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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 17 marzo 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'Unione europea, e con essa l'Italia, si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica, cosiddetta «net zero», entro il 2050, prevedendo quindi che l'anidride carbonica immessa nell'atmosfera dovrà essere ridotta al minimo e bilanciata da una quantità equivalente rimossa tramite sistemi di cattura e stoccaggio;

    per raggiungere questi obiettivi occorre ridurre in modo significativo l'utilizzo di combustibili fossili (carbone, petrolio e, in via graduale, gas naturale), ricorrendo maggiormente all'impiego di energia elettrica, la cui percentuale sugli usi finali deve passare dall'attuale 21 per cento al 55 per cento;

    questo implica che in Italia al 2050 dovranno essere generati almeno 650 TWh all'anno di energia elettrica, tutti senza emissioni di gas serra;

    a titolo di confronto, nel 2022 in Italia sono stati generati 98 TWh, di cui 32 prodotti da fonte idroelettrica e geotermica e, quindi, difficilmente incrementabili e 66 da fotovoltaico, eolico e biomasse;

    attualmente, la strategia italiana prevede il raggiungimento di questi obiettivi mediante l'utilizzo esclusivo di fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico, eolico e in misura minore biomasse;

    questa soluzione, però, oltre ad essere sostanzialmente impossibile da realizzare considerato l'ammontare degli impianti coinvolti, non è nemmeno quella ottimale per soddisfare, in ogni ora dell'anno, la domanda elettrica attesa al 2050 nel nostro Paese. Considerando, infatti, le reali curve dell'irraggiamento solare e della ventosità, che in Italia è significativamente inferiore rispetto agli altri grandi Paesi europei, accurate analisi di scenario, pubblicate da ricercatori dell'Università di Padova, mostrano che sarebbe necessario installare nei prossimi 30 anni enormi quantità di impianti fotovoltaici (da 350 a 600 GW a seconda delle ipotesi sulla tipologia di pannelli e di sistemi di accumulo, contro gli attuali 25 GW) e fino a 50 GW di impianti eolici (onshore ed offshore, ad oggi 11,8 GW);

    tra l'altro, per far fronte alla variabilità delle fonti solare ed eolica, sarebbero necessari almeno 650 GWh di sistemi di accumulo di breve termine (per esempio batterie o impianti idroelettrici a pompaggio) e risulterebbero inutilizzati, per eccesso di produzione estiva, fino a 200 TWh di energia elettrica (circa il 60 per cento della quantità di elettricità consumata attualmente ogni anno). A meno che il surplus estivo di produzione non venga convertito in idrogeno, tramite impianti di elettrolisi, accumulato per mesi in serbatoi di grande taglia e riutilizzato per generare nuovamente elettricità in inverno, con pile a combustibile. In tal caso servirebbero tra 350 e 400 GW di impianti fotovoltaici, ma si dovrebbero installare almeno 150 GW di impianti di elettrolisi, enormi volumi di serbatoi per l'idrogeno e almeno 50 GW di pile a combustibile; tecnologie queste ultime non ancora mature e comunque estremamente costose, a causa sia dell'impiego degli elettrolizzatori per un numero limitato di ore che per i grandi volumi di stoccaggio idrogeno necessari;

    va da sé che l'installazione di impianti solari ed eolici di così ingenti capacità, atteso che sui tetti di edifici residenziali commerciali ed industriali sarebbe possibile installare impianti fotovoltaici in misura assai inferiore al necessario (dell'ordine di 50 GW), comporterebbe un enorme impatto sul territorio: fino a 800-900 mila ettari (8-9 mila chilometri quadrati, circa il doppio del Molise) di superficie occupata da fotovoltaico e 750 mila ettari (7,5 mila chilometri quadrati, a terra o a mare) cosparsi – ma non ricoperti – di impianti eolici di grande taglia (di diametro compreso tra 160 e 250 metri e con altezze tra i 200 e i 300 metri), e comporterebbe anche un ingente consumo di suolo agricolo;

    un'ulteriore criticità riguarda la sostenibilità di un sistema elettrico basato esclusivamente su fonti rinnovabili dal punto di vista dell'impiego di materiali metallici e speciali, incluse le così dette «terre rare» le quali si trovano in larga misura sotto il controllo di Paesi non democratici, con evidenti gravi ripercussioni anche sul piano geopolitico e sulla sicurezza di un loro approvvigionamento stabile e duraturo;

    gli studi di scenario già citati mostrano che, considerando l'effettivo potenziale italiano delle fonti rinnovabili (irraggiamento solare e ventosità) e i costi ipotizzati per il 2050 dall'Agenzia internazionale dell'energia per tutte le tecnologie coinvolte, l'opzione senza dubbio più sostenibile, sia dal punto di vista dell'impatto sul territorio (le superfici interessate da impianti sarebbero sino a 3 volte inferiori), che dei costi dell'intero sistema elettrico (impianti di generazione elettrica e di accumulo e potenziamento della rete di trasmissione e distribuzione), è quella di raggiungere al 2050 la neutralità carbonica con un mix elettrico fatto di rinnovabili e nucleare con una quota di almeno il 40 per cento di elettricità prodotta da centrali nucleari; tali centrali attenuerebbero i problemi legati alla variabilità, stagionalità e intermittenza di un mix fatto di sole fonti rinnovabili garantendo un'operatività di oltre 8.000 ore annue, rispetto alle circa 1.200-1.800 ore del fotovoltaico e alle 2.000-3.000 ore dell'eolico (a seconda del sito e della tecnologia impiegata);

    secondo il database dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica, attualmente nel mondo ci sono 440 reattori nucleari in esercizio, che forniscono in modo continuo e senza emissioni di CO2 circa il 10 per cento dell'elettricità mondiale. Lo stesso database indica che altri 57 reattori sono in costruzione;

    il nucleare, che già oggi fornisce il 25 per cento dell'energia elettrica nell'Unione europea, è incluso nei piani di decarbonizzazione di molti Paesi membri, 12 dei quali (Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Ungheria, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia) il 28 febbraio 2023 hanno sottoscritto un accordo di cooperazione sul nucleare, citato dagli organi di stampa come «Alleanza per il nucleare», in modo da sostenere a livello comunitario, sotto ogni punto di vista, sia industriale che regolatorio, il ruolo del nucleare come «uno degli strumenti per raggiungere i nostri obiettivi climatici, per generare elettricità in modo continuo e per garantire la sicurezza energetica», coerentemente con la tassonomia europea approvata nel 2022;

    all'incontro il Governo italiano non ha partecipato; il Ministro Pichetto Fratin, rispondendo a un'interrogazione a risposta immediata in Senato, ha affermato che tale scelta è dipesa dal «rispetto della sovranità popolare del Parlamento italiano, il cui coinvolgimento è ritenuto essenziale da parte dell'Esecutivo prima dell'assunzione di impegni o prese di posizione a livello internazionale»;

    l'energia nucleare è a bassissimo impatto ambientale e priva di rischi significativi, come certificato dal Centro comune di ricerca della Commissione europea in un recente corposo rapporto che ha esaminato tutta la filiera ed ha incontrovertibilmente stabilito che l'attuale generazione di reattori («terza generazione evoluta») rispetta il principio «Do Not Significant Harm» e, pertanto proprio in base a quel rapporto, il nucleare è stato inserito, insieme con le tecnologie a fonti rinnovabili, nella tassonomia europea, tra le tecnologie a bassissima emissione di CO2 idonee a raggiungere gli obiettivi climatici, sino alla neutralità carbonica al 2050;

    inoltre, le centrali nucleari emettono, nel ciclo di vita, una quantità di anidride carbonica per KWh generato analoga a quella dell'eolico e meno della metà del fotovoltaico;

    non solo il nucleare è idoneo, ma è anche la tecnologia più efficace alla decarbonizzazione, come mostra il confronto tra le emissioni del settore elettrico della Francia, Paese dell'Unione europea con il maggior numero di centrali e reattori, e quelle della Germania, che ha scelto la strada opposta, chiudendo il suo parco nucleare per puntare a ridurre le emissioni di CO2 con sole rinnovabili. I dati ufficiali sono impietosi: negli anni '80 del secolo scorso, la Francia, puntando sul nucleare, in 10 anni ha abbattuto dell'85 per cento la produzione di energia elettrica da fonti fossili, e da allora ogni anno registra emissioni comprese tra 50 e 70 grammi di CO2 per chilowattora prodotto; la Germania invece, decidendo di uscire dal nucleare per puntare su fotovoltaico, eolico, gas e carbone, negli ultimi 20 anni ha ridotto la quota di energia elettrica da fonti fossili di meno del 25 per cento; infatti anche nel 2022, anno caratterizzato da interventi straordinari di manutenzione per l'estensione di vita di numerosi reattori nucleari, la Francia ha emesso 90 grammi di CO2 per chilowattora e la Germania 520 grammi, quasi 6 volte di più;

    tuttavia, in Europa e negli USA oggi sono di fatto in esercizio quasi esclusivamente reattori costruiti negli anni '80 e '90 del secolo scorso, per molti dei quali si è proceduto alle necessarie revisioni per l'estensione della vita utile. Secondo il database dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica, dal 2000 ad oggi sono entrati in servizio nel mondo 103 reattori nucleari, di cui solo 2 nell'Unione europea (in Finlandia e Slovacchia) e solo 1 negli USA; inoltre, dei 57 reattori attualmente in costruzione, solo 2 sono nell'Unione europea (in Francia e Slovacchia), 2 nel Regno Unito e 2 negli USA;

    infatti, negli ultimi 20 anni, nelle direttive e regolamenti comunitari le tecnologie low-carbon sono state erroneamente identificate solo con quelle a fonte rinnovabile, imponendo per esse obiettivi obbligatori, per cui gli Stati membri hanno riconosciuto alle rinnovabili priorità di dispacciamento e garanzia di acquisto di tutta l'elettricità generata, a prezzi lautamente incentivati (solo in Germania, Italia e Spagna sono stati erogati incentivi per oltre 1000 miliardi di euro complessivi), attraendo così su di esse la quasi totalità degli investimenti in nuovi impianti di generazione elettrica a bassa emissione di CO2;

    negli USA, invece, nello stesso periodo, gli investimenti si sono concentrati sul gas naturale, con notevole incremento sia della produzione domestica (con tecniche innovative quali il fracking) che della generazione elettrica a gas. Ciò ha ridotto al lumicino gli investimenti nel settore nucleare, impedendo di fatto il mantenimento dell'elevato livello di know-how tecnologico e capacità realizzativa che aveva caratterizzato l'ultimo trentennio del secolo scorso. Con il risultato che oggi, secondo l'Agenzia internazionale dell'energia (Projected Costs of Generating Electricity, 2020), i 2 reattori in costruzione nell'Unione europea costano dal doppio al triplo e richiedono tempi di costruzione almeno del 50 per cento maggiori di quelli costruiti nel resto del mondo, come ad esempio in Corea del Sud, le cui aziende realizzano reattori chiave in mano in molti Paesi, da ultimo 4 negli Emirati Arabi, con tempi di costruzione e costi nettamente inferiori che nell'Unione europea;

    dunque la cosiddetta «crisi del nucleare» in UE e USA è il risultato di precise scelte di policy, che ora vanno rapidamente corrette, perché oggi è chiaro che per azzerare al 2050 le emissioni di gas a effetto serra non solo dobbiamo mantenere nell'Unione europea almeno al livello attuale il contributo del nucleare (pari al 25 per cento – prima fonte di elettricità pulita), e dunque i 103 reattori oggi in esercizio (116 includendo anche quelli in Svizzera e nel Regno Unito, connessi alla rete UE) dovranno essere progressivamente sostituiti, ma, poiché il fabbisogno elettrico in futuri scenari privi di emissioni sarà almeno il doppio dell'attuale, dovrà significativamente aumentare la potenza nucleare installata e quindi anche il numero stesso di reattori;

    pertanto, nella valutazione di tempi e costi di un nuovo consistente parco di reattori nucleari europei è necessario tener conto degli effetti della loro numerosità e replicabilità e del conseguente sviluppo di nuove filiere e capacità industriale, come indicano i dati ricavabili dall'esperienza dei Paesi dove oggi se ne costruiscono regolarmente. Infatti, il database dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica mostra che il tempo medio di costruzione dei 103 reattori entrati in servizio dal 2000 ad oggi è di poco inferiore ai 7 anni. È prevedibile che anche in Europa, l'avvio di numerosi nuovi progetti nei 12 Paesi membri della cosiddetta «Alleanza per il nucleare» allineerà rapidamente i tempi di costruzione europei ai valori medi del resto del mondo;

    inoltre, l'inserimento del nucleare nella tassonomia europea comporterà necessariamente che anche ai produttori di energia nucleare venga garantito il prelievo di tutta la produzione, per esempio attraverso aste e contratti dedicati alle tecnologie low-carbon con generazione continua, con conseguente significativa riduzione dei costi finanziari;

    in tal modo, il costo di generazione dell'elettricità nucleare si attesterà facilmente tra 60 e 70 euro per MWh, un valore in grado di ridurre il costo medio dell'energia elettrica in un mix tecnologico privo di emissioni di CO2 fatto di nucleare e rinnovabili, proprio grazie alla continuità di servizio del nucleare che non necessita di sistemi di accumulo, né di breve periodo né stagionali;

    come citato, il mix di generazione elettrica senza emissioni di CO2 più sostenibile in Italia prevede che il fabbisogno elettrico al 2050 (pari ad almeno 650 TWh all'anno) sia soddisfatto da elettricità nucleare per circa il 40 per cento e il resto da rinnovabili con i relativi sistemi di accumulo; per questo serve una capacità nucleare di circa 35 GW;

    ipotizzando una potenza media di 5 GW per ogni centrale (ciascuna con 3-4 reattori di grande taglia), sarebbero necessarie 7 centrali, con reattori a fissione della migliore tecnologia disponibile, ovvero dalla terza generazione evoluta in avanti, come quelle attualmente in costruzione a decine nel mondo;

    va da sé che, come per tutte le tecnologie, quando da qui al 2050 saranno commercialmente disponibili reattori di taglia più piccola e modulari, oppure di nuova concezione (cosiddetti di «quarta generazione»), essi dovranno essere presi in considerazione, sempre con l'obiettivo di raggiungere almeno 35 gigawatt di capacità installata, in modo ottimale; tuttavia, come dimostra la stessa tassonomia europea, non vi è alcuna necessità, né tecnica né di sicurezza, di attendere che essi siano disponibili, prima di avviare anche in Italia un serio programma nucleare;

    con riferimento all'occupazione di suolo, il ricorso a una quota di energia elettrica nucleare in un mix completamente privo di emissioni di anidride carbonica presenta innegabili vantaggi; ciascuna delle 7 centrali nucleari ipotizzate necessita di meno di 200 ettari (2 chilometri quadrati) e genera 40 TWh all'anno, in modo continuo, cioè senza bisogno di impianti di accumulo (anch'essi responsabili di ulteriore occupazione di suolo);

    per generare la stessa energia di una sola di esse con impianti fotovoltaici (con tracking monoassiale) bisognerebbe occupare 45-50 mila ettari (450-500 chilometri quadrati) con pannelli e impianti; e poiché, in tal caso, l'energia elettrica sarebbe prodotta solo di giorno e, ancora più importante, con una notevole variabilità stagionale (in un giorno estivo sino a 5-6 volte di più che in un giorno invernale), occorrerebbe aggiungere costosi e ulteriormente impattanti impianti di accumulo giornaliero e stagionale (per esempio attraverso l'uso di impianti di elettrolisi per trasformare in idrogeno l'energia elettrica generata in eccesso d'estate e di pile a combustibile per ri-trasformare l'idrogeno in energia elettrica d'inverno, dopo averlo accumulato per mesi all'interno di serbatoi sufficientemente capienti, il tutto con dissipazione di più della metà dell'elettricità originale);

    volendo invece generare gli stessi 40 TWh con impianti eolici onshore, impiegando aerogeneratori idonei ai deboli venti italiani (come quelli usati negli impianti autorizzati dal Consiglio dei ministri nell'estate 2022) servirebbe distribuirne circa 3500 (con diametro di 160 metri ed altezza di 200 metri) su un'area ventosa di 2.300 chilometri quadrati, ossia circa la metà dell'intera provincia di Bari;

    con riferimento ai materiali di ogni tipo richiesti per la realizzazione degli impianti, l'Unece (United Nations Economic Commission for Europe) calcola che, a parità di energia elettrica generata, per la costruzione di una centrale nucleare servono sino a 7 volte meno materiali di un parco fotovoltaico e sino a 3,5 volte meno materiali di un parco eolico;

    per quanto riguarda i rifiuti radioattivi derivanti dall'esercizio delle centrali nucleari, quelli ad alta attività (HLW, high-level waste), provenienti dal combustibile nucleare irraggiato (cioè dopo l'uso nel reattore) richiedono maggiore attenzione nella gestione;

    al momento, in tutti i Paesi che ne producono, essi vengono opportunamente condizionati, quindi racchiusi in contenitori metallici che schermano le radiazioni e stoccati in piena sicurezza in depositi temporanei in attesa di essere smaltiti in un deposito geologico, come quello ormai quasi completato in Finlandia e in costruzione in Svezia;

    bisogna rimarcare che si tratta comunque di quantità molto piccole: un parco centrali nucleari da 35 GW di terza generazione evoluta produce, in 60 anni di vita utile, in tutto circa 150 metri cubi di rifiuti ad alta attività. Proprio per la ridotta quantità, la direttiva comunitaria sulla gestione dei rifiuti radioattivi prevede l'opzione che più Paesi membri possano condividere la realizzazione di un unico deposito geologico «regionale» dove smaltire insieme i rifiuti radioattivi ad alta attività prodotti in ciascun Paese;

    invece, per quanto riguarda i rifiuti radioattivi a bassa attività, prodotti anche dall'industria, dalla diagnostica e terapia medica nonché da centri di ricerca è necessario e sufficiente un deposito di superficie;

    peraltro, l'Italia ha già la necessità di dotarsi sia di un deposito di superficie, sia di uno geologico (eventualmente condiviso con altri Paesi), per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali e dagli impianti nucleari in esercizio sino al 1987 e di tutti quelli di origine diversa prodotti ogni anno nel nostro Paese;

    in particolare, i rifiuti ad alta attività ottenuti dal riprocessamento del combustibile nucleare utilizzato dalle nostre vecchie 4 centrali devono necessariamente rientrare dal Regno Unito e dalla Francia (dov'è avvenuto il riprocessamento). Si tratta di 4 cask (robustissimi cilindri di acciaio e rame) dal Regno Unito, per i quali i consumatori elettrici ogni anno stanno già pagando una tariffa di «parcheggio» di 18 milioni di euro, e di ulteriori 6 cask dalla Francia, che, se non rientreranno in Italia entro il 2025, comporteranno presumibilmente un ulteriore esborso di almeno 25 milioni di euro l'anno;

    il processo di localizzazione del deposito nazionale di superficie, dove dovranno essere smaltiti tutti i rifiuti a bassa attività e temporaneamente stoccati quelli ad alta attività di rientro dall'estero, è in oggettivo ritardo, ma, una volta scelto il sito, il deposito potrebbe essere nominalmente realizzato in cinque anni, a condizione che vengano subito risolte le croniche criticità gestionali di Sogin;

    a tal proposito, il decreto-legge n. 73 del 2022 ha disposto, all'articolo 34, il commissariamento di Sogin, prendendo atto delle evidenti criticità gestionali della società e dei ritardi riscontrati nel processo di localizzazione e conseguente realizzazione del deposito nazionale di superficie;

    tuttavia la scelta dell'organo commissariale di confermare tutta la prima linea dei direttori, incluso colui che svolgeva la funzione di amministratore delegato, in carica al momento del commissariamento, ha vanificato il provvedimento, lasciando immutate le criticità che lo avevano reso necessario, come più volte denunciato di recente da tutte le organizzazioni sindacali;

    la grave crisi energetica, dalla quale non siamo ancora completamente usciti, mostra come sia indispensabile per un Paese pienamente sviluppato, peraltro seconda economia industriale dell'Unione europea, possedere un sistema energetico nazionale affidabile, stabile e con tecnologie e fornitori diversificati ed una strategia di decarbonizzazione razionale, basata su valutazioni tecnico-economiche e non ideologiche;

    la commissaria Ue all'Energia, Kadri Simson, ha ribadito come il nucleare sia ormai un investimento energetico necessario in tutto il mondo, e che intende promuovere, tra le altre cose, la competitività dei piccoli reattori modulari, con la creazione di un'industria europea per il settore;

    gli obiettivi ambientali possono essere perseguiti solo con la previsione di utilizzare un mix ottimizzato di fonti energetiche e tecnologie di generazione di energia elettrica a bassissima emissione di gas a effetto serra (rinnovabili, nucleare e, in fase transitoria, gas con cattura e sequestro della CO2) e con la pianificazione delle modalità e dei tempi della loro entrata in servizio, così da azzerare le emissioni nel lungo periodo in modo economicamente sostenibile, con la minima occupazione di suolo e il minimo fabbisogno di materiali per la realizzazione di tutti gli impianti e le infrastrutture necessari;

    è indispensabile quindi avviare subito, per tutti gli impianti e infrastrutture idonei – ai sensi di quanto previsto nella tassonomia europea – e necessari alla completa decarbonizzazione dell'economia italiana al 2050, in particolare per quelli relativi alla generazione, accumulo, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica, un riassetto normativo che definisca: i criteri per l'individuazione delle aree idonee alla loro localizzazione, tenendo conto delle specificità di ciascuna tecnologia;

    procedure accelerate di autorizzazione per gli impianti e le infrastrutture strategiche per la sicurezza energetica nazionale; nuove modalità di remunerazione che valorizzino le caratteristiche ed i profili di generazione, premiando le tecnologie che hanno un minore impatto sui costi di sistema; un organismo indipendente di programmazione strategica, che individui priorità e programmi di sviluppo della capacità da installare (per generazione, accumulo, trasmissione e distribuzione),

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a procedere celermente alla localizzazione e realizzazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, al fine di consentire lo smaltimento in totale sicurezza di tutti quelli prodotti in Italia, evitando di prolungare ulteriormente il loro stoccaggio in numerosi depositi temporanei sparsi sul territorio e permettere il rimpatrio dei rifiuti attualmente custoditi all'estero con notevole risparmio di denaro pubblico;

2) ad adottare ogni iniziativa di carattere legislativo e normativo per favorire la diffusione nel nostro Paese di tutte le tecnologie a bassissima emissione di CO2 incluse nella tassonomia europea, valorizzando le caratteristiche di ciascuna, inclusi reattori a fissione della migliore tecnologia disponibile, ovvero la terza generazione evoluta e successivamente ogni ulteriore sviluppo, dai reattori di piccola taglia modulari a quelli di quarta generazione, in modo che nel più breve tempo possibile, tutte concorrano ad un mix elettrico ottimale, che aumenti la sicurezza energetica del Paese e consenta la transizione verso gli obiettivi «net zero» al 2050, in modo pienamente sostenibile, cioè con il minore costo complessivo del sistema elettrico, la minore occupazione di suolo e il minore impiego di materiali;

3) a favorire campagne di informazione pubblica sulle diverse fonti e tecnologie energetiche disponibili per conseguire gli obiettivi di lungo termine di azzeramento delle emissioni di gas serra, basate unicamente sulle evidenze scientifiche, al fine di promuovere una maggiore consapevolezza sugli oggettivi limiti e vantaggi di ciascuna di esse, liberandole tutte da ogni pregiudizio di parte;

4) ad adottare iniziative per sostenere la ricerca tecnologica sui reattori a fissione nucleare innovativi – inclusi i cosiddetti small modular reactor (reattori modulari di piccole dimensioni) e quelli a neutroni veloci che consentono un miglior utilizzo dell'Uranio – e sulla fusione nucleare, ampliando l'offerta formativa nelle università italiane e incrementandone l'attrattività anche per ricercatori e docenti stranieri;

5) ad aderire alla cosiddetta «Alleanza per il nucleare», già sottoscritta da altri 12 Paesi europei con l'obiettivo di sostenere a livello comunitario, sia sotto il punto di vista industriale che sotto quello regolatorio, il ruolo fondamentale del nucleare nella transizione ecologica verso gli obiettivi di neutralità climatica.
(1-00098) «Ruffino, Richetti, Enrico Costa, Del Barba, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli, Benzoni, Castiglione, De Monte, Faraone, Gruppioni, Pastorella».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,

   premesso che:

    nell'ambito del riassetto della cantieristica nazionale nel secondo dopoguerra, nel 1971 è stato inaugurato presso la località di Bagnoli della Rosandra (Trieste) uno stabilimento industriale specializzato nella produzione di motori e sistemi di propulsione di grandi dimensioni destinati, in particolare, al settore marittimo;

    la «Grandi Motori Trieste» è diventata, negli anni, uno degli stabilimenti più importanti della filiera nazionale collaborando attivamente con Fincantieri – che ne è diventata poi proprietaria – e conquistando fama anche a livello internazionale;

    nel 1999 la multinazionale finlandese Wärtsilä, società leader al mondo del settore motoristico ad alta potenza, ha deciso di acquisire la società italiana costituendo una propria società controllata «Wärtsilä Italia» che da allora costituisce parte integrante del Gruppo;

    il 14 luglio 2022, tuttavia, la dirigenza del Gruppo finlandese ha annunciato alle organizzazioni sindacali – senza alcun preavviso – la cessazione dell'attività di produzione e assemblaggio dei motori presso lo stabilimento di Trieste, con il conseguente licenziamento dei 451 operai dedicati, a seguito della volontà di trasferire tali funzioni in Finlandia, mantenendo nel sito italiano esclusivamente le attività di progettazione e sviluppo, per le quali sono impiegate circa 600 unità;

    la procedura di licenziamento collettivo promossa dal Gruppo è stata da subito annullata dal tribunale del lavoro di Trieste con sentenza del 23 settembre 2022 in quanto l'azienda non ha adempiuto agli obblighi di informazione sindacale previsti dalla contrattazione collettiva ed integrativa del settore e non ha provveduto alla comunicazione circa le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della chiusura, come previsto dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (cosiddetta legge di bilancio 2022);

    a seguito della sentenza di annullamento della procedura, è stato istituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy un tavolo ministeriale al quale l'azienda ha confermato l'intenzione di cessare le attività a far data dal 1° gennaio 2023;

    il 30 novembre 2022, è stato infine raggiunto un accordo tra la proprietà e le parti sociali per la ripresa delle attività di produzione delle commissioni rimaste ferme – alcune di Fincantieri – fino al 30 settembre 2023 e l'attivazione di eventuali contratti di solidarietà qualora si registri una contrazione degli ordini da evadere;

    in questi mesi è emersa la possibilità di nuovi soggetti industriali interessati ad acquisire lo stabilimento di Trieste e la conseguente volontà di rioccupare tutti i lavoratori impiegati oggi, mentre il Gruppo Wärtsilä ha fatto venir meno l'iniziale veto al subentro di società concorrenti alle attività di produzione in fase di dismissione;

   in una prossima convocazione del tavolo ministeriale, l'azienda finlandese dovrà inoltre comunicare il piano industriale in merito alle attività di progettazione e sviluppo che rimarranno attive nel sito di Bagnoli della Rosandra, dando garanzie di occupazione e investimento a lungo termine, posto che la chiusura delle attività di produzione potrebbe essere solo il primo passo di un ben più grave disimpegno della multinazionale dal nostro Paese;

   lo stabilimento di Trieste rappresenta una eccellenza del settore dei motori di grandi dimensioni, sviluppando in questi anni un notevole know-how e collaborando con importanti multinazionali della cantieristica navale; esso rappresenta anche uno dei più importanti insediamenti industriali dell'intera regione Friuli Venezia Giulia, dal quale dipende un notevole indotto senza considerare il forte connubio oggi esistente con i cantieri Fincantieri di Monfalcone (Gorizia),

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza volte a salvaguardare le attività di produzione, assemblaggio, progettazione e sviluppo presso lo stabilimento Wärtsilä Italia di Bagnoli della Rosandra (Trieste) i suoi livelli produttivi ed occupazionali;

   ad adoperarsi per assicurare la continuità produttiva ed occupazionale nello stabilimento, anche mediante interlocuzioni con nuovi soggetti interessati all'acquisto delle attività che la multinazionale intende cessare a far data dal 30 settembre 2023;

   a promuovere ogni iniziativa utile affinché il Gruppo Wärtsilä non comprometta le possibili interlocuzioni con nuovi soggetti interessati all'acquisto dello stabilimento, impegnando l'azienda al mantenimento delle attività finché non si prospetta concretamente il passaggio di proprietà; a vigilare affinché nel piano industriale presentato dal Gruppo, siano date adeguate garanzie a lungo termine di investimento e sui livelli occupazionali nel sito di Trieste per quanto riguarda le attività di progettazione e sviluppo non oggetto di cessione;

   a rilanciare, con adeguate iniziative, il sito industriale di Trieste fondamentale all'intera filiera della cantieristica navale italiana e uno degli insediamenti industriali più importanti dell'intera provincia di Trieste;

   a promuovere nuove iniziative atte a contrastare il fenomeno delle delocalizzazione da parte di società multinazionali che acquistano stabilimenti italiani e il loro know-how, talvolta anche accedendo a finanziamenti pubblici.
(7-00071) «Benzoni, D'Alessio, Rosato, De Monte».


   La III Commissione,

   premesso che:

    con l'avvenuta dissoluzione dell'URSS, si è inasprita la contesa tra la Repubblica dell'Azerbaijan e la Repubblica dell'Armenia, con quest'ultima che ha rivendicato territori internazionalmente riconosciuti all'Azerbaijan ivi inclusi quelli del Karabakh avviando quindi un'aggressione armata e un'occupazione militare di circa il 20 per cento del territorio azero;

    si stima che nell'ambito del primo conflitto armato del 1992 più di un milione di cittadini azeri è stato vittima di pulizia etnica da parte dell'esercito armeno che è accusato anche di crimini di guerra per il massacro avvenuto nel febbraio 1992 nella città di Khojay;

    dal 1994 l'Armenia ha esercitato il controllo di questi territori nonostante il consiglio di sicurezza dell'ONU si fosse espresso in favore della integrità territoriale dell'Azerbaijan e della inviolabilità dei confini internazionalmente riconosciuti, posizione che è stata riconfermata anche dalla risoluzione 62/243 adottata il 14 marzo 2008 dall'assemblea generale delle Nazioni Unite; da ultimo anche la Corte europea dei diritti umani ha ribadito nella sentenza del 16 giugno 2015;

    il 10 novembre 2020, dopo un inasprimento delle tensioni lungo la linea di confine, i due Paesi hanno raggiunto con la mediazione della Federazione Russa un'intesa che ha disposto la restituzione di alcuni dei distretti alla Repubblica dell'Azerbaijan, il ritiro delle forze armate armene dal territorio dell'Azerbaigian e la garanzia della sicurezza per la circolazione di cittadini, veicoli e merci lungo la strada di Lachin;

    in questi anni, si sono registrati molteplici violazioni dell'accordo e altre ostilità lungo il confine, tra cui si segnalano il rifiuto delle autorità armene di fornire alle autorità azere la mappa delle mine terrestri inesplose installate dall'esercito nei territori ora restituiti all'Azerbaijan e l'illegale sfruttamento da parte dell'Armenia dei giacimenti minerari, situati nei territori azeri dove è di stanza il contingente russo previsto per il mantenimento della pace, le cui risorse vengono trasportate in territorio armeno attraverso il corridoio di Lachin;

    una delegazione del Governo della Repubblica dell'Azerbaijan ha ripetutamente chiesto di poter visitare questi giacimenti minerari per discutere l'impatto ambientale ed economico dello sfruttamento in atto, sempre con esito negativo;

    quest'ultimo rifiuto, unito ai dubbi circa l'utilizzo del corridoio di Lachin non esclusivamente a fini civili bensì con finalità militari, hanno generato grande preoccupazione nella società civile azera sul mantenimento degli accordi di pace ed alimentato un nutrito numero di proteste spontanee in particolare di associazioni ambientaliste che in ogni caso non hanno mai interessato i convogli civili in transito;

    le tensioni possono essere ricondotte in parte anche alla presenza del contingente russo che anziché farsi garante del rispetto degli accordi siglati nel 2020, con la propria inerzia sta consentendo lo sfruttamento illecito dei giacimenti e l'utilizzo del corridoio per il trasporto delle risorse minerarie;

    desta molta preoccupazione, per le possibili conseguenze sui delicati equilibri raggiunti nell'accordo di pace stipulato, l'acuirsi delle tensioni tra i due Paesi determinato da questa particolare situazione;

    la pace tra l'Armenia e l'Azerbaigian è ritenuta di fondamentale importanza per garantire la stabilità, la sicurezza e lo sviluppo economico del Caucaso meridionale ed in conseguenza dell'Europa,

impegna il Governo:

   a sostenere in sede internazionale gli accordi raggiunti nella dichiarazione trilaterale firmata il 10 novembre 2020 ed in particolare il riconoscimento dei confini in essa definiti;

   a condannare, nelle opportune sedi nazionali ed internazionali, qualsiasi violazione del summenzionato accordo tra la Repubblica dell'Azerbaijan e la Repubblica dell'Armenia;

   a sostenere attivamente, nelle opportune sedi internazionali, il processo di pace e la normalizzazione dei rapporti tra l'Armenia e l'Azerbaijan sulla base del riconoscimento reciproco e del rispetto per l'integrità territoriale all'interno dei confini internazionalmente riconosciuti, guidato dal Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel;

   ad adoperarsi nelle opportune sedi nazionali ed internazionali, per chiedere alla Repubblica dell'Azerbaijan di proseguire nel monitoraggio affinché le proteste della società civile nei pressi del suddetto corridoio non ostacolino il transito dei convogli civili;

   ad attivarsi, nelle opportune sedi nazionali ed internazionali, per chiedere alla Repubblica dell'Armenia di porre fine all'illecito sfruttamento dei giacimenti minerari, e sollecitare il ritiro delle forze armate dai territori dell'Azerbaijan;

   a condannare, nelle opportune sedi internazionali, l'utilizzo da parte dell'Armenia del corridoio di Lachin per scopi militari, illegittimi e per finalità che non sono civili e per sostenere la creazione di un posto di frontiera all'estremità della strada di Lachin sul confine armeno-azero per garantire la sicurezza e la trasparenza dei movimenti;

   ad adoperarsi, nelle opportune sedi nazionali ed internazionali, affinché la Repubblica dell'Armenia fornisca alla Repubblica dell'Azerbaijan la mappa delle mine terrestri inesplose installate nei territori del Karabakh restituiti e a favorire la creazione delle condizioni per una ricostruzione dei territori distrutti al fine di consentire il ritorno delle popolazioni sfollate;

   ad invitare l'Armenia e l'Azerbaijan ad adoperarsi costruttivamente per la determinazione dei luoghi delle fossi comuni in cui sono state sepolte le persone scomparse durante il primo conflitto nel Karabakh;

   ad adoperarsi per sollecitare l'Armenia a garantire l'apertura e la sicurezza dei collegamenti di trasporto tra le regioni occidentali dell'Azerbaijan secondo quanto stabilito nella dichiarazione trilaterale.
(7-00072) «Rosato, Gruppioni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   APPENDINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, a inizio marzo 2023 ben 34.317.320 milioni di cittadini sono in possesso di Spid (+2 milioni in soli 6 mesi), con rilasci e accessi in continuo aumento;

   nel 2022 Spid è stato mediamente utilizzato dagli italiani 25 volte l'anno (crescita del 14 per cento), contro le 22 del 2021 e le 9 del 2020. Emerge un utilizzo sempre meno trainato da obblighi normativi, come l'accesso al cashback o al green pass, e sempre più spinto in modo «organico» da servizi chiave per il cittadino (riferimento Edizione 2022 dell'Osservatorio Digital Identity - Politecnico di Milano);

   nel giugno del 2021 è stato revisionato il regolamento eIDAS e delineata la creazione di un European Digital Identity (Eudi) Wallet: una serie di strumenti comuni a tutta l'Unione europea per pervenire ad un'implementazione europea sull'identità digitale;

   il processo è in stadio avanzato, attualmente in fase di trilogo tra le proposte delle commissioni, del Parlamento e del Consiglio europeo e sarà operativo entro il 2025;

   su questa prospettiva a febbraio 2022 è stato lanciato un bando da 37 milioni di euro per lo sviluppo di progetti pilota e la loro sperimentazione dovrebbe iniziare già a metà 2023;

   i soggetti coinvolti, tra cui le pubbliche amministrazioni, hanno già compiuto la propria scelta tecnologica, optando per Spid o per Cie, al fine di collegarvi i propri servizi sperimentali;

   a dicembre 2022 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'innovazione tecnologica, Alessio Butti ha dichiarato che è intenzione del Governo Meloni eliminare gradualmente lo Spid, per un altro sistema unico di identità digitale, senza illustrare la compatibilità di questa decisione con i programmi europei in merito e spesso già in fase avanzata di realizzazione;

   successivamente, in data 27 febbraio 2023 sul Corriere della Sera, sempre il Sottosegretario Butti, risponde sul destino dello Spid dicendo che ad oggi abbiamo a disposizione 3 strumenti: la carta di identità elettronica (Cie), la carta nazionale dei servizi (Cns) e Spid ma si deve arrivare a un unico strumento anche perché l'Unione europea ha già fatto delle scelte con il portafoglio digitale europeo e per l'identità elettronica richiede un livello di garanzia 3, e che attualmente l'unico strumento così sicuro è la Cie;

   innanzitutto va puntualizzato che Spid è stato notificato anche come schema d'identità digitale con «level of assurance high», quindi il massimo livello di garanzia (come Cie), e che solo alcune delle credenziali Spid, quelle rilasciate con la procedura di riconoscimento remoto oggi non rispettano le descrizioni di detto livello; infatti oggi tutte le credenziali Spid rilasciate mediante riconoscimento de visu allo sportello sarebbero idonee ad abilitare il wallet. Il «pensionamento» di Spid non sembrerebbe dettato da urgenti motivi di sicurezza, o in generale si potrebbe trovare una soluzione tecnica per il passaggio al wallet europeo entro due anni che non prevede di smantellare un'infrastruttura così funzionale e funzionante –:

   quali siano le intenzioni del Governo rispetto allo sviluppo dei sistemi per l'identità digitale per l'Italia;

   quali siano le motivazioni alla base del ripensamento annunciato dal Governo;

   quali saranno le soluzioni tecnologiche adottate e come queste si integreranno con il wallet europeo che sarà pronto entro il 2025;

   che ne sarà dei progetti già avviati che hanno già optato per Spid/Cie come infrastruttura di riferimento e dei relativi fondi già stanziati che rischiano di essere sprecati.
(3-00256)


   ORLANDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi nel nostro Paese sono attivi due sistemi di identità digitale: la carta d'identità elettronica (Cie) con circa 33 milioni di carte rilasciate ed il sistema pubblico di identità digitale (Spid) con circa 34 milioni di identità rilasciate;

   nel 2022, Spid ha raggiunto il miliardo di autenticazioni annue contro i 21 milioni di autenticazioni, annue registrate con Cie, secondo i dati diffusi dal Dipartimento per la trasformazione digitale lo scorso 10 gennaio;

   Spid, dati alla mano, risulta allo stato essere il sistema di autenticazione largamente preferito dai cittadini italiani per l'accesso ai servizi pubblici e rappresenta uno dei maggiori casi di successo tra i sistemi di identità digitale nazionale attivi nel panorama europeo;

   da quanto appreso dalla stampa l'Esecutivo, per voce del sottosegretario con delega all'innovazione tecnologica, Alessio Butti, avrebbe intenzione di «spegnere» Spid in favore di un'unica identità digitale, nazionale e gestita dallo Stato, in cui far confluire entrambi i sistemi attualmente esistenti (Spid e Cie);

   sempre secondo quanto si apprende dalla stampa, il Governo sarebbe pronto a lanciare un bando di gara pubblica per la progettazione di questa nuova app;

   a ciò si aggiungono le preoccupazioni destate dal rischio imminente di un'abolizione di Spid, nel caso in cui entro il prossimo 22 aprile 2023 il Governo non dovesse raggiungere un accordo con gli identity provider in ordine al rinnovo delle convezioni per l'erogazione dei servizi;

   il PNRR, nella missione 1.4.4, relativa alla «Estensione Dell'Utilizzo Delle Piattaforme Di Identità Digitale – Spid e Cie» prevede l'erogazione al nostro Paese di 255 milioni di euro per l'adozione dell'identità digitale relativa alle milestone M1C1-145 M1C1-146, come siglato negli accordi operativi con la Commissione;

   La Commissione europea sta già sviluppando un sistema di identità digitale comune agli Stati membri e sono già partite a livello dell'Unione europea le gare per lo sviluppo e la progettazione del digital identity wallet europeo –:

   in che modo il progetto «Idn-Identità digitale nazionale» si inserirà nella strategia nazionale ed europea di sviluppo dell'identità digitale e, in particolare, come si propone di garantire continuità agli utenti Spid e Cie nel processo di unificazione e in che modo si coordinerà con il progetto europeo del digital identity wallet per la creazione di un sistema comune di identità digitale fra gli Stati membri;

   quale sia lo stato di avanzamento del progetto «Idn-Identità digitale nazionale» e se, come riferito alla stampa dal sottosegretario per l'innovazione, si troverebbe già in fase di sperimentazione, quali siano le finalità di tale sperimentazione e su quali dati venga condotta;

   quale sarà l'impatto della nuova strategia sull'identità digitale del Governo in relazione al perseguimento degli obiettivi prefissati nel PNRR con espresso riferimento ai due sistemi attualmente esistenti, Spid e Cie, nelle due milestones citate in premessa;

   quali siano le intenzioni in merito alle istanze degli identity provider per il rinnovo delle convenzioni Spid, in particolare per quanto concerne la richiesta economica, e, più in generale, quali iniziative si intendano assumere in relazione alla imminente scadenza della proroga delle suddette convenzioni, esposta in premessa.
(3-00258)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da una inchiesta del quotidiano la Repubblica, si apprende che, nei primi tre mesi dall'insediamento, l'attuale Governo è tra quelli che ha speso di più in missioni e viaggi rispetto ai suoi predecessori;

   anche le delegazioni al seguito risultano essere più corpose e con il maggior numero di esterni all'amministrazione rispetto ai governi precedenti;

   secondo la Repubblica, rispetto al precedente Governo Draghi è cresciuto anche il numero di voli di Stato compiuti dai singoli ministri;

   il Ministro degli esteri ha fatto dodici missioni, il Ministro della difesa sette e il Ministro della giustizia ha utilizzato cinque volte i voli di Stato per partire o atterrare sempre a Treviso, città in cui il Ministro vive;

   secondo il report pubblicato da Palazzo Chigi sulle missioni della Presidente del Consiglio, nei primi tre mesi dal suo insediamento sono stati spesi in totale 193.233 euro per undici viaggi con al seguito delegazioni composte complessivamente da 280 persone, tra i quali 17 esterni alla presidenza;

   soltanto nel mese di novembre la spesa è stata di 158.671 euro per quattro viaggi, uno in Italia e tre all'estero (Bruxelles, Sharm el Sheikh per Cop27 e Bali per il G20);

   per le suddette tre missioni all'estero sono stati previsti pernottamenti e spese di trasferta per 134 persone, 14 delle quali esterne e non dipendenti di Palazzo Chigi;

   nel dettaglio sono stati spesi 80.170 euro per i trasferimenti e 78.501 euro per pernottamenti e pasti;

   a dicembre sono state effettuate quattro missioni, di cui tre all'estero, con 108 persone in delegazione e una spesa di 26.864 euro;

   a gennaio le missioni all'estero sono state due su tre, con 52 persone al seguito e una spesa di 7.698 euro;

   dall'analisi dei suddetti numeri si evince che sia la composizione delle delegazioni e di esterni al seguito che le spese per ogni missione risultano superiori rispetto al passato;

   appare davvero incomprensibile all'interrogante quali possano essere le esigenze di Stato e di sicurezza che giustifichino delegazioni così corpose o l'utilizzo di aerei di Stato anche per voli interni o per destinazioni di capitali europee sufficientemente coperte da voli di linea;

   le regole per l'autorizzazione all'utilizzo dei voli di Stato sono molto stringenti tanto che questi possono essere concessi solo per comprovate e urgenti esigenze di trasferimento e l'impossibilità di provvedere ai trasferimenti con voli di linea e inoltre non è ammessa la concessione del trasporto aereo di Stato per le tratte sulle quali sia presente il trasporto ferroviario e tale servizio risulti idoneo con lo svolgimento delle funzioni;

   in alcuni dei casi richiamati, i Ministri dell'attuale Governo hanno utilizzato i voli di Stato per inaugurare nuove sedi di procure, per partecipare alla festa della marina militare o per impegni istituzionali programmati da tempo a Bruxelles con motivazioni legate alla «sicurezza» e su questo presupposto, di cui non si conoscono però nel dettaglio i «comprovati motivi», sono stati autorizzati dall'apposito ufficio presso la Presidenza del Consiglio;

   secondo il Codacons, ogni ora di utilizzo di un aereo di Stato costa ai cittadini tra i 5 mila e i 7 mila euro, per cui, a parere dell'interrogante, ogni abuso potrebbe configurarsi come danno erariale –:

   se i voli di Stato richiamati in premessa siano stati giustificati da esigenze di sicurezza o da motivazioni di carattere istituzionale tali da autorizzare l'utilizzo di aerei non di linea e quali siano, nel dettaglio, tali esigenze e motivazioni;

   quali ulteriori iniziative intenda assumere per limitare l'utilizzo dei voli di Stato e per adottare regole più stringenti sulla composizione delle delegazioni al seguito della Presidente del Consiglio e dei componenti del Consiglio dei Ministri.
(4-00668)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, per sapere – premesso che:

   secondo quanto emerge dai dati della Commissione per le adozioni internazionali (Cai) negli ultimi anni le adozioni internazionali nel nostro Paese sono vertiginosamente crollate e se nel 2010 erano 4.130, nel 2022 sono scese a 565, nel 2020 a 526, nel 2019 a 969 e nel 2018 a 1.130; sempre secondo il Cai, le famiglie le coppie in attesa sono oltre 2.400, anche a causa del contesto internazionale, aggravatosi prima per effetto della pandemia e poi per la guerra in Ucraina;

   sulla questione delle adozioni, il 15 febbraio 2023, era intervenuta la trasmissione Dataroom della giornalista Milena Gabanelli che, anche in riferimento alle adozioni internazionali, ne ha sottolineato l'iter tortuoso secondo cui la coppia, entro un anno dall'emanazione del decreto di idoneità, deve rivolgersi a uno dei 49 enti autorizzati (generalmente onlus private) che valutano i candidati e li seguono nell'iter e una volta scelto il Paese di origine, la coppia può presentare la richiesta di adozione presso le autorità competenti di quello stesso Paese;

   come più volte segnalato, vi sarebbero circa 35 famiglie italiane alle prese con il blocco delle adozioni in Cina, da oltre due anni e alcune di esse sono state, già dal 2020, abbinate, ai fini dell'adozione internazionale, a bambini in Cina, ma, purtroppo la pandemia ha impedito il loro di recarsi in Cina e concludere la procedura adottiva;

   prima della chiusura della frontiera cinese a causa della pandemia, alcune coppie avevano ricevuto l'invito a recarsi nel Paese («pergamena rossa») per completare il procedimento e congiungersi con i minori, mentre altre coppie hanno ricevuto la «pergamena verde», ovvero la comunicazione cinese di assenso al proseguimento della domanda di adozione; tuttavia, a causa della pandemia, la Cina ha congelato le procedure e sospeso il rilascio di visti anche per i genitori già in possesso della «pergamena rossa»; oltre a queste coppie molte altre in lista d'attesa aspettano invece di sapere se la Cina riprenderà le adozioni;

   come preannunciato anche dagli organi di informazione, la situazione parrebbe essersi sbloccata poiché «da mercoledì 15 marzo 2023 la Cina riprenderà a rilasciare "tutti i tipi di visti", compresi quelli per motivi turistici»;

   più in particolare, con avviso datato 13 marzo 2023, pubblicato sul sito dell'Ambasciata cinese in Italia, si evince che, in base allo sviluppo della nuova situazione di epidemia e alla necessità di facilitare gli scambi di personale, a partire dal 15 marzo 2023, i passeggeri dei voli diretti dall'Italia alla Cina possono utilizzare anche i test antigenici invece dei test dell'acido nucleico e, per facilitare i preparativi dei viaggiatori, l'ambasciata in Italia ha aggiornato le «linee guida per la prevenzione e il controllo delle epidemie per i passeggeri dall'Italia alla Cina» con le indicazioni di tutte le attività di profilassi;

   con un ulteriore avviso del 14 marzo 2023, per facilitare ulteriormente lo scambio di personale cinese e straniero, è stato comunicato che la Cina apporterà i seguenti adeguamenti alle politiche di visto e ingresso per gli stranieri che arrivano in Cina dalle 0:00 del 15 marzo 2023, ora di Pechino:

    riprende la funzione di ingresso dei visti rilasciati prima del 28 marzo 2020 e ancora in corso di validità;

    le agenzie per i visti di stanza all'estero riprendono la revisione e il rilascio di vari tipi di visti per stranieri in Cina (compresi i visti per turismo e cure mediche in Cina);

    le agenzie per i visti portuali riprendono a esaminare e rilasciare vari visti portuali che soddisfano i motivi legali;

    ripristinare le politiche di ingresso senza visto ad Hainan, ingresso senza visto sulle navi da crociera di Shanghai, ingresso senza visto nel Guangdong da parte di gruppi di stranieri provenienti da Hong Kong e Macao e ingresso senza visto nel Guangxi Guilin da parte di gruppi turistici dell'ASEAN;

   il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha avuto un incontro bilaterale a margine dei lavori del vertice dei Paesi del G20 con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping e nel colloquio il Presidente Meloni ha rilevato l'importanza che riprendano tutti i canali di dialogo, incluso quello in materia di diritti umani e al termine dell'incontro il Presidente Xi Jinping ha invitato il Presidente del Consiglio dei ministri a effettuare una visita in Cina, che il Presidente Meloni ha accettato;

   la pandemia ha aggravato un iter burocratico già tortuoso che richiede di essere rivisto quanto prima –:

   quali iniziative, anche di carattere diplomatico, si intenda porre in essere per seguire con la massima attenzione l'evoluzione della questione, sollecitando, attraverso gli opportuni percorsi diplomatici e di dialogo come prospettati in premessa, il tempestivo rilascio delle cosiddette «pergamene rosse» ossia degli inviti a recarsi nel Paese per completare il procedimento di adozione e il ricongiungimento con i minori.
(2-00103) «Sportiello».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOLDRINI, ASCARI, BAKKALI, FRATOIANNI, SCARPA e SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Masafer Yatta è un'area di circa 36 chilometri quadrati situata a sud di Hebron, in Cisgiordania, e abitata da circa 2.800 palestinesi distribuiti in dodici villaggi che, da generazioni, si dedicano ad agricoltura e pastorizia;

   tali villaggi sono localizzati nel territorio che, prima dell'occupazione del 1967, sarebbe rientrato nello Stato di Palestina secondo la linea di confine «Green Line» prevista dall'armistizio del 1949, ma dopo gli accordi di Oslo del 1993 si sono ritrovati nella cosiddetta «Area C», sotto il controllo amministrativo e militare di Israele;

   all'inizio degli anni ’80, l'esercito israeliano ha dichiarato il territorio di Masafer Yatta «Firing Zone 918» e ha iniziato a espellere gli abitanti dalle loro case e dalla loro terra;

   nel marzo 2000, l'Alta Corte di Giustizia israeliana approvò un provvedimento provvisorio che consentiva agli abitanti di tornare nelle loro case e di riprendere a coltivare la terra, in attesa di sentenza definitiva;

   nel luglio 2012 le autorità israeliane informarono la Corte di voler procedere alla demolizione di otto delle dodici comunità all'interno della «Firing Zone 918», abitate da oltre mille persone;

   a seguito di nuovi ricorsi delle famiglie palestinesi, l'Alta Corte vietò temporaneamente l'espulsione dei «residenti permanenti», cioè di quanti erano già presenti nell'area quando fu dichiarata la «Firing Zone 918»;

   nell'agosto 2020, le autorità israeliane hanno promosso una nuova azione nei confronti della Corte, sostenendo fra le altre cose che i promotori dei ricorsi non fossero «residenti permanenti» e fossero quindi privi del diritto di risiedere nella zona;

   a maggio 2022, l'Alta Corte di Giustizia ha accolto le argomentazioni di parte israeliana e ha annullato le decisioni assunte a seguito dei ricorsi palestinesi, e si è dato così il via libera alle operazioni di sgombero forzato nei confronti della popolazione di Masafer Yatta;

   il 14 marzo 2023, presso l'Aula della III Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei deputati, si è svolto un incontro informale tra alcune deputate e deputati e una delegazione rappresentativa degli abitanti di Masafer Yatta, le cui testimonianze hanno descritto una situazione di grave violazione dei diritti umani con la distruzione di pozzi, case, scuole, tende e recinti degli animali, con la confisca di strumenti di lavoro e mezzi di trasporto;

   non pochi di questi beni e di queste infrastrutture sono stati realizzati con finanziamenti dell'Unione europea e di suoi Stati membri, compresa la cooperazione italiana, come ha dichiarato anche il Commissario europeo per la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, Janez Lenarčič;

   a questo si aggiunge la violenza diretta da parte dei coloni non solo contro i palestinesi, ma anche contro i volontari di altri Paesi che prestano la propria assistenza e svolgono azione di monitoraggio sulle violazioni dei diritti umani, come è accaduto recentemente – secondo quanto riportato dal quotidiano «Avvenire» – proprio a Masafer Yatta nei confronti di alcuni operatori dell'Operazione Colomba, il Corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII –:

   se non ritenga di assumere iniziative di competenza nei confronti del Governo israeliano e nelle sedi europee e internazionali affinché cessino immediatamente gli espropri e l'espulsione forzata degli abitanti palestinesi di Masafer Yatta;

  quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché il Governo israeliano receda dal progetto di nuovi insediamenti di coloni e il territorio palestinese venga liberato da quelli illegali già costruiti, e perché cessi l'occupazione militare israeliana più volte dichiarata illegittima dalle Nazioni Unite, unica condizione per poter parlare con realismo della prospettiva «due popoli, due Stati» citata recentemente anche dalla Presidente Meloni, e cioè della nascita di uno Stato di Palestina che viva in sicurezza e in amicizia accanto allo Stato di Israele, come l'Onu chiede ormai da decenni.
(5-00523)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come ricostruito oggi dalla stampa, stando ai dati ufficiali del Viminale, più volte negli ultimi quindici anni, le previsioni dell'intelligence riguardo i numeri dei migranti in partenza verso le coste italiane, sono state smentite dai numeri degli arrivi effettivi. Ad esempio, nel 2022 la relazione dei servizi segreti prevedeva circa 400.000 arrivi, ma sono stati a fine anno 105.000;

   nel 2023 sarebbero previsti 400.000 arrivi, ma anche come ha spiegato il portavoce dell'Oim Flavio Di Giacomo, questa cifra (riferibile al numero di migranti presenti in Libia) non può in alcun modo riferirsi alle potenziali partenze, visto che in realtà l'80 per cento dei rifugiati è accolto in Africa, ma, queste previsioni contribuiscono ad alimentare uno scenario di invasione che, a nostro avviso, aiuta solo un certo tipo di propaganda sull'immigrazione;

   secondo alcuni esponenti del Governo, tra cui i Ministri della difesa e degli affari esteri, questo aumento di sbarchi in Italia sarebbe anche frutto di una strategia di guerra ibrida per la quale i miliziani russi di Wagner, presenti dal 2019 in Libia, starebbero spingendo le persone a partire per aumentare i flussi verso l'Italia ed «attaccare» così il nostro paese per le sue posizioni di sostegno all'Ucraina;

   in realtà per la prima volta la maggior parte degli arrivi non sono dalla Libia ma dalle coste tunisine. Difatti, secondo il Viminale, almeno 12.083 persone sono partite dalla Tunisia da inizio anno fino al 13 marzo, più di 170 sbarchi al giorno, con un aumento del 788 per cento rispetto ai 1.360 arrivi dello stesso periodo dello scorso anno;

   questo, poiché, da tempo nelle principali città della Tunisia si svolgono proteste contro il Presidente Saied, che negli ultimi anni ha impresso una virata autoritaria al Paese, e, in un clima sempre più repressivo, ha alimentato una campagna razzista sull'immigrazione sub-sahariana nel Paese, anche utilizzando affermazioni gravemente xenofobe quali ad esempio: «l'immigrazione clandestina parte di un complotto per modificare la demografia della Tunisia affinché venga considerata come un paese solo africano, e non più anche arabo e musulmano»;

   da allora in Tunisia si sono moltiplicate non solo le aggressioni razziste, ma anche gli arresti di cittadini subsahariani senza alcun criterio e di espulsioni forzate, e si è generata una vera e propria caccia al nero, che ha spinto molti cittadini di paesi subsahariani a rientrare nei paese di origine. Altri invece, stanno tentando la via del mare verso l'Italia e l'Europa. E, per la prima volta quest'anno la maggiore parte delle persone in arrivo nel nostro Paese provengono proprio da Guinea e Costa D'Avorio, seguono Bangladesh, Pakistan e Tunisia;

   nel gennaio 2023, il Ministro Piantedosi e il vice premier Tajani, in visita di Stato a Tunisi, non hanno sollevato alcuna preoccupazione rispetto alla violazione dello stato di diritto in atto nel Paese e alla campagna di stampa razzista alimentata dallo stesso Presidente Saied, ma hanno soltanto chiesto di bloccare il flusso dei migranti verso l'Italia –:

   se Ministro interrogato intenda chiarire al più presto a quali evidenze faccia riferimento riguardo gli eventuali legami tra sbarchi e infiltrazioni russe;

   quali strategia intenda adottare nei rapporti con la Tunisia, anche al fine di favorire un ripristino di stabilizzazione politica e sociale nel paese.
(5-00527)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ONORI e AMATO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 24 febbraio 2022 vede l'inizio della barbara aggressione armata da parte della Federazione russa ai danni dell'Ucraina;

   l'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani ha registrato ben 21.580 vittime civili in Ucraina: 8.101 morti e 13.479 feriti (dati al 27 febbraio 2023);

   in ragione della drammaticità dei citati eventi, l'Unione europea ha imposto sanzioni senza precedenti contro la Federazione russa. Tali sanzioni si aggiungono alle misure in vigore imposte a partire dal 2014 e comprendono misure restrittive mirate, sanzioni economiche e misure in materia di visti;

   in particolare, le sanzioni economiche hanno la finalità di ostacolare le capacità russe in termini di risorse necessarie per proseguire l'aggressione. Nell'elenco delle entità oggetto di sanzioni figurano ad esempio: banche, società nel settore militare e della difesa, organizzazioni dei media responsabili di propaganda e disinformazione;

   l'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (Uif), istituita dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, presso la Banca d'Italia, ha iniziato a operare il 1° gennaio 2008 nel ruolo di autorità centrale antiriciclaggio;

   un articolo del «Corriere della Sera», del 25 febbraio 2023, di Francesco Verderami denuncia «strani giri di soldi» sui conti correnti dell'ambasciata russa in Italia, nel contesto, ipotizzando che l'Italia sia stata percepita come «l'anello debole» del fronte occidentale e, dunque, paese ideale per una serie di operazioni illecite;

   come riportato nel citato articolo, nel 2022, l'Ambasciata russa in Italia ha attirato l'attenzione dell'Uif in merito ad alcune movimentazioni sui conti dell'ufficio diplomatico romano della Federazione russa. In un rapporto del 5 gennaio 2023, l'Uif ha fornito i dettagli delle operazioni ritenute sospette. In particolare, tra il 17 e il 20 ottobre del 2022 furono versati sul conto «in valuta» della sede diplomatica russa 400 mila dollari americani: soldi che «in base alla documentazione fornita» derivavano da «giacenze» per «attività regolari e giornaliere» dell'ambasciata. Appena quattro giorni dopo, da quel conto, venne trasferita su uno degli altri due conti una cifra pari a 403 mila euro. E da lì, nel giro di un mese, furono effettuati «cinque prelievi di contante» per complessivi 410 mila euro. Come evidenziato da Verderami, l'Uif annota: «Alla luce delle misure restrittive disposte dell'Ue nei confronti di enti russi o comunque riconducibili alla Federazione russa, a seguito della crisi in Ucraina appare sospetta la movimentazione in contanti per importi elevati»;

   poi, sempre nel 2022, un'altra operazione sospetta viene segnalata all'Uif ossia una sovvenzione di danaro, 600 mila euro in contanti, sei mila banconote di 100 euro, consegnata da una società di security presso l'Ambasciata russa di via Gaeta 5 a Roma. Come sottolineato da Verderami, secondo l'Uif «La provvista appare anomala per il valore totale richiesto, se analizzata nel contesto delle guerra in corso tra Russia e Ucraina»;

   dunque, solamente nell'ultimo trimestre del 2022, l'ufficio diplomatico di Mosca a Roma ha movimentato circa un milione di euro in contanti. Liquidità che appare eccessiva per «attività regolari e giornaliere»;

   alla luce di quanto descritto, c'è il rischio che l'Italia possa essere utilizzata come hub strategico per tentare di aggirare alcune restrizioni in termini di movimentazioni e trasferimenti di denaro legate all'attuale scenario sanzionatorio in vigore nei confronti della Federazione russa –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere per appurare le circostanze descritte e, se del caso, prendere adeguati provvedimenti affinché eventi analoghi non possano ripetersi.
(4-00678)


   ONORI, AMATO e CAROTENUTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Scagi-Berna (Segreteria cantonale delle associazioni dei genitori italiani della Circoscrizione consolare di Berna e Neuchâtel) da tempo vive una situazione di forte difficoltà. Nel contesto, il Casci (Comitato attività scolastiche e culturali italiane) è un ente gestore che progetta e gestisce una parte dei corsi di lingua e cultura italiana della circoscrizione consolare di Berna, utilizzando fondi propri e contributi ricevuti annualmente dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   secondo segnalazioni arrivate al primo firmatario del presente atto, il personale addetto alla segreteria e gli insegnanti dei Corsi di lingua e cultura italiana (Lci) gestiti dal Casci di Berna non percepiscono alcun salario da gennaio 2022 e i corsi Lci sono sospesi da agosto 2022. Rispetto all'anno scolastico 2021-2022 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbe versato solo la prima rata del 40 per cento dell'importo in accordo con quanto previsto dalla circolare n. 4 del 2022 avente ad oggetto «Corsi di lingua e cultura italiana e altre iniziative scolastiche all'estero a cura degli enti gestori» (circolare n. 4 dell'8 marzo 2022, Ufficio V del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale). La situazione complessiva è divenuta talmente precaria che l'ente Casci rischia il fallimento;

   le principali vittime di tale situazione sono i bambini che non possono frequentare i corsi gestiti dall'ente Casci, a differenza di altri coetanei che possono frequentare i corsi gestiti da docenti di ruolo inviati e pagati direttamente dall'Italia;

   a quanto risulta ai firmatari del presente atto, già da maggio 2022 gli insegnanti del Casci avrebbero cercato di instaurare una qualche forma di dialogo sia con il direttivo Casci sia con l'Ambasciata d'Italia a Berna senza giungere, purtroppo, ad alcun risultato;

   tuttavia il problema pare essere ben più ampio e non ultimo connesso a problematiche di applicazione concernenti la circolare n. 4 del 2022. In merito, secondo quanto denunciato agli interroganti, il farraginoso iter concernente la richiesta di accesso ai contributi statali così come previsto dalla menzionata circolare ha reso, ad esempio, la situazione economico-finanziaria della quasi totalità degli enti gestori situati in Germania difficilmente sostenibile;

   molti enti gestori hanno già dichiarato la loro impossibilità a proseguire le attività, chiudendo definitivamente (si pensi solamente alla cessazione dell'attività dell'ente gestore Vestfalia, operante nella Circoscrizione consolare di Dortmund), mentre altri si sono trovati costretti a fare ricorso allo strumento del credito –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;

   quale strategia stia perseguendo l'Ambasciatore italiano, S.E. Silvio Mignano, da tempo a conoscenza della descritta problematica;

   se non si ritenga opportuno intervenire tempestivamente in modo da garantire continuità didattica ai bambini che avrebbero diritto di fruire dei corsi di lingua italiana;

   quali iniziative di competenza si reputino necessarie al fine di porre rimedio all'ormai endemica disfunzionalità che affligge il Casci di Berna, tenuto altresì conto del più ampio contesto delle problematiche irrisolte concernenti anche altri enti gestori come, ad esempio, quelli in Germania;

   se, in generale, non si ritenga opportuno introdurre modifiche volte a semplificare la circolare n. 4 del 2022, al fine di consentire un migliore e più efficace funzionamento di tutti gli enti gestori, alla luce delle criticità emerse in merito alla concreta attuazione delle disposizioni ivi contenute.
(4-00679)


   CANGIANO e DI MAGGIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   martedì 14 marzo 2023 si è tenuto, a Porto, in Portogallo, l'incontro di calcio valido per la Uefa Champions League tra la squadra locale, l'FC Porto, e l'Internazionale di Milano;

   secondo quanto risulta da diverse agenzie di stampa, nonché da testimonianze dirette di cittadini italiani presenti sul posto, numerosi tifosi dell'Inter, non appartenenti a gruppi organizzati, si sono visti negare l'accesso allo stadio pur in possesso di regolare biglietto;

   i biglietti per l'accesso allo stadio sono stati acquistati sul sito dell'FC Porto durante la procedura di vendita, nella fase di vendita libera;

   i supporter dell'Inter non hanno potuto accedere allo stadio in quanto, come riportato dagli steward addetti al controllo dei titoli di accesso, cittadini italiani;

   tale pratica che appare gravemente illegittima in quanto basata sulla provenienza dei tifosi, peraltro cittadini di uno Stato appartenente all'Unione europea di cui lo stesso Portogallo fa parte, risulta discriminatoria e lo è ancora di più se si considera che la UEFA, ente organizzatore della competizione, promuove da sempre la campagna «No to Racism»;

   sebbene le autorità portoghesi avessero paventato nella giornata il divieto di accesso allo stadio in settori diversi da quello dedicato agli ospiti a cittadini non portoghesi per la presunta tutela dell'ordine pubblico, da quanto risulta tale ipotesi sarebbe subito rientrata;

   così procedendo sono stati generati momenti di particolare tensione in grado paradossalmente di impedire la tutela dell'ordine pubblico;

   nell'episodio in questione sono stati coinvolti anche bambini, donne e, più in generale, famiglie che, a proprie spese, si erano recate in Portogallo per assistere all'incontro di calcio di cui in precedenza;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere nelle sedi opportune per evitare il ripetersi di episodi di questo tipo ed evitare altresì che sul territorio comunitario possano verificarsi casi di discriminazione territoriale, nonché con riferimento alla possibilità che i cittadini italiani coinvolti nella vicenda segnalata in premessa ottengano l'equo risarcimento per i danni subiti.
(4-00690)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   CAROPPO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:

   a 10 anni dall'individuazione del batterio della Xylella fastidiosa, la Puglia è ancora attanagliata dall'emergenza. Sono state stimate perdite complessive superiori ai 3 miliardi di euro, con la morte di oltre 21 milioni di piante di ulivo. L'areale ha raggiunto 8 mila chilometri quadrati di terreni, il 40 per cento del territorio pugliese, con 5 mila posti di lavoro persi nella filiera dell'olio;

   a tre anni dalla pubblicazione del decreto interministeriale del 6 marzo 2020, contenente il Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia dotato di 300 milioni di euro, non sono ancora state erogate le somme spettanti agli agricoltori per i reimpianti degli ulivi, che avrebbero consentito di riavviare le aziende colpite;

   i fondi sono già nelle casse della regione e si ha notizia che solo nei prossimi giorni sarà pubblicato un primo decreto di finanziamento, per circa un milione di euro a un primo elenco di imprese. A fronte di 40 milioni di euro disponibili, cui si sono aggiunti altri 20 milioni di euro dalla rimodulazione del Piano di rigenerazione, sussistono 8.133 domande singole e 26 domande collettive per un totale di 222 milioni di euro;

   è urgente dotare gli enti pubblici competenti delle risorse necessarie per dare corso alle pratiche fitosanitarie obbligatorie (da marzo a maggio) necessarie a contrastare l'avanzata della Xylella sulle superfici verdi, che siano agricole o meno;

   i tre contratti di distretto, siglati a partire dal febbraio 2020, riguardanti la rigenerazione dell'agricoltura nei territori colpiti dal batterio e più in generale gli interventi negli areali interessati dalla Xylella, sono in ritardo di attuazione, sia pure in uno stato di avanzamento diverso l'uno dall'altro;

   a gennaio 2023 la regione Puglia si è dotata di un nuovo «Piano d'azione per contrastare la diffusione di Xylella fastidiosa» che sarà applicato nel biennio 2023-2024. A marzo ha chiesto la declaratoria delle eccezionali avversità per l'accesso al Fondo di solidarietà nazionale per coloro che hanno registrato una diminuzione del valore della produzione superiore al 30 per cento –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere idonee iniziative per la sollecita attuazione del Piano di contrasto al patogeno Xylella fastidiosa approvato nel 2020 e delle altre misure connesse, anche ai fini del loro coordinamento, a fronte delle criticità esposte in premessa.
(3-00259)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCARI, FORATTINI, MARINO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la flavescenza dorata è considerata tra le più importanti e distruttive malattie della vite. A causa del carattere epidemico e della gravità dei danni provocati ai vigneti il fitoplasma responsabile della malattia è, ad oggi, incluso negli elenchi delle «organismi da quarantena rilevanti per l'Unione europea»;

   senza l'attuazione di opportune strategie di prevenzione e controllo si assiste ad una rapida e drastica progressione della malattia, con un incremento del tasso di infezione di 10 volte/anno, che può interessare anche l'intera superficie vitata, con inevitabili ripercussioni sulla quantità e la qualità della produzione;

   tra il 2020 e il 2022, la malattia ha fatto registrare una recrudescenza nelle aree produttive settentrionali italiane, dovuta ad una serie di concause, tra cui la difficoltà di contenimento del vettore con i trattamenti insetticidi, la presenza crescente di superfici incolte che rappresentano un pericoloso serbatoio di infezione, nonché gli evidenti cambiamenti climatici. Le aree più colpite sono Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, e anche in Toscana sono stati segnalati di recente nuovi focolai;

   il controllo della malattia richiede una conoscenza circa l'effettiva presenza e diffusione della flavescenza dorata sul proprio territorio e avviene mediante l'attuazione di strategie atte a prevenirne e limitarne la diffusione;

   in considerazione dell'importanza della problematica per la produzione vitivinicola nazionale, e delle ingenti perdite produttive ed economiche derivanti dalla progressione e diffusione della malattia, le criticità relative alla gestione della stessa sono state ampiamente trattate il documento tecnico ufficiale n. 29 del Servizio fitosanitario nazionale recante «Linee guida per i viticoltori ai fini del contrasto della flavescenza dorata sul territorio nazionale», finalizzato a fornire ai viticoltori e a tutti gli operatori professionali informazioni di supporto e di indirizzo per la corretta gestione delle aree vitate e a garantire interventi di contrasto alla malattia armonizzati e uniformi;

   è necessario un coordinamento tra i vari sistemi, regionali e nazionale, con il supporto dei consorzi di tutela, ma è soprattutto necessario avere risorse per rafforzare la strategia di contrasto alla flavescenza dorata. Risultano necessari fondi appropriati e commisurati alla gravità della situazione, in grado non solo di finanziare la sostituzione delle viti estirpate, ma anche e soprattutto di coprire il potenziamento di una serie di azioni coordinate di lotta alla fitopatia;

   il comma 433, dell'articolo 1, della legge di bilancio 2023, approvato su proposta del Gruppo parlamentare PD, ha previsto l'istituzione presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste del Fondo per il sostegno alle imprese agricole colpire da flavescenza dorata della vite con una dotazione finanziaria pari a 1,5 milioni di euro per il 2023 e 2 milioni di euro a decorrere dal 2024 –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in via emergenziale, anche attraverso la destinazione di risorse aggiuntive, per contrastare la diffusione della flavescenza dorata, se sia stato predisposto l'elenco delle aree interessate ai trattamenti fitosanitari contro la malattia della vite e se, d'intesa con le regioni, sia stato concordato il riparto delle risorse messe a disposizione dall'articolo 1, comma 433, della legge di bilancio 2023.
(5-00528)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta orale:


   AURIEMMA, PAVANELLI, AMATO e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Ercolano (NA) perdura un'allarmante condizione ambientale e sanitaria, gravata dal tardivo riconoscimento, tramite direttiva interministeriale 10 dicembre 2015, degli effetti della legge n. 6 del 2014;

   nel luglio 2016 la Procura di Napoli ha disposto il sequestro di un'area di 150 mila mq ad Ercolano in contrada Castelluccio, nel cuore del Parco nazionale del Vesuvio, denominata cava Fiengo, una ex cava di pietra lavica e materiale pozzolanico, poi via gonfiata di «rifiuti speciali pericolosi» valutati in quantità all'incirca di 400 mila metri quadri. L'Agenzia regionale per la protezione ambientale, Arpac, registrò la presenza di «Berillio, Cromo, Cromo IV, Benzo (a) Antracene, Benzo (a) Pirene, Pirene, Benzo, Perilene, Rame, Piombo, Zinco, Sommatoria Diossine e Furani, Ipcb, Idrocarburi pesanti» con gravi sforamenti dei parametri di zinco e sommatoria diossine e furani, e per un campione di terreno di riporto indicato come «C9» lo registrò come «fonte di contaminazione per le acque sotterranee», rilevando «cumuli di indumenti e pezzame in parte combusti e in combustione (nel corso delle attività infatti, erano in atto roghi), a un'ingente quantità di scarti della demolizione edilizia, compresi parti di manufatti cementizi contenenti amianto, fusti deteriorati da duecento litri contenenti olii sintetici e rifiuto solido pastoso di colorazione scura, tutti classificati come rifiuti speciali pericolosi, e infine rifiuti combusti non caratterizzabili a vista, carcasse di autovetture di cui una corredata di semiasse anteriore e sistema frenante, imballaggi in plastica e in metallo, materiali di risulta della cava stessa e altro»;

   inoltre nella frazione di San Vito ricade la discarica detta Amendola-Formisano, una cava di pietra lavica esaurita, all'interno della quale sono stati smaltiti rifiuti urbani e industriali senza autorizzazione e controlli. Nel corso degli anni la discarica ha cominciato ad accogliere rifiuti industriali tossici provenienti anche dai distretti industriali del Nord-Italia, come accertato dai primi sopralluoghi e attività della magistratura iniziate dagli anni '90. In quegli anni viene istituito il Parco nazionale del Vesuvio allo scopo di preservare il territorio e l'ambiente, salvaguardare le specie animali e vegetali e promuovere attività di educazione ambientale e di ricerca scientifica e fermare un fenomeno speculativo che aveva portato sempre più costruzioni a ridosso del luogo;

   un report del 2014 del professor Gerardo Ciannella dell'ospedale Monaldi, basato sullo studio di un campione di 324 residenti della frazione di San Vito, è emerso che, in un'area abitata da circa 6.000 persone, ci sono 203 persone malate (130 uomini e 73 donne). Le patologie sono leucemie neoplasie respiratorie, neoplasie digestive, neoplasie urinarie, neoplasie celebrali, neoplasie mammarie;

   il registro tumore dell'Asl Napoli 3 – distretto 55, afferente al comune di Ercolano, nel periodo 2008-2020, riporta 3590 casi di diagnosi con incidenza maggiore ai polmoni (12,3 per cento), mammelle (11,7 per cento) e colon retto (11,2 per cento). La variazione temporale dei tassi di mortalità nel periodo sopraindicato riportano un significativo incremento della mortalità femminile per tumore ai polmoni;

   il 22 luglio 2021 il Ministero della transizione ecologica, oggi Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, chiese alla regione Campania una serie di siti orfani da riqualificare in attuazione della misura M2C4 investimento 3.4 del Pnrr. Il 15 novembre 2021 fu trasmesso un elenco che individuò 45 siti ad Ercolano, di questi con decreto del 22 novembre 2021 furono indicati: cava Fiengo, cava Novelle Scoppa, cava Cupa Viola e Autotrasporti Mauro Vincenzo. Il 12 ottobre 2022 fu disposta la bonifica della sola cava Fiengo. Ad oggi non risulta operativo ancora nessun protocollo tra Regione e Ministero per suddetto programma comportando un notevole ritardo, considerando che l'obbiettivo a cui sono ancorati i fondi del Pnrr va raggiunto entro il primo trimestre del 2026 –:

   quali iniziative si intenda adottare al fine di verificare lo stato di pericolo dei siti in premessa;

   quando sarà operativo il programma del Pnrr in premessa, e se ci siano margini per includere ulteriori siti del territorio preso in esame;

   se e quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere per far fronte al danno ambientale con modalità che siano in grado di tutelare la salute dei cittadini.
(3-00254)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto infrastrutturale «Sistema Tangenziale di Lucca – Viabilità est di Lucca» è attualmente inserito tra gli interventi strategici a livello nazionale previsti dalla «legge obiettivo» n. 443 del 2001;

   il progetto ha subìto, nel corso degli anni, notevoli revisioni che lo hanno ridotto a mero progetto di esclusivo rilievo locale. Ciononostante permane tra le opere strategiche nazionali;

   il progetto, noto come «assi viari», è stato diviso in due stralci funzionali. I costi del primo stralcio, diviso in tre assi per un'estensione di 11,96 chilometri, recentemente ridotti a soli 7,32 chilometri, sono lievitati fino a 172 milioni di euro, con un costo di oltre 23 milioni di euro al chilometro;

   il progetto è obsoleto;

   il 4 marzo 2019, Anas ha avviato il procedimento di approvazione del progetto definitivo del primo stralcio funzionale; l'intervento complessivo dell'infrastruttura è stato inserito nel Contratto di Programma MIT-ANAS 2016/2020 e prevede ingenti finanziamenti da parte della regione Toscana e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 agosto 2021 è stato nominato commissario straordinario l'Ad della Quadrilatero Marche Umbria S.p.A., l'ingegner Eutimio Mucilli;

   dal 2019 i cittadini delle frazioni interessate dal progetto si sono riuniti nel comitato «Altrestrade» a difesa del territorio e per l'abbandono del progetto ormai anacronistico rispetto ai più recenti obiettivi di neutralità climatica;

   l'opera si colloca in un contesto a forte diffusione insediativa e in variante rispetto alla pianificazione urbanistica locale. Il tracciato interferisce in maniera critica con gli immobili, creando una frattura dell'edificato e della rete radiale di viabilità secondaria, passando in aderenza a numerosi edifici;

   il sistema tangenziale progettato da Anas avrebbe un forte impatto ambientale: risulta incompatibile sia con il regime idrografico della Piana di Lucca sia con il territorio circostante, in quanto il tracciato insiste sull'intero paleoalveo del Serchio, attraversando terreni altamente permeabili e trasmissivi. L'elevata permeabilità determina l'inevitabile inquinamento sia della falda acquifera sia dei terreni agricoli circostanti e un incremento del rischio alluvioni in caso di eventi piovosi intensi;

   l'effettiva realizzazione del Sistema tangenziale della città di Lucca rappresenterebbe un nuovo e ulteriore esempio di consumo di suolo in una Piana già altamente cementificata e impatterebbe negativamente sulle zone naturalistiche limitrofe, come i laghetti di Lammari, destabilizzando il già delicato equilibrio ambientale del territorio;

   nella campagna lucchese interessata dal progetto di nuova viabilità viene ancora realizzata un'agricoltura di qualità talvolta biologica che sarebbe notevolmente compromessa. Questa campagna è caratterizzata da elementi rari costituiti dal mosaico dei campi, dai filari tipici del paesaggio agricolo storico, dalle canalette irrigue, da piccole aree umide e dai nuclei boschivi;

   questi elementi del paesaggio rappresentano inoltre l'habitat ideale per specie floristiche e faunistiche di elevato interesse conservazionistico e in forte declino a livello globale, proprio perché legate a questi ambienti residuali;

   in questa campagna sono presenti habitat collegabili alle aree umide e alle praterie, e sono state recentemente individuate specie rare e tutelate da direttive europee, inserite in normative di protezione dal livello regionale a quello comunitario e per le quali l'Ue chiede la loro assoluta protezione e la conservazione dei loro habitat;

   nonostante l'opera non interferisca con aree afferenti alla Rete Natura 2000, SIC o ZPS, in prossimità del tracciato è presente la Zona Speciale di Conservazione ZSC IT5120020 «Palude di Verciano, Prati delle Fontane e Palude delle Monache» sito nei comuni di Lucca e Capannoni –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano avviare per verificare l'impatto ambientale causato dall'eventuale realizzazione del Sistema tangenziale di Lucca e se non intendano, conseguentemente, farsi promotori della revoca dell'incarico al Commissario straordinario, abbandonando definitivamente il progetto e destinando le relative risorse a progetti di mobilità sostenibili.
(4-00667)


   MARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la SP 562, nel tratto del territorio del Comune di Camerata, è stata interessata da lavori al costone roccioso sovrastante la «Cala del Cefalo» e della «Finocchiara», ordinati in via d'urgenza per presunto grave ed imminente pericolo dal Sindaco dello stesso Comune;

   per i lavori, in area protetta, sono stati financo autorizzati l'uso di esplosivi e le operazioni di brillamento sono state portate a termine il 15 marzo 2023;

   tali interventi compreso l'uso di esplosivi sono proseguiti nonostante la Divisione III – strategie della biodiversità del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con nota 0025690 del 22 febbraio 2023 indirizzata anche al comune di Camerota, confermava che «l'area in oggetto è inserita sia all'interno del Parco Nazionale del Cilento che della ZSC IT8050041 “Scoglio del Mingardo e spiaggia di Cala del Cefalo”, a carico della quale potrebbero verificarsi interferenze e impatti in grado di generare possibili danni ambientali»;

   nella stessa nota si richiedeva altresì «di fornire informazioni circa le attività segnalate e se le stesse siano state autorizzate nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 6 della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” in materia di Valutazione di Incidenza, oltre che in coerenza con le Misure di Conservazione del sito Natura 2000 presente» –:

   se risultino al Ministro interrogato riscontri alle richieste contenute nella nota richiamata in premessa ed in particolare se gli interventi siano stati autorizzati nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE «Habitat» in materia di valutazione di incidenza, oltre che in coerenza con le misure di conservazione del sito Natura 2000;

   se, per quanto di competenza, nel caso di mancato riscontro, intenda far luce sulle eventuali violazioni degli adempimenti autorizzatori previsti e nel caso quali iniziative, sempre di competenza, intenda porre in essere.
(4-00685)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI. — Al Ministro della cultura, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il «Sacramentario di Frontale» è un antichissimo messale risalente all'XI secolo, realizzato da San Pier Damiani (Monaco Camaldolese e Priore di Fonte Avellana) e donato a San Domenico Loricato, in occasione della sua investitura a Priore (1049) dell'eremo benedettino intitolato alla SS Trinità nella frazione Frontale oggi del comune di Apiro (MC);

   il Santo da quasi mille anni è venerato, e il messale lo è stato con lui, essendo conservato nella sua urna e portato in processione;

   nel febbraio del 1925, in concomitanza con la visita di un alto prelato della zona di Cingoli (MC), il messale fu trafugato dalla chiesa parrocchiale di Frontale di Apiro;

   per diversi anni e ancora oggi, la storia del furto del messale è stata mantenuta viva dalle popolazioni e dalle amministrazioni locali che si sono succedute, mai rassegnate alla perdita di questo prezioso e venerato oggetto: anche nelle varie catalogazioni di oggetti sacri da parte della Curia si fa riferimento alla sottrazione dello stesso;

   transitato attraverso la Svizzera, passando per le mani di numerosi ricettatori, è stato individuato in una biblioteca pubblica di New York, la Pierpont Morgan Library e catalogato con l'identificativo MS G.2;

   attualmente il volume è anonimamente e asetticamente conservato insieme a molti altri manoscritti nella Libreria di cui sopra, sottratto alla cura e devozione degli abitanti di Frontale, che, seppure ne furono privati furtivamente quasi cento anni fa, ne conservano ancora oggi memoria vivissima, tramandata da generazioni;

   in tal senso, il recupero di questo bene sarebbe anche motivo di conforto per le popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016-2017;

   il messale e stato ritrovato grazie alle accurate indagini dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, grazie alle interlocuzioni avute con l'ufficio Beni culturali ecclesiastici della diocesi di Camerino-San Severino Marche;

   in seguito alla denuncia e alle indagini del nucleo Carabinieri TPC di Ancona, la Procura della Repubblica di Macerata promuove un'azione per la confisca del bene;

   sono stati acquisiti presso gli archivi di Stato di Ancona e Macerata degli atti inerenti il furto ed è stata quindi proposta all'A.G. di Macerata una Rogatoria internazionale per il recupero del bene che, tuttavia, ha esiti incerti;

   nel frattempo, il procedimento giudiziario nel nostro Paese ha affrontato tutti i previsti gradi di giudizio e nel marzo 2020 si è avuta notizia che la Corte di Cassazione ha emesso sentenza di confisca del bene;

   si ritiene che spetti al Governo risolvere la questione, che dovrebbe concludersi con successo, in ragione dell'alto numero di opere che periodicamente ci vengono restituite proprio dagli Usa, in quanto provenienti da sottrazioni illecite –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda attuare per recuperare questo bene di altissimo valore storico-artistico e devozionale sottratto illegalmente al patrimonio culturale nazionale.
(5-00526)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   CIOCCHETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   Eur spa è soggetto partecipato al 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e al 10 per cento dal comune di Roma;

   la società conduttrice GESPORT 999 srl gestisce con successo, dal 2001, il polo polisportivo «Piscina delle Rose», di proprietà di Eur spa, sede del Canottieri Eur, di eventi sociali e sportivi di notevole rilevanza locale ed internazionale. Presso «Piscina delle Rose» trovano ospitalità le società sportive della Federazione italiana nuoto che nei mesi estivi possono accedere ad uno dei pochissimi impianti con vasca olimpica senza oneri aggiuntivi. Grazie al conduttore, il polo rappresenta una voce attiva per lo Stato, attraverso la partecipata Eur spa sono incluse attività ed eventi delle Fsn del Coni, degli enti di promozione sportiva e della Federazione italiana Dragon Boat, praticato soprattutto da donne che hanno avuto un tumore al seno e subìto un intervento chirurgico;

   con la conduzione attuale la «Piscina delle Rose», che costava nel 2000 circa un miliardo l'anno di lire e versava in uno stato di degrado, oggi si è imposta come centro sportivo di eccellenza e di aggregazione sociale nel quartiere Eur, diventando un punto di riferimento. Impiega un numero importante di lavoratori: dipendenti, tecnici sportivi e collaboratori diretti e delle società sportive che operano nell'impianto e con servizi interni quali bar/ristorazione con licenza al pubblico. L'impianto, con una gestione che ha saputo fronteggiare la pandemia, subisce ora, ad avviso dell'interrogante, l'ingiustificata azione di Eur spa in presenza di una volontà transattiva della conduttrice con piena soddisfazione economica della proprietà;

   in particolare, nel 2015, a seguito di morosità, Eur spa avrebbe ottenuto la risoluzione del contratto e la convalida di sfratto, poi superata per effetto di una transazione onorata integralmente dalla conduttrice nei tempi previsti. Parallelamente, consta all'interrogante che, su proposta di Eur spa, si sia giunti ad un nuovo contratto di locazione a decorrere dal 5 agosto 2015, con superamento dell'iniziale titolo di sfratto;

   è ora insorto nuovo contenzioso che la conduttrice ha offerto di transigere, incontrando tuttavia il rifiuto Eur spa, la quale avrebbe invocato il vecchio titolo di sfratto del 2015, che tuttavia dovrebbe essere ormai ineseguibile per effetto della nuova locazione dal 2015, ed intimato il rilascio dell'immobile, che pare debba essere eseguito il 21 marzo 2023. Certa della riacquisizione della «Piscina delle Rose», e nonostante le numerose azioni giudiziarie pendenti, l'Eur spa ha poi pubblicato un avviso pubblico per la selezione del nuovo conduttore, in scadenza il 20 marzo 2023;

   all'interrogante appare bizzarro ricercare un nuovo conduttore quando già ne sussiste un altro in forza del nuovo contratto di locazione dell'agosto 2015 e desta perplessità che Eur spa, dopo 7 anni, attivi solo ora un titolo che risulta superato dai fatti;

   la situazione descritta, se confermata, appare frutto di confusione gestionale di Eur spa e rischia di mettere a repentaglio posti di lavoro, pregiudicare i risultati sportivi e il consolidato carattere di forte aggregatore sociale che la «Piscina delle Rose» ha acquisito in questi venti anni. Inoltre, la ricerca di nuovi gestori, sulla base di un bando che non sembra richiedere la verifica della sussistenza esperienza nella conduzione di impianti sportivi, ma solo la capacità finanziaria per pagare il canone di locazione, ipotizza che a Eur spa importi più far cassa che garantire una gestione coerente con il carattere di pubblica utilità sportiva e sociale che essa persegue sin dalla sua apertura –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per accertare l'ordinata gestione di Eur spa e tutelare le finalità della «Piscina delle Rose», preservandone la conduzione a salvaguardia dell'occupazione e della destinazione sportiva.
(3-00260)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BARZOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane Spa (Poste), società partecipata al 29,26 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, colloca i buoni postali fruttiferi (bpf) sul mercato in via esclusiva per conto di Cassa depositi e prestiti Spa (CDP), a sua volta partecipa all'82,77 per cento dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze e dunque da esso controllata;

   negli ultimi anni è emerso un problema inerente al rendimento dei buoni appartenenti alla serie Q/P. In particolare, si tratta di titoli, di durata trentennale, emessi su moduli di una precedente serie (nota come P); Poste, in sede di sottoscrizione, ha omesso di modificare il modulo nella parte in cui riconosce i rendimenti per il periodo dal 21° al 30° anno con una perdita, per il risparmiatore, di oltre il 50 per cento. Poste infatti ha lasciato invariato il rendimento precedente mantenendo, nel testo, la promessa ben superiore a quella prevista per la nuova serie «Q». Le informazioni del bpf, unitamente alle dichiarazioni rilasciate dagli uffici postali in ordine al riconoscimento dei rendimenti così come rappresentati sullo stesso, hanno indotto i risparmiatori a fare affidamento sul loro contenuto;

   numerosi infatti sono i risparmiatori che si sono rivolti alla giustizia ordinaria ed arbitrale per ottenere le maggiori somme rappresentate e promesse –:

   se intenda fornire informazioni puntuali sulla vicenda ed, in particolare, sull'esatto numero dei buoni Q/P emessi, l'ammontare complessivo dei buoni e quante persone abbiano effettivamente sottoscritto i buoni di questa serie.
(5-00521)


   CENTEMERO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:

   in materia di attività esercitabili dalle società di gestione del risparmio, l'articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, e successive modificazioni e integrazioni, prevede che non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia «la promozione e la conclusione, da parte di [...] società di gestione del risparmio [...] di contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma e alla prestazione di servizi di pagamento»;

   da tale disposizione sembrerebbe potersi desumere che le società di gestione del risparmio possono promuovere e concludere contratti relativi alla concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma – al pari di un intermediario finanziario iscritto nell'albo tenuto dalla Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 106 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – nonché alla prestazione di servizi di pagamento e che tali attività non configurano esercizio di agenzia in attività finanziaria o di mediazione creditizia;

   tuttavia, tale assunto non sembrerebbe trovare conferma in quanto stabilito dall'articolo 33 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, che disciplina le attività esercitabili dalle società di gestione del risparmio e in cui non vi sono riferimenti all'attività di promozione e conclusione di contratti relativi alla concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma e alla prestazione di servizi di pagamento;

   anche il Regolamento della Banca d'Italia del 19 gennaio 2015 in materia di gestione collettiva del risparmio, come successivamente modificato ed integrato, nulla prevede al riguardo: in particolare, al Titolo II, Capitolo III, del citato Regolamento, relativamente alle attività esercitabili dalle società di gestione del risparmio, quella di promozione e conclusione di contratti relativi alla concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma e alla prestazione di servizi di pagamento non è espressamente contemplata tra le attività connesse, strumentali, le altre attività ovvero i servizi accessori che possono essere svolti dalle società di gestione del risparmio –:

   quali chiarimenti di propria competenza intenda fornire in relazione alle tipologie di attività esercitabili dalle società di gestione del risparmio, con specifico riferimento alle disposizioni citate in premessa.
(5-00522)


   FOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il teleriscaldamento è un sistema affidabile ed efficiente per riscaldare le case che rispetta l'ambiente e utilizza risorse disponibili sul territorio: esso infatti si caratterizza come un sistema completo di produzione e distribuzione di calore, che può essere generato in modo efficiente, sfruttando differenti fonti energetiche, rinnovabili e non rinnovabili;

   a partire dal secondo semestre del 2021, contestualmente all'incremento delle quotazioni del gas naturale, si è verificato una progressiva crescita dei prezzi del servizio di teleriscaldamento, fenomeno che si è ulteriormente accentuato a partire dal primo trimestre del 2023: il valore mediano dei prezzi applicati dagli operatori del settore nel trimestre ha infatti raggiunto il livello di circa 190 €/Megawatt-ora, a fronte di un valore inferiore ai 100 €/Megawatt-ora nel biennio precedente;

   l'incremento dei prezzi registrato nel settore del teleriscaldamento deriva dalle modalità di determinazione e di aggiornamento dei corrispettivi adottate dagli esercenti: la maggior parte delle offerte commerciali (83 per cento) è, infatti, aggiornata sulla base dell'andamento delle quotazioni del gas naturale, che rappresenta la principale fonte energetica per la produzione di energia termica nel settore del teleriscaldamento (circa il 69 per cento del consumo energetico complessivo);

   i decreti Aiuti e la legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) hanno previsto per le aziende/attività allacciate al gas naturale l'accesso al credito di imposta in ragione dei rincari dei costi energetici; lo stesso, tuttavia, non è previsto per quelle allacciate al teleriscaldamento, nonostante questo rappresenti la scelta più ecologica;

   gli incrementi di prezzo che si sono registrati nel settore possono metterne a rischio la sostenibilità economica, con gravi ricadute di carattere economico e sociale, specialmente per gli utenti in condizione di disagio economico; il teleriscaldamento, infatti, è una scelta di sostenibilità ambientale ed economica perché comporta l'eliminazione dei costi di acquisto della caldaia e una riduzione dei costi di esercizio e manutenzione rispetto agli impianti termici tradizionali, con un maggiore livello di sicurezza;

   dal punto vista ambientale, quindi, il teleriscaldamento garantisce una maggiore efficienza energetica, un risparmio del combustibile utilizzato ed un minor consumo di fonti primarie di energia di origine fossile. I benefici del teleriscaldamento, inoltre, sono anche territoriali, in quanto esso favorisce l'attuazione di una politica più razionale nell'uso delle fonti energetiche –:

   se intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per concedere accesso al credito d'imposta anche per le attività allacciate al teleriscaldamento, essendo le tariffe dello stesso vincolate al prezzo del gas per cui ciò è attualmente previsto.
(5-00524)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 126-147, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha introdotto una disciplina organica in relazione al trattamento fiscale delle cripto-attività, colmando talune lacune normative riferite alle fattispecie di detenzione e cessione delle medesime;

   le sopracitate disposizioni rappresentano un positivo elemento di novità e, soprattutto, di certezza per gli operatori del settore e, per tale motivo, sarebbe opportuno – a parere dell'interrogante – proseguire nel percorso di regolamentazione in materia di cripto-attività;

   in primo luogo, occorrerebbe definire i criteri di collegamento idonei a integrare il requisito della territorialità con riferimento alla tassazione, in Italia o all'estero, dei redditi derivanti da cripto-attività: sul punto, con risposta a interpello n. 397/2022, l'amministrazione finanziaria ha ritenuto applicabile in via analogica alle valute virtuali il medesimo criterio adottato per gli strumenti finanziari, considerando rilevanti in Italia i redditi rivenienti da depositi presso intermediari italiani e, nel caso in cui le criptovalute siano detenute al di fuori del circuito degli intermediari, nel Paese in cui è localizzato il wallet;

   al riguardo, si ritiene più adeguato prescindere dal luogo pro tempore in cui è localizzato il wallet sul quale il contribuente dispone delle valute virtuali, adottando invece il criterio del luogo di residenza fiscale del contribuente che può disporre delle stesse, come già individuato dall'amministrazione finanziaria spagnola, in sede d'interpello, ai fini dell'assoggettabilità Iva degli Nft (cfr. DGT V0486-22 del 10 marzo 2022);

   non essendo stabiliti i cambi ufficiali delle criptovalute in Italia, come invece avviene in altri Paesi quali la Svizzera, appare opportuno, altresì, delimitarne la prova del costo d'acquisto;

   parimenti, la raccolta di capitali ad esito dell'emissione di security token non sembrerebbe necessariamente dar luogo a base imponibile e, pertanto, potrebbe valutarsi se la possibilità di veicolarla – in assenza di controprestazione ed esclusivamente con riparto in sede liquidatoria – tramite enti non commerciali e di assimilare i capitali stessi alle somme versate dagli associati integri un'esclusione dalla base imponibile Ires dell'ente non commerciale emittente;

   in ultimo, non risulterebbe sufficientemente specificato quale assetto giuridico possano assumere le Decentralized autonomous organizations (Dao), né se l'attività da esse svolta, di mera raccolta dei dati relativi alle interazioni finanziarie dei detentori di token, possa univocamente qualificarsi come non commerciale –:

   se e quali iniziative, anche di carattere normativo, si intenda adottare al fine di definire il perimetro di operatività delle disposizioni sulle criptovalute per gli addetti del settore.
(5-00530)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GHIO, BARBAGALLO, BAKKALI, CASU e MORASSUT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 14 febbraio 2023 scaduti i 30 giorni di tempo per l'adozione del decreto interministeriale di attuazione della proroga, per il 2023, del cosiddetto «bonus trasporti» con un impatto negativo diretto sulla vita lavorativa, scolastica dei cittadini e sui bilanci delle famiglie;

   il bonus, da 60 euro, è riconosciuto in favore delle persone fisiche che nell'anno 2022 hanno conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro, in diminuzione rispetto ai 35.000 euro di reddito previsti in precedenza;

   ancora oggi, a marzo, non si hanno notizie circa il decreto attuativo atteso, di competenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il rischio concreto di far perdere a studenti e lavoratori anche la possibilità di utilizzare il bonus ad aprile;

   oltretutto, questo decreto attuativo si rende necessario a causa dell'indecisione del Governo che in un primo momento non ha ritenuto di prorogare la misura già in vigore nel 2021 e nel 2022, per poi fare marcia indietro e reintrodurre il bonus trasporti a seguito delle proteste degli oltre 3 milioni di utenti dei servizi di trasporto pubblico, che grazie al bonus di 60 euro mensili avevano avuto un aiuto concreto per affrontare la crescita dell'inflazione;

   nella riproposizione del bonus trasporti per il 2023, tuttavia sono pressoché dimezzati sia le risorse del fondo (da 190 a 100 milioni di euro) sia il limite di reddito per poter richiedere il bonus (da 35.000 a 20.000 euro);

   la riduzione delle risorse e il ritardo dell'emanazione del decreto attuativo rischiano di vanificare l'efficacia della misura e di pesare sulle famiglie che avevano interesse ad usare il voucher soprattutto per l'acquisto di un abbonamento annuale;

   senza il decreto attuativo non è possibile usufruire della misura, in quanto mancano le indicazioni per la presentazione delle domande e il rilascio del buono –:

   quale sia l'intendimento dei Ministri interrogati in merito all'adozione urgente del decreto ministeriale, necessario per rendere di nuovo utilizzabile il bonus trasporti da parte dei cittadini e delle famiglie italiane particolarmente esposti dal punto di vista economico.
(4-00666)


   BUONGUERRIERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Bagno di Romagna (Forlì-Cesena) è presente il lago di Acquapartita, un corpo idrico superficiale ad alta valenza turistica e naturalistica, immerso in 370 ettari di boschi, seminativo e pascoli, storicamente denominato Macchia del Comero;

   il Comune, nel 2017, ha avviato l'iter di demanializzazione del lago, affermando di essere proprietario del lago e delle aree adiacenti concesse a livello con conseguente obbligo dei livellari di corrispondere al Comune un canone annuale. Nel 2018 ha inserito tali beni nel Dup (Documento unico di programmazione) quale patrimonio comunale da valorizzare o alienare per un valore indicato di 1.728.160 euro. Risulta che alcuna delle procedure richiamate nei documenti, nello specifico la procedura di demanializzazione del lago, di affrancazione dai diritti di livello, di costituzione di una commissione per la definizione dei diritti reali gravanti sull'area sia stata, poi, portata avanti dal Comune;

   con delibera della Giunta comunale n. 140 del 26 novembre 2020, il Comune ha poi attivato una causa contro la RIV Srl con sede a Cervia (Ravenna) a tutela dei propri «diritti pieni ed esclusivi» sui terreni ubicati nella Frazione Acquapartita concessi in passato «a livello» e distinti al NCT, foglio 101, particelle 214, 215, 291, 400, 401, 404, 405, 406, 1078, 1178, 1179, 1194, 1195, 1198 e 1206;

   con successiva delibera del 13 settembre 2022, la n. 33 il Consiglio comunale ha però approvato una procedura di mediazione con la stessa RIV Srl e con Comero Nord Srl. Con l'approvazione il Comune di fatto ha rinunciato alla riscossione delle annualità dei canoni dovuti in base al diritto di livello non prescritte e non corrisposte, al diritto di proprietà su diverse particelle a corona del lago di Acquapartita e sulla Macchia del Comero, il cui valore commerciale minimo, applicando le tabelle Vam 2020 (valore agricolo medio) solitamente utilizzate per le procedure di esproprio, si ritiene ammonti a circa 2.000.000 di euro;

   dalla documentazione disponibile presso l'Archivio storico comunale risulta che nel 1782 il Comune, proprietario della Macchia del Comero ivi inclusa l'attuale area del Lago di Acquapartita, decise di procedere mediante pubblico avviso alla assegnazione di tale territorio con contratti a livello senza scadenza e quindi a carattere perpetuo con obbligo di corresponsione di canoni annuali determinati in base alla estensione e qualità delle singole porzioni, fermo restando il titolo di proprietà in capo al Comune;

   dalla documentazione consultabile presso l'Archivio di Stato di Forlì si evince che, quantomeno a partire dal 1943, la quasi totalità di tali porzioni di territorio è stata ripetutamente trasferita mediante testamento o con atti notarili di compravendita dai quali risulta trasferito il possesso ma non la proprietà rimasta in capo al Comune fino agli eventi descritti;

   da quanto narrato emergono casi potenziali di responsabilità, anche in termini di danno erariale;

   consta anche un approfondimento richiesto nel 2018 dal Comune all'Agenzia del demanio circa l'opportunità di inserire il lago di Acquapartita tra le aree demaniali;

   tenuto conto della assenza di un provvedimento giudiziario definitivo, ciò è stato segnalato all'amministrazione comunale sia con relazioni scritte sia nelle commissioni consiliari e nei consigli comunali nel tempo tenutisi, paventando la rinuncia al diritto di proprietà pieni ed esclusivi in favore di soggetti privati –:

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, in ordine alla natura dei beni in questione, e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per evitare significative svalutazioni o dismissioni del patrimonio pubblico.
(4-00675)

FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la riduzione delle spese sulle bollette di elettricità e gas naturale attraverso uno sconto in bolletta per tutti gli utenti domestici e non domestici in condizioni economicamente svantaggiate, cosiddetto bonus bollette, è stato introdotto per la prima volta dall'articolo 30 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «Decreto Rilancio»), recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   i rincari delle bollette di luce e gas causati dalla guerra russo-ucraina e dal conseguente aumento dei costi delle materie prime hanno aggravato la situazione di difficoltà per cittadini e imprese, già fortemente provati dalla crisi economica post pandemica e per questo motivo la manovra approvata dall'attuale Governo ha deciso di rafforzare il bonus sociale, prorogando il potenziamento dell'agevolazione per i primi tre mesi del 2023 e innalzandola soglia dell'ISEE dei beneficiari, portandola dagli attuali 12.000 a 15.000 euro. Tuttavia, per le famiglie numerose, ovvero quelle con almeno 4 figli a carico, resta ferma la soglia dei 20.000 euro;

   aumentare il limite ISEE per poter beneficiare del «bonus bollette» per le famiglie con almeno 4 figli a carico costituisce un riconoscimento dovuto ed equo, che potrebbe costituire un significativo aiuto a queste famiglie già da sempre in difficoltà: ogni anno l'Istat certifica il graduale impoverimento delle famiglie con tre e più figli ed ogni anno la percentuale di famiglie numerose povere aumenta sistematicamente. Nel 2006 il 3,8 per cento delle famiglie con 5 e più componenti viveva al di sotto della povertà relativa. Nel 2021 questa percentuale è arrivata addirittura al 22,6 per cento e purtroppo, è facile prevedere un ulteriore impoverimento, dovuto proprio al caro bollette e all'inflazione;

   nel periodo del dopoguerra, infatti, le famiglie formate da 5 componenti o più erano 3.437.440 e rappresentavano il 21,5 per cento del totale delle famiglie residenti; sulla base dell'ultimo censimento effettuato nel 2018-2019, invece, se ne contano attualmente solo 1.318.804, le quali costituiscono poco più del 5 per cento delle famiglie censite. In Italia, dunque, ormai da anni, al crescere del numero di figli cresce anche il rischio povertà: una tendenza che pesa sul futuro del Paese;

   arginare il forte calo demografico dell'ultimo decennio con importanti misure di sostegno alla famiglia è fondamentale per evitare che l'Italia assista a un progressivo invecchiamento della sua popolazione, perdendo competitività rispetto agli altri Paesi europei –:

   se intenda valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza volte ad aumentare il limite ISEE per poter beneficiare dello sconto sulle bollette energetiche per le famiglie con almeno quattro figli a carico.
(4-00672)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   D'ALFONSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio di domenica 5 marzo 2023, un giovane detenuto italiano di 46 anni, originario di Teramo, ha deciso di togliersi la vita nella sua cella della casa circondariale di Pescara. Un ennesimo tragico evento nelle carceri abruzzesi che alza le luci d'allarme sul sistema carcerario italiano;

   l'associazione Antigone, attraverso il suo Osservatorio, parla del 2022 come «dell'anno dei suicidi in carcere». In dodici mesi hanno dato fine alla propria esistenza 84 detenuti, uno ogni cinque giorni, circa 20 volte in più di quanto avviene nel mondo «libero»;

   in una nota consegnata alla stampa, a commento di quanto accaduto a Pescara, il Sindacato autonomo polizia penitenziaria, attraverso il suo Segretario generale ha sottolineato come «la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l'ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di polizia penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni»;

   la casa circondariale di Pescara è da tempo alle prese con una non più sostenibile condizione di sovraffollamento di detenuti psichiatrici, allontanati perlopiù dagli istituti laziali per ragioni di ordine e sicurezza, e che oggi compongono circa il 17 per cento della popolazione totale del carcere di Pescara – circa 60 su quasi 360 detenuti – in presenza di un reparto Atsm di 7 posti al massimo;

   i dati che riguardano il personale della casa circondariale di Pescara parlano di un organico di 167 unità di polizia penitenziaria previsti, e di una forza di polizia effettiva di 109, -58 unità, pari a una carenza del -33,54 per cento, a fronte di un dato medio di carenza nazionale del -14 per cento. Negli ultimi 4 anni si sono verificate 3 evasioni, a causa del muro di cinta inadeguato ai vigenti standard di sicurezza;

   anche le segreterie regionali maggiormente rappresentative della polizia penitenziaria hanno denunciato in questi giorni il grave stato in cui versa la casa circondariale di Pescara evidenziando le carenze strutturali dell'istituto, gli spazi non più idonei all'attuale sovraffollamento e spesso non in linea con i dettami normativi, un muro di cinta così basso ed instabile da rendere indispensabile una sua ricostruzione ex-novo, una mensa di servizio posta all'interno del carcere, così come la minuscola caserma agenti, fatta di stanze anguste promosse al rango di spogliatoi per il personale, ma che in realtà sono fatiscenti ed inadatte all'odierno scopo, anche per l'infelice collocazione dentro il carcere che non concede nemmeno che in quella mezz'ora dedicata al pranzo il personale possa godere di un minimo relax;

   secondo l'interrogante non è più rinviabile, inoltre, l'invio di nuovi addetti di polizia penitenziaria, con adeguata formazione professionale e l'invio di medici specializzati capaci di fronteggiare con competenza chi ha problemi di natura psichiatrica –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione esposta in premessa e, per quanto di sua competenza, intenda adottare iniziative volte a garantire il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione, che pone la salute quale fondamentale diritto dell'individuo e della collettività, oltre che promuovere progetti di revisione dei circuiti penitenziari regionali, dato che ad oggi in tutti gli istituti abruzzesi convivono circuiti spesso incompatibili tra loro e che aumentano le difficoltà gestionali dei reclusi;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato, intenda attuare per far fronte all'emergenza di personale di polizia penitenziaria, di psichiatri, di educatori e di personale sanitario e all'inadeguatezza strutturale della casa circondariale di Pescara, costantemente colpita da eventi critici ingestibili.
(3-00255)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ancora una volta, anche in questa legislatura, l'interrogante interviene per sottolineare le difficilissime condizioni lavorative del personale di polizia penitenziaria in servizio presso gli istituti penitenziari di Parma, dove scontano la pena circa 700 persone, 65 delle quali in regime di massima sicurezza;

   in data 8 marzo 2023, un agente di polizia penitenziaria sarebbe stato aggredito da un detenuto magrebino, per futili motivi. Altri due operatori ivi presenti sarebbero riusciti a bloccare tempestivamente l'aggressore, scongiurando l'ulteriore degenerarsi della situazione. Il poliziotto aggredito sarebbe stato, successivamente, visitato dai sanitari del pronto soccorso del nosocomio cittadino che lo avrebbero giudicato guaribile in 5 giorni, salvo complicazioni;

   in data 15 marzo 2023, una denuncia dei sindacati ha reso pubblica l'aggressione brutale, avvenuta nello stesso carcere, da parte di un detenuto italiano particolarmente violento, trasferito da un'altra città, per ragioni giudiziarie, ai danni di quattro agenti di polizia penitenziaria;

   si legge nel comunicato che i quattro agenti del nucleo traduzioni e piantonamenti di Parma si sono trovati a respingere la ferocia del recluso, non senza aver rischiato, ancora una volta, la propria incolumità fisica, considerato che il carcerato, uomo di stazza notevole e indole assai violenta, dimostrata costantemente negli innumerevoli istituti che avrebbe girato in regione, avrebbe provato a strangolare una unità della scorta, dopo averne aggredito un'altra;

   il personale del penitenziario di Parma e, più in generale, quello in servizio presso gli istituti penitenziari regionali, quasi quotidianamente, è costretto ad affrontare eventi critici di particolare rilievo e gravità, rischiando costantemente la propria incolumità psicofisica, senza che i vertici dell'amministrazione adottino i provvedimenti necessari ad arginare le crescenti intemperanze dei reclusi. La situazione è incandescente, malgrado il superiore ufficio regionale abbia recentemente avuto l'ardire di dichiarare che non siano emersi, nell'ultimo periodo, elementi di novità tali da suggerire l'urgenza di convocare i rappresentanti dei lavoratori per studiare possibili soluzioni ai problemi che gli stessi segnalano, inascoltati, da mesi;

   dopo gli episodi descritti e quelli ulteriori degli ultimi giorni, che hanno visto un recluso lanciare dell'olio bollente verso un poliziotto ed un altro vigoroso tentativo di strangolamento ai danni di una unità di polizia penitenziaria, si imporrebbe la calendarizzazione di incontri in cui analizzare la problematica e vagliare ogni possibile soluzione, con il necessario coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori e, quindi, di chi opera all'interno del fronte detentivo;

   preme ribadire che nella casa circondariale di Parma sono ospitati molti reclusi aventi problemi di natura psichiatrica o sanitaria grave e di ogni sorta di circuito detentivo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali urgenti iniziative intenda adottare per restituire ordine e sicurezza all'interno della casa circondariale di Parma, con particolare riferimento all'incolumità degli agenti di polizia penitenziaria che vi operano con sempre maggior sacrificio.
(4-00680)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta orale:


   APPENDINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato il 2 luglio 2020 il documento definitivo con le proposte per la «Strategia italiana per l'intelligenza Artificiale» sulla base di un lavoro del gruppo di esperti selezionati dallo stesso Ministero che hanno recepito le osservazioni pervenute a seguito della predefinita consultazione pubblica;

   il Consiglio dei ministri del 3 settembre 2020 aveva identificato la città di Torino come centro principale da cui far partire le azioni contenute nel documento strategico sull'intelligenza artificiale per il nostro Paese;

   il decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 23 luglio 2021, istituiva la fondazione Centro italiano di ricerca per automotive, competente sui temi tecnologici e sugli ambiti applicativi relativi all'automotive e aerospaziale, con sede a Torino;

   in particolare, il comma 3 dell'articolo 62-bis del citato decreto-legge n. 73 del 2021 stabiliva, ai fini del rapido avvio delle attività della fondazione, la nomina, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico, di un comitato di coordinamento con il compito di predisporre lo schema di statuto della fondazione;

   tale decreto, firmato in data 30 giugno 2022, ha nominato il comitato presieduto da Filippo Giansante, dirigente generale della Direzione VII del Dipartimento del tesoro (designato dal Ministro Franco), Giovanni Betta, professore ordinario di Cassino e del Lazio Meridionale (designato dalla Ministra Messa) e Mario Antonio Scino, vice Capo di gabinetto del Ministero dello sviluppo economico, (designato dal Ministro Giorgetti);

   il comitato correttamente costituito aveva il compito, entro novanta giorni dalla nomina (e quindi entro il mese di settembre 2022), di redigere lo schema di statuto della Fondazione che avrebbe dovuto dare vita concretamente al Centro per l'intelligenza artificiale di Torino, con un budget annuale di 20 milioni di euro;

   non risultano, all'interrogante la predisposizione del previsto statuto e la conseguente adozione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con la Ministra dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico, nonostante la sua oggettiva, rilevante e strategica urgenza;

   è stata quindi presentata un'interpellanza urgente (n. 2-00020) alla quale è stata data risposta in Aula il 25 novembre 2022;

   in quella sede il Governo rispose che, a seguito dell'insediamento del Comitato di coordinamento della Fondazione, si era dato avvio all'iter di perfezionamento dello Statuto e che questo era arrivato alla fase finale e avrebbe visto la luce «nelle prossime settimane» –:

   se sia terminata la stesura dello Statuto;

   quali aggiornamenti siano disponibili sul tema.
(3-00253)


   APPENDINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le radici della tradizione radiotelevisiva, e della ricerca tecnologica a questa associata, trovano sede naturale nella città di Torino e nel Piemonte;

   Torino ne è protagonista dal 1896, con la prima proiezione in Italia dei Fratelli Lumière ed oggi set di numerose produzioni radiotelevisive e cinematografiche, grazie ad una filiera altamente specializzata;

   il Centro di produzione Rai di Torino è uno dei 4 centri di produzione televisiva e radiofonica della Rai, insieme a quelli di Roma, Milano e Napoli;

   questo centro occupa lavoratrici e lavoratori di alta professionalità per tutti quei settori necessari a sviluppare e supportare la produzione di prodotti televisivi, e diverse altre migliaia in un indotto che risiede ed opera in tutto il territorio regionale;

   attualmente non è noto un piano industriale dell'azienda e come, all'interno di questo piano, sia coinvolto il Centro di produzione Rai di Torino;

   si rileva, infatti, la necessità e l'urgenza di una prospettiva che coinvolga questo Centro di produzione dal punto di vista immobiliare, degli investimenti sull'innovazione tecnologica, della produzione e, non ultimo, del personale;

   il centro infatti dispone di spazi sottoutilizzati e tecnologia all'avanguardia necessaria alla produzione televisiva o a possibili specializzazioni;

   questo rende quindi realizzabile, e necessario, anche un aumento le produzioni a tutto campo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza, per quanto di competenza, del nuovo piano industriale della Rai e nello specifico come verrà coinvolto il Centro di Torino;

   se siano conoscenza di progettualità future che riguardano il suddetto Centro dai vari punti di vista già descritti in premessa;

   se intendono avviare in maniera urgente un tavolo di confronto presso il Centro di produzione Rai di Torino.
(3-00257)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 30 novembre 2021, n. 285, sono state introdotte nuove regole sulla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari fatte da produttori agricoli o da persone fisiche o giuridiche, stabiliti in Italia, alla luce della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, e dell'articolo 7 della legge 22 aprile 2021, n. 53;

   in particolare, l'articolo 4 del presente decreto introduce norme finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, per perseguire un maggior equilibrio tra coloro operanti nell'ambito della stessa filiera, stabilendo nello specifico al comma 1 lettera A nn. 1-2 che, per evitare il manifestarsi di una pratica commerciale sleale, nei contratti di cessione con consegna pattuita su base periodica, il pagamento del corrispettivo al fornitore deve avvenire entro 30 giorni dalla consegna oppure entro 30 giorni dalla data convenuta per il pagamento, a seconda di quale delle due date sia successiva, per prodotti agricoli e alimentari deperibili, o ancora entro 60 giorni dalla consegna oppure entro 60 giorni dalla data convenuta per il pagamento, a seconda di quale delle due date sia successiva, per prodotti agricoli e alimentari non deperibili;

   la portata della normativa è molto ampia applicandosi ad una categoria estesa di prodotti e a tutte le cessioni professionali che coinvolgono una persona fisica o giuridica che vende prodotti, senza però tenere minimamente in considerazione il fatturato di fornitore ed acquirente. La norma, quindi, trova sempre applicazione a prescindere dal volume d'affari dei soggetti contraenti;

   è evidente che chiedere alle aziende italiane, che si qualificano prevalentemente come piccole e medie imprese, di rispettare i predetti termini, indipendentemente dal loro fatturato, contribuisce ad aggravare la situazione di crisi in cui già versa la maggior parte delle stesse a causa dell'emergenza pandemica, del conflitto russo-ucraino e degli extra-costi per elettricità e gas. Inoltre, per il mancato rispetto dei termini di pagamento stabiliti all'articolo 4, comma 1, lettera A nn. 1-2, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3,5 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio precedente all'accertamento, percentuale che potrebbe peggiorare ulteriormente lo stato patrimoniale delle aziende coinvolta –:

   se si intenda valutare l'opportunità di prevedere che il pagamento del corrispettivo al fornitore possa avvenire in termini differenti a seconda del diverso volume d'affari delle singole aziende, sulla base della previsione di singole fasce reddituali.
(5-00519)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2023 l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) ha posto Eurovita s.p.a. e di Eurovita Holding s.p.a. in amministrazione straordinaria, nominando commissario il dottor Alessandro Santoliquido;

   il 6 febbraio 2023, l'Ivass ha disposto la sospensione temporanea della facoltà dei contraenti di esercitare i riscatti regolati dai contratti di assicurazione e di capitalizzazione sottoscritti con Eurovita fino al 31 marzo 2023;

   il 22 febbraio Flavia HoldCo Limited (una entità appartenente al fondo di private equity Cinven) ha versato 100 milioni di euro in conto capitale, a fondo perduto, a Eurovita, dimostrando interesse a salvare la compagnia;

   il 7 marzo 2023 nel corso della riunione di ANIA sarebbero emersi dubbi e perplessità in merito al salvataggio di Eurovita da parte delle principali compagnie assicurative (Generali, Intesa San paolo Vita, Unipol);

   il blocco dei riscatti riguarda 353.000 clienti, per un totale di 15,3 miliardi di euro investiti su 413.000 polizze;

   la distribuzione dei prodotti Eurovita coinvolge 6500 consulenti finanziari ed oltre 1000 sportelli bancari di numerosi partner distribuitivi tra i quali FinecoBank, Banca Fideuram, gruppo Credem, Sparkasse, moltissime Banche di Credito Cooperativo, Deutsche Bank e Banca Popolare di Puglia e Basilicata;

   la preoccupazione degli oltre 350.000 risparmiatori cresce all'avvicinarsi della scadenza del 31 marzo e della prospettiva di una procedura di liquidazione coatta amministrativa, con i conseguenti rischi sugli importi rimborsati ed i tempi di restituzione;

   si tratta di persone che hanno cercato di difendere dall'inflazione e da eventi critici i risparmi di una vita ricorrendo a polizze vita o pensionistiche a basso rischio e non di soggetti spericolati che hanno impegnato il proprio denaro in investimenti speculativi ad alto rischio alla ricerca di facili guadagni;

   da ciò che si apprende, le principali associazioni a difesa dei consumatori sono in procinto di avviare azioni legali collettive per salvaguardare i diritti dei risparmiatori;

   la mancata risoluzione della crisi, secondo l'interrogante, potrebbe provocare un grave danno reputazionale sia alle altre compagnie assicurative sia agli importanti istituti di credito che hanno proposto e venduto i prodotti di Eurovita percependo significative commissioni –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, si intenda intraprendere per la positiva risoluzione della crisi, segnatamente al fine di tutelare i risparmiatori coinvolti.
(5-00525)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ALFONSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 giugno 2021, nei pressi dell'ingresso della galleria che conduce nel paese di Sant'Eufemia a Majella, in provincia di Pescara, della SS 487 Caramanico Terme, si è verificato il distacco di un masso da un lato di un colle sovrastante denominato «La Civita» che ha interrotto lo scivolamento, fortunatamente senza danni a persone, nella carreggiata sottostante;

   un evento simile, con un masso di dimensioni molto più grandi, si verificò nel novembre 2012, prontamente risolto da un intervento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la messa in sicurezza temporanea del versante, effettuato dal Genio Civile, e alla conseguente assunzione di responsabilità delle istituzioni coinvolte;

   in data 9 giugno 2021 con ordinanza 73/2021/AQ, in relazione alle valutazioni effettuate sulle esigenze di sicurezza e di fluidità della circolazione del traffico, il competente Centro di manutenzione di ANAS Spa ha evidenziato la necessità di emettere formale ordinanza per la chiusura in entrambe le direzioni di marcia della SS 487 «Caramanico Terme» tra il km 19+000 ed il km 20+700;

   in data 7 luglio 2021, con nota 281987/21, il Servizio difesa del suolo della regione Abruzzo ha autorizzato l'intervento di somma urgenza ex articolo 3 della legge regionale n. 17 del 30 maggio 1974 e comma 1 dell'articolo 163 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 a tutela della pubblica incolumità nel Comune di Caramanico Terme a causa del crollo del blocco lapideo di cui sopra;

   il progetto per la realizzazione di lavori di difesa ai piedi del versante «La Civita» lungo la direttrice di scivolamento del masso, si è concentrata sui sistemi di difesa passiva, optando per la realizzazione di un paramassi che rappresenta il metodo di difesa passiva più efficace ed economico;

   con nota del 25 novembre 2022 protocollo n. 0504924/22, il Servizio genio civile regionale, ha comunicato che i lavori di realizzazione della barriera in terre armate «sono stati completamente ultimati nel tratto interessato dallo scivolamento del blocco lapideo precipitato dal versante della "Civita" il giorno 8 giugno 2021 significando doverosamente che gli interventi posti in essere non sono da intendersi completamente risolutivi delle problematiche in essere a causa della vastità del versante interessato dai distacchi e degli imponderabili cinematismi che si possono ingenerare in futuro, ma sono da intendersi comunque idonei ad eliminare le situazioni di immediato pericolo più frequente nel tratto di intervento»;

   da notizie assunte è, ad oggi, indefinita la specifica competenza riguardante il soggetto deputato all'esecuzione dell'intervento risolutivo della problematica. È, inoltre, assente l'inserimento dell'intervento nei programmi di finanziamento regionali e nazionali, nonostante il comune di Caramanico non solo disponga già da tempo della progettazione esecutiva (costata 108.000 euro) ma ha di recente affidato il servizio tecnico di una seconda progettazione per un ulteriore costo di 200.000 euro, mentre risulta ancora incerta la definizione di un adeguato sistema di monitoraggio dell'area;

   è opinione dell'interrogante che l'interruzione del tratto della galleria, ancora chiusa dal giorno dell'evento di distacco del masso, stia causando disagi alle popolazioni residenti di Sant'Eufemia a Majella e Caramanico Terme, in considerazione dello stato di dissesto del manto stradale di collegamento alternativo tra le due località, e danni all'economia derivante dal turismo verde di cui le due cittadine della alta Val Pescara sono principali attrattori –:

   se i Ministri interrogati dispongano di elementi conoscitivi della problematica esposta in premessa e, per quanto di loro competenza, intendano adottare iniziative volte alla definitiva messa in sicurezza del versante oggetto di ripetuti eventi franosi e all'attivazione di verifiche volte a definire le competenze di esecuzione dell'intervento, oltreché alla riapertura della galleria sulla SS 487 «Sant'Eufemia», nel tratto sottostante il versante roccioso denominato «La Civita»;

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano perseguire per contrastare le tante emergenze, che colpiscono molti borghi montani del nostro Paese, causate da fenomeni di dissesto idrogeologico.
(4-00674)


   GHIRRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in merito all'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00223 sul tema dell'emergenza idrica in Sardegna, presentata in data 12 gennaio 2023 dall'interrogante, il sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti onorevole Ferrante è intervenuto alla Camera in data 14 marzo 2023 evidenziando come nell'ambito del Pnrr siano state finanziate 10 opere di infrastrutture idriche da realizzarsi in Sardegna, per un importo pari a circa 148 milioni di euro, e che investimenti per ulteriori 50 milioni siano stati assegnati all'Ente di governo d'ambito della Sardegna per la riduzione delle ingentissime perdite idriche del sistema idrico sardo;

   il decreto con cui sono state stanziate le risorse risale al 16 dicembre 2021 (decreto Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 517 del 16 dicembre 2021), quando il Ministro era Enrico Giovannini, eppure non risultano all'interrogante siano stati apportati da allora significativi miglioramenti della situazione che anzi, anno dopo anno aumenta di criticità;

   il Sottosegretario ha riferito essere una priorità del Governo la risoluzione della siccità, a testimoniarlo sarebbe l'istituzione di un tavolo interministeriale convocato di recente dal Presidente del Consiglio dei ministri per definire un piano idrico straordinario nazionale, individuare priorità di intervento e programmazione;

   il Consiglio dei ministri ha annunciato di voler approntare un provvedimento denominato «decreto acqua», che dovrebbe contenere le misure necessarie per far fronte alla scarsità idrica nel nostro Paese;

   lo stato delle risorse idriche in Sardegna e le previsioni sulla situazione della siccità nei prossimi mesi estivi continua a destare forte preoccupazione nell'opinione pubblica sarda in ragione del fenomeno di decremento delle falde acquifere e dell'insufficiente portata degli invasi esistenti;

   in assenza di immediati e adeguati provvedimenti si temono in particolare pesanti ripercussioni sul tessuto sociale e produttivo dell'Isola –:

   a che punto sia la realizzazione delle opere finanziate;

   quali benefici specifici si attendano da ciascuna di esse;

   se con quelli finanziati si ritengano esauriti gli interventi necessari per far rientrare lo stato di preallarme siccità in Sardegna e/o quali ulteriori iniziative intendano approntare i Ministri interrogati per evitare che la prossima stagione estiva si verifichino i pesanti disagi riscontrati già negli ultimi anni a causa della siccità e dei correlati provvedimenti di razionamento delle risorse idriche a carico di soggetti produttivi e collettività.
(4-00688)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   BELLOMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 26 marzo 2017, la dottoressa R.S., allora dirigente della squadra mobile della Questura di Pisa ed in stato di gravidanza alla quarta settimana, a bordo della sua autovettura, fu coinvolta a Roma in un tentativo di furto da parte un rapinatore armato in scooter, che si concluse con l'arresto dello scippatore;

   a seguito della violenta colluttazione, ella fu ricoverata in ospedale, riportando una prognosi di giorni 15 per traumi ed abrasioni, ed al rapinatore fu determinata una pena di 4 anni di reclusione e 1.600 euro di multa (sentenza di appello 8 ottobre 2018);

   in data 12 novembre 2019 con decreto del capo della Polizia, alla dottoressa S. fu riconosciuto lo status di «vittima del dovere» per le lesioni riportate e, nel mese successivo, conferito il titolo di «ambasciatrice del Molise nel mondo»;

   nonostante la proposta, in data 5 giugno 2017, al Ministero dell'interno da parte del questore di Roma di conferimento di promozione per merito straordinario in favore della dirigente, fu notificato (con decreto del capo della Polizia del 21 luglio 2020) il non accoglimento della presentazione di promozione alla qualifica superiore;

   in data 23 ottobre 2020, la dottoressa ricevette la nota ministeriale con allegato l'encomio solenne e, il mese successivo, decise di presentare ricorso amministrativo presso il TAR Puglia avverso tutti i provvedimenti contrari al riconoscimento della promozione per meriti straordinari;

   il 31 dicembre 2020, con sentenza del TAR Puglia, sezione di Lecce, è stata accolta l'impugnativa e annullato l'atto, ordinando che la sentenza fosse eseguita dall'autorità amministrativa. Il 22 giugno 2021 il Ministero dell'interno, avverso la citata sentenza, ha proposto, ad avviso dell'interrogante inopinatamente, appello al Consiglio di Stato –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza volte a fornire urgentemente una risposta che sani la situazione segnalata in premessa attribuendo alla dottoressa S. quanto ha meritato sul campo con unanime e pubblico riconoscimento.
(3-00261)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'ORSO, GIULIANO, ASCARI, PAVANELLI e MORFINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il problema dei passaporti italiani sta creando gravi difficoltà per molti cittadini che intendono viaggiare all'estero o che risiedono all'estero;

   negli ultimi mesi si è verificata una situazione preoccupante: molte persone si sono trovate a dover affrontare ritardi considerevoli per ottenere o rinnovare il loro passaporto, alcuni cittadini non sono riusciti ad ottenerlo in tempo utile ed hanno dovuto rinunciare a viaggi programmati anche per ragioni di cura, familiari, di studio e di lavoro;

   da notizie di stampa si apprende che questi ritardi siano causati da una serie di fattori, tra cui la riduzione del personale degli uffici consolari a causa della pandemia di COVID-19 e il conseguente aumento del carico di lavoro per il personale rimasto. Inoltre, ci sono state anche delle problematiche tecniche che hanno ostacolato la possibilità di prenotare per via telematica gli appuntamenti per il rilascio dei passaporti;

   tuttavia, questi ritardi stanno causando notevoli disagi ai cittadini italiani, che spesso si trovano impossibilitati a pianificare i loro viaggi all'estero, a recarsi alle riunioni di lavoro o a svolgere altre attività importanti che richiedono un passaporto valido;

   come riportato dalla stampa il «caos passaporti» rischia di aggravarsi in vista delle vacanze di Pasqua e della bella stagione. Le ultime stime sui viaggi annullati a causa dei ritardi delle questure e dei meccanismi di prenotazione, riferiscono che sarebbero stati finora circa 100.000, corrispondenti a 180 milioni di euro di mancate vendite per il sistema italiano delle agenzie di viaggio sulle quali, dunque, la situazione descritta sta provocando un impatto economico considerevole;

   le agenzie denunciano tempi di attesa dai 2 ai 6 mesi per il rilascio o il rinnovo dei passaporti e ciò accade su tutto il territorio nazionale;

   ad oggi non risultano chiari i provvedimenti che il Governo intenda prendere per risolvere questa situazione e fornire risposte tempestive ai cittadini che hanno bisogno di un passaporto valido –:

   quali siano le iniziative urgenti che il Governo intende adottare per accelerare il processo di rilascio e rinnovo dei passaporti e in che tempistiche;

   come il Governo intenda fornire assistenza ai cittadini italiani che necessitano di un passaporto valido per motivi urgenti, come ad esempio partecipare a riunioni di lavoro o a viaggi per motivi di salute o familiari;

   quali siano le iniziative che il Governo intende adottare per evitare che si ripetano situazioni simili in futuro e per garantire che i cittadini italiani possano sempre ottenere un passaporto valido in tempi ragionevoli.
(5-00520)


   BALDELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   diverse amministrazioni locali hanno assunto la consuetudine di notificare il verbale di accertamento di violazione al codice della strada, avvenuto con strumenti elettronici, oltre il periodo previsto di 90 giorni dall'avvenuta violazione, assumendo, non correttamente, che il termine per tali notificazioni inizi a decorrere dal giorno di verbalizzazione, che talvolta si verifica anche settimane dopo la violazione;

   tale cattiva prassi è stata respinta dallo stesso Ministero dell'interno che ha evidenziato come, dalla lettura complessiva del primo comma dell'articolo 201 codice della strada, emerga chiaramente che il dies a quo per la decorrenza del termine in questione, di regola, «non può che essere individuato in quello della commessa violazione»;

   sempre il medesimo Ministero ha evidenziato come una diversa interpretazione della norma finirebbe per far dipendere la decorrenza del termine de quo da prassi organizzative interne, variabili da ente a ente, e non da fattori esterni (come, ad esempio, la non immediata disponibilità di informazioni identificative indispensabili), gli unici a legittimare la posticipazione della decorrenza del termine in questione;

   anche la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la data di accertamento deve coincidere con quella dell'infrazione «nei casi in cui avviene mediante dispositivi elettronici che consentono all'Amministrazione di accertare immediatamente il responsabile dell'illecito con una semplice visura al PRA cui l'Amministrazione ha accesso immediato» –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare affinché non venga dato ulteriore seguito alla descritta prassi, garantendo il diritto dei cittadini a una notifica tempestiva e conforme alla normativa, anche al fine di ridurre il numero di ricorsi che tale prassi provoca, comportando oneri a carico dei cittadini e dello Stato che potrebbero essere invece evitati.
(5-00529)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOTTANELLI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi da 583 a 587, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) detta nuove disposizioni in materia di indennità dei sindaci metropolitani, dei sindaci e degli amministratori;

   il comma 583, in particolare, prevede che a decorrere dall'anno 2024 tale indennità di funzione è parametrata al trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni come individuato dalla Conferenza Stato-regioni, secondo le percentuali determinate in relazione alla popolazione risultante dall'ultimo censimento ufficiale;

   il successivo comma 584, al primo periodo, prevede che in sede di prima applicazione la predetta indennità di funzione è adeguata al 45 per cento, nell'anno 2022, e al 68 per cento, nell'anno 2023, delle misure indicate al comma 583. Al secondo periodo del medesimo comma è inoltre disposto che a decorrere dall'anno 2022 la predetta indennità può essere corrisposta nelle integrali misure di cui al richiamato comma 583, nel rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio;

   con Nota metodologica del 30 maggio 2022 su «Riparto del fondo per le indennità di sindaci metropolitani, sindaci, vicesindaci, assessori e presidenti dei consigli comunali dei comuni delle regioni a statuto ordinario. Articolo 1, commi da 583 a 587, della legge n. 234 del 2021», il Ministero dell'interno ha fornito le tabelle con le misure delle nuove indennità su base demografica (confronta Tabella 1 di cui all'allegato A);

   né il legislatore né il Ministero nella suddetta Nota hanno richiamato l'applicazione dell'articolo 1, comma 54, della legge n. 266 del 2005 –:

   se l'incremento dell'indennità di funzione (nelle misure indicate dal comma 584), per gli anni 2022 e 2023, debba avvenire prendendo come riferimento l'importo dell'indennità di funzione ridotta del 10 per cento in ossequio all'articolo 1, comma 54, della legge finanziaria n. 266 del 2005 oppure se debba essere preso come riferimento l'importo del decreto ministeriale n. 119 del 2000 senza applicare detta riduzione del 10 per cento;

   se il Governo intenda adottare iniziative, anche normative, al fine di fornire un'interpretazione autentica per dirimere definitivamente la questione ed evitare possibili interpretazioni difformi da parte della magistratura contabile e ordinaria.
(4-00669)


   URZÌ. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   nella notte fra il 27 e il 28 febbraio 2023, ignoti hanno rimosso la bandiera italiana posta sul cippo di frontiera con l'Austria, lungo la statale del Brennero, imbrattando, per altro, la scritta «Italia» e lasciando intatta quella «Oesterrich» sul versante austriaco;

   non è la prima volta che accadono episodi del genere. Negli ultimi anni, infatti, organi di stampa hanno riportato numerose volte la notizia di atti vandalici ai danni del cippo e del pennone che sorregge la bandiera italiana sul confine che, dopo gli accordi di Schengen, non è più costantemente presidiato ed è quindi esposto a inaccettabili azioni provocatorie antitaliane di gruppi secessionisti;

   l'articolo 292 del codice penale punisce con due anni di reclusione chiunque «pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato»;

   il Tricolore rappresenta l'unità della Nazione e l'intero popolo italiano;

   gli episodi alla frontiera con l'Austria mortificano la comunità nazionale tutta e particolarmente quella italiana dell'Alto Adige –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare iniziative volte ad assicurare una maggiore sorveglianza e tutela del valico di frontiera al Brennero e di tutti quelli ove siano state rilevate analoghe provocazioni o non siano garantiti un opportuno decoro, la cura dei cippi di frontiera e della bandiera nazionale.
(4-00670)


   APPENDINO e IARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 28 gennaio 2023 si è svolta la prima giornata di apertura straordinaria di questure e commissariati volta a smaltire le lunghe attese per ottenere il passaporto;

   a causa della pandemia COVID-19 le scadenze di molti documenti sono state prorogate, questo ha portato ad un accumulo di rinnovi a ridosso di uno stesso periodo;

   alcune questure e commissariati hanno deciso di allungare l'orario degli sportelli preposti mentre quelle città che hanno aderito all'open day hanno visto lunghe code formarsi già alle 2 di notte fino a raggiungere le seimila persone nella città di Torino;

   in Piemonte, infatti, i numeri di documenti da rinnovare riguardano per il 40 per cento lavoratori e lavoratrici che devono recarsi in Gran Bretagna una Nazione in cui è necessario esibire il passaporto a seguito della Brexit;

   per quanto riguarda la città di Genova, invece, solo le richieste delle prime 50 persone in coda sono state evase;

   i cittadini e le cittadine che si sono presentati per il rinnovo nel freddo di gennaio lamentano disorganizzazione davanti alle questure, carenza nelle comunicazioni e poca certezza di riuscire nel loro intento nonostante le ore in coda;

   si rileva inoltre che alcune agenzie private, a fronte del pagamento del servizio oltre ai versamenti standard, riescono ad erogare il documento;

   il passaporto non è un atto discrezionale della pubblica amministrazione ma, in base all'articolo 16 comma 2 della Costituzione Italiana ogni cittadino e cittadina è titolare del diritto all'espatrio –:

   se alla luce dei disagi che si sono verificati durante il primo open day sia intenzione del Ministro interrogato dotarsi di un'organizzazione più efficiente ed efficace;

   se il Ministro interrogato stia pianificando altre modalità per efficientare il rinnovo dei passaporti in tempi rapidi;

   se si abbia contezza dei numeri di documenti rilasciati nelle giornate dell'open day e di quante richieste rimangono inevase.
(4-00677)


   TASSINARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il centro storico della città di Rimini è, ormai da tempo, oggetto di atti vandalici ad opera di baby gang: dehors distrutti, fioriere rovesciate, auto danneggiate e panchine date a fuoco sono solo alcuni dei fatti violenti finora registrati;

   a tale condizione di degrado si aggiunge la presenza diffusa di spacciatori di sostanze stupefacenti, in particolare nei pressi delle stazioni e delle fermate del Metromare, rendendo impossibile agli utenti l'utilizzo in sicurezza del sistema di trasporto filoviario nelle ore notturne;

   si tratta di una situazione mal tollerata dai cittadini riminesi, come dimostrano i vari appelli rivolti – anche dai più giovani attraverso il social media Tik Tok – al Sindaco, affinché intervenga per ripristinare l'ordine pubblico –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato per contrastare le attività illecite di cui in premessa e così ripristinare l'ordine pubblico nella città di Rimini.
(4-00682)


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la questura di Milano ha aperto e resa operativa a partire dal 20 ottobre 2021 la sede di via Cagni 15 presso la caserma Annarumma dove possono essere presentate le richieste di protezione internazionale;

   sin dalla sua apertura, gli ingressi sono stati contingentati, venendo garantiti un massimo di trenta ingressi per ogni giorno feriale, implicando inevitabilmente il crearsi di lunghe code e costringendo gli aspiranti richiedenti asilo ad attendere nell'area verde posta davanti gli uffici della questura;

   a fronte di un aumento delle richieste, che necessitava un contestuale intervento volto ad implementare il servizio, la questura ha deciso di limitare ulteriormente gli accessi agli uffici nel numero di 120 accessi settimanali da concentrarsi nella giornata del lunedì, comportando quindi un peggioramento dei disagi che già si registravano. Questo ha inoltre creato dei veri e propri episodi di tensione di fronte alla struttura tra quanti erano in attesa dell'appuntamento per la formalizzazione della richiesta di asilo e le forze dell'ordine, come riportato anche da cronache giornalistiche;

   l'articolo 26, comma 2-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008 prevede che il verbale che attesta la richiesta di protezione internazionale debba essere redatto dagli uffici competenti, secondo il modello predisposto dalla Commissione nazionale, «entro tre giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà di protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso in cui la volontà è manifestata all'ufficio di polizia di frontiera». La normativa attualmente in vigore, inoltre riconosce la possibilità di una proroga di questi termini di dieci giorni «in presenza di un elevato numero di domande in conseguenza di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti»;

   l'irragionevole contrazione del lavoro dell'ufficio preposto della questura di Milano comporta inevitabilmente l'impossibilità di rispettare i limiti temporali descritti dalla normativa attuale ed inoltre mal si concilia con le caratteristiche proprie del territorio, milanese, seconda area metropolitana del Paese, che, anche secondo dati riportati sul sito del Ministero dell'interno, registra i numeri più alti d'Italia nell'accesso di richiedenti asilo (nel 2022 si sono attestati a 6.890 domande);

   le persone che riescono a manifestare la volontà di accedere alla protezione internazionale, successivamente al primo accesso agli uffici della questura, comprese le situazioni vulnerabili di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 142 del 2015, attendono anche mesi per la formalizzazione della domanda di protezione durante i quali i richiedenti non hanno accesso alle misure di accoglienza previste dal decreto legislativo n. 142 del 2015 nonostante l'articolo 1, comma 2, preveda che «le misure di accoglienza di cui al presente decreto si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale»;

   secondo quanto riportato in un articolo apparso sul quotidiano «La Repubblica» in data 6 marzo 2023, la questura di Milano avrebbe adottato misure volte a cercare di fare fronte a questa situazione, raddoppiando il numero degli accessi, una tantum, seguito però da due settimane di pausa, il che, lungi dal risolvere la situazione di congestione degli uffici, rischia di comportare ulteriori e più gravi ritardi –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda attuare per permettere alla questura di Milano di ricevere le domande di protezione internazionale e provvedere alla loro verbalizzazione nei tempi previsti dalla normativa o con ritardi accettabili, con particolare attenzione alle situazioni vulnerabili, nonché quali misure intenda parimenti adottare per assicurare il rispetto dell'obbligo giuridico di fornire un accesso immediato alle misure di accoglienza nei confronti dei richiedenti privi di mezzi di sostentamento.
(4-00684)


   SOUMAHORO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riferisce Alessandra Ziniti su Repubblica del 7 marzo 2023, gli 81 sopravvissuti del naufragio di Cutro, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, sono stati condotti in due capannoni di fronte al Cara di Crotone;

   «Niente letti per tutti, niente riscaldamento, un solo bagno con una sola doccia (senza tendine), un lavandino con due rubinetti imbarazzante promiscuità per le donne e per i bambini costretti a dormire insieme agli uomini. Niente lenzuola, niente cuscini, niente sedie, piccole pile di piatti di carta con gli avanzi di cibo e bottiglie d'acqua per terra»;

   queste persone, provate dalla traversata, dall'orrore del naufragio e dalla tragedia della perdita dei loro cari sono, di fatto, trattenute da 9 giorni in un luogo inospitale, in condizioni che, stando a quanto riportato dalla stampa, sembrano essere ai limiti dell'umano, sprovvisti di vestiario adeguato al clima ancora rigido di questi giorni, senza scarpe né coperte;

   come dichiarato al quotidiano La Stampa in data 7 marzo dalla professoressa Alessandra Sciurba, coordinatrice della Clinica legale migrazione e diritti che ha visitato la struttura, i migranti «sono trattenuti in forma arbitraria in due capannoni inadeguati non solo per chi è scampato a un naufragio terribile, ma per qualunque essere umano», essi infatti non potrebbero uscire in autonomia dalle strutture, neanche per recarsi a trovare le salme dei loro parenti;

   i sopravvissuti non dovrebbero essere trattenuti in capannoni simili, bensì condotti in centri di accoglienza straordinaria (Cas) limitatamente alle esigenze di prima accoglienza e per l'espletamento delle operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica, e poi trasferiti in strutture Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) –:

   se non ritenga utile chiarire in che condizioni e per quanto tempo i superstiti della tragedia del 26 febbraio 2023 siano stati ospitati negli edifici che risultano essere fatiscenti anche al fine di conoscere se siano state rispettate tutte le disposizioni previste dalla normativa vigente.
(4-00687)


   GIOVINE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'anno 2022 sono state segnalate un totale di 110 aggressioni, di cui 88 verbali e 22 fisiche, allo staff ospedaliero della struttura ospedaliera San Bortolo di Vicenza;

   i casi reali sarebbero molto più numerosi, una media di 3 casi al giorno, e molte volte non vengono denunciati;

   la maggior parte di questi episodi, circa 3 su 4, avvengono contro personale sanitario di genere femminile;

   da studi dell'organizzazione Mondiale della Sanità risulta che tra l'8 per cento e il 38 per cento del personale sanitario subisce almeno una volta lungo il proprio percorso professionale, un episodio di violenze;

   sempre da studi Oms risulta che fino al 62 per cento degli operatori sanitari ha subito violenze sul posto di lavoro, la forma più comune per il 58 per cento è rappresentata da violenze verbali, seguita da minacce al 33 per cento ed infine violenza sessuale per il 12 per cento;

   la maggior parte delle violenze viene perpetrata da pazienti e visitatori;

   le istanze avanzate da chi opera quotidianamente nel settore vedono la necessità di nuovi strumenti giuridici per tutelare il personale sanitario e intervenire qualora si verificassero i sopracitati episodi di aggressioni –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, a tutela del personale sanitario, anche alla luce di quanto accaduto presso la struttura ospedaliera San Bortolo di Vicenza e se ci sia la disponibilità ad adottare opportune iniziative normative al riguardo.
(4-00689)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASO e CHERCHI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 344, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, autorizza il Ministero dell'istruzione e del merito ad istituire classi in deroga ai parametri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, al fine di «favorire l'efficace fruizione del diritto all'istruzione anche da parte dei soggetti svantaggiati collocati in classi con numerosità prossima o superiore ai limiti previsti a normativa vigente»;

   da un articolo de «Il Sole 24 ore» del 13 marzo 2023, dal titolo «Le scuole si svuotano ma i professori aumentano» a firma di Eugenio Bruno e Claudio Tucci, si apprende di un recente incontro avvenuto il 27 febbraio 2023 tra il Ministero dell'istruzione e del merito e i sindacati nel quale è stata illustrata la bozza di decreto interministeriale relativa agli organici scolastici previsti per l'anno scolastico 2023/2024, atto propedeutico ad avviare le assunzioni del 2023/2024;

   dalla suddetta bozza emergerebbe, per il prossimo anno scolastico, un taglio drastico al numero delle classi in deroga, ovvero quelle a cui applicare la riduzione numerica degli alunni se rientranti nei «valori di soglia» misurati dagli indicatori di disagio socioeconomico, culturale e a rischio dispersione scolastica previsti dal decreto interministeriale dell'8 agosto 2022. Infatti, lo scorso anno erano 8.741 i posti assegnati che hanno consentito l'avvio di 5.353 classi a parametri ridotti; per l'anno scolastico 2023/24 la previsione sarebbe di 6.004 posti per circa 3.105 classi;

   da un'analisi dei dati ufficiali pubblicati nel Portale scuole del Ministero per il 2021/2022 fatta dalla testata «Tuttoscuola», pubblicata sul relativo sito web e ripresa da «Avvenire» in un articolo del 14 marzo 2023 («La scuola dei professori precari» a firma di Paolo Ferrario), emerge che il tasso di precarietà nella scuola italiana ha raggiunto il 25 per cento. Ciò significa che almeno un docente su quattro è precario;

   la contrazione di più di duemila classi già istituite, dalla primaria alla secondaria di II grado, comporterebbe il venir meno ai principi che hanno dettato la norma citata in premessa, ovvero «l'efficace fruizione del diritto all'istruzione» e contribuirebbe ad alimentare il cosiddetto fenomeno delle «classi pollaio»;

   l'alto tasso di precarietà tra i docenti ha inevitabili ripercussioni negative sugli studenti, soprattutto quelli con disabilità. Infatti, nell'anno scolastico in corso la percentuale di alunni con disabilità che si sono visti cambiare l'insegnante di sostegno è salita addirittura al 59 per cento –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di evitare la contrazione delle duemila classi in deroga, il perdurare del fenomeno delle cosiddette «classi pollaio» e della precarietà dei docenti.
(5-00518)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FURFARO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   ad inizio di questo anno scolastico i genitori che intendevano iscrivere i figli alla costituenda classe prima della Scuola Primaria Gello San Giorgio Capostrada hanno ricevuto notifica dalla segreteria dell'istituto che tale classe, per decisione dell'Ufficio scolastico regionale sezione di Pistoia, non sarebbe stata formata per difetto nel numero minimo di iscritti;

   tale decisione è stata presa senza un preventivo confronto con i genitori che, come hanno avuto modo di esprimere in una lettera pubblica inviata alla stampa locale, all'Ufficio scolastico regionale – sezione di Pistoia – al Sindaco del comune di Pistoia e con successiva raccolta firme, avrebbe consentito sia di meglio individuare le problematiche, sia di ipotizzare conseguentemente le soluzioni atte a garantire il mantenimento della classe;

   inoltre, se tale scelta diventasse definitiva, ciò comporterebbe di fatto, come conseguenza indiretta, la possibile e futura soppressione della stessa realtà scolastica poiché, qualora, non fosse ricostituita la nuova classe prima al termine del presente anno scolastico, con il passaggio alla scuola secondaria di primo grado della attuale classe quinta, rimarrebbero solo due classi della Scuola Gello San Giorgio Capostrada, cosa che potrebbe nei fatti essere un preludio alla sua definitiva chiusura;

   si tratterebbe di una perdita per l'intera comunità che fa riferimento al plesso scolastico, il quale funge da scuola primaria di prossimità di tutte le realtà abitative della periferia nord ovest della città in aperto contrasto con gli attuali obiettivi di decongestione del centro cittadino dal traffico veicolare e di rivitalizzazione delle realtà periferiche;

   peraltro, la perdita del plesso comporterebbe altresì un impoverimento dell'offerta formativa e didattica del panorama pistoiese, considerato che la scuola di Gello San Giorgio Capostrada è l'unica ad offrire il modulo con unico rientro pomeridiano settimanale e sabato libero, con la conseguenza che i genitori si troverebbero privati di una formula che, insieme alla qualità didattica della scuola, ha attratto molti alunni negli anni passati e che avrebbe continuato ad attrarre se la scuola di fatto non fosse stata, in questi ultimi quattro anni scolastici, forzatamente nascosta all'interno di altri istituti;

   infatti, dopo la chiusura nell'anno 2019 del plesso di Capostrada, per problematiche di staticità, la scuola è stata spostata, all'epoca si diceva temporaneamente, all'interno della struttura dell'Istituto Cino Galilei (per un anno addirittura suddivisa in due plessi), in attesa dei lavori di ripristino dell'originaria sede facendo sì che la scuola non avesse più all'esterno la propria naturale visibilità –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non ritenga, per i motivi espressi in premessa anche se non si è raggiunto il numero minimo di alunni per classe, fissato in 15 unità, comunque derogabili, adottare ogni iniziativa di competenza al fine di rendere possibile una revisione della decisione circa la soppressione della futura classe prima della Scuola Primaria Gello San Giorgio Capostrada consentendo così la continuità dell'offerta didattica anche negli anni a venire.
(4-00673)


   PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dai controlli effettuati dai Nas in 1.058 aziende di ristorazione di tutta Italia operanti all'interno di mense scolastiche di ogni ordine e grado, dagli asili nido fino agli istituti superiori sono emerse irregolarità in circa un terzo di esse, sono state accertate 482 violazioni penali e amministrative, con sanzioni pecuniarie per 240 mila euro contestate a causa di violazioni nella gestione degli alimenti e nelle condizioni igieniche nei locali di preparazione dei pasti;

   nove aree cucina, operanti all'interno delle mense scolastiche, sono state sequestrate o ne è stata disposta la sospensione dell'attività per rilevanti carenze igienico-sanitarie e strutturali, come la presenza diffusa di umidità e muffe;

   oltre 700 chilogrammi di derrate alimentari (carni, formaggi, frutta e ortaggi, olio) sono state sequestrate a causa di assenza di tracciabilità dei prodotti o perché scadute di validità e custodite in ambienti inadeguati;

   ventidue gestori di servizi mensa sono stati deferiti all'autorità giudiziaria perché ritenuti responsabili dei reati di frode e inadempienze in pubbliche forniture, per detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione e inosservanze alla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro;

   gli accertamenti dei Nas hanno rilevato anche l'impiego fraudolento di ingredienti di minore qualità rispetto a quella pattuita nei contratti di fornitura stipulati con i comuni, come il Parmigiano DOP sostituito con altri formaggi, uova convenzionali anziché da agricoltura biologica e prodotti congelati al posto di quelli freschi;

   l'85 per cento delle infrazioni ha riguardato aspetti sanzionatori relativi alle carenze strutturali e impiantistiche dei locali impiegati alla preparazione dei pasti, la mancata attuazione dell'autocontrollo, della tracciabilità e della presenza di allergeni, elementi fondamentali per prevenire possibili episodi di intossicazione e reazioni allergiche, ancor più significativi nelle fasce sensibili delle utenze scolastiche;

   i dati emersi a seguito dei suddetti controlli destano forti preoccupazioni agli interroganti perché significa che viene messa a rischio la salute di centinaia di migliaia di studenti e studentesse;

   a parere degli interroganti non è più posticipabile un intervento normativo volto alla prevenzione di future frodi e a garanzia dell'utilizzo di cibo di qualità in tutte le mense;

   dai risultati dell'operazione dei Nas è chiaro, per gli interroganti, che l'esternalizzazione delle mense scolastiche ad imprese private lascia ampi spazi a soggetti economici non all'altezza o a imprenditori senza scrupoli che cercano di accumulare il maggior profitto possibile anche a discapito della salute dei ragazzi;

   ad avviso degli interroganti occorre supportare gli enti locali affinché possano reinternalizzare il servizio di ristorazione scolastica, assumendo i cuochi e gli operatori necessari, riaprendo le cucine interne ai plessi e individuando spazi e soluzioni idonee per le scuole sprovviste di locali cucina, incentivando l'utilizzo di cibo biologico e a chilometro zero, altrimenti a nulla serve la promozione di progetti di educazione alimentare in tutte le classi se poi, proprio le mense scolastiche sono le prime a proporre cibo di scarsa qualità, mal conservato, nocivo alla salute;

   l'unica strada da perseguire, insieme a quella dei giusti e rigorosi controlli da parte delle autorità competenti è quella di un radicale cambio di modello organizzativo e un maggior investimento di risorse economiche che permetta ad ogni comune di sapere, con esattezza, cosa viene fornito da mangiare ogni giorno ai ragazzi e alle ragazze delle scuole di ogni ordine e grado –:

   quali urgenti iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere affinché si creino tutte le condizioni, in termini di risorse umane economiche e strutture, per consentire agli Enti locali di reinternalizzare i servizi di ristorazione scolastica, impedendo che soggetti economici inadeguati e senza scrupoli accumulino profitti a discapito della salute di bambini e ragazzi.
(4-00681)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   dall'Associazione Unisca, che vede aderenti numerose associazioni dei lavoratori autonomi esercenti attività musicali, è stato sottoposto all'interrogante un problema nella procedura di riconoscimento ed erogazione dell'indennità ALAS a favore dei lavoratori autonomi esercenti attività musicali, definiti nell'elenco delle qualifiche Inps (ex-Enpals) con categoria 500;

   questi lavoratori sono tenuti al versamento del contributo ALAS pari al 2 per cento a partire dal 1° gennaio 2022, e rientrano a pieno diritto tra i beneficiari questo sussidio di disoccupazione, oltre che ai sensi di legge, anche secondo le circolari Inps n. 2260 del 30 maggio 2022, n. 4581 del 20 dicembre 2022, n. 2535 del 22 giugno 2022;

   nella realtà dei fatti, risulta ad Unisca, che a nessuno di essi sia stata riconosciuta l'indennità nonostante la sussistenza dei requisiti richiesti. Le loro domande sono perentoriamente respinte dall'Inps con motivazioni che appaiono incongruenti, tra cui:

    1) «dai dati attualmente in possesso dell'istituto, risulta già decorso il termine decadenziale di 68 giorni per la presentazione della domanda»;

    2) «dai dati attualmente in possesso dell'istituto, risulta che la data di cessazione dell'ultimo rapporto di lavoro autonomo, con iscrizione al Fondo Pensioni dei Lavoratori dello Spettacolo, è antecedente al 1° gennaio 2022»;

    3) «dai dati attualmente in possesso dell'istituto, risulta titolare di un rapporto di lavoro dipendente, autonomo o parasubordinato alla data di presentazione della domanda»;

   quanto alla motivazione di cui al punto 1), si evidenzia che nella presentazione della domanda per il sussidio non esiste la possibilità per dichiarare l'ultimo giorno lavorativo (come avviene per la NASPI). Dalle casistiche esaminate, i controlli vengono effettuati dagli estratti conto previdenziali (anziché sulla base delle denunce UNIEMENS), che risultano spesso aggiornati con notevoli giorni di ritardo e, in ogni caso, si consideri che il versamento dei contributi al fondo FPLS (ex-Enpals), cui il sussidio fa riferimento, avviene per competenza entro il 16 del mese successivo a quello in cui ci sono verificate le prestazioni lavorative, motivo per cui il termine decadenziale difficilmente potrà essere rispettato. È evidente inoltre che attendere il tempo necessario affinché i contributi versati vengano visualizzati sull'estratto conto contributivo presuppone inevitabilmente che l'ALAS venga richiesta dopo l'ottavo giorno, ledendo in tal modo il diritto alle prestazioni di indennità, richiamato dalla norma, in merito alla richiesta tempestiva (che farebbe partire la disoccupazione dal giorno successivo all'ultimo giorno lavorato);

   quanto ai punti 2) e 3), la circolare Inps n. 2535 del 22 giugno 2022, Allegato n. 1, laddove suggerisce di inviare all'Inps i documenti che attestino l'ultimo giorno lavorativo e la cessazione del rapporto di lavoro autonomo, non considera che i lavoratori autonomi esercenti attività musicali (cat. 500), non sono tenuti all'osservanza degli adempimenti di sospensione dell'attività in assenza di obblighi contributivi come peraltro recita la circolare Inps n. 154 del 3 dicembre 2014. Inoltre, tali lavoratori provvedono autonomamente al versamento dei contributi e non sono tenuti all'invio del modello UNILAV, in osservanza della peculiare disciplina prevista dall'articolo 3, commi 98, 99 e 100 della legge n. 350 del 2003, che ne ha introdotto la disciplina, come peraltro è riportato nelle FAQ del sito Inps nella sezione dedicata agli operatori dello Spettacolo ex-Enpals pubblicata il 12 febbraio 2022;

   alcuni operatori Inps interpellati da, Unisca, suppongono che l'ALAS non sia destinata a questa categoria in quanto mancherebbe per loro la circostanza di «perdita involontaria del lavoro», nonostante siano comunque costretti a versare il 2 per cento a sostegno dell'ALAS, eppure il messaggio INPS 2535 del 22 giugno 2022 cita testualmente «Fanno eccezione i “lavoratori autonomi esercenti attività musicali” di cui ai commi 98, 99 e 100 dall'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, atteso che i medesimi adempiono direttamente, in deroga al regime ordinario, agli obblighi informativi e contributivi. Per tali lavoratori, pertanto, il riconoscimento della prestazione è operato solo a condizione che gli obblighi contributivi siano stati effettivamente assolti» richiamando evidentemente anche questa categoria tra i beneficiari dell'ALAS;

   appare evidente che sia necessario porre rimedio alla procedura di controllo da parte dell'Inps, per garantire a tali lavoratori l'accesso alle prestazioni che spettano loro –:

   se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per:

    a) rendere noto a tutti gli uffici Inps interessati che i lavoratori autonomi esercenti attività musicali (cat. 500) sono a tutti gli effetti beneficiari dell'ALAS, con le dovute istruzioni per garantirne l'applicazione;

    b) rendere possibile ai lavoratori autonomi esercenti attività musicali (cat. 500), all'interno delle procedure già esistenti, segnalare l'ultimo giorno lavorativo, a tale scopo, dovendosi questa informazione desumersi automaticamente dall'ultimo certificato di agibilità dichiarato nel modello Unimens;

    c) garantire ai lavoratori autonomi esercenti attività musicali (cat. 500) l'effettiva possibilità di convertire l'ALAS in NASPI, in osservanza del messaggio Inps 4581 del 20 dicembre 2022.
(2-00104) «Mari».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da numerose fonti che lo stabilimento di Grugliasco della Lear Corporation, specializzata nella produzione di sedili per l'automotive e fornitrice di Stellantis, avrebbe subito un crollo degli ordini che non consente l'impiego a tempo pieno dei lavoratori;

   attualmente, nel mese di marzo 2023, quasi tutti i lavoratori impiegati lavorano in media un giorno a settimana, ma vi è chi lavora solo tre giorni al mese (il che corrisponde – con la cassa integrazione e il regime di solidarietà – a un salario di circa 1.100 euro), o addirittura un giorno solo al mese;

   a fine maggio, tuttavia, gli ammortizzatori sociali andranno in scadenza, pertanto, in assenza di una soluzione alla crisi aziendale, 260 lavoratori su un totale di 420 potrebbero essere licenziati;

   l'azienda, strutturata per allestire centinaia di vetture al giorno, è passata ormai a poche decine di auto;

   negli scorsi giorni i lavoratori hanno protestato davanti alla sede della regione Piemonte e denunciato la propria condizione: molti sono impiegati presso la Laer da 30 anni, hanno famiglie a carico e il timore è che l'azienda intenda ridurre di metà il personale in base a criteri non chiari;

   inoltre, la situazione rischia di produrre enormi ricadute sul profilo sociale per l'intero indotto dell'automotive e, di conseguenza, per tutto il territorio;

   in data 13 marzo, le organizzazioni sindacali territoriali e le Rsu di stabilimento hanno partecipato a un incontro presso la regione Piemonte con l'AD dell'azienda, il responsabile relazioni industriali Italia Campion e le rappresentanze di Unione industriale Torino, alla presenza del Presidente, dell'Assessore al bilancio e dell'Assessora al lavoro della regione Piemonte, ove è stata chiesta l'apertura di un tavolo istituzionale presso il Ministero competente, per verificare se vi siano spazi per l'attivazione di altri ammortizzatori sociali in deroga;

   la situazione è stata rappresentata in dettaglio, in particolare per quanto riguarda l'insufficienza delle produzioni in corso per l'impiego dei lavoratori, i tempi di industrializzazione dei futuri modelli destinati a Torino (per i cui sedili potrebbe concorrere la Lear) e in attesa di conferma da Stellantis, la possibilità che le produzioni di sedili possano essere appunto affidate a Laer e che l'azienda riesca a diversificare la fornitura con altri prodotti della corporate;

   allo stato attuale Stellantis, unico cliente di Lear, non ha fornito garanzie in merito a nuovi modelli da assegnare allo stabilimento di Mirafiori, né Lear si è impegnata a diversificare la produzione per rilanciare lo stabilimento –:

   se intendano aprire un tavolo che coinvolga le amministrazioni locali, i vertici delle aziende Lear e Stellantis e le rappresentanze sindacali, al fine di trovare una soluzione che garantisca ulteriori ammortizzatori sociali e un rilancio della produzione presso lo stabilimento Lear di Grugliasco e lo stabilimento torinese di Mirafiori.
(4-00683)


   DORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata del 16 marzo 2023, decine di lavoratori si sono ritrovati a manifestare pacificamente fuori dallo stabilimento Italtrans di Calcio (Bergamo), colosso della logistica alimentare, e sono stati caricati dalle forze dell'ordine;

   i lavoratori, non dipendenti della Italtrans, ma delle cooperative che lavorano in appalto nel magazzino, affrontano ogni giorno turni e carichi di lavoro insostenibili;

   le richieste avanzate dai lavoratori sono: buoni pasto, carichi di lavoro meno massacranti, premi di risultato meglio distribuiti;

   vi è inoltre un problema di sicurezza: da quanto si apprende da fonti sindacali, attualmente a ogni facchino viene richiesta la movimentazione di 165 colli all'ora, equivalenti a quattro colli al minuto, con conseguenti danni all'apparato muscolo-scheletrico e per lo stress;

   secondo una stima, il livello di rischio per la sicurezza risulta già molto elevato a un ritmo di 80 colli all'ora;

   hanno fatto il giro del web le immagini delle cariche degli agenti di polizia e dei carabinieri in assetto antisommossa, con uso di manganello;

   le immagini mostrano anche la polizia trascinare sull'asfalto lavoratori inermi –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti illustrati in premessa;

   quali iniziative il Ministro dell'interno intenda intraprendere al fine di chiarire la dinamica dei fatti e per valutare se l'intervento degli agenti di polizia sia stato adeguato e proporzionato alla situazione di fatto, anche al fine di accertare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità;

   quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda mettere in campo per garantire condizioni di lavoro dignitose e sicure per i lavoratori del settore della logistica e il libero esercizio dell'attività sindacale.
(4-00686)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   GRIBAUDO, SCHLEIN, SARRACINO, SCOTTO, FOSSI, BERRUTO, FORNARO e LAUS. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal quotidiano «La Stampa» di Asti e provincia del 16 gennaio 2023, il bando, pubblicato il 28 dicembre 2020, per la nomina di un commissario liquidatore della casa di riposo «Città di Asti» è andato deserto a causa della difficile situazione che affligge la struttura, gravata da debiti per circa 8 milioni di euro;

   la chiusura della casa di riposo «Città di Asti» comporterebbe la perdita del posto di lavoro per i 110 impiegati della struttura, già collocati in mobilità, mentre ha già determinato il trasferimento dei 132 ospiti presso altre Rsa private, causando una situazione di gravissimo disagio per loro e per i familiari in una fase già molto difficile della vita;

   inoltre, la sua chiusura priverà la città e il territorio di una struttura che già era stata individuata come idonea ad accogliere il servizio di hospice, unico nella provincia, fondamentale per i malati affetti da Alzheimer e le loro famiglie;

   come denunciato in una intervista del medico geriatra Marcello Francesconi, primo coordinatore dell'Unità valutativa Alzheimer dell'Asl e vicepresidente dell'associazione Alzheimer Asti, in generale in tutto il Piemonte molti centri diurni non hanno riaperto dopo il Covid, cadendo nel dimenticatoio con un conseguente impatto molto negativo per la quotidianità delle famiglie delle persone in fase terminale;

   la perdita di servizi essenziali sul territorio si pone radicalmente in contrasto con la finalità e lo spirito degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che sono invece incentrati sul rafforzamento dell'assistenza territoriale e domiciliare, al fine di renderla quanto più possibile prossima alle esigenze dei cittadini;

   le difficoltà economiche e di gestione della struttura richiedono la costruzione di un tavolo di lavoro che coinvolga i Ministeri competenti, la regione, i comuni dell'Astigiano e le parti sociali, al fine di individuare le migliori strade percorribili per evitare i gravi disservizi sopra descritti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza e in raccordo con gli enti locali interessati, affinché sia garantita la presenza di una casa di riposo con un servizio di hospice nella provincia di Asti e una adeguata ricollocazione professionale del personale in mobilità.
(3-00252)


   QUARTINI, AMATO, PAVANELLI, PENZA e CHERCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la regione Toscana deve impedire differenze di trattamento nell'accesso ai servizi sanitari pubblici per i pazienti, anche pediatrici, siano essi residenti in zone fragili o nel capoluogo di regione;

   l'Alta Val di Cecina, nei comuni che fanno riferimento al presidio ospedaliero di Volterra (Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina e Volterra) ha una superficie di 724.23 chilometri quadrati, con collegamenti, morfologia del territorio e logistica difficoltosi ed una popolazione di circa ventimila abitanti;

   considerato il bacino d'utenza e la difficoltà per i cittadini di raggiungere in tempo utile gli ospedali maggiori in caso di emergenze tempo correlate occorrono misure appropriate, a partire dall'attività dello stesso pronto soccorso. Eppure, vi sono stati provvedimenti contrastanti: da un lato l'attivazione della guardia attiva anestesiologica, dall'altro la soppressione di quella cardiologica e della subintensiva ad essa legata;

   è stato soppresso e disarticolato il servizio pediatrico giornaliero esistente, denominato «day service» e strutturato su dodici ore giornaliere, sostituendolo con sole quattro ore al giorno di presenza ambulatoriale, cinque giorni a settimana, dal lunedì al venerdì;

   il Difensore civico regionale ha più volte espresso la necessità di attivare con urgenza una copertura del servizio pediatrico notturno mediante l'attivazione di una reperibilità pediatrica, con la possibilità di un posto di osservazione breve pediatrica dedicato in Ospedale;

   in merito alla copertura cardiologica, questa sarebbe al momento mantenuta a Castelnuovo Garfagnana sulle 24 ore grazie a una convenzione in fase di elaborazione –:

   quale sia, per quanto di competenza, la posizione del Ministro interrogato in merito alla necessità che la pediatria di prossimità sia garantita su tutti i territori e nella fattispecie anche a livello ospedaliero;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché, nei territori indicati, i servizi carenti possano essere ripristinati e mantenuti sulle 24 ore.
(3-00262)

Interrogazione a risposta scritta:


   FARAONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   i Carabinieri del comando per la tutela della salute, d'intesa con il Ministero della salute, nell'ambito di una campagna di controlli a livello nazionale, hanno svolto nei giorni scorsi verifiche ispettive su 1.058 aziende di ristorazione collettiva operanti all'interno di mense scolastiche di ogni ordine e grado, dagli asili nido fino agli istituti superiori, sia pubbliche che private;

   con quasi 1,8 milioni di studenti (22 per cento del totale) che mangiano quotidianamente in mensa è importante che sia tutelata la salute di bambini e ragazzi garantendo la qualità dei prodotti alimentari utilizzati e le corrette condizioni igienico-sanitarie;

   tra le ditte controllate, 341 hanno evidenziato irregolarità, pari al 31 per cento con 482 violazioni penali e amministrative e conseguenti sanzioni pecuniarie per 240 mila euro;

   sono state contestate una serie di violazioni nella gestione degli alimenti, nelle condizioni d'igiene nei locali di preparazione dei pasti, nella mancata rispondenza in qualità e quantità ai requisiti prestabiliti dai capitolati d'appalto, nella regolarità di impiego delle maestranze e relativo possesso di adeguata qualifica e preparazione professionale;

   nell'ambito dei medesimi controlli è stata altresì disposta la sospensione dell'attività o il sequestro di alcune aree cucina operanti all'interno delle mense scolastiche per rilevanti carenze igienico-sanitarie e strutturali, come la presenza diffusa di umidità e formazioni di muffe;

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, in un episodio, il Nas di Potenza avrebbe constatato l'utilizzo di un servizio igienico come estemporaneo deposito di stoviglie ed utensili da cucina;

   sono stati altresì sottoposti a sequestro oltre 700 chili di derrate alimentari perché privi di tracciabilità, scaduti di validità o custoditi in ambienti inadeguati nonché destinati all'impiego nelle pietanze sebbene di qualità inferiore a quanto previsto dai capitolati di appalto;

   sempre nell'ambito dell'operazione citata, i militari hanno disposto il deferimento all'autorità giudiziaria di 22 gestori dei servizi-mensa, in quanto ritenuti responsabili dei reati di frode e inadempienze in pubbliche forniture, per la detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione e inosservanze alla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro;

   gli accertamenti hanno anche rilevato l'impiego fraudolento di ingredienti di minore qualità rispetto a quella pattuita nei contratti di fornitura stipulati con gli enti locali;

   a puro titolo di esempio, nel corso di una ispezione igienico-sanitaria eseguita presso il laboratorio di produzione pasti della ditta aggiudicataria del servizio di refezione scolastica per le scuole primarie e dell'infanzia nella provincia di Catania, oltre al sequestro di 17 kg di preparato alimentare privo di indicazione di provenienza, si è anche rilevata la presenza di carne decongelata senza controllo della temperatura –:

   quali iniziative di competenza si intenda porre in essere per garantire la qualità e la sicurezza alimentare dei nostri bambini e ragazzi presso gli istituti scolastici, affinché le situazioni descritte in premessa, ovvero altre, di analoga o superiore gravità, di cui non si sia venuti a conoscenza nell'ambito dei controlli citati, non abbiano a ripetersi.
(4-00676)

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   BOSCHI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù (AIG), ente storico e patrimonio del Paese costituita nel 1945, è un ente morale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, un ente assistenziale a carattere nazionale ai sensi decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, un ente culturale ai sensi del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 97;

   AIG è inclusa tra le organizzazioni non governative segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale e l'Italia, anche grazie a essa, è membro qualificato della International Youth Hostel Federation (IYHF), di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   AIG, anche attraverso la rete IYHF, si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, nonché favorire il turismo giovanile, scolastico, sociale e sportivo;

   da parte dei Ministri per il turismo che si sono avvicendati sono arrivati negli anni, anche rispondendo ad atti di sindacato ispettivo, numerosi e reiterati impegni a salvaguardare e sostenere l'ente; sono stati altresì approvati diversi ordini del giorno da parte di entrambe le Camere che impegnavano il governo a intervenire a suo sostegno;

   da ultimo, anche l'attuale Ministro pro tempore, la Senatrice Daniela Santanchè, ha ribadito, rispondendo a un question time del Senatore Fina «l'interesse e il sostegno che questo Ministero ha sempre dimostrato per la situazione dell'Associazione, in virtù del suo ruolo nella promozione del turismo giovanile», nonché assicurato «che il Ministero non si opporrà in futuro ad azioni volte a risolvere la situazione della AIG»;

   tutte le forze politiche hanno mostrato di essere a conoscenza della difficile situazione in cui versa AIG, attivandosi con proposte legislative per tutelare il suo patrimonio materiale e immateriale, nonché il livello occupazionale, in particolare per evitarne la chiusura definitiva e salvaguardarne le attività che, per il settore del turismo, assumono particolare rilievo;

   in particolare sono stati presentati anche in questa legislatura emendamenti volti a costituire l'ente pubblico non economico denominato «AIG – Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù», posto sotto la vigilanza del Ministero del turismo con l'obiettivo di rinnovare e modernizzare l'offerta turistica anche attraverso la riqualificazione delle strutture ricettive e potenziando le infrastrutture ed i servizi turistici strategici;

   tutti questi tentativi fino ad oggi non hanno dato l'esito sperato, trovando sempre il parere contrario del governo, nonostante il consenso trasversale agli schieramenti politici e il limitato impegno economico necessario –:

   come intenda tutelare concretamente il patrimonio culturale, economico, storico sociale rappresentato da AIG, salvaguardando altresì il personale in esso impiegato, nonché il contributo dell'ente in termini di servizi di utilità sociale erogati, con particolare attenzione alle giovani generazioni e alle fasce economicamente più deboli della società e se non ritenga di adottare specifiche iniziative normative per raggiungere gli obiettivi di cui in premessa.
(4-00671)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Simiani n. 5-00404 del 20 febbraio 2023.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Gribaudo e altri n. 4-00658 del 15 marzo 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-00252.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   FARAONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 234 del 2021 ha disciplinato la procedura di conferma dei magistrati onorari in servizio alla data del 15 agosto 2017, ovvero alla data della entrata in vigore della legge n. 116 del 2017, cosiddetta riforma Orlando;

   all'esito di tale procedura, i magistrati onorari sono stabilizzati nelle loro funzioni e ad essi vengono riconosciute le garanzie del lavoratore subordinato;

   i magistrati onorari sono essenziali per l'andamento della giustizia; tale andamento si paralizzerebbe se privato dell'opera dei circa 4500 lavoratori, con indennità mai indicizzate dal 2003, che operano sia nel settore penale che nel settore civile, ai quali è affidato il 60 per cento del contenzioso di primo grado, con punte del 90 per cento nel settore penale requirente;

   da quanto è dato sapere, il 1° dicembre 2022, è stata azionata la procedura di raffreddamento dalle associazioni di categoria, propedeutica a nuovi blocchi e rallentamenti dell'attività, in assenza di risposte soddisfacenti in tempi brevi;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con l'ultima sentenza del 7 aprile 2022 (causa C-236/20) e la Commissione europea, nell'ambito della procedura d'infrazione pendente, hanno ribadito che ai magistrati onorari italiani spettano diritti economici commisurati a quelli del lavoratore comparabile, il magistrato professionale di tribunale di pari anzianità;

   la procedura d'infrazione sul tema – (2016) 4081 – è giunta al bivio ed il prosieguo, col parere negativo, peserebbe come un enorme macigno sull'immagine e sulle finanze dello Stato, avendo la Commissione europea censurato pesantemente, in ultimo a luglio 2022, con la lettera di messa in mora complementare, anche gli aggiustamenti apportati dall'ex Guardasigilli alla riforma Orlando del 2017, con la legge di bilancio n. 234 del 2021, ritenuti ancora non soddisfacenti. Particolare stigma ha ricevuto il trattamento finale, equiparato ad una figura eterogenea ed economicamente inadeguata e la rinuncia, imposta ex lege, ad un giusto risarcimento per le violazioni pregresse;

   i termini per fornire risposte alla Commissione, in linea con le indicazioni dell'Unione sono scaduti;

   già circa 1500 magistrati onorari pienamente stabilizzati con le procedure concorsuali in essere sono chiamati ad operare in un contesto normativo nebuloso;

   i magistrati stabilizzati devono infatti esercitare l'opzione per l'impegno esclusivo o parziale delle funzioni senza avere, allo stato, direttive chiare sui tempi di apertura delle nuove posizioni previdenziali e sugli istituti di raccordo con le pregresse, né sulle modalità di assegnazione degli incarichi giurisdizionali;

   la situazione descritta è assai grave e necessita di essere affrontata con massima urgenza –:

   quali iniziative si ritenga di promuovere, al fine di dare seguito alle indicazioni della Commissione europea riportate nella citata recente messa in mora, e con quali tempistiche, tenuto conto del completamento delle procedure di esame dei magistrati onorari con maggiore anzianità di servizio, e al fine di una riforma della magistratura onoraria stabilizzata in linea con la normativa unionale e nazionale.
(4-00338)

  Risposta. – Con l'atto di sindacato ispettivo innanzi indicato, l'interrogante – dopo avere premesso che la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 7 aprile 2022 (causa C-236/20), e la Commissione europea, nell'ambito della procedura d'infrazione pendente, hanno ribadito che ai magistrati onorari italiani spettano diritti economici commisurati a quelli del lavoratore comparabile ossia il magistrato professionale di Tribunale di pari anzianità; che la Commissione europea ha censurato pesantemente, in ultimo nel mese di luglio 2022 con la lettera di messa in mora complementare, anche gli aggiustamenti apportati alla riforma Orlando del 2017 con la legge di bilancio n. 234 del 2021, ritenuti ancora non soddisfacenti; che particolare stigma ha ricevuto il trattamento finale, equiparato a una figura eterogenea ed economicamente inadeguata, e la rinuncia imposta ex lege a un giusto risarcimento per le violazioni pregresse; che già circa 1.500 magistrati onorari pienamente stabilizzati con le procedure concorsuali in essere sono chiamati a operare in un contesto normativo nebuloso; che i magistrati stabilizzati devono infatti esercitare l'opzione per l'impegno esclusivo o parziale senza avere, allo stato, direttive chiare sui tempi di apertura delle nuove posizioni previdenziali e sugli istituti di raccordo con le pregresse, né sulle modalità di assegnazione degli incarichi giurisdizionali – chiede al Ministro della giustizia «...quali iniziative...ritenga di promuovere, al fine di dare seguito alle indicazioni della Commissione europea riportate nella citata recente messa in mora, e con quali tempistiche, tenuto conto del completamento delle procedure di esame dei magistrati onorari con maggiore anzianità di servizio, e al fine di una riforma della magistratura onoraria stabilizzata in linea con la normativa unionale e nazionale...».
  Al riguardo deve essere immediatamente rilevato che l'atto di sindacato ispettivo verte sulla procedura di stabilizzazione introdotta dalla legge n. 234 del 2021, che ha modificato l'articolo 29 del decreto legislativo n. 116 del 2017.
  Appare quindi necessario soffermarsi sulla
ratio della novella legislativa, chiaramente finalizzata a rispondere alle sollecitazioni provenienti dalla Commissione europea con la lettera di messa in mora del 15 luglio 2021.
  La Commissione europea aveva affrontato 2 questioni in merito alla situazione dei magistrati onorari:
a) la tutela di coloro che avevano assunto le funzioni prima del 16 agosto 2017 dal ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato; b) l'assenza di sanzioni per gli abusi pregressi.
  Ed invero, nella relazione illustrativa della legge n. 234 del 2021, viene rappresentato che con tali disposizioni si è inteso riconoscere ai magistrati onorari in servizio al momento dell'entrata in vigore della riforma Orlando (di cui al decreto legislativo n. 116 del 2017) tutte le garanzie proprie di un lavoratore subordinato, prevedendo la possibilità di una permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età, all'esito del superamento di una procedura di valutazione.
  L'obiettivo è stato perseguito attraverso una procedura cosiddetta di stabilizzazione di cui nella relazione illustrativa viene sostenuta la piena legittimità attraverso il richiamo delle pronunce della Corte costituzionale che hanno riconosciuto la possibilità di ricorrervi – anche derogando al principio del concorso pubblico previsto dall'articolo 97 della Costituzione – quando ciò sia funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarla (sentenze numeri 40 del 2018, 110 del 2017, 7 del 2015 e 134 del 2014) e, comunque, sempre che siano previsti adeguati accorgimenti finalizzati ad assicurare che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell'incarico (sentenza n. 225 del 2010).

  In particolare, nella relazione illustrativa viene richiamato il precedente relativo alla situazione del personale precario della scuola laddove la Corte costituzionale, rilevato che lo Stato italiano si era reso responsabile della violazione del diritto unionale per la reiterazione dei contratti a termine, ha ritenuto il conseguente illecito eliminato attraverso la previsione di un adeguato ristoro al personale interessato (docente e amministrativo, tecnico e ausiliario – ATA –) costituito: per il personale docente, dal piano straordinario di assunzioni cui è stato autorizzato il Ministero dell'istruzione, che ha attribuito serie e indiscutibili possibilità di immissione in ruolo in base ai principi enunciati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea; per il personale Ata, dall'applicazione della misura ordinaria del risarcimento del danno.
  Il legislatore quindi, nel rispondere alle sollecitazioni della Commissione europea, è partito dal presupposto che il contenzioso relativo alla magistratura onoraria presentasse numerose analogie con le problematiche del personale precario della scuola, in quanto anche in questa seconda ipotesi sono intervenute reiterate conferme del rapporto (anche ultraventennali) con conseguente creazione di aspettative di consolidamento dello stesso.
  La lettera di messa in mora della Commissione europea, in primo luogo, aveva sollevato la questione del contrasto con la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE del decreto legislativo n. 116 del 2017 nella parte in cui prevedeva, per i magistrati onorari in servizio alla data del 16 agosto 2017, la possibilità di 3 rinnovi consecutivi del rapporto di lavoro per un numero di anni complessivo pari a 16.
  Invero la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato mira a limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di evitare, proprio, la precarizzazione dei lavoratori.
  Pertanto tale clausola impone agli Stati membri l'adozione di almeno 1 delle 3 misure dalla stessa stabilite – qualora nel diritto interno non siano previste norme similari – strumentali all'applicazione dell'accordo quadro, ossia: la previsione del rinnovo del contratto solo in caso di ragioni oggettive che lo giustificano; la previsione di una durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi e la previsione di un numero massimo dei rinnovi.
  Alle Autorità nazionali viene lasciata, quindi, la competenza in merito alla adozione di misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme unionali.
  La lettera di messa in mora della Commissione europea concludeva nel senso che i magistrati onorari che avevano assunto le loro funzioni prima del 16 agosto 2017 non avessero una adeguata tutela in relazione al ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato in quanto «...3 rinnovi, ciascuno dei quali di 4 anni con conseguente durata totale del rapporto di lavoro con i magistrati onorari di 16 anni consecutivi, rimettono in discussione l'obiettivo e l'effetto utile dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato...».
  Di contro non aveva censurato la disciplina prevista per i magistrati onorari immessi nelle funzioni dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 116 del 2017, per i quali l'articolo 18 prevede che «...l'incarico di magistrato onorario ha la durata di 4 anni. Alla scadenza, l'incarico può essere confermato, a domanda, per un secondo quadriennio. L'incarico di magistrato onorario non può, comunque, essere svolto per più di 8 anni complessivi...».
  In altri termini è stato ritenuto che la reiterazione per una sola volta del rapporto di lavoro per una durata complessiva non superiore a 8 anni non costituisca una violazione della normativa unionale a differenza, invece, della reiterazione per 16 anni che, al contrario, veniva ritenuta in contrasto con le finalità della direttiva 1999/70/CE.
  Per quanto concerne l'assenza di sanzioni per gli abusi precedenti, la Commissione europea aveva rilevato come la stessa costituisse violazione della clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e aveva chiesto al Governo italiano di chiarire se esistessero misure per il risarcimento del danno subito dai magistrati onorari a cagione della reiterazione abusiva di contratti a tempo determinato per 16 anni e quale fosse la portata di tali misure.
  Su questo punto, nella relazione illustrativa della novella n. 234 del 2021 viene chiarito che l'obiettivo della riforma è quello di attribuire ai magistrati onorari in servizio al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 116 del 2017 tutte le garanzie proprie di un lavoratore subordinato, prevedendo, a tal fine, la possibilità di una permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età, previo superamento di una procedura di valutazione.
  Quanto al rimedio adottato per l'adeguamento alle richieste della Commissione europea, la relazione illustrativa richiama i principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 187 del 2016 resa in tema di stabilizzazione dei precari della scuola che, rifacendosi ai principi dettati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ha ritenuto sufficiente una disciplina che garantisca serie possibilità di stabilizzazione del rapporto di lavoro sia attraverso meri automatismi (le graduatorie) sia per il tramite di selezioni blande (concorsi riservati).
  Quest'ultima scelta, secondo la Corte costituzionale, «...è più lungimirante rispetto a quella del risarcimento...» anche perché «...comporta un'attuazione invero peculiare di un principio basilare del pubblico impiego (l'accesso con concorso pubblico), volto a garantire non solo l'imparzialità ma anche l'efficienza della pubblica amministrazione (articolo 97 della Costituzione)...».
  La soluzione adottata nella legge n. 234 del 2021 va proprio in tale seconda direzione, quella, cioè, di una selezione blanda, ponendosi quindi in linea con la giurisprudenza costituzionale.
  Ne discende che la procedura di valutazione dei magistrati onorari, prevista dal legislatore della novella, non è affatto paragonabile a quella che caratterizza la selezione dei magistrati ordinari e non presenta i connotati tipici di un concorso dovendosi, invece, qualificare come mera «...procedura selettiva...».
  Ciò in quanto questa procedura non è preordinata a realizzare una comparazione tra i partecipanti, né a formare una graduatoria, né appare idonea a selezionare la professionalità dei magistrati onorari da confermare a tempo indeterminato ma ha il solo fine di confermarne genericamente l'idoneità.
  A siffatta conclusione induce il dato della tempistica di soli 30 minuti prevista dalla norma e il fatto che la prova nel contenuto sia limitata, come previsto dal novellato articolo 29 comma 4, all'accertamento delle competenze nel solo «...settore in cui i candidati hanno esercitato in via esclusiva o prevalente le funzioni giurisdizionali onorarie...» e non in tutti i settori nei quali potranno in futuro intervenire.
  Orbene venendo, nello specifico, alla questione della rinuncia alle pretese relative al rapporto di lavoro onorario pregresso, l'articolo 29 comma 5 si inserisce logicamente nella procedura di stabilizzazione, con finalità risarcitoria, ivi prevista e viene espressamente definita di stabilizzazione per riparare alla violazione del diritto unionale a cagione della reiterazione dei contratti a termine.
  Quindi, se il sistema disegnato ha lo scopo di riparare alla abusiva reiterazione dei contratti a termine, è legittimo prevedere
ex lege l'esclusione di altri rimedi risarcitori introducendosi, altrimenti, una illegittima duplicazione del risarcimento.
  La procedura introdotta dalla legge n. 234 del 2021, pertanto, si appalesa quale adeguata risposta alle richieste provenienti dalla Commissione europea così come formulate nella lettera di messa in mora del 15 luglio 2021, che ha affermato la piena legittimità della procedura di stabilizzazione, chiedendo al Governo italiano di chiarire «...se esistano misure per il risarcimento del danno subito dai magistrati onorari per la reiterazione abusiva di contratti a tempo determinato per 16 anni e quale sia la portata di tali misure...».
  La disciplina introdotta dall'articolo 29 è in tal senso pienamente conforme al diritto unionale posto che la Commissione europea, con la lettera di messa in mora del 15 luglio 2021, ha riconosciuto alle autorità nazionali la competenza in merito alla adozione di misure purché aventi un carattere proporzionato, energico e dissuasivo rispetto alla abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato; lasciando, altresì, alle stesse di individuare, in piena autonomia, le misure per il risarcimento del danno subito dai magistrati onorari per gli abusivi pregressi rinnovi.
  Come ricordato nell'atto di sindacato ispettivo, di recente la Commissione europea, nella lettera del 15 luglio 2022 di integrazione di quella di messa in mora già menzionata, si è pronunciata sull'impianto normativo delineato dalla legge n. 234 del 2021 di modifica dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 116 del 2017.
  In particolare, la Commissione europea ha ribadito che la normativa nazionale non sembra prevedere sanzioni per gli abusi pregressi subiti dai magistrati onorari che superano la procedura di stabilizzazione, ritenendo così la soluzione adottata non conforme alla clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.
  Con riferimento, invece, ai magistrati onorari assunti prima del 15 agosto 2017 che non superano la procedura di stabilizzazione o che non vi partecipano, la Commissione europea si limita ad affermare il loro diritto a una indennità, salvo poi specificare che l'indennità forfettaria prevista dal sistema nazionale non è conforme alla giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell'Unione europea, secondo la quale il danno subito per la violazione di una disposizione del diritto unionale deve essere risarcito integralmente.
  La posizione assunta dalla Commissione europea nella lettera di integrazione del 15 luglio 2022 fa sorgere molti spunti di riflessione.
  Innanzitutto, non appare adeguatamente apprezzata la
ratio sottesa alla procedura di stabilizzazione disciplinata dal nuovo articolo 29: tramite questa procedura il magistrato onorario – in deroga alle disposizioni dell'articolo 97 della Costituzione e in conformità alla giurisprudenza costituzionale elaborata in tema di personale precario della scuola – acquisisce uno status corrispondente a quello di un funzionario pubblico fino al pensionamento, atteggiandosi la stabilizzazione quale rimedio onnicomprensivo (tanto per la reiterazione degli incarichi onorari, quanto per il pregresso rapporto onorario). Inoltre non risulta considerato il fatto che, in assenza della previsione della procedura di stabilizzazione disciplinata dal nuovo articolo 29, i magistrati onorari avrebbero potuto agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno asseritamente conseguente alla reiterazione degli incarichi onorari, ma avrebbero dovuto fornire specifica e puntuale prova dello stesso, affrontando l'alea immanente a qualsiasi contenzioso.
  Peraltro, nel determinare quanto spettante ai magistrati onorari a titolo risarcitorio per l'abusiva reiterazione degli incarichi, il giudice avrebbe dovuto comunque tenere conto del fatto che gli stessi hanno ricevuto le indennità previste dalla legge e, a differenza dei magistrati ordinari, hanno potuto continuare a svolgere, in costanza dell'esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie, la professione forense.
  Aspetto questo che potrebbe essere ulteriormente valorizzato in sede europea, in quanto dirimente al fine di inquadrare compiutamente lo
status di magistrato onorario, cui è consentito svolgere la libera professione, e la sua sostanziale differenza con quello di magistrato togato.
  Ed invero, mentre al magistrato togato è vietato svolgere qualunque attività professionale ulteriore e, più genericamente, al dipendente pubblico non è permesso esercitare attività di carattere commerciale o industriale o professionale né assumere impieghi presso datori di lavoro privati o cariche in società aventi scopo di lucro, al magistrato onorario l'unico limite posto è quello della sede di Tribunale dove opera, per ovvie ragioni di opportunità.
  Non si appalesa, pertanto, alcuna violazione del diritto unionale prodotta dalla normativa nazionale con riferimento alla condizione dei magistrati onorari e, anzi, la procedura di stabilizzazione individuata dal nuovo articolo 29 rappresenta, per i magistrati onorari che abbiano subito la reiterazione degli incarichi, una soluzione di gran lunga più vantaggiosa della mera indennità (cui fa riferimento la lettera di integrazione del 15 luglio 2022); la rinuncia alle pregresse pretese, collegata alla intervenuta stabilizzazione, è una conseguenza prevista
ex lege da considerarsi inevitabile per evitare duplicazioni risarcitorie.
  In ragione dei precedenti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza dell'8 maggio 2019 nella causa C-494/17-Rossato) e della giurisprudenza di legittimità, può affermarsi che la procedura di stabilizzazione costituisca misura idonea a sanzionare l'abusiva reiterazione dei contratti a termine e a precludere il ricorso ad altri rimedi risarcitori, quando la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato sia certa. Solo in questo caso essa è compatibile con il diritto unionale e, in particolare, con l'articolo 5 della clausola dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.
  Per altro verso non può fondatamente affermarsi che la Commissione europea e la Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenze del 16 luglio 2020 e del 7 aprile 2022) avrebbero equiparato sotto il profilo economico i magistrati onorari a quelli togati di uguale anzianità.
  L'asserita disparità di trattamento retributivo rispetto ai magistrati togati, infatti, non appare contrastante con i principi del diritto unionale in quanto non è possibile affermare l'assimilabilità della posizione dei magistrati onorari a quella dei magistrati professionali.
  Sul punto, preme specificare che i principali elementi che consentono la diversità di trattamento economico vanno individuati nella differente modalità di accesso alle funzioni giurisdizionali, nonché nella diversa natura della prestazione erogata.
  La tesi opposta, infatti, dimentica del tutto che la regola, di rango costituzionale, secondo cui l'ingresso stabile nella magistratura professionale presuppone il superamento del concorso per esame e titoli (articolo 106 della Costituzione) costituirebbe un controlimite rispetto a un asserito obbligo comunitario che imponesse, sul piano interno, l'assimilazione ai magistrati togati di quelli onorari.
  Peraltro la temporaneità dell'incarico, l'esercizio non esclusivo delle funzioni giurisdizionali, la diversa natura e il minor grado di complessità delle attività svolte dai magistrati onorari integrano un connotato di diversità tra le 2 funzioni così pregnante da risultare ostativo a una loro parificazione, non solo sul piano ordinamentale ma anche limitatamente alle condizioni di lavoro.
  Questa impostazione trova pieno conforto nell'ambito della elaborazione giurisprudenziale interna, in cui si registra una unanimità di vedute in ordine al fatto che i magistrati onorari non possono essere equiparati a quelli professionali e che gli elementi di diversità tra le 2 figure rendono ragionevole il diverso regime cui gli stessi sono soggetti (Consiglio di Stato n. 1062 del 2021 – ordinanze della Corte di cassazione sez. lav. n. 10774 del 2020 e n. 13973 del 2022 – sentenze della Corte costituzionale n. 267 del 2020 e n. 41 del 2021).
  In particolare il Consiglio di Stato, nella sentenza sopra richiamata, prende atto del recente arresto della Corte di giustizia dell'Unione europea che, nella sentenza della sezione II del 16 luglio 2020 nella causa C-658/18, ha ritenuto che, per il diritto unionale, unica è la nozione di lavoratore, a prescindere dalla modalità di costituzione del rapporto con la pubblica amministrazione e senza distinzioni dovute al tempo, determinato o indeterminato, di svolgimento; inoltre che non è consentito un differente trattamento con altro pubblico dipendente a parità di funzioni, salvo differenziazioni derivanti da ragioni oggettive attinenti all'impiego che deve essere ricoperto.
  Tuttavia ha osservato che siffatte disparità sono state, comunque, superate dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto legislativo n. 116 del 2017 i quali, rispettivamente in materia di ferie, di gravidanza, malattia e infortunio e di trattamento previdenziale, configurano analoghi istituti per i magistrati onorari, seppure con le dovute specificazioni.
  In definitiva per il Consiglio di Stato, a differenza del magistrato professionale, il magistrato onorario è tale solo in quanto e nei termini in cui viene chiamato a svolgere funzioni giurisdizionali: il che avviene, comunque, per una durata limitata e in maniera non esclusiva, ma compatibile con altre attività lavorative e professionali.
  Tali caratteristiche, osserva il Consiglio di Stato, qualificano in maniera distinta lo
status del magistrato onorario rispetto a quello del magistrato professionale.
  La posizione della giurisprudenza amministrativa trova conferma in quella assunta dalla Corte costituzionale che nella sentenza dell'8 novembre 2000 n. 479 ha stabilito: «...la posizione dei magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quella dei magistrati onorari non sono fra loro raffrontabili ai fini della valutazione della lesione del principio di eguaglianza, in quanto per i secondi il compenso è previsto per un'attività che essi (come riconosce lo stesso Tribunale rimettente) non esercitano professionalmente ma, di regola, in aggiunta ad altre attività, per cui non deve agli stessi essere riconosciuto il medesimo trattamento economico, sia pure per la sola indennità giudiziaria, di cui beneficiano i primi; che ugualmente nessun raffronto, ai fini del prospettato giudizio di eguaglianza, può essere fatto tra le posizioni delle varie categorie di magistrati onorari che svolgono a diverso titolo e in diversi Uffici funzioni giurisdizionali, trattandosi di una pluralità di situazioni, differenti tra loro, per le quali il legislatore nella sua discrezionalità ben può stabilire trattamenti economici differenziati...».
  Ancora più di recente la Corte costituzionale, nella sentenza n. 41 del 2021, ha rimarcato la netta differenza che sussiste tra la magistratura professionale e quella onoraria, indicando, quali elementi distintivi di quest'ultima, la precarietà e la occasionalità dell'assegnazione alle funzioni giurisdizionali e, quali tratti caratterizzanti la prima, la stabilità dell'incarico.
  Ad analoghe conclusioni è pervenuta anche la Corte di cassazione che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che disciplinano la posizione del giudice di pace, in relazione agli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione. La Corte di cassazione ha, inoltre, affermato che il giudice di pace non è equiparabile a un pubblico dipendente, né a un lavoratore parasubordinato, in quanto la categoria dei funzionari onorari, della quale fa parte, presuppone un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi caratterizzanti l'impiego pubblico, come l'accesso alla carica mediante concorso, l'inserimento nell'apparato della pubblica amministrazione, lo svolgimento del rapporto secondo lo statuto apposito per tale impiego, il carattere retributivo del compenso e la durata potenzialmente indeterminata del rapporto (confronta Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 10774 del 5 giugno 2020).
  In relazione al profilo retributivo, in detta pronuncia, è stato poi rimarcato che «...la specialità del trattamento economico previsto per i Giudici di Pace, la sua cumulabilità con i trattamenti pensionistici nonché la possibilità garantita ai Giudici di Pace di esercitare la professione forense inducono a ritenere che non siano estensibili ai suddetti giudici indennità previste per i giudici togati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali e il cui trattamento economico è articolato su parametri completamente diversi, sicché non possono portare a una diversa conclusione la appartenenza dei Giudici di Pace all'ordine giudiziario e l'attribuzione alle relative funzioni, sotto altri profili anche di rilevanza costituzionale, di tutela e dignità pari alle funzioni dei giudici di carriera, né, tra funzioni e compenso, può predicarsi un reale nesso sinallagmatico...».
  Nello stesso senso, di recente, si è nuovamente pronunciata la sezione lavoro della Corte di cassazione con l'ordinanza n. 13973 del 2022, la quale ha ribadito che le figure «...del giudice togato e del giudice onorario sono ontologicamente e funzionalmente molto diverse; ciascuna riveste uno specifico ruolo e una determinata funzione per l'ordinamento giudiziario (che devono ritenersi distinti) e, di conseguenza, il trattamento retributivo non può definirsi né analogo né comparabile; tali differenze rendono del tutto legittimo il differente trattamento economico previsto dal legislatore nazionale...».
  Anche in sede comunitaria, sia la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 luglio 2020 sia quella più recente del 7 aprile 2022, costituiscono una chiara smentita alla ritenuta equiparazione dei magistrati onorari a quelli ordinari.
  I principi affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 16 luglio 2020, resa nella causa C-658/18, confermano la praticabilità di una differente disciplina dello
status di magistrato onorario rispetto a quello del magistrato ordinario. La Corte di giustizia dell'Unione europea si è soffermata su tre aspetti:

   1) la riconducibilità del giudice di pace alla nozione di lavoratore subordinato sul piano amministrativo, ai sensi della direttiva 2003/88, ai fini del godimento delle ferie retribuite;

   2) la nozione di lavoratore a tempo determinato, ai sensi dell'accordo quadro;

   3) l'equiparazione, ai fini dell'applicazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro, del giudice di pace al magistrato ordinario, il quale beneficia di ferie annuali retribuite per un totale di 30 giorni.

  In ordine a dette questioni, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che il giudice di pace italiano rientra nella nozione di «...giurisdizione di uno degli Stati membri...», in quanto organismo di origine legale, a carattere permanente, deputato all'applicazione di norme giuridiche in condizioni di indipendenza.
  Considerate le modalità di organizzazione del lavoro dei giudici di pace, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha poi affermato che essi «...svolgono le loro funzioni nell'ambito di un rapporto giuridico di subordinazione sul piano amministrativo, che non incide sulla loro indipendenza nella funzione giudicante...». Quindi, interpretando gli articoli 1, paragrafo 3, e 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio – concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro – nonché le clausole 2 e 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, la Corte di giustizia dell'Unione europea, riportata la figura del giudice di pace alla nozione di «...lavoratore a tempo determinato...», ha stabilito, con riferimento al tema specifico delle ferie annuali retribuite, che differenze di trattamento rispetto al magistrato professionale non possono essere giustificate dalla sola temporaneità dell'incarico, ma unicamente «...dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità...».
  Più specificamente, con riferimento al principio di non discriminazione di cui all'accordo quadro, la Corte di giustizia dell'Unione europea, in risposta al quesito del giudice del rinvio – il quale chiedeva se la clausola 4, punto 1, dovesse essere interpretata in senso ostativo a una normativa nazionale non prevedente il diritto per un giudice di pace di beneficiare, come i magistrati professionali, di ferie annuali retribuite di 30 giorni, nell'ipotesi in cui tale giudice di pace rientrasse nella nozione di lavoratore a tempo determinato, ai sensi della clausola 2, punto 1, dell'accordo quadro –, ha innanzitutto premesso che tale disposizione mira a dare applicazione al principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di lavoro di questa natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare i lavoratori di diritti che sono riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato.
  Quindi, ha precisato:

   che, alla «...luce degli obiettivi perseguiti dall'accordo quadro, la clausola 4 di quest'ultimo deve essere intesa nel senso che esprime un principio di diritto sociale dell'Unione che non può essere interpretato in modo restrittivo...»;

   che, secondo una giurisprudenza costante, il principio di non discriminazione, di cui alla clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro, richiede che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato;

   che, pertanto, «...il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall'accordo quadro soltanto per quanto attiene alle differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in una situazione comparabile...»;

   che, «...secondo una giurisprudenza costante, al fine di valutare se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile nel senso dell'accordo quadro, occorre stabilire, in conformità alle clausole 3, punto 2, e 4, punto 1, di quest'ultimo, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali persone si trovino in una situazione comparabile...».

  Per ciò che concerne il giudice di pace, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha inoltre posto in evidenza che «...dal fascicolo risulta che, al pari di un magistrato ordinario, il Giudice di Pace è, in primo luogo, un giudice che appartiene all'ordine giudiziario italiano e che esercita la giurisdizione in materia civile e penale, nonché una funzione conciliativa in materia civile. In secondo luogo, ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 1, della legge n. 374 del 1991, il Giudice di Pace è tenuto all'osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari. In terzo luogo, il Giudice di Pace, al pari di un magistrato ordinario, è tenuto a rispettare tabelle indicanti la composizione dell'Ufficio di appartenenza, le quali disciplinano dettagliatamente e in modo vincolante l'organizzazione del suo lavoro, compresi l'assegnazione dei fascicoli, le date e gli orari di udienza. In quarto luogo, sia il magistrato ordinario che il Giudice di Pace sono tenuti ad osservare gli ordini di servizio del Capo dell'Ufficio, nonché i provvedimenti organizzativi speciali e generali del Consiglio Superiore della Magistratura. In quinto luogo, il Giudice di Pace è tenuto, al pari di un magistrato ordinario, a essere costantemente reperibile. In sesto luogo, in caso di inosservanza dei suoi doveri deontologici e di ufficio, il Giudice di Pace è sottoposto, al pari di un magistrato ordinario, al potere disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. In settimo luogo, il Giudice di Pace è sottoposto agli stessi rigorosi criteri applicabili per le valutazioni di professionalità del magistrato ordinario. In ottavo luogo, al Giudice di Pace vengono applicate le stesse norme in materia di responsabilità civile ed erariale previste dalla legge per il magistrato ordinario...».
  Nondimeno ha rimarcato che, «...dagli elementi del fascicolo, risulta che le controversie riservate alla magistratura onoraria, e in particolare ai Giudici di Pace, non hanno gli aspetti di complessità che caratterizzano le controversie devolute ai magistrati ordinari. I Giudici di Pace tratterrebbero principalmente cause di minore importanza, mentre i magistrati ordinari che svolgono la loro attività in organi giurisdizionali di grado superiore tratterebbero cause di maggiore importanza e complessità. Inoltre, ai sensi dell'articolo 106 secondo comma della Costituzione italiana, i Giudici di Pace possono svolgere soltanto le funzioni attribuite a giudici singoli e non possono quindi fare parte di organi collegiali...».
  La Corte di giustizia dell'Unione europea, indicando poi al giudice del rinvio l'
iter logico da seguire per verificare se la ricorrente in quel giudizio avesse una posizione parificabile al giudice ordinario, ha affermato: «...ove sia accertato che un Giudice di Pace, come la ricorrente nel procedimento principale, e i magistrati ordinari sono comparabili, si deve poi ancora verificare se esista una ragione oggettiva che giustifichi una differenza di trattamento come quella di cui trattasi nel procedimento principale...La disparità di trattamento constatata...[è]...giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui si inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro...».
  Per contro, «...il richiamo alla mera natura temporanea dell'impiego non è conforme a tali requisiti e non può dunque configurare una ragione oggettiva ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro...».
  La Corte di giustizia dell'Unione europea ha poi dato atto che «...per giustificare la differenza di trattamento dedotta nel procedimento principale, il Governo italiano sostiene che costituisca una ragione oggettiva l'esistenza di un concorso iniziale, specificamente concepito per i magistrati ordinari ai fini dell'accesso alla magistratura, che invece non vale per la nomina dei Giudici di Pace. Tale Governo ritiene infatti che la competenza dei Giudici di Pace sia diversa da quella dei magistrati ordinari assunti mediante concorso. Contrariamente a questi ultimi, per quanto riguarda la particolare natura delle mansioni e le caratteristiche ad esse inerenti, ai Giudici di Pace verrebbero affidate controversie il cui livello di complessità e il cui volume non corrispondono a quelli delle cause dei magistrati ordinari...».
  A quest'ultimo proposito la Corte di giustizia dell'Unione europea ha osservato che, «...tenuto conto del margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri per quanto riguarda l'organizzazione delle loro Amministrazioni Pubbliche, essi possono, in linea di principio, senza violare la direttiva 1999/70 o l'accordo quadro, stabilire le condizioni di accesso alla magistratura, nonché condizioni di impiego applicabili sia ai magistrati ordinari che ai Giudici di Pace...Tuttavia, nonostante tale margine di discrezionalità, l'applicazione dei criteri che gli Stati membri stabiliscono deve essere effettuata in modo trasparente e deve potere essere controllata al fine di impedire qualsiasi trattamento sfavorevole dei lavoratori a tempo determinato sulla sola base della durata dei contratti o dei rapporti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale...». Più nello specifico «...talune disparità di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato assunti al termine di un concorso e lavoratori a tempo determinato assunti all'esito di una procedura diversa da quella prevista per i lavoratori a tempo indeterminato possono, in linea di principio, essere giustificate dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui devono assumere la responsabilità...».
  La Corte di giustizia dell'Unione europea, pertanto, ha considerato che «...gli obiettivi invocati dal Governo italiano consistenti nel mettere in luce le differenze nell'attività lavorativa tra un Giudice di Pace e un magistrato ordinario possono essere considerati come configuranti una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro, nei limiti in cui essi rispondano a una reale necessità, siano idonei a conseguire l'obiettivo perseguito e siano necessari a tal fine...».

  Tuttavia, «...in tali circostanze, sebbene le differenze tra le procedure di assunzione dei Giudici di Pace e dei magistrati, ordinari non impongano necessariamente di privare i Giudici di Pace di ferie annuali retribuite corrispondenti a quelle previste per i magistrati ordinari, resta comunque il fatto che tali differenze e, segnatamente, la particolare importanza attribuita dall'ordinamento giuridico nazionale e, più specificamente, dall'articolo 106, paragrafo 1, della Costituzione italiana, ai concorsi appositamente concepiti per l'assunzione dei magistrati ordinari, sembrano indicare una particolare natura delle mansioni di cui questi ultimi devono assumere la responsabilità e un diverso livello delle qualifiche richieste ai fini dell'assolvimento di tali mansioni...».
  La Corte di giustizia dell'Unione europea, quindi, ha concluso affermando che, «...alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza parte della seconda questione dichiarando che la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale che non prevede il diritto per un Giudice di Pace di beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni, come quello previsto per i magistrati ordinari, nell'ipotesi in cui tale Giudice di Pace rientri nella nozione di lavoratore a tempo determinato, ai sensi della clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro, e in cui si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario, a meno che tale differenza di trattamento sia giustificata dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità...».
  Siffatta impostazione è stata di recente confermata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 7 aprile 2022. La sentenza, infatti, parte proprio dalla constatazione che «...il rapporto di lavoro dei Giudici di Pace si distingue da quello dei magistrati ordinari sotto diversi profili essenziali, vale a dire l'assunzione, la posizione nel sistema organizzativo della Pubblica Amministrazione, il regime delle incompatibilità e di esclusività della prestazione, la retribuzione, la durata del rapporto nonché il carattere pieno ed esclusivo delle funzioni...». Afferma, poi, che «...spetta al giudice del rinvio accertare se, tenuto conto di un insieme di fattori, quali la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, l'attività giurisdizionale, nell'esercizio delle funzioni di giudice di pace,...[sia]...comparabile a quella di un magistrato ordinario...».
  La sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea chiarisce che «...tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro...», come già affermato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con la pronuncia del 16 luglio 2020.
  La Corte di giustizia dell'Unione europea, poi, fornisce una importante indicazione sulla possibilità che le diverse modalità di assunzione previste per i magistrati onorari (mediante una selezione per titoli) rispetto a quelle previste per i magistrati professionali (mediante una procedura concorsuale ai sensi dell'articolo 106 della Costituzione) possano integrare quelle ragioni oggettive che legittimano un trattamento differenziato.
  In particolare, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato che «...qualora un simile trattamento differenziato derivi dalla necessità di tenere conto di esigenze oggettive attinenti all'impiego che deve essere ricoperto mediante la procedura di assunzione e che sono estranee alla durata determinata del rapporto di lavoro che intercorre tra il lavoratore e il suo datore di lavoro, detto trattamento può essere giustificato, ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. A tale riguardo, occorre considerare che talune differenze di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato assunti al termine di un concorso e lavoratori a tempo determinato assunti all'esito di una procedura diversa da quella prevista per i lavoratori a tempo indeterminato possono, in linea di principio, essere giustificate dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui devono assumere la responsabilità...Gli obiettivi invocati dal Governo italiano consistenti nel mettere in luce le differenze nell'attività lavorativa tra un Giudice di Pace e un magistrato ordinario possono essere considerati come configuranti una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, nei limiti in cui essi rispondano a una reale necessità, siano idonei a conseguire l'obiettivo perseguito e siano necessari a tal fine...».
  Le differenze tra le procedure di assunzione dei giudici di pace e dei magistrati ordinari, continua la Corte di giustizia dell'Unione europea, e, segnatamente, «...la particolare importanza attribuita dall'ordinamento giuridico nazionale, e più specificamente dall'articolo 106, paragrafo 1, della Costituzione italiana, ai concorsi appositamente concepiti per l'assunzione dei magistrati ordinari, sembrano indicare una particolare natura delle mansioni di cui questi ultimi devono assumere la responsabilità e un diverso livello delle qualifiche richieste ai fini dell'assolvimento di tali mansioni...».
  Discende, quindi, dalla costante giurisprudenza eurounitaria l'affermazione «...che l'esistenza di un concorso iniziale specificamente concepito per i magistrati ordinari ai fini dell'accesso alla magistratura, che invece non vale per la nomina dei Giudici di Pace, consente di escludere che questi ultimi beneficino integralmente dei diritti dei magistrati ordinari...».
  La sentenza solo sulla specifica questione della spettanza ai magistrati onorari del diritto alle ferie e alla tutela assistenziale e previdenziale, senza alcuna generale equiparazione dei magistrati onorari a quelli togati, rinvia all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, in base al quale «...gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane...».
  Dal tenore della normativa unionale deriva che la mera qualificazione dei magistrati onorari come lavoratori (peraltro incontestabile anche nella prospettiva interna) comporta che il diritto alle ferie e alla tutela assistenziale e previdenziale non possa essere condizionato dalla normativa nazionale.
  Dalla illustrazione sopra svolta emerge come la giurisprudenza interna e sovranazionale, ben lungi dall'avere equiparato lo stato giuridico del magistrato professionale a quello del magistrato onorario, hanno sostenuto la possibilità di valorizzare, ai fini di una giustificata diversa disciplina, l'eterogeneità delle due figure, in ragione delle differenti modalità di nomina, radicate nella previsione dell'articolo 106 secondo comma della Costituzione, del carattere non esclusivo dell'attività giurisdizionale svolta dal giudice onorario e del diverso livello di complessità degli affari; tali elementi, quindi, possono essere ritenuti idonei a giustificare la qualifica onoraria del rapporto di servizio, affermata dal legislatore fin dall'istituzione della figura e ribadita in occasione della riforma di cui al decreto legislativo n. 116 del 2017.
  In via conclusiva va sottolineato che questo Dicastero, valutato il fondamentale contributo quotidianamente fornito dalla magistratura onoraria al funzionamento del servizio giustizia, ha aperto un tavolo di confronto con le rappresentanze della magistratura onoraria volto ad affrontare e risolvere tutte le residue tematiche concernenti lo stato giuridico ed economico di tale magistratura.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il lago di Vico, tra i comuni di Ronciglione (Viterbo) e Caprarola (Viterbo), fa parte di un'area protetta nella quale sono presenti siti ricompresi nella rete Natura 2000 come i siti di interesse comunitario (Sic) di cui alla direttiva Habitat come quello del Monte Fogliano e Monte Venere (codice IT6010023) e del lago stesso (codice IT6010024) nonché le Zone di protezione speciale (Zps) ai sensi della direttiva Uccelli del «Lago di Vico – Monte Fogliano e Monte Venere» (codice IT6010057);

   le criticità legate allo stato della qualità delle acque del lago sono note già da diversi anni, in quanto nel 2012 il Piano della caratterizzazione per il bacino del lago di Vico di Arpa Lazio riportava già superamenti di mercurio nelle acque superficiali, una condizione confermata anche nell'agosto 2018 per il Rio Vicano, emissario del lago di Vico;

   le analisi di Arpa Lazio per il triennio 2018-2020 per la «Classificazione Stato Ecologico e Stato Chimico dei Corsi d'Acqua» ai sensi della direttiva quadro sulle acque hanno confermato infatti il cattivo stato di qualità delle acque del Rio Vicano, indicando il perdurante stato «non buono» delle acque anche per il triennio in oggetto senza miglioramenti rispetto al precedente triennio 2015-2017 a causa del parametro di mercurio disciolto;

   oltre alla criticità legata al mercurio disciolto, elemento tossico per l'uomo, sull'area insistono anche altri fattori che contribuiscono significativamente al cattivo stato delle acque in oggetto, quali l'eccessivo utilizzo di fertilizzanti e fitofarmaci, nonché scarichi di acque reflue;

   più recentemente, nel corso dell'ultimo anno è stata nuovamente riscontrata la presenza di alghe rosse la cui comparsa aveva già posto in passato criticità circa il consumo di acque prelevate dal lago a causa degli effetti tossici che poteva causare –:

   quali iniziative siano state attuate, per quanto di competenza, in merito al raggiungimento degli standard qualitativi delle acque superficiali, per ripristinare lo stato delle acque del lago di Vico e del Rio Vicano;

   se sia a conoscenza di nuovi monitoraggi effettuati da parte di Arpa Lazio nei corpi idrici in oggetto.
(4-00318)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Una analisi esaustiva dello stato delle acque dei due bacini indicati oggetto dell'interrogazione non può prescindere dal considerare le loro caratteristiche intrinseche. Il lago di Vico ha una sensibilità ambientale legata all'origine vulcanica, all'assenza di un immissario ed alla scarsa vivacità idrologica. Tra le pressioni antropiche di rilievo, l'attività agricola, in particolare la coltura intensiva della nocciola, concorre all'accumulo di nutrienti nel terreno che, attraverso i fenomeni di lisciviazione, raggiungono le acque del lago e le arricchiscono di azoto e fosforo, favorendo la crescita di alghe e cianobatteri. Il Rio Vicano è invece un emissario del lago di Vico, un canale artificiale sotterraneo scavato nel tufo, realizzato dai romani.
  Per quanto riguarda il lago di Vico, dichiarata riserva naturale ed area protetta sin dal 1982, Zona speciale di conservazione (Zsc) e Zona di protezione speciale (Zps), la regione Lazio rappresenta di aver prestato una costante attenzione alla sua tutela, con l'adozione di numerosi provvedimenti emessi per la sua salvaguardia.
  In particolare, con il Dgr n. 317 del 2003, l'intero bacino idrografico del lago di Vico è stato designato «Area Sensibile», e tutelato con norme che prevedono l'obbligo, per gli agricoltori, di applicare le indicazioni contenute nel «codice di buona pratica agricola» (decreto Mipaaf 19 aprile 1999) e, in merito alla depurazione, l'obbligo di adeguamento degli impianti, con un trattamento terziario per l'abbattimento di azoto e fosforo.
  Successivamente, con il Dgr n. 539 del 2012, sono state individuate le aree di salvaguardia, nella cui «zona di rispetto», che comprende l'intero bacino idrografico, ai sensi dell'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006 è vietato lo spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche. La delimitazione delle aree di salvaguardia, con prescrizioni e divieti, è stata recepita dai comuni di Caprarola e Ronciglione ed ha portato alla dotazione di un Piano di utilizzazione aziendale (Pua), unico per tutte le aziende ricadenti all'interno della zona di rispetto, la cui adozione ha comportato una riduzione del quantitativo dei nutrienti utilizzati per la fertilizzazione dei vicini noccioleti, e quindi ad una minore quantità di azoto e fosforo rivolta al lago a seguito di fenomeni di lisciviazione ed erosione.

  Infine, il Piano di tutela delle acque regionale vigente (D.c.r. n. 18 del 2018), nelle norme di attuazione, prevede prescrizioni e misure a tutela dei corpi idrici regionali, che vanno dal divieto di scarico delle acque reflue industriali in corpi idrici destinati alla potabilizzazione, alle misure di tutela delle aree sensibili, delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e delle aree di salvaguardia delle captazioni potabili.
  Il lago di Vico viene costantemente monitorato da Arpa Lazio, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, (Parte III), in funzione degli obiettivi di qualità ambientale (allegato 1) per la valutazione dello stato ecologico e chimico delle acque, in riferimento agli obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione funzionale – ovvero «acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile» (allegato 2/A) – e in relazione agli obiettivi di qualità per le «acque destinate alla balneazione», ai sensi del decreto legislativo n. 116 del 2008, che comprende anche il monitoraggio per la sorveglianza dei cianobatteri, ai sensi del decreto ministeriale 30 marzo 2010 come modificato dal decreto ministeriale 19 aprile 2018.
  Lo Stato di qualità del lago di Vico, relativo al periodo 2015-2020, sulla base di specifici indici ed indicatori di tipologia biologica e chimica, risulta essere «sufficiente» per quanto riguarda lo stato ecologico e «buono» per lo stato chimico, che viene confermato anche nel 2021.
  Con riferimento alla classificazione delle «acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile», a seguito dei monitoraggi effettuati da Arpa Lazio, la regione Lazio con il D.g.r. n. 276 del 19 maggio 2020 ha classificato le acque del lago in categoria inferiore ad A3 per via del superamento del parametro temperatura. Pertanto le acque del lago possono essere utilizzate e destinate al consumo umano in via eccezionale, cioè solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le stesse siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano, fermo restando il rispetto delle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità relative alla proliferazione algale.
  Relativamente all'idoneità delle acque alla balneazione, come previsto dalla normativa vigente (decreto legislativo n. 116 del 2008 e 30 marzo 2010, come modificato dal decreto ministeriale 19 aprile 2018), il monitoraggio è riconducibile a due principali attività: il monitoraggio microbiologico, per il controllo della conformità a dei parametri previsti e per la classificazione della qualità delle aree di balneazione, e la sorveglianza algale, ai fini della valutazione del rischio di proliferazione di alghe potenzialmente tossiche. Il monitoraggio microbiologico, ha confermato la classe «eccellente» delle acque del lago di Vico per la stagione balneare 2022, mentre per la stagione balneare 2023 l'elaborazione dei dati è in corso. Relativamente alla sorveglianza alghe e dei cianobatteri, il lago di Vico risulta essere caratterizzato da una presenza costante di cianobatteri, correlabile alla concentrazione di nutrienti. Il lago, pertanto, viene monitorato seguendo le modalità operative, frequenze e tipologia di campionamento indicate nei Rapporti dell'Istituto superiore di sanità (Istasan 14/19 e Istsan 14/20).
  Per quanto riguarda il Rio Vicano, inserito nella rete di monitoraggio qualitativa dei corpi idrici superficiali della regione Lazio approvata con Dgr n. 77 del 2020, è stato confermato per il 2021 quanto riscontrato per il triennio 2018-2020 nonché per il triennio precedente, ovvero il perdurare dello stato chimico «non buono» a causa del superamento del parametro «mercurio disciolto». La regione Lazio insieme ad Arpa Lazio sta predisponendo l'avvio di un «monitoraggio d'indagine» per conoscere e valutare le cause dei valori elevati di mercurio disciolto riscontrati negli anni sul corso d'acqua ed individuare se l'origine è di tipo naturale o antropica.
  Infine, si evidenzia che per il periodo 2021-2026, per tutti i corpi idrici compresi nell'attuale rete di monitoraggio qualitativa dei corpi idrici superficiali approvato dalla regione Lazio con la citata Dgr n. 77 del 2020 – quindi anche per il lago di Vico e il Rio Vicano – è in corso un nuovo piano di monitoraggio, che prevede un aumento della frequenza dei campionamenti ed una modifica del
set di parametri da ricercare, in relazione all'aggiornamento dell'analisi delle pressioni in corso di completamento.
  Al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, sono state programmate le misure da attuare, già contenute nel piano di gestione dell'Appennino centrale, che faranno parte dell'aggiornamento del piano di tutela delle acque regionale. Tra le misure in questione, sono da ricordare la realizzazione e l'ammodernamento degli impianti di depurazione, ed ulteriori in sinergia con il piano di sviluppo rurale, come la riduzione di nutrienti e dell'uso di pesticidi in agricoltura e la razionalizzazione dei consumi.

Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica: Gilberto Pichetto Fratin.


   FRATOIANNI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Alfredo Cospito, detenuto a Sassari presso la casa circondariale di Bancali, dal 20 ottobre 2022 è in sciopero della fame per denunciare le condizioni di vita in cui si trova costretto a causa del regime del 41-bis e contro l'ergastolo ostativo cui è stato condannato, e nonostante abbia perso oltre 20 chili egli non intende sospendere tale forma di protesta nonostante i timori dei medici;

   Cospito è stato condannato, nei primi due gradi di giudizio, per strage contro la pubblica incolumità per aver piazzato due ordigni a basso potenziale nei pressi della Scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006. L'esplosione dei due ordigni non causò vittime, né feriti, né danni gravi;

   mentre già scontava la pena, nel luglio 2022, la Cassazione ha riqualificato il fatto nella diversa e ben più grave ipotesi di strage contro la sicurezza dello Stato, reato che prevede, pur in assenza di vittime, l'ergastolo e l'imposizione di misure particolarmente restrittive della libertà personale stabilite per i reati ostativi;

   nell'udienza del tribunale di sorveglianza per decidere sul reclamo proposto dal detenuto, i giudici si sono riservati;

   fino all'aprile 2022, anche se detenuto nelle sezioni di alta sicurezza, gli era consentito di comunicare con l'esterno, inviare scritti e articoli e continuare a partecipare al dibattito dell'area politica di riferimento;

   da maggio, la sua condizione carceraria si è aggravata, con il passaggio al 41-bis e all'ergastolo ostativo, così come stabilito da un decreto del Ministero della giustizia, secondo il quale Cospito, comunicando con l'esterno, attraverso degli scambi epistolari avvenuti, negli anni della detenzione, con altri anarchici, manterrebbe i legami con il gruppo anarchico di riferimento;

   le condizioni di detenzione a cui Cospito è sottoposto si traducono in vere e proprie misure afflittive che conducono allo svilimento delle qualità personali di Cospito e secondo l'interrogante comportano una irragionevole e ingiusta costrizione della sua personalità che potrebbero condurre, nel tempo, a un irrimediabile danno alla salute;

   Cospito è il primo caso di un anarchico al 41-bis, disposizione introdotta nell'ordinamento penitenziario italiano in funzione di lotta e contrasto alle mafie;

   a parere dell'interrogante quello riservato a Cospito è un trattamento disumano e del tutto improprio nel caso di specie posto, e non appare coerente con la ratio della norma di cui all'articolo 41-bis l'estensione di tale regime a soggetti che non sono parte di un'organizzazione criminosa; nel caso specifico sembra che si intenda impedire a Cospito di continuare ad esternare il proprio pensiero politico, attività non destinata a sodali criminali bensì ai soggetti gravitanti nella sua area politica di appartenenza –:

   se il Ministro interrogato non intenda riesaminare le motivazioni poste a fondamento del decreto adottato dal suo Ministero ed eventualmente intraprendere le iniziative necessarie atte a ripristinare la coerenza tra regime differenziato e ratio della norma;

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per assicurare il rispetto uniforme dei diritti delle persone detenute e di condizioni dignitose di vita, ponendo fine a trattamenti disumani, crudeli e degradanti attuati in molte carceri della Repubblica italiana.
(4-00188)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, riferito della vicenda giudiziaria inerente il detenuto Alfredo Cospito, ristretto in regime speciale sub articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, avanza quesiti in ordine alla conoscenza dei fatti e circa eventuali intendimenti volti a rivedere la decisione ministeriale.
  Orbene, avendo riferito sulla vicenda sia in sede di risposta ad interrogazione orale (cosiddetto
question time) in data 1° dicembre 2022, successivamente in sede di risposta ad interrogazioni di analogo tenore e, da ultimo con informativa del 15 febbraio 2023, si richiama quanto già riferito, unitamente agli aggiornamenti nelle more verificatisi.
  Attualmente il signor Alfredo Cospito è ristretto presso la casa circondariale di Milano Opera, ed è sottoposto al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2 e seguenti dell'ordinamento penitenziario, applicato nei suoi confronti con decreto (datato 4 maggio 2022) dell'allora Ministro della giustizia e per la durata di quattro anni, emesso all'esito del previsto iter procedimentale, su proposta dell'autorità giudiziaria, ed acquisiti i necessari pareri stilati dalle autorità giudiziarie e di polizia preposte.
  Tale provvedimento è stato oggetto di reclamo rigettato dal preposto tribunale di sorveglianza di Roma che, in data 19 dicembre 2022 a scioglimento della riserva assunta il precedente 1° dicembre, depositando articolata ordinanza decisoria a mezzo della quale, evidenziava come il provvedimento ministeriale appare essere immune da qualsivoglia censura quindi come (...) le limitazioni imposte appaiono conformi a legge e idonee al risultato perseguito (in termini, pagine 13 e 26) ha rigettato il reclamo proposto.
  A sua volta, l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma è stata oggetto di ricorso per cassazione, rigettato con provvedimento del 24 febbraio 2023, di cui si attende la pubblicazione delle motivazioni.
  Sul fronte amministrativo, in data 9 febbraio ultimo scorso, acquisiti i pareri di tutte le autorità giudiziarie e di polizia interessate, è stato emesso il decreto del Ministro con il quale è stata respinta la richiesta di revoca anticipata del regime previsto dall'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario avanzata il 12 gennaio 2023 dal difensore di fiducia del detenuto, pur pendente il citato ricorso per cassazione.
  In tema, gli elementi di novità addotti dalla difesa a sostegno della richiesta di revoca anticipata non sono stati ritenuti dotati della necessaria portata demolitoria dei presupposti per il mantenimento di tale regime.
  Tale valutazione trova pieno riscontro nel parere espresso in data 31 gennaio dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo 2023, per il quale «le argomentazioni difensive poste a sostegno dell'istanza di revoca ... non appaiono condivisibili», ed ancora «i profili di pericolosità correlati al ruolo associativo del detenuto ... risultano confermati, smentendo le deduzioni difensive, dal moltiplicarsi delle azioni intimidatorie e violente seguite all'adozione del regime penitenziario speciale del quale si discute, da parte di gruppi anarchici insurrezionali che, superando le divisioni interne, hanno ritrovato coesione nella campagna di proteste volte ad ottenere la revoca del provvedimento. Non solo. Richiamando le note informative del Ros CC e della DCPP risulta che quei gruppi hanno sviluppato sinergiche ed intimidatorie azioni di protesta unitamente a noti irriducibili, già condannati per appartenenza alle organizzazioni terroristiche di antica matrice marxistaleninista realizzandosi una imprevedibile convergenza di obiettivi e di metodi di per sé rivelatrice della generalizzata eccitazione delle pulsioni criminose proprie di circuiti eversivi tradizionalmente lontani e non comunicanti tra loro ma ora cooperanti ... Ribadita la fallacia delle deduzioni difensive ...». Sull'infondatezza delle deduzioni difensive convergono, nei rispettivi pareri, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino e il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino-Dda.

  Invero, gli elementi addotti dalla difesa di Cospito attengono, invero, a procedimenti penali, rispettivamente avviati dall'autorità giudiziaria di Roma (procedimento cosiddetto Bialystok) e da quella di Perugia (procedimento cosiddetto Sibilla), aventi ad oggetto strutture associative non aderenti alla Fai-Fri, alle quali comunque Alfredo Cospito non prendeva parte.
  Quanto al procedimento cosiddetto Sibilla, ricordo che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 42535 del 22 giugno 2022 ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale di Perugia che non aveva riconosciuto nei confronti di Alfredo Cospito la ricorrenza del reato di cui all'articolo 414 del codice penale, l'unico a lui contestato in quel procedimento, ritenendo che gli scritti a lui riferibili e divulgati dai restanti indagati «... esprimono un obiettivo innalzamento del livello di potenziale lesività di una qualsiasi azione ricollegabile ai medesimi perché, secondo le espressioni testuali impiegate, volti a incitare alla commissione di condotte violente contro cose e persone e di attentati a personalità dello Stato quali forme di lotta e azione politica ...».
  In secondo luogo, quanto alla allegazione della difesa circa l'attenuazione della pericolosità sociale del detenuto, va premesso che per la costante giurisprudenza in materia il regime carcerario differenziato previsto dall'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario ha natura preventiva e, quindi, è sufficiente che sussista il pericolo e non già l'effettività di contatti con l'esterno da parte del detenuto.
  L'incessante succedersi di eventi critici legati indubitabilmente alla galassia anarco-insurrezionalista, cui appartiene l'associazione criminale Fai-Fri comandata da Alfredo Cospito, ha pertanto determinato a ritenere immutata, ed anzi aumentata, la sua pericolosità sociale.
  I profili di pericolosità correlati al ruolo associativo del detenuto risultano confermati dal moltiplicarsi delle azioni intimidatorie e violente seguite alla adozione del regime carcerario differenziato da parte di gruppi anarco-insurrezionalisti.
  Permane, dunque, la capacità di Cospito di orientare le iniziative di lotta della galassia anarco-insurrezionalista verso strategie e obiettivi sempre più rilevanti.
  Gli appelli del detenuto – al di là dell'assenza di un suo specifico mandato per ogni singola vicenda violenta e intimidatoria – non solo non vengono ignorati ma si sono trasformati in un'onda d'urto propagatasi sul territorio nazionale e all'estero.
  Il mondo antagonista si muove ispirandosi ad Alfredo Cospito e a sostegno di costui, mediante azioni violente e di grave intimidazione, ossia proprio ciò che il detenuto propugna e che viene immediatamente raccolto e tradotto in pratica e in atti concreti.
  Si segnala, al riguardo che, nell'arco di pochissime settimane, la spirale degli eventi verificatisi ha suscitato un forte allarme sociale su tutto il territorio nazionale, tanto da imporre misure di sicurezza rafforzate: 1) il 5 dicembre 2022, all'udienza innanzi alla Corte di Assise di Appello di Torino, 19 anarchici hanno ripetutamente intonato in aula cori in solidarietà dei detenuti Cospito e Beniamino «... chi va col nucleare impari a zoppicare ...» (chiaro riferimento alla gambizzazione dell'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare) e «... Susi Schlein impara a parcheggiare ...» (evidente riferimento all'attentato incendiario avvenuto ad Atene ai danni della prima consigliera d'ambasciata Susanna Schlein); 2) il 28 dicembre 2022 alla redazione del quotidiano di Livorno
Il Tirreno è stata inviata una missiva anonima del seguente tenore «... se Alfredo Cospito muore i giudici sono tutti obiettivi – 2 mesi senza cibo – fuoco alle galere ...», corredata da un proiettile calibro 308; 3) il 28 gennaio 2023 in Torino è stata data alle fiamme una cabina di un ripetitore telefonico con la apposizione della scritta «fuori Alfredo Cospito dal 41-bis»; 4) il 30 gennaio 2023 in Roma sono state incendiate 5 autovetture aziendali nella sede della Telecom, con la apposizione della scritta «no 41-bis»; 5) l'11 febbraio 2023, a Milano, si è svolto un corteo con oltre 500 manifestanti caratterizzato da un alto livello di conflittualità, degenerata in scontri con le Forze di polizia, a seguito dei quali sono rimasti feriti due manifestanti e sei operatori di polizia; 6) il 13 febbraio 2023, il Ministero dell'interno ha ritenuto di dover implementare i servizi di prevenzione e vigilanza al fine di scongiurare azioni ostili o criminose in danno di siti e obiettivi sensibili.
  Vanno, altresì, menzionate le molteplici azioni intimidatorie e violente ai danni delle rappresentanze diplomatiche e degli istituti di cultura italiani all'estero.
  Proprio l'incessante succedersi di eventi critici legati indubitabilmente alla galassia anarco-insurrezionalista, cui appartiene l'associazione criminale Fai-Fri comandata da Alfredo Cospito, aumenta il rischio di collegamento operativo del detenuto con tali ambienti ovvero con la sua associazione criminale di riferimento.
  Queste le ragioni del mantenimento dello speciale regime differenziato.
  Quanto allo stato di salute del detenuto, e ribadito che lo Stato ha il dovere di tutelarne sempre e comunque le condizioni, come per ogni detenuto, si riferisce: 1) dal 20 ottobre 2022 il detenuto Cospito ha avviato uno sciopero della fame, passando da 115 a 71 chilogrammi circa alla data del 24 febbraio 2023; 2) in ragione del repentino calo ponderale, il detenuto Cospito è stato trasferito il 30 gennaio 2023 dalla casa di reclusione di Sassari «Bancali», presso la casa di reclusione di Milano Opera, in cui si trova uno dei migliori centri clinici per l'assistenza sanitaria dei soggetti ristretti e dove è assicurato il quotidiano monitoraggio del suo stato; 3) in data 11 febbraio 2023 Cospito è stato ricoverato nella V divisione di medicina protetta dell'ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano, ove è tuttora degente. A tale decisione si è giunti in seguito ad una visita collegiale eseguita dai sanitari di Milano Opera, che hanno rilevato un calo progressivo dei livelli di elettroliti «... e la volontà del paziente dichiarata e confermata ... di non assumere le integrazioni prescritte ...»; pertanto si è ritenuto «... indicato ricovero in ambiente ospedaliero per potere effettuare adeguato monitoraggio, accertamenti ed eventuali cure, non eseguibili in istituto ...»; 4) in data 27 febbraio 2023 il detenuto è stato dimesso e quindi riassociato al carcere di Milano Opera, presso la precipua struttura sanitaria ad alta intensità, così da poterne monitorare nel migliore dei modi lo stato di salute.
  Va, ancora, evidenziato che dalle risultanze della documentazione medica non emerge, fortunatamente, alcun decadimento cognitivo del detenuto, unico elemento valutabile ai fini della incidenza sulla pericolosità sociale che viene in rilievo nella procedura di revoca del regime del cosiddetto carcere duro.
  In ogni caso, l'eventuale compromissione dello stato di salute generale è attentamente valutata anche dalle competenti autorità giudiziarie, le uniche deputate a verificarne la compatibilità con il mantenimento della restrizione carceraria.
  Appare opportuno ricordare che in data 27 gennaio 2023 l'ufficio di sorveglianza di Sassari, in via di urgenza, ha ritenuto l'insussistenza di elementi idonei a giustificare un rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena nei confronti di Alfredo Cospito, reputando lo stato di salute di costui costantemente monitorato e tutelato e comunque compatibile con il regime detentivo carcerario.
  Per completezza si rappresenta che, per la massima tutela della salute del detenuto e del rispetto delle volontà dallo stesso esplicitate di rifiutare eventuali trattamenti sanitari salvavita, in data 6 febbraio 2023 è stato inoltrato al comitato nazionale di bioetica una richiesta di parere.
  Infine, merita osservare che il detenuto non è affetto da una patologia cronica invalidante ma si sta volontariamente procurando uno stato di salute precario, perseverando nel suo comportamento nonostante i reiterati inviti da parte dell'autorità sanitaria a desistere dal mantenere siffatta condotta.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Don Mattia Ferrari, oltre a essere cappellano della Ong «Mediterranea Saving Humans», è impegnato in un'azione pastorale e umanitaria a difesa delle persone migranti, in particolare di quelle che vengono soccorse nel Mediterraneo;

   per questo suo impegno in favore degli ultimi e dei più fragili da tempo è vittima di pesanti minacce sui canali social in particolare provenienti, come denunciato da più fonti, da un personaggio oscuro appartenente alle milizie e alle organizzazioni criminali libiche, conosciuto come il «portavoce della mafia libica», autore di minacce anche nei confronti di giornalisti e di chi si occupa di salvare i migranti dal mare e di denunciare il traffico indisturbato di esseri umani che avviene nel Mediterraneo e le condizioni inumane dei campi libici;

   l'account in questione è in grado di pubblicare da diversi anni materiale per conto della mafia libica e delle milizie, foto di velivoli militari europei e di documenti secretati di apparati militari italiani;

   da quanto si apprende da un articolo pubblicato su Avvenire del 15 dicembre 2022, la procura di Modena nella richiesta di archiviazione della vicenda legata alle minacce ricevute da don Mattia Ferrari ha considerato tali minacce irrilevanti e ha sostenuto che non presenterebbero profili di rilievo penale;

   a tal proposito occorre sottolineare che don Mattia Ferrari da tempo è sottoposto a «radiosorveglianza», decisa dal Comitato provinciale per la sicurezza dei cittadini, proprio sulla base di quelle minacce;

   nel testo in cui il pubblico ministeri propone l'archiviazione non viene mai citato l'account dal quale le minacce sono giunte e che, come attestano inchieste giornalistiche e atti parlamentari, sarebbe invece riconducibile ad un portavoce della mafia libica legato ai servizi segreti di diversi Paesi;

   leggendo la richiesta di archiviazione depositata in procura a Modena, appare come se il magistrato avesse in un certo senso negato l'esistenza del legame tra l'account da cui sono partite le minacce e la mafia libica;

   ciò che appare incomprensibile all'interrogante è una sorta di «appunto» rivolto all'operato umanitario del sacerdote contenuto nel documento della procura, dove si sottolinea che «se il prete esercita in questo modo, diverso dal magistero tradizionale», deve in un certo senso aspettarsi reazione contrarie e fra queste di essere bersagliato;

   nello specifico, in un passaggio del testo, il pubblico ministero lascia intendere che l'esposizione sui social network naturalmente provoca reazioni, specie se «come già evidenziato chi porta il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei social o comunque del pubblico palco – ben diverso dagli ambiti tradizionali – riservati e silenziosi – di estrinsecazione del mandato pastorale – e lo faccia propalando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti»;

   dunque, secondo il pubblico ministero della procura di Modena, chi si occupa di diritti umani e si dedica all'impegno umanitario non deve sorprendersi se poi viene insultato e minacciato come se essere sacerdote significasse soltanto celebrare Messa e amministrare i sacramenti;

   la richiesta di archiviazione appare all'interrogante molto grave perché suggerisce che le condotte di minaccia e diffamazione online non debbano essere perseguite e liquida in modo superficiale una vicenda di intimidazioni che provengono da un mondo opaco e che andrebbe invece approfondita attraverso accurate indagini –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riferimento alla pubblicazione di materiale militare secretato, e se non si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive.
(4-00195)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame indicato, l'interrogante – dopo avere premesso che «...don Mattia Ferrari, oltre a essere cappellano della Ong Mediterranea Saving Humans, è impegnato in un'azione pastorale e umanitaria a difesa delle persone migranti, in particolare di quelle che vengono soccorse nel Mediterraneo; per questo suo impegno in favore degli ultimi e dei più fragili, da tempo è vittima di pesanti minacce sui canali social in particolare provenienti, come denunciato da più fonti, da un personaggio oscuro appartenente alle milizie e alle organizzazioni criminali libiche, conosciuto come il portavoce della mafia libica, autore di minacce anche nei confronti di giornalisti e di chi si occupa di salvare i migranti dal mare e di denunciare il traffico indisturbato di esseri umani che avviene nel Mediterraneo e le condizioni inumane dei campi libici; ...da quanto si apprende da un articolo pubblicato su Avvenire del 15 dicembre 2022, la Procura di Modena nella richiesta di archiviazione della vicenda legata alle minacce ricevute da don Mattia Ferrari ha considerato tali minacce irrilevanti e ha sostenuto che non presenterebbero profili di rilievo penale...» – domanda al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia e al Ministro dell'interno «...di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riferimento alla pubblicazione di materiale militare secretato, e se non si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive...».
  Al riguardo occorre mettere in risalto che – alla stregua delle note estese in data 2 gennaio 2023 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena e in data 11 gennaio 2023 dalla Prefettura di Modena – il procedimento penale contrassegnato dal n. 3258/2021/44 Registro generale notizie di reato generato dalla querela sporta in data 18 agosto 2021 da don Mattia Ferrari, già vicario parrocchiale di Nonantola e membro del Consiglio Direttivo dell'associazione
Mediterranea Saving Humans, pende attualmente innanzi al Gip nella fase di fissazione dell'udienza camerale prevista dall'articolo 409 del codice di procedura penale in seguito all'opposizione proposta dalla difesa del querelante nei confronti della richiesta di archiviazione avanzata in data 4 novembre 2022 dalla Parte Pubblica.
  In particolare il suindicato procedimento penale contrassegnato dal n. 3258/2021/44 Registro generale notizie di reato scaturisce dalla querela sporta in data 18 agosto 2021 ai carabinieri da don Mattia Ferrari, nella quale egli lamentava di essere vittima di diffamazione aggravata e di minaccia aggravata in relazione a tre messaggi (
tweet) apparsi sul social network Twitter.
  Nello specifico don Mattia Ferrari appuntava l'attenzione su un
tweet riferibile all'account Migrants Rescue Watch@rgowans datato 30 maggio 2021 del seguente tenore «...un prete cattolico trova inaccettabile la segnalazione di notizie fattuali sulla Libia. Solo nazisti e comunisti assassini dicevano alla gente cosa dire e pensare, non si vergogna?...»; il tweet conteneva altresì una immagine fotografica ritraente don Mattia Ferrari, così individuando con precisione il destinatario della frase.
  Gli ulteriori due
tweet segnalati erano apparsi nelle date dell'8 e del 9 agosto 2021 sull'account Caroline Frampton@Up Yours Haftar ed erano del seguente tenore «... spero che tu abbia un giubbotto di salvataggio don, stai con l'uomo che promuove viaggi pericolosi su barche che perdono...» e «...don, Nello e la mafia italiana sostengono il traffico di esseri umani, io invece il passaggio sicuro. Accettatelo...» (così riferendosi al giornalista Nello Scavo, sottoposto a misure di protezione mediante scorta per le sue inchieste su esponenti della mafia libica, al quale don Mattia Ferrari aveva inviato un messaggio di solidarietà).
  Nella querela sporta in data 18 agosto 2021 da don Mattia Ferrari si rappresentava che l'
account Migrants Rescue Watch@rgowans è noto agli operatori delle organizzazioni umanitarie e ai giornalisti che si occupano del Mediterraneo Centrale per le modalità enfatiche con cui presenta le operazioni della Guardia Costiera libica e per la vicinanza alle Autorità libiche. Nel documentare questi aspetti don Mattia Ferrari riferiva quanto sostenuto dal giornalista Nello Scavo in merito alla vicinanza di quel profilo alla mafia libica. Analoghe considerazioni venivano svolte da don Mattia Ferrari sul secondo account del social network Twitter.
  In seguito alla querela sporta da don Mattia Ferrari la procura della Repubblica presso il tribunale di Modena procedeva alla iscrizione del procedimento penale contrassegnato dal n. 3258/2021/44 Registro generale notizie di reato avente ad oggetto il reato di diffamazione aggravata previsto e punito dall'articolo 595 comma 3 del codice penale commesso in danno del medesimo querelante da soggetti ignoti.
  In data 11 aprile 2022 la difesa di don Mattia Ferrari depositava alla procura della Repubblica presso il tribunale di Modena una memoria alla quale allegava la documentazione concernente un ulteriore
tweet datato 30 marzo 2022 dell'account Migrants Rescue Watch@rgowans concernente non direttamente il summenzionato prelato ma una vicenda relativa alla richiesta di un porto sicuro da parte della Ong See Eye che, il giorno precedente, aveva operato il salvataggio di 32 persone al largo delle coste libiche. La difesa di don Mattia Ferrari evidenziava come tale tweet contenesse anche immagini di documentazione amministrativa riferibile al Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma diretta alle Autorità Portuali di Tripoli e alla Guardia Costiera libica. Ciò dimostrava, secondo la difesa di don Mattia Ferrari, che l'account in questione «...è vicino ad ambienti istituzionali e ha accesso a documenti particolarmente sensibili che dovrebbero essere assolutamente riservati...» .
  In data 27 aprile 2022 don Mattia Ferrari veniva sentito dai carabinieri e, nell'occasione, riferiva che, dopo il 18 agosto 2021, non si erano più verificati fatti diretti alla sua persona.
  In data 8 settembre 2022 pervenivano alla procura della Repubblica presso il tribunale di Modena gli esiti degli accertamenti compiuti dai carabinieri su di un nominativo che aveva chiesto a don Mattia Ferrari amicizia sul
social network Facebook. Tali esiti, tuttavia, non risultavano di particolare significato investigativo.
  In data 4 novembre 2022 la procura della Repubblica presso il tribunale di Modena depositava al Gip richiesta di archiviazione, contestualizzando i
tweet oggetto di querela nell'ambito degli specifici commenti effettuati sul social network Twitter e argomentando sull'assenza di rilievo penale delle frasi denunciate; in conclusione la Parte Pubblica sosteneva che «...l'attivazione di indagini (inevitabilmente di portata internazionale, lunghe e costose) dirette ad individuare chi si celi dietro quei profili (depotenziando letture allarmistiche ed invero di maniera) non ha ragione di essere: sono frasi (perché è utile ribadirlo...si tratta di due frasi postate sui social nei mesi di maggio ed agosto 2021 che non hanno avuto alcun seguito) prive di rilevanza penale da chiunque esse provengano...». In proposito deve essere rimarcato che non risultano contrastare con l'impianto motivazionale posto a fondamento della richiesta di archiviazione gli ulteriori 2 episodi segnalati da don Mattia Ferrari rispettivamente in data 11 novembre 2022 (allorquando egli rivelava che ignoti erano riusciti ad accedere al suo account sul social network Instagram, cambiando tutti i dati di riferimento e di accesso) e in data 7 gennaio 2023 (allorquando il prelato riferiva di avere ricevuto una missiva in cui un soggetto rimasto anonimo lo esortava a occuparsi maggiormente dei cittadini italiani in difficoltà rispetto all'impegno nella tutela dei migranti che andava a favorire il fenomeno della immigrazione clandestina), trattandosi di episodi in cui non appare possibile fondatamente rinvenire un pregnante contenuto intimidatorio.
  Infine in data 15 dicembre 2022 la difesa di don Mattia Ferrari presentava al Gip del tribunale di Modena atto di opposizione alla suindicata richiesta di archiviazione. In ogni caso, così come si apprende dalla nota estesa in data 2 febbraio 2023 dall'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, a protezione della persona di don Mattia Ferrari è attivo un servizio di vigilanza generica radiocollegata presso la sua abitazione.
  Su di un piano più generale, deve essere posto in risalto che la norma dettata dall'articolo 612 del codice penale non incrimina la violenza – mezzo, ossia rivolta a ottenere un altro comportamento da parte del soggetto passivo, bensì la violenza – fine, e quindi la
vis psichica in quanto tale. Tale previsione appare giustificata da una ratio di pericolo: la fattispecie si presenta come prodromica, essendo il fronte di tutela che l'ordinamento predispone nei confronti dell'interesse particolarmente avanzato, così da indurre gli interpreti ad affermare che la norma è diretta a garantire sia quel complesso di condizioni che si riassumono nello stato di tranquillità individuale sia la libertà morale da influenze estranee intimidatrici. La minaccia è un reato a forma libera, integrato dalla prospettazione di un danno ingiusto, idonea in modo efficace a turbare la tranquillità individuale e la libertà morale della vittima.
  In relazione alla minaccia consumata per il tramite del
web, vale a dire sui social network, i consolidati principi giurisprudenziali di legittimità ammoniscono l'interprete a enucleare l'effettiva esistenza e la reale entità del turbamento psichico determinato nel soggetto passivo dall'atto dal contenuto ritenuto intimidatorio (contenuto assente nel caso di specie, in forza delle argomentazioni illustrate nella richiesta di archiviazione avanzata in data 4 novembre 2022 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Modena), accertate avendo riguardo non soltanto al tenore delle espressioni verbali proferite ma anche al contesto nel quale le stesse si collocano.
  Quanto al reato di diffamazione a mezzo dei
social network, va evidenziato come il mondo virtuale sia caratterizzato da una asprezza di toni e da una aggressività verbale che, pur se eticamente biasimevoli, non integrano fattispecie di rilevanza penale. Ne discende, da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio, che nell'operato dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Modena non appaiono ravvisabili condotte astrattamente munite di rilievo disciplinare, afferendo le censure illustrate nell'atto di sindacato ispettivo esclusivamente a profili di merito e di valutazione del fatto e delle prove, sottratte a tale sindacato in forza della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 2 ultimo comma del decreto legislativo n. 109 del 2006; corrispondentemente non sussistono i «...presupposti per l'avvio di iniziative ispettive...» di titolarità di questo Dicastero.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   SCOTTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la mattina del 16 gennaio 2023 – dopo 30 anni di latitanza – è stato arrestato il noto latitante Matteo Messina Denaro;

   tratto in arresto, il capo di Cosa nostra è stato trasferito nella casa circondariale dell'Aquila, venendo sottoposto al regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis;

   al momento della nomina dell'avvocato difensore, Matteo Messina Denaro ha nominato l'avvocato Lorenza Guttadauro. L'avvocata è figlia di Rosalia Messina Denaro, sorella del boss ed è sposata con Luca Bellomo, finito in carcere con l'accusa di aver favorito la latitanza del boss di Cosa Nostra;

   la professionista ha anche difeso la zia Anna Patrizia e il fratello Francesco, arrestati con l'accusa di essere il braccio operativo del capomafia;

   il 19 gennaio 2023 non si è presentata in aula a Caltanissetta, dove era in programma l'udienza del processo d'appello per le stragi di Capaci e via d'Amelio;

   il 20 gennaio 2023 il Corriere della Sera nell'articolo «L'avvocata nipote del padrino che difende tutti i parenti (e dribbla i paletti del 41-bis)», parla della sua strana condizione: come parente di un boss non dovrebbe avere contatti oltre a quelli dei colloqui. Come avvocata lo farà;

   nell'articolo sono riportate le parole dell'ex sostituto della Dda di Palermo, Massimo Russo che dice: «Temiamo la beffa e lo scacco matto del padrino appena arrestato». Russo sostiene che la nomina è «una mossa che spiazza lo Stato. E che rivela un vuoto normativo»;

   il riferimento è proprio al carcere duro: «Maglie che si allargano, costringendo a doverci fidare della deontologia professionale dell'avvocata Guttadauro. Ma se il 41-bis nasce per escludere rapporti con il mondo esterno al carcere e, soprattutto, possibili intese sotterranee con i parenti anche durante i colloqui, dovremmo pure porci la questione di un parente-avvocato. Cosa che non ha mai fatto nessuno. Matteo Messina Denaro ha trovato il "vuoto" della norma. E lo colma. Spiazzando l'avversario, lo Stato, a rischio scacco matto» –:

   quali iniziative normative intenda intraprendere – per quanto di sua competenza – in ordine alla questione esposta in premessa al fine di pervenire con estrema urgenza ad un adeguamento della disciplina volto a risolvere il vulnus normativo che si è verificato in questa vicenda e che potenzialmente potrebbe verificarsi anche in futuro.
(4-00324)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito dell'arresto del noto latitante mafioso Matteo Messina Denaro e della successiva nomina a difensore di fiducia della nipote, evidenzia la possibilità che quest'ultima, seppur parente del criminale, e quindi con il rischio di possibili intese sotterranee, possa tuttavia tenere colloqui e comunque contatti con il criminale nella diversa qualità professionale, avanzando pertanto quesiti circa l'adozione di eventuali iniziative di carattere normativo volte a risolvere l'indicata situazione in cui si trova il parente-avvocato.
  Orbene, riferito che non vi sono iniziative di matrice governativa relative al tema oggetto dell'interrogazione, merita tuttavia rammentare i princìpi giuridici alla base del diritto di difesa, come è noto di rango costituzionale, l'estraneità della cosiddetta cultura del sospetto tra i criteri direttivi dell'agire governativo, quindi la sussistenza di norme a presidio dell'integrità etica del professionista avvocato e delle sanzioni in caso di violazione.
  Come detto, il diritto di difesa assurge, nel nostro Ordinamento, a principio di rango costituzionale, di guisa che qualsivoglia limitazione non solo va prevista per legge ma pur deve ricollegarsi ad altro principio di pari rango in ordine al quale occorra rinvenire un punto di equilibrio; ciò spiega e consente di individuare un limite massimo di difensori, una posticipazione – per un tempo limitato e ragionevole – del primo contatto tra difensore e cliente
in vinculis e così via.
  Diversamente risulterebbe leso il principio scolpito nell'articolo 24 della Carta costituzionale per cui la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
  Conseguenziale il diritto (attualmente all'articolo 96 del codice di procedura penale) a nominare il proprio difensore di fiducia, anche in luogo di quello, in assenza del primo, nominato d'ufficio.
  Quanto sopra, notoriamente, costituisce espressione dell'effettività del diritto di difesa e della libertà di individuare e designare la persona ritenuta più idonea alla tutela dei propri interesse processuali e sostanziali, naturalmente legittimi.
  Unico (invero non assoluto) limite è l'iscrizione del difensore nell'apposito albo, in ragione della preferenza legislativa per una difesa tecnica.
  La contemporanea qualità di parente in capo al difensore è circostanza pertanto neutra per l'ordinamento, e ciò a prescindere dalla tipologia di reati contestati all'indagato/imputato.
  Al difensore viene richiesto apporto tecnico-professionale, dovendo questi postulare in rappresentanza del suo cliente, sicché irrilevante si atteggia l'eventuale legame di parentela con l'assistito.
  Eventuali conflitti di interesse che dovessero emergere o già sussistere ben sono già regolati dalla legge ed
in primis dalla disciplina del proprio ordine professionale di riferimento, posto che alla stregua del codice deontologico forense (articolo 24, comma 2), l'avvocato nell'esercizio dell'attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.
  Ancora, eventuali condotte illecite tenute per conto dell'assistito, siccome vietate di per sé, verrebbero per ciò solo sanzionate secondo legge.
  La contemporanea qualità di parente dell'assistito pertanto, non è elemento giuridicamente idoneo a fondare limitazioni all'assunzione della qualità di difensore.
  Operare diversamente, individuandovi un rischio specifico di intese sotterranee, quindi illecite e come tali già sanzionabili, si rivelerebbe opzione alquanto azzardata ed irragionevole poiché semplicemente basata su di un'asserzione indimostrata e forse espressione della cosiddetta cultura del sospetto, affatto consona ad Ordinamenti democratici.
  Peraltro, oltre che discriminatoria con riguardo alla specifica categoria professionale forense, risulterebbe oltremodo foriera di rischio di ulteriori ed altrettante irragionevoli estensioni ad altre categorie professionali (si pensi al parente-commercialista, al parente-notaio e così via) e financo al parente in quanto tale.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.