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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 5 febbraio 2024

TESTO AGGIORNATO AL 6 FEBBRAIO 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    in accordo con gli ultimi dati pubblicati, a gennaio 2024, sul portale dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) sul totale di oltre 65 milioni di cittadini italiani, 6.165.897 risultano essere residenti all'estero (Aire);

    il pieno ed efficace funzionamento dei servizi consolari è un tassello fondamentale per far fronte alle peculiari necessità della importante realtà costituita dalla comunità degli italiani che hanno fatto scelte di vita oltreconfine;

    da tempo giungono ai firmatari del presente atto denunce relative a molteplici disservizi e disagi riguardanti la menzionata rete consolare. Tra le più frequenti difficoltà si segnalano quelle relative al rilascio e/o rinnovo di documenti essenziali come la carta d'identità, allo svolgimento di altre pratiche amministrative e di stato civile, così come quelle relative ai tempi medi necessari rispetto a quanto descritto;

    ad aggravare tale situazione contribuisce la realtà di molteplici aree sprovviste di adeguate sedi consolari raggiungibili agilmente dai cittadini in loco residenti;

    in particolare a seguito della chiusura, nel 2011, del consolato generale d'Italia a Liegi, sul posto è rimasto solamente il consolato onorario: spesso oberato di lavoro e comunque con funzionalità limitate. Ad esempio, non è possibile rinnovare la carta d'identità presso lo stesso e quindi risulta necessario rivolgersi direttamente al consolato generale d'Italia a Charleroi;

    di conseguenza i cittadini italiani dell'area di Liegi sono spesso costretti a spostarsi fino a Charleroi;

    secondo dati del Maeci, il totale degli italiani iscritti all'anagrafe consolare in Belgio raggiunge le 288.423 persone di cui ben 176.56 residenti nella popolosa area di Charleroi. Inoltre, secondo gli ultimi dati condivisi dalla Collettività italiana in loco, a Liegi e dintorni sarebbero presenti più di trentamila italiani,

impegna il Governo:

   a intraprendere le opportune iniziative al fine di porre rimedio alla descritta situazione di difficoltà in termini di servizi consolari a disposizione a Liegi;

   a valutare l'opportunità dell'apertura di nuove strutture a Liegi, come ad esempio, un ufficio consolare di carriera, un ufficio vicario dello stesso, uno sportello consolare, oppure ricorrere ad altre soluzioni reputate comunque adeguate che possano aggiungersi e potenziare lo scenario attuale caratterizzato dalla sola presenza del consolato onorario;

   ad adoperarsi al fine di garantire una maggiore diffusione e fruibilità di servizi di prossimità a beneficio degli italiani residenti all'estero.
(7-00191) «Onori».


   La III Commissione,

   premesso che:

    dall'autunno 2022, l'Iran è scosso da una rivolta popolare senza precedenti, scoppiata a seguito della morte in custodia di Mahsa/Jina Amini, avvenuta il 16 settembre per mano della cosiddetta «polizia morale» iraniana;

    in risposta ai movimenti di protesta, le autorità hanno inasprito le già soffocanti misure di repressione, fino a togliere ogni spazio al dissenso pacifico, censurando i media e bloccando o filtrando le principali piattaforme di social media, tra cui Instagram, WhatsApp, Facebook e Telegram;

    i movimenti di protesta, sia locali sia nazionali, subiscono una violenta azione di repressione da parte delle autorità per mezzo di metodi militari, che includono duri pestaggi ai danni dei manifestanti e l'uso estensivo e illegale di proiettili, pallini metallici e gas lacrimogeni;

    le autorità hanno messo al bando tutti i partiti politici indipendenti, le organizzazioni della società civile, i sindacati indipendenti e negato l'ingresso nel Paese a tutti gli esperti delle Nazioni Unite e agli osservatori internazionali, a eccezione del Relatore speciale sull'impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani;

    secondo il recente rapporto di Amnesty International «Mi hanno stuprato con violenza. La violenza sessuale come arma per stroncare il movimento “Donna Vita Libertà” in Iran,» pubblicato a dicembre 2023 e presentato nel corso di un'audizione presso il Comitato sui diritti umani nel mondo della III Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati il 23 gennaio 2024, i servizi segreti e le forze di sicurezza iraniani hanno sottoposto a stupro, stupro di gruppo e altre forme di violenza sessuale, che equivalgono a tortura e altri maltrattamenti, donne, uomini e minori di appena 12 anni – tutte persone detenute arbitrariamente in relazione alle proteste che hanno avuto luogo nel paese durante la rivolta «Donna Vita Libertà» tra settembre e dicembre 2022;

    gli agenti statali hanno usato la violenza sessuale – perpetrata utilizzando, tra le altre cose, manganelli in legno e metallo, bottiglie in vetro, tubi flessibili – come arma di tortura e repressione, forti di un regime di impunità assoluta. Sono stati documentati i casi di cinque manifestanti, sottoposti a stupro e/o ad altre forme di violenza sessuale e successivamente condannati a morte sulla base di confessioni forzate ed estorte con la tortura, come nel caso di Mansour Dahmardeh, della minoranza etnica già oppressa dei Baluchi, che resta tutt'oggi a forte rischio di esecuzione e in gravissime condizioni di salute psico-fisica. Le forze di intelligence e di sicurezza responsabili degli arresti arbitrari e delle conseguenti torture e di altri maltrattamenti, includono le guardie rivoluzionarie, la forza paramilitare Basij e il Ministero dell'intelligence, nonché vari organismi del comando delle forze dell'ordine della Repubblica islamica dell'Iran, che è la forza di polizia del Paese, comprendente la polizia di pubblica sicurezza, l'unità investigativa della polizia e le forze speciali della polizia;

    le proteste degli ultimi mesi hanno visto un incremento di arresti, torture e condanne. Tuttavia, le autorità iraniane da anni reprimono il dissenso con violenze, arresti e detenzioni arbitrarie, colpendo indiscriminatamente la popolazione civile, come nel caso di Ahmadreza Djalali, ricercatore svedese-iraniano arrestato nel 2016 mentre era in viaggio di lavoro in Iran, accusato di spionaggio e condannato a morte dopo un processo gravemente iniquo, a seguito di una confessione estorta con la tortura. Djalali aveva lasciato l'Iran nel 2009 per un dottorato di ricerca presso il Karolinska Institute in Svezia, dove risiedono tutt'oggi la moglie e i due figli, poi presso l'Università degli studi del Piemonte Orientale, dove si era contraddistinto per il valore della sua attività di ricerca;

    un altro caso di detenzione arbitraria è quello di Narges Mohammadi, una delle più importanti voci del dissenso iraniane, insignita del premio Nobel per la pace a ottobre 2023, sostenitrice della campagna contro la pena di morte e vicepresidente del centro per i difensori dei diritti umani in Iran. Da oltre 14 anni è sottoposta a detenzione arbitraria, tortura e maltrattamenti. A oggi si trova nella prigione di Evin, a Teheran, per scontare un totale di oltre 12 anni di carcere, 154 frustate e altre sanzioni derivanti dal suo attivismo per i diritti umani. A novembre 2023 la Commissione affari esteri della Camera dei deputati aveva ospitato in audizione Taghi Rahmani, giornalista, attivista iraniano e marito di Narges Mohammadi, per denunciare la sistematica violazione dei diritti umani nel Paese;

    già a dicembre 2022, la Commissione affari esteri della Camera dei deputati aveva approvato una risoluzione per impegnare il Governo italiano a promuovere un dialogo finalmente efficace con l'Iran per il rispetto dei diritti umani sistematicamente violati,

impegna Governo:

   ad adoperarsi con la massima celerità e urgenza, nelle opportune sedi bilaterali e internazionali, al fine di chiedere l'annullamento delle sentenze di condanna a morte emesse nei confronti dei manifestanti arrestati e sollecitare il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone detenute arbitrariamente per l'esercizio dei propri diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica;

   a impegnarsi, con la massima celerità e urgenza, nelle opportune sedi bilaterali e internazionali, al fine di chiedere l'immediata cessazione del ricorso sistematico a molestie e intimidazioni nei confronti dei sopravvissuti, delle famiglie delle vittime e dei difensori dei diritti umani come forme di rappresaglia e repressione;

   a sostenere l'estensione del mandato della Missione di accertamento dei fatti sull'Iran (UN Fact-Finding Mission) da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite, per garantire che un meccanismo internazionale indipendente continui a raccogliere, consolidare, conservare e analizzare le prove dei crimini di diritto internazionale commessi in Iran, in vista della cooperazione in qualsiasi procedimento giudiziario;

   ad adottare le iniziative di competenza volte a sollecitare l'Iran a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti e la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna;

   ad adoperarsi con la massima celerità e urgenza, nelle opportune sedi bilaterali e internazionali, per richiedere l'immediata scarcerazione e rilascio incondizionato di Mansour Dahmardeh, Ahmadreza Djalali, Narges Mohammadi e degli altri prigionieri di coscienza arbitrariamente detenuti;

   a sostenere in sede Onu la proposta avanzata dalla Premio Nobel Narges Mohammadi, tuttora nel carcere di Evin a Teheran, di inserire l'apartheid di genere nella lista dei crimini contro l'umanità;

   a condizionare ogni relazione diplomatica e commerciale con il Governo di Teheran al pieno ed effettivo rispetto dei diritti umani, civili e politici della popolazione iraniana e all'immediato adempimento degli impegni sopra esposti.
(7-00192) «Boldrini, Amendola, Provenzano, Quartapelle Procopio, Porta».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il 19 febbraio 2024 saranno passati oltre 80 anni dal massacro di Addis Abeba, tra i tanti crimini del colonialismo italiano, uno dei più spietati, commesso lontano dai campi di battaglia, senza nemmeno l'alibi di una guerra in corso;

    al momento della sua massima estensione, subito prima dell'inizio della Seconda guerra mondiale, il denominato Impero italiano aveva circa 12 milioni di abitanti. Era una occupazione coloniale costruita nell'arco di pochi decenni, sotto la pressione di politici nazionalisti, imprenditori in cerca di appalti pubblici e militari desiderosi di avventure gloriose. 70 anni di occupazioni coloniali terminate con la caduta del fascismo e la sconfitta nella seconda guerra mondiale ed iniziate nel 1882 in Eritrea, nel 1889 in Somalia, nel 1911 in Libia e nel 1935 in Etiopia;

    quella italiana fu un'avventura coloniale iniziata in ritardo rispetto ad altri Paesi europei e con un risultato mediocre: un piccolo impero povero di risorse naturali e di abitanti. Il prezzo pagato per ottenerlo, però, fu alto: per gli italiani e, ancora di più, per le popolazioni locali occupate;

    le espropriazioni di terreni alle popolazioni locali, l'imposizione di norme sociali ed economiche che ne hanno stravolto le vite aggravando la già diffusa povertà, hanno costituito la base sulla quale è stata costruita la presenza degli italiani nelle colonie. Le atrocità commesse dagli italiani, sia militari sia civili, sono state numerose e ampiamente documentate, così come l'uso massivo delle armi chimiche sulle popolazioni civili, le deportazioni di massa in Cirenaica e le stragi indiscriminate in Etiopia;

    la mattina del 19 febbraio 1937 due eritrei appartenenti alla resistenza etiope lanciarono delle bombe a mano nel palazzo Guennet Leul di Addis Abeba causando la morte di sette persone e il ferimento di una cinquantina di presenti, tra cui il Viceré Rodolfo Graziani. La reazione immediata fu violentissima: i militari spararono a raffica sulla folla inerme, uccidendo quasi tutti i presenti. La reazione delle ore successive fu ancora peggiore: il segretario federale del Partito fascista Guido Cortese, che prese il comando al posto di Graziani, ricoverato in ospedale, ordinò una rappresaglia generalizzata contro la popolazione etiope, facendo distribuire armi a tutti gli italiani e incitando anche i civili a partecipare a un massacro indiscriminato che per tre giorni mise a ferro e fuoco la città, causando migliaia di vittime etiopi;

    da allora in Etiopia il massacro viene ricordato con una giornata di commemorazione dedicata a Yekatit 12 – la data che nel calendario locale indica il 19 febbraio; in Italia, invece, la vicenda è stata costantemente taciuta;

    la violenza del colonialismo italiano è stata anche apartheid razzista e sessista, costruita con norme, atti amministrativi e sentenze. Eppure decenni di aggressioni, discriminazioni e violenze sono stati oggetto di una sistematica rimozione delle responsabilità che ha relegato queste pagine buie della memoria nazionale agli estremi margini del discorso pubblico. Oggi diverse associazioni della società civile sono impegnate a rievocare la memoria di quanto accaduto in quegli anni ad opera degli italiani nei confronti delle popolazioni e dei territori africani, ma questo non basta. È importante che nelle scuole si studi questa parte della nostra storia che non può e non deve essere dimenticata. È fondamentale diffondere nel Paese e nelle giovani generazioni quanto accaduto in quegli anni;

    pur consapevoli che le mire espansionistiche che hanno segnato la storia del nostro Paese e i crimini che le hanno accompagnate, soprattutto durante il regime fascista, non si sono limitate ai territori africani, la strage di Addis Abeba del 19 febbraio per la sua efferatezza, per la specificità delle politiche oppressive coloniali e la datazione certa, può essere assunta come giornata nazionale per commemorare tutte le vittime delle politiche coloniali italiane,

impegna il Governo:

   a sostenere l'attuazione di adeguati percorsi formativi – anche in collaborazione con le diverse realtà della società civile, nonché delle comunità originarie dei Paesi vittime delle politiche coloniali presenti in Italia e di storici che ne garantiscano il carattere scientifico – destinati agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e a prevedere adeguate iniziative, con il supporto di idonei finanziamenti, mirate ad incentivare lo svolgimento di manifestazioni ed attività dedicate al ricordo delle vittime del colonialismo italiano;

   ad istituire il «Giorno della memoria per le vittime del colonialismo italiano», individuando per questa commemorazione il 19 febbraio, per diffondere, nelle scuole e nel Paese, la conoscenza del nostro passato coloniale con le sue centinaia di migliaia di vittime e per la promozione di una società compiutamente antirazzista e non discriminatoria;

   a proporre, in occasione del 19 febbraio, per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, lezioni, letture, dibattiti, proiezioni e più in generale attività culturali sulla storia del colonialismo italiano;

   a promuovere altresì eventi culturali e mostre, anche attraverso il coinvolgimento del Museo delle Civiltà di Roma, che dal 2017 ospita un nucleo di opere e documenti dalle collezioni dell'ex Museo Coloniale di Roma, affidandone l'ideazione ad un comitato in cui siano presenti anche istituzioni culturali che operano nei settori della storia contemporanea, della storia dell'arte, dell'antropologia, della demoetnoantropologia e dell'etnografia, al fine di promuove la conoscenza degli eventi legati al colonialismo e del contesto storico in cui si svolsero, del punto di vista e della cultura delle vittime e una riflessione critica sulle tante rimozioni che hanno accompagnato il dibatto sulla stagione coloniale italiana anche dopo la sua definitiva chiusura;

   a costituire, presso il Ministero della cultura, un comitato di coordinamento per le celebrazioni del «Giorno della memoria per le vittime del colonialismo italiano», al fine di assicurare un'efficace e coordinata programmazione delle iniziative e delle cerimonie promosse dalle amministrazioni con il coinvolgimento delle associazioni, degli enti e delle diverse realtà della società civile, nonché delle comunità originarie dei Paesi vittime delle politiche coloniali presenti in Italia e delle Istituzioni di quei Paesi.
(7-00190) «Piccolotti».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   ONORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) rappresenta, in base alla legge n. 470 del 1988, articolo 6, sia un diritto-dovere del cittadino italiano residente oltre confine sia un presupposto fondamentale per l'accesso ai servizi consolari così come per l'esercizio di importanti diritti;

   la legge 30 dicembre 2023, n. 213 recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026, ha introdotto alcune importanti modifiche relativamente alle iscrizioni anagrafiche;

   in particolare in merito alle summenzionate modifiche, si segnala che: l'articolo 1, comma 242, della legge di bilancio, modificando la legge n. 1228 del 24 dicembre 1954, introduce misure più severe per chi, spostando anche solo di fatto la propria residenza all'estero, non ottempera all'iscrizione all'Aire. Nello specifico, il novellato articolo 11 della prefata legge 1228 del 1954 permette ai comuni italiani di erogare una sanzione da 200 euro fino ad un massimo di 1.000 euro a persona per ogni anno di mancata iscrizione all'Aire e fino ad un massimo di 5 anni;

   l'accertamento e l'irrogazione delle sanzioni sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l'obbligo anagrafico non risulta adempiuto o la dichiarazione risulta omessa;

   inoltre, l'articolo 1, comma 243, della legge di bilancio, prevede uno specifico obbligo di segnalazione al comune di iscrizione anagrafica in capo a tutte le amministrazioni pubbliche che, nell'esercizio delle loro funzioni, vengano a conoscenza di elementi tali da indicare la residenza all'estero, anche solo di fatto, del concittadino;

   alla luce di quanto illustrato e nella consapevolezza che la legge di bilancio non abbia valore retroattivo, si crea di fatto un possibile scenario di retroattività della sanzione amministrativa, peggiorativa della situazione giuridica soggettiva in questione. Concretamente si sarebbe, infatti, puniti più gravemente di prima anche se il fatto si fosse verificato prima dell'entrata in vigore della legge;

   si ricorda che la legge n. 689 del 1981 stabilisce all'articolo 1, comma 1, che «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione» –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare le iniziative di competenza volte a chiarire la portata delle citate modifiche legislative concernenti l'inasprito quadro sanzionatorio relativo al mancato adempimento del diritto-dovere di iscriversi all'Aire.
(3-00962)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ONORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in accordo con gli ultimi dati pubblicati, a gennaio 2024, sul portale dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) sul totale di oltre 65 milioni di cittadini italiani, 6.165.897 risultano essere residenti all'estero (Aire);

   il pieno ed efficace funzionamento dei servizi consolari è un tassello fondamentale per far fronte alle peculiari necessità della importante realtà costituita dalla comunità degli italiani che hanno fatto scelte di vita oltreconfine;

   da tempo giungono all'interrogante denunce relative a molteplici disservizi e disagi riguardanti la menzionata rete consolare. Tra le più frequenti difficoltà si segnalano quelle relative al rilascio e/o rinnovo di documenti essenziali come la carta d'identità, allo svolgimento di altre pratiche amministrative e di stato civile così come quelle relative ai tempi medi necessari rispetto a quanto descritto;

   ad aggravare tale situazione contribuisce la realtà di molteplici aree sprovviste di adeguate sedi consolari raggiungibili agilmente dai cittadini in loco residenti;

   in particolare a seguito della chiusura, nel 2011, del consolato generale d'Italia a Liegi, sul posto è rimasto solamente il consolato onorario: spesso oberato di lavoro e comunque con funzionalità limitate. Ad esempio, non è possibile rinnovare la carta d'identità presso lo stesso e quindi risulta necessario rivolgersi direttamente al consolato generale d'Italia a Charleroi;

   di conseguenza i cittadini italiani dell'area di Liegi sono spesso costretti a spostarsi fino a Charleroi;

   secondo dati del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il totale degli italiani iscritti all'anagrafe consolare in Belgio raggiunge le 288.423 persone, di cui ben 176.56 residenti nella popolosa area di Charleroi. Inoltre, secondo gli ultimi dati condivisi dalla collettività italiana in loco, a Liegi e dintorni, sarebbero presenti più di trentamila italiani –:

   se il Ministro interrogato non intenda intraprendere le opportune iniziative di competenza al fine di porre rimedio alla descritta situazione di difficoltà in termini di servizi consolari a disposizione a Liegi;

   se non si ritenga opportuno valutare l'opportunità dell'apertura di nuove strutture a Liegi, come ad esempio, un ufficio consolare di carriera, un ufficio vicario dello stesso, uno sportello consolare oppure ricorrere ad altre soluzioni reputate comunque adeguate che possano aggiungersi e potenziare lo scenario attuale caratterizzato dalla sola presenza del consolato onorario.
(4-02262)


   ONORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   continua a destare sconcerto il caso di Ilaria Salis, insegnante italiana detenuta, da circa un anno, in Ungheria con l'accusa di aver aggredito due estremisti di destra a Budapest durante una manifestazione neonazista;

   sussistono, infatti, fondati timori in merito a trattamenti disumani e degradanti a danno della Salis: le sue immagini in catene e guinzaglio all'udienza del 29 gennaio 2024 hanno fatto il giro del mondo;

   nel contesto della trasmissione Agorà su Rai 3, Roberto Salis, padre di Ilaria Salis, ha poi lanciato pesanti accuse nei confronti della Farnesina;

   come riportato dai media, Roberto Salis ha affermato che in realtà l'udienza di lunedì 29 gennaio 2024 non era la prima alla quale la figlia era stata costretta a presenziare in quel modo, ma solo la prima che è stata ripresa da foto e video. Nello specifico ad Agorà ha affermato: «Io lo sapevo benissimo: abbiamo fatto in modo che questa evidenza drammatica e vergognosa fosse portata all'attenzione di tutti». In tale ambito, Roberto Salis ha sostenuto anche che l'ambasciata italiana in Ungheria fosse a conoscenza della situazione da mesi: «L'ambasciata italiana ha partecipato credo ad almeno quattro udienze in cui mia figlia è stata portata in queste condizioni davanti al giudice». Salis ha detto che la famiglia è stata informata della situazione il 12 ottobre 2023: prima di quel momento «gli unici che lo sapevano, e che non hanno detto nulla, sono le persone dell'Ambasciata italiana in Ungheria, a Budapest»;

   si evidenzia che Salis aveva fatto affermazioni simili anche lunedì 29 gennaio 2024, partecipando al programma Quarta Repubblica su Rete 4, sottolineando che la Farnesina, in assenza di telecamere, nel contesto delle passate udienze, non avesse detto alcunché in merito al trattamento ricevuto dalla figlia portata in udienza incatenata;

   si rileva che solamente dopo la diffusione dei video e delle foto di Ilaria Salis all'udienza, il Ministro interrogato abbia convocato l'ambasciatore ungherese in Italia e abbia pubblicato su X (Twitter) un testo in cui si chiede al Governo ungherese di rispettare i diritti della Salis, come previsto dalle norme europee –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno avviare un'indagine interna al fine di fare piena chiarezza in merito agli avvenimenti illustrati e, al contempo, appurare eventuali responsabilità.
(4-02272)

AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LUCA, AMENDOLA, GHIO, GRAZIANO, LACARRA, MANZI, UBALDO PAGANO, TONI RICCIARDI, ROGGIANI, SCOTTO, SIMIANI, STEFANAZZI e VACCARI. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   le risorse del ciclo di programmazione 2021-2027 del fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) – finalizzato all'attuazione dell'obiettivo costituzionale di rimozione degli squilibri economici e sociali – sono a tutt'oggi in attesa di essere definitivamente ripartite;

   la relativa disciplina, dettata dall'articolo 1, comma 178, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021), è stata recentemente ridefinita dal decreto-legge n. 124 del 2023 (cosiddetto «decreto Sud»);

   quanto ai criteri e modalità di programmazione, la nuova disciplina prevede che il Cipess, con una o più delibere, provveda ad imputare in modo programmatico, nel rispetto della chiave di riparto territoriale (80 per cento al Mezzogiorno, 20 per cento al Centro-Nord), le risorse destinate alle amministrazioni centrali e quelle destinate alle regioni e alle province autonome. Tale imputazione programmatica tiene conto delle assegnazioni già disposte;

   all'assegnazione formale si provvede poi con successiva delibera del Cipess adottata, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, una volta definiti e sottoscritti gli accordi di coesione. Gli accordi costituiscono i nuovi strumenti operativi per la gestione del Fsc 2021-2027, in sostituzione dei precedenti «piani di sviluppo e coesione», e sono definiti dal medesimo Ministro e ciascun presidente di regione o di provincia autonoma (ovvero Ministro nel caso delle amministrazioni centrali), «dato atto» dei risultati dei precedenti cicli di programmazione;

   le risorse del ciclo di programmazione 2021-2027 del fondo in parte sono già state parzialmente impegnate o utilizzate, anche mediante assegnazione diretta con delibere del Cipess: in particolare, con la delibera n. 79 del 2021 sono state disposte anticipazioni alle regioni e alle province autonome per interventi di immediato avvio dei lavori o di completamento di interventi in corso, pari a circa 2,5 miliardi di euro;

   nelle more della definizione degli accordi, anticipando la nuova disciplina, il Cipess già con delibera del 3 agosto 2023 n. 25 ha approvato la «proposta di imputazione programmatica della quota regionale relativa al Fondo sviluppo e coesione 2021-2027», pari complessivamente a circa 32,4 miliardi di euro, comprensivi delle assegnazioni già disposte come anticipazione alle regioni e province autonome (circa 3 miliardi);

   il processo per la stipula degli accordi è stato avviato, tuttavia dopo mesi – anni, se si considerano anche le fasi svolte secondo la previgente disciplina – ancora non si è addivenuti all'assegnazione delle risorse del ciclo di programmazione 2021-2027;

   l'enorme e ad avviso degli interrogati ingiustificato ritardo impedisce a regioni e province autonome di definire una programmazione economica completa e rallenta l'attuazione degli interventi necessari alla riduzione del divario territoriale, in particolare per il Sud del Paese;

   il fondo per lo sviluppo e la coesione è uno strumento finanziario nazionale che opera in sinergia con i fondi strutturali europei, di cui condivide appositamente l'articolazione temporale della programmazione;

   una parte delle risorse del fondo, pari a 15,6 miliardi di euro, è stata inoltre destinata come risorse complementari, agli interventi per il PNRR –:

   quali siano le ragioni dell'incomprensibile ritardo nell'assegnazione definitiva delle risorse del ciclo 2021-2027 del fondo per lo sviluppo e la coesione alle regioni e alle province autonome, che impedisce alle medesime l'imprescindibile programmazione economica e l'attuazione degli interventi necessari alla rimozione degli squilibri economici e sociali, nonché quali siano le iniziative e le tempistiche con cui il Ministro interrogato intende procedere per erogare concretamente tali risorse.
(5-01966)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   CURTI, VACCARI, SIMIANI, ASCANI, MANZI e D'ALFONSO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la serie di calamità che si è abbattuta sul comparto agricolo rischia di segnare un drammatico punto di non ritorno. I cambiamenti climatici, tra alluvioni, prolungate siccità, piogge tropicali e violente grandinate, stanno generando ricadute disastrose sulle colture e sulla sopravvivenza delle aziende;

   il quadro generale, già fortemente compromesso, contempla quest'anno un'ulteriore piaga: quella delle malattie funginee, favorite dalle enormi precipitazioni registrate sui territori;

   nello specifico, per quel che concerne il comparto vitivinicolo, le piogge intense, persistenti e prolungate verificatesi nell'ultimo periodo di maggio e nei primi giorni di giugno hanno favorito il diffondersi di uno dei funghi più aggressivi per la vite, la peronospora;

   la peronospora, causata dal patogeno «Plasmopara viticola», è la patologia crittogamica più grave della vite, a causa della capacità di attaccare con drammatica efficacia le foglie, i germogli e i grappoli, causando di conseguenza ingenti danni;

   le precipitazioni, oltre che favorire lo sviluppo del fungo, non hanno consentito agli operatori di intervenire tempestivamente attraverso l'utilizzo di prodotti antiparassitari. Ciò in quanto l'accesso ai vigneti, mediante mezzi meccanici, risultava pregiudicato dalla precarietà di terreni divenuti inagibili a causa delle piogge;

   secondo le ultime stime si registreranno perdite di produzione su tutto il territorio nazionale, con particolare riguardo per le regioni del centro e del medio e basso Adriatico (Marche, Umbria, Abruzzo) dove questa patologia farà registrare decrementi tra il 50 per cento e il 60 per cento con punte anche del 100 per cento per alcune aziende le cui coltivazioni insistono su arenili particolarmente martoriati. Tale deficit si traduce in un danno economico notevole che deve essere necessariamente indennizzato;

   occorre considerare che moltissime aziende agricole, già pesantemente vessate dall'incremento dei costi e dall'andamento dei tassi di interesse, si trovano a dover far fronte all'impegnativo rimborso di mutui e finanziamenti;

   è inoltre particolarmente urgente intervenire a sostegno delle aziende impegnate sul fronte delle coltivazioni biologiche. Queste infatti, nonostante siano autorizzate a compensare il calo di raccolto con acquisto di prodotto all'esterno fino a un massimo del 50 per cento, avendo subito perdite superiori, non sono in condizione di ammortizzarle;

   lo stato di fatto colloca pertanto questa emergenza su un piano di tale straordinarietà, che strumenti quali le assicurazioni agricole agevolate e i fondi di mutualizzazione non sono sufficienti a compensare danni e perdite;

   appare dunque improcrastinabile l'adozione di misure eccezionali e di immediato ausilio, quali la corresponsione di indennizzi congrui e sostanziali per il risarcimento dei danni subiti, la sospensione temporanea dei mutui e la deroga, a favore delle aziende del biologico, rispetto al limite del 50 per cento dell'acquisto di prodotto esterno –:

   se il Ministro interrogato risulti a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, con somma urgenza, al fine di sostenere il comparto vitivinicolo nazionale, con particolare riguardo per le regioni del centro e del medio e basso Adriatico, considerando anche l'importanza e la qualità delle produzioni.
(3-00960)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMENDOLA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   c'è molta preoccupazione tra i viticoltori del Vulture in Basilicata per la presenza aggressiva del fungo denominato «Peronospora» che sta interessando i vigneti del famoso «Aglianico»;

   secondo la Cia risulta essere compromessa parte rilevante della raccolta della prossima vendemmia con rilevantissimi danni economici per l'intero comparto;

   la richiesta del mondo agricolo interessato dal fenomeno è quella di usare tutti gli strumenti previsti al fine di sostenere i viticoltori del Vulture –:

   se il Ministro interrogato risulti essere a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere con la massima urgenza al fine di contrastare la diffusione della Peronospora e contestualmente di sostenere il comparto in considerazione anche della rilevanza e della qualità della produzione di Aglianico del Vulture.
(4-02252)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il comitato per l'Ecolabel e l'Ecoaudit è l'organismo competente per il rilascio dell'Ecolabel europeo (reg. (ce) 66/2010) e per la registrazione EMAS (reg. (ce) 1221/2009);

   l'Ecolabel è un sistema volontario di etichettatura ecologica dei prodotti, che ha lo scopo di promuovere la progettazione, la produzione, la commercializzazione e l'uso di prodotti con minore impatto ambientale durante l'intero ciclo di vita dei prodotti, sulla base di criteri di valutazione dell'impatto ambientale che riguardano aspetti come il consumo di energia, l'inquinamento (idrico, atmosferico, acustico, del suolo) prodotti, la gestione dei rifiuti;

   si tratta di un marchio di eccellenza ambientale, nel senso che facilita i consumatori a riconoscere i prodotti o i servizi che hanno un minore impatto ambientale a parità di prestazioni e qualità rispetto agli altri. L'Ecolabel non è l'unico marchio ecologico esistente, ma ha i suoi punti di forza nell'essere diffuso in tutta l'Unione europea e nel fatto che il rispetto dei criteri ecologici viene attestato da organismi pubblici indipendenti;

   un'azienda che si dota dell'etichettatura Ecolabel costruisce la competitività ambientale dei suoi prodotti;

   il comitato per il marchio comunitario di qualità ecologica dei prodotti e per il sistema comunitario di ecogestione e audit (comitato Ecolabel - Ecoaudit) opera ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente del 2 agosto 1995, n. 413, avvalendosi del supporto tecnico dell'Ispra. Il medesimo decreto prevede che i membri del comitato, che è composto da rappresentanti dei Ministeri dell'ambiente e della sicurezza energetica, delle imprese e del made in Italy, della salute e dell'economia e delle finanze, restino in carica tre anni e che l'incarico possa essere rinnovato solo una ulteriore volta;

   il comitato attuale è scaduto da mesi e si è in attesa della nomina del nuovo comitato. Risulta quindi impossibile per le imprese che hanno richiesto la certificazione conoscere l'esatta tempistica del rilascio delle stesse;

   tali ritardi sul rinnovo del comitato appaiono ancor più paradossali dal momento che il quadro delle attività 2023-2025 del comitato stesso, con lo stanziamento delle relative risorse, è in vigore dal 17 gennaio 2024 (approvato dal decreto ministeriale 27 dicembre 2023);

   in data 5 ottobre 2023 la Camera dei deputati ha approvato un ordine del giorno (numero 9/01436/038) che impegna il Governo: «a provvedere tempestivamente all'emanazione del nuovo decreto ministeriale relativo alla nomina del nuovo comitato Ecolabel-Ecoaudit, in considerazione anche dello stato di incertezza in cui versano le imprese che hanno intrapreso il percorso di certificazione Ecolabel» –:

   quale sia lo stato dell'iter di emanazione del nuovo decreto ministeriale e i tempi previsti per la nomina del nuovo comitato Ecolabel-Ecoaudit, in considerazione anche dello stato di incertezza in cui versano le imprese che hanno intrapreso il percorso di certificazione Ecolabel.
(5-01957)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Montello (Bergamo), in un'area industriale di circa 450.000 metri quadrati, sorge lo stabilimento della Montello spa;

   secondo quanto dichiarato dalla stessa azienda, ad oggi ammontano a circa 260.000 tonnellate i rifiuti di imballaggi in plastica e a circa 670.000 tonnellate i rifiuti organici lavorati nel corso dell'anno, per un totale di circa 1 milione di tonnellate di rifiuti;

   da anni la popolazione e i comitati dei cittadini, tra cui la rete «Aria Pulita Tomenone», lamentano disagi olfattivi nella zona attorno allo stabilimento. Nel 2021 Arpa Lombardia ha condotto una campagna di indagine dalla quale è stato accertato che gli odori provengono dalla Montello spa;

   a giugno 2022 la provincia ha avviato un tavolo di confronto per individuare opportune soluzioni e l'azienda, a settembre 2023, ha illustrato gli interventi per migliorare i sistemi di captazione e trattamento delle proprie emissioni;

   nel gennaio 2024 è stato installato un nuovo biofiltro con lo scopo ridurre i disagi olfattivi, i cui effetti però non sono ancora stati riscontrati dalla popolazione, ma che potranno essere più realisticamente verificati nelle prossime settimane;

   parallelamente alla problematica degli odori, aumenta la preoccupazione per le istanze di ampliamento della Montello spa;

   la società, infatti, qualche mese fa avrebbe presentato alla provincia di Bergamo un'istanza di Via per il rilascio di un provvedimento autorizzatorio per realizzare un inceneritore interno all'azienda per incenerire i rifiuti risultanti dalle proprie lavorazioni;

   l'impianto, secondo quanto riportato dalla stampa locale, prevederebbe una fossa di ricevimento e stoccaggio dei residui provenienti dalle piattaforme di recupero rifiuti, due linee di combustione, due linee di trattamento fumi, una linea di combustione di back-up e un'area chiusa di stoccaggio delle ceneri pesanti decadenti dalla combustione;

   secondo i dati di Arpa Lombardia, nel 2021 sul territorio della regione sono state trattate 2.314.843 tonnellate di rifiuti, di cui 990.544 costituite da rifiuti urbani, 498.125 dalla frazione secca derivante dal trattamento meccanico dei rifiuti, 427.382 da CDR, 29.048 da rifiuti sanitari e 272.018 da altri rifiuti speciali;

   la realizzazione di un nuovo inceneritore parrebbe rispondere più alle esigenze della Montello spa di ridurre i propri costi per lo smaltimento dei rifiuti da lavorazione, stimabili in circa 150.000 tonnellate l'anno, anziché a una reale esigenza del territorio;

   considerato che il costo per la realizzazione dell'impianto si aggirerebbe attorno ai 300 milioni di euro e che lo stesso comporterebbe un risparmio alla società di 20-25 milioni di euro annui, risulterebbero necessari circa 15 anni di operatività per rientrare dei costi dell'investimento, salvo che regione Lombardia non intenda erogare fondi pubblici per la sua realizzazione;

   ad oggi in Lombardia sono già presenti 13 inceneritori, cioè un terzo di quelli presenti in tutta Italia, a cui si aggiungono altri 52 impianti di incenerimento e co-incenerimento;

   come risulta dal «Rapporto Rifiuti Urbani - edizione 2021» di Ispra, «quote considerevoli di rifiuti prodotte nelle aree del Centro e Sud Italia vengono trattate in impianti localizzati al Nord. La sola Lombardia riceve da fuori Regione oltre 349 mila tonnellate provenienti prevalentemente dal Piemonte, Lazio e Campania»;

   l'incenerimento dei rifiuti presso la Montello, anziché presso l'inceneritore di Dalmine, come avviene attualmente, renderebbe probabilmente necessario da parte dell'inceneritore di Dalmine importare ulteriori quantità di rifiuti da fuori regione, aumentando così sia il quantitativo totale dei rifiuti inceneriti nel territorio lombardo sia l'inquinamento causato dalla movimentazione degli stessi –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con le amministrazioni territoriali interessate, al fine di evitare la realizzazione di un ulteriore inceneritore per rifiuti nel territorio lombardo che aumenterebbe i rischi per la salute dei cittadini e per l'ambiente.
(4-02255)


   BONELLI e PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   via libera ai mezzi motorizzati sui sentieri di montagna in Umbria. È quanto ha stabilito il Consiglio regionale il 20 dicembre 2023, attraverso un emendamento presentato dalla consigliera Manuela Puletti, approvato nel bilancio di previsione 2024, che ha modificato il Testo unico regionale delle foreste;

   si potrà circolare su sentieri, mulattiere, viali parafuoco e piste di esbosco e di servizio a boschi e pascoli, a meno che non siano presenti appositi cartelli indicanti il divieto di transito;

   la regione Umbria si è dotata di una Rete Natura 2000 composta da 102 siti che coprono circa il 16 per cento del territorio regionale;

   inoltre, in Umbria ci sono 444 sentieri gestiti dal Club Alpino Italiano, ma il budget limitato (10 mila euro all'anno per tre anni) per l'installazione di cartelli rende di fatto i divieti inefficaci, nel 2021, un decreto nazionale di applicazione del Testo unico delle foreste ha uniformato le norme di tutela per la viabilità agro-silvo-pastorale (Vasp) a quelle del bosco, proibendo il traffico ordinario non autorizzato sia su proprietà private che su terreni demaniali;

   le strade ubicate in aree montane e collinari, che sono a servizio di boschi, pascoli e alpeggi e destinate allo svolgimento di attività in campo agricolo e forestale, costituiscono la rete della viabilità agro-silvo-pastorale (Vasp);

   questi tracciati non sono soggetti alle norme del codice della strada; l'accesso e il loro utilizzo è regolamentato dai comuni o dai gestori;

   l'accesso alla viabilità agro-silvo-pastorale con veicoli a motore è vietato ad eccezione dei veicoli a motore autorizzati con permesso del comune o del gestore;

   si ricorda che l'articolo 11-bis dello Statuto regionale dell'Umbria recita: «La Regione tutela le risorse naturali, anche a garanzia delle generazioni future»;

   si ricorda che la «Rete Natura 2000» è la più grande strategia di intervento per la conservazione della natura e la tutela del territorio dell'Unione europea. Essa è costituita da un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat e specie, sia animali e vegetali, di interesse comunitario, la cui funzione è di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità presente sul continente europeo;

   la rete non è costituita solamente dalle aree ad elevata naturalità identificate dai diversi Paesi membri, ma anche dai territori contigui ad esse ed indispensabili per mettere in relazione ambiti naturali distanti spazialmente, ma vicini per funzionalità ecologica;

   i siti appartenenti alla Rete sono suddivisi in zone di protezione speciale (Zps), ai sensi della direttiva europea «Uccelli» 79/409/CEE (oggi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE) concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e in siti di importanza comunitaria (Sic), individuati dalla direttiva europea «Habitat» 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;

   la direttiva «Habitat», in particolare, all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, stabilisce che «qualsiasi piano o progetto [...] che possa avere incidenze significative sul Sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una valutazione appropriata dell'incidenza che ha sul Sito»;

   il recepimento della direttiva «Uccelli» in Italia è avvenuto attraverso la legge 11 febbraio 1992, n. 157, integrata dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221, mentre la direttiva «Habitat» è stata recepita con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, successivamente modificato e integrato dal marzo 2003, n. 120 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce di quanto in premessa, adottare tutte le iniziative e provvedimenti di competenza idonei affinché siano espressamente escluse tutte le aree Vasp comprese all'interno di «Rete Natura 2000» dal transito dei mezzi motorizzati se non espressamente autorizzati.
(4-02258)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI e ORFINI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

  in data 30 novembre 2023, in sede ministeriale, alla presenza del Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, del Sottosegretario delegato Gianmarco Mazzi, e del Direttore generale, Antonio Parente, Anfols, assistita da Aran, e Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno siglato l'ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto dei dipendenti delle Fondazioni lirico-sinfoniche;

   con decreto direttoriale DG-S│23/11/2023│DECRETO 1769 è stata ripartita tra le 14 fondazioni lirico sinfoniche la somma di euro 8.000.000, di cui al decreto-legge 4 maggio 2023, n. 189 e al decreto ministeriale 29 settembre 2023, n. 298, integrativa della quota Fnsv destinata alle fondazioni lirico sinfoniche;

   alle 12 fondazioni aderenti ad Anfols è stata destinata la somma di euro 6.190.666,67;

   la legislazione vigente prevede che in caso di rinnovo del Ccnl delle fondazioni lirico sinfoniche siano rispettate le seguenti previsioni legislative: articolo 3, comma 3 del decreto-legge n. 64 del 2010, che prevede che «A decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo CCNL, le clausole e gli istituti dei contratti integrativi aziendali stipulati in contrasto con i principi di cui ai commi 2 e 4 e con il medesimo CCNL [articolo 47 del CCNL] non possono essere applicati e vengono rinegoziati tra le parti. Sono comunque nulli e Improduttivi di effetti i preaccordi o le intese non formalmente qualificabili come contratti integrativi aziendali ai sensi del comma 4»; articolo 11, comma 1, lettera g), del decreto-legge n. 91 del 2013 in cui viene sancito il principio di «riassorbibilità» dell'incremento contrattuale del Ccnl: «le fondazioni lirico sinfoniche che hanno presentato il piano di risanamento ai sensi del presente articolo possono negoziare ed applicare nuovi contratti integrativi aziendali, compatibili con i vincoli finanziari stabiliti dal piano, purché tali nuovi contratti prevedano l'assorbimento senza ulteriori costi per la fondazione di ogni eventuale incremento del trattamento economico conseguente al rinnovo del CCNL»;

   la suddetta ipotesi di rinnovo del Ccnl non prevederebbe la clausola di salvaguardia sull'assorbibilità degli incrementi economici derivanti dal rinnovo del Ccnl, ex articolo 11, comma 1, lettera g) del decreto-legge n. 91 del 2013;

   l'ipotesi di rinnovo risolve momentaneamente la questione sollevata dall'articolo 3, comma 3 del decreto-legge n. 64 del 2010, per il tramite dell'articolo 6, attuando di fatto un accordo di ultrattività degli integrativi aziendali vigenti in attesa del prossimo rinnovo del triennio 2022/2024 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, per verificare se le fondazioni in piano di risanamento nel rinnovare i contratti integrativi aziendali abbiano previsto clausole di «assorbimento» dei futuri incrementi del trattamento economico conseguente al rinnovo del Ccnl, e altresì, quali iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare gli interessi delle fondazioni di Cagliari e Venezia, le uniche che risulterebbero non essere in piano di risanamento ex decreto-legge n. 91 del 2013, e a dover utilizzare i fondi aggiuntivi Fnsv richiamati in premessa non per l'attività ma per il riconoscimento al personale del 4 per cento di incremento contrattuale.
(5-01963)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'area in prossimità del parco della villa Comunale di Frosinone (FR) è stata oggetto di scavi archeologici negli anni 2000 che hanno rinvenuto i resti di strutture pertinenti ad un impianto termale databile al III-IV secolo d.C., identificabili al foglio 58, particelle 524, 256 e 258 del catasto comunale, e resti archeologici più antichi riferibili ad epoca medio-tardo repubblicana;

   successive indagini archeologiche hanno portato alla luce tre tombe di epoca romana, databili secondo la Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio all'inizio dell'epoca imperiale e resti di un ambiente di circa 100 metri quadrati di cui si conservavano tratti di mura perimetrali e il piano di calpestio databili invece tra la fine del VI e il V secolo a.C.;

   le strutture rinvenute a seguito degli scavi sono di fatto tutelate e riconosciute di interesse come beni culturali ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 42 del 2004. L'area in oggetto è inoltre tutelata con dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e codificata nel piano territoriale paesistico regionale (Ptpr) del Lazio come «Parco della villa di proprietà de Matthais»;

   l'area fu oggetto in passato di diverse iniziative edilizie e, come descritto nella nota prot. n. MBAC-SBA-LAZ/2268 del 22 febbraio 2012, la posizione degli scavi del complesso termale di epoca imperiale, che ricadeva parte in area pubblica e parte in aree private, rendeva più oneroso il restauro e la valorizzazione del complesso avrebbe richiesto l'acquisizione delle aree e adeguati fondi per garantirne la fruizione. A seguito di sopralluoghi congiunti tra Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio ed autorità comunali l'area venne nuovamente interrata per garantirne la conservazione in attesa di un futuro auspicabile intervento;

   l'area è stata nuovamente oggetto di iniziative per la realizzazione di nuovi complessi residenziali;

   ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004 il Ministero può «prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente di decoro» –:

   quali siano le misure di conservazione previste ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 per l'area in oggetto;

   quali prescrizioni siano state previste per non compromettere il possibile restauro dei beni archeologici di cui in premessa.
(4-02254)


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'area degli scavi archeologici del comparto di Pietralata, situato a Roma Capitale nei pressi di via dei Monti Tiburtini, fa parte di un complesso archeologico rinvenuto alla fine degli anni ‘90 nel merito delle indagini preliminari per la realizzazione del complesso urbanistico denominato «Sistema Direzionale Orientale» (Sdo);

   in merito a tali indagini, il Sistema informativo territoriale archeologico della Soprintendenza di Roma riporta che «vennero eseguite ricognizioni di superficie su tutta l'area, durante le quali sono stati rinvenuti materiali sporadici che coprono un arco cronologico ampio (dalla preistoria al XVII secolo). Successivamente sono state eseguite trincee e saggi archeologici che hanno messo in evidenza livelli di frequentazione di età arcaica (buche di palo, rete di cunicoli con pozzi di ispezione), cave di tufo e gradinate databili al IV a.C. – I d.C., sistema di strutture idriche comprendenti una cisterna e un castellum aquae (II d.C.), resti di una villa di età augustea e di una tagliata stradale ed un impianto produttivo»;

   le testimonianze archeologiche hanno rinvenuto inoltre una villa romana in via dei Durantini, al foglio 602 particella 1337. Per tale motivazione, l'area venne sottoposta a tutela indiretta dalla soprintendenza ai sensi degli articoli 45-47 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 con D.S.R. del 10 novembre 2016;

   ulteriori indagini archeologiche hanno portato alla luce nel 2020 anche altri ritrovamenti che si estendono oltre l'area interessata dalla nuova viabilità necessaria per il progetto urbanistico dello Sdo;

   sull'area individuata dal progetto persiste un bosco urbano e, come previsto dall'articolo 142, comma 1, lettera g) del codice dei beni culturali e del paesaggio «Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo [...]: i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 227»;

   ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il Ministero può «prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro» –:

   quali siano gli esiti degli scavi archeologici più recenti effettuati nell'area in oggetto e se, alla luce delle risultanze delle indagini archeologiche, siano state avviate procedure per integrare le prescrizioni di cui all'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004;

   quali iniziative siano state poste in essere per assicurare la tutela del bosco urbano presente nell'area in oggetto.
(4-02275)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TONI RICCIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la procedura di infrazione europea n. 2014/4075 la Commissione europea ha sollevato dubbi in ordine alla previsione di cui all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131), nota II-bis), comma 1, lettera a), nella parte in cui prevede l'applicazione dell'aliquota agevolata dell'imposta di registro al 2 per cento, analoga a quella prevista per l'acquisto della prima casa di residenza, se l'acquirente, cittadino italiano, si è trasferito all'estero, ravvisando, in tale trattamento differenziato applicato al cittadino di altro Stato UE, una discriminazione fondata sulla nazionalità (articolo 18 Tfue);

   il decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 103, recante «disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano», all'articolo 2, modifica i criteri necessari per avvalersi dell'imposta di registro agevolata (aliquota del 2 per cento) per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, previsti per gli acquirenti che si sono trasferiti all'estero;

   in particolare, dal 14 giugno 2023, nei casi in cui l'acquirente dell'abitazione si sia trasferito all'estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni, l'agevolazione «prima casa» spetta qualora l'immobile acquistato sia ubicato nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento;

   la modifica in esame, rispondendo ai rilievi della commissione, sopprime pertanto l'individuazione soggettiva dell'agevolazione, ovvero la qualifica di cittadino italiano emigrato all'estero, legandola ad un criterio oggettivo non legato più alla cittadinanza;

   la citata modifica tuttavia, sembra, escludere la casistica legata ai soggetti emigrati all'estero per altre ragioni, diverse da quelle di lavoro;

   questa norma penalizza i connazionali residenti all'estero che vogliono investire in Italia, acquistando la loro unica abitazione e i residenti all'estero che ricevono per successione mortis causa dai genitori, la loro unica e sola abitazione che avranno in Italia, per quando vorranno tornare nel loro Paese di provenienza;

   al fine di tutelare queste situazioni di disparità è necessario prevedere che l'agevolazione sull'imposta di registro si applichi almeno ai figli che ereditano dai genitori una casa in Italia e che per essi costituisce unica e sola abitazione sul territorio nazionale –:

   se il Governo sia al corrente della disparità di trattamento che si è venuta a creare, dal 14 giugno 2023, a seguito dell'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 69 del 2023, che ha escluso dai benefici legati all'imposta di registro per l'acquisto della prima casa i soggetti emigrati all'estero per ragioni diverse da quelle di lavoro e come intenda salvaguardare i citati soggetti penalizzati, con particolare riguardo ai figli che ereditano dai genitori una casa in Italia, che per essi costituisce unica e sola abitazione sul territorio nazionale.
(5-01960)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUFFINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2023, n. 213 («legge di bilancio 2024») ha previsto all'articolo 1, comma 510, ingenti tagli a discapito dei fondi, individuati nello stato di previsione del Ministero dell'interno, destinati agli enti comunali con meno di mille abitanti;

   dopo due anni in cui i fondi sono stati in media superiori agli 80 mila euro annui, per effetto di tali disposizioni i piccoli comuni riceveranno solamente in media 58 mila euro annui;

   con il citato comma 510, le risorse di cui all'articolo 30, comma 14-bis, del decreto-legge n. 34 del 2019 (cosiddetto decreto «Crescita»), sono state ridotte in misura pari a 44 milioni di euro per l'anno 2024, a 14 milioni di euro per l'anno 2025 e a 26 milioni di euro per l'anno 2027;

   si tratta di risorse che erano state stanziate a decorrere dal 2021, finalizzate all'avvio da parte dei piccoli comuni di un programma pluriennale per potenziare gli investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche così che tutta la collettività potesse beneficiare delle infrastrutture presenti sul territorio;

   il fondo, inoltre, è destinato anche ad interventi di efficientamento energetico e per lo sviluppo territoriale sostenibile;

   quelle risorse, nella formulazione e nella dotazione originaria, erano decisive ed essenziali per investimenti e progetti pluriennali che gli enti comunali avevano previsto;

   quello attuato dalla legge di bilancio 2024 è un taglio estremo e, si potrebbe dire, ingiustificato: si tratta, infatti, di risorse destinate a realtà territoriali che hanno una già ridotta disponibilità di fondi e la cui gestione economica e finanziaria è sempre più spesso governata da un quadro normativo che pregiudica fortemente la loro stessa funzione –:

   se i Ministri interrogati non ritengano di adottare le iniziative di competenza volte a ripristinare quanto prima lo stanziamento originario del fondo in oggetto, destinato ai comuni con meno di mille abitanti, anche alla luce della natura degli interventi da finanziare;

   se non ritengano, in futuro, di adottare le iniziative di competenza volte a apportare tagli per esigenze di risparmio attraverso l'individuazione di voci e capitoli del bilancio statale di carattere sicuramente meno essenziale per le esigenze degli enti territoriali e dei cittadini.
(4-02256)


   BARBAGALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 gennaio 2024, la centrale di acquisto pubblica nazionale – Consip, ha emesso un comunicato stampa, pubblicato anche sul sito, in cui dà notizia del fatto che il proprio amministratore delegato, dottor Marco Maria Mizzau, ha firmato, nella stessa data, un accordo con il presidente di Unindustria Lazio, dottor Angelo Camilli;

   nel comunicato vengono elencate le attività e gli obiettivi alla base dell'accordo, tale da configurare un ruolo di Consip quale fornitore di attività di consulenza e formazione nei confronti di Unindustria Lazio: si tratta di una partnership ad avviso dell'interrogante anomala nel merito, con una centrale di acquisto pubblica che fornisce assistenza e formazione a delle imprese, e anche nel metodo, essendo il servizio riservato alle imprese iscritte a Unindustria Lazio;

   si rileva che Consip negli scorsi anni ha già aggiudicato diversi appalti alla Consilia CFO srl, di cui il dottor Angelo Camilli è proprietario ed amministratore delegato, e attualmente la Consilia CFO è partecipante a una gara da 250 milioni di euro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della partnership segnalata in premessa, se questa rientri nel piano delle attività di Consip e, in caso affermativo, quali altre associazioni private d'imprese abbiano sottoscritto accordi simili.
(4-02267)


   MALAVASI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da una nota di Unindustria Reggio Emilia sarebbe in atto un piano di riassetto organizzativo delle Agenzie delle dogane a livello nazionale, che riguarderà la soppressione dirigenziale di 25 sedi territoriali, tra cui quella di Reggio Emilia;

   la provincia di Reggio Emilia si posiziona a livello nazionale su 107 province all'11° posto come valore di export e al 30° come import e l'attività dell'Agenzia della provincia suddetta ha portato nel 2023 alle casse dello Stato dazi e diritti per oltre 131 milioni di euro;

   nell'ambito doganale nel 2023 le esportazioni reggiane hanno infatti registrato un +5,4 per cento rispetto all'anno precedente;

   in particolare, la provincia di Reggio Emilia è stata individuata quale polo logistico attrattivo del settore tessile-abbigliamento di brand di rilevanza internazionale;

   in forte sviluppo anche il settore manifatturiero della meccanica e della meccatronica con oltre 3 miliardi di euro di valore merci;

   sempre in ambito dogane sono stati effettuati circa 1.400 controlli nei luoghi autorizzati presso le aziende oltre ai circa 3.100 controlli documentali;

   il totale delle operazioni di import effettuate è di 152.199, mentre le operazioni di export si attestano a 132.565 nel solo anno 2023;

   in ambito accise, in particolare su alcol e prodotti energetici, l'accertato complessivo dell'Ufficio si attesta su oltre 7 milioni di euro;

   attività in forte espansione nella realtà reggiana è la denaturazione dell'alcol, che nel 2023 ha registrato ben 2.584 operazioni, con una movimentazione di centinaia di milioni di litri di prodotto, superiore ad un miliardo di euro carico di imposta;

   la mole di attività espressa dall'Agenzia locale è tale per cui, nel gennaio 2020, Unindustria Reggio Emilia aveva chiesto un potenziamento degli stessi uffici;

   si tratta di una questione cruciale per le imprese reggiane, soprattutto alla luce delle tensioni geopolitiche e dei conflitti bellici in atto, che condizionano fortemente la circolazione delle merci nel mondo, creando forti disagi sia per l'approvvigionamento di materie prime ed energia, che per le esportazioni di una provincia fortemente vocata all'export, come quella di Reggio Emilia;

   si ritiene che se dovesse rimanere a Reggio Emilia solo una sede meramente operativa, senza poteri decisionali, le attività delle imprese del territorio subirebbero un forte rallentamento nelle loro operazioni di business, con conseguenze economiche negative per tutto il tessuto produttivo reggiano;

   il rapporto con le Dogane riveste nelle scelte aziendali un fattore chiave per il successo sui mercati internazionali in quanto instaurare una corretta, consapevole e leale interlocuzione con la dogana comporta un effettivo risparmio dei tempi e dei costi complessivi relativi agli scambi internazionali, agevola una gestione più efficiente dei processi produttivi e commerciali e porta a una riduzione del rischio di commettere errori e irregolarità suscettibili di sanzioni;

   per tali motivi vi è una una forte e legittima preoccupazione delle imprese del territorio attive nei settori della meccatronica, della logistica, della ceramica e della moda che nel loro recente insediamento avevano tenuto in considerazione anche la migliore condizione logistica/doganale che la provincia attualmente esprime –:

   se sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se non intenda adottare iniziative volte a garantire – alla luce di quanto esposto – il mantenimento dell'ufficio delle Dogane di Reggio Emilia, poiché la sua soppressione determinerebbe un forte rallentamento delle operazioni di import ed export delle imprese del territorio, a danno di tutto il tessuto economico e produttivo reggiano.
(4-02271)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   BONELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dal sito dell'Osservatorio su informazioni giornalistiche e notizie oscurate (Ossigeno per l'informazione) tra ottobre e dicembre 2023, il giornalista Fabrizio Bertè, 33 anni di «Repubblica» redazione di Palermo, e il suo editore hanno ricevuto, dai legali delle persone citate in due articoli, l'annuncio di querele per diffamazione e due diffide a versare entro un mese 1,5 milioni di euro a titolo di risarcimento danni. Le diffide intimano al giornalista di rivelare le fonti dei suoi articoli, pubblicati sull'edizione siciliana del quotidiano;

   gli articoli contestati riferiscono gli sviluppi giudiziari e il contesto di un'inchiesta della procura di Messina sulla regolarità di appalti del valore complessivo di 37,5 milioni di euro assegnati, fra settembre e dicembre 2021, dall'Università di Messina con affidamento diretto per acquisti e lavori, oltre al fatto che si tratta di appalti pubblici sui quali l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha segnalato alcune inadempienze. Riferiscono, inoltre, di alcuni accertamenti della procura di Catania sullo svolgimento di un concorso per dirigente amministrativo dalla cui graduatoria è stato scelto uno dei firmatari delle assegnazioni degli appalti, che ora insieme a un altro vincitore di quel concorso ha reagito con querela e richiesta di danni;

   quella delle diffamazioni a mezzo stampa, con la richiesta di esorbitanti risarcimento danni, ad avviso dell'interrogante rappresenta sempre più frequentemente un'azione intimidatoria per colpire la libertà di stampa e di espressione nel nostro Paese, come accaduto in passato con la querela da parte di Eni nei confronti delle associazioni Greenpeace Italia e ReCommon o da parte di Acciaierie di Italia nei confronti del giornalista Gad Lerner;

   il 20 ottobre 2022 si è svolta a Strasburgo la prima conferenza europea dedicata alla lotta alle querele strategiche contro la partecipazione democratica, comunemente note in italiano come «querele bavaglio» o querele temerarie, indicate sempre più frequentemente con l'acronimo anglosassone Slapp (Strategie Lawsuits Against Public Participation);

   le Slapp rappresentano una grave limitazione alla partecipazione democratica e al diritto alla libertà d'espressione poiché privano il dibattito pubblico di voci che fanno luce su informazioni di pubblico interesse. L'obiettivo dichiarato di chi porta avanti un'azione temeraria nei confronti di giornalisti e/o attivisti, che si occupano ad esempio di corruzione, abusi di potere e questioni ambientali è quello di metterli a tacere, attraverso minacce al diritto alla libertà d'espressione e al diritto di cronaca;

   lo scorso 11 luglio 2023 il Parlamento europeo ha approvato il testo negoziale sulle norme a difesa dei giornalisti dalle querele temerarie, che prevede una serie di garanzie per le vittime delle azioni legali, compresa la possibilità di chiedere un rapido respingimento della causa nel qual caso dovrà essere il ricorrente a dover dimostrare la fondatezza della denuncia e a sostenere l'onere delle spese procedurali, compresa la rappresentanza legale della vittima –:

   se il Ministro risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, in particolare di carattere normativo, per contrastare l'abuso delle querele per diffamazione nei confronti dei giornalisti, dando la possibilità al giudice di respingere rapidamente la causa quando palesemente infondata, attribuendo al ricorrente l'onere di dimostrare la fondatezza della denuncia e l'onere delle spese procedurali e legali, nonché per garantire il principio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero di cui all'articolo 21 della Costituzione, che prevede che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il pensiero con la parola, lo scritto o ogni altro mezzo di diffusione.
(3-00961)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLICINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la magistratura di sorveglianza costituisce un fondamentale segmento della giurisdizione penale, in capo alla quale si concentrano funzioni eterogenee (dalla tutela dei diritti dei detenuti, alla concessione delle misure alternative), tutte volte a realizzare un difficile equilibrio tra le esigenze di tutela della collettività e l'istanza costituzionale espressa dal cosiddetto finalismo rieducativo;

   ad amministrare il settore giurisdizionale dell'esecuzione della pena vi è una compagine di circa duecento magistrati e ventinove tribunali su tutto il territorio nazionale;

   le carenze di personale, sia in termini di magistrati, sia di personale amministrativo, ha fatto sì che, alla data del 13 dicembre 2022, vi fossero circa 90.000 istanze provenienti da «liberi sospesi» non ancora decise dai tribunali di sorveglianza;

   i «liberi sospesi» sono i soggetti che sono stati condannati ad una pena detentiva (anche residua) inferiore a quattro anni; questi, all'atto della definitività della sentenza, non entrano in carcere e rimangono nello stato libero, in forza del meccanismo, pensato nel 1998 dalla «legge Simeone» di cui all'articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale. L'ordine di carcerazione viene infatti sospeso dal pubblico ministero e il condannato ha l'onere, entro trenta giorni, di rivolgere tramite il pubblico ministero al tribunale di sorveglianza un'istanza di applicazione di misura alternativa;

   il procedimento avanti al tribunale di sorveglianza sconta, tuttavia, per carenza del personale di magistratura e amministrativo, dei ritardi considerevoli;

   vi è quindi l'esigenza di dotare la magistratura di sorveglianza di strumenti finalizzati ad abbattere l'arretrato dei procedimenti in trattazione;

   il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 151 ha previsto la costituzione presso i tribunali ordinari, le corti di appello e la Corte di cassazione degli addetti all'ufficio per il processo, con l'obiettivo di agire a breve termine sui fattori organizzativi in modo che le riforme, in fase di attuazione, producano risultati più rapidamente;

   il suddetto provvedimento legislativo non ha però ricompreso la magistratura di sorveglianza tra le giurisdizioni destinatarie degli addetti dell'ufficio per il processo, con la conseguenza che la fase dell'esecuzione della pena non ha beneficiato degli interventi a favore del processo di cognizione civile e penale –:

   in che modo intenda intervenire per far fronte alle problematiche descritte in premessa e se non ritenga di adottare iniziative normative volte a ricomprendere la magistratura di sorveglianza tra i destinatari di interventi finalizzati a smaltire l'arretrato dei procedimenti in trattazione, con particolare riguardo a quelli inerenti ai cosiddetti «liberi sospesi».
(4-02264)


   ASCARI, MORFINO e FEDE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa delle quotidiane difficoltà che il personale di sicurezza incontra nella gestione degli interventi, causate dal malfunzionamento degli strumenti di sorveglianza elettronici (c.d. «braccialetto elettronico»);

   sembrerebbe che spesso il malfunzionamento sia riconducibile a casi di «falso allarme» dovuti alla «insufficienza di segnale», «al mancato controllo stato», alla «batteria scarica» o ad altri problemi tecnici;

   ciò determinerebbe:

    a) l'invio di pattuglie presso le vittime e/o destinatari della misura, al fine di verificare situazioni di presunto pericolo, generando sia un inutile dispendio di risorse, sia situazioni di crescente ansia nelle vittime e insensibilità ai controlli nei soggetti sottoposti;

    b) la necessità di segnalare le anomalie tecniche e gli interventi effettuati, sia all'ente gestore dell'apparecchio elettronico, sia all'autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento;

   attualmente, nel nostro Paese, vi sono circa 5.700 braccialetti elettronici attivati: di questi, 1.019 sono utilizzati per casi di stalking, 671 sotto il controllo dei carabinieri, 348 controllati dalla polizia;

   numerose sono le segnalazioni di falsi allarmi determinati da malfunzionamento: un dispositivo malfunzionante sarebbe in grado di provocare fino a 30 falsi allarmi al giorno;

   tale situazione ad avviso dell'interrogante è estremamente grave ed allarmante: il cosiddetto braccialetto elettronico è allo stato uno degli strumenti di prevenzione più importanti e utili soprattutto in tema di prevenzione e contrasto alla violenza di genere;

   è necessario un intervento urgente e mirato all'adozione di misure idonee alla risoluzione delle problematiche esposte in premessa per scongiurare il rischio che un dispositivo concepito per migliorare la sicurezza dei cittadini si riveli assolutamente inadeguato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se possano fornire il dato preciso o la stima aggiornata dei «falsi allarmi» pervenuti a causa del malfunzionamento di braccialetti elettronici, nonché dei costi medi di gestione e funzionamento di ogni singola unità/braccialetto;

   se e quali iniziative per quanto di competenza anche di carattere normativo, intendano adottare al fine di superare in maniera definitiva le criticità rappresentate in premessa onde scongiurare il rischio che, a causa del malfunzionamento di un dispositivo di sorveglianza elettronica, venga vanificata la prevenzione di fattispecie di reato.
(4-02274)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta scritta:


   AURIEMMA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il 4 settembre 1972 veniva costituita la cooperativa «Sperimentazione 72 coop. Edilizia a r.l.» in Acerra (NA), la quale ai sensi della legge n. 60 del 14 febbraio 1963, realizzò a inizio anni Ottanta 132 appartamenti in Acerra;

   l'assegnazione degli alloggi ai soci aventi diritto, ebbe luogo nel 1985, precisamente tra il mese di marzo e il mese di settembre di quell'anno;

   successivamente, con decreto del 28 settembre 2004 del Ministero delle attività produttive la società cooperativa «Sperimentazione 72 coop. edilizia a r.l.», veniva posta in liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'articolo 2545-terdecies del codice civile;

   da oltre vent'anni sussiste lo stato di liquidazione; tuttavia, nessun intervento di manutenzione e/o di conservazione del patrimonio è stato mai effettuato e gli stabili si trovano attualmente in pessime condizioni manutentive;

   l'11 maggio 2023, l'interrogante ha inviato una nota ai commissari in carica al fine di avere delucidazioni sullo stato dell'arte, ma nessun riscontro è mai stato dato –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda perseguire al fine di porre una soluzione a questa annosa questione e tutelare 132 famiglie che ancora oggi vivono in quelle abitazioni con costanti preoccupazioni.
(4-02259)


   BOF. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   da oltre nove mesi i canali Rai non sono più visibili per diverse ore della giornata nella zona della Pedemontana trevigiana. Nella maggior parte dei casi si tratta spesso di cittadini impossibilitati a fruire di un servizio concessorio che viene regolarmente pagato tramite il canone, senza tra le altre cose potersi rivolgere al servizio assistenza che risulta essere a dir poco carente, se non addirittura nullo;

   da quanto è emerso tramite la stampa locale, a denunciare la situazione sono stati molti utenti segnalando disservizi non riconducibili ai loro apparecchi ma all'emittente Rai, che ha confermato, che trattasi di un problema esteso all'intera provincia e dai controlli effettuati sugli apparecchi non risultano anomalie, neanche collegabili con il recente switch off, in quanto è il segnale a risultare assente;

   da quanto appreso a livello locale i primi disagi si sono verificati in concomitanza con i mondiali di calcio 2022, ma sono poi proseguiti senza alcun intervento della concessionaria e sempre secondo quanto appreso dall'interrogante il segnale potrebbe essere stato abbassato volutamente per non interferire con quello di regioni vicine;

   già in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01346 il Ministro interrogato specificava che «il passaggio alla tecnologia DVB-T2 (...) previsto per i primi mesi del 2024» avrebbe risolto gran parte dei problemi di ricezione locale;

   addirittura in sede di risposta al quesito 34/359 presentato presso la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, la società concessionaria informava l'interrogante che il «Multiplex nazionale RAI che avvia la trasformazione al nuovo standard DVB-T2» sarebbe stato diffuso «il 10 gennaio 2024 ... in tutto il territorio nazionale»;

   allo stato attuale la situazione della ricezione dei canali Rai non è cambiata, anzi è peggiorata: non solo dalle 20 alle 6, ma anche nelle ore diurne il segnale scompare;

   a parere dell'interrogante non è ulteriormente procrastinabile un risolutivo ed urgente intervento della Rai al fine di ripristinare il corretto funzionamento del servizio;

   l'articolo 45, comma 2, del testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo n. 177 del 2005), poi trasposto nell'articolo 59 comma 2 del decreto legislativo n. 208 del 2021 individua le attività che il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve comunque garantire, fra cui la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale;

   Rai Way possiede oltre 2.300 torri distribuite in tutte le regioni italiane, e dovrebbe, pertanto, garantire la facile accessibilità da parte di tutta la popolazione nonché la diffusione e la trasmissione di contenuti televisivi e radiotelevisivi del servizio pubblico –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per risolvere i descritti problemi di ricezione del segnale e garantire il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo su tutto il territorio nazionale e, in particolare, nella Pedemontana trevigiana.
(4-02265)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORASSUT e SIMIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 19 dicembre 2023, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato il tavolo per la definizione di un piano casa, del quale nel nostro Paese ci sarebbe assoluto bisogno, tenuto conto delle 650 mila famiglie nelle graduatorie per l'accesso ad una casa popolare, delle oltre 40 mila sentenze di sfratti emesse ogni anno, delle 983 mila famiglie stimate dall'Istat in povertà assoluta e in affitto, del caro affitti e della assoluta insufficienza di residenze per studenti;

   al tavolo risultano invitati e partecipanti: cooperative edilizie, costruttori, associazioni dei proprietari, ordini professionali, fondazioni, agenzie immobiliari, operatori economici, regioni, comuni ed enti gestori di edilizia residenziale pubblica;

   da tale tavolo risultano esclusi l'Unione inquilini e tutti gli altri sindacati inquilini, quindi i rappresentanti di coloro che dovrebbero essere i beneficiari del piano casa;

   anche nella seconda riunione del tavolo, tenutasi lo scorso 16 gennaio 2024, si è assistito alla scelta di escludere dagli inviti i soli sindacati inquilini;

   non era mai avvenuto in passato che soggetti rappresentativi, quali sono i sindacati inquilini, fossero esclusi da un tavolo istituzionale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il che desta forti perplessità considerato che si escludono soggetti che sono centrali e rappresentativi di un vasto settore sociale ai quali viene preclusa la possibilità di fornire un contributo di merito;

   l'esclusione dei sindacati inquilini dal tavolo istituzionale avviato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha alcuna motivazione plausibile e, a parere degli interroganti, appare necessario superare tale esclusione procedendo, da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad invitare anche i sindacati maggiormente rappresentativi degli inquilini –:

   quali siano i motivi dell'esclusione dei sindacati inquilini dal tavolo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la definizione di un piano casa, anche al fine di sapere se ritenga opportuno e necessario procedere ad invitare anche l'Unione inquilini e gli altri sindacati inquilini, dando completezza al tavolo e rappresentanza a tutti i soggetti interessati al piano casa, per garantire un confronto con tutte le parti sociali coinvolte.
(5-01959)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBAGALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto segnalato all'interrogante, i cittadini residenti nel comprensorio dei comuni di Biancavilla, Adrano e S. Maria di Licodia si sono fatti promotori di una petizione popolare rivolta al presidente della Regione Siciliana e ai sindaci dei, comuni sopra citati;

   la richiesta è di riconsegnare alla comunità la piena funzionalità della strada provinciale 50 «Ponte Barca-Muglia-Biancavilla»;

   ormai da parecchi anni la suddetta strada è chiusa al traffico veicolare, a causa di alcuni smottamenti della sede stradale, che ne impediscono il regolare transito;

   a nulla sono valsi gli appelli formulati in passato dalle comunità, né le promesse politiche con annunci di finanziamenti che avrebbero dovuto porre fine all'annosa questione;

   è evidente che ad essere penalizzata è l'economia di questo territorio, i residenti non riescono ad arrivare in prossimità dei terreni agricoli di loro proprietà, ma anche per coloro che devono raggiungere l'autostrada A19 in direzione Palermo la situazione non appare migliore, essendo oggi costretti a percorrere parecchi chilometri in più rispetto al dovuto;

   tale stato di disagio è ormai insostenibile e non può più essere tollerato, con conseguenze irreparabili per l'economia dei cittadini, che hanno la sfortuna di risiedere in questo territorio –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere per la messa in sicurezza della statale coinvolgendo anche le prefetture di Enna e Catania.
(4-02253)


   STEFANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 ha sancito obblighi per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, con l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050;

   l'articolo 26 di tale decreto e il relativo allegato III obbligano i cittadini ad utilizzare fonti rinnovabili, per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento, per tutti i progetti di edifici di nuova costruzione e i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti, prevedendo limitate deroghe per gli edifici destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, gli edifici vincolati dal codice per i beni culturali e paesaggistici, qualora sussistano incompatibilità con il vincolo, e gli edifici pubblici posti nella disponibilità di corpi armati, qualora l'adempimento risulti incompatibile con la loro natura e destinazione;

   per gli edifici di nuova costruzione, secondo l'allegato III, la potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili che devono essere obbligatoriamente installati sopra o all'interno dell'edificio o nelle relative pertinenze, si calcola sulla base della superficie in pianta dell'edificio al livello del terreno, ovvero della proiezione al suolo della sagoma dell'edificio, misurata in metri quadri e moltiplicata per il coefficiente dello 0,05;

   nessuna deroga è prevista dal citato decreto legislativo per le persone con invalidità certificata, a causa di difficoltà motorie di deambulazione, che sono costrette a realizzare la propria casa di abitazione principale ad un unico piano e quindi con una superficie in pianta maggiore e anche doppia rispetto a quella realizzata su due piani;

   ad esempio, nel caso di energia prodotta da pannelli fotovoltaici, per coprire il fabbisogno energetico completo di una casa a due piani, servirebbero 7 kW di Fv, mentre, dal calcolo derivante dall'applicazione della norma ad una casa ad un unico piano, risulterebbe la necessità dell'installazione di 14,65 kW di Fv:

   si tratta di una spesa consistente che penalizza molto i soggetti portatori di handicap –:

   se, nell'ambito delle politiche sostenibili nel campo dell'edilizia, riguardanti l'efficientamento energetico e l'eliminazione di barriere architettoniche, i Ministri interrogati, per quanto di competenza, possano valutare la possibilità di deroghe, anche parziali, dall'obbligo dell'installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, per le abitazioni principali ad un unico piano delle persone con invalidità certificata a causa di difficoltà motorie di deambulazione, rivedendo la formula di calcolo della relativa potenza elettrica installata.
(4-02260)


   UBALDO PAGANO e STEFANAZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 7-ter, istituita nel 1937, collega Taranto e Lecce attraversando diversi comuni di tre province diverse (Taranto, Brindisi e Lecce);

   nel corso dei decenni la realizzazione dell'opera ha subito rallentamenti e diverse revisioni progettuali. Da ultimo, dopo essere stata inserita nel Patto per la Puglia del 2016 e finanziata con delibera CIPE, il progetto è stato nuovamente rimodulato e ad oggi risulta completato solo parzialmente;

   in data 29 gennaio 2024 si è tenuta, alla presenza dei sindaci dei comuni interessati, la conferenza dei servizi convocata da Anas per l'individuazione della proposta progettuale, tra le tre presentate, per la realizzazione del tratto Manduria-Lecce, per l'adeguamento del percorso Lecce-San Pancrazio e per la realizzazione delle varianti agli abitati di Guagnano, Salice Salentino e Campi Salentina nell'ambito del completamento della strada statale 7-ter «Bradanico-Salentina»;

   in tale occasione il commissario di Anas ha ribadito la contrarietà della società alla realizzazione di un'infrastruttura a quattro corsie;

   la contrarietà espressa da Anas ha suscitato la reazione dei sindaci presenti, che hanno chiesto all'unanimità di rivalutare l'opzione di costruzione di un'arteria a quattro corsie;

   anche nell'opinione degli onorevoli interroganti, un'opera a quattro corsie sarebbe l'unica capace di garantire significativi benefici al territorio in termini di sviluppo turistico e commerciale, oltre che di mobilità;

   con una nota inviata il 18 gennaio 2024 ad Anas, l'assessore ai trasporti della regione Puglia, dottoressa Maurodinoia, ha chiesto di «voler valutare [...] l'adozione di una categoria di tipo B (a quattro corsie), tenuto conto che l'itinerario Bradanico-Salentino costituisce un diretto ed importante collegamento tra strade statali, allaccia alla rete delle strade statali aree portuali ed aeroportuali e centri di particolare importanza industriale, turistica e climatica e presenta particolare interesse per l'economia di vaste zone del territorio nazionale» –:

   se intenda, per quanto di competenza, chiarire le ragioni tecniche sulla cui base l'Anas ritiene irrealizzabile un'infrastruttura a quattro corsie che colleghi Taranto e Lecce;

   se non intenda, qualora si ritengano superabili le motivazioni tecniche addotte da Anas, intraprendere iniziative volte alla revisione del progetto della strada statale 7-ter «Bradanico-Salentina», nel senso di un ampliamento per la realizzazione di quattro corsie, anche provvedendo a stanziare le ulteriori risorse economiche.
(4-02268)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SOUMAHORO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2023, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia con la sentenza n. 2949 ha accolto il ricorso presentato in una class action pubblica promossa da diverse organizzazioni, tra cui Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (Cild), Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), Oxfam Italia Onlus, Spazi Circolari e Associazione Naga – Organizzazione di Volontariato per l'Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri (oltre che di 9 ricorrenti persone fisiche e con l'intervento di circa altri 100 ulteriori soggetti tra cui sia persone straniere che datori di lavoro);

   tramite la class action, presentata da coloro che avevano subìto ritardi nei procedimenti di regolarizzazione, è stata ottenuta una condanna nei confronti delle amministrazioni coinvolte, con l'imposizione di un termine di novanta giorni per la conclusione delle pratiche, ponendo così rimedio alla denunciata situazione di generalizzato mancato rispetto del termine di 180 giorni (limite temporale individuato dal Consiglio di Stato, sentenza n. 3578 del 2022), per la conclusione del procedimento;

   il Tar ha ritenuto grave il ritardo oggettivo e acclarato in cui è incorsa la prefettura di Milano in relazione al lungo tempo trascorso non solo dalla data di presentazione della domanda di emersione (entro agosto 2020), ma anche dalla stessa scadenza del termine finale, individuato in 180 giorni, previsto per la conclusione delle pratiche;

   nello specifico del ricorso, la regolarizzazione era stata disposta nel maggio del 2020 dal Governo Conte II per regolarizzare le persone straniere impiegate in agricoltura e nel settore domestico. Molte richieste, ad oltre 3 anni dall'entrata in vigore dell'articolo 103 decreto-legge n. 34 del 2020, ancora oggi non hanno ricevuto risposta. Per questo è stata promossa una class action pubblica verso la prefettura di Milano, e un'altra verso quella di Roma con ulteriori organizzazioni, per la quale è fissata l'udienza al Consiglio di Stato per il prossimo 7 marzo 2024;

   contro la questura di Roma, invece, Arci Roma, ASGI, Baobab Experience, CILD, Cgil Lazio, Inca-Cgil Lazio, Nonna Roma, Oxfam, Progetto Diritti e Spazi Circolari, in collaborazione con la Campagna Ero Straniero hanno presentato una class action per il ritardo nell'emissione dei permessi di soggiorno. Analogo ricorso è stato presentato contro la questura di Napoli;

   in molte questure i tempi per un appuntamento per le impronte digitali arrivano fino ad un anno. A volte i documenti, di validità biennale, arrivano già scaduti o quasi scaduti;

   questi tempi lunghi rappresentano, ad opinione dell'interrogante, un grave e generalizzato inadempimento della pubblica amministrazione che costringe migliaia di persone straniere all'invisibilità, se si considera che chi è in possesso della sola ricevuta della domanda di regolarizzazione o di rilascio del primo permesso di soggiorno non può stipulare un altro contratto di lavoro, aprire un conto corrente, effettuare l'iscrizione anagrafica, lasciare il territorio italiano per far visita alle proprie famiglie;

   questi gravi ritardi nel rilascio di documenti essenziali per la vita quotidiana delle persone straniere hanno talvolta causato danni significativi, come la perdita del lavoro o la mancata iscrizione al Servizio sanitario nazionale con tutte le conseguenze che ciò ha comportato –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato per:

    a) ridurre i tempi di attesa per il rilascio i permessi di soggiorno affinché siano rispondenti ai limiti fissati dalla legge;

    b) arrivare alla rapida conclusione dei procedimenti di emersione citati in premessa.
(3-00963)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARRACINO e AMENDOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Commissariato di pubblica sicurezza di Pisticci, con sede a Marconia, in provincia di Matera estende la sua competenza territoriale su un'area molto vasta che va dalla fascia jonica alla montagna materana;

   il suo dimensionamento in termini di uomini e mezzi presenta purtroppo una serie di criticità;

   considerata l'ampiezza del territorio da coprire e le competenze anche burocratiche da evadere i carichi di lavoro per il personale in servizio risultano essere particolarmente gravosi;

   tale situazione di difficoltà durante l'estate si accentua per la presenza di turisti che affollano le strutture ricettive della costa;

   il personale in servizio affronta con grande abnegazione e senso del dovere situazioni quotidiane di precarietà di mezzi e di emergenze operative;

   il territorio di competenza del suddetto Commissariato necessita di essere adeguatamente attenzionato in termini di sicurezza per contrastare forme di illegalità e infiltrazioni criminali –:

   in considerazione di quanto riportato in premessa quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di programmare provvedimenti di potenziamento del personale in servizio nonché dei mezzi a disposizione del Commissariato di Pisticci, con l'obiettivo di rafforzare il controllo del territorio.
(5-01955)

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa della cronica carenza di personale della polizia stradale di Reggio Emilia;

   a riportare l'attenzione sulla questione, da tempo nota, è il Siulp che, attraverso il segretario provinciale generale di Reggio Emilia, ha denunciato una carenza di organico di circa 30 unità, evidenziando che presso i distaccamenti di Guastalla e Castelnuovo Monti non viene assegnato personale rispettivamente dal 2018 e dal 2003;

   la preoccupazione del Siulp è assolutamente condivisibile, soprattutto perché tale situazione si ripercuote negativamente tanto sulla sicurezza dei cittadini, a causa degli inevitabili ritardi nelle attività di tutela della sicurezza pubblica, quanto sullo stesso personale della stradale, in estrema difficoltà a causa delle esigue unità a disposizione;

   ad avviso dell'interrogante servono interventi immediati in quanto si rischia di minare l'intera organizzazione del lavoro di personale impegnato quotidianamente nello svolgimento di servizi di Istituto e di vigilanza stradale su un'arteria (la via Emilia, la statale 9, la strada lungo la quale si registra il maggior numero di incidenti) tra le più importanti del Paese, con inevitabili e gravi conseguenze sulla sicurezza dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare al fine di risolvere tutte le criticità esposte in premessa;

   se e quali iniziative di competenza ritenga di poter adottare al fine di aumentare l'organico del personale di polizia stradale di Reggio Emilia.
(4-02273)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FURFARO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da organi di stampa sia nazionali che locali, i docenti che hanno superato le prove suppletive del concorso pubblico indetto nel 2020 per il reclutamento di personale docente per i posti comuni e di sostegno della scuola infanzia e primaria rischiano adesso di perderlo a causa della sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 24 gennaio 2024 che ha invalidato le prove;

   le prove suppletive si sono svolte ad aprile 2023 a seguito di una ordinanza cautelare con la quale il Tar accoglieva l'istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati nella parte in cui non prevedevano «prove suppletive nei confronti di tutti i candidati impossibilitati a presentarsi in quanto sottoposti ad isolamento fiduciario ovvero in quarantena, in applicazione delle vigenti misure sanitarie di contrasto e contenimento del virus Covid 19»;

   con il ricorso al Tar i ricorrenti chiedevano l'annullamento dell'avviso contenente il diario delle prove scritte, nella parte dove non era stata inserita la possibilità di svolgimento di prove suppletive verso i candidati impossibilitati a presentarsi in quanto sottoposti a isolamento fiduciario o in quarantena, con accertamento del diritto a essere ammessi allo svolgimento di prove suppletive da calendarizzare;

   contro l'ordinanza del Tar, che aveva accolto la domanda cautelare, le amministrazioni avevano proposto appello cautelare dinanzi al Consiglio di Stato, che lo respingeva. Successivamente, il Consiglio di Stato, entrando nel merito, ha modificato il proprio orientamento, accogliendo tutti i successivi appelli cautelari proposti dalle amministrazioni;

   con la sentenza del 24 gennaio 2024, il Consiglio di Stato ha riaffermato il principio dell'irrilevanza degli impedimenti soggettivi dei concorrenti, pure se causati da caso fortuito o forza maggiore, ai fini della partecipazione al concorso. Secondo il Consiglio di Stato prevale l'esigenza di celerità e certezza dei tempi di conclusione delle procedure concorsuali in condizioni di parità fra i concorrenti secondo il superiore principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione;

   a differenza della sentenza del Tar impugnata, che aveva ritenuto come l'applicazione dei predetti princìpi ai concorsi pubblici svolti durante il periodo emergenziale finiva per obliterare l'eccezionalità della situazione pandemica e delle relative misure restrittive messe in atto per fronteggiarla, con nocumento alle aspettative dei candidati che non avessero potuto partecipare alle prove in forza di provvedimenti dell'Autorità tesi a tutelare la salute pubblica e alle esigenze pubbliche di selezione dei migliori candidati per la successiva immissione in ruolo, il Consiglio di Stato, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, pur avendo respinto la domanda di sospensione della sentenza appellata, ai fini della decisione di merito, ha ritenuto prevalente l'esigenza di celerità e certezza dei tempi di conclusione delle procedure concorsuali in condizioni di parità frati concorrenti, tenuto conto che non risultano espresse previsioni di legge che abbiano consentito il differimento delle prove;

   per quanto attiene al territorio di Pistoia l'annullamento della prova, secondo quanto costa all'interrogante, interessa due persone (si ricorda che in tutta Italia sono 500 le persone che si sono viste annullare il superamento delle prove concorsuali);

   l'annullamento comporterà, tra l'altro, che improvvisamente i bambini si troveranno senza più i loro insegnanti –:

   quali urgenti iniziative, anche di natura normativa, intenda adottare per garantire la conservazione del posto di lavoro ai docenti vincitori delle prove suppletive del concorso indetto nel 2020 per il reclutamento di personale docente della scuola infanzia e primaria.
(5-01956)


   VACCARI, GUERRA, MANZI, ASCANI, MALAVASI, GNASSI e BAKKALI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   lo studente dell'Ites Jacopo Barozzi di Modena, Damiano Cassanelli, rappresentante d'istituto rischia una sospensione di dodici giorni da scuola dopo che, nel corso di uno sciopero che si stava svolgendo, ha rilasciato un'intervista a un giornale locale per farsi portavoce di criticità relative alla vita scolastica;

   il giovane studente si è fatto portavoce di un disagio crescente tra gli studenti in qualità di rappresentante e quindi nello svolgimento di una funzione che legittima il diritto alla libertà di espressione e di critica;

   secondo la dirigenza avrebbe messo in cattiva luce la scuola, offendendone la reputazione;

   la vicenda merita un chiarimento perché tocca direttamente un tema centrale come quello della libertà di parola e di espressione, riconosciuto e tutelato dallo stesso statuto delle studentesse e degli studenti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di fare chiarezza sulla vicenda che coinvolge l'Ites Barozzi di Modena e, in particolare, lo studente Damiano Cassanelli e se intenda favorire, attraverso il competente ufficio scolastico, il recupero di un clima di dialogo e confronto all'interno dell'istituto scolastico al fine di superare le tensioni e le dannose contrapposizioni verificatesi nei mesi passati.
(5-01958)


   CASO, MORFINO e ORRICO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   le infrastrutture scolastiche che ospitano studenti di ogni e ordine e grado su tutto il territorio nazionale risultano tra gli elementi fondamentali per garantire la continuità dei percorsi formativi e contrastare la dispersione scolastica;

   infatti, la letteratura accademica ha evidenziato come caratteristiche quali la dimensione e la sicurezza delle aule, la salubrità degli ambienti e la presenza di spazi ricreativi e del servizio mensa incidono sulla continuità didattica e, di conseguenza, sulla capacità di concentrazione degli studenti;

   a titolo esemplificativo, alcuni studi economici riportati dal report della Banca D'Italia «Per chi suona la campanella? La dotazione di infrastrutture scolastiche in Italia», evidenziano come il tasso di saturazione delle aule o il numero di alunni per insegnante siano inversamente correlati agli esiti dei processi di apprendimento, sia in termini di valutazione che in termini di prosecuzione degli studi;

   tuttavia, il sistema di finanziamento dell'edilizia scolastica è profondamente influenzato dal frammentato quadro di governance che regola il riparto delle competenze in materia: infatti, agli enti locali spetta costruire le scuole, equipaggiarle e provvedere alla loro manutenzione, mentre la programmazione degli interventi è materia di competenza concorrente tra Stato e regioni, con queste ultime che redigono i piani triennali di edilizia scolastica e lo Stato che li recepisce e formula le priorità strategiche per l'intero territorio nazionale, perseguendo finalità perequative per colmare i divari territoriali;

   non a caso, i livelli di spesa pro capite risultano molto eterogenei sul territorio nazionale: secondo i dati elaborati dalla Banca d'Italia, le province autonome di Trento e Bolzano spendono in media ogni anno il quadruplo del valore nazionale, mentre in regioni come la Campania, la Sicilia e la Puglia la spesa è stata inferiore al 40 per cento rispetto al dato italiano;

   sempre lo stesso report evidenzia come nonostante l'elevata sismicità della penisola italiana, meno di un quinto degli alunni frequenta edifici provvisti di certificazioni adeguate e, ancora una volta, gli alunni del Mezzogiorno sono tra quelli più svantaggiati, poiché soltanto il 13 per cento delle scuole dell'area possiede le certificazioni adeguate, contro il 27 per cento del Nord est;

   tuttavia, il dato più allarmante è quello che riguarda l'adeguatezza delle infrastrutture: oltre il 30 per cento delle situazioni di maggiore criticità è localizzato in Campania e nella provincia di Napoli, che da sola incide per un quinto dei casi rilevati a livello nazionale;

   ancora una volta, l'immagine del Paese risulta spaccata tra un alunno del Nord che ha a disposizione una superficie scolastica del 60 per cento più elevata e una probabilità più che doppia di frequentare una struttura dotata di mensa rispetto ad un suo coetaneo del Mezzogiorno –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché le risorse disponibili e quelle provenienti dai fondi di coesione europei e dal PNRR possano essere efficacemente allocate per ridurre definitivamente i gap infrastrutturali e garantire a tutti gli studenti del territorio nazionale strutture scolastiche sicure e dotate di tutti i servizi necessari.
(5-01964)


   CASO, MORFINO e ORRICO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   la legge 8 ottobre 2010, n. 170, recante «Disposizioni in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico», riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento (Dsa), i quali, anche in assenza di patologie neurologiche o deficit sensoriali, possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana;

   in Italia, secondo un report sugli studenti con disturbi specifici dell'apprendimento pubblicato dal Ministero dell'istruzione e del merito nel 2022, negli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021, gli alunni a cui è stato diagnosticato un disturbo specifico dell'apprendimento sono stati rispettivamente 318.678 (il 5,3 per cento) e 326.548 (il 5,4 per cento) del numero complessivo dei frequentanti della scuola primaria e secondaria di I e II grado;

   per supportare le scuole e le famiglie nella tutela e nel supporto degli allievi con Dsa, il 21 luglio 2011 è stato pubblicato il decreto attuativo 12 luglio 2011, n. 5669 con le relative linee guida, finalizzati a garantire l'utilizzo di strumenti compensativi, quali mappe concettuali come supporto all'elaborazione di compiti e verifiche, maggior tempo o strumenti informatici ausiliari da parte degli alunni con Dsa;

   tuttavia, nonostante la presenza di una normativa in merito, molte famiglie e i relativi studenti lamentano una disapplicazione della legge nel momento in cui gli studenti sono costretti a misurarsi con prove ed esami. Come riportato dall'Istat, più di una scuola su quattro definisce insufficiente la dotazione di postazioni informatiche adattate e questa carenza aumenta nel Mezzogiorno, dove una scuola su tre segnala tale problematica;

   inoltre, non sempre l'offerta di ausili didattici soddisfa la domanda: il 7,3 per cento degli studenti non dispone di questa strumentazione, ma ne avrebbe bisogno e, a livello territoriale, la carenza di strumenti didattici si riduce al 5,9 per cento al Nord, mentre aumenta nel Mezzogiorno (8,7 per cento);

   queste criticità si uniscono alla carenza di insegnanti specializzati nel sostegno: il 30 per cento degli attuali insegnanti impiegati (circa 67 mila) non hanno ricevuto una formazione specifica per il sostegno, ma vengono utilizzati per far fronte alla carenza di queste figure, spesso con ritardi anche nelle assegnazioni degli stessi: dal punto di vista territoriale, è il Nord ad avere la peggio, poiché ad un mese dall'inizio della scuola circa il 14 per cento degli insegnanti non risulta assegnato, mentre il Sud scende sotto la quota nazionale attestandosi all'11 per cento;

   nonostante i passi avanti, tali problematiche rendono difficoltoso il percorso formativo ed educativo di questi studenti, i quali, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, hanno eguale diritto a ricevere un'educazione corretta e completa al pari dei loro compagni –:

   quali ulteriori iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di risolvere le problematicità e garantire una volta per tutte il diritto ad uno studio di qualità agli studenti con Dsa.
(5-01965)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende a Gioia del Colle, in Puglia, nei giorni scorsi si è svolta in piazza una cerimonia organizzata dal Reggimento Logistico Pinerolo dell'Esercito per il 227esimo anniversario della bandiera italiana;

   alla cerimonia, che si è svolta alla presenza delle autorità cittadine, sono state invitate anche delle scolaresche di primaria e secondaria di primo grado e ai bambini e ragazzi presenti è stata fatta sperimentare una prova di «Military fitness», prova per la quale ai piccoli studenti – che per superarla hanno fatto anche flessioni con un istruttore, sono saliti su mezzi militari pigiando bottoni, movimentato manichini e indossato un giubbotto antiproiettile – è stato consegnato un attestato;

   a parere dell'interrogante non vi è nulla di educativo nell'insegnare a bambini e ragazzi a giocare alla guerra, a prendere confidenza con strumenti di morte e a farli salire su mezzi militari facendo indossare loro giubbotti antiproiettile;

   la scuola dovrebbe essere un luogo in cui si educa alla pace e alla risoluzione pacifica dei conflitti e invece si assiste ad una sempre più forte ingerenza delle forze militari e delle industrie di armi nel sistema scolastico, con iniziative organizzate all'interno delle scuole o alle quali vengono invitate scolaresche, come accaduto a Gioia del Colle;

   quanto accaduto in Puglia non è un caso isolato e dai territori giungono, anche attraverso l'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, frequenti segnalazioni di collaborazioni sempre più strette tra scuole, caserme e aziende della difesa, tutto a discapito di una didattica che indirizzi gli studenti alla ricerca di soluzioni non militari alla risoluzione dei conflitti, in sintonia con la nostra Costituzione che ripudia la guerra, concentrando ogni sforzo educativo per promuovere il dialogo, il rispetto e la pace, concetti che si pongono in antitesi all'utilizzo di armi e mezzi militari;

   le scuole stanno diventando sempre più dei luoghi dove si preferisce coltivare l'ideologia bellicista e del controllo securitario e ciò avviene attraverso l'intervento diretto delle forze armate declinato in una miriade di iniziative tese a promuovere la carriera militare in Italia e all'estero;

   occorrerebbe piuttosto, ad avviso dell'interrogante, recuperare le «Linee guida del Ministero dell'istruzione sull'educazione alla pace e ai diritti umani», del 2007, in cui si afferma «l'importanza di acquisire conoscenze e tecniche per la comprensione, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, dei processi conflittuali in atto, delle relative cause e della individuazione delle soluzioni nonviolente potenzialmente disponibili» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quale sia il loro orientamento in merito;

   quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di limitare la cultura bellicista e militarista che, ad avviso dell'interrogante, si sta diffondendo nelle scuole di ogni ordine e grado del Paese, rendendo gli spazi scolastici luoghi in cui praticare, anche attraverso specifici programmi ministeriali, la cultura della pace e dell'accoglienza, restituendo alla scuola il ruolo sociale previsto dalla Costituzione italiana e di educazione ai valori e principi di quest'ultima.
(4-02257)


   MARI e PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende l'Ufficio scolastico regionale per il Lazio, nella persona della direttrice regionale Anna Paola Sabatini, nei giorni scorsi avrebbe inviato una comunicazione riservata indirizzata ai dirigenti scolastici degli istituti scolastici di ogni ordine e grado avente ad oggetto lo svolgimento delle attività didattiche, nella quale, in vista dell'approssimarsi «della Giornata della Memoria e alla luce degli scenari internazionali di crisi», l'Ufficio «si raccomanda di porre la massima attenzione per prevenire iniziative o comportamenti che possano turbare la serenità degli studenti e delle studentesse nonché il regolare funzionamento delle attività didattiche»; nella medesima comunicazione viene precisato altresì che «ogni eventuale iniziativa al riguardo deve essere rappresentata allo scrivente Ufficio con la massima tempestività»;

   in sostanza, a parere degli interroganti, con la suddetta circolare, l'Ufficio scolastico regionale per il Lazio ha chiesto a tutti i dirigenti scolastici di attivarsi affinché nelle scuole di ogni ordine e grado, in prossimità della Giornata della Memoria non venissero svolte iniziative o momenti di riflessione comune dedicati alla guerra in Palestina;

   seppur non esplicitamente, quindi, si è inteso porre un limite alla libertà di insegnamento e lo stesso linguaggio utilizzato («porre la massima attenzione», «prevenire», «turbare la serenità», «rappresentare con tempestività») evidenzia ad avviso degli interroganti un tentativo di controllo che si pone al di fuori di ogni regola costituzionale e di legge;

   nel momento in cui i genitori decidono di affidare l'istruzione dei propri figli alle autorità scolastiche (essendo liberi di individuare la scuola che ritengano più idonea), essi accettano altresì di rispettare, da una parte, l'autonomia che la legge riconosce alle scuole e, dall'altra, accettano la libertà di insegnamento di coloro ai quali viene affidato il compito di provvedere all'istruzione degli allievi; la libertà di insegnamento rappresenta senz'altro il cardine dell'articolo 33, comma 1 della Costituzione secondo cui «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento», e costituisce una fondamentale esplicazione della più ampia libertà di manifestazione del pensiero di cui all'articolo 21 della Costituzione;

   così intesa, la libertà di insegnamento, definita anche come «libertà nella scuola», consiste nel garantire il docente da ogni condizionamento da parte dei pubblici poteri;

   compito dell'insegnante è anche quello di accompagnare gli studenti e le studentesse nel loro percorso verso l'età adulta anche attraverso l'analisi critica del contesto storico nel quale vivono –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della circolare di cui in premessa e se non intenda verificarne il contenuto e il tenore scelto, dal momento che lo stesso appare agli interroganti grandemente lesivo della libertà di insegnamento e, più in generale, del tutto inopportuno vista la drammaticità degli accadimenti in corso in Palestina e la loro rilevanza sotto il profilo dell'interesse generale della collettività.
(4-02269)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e FOSSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 213 del 2023 ha introdotto il cosiddetto «Bonus mamme», la decontribuzione per le mamme lavoratrici con contratto a tempo indeterminato e almeno due figli o più figli, di cui almeno uno di età inferiore a 10 anni;

   il beneficio doveva essere operativo già a partire dal 2 gennaio 2024, ma non è stato ancora riconosciuto nella busta paga delle lavoratrici interessate poiché l'Inps non ha diramato le necessarie indicazioni operative per le aziende;

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che l'Inps debba svolgere delle verifiche sulla base della normativa sulla privacy per quanto riguarda l'opportunità di valutare un rapporto più diretto con le aziende, accedendo ai codici fiscali dei dipendenti;

   la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito la misura come la «più significativa» della legge di bilancio – per quel che riguarda le politiche per le famiglie – affermando che «il concetto che vogliamo stabilire è che una donna che mette al mondo almeno due figli, in una realtà in cui noi abbiamo disperato bisogno di invertire i dati sulla demografia, ha già offerto un importante contributo alla società, e quindi lo Stato cerca di compensare pagando i contributi previdenziali. Vogliamo smontare la narrativa per cui la natalità è un disincentivo al lavoro. Vogliamo incentivare chi mette al mondo dei figli e voglia lavorare»;

   in realtà, la misura, nonostante i grandi proclami patriottici, racchiude molti punti deboli e discriminatori:

    a) è a valere per il solo 2024;

    b) vale solo per le lavoratrici a tempo indeterminato, nonostante le più deboli sul mercato del lavoro siano ovviamente le precarie;

    c) e, soprattutto, riguarda una piccola minoranza delle donne occupate in Italia: difatti, stando alla relazione tecnica della legge di bilancio, si stima che siano circa 800 mila le donne interessate da questa misura. Nel settore privato le mamme lavoratrici con due figli, di cui uno sotto i 10 anni, sono circa 571 mila, mentre quelle con tre o più figli di cui uno minorenne, sono 111 mila. A queste vanno aggiunte le mamme lavoratrici dipendenti del settore pubblico, pari a un quinto di quelle del settore privato;

   si tratta di una platea assolutamente esigua, che esclude intere categorie di mamme lavoratrici come le madri di un solo figlio (anche se disabile), le lavoratrici domestiche, le lavoratrici a tempo determinato, le libere professioniste, le disoccupate e anche le collaboratrici occasionali. Decisamente poco ad avviso degli interroganti per una misura definita dalla stessa Presidente del Consiglio Meloni «la più importante» delle politiche per le famiglie finora proposte –:

   quando sarà effettivamente operativo il beneficio della decontribuzione prevista a partire dal 2 gennaio 2024;

   se non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza volte ad allargare la platea dei beneficiari di tale misura, con particolare riguardo alla condizione delle lavoratrici con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, e aumentarne la durata al fine di sostenere anche con i fatti e non solo a parole le donne e le famiglie.
(5-01961)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2024 la legge di bilancio, n. 213 del 30 dicembre 2023, ha previsto un taglio dell'indennità di malattia per i lavoratori e le lavoratrici del settore marittimo;

   l'articolo 1, al comma 156, prevede la modifica della misura dell'indennità di malattia della gente di mare e stabilisce che «agli eventi di malattia insorti dal primo gennaio 2024 venga corrisposto una indennità giornaliera nella misura del 60 per cento della retribuzione», invece che sul 75 per cento della retribuzione come avveniva fino al 2023;

   tale taglio viene reso ancor più grave dalla modifica del calcolo dell'indennità, prevedendo quale parametro una non definita «retribuzione media globale giornaliera» sulla cui determinazione vi sono non poche preoccupazioni per la possibile esclusione di componenti reddituali, nelle more della comunicazione delle circolari attuative, quali le erogazioni premiali e/o di produzione;

   questa modifica mortifica ancora una volta un settore – quello marittimo – che è storicamente un asse importante dell'economia del Paese;

   si ricorda che i lavoratori del settore hanno già visto una mortificazione in questi anni con l'esclusione dei suddetti lavoratori dalla categoria dei lavori usuranti; infatti, la tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993 n. 374 individuava tra le categorie dei lavori usuranti anche i marittimi imbarcati a bordo, indicazione poi non riportata nel successivo decreto ministeriale 19 maggio 1999, n. 208. Con il decreto legislativo n. 67 del 2011 si conferma l'esclusione del lavoro marittimo dalla categoria dei lavori usuranti;

   a queste criticità di carattere generale che riguardano i marittimi di tutto il Paese, si aggiunge la problematica – ormai storica – della città di Torre del Greco che, da secondo comparto marittimo di tutta Italia, ha subìto la chiusura della cassa marittima nel 2012 con enormi disagi per le migliaia di lavoratori e lavoratrici;

   si segnala che per qualsiasi esigenza, visite mediche biennali, o solo la prescrizione di una semplice medicina sono costretti a rivolgersi alla struttura di Napoli, e devono farlo in qualsiasi condizione, anche quando magari hanno problemi fisici che li costringono a letto –:

   se i Ministri interrogati – per quanto di competenza – non ritengano opportuno rivedere la scelta effettuata in sede di legge di bilancio, se non ritengano che sia necessario aprire un confronto con le sigle sindacali che permetta ai lavoratori del collocamento gente di mare di rientrare nella categoria dei lavori usuranti e infine se non si ritenga necessario riaprire la cassa marittima nel territorio di Torre del Greco per eliminare un disagio che grava da anni su migliaia di lavoratori.
(4-02261)


   FOTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 1° ottobre 1985 è entrata in vigore la Convenzione generale di sicurezza sociale tra l'Italia e il Principato di Monaco, la quale si applica a tutti i lavoratori, loro familiari e superstiti che possono far valere periodi di contribuzione in Italia o nel Principato di Monaco;

   relativamente al campo di applicazione della Convenzione, vi è una netta distinzione tra le categorie di soggetti destinatari della stessa: nel caso in cui i soggetti siano lavoratori subordinati privati, o ad essi assimilati (come ad esempio i lavoratori autonomi), titolari di pensione (delle predette categorie), ovvero familiari a carico (delle predette categorie), la Convenzione assicura la completa copertura assicurativa sanitaria; nel caso in cui, invece, il soggetto appartenga alla categoria dei dipendenti pubblici ed ai pensionati di tale categoria, la Convenzione assicura copertura esclusivamente in relazione al «temporaneo soggiorno» ed al «trasferimento per cure d'elezione»;

   la Convenzione, così delineata, non riconoscendo copertura assicurativa finanziaria ai lavoratori e ai pensionati del settore pubblico, e di conseguenza non riconoscendo loro una effettiva tutela in ambito sanitario, pone in essere una disparità di trattamento tra i lavoratori e i pensionati del settore privato e pubblico –:

   se si intenda valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza volte ad estendere, nell'ambito della disciplina inserita nella Convenzione tra l'Italia e il Principato di Monaco, il campo di applicazione dell'assistenza sanitaria anche ai lavoratori e ai pensionati del settore pubblico.
(4-02263)


   FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pensione di cittadinanza è stata sostituita dall'assegno di inclusione a partire dal 1° gennaio 2024;

   per accedere alla prestazione i cittadini, anche coloro in precedenza assegnatari della pensione di cittadinanza, devono presentare domanda direttamente all'Inps, per via telematica utilizzando le credenziali Spid o la carta dei servizi o carta d'identità elettronica, oppure attraverso i Caf;

   com'era prevedibile, trattandosi di un'utenza anziana e spesso con diverse patologie, molti si sono rivolti ai Caf per presentare la domanda necessaria;

   solo il 16 dicembre 2023 è stato pubblicato il decreto attuativo del Ministero per il provvedimento e gli stessi Caf, ancora agli inizi di gennaio 2024, non avevano ricevuto direttive precise per la compilazione e presentazione delle domande;

   per ricevere l'assegno entro metà febbraio è necessario che la domanda sia completata entro il 31 gennaio e ciò ha comportato un forte afflusso di cittadini ai Caf, che sta determinando notevoli ritardi nella presentazione delle domande. Sono stati segnalati all'interrogante situazioni in Piemonte dove i Caf prendono appuntamenti per la compilazione delle domande in aprile o, addirittura, a maggio, lasciando per tutto quel periodo le persone prive di un sostegno economico;

   accanto a questa situazione sono stati segnalati, in diverse parti d'Italia, problemi alla piattaforma informatica dell'Inps, il che ritarda ulteriormente la presentazione delle domande –:

   se sia a conoscenza dei disagi che si stanno creando e se ritenga di intervenire, per quanto di competenza, affinché le pratiche per la richiesta dell'assegno di inclusione possano essere accelerate, evitando che molte persone in grave difficoltà rimangano sprovviste di un fondamentale sostegno economico.
(4-02270)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MALAVASI, DE MARIA, DE MICHELI, GNASSI, GUERRA, MEROLA, ANDREA ROSSI e VACCARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la presenza dei defibrillatori nei luoghi pubblici consente interventi salva-vita grazie anche alla prontezza e allo spirito di intervento di tanti cittadini al manifestarsi di situazioni di emergenza derivanti da un arresto cardiaco improvviso;

   la diffusione dei defibrillatori, automatici e semi-automatici è prevista dalla legge n. 116 del 2021 recante «Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici»;

   tale provvedimento ne promuove l'installazione in sede fissa presso tutte le amministrazioni pubbliche e gestori di pubblici servizi, nonché in punti strategici quali aeroporti, stazioni ferroviarie, porti e mezzi di trasporto in generale, consentendone l'uso al personale sanitario non medico, al personale non sanitario con formazione in rianimazione cardiopolmonare ed anche a tutti coloro che, seppur privi di formazione specifica, si trovino di fronte a casi emergenziali di arresto cardiaco improvviso;

   nonostante il dettato della norma e i relativi fondi stanziati, ancora oggi non è stato dato seguito a quanto previsto dalla legge, ovvero non è stato ancora varato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto definire il «Programma pluriennale per favorire la progressiva diffusione e utilizzazione dei Dae nei luoghi e sui mezzi di trasporto» su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione, sentiti gli altri Ministri interessati, previa intesa in sede di Conferenza unificata (il termine ultimo era fissato in 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge);

   in aggiunta, lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto prevedere le modalità di accesso delle amministrazioni pubbliche ai contributi messi a disposizione della legge stessa, quantificati fino ad un massimo di 2 milioni di euro a decorrere dal 2021 e a valere sul previsionale 2021-23 dello Stato. Per l'acquisto di tali importanti strumenti la disposizione prevedeva la possibilità per tutte le pubbliche amministrazioni di acquistare direttamente tramite Consip o, sul piano regionale, tramite i Soggetti aggregatori regionali;

   stando ai dati oggi disponibili, ogni anno sono circa 50 mila le persone vittime di arresto cardiaco in Italia e, secondo la comunità scientifica, un intervento rapido di rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione, attuata entro 3-5 minuti dall'inizio dell'arresto cardiaco, può portare la percentuale di sopravvivenza fino al 50-70 per cento mentre, in caso contrario, se nessuno interviene, la percentuale diminuisce del 10 per cento circa per ogni minuto che passa;

   appare necessario che i decreti di cui alla legge suddetta trovino attuazione il prima possibile per dare ulteriore slancio alle attività salva-vita di tanti cittadini –:

   quali iniziative di competenza intenda attuare per dare efficacia alle disposizioni previste dalla legge n. 116 del 2021 ed in particolar modo ai commi 2 e 3 dell'articolo 1, al fine di definire il programma pluriennale per favorire la progressiva diffusione e l'utilizzazione dei Dae nei luoghi e sui mezzi di trasporto, con priorità per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, nonché per stabilire le modalità di accesso delle amministrazioni pubbliche ai contributi previsti al comma 5 dell'articolo 1 della suddetta legge e per fissare i criteri e le modalità per l'installazione di Dae e relativa segnaletica.
(5-01962)

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIRRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende della pubblicazione del report 2023 Cna Sardegna sulla situazione sanitaria, che rivela dati preoccupanti: la Sardegna risulta essere al quart'ultimo posto tra le regioni italiane per efficienza e dotazione in ambito sanitario; con 2,8 posti letto in specialità a elevata assistenza per 10 mila abitanti, l'isola si colloca al secondo posto tra le regioni italiane meno dotate, peggio solo dell'Umbria (2,5); inoltre in Sardegna solo l'1,7 per cento degli anziani beneficia di interventi di assistenza domiciliare integrata: l'isola è al secondo posto tra le regioni italiane meno virtuose, appena dopo la Calabria (0,9 per cento);

   il dato più preoccupante è la enorme porzione di popolazione sarda che rinuncia alle prestazioni sanitarie per inefficienza delle strutture pubbliche, costi eccessivi e liste d'attesa troppo lunghe: il 12,3 per cento della popolazione bisognosa di cure, una percentuale altissima, che più di ogni altra, a parere dell'interrogante, testimonia della criticità della situazione del sistema sanitario isolano e che più in generale fa il paio con il dilagare dell'inefficienza che interessa molti settori della macchina sanitaria, la cui condizione oggi priva i sardi di un fondamentale diritto costituzionale, quello alla salute;

   in questo contesto si inserisce la decisione del Ministero interrogato di rivedere il nomenclatore – tariffario nazionale, rideterminando le tariffe da versare alle strutture sanitarie private convenzionate, parte integrante del sistema sanitario, riducendole in modo consistente;

   a titolo esemplificativo sembrerebbe che se il costo attuale degli esami del sangue può arrivare a un ticket massimo di 46,15 euro a ricetta, con il nuovo regime passeranno a costare fino al 70 per cento in più, con evidenti disagi per gli utenti;

   la situazione di deficit dei conti sanitari non consentirà infatti alla regione Sardegna di intervenire stanziando le necessarie risorse in compensazione degli aumenti, diversamente da quanto fatto, ad esempio, dalla regione Emilia-Romagna, che ha attinto alle proprie casse per la differenza di costi;

   il Ministero infatti avrebbe operato un taglio verticale sulle tariffe, in ragione dell'applicazione dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), istituiti di recente; in sostanza sembrerebbe che per dare attuazione ai Lea sia indispensabile introdurre nuove prestazioni a costi calmierati o pari a zero utilizzando però le stesse risorse stanziate in passato per un numero inferiore di prestazioni: da qui la necessità del taglio sul rimborso della singola prestazione;

   le ripercussioni di questa scelta rischiano di ricadere, a parere dell'interrogante, proprio sul diritto alla salute delle fasce della popolazione più fragili: lavoratori e lavoratrici precari, famiglie numerose, anziani;

   in particolare, a risentirne particolarmente saranno i pazienti che usufruiscono delle prestazioni somministrate dagli ambulatori specialistici, che somministrano il 58 per cento delle prestazioni specialistiche in sede ambulatoriale;

   universalità, equità, solidarietà, sono i tre principi guida del Servizio sanitario nazionale, che prevedono l'unitarietà dei livelli di assistenza su tutto il territorio, l'equità d'accesso ai servizi per tutti i cittadini e la solidarietà fiscale quale forma fondamentale di finanziamento del sistema: questo significa pari esigibilità di tutte le prestazioni comprese nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) in tutte le regioni italiane;

   il diritto alla salute è un diritto fondamentale ed è compito dello Stato garantirne l'equilibrato e uniforme rispetto in tutto il territorio nazionale; compito del Servizio sanitario italiano è rendere accessibile il diritto alla salute a tutti gli italiani, senza discriminazioni di reddito, di genere o di residenza –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte a rivedere i tagli previsti al fine di garantire alla Sardegna almeno i servizi minimi di cui dispone.
(4-02266)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Manzi e altri n. 5-01926, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2024, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Furfaro.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta D'Alfonso n. 4-01872 del 14 novembre 2023;

   interrogazione a risposta scritta Romano n. 4-02107 del 10 gennaio 2024.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Amendola n. 5-01193 del 27 luglio 2023 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02252;

   interrogazione a risposta in Commissione Curti e altri n. 5-01252 del 5 settembre 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-00960.