Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 27 aprile 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la Gran Bretagna ha annunciato, in maniera totalmente irrituale, la fornitura di proiettili anticarro perforanti ad alto potenziale contenenti uranio impoverito. È stata la baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa nel Governo Tory di Rishi Sunak, durante un'audizione alla Camera non elettiva dei Lord, ad annunciare la decisione del Governo britannico;

    questo annuncio riapre un dibattito molto sentito, che ha investito il Parlamento italiano in più di un'occasione, su tutte la Commissione d'inchiesta della XVII legislatura su «gli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito», che resta il caso di studio più recente sul tema, ma che è stata preceduta da altre tre Commissioni Parlamentari che hanno trattato l'analogo tema;

    nella relazione vengono evidenziate «sconvolgenti criticità» che sarebbero emerse durante l'inchiesta e relative alla sicurezza e alla tutela della salute dei militari impegnati sia e soprattutto nelle missioni internazionali che nel territorio italiano. Condizioni che, è ancora il risultato dell'inchiesta parlamentare, «hanno contribuito a seminare morti e malattie». Durante le audizioni con medici ed esperti, sarebbe emersa anche l'esistenza di una relazione tra l'esposizione dei militari all'uranio impoverito e l'insorgenza di tumori. Nesso, riporta la relazione, che si evince anche dalle «reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa», che «hanno costantemente affermato l'esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l'accertata esposizione all'uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti»;

    per quanto concerne i rischi legati alla tossicità dell'uranio, esistono vari studi, il primo fu il progetto «Manhattan», il cui obiettivo era lo studio dei danni da esposizione all'uranio sui luoghi di lavoro, basandosi sugli studi effettuati precedentemente sui danni chimici che l'uranio provoca ai reni. Gli studi esistenti avevano già stabilito in modo preciso gli effetti tossici sull'organismo, tuttavia avevano trascurato altri aspetti fondamentali come la tossicità per la riproduzione e gli effetti perinatali e post-natali dell'uranio. Un'esposizione prolungata all'uranio impoverito provoca danni da tossicità radioattiva e da tossicità chimica, che resta la più dannosa a causa degli effetti chimici sui reni anche per un periodo di esposizione breve. L'uranio era già stato indicato come «veleno debole» dai precedenti studi sulla tossicità dell'elemento sugli animali (UNSCEAR);

    sia militari sia parti esterne al conflitto possono venire a contatto con l'uranio impoverito attraverso ferite durante le attività di combattimento o nel caso in cui una lesione aperta venga a contatto con una superficie contaminata. Uno studio effettuato da McKlein et al. ha osservato le conseguenze causate dai frammenti di schegge di uranio impoverito nei corpi di sessantadue soldati americani. Lo studio ha confermato che, nonostante la concentrazione di uranio impoverito all'interno del corpo tenda a stabilizzarsi dopo anni dall'impatto, la quantità presente nel corpo rimane alta e la presenza di frammenti all'interno dell'organismo continua a costituire un pericolo di contaminazione interna. Gli apparati più colpiti dalla contaminazione da uranio impoverito sono il sistema respiratorio e i reni;

    i soggetti più colpiti restano i militari che operano all'interno dei carri armati, i quali vengono colpiti da munizioni all'uranio impoverito e per questo motivo assorbono abbastanza uranio impoverito da riscontrare un'insufficienza renale completa entro due giorni. La British Royal Society e i rapporti di Capstone e Sandia utilizzano un quadro utile per classificare le ferite sul campo di battaglia e per considerare in un modo uniforme i danni:

     a) il livello I, include i soldati che sopravvivono in un veicolo colpito da uno o più penetratori all'uranio impoverito o i primi soccorritori che entrano nel veicolo colpito per soccorrere gli occupanti. È probabile che la maggior parte delle assunzioni avvengano per l'inalazione di particolato di uranio impoverito oppure per l'equipaggio sopravvissuto da ferite da schegge di uranio impoverito;

     b) il livello II, comprende coloro che lavorano all'interno di veicoli colpiti per periodi consistenti, dopo l'impatto, e che possono essere esposti all'inalazione di ossidi di uranio impoverito che si innalzano all'interno del veicolo contaminato in un secondo momento;

     c) il livello III, include tutti gli altri sul campo di battaglia che possono essere esposti al vento proveniente dai veicoli colpiti o dall'entrare brevemente nei veicoli colpiti;

    l'uranio impoverito è noto sin da quando sono stati eseguiti i primi processi di arricchimento dell'uranio naturale, ma è divenuto famoso in seguito alle guerre «del Golfo», della «Somalia» e dei «Balcani»;

    il 17 gennaio 1991 con l'operazione «Desert Storm» scoppia la Guerra tra Iraq e la coalizione internazionale guidata dagli USA. Le principali infrastrutture militari irachene, comprese le strutture usate come depositi di armi nucleari, biologiche e chimiche, furono colpite. Fu il primo vero conflitto in cui armi contenenti uranio impoverito vennero utilizzate. Tra queste ricordiamo i proiettili da 30 mm utilizzati dall'aereo Warthog A-10, i proiettili da 120 mm usati dai carri armati M1-A1 Abrahms e quelli lanciati dagli aerei AV-8 Harrier. Si stima che una quantità compresa tra le 335 tonnellate e le 900 tonnellate fu fatta cadere sull'Iraq e sul Kuwait. La comunità internazionale espresse ben presto le sue preoccupazioni riguardo le conseguenze ambientali e i rischi associati per la salute umana. Le Nazioni Unite e l'Organizzazione regionale per la protezione dell'ambiente marino (Ropme) risposero prontamente con la formulazione di un piano d'azione identificando quattro possibili aree di attività esposte ai rischi: ambiente costiero e marino, ambiente atmosferico, ambiente terrestre e l'ambiente destinato allo smaltimento corretto dei rifiuti radioattivi. In particolare, a destare preoccupazione furono i proiettili penetrati nel suolo poiché rappresentano un fattore di contaminazione delle falde acquifere. Successivi studi, tra cui per primo lo studio epidemiologico «Health Consequences of D.U. weapons used by U.S. and British Forces» il quale analizzava i casi di 5.746 militari, hanno rilevato un eccesso di rischio significativo tra «esposti a esplosioni sul campo di battaglia» e «non esposti» per linfomi, leucemia, tumore al cervello, al fegato e osseo. Ancora oggi fornire una stima completa dei danni provocati è impossibile, soprattutto perché l'uranio presente nel corpo genera malattie che impiegano anni per diventare visibili;

    nella guerra dei Balcani in un comunicato ufficiale nel 1995, il Dipartimento della difesa Usa ha citato l'uranio impoverito tra i materiali utilizzati nei bombardamenti sulla Bosnia. Circa 10.000 proiettili furono rilasciati dagli aerei A-10. In due successivi comunicati, nel 1999, sia il DoD sia la Nato affermarono di aver utilizzato munizioni all'uranio impoverito anche durante i bombardamenti sulla Jugoslavia. Su richiesta del Segretario generale dell'ONU Kofi Annan, il 7 febbraio 2000 il Segretario generale della Nato rispose alle richieste di Annan ammettendo l'uso di circa 10 tonnellate di uranio impoverito nelle missioni in Kosovo. Inoltre, nello stesso anno emerse che la Nato aveva consegnato un manuale ai propri soldati, e solo successivamente a quelli italiani, sui rischi e sugli effetti dell'uranio impoverito ponendo un divieto assoluto di avvicinamento ai frammenti dei mezzi militari esplosi durante il conflitto, È stato anche constatato, attraverso le dichiarazioni dello spokesman del Segretario della difesa americana Cohen, che i soldati avrebbero sparato circa 10.800 pallottole all'uranio impoverito tra il 1994 e 1995 in Bosnia e circa 31.000 pallottole all'uranio impoverito in Kosovo nel 1999. A seguito di queste rivelazioni l'Unep e altre agenzie Unmik, Kfor e Nato, inviarono delle commissioni per esaminare i siti contaminati dalle munizioni all'uranio impoverito nei Balcani. I rispettivi rapporti pubblicati dall'Unep sono: «Depleted Uranium in Kosovo: Post-Conflict Environmental Assessment of 2001», «Depleted Uranium in Serbia and Montenegro: Post-Conflict Environmental Assessment in the Federal Republic of Yugoslavia of 2002» and «Depleted Uranium in Bosnia and Herzegovina: Post-Conflict Environmental of 2003». In tutti e tre i rapporti, gli esami effettuati non rilevano significanti livelli di uranio impoverito anche se nel secondo rapporto vengono fatte delle considerazioni rilevanti:

     a) la maggior parte delle contaminazioni del terreno è stata trovata a 10-20 centimetri al di sotto di un penetratore;

     b) tutte le zone investigate, prima della missione Unep, sono state visitate, ripulite e recintate dalle autorità serbe;

     c) per il Kosovo, le aree non sono state ripulite e le analisi di laboratorio hanno rilevato l'uranio impoverito anche nei campioni di terreno raccolti a diversi metri di distanza dal punto di impatto dei proiettili;

     d) la maggior parte dei proiettili all'uranio impoverito non si sono frammentati, ma sono entrati nel terreno più o meno intatti. In questo caso, i penetratori interrati costituiscono una fonte che in futuro potrebbe influenzare la concentrazione di uranio nell'acqua potabile;

     e) due dei siti hanno mostrato una chiara indicazione di uranio impoverito nell'aria campionata;

     f) i licheni sembrano essere un indicatore affidabile della contaminazione da uranio impoverito nell'aria. Dai campioni di licheni prelevati in Serbia e Montenegro, due su quattro hanno mostrato un'indicazione significativa di uranio impoverito;

    i membri dell'Unep avevano anche il compito di indagare sullo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Qui, hanno potuto rilevare che nella Federazione della Bosnia ed Erzegovina, i tre siti che dovrebbero smaltire questo tipo di rifiuti, Hadzici l'ex deposito di munizioni, l'ex impianto di riparazione dei carri armati e la caserma dell'artiglieria Han Pijesak, non rispettano le procedure per evitare il rischio di contaminazione da uranio impoverito, in quanto sono stati trovati risultati chiari e inequivocabili di penetratori o punti di contaminazione sul terreno e nel suolo, nell'acqua di un sito, nell'aria di due siti e in campioni botanici prelevati in tutti e tre i siti;

    le ultime due missioni che hanno ufficialmente utilizzato armi contenenti uranio impoverito tra la loro artiglieria sono: l'operazione «Allied Forces Operation Enduring Freedom» in Afghanistan e la missione guidata dagli Usa in Siria contro lo Stato islamico dell'Iraq e della Siria (Isis). Si stima che le tonnellate di uranio impoverito rilasciate sull'Afghanistan durante l'operazione furono circa 600, considerando solo il periodo tra ottobre 2001 e ottobre 2002. I rapporti pubblicati in seguito alla missione non forniscono chiare stime riguardo l'utilizzo di armi contenenti uranio, ciò che viene confermato è il trasferimento di armi all'uranio impoverito in Afghanistan dalle forze americane. Un'ulteriore certezza sull'uso di uranio impoverito arriva da diversi studi condotti sulla popolazione afghana dopo l'operazione «Allied Forces Enduring Freedom». In particolare, i campioni di urine prelevati da otto uomini (civili) provenienti da Jalalabad, i quali presentavano i sintomi tipici della «Malattia del Golfo», quindi fatica, febbre, dolori muscolari e alterazioni neurologiche, emicranie e problemi respiratori dopo il 2002, sono stati analizzati. La raccolta è stata fatta per verificare la concentrazione degli isotopi dell'uranio 234U, 235U, 236U e 238U. Il risultato è stato un valore medio molto al di sopra della soglia consentita, quindi 275.04 ng/L, 137.80 ng/L, 48.72 ng/L contrapposto a un valore limite di 1-20 ng/L. I risultati sono stati analizzati presso il laboratorio della British Geological Survey. Il gruppo di scienziati ha poi deciso di analizzare anche dei campioni d'acqua provenienti da diverse città e campioni di suolo raccolti vicini ai crateri lasciati dalle bombe. I risultati sono stati poi confrontati con i valori limite della U.S. National Center of Environmental Health e della British Geological Survey, i quali sono rispettivamente 7 ng/L e 1.3 ng/L. I risultati per la concentrazione di uranio impoverito nei campioni d'acqua in Afghanistan è di 9.4 ng/L, quindi chiaramente in eccesso rispetto alla media consentita. Inoltre, confrontando i valori con quelli dell'organizzazione mondiale della sanità il rapporto è 38,277/9,000 ng/L. Gli studiosi hanno affermato di non aver mai trovato delle concentrazioni di uranio impoverito così alte. Anche i campioni prelevati dal suolo mostrano una concentrazione di uranio impoverito elevata; con un valore che varia tra 2.3 e 18.6 mg/kg, i campioni afghani superano la media mondiale di 1.8 e 3 mg/kg e il valore attestato per gli stessi campioni in Kosovo di 2.34 to 18 gUI/kg. Nel 2008, il Governo afgano ha deciso di indagare sulle armi utilizzate dagli Stati Uniti durante le invasioni in Afghanistan nel 2001; inoltre, hanno considerato la possibilità di indagare in modo ufficiale sui possibili collegamenti fra l'utilizzo di uranio impoverito e le deformazioni dei bambini nati subito dopo la missione. In particolare, in alcune zone dell'Afghanistan pesantemente bombardate, ad esempio la regione montuosa di Tora Bora nella parte orientale del paese dove si pensava si nascondesse Osama Bin Laden, la correlazione tra bambini nati malformati e l'esposizione della regione all'uranio impoverito è facile da individuare. Questa corrispondenza è stata supposta anche dal viceministro per la salute pubblica dell'Afghanistan, Faizullah Kakar nel 2008;

    in Siria, l'utilizzo di uranio impoverito da parte americana sarebbe invece avvenuto durante la missione nel 2015 contro l'Isis. Nonostante una prima dichiarazione rilasciata dagli ufficiali americani riguardo l'impegno preso di non usare armi contenenti uranio impoverito nel conflitto con Iraq e Siria, migliaia di proiettili sono stati riversati durante due raid aerei sui mezzi petroliferi pesanti nella parte della Siria controllata dallo Stato islamico nel 2015. L'utilizzo di armi all'uranio impoverito è stato confermato anche dallo spokesman del Comando Centrale degli Stati Uniti Maj Josh Jacques, il quale ha affermato che 5.265 munizioni Api contenenti uranio impoverito sono state lanciate dagli aerei A-10 tra il 16 e il 22 novembre 2015 distruggendo 350 veicoli nel deserto orientale del paese. Dopo questi eventi, l'Air Force statunitense ha deciso di chiarire su quanto accaduto affermando che le armi contenenti uranio impoverito sono state usate in Iraq e Siria e confermando che la missione «TIDAL WAVE II» prevedeva già dall'inizio l'uso di munizioni Api («Armor Piercing Incendiary ammunition») contenenti uranio impoverito;

    alla luce dei casi di studio negli scenari di guerra riportati, ed alla luce delle recenti dichiarazioni del Governo Britannico, è fondata la preoccupazione dell'utilizzo di questo tipo di armi non convenzionali che possono aggiungere un ulteriore dramma in uno scenario di guerra, come quello del territorio Ucraino, già enormemente martoriato dal punto di vista infrastrutturale ed in termini di perdite di vite umane;

    anti-Uranium Weapons Coalition (Icbuw) condanna con fermezza la fornitura di munizioni all'uranio impoverito del Regno Unito all'Ucraina, l'Icbuw condanna anche l'uso di munizioni all'uranio impoverito da parte dell'esercito russo. L'uso delle munizioni 3BM32 «Vant» è stato confermato dal Centro internazionale per lo sminamento umanitario di Ginevra (Gichd) nel suo rapporto del 2022. Secondo i resoconti dei media, le forze russe in Ucraina hanno recentemente ricevuto anche le più moderne munizioni 3BM60 «Svinets-2»;

    si ricordi, infatti, che la Federazione Russa che ha nella sua dotazione il proiettile BM-32 che è un comune proiettile APFSDS da 125 mm il cui nucleo è costituito appunto da uranio impoverito ed utilizzato nei cannoni dei carri armati e questa dotazione è risalente agli anni '80. Il dubbio sul suo utilizzo è fondato, non solo per le conferme che vengono dal Centro internazionale per lo sminamento umanitario di Ginevra ma anche dal fatto che il Presidente Putin nel 2020 si vantava dei suoi carri armati T80BV con proiettili all'uranio impoverito dichiarando che questo tipo di armi: «Non viola nessun trattato», ed ancora all'indomani delle dichiarazioni del Governo Britannico ha prontamente risposto che tra l'arsenale del suo esercito sono presenti diverse centinaia di migliaia di munizioni all'uranio impoverito;

    l'Assemblea dell'ONU ha adottato diverse Risoluzioni l'ultima nel 2022, a larghissima maggioranza e con il voto favorevole dell'Italia, dirette a porre l'accento sull'importanza della trasparenza e della cooperazione tra gli Stati e invita gli Stati a condividere informazioni e migliori pratiche al fine di comprendere meglio gli impatti sulla salute e sull'ambiente delle armi all'uranio impoverito, la risoluzione riconosce, inoltre, l'importante ruolo che le organizzazioni internazionali, come l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), possono svolgere nell'affrontare la questione delle armi all'uranio impoverito e invita gli Stati a lavorare a stretto contatto con queste organizzazioni per garantire che le migliori conoscenze scientifiche e mediche disponibili siano utilizzate;

    la Risoluzione del 2022 richiede un approccio precauzionale all'uso dell'uranio impoverito, è sulla necessità di proteggere i civili e l'ambiente dagli effetti dannosi di tali armi, esortando gli Stati ad adottare tutte le misure necessarie per affrontare gli impatti ambientali e sulla salute, compresa la fornitura di assistenza medica e la pulizia dei siti contaminati e soprattutto, infine, la nuova risoluzione invita a proseguire gli sforzi per aumentare la consapevolezza sulla questione delle armi all'uranio impoverito e sul loro impatto sulla salute umana e sull'ambiente;

    sulla base delle Risoluzioni approvate dall'ONU è necessario intraprendere una iniziativa internazionale con lo scopo di vietare la produzione e l'uso delle armi all'uranio impoverito,

impegna il Governo:

1) a intraprendere ogni iniziativa possibile a livello internazionale volta a vietare l'uso delle armi all'uranio impoverito;

2) a rappresentare l'Italia come Paese capofila, partendo da una interlocuzione in sede di Unione europea, con la finalità di creare un ampio consenso internazionale, che porti in discussione all'Organizzazione delle Nazioni Unite la messa al bando della produzione e dell'uso delle armi all'uranio impoverito.
(1-00129) «Scotto, Amato, Ghirra, Boldrini, Berruto, Ciani, Fossi, Ferrari».


   La Camera,

   premesso che:

    REPowerEU è il piano della Commissione europea, introdotto a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina, che ha come obiettivo quello di rendere l'Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima dell'anno 2030;

    le tre direttrici del piano consistono nella diversificazione delle fonti fossili nel breve periodo, nell'aumentare il risparmio energetico dei singoli Stati e nell'accelerare la produzione di energia da fonti rinnovabili;

    con riferimento a quest'ultima direttrice, l'attuale proposta di REPowerEU prevede un innalzamento, rispetto agli obiettivi «Fit for 55», della quota di rinnovabili sui consumi finali di energia. Tale quota dovrebbe aumentare dal 40 per cento al 45 per cento;

    è necessario che la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra sia raggiunta assicurando al contempo la sostenibilità economica e sociale; per questo è indispensabile identificare obiettivi e scadenze realistici, compatibili con i tassi di sostituzione tecnologici effettivamente ipotizzabili in tutti settori dell'economia coinvolti, da individuare attraverso accurate analisi di impatto applicate a ciascuno dei Paesi membri;

    al contrario, dopo l'accordo raggiunto dal Consiglio dell'Unione europea nel giugno 2019 sull'obiettivo di riduzione, entro il 2030, del 40 per cento delle emissioni di gas serra rispetto al livello del 1990, pochi mesi più tardi, la nuova Commissione lanciava il cosiddetto «Green Deal» il quale, con il pacchetto «Fit for 55», innalza l'obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 ad «almeno il 55 per cento»;

    un simile innalzamento, in meno di 6 mesi, dei target da perseguire non ha evidentemente tenuto in considerazione realistiche analisi di impatto; infatti, secondo Eurostat, nel 2022 le emissioni dell'Unione europea sono state il 30 per cento in meno rispetto al 1990; dunque negli ultimi 32 anni, i Paesi membri hanno ridotto le emissioni ad un tasso medio dell'1,1 per cento all'anno; per raggiungere l'obiettivo posto da «Fit for 55» servirebbe un tasso di riduzione del 5,4 per cento annuo per i prossimi 8 anni, mentre – come noto – via via che vengono innalzati i target da raggiungere aumentano le difficoltà tecniche e, assieme ad esse, i costi marginali;

    gli scenari elaborati dalla stessa Commissione europea per ciascun Paese membro confermano tali problematiche;

    nel settore dell'energia, in Italia, oltre ad attuare un'importante riduzione dell'intensità energetica, si dovrebbe produrre il 36 per cento degli usi finali di energia da fonti rinnovabili, elettriche e non elettriche;

    si dovrebbe passare in meno di 8 anni, da 23 a 36,7 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia rinnovabile, ovvero ipotizzare un tasso di crescita del 6 per cento all'anno; il tasso di crescita delle rinnovabili dovrebbe essere quindi 6 volte maggiore rispetto a quello degli ultimi 8 anni (di poco inferiore all'1 per cento);

    per raggiungere tale obiettivo sarà necessario aumentare la percentuale di elettricità sul totale degli usi finali di energia e produrre almeno l'83 per cento di tale elettricità da fonti rinnovabili; in particolare la quota elettrica degli usi finali di energia dovrebbe passare dall'attuale 21,5 per cento al 28 per cento al 2030;

    l'elettricità in più che dovrebbe essere prodotta servirebbe a sostituire l'utilizzo di carburanti fossili: per questo si dovrebbe ipotizzare, per esempio, che al 2030 siano in circolazione tra 6,5 e 8,5 milioni di veicoli elettrici; per raggiungere tale obiettivo sarebbe necessario, oltre a dotare il Paese delle necessarie infrastrutture di ricarica, immatricolare 1 milione di auto elettriche ogni anno, a fronte delle circa 50.000 attuali. Sarebbe inoltre necessario installare tra 5 e 6 milioni di pompe di calore;

    con riferimento alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, i profili orari su un anno solare della domanda elettrica aggiuntiva dovuta a questi nuovi carichi vanno sommati ai profili dei carichi convenzionali e, tenendo conto dei profili della generazione solare ed eolica, si possono calcolare le potenze che dovremmo installare in Italia in meno di 8 anni, per soddisfare la domanda elettrica oraria con energia generata per l'83 per cento da fonti rinnovabili; servirebbero 107 GW aggiuntivi, al ritmo di oltre 13 GW all'anno (oltre 4 volte la velocità ottenuta nell'anno record 2022 e oltre 10 volte in più rispetto al tasso di produzione di impianti rinnovabili negli ultimi 10 anni), senza considerare la difficoltà di individuare terreni idonei e non già occupati per l'installazione di impianti eolici o fotovoltaici;

    sarebbero inoltre necessari 160 GWh di nuovi sistemi di accumulo da aggiungere agli impianti idroelettrici a pompaggio già esistenti;

    alla luce di questi dati, il conseguimento degli obiettivi del pacchetto «Fit for 55» – e quindi di REPowerEU che fissa target ancora più sfidanti – appare di difficile realizzazione;

    al tempo stesso, occorre ugualmente procedere con lo sviluppo delle tecnologie a fonte rinnovabile, per aumentarne la capacità installata quanto più possibile, a cominciare dagli impianti fotovoltaici su coperture;

    per i grandi impianti onshore e offshore, invece, è necessario che il Governo solleciti le regioni a individuare le aree idonee ed eserciti i propri poteri sostitutivi in caso di inadempienza,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte ad ottenere che, nelle opportune sedi europee, le risorse individuate da REPowerEU non debbano essere vincolate all'installazione di impianti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal pacchetto «Fit for 55», ma che debbano invece essere utilizzabili in generale per il finanziamento di nuovi impianti rinnovabili;

2) a prevedere nel capitolo REPowerEU, integrativo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, specifici stanziamenti destinati al finanziamento di strumenti di incentivazione di tipo fiscale che, al pari di quelli previsti dalle misure «Industria 4.0» e «Formazione 4.0», così come dall'articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, siano in grado di promuovere ulteriormente gli investimenti finalizzati alla realizzazione di processi produttivi verdi, sostenibili e resilienti.
(1-00130) «Benzoni, Richetti, Bonetti, D'Alessio, De Monte, Grippo, Pastorella, Ruffino, Sottanelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   SOUMAHORO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   lo scorso 27 marzo 2023 è stato pubblicato il rapporto finale della Missione di accertamento dei fatti sulla Libia, incaricata dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu. La missione è stata istituita per documentare, in modo indipendente e imparziale, presunte violazioni e abusi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario da parte dei soggetti coinvolti in Libia a partire dal 2016;

   la missione ha trovato ragionevoli motivi per ritenere che molti crimini contro l'umanità siano stati commessi contro libici e migranti in tutta la Libia, soprattutto nel contesto della privazione della libertà. In particolare, la missione ha documentato e compiuto accertamenti su numerosi casi, tra l'altro, di detenzione arbitraria, omicidi, torture, stupri, riduzione in schiavitù, abusi sessuali, e sparizioni, confermando come queste pratiche siano particolarmente diffuse in territorio libico. Si legge inoltre nel rapporto: «Il sostegno fornito dall'Ue alla guardia costiera libica in termini di respingimenti e intercettazioni ha portato alla violazione dei diritti umani», è dunque evidente come il sostegno – economico ma anche in termini di fornitura di mezzi, come le motovedette, abbia aiutato e favorito i crimini commessi;

   come la giornalista Francesca Mannocchi spiega su La Stampa del 3 aprile: «Lo scenario è chiaro: la guardia costiera, attrezzata e addestrata dall'Europa, ha lavorato in stretto coordinamento con le reti dei trafficanti di uomini, traffico che ha generato "entrate significative" che hanno stimolato continue e brutali violazioni di diritti»;

   sempre stando a quanto riportato dall'articolo a firma di Mannocchi sarebbero complessivamente 760 i milioni di dollari che l'Unione europea avrebbe versato alla Libia tra il 2014 e il 2020, di questi, 64 milioni sarebbero andati esclusivamente alla guardia costiera. Attualmente sarebbero circa 3.800 le persone rinchiuse nei centri di detenzione illegale in Libia e quindi esposte a serio rischio di violazione di diritti umani;

   la Missione di accertamento dei fatti sulla Libia ha raccomandato all'Unione europea di istituire un meccanismo autonomo in grado di monitorare le violazioni dei diritti umani e ha chiesto a tutti gli Stati terzi, quindi anche all'Italia, «di adottare una rigorosa politica di dovuta diligenza sui diritti umani nel sostegno alle autorità in Libia, specialmente riguardo al settore della sicurezza dello Stato Libico», «di rispettare il principio di non-respingimento secondo il diritto internazionale consuetudinario e cessare ogni sostegno diretto o indiretto agli attori libici coinvolti in crimini contro l'umanità e gravi violazioni di diritti umani contro i migranti, quali il Direttorato per il Contrasto all'immigrazione Illegale, l'Apparato di Supporto alla Stabilità e la Guardia Costiera Libica», «di regolamentare le migrazioni nel rispetto del diritto internazionale e del Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare» –:

   se il Governo, alla luce dell'esito del Rapporto, non reputi urgente valutare l'opportunità e la sostenibilità del memorandum d'intesa tra Italia e Libia, tuttora vigente, e in generale delle collaborazioni con la Libia e dei finanziamenti in corso nel quadro delle politiche migratorie.
(3-00357)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCARI, FORATTINI, MARINO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il 13 aprile 2023 si è riunito presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste il tavolo del partenariato sullo stato di attuazione del PNRR. Nel corso del tavolo, che ha visto al presenza degli attori istituzionali, delle organizzazioni datoriali, delle rappresentanze degli enti locali, dei sindacati e di tutte le principali associazioni di settore è stato illustrato il percorso di attuazione delle misure del PNRR di competenza e le prossime iniziative che verranno adottate;

   le organizzazioni agricole in quella sede, nel ribadire l'importanza strategica degli interventi a sostegno dei contratti di filiera, della logistica e delle misure relative alla produzione di energie rinnovabili, hanno manifestato preoccupazioni sulle tempistiche relative ai progetti finanziati e la necessità di gestire meglio le risorse a disposizione attraverso un riallineamento della programmazione dei fondi di coesione, con il PNRR e il RePower Eu tendendo conto del continuo incremento dei costi fortemente penalizzante rispetto alle domande presentate –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di scongiurare eventuali ritardi e rimodulazioni del PNRR, per non disperdere risorse da esso derivanti e assicurare il raggiungimento degli obiettivi necessari alla modernizzazione del settore agroalimentare.
(5-00773)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta orale:


   SERGIO COSTA, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 16 aprile 2023 a Sapporo, Giappone, i Ministri dell'ambiente e dell'energia delle sette potenze più industrializzate, si sono accordati, in concomitanza con la chiusura da parte della Germania dei suoi ultimi tre impianti, per massimizzare l'utilizzo delle centrali esistenti ed accelerare la diffusione di tecnologie nucleari avanzate, compresi i piccoli reattori modulari (Smr), al fine di «fornire energia a basse emissioni di carbonio a prezzi accessibili» ed estromettere la Russia dal mercato internazionale dell'energia nucleare;

   nonostante il nostro Paese si sia espresso per il no al nucleare in ben due referendum, 1987 e 2011, la posizione dell'attuale Governo italiano è stata quella di una riconsiderazione della propria posizione;

   come noto, in Italia i rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o dal loro decommissioning sono gestiti in modo frammentato – in parte dislocati sul territorio nazionale in siti temporanei e in parte collocati all'estero – e vincolati all'annosa questione dell'individuazione del sito idoneo a ospitare il deposito nazionale di stoccaggio, per il quale a tutt'oggi non sono pervenute manifestazioni d'interesse da parte delle regioni e degli enti locali il cui territorio ricade nelle aree ritenute idonee ad ospitarlo;

   un ritorno al nucleare del nostro Paese presuppone il dover affrontare questioni legate alle tempistiche necessarie all'individuazione dei siti dove collocare i nuovi impianti e alla costruzione dei medesimi (non meno di 15-20 anni), senza considerare i costi che, nel peggiore scenario ma tutt'altro che irrealistico, potrebbero arrivare a sfiorare i 20 miliardi per singolo reattore, più della metà di una manovra finanziaria solo per questa tecnologia;

   anche laddove si optasse per i reattori Smr, ancora lontani dall'essere disponibili su scala commerciale, occorrerebbe valutare, laddove distribuiti sul territorio, la molteplicità di iter autorizzativi e i necessari presidi di sicurezza che, de facto, ne vanificherebbero gli eventuali vantaggi in termini di economicità, anche sotto il profilo della gestione dei rifiuti –:

   se il Ministro interrogato voglia fornire informazioni puntuali sulle iniziative che intende porre in essere per attuare le intenzioni preannunciate a Sapporo sulla reintroduzione del nucleare nel nostro Paese, con particolare riferimento al superamento della chiara contrarietà espressa in sede referendaria, alle modalità e tempistiche per la costruzione di nuovi impianti nucleari, nonché per l'individuazione delle aree del territorio nazionale ritenute ipoteticamente idonee e disponibili ad ospitare tali impianti e i relativi rifiuti radioattivi, considerate le difficoltà e il prolungarsi dei tempi già riscontrati per l'individuazione del deposito nazionale.
(3-00358)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 7 novembre 2022 il presidente della Regione Emilia-Romagna in qualità di commissario straordinario di Governo ha firmato il decreto di approvazione del provvedimento autorizzatorio unico (Pau) dell'impianto di rigassificazione al largo di Ravenna, per la realizzazione del quale la società Snam è chiamata a completare le procedure di affidamento;

   il progetto prevede, a circa otto chilometri e mezzo dalle coste di Ravenna, l'ormeggio di una nave di stoccaggio e rigassificazione, la «BW Singapore», acquistata da Snam all'inizio di luglio, con una capacità di rigassificazione continua di circa 5 miliardi di metri cubi, equivalente a circa un sesto della quantità di gas naturale importato dalla Russia prima del conflitto ucraino e uno stoccaggio di 170 mila metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl);

   da quanto ai apprende da notizie stampa, il 4 aprile 2023 sarebbe stata inviata alla regione Emilia-Romagna una petizione sottoscritta da ventuno gruppi, tra comitati, associazioni, organizzazioni sindacali e partiti, per chiedere che la stessa si attivi, affinché venga sospesa l'autorizzazione all'installazione del rigassificatore di Ravenna, fino a quando non sarà chiarita in modo inequivocabile la questione del nulla-osta rilasciato dal Ministero delle imprese e del Made in Italy obbligatorio per legge – subordinato a una condizione che, stando ai promotori della stessa, non sarebbe possibile soddisfare;

   la condizione prevedrebbe che tutte le opere siano realizzate in conformità a quanto contenuto nel Progetto «FSRU Ravenna e collegamento alla rete nazionale gasdotti numero REL-PROG-E_00001 di luglio 2022», sebbene il citato documento conterrebbe: una procedura di collaudo tecnicamente impossibile da superare in quanto, oltre a non essere conforme alle norme, sarebbe in contrasto con il fenomeno fisico della dilatazione termica dei materiali, il rischio di esplosione per l'immissione di aria nel flusso del metano e una temperatura del gas troppo bassa per le tubazioni previste;

   sebbene gli errori sarebbero stati segnalati nella fase delle osservazioni, la stessa SNAM avrebbe controdedotto, descrivendo la procedura di collaudo corretta e assicurando che non sarebbe stata immessa aria ma azoto puro e che la temperatura errata era dovuta a un refuso;

   nonostante ciò, i documenti non sarebbero stati corretti e quindi il nulla-osta risulterebbe subordinato alla realizzazione di un progetto che, oltre che pericoloso per il rischio di esplosioni e rotture, non potrebbe comunque essere messo in esercizio per l'impossibilità di superare la prova di collaudo –:

   se il Ministro risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se non ritenga opportuno adottare iniziative di propria competenza perché vengano assunte opportune misure per verificare la correttezza tecnica e giuridica degli atti autorizzativi relativi al rigassificatore di Ravenna, a garanzia della sicurezza anche in riferimento alla Direttiva 2012/18/UE (cosiddetta «Seveso III») come recepita dal decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105.
(5-00772)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CURTI, MEROLA e SIMIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la dinamica di rialzo dei tassi di interesse ha assunto, negli ultimi periodi, un andamento che desta forti preoccupazioni. Il bollettino di marzo dell'Abi evidenzia come, a seguito degli aumenti deliberati dalla Banca centrale europea, il tasso medio dei prestiti risulti pari al 3,81 per cento, contro il 3,65 per cento del mese precedente. Parallelamente il tasso medio relativo ai mutui immobiliari ha segnato un incremento di poco inferiore al 7 per cento;

   il Codacons ha di recente affermato che «la rata mensile di un mutuo a tasso variabile è salita complessivamente tra i 210 e i 270 euro rispetto a quanto pagato nel 2022» e che «le ripercussioni economiche sulle famiglie che hanno acceso un mutuo a tasso variabile sono comprese tra 2.520 e 3.240 euro all'anno»;

   secondo l'osservatorio Nomisma, nell'ultimo anno ben 2,4 milioni di famiglie con un mutuo a tasso variabile hanno dichiarato difficoltà nel pagamento delle rate;

   per far fronte alle difficoltà di soggetti più fragili, la legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante la legge di stabilità 2014, all'articolo 1, comma 48, lettera c), ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese, il fondo di garanzia per la prima casa, rivolto ai cittadini che non siano proprietari di altri immobili a uso abitativo offrendo una garanzia pubblica del 50 per cento su finanziamenti non superiori a 250.000 euro;

   il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, cosiddetto decreto Sostegni bis ha previsto inoltre la possibilità di richiedere l'innalzamento della garanzia all'80 per cento per tutti coloro che rientrando nelle categorie prioritarie hanno un ISEE non superiore a 40 mila euro annui; si tratta in particolare di giovani coppie, genitori single, persone che vivono in affitto in case popolari e under 36;

   da ultimo l'articolo 3, comma 10-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, cosiddetto milleproroghe ha prorogato tale innalzamento della garanzia fino al 30 giugno 2023;

   nonostante i dati Consap abbiano certificato l'assoluta centralità dello strumento, il Governo non sembra abbia manifestato la volontà di prorogarne l'operatività, tanto che anche nel Documento di economia e finanza 2023 non vi è alcun riferimento;

   spesso le banche non consentono il passaggio dal tasso variabile a fisso perché il limite del rapporto rata/reddito non lo permette, lasciando ai mutuatari il rischio dell'aumento dei tassi e le difficoltà connesse al pagamento delle rate;

   altrettanto preoccupante appare poi l'effetto degli incrementi dei tassi sulle imprese, in uno scenario che prevede già enormi difficoltà per la riduzione dei consumi, per l'aumento dei prezzi dell'energia e per quello delle materie prime;

   l'incremento del costo di mutui, finanziamenti e leasing, aumenta il costo della liquidità per il cofinanziamento ed il cash-flow dei progetti e limita l'operatività delle imprese, pregiudicandone gli investimenti;

   in questo senso occorre considerare, tra l'altro, la fisiologica esigenza di liquidità per il cofinanziamento ed il cash-flow dei progetti sostenuti dal Pnrr; l'impossibilità di accedere a strumenti finanziari di supporto, infatti rischia di condizionare la finalizzazione degli interventi del Pnrr e di conseguenza il raggiungimento degli obiettivi del Piano stesso –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, a favore di famiglie e imprese per minimizzare gli effetti dell'incremento dei tassi di interesse.
(5-00769)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   CALDERONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   D'Ugo Damiano si trova ristretto in espiazione di pena nella casa circondariale di Parma a seguito di trasferimento da quella di Palermo Pagliarelli per avere una migliore assistenza, in ragione delle gravi condizioni di salute in cui lo stesso versa;

   il detenuto D'Ugo presenta un complesso quadro clinico, caratterizzato da gravi patologie cardiache, polmonari, diabetiche e ansioso depressive;

   da un esposto del legale del D'Ugo indirizzato, fra gli altri, anche alla Commissione giustizia della Camera dei deputati, risulta che lo stesso, pur essendo destinato al regime di alta sorveglianza stia espiando la pena in un padiglione dedicato ai detenuti comuni per ricevere una assistenza continua che risulterebbe fornita da un altro detenuto;

   dall'esposto risulta che le condizioni di salute del D'Ugo stiano notevolmente peggiorando. Dall'ultimo colloquio in carcere, la figlia ha denunziato al legale del padre le seguenti condizioni di detenzione: oltre alle condizioni fisiche allarmanti – il detenuto risulterebbe non essere lucido e balbettante, colpito da forti tremolii agli arti che ne impedirebbero le azioni di vita quotidiana, come tenere un bicchiere di acqua nelle mani, fortemente dimagrito e con evidenti formazioni cistiche sulla schiena – lo stesso sarebbe stato trovato in scarse condizioni igieniche, con il vestiario indossato a rovescio e intriso di urina;

   nonostante le istanze e i solleciti del difensore del D'Ugo per ottenere l'assistenza della competente Ausl di Parma, l'unico risultato ottenuto è stata la comunicazione dell'avvio di istruttoria della pratica, ma condizionata alla autorizzazione del direttore generale di quella azienda sanitaria che, tuttavia, gestirebbe il servizio a pagamento;

   le sollecitazioni e le iniziative del legale del D'Ugo circa la compatibilità dello stato di salute dello stesso con il regime carcerario non hanno avuto alcun esito, così sottoponendolo a gravi rischi per le già precarie condizioni di salute e a trattamenti inumani e degradanti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere.
(3-00356)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOF. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende, con grande disappunto, che un vizio procedurale ha evitato il rinnovo della richiesta di misura cautelare in carcere per i trevigiani Gary Peruzzetto e Ivano Pin: autori delle rapine delle tabaccherie a Refrontolo, Zeminiana di Massanzago e Caselle di Santa Maria di Sala;

   Gary Peruzzetto di Conegliano e Ivano Pin di Vittorio Veneto, in meno di un mese, avevano messo a segno almeno tre rapine nelle province di Treviso, Padova e Venezia ma a causa di un vizio procedurale, i due rapinatori torneranno in libertà. Peruzzetto è stato scarcerato venerdì 21 aprile 2023 dal momento che l'ordinanza per il rinnovo della custodia cautelare in carcere non è mai arrivata negli uffici del Gip di Venezia. Trascorsi i 20 giorni per depositare il rinnovo, l'avvocato difensore del 46enne ha presentato istanza di scarcerazione, accolta con il ritorno in libertà del rapinatore. Ivano Pin è ancora in carcere al momento ma, per il medesimo vizio di procedura, la sua liberazione dovrebbe avvenire nei prossimi giorni –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, risultino avviate o si stiano valutando per non assistere nuovamente al verificarsi di tali gravi vizi procedurali che, ad avviso dell'interrogante, non si addicono ad uno Stato di diritto e che provocano sdegno e mancanza di giustizia per le vittime.
(4-00897)


   URZÌ e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto riferito:

    il tribunale di Gorizia è da lungo tempo sottorganico, con appena 22 unità effettive su 39 previste in pianta organica con una scopertura «giuridica» pari a 43,58 per cento;

    l'incarico di dirigente è vacante dal 2020 e si registra una grave carenza di funzionari, assistenti e ausiliari con grave pregiudizio per il disbrigo delle pratiche;

    dal prossimo mese di maggio, delle 22 unità effettive, soltanto 19 resteranno in servizio ed entro i prossimi tre anni è prevista un'ulteriore diminuzione di personale pari ad almeno 5 unità in uscita;

    l'organico degli Uffici notificazioni, esecuzioni e protesti (Unep) si attesta su appena 6 unità effettive su 16 previste in pianta, con una scopertura del 62,5 per cento;

    l'ufficio del giudice di pace (Gdp) di Gorizia, al quale sono stati accorpati gli uffici del giudice di pace di Monfalcone e di Gradisca d'Isonzo, non ha avuto alcun incremento di personale benché sia anche deputato a gestire le udienze di convalida del centro per il rimpatrio, ubicato appunto a Gradisca d'Isonzo, uno dei più grandi d'Italia. Solo nel 2022, l'Ufficio del Gdp, con un unico incaricato disponibile, ha trattato 1413 procedimenti di convalida, celebrando altresì 232 udienze (tra civile e penale) ed emettendo 1116 decreti e 403 sentenze;

    nonostante l'assegnazione negli ultimi mesi di alcuni funzionari giudiziari, operatori e data entry in supporto all'ufficio per il processo (Upp) non vi è stata alcuna assunzione per la rinuncia dei vincitori designati –:

   alla luce della grave scopertura dell'organico del tribunale, pari a circa il 50 per cento della pianta organica, se il Ministro interrogato intenda chiarire se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire un'omogenea distribuzione del personale su tutto il territorio nazionale con particolare riguardo a situazioni quali quella del tribunale di Gorizia, assicurando la completa operatività degli uffici e garantendo tempi della giustizia rapidi e certi.
(4-00899)


   DORI. — Al Ministro della giustizia, Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il patrocinio a spese dello Stato è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, come successivamente modificato e integrato;

   l'articolo 77 del predetto decreto stabilisce che il tetto reddituale per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato deve essere aggiornato ogni due anni, mediante un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze;

   il 23 luglio 2020, il Ministro della giustizia ha emanato l'ultimo decreto biennale. Tale aggiornamento è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 gennaio 2021;

   col predetto decreto il tetto reddituale è stato rideterminato in 11.746,68 euro, con riferimento alla variazione Istat intercorsa fra il luglio 2016 e il giugno 2018;

   il periodo di riferimento per il calcolo sarebbe invece dovuto essere dal luglio 2018 al giugno 2020;

   tra il 1° luglio 2018 e il 30 giugno 2022 la variazione Istat risulta pari al 9,2 per cento;

   il 22 marzo 2023 l'interrogante svolgeva l'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-00556 chiedendo al Ministro «di mettere in atto tutte le tempestive iniziative necessarie all'emanazione in tempi brevi del decreto biennale»;

   il Ministero della giustizia rispondeva che «è stato già predisposto il decreto, sottoscritto dal Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia e dal Ragioniere Generale dello Stato, in corso di perfezionamento attraverso il controllo di legittimità della Corte dei conti e il controllo di regolarità contabile dell'Ufficio Centrale del Bilancio del Dipartimento della Ragioneria generale di Stato»;

   il Ministero dichiarava anche di aver utilizzato per il calcolo la «variazione dell'indice ISTAT registrata nel periodo dal 1° luglio 2018 al 30 giugno 2020»;

   l'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 parla invece di «biennio precedente»;

   l'utilizzo del biennio 2018/2020, anziché del biennio 2020/2022, a parere dell'interrogante, risulta pertanto illegittimo e comporta di fatto l'esclusione di un numero elevatissimo di soggetti che ne avrebbero diritto, considerata la variazione nel biennio 2020/2022;

   a nulla rileva che anche per il precedente decreto del luglio 2020 sia stato usato un biennio antecedente a quello che sarebbe dovuto effettivamente utilizzato: tale illegittimità non può essere trascinata nel tempo a danno dei cittadini;

   si fa presente che nei precedenti decreti biennali del 2005, 2009, 2014, 2015 e 2018 è stato utilizzato il biennio di riferimento corretto, cioè quello «precedente»;

   si rileva inoltre che col decreto del 20 gennaio 2009 è stato utilizzato correttamente il biennio 2006/2008 nonostante il precedente decreto del 29 dicembre 2005 avesse usato il biennio 2002/2004 e, quindi, saltando il biennio;

   non si può pertanto asserire che i Ministeri siano obbligati ad utilizzare il biennio immediatamente successivo a quello usato col precedente decreto, potendosi e dovendosi invece utilizzare nell'emanando decreto il biennio 2020/2022, anche se non in continuità con quello illegittimamente utilizzato nel precedente;

   anche l'Organismo congressuale forense ha chiesto al Ministro della giustizia di utilizzare il biennio 2020/2022 quale periodo di riferimento;

   sulla Gazzetta Ufficiale del 21 aprile 2023 è stato pubblicato il decreto del Ministero della giustizia del 3 febbraio 2023, che adegua il limite di reddito al costo della vita nel periodo 1° luglio 2018-30 settembre 2020 —:

   per quale motivo sia stato aggiornato l'importo di cui all'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, relativo alle condizioni reddituali per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato utilizzando la variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatesi nel biennio 2018/2020 anziché nel biennio 2020/2022, come invece richiesto dall'articolo 77 del predetto decreto del Presidente della Repubblica.
(4-00900)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENVENUTI GOSTOLI, FOTI, IAIA, LAMPIS, MATTIA, FABRIZIO ROSSI e ROTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   è indubbio che l'inquinamento acustico connesso al massiccio utilizzo delle infrastrutture per la mobilità costituisce elemento di rilevante impatto sull'ecosistema, sulla salute, sul turismo e sulla qualità della vita;

   infatti, la legge quadro sull'inquinamento acustico (legge n. 447 del 1995), nonché il decreto ministeriale del 29 novembre 2000 in sua attuazione, hanno stabilito che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, hanno l'obbligo di predisporre e presentare all'ente locale piani di contenimento ed abbattimento del rumore (Pcar), con l'individuazione degli interventi di bonifica necessari e delle relative modalità di realizzazione;

   a tal fine, è stato inoltre previsto, in via generale, che i medesimi soggetti siano obbligati ad impegnare – per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore – una quota fissa non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse, con relativo accantonamento delle corrispondenti somme;

   come noto, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, d'intesa con la conferenza unificata, approva i piani relativi alle infrastrutture di interesse nazionale o interregionale e provvede, ugualmente d'intesa con la conferenza unificata, alla ripartizione degli accantonamenti e degli oneri su base regionale, tenuto conto delle priorità, nonché dei costi dei risanamenti previsti per ogni regione e del costo complessivo a livello nazionale;

   nonostante l'articolato quadro normativo, sopra richiamato, posto a tutela del settore, l'inquinamento acustico connesso all'uso delle infrastrutture per la mobilità costituisce un problema attuale e spesso irrisolto, e di fatto si è ancora lontani dal trovare globalmente una soluzione concreta e soddisfacente;

   si registrano, infatti, soventi ritardi nell'approvazione dei Pcar a livello ministeriale, ovvero una mancata vigilanza sull'attuazione degli interventi previsti nel piano, ivi incluso il nodo (ancora da dipanare) relativo alla questione della decorrenza del termine di 15 anni entro cui tali interventi devono essere realizzati. Inoltre, si registrano gravi ritardi anche nella fase di approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) dei progetti definitivi, presentati dai gestori; ritardi peraltro che vengono reiteratamente sanzionati dalla giustizia amministrativa, in quanto ostativi alla prosecuzione dell'iter alle successive fasi dell'appalto e della realizzazione di lavori;

   infine, non si può fare a meno di evidenziare con rammarico che tali rallentamenti burocratici conducono alla paradossale situazione per cui i fondi destinati alle opere di contenimento delle emissioni acustiche, benché disponibili in quanto accantonati dai gestori e messi in bilancio, non vengono di fatto utilizzati –:

   se il Governo intenda assumere iniziative di competenza volte a garantire che l'iter connesso e finalizzato alla effettiva realizzazione delle opere di mitigazione acustica arrivi a completamento secondo i tempi e le procedure previste dalla legge, al fine di assicurare condizioni di normale tollerabilità e vivibilità per le comunità locali interessate, anche esercitando una maggiore attività di monitoraggio e vigilanza sugli interventi finora adottati dai gestori;

   se il Governo, per le medesime finalità di cui sopra, ovvero per garantire la tempestiva e concreta realizzazione delle opere di mitigazione acustica delle infrastrutture viarie, ritenga opportuno valutare l'adozione di iniziative normative finalizzate alla semplificazione e allo snellimento degli iter procedimentali sopra richiamati.
(5-00768)


   DALLA CHIESA, DE PALMA, D'ATTIS, CAROPPO e GATTA. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   la mancata realizzazione di un ponte sulla strada provinciale 231 (ex statale 98), nel tratto fra Bitonto e Terlizzi che incrocia la Poligonale di Bitonto (strada provinciale 218), per collegare le strade provinciali 231 e 218 e per evitare che rilevanti flussi di veicoli passino per i centri urbani, è emblematica di come la complessità delle procedure e talune carenze nelle amministrazioni locali di fatto ostacolino lo sviluppo di intere aree;

   ad ottobre 2013 veniva inaugurato il cantiere e annunciata la consegna, mai avvenuta, dell'opera ad aprile 2014. Nel 2019 si è tenuto un incontro in regione a cui partecipano comune e funzionari tecnici della Città Metropolitana di Bari, nel quale si addebita il blocco e la fase di stallo del cantiere al fatto che una ditta con sede fuori regione, facente parte Associazione temporanea d'impresa (ATI) era in liquidazione;

   ad ottobre 2020, il dirigente della Città Metropolitana e l'allora sindaco di Bitonto comunicano che è necessaria una riprogettazione e, quindi, un nuovo appalto e rifinanziamento;

   a luglio 2022 il neo sindaco di Bitonto annuncia di aver ricevuto rassicurazioni dal dirigente del servizio competente della Città Metropolitana che entro il 30 settembre 2022 sarebbe stata pubblicata la nuova gara per l'assegnazione dei lavori di completamento dell'opera, con la riapertura del cantiere entro la fine del 2022. Viceversa, nulla a oggi appare realizzato;

   i benefici per la popolazione e le attività economiche sono evidenti: si tratta di una infrastruttura pubblica indispensabile per evitare di intasare il centro città, migliorare la logistica al servizio delle imprese della zona artigianale e permettere agli agricoltori di muoversi nelle varie zone dell'agro bitontino, rendendo anche più agevole l'attraversamento dei binari delle Ferrovie Nord Barese;

   come se non bastasse, negli anni, l'area si è trasformata in una discarica a cielo aperto, con cumuli di rifiuti che inquinano le campagne e invadono la carreggiata e si assiste a un progressivo degrado delle parti dell'opera già realizzate –:

   quali iniziative per quanto di competenza possa adottare il Ministro interrogato, in raccordo con gli enti locali interessati, al fine di accelerare la realizzazione dell'opera in premessa e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per verificare se corrisponda a verità quanto riportato dai media che la gara d'appalto e l'opera siano state cantierate in presenza di già rilevati errori progettuali, avviando, quindi, inutilmente i lavori per poi inevitabilmente bloccarli, con sperpero di denaro pubblico.
(5-00774)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALFONSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dall'analisi di documenti inerenti ai lavori, da realizzare in Molise per la manutenzione del viadotto «Molise 1», acquisiti dalla Guardia di finanza, sono state riscontrate gravi anomalie e incongruità contabili imputabili alla condotta del dipendente Anas cui era stata inizialmente affidata la direzione dei lavori;

   si tratta di pagamenti riguardanti tre distinte commesse, indebitamente effettuati dall'ingegnere incaricato della suddetta funzione, per un importo complessivo di euro 406.054,83, a favore dell'appaltatore e relativi al conferimento e agli oneri di discarica, a materiali non utilizzati e a lavori già ricompresi nell'offerta dell'impresa in sede di gara;

   il tecnico cui sono imputabili tali condotte, dopo la sua sostituzione, avvenuta all'inizio di settembre del 2021, sembra non abbia trasmesso prontamente gli atti al direttore dei lavori subentrante, come correttamente avrebbe dovuto, attivandosi solo tre settimane dopo. Nel frattempo, annotava nel registro di contabilità dei lavori detrazioni contabili, a carico della Ditta, per un valore complessivo di euro 2.788.078,91, comprovate da tre preventivi acquisiti sette giorni dopo la sua destituzione;

   in definitiva il funzionario in discorso, durante lo svolgimento delle mansioni che competono alla direzione dei lavori, pare non abbia operato alcuna detrazione e, anzi, sembra abbia liquidato all'appaltatore importi non dovuti; di contro, dopo essere stato rimosso dall'incarico, pare abbia effettuato detrazioni sproporzionate e ingiustificate, omettendo di apporre la data sul registro di contabilità in corrispondenza della riga delle detrazioni;

   l'Anas ha incaricato della rilettura della documentazione un professore dell'università di Roma «Tor Vergata», l'ingegner Alberto Meda, il quale, sulla base di quanto previsto negli elaborati posti in sede di gara d'appalto, ha quantificato le detrazioni in euro 95.006,36 e non in euro 2.788.078,91 come calcolate dal titolare della funzione tipica;

   nel frattempo, poiché il calcolo sproporzionato delle detrazioni, operato dal funzionario incaricato, ha di fatto bloccato il pagamento di alcuni stati di avanzamento dei lavori, l'Anas è stata coinvolta in contenziosi con richieste risarcitone da parte dell'appaltatore;

   il comportamento risultabile disinvolto, identificabile senza difficoltà, di cui si sta precisando la condotta, vede come parte lesa non solo l'Anas ma anche, più in generale, l'ordinamento italiano, ed induce ad una attenta riflessione, funzionale ad approntare un armamentario di strumenti capaci di prevenire la commissione di simili non solo apparenti illegittimità e irregolarità nell'ambito dei lavori pubblici. Con l'ulteriore obiettivo di restituire certezza alla dimensione applicativa delle norme e di agevolare il monitoraggio delle procedure di gara, favorendo, altresì, una maggiore trasparenza ed efficienza nella realizzazione delle opere, pur senza pregiudicare i tempi della loro realizzazione;

   è stato ripetutamente riscontrato, ad esempio, che gli strumenti innovativi introdotti, l'affidamento dei lavori con appalti concorso o appalti integrati vanno a discapito della qualità delle opere e dell'imparzialità, ove la condotta non sia contraddistinta dalla doverosa fedeltà e leale collaborazione rispetto ai principi dell'ordinamento;

   si assiste, invece, oggi all'adozione di semplificazioni normative pericolosissime, giustificate alla luce dell'accelerazione compulsata dal PNRR, che impone non solo di finire i lavori, ma anche di rendicontarli entro il 2026;

   è, invero, di intuitiva evidenza come l'adesione alla logica dell'emergenza sottenda il rischio di esporre i lavori pubblici a continui «imbrogli» –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della vicenda esposta in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative intenda assumere nei confronti di situazioni di fatto quali quelle delineate e descritte;

   se e come intenda intervenire, sollecitamente, per supportare la stazione appaltante e apportare quei correttivi normativi necessari, anche in termini di adeguatezza di strumenti, per intervenire nelle fasi di controllo, che consentano di giungere in tempi brevi alla migliore realizzazione delle opere senza lasciare spazio ad illeciti ed a comportamenti fraudolenti.
(4-00901)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento dei Vigili del fuoco di Carpi è dotato di una autoscala, la cui disponibilità è fondamentale per garantire il presidio di un territorio complesso;

   in numerose occasioni l'autoscala è stata destinata a coprire esigenze di altri territori;

   risulta siano state messe a disposizione altre 4 autoscale nel territorio della regione Emilia-Romagna, che è ora importante entrino pienamente in servizio;

   non vi è quindi nessuna ragione per non garantire con certezza la piena disponibilità della suddetta autoscala per il distaccamento dei Vigili del fuoco di Carpi –:

   se sia a conoscenza di quanto ricordato in premessa e che iniziative di competenza intenda assumere in merito.
(5-00770)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli ex dipendenti della polizia di Stato in stato di quiescenza titolari di pensione liquidata con il sistema misto, vedono ancora oggi applicato alla loro pensione il coefficiente di rendimento derivante dall'applicazione dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 e non già quello più favorevole di cui all'articolo 54 comma 1 del TU 1092/1973 così come esteso dalla legge di bilancio n. 234 del 2021;

   conseguentemente non hanno percepito gli arretrati sui ratei pensionistici maturati dal 1° gennaio 2002;

   l'Inps ha diramato diverse circolari in cui chiarisce di non riconoscere ai medesimi l'aliquota di rendimento annuo del 2,44 per cento sulle quote retributive di pensioni, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 503 del 1992, ai ratei pensionistici degli ultimi cinque anni. Diritto questo, invece, previsto per le forze di polizia ad ordinamento militare, e da poco, anche al Corpo dei vigili del fuoco ma non anche alla polizia di Stato e alla polizia penitenziaria. È da dire che nell'anno 2021 sono state formulate delle interrogazioni al Ministro dell'interno tendenti tutte a promuovere azioni che nel rispetto del principio di equità di trattamento economico portassero ad evitare la differenziazione tra i comparti delle forze di polizia. D'altro canto, l'intenzione del legislatore con l'emanazione legge n. 234 del 2021, di colmare la disparità di trattamento venutasi a creare nel passato, è apparsa, ai più, chiara ma non è seguita da una concreta applicazione;

   infatti, non si può trascurare – esaminata anche la relazione illustrativa allegata agli atti Parlamentari del Senato della Repubblica della XVIII legislatura (a.s. 2448) – che la norma è stata fortemente voluta per assicurare il mantenimento della sostanziale equi ordinazione all'interno del comparto sicurezza e difesa in relazione alla specificità dell'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, con riferimento alle modalità di determinazione del trattamento pensionistico del personale in regime di sistema misto che al 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità contributiva inferiore a 18 anni;

   all'articolo 1 comma 102 la legge di bilancio ha previsto, tra l'altro, anche la copertura degli oneri derivanti dall'estensione per il personale delle forze di Polizia ad ordinamento civile dell'applicazione dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 e dunque, ad oggi non servirebbe alcun ulteriore stanziamento per equiparare il trattamento pensionistico compresa la retroattività degli 5 anni;

   è da dire, anche, che nelle more, con circolare n. 68 del 14 giugno 2022, l'Inps facendo ricorso all'articolo 61 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, per alcune figure equiparate al personale militare, ha esteso l'applicazione del beneficio di cui all'articolo 54 della legge n. 1093 del 1973 e, al personale operativo del corpo nazionale dei vigili dei fuoco e del disciolto corpo forestale dello Stato;

   non è stato applicato il beneficio alla polizia di Stato ed alla polizia penitenziaria;

   in relazione a quanto sopra detto – essendo principio fondamentale del nostro ordinamento il principio di equità di trattamento economico a parità di funzioni a cui fa seguito, anche il principio di non discriminazione –, occorre che le forze di polizia rientranti nel cosiddetto comparto sicurezza debbano essere destinatarie della medesima disciplina pensionistica –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per uniformare concretamente il trattamento pensionistico degli appartenenti della polizia di Stato alle altre forze del comparto già destinatarie del beneficio.
(4-00896)


   PENZA, CHERCHI, CARAMIELLO, SERGIO COSTA e AURIEMMA.— Al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che:

   il comandante della polizia locale Biagio Chiarello, effettivo presso, la sede di Arzano (Na), ha svolto con grande professionalità e abnegazione il suo lavoro nell'ambito delle indagini riguardanti il rione 167 di Arzano (Na), un quartiere noto per essere controllato dalla camorra e in cui risiedono numerosi esponenti del clan Amato-Pagano;

   il comandante Chiariello ha condotto una serie di operazioni mirate alla rimozione di occupazioni abusive, alla chiusura di una zona di spaccio di droga e all'arresto di numerosi soggetti legati alla camorra, ricevendo minacce di morte tramite lettere anonime e un manifesto funebre stampato a suo nome. Tali minacce sono state rivolte a lui a causa del suo lavoro e del suo impegno contro la camorra;

   tuttavia, nonostante queste minacce, il comandante Chiariello ha continuato a svolgere il suo lavoro con grande professionalità e abnegazione, portando a termine numerose operazioni di successo e arrestando 30 soggetti;

   in data 9 marzo 2022 il comandate viene posto sotto scorta, essendoci elementi sufficienti per far attivare tale procedura a tutela della vita del Chiariello;

   il 12 aprile 2023 la scorta assegnata al comandante Biagio Chiariello viene tolta e limitata ad una semplice vigilanza –:

   se si ritenga che a distanza di un solo anno, sia cessata l'esigenza e lo stato di pericolo nei confronti del comandante Chiariello;

   se ritenga sufficiente la semplice vigilanza per garantire l'incolumità del comandate Chiariello;

   se non si ritenga prudente, invece, ripristinare la scorta al comandante o, per contro, quali iniziative di competenza si ritenga di mettere in atto al fine di garantire maggiori tutele e sicurezza per il comandante Chiariello.
(4-00898)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di settembre 2022 la sede dell'istituto superiore Guglielmo Marconi di Giugliano (Na), è stata chiusa per avviare importanti lavori di ristrutturazione, lavori che hanno comportato la chiusura totale dell'edificio;

   nelle more della esecuzione dei lavori sono state individuate attraverso avviso pubblico alcune sedi temporanee, più d'una non essendoci la possibilità di individuare un'unica sede temporanea capace di ospitare tutti gli alunni dell'istituto, che sono pari a circa 1.400;

   i lavori sarebbero dovuti terminare inizialmente entro la pausa natalizia, salvo poi un prolungamento del calendario dei lavori al 28 febbraio 2023 ulteriormente disatteso; ancora oggi non è possibile utilizzare gli spazi delle sedi per le lezioni;

   nonostante siano stati sottoscritti i contratti di locazione per queste sedi temporanee e nonostante siano trascorsi otto mesi dall'inizio dell'anno scolastico, le classi dell'istituto non hanno mai iniziato a usufruirne e sono costrette a svolgere le proprie lezioni presso altri quattro istituti scolastici della città nelle ore pomeridiane della settimana, con lezioni che non possono mai iniziare prima delle 14.30;

   gli allievi sono quindi costretti a frequentare la scuola esclusivamente in orari pomeridiani e serali, che alterano negativamente la vita scolastica e sociale, con gravi disagi anche per tutto il personale di tutte le scuole coinvolte;

   come denunciato anche dalle sigle sindacali, infatti, questa distribuzione del tempo scuola non riesce a garantire un proficuo processo di apprendimento e si ripercuote negativamente anche sull'organizzazione delle famiglie degli studenti;

   una situazione drammatica resa ancora più grave dalla circostanza che non vi sono garanzie certe, viste anche le precedenti scadenze non rispettate, sul ritorno delle classi nella loro sede propria o in una sede alternativa a loro esclusivamente destinata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali siano le tempistiche previste per il termine dei lavori di ristrutturazione presso la sede dell'istituto e il conseguente ripristino della ordinaria vita scolastica, nonché quali iniziative, in accordo con l'ufficio scolastico regionale e gli enti locali, intenda avviare nel frattempo per assicurare agli studenti il diritto a svolgere le proprie lezioni in un orario più consono, quale è quello mattutino.
(4-00902)


   URZÌ, DEIDDA, MARCHETTO ALIPRANDI e CERRETO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in conseguenza di quanto disposto con Deliberazione della Giunta provinciale di Bolzano 751/2021, avente ad oggetto: «Percorso abilitante per insegnanti di classe della scuola primaria in lingua tedesca e della scuola primaria delle località ladine in Provincia di Bolzano ai sensi dell'art. 12-novies della Legge Provinciale n. 24/1996», la Libera Università di Bolzano ha assunto l'incarico di organizzare percorsi abilitanti per personale diplomato di madrelingua tedesca e ladina dalla durata di 3 anni (al costo di euro 500/anno, mentre il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria presso lo stesso Ateneo ha durata quinquennale e costa euro 1350/anno);

   in base a quanto disposto dal comma 5 della Deliberazione, in ordine ai requisiti d'accesso che devono essere posseduti dai candidati, sono ammessi a frequentare il suddetto percorso abilitante coloro che, all'atto della presentazione della domanda, abbiano compiuto trent'anni di età; siano in possesso di un qualsiasi diploma di scuola superiore; abbiano prestato una generica attività lavorativa per almeno 3 anni. L'ulteriore requisito, di aver cioè prestato almeno 80 giorni di servizio nella scuola primaria, anche in forma di job shadowing, ossia di tirocinio con un insegnante esperto (anche se non è dato capire se «esperto» significhi in possesso di titolo idoneo), può essere maturato anche successivamente alla scadenza del termine per la presentazione della domanda;

   da questi e altri percorsi sono esclusi gli insegnanti di italiano L2 (spesso in possesso di laurea) nella scuola primaria di lingua tedesca;

   gli interroganti sollevano dubbi in ordine alla compatibilità con le norme vigenti a livello nazionale (Decreto ministeriale 249 del 10 settembre 2010, come modificato dal Decreto ministeriale 81 del 25 marzo 2013) per le quali solo la laurea costituisce titolo valido ai fini dello svolgimento della professione insegnante nella scuola primaria;

   a parere degli interroganti, inoltre, sarebbe dubbio ovviare alla carenza di personale qualificato prevedendo ex lege provinciale un abbassamento dei requisiti di accesso alla professione anche in base a un criterio di appartenenza linguistica per il solo personale insegnante del gruppo linguistico tedesco e ladino e non altresì anche per docenti di L2 appartenenti al gruppo linguistico italiano;

   gli interroganti sollevano, inoltre, dubbi in ordine alla ragionevolezza della mancata previsione di attivazione di percorsi di abilitazione per insegnanti di italiano L2, che arrecherebbe un pregiudizio al principio di uguaglianza e di parità di trattamento del personale in servizio presso la stessa tipologia di scuola (nella fattispecie: primaria a carattere statale di lingua tedesca) ostacolandone la stabilizzazione –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere in riferimento a quanto in premessa al fine di superare le criticità segnalate.
(4-00903)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROGGIANI e PELUFFO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la FPT Industrial di Pregnana Milanese, che fa parte del gruppo Iveco, ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per chiudere definitivamente lo stabilimento e trasferire tutte le attività in Piemonte;

   l'azienda ha motivato questa decisione con la necessità di ridurre i costi;

   i sindacati hanno sottolineato in diverse occasioni come a Pregnana non vi fossero problemi di produzione: sul sito della FPT Industrial l'impianto veniva definito come uno dei più importanti nel nord Italia non soltanto per la quantità di unità prodotte, ma anche per l'approccio «tailor-made»;

   dopo un primo anno di cassa integrazione, dal 1° maggio 2021 al 30 aprile 2022, che è stato in seguito rinnovato per un ulteriore anno, dal 1° maggio 2022 al 30 aprile 2023, ad oggi sono in cassa integrazione straordinaria 63 lavoratrici e lavoratori che rischiano di essere licenziati a partire dal 1° maggio 2023;

   la chiusura dello stabilimento di Pregnana Milanese rappresenta un ulteriore passo verso la desertificazione industriale di un territorio già pesantemente colpito dalle crisi degli ultimi anni;

   senza considerare la perdita della professionalità dei tanti lavoratori specializzati che, secondo le parole stesse dell'azienda, lavoravano in maniera artigianale –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere a tutela dei lavoratori della FPT Industrial, al fine di prevenire pesanti conseguenze sociali per i lavoratori coinvolti.
(5-00771)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIRELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'organizzazione mondiale della sanità ha definito le malattie reumatologiche come la prima causa di dolore e di disabilità in Europa, sottolineando come queste, da sole, rappresentino la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità che colpiscono la popolazione di tutte le età maggiormente tra i 35/40 anni e in pazienti di età superiore ai 65 anni;

   in Italia, circa il 10 per cento della popolazione è affetto da malattie reumatologiche e la spesa per queste malattie è stimata in circa 5 miliardi di euro l'anno, di cui una parte consistente – circa i due terzi – è riferita a costi indiretti legati a perdita di produttività dei lavoratori affetti;

   come recitano le premesse della mozione approvata all'unanimità dall'Aula della Camera dei deputati il 2 marzo 2022 «emerge la necessità di garantire un'assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale per evitare che al disagio della malattia si aggiunga la difficoltà dello spostamento – talvolta anche in una regione diversa da quella di appartenenza – per ottenere le terapie farmacologiche indicate dal medico ed il cui approvvigionamento, in alcuni territori, non viene assicurato per ragioni finanziarie che contrastano con la tutela della salute del paziente reumatico»;

   proprio per raggiungere questo obiettivo fra gli impegni della mozione accolti dal Governo si stabiliva di «promuovere presso il Ministero della salute un tavolo sulle patologie reumatologiche, coinvolgendo le principali società scientifiche ed associazioni di pazienti (Amrer, Anmar, Apmarr), al fine di esaminare lo stato dell'arte e di fornire linee di indirizzo volte al miglioramento della presa in carico complessiva del paziente reumatologico»;

   pur non potendo la mozione votata nel corso della XVIII legislatura essere vincolante per il Governo costituito all'inizio della XIX, gli interroganti ritengono che questa attività specifica possa essere agevolmente svolta dall'Esecutivo in considerazione del consenso unanime raggiunto e della sottoscrizione della mozione da parte di importanti esponenti dell'attuale maggioranza –:

   se il Governo intenda costituire il tavolo indicato in premessa al fine di esaminare con le società scientifiche e le associazioni pazienti l'attuale situazione di disomogeneità e proporre coerenti linee di indirizzo in raccordo con le regioni al fine di garantire una migliore presa in carico complessiva dei pazienti reumatologici.
(5-00767)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   recentemente il Comitato prezzi e rimborsi dell'Aifa ha approvato la gratuità della contraccezione ormonale in Italia, si tratta di una decisione di portata storica;

   in precedenza la Commissione tecnico scientifica dell'Aifa aveva dato il proprio parere favorevole alla gratuità della contraccezione femminile. La decisione è stata sospesa nel mese di ottobre 2022 per problemi con la definizione del prezzo dei farmaci da parte del Cpr;

   si tratta di una svolta a favore delle donne, attesa da tempo peraltro già avviata da alcune regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e dal 2022 nel Lazio, ma solo per la pillola alle minori; e rappresenta un passo avanti importante per la tutela della salute sessuale e riproduttiva;

   ora il Consiglio di amministrazione dell'Aifa è chiamato, auspicando che avvenga in tempi rapidi e senza azioni dilatorie, a ratificare la decisione di rendere gratuita per tutte le donne la pillola anticoncezionale;

   la decisione finale sulla rimborsabilità della pillola anticoncezionale non è ancora all'ordine del giorno del Consiglio di amministrazione dell'Aifa;

   l'autorizzazione ha un impatto sulla spesa, pari a 140 milioni di euro l'anno, e in tale contesto a detta di Giovanna Scroccaro, presidente del Comitato prezzi e rimborso dell'Agenzia italiana del farmaco, è normale che il Cda utilizzi dei giorni necessari per studiare la documentazione;

   è auspicabile che tutti i contraccettivi, sia daily che depot, siano resi gratuiti a carico del Ssn, al fine di permettere la scelta del contraccettivo maggiormente indicato per ogni singola donna; che la vendita del contraccettivo avvenga sempre su prescrizione medica, per poter scegliere il contraccettivo maggiormente indicato per ogni singola donna; che sia implementata una campagna informativa e formativa sulla sessualità responsabile; che siano potenziate e implementate le strutture dei consultori uniformemente sul territorio nazionale e resi gratuiti gli ambulatori pubblici di pianificazione familiare affinché le donne trovino uno specialista a consigliare il contraccettivo più idoneo; che siano previste possibilità di contraccezione long acting da proporre, a carico del Ssn, alle donne nella seduta in cui si sottopongono ad intervento di IVG;

   per le giovani donne è una opportunità per aiutarle ad avere una sessualità consapevole riducendo drasticamente il numero di interruzioni di gravidanza, un tema di forte impatto sociale –:

   se il Governo non ritenga indispensabile, per quanto di competenza, sostenere la decisione del Comitato prezzi e rimborso dell'Aifa, individuando le risorse pari a 140 milioni di euro all'anno, al fine di consentire al CdA dell'Aifa di approvare in tempi rapidi la gratuità della pillola anticoncezionale per tutte le donne;

   se non ritenga necessario nel contesto dell'approvazione della gratuità della pillola anticoncezionale per tutte le donne, assumere contestualmente le iniziative di competenza al fine di:

    rendere gratuiti tutti i contraccettivi, sia daily che depot;

    definire una campagna informativa e formativa sulla sessualità responsabile;

    potenziare le strutture dei consultori uniformemente sul territorio nazionale, rendendo gratuiti gli ambulatori pubblici di pianificazione familiare;

    prevedere la possibilità di contraccezione long acting a carico del Ssn, alle donne nella seduta in cui si sottopongono ad intervento di Ivg;

    sostenere la ricerca su anticoncezionali ormonali maschili.
(4-00904)

SPORT E GIOVANI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE BERTOLDI. — Al Ministro per lo sport e i giovani, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la trasmissione televisiva «Report», mandata in onda il 17 aprile 2023, dal titolo: «C'era una volta Calciopoli», a cui si associa la recente decisione del Collegio di garanzia dello sport del Coni, che si è pronunciato sul ricorso della penalizzazione inflitta alla società sportiva Juventus Football club nell'ambito dell'inchiesta Prisma (restituendo i 15 punti di penalizzazione in classifica nel campionato di calcio di serie A in corso), ripropone, a giudizio dell'interrogante, la necessità d'intervenire, al fine d'introdurre in tempi rapidi, una riforma dell'ordinamento della giustizia sportiva varata dal Coni nel 2014, a cui sono seguiti numerosi cambiamenti, con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 – legge di bilancio 2019;

   al riguardo, l'interrogante evidenzia come, a partire dalla sentenza della Corte di cassazione nel processo della giustizia ordinaria cosiddetta «Calciopoli», avvenuta nel 2015, sino ai recenti avvenimenti, la giustizia sportiva si è resa protagonista di episodi spesso equivoci, caratterizzati da incertezze giuridiche, tali da inficiare l'immagine dell'intero sistema del calcio nazionale, spesso con posizioni palesemente unilaterali, i cui effetti hanno penalizzato fortemente, a parere dell'interrogante, l'immagine e la credibilità del calcio e dello sport italiano all'estero;

   a tal fine, l'interrogante rileva altresì, come l'inchiesta delle procure della Figc e di Torino, relativa alle indagini connesse alla compravendita dei calciatori e alle plusvalenze dei bilanci societari della Juventus, abbia pesantemente influito sul regolare andamento del campionato di calcio di serie A, che non può essere stravolto da provvedimenti giudiziari in corso;

   in tale ambito, a giudizio dell'interrogante, risulta urgente e necessario intervenire al fine di modificare l'attuale impianto normativo, in un quadro di relazioni consolidato tra giustizia domestica e giurisdizione statale, che riguarda l'ordinamento sportivo nell'esercizio della propria autodichia, in considerazione degli scenari determinatisi nel corso del presente campionato di calcio della massima serie, che indubbiamente hanno leso la garanzia delle istituzioni giudicanti (e il loro operato super partes) anche a causa dei tempi lunghi del processo penale e sportivo;

   le recenti dichiarazioni del Ministro per lo sport e i giovani, in relazione alla recente sentenza del Collegio di garanzia (che ha modificato quanto stabilito lo scorso gennaio dalla Corte di appello della Figc, accogliendo pertanto i ricorsi dei legali della Juventus), confermano al riguardo, l'esigenza di approvare misure volte a riformare la giustizia sportiva, in grado di garantire a tutti i portatori di interesse, in maniera più comprensibile, quali siano le decisioni che vengono deliberate e di stabilire al contempo, interventi affinché i processi sportivi siano più snelli e tempestivi, non compromettendo la credibilità e la regolarità della competizione sportiva nella sua interezza, in un'ottica di riconsiderazione in senso strutturale della nuova disciplina della giustizia sportiva –:

   quali valutazioni di competenza i Ministri interrogati intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se condividano le criticità in precedenza richiamate, alla luce della situazione venutasi a determinare, a seguito delle decisioni del Collegio di garanzia dello sport del Coni, che ribaltando la sentenza dei giudici della Figc (in piena autonomia), ribadiscono in maniera palese, l'esigenza di porre in essere iniziative volte a riconsiderare l'attuale quadro regolatorio, nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della giustizia sportiva;

   in caso affermativo, quali iniziative di tipo normativo intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di restituire nei confronti del settore sportivo, ed in particolare del calcio, un sistema di regole efficienti e responsabili dal punto di vista della rapidità dei processi e dell'adozione dei provvedimenti disciplinari da assumere.
(5-00766)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Quartini e altri n. 2-00138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 aprile 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Morfino.