo dell'infrastruttura cosiddetta «interconnessione» di Parma e, in particolar modo, se intenda prevedere l'integrazione della suddetta infrastruttura nelle linee ad alta velocità che interessano la Regione, con particolare riferimento alla tratta ferroviaria Milano-Bologna- Roma.
(5-02248)


   IARIA, SCUTELLÀ, BALDINO, CANTONE, FEDE e TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la ferrovia Jonica è una linea ferroviaria italiana che collega Taranto a Reggio Calabria attraverso la costa ionica di Puglia, Basilicata e Calabria. L'opera è stata suddivisa in numerosi lotti;

   con riguardo al potenziamento del collegamento Lamezia-Catanzaro-dorsale ionica si rileva quanto segue: con il decreto-legge n. 32 del 2019 sono previsti mediante decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, gli interventi caratterizzati da particolare complessità, tra questi, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 agosto 2021, vi è anche il potenziamento del collegamento Lamezia- Catanzaro-dorsale ionica. L'intervento in oggetto è stato poi inserito tra gli investimenti del PNRR;

   gli interventi di velocizzazione consentiranno di raggiungere i 140 km/h lungo i dieci chilometri della tratta Lamezia Terme-Settingiano. La velocizzazione sarà realizzata attraverso tre tipi di interventi: varianti di tipo plano-altimetrico, sopraelevazione del tracciato esistente, varianti di tracciato su nuova sede in affiancamento alla linea esistente con alcuni tratti in viadotto, tra cui quello sul torrente Cancello. L'intervento comprende, inoltre, l'elettrificazione dei 43 chilometri dell'intera linea Lamezia Terme-Catanzaro Lido con la realizzazione di tre sottostazioni elettriche a supporto della trazione elettrica;

   l'appalto ha un valore di circa 165 milioni di euro finanziati in parte con fondi PNRR e consente l'avvio del primo dei tre lotti funzionali in cui risulta articolato il complessivo progetto d'investimento potenziamento collegamento Lamezia Terme-Catanzaro Lido-dorsale Jonica approvato dal commissario straordinario di Governo con ordinanza n. 4 del 25 settembre 2023;

   è notizia di qualche giorno fa che Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) ha annunciato l'assegnazione dei lavori di elettrificazione della tratta Sibari-Crotone. Questo progetto, del valore di circa 37,5 milioni di euro parzialmente finanziato con risorse del PNRR;

   è nota la strategicità di questa importante infrastruttura per il Sud e per la Calabria in particolare, ed è altrettanto noto agli interroganti che l'opera sia stata definanziata nell'ambito del PNRR –:

   se il Ministro interrogato per quanto di competenza, intenda fornire un cronoprogramma aggiornato dell'elettrificazione della linea ferroviaria in oggetto, con particolare riguardo alle fonti di finanziamento dedicate.
(5-02249)


   BARBAGALLO, BAKKALI, CASU, GHIO e MORASSUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il sistema aeroportuale è un anello fondamentale per lo sviluppo e la crescita sociale ed economica dei territori e dell'intero Paese garantendo la mobilità dei cittadini e delle merci;

   secondo un recente studio condotto da ParkVia, piattaforma online che consente di prenotare servizi in più di 2000 parcheggi aeroportuali in Europa, sono molti gli aeroporti che devono ancora migliorare sul piano dei servizi offerti;

   lo studio ha preso in esame 33 scali e la valutazione si è basata su otto differenti fattori, come la connessione wi-fi gratuita; fast-track; lounge aeroportuali; parcheggi coperti, nello scalo o raggiungibili con navetta; il punteggio delle recensioni di Google; il numero di voli di linea operato negli ultimi 30 giorni; il numero delle destinazioni nazionali e internazionali; la distanza in auto dal centro della città più vicina;

   lo studio ha permesso di stabilire una classifica, elencando nel dettaglio i primi 10 migliori aeroporti in cui figurano: Roma-Fiumicino, Napoli, Milano-Malpensa, Olbia, Milano-Linate, Bari, Cagliari; Torino, Venezia, Milano-Bergamo;

   dalla decima posizione in su sono elencati gli aeroporti con performance peggiori per qualità dei servizi offerti;

   al tredicesimo posto c'è l'aeroporto di Catania che presenta diverse criticità, dal wi-fi gratuito che manca completamente, ai lunghi tempi di accesso agli imbarchi, con conseguenti giudizi negativi, alle contestazioni sul livello di correttezza delle gare;

   ancora oggi tante sono le compagnie che rinunciano alla tratta Catania-Roma;

   tutte queste e molte altre sono le criticità da superare dopo i disastri della scorsa estate;

   nel 2022, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili aveva posto in consultazione la bozza del Piano nazionale aeroporti (Pna), elaborato dall'Enac, come documento di indirizzo politico e tecnico per lo sviluppo del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, che disegna il perimetro dell'aviazione civile fino al 2035, in linea con le tematiche di sostenibilità ambientale, digitalizzazione e innovazione tecnologica previste dal PNRR. In base al codice della navigazione la revisione del piano dovrebbe seguire lo stesso iter di adozione del precedente piano, ossia essere sottoposto come schema alle competenti commissioni parlamentari al fine di acquisirne il parere per la successiva adozione come decreto del Presidente della Repubblica –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per favorire lo sviluppo dell'aeroporto di Catania in linea con le migliori performance nazionali e, quando intenda presentare lo schema del Piano nazionale aeroporti, al fine di avviarne l'esame parlamentare per affrontare il tema del rilancio del settore aeroportuale nazionale.
(5-02250)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   STEFANAZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   tra il 28 e il 29 marzo 2024, fra la mezzanotte e le 4 e mezzo, sono divampati due incendi a Seclì e a Merine, frazione di Lizzanello (Lecce);

   i roghi hanno ambedue interessato delle autovetture, di proprietà di un pescatore e di un imprenditore del luogo;

   da ciò che consta all'interrogante, entrambi gli episodi sarebbero di origine dolosa;

   da lungo tempo episodi del genere si susseguono in tutto il Salento e con diverse interrogazioni parlamentari è stato chiesto al Ministro interrogato di adottare provvedimenti urgenti per fermare l'ondata di fatti criminosi in atto;

   ad oggi a nessuna delle suddette interrogazioni è stato dato riscontro e, in assenza di qualsiasi intervento da parte del Ministero dell'interno, le forze dell'ordine faticano a contenere la recrudescenza di fenomeni criminali e mafiosi –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per frenare l'escalation di atti violenti e intimidatori che da tempo si osserva nel Salento;

   se intenda provvedere all'immediata convocazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, quale idonea sede di concertazione delle azioni più adeguate da intraprendere al fine di tutelare i cittadini e salvaguardare la serenità dell'intera comunità.
(4-02628)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   URZÌ. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12-bis comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 1983 prevede, tra l'altro, che, in attuazione dell'articolo 19 dello statuto d'autonomia, la provincia di Bolzano, d'intesa, a seconda della competenza, con la libera università di Bolzano o il conservatorio di musica che hanno sede sul territorio provinciale: a) disciplina la formazione iniziale degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado dei tre gruppi linguistici della Provincia di Bolzano, b) autorizza l'istituzione dei relativi percorsi formativi abilitanti e specializzanti, c) autorizza la libera università di Bolzano o il conservatorio di musica alla loro attivazione;

   l'abilitazione e la specializzazione conseguite secondo i percorsi formativi stabiliti dalla disposizione del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 1983 poc'anzi richiamata hanno validità su tutto il territorio nazionale;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2023 definisce il percorso universitario e accademico di formazione iniziale e abilitazione dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, in attuazione degli articoli 2-bis e 2-ter, dell'articolo 13 e dell'articolo 18-bis del decreto legislativo n. 59 del 2017, determina i criteri e i contenuti dell'offerta formativa, i requisiti dei centri, le modalità organizzative, i costi massimi a carico degli interessati, i criteri e le modalità di svolgimento della prova finale, al fine del conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento per la scuola secondaria di primo e secondo grado, per le relative classi di concorso;

   nella scuola in lingua tedesca e ladina della provincia di Bolzano sono stati attivati, negli anni passati, i percorsi abilitanti ai sensi dell'articolo 12-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 1983 in collaborazione con la libera università di Bolzano, ma senza l'intesa prescritta, con la motivazione che «in seguito alle riforme più recenti avvenute su livello nazionale, la formazione dei docenti della scuola secondaria non ha carattere universitario e, pertanto, si prescinde dall'intesa con la Libera Università di Bolzano prevista dall'art. 12-bis del D.P.R. Nr. 89/1983» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se, a seguito della riforma della formazione iniziale dei docenti di cui al decreto legislativo n. 59 del 2017 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2023, intendano chiarire se le abilitazioni che scaturiscono, da adesso in poi, dai percorsi attivati dalla scuola in lingua tedesca e ladina, in assenza dell'intesa con la libera università di Bolzano, abbiano validità su tutto il territorio nazionale oppure solamente a livello locale.
(4-02626)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Sergio Costa e altri n. 1-00266, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2024, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carmina.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Provenzano e altri n. 7-00215, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 aprile 2024, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Giorgianni n. 3-00791, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Congedo.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Casasco n. 1-00253, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 251 del 27 febbraio 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    il percorso europeo di de-carbonizzazione, cosiddetto «Green Deal», mira alla neutralità climatica entro il 2050 attraverso una serie di regolamenti tra cui, con riferimento alle produzioni ad alte emissioni (hard to habate), il sistema ETS (Emission Trading System) del 2005 ed il recente Regolamento (UE) 2023/956 Cbam (Carbon Border Adjust Mechanism);

    la ratio delle due regolamentazioni europee è guidare questi settori a ridurre progressivamente le emissioni di anidride carbonica e, parallelamente, difendere questo percorso applicando, dal 1° gennaio 2026, alle importazioni di alcuni prodotti strategici ad alta intensità emissiva (acciaio e altri prodotti siderurgici, alluminio, fertilizzanti, cemento idrogeno ed energia elettrica) provenienti da Paesi extraeuropei, gli stessi costi del carbonio sostenute dalle imprese ricadenti in Ets, attraverso il meccanismo Cbam. Questo è progettato per integrare l'Ets imponendo un prezzo del carbonio sulle citate materie prime, importate nell'Unione europea da Paesi terzi che non applicano costi sulle emissioni di anidride carbonica a livelli paragonabili a quelli applicati nell'Unione europea, con l'intento di costringere anche i produttori di quei Paesi a ridurre le loro emissioni per poter accedere al mercato europeo e di contrastare il rischio di «trasferimento» delle emissioni di anidride carbonica (carbon leakage);

    nei confronti del Cbam le associazioni cui fanno capo i soggetti obbligati hanno rilevato diverse criticità. In breve:

     a) i prodotti finiti extra Unione europea non compresi nell'allegato 1 del regolamento potranno essere importati secondo le regole del libero mercato senza sostenere i costi del meccanismo Cbam applicati a partire dal 2026, anche se assemblati con i medesimi prodotti ad alta intensità emissiva, acquisendo un vantaggio competitivo nei costi di produzione rispetto ai nostri trasformatori;

     b) nel Cbam proposto manca un meccanismo per favorire le esportazioni, idoneo a mantenere competitivi i beni prodotti in Europa che utilizzano i prodotti di cui all'allegato 1 del regolamento, da destinare ai mercati al di fuori dell'Unione europea. Di conseguenza, la misura impatta sulla competitività delle imprese continentali che esportano i prodotti trasformati in ambito extra-Unione europea (export rebate);

     c) la mole di informazioni da raccogliere per la quantificazione delle emissioni è significativa. Per ogni merce importata, gli operatori devono fornire dati sul sito in cui la merce è stata prodotta, il tipo di processo produttivo impiegato, le fonti emissive e le emissioni dirette e indirette di ciascun processo produttivo. Effetto diretto della complessità di gestione dell'intero meccanismo è stato il temporaneo blocco della piattaforma – il Registro transitorio centralizzato gestito dalla Commissione europea – cui inviare i dati, con il conseguente slittamento di 30 giorni della prima relazione trimestrale, cui gli importatori sono obbligati;

     d) le metodologie di calcolo delle emissioni incorporate per gestire la contabilità delle emissioni non appaiono sufficientemente agili e semplificate. La quasi totalità di questi dati deve essere fornita dai produttori delle merci importate dislocati nei Paesi terzi di importazione, che si rivelano spesso poco edotti sul meccanismo e poco inclini a collaborare. Le imprese europee importatrici sono così esposte a costi di transazione e a potenziali rischi di sanzioni;

     e) in un contesto di frammentazione economica e tensioni geopolitiche internazionali l'applicazione dello strumento rischia di sortire un effetto opposto a quello cercato. Dal 2020 al 2023 le importazioni dell'Unione europea di alluminio dalla Russia sono passate da 840 mila tonnellate a 567 mila tonnellate. Il gap è stato colmato dall'India. Ma l'alluminio russo è prodotto in prevalenza con energia da idroelettrico, quello indiano da fonti fossili. Al prezzo fissato dai mercati internazionali si aggiungerebbe quello del carbonio incorporato;

     f) la nostra produzione siderurgica è fondamentale per sostenere le filiere metalmeccaniche delle industrie del made in Italy; la produzione a ciclo integrato ad alto forno (vedasi l'ex Ilva) subirà un notevole aumento di costo proprio mentre si cerca di rilanciarne e sostenere la produzione e per la quale servono importanti investimenti tecnologici. Già nell'ultimo decennio il calo della produzione (da circa 8 milioni di tonnellate a 2,5 milioni) ha comportato un aumento dei costi e della dipendenza dalle importazioni;

    per quanto riguarda la direttiva Ets, relativa al funzionamento del mercato delle quote di emissione per i settori ad alta intensità emissiva, nell'aprile 2023 ne è stata approvata la riforma, che prevede un progressivo decremento delle assegnazioni alle imprese di quote a titolo gratuito che si annulleranno a partire dal 2035, accompagnato dalla progressiva inclusione di settori precedentemente esclusi (dal 2024 trasporto marittimo, dal 2025 edifici, trasporto stradale e ulteriori settori industriali), imponendo, per il 2030, l'abbattimento delle emissioni del 62 per cento rispetto al 2005 (precedentemente era previsto il 43 per cento);

    il prezzo dei permessi di emissione si è mosso attorno agli 80 euro nel 2023 (a fronte dei 15 dollari la tonnellata dei permessi di emissione americani) e si prevede un trend crescente: 93 euro nel 2024, 150 euro nel 2030 (Bloomberg Nef). La riforma degli Ets è giudicata dalla generalità delle imprese troppo pesante, per i rilevanti costi che essa comporta;

    così come concepiti il meccanismo Ets e il meccanismo Cbam incideranno sulla competitività dei produttori e delle aziende manifatturiere trasformatrici a valle, utilizzatrici delle materie prime assoggettate, cioè su un obiettivo che dovrebbe essere tra le priorità dell'Unione europea. Secondo un recente studio di Goldman Sachs il Cbam comporterà un aumento del costo dell'acciaio del 15-30 per cento e dell'alluminio del 7-20 per cento;

    è prevedibile che questi incrementi si verifichino tanto sui prodotti di acciaio e alluminio dell'Unione europea (rientranti nell'allegato I del regolamento), che in misura presumibilmente maggiore se proveniente da Paesi terzi (con maggior emissioni incorporate). Tuttavia, qualora i prodotti importati non siano compresi nell'allegato I (ad esempio, prodotti finiti come autoveicoli, macchine industriali, elettrodomestici, finestre e altri), questi potrebbero aggirare il meccanismo non sostenendo alcun costo per i prodotti di acciaio e l'alluminio utilizzati prodotti nei Paesi terzi;

    questa impostazione potrebbe influenzare il modo in cui i produttori europei pensano agli investimenti. Senza metodologie che bilancino vantaggi e svantaggi, le aziende (in particolare quelle di prodotti finiti a maggior valore aggiunto) potrebbero decidere che l'incertezza è eccessiva e spostare la produzione ad alta intensità di carbonio fuori dall'Unione europea, in Paesi senza carbon tax o in Paesi con sussidi più vantaggiosi. Ciò è ancora più rilevante per l'Italia, che è un Paese di trasformazione, in quanto importa materie prime grezze ed esporta prodotti finiti;

    il meccanismo Cbam, in particolare, nato con l'obiettivo di tutelare l'industria e l'occupazione europee, lo sviluppo, la produzione e la sovranità economica del nostro sistema, se non applicato in maniera estesa ed efficace, rischia di non raggiungere i suoi target ambientali e di aggiungere un onere regolatorio sulle catene di valore delle aziende dell'Unione europea che da anni si muovono tra incertezze macroeconomiche;

    l'efficacia del meccanismo – che ha il condivisibile obiettivo di rispecchiare i costi Ets anche per le produzioni derivanti dai Paesi terzi – risulta, quindi, quantomeno dubbia, in assenza di interventi relativi sia alla sua modalità di applicazione, sia a misure che consentano di promuovere la concorrenzialità dell'industria europea decarbonizzata anche nei mercati esteri;

    il 9 maggio 2023 è stata approvata dalla Camera dei deputati la mozione 1-00135 che ha impegnato il Governo «a sostenere nella transizione energetica ed ecologica un modello di sviluppo che sia in grado di garantire la salvaguardia dell'ambiente, dell'individuo e dell'economia, di perseguire la neutralità climatica assicurando il principio della neutralità tecnologica nei settori elettrico, termico e dei trasporti»,

impegna il Governo:

1) ad avviare le opportune interlocuzioni con le istituzioni eurounitarie al fine di:

  a) mitigare gli effetti distorsivi del regolamento (UE) 2023/956 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023, «Carbon border adjustment mechanism» (Cbam), anche attraverso opportune modifiche, secondo modalità che:

   1) estendano la sua applicazione anche al calcolo e alla rendicontazione delle emissioni incorporate dei prodotti finiti realizzati con i medesimi materiali ad alta intensità emissiva soggetti a Cbam, importati nell'Unione;

   2) semplifichino le future procedure di autorizzazione e diano certezza agli operatori sia in termini di regole tecniche per le comunicazioni, sia mediante introduzione di metodi di calcolo definiti chiaramente nell'apposito atto delegato in via di definizione a livello europeo;

   3) tengano conto delle distorsioni del mercato derivanti dall'instabilità del contesto geopolitico internazionale e dal mutamento del sistema delle alleanze e degli accordi internazionali;

   4) coordinino le misure del Cbam con la riforma del mercato europeo di scambio delle quote di emissione di anidride carbonica (Ets) secondo un modello che tenga conto della necessità di non impattare sulla competitività delle imprese europee, in particolare nei settori hard to abate e, più in generale, su tutto il manifatturiero, e di non attivare fenomeni di delocalizzazione;

  b) prevedere, nel recepimento della direttiva (UE) 2023/959 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, recante modifica della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione (Ets) e di altre disposizioni ad essa collegate, come, ad esempio, la destinazione dei proventi derivanti dal meccanismo stesso, misure funzionali a contenere gli impatti negativi sui settori inclusi, in particolare attraverso la disponibilità di soluzioni di decarbonizzazione a costi compatibili con la necessità di non alterare la capacità delle imprese dell'Unione europea di essere protagoniste a livello globale;

  c) prevedere appositi meccanismi di supporto, finanziati a livello di Unione europea, funzionali a dotare rapidamente i settori cosiddetti hard to abate di soluzioni di decarbonizzazione, preservandone la competitività.
(1-00253) (Nuova formulazione) «Casasco, Caramanna, Andreuzza, Cavo, Cortelazzo, Mantovani, Gusmeroli, Semenzato, Squeri, Ambrosi, Barabotti, Rossello, Antoniozzi, Di Mattina, Mazzetti, Caiata, Toccalini, Polidori, Barelli, Molinari, Angelucci, Bagnai, Battilocchio, Bellomo, Benvenuto, Billi, Bisa, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Candiani, Caparvi, Carloni, Carrà, Cattaneo, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Colombo, Comaroli, Comba, Crippa, Dara, Davide Bergamini, Di Maggio, Donzelli, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Giglio Vigna, Giordano, Giovine, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Maerna, Marchetti, Matone, Miele, Minardo, Montemagni, Morrone, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Paolo Emilio Russo, Pierro, Pietrella, Pizzimenti, Pretto, Ravetto, Rotondi, Sasso, Schiano di Visconti, Stefani, Sudano, Ziello, Zinzi, Zoffili, Zucconi».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Scotto n. 1-00265, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 270 del 26 marzo 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    in questi anni le crisi hanno acuito le diseguaglianze a livelli inaccettabili, con una fortissima concentrazione della ricchezza in poche mani, con la polarizzazione tra le diverse categorie di lavoratori, tra le retribuzioni, tra i generi e le diverse generazioni;

    per una ripresa equa e stabile nel nostro Paese è necessario un vero e proprio «nuovo contratto sociale», che sul fronte del lavoro veda al centro una serrata lotta alla precarietà, allo sfruttamento e alla povertà, limitando il ricorso a tutte quelle formule contrattuali che minano il concetto di buona e stabile occupazione e che colpiscono le fasce più fragili della popolazione, a cominciare dai giovani e dalle donne;

    la sfida dei mercati internazionali, così come quella della rivoluzione tecnologica e della transizione ecologica, non può più essere affrontata puntando sulle basse retribuzioni, sulla compressione dei diritti dei lavoratori e su bassi livelli di produttività, pena il rischio della marginalità e di squilibri sociali drammatici. Non ultimo, è di tutta evidenza il nesso tra la precarietà del lavoro e l'acuirsi dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, con il tragico corollario dei tanti morti e infortuni che ancora affliggono il nostro mercato del lavoro;

    tali sfide non possono essere affrontate con soluzioni anacronistiche e decontestualizzate dal livello globale. La stessa dimensione nazionale rischia di non essere più adeguata per assicurare una reale capacità competitiva per il nostro sistema produttivo e per il mantenimento di adeguati livelli occupazionali in grado di assicurare una vita dignitosa e di sostenere un sistema di welfare al passo con le sempre nuove esigenze della popolazione;

    secondo il benchmarking working Europe 2024, predisposto dal centro di ricerca della Confederazione europea dei sindacati, la retribuzione reale media, al netto dell'inflazione, è scesa nel 2023 dello 0,7 per cento. Per i lavoratori italiani questo valore si è attestato a un meno 2,6 per cento. Peggio di noi hanno fatto solo l'Ungheria e la Repubblica Ceca;

    dalla stessa analisi, e non solo, emerge che i profitti delle imprese negli ultimi due anni sono cresciuti in termini reali. Un dato che, secondo, la Banca centrale europea, è alla base dell'impennata inflazionistica registratasi negli ultimi anni. Secondo gli economisti della Banca centrale europea, non si è innescata alcuna pericolosa spirale salari-prezzi, tanto più nel caso italiano, ma ad alimentare la corsa dei prezzi innescata da ripresa post-Covid e dalla guerra in Ucraina il fattore più incisivo sono i profitti nell'Eurozona;

    in base ai dati di Eurostat, l'Italia è l'unico Paese tra i 27 Stati Ue con un indice del costo del lavoro in recessione dello 0,1 per cento nell'ultimo trimestre 2023, rispetto all'analogo periodo del 2022. Un valore che si scontra con il dato medio del 3,8 per cento per i Paesi Ue e del 3,1 per cento per i Paesi dell'Eurozona;

    come già tristemente noto, l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento), mentre in Germania è cresciuto del 33,7 per cento e in Francia del 31,1 per cento. Si tratta di un andamento composto, infatti nella decade 1990-2000 e in quella 2000-2010 i salari in Italia sono cresciuti, seppure con una dinamica piatta, rispettivamente dello 0,7 per cento e del 5,2 per cento. L'ultima decade 2010-2020 è stata quella maggiormente negativa con una caduta del –8,3 per cento. In queste tre decadi è aumentato il divario tra la crescita media dei salari nei Paesi Ocse e la crescita dei salari in Italia progressivamente dal –14,6 per cento (1990-2000), al –15,1 per cento (2000-2010) e, infine, al –19,6 per cento (2010-2020). Allo stesso tempo, questi valori si sono accompagnati ad un andamento della produttività del lavoro che, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell'area, è comunque cresciuta più dei salari, quindi non solo la sua dinamica è stata contenuta, ma non sembrano nemmeno aver funzionato i meccanismi di aggancio dei livelli salariali alla performance del lavoro;

    tra le principali cause dei bassi livelli salariali in Italia si segnalano la discontinuità lavorativa, il part-time e la precarietà contrattuale, a cui bisogna aggiungere la maggior presenza di basse qualifiche e i mancati rinnovi contrattuali;

    i dati Eurostat mostrano come, nel 2022, all'interno dell'occupazione dipendente l'Italia abbia registrato, da un lato, una percentuale di dirigenti e delle professioni intellettuali e scientifiche nettamente più bassa rispetto alle altre principali economie europee e, dall'altro, una quota delle professioni non qualificate marcatamente più alta di quella osservata in Germania e Francia e di poco inferiore a quella della Spagna. Parimenti si segnalano due fattori quali l'alta incidenza del lavoro a termine (16,9 per cento, inferiore solo alla Spagna dove, però, e in diminuzione) e del part-time involontario (57,9 per cento, la più alta di tutta l'Eurozona);

    valori che si accompagnano ad un'altra anomalia del nostro mercato del lavoro. Nel 2022, secondo i dati OCSE, le ore medie lavorate annualmente dai lavoratori dipendenti in Italia sono state 1.563, un numero pari a quello della Spagna ma decisamente più alto di quello osservato in Germania (1.295 ore) e in Francia (1.427 ore). Dalla lettura congiunta, da un lato, delle ore lavorate e, dall'altro, della quota salari sul PIL desunta dalla banca dati macroeconomica della Commissione europea (Ameco), emerge come in Italia, benché si lavori comparativamente di più, la quota di reddito destinata a remunerare il lavoro dipendente tramite i salari sia notevolmente più bassa, perfino della Spagna;

    inoltre, dagli stessi dati Ocse sulle ore lavorate, emerge che i Paesi con la più alta produttività del lavoro tendono a coincidere con quelli in cui gli orari di lavoro sono più brevi e ove quindi si investe maggiormente in dotazioni aziendali e organizzazione sostenibile del lavoro. Non a caso, si moltiplicano le esperienze di riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario che, tra l'altro, implicano spesso un coinvolgimento della contrattazione di prossimità, nonché un buon effetto di contrasto alla disparità tra i generi nel mercato del lavoro, anche salariale;

    per l'Italia, al quadro appena tracciato, bisogna aggiungere come i lunghi, ed ingiustificati, ritardi nel rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro (durata media pari a 30,8 mesi nel 2022) determinino un'elevata quota percentuale di lavoratori dipendenti con un contratto scaduto (53,2 per cento nell'intera economia nel 2022) (Istat, 2024). Questo si traduce in un ingente massa salariale non in linea con l'aumento dei prezzi che, in una fase di alta inflazione cumulata, determina una forte diminuzione del potere d'acquisto dei lavoratori. La caduta dei salari reali diventa ancora più drammatica dal momento che la crescita dei prezzi ha effetti differenziati sulla popolazione per via della differente composizione del paniere e dei redditi familiari: nel solo 2022, a fronte di un'inflazione generale del +8,7 per cento l'impatto è stato molto più ampio sulle famiglie con minor capacità di spesa (+12,1 per cento) rispetto a quelle con maggior capacità di spesa (+7,2 per cento). In tale contesto, va salutato positivamente il recente rinnovo del contratto nazionale del commercio;

    un'analisi confermata nel documento «Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia» approvato dal Cnel, il 12 ottobre 2023, per il quale uno dei fattori che maggiormente ha penalizzato il potere di acquisto delle retribuzioni è rappresentato dal ritardo nei rinnovi contrattuali, che si protrae anche per anni;

    i contratti collettivi nazionali di lavoro depositati nell'archivio nazionale del Cnel, aggiornato al 30 giugno 2023, sono 1.037 (Ccnl lavoratori privati, Ccnl lavoratori pubblici, Ccnl lavoratori parasubordinati e accordi economici collettivi per alcune categorie di lavoratori autonomi). Dei 976 Ccnl relativi al settore privato, 553 risultano scaduti (57 per cento). I lavoratori privati con un contratto che risultava scaduto al 30 giugno 2023 erano 7.732.902, il 56 per cento su un totale di 13.839.335;

    corollario fondamentale per delineare un quadro certo di regole in materia di individuazione di adeguati livelli retributivi, in coerenza con i princìpi costituzionali e comunitari, è quello legato alla definizione e alla disciplina della misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali, scongiurando il dumping salariale generato dai cosiddetti «contratti pirata»;

    tra i fattori che maggiormente incidono sulla condizione reddituale ed esistenziale di milioni di lavoratori, come evidenziato dal citato documento Cnel dell'ottobre scorso, vi è il tema della precarietà tanto diffusa soprattutto per alcune categorie di lavoratori, come i giovani e le donne. In questo poco lusinghiera classifica dei rapporti a tempo determinato, anche con termini brevi e brevissimi, l'Italia è al sesto peggior posto, con una media nazionale al 16,8 per cento che balza al 23 per cento nel Mezzogiorno;

    i recenti dati, testimoniati dall'Istat e da Eurostat, mostrano un aumento dell'occupazione complessiva pari a 23,7 milioni di occupati, per una percentuale del tasso di occupazione pari al 66,3 per cento della fascia di età 20-64 anni, tuttavia ancora distante 10 punti rispetto alla media europea, così come della percentuale degli occupati a tempo indeterminato. Tuttavia, un'analisi più approfondita ci segnala come l'incremento dell'occupazione stabile non sia la conseguenza di misure volte a limitare la precarietà, ma il risultato del blocco dell'uscita pensionistica determinato dalla riforma Fornero e dalle ulteriori restrizioni introdotte con le due ultime due leggi di bilancio e dalle difficoltà che le imprese incontrano sempre più spesso a trovare figure con particolari specializzazioni;

    a rendere ancora più fragile ed ingiusto il nostro mercato del lavoro va evidenziato il tema dell'occupazione femminile, che in Italia risulta essere – secondo dati relativi al IV trimestre 2022 – quello più basso tra gli Stati dell'Unione europea, essendo di circa 14 punti percentuali al di sotto della media UE: il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è stato, infatti, pari al 55 per cento, mentre il tasso di occupazione medio UE è stato pari al 69,3 per cento. Un divario che si conferma anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro: le donne occupate, infatti, sono circa 9,5 milioni, laddove i maschi occupati sono circa 13 milioni. A ciò si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Una condizione che risulta ancora più aggravata dall'accentuato divario retributivo di genere, nonché dal tipo di lavoro svolto dalle donne;

    in tale quadro, si noti che l'occupazione femminile (che tradizionalmente si avvantaggia di più della collaborazione domestica) è più elevata proprio dove ci sono più lavoratori domestici: l'Osservatorio Domina, nel relativo Rapporto annuale 2023, rileva infatti che oltre il 21 per cento del «Pil del lavoro domestico» italiano è prodotto nelle aree dove il tasso di occupazione femminile è più elevato e quello di disoccupazione è più basso. Sebbene si registri una «distanza» tra dati ufficiali disponibili e dimensione reale del fenomeno, tale per cui secondo i dati ufficiali dell'Osservatorio sul lavoro domestico dell'Inps, nell'anno 2021 i lavoratori domestici regolari erano pari a circa la metà di quelli indicati dall'Istat; secondo le stime dell'Istituto statistico, il tasso di irregolarità nel settore supera addirittura il 50 per cento. Tali numeri confermano pertanto l'impatto del sommerso che, stando alla «Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva», pubblicata contestualmente alla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023, nell'anno d'imposta 2020, riportava che l'evasione Irpef del personale domestico si collocherebbe a circa 994 milioni di euro (pari al 30,4 per cento dell'evasione complessiva di tutti i lavoratori dipendenti irregolari, stimata in 3,2 miliardi di euro);

    altrettanto rilevante è il capitolo relativo all'occupazione dei giovani tra i 15 e i 34 anni, che se nel 2023 è migliorato raggiungendo il 43,7 per cento, un valore che non si registrava dall'inizio del 2011, tuttavia, non ha però invertito la tendenza di lungo periodo: negli ultimi 18 anni – dal 2004 al 2022 – l'occupazione di giovani tra i 15 e i 34 anni è infatti diminuita di 8,6 punti percentuali (dal 52,3 al 43,7 per cento) mentre per la fascia 50-64 anni è aumentata di 19,2 punti (dal 42,3 al 61,5 per cento);

    l'occupazione dei giovani italiani è caratterizzata da un'alta vulnerabilità: difficoltà di inserimento e di permanenza nel mercato del lavoro, forme contrattuali che non garantiscono rapporti di lavoro di lungo periodo e avanzamenti di carriera più lenti e meno appaganti di quelli delle generazioni precedenti. I dati evidenziano che la quota di dipendenti con contratto a termine è infatti molto più alta tra la popolazione giovane (30,2 per cento) rispetto alla restante (13,2 per cento) maggiore è anche la percentuale di giovani che lavorano a tempo parziale per mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno, 13,8 per cento contro valori inferiori al 10 per cento nel caso delle altre fasce di età;

    allo stesso tempo, non si può non ricordare come, secondo il report redatto da Fondazione Nord-Est e dell'associazione Talented Italians in the UK che ha elaborato i dati Eurostat, l'Italia ha perso 1,3 milioni di persone andate a lavorare e vivere all'estero negli ultimi 10 anni. Un fenomeno paragonabile a quanto succedeva negli anni '50 del secolo scorso, quando però chi se ne andava dal nostro Paese aveva un basso livello di scolarizzazione, mentre oggi si stima che un emigrante su tre sia laureato;

    i tanti lavoratori in Italia che non hanno un contratto collettivo di lavoro di riferimento o che si vedono negare una retribuzione corrispondente a quella prevista dai contratti nazionali, i cosiddetti «working poors», attendono ancora che anche nel nostro Paese sia prevista una apposita disciplina volta ad assicurare condizioni retributive minime, in linea con le previsioni del primo comma dell'articolo 36 della Costituzione, che dispone «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;

    con la direttiva (UE) 2022/2041 sono stati fissati quattro obiettivi principali: il salario minimo deve sempre garantire un tenore di vita dignitoso; le norme dell'Unione europea rispetteranno le pratiche nazionali di fissazione dei salari; il rafforzamento della contrattazione collettiva nei paesi in cui è coinvolto meno dell'80 per cento dei lavoratori; il diritto di ricorso per i lavoratori, i loro rappresentanti e i sindacalisti in caso di violazione delle norme;

    nell'Unione europea il salario minimo legale è in vigore in grandi Paesi come Francia e Germania e sono soltanto cinque gli Stati, oltre all'Italia, dove ancora non è previsto;

    la recente sentenza della Corte di cassazione – sezione lavoro – n. 27713 ha statuito che: «Nell'attuazione dell'articolo 36 della Costituzione il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita nella contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall'articolo 36 della Costituzione, anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata. Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe, può fare altresì riferimento, all'occorrenza, ad indicatori statistici, anche secondo quanto suggerito dalla direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022»;

    alla luce di tali evidenze, appare necessaria una radicale revisione della impostazione della politica del lavoro nel nostro Paese, che veda al centro la valorizzazione del fattore lavoro, quale elemento di emancipazione e di partecipazione sociale e democratica di tutti i cittadini,

impegna il Governo:

1) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà attraverso una vera e propria «bonifica» normativa, anche sulla base delle recenti sentenze della Corte costituzionale in materia di licenziamenti illegittimi – da ultimo, la sentenza n. 183 del 2022, con la quale si sollecita il legislatore a non protrarre l'inerzia legislativa in materia, che indurrebbe la Corte, qualora nuovamente investita, a provvedere direttamente – e l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, così come al Mezzogiorno e alle aree interne e coerente con la transizione e conversione ecologica;

2) ad adottare le iniziative di competenza volte a monitorare e rafforzare le misure di contrasto delle forme di penalizzazione del lavoro delle donne e di divario retributivo di genere;

3) a favorire, con la massima sollecitudine, ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta a dare piena e tempestiva attuazione ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, così come agli indirizzi espressi dalla Corte di cassazione, introducendo anche nel nostro ordinamento il riconoscimento ai lavoratori e alle lavoratrici di ciascun settore economico di un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, assicurando in ogni caso livelli retributivi in grado di garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale, corrispondente a un trattamento economico minimo orario non inferiore a 9 euro, aggiornato annualmente per tenere conto, in particolare, dell'aumento della produttività e dell'inflazione;

4) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a rivedere la disciplina dei finanziamenti o delle agevolazioni pubbliche, condizionandoli alla garanzia della stabilità occupazionale, prevedendo la restituzione dei contributi e/o dei finanziamenti in caso di delocalizzazioni;

5) ad investire nella pubblica amministrazione attraverso la stabilizzazione del personale precario e un piano straordinario di assunzioni, anche tramite lo scorrimento delle graduatorie vigenti relative a tutti i concorsi pubblici già espletati;

6) a predisporre, per quanto di competenza, specifiche misure volte a prevedere un'indispensabile differenziazione tra contratti ancora in vigore e contratti già scaduti, prevedendo opportune disposizioni di premialità, qualora il rinnovo intervenga entro la scadenza o entro termini strettamente fisiologici e giustificati, e di penalizzazione nel caso il rinnovo si protragga oltre i suddetti termini;

7) a favorire, per quanto di competenza e con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, una disciplina normativa di sostegno per la regolamentazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che restituisca certezza nelle relazioni industriali e superi la proliferazione di sigle di comodo, così come la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da organizzazioni che non hanno alcuna rappresentatività reale;

8) per quanto attiene al contrasto ad ogni forma di precarietà, ad adottare le iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, volte a:

  a) rivedere la disciplina in materia di contratti a tempo determinato, riconducendone il ricorso a quelle situazioni puntuali e straordinarie per le quali è giustificata tale modalità di prestazione lavorativa e distinguendone la disciplina contributiva in ragione della maggiore o minore durata di detti contratti, riaffermando l'ordinarietà del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;

  b) adottare le opportune misure volte a monitorare e scoraggiare la diffusione del part-time involontario e di quello fittizio;

  c) ricondurre la disciplina della somministrazione entro limiti ben circoscritti e verificabili, sia dal punto di vista delle condizioni, così come del numero massimo dei lavoratori fisiologicamente utilizzabili;

  d) eliminare la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente;

  e) rivedere la disciplina dell'appalto tra privati, al fine di assicurare che detto istituto non si riduca ad un mero esercizio di potere organizzativo e direttivo dei lavoratori utilizzati nell'appalto e che al personale impiegato in appalti di opere o servizi sia sempre assicurato il trattamento economico e normativo complessivo applicato dal committente e, comunque, non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale e territoriale sottoscritta dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

  f) ricondurre la disciplina del lavoro occasionale entro limiti ben circoscritti di specifiche prestazioni lavorative caratterizzate dalla discontinuità e occasionalità e per determinate categorie di lavoratori, quali gli studenti, gli inoccupati, i pensionati e i disoccupati;

  g) riconoscere un valore economico al lavoro di cura e domestico nei termini di un social provisioning suscettibile di influenzare alla base la distinzione tra lavoro produttivo e improduttivo, contribuire alla riduzione del differenziale di genere e all'emersione del sommerso;

  h) rafforzare il sistema delle tutele in caso di trasferimento di ramo d'azienda, così come in caso di trasferimento e delocalizzazione della produzione, nonché di cooperative spurie;

9) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per contrastare il fenomeno delle false partite Iva che coinvolgono, in particolare, molti giovani laureati e professionisti, iscritti agli ordini professionali e non in monocommittenza, il cui rapporto di lavoro è in realtà assimilabile dal punto di vista organizzativo e gerarchico a quello subordinato – senza le corrispondenti tutele – e con retribuzioni che, se parametrate su base oraria, risultano di gran lunga inferiori a quelle auspicabili per il salario minimo;

10) ad adottare iniziative volte ad assicurare che i giovani possano sempre poter contare su un complesso di tutele normative ed economiche durante la partecipazione ai tirocini formativi e agli stage;

11) ad adottare, in linea con le esperienze più avanzate in Europa, le opportune misure per assicurare l'estensione in termini di durata, nonché di copertura del congedo di paternità obbligatorio, prevedendo altresì che il congedo di maternità e il congedo di paternità godano di una copertura retributiva pari al 100 per cento, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;

12) a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di misure volte a promuovere la sperimentazione della riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario;

13) ad avviare un serio confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, da implementare annualmente favorendo il pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando, nelle more, l'adozione di immediate misure volte ad affrontare le principali criticità, quali l'equiparazione delle tutele disposte nella disciplina degli appalti pubblici anche agli appalti tra privati, nonché l'eliminazione degli appalti a cascata e delle gare al massimo ribasso;

14) a riconsiderare ogni ipotesi di privatizzazione in atto di aziende controllate e/o partecipate dallo Stato, che, oltre a rappresentare la perdita di asset strategici per il Paese, spesso determinano, come accaduto in passato, fenomeni di precarizzazione del lavoro e riduzione dei livelli occupazionali.
(1-00265) (Nuova formulazione) «Scotto, Barzotti, Mari, Braga, Francesco Silvestri, Zanella, Aiello, Carotenuto, Fossi, Gribaudo, Laus, Sarracino, Tucci, Guerra, Auriemma, Barbagallo, Casu, Alfonso Colucci, Grimaldi, Piccolotti, Orlando, Zaratti».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Simiani n. 5-02146 del 12 marzo 2024.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Fossi n. 5-02018 del 19 febbraio 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01126;

   interrogazione a risposta in Commissione Barabotti n. 5-02110 del 5 marzo 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01124;

   interrogazione a risposta in Commissione Vaccari e altri n. 5-02194 del 25 marzo 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01123;

   interrogazione a risposta in Commissione Gianassi e altri n. 5-02198 del 26 marzo 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01125.