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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 19 dicembre 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    con l'espressione «medicina difensiva» s'intendono comunemente quelle decisioni, attive od omissive, non obbligatoriamente consapevoli, che i medici prendono non valutando in maniera preminente il criterio essenziale del bene del paziente quanto piuttosto l'intento di evitare di essere accusati per non aver effettuato tutte le indagini e prescritto tutte le medicine esistenti, o, al contrario, per aver effettuato trattamenti ad alto rischio d'insuccesso o di complicanze per il paziente;

    sia essa «medicina difensiva positiva» (quando si prescrivono al paziente esami e terapie non necessarie), o «medicina difensiva negativa» (che evita diagnosi o procedure troppo invasive al paziente stesso), essa nasce da un sempre maggior incremento della conflittualità tra medico, paziente (o famiglia dello stesso);

    come rilevato da più fonti, ogni anno, in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300 mila nei tribunali, contro medici e strutture sanitarie pubbliche. Risulta che oltre il 90 per cento dei casi si traduca in un nulla di fatto, ma questa situazione non garantisce non solo il medico e la struttura sanitaria ma anche lo stesso paziente;

    infatti, la sicurezza e la qualità delle cure rappresentano gli elementi fondamentali di tutte le prestazioni e sono obiettivi prioritari del Servizio sanitario nazionale, ma essa non può essere scissa dalla qualità delle cure, e è indispensabile completamento e necessaria evoluzione dell'articolo 32 della nostra Carta costituzionale;

    in questo quadro il medico deve prendere costantemente difficili decisioni, affrontando scelte complesse ed anche dolorose, che non possono fondarsi sul timore di eventuali ripercussioni in ambito giudiziario ma che devono garantire la salvaguardia dei diritti umani e dei princìpi etici dell'esercizio professionale indicati nel codice deontologico, al fine della tutela della salute individuale e collettiva;

    è, però, di tutta evidenza che la costante crescita di cause contro i medici e le strutture sanitarie, non garantisce quella necessaria serenità che è propedeutica, come detto, alla presa di decisioni complesse. Se, infatti, come detto, la stragrande maggioranza dei casi si risolve in assoluzioni o archiviazioni, il processo che il medico si trova a subire ingiustamente, è lungo, logorante, e non spinge certo lo stesso medico e i colleghi che ne vivono le vicissitudini ad agire come sarebbero chiamati a fare, mentre, anche a livello inconscio, possono essere propensi a tutelare sé stessi;

    anche per porre un freno a questa situazione è stata approvata la legge n. 24 dell'8 marzo 2017 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie), detta «Gelli-Bianco» dal nome dei primi firmatari, che aveva lo scopo di ridefinire la responsabilità del personale sanitario operando un accorto bilanciamento tra i diritti del medico e quelli del paziente, con l'introduzione di garanzie e concentrandosi su un paradigma diverso da quello tradizionale, dando priorità alla prevenzione dei rischi e degli eventi avversi, con l'istituzione di un sistema nazionale, regionale e aziendale di monitoraggio e prevenzione;

    si tratta di un dato positivo ma che non è stato sufficiente a ridurre la conflittualità e a porsi come deterrente alla «medicina difensiva», proprio in un sistema come quello medico che non può esistere se si trova a dover affrontare il rischio continuo di indagini penali e di accuse gravi e, spesso, non giustificate;

    oltre al fatto che, mancando ancora alcuni dei decreti legislativi che la legge n. 24 del 2017 prevedeva, non si è ancora proceduto alla completa attuazione della stessa, vi è un'osservazione che deve essere fatta. Come è noto, l'articolo 6 della citata legge introduce nel codice penale la fattispecie della «Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario», che al comma 1 secondo paragrafo stabilisce che «Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto»;

    la questione si pone non tanto sulle linee guida, redatte in base a criteri validati in letteratura ma per quel che riguarda le «buone pratiche clinico-assistenziali», che sono difficilmente definibili, nonostante alcune si trovino indicate nel sito dell'Istituto superiore di sanità;

    infatti, le buone pratiche non appaiono facilmente standardizzabili dipendendo da un insieme di fattori molto variabile, legato al paziente, all'età, alla presenza contemporanea di più patologie, e non possono che basarsi sulle conoscenze e sull'esperienza del singolo medico;

    un ruolo importantissimo, come mostrato dalla tremenda esperienza dell'epidemia di COVID-19, è svolto dalla medicina territoriale, ossia da tutte quelle prestazioni sanitarie di primo livello e pronto intervento che hanno finalità preventive e si presentano come alternativa all'ospedalizzazione e che, inoltre, sono volte a garantire la continuità assistenziale per i pazienti dimessi dagli ospedali (fase post-acuta) e che hanno patologie croniche. Dovrebbero garantire inoltre un'integrazione tra il livello sanitario primario e i livelli superiori;

    si fa riferimento, in particolare, ai Medici di medicina generale (Mmg), ai pediatri di libera scelta, ai medici di continuità assistenziale (guardia medica) e ai Medici specialisti ambulatoriali. Tutte queste figure sono particolarmente esposte a richieste di risarcimento da parte dei pazienti ma anche a gravi aggressioni fisiche, e necessitano di una tutela importante per poter svolgere i loro delicati compiti a tutela della salute delle persone che a loro si affidano;

    il 17 settembre si celebra la «Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita», per aumentare la consapevolezza e l'informazione degli operatori sanitari e dei pazienti e diffondere la cultura della sicurezza delle cure come parte fondamentale del diritto alla salute, con al centro la persona assistita per quel che riguarda la programmazione delle scelte sanitarie ed il coinvolgimento nel processo assistenziale. Si tratta di obiettivi fondamentali ma che rischiano di essere compromessi da una sempre maggiore conflittualità come quella sopra indicata;

    appare necessaria, proprio nell'ottica della «Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita», immaginare non solo interventi legislativi a tutela dei medici e del personale sanitario ma anche di formazione costante volti, tra l'altro, ad una vera umanizzazione della cura, in modo da avvicinare concretamente medici e pazienti che sono tutti impegnati nella stessa battaglia contro la malattia e per una sempre maggiore efficacia delle cure, oltre che nella prevenzione,

impegna il Governo:

   nell'ottica della piena attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, a valutare la possibilità di assumere iniziative normative di competenza per giungere ad una vera depenalizzazione dell'atto medico, fatte salve, ovviamente, quelle situazioni particolari e limitate nelle quali si possa riscontrare colpa grave o dolo, bilanciando l'esigenza di salvaguardia degli operatori sanitari – e quindi la loro serenità nelle scelte necessarie per il paziente – da iniziative giudiziarie ingiuste con i diritti del paziente, che deve comunque poter adire al giudice civile qualora si ritenga danneggiato da episodi gravissimi di negligenza medica;

   a procedere quanto prima all'adozione dei decreti attuativi previsti dalla legge «Gelli-Bianco» e non ancora emanati, in modo da dare piena e completa attuazione alla legge n. 24 del 2017;

   ad adottare iniziative per giungere, per quanto di sua competenza e in accordo con le istituzioni sanitarie, ad una definizione chiara di «colpa grave»;

   a realizzare concretamente, per quanto di competenza, l'attivazione, laddove necessario, ed il funzionamento, della struttura di risk management già prevista dalla legge n. 24 del 2017;

   a favorire, per quanto di competenza, le iniziative volte alla realizzazione di una formazione continua sulle relazioni di cura, con particolare attenzione alla loro umanizzazione, e facendo attenzione anche alle nuove modalità di interazione con la persona assistita (digitalizzazione, telemedicina, intelligenza artificiale), prevedendo, anche laddove necessario, nuove linee guida ed eventuali interventi normativi;

   a procedere, per quanto di competenza, alla modifica ed omogeneizzazione delle linee guida cliniche, facendo riferimento in particolare all'Istituto superiore di sanità (posto che attualmente risulta che ne esistano un centinaio prodotte dalle società scientifiche accreditate);

   a rendere operativo il protocollo d'intesa tra il Consiglio nazionale forense, il Consiglio superiore della magistratura e la Fnomceo per quel che riguarda la revisione degli albi dei periti e dei consulenti tecnici, redigendo al riguardo linee guida coerenti con la legge n. 24 del 2017;

   ad adottare con urgenza ogni iniziativa, per quanto di competenza, volta a salvaguardare i trattamenti pensionistici di tutti gli esercenti le professioni sanitarie;

   a prevedere, per quanto di competenza, con particolare attenzione all'emergenza-urgenza, misure volte ad incentivare la scelta da parte dei medici delle specializzazioni ove maggiore è la carenza di professionisti;

   a predisporre iniziative volte a garantire all'interno del Ssn le disposizioni previste nella Carta europea dei diritti del malato presentata a Bruxelles il 15 novembre 2002, volta a garantire un alto livello di protezione della salute umana assicurando l'elevata qualità dei servizi erogati dai diversi sistemi sanitari nazionali in Europa;

   ad adottare iniziative di competenza volte a garantire in tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie condizioni di lavoro idonee e tali da limitare il ricorso alla medicina difensiva;

   ad adottare iniziative di competenza affinché in ogni regione e provincia autonoma vi sia un centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente;

   a valutare l'impatto e il costo della medicina difensiva sia in termini economici sia in relazione all'impatto sulle liste d'attesa, sulla fruibilità del Servizio sanitario nazionale, sugli effetti avversi da farmaci inutili.
(7-00181) «Girelli, Furfaro, Malavasi, Ciani, Stumpo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMIANI, FOSSI e FURFARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che martedì 19 dicembre 2023 si è tenuto ad Arezzo un evento in ricordo dell'ex segretario provinciale del partito di estrema destra, Msi, Oreste Ghinelli, promosso dalla presidenza del consiglio comunale;

   tale evento ha creato numerose polemiche tra la comunità locale per numerosi e diversificati motivi;

   la presidenza del consiglio comunale concede, come prassi, il patrocinio della massima assise democratica cittadina in occasione di eventi, quali manifestazioni, spettacoli, mostre, convegni, congressi, incontri, iniziative sportive di interesse generale. Sono quindi esclusi eventi di marcato carattere politico promossi da partiti o movimenti politici, gli eventi organizzati a scopo commerciale per la vendita o la promozione di beni e servizi ad eccezione di quelli funzionali a finalità sociali o benefiche o di partecipazione civica;

   Oreste Ghinelli è una figura profondamente divisiva della recente storia locale, avendo perseguito idee e valori opposti a quelli democratici ed antifascisti promossi dalla Costituzione, e non avendo soprattutto mai negato la sua adesione alla Repubblica di Salò. Anche dal punto di vista professionale si è sempre adoperato per difendere gli stragisti neri durante i cosiddetti anni di piombo;

   la provincia di Arezzo è infatti medaglia d'oro della Resistenza e questa iniziativa ha rappresentato per molti una provocazione ed una mancanza di rispetto verso tutte le numerose vittime del regime nazifascista;

   Oreste Ghinelli è inoltre il padre dell'attuale sindaco ed essendo questo soltanto il secondo evento promosso nell'attuale consiliatura (oltre al convegno di interesse generale dal titolo «Multitutility Toscana. Prospettive e opportunità di sviluppo dei servizi pubblici territoriali») appare evidente agli interroganti come tale scelta sia stata oggettivamente discutibile;

   qualche mese fa l'associazione nazionale partigiani italiani (Anpi), in collaborazione con la società storica aretina, ha organizzato un convegno in ricordo dell'ex sindaco di Arezzo, Aldo Ducci: in quella occasione la presidenza del consiglio comunale non ha partecipato al convegno né in forma ufficiale né informale;

   le opposizioni hanno già presentato un'interrogazione in consiglio comunale di Arezzo, ad avviso degli interroganti completamente condivisibile, per cancellare l'iniziativa in programma, chiedere i costi di tale evento e se fosse lecito «utilizzare le istituzioni pubbliche per celebrare il comprensibile ricordo di un suo parente stretto e realizzare la stessa, come fanno tutti i cittadini e le cittadine di Arezzo in luogo privato»;

   a giudizio degli interroganti l'evento promosso ad Arezzo, oltre che essere palesemente discutibile da un punto di vista politico, non appare lecito da un punto di vista istituzionale, considerato che oltretutto sarebbe anche urgente e necessario appurare quante risorse pubbliche, sia in termini di finanziamenti che di utilizzo di personale, siano state impiegate per finalità che appaiono in realtà attinenti più alla sfera privata che alla dimensione pubblica –:

  di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, al fine di evitare situazioni quantomai discutibili quale quella segnalata in premessa, anche dal punto di vista del patrocinio di istituzioni pubbliche e della necessaria neutralità delle sedi istituzionali.
(5-01764)

Interrogazione a risposta scritta:


   CALDERONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da numerosi organi di stampa, il gruppo hacker russo Lockbit ha rivendicato l'attacco ransomware che negli ultimi dieci giorni ha investito pubbliche amministrazioni in Italia che si avvalgono dei servizi di Westpole;

   a fronte di database criptati e inaccessibili, dai cyber pirati sarebbero giunte richieste di riscatto in criptovalute al provider che ospita diversi servizi di Pa Digitale, società privata del gruppo Buffetti che eroga prestazioni a 1.300 realtà della pubblica amministrazione italiana. Tra i prodotti forniti e ancora bloccati ci sono i sistemi di rendicontazione di buste paga e di fatturazione elettronica;

   l'attacco a Westpole sembra essere di tipo DOS, ovvero mirato a bloccare l'operatività dei sistemi per chiedere un riscatto in cambio dei codici necessari a decifrare i file colpiti e consentire, così, il ritorno al pieno funzionamento. La portata di questa azione è indubbiamente importante e proprio per questo è possibile che gli attentatori non abbiamo rubato i dati in possesso di Westpole o si siano limitati a esfiltrarne una quantità molto limitata: atteso che il numero di macchine coinvolte sono circa 1.500, rubare i dati avrebbe comportato un tempo di trasferimento molto lungo, con la possibilità per gli hacker di esser scoperti durante l'operazione. Nondimeno, si tratta comunque di un grave attacco i cui risvolti sembrano ancora da chiarire;

   alla data odierna, ormai trascorsi 12 giorni, non è stata comunicata una data precisa per il pieno ripristino della funzionalità dei sistemi operativi –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, anche alla luce dell'emanazione della recentissima legge 27 novembre 2023, n. 170 – «Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali», per consentire agli enti locali e alle altre pubbliche amministrazioni di non subire ulteriori danni nelle more di un celere ritorno alla piena e completa operatività degli apparati tecnologici, anche al fine di garantire i principi di buon andamento, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa.
(4-02055)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAI, VACCARI e SIMIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 29 marzo 2022 è stato approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri avente per oggetto l'individuazione delle opere e delle infrastrutture necessarie al phase out dell'utilizzo del carbone in Sardegna e alla decarbonizzazione dei settori industriali dell'isola ovvero l'assetto energetico della Sardegna, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 30 maggio 2022;

   la regione Sardegna ha impugnato il sopracitato decreto davanti al Tar, ottenendo la sospensiva, e poi davanti al Consiglio di Stato per ottenere l'annullamento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   in data 11 novembre 2023 regione Sardegna e Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica hanno comunicato a mezzo stampa il raggiungimento di un accordo tra Governo e regione in base al quale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe stato modificato e la regione avrebbe ritirato il ricorso al Consiglio di Stato, la cui udienza a sentenza era prevista per il 16 novembre 2023, poi puntualmente ritirato;

   il comunicato congiunto di Governo e regione Sardegna indicava come punti dell'accordo la scelta di un punto unico di alimentazione della rete del metano in Sardegna con una nave gasiera situata presso il porto di Porto Torres, il recupero del progetto di una dorsale per la metanizzazione in modo da connettere i due macrobacini Nord-Sud, la richiesta, condizionata dalla successiva valutazione di Arera, di una tariffa unica del gas nell'isola anche per i bacini non temporaneamente connessi alla dorsale e ai due bacini principali;

   tale accordo non si è ancora tradotto in una forma istituzionale da parte del Governo, che ha già ottenuto il ritiro del ricorso al Consiglio di Stato, né attraverso un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri né attraverso una norma di legge che avrebbe potuto trovare spazio all'interno del cosiddetto «decreto energia» approvato dal Governo nei giorni scorsi;

   da tale accordo dipende la possibilità di confermare o anticipare l'uscita dal carbone delle due centrali di Fiume Santo e del Sulcis, la prima delle quali ha già sottoposto al Ministero il progetto di conversione della sua alimentazione da carbone a metano nell'arco di 36 mesi e quindi non oltre il 2026, come già sta avvenendo per molte analoghe centrali in tutta Italia anche con tempi minori sino a 24 mesi;

   gli obiettivi di decarbonizzazione dell'isola passano anche attraverso questa scelta e dalla sua rapida assunzione, considerato che emergono dubbi sempre più diffusi sulla possibilità che il progetto di cavo proposto da Terna e finanziato con il PNRR possa diventare operativo e possa garantire, da solo, la piena sicurezza del sistema energetico sardo, considerata l'assenza di studi indipendenti sul tema –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se i contenuti espressi nel comunicato congiunto siano confermati come impegni istituzionali e in che tempi e con quale modalità sia prevista la formalizzazione degli impegni assunti dal Governo nei confronti della regione Sardegna;

   in che tempi Snam, la società titolare delle opere di metanizzazione dell'isola, potrà procedere in base alle nuove indicazioni, se siano già state comunicate dal Governo e in che tempi potranno essere concluse le opere;

   quali siano i progetti presentati al Ministro interrogato in ordine alla trasformazione delle centrali a carbone di Fiume Santo e del Sulcis da parte dei rispettivi proprietari, EpH ed Enel, e in che tempi potranno essere approvati per rendere più rapida la decarbonizzazione;

   quali siano gli studi scientifici indipendenti sulla base dei quali si ritiene che il solo cavo Tyrrenian Link sia in grado di garantire la sicurezza del sistema energetico sardo, anche in condizioni di emergenza, ovvero per quante ore, con quali limitazioni e con quali priorità il sistema di batterie previsto potrà far fronte all'eventuale interruzione del cavo di connessione;

   in quali tempi in generale potrà essere data sicurezza al sistema industriale e imprenditoriale, oltre che civile, in Sardegna rispetto alla risorsa energetica proveniente dalla metanizzazione dell'isola.
(5-01765)

CULTURA

Interrogazioni a risposta immediata:


   CASO, ORRICO, AMATO e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il Sottosegretario Vittorio Sgarbi è di nuovo al centro di un caso increscioso, oggetto di un'inchiesta svolta dalla trasmissione Report e da Il Fatto quotidiano;

   come emerge diffusamente da articoli di stampa (18 dicembre 2023), l'inchiesta si concentra su un quadro del Seicento di Manetti, «La cattura di San Pietro», che fino al 2013 era esposta al Castello di Buriasco. La proprietaria del castello e del dipinto, Margherita Buzio, a febbraio del 2013 denunciò il furto dell'opera;

   Report ha sottolineato che, stando alle dichiarazioni di Buzio, poche settimane prima del furto si era detto interessato all'acquisto Paolo Bocedi, collaboratore di Sgarbi fino al 2003 e ancora in buoni rapporti con il sottosegretario;

   il dipinto, secondo Report, sarebbe riapparso nel 2021 in una mostra inaugurata dallo stesso Sgarbi, che avrebbe contenuto un dipinto di Manetti «inedito», estremamente simile a quello sparito nel 2013: una differenza visibile è che, in alto a sinistra, c'è una candela che nel dipinto rubato non c'era;

   Sgarbi ha negato che si tratti della stessa opera; il dipinto esposto, infatti, si sarebbe trovato in una villa nel Viterbese che Rita Cavallini (madre di Sgarbi) aveva acquistato anni prima, nel 2000, già presente in un inventario dei beni della villa risalente al Seicento, anche se Report ha sottolineato che nell'inventario in questione l'opera non risulta;

   la trasmissione di Rai 3 ha parlato anche con Gianfranco Mingardi, restauratore di Brescia che ha detto di aver ricevuto la tela senza cornice, che sembrerebbe identica all'opera trafugata, se non per il particolare di una candela che non c'era sul dipinto da lui sistemato;

   questo episodio va ad aggiungersi ad altri, come la questione del percepimento di sostanziosi emolumenti per aver presenziato ad eventi; l'episodio di turpiloquio e frasi sessiste all'evento d'apertura della stagione estiva del Maxxi; inoltre, da un articolo de Il Fatto quotidiano del 25 ottobre 2023, è emerso che il Sottosegretario Sgarbi sarebbe indagato a Roma per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, per non aver pagato debiti con l'Agenzia delle entrate (in totale circa 715 mila euro) per l'acquisto di quadri –:

   se il Ministro interrogato non ritenga finalmente arrivato il momento di adottare iniziative di competenza di fronte all'ennesima incresciosa situazione che pone sul Sottosegretario di Stato alla cultura Sgarbi ombre molto preoccupanti per il ruolo istituzionale che ricopre.
(3-00876)


   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con decreto direttoriale del 22 giugno 2023, rep. 62, è stato istituito il biglietto d'ingresso al Pantheon pari ad euro 5, comprensivo anche dell'incremento di 1 euro, introdotto dal decreto-legge n. 61 del 2023, facendo seguito alle intenzioni del Ministro interrogato, al fine di valorizzare e tutelare il monumento, oltre che per fronteggiare le spese di manutenzione, garantendo così una maggiore sicurezza per l'utenza turistica;

   ogni anno la Basilica del Pantheon è meta di milioni di visitatori;

   l'iniziativa dell'ingresso a pagamento – oggetto anche di un accordo tra il Ministero della cultura e il vicariato – non ha scoraggiato o deflazionato l'affluenza turistica, ma risulta esserci stato anche un incremento del dato numerico –:

   quali siano stati, in termini di affluenza, a partire da luglio 2023, l'incremento del numero dei visitatori e dei relativi incassi, quali somme d'incasso, in virtù anche dell'incremento, siano state registrate ad oggi e quanto sia destinato a misure di sostegno per le diocesi e i territori alluvionati e se vi siano ulteriori iniziative analoghe o similari che possano interessare altri luoghi della cultura per i quali attualmente l'ingresso è gratuito.
(3-00877)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   POZZOLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 12 gennaio 2023, una delegazione di parlamentari del Partito democratico si è recata nel carcere di Sassari per visitare Alfredo Cospito;

   la notizia è stata resa nota, in un comunicato, dallo stesso Pd il 12 gennaio e dà seguito ad un appello lanciato da un gruppo di giuristi e intellettuali di sinistra per constatare concretamente le condizioni di Alfredo Cospito;

   la delegazione era composta dal Capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, dai deputati Andrea Orlando, già ex ministro della Giustizia, Silvio Lai e dal senatore Walter Verini;

   i parlamentari hanno dichiarato «Pensavamo fosse importante venire a verificare le condizioni di salute di questa persona e ascoltare le sue ragioni, come facciamo sempre visitando le carceri del Paese»;

   secondo quanto ricostruito da «il Fatto quotidiano» il 2 febbraio 2023, Cospito avrebbe illustrato le sue ragioni chiarendo ai parlamentari in visita che «il suo sciopero della fame non ha il solo scopo di far revocare a se stesso il regime di carcere duro, ma quello di ottenerne l'abolizione per tutti, compresi i vicini mafiosi» e, in quell'occasione, Cospito avrebbe invitato i parlamentari a «parlare» con alcuni esponenti di spicco della criminalità organizzata: il camorrista Francesco Di Maio, il killer della 'ndrangheta Francesco Presta e il mafioso Pietro Rampulla;

   nello stesso articolo, il senatore Verini ha poi confermato che si sono tenute interlocuzioni tra i quattro parlamentari e i tre mafiosi indicati;

   la visita all'istituto sassarese è avvenuta ai sensi dell'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario, che consente a tali autorità di accedere agli istituti penitenziari senza autorizzazione;

   in risposta all'interrogazione 4-00491, però, il Ministro della giustizia ha reso noto che l'ex Ministro Orlando ha effettuato l'accesso in carcere «accompagnato dal signor P.V., quale collaboratore, che pure ha partecipato ai colloqui ma senza intervenire»;

   l'articolo 41-bis della legge sull'Ordinamento penitenziario indica una serie di stringenti limitazioni in materia di contatti e colloqui al fine di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;

   in particolare, il comma 2-quater vieta i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente;

   date le stringenti esigenze di isolamento connesse al regime ex articolo 41-bis, a giudizio dell'interrogante appare opportuno che il Ministero della giustizia esegua ogni opportuno controllo sulle persone esterne che accedono alle articolazioni penitenziarie –:

   se e quali accertamenti abbia posto in essere il Ministero in merito alla qualifica del signor P.V. in relazione all'accesso all'articolazione di alta sicurezza con detenuti al regime detentivo ex articolo 41-bis.
(4-02057)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta immediata:


   BENZONI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   nel 2018 il sito siderurgico di Piombino è stato acquisito dalla multinazionale indiana Jsw con la prospettiva di un imponente rilancio produttivo. Gli impegni erano di due forni elettrici entro il 2022 e di un terzo impianto, per complessivi 1.500 occupati;

   gli impegni non sono stati mantenuti e gli investimenti previsti non sono stati effettuati, malgrado Jsw abbia continuato a ricevere significative commesse pubbliche, in particolare da Rete ferroviaria italiana, per binari per l'armamento ferroviario;

   al momento i circa 1.350 lavoratori dello stabilimento Jsw di Piombino usufruiscono della cassa integrazione guadagni in deroga per aree di crisi complessa, che scadrà il 7 gennaio 2024;

   nell'estate del 2023 è stata annunciata la volontà da parte della joint venture Metinvest Danieli di acquisire parte delle aree demaniali per il Digital green steel project, che dovrebbe impiegare 1.400 lavoratori per un fatturato di 2,5 miliardi di euro; secondo i piani l'avvio della produzione è previsto per il 2027;

   la «coabitazione» dei due soggetti industriali andrebbe costruita e armonizzata in base a quanto previsto dall'articolo 13 della legge n. 104 del 2023 relativo a programmi di investimento estero in Italia, di preminente interesse strategico nazionale, con un commissario straordinario di governo cui sia affidato il coordinamento e l'azione amministrativa necessari alla rapida realizzazione degli interventi previsti;

   in data 22 novembre 2023 è stata inviata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali da parte delle organizzazioni sindacali la richiesta di proroga della cassa integrazione guadagni in scadenza il 7 gennaio 2024;

   inizialmente non era stato dato riscontro alla richiesta; successivamente il Sottosegretario Durigon ha assicurato che la cassa integrazione guadagni sarebbe stata prorogata per tutto il 2024, con i fondi messi a disposizione dal disegno di legge di bilancio ancora in discussione presso le Camere;

   la proroga della cassa integrazione guadagni è funzionale ad armonizzare i progetti Jsw e Metinvest per il rilancio del sito siderurgico piombinese ed è necessaria per mettere in sicurezza i lavoratori in attesa che si definisca il nuovo assetto produttivo dell'area –:

   come il Governo intenda provvedere al rilancio industriale del sito siderurgico di Piombino attraverso la «coabitazione» dei due soggetti industriali Jsw e Metinvest Danieli e se sia in grado di dare garanzie in ordine alla proroga della cassa integrazione guadagni, che è un presupposto irrinunciabile per garantire una gestione ordinata della fase di transizione.
(3-00878)


   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CARAMANNA, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI e ZUCCONI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   sempre più frequentemente le procedure di amministrazione straordinaria si prolungano nel tempo senza una reale prospettiva di risanamento per l'impresa interessata. Tali procedure, disciplinate dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, dovrebbero essere invece finalizzate alla conservazione e al risanamento di imprese di rilevante interesse pubblico;

   com'è noto, l'attivazione della procedura per l'amministrazione straordinaria è prevista per le imprese che presentano determinati requisiti (tassativamente previsti). In essa viene riconosciuto un ruolo centrale al tribunale, il quale in una prima fase, in caso di accoglimento del ricorso, dichiara lo stato di insolvenza e, successivamente, accerta se vi siano concrete prospettive di recupero economico dell'attività imprenditoriale;

   nella sentenza che dichiara lo stato di insolvenza viene poi indicata la nomina del giudice delegato e dei commissari giudiziari (da uno a tre), designati in conformità con le indicazioni fornite dal Ministero delle imprese e del made in Italy;

   il commissario giudiziale è tenuto a depositare una relazione sulle cause che hanno determinato la crisi aziendale e una valutazione motivata relativa alle sussistenze delle condizioni previste dalla legge per l'ammissione alla procedura. Depositata la relazione, ove il tribunale ritenga – sulla base della relazione redatta del commissario giudiziale e tenuto conto del parere formulato dal Ministero – che vi siano concrete possibilità di recupero economico delle attività imprenditoriale, dichiara l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria ovvero, in caso contrario, dichiara il fallimento;

   la procedura prevede che i commissari straordinari nominati dal Ministero definiscano un programma di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa, seguendo gli indirizzi di politica industriale adottati dal Ministero;

   tuttavia, tale procedura non è sempre così lineare ed immediata. Il più delle volte si assiste ad amministrazioni straordinarie che durano anni (15 o anche 20 anni, come ricordato dallo stesso Ministro interrogato in una precedente interrogazione a risposta immediata in Assemblea), anche in mancanza di una prospettiva di recupero economico per l'impresa e di un'attività meramente liquidatoria, con conseguente aggravio a carico del ceto creditorio, che vedrà soddisfatto il proprio credito solo dopo molti anni –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire, alla luce delle procedure di amministrazione straordinaria tuttora aperte, una più celere e semplificata chiusura delle stesse, al fine di rilanciare il tessuto produttivo nazionale.
(3-00879)


   DE PALMA, D'ATTIS e CAROPPO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 732, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha autorizzato la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 per l'istituzione e l'inizio dell'operatività della fondazione denominata Istituto di ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile, con sede a Taranto;

   ai sensi del successivo comma 733 la fondazione è istituita per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti conoscitivi, di ricerca, tecnico-scientifici, di trasferimento tecnologico e di valorizzazione delle innovazioni e della proprietà intellettuale generata, nel campo dello studio e delle tecnologie pulite, delle fonti energetiche rinnovabili, dei nuovi materiali, dell'economia, strumentali alla promozione della crescita sostenibile del Paese e al miglioramento della competitività del sistema produttivo nazionale;

   per assicurare l'operatività della fondazione l'articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 34 del 2023 ha previsto un ulteriore contributo di 3 milioni di euro per l'anno 2023 e l'articolo 15-quinquies del decreto-legge n. 132 del 2023 un rifinanziamento di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024;

   con decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2020, n. 195, è stato emanato il regolamento di approvazione dello statuto della fondazione in cui sono definiti gli obiettivi, il modello organizzativo, gli organi, la composizione;

   l'articolo 20 dello statuto prevede che «in sede di prima attuazione, il consiglio di amministrazione è composto inizialmente da cinque consiglieri nominati, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), con decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottarsi entro venti giorni dall'approvazione dello statuto. Con il medesimo decreto si provvede a nominare il presidente e a designare il segretario generale»;

   sebbene siano trascorsi più di tre anni dall'approvazione dello statuto e nonostante i vari finanziamenti previsti, allo stato attuale la fondazione non risulta pienamente operativa, non essendo stata ancora costituita la governance –:

   quali iniziative intende adottare affinché si proceda al più presto alla costituzione del consiglio di amministrazione, come previsto dallo statuto, al fine di consentire alla fondazione di operare nel pieno delle sue funzioni e al Tecnopolo di diventare un'importante sede, nazionale ed internazionale, per lo sviluppo della conoscenza, della ricerca e del progresso tecnico-scientifico nel campo dell'utilizzo delle energie rinnovabili e dell'economia circolare.
(3-00880)


   TOCCALINI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   nel novembre 2023 la Commissione europea ha approvato il Piano transizione 5.0; un piano di investimento pubblico italiano da 6,3 miliardi di euro destinato a sostenere la trasformazione digitale e sostenibile delle imprese italiane. L'obiettivo è quello di favorire la diffusione delle tecnologie abilitanti dell'Industria 5.0 e di contribuire alla competitività del sistema produttivo italiano;

   dalle prime indiscrezioni pare che il Piano sarà complementare al Piano 4.0 e proseguirà nel sostegno all'acquisto di beni strumentali, ma con specifico accento su investimenti capaci di portare una riduzione dei consumi energetici. Saranno, infatti, previste tre aliquote che dovranno essere parametrate al risparmio di energia abilitato e non alla dimensione dell'investimento;

   l'efficientamento delle produzioni in ottica green è al centro di questo patto con l'Europa, che dovrebbe fondarsi su alcuni punti cardine:

    a) rafforzare le imprese italiane, rese più competitive e in grado di affrontare le sfide sulla transizione climatica e sulla digitalizzazione;

    b) riportare al centro dell'innovazione tecnologica il benessere delle persone, favorendo la collaborazione tra uomo e macchina e la creazione di nuovi posti di lavoro;

    c) favorire una produzione sostenibile, incentivando l'utilizzo di energia rinnovabile e la riduzione dell'impatto ambientale delle imprese;

   le misure previste dal Piano sono rivolte a tutte le imprese, di qualsiasi dimensione e settore, e dovrebbero includere:

    a) contributi a fondo perduto per l'acquisto di tecnologie abilitanti dell'Industria 5.0;

    b) finanziamenti agevolati per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e servizi innovativi;

    c) formazione per i lavoratori sulle nuove tecnologie;

   le imprese hanno accolto favorevolmente l'introduzione di un simile piano di incentivi, che ritengono necessario per rimanere competitive nel mercato globale alla luce delle sfide che le investono sul piano della trasformazione digitale e della sostenibilità;

   pertanto, risulta evidente che il Piano sia ambizioso, con l'obbiettivo di portare benefìci significativi all'economia italiana; allo stato attuale manca solamente l'ultimo passaggio normativo per tramite di uno specifico provvedimento da adottare entro la fine del 2023, oppure entro il primo trimestre del 2024;

   è importante che il Piano venga attuato in modo efficace e tempestivo per sostenere le imprese italiane nelle sfide future –:

   se e quali ulteriori informazioni il Ministro interrogato possa fornire sul Piano di cui in premessa e sulle tempistiche del relativo provvedimento.
(3-00881)


   GRIMALDI, MARI e ZANELLA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la produzione di auto in Italia mostra scenari preoccupanti: da quasi un milione e mezzo di veicoli prodotti nel 1999 si è scesi a 473 mila nel 2022;

   la situazione di Stellantis, che in Italia conta 45 mila addetti, è sempre più preoccupante: meno 11 mila unità nell'ultimo triennio e costante ricorso a cassa integrazione, contratti di solidarietà, uscite incentivate;

   a ottobre 2023 a Mirafiori la produzione della 500 elettrica si è fermata per due settimane, idem a novembre 2023, con un calo della produzione da 225 vetture assemblate a turno a 170 auto, e sono ormai mille i giovani ingegneri del centro ricerche, delle palazzine dedicate alla progettazione del prodotto, dei dettagli, della carrozzeria che hanno lasciato l'azienda;

   a inizio dicembre 2023 il Presidente serbo ha annunciato che Stellantis produrrà in Serbia il modello Panda elettrica;

   questo annuncio segue la notizia che Stellantis starebbe progettando nuovi stabilimenti produttivi in Africa, avendo già avviato la produzione di alcuni modelli in Algeria;

   i lavoratori e le lavoratrici di Stellantis sono stanchi degli annunci a cui non seguono mai i fatti e si continua a vivere nell'incertezza rispetto al futuro degli stabilimenti, ai modelli che verranno prodotti in Italia, ai livelli occupazionali;

   produrre automobili in Italia per il mercato interno significa accorciare la filiera e, di conseguenza, ridurre emissione, impronta CO2, nel processo produttivo;

   in termini sociali, economici ed ecologici importare auto ha un costo altissimo e gli annunci sul ritorno al milione di auto prodotte rischiano di restare tali, se non verrà esplicitato con quali modelli e quali e quanti occupati si intenderà raggiungere tale obiettivo;

   per troppo tempo aziende che non garantiscono produzione e occupazione in Italia hanno usufruito di ingenti risorse pubbliche e occorre invertire la tendenza;

   per gli interroganti è infine indispensabile accelerare la transizione verso la mobilità elettrica sulla quale si sconta un forte ritardo –:

   quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle politiche di rilancio dell'industria dell'automotive, affinché nella produzione di auto in Italia sia incentivata quella volta a favorire il passaggio dalla produzione dell'auto endotermica alla produzione nazionale dei veicoli elettrici, favorendo le aziende che garantiscono produzione e piena e buona occupazione, escludendo dall'accesso alle risorse pubbliche chi delocalizza.
(3-00882)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ALFONSO COLUCCI, AURIEMMA, PENZA e RICCARDO RICCIARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 61 del 5 dicembre 2023 riferisce dell'avvenuta approvazione del disegno di legge di ratifica del Protocollo tra l'Italia e l'Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, siglato a Roma il 6 novembre 2023;

   il comunicato illustra il contenuto del disegno di legge, ma non v'è cenno alcuno rispetto alla quantificazione e alla distribuzione degli oneri;

   fin dal 4 dicembre, si erano appresi dalla stampa preoccupanti dettagli, che prefiguravano, traendoli dallo schema di spesa consegnato dalla Ragioneria generale dello Stato, un impegno economico-finanziario esorbitante e inspiegabile rispetto allo scopo, vale a dire l'approntamento di due strutture – che fungerebbero, l'una, da hot spot, e l'altra, da centro di permanenza per i rimpatri (CPR) – per la delocalizzazione e il trattenimento di migranti richiedenti asilo, soccorsi esclusivamente in mare da mezzi navali militari esclusivamente italiani, in territorio albanese;

   i costi divulgati risultavano pari a 100 milioni di euro per il 2024, 50 milioni per ciascuno degli anni successivi e la capienza delle strutture decisamente ridotta, dai tremila previsti e dichiarati dal Governo fin dalla firma del Protocollo, il 6 novembre 2023, ad un massimo di 720 posti mensili per il primo anno, il 2024;

   il 6 dicembre, interrogato in sede di question time in Aula in ordine ai costi derivanti dal Protocollo, il Ministro interrogato rispondeva assicurando personalmente che «lo stanziamento necessario è di certo inferiore a quanto emerso sugli organi di stampa»;

   il 15 dicembre 2023 dalla stampa si è appreso della Nota sottoscritta dal Ragioniere generale dello Stato il 13 dicembre, recante la relazione tecnica del provvedimento di ratifica e l'analisi dei costi, che risulterebbero confermati rispetto a quelli già divulgati a partire dal 4 dicembre e comprenderebbero le opere infrastrutturali propedeutiche all'operatività delle due strutture – tra le quali, fogne da costruire, depuratori, elettricità da allacciare e gruppi elettrogeni nonché gruppi di continuità da allestire per i casi (frequenti) di black out, aree da sbancare e disboscare, ruderi da abbattere, strade da realizzare, lavori per l'approvvigionamento di acqua potabile – oltre ai costi per i trasferimenti in Albania, il vitto e l'alloggio, i viaggi, del personale delle amministrazioni interessate (interno, giustizia, salute, stimati in circa 58 milioni di euro);

   i costi complessivi sono stimati in almeno 300 milioni di euro: 230 per l'attivazione delle due strutture e ulteriori 75 per integrare il sistema giudiziario italiano con quello albanese, dei quali oltre 100 milioni riguarderebbero, infatti, la delocalizzazione di un pezzo di Italia in Albania;

   preme agli interroganti sottolineare l'enormità e l'assurdità dell'impegno economico-finanziario della delocalizzazione di richiedenti asilo ideata dal Governo – a fronte, in particolare, del fatto che tutti i 10 CPR già operativi sul territorio nazionale sono costati 52 milioni di euro in 4 anni – che si unisce all'enormità e all'assurdità da un punto di vista umanitario e preme, altresì, rimarcare la distanza tra quanto si evince, da ultimo, dalla stampa e la dichiarazione, nonché la rassicurazione, del Ministro interrogato, rese il predetto 6 dicembre 2023, in ordine all'entità dei costi per l'attuazione del Protocollo Italia-Albania –:

   se sia in grado di fornire elementi certi in ordine all'impegno finanziario richiesto al Paese per l'attuazione del Protocollo Italia-Albania;

   con riguardo all'impegno economico richiesto dal Protocollo e alla prosecuzione dell'iter del disegno di legge di ratifica, quale sia, per quanto di competenza, l'orientamento del Governo a fronte dell'instabilità del quadro giuridico conseguente alla sospensione dell'approvazione del Protocollo operata con decisione della Corte costituzionale albanese.
(3-00883)

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si legge da fonti di stampa di un evento previsto per il 19 dicembre 2023 presso la sala del consiglio comunale di Arezzo. Il titolo, sulla locandina, è «Oreste Ghinelli. A 100 anni dalla nascita. Il politico, l'avvocato, l'artista». Nell'elenco di chi interverrà, accompagnato dal ruolo, anche se non più rivestito, anche l'ex segretario MSI, a richiamare una visione politica ben determinata;

   se il diritto all'obiettività storica prevede e difende la comunicazione, oltre che degli eventi, delle fonti anche di parte, utili a comprendere le diverse prospettive ideologiche di epoche passate, proprio per quanto avvenuto la comunicazione non può in alcun caso o modo trascendere in figure o eventi che celebrino o tollerino la celebrazione di un partito disciolto, di cui è vietata la riorganizzazione, e delle sue ideologie, sotto qualsiasi forma. In tal senso l'interpretazione combinata della XII disposizione transitoria della Costituzione e della sua norma di attuazione, la legge 20 giugno 1952, n. 645. Quest'ultima, oltre a fornire volutamente un'ampia definizione del concetto di riorganizzazione, anticipando la soglia di pericolo già all'attività di chi compie «esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista» (articolo 1), definisce, nell'articolo 4, comma 2, apologia anche ogni attività compiuta da «chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Si abbinano, insomma, criteri soggettivi del «chi» a criteri oggettivi del «come», proprio per evitare qualsiasi forma elusiva del dettato, attraverso attività formalmente storiche, o di ricordo di persone o eventi;

   al di là dell'aspetto giuridico, nella città di Arezzo, in generale, si legge come siano state comunque già ad oggi «numerose le reazioni politiche all'evento organizzato dalla presidenza del Consiglio comunale di Arezzo per celebrare i 100 anni dalla nascita di Oreste Ghinelli, il padre del sindaco, avvocato ed esponente di riferimento del Movimento Sociale Italiano». ANPI, sezione comunale di Arezzo, specifica come le proprie iniziative per «celebrare le vittime delle stragi nazifasciste che hanno funestato il nostro territorio, nell'ottantesimo anniversario di quei tragici eventi», non potranno essere condivise «con l'Amministrazione Comunale di Arezzo», che «proprio in vicinanza della ricorrenza degli eccidi, decide, invece, di celebrare la figura di un politico che, al momento delle stragi, era dall'altra parte» e «che ha condiviso gli stessi ideali e le stesse convinzioni di coloro che hanno contribuito ad uccidere centinaia di civili innocenti della nostra Provincia. Vuol celebrare un politico che ha fatto parte della Repubblica di Salò, che non ha mai rinnegato quella scelta e che, anzi, ne ha sempre rivendicato l'appartenenza.». Su analoghe corde l'Unione popolare Arezzo e Rifondazione Comunista – Sinistra Europea che hanno annunciato un «presidio antifascista»;

   appare quindi inopportuno l'evento di per sé, sia per la sua natura che alla luce della sua organizzazione nella sede del consiglio comunale; a maggior ragione, perché riguardante il padre dell'attuale sindaco. Sussistono peraltro rischi concreti di disordini, considerando la concomitante celebrazione delle stragi nazifasciste avvenute nel medesimo territorio. Disordini ancora più rischiosi, in un periodo, la settimana prenatalizia, in cui la città è popolata di persone che, ignare delle vicende politiche, si trovano in giro per strada e negozi, aperti ad orario continuato –:

   se sia al corrente dell'evento di cui sopra e se non reputi opportuno adottare ogni iniziativa di competenza in relazione all'evento in questione, anche in rapporto alle esigenze concrete di tutela dell'ordine pubblico.
(4-02051)


   ASCARI e CARAMIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 dicembre 2023, a Bologna, sono stati eseguiti due sgomberi: uno di abitazioni occupate da famiglie e l'altro di uno studentato il cui rilascio era stato già fissato concordemente con la proprietà il 18 dicembre;

   come riportato da fonti di stampa, entrambi gli sgomberi sono stati eseguiti mediante l'attivazione di reparti di forza che hanno duramente represso ogni tentativo di contestazione e di protesta;

   per ore la città di Bologna è stata bloccata, visto che le famiglie non potevano essere messe fuori senza un intervento degli assistenti sociali, peraltro non presenti, in quanto, sembrerebbe, non avvisati: dunque si sarebbe giocata una partita unicamente di forza;

   nella serata a conclusione degli sgomberi, le forze dell'ordine avrebbero aggredito il corteo studentesco che si era formato, per protestare sia per lo sgombero dello studentato, sul quale si era raggiunto un accordo con la proprietà, sia per lo sgombero delle famiglie dalle case di via Corticella;

   sempre da articoli di stampa è apparsa una foto di un'aggressione a carico di una studentessa, perpetrata da un agente in tenuta antisommossa. In particolare alla giovane studentessa è stato tirato violentemente un calcio sul pube con gli anfibi dalle punte rinforzate –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e delle motivazioni per cui siano stati effettuati gli sgomberi con l'uso di reparti di forza e, per quanto riguarda lo studentato, prima della data concordata, e quali siano stati i criteri adottati per la gestione delle operazioni, considerando la presenza di famiglie e la mancanza di assistenti sociali sul posto;

   di quali elementi disponga in merito all'uso della forza nei confronti dei manifestanti, in particolare all'aggressione al corteo studentesco;

   in relazione all'episodio di violenza sessuale da parte di un agente di polizia denunciato da una studentessa, quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per assicurare che eventi simili non si verifichino in futuro e per garantire la sicurezza e il rispetto dei diritti dei cittadini e delle cittadine durante operazioni di sgombero e manifestazioni pubbliche.
(4-02053)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   MORFINO, ORRICO, CAFIERO DE RAHO, CHERCHI, CASO, AMATO, AIELLO, TRAVERSI, APPENDINO, DI LAURO, SCERRA, CARMINA, GIULIANO, MARIANNA RICCIARDI, CAROTENUTO, D'ORSO, ILARIA FONTANA, SANTILLO, CARAMIELLO, PENZA, AURIEMMA, DELL'OLIO, ALIFANO, QUARTINI e ALFONSO COLUCCI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione, con la sentenza del 31 ottobre 2022 n. 32104, nonché con successive e recenti pronunce di merito, ha stabilito la spettanza della carta docente a tutto il personale docente, compreso quello educativo, precisando che la carta in questione è attribuita al personale docente, nel cui ambito può ben dirsi rientrare quello educativo ad esso assimilato sul piano funzionale, secondo la previsione normativa disposta dall'articolo 395 del decreto legislativo n. 297 del 1994;

   tale norma infatti sancisce che: «La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità»;

  il Ccnl – comparto scuola include il personale educativo nell'area professionale del personale docente stabilendo, all'articolo 25, che: «Il personale docente ed educativo degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e degli istituti e scuole speciali statali, è collocato nella distinta area professionale del personale docente»;

  rientrano in tale area i docenti della scuola dell'infanzia, i docenti della scuola primaria, i docenti della scuola secondaria di 1° grado, i docenti diplomati e laureati della scuola secondaria di 2° grado, il personale educativo dei convitti e degli educandati femminili. Tenuto conto della ratio dell'introduzione del bonus in parola, non si spiega una differenziazione di trattamento, posto che entrambe le figure professionali sono soggette, a ben vedere, a precisi oneri formativi, tanto da giustificare l'introduzione di un sostegno datoriale in correlazione all'esborso economico per le spese di aggiornamento e di studio;

   la distinzione tra i ruoli del personale docente e di quello educativo, sancita dall'articolo 398 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, non può supportare la tesi del Miur che esclude quest'ultimi dalla dotazione della carta docente, ponendoli in controtendenza alla recente giurisprudenza di merito e di legittimità e in violazione dello stesso decreto legislativo secondo cui al personale educativo «si applicano le disposizioni concernenti lo stato giuridico ed il trattamento economico dei docenti elementari». Se è indubbio che la carta docente «dell'importo nominale di euro 500 annui» costituisce un beneficio economico, non può non convenirsi sul fatto che essa debba essere attribuita al personale docente tout court, ivi compresi gli appartenenti al ruolo degli educatori –:

   quali siano le intenzioni e gli strumenti necessari che il Ministro interrogato intende individuare per garantire il riconoscimento ipso iure della carta docente anche al personale educativo, compreso quello dei convitti e degli educandati femminili e ciò al fine di scongiurare farraginosi e dispendiosi contenziosi giudiziari.
(4-02056)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   SARRACINO, SCOTTO, FOSSI, GRIBAUDO, LAUS, AMENDOLA, BARBAGALLO, D'ALFONSO, DE LUCA, GRAZIANO, IACONO, LACARRA, LAI, MARINO, UBALDO PAGANO, PROVENZANO, STEFANAZZI, STUMPO, GHIO, FERRARI, CASU, FORNARO e TONI RICCIARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si è fortemente preoccupati da un evidente atteggiamento favorevole del Governo rispetto all'introduzione di meccanismi salariali differenziati nel nostro Paese, come testimoniato dall'accoglimento, pochi giorni fa, di un ordine del giorno della maggioranza nell'ambito dell'esame della proposta per l'introduzione del salario minimo legale;

   la sfida dei mercati internazionali, nell'era della rivoluzione tecnologica e della transizione ecologica, non può più essere affrontata puntando sulle basse retribuzioni e su bassi livelli di produttività, pena il rischio della marginalità e di squilibri sociali drammatici;

   tali sfide non possono essere affrontate con soluzioni anacronistiche e decontestualizzate dal livello globale;

   il sistema italiano della contrattazione collettiva prevede che la contrattazione collettiva integrativa si svolga sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono;

   ogni iniziativa volta a superare tale equilibrio rischierebbe di rappresentare un surrettizio e antistorico scivolamento verso il modello delle gabbie salariali che furono oggetto di uno specifico accordo tra le parti sociali nel 1945, definitivamente archiviato nel 1972 e che aveva determinato quel fenomeno che fu opportunamente definito «la giungla retributiva»;

   non può essere disatteso il principio del riconoscimento dell'identica retribuzione per la medesima prestazione lavorativa;

   nello stesso documento approvato dal Cnel, il 12 ottobre 2023, si evidenzia che già «marcate differenze si riscontrano infine con riferimento all'area geografica analizzata e questo è un aspetto di particolare delicatezza e rilevanza rispetto a quanti prospettano oggi interventi normativi sul salario minimo differenziati su base territoriale»;

   già ora, la media dei salari riconosciuti nel Mezzogiorno è più bassa di circa 20 punti percentuali rispetto a quelli del Nord Ovest e di 15 punti rispetto al Nord Est;

   la difficoltà di accedere a servizi pubblici e privati, presidi sanitari, trasporti, attività culturali e di intrattenimento vedono già oggi penalizzati il Mezzogiorno;

   tutto ciò va considerato anche in relazione al disegno di legge sull'autonomia differenziata che è attualmente all'esame del Parlamento –:

   se il Governo intenda perseguire la strada della differenziazione salariale a partire dal pubblico impiego o se, al contrario, intenda assicurare il proprio impegno a garanzia della contrattazione collettiva nazionale, scongiurando ogni forma di discriminazione retributiva territoriale.
(3-00874)


   DEL BARBA, FARAONE, GADDA, DE MONTE, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in seguito al grave conflitto in corso con la Russia, i cittadini provenienti dall'Ucraina sono stati accolti negli Stati membri dell'Unione europea in attuazione della decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001;

   in base agli ultimi dati i cittadini ucraini residenti in Italia sono circa 236 mila;

   in Italia 92 mila sono impiegati come lavoratori domestici (regolari), di cui molte sono donne, il cui tasso di occupazione è del 66 per cento;

   il 65 per cento dei cittadini ucraini risultano lavorare nei servizi alla persona, il 15 per cento nei servizi e nella ristorazione, il 9 per cento nei trasporti e nei servizi alle imprese, il 9 per cento nell'industria, il 2 per cento in agricoltura, caccia e pesca;

   in attuazione dell'articolo 34, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, come modificato dall'articolo 2-bis del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, è consentito l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;

   molti di essi esercitano nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero regolata da specifiche direttive dell'Unione europea;

   il 28 settembre 2023, il Consiglio «giustizia e affari interni» dell'Unione europea, al fine di dare certezza a oltre 4 milioni di rifugiati ucraini che vivono attualmente nell'Unione, ha prorogato al 4 marzo 2025 la protezione temporanea concessa alle persone in fuga dalla guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina;

   tutte le disposizioni nazionali fin qui citate, compreso lo stato di emergenza, il riconoscimento delle qualifiche professionali del personale sanitario e socio-sanitario e perfino la valenza dei permessi di soggiorno di protezione temporanea, conservano validità fino al 31 dicembre 2023 –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la continuità lavorativa dei cittadini ucraini che svolgono la loro attività sul territorio italiano, in considerazione del fatto che ogni aiuto, attività, riconoscimento professionale e perfino la validità del permesso di soggiorno umanitario avranno termine il 31 dicembre 2023.
(3-00875)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 marzo 2023 il Sottosegretario Durigon rispondeva alla interrogazione a risposta immediata n. 5-00493 presso la XI Commissione lavoro della Camera dei deputati, presentata dall'interrogante, che poneva al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la questione del riconoscimento della figura del portalettere tra le professioni usuranti onde consentire l'accesso all'Ape sociale. Questo anche tenuto conto di una relazione dall'Ispesl del 2007, e di uno studio del 2009 condotto dai ricercatori dell'Asl 5 di Torino che indicava tra i lavori usuranti la professione dei porta lettere come la peggiore in aspettativa di vita;

   la categoria dei lavori gravosi è stata introdotta con la legge n. 232 del 2016, che ha individuato alcuni gruppi di attività professionali. Successivamente l'elenco dei lavori usuranti è stato aggiornato facendovi rientrare altre attività;

   i lavori usuranti sono quelli che, più di altri, risultano particolarmente pesanti e logoranti per chi svolge tali attività nell'ambito lavorativo; la legge n. 234 del 2021 ha ampliato le categorie professionali ritenute gravose, in base alle valutazioni effettuate dalla Commissione tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni, prevista dall'articolo 1, comma 474, della legge n. 160 del 2019; la Commissione, nel settembre 2021, ha ritenuto di non includere i portalettere tra le gravose;

   a detta del Sottosegretario Durigon, il Ministero reputava comunque importante il tema della flessibilità in uscita soprattutto riferita a determinate fasce di lavoratori in difficoltà perché interessate da lavori usuranti. Argomento richiamato nel tavolo di confronto sulle pensioni con le parti sociali, riunitosi il 19 gennaio e il 13 febbraio 2023;

   il Sottosegretario affermava che nell'ambito dei lavori del tavolo si sarebbe valutata la possibilità di ricostituire la Commissione tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni per valutare l'ampliamento delle categorie di attività gravose per l'accesso all'Ape sociale;

   il Sottosegretario Durigon riteneva, altresì, necessario compiere una puntuale ricognizione sia delle categorie di lavorazioni cui sono già oggi riconosciuti i benefici pensionistici riservati alle occupazioni gravose, sia delle ulteriori lavorazioni che potrebbero essere ad esse assimilate, aggiungendo che all'esito dell'attività ricognitiva si sarebbe potuta valutare, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze l'estensione della platea delle mansioni ritenute gravose –:

   se, tenuto conto di quanto esposto in premessa, ci siano stati sviluppi nel percorso di estensione della platea di mansioni gravose, includendo tra queste quella dei portalettere per consentire loro l'accesso all'Ape sociale.
(5-01759)


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di lunedì 11 dicembre 2023, a Milano un operaio di 28 anni è morto dopo essere stato schiacciato dal carico di una gru in un cantiere edile in via Parravicini;

   la vittima si chiamava Mohammed Alì Fathi Abdelghani ed era stato assunto tramite un regolare contratto: era sposato e aveva una figlia di tre anni che vive ancora in Egitto;

   secondo quanto dichiarato dal cugino al quotidiano Il Corriere della Sera, Alì «Era in Italia solo per lavorare e mandare soldi alla famiglia in Egitto. Lavorava in questo cantiere da circa quattro mesi»;

   sulla base di quanto ricostruito nell'immediato dell'incidente, l'operaio stava lavorando con alcuni colleghi al decimo piano di un edificio in costruzione. A un certo punto, durante la movimentazione dell'autogru una cassaforma si è sganciata e gli è caduta addosso. Sono stati subito chiamati gli operatori sanitari del 118. Purtroppo però i medici e i paramedici non hanno potuto far altro che dichiararne il decesso: troppo gravi le ferite riportate;

   a quanto si apprende da fonti della polizia locale e degli ispettori dell'Ats che indagano sull'accaduto, la causa dell'incidente sarebbe molto probabilmente da rinvenire nel carico non correttamente agganciato alla gru;

   l'incidente di oggi non è un caso isolato ma è l'ennesima vittima di una lunga serie. Secondo i dati Inail aggiornati al 31 ottobre 2023 sono state 868 le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale negli ultimi 10 mesi, con un aumento dei casi avvenuti in occasione di lavoro che passano da 659 a 672 (108 soltanto in Lombardia);

   numeri questi che sono scioccanti per un Paese civile, per cui ad opinione dell'interrogante non bastano più le parole ma occorre passare ai fatti, per mettere definitivamente la parola fine a questa vera e propria strage silenziosa;

   le istituzioni dovrebbero perciò rispondere con un potenziamento dei livelli di sicurezza e con la promozione di una cultura della prevenzione. Il lavoro, senza la cura della vita, perde la sua dignità;

   la sicurezza deve prevalere su ogni altro interesse –:

   quali iniziative si intendano intraprendere per contrastare questa continua strage di morti sul lavoro e in particolare se non intenda intervenire con urgenza, per quanto di competenza, rivedendo gli attuali strumenti messi in campo per contrastare gli infortuni sul lavoro che evidentemente non sono sufficienti.
(5-01760)


   CAROTENUTO, BARZOTTI, AIELLO e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Governo Meloni ha sostituito il reddito di cittadinanza (RdC), una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, con l'assegno di inclusione (AdI), istituito a decorrere dal 1° gennaio 2024, dall'articolo 1 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85;

   anziché provvedere a contrastare la povertà, la fragilità e l'esclusione sociale delle fasce deboli, con la misura dell'AdI invero ci sono 737.400 famiglie che rischiano di restare senza alcun sostegno economico nel mese di gennaio, ovvero circa 1,6 milioni di persone «non occupabili» (che oggi prendono il RdC e che dal 2024, al suo posto, dovrebbero incassare l'AdI);

   in base a quanto anticipato da Inps, lunedì 18 dicembre 2023 si sarebbe dovuto dare avvio alle domande per AdI e mentre da un lato sicuramente servirà che gli utenti siano dotati dello Spid, dall'altro ancora manca il visto e la registrazione da parte della Corte dei conti del decreto attuativo;

   l'erogazione di AdI da gennaio pare quindi non assicurata, considerandosi pure la complessità dell'iter digitale, nonché il caricamento del beneficio nella «Carta di inclusione» solo «nel mese successivo alla sottoscrizione del Patto di attivazione digitale» (Pad);

   l'accettazione della domanda da parte dell'Inps, infatti, segue l'iscrizione alla piattaforma sistema informativo per l'inclusione sociale e lavorativa (Siisl) per sottoscrivere altresì il Pad – che serve a smistare i dati della famiglia ai servizi sociali dei comuni e anche ai centri per l'impiego (Cpi);

   posto che per l'accesso alla piattaforma Siisl si segnalano problematiche a livello sia individuale che intermediato dai patronati, preoccupa altresì il supporto formazione lavoro (Sfl), in relazione al quale, come già segnalato con l'interrogazione n. 5-01484, basti sottolineare che dei 350 euro erogati dal primo settembre agli «occupabili» che fanno un corso di formazione si conoscono le domande presentate, ma non quelle accolte, né quanti beneficiari stiano ricevendo il sostegno, né la quantità e qualità di politiche attive attivabili –:

   se e come intenda pubblicare dati aggiornati e disaggregati circa le domande di Sfl, esplicitando quante indennità siano state affettivamente erogate rispetto al numero delle domande pervenute, nonché se intenda adottare iniziative di competenza al fine di esentare dal pagamento dello Spid tutti coloro i quali, in condizioni di povertà, si apprestano a fare domanda per l'AdI.
(5-01761)


   GRIBAUDO, SCOTTO, FOSSI, LAUS e SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in base all'articolo 13 della legge 152 del 2001, il decreto ministeriale n. 193 del 10 ottobre 2008 dispone che il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale è corrisposto sulla base della valutazione della loro attività e della loro organizzazione in relazione all'estensione e all'efficienza dei servizi offerti degli Istituti medesimi;

   l'attività dei patronati dovrebbe essere finanziata annualmente mediante un acconto ad inizio anno, calcolato in base all'attività dell'anno precedente, ed un saldo entro il 17° mese successivo alla chiusura di ogni annualità produttiva (legge n. 152 del 2001 e del decreto ministeriale n. 193 del 2008);

   da troppo tempo i saldi delle annualità vengono erogati con ritardi gravissimi: basti pensare che il saldo delle annualità 2013 è stato erogato solo nei 2018; il saldo del 2014 e un ulteriore acconto sul saldo 2015 sono stati erogati solo a dicembre 2022;

   nel febbraio del 2022, in occasione di un incontro con i patronati, la competente direzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha assicurato che il saldo dei finanziamenti spettanti ai patronati per l'annualità 2016 sarebbe stato erogato entro l'anno. Ebbene, si è giunti alla fine del 2023 e, secondo quanto consta agli interroganti, ancora il saldo 2016 non è stato erogato;

   da informazioni pervenute da alcuni patronati, sembra che il Ministro interrogato abbia comunicato che non sarà erogato alcun saldo né ulteriore acconto entro la fine dell'anno;

   il Tar e il Consiglio di Stato hanno condannato il Ministero all'erogazione dei saldi delle annualità 2017 e 2018; nonostante ciò, tale erogazione non risulta interamente ottemperata dal Ministero, bensì i saldi restano in sospeso, a causa della necessità di recuperare, per quelle annualità, le ingenti somme erroneamente erogate in esubero in favore di alcuni patronati rispetto a quanto loro spettante in base all'effettiva attività svolta;

   la mancanza di certezza dei finanziamenti sta causando la crisi finanziaria per alcuni patronati, portandoli ad una grave instabilità per la loro stessa struttura e per i dipendenti –:

   quali siano le motivazioni per cui il Ministro interrogato non ottemperi alle sentenze e perché non elargisca gli anticipi e i saldi nei tempi giusti previsti dalla legge, nonché quali iniziative urgenti intenda intraprendere al riguardo.
(5-01762)


   TASSINARI e TENERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende che il gruppo Focaccia di Cervia ha firmato la lettera di intenti per l'acquisto dell'ex Farmografica s.r.l. – azienda di produzione imballaggi e packaging per medicinali e prodotti sanitari – dalla multinazionale austriaca Meyr Melnhof (Mm Packaging), che circa dieci giorni fa ha manifestato l'intenzione di voler chiudere lo stabilimento del ravennate, minacciando il licenziamento dei 92 dipendenti;

   il 14 dicembre 2023, a livello locale, il prefetto ha avviato colloqui tra le parti al fine di salvaguardare i lavoratori della Farmografica s.r.l.;

   nelle more dell'acquisizione della società ravennate da parte del gruppo Focaccia pare improcrastinabile adottare misure di salvaguardia dei posti di lavoro e di garanzia per il pagamento dei salari, oltre che adeguate misure di sostegno di questi lavoratori e delle loro famiglie –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per la tutela dei lavoratori della società Farmografica di Cervia.
(5-01763)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nello stabilimento «Giovanni Rana» di Moretta, rilevato nel 2017 dalla Nestlè-Buitoni, la forza lavoro interna è passata da 180 a 350 addetti, di cui 120 assunti direttamente e 230 lavoratori assunti con contratto di somministrazione;

   ad oggi, dunque, due lavoratori su tre dello stabilimento risultano in una condizione precaria, che colpisce maggiormente le donne;

   in una riunione sindacale del 31 maggio 2023 l'amministratore delegato Alberto Venturini, il direttore di stabilimento Roberto Ciceri e il responsabile del personale Roberto Chiaramello hanno assunto l'impegno di ridurre stabilmente il numero di contratti non stabili;

   in particolare, i sindacati hanno richiesto un percorso progressivo di assunzioni dei lavoratori in somministrazione che abbiano maturato un'anzianità di almeno quattro anni, anche non consecutivi;

   sono stati inoltre richiesti gli arretrati, da saldare, di ferie, permessi o assenze imputate arbitrariamente a lavoratori e lavoratrici per coprire la flessibilità o mancata produzione negli anni dal 2018 al 2023;

   lavoratori e sindacati lamentano inoltre ritmi di lavoro troppo pressanti, mancanza del rispetto delle 11 ore di riposo giornaliero tra un turno e l'altro per l'eccessiva pretesa di svolgere gli straordinari, la mancanza della dotazione dell'abbigliamento idoneo per passare da un lavoro di fondo linea alla cella frigorifera, che mettono seriamente a rischio la loro sicurezza, in un contesto in cui il potere di ricatto occupazionale dell'azienda scoraggia le denunce formale persino degli infortuni;

   in assenza di risposte da parte dei vertici di Rana sia sul piano di assunzione che sugli interventi per la messa in sicurezza, per tutelare i lavoratori sono stati presentati alcuni ricorsi in tribunale e segnalazioni ai servizi ispettivi che hanno già provveduto ad un primo accesso Asl –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per ridurre stabilmente la precarietà, risolvere i gravi problemi di sicurezza e affinché siano restituite a lavoratori e lavoratrici le somme dovute.
(5-01766)

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI e CARAMIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si legge il duro attacco di Gaetano Capozza, segretario di presidio della Fit Cisl Reggio Emilia, il quale mette in evidenza la grave la situazione degli autisti di Seta – Seta è la spa concessionaria della gestione del trasporto pubblico locale su gomma nelle province di Modena, Reggio Emilia e Piacenza –, caratterizzata da una grave carenza di personale, discriminazioni contrattuali, mancanza di servizi igienici nelle autostazioni, turni spezzati che vedono ripetutamente il personale prendere servizio alle 6 del mattino e concludere il turno alle 9 di sera, restando operativi per 14 ore e anche di più. Tutto questo per uno stipendio che a malapena supera i 1.200 euro al mese. Turni massacranti che colpiscono in particolar modo il personale assunto dopo il 2012 e che rappresentano un rischio tangibile per la salute e sicurezza dei lavoratori e degli utenti, oltre che una regressione radicale in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

   tra il 4 e il 5 dicembre 2023 nel bacino di Modena sono saltate corse pari al 7 per cento del totale mentre a Reggio Emilia il sindacato Fit Cisl stima una cancellazione tra il 15 e il 20 per cento sulle corse pomeridiane. Una situazione che si ripete con picchi più o meno regolari dall'inizio dell'anno scolastico e che sta producendo pesanti disservizi per i pendolari e gli studenti e un sovraffollamento dei mezzi rimasti in circolazione, con un aumento degli episodi di violenza contro gli autisti, puntualmente documentati dalla cronaca locale;

   le condizioni di lavoro stanno producendo dimissioni consistenti da parte del personale, una decina di autisti ha già lasciato Seta e altri cinque lo faranno entro fine mese. Ciò si traduce in un carico di lavoro ancora maggiore per chi resta;

   il 27 settembre 2023 il sindacato Fit Cisl di Reggio Emilia ha chiesto formalmente al direttore di Seta, ingegnere Simone Aristarchi, i dati sugli straordinari del personale viaggiante negli anni 2021, 2022 e 2023. L'azienda non ha risposto né fornito alcunché;

   una situazione giudicata «sospetta» dal sindacato, costretto a rivolgersi all'ispettorato territoriale del lavoro, al Servizio prevenzione e sicurezza Ambienti di lavoro dell'Ausl di Reggio Emilia e alla direttrice dell'Agenzia per la mobilità di Reggio Emilia, la dottoressa Cecilia Rossi;

   all'ispettorato è stato chiesto anche di accendere un faro sulla gestione dei riposi giornalieri così come disposti dalle legge n. 138 del 1958 e sulla gestione dei turni di lavoro: risulta che gli autisti ricevano la comunicazione dei turni poche ore prima dell'inizio del servizio e, talvolta, che i turni vengano assegnati già con maggiorazioni di orario. Tutti dovrebbero sapere che la regola base in un rapporto di lavoro è che lo straordinario è una facoltà del lavoratore e non certo si configura come un potere feudale nelle mani dell'azienda;

   il sindacato Fit Cisl di Reggio Emilia ha espresso da tempo chiare richieste per migliorare le condizioni usuranti di lavoro degli autisti e garantire la sicurezza dei cittadini, anche in questo caso senza ottenere risposta;

   tra le proposte principali vi sono:

    a) una riforma del sistema di premialità per riconoscere l'impegno giornaliero degli autisti;

    b) un equilibrio migliore tra ore di lavoro e riposo;

    c) l'incremento del premio di produttività annuo del 30 per cento (attualmente pari a 800 euro) –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per garantire che la salute, i diritti e la sicurezza del personale Seta non siano messi a repentaglio ulteriormente;

   quali iniziative siano previste per affrontare l'uso eccessivo degli straordinari nel settore dei trasporti pubblici e superare le gravi criticità evidenziate.
(4-02054)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   FURFARO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Aifa, ente pubblico non economico, ha un ruolo fondamentale nella gestione della governance farmaceutica ai fini della sostenibilità del Ssn e dei correlati Sistemi sanitari regionali (SSR) e nel sostegno alla ricerca clinica per la verifica del valore terapeutico dei farmaci e per l'acquisizione di nuove risorse anche private;

   inoltre, l'Agenzia è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale a supporto degli interventi di assistenza sanitaria previsti nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per il periodo 2021-2026, finalizzati al rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, nonché per le nuove funzioni e competenze che l'Italia, al pari degli altri Paesi dell'Unione europea, è chiamata a svolgere ai sensi del nuovo Regolamento europeo di Health Technology Assessment (Hta), applicato dal gennaio 2025, nonché alle attività richieste per l'attuazione del regolamento sul sistema tariffario dell'Ema e a quelle scaturenti dalla partecipazione al processo di revisione della legislazione farmaceutica;

   a fronte di questi importanti e fondamentali compiti istituzionali essa si avvale, oltre che di personale di ruolo anche del contributo prezioso di personale con contratti di lavoro di flessibile, Co.Co.Co, somministrazione, a progetto (tutte le forme possibili che la pubblica amministrazione ha utilizzato per aggirare i blocchi o la spending review) e che svolgono in tutto e per tutto le medesime funzioni dei colleghi strutturati;

   questo stato di cose si protrae da ormai molti anni e, in numerosi casi, da oltre dieci anni, evidenziando quindi come il ruolo rivestito dal personale precario non sia meramente legato a fabbisogni contingenti e temporanei;

   all'incremento della centralità del ruolo dell'Agenzia non è corrisposto, quindi, nonostante un sottodimensionamento già in partenza di personale impiegato rispetto anche ad analoghe autorità regolatorie europee, una politica di assunzione di personale di ruolo con inevitabili ripercussioni nello svolgimento delle attività finalizzate alla tutela della salute pubblica;

   da anni ormai, ogni qualvolta si tenta di stabilizzare il personale Aifa emergono criticità finanziarie che, nella realtà, è difficile comprendere;

   il prossimo 31 dicembre 2023 scadranno, per l'ennesima volta, i contratti a termine e a tutt'oggi non vi è nessun indirizzo normativo volto a modificare lo status quo –:

   quali iniziative urgenti, alla luce dei fatti sopraesposti, i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di porre fine, una volta per tutte, alla precarizzazione del personale Aifa il cui lavoro è fondamentale per lo svolgimento dei compiti che la stessa Agenzia è chiamata a porre in essere.
(4-02052)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Onori e altri n. 3-00853, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 dicembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

Pubblicazione di un testo riformulato.

   La Camera,

   premesso che:

    la medicina difensiva, in senso stretto, identifica la condotta del sanitario che, nel prendere decisioni in relazione ad un paziente, fa prevalere l'esigenza di evitare le conseguenze giudiziarie rispetto alla tutela della salute del paziente stesso e a tal fine può compiere atti di cura o esami in eccesso (medicina difensiva attiva) ovvero omettere i predetti atti fino ad arrivare talvolta a non prendere in cura il paziente (medicina difensiva passiva);

    il sanitario che mette in atto una medicina difensiva attiva abusa di esami, accertamenti sanitari, pratiche cliniche con rilevanti conseguenze sui costi stessi, sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico, sul bilancio stesso del paziente e della sua famiglia se si tratta di costi non coperti dal Ssn; non meno grave è la condotta del sanitario che per evitare conseguenze giudiziarie rifiuta l'intervento di propria competenza perché ritenuto troppo rischioso;

    in letteratura la pratica della medicina difensiva è generalmente suddivisa in positiva, quando i medici prescrivono visite, farmaci o esami superflui, e negativa, quando i medici si rifiutano di curare pazienti ad alto rischio o di assumere incarichi ad alto rischio di contenzioso;

    i pazienti sono le prime vittime, soprattutto della medicina difensiva negativa, allorquando non riescono a trovare medici disposti ad effettuare interventi chirurgici potenzialmente risolutivi ma rischiosi;

    l'attuale grave crisi di personale nei pronto soccorso, con tempi di attesa che superano le otto ore per ricevere una visita, è causata, in parte, anche dall'elevato rischio di ricevere denunce per i medici che vi lavorano;

    tutti gli organismi europei, ormai da diversi anni, hanno indicato la necessità di adottare misure di prevenzione a livello normativo ed operativo per assolvere all'obbligo di tutela della vita e dell'integrità psico-fisica dei pazienti, riducendo al minimo i rischi connessi;

    la 72a Assemblea mondiale della sanità (WHA72) nel maggio 2019 ha adottato una risoluzione sull'Azione globale sulla sicurezza dei pazienti che riconosce la sicurezza dei pazienti come una priorità sanitaria globale e sottolinea che nessuno dovrebbe essere danneggiato nell'assistenza sanitaria e chiede all'OMS di formulare un piano d'azione globale per la sicurezza dei pazienti;

    secondo quanto riportato sul sito dell'Oms, le pratiche terapeutiche non sicure e gli errori terapeutici sono una delle principali cause di lesioni e danni evitabili nei sistemi sanitari di tutto il mondo; a livello globale, il costo associato agli errori terapeutici è stato stimato in 42 miliardi di dollari all'anno;

    secondo il Global Patient Safety Action Plan 2021-2030 dell'Oms, «si stima che un paziente su dieci è soggetto a un evento avverso mentre riceve cure ospedaliere nei Paesi ad alto reddito. Le prove disponibili suggeriscono che 134 milioni di problemi derivanti da cure non sicure si verificano negli ospedali dei Paesi a basso e medio reddito, contribuendo a circa 2,6 milioni di decessi ogni anno. Secondo le recenti stime, il costo sociale del danno ai pazienti può essere valutato tra un trilione e due trilioni di dollari l'anno.»;

    talune ricerche sulla medicina difensiva hanno restituito dati allarmanti secondo cui circa il 70 per cento dei medici ha messo in atto, almeno una volta nell'arco della carriera, una strategia di medicina difensiva e più del 10 per cento dei medici è coinvolto in una controversia legale;

    il ricorso da parte dei medici a comportamenti «protettivi» come la medicina difensiva, e quindi alla richiesta di visite, esami, farmaci e altre pratiche cliniche superflue utili in caso di contenzioso, risulta in forte crescita ed è associato, secondo le più recenti inchieste, alle circa 300 mila le cause per colpa medica, 35 mila ogni anno le richieste di risarcimento. La maggior parte riguarda l'attività chirurgica (38,4 per cento), omesse o errate diagnosi (20,7 per cento) errori terapeutici (10,8 per cento), infezioni nosocomiali (6,7 per cento);

    nonostante l'80 per cento delle cause intentate finisca in un'assoluzione o archiviazione, la preoccupazione e il malessere della classe medica è costante perché, comunque, le indagini vengono avviate e i processi continuano ad aver corso lasciando stremati i sanitari, costretti ad affrontare defatiganti difese in punto di fatto e di diritto e a fare ricorso a consulenti tecnici e avvocati specialisti del settore;

    il fenomeno della medicina difensiva è cresciuto dunque in maniera concomitante all'aumento del contenzioso legale per malpractice medica. Più aumentano i contenziosi medico – legali e la loro percezione nella classe medica, più aumenta il ricorso alla medicina difensiva che sottrae risorse a chi ha un bisogno effettivo di cure. Più si riduce l'effettiva disponibilità di risorse sanitarie e più aumentano i danni ai pazienti e quindi il contenzioso medico legale. Si tratta, dunque, di un circolo vizioso per cui il fenomeno è sia causa che conseguenza delle azioni giudiziarie;

    la crescita esponenziale del fenomeno ha determinato anche la difficoltà di trovare copertura assicurativa idonea per i sanitari e per le strutture sanitarie, con una diminuzione dell'offerta da parte delle compagnie assicurative ed un aumento insostenibile dei premi assicurativi, soprattutto per talune specialità sanitarie;

    indubbiamente sulla medicina difensiva ha influito l'avanzamento e la diffusione delle conoscenze in medicina che ha determinato un innalzamento delle aspettative da parte del paziente e dei suoi familiari;

    significative sono inoltre le stime della cosiddetta mortalità evitabile (somma tra mortalità prevenibile e mortalità trattabile) le quali suggeriscono che entro i 75 anni di età si osservano circa 300 mila decessi evitabili, dei quali il 50 per cento trattabili (vedi Rapporto MEV 2020-2021);

    anche la riduzione della spesa sanitaria ha indubbiamente cronicizzato il fenomeno a causa della riduzione dell'organico delle strutture sanitarie che ha deteriorato le condizioni di lavoro del personale sanitario, stressato da turni massacranti e da stipendi inadeguati, con rilevanti conseguenze sulla salute quale diritto esigibile costituzionalmente garantito;

    la carenza di risorse umane e stipendi sensibilmente al di sotto della media europea aumenta esponenzialmente la pratica della medicina difensiva poiché il personale sanitario non si trova ad operare in un contesto sicuro e soddisfacente; i dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche si trovano ad effettuare straordinari esorbitanti con un inevitabile aumento del rischio di errore medico;

    la crescita esponenziale del cosiddetto fenomeno dei gettonisti favorisce ulteriormente il rischio clinico poiché crea contesti poco fidelizzati e privi di coordinamento; la precarizzazione e il conseguente carico di lavoro di taluni contesti sanitari ed ospedalieri, come ad esempio le aree dell'emergenza, rende meno appetibili le specializzazioni necessarie per lavorare in quei contesti;

    per le suesposte ragioni e per le bene note fragilità del nostro Ssn, il personale sanitario sta rappresentando proprio in questi giorni tutta la propria insoddisfazione rispetto a condizioni di lavoro ormai sempre più insostenibili e rispetto a progressivi definanziamenti del Servizio sanitario pubblico e finanche del sistema pensionistico che indurrebbe addirittura il personale medesimo ad abbandonare il sistema sanitario pubblico prima ancora dei tempi ordinari;

    caratteristiche del fenomeno sono dunque: l'assenza di serenità per il sanitario, la sfiducia nel Ssn del paziente che non riceve le cure adeguate, la crescita esponenziale dei costi per l'intera collettività per prestazioni in realtà evitabili e, infine, il sacrificio della prevenzione;

    alle suesposte caratteristiche del fenomeno si aggiunge anche il fenomeno dell'over-diagnosi, ossia quel fenomeno che include l'eccesso di medicalizzazione, gli interventi terapeutici non necessari (overtreatment), la modifica delle soglie diagnostiche delle malattie, l'invenzione di nuove entità patologiche (disease mongering); tale fenomeno è alimentato dall'evoluzione delle tecnologie diagnostiche ed anche dagli interessi dell'industria, dalla continua espansione delle definizioni di malattia, la definizione di nuove entità patologiche;

    all'over-diagnosi si aggiunge:

     una perdurante carenza di investimenti nella prevenzione che sia in grado di incidere sulle cause delle malattie e non sulle conseguenze delle stesse;

     il mancato perseguimento dell'indipendenza e della trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie;

     l'inefficace monitoraggio dell'attività prescrittiva di farmaci e prestazioni sanitarie da parte del personale medico e sanitario;

     la puntuale verifica del valore terapeutico aggiunto delle prestazioni farmacologiche, al fine di eliminare farmaci inutili perché eguali o inferiori a quelli già esistenti e per costringere il mercato solo alla utilizzazione dei farmaci migliori e alla produzione dei farmaci realmente innovativi;

    occorre intervenire in maniera radicale sull'appropriatezza delle cure e condurre le opportune verifiche sulle linee guida emanate o da emanare affinché sia escluso che gli estensori siano privi di conflitti di interessi e che non abbiano legami con l'industria del farmaco o delle apparecchiature medicali;

    occorre altresì dare sollecita e concreta attuazione alla legge n. 62 del 31 maggio 2022, concernente «Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie», più nota come «Sunshine Act»;

    le conseguenze della medicina difensiva hanno, peraltro, un impatto sociale importante: dall'aggravio economico sul bilancio dello Stato (si stima che in Italia la medicina difensiva abbia un costo di 165 euro pro capite), senza che a ciò corrisponda un aumento di qualità e di sicurezza del Servizio sanitario nazionale, all'aumento dei premi assicurativi a carico del personale sanitario, sino ad arrivare alla conseguente limitazione del diritto alla salute riconosciuto dall'articolo 32 della nostra Costituzione;

    le ripercussioni in termini economici per il Ssn nel suo complesso sono rilevanti. Sebbene il costo della medicina difensiva non sia facilmente quantificabile, secondo stime recenti di AgeNaS, in Italia esso si aggirerebbe intorno al 10 per cento della spesa sanitaria complessiva, pari a circa 9-10 miliardi di euro l'anno (0,75 per cento del Pil); a ciò si aggiunga l'ulteriore considerazione che tutto questo costa ai contribuenti 22,5 miliardi di euro l'anno, ossia il 15 per cento della spesa sanitaria annuale, condizionando gravemente l'attività assistenziale;

    nel 2017 il legislatore è intervenuto per cercare di contrastare il fenomeno in maniera sistemica, attraverso la legge n. 24 del 2017, cosiddetta «legge Gelli» dal nome del suo estensore, che, nelle fasi di approvazione della legge medesima, ebbe modo di rappresentare che: «[...] la medicina difensiva rappresenta circa tra l'11 per cento e il 23 per cento di tutte le prestazioni [...]: nel dettaglio i medici dichiarano di prescrivere farmaci (53 per cento), visite specialistiche (73 per cento), esami di laboratorio (71 per cento), esami strumentali (76 per cento) e ricoveri (50 per cento) anche per il timore di ricevere una denuncia da parte dei pazienti (78 per cento). Per quanto riguarda l'impatto economico, la medicina difensiva incide sui costi del Servizio sanitario nazionale per il 10,5 per cento circa, per una cifra pari a 10 miliardi di euro»;

    con l'intervento legislativo si è percorsa la prevalente strada di attenuare la responsabilità del sanitario e nel contempo di risarcire, ove possibile, i pazienti attraverso l'istituzione di un fondo per le vittime di malasanità; più in particolare, è stato introdotto un nuovo articolo nel codice penale, il 590-sexies, che prevede l'esclusione della responsabilità penale del sanitario per morte o lesioni, nel caso di imperizia e di colpa lieve, a condizione che il sanitario abbia agito in conformità a linee guida o, in mancanza di esse, seguendo le buone pratiche clinico-assistenziali;

    a più di sei anni di distanza dall'approvazione della legge in questione, mancano ancora taluni decreti attuativi che di fatto la rendono inefficace per la parte precipuamente intesa a definire i criteri e le modalità per la vigilanza e il controllo sulle imprese di assicurazione che intendano operare in ambito sanitario e sui requisiti minimi delle polizze assicurative;

    senza i decreti attuativi della cosiddetta legge Gelli, di fatto, non si consente al soggetto danneggiato di agire direttamente, entro i limiti del massimale, nei confronti dell'impresa di assicurazione e né è operativo il «Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria», che dovrebbe essere alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese assicuratrici operanti nel ramo, destinato a risarcire il danno in caso di esubero rispetto al massimale assicurativo, di insolvenza della compagnia, o di assenza di copertura assicurativa per recesso dell'impresa o per sopravvenuta cancellazione dall'albo della medesima;

    per la parte comunque attuata, la cosiddetta legge Gelli non si è mostrata risolutiva dei problemi di contesto sopra esposti soprattutto in riferimento alla colpa medica e la fragilità dell'impianto complessivo si è disvelata in maniera palese proprio durante la pandemia;

    guardando oltre i confini nazionali, sul tema della responsabilità sanitaria rileva l'esperienza dell'ordinamento francese che seguendo lo stesso percorso italiano dell'aumento esponenziale dei contenziosi giudiziari e della difficoltà di trovare idonee coperture assicurative, con due provvedimenti normativi del 2002 ha ridelineato il regime della responsabilità sanitaria prevedendo sia il rimedio tradizionale della responsabilità civile ancorata alla colpa sia il sistema di solidarietà sociale, cosiddetto «no-fault», che devolve il ristoro o indennizzo ad un sistema di sicurezza sociale, alternativo ad un eventuale risarcimento ottenuto in sede giudiziaria, con un diritto di rivalsa nei confronti del responsabile con colpa grave, nell'ipotesi in cui si dovessero verificare dei danni in assenza di una chiara responsabilità del professionista, della struttura o di un produttore;

    viene previsto in Francia, in maniera solidaristica, un fondo di garanzia nazionale che si fa carico dei danni irreversibili e gravi avvenuti in corso di trattamento sanitario. L'istituzione di tale fondo che eroga indennizzi è più economica rispetto al pagamento di polizze assicurative da parte di enti e strutture del Servizio sanitario nazionale, inoltre, riduce il numero totale di cause, che si genera in un sistema basato sulla colpa come il nostro;

    in Italia esiste già, per alcune limitate fattispecie, la possibilità di ottenere un indennizzo solidaristico. Le due più importanti differenze rispetto al sistema francese sono:

     a) il meccanismo dell'indennizzo italiano si va, nella pratica, a sommare al tentativo giudiziario di ottenere un risarcimento;

     b) il meccanismo dell'indennizzo italiano è limitato a poche fattispecie;

    un regime ad indennizzo alternativo al ristoro per via giudiziaria può ridurre invece le spese per la medicina difensiva,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire nelle strutture sanitarie, attraverso l'assunzione di personale, condizioni di lavoro idonee e tali da contenere il fenomeno della medicina difensiva che, a causa della riduzione dell'organico e del deterioramento delle condizioni di lavoro del personale sanitario, stressato da turni massacranti e da stipendi inadeguati, rischia di crescere esponenzialmente, con rilevanti conseguenze sulla salute quale diritto esigibile costituzionalmente garantito;

2) a garantire al personale sanitario condizioni economiche e contrattuali idonee e comunque non inferiori alla media europea, salvaguardando risorse congrue per il trattamento pensionistico del personale medesimo senza intaccare le risorse del Fondo sanitario nazionale;

3) a rendere appetibili le specializzazioni attualmente carenti attraverso opportuni incentivi economici da concordare con le organizzazioni sindacali e a garantire agli specializzandi condizioni di lavoro dignitose e rispettose eliminando ogni forma di sfruttamento del loro lavoro, rendendo obbligatoria la timbratura elettronica per gli specializzandi medesimi;

4) ad assumere ogni iniziativa opportuna, anche di carattere normativo, per assicurare agli infermieri un adeguato riconoscimento economico e professionale, garantendo l'autonomia professionale per alcune specializzazioni cliniche infermieristiche;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, attraverso uno straordinario piano assunzionale, un adeguato numero di operatori sociosanitari, per permettere un'efficace gestione dell'assistenza e un'efficace interazione e integrazione delle diverse professionalità coinvolte;

6) a dare attuazione alla legge n. 24 del 2017, cosiddetta «legge Gelli», adottando i relativi decreti attuativi la cui mancanza non consente al soggetto danneggiato di agire direttamente, entro i limiti del massimale, nei confronti dell'impresa di assicurazione e ovvero di avvalersi del «Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria», che dovrebbe essere alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese assicuratrici per risarcire il danno in caso di esubero rispetto al massimale assicurativo, di insolvenza della compagnia, o di assenza di copertura assicurativa per recesso dell'impresa o per sopravvenuta cancellazione dall'albo della medesima;

7) ad avviare una comparazione con l'ordinamento francese al fine di verificare se sia possibile introdurre nel nostro ordinamento il sistema di solidarietà sociale, il cosiddetto «no-fault», che devolve il ristoro o indennizzo ad un sistema di sicurezza sociale, alternativo ad un eventuale risarcimento ottenuto in sede giudiziaria, nell'ipotesi in cui si dovessero verificare dei danni in assenza di una chiara responsabilità del professionista, della struttura o di un produttore, quali ad esempio danni da infezioni nosocomiali, danni da farmaci e da incidenti (traumi, cadute accidentali) avvenuti nelle strutture ospedaliere;

8) ad adottare iniziative di competenza volte a verificare e documentare nel più breve tempo possibile se in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private siano state costituite unità sul rischio clinico deputate a prevenire che l'organizzazione deficitaria sia causa di danni al paziente per inosservanza degli standard di sicurezza o del generale dovere di diligenza, prudenza, perizia e se tutte abbiano predisposto la prescritta relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause che li hanno prodotti e sulle iniziative messe in atto per contrastarli;

9) a provvedere alla pubblicazione del report annuale sul monitoraggio delle denunce di sinistri, dando evidenza dei dati relativi alle denunce di sinistri e degli eventi sentinella e a rendere permanentemente pubblici i dati attraverso il Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (Simes), al fine di consentire la valutazione dei rischi e il monitoraggio completo degli eventi avversi, di migliorare la gestione del contenzioso e di consentire a tutta la collettività di conoscere la sinistrosità delle aziende sanitarie;

10) ad adottare iniziative volte a rendere pubblico, sul sito del Ministero della salute, l'adempimento circa l'obbligo di trasparenza delle strutture pubbliche e private, con specifico riferimento alla pubblicazione dei dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, e verificati nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario;

11) a promuovere, nel contesto del rischio clinico, la formazione degli operatori alla comunicazione efficace al fine di umanizzare la relazione tra i sanitari e il paziente e suoi familiari e di renderla parte della cura, riducendo il contenzioso medico-legale e il rischio di aggressività;

12) a valutare il costo della medicina difensiva in termini economici, l'impatto sulle liste d'attesa, l'impatto sulla fruibilità del Servizio sanitario nazionale, sugli effetti avversi da farmaci inutili e sul numero di tumori per esposizione a radiazioni ionizzanti non necessarie;

13) a valutare ogni iniziativa utile a ridurre le problematiche connesse alla medicina difensiva, senza aumentare i rischi per i pazienti e senza intaccare il diritto ad un giusto risarcimento in caso di colpa medica;

14) ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta a bilanciare l'esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie arbitrarie e ingiuste con la necessità di tutelare i diritti dei pazienti che si ritengano danneggiati da episodi di negligenza medica;

15) a valutare l'opportunità di rendere il sistema di indennizzi per gravi danni alla salute liberamente alternativo per il cittadino rispetto al tentativo di ottenere risarcimento giudiziario;

16) a valutare di adottare iniziative volte ad estendere l'opportunità di ricevere un indennizzo per gravi danni alla salute anche a quei danni derivati dalla somministrazione di farmaci, dai trattamenti sanitari ricevuti senza consenso (Tso), dalle infezioni nosocomiali e dai traumi accidentali occorsi in ospedale (tra i quali, la caduta dalla barella);

17) ad intervenire sul fenomeno dell'over-diagnosi, sull'eccesso di medicalizzazione, sugli interventi terapeutici non necessari (overtreatment), sulla modifica delle soglie diagnostiche delle malattie, sull'invenzione di nuove entità patologiche (disease mongering), anche attivando un efficace monitoraggio dell'attività prescrittiva di farmaci e delle prestazioni sanitarie da parte del personale medico e sanitario;

18) ad incrementare gli investimenti nella prevenzione al fine di incidere sulle cause delle malattie e non sulle conseguenze delle stesse e a promuovere la cultura della riconciliazione terapeutica tra medici e pazienti, in caso di polifarmacoterapia;

19) ad adottare ogni strumento utile, anche in sede europea, affinché nella produzione dei farmaci o dei dispositivi medici sia sempre verificato il valore terapeutico aggiunto delle prestazioni sanitarie correlate, al fine di ridurre l'inappropriatezza prescrittiva ed eliminare farmaci inutili perché eguali o inferiori a quelli già esistenti e per costringere il mercato solo alla utilizzazione dei farmaci migliori e alla produzione dei farmaci realmente innovativi;

20) ad adottare iniziative di competenza volte ad intervenire in maniera radicale sull'appropriatezza delle cure e a condurre le opportune verifiche sulle linee guida emanate o da emanare affinché gli estensori siano privi di conflitti di interessi e non abbiano legami con l'industria del farmaco o delle apparecchiature medicali, al tempo stesso dando sollecita attuazione alla legge n. 62 del 31 maggio 2022, concernente «Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie», più nota come «Sunshine Act»;

21) ad incentivare l'approccio less is more con l'obiettivo di migliorare l'esperienza di cura del paziente e lo stato di salute delle popolazioni e ad investire maggiori risorse nella prevenzione delle malattie attraverso la riduzione e l'eliminazione dei fattori di rischio.
(1-00226) (Nuova formulazione) «Marianna Ricciardi, Quartini, Sportiello, Di Lauro, Francesco Silvestri».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Soumahoro n. 5-01745 del 14 dicembre 2023.