Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 8 maggio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004 ha introdotto in via sperimentale la cosiddetta «opzione donna», ovvero la possibilità per le lavoratrici, che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o 58 anni per le lavoratrici autonome, di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale;

    tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015;

    successivamente, l'articolo 16 del decreto-legge n. 4 del 2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018;

    il suddetto termine è stato poi prorogato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 336, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) e al 31 dicembre 2021 dall'articolo 1, comma 94, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio per il 2022);

    la legge di bilancio per il 2023 (articolo 1, comma 292, della legge 29 dicembre 2022, n. 197) ha prorogato la possibilità di accedere a «opzione donna» a favore delle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022 un'anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, un'età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni, restringendo tale possibilità per le lavoratrici che siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: a) assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; b) abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74 per cento (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile); c) siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d'impresa di cui all'articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

    la modifica dei requisiti anagrafici introdotta dal Governo – ovvero l'innalzamento di due anni e la previsione di una riduzione di un anno per ogni figlio nel limite massimo di 2 anni – introduce un criterio inedito non giustificato da una logica economica o previdenziale quanto piuttosto valoriale, che discrimina le lavoratrici senza figli in violazione del principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione e che presuppone che la maternità sia alternativa al lavoro;

    inoltre, l'introduzione di requisiti così restrittivi legati a condizioni di fragilità (lavoratrice caregiver, disoccupata o con riduzione della capacità lavorativa) trasforma «opzione donna» in uno strumento per molti aspetti sovrapponibili con l'istituto dell'«ape sociale»;

    più in generale, come sottolineato dalla Corte dei conti in più occasioni, nonché in sede di audizione sul disegno di legge di bilancio per il 2023, «opzione donna» non ha contribuito a disegnare un sistema previdenziale semplice, ispirato a criteri il più possibile uniformi e con limitate e ben giustificate deroghe, sollecitando una riflessione sull'opportunità di mantenere differenziazioni nell'accesso al pensionamento basate sul solo genere, dopo che il legislatore, anche sulla spinta di raccomandazioni europee, ha disposto da tempo il pieno allineamento dell'età di quiescenza tra uomini e donne, ritenendo più opportuno garantire uniformità di trattamento tra uomini e donne ed eventualmente dare maggiore spazio alle considerazioni di genere nell'ambito degli altri istituti di deroga esistenti;

    è opportuno considerare che, in media, il trattamento pensionistico riconosciuto a chi si avvale dell'opzione è più basso di circa il 30 per cento rispetto a quello cui si avrebbe diritto in via ordinaria; le donne che ne beneficiano, dunque – a maggior ragione a seguito dell'irrigidimento dei requisiti previsti dalla nuova normativa, tra i quali quello di svolgere un ruolo di caregiver famigliare – anziché veder riconosciuto il loro «ruolo di cura», ottengono un assegno più basso e un carico di cura maggiore in virtù dalla loro uscita dal mondo del lavoro;

    sebbene l'intento dell'istituto sia condivisibile, è essenziale affrontare in un'ottica integrata il tema del divario di genere nel trattamento pensionistico, che discende da quello esistente nel mondo del lavoro;

    secondo i dati della Commissione europea e come dimostrato da numerosi studi (tra i quali «Gender equality and public policy – measuring progress in Europe» di Paola Profeta), nonché dai dati emersi dal progetto europeo promosso dal Dipartimento per le pari opportunità C.L.E.A.R. – Closing the gender pension gap by increasing women's awareness, nonostante le donne abbiano un'aspettativa di vita più alta, ottengono una pensione inferiore del 35 per cento rispetto agli uomini; infatti, sebbene nel sistema pensionistico italiano non vi siano elementi di calcolo delle prestazioni che differenziano esplicitamente in base al genere, il modello sociale ed economico prevalente genera divari che penalizzano i redditi delle donne con rilevanti conseguenze pensionistiche;

    come riportato anche da uno studio di Alessandra Casarico e Massimo Taddei, il divario di genere nel trattamento pensionistico dipende principalmente da tre fattori legati al mercato del lavoro, che evidenziano come la disuguaglianza di genere abbia una dimensione intertemporale;

    in primo luogo, le retribuzioni orarie, con un divario di genere che in Italia è pari al 6 per cento, ma tocca il 17 per cento nel settore privato; questo differenziale ha un forte impatto sulla pensione, nel sistema retributivo a causa di retribuzioni pensionabili inferiori e nel contributivo a causa di contributi accumulati più bassi;

    in secondo luogo, le differenze dipendono dai tempi di lavoro: le donne lavorano in media meno degli uomini, sia in termine di numero di anni di lavoro in totale, sia in termine di ore lavorate durante l'anno; i dati del rapporto Inps del 2022 testimoniano che circa un terzo delle occupate lavora con un contratto part-time; di questi due milioni di lavoratrici, circa due terzi vorrebbero lavorare più ore, ma non possono farlo per mancanza di opportunità di lavoro full time o per l'impossibilità di conciliare il tempo per la famiglia e quello per il lavoro;

    infine, rileva l'anzianità contributiva; per ragioni legate soprattutto alla maternità e alla cura della casa e della famiglia, le donne tendono ad avere carriere contributive discontinue, con pesanti conseguenze sull'assegno pensionistico e sulla possibilità di anticipare il pensionamento. Nel 2001, l'anzianità contributiva delle pensionate era in media del 40 per cento inferiore rispetto agli uomini; il divario si è ridotto al 25 per cento nel 2021, segnalando la traiettoria corretta nella partecipazione femminile al mercato del lavoro, ma rimane ancora molto alto;

    la parità di genere in campo lavorativo rimane, dunque, la chiave per una riduzione dei differenziali nei redditi pensionistici; a tal fine occorre adottare politiche che favoriscano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e riducano le differenze in campo salariale, rafforzare i servizi per l'infanzia, adottare incentivi fiscali per il posticipo del pensionamento, anziché per il suo anticipo e riformare i congedi parentali al fine di introdurre una maggiore condivisione tra i genitori dei compiti di cura;

    l'Italia si è dotata per la prima volta nel luglio 2021 della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, ispirata alla Gender equality strategy 2020-2025 dell'Unione europea, che in una prospettiva di lungo termine rappresenta lo schema di valori, la direzione delle politiche da realizzare e il punto di arrivo in termini di parità di genere; la Strategia è una delle priorità trasversali del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    la Strategia si concentra su 5 priorità strategiche (lavoro, reddito, competenze, tempo, potere) e per ciascuna definisce gli interventi da adottare, incluse le misure di natura trasversale, nonché i relativi indicatori, volti a misurare i principali aspetti del fenomeno della disparità di genere, e target, ovvero obiettivi specifici e misurabili da raggiungere;

    durante il Governo Draghi è stata approvata la prima riforma integrata delle politiche famigliari (legge n. 32 del 2022, cosiddetto Family act), che ha previsto, tra l'altro, il riordino e il rafforzamento degli strumenti volti a incentivare il lavoro femminile, anche tramite la leva fiscale; la riforma dei congedi parentali, nell'ottica di una maggiore condivisione dei carichi di cura e dell'armonizzazione dei tempi della famiglia e di lavoro; incentivi economici diretti alle famiglie per l'educazione scolastica e non formale, la cura dei figli e il lavoro domestico;

    quanto ai servizi per l'infanzia, è utile ricordare che la legge n. 234 del 2021 ha finanziato i livelli essenziali delle prestazioni a copertura dei servizi educativi per l'infanzia per rimuovere gli squilibri territoriali e che la legge n. 32 del 2022 (cosiddetto Family act) ha delegato il Governo a emanare entro dodici mesi, prorogati a ventiquattro, norme per garantire in tutto il territorio nazionale il rafforzamento dei servizi educativi e socio-educativi e delle scuole dell'infanzia; inoltre il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto un piano di investimento di 4,6 miliardi di euro, con l'obiettivo vincolante di creare almeno 264.480 nuovi posti entro dicembre 2025, per raggiungere la copertura del 50 per cento della platea, con particolare riguardo alla necessità di superare le disparità territoriali e intervenire nelle aree a più elevata povertà educativa,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza volte a a ridurre il divario di genere in campo pensionistico, partendo dal raggiungimento dell'effettiva parità di genere in campo lavorativo – con particolare riferimento alla necessità di colmare il gender pay gap nel settore privato – tramite la piena attuazione delle misure previste dalla Strategia nazionale per la parità di genere, garantendo che sulle politiche volte a favorire l'ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro siano investite altrettante risorse rispetto a quelle volte ad anticipare la loro uscita dallo stesso;

2) a completare l'attuazione del Family Act, con particolare riferimento alle misure per incentivare il lavoro femminile e per favorire la condivisione della cura e l'armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro, alla riforma dei congedi parentali, al riordino e al rafforzamento delle misure di sostegno all'educazione dei figli e al rafforzamento dei servizi educativi e socio-educativi e delle scuole dell'infanzia, anche tramite un efficace e pieno utilizzo delle risorse previste a tal fine dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che identifica nella parità di genere un obiettivo trasversale dell'intero piano;

3) nelle more dell'implementazione delle politiche e del raggiungimento degli obiettivi di cui ai punti precedenti, ad adottare iniziative volte a prorogare i regimi di accesso anticipato alla pensione esistenti e a valutare l'estensione dell'accredito dei contributi pensionistici figurativi per la madre e per il padre per tutta la durata della maternità o della paternità, considerando quindi i periodi di congedo come utili ai fini contributivi.
(1-00134) «D'Alessio, Bonetti, Richetti».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    stando a quanto si apprende da fonti di stampa, il disegno di legge annuale per il Mercato e la Concorrenza, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 20 aprile 2023, prevedrebbe di attribuire all'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) il potere di fissare i prezzi del teleriscaldamento;

    tale previsione estende le funzioni già in parte affidate ad Arera attraverso il decreto legislativo n. 102 del 2014, il quale garantiva all'Autorità in questione poteri regolatori anche per il teleriscaldamento ma con rilevanti limiti gestionali;

    Arera con una delibera del 1° marzo 2022 (n. 80/2022) ha attivato una puntuale indagine su prezzi e costi della fornitura del teleriscaldamento;

    i risultati di tale indagine sono riportati nella delibera Arera del 2 novembre 2022 (n. 547/2022), la quale ha evidenziato diverse criticità;

    in primis, i prezzi del servizio di teleriscaldamento sono risultati mediamente superiori al costo di erogazione di un servizio equivalente tramite caldaia a gas;

    in aggiunta, nei servizi di teleriscaldamento dove il calore è fornito da impianti di termovalorizzazione dei rifiuti si è assistito ad un allargamento della forbice tra costi e ricavi, andando quindi a favorire le aziende che hanno potuto godere di extraprofitti;

    questa forbice si è verificata in contemporanea con una sostanziale assenza di incremento dei costi di produzione del calore, così come confermato dal punto 5.13 incluso nell'allegato alla citata delibera Arera;

    in un contesto come quello del mercato del teleriscaldamento, il quale presenta caratteristiche tipiche del monopolio naturale – come indicato dalla stessa Arera al punto 4.1 incluso nell'allegato alla relazione di chiusura dell'indagine – tale divaricazione risulta essere ancor più problematica;

    al fine di far fronte a tali problemi, la già citata delibera n. 547/2022, ai punti 6.6 e 6.7 inclusi nell'allegato, ipotizza come soluzione l'introduzione di una regolazione «cost reflective»;

    tale soluzione garantirebbe ad Arera la possibilità di definire i criteri generali per la determinazione delle tariffe, comprensivi delle modalità di recupero dei costi di capitale e dei costi operativi, nonché i criteri di separazione contabile per l'attribuzione dei costi comuni a più attività;

    così come evidenziato ai punti 6.7 e 6.8 inclusi nell'allegato, questo approccio consentirebbe di trasferire parte dei benefici agli utenti e allo stesso tempo incentiverebbe lo sviluppo tecnologico delle reti di quarta generazione,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a:

    1) arrivare ad una piena e rapida attuazione della regolamentazione come proposta da Arera nella citata delibera;

    2) vigilare affinché venga evitata la possibilità che una riduzione dei profitti nel teleriscaldamento si rifletta in un aumento di costi per lo smaltimento dei rifiuti;

    3) favorire una politica tariffaria che incentivi politiche aziendali a favore di sostanziali piani di riduzione dei consumi e di decarbonizzazione dei processi produttivi, cercando di favorire prioritariamente l'industria nazionale;

    4) includere nel sistema tariffario eventuali interventi tecnici delle aziende a favore dei propri utenti, in particolar modo pubblici, volti a ridurre i consumi energetici.
(7-00099) «Benzoni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2011, è stato sottoscritto tra Governo italiano, Regione Sardegna, ENI spa, Novamont, rappresentanti degli enti locali, delle forze sindacali un protocollo d'intesa per la chimica verde a Porto Torres per avviare un progetto di riconversione della struttura industriale ex ENI presente nel polo industriale;

   tale iniziativa dopo un avvio che ha coinvolto positivamente il territorio e impegnato decine di lavoratori ha subito uno stop, generato anche dalle condizioni di conflittualità tra i soggetti imprenditoriali;

   il previsto progetto di riconversione si è bloccato negli ultimi anni senza una evoluzione e con il rischio di un blocco definitivo del progetto che ben si inserisce nell'attuale Pnrr e serve dunque un riavvio delle attività ora sospese con un impegno istituzionale da parte del Governo innanzitutto come primo firmatario del protocollo d'intesa del 2011, insieme a diversi Ministeri competenti;

   il decreto-legge n. 17 del 2022 (cosiddetto «Decreto Energia») contenente «Misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia e il rilancio delle politiche industriali» è stato approvato definitivamente il 13 aprile 2022 dall'Assemblea della Camera dei deputati;

   in sede di conversione del decreto energia e stato approvato l'emendamento n. 14.9 a firma Manca Gavino e altri;

   tale emendamento recita «Dopo il comma 3 aggiungere il seguente»: 3-bis. Al fine di assicurare il progetto di risanamento e riconversione dell'area industriale di Porto Torres ed anche in funzione degli obbiettivi di transizione ecologica ed energetica delineata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è convocata, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di concerto con la regione Sardegna, la «Cabina di regia» così come previsto dal Protocollo di intesa del 2011 per la Chimica Verde, alla quale partecipano le istituzioni locali, le parti sociali e gli operatori economici per la riscrittura, l'aggiornamento, la ridefinizione degli obiettivi e la trasformazione in «Accordo di Programma» degli impegni istituzionali ed economici contenuti nel Protocollo d'intesa firmato nel 2011 e non ancora portati a termine;

   è previsto l'obbligo di legge di convocare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Cabina di regia prevista dal protocollo d'intesa del 2011 e ad oggi sono passati 12 mesi e non è stata ancora convocata –:

   se sia stata attivata la procedura di concertazione con la Regione Sardegna per la convocazione o la stessa regione abbia sollecitato la convocazione in forma scritta e diretta alla Presidenza del Consiglio o al Ministero competente;

   se siano stati già predisposti gli atti o sia intenzione del Governo predisporre gli atti necessari per la convocazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri della cabina di regia di concerto con la Regione Sardegna.
(5-00804)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, per sapere – premesso che:

   lo scorso 22 marzo 2023 si è tenuta a Roma la XVII seduta del Comitato di Sorveglianza del Programma Operativo FEAMP 2014-2020;

   nel corso di tale incontro sono stati diffusi i dati relativi all'andamento del programma citato soffermandosi su alcune criticità, la prima delle quali attiene al ruolino di marcia in relazione all'obbiettivo di spesa al 31 dicembre 2023, momento di chiusura della programmazione 2014-2020;

   attualmente, secondo i dati diffusi durante il Comitato, risultano spese certificate per ciò che riguarda la quota dell'Unione europea pari a circa il 64 per cento del totale concesso all'Italia per l'intero settennio;

   in virtù dell'Accordo multiregionale per l'attuazione coordinata degli interventi cofinanziati dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) nell'ambito del Programma Operativo FEAMP 2014-2020, stipulato fra Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, le regioni e le province autonome il 20 settembre 2016, poco più della metà dell'intera somma stanziata dall'Unione europea, pari a 537.262.559 euro, è stata affidata alla gestione dei vari organismi intermedi (regioni e provincia autonoma di Trento), secondo quanto previsto dagli allegati al citato accordo;

   al momento risulta che il 72 per cento, circa dei pagamenti certificati siano stati effettuati dall'Autorità di gestione (AdG) a fronte di un 58 per cento da parte dei vari organismi intermedi;

   a fronte di tutto ciò si registrano impegni assunti pari all'83 per cento dell'intera quota dell'Unione europea;

   ad oggi rimangono quindi da spendere entro il 31 dicembre 2023 ben 208.364.105 euro, ovvero il 36 per cento del totale;

   appare quindi evidente quanto sia necessario mettere in campo da parte del Ministro interpellato ogni iniziativa possibile per semplificare e fluidificare al massimo la spesa laddove si sia in presenza di progetti, azioni ed iniziative già in corso o prossimi all'avvio;

   una delle misure in fase di avvio prevede il riconoscimento di una compensazione finanziaria a titolo del FEAMP [misura 5.68, paragrafo 3, Reg. (UE) 508/2014] agli operatori del settore della pesca e dell'acquacoltura per il mancato guadagno e per i costi aggiuntivi sostenuti a causa della perturbazione del mercato dovuta alla guerra di aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina e ai suoi effetti sulla catena di approvvigionamento dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura;

   in questi ultimi 24 mesi molte sono le imprese che hanno dovuto affrontare notevoli difficoltà finanziarie e non sono infrequenti i casi di irregolarità contributive per ritardi nei confronti degli enti previdenziali;

   in assenza di soluzioni anche di tipo amministrativo il rischio è quello dell'inammissibilità delle istanze di tutte quelle imprese per le quali dovesse risultare un DURC non regolare;

   una prospettiva di questo tipo è da evitare pena la vanificazione degli effetti della misura, prevista dalla legislazione europea, sia in favore delle imprese che come booster in grado di far progredire efficacemente la spesa a carico del FEAMP, così da evitare il rischio del disimpegno con conseguenza perdita di fondi a favore di altri Paesi;

   l'articolo 31, commi 3 e 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, e per le imprese agricole, l'articolo 45 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 dispongono che in sede di pagamento degli aiuti comunitari e nazionali, gli organismi pagatori sono autorizzati a compensare tali aiuti con i contributi previdenziali dovuti dall'impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titolo di sanzione;

   nei suddetti casi le amministrazioni competenti provvedono alla trattenuta dell'importo corrispondente all'inadempienza da versare direttamente agli enti previdenziali ed assicurativi, ed all'erogazione al soggetto beneficiario del residuo –:

   se ritenga, in caso di ottenimento, nell'ambito delle attività di verifica della regolarità contributiva del soggetto beneficiario, di un documento unico di regolarità contributiva che segnali un'inadempienza contributiva a carico del soggetto beneficiario, di avvalersi della facoltà di intervento sostitutivo di cui all'articolo 31, decreto-legge n. 69 del 2013 e all'articolo 45 del decreto-legge n. 152 del 2021;

   se ritenga in particolare di approfondire la fattibilità tecnica ed amministrativa di proporre e sottoscrivere un accordo compensativo direttamente tra il Ministero interrogato e gli enti previdenziali ed assistenziali valevole per i pagamenti a titolo dei fondi di cui lo stesso Dicastero esprime il ruolo e le funzioni di Autorità di gestione (FEASR e FEAMP).
(2-00144) «Gatta».

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SQUERI, CASASCO e POLIDORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   lo sviluppo delle energie rinnovabili è uno dei principali obiettivi a cui deve tendere il Paese, per contribuire al raggiungimento dei target europei di produzione di energia da Fer;

   l'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, prevede che con decreti del Ministro interrogato, di concerto con i Ministri della cultura e dell'agricoltura, da adottare entro 180 giorni, «sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC»;

   nelle more dell'attuazione il citato articolo 20 è già stato modificato 5 volte ampliando sempre più le aree considerate comunque idonee. Le norme sulle autorizzazioni sono state ulteriormente semplificate e nell'ultimo decreto PNRR n. 13 del 2023 si è allargato anche all'uso dei terreni coperti da usi civici, mentre le distanze dalle aree sensibili sono state ulteriormente ridotte;

   nonostante il citato articolo 20 preveda l'utilizzo di terreni agricoli incolti o marginali, gli investimenti nel fotovoltaico devono essere utility scale, cioè di taglia sufficientemente grande da renderli competitivi senza incentivi e in grado di garantirne la bancabilità. Inoltre, è preferibile che siano collocati in aree facilmente raggiungibili e facilmente collegabili alla rete. Ne consegue il gigantismo e la tendenza ad occupare i terreni agricoli migliori;

   lo stop al fotovoltaico a terra proposto dal presidente della Regione Siciliana ha un senso se si considera che in quella regione ci sono progetti da 300 ettari senza alcun ritorno per i siciliani;

   le coste della Sardegna sono assediate da progetti per 1500 pale eoliche. La regione si oppone;

   è necessario stabilire di un processo ordinato di sviluppo delle rinnovabili, evitando conflitti interistituzionali –:

   quali siano i tempi di emanazione dei decreti di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 sulle aree idonee all'installazione di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile.
(5-00808)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI, ORFINI, BERRUTO, ZINGARETTI e TONI RICCIARDI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   in sede di audizione presso le commissioni competenti, il Ministro della cultura, nel presentare le linee programmatiche del proprio dicastero, annunciava interventi sulla concessione delle immagini del patrimonio culturale statale e dichiarava «(...) Occorre ridurre i casi di concessione a titolo gratuito (...)»;

   a soli tre mesi dall'insediamento, con decreto ministeriale n. 161 dell'11 aprile 2023, il Governo adotta le «Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d'uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali»;

   il decreto, come segnalato dalla Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia e le consulte firmatarie, da numerose società scientifiche, dal mondo universitario e della cultura, generalizza l'applicazione di tariffe sulla pubblicazione di immagini di beni culturali in qualsiasi prodotto editoriale, danneggiando l'editoria e, in particolare, la pubblicazione degli esiti di ricerche sul patrimonio culturale;

   inoltre, contiene un ulteriore vincolo per il quale «indipendentemente dal canone la concessione è comunque subordinata alla previa verifica di compatibilità della destinazione d'uso della riproduzione con il carattere storico-artistico dei medesimi beni culturali, ai sensi dell'articolo 20 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42»;

   si osserva, a tal proposito, che il riferimento all'articolo 20 del codice dei beni culturali sarebbe incostituzionale, in quanto il divieto della distruzione e della destinazione di beni culturali ad usi «non compatibili con il loro carattere storico o artistico» può essere fatto valere per le concessioni d'uso degli spazi e per l'uso fisico dei beni culturali, ma non per le riproduzioni, che ne costituiscono la proiezione immateriale;

   sottoporre a controllo l'uso sociale delle riproduzioni del patrimonio pubblico, vale a dire la destinazione d'uso delle riproduzioni, costituirebbe una violazione delle libertà costituzionali di espressione, di ricerca, di apprendimento lungo l'arco di tutta la vita, oltre che di diffusione della cultura;

   il decreto, inoltre, disattende le ultime linee guida adottate dall'Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale nell'ambito del Piano nazionale per la digitalizzazione nel giugno 2022, e la previsione di gratuità di immagini di beni culturali;

   la Corte dei conti, nella deliberazione 12 ottobre 2022, n. 50/2022/G, pone in evidenza come (...) le trasformazioni che il digitale ha prodotto invitano ad abbandonare i tradizionali paradigmi «proprietari», in favore di una visione del patrimonio culturale più democratica aggiungendo che forme di ritorno economico della singola immagine appaiono anacronistiche (...);

   in favore della libera riproduzione delle immagini dei beni culturali pubblici, nella scorsa legislatura sono diversi gli impegni assunti: la Commissione Cultura ha approvato, con il voto unanime di tutte le forze politiche, ivi comprese quelle costituenti l'attuale compagine governativa, una specifica risoluzione e ha autorizzato la ratifica della convenzione di Faro che ha focalizzato l'attenzione sul diritto al patrimonio culturale come facoltà di partecipare all'arricchimento o all'incremento del patrimonio stesso e di beneficiare delle attività corrispondenti;

   le associazioni del settore, da anni fanno ripetutamente appello ai princìpi della Convenzione di Faro per sottolineare l'esigenza di favorire le condizioni per la più ampia riutilizzabilità di dati e immagini del nostro patrimonio culturale –:

   se il Ministro interrogato non intenda – per le motivazioni suddette – avviare un confronto che, coinvolgendo le parti interessate, giunga ad individuare i correttivi necessari a favorire le condizioni per la più ampia riutilizzabilità di dati e immagini del nostro patrimonio culturale, anche nel rispetto delle predette linee guida per l'acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, adottate dall'Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale del Ministero della cultura nell'ambito del Piano nazionale per la digitalizzazione nel luglio 2022.
(5-00807)

Interrogazione a risposta scritta:


   ENRICO COSTA. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende dalla stampa, l'8 maggio 2023 l'Amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes ha comunicato le sue dimissioni al Ministro dell'economia e delle finanze;

   già da tempo circolavano notizie secondo le quali l'obiettivo del Governo fosse sostituire Fuortes con una figura diversa e che lo stesso Fuortes avrebbe accettato, tra le alternative in campo, solo una nomina come sovraintendente di una prestigiosa Fondazione lirica, ruoli tuttavia già tutti occupati;

   il Consiglio dei ministri del 4 maggio 2023 ha approvato un decreto-legge che prevede, secondo quanto riportato dal comunicato stampa diffuso al termine dello stesso, il divieto per le fondazioni lirico-sinfoniche di conferire incarichi, cariche e collaborazioni a coloro che hanno compiuto il 70° anno di età, che il Sovrintendente delle medesime fondazioni cessa in ogni caso dalla carica al 70° anno di età e che i Sovrintendenti attualmente in carica, che hanno compiuto i 70 anni di età alla data di entrata in vigore del decreto, cessano l'incarico a decorrere dal 10 giugno 2023;

   in questo modo, l'attuale Sovrintendente e Direttore del Teatro San Carlo di Napoli, Stéphane Lissner (70 anni compiuti lo scorso gennaio) dovrà per forza di cose cessare il suo incarico e sarà, presumibilmente, sostituito da Fuortes –:

   se nel provvedimento del Governo approvato in Consiglio dei ministri il 4 maggio 2023 non sia ravvisabile una prestazione propedeutica ad una controprestazione collegata (quantomeno implicitamente) da parte di un pubblico dirigente, con evidenti conseguenze sul piano giuridico.
(4-00961)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROGGIANI e BOLDRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   recenti notizie di stampa hanno dato notizia che la «Fondazione R.S.I. – Istituto Storico», che ha sede a Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo, risulti essere un ente accreditato dallo Stato italiano per ricevere 5 per mille come società che svolge attività socialmente rilevanti;

   la citata Fondazione, che ha ricevuto contributi per 9.344,40 euro nel 2022, 9.852 euro nel 2021 e importi simili negli anni precedenti, risulta iscritta nell'elenco permanente delle ONLUS accreditate per il 2023, che ricomprende le ONLUS accreditate al contributo per il 2023;

   l'articolo 9, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, stabilisce, infatti, che, anche per l'anno finanziario 2023, le ONLUS iscritte all'Anagrafe delle ONLUS continuano ad essere destinatarie della quota del 5 per mille dell'Irpef, con le modalità previste per gli «enti del volontariato» dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2020: per tale tipologia di enti resta ferma, dunque, la competenza all'Agenzia delle entrate ai fini dell'accreditamento, della verifica dei requisiti di accesso e della pubblicazione dei relativi elenchi;

   nel sito internet della fondazione oltre al nome e all'indirizzo è indicato come ragione dell'accreditamento per il 5 per mille la «tutela, promozione e valorizzazione di beni artistici e storici»;

   nel medesimo sito internet si legge che la Fondazione promuove incontri e conferenze di chiara ispirazione fascista ai quali prendono parte, tra i relatori, anche pregiudicati come Enrico Labanca, estremista di destra bergamasco già arrestato per tentato omicidio –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno che un'associazione che promuove apologia del regime collaborazionista della Germania nazista possa essere definita società che svolge attività socialmente rilevanti e quindi accedere al finanziamento del 5 per mille e se non ritenga opportuno intervenire immediatamente per mettere fine a quello che appare come un vero e proprio scempio dei valori costituzionali.
(5-00805)


   CAPPELLETTI e PAVANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   gli azionisti di Eni sono 268.394, individuati sulla base delle segnalazioni nominative relative ai percettori della seconda tranche del dividendo dell'esercizio 2022. In qualità di azionista di controllo pubblico, il Ministero dell'economia e delle finanze ha il controllo di fatto in Eni SpA in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia attraverso Cassa Depositi e Prestiti SpA (CDP SpA) con una quota pari al 30,624 per cento sul totale delle azioni ordinarie;

   in vista dell'assemblea degli azionisti del colosso dell'oil&gas, Reclaim Finance, ReCommon e Greenpeace Italia hanno pubblicato un'analisi della strategia climatica di Eni, presentata agli investitori nel mese di marzo e inclusa nella relazione annuale del 2022 nella quale viene denunciato che gli obiettivi di Eni non sono in linea con il rispetto degli impegni sul clima sanciti dall'Accordo di Parigi e che continua invece nell'espansione di petrolio e gas, senza considerare adeguatamente la crisi climatica che si manifesta ormai quotidianamente;

   l'analisi delle associazioni denuncia che l'Eni vuole incrementare la propria produzione di idrocarburi a 1,9 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, composta per il 40 per cento da petrolio e per il 60 per cento da gas, e di mantenere la produzione al livello di plateau fino al 2030. Con il raggiungimento di questo obiettivo, la sua produzione sarà superiore del 70 per cento al livello richiesto per allinearsi agli scenari di riduzione delle emissioni «Net Zero Emission – NZE» dell'Agenzia Internazionale dell'Energia;

   emerge inoltre che all'utilizzo dei profitti e gli ingenti flussi di cassa generati dalla società, per ogni euro investito nella linea di business Plenitude – la società dell'azienda che offre prodotti e servizi a basse emissioni – nel 2022 Eni ha investito più di 15 euro in petrolio e gas. Tenendo conto che Plenitude contempla anche attività energetiche non rinnovabili, come la commercializzazione e la vendita al dettaglio del gas, che tra l'altro sono ancora le sue attività principali, per ogni euro investito in combustibili fossili meno di sette centesimi sono stati investiti in energie rinnovabili sostenibili;

   dal 2023 al 2026, Eni prevede una spesa in conto capitale di poco superiore ai 9 miliardi di euro all'anno. Investirà da 6 a 6,5 miliardi di euro all'anno nelle sue attività upstream, di cui 2,1 miliardi di euro nell'esplorazione, mentre solo 1,65 miliardi di euro all'anno saranno dedicati alle energie rinnovabili, ossia meno del 20 per cento degli investimenti previsti. Con investimenti così modesti, nel 2030, la quota massima di rinnovabili nel mix di approvvigionamento energetico per l'azienda rimarrebbe al di sotto del 7 per cento;

   gli investimenti nel settore delle fonti rinnovabili si stanno notevolmente incrementando sia per la necessità di affrontare concretamente le cause del cambiamento climatico che per la loro competitività economica rispetto ad altri fonti. Per il nuovo rapporto «Energy Transition and the Changing Cost of Capital: 2023 Review» pubblicato dall'Oxford sustainable finance group, le rinnovabili non sono soltanto le fonti di energia più economiche ma anche le più convenienti da finanziare rispetto ai combustibili fossili –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza si intenda intraprendere affinché la strategia dell'azienda non comporti per il nostro Paese la violazione degli impegni internazionali ed europei nella lotta contro il global warming e per il raggiungimento degli obiettivi sulla transizione ecologica.
(5-00806)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da un articolo di Paolo Berizzi pubblicato su Repubblica.it del 4 maggio 2023, la «Fondazione Repubblica sociale italiana – istituto storico» è accreditata dall'Agenzia delle entrate per accedere al 5 per mille, come risulta dal portale dell'Agenzia delle entrate nell'area dei «soggetti iscritti all'anagrafe delle onlus»;

   tale istituto, cosiddetto storico, ha sede in provincia di Arezzo e sull'homepage del suo sito viene presentato come «uno strumento per la ricerca e la divulgazione di documenti e studi storici aventi per oggetto la Repubblica Sociale Italiana, il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale»;

   scorrendo le varie sezioni del portale si può leggere di Benito Mussolini glorificato come il «Fondatore», si può scaricare la rivista «Acta», di ispirazione dichiaratamente fascista e nella sezione «archivi» si trova un elenco di tesi di laurea su temi riguardanti la Repubblica sociale;

   appare palese all'interrogante il carattere apertamente apologetico del fascismo delle attività di questa fondazione che in sostanza definisce i partigiani «mercenari» e «disertori» che colpivano alle spalle i soldati che difendevano il suolo italico e che organizza e promuove incontri dedicati ai «combattenti senza onore», sempre in riferimento ai partigiani, e alla «Guardia nazionale repubblicana», ai grandi nomi del fascismo, tra cui Pavolini e Bombacci;

   tra i relatori figura anche il nome di un pregiudicato, skinhead bergamasco già arrestato per tentato omicidio, già leader del MAB (Manipolo d'avanguardia Bergamo) poi confluito nel gruppo neonazista Do.Ra. di Varese;

   la «ragione» dell'accreditamento per il 5 per mille sarebbe la seguente: «Tutela, promozione e valorizzazione di beni artistici e storici». Un'attività «socialmente rilevante» dunque, anche se non è chiaro all'interrogante quali siano i beni tutelati, promossi e valorizzati e sfugge anche quale possa essere il rilievo sociale di una fondazione che promuove una chiara apologia della Repubblica sociale italiana, regime collaborazionista della Germania nazista, esistito tra settembre 1943 e aprile 1945, voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini così come risulta inaccettabile che possa ricevere una percentuale delle tasse versate dai cittadini italiani che vivono in una Repubblica nata dalla Resistenza e dalla liberazione dell'Italia dal regime fascista e dall'occupazione nazista;

   un ente che esalta la tragica e nefasta memoria della Rsi non può, a parere dell'interrogante, ricevere alcun sostegno pubblico e non può figurare neanche tra le opzioni possibili per la scelta del cinque per mille che viene ripartito tra enti che svolgono «attività socialmente rilevanti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, interessando l'Agenzia delle entrate affinché verifichi il possesso dei requisiti di accesso richiesti alle onlus per usufruire del cinque per mille da parte della Fondazione Repubblica sociale italiana;

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché per le organizzazioni di ispirazione dichiaratamente fascista e neofascista non sia ammessa la possibilità di accedere a risorse pubbliche in ogni forma, partendo da iniziative per l'immediata sospensione di ogni erogazione del cinque per mille nei confronti della Fondazione Repubblica sociale italiana e dalla sua esclusione dall'elenco degli enti beneficiari.
(4-00960)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATRIARCA e BENIGNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante, uno stato provocato da un'alterazione delle funzioni cerebrali che priva le persone di memoria, indipendenza, relazioni e, in ultima analisi, della vita stessa;

   oltre alle drammatiche conseguenze per chi ne è affetto e per le persone che circondano i pazienti, la malattia è un problema di salute pubblica in continua crescita, che comporta un enorme onere per i sistemi sanitari e sociali nazionali;

   il maggior fattore di rischio associato all'insorgenza delle demenze è l'età, e in una società che invecchia rapidamente l'impatto del fenomeno è di dimensioni allarmanti, con una stima del 3 per cento della popolazione europea affetta nel 2050 e del 4 per cento per quanto riguarda la popolazione italiana;

   il relativo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità registra un aumento delle persone affette da demenza: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con un impatto economico sui sistemi sanitari di oltre 600 miliardi di dollari l'anno. Inoltre, il percorso di presa in carico e cura del malato di Alzheimer necessita di un approccio multidisciplinare e che assicuri una presa in carico adeguata a possibili futuri trattamenti in fase precoce con l'introduzione di specifici esami diagnostici per la rilevazione di biomarcatori. Tale necessità è stata inoltre recentemente evidenziata dall'approvazione di una mozione in Aula alla Camera dei deputati (n. 1-00066) –:

   quali iniziative – per quanto di competenza – intenda adottare il Ministro interrogato al fine di promuovere il contrasto alla malattia di Alzheimer e di migliorare la presa in carico dei pazienti, anche tramite un maggiore accesso alle innovazioni in ambito diagnostico e tecnologico e alle innovazioni farmacologiche;

   quale sia lo stato di adozione e implementazione dei Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) da parte delle regioni e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di dare piena attuazione al Piano Nazionale per le demenze, e se ritenga necessario rifinanziare il suddetto Piano per il prossimo triennio.
(4-00962)


   QUARTINI, AMATO, CHERCHI, MORFINO e PAVANELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   emerge da svariate fonti di stampa (Il Fatto Quotidiano, 26 marzo 2023, «Enpam, le denunce di medici e dentisti e la trasparenza che non c'è. Perché serve riformare l'ente») e dagli eventi, anche giudiziari, a cui tali fonti rimandano, una serie di problematiche relativa alla modalità attuale di funzionamento di Enpam (Ente nazionale previdenza e assistenza medici e dentisti) e di altri Enti gestori delle forme obbligatorie di previdenza (Casse Previdenziali privatizzate) che, istituite con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ha permesso, nel nome dell'autonomia, una serie di distorsioni inaccettabili;

   l'Enpam, nel dettaglio, è stata oggetto di inchieste giornalistiche sia sull'entità degli emolumenti elargiti agli amministratori dell'Ente e sulle modalità con cui gli amministratori si alternano nel ricoprire le cariche che su alcuni investimenti in perdita effettuati dall'Ente; fra questi, l'acquisto di azioni di Mps, lo «scioglimento con condanna di una società messa in piedi dall'Enpam per fornire copertura assicurativa per la tutela assistenziale nei primi trenta giorni di malattia», e un'operazione immobiliare di acquisto della cosiddetta «Villa della Discordia», «effettuato dall'Ordine dei Medici di Catania con mutuo concesso dall'Enpam, e ceduta di recente con una perdita secca ancora da stimare esattamente»;

   ferme le competenze volte a chiarire quanto avvenuto, appare comunque evidente come occorra, a monte, una profonda riforma della disciplina degli Enti gestori delle forme obbligatorie di previdenza (Casse Previdenziali privatizzate). Riforma finalizzata ad evitare che, in nome dell'autonomia, si assista a ulteriori moltiplicazioni di ruoli apicali, di retribuzioni e di incarichi difficilmente giustificabili, a fronte di gestioni in perdita dei patrimoni collettivi;

   anni fa era stata presentata una proposta di legge (n. 2715 del 24 settembre 2009). Occorre oggi che il Parlamento affronti e chiarisca, anche attraverso audizioni ed uno studio appropriato, l'attuale quadro fattuale, normativo ed i suoi limiti. Ciò fatto, sarà necessario intervenire sulle fonti, nell'ottica di principi quali il ricambio degli incarichi, il controllo, la trasparenza, un tetto agli emolumenti, estendendo agli Enti previdenziali degli Ordini tutti modalità di elezione dei propri organi volta a far sì che ogni iscritto partecipi con un voto, ed occorre intervenire con una nuova proposta, aggiornata –:

   se sia al corrente di quanto sopra e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare in relazione alle vicende segnalate;

   come si intenda approfondire la problematica in senso fattuale e normativo, in modo da adottare iniziative di carattere normativo volte ad intervenire sulle fonti di riferimento, addivenendo ad una forma statutaria armonizzata o comune per le Casse, che si basi, fra gli altri principi, su un tetto massimo agli emolumenti, un numero massimo di mandati per ogni componente eletto, l'eventuale riduzione del numero dei componenti il consiglio di amministrazione ed un sistema elettorale basato sulla partecipazione diretta di tutti gli iscritti, nonché su un sistema di garanzia di rendimenti pensionistici equi, uniformi e certi, e di verifiche periodiche dei calcoli attuariali.
(4-00963)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Orlando e altri n. 1-00103, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 aprile 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Forattini.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Maschio e altri n. 7-00098, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Morgante, Pittalis, La Salandra, Padovani, Tosi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Morgante n. 4-00913, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Maschio, Padovani.

  L'interrogazione a risposta orale Sarracino n. 3-00371, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Quartapelle Procopio, Madia, Fassino, Bonafè.

  L'interrogazione a risposta orale Di Biase e Casu n. 3-00374, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Serracchiani.