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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 2 marzo 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    secondo i dati resi disponibili nella sezione «Open data» del Portale Inail, nel 2022 si sono rilevate complessivamente 697.773 denunce di infortunio, il 25,67 per cento in più rispetto al 2021. Dei 697.773 casi rilevati, 607.806 riguardano infortuni avvenuti in occasione di lavoro, 89.967 infortuni in itinere. Con riferimento al genere, l'aumento riguarda sia la componente femminile, le cui denunce sono passate da 200.557 a 286.522 (+42,86 per cento), sia la componente maschile, con 411.251 denunce, 56.572 in più rispetto al 2021 (+15,95 per cento);

    l'analisi territoriale delle denunce rilevate nel corso del 2022 evidenzia, rispetto al 2021, aumenti del 37,29 per cento per il Sud, del 33,15 per cento per le Isole, del 30,42 per cento per il Nord Ovest, del 29,36 per cento per il Centro e del 13,29 per cento per il Nord Est;

    il numero delle denunce è in aumento in tutte le regioni rispetto al 2021: incrementi maggiori si sono rilevati in Lombardia, con 27.869 denunce in più, nel Lazio (+16.737), in Veneto (+14.458), in Campania (+13.495), in Piemonte (+12.830), in Toscana (+9.906), in Liguria (+9.245), in Sicilia (+8.785), in Emilia Romagna (+7.104), in Puglia (+4.868), in Abruzzo (+4.273), in Sardegna (+2.815), nelle Marche (+2.470), in Calabria (+2.332) e in Umbria (+1.725). Seguono, in ordine decrescente, il Friuli Venezia Giulia (+993), la provincia autonoma di Bolzano (+798), il Molise (+695), la provincia autonoma di Trento (+679), la Valle d'Aosta (+314) e la Basilicata (+146);

    con riferimento agli infortuni con esito mortale sono stati 1.090 casi, a fronte dei 1.221 rilevati nel 2021 (-10,73 per cento); l'analisi territoriale evidenzia diminuzioni per tutte le macroaree geografiche (-26,10 per cento per il Sud, -11,23 per cento per il Nord Est, -3,83 per cento per il Nord Ovest, -3,45 per cento per le Isole, -0,88 per cento per il Centro). Con riferimento al genere, la diminuzione riguarda sia la componente femminile, con 120 denunce a fronte delle 126 rilevate nell'anno precedente (-4,76 per cento), sia la componente maschile, con 970 casi a fronte dei 1.095 rilevati nel 2021 (-11,42 per cento); ad aumentare sono soprattutto i casi avvenuti nel tragitto tra casa e azienda, crollati durante le fasi più acute della pandemia;

    colpisce anche il dato del sensibile aumento degli infortuni mortali fra i più giovani: sono 196 infortuni mortali fra i 25-39enni e 22 fra gli under 20;

    pur trattandosi di dati provvisori in quanto soggetti a consolidamento in esito alla definizione amministrativa dei singoli casi, l'Inail sottolinea che si è registrato un decremento nel 2022 rispetto al 2021 solo dei casi avvenuti in occasione di lavoro, scesi da 973 a 790 per il notevole minor peso delle morti COVID-19, mentre quelli in itinere sono passati da 248 a 300. Il calo ha riguardato soprattutto l'industria e servizi (da 1.040 a 936 denunce), seguita da conto Stato (da 53 a 36) e agricoltura (da 128 a 118);

    in aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 60.774 (+9,9 per cento);

    come evidenziato da Bruno Giordano, ex direttore dell'ispettorato nazionale del lavoro, si tratta di «Dati veri, ma non è tutto il vero: mancano gli incidenti che coinvolgono forze dell'ordine, forze armate, vigili del fuoco, e il numero oscuro degli incidenti, quelli non denunciati per nascondere un lavoro nero o per paura di perdere un lavoro precario» (La Repubblica del 3 febbraio 2023);

    dietro i numeri e le fredde statistiche ci sono storie di persone e famiglie che diventano il filo rosso di una «strage silenziosa»: recentemente il 20 gennaio 2023 Massimo Pezza, di appena 23 anni, impiegato in una ditta per lo smaltimento dei rifiuti vicino Roma, è stato colpito da una lastra di cemento; nel bresciano a Rodengo Saiano è morto un autotrasportatore di 64 anni schiacciato da una pesante lamiera che stava caricando sul camion; negli stessi giorni un lavoratore di 63 anni dipendente di un'azienda agricola di Barberino del Mugello (Firenze) è morto dopo essere stato urtato da un macchinario agricolo in transito nel podere in cui lavorava (Avvenire del 21 gennaio 2023); il 12 gennaio 2023 un giovane 22enne, Antonio Golino, che era al lavoro nell'area industriale di Pascarola a Caivano (Napoli), dipendente di una importante azienda che affetta e confeziona prosciutti per tutti i supermercati italiani, è morto schiacciato da decine di grossi bancali che sono improvvisamente caduti; il giovane Giuliano De Seta di appena compiuti 18 anni, è morto schiacciato lo scorso 16 settembre 2022 da una lastra di metallo di due tonnellate in un'azienda di Noventa di Piave (Venezia); il giovane era alla seconda di tre settimane di stage avviate con la sua scuola, l'istituto tecnico Da Vinci di Portogruaro;

    al di là dell'accertamento delle cause dell'accaduto da parte della magistratura, il problema delle morti bianche rappresenta un'emergenza che, dovrà essere affrontata immediatamente da tutti gli attori istituzionali;

    questo preoccupante trend non è una fatalità ma il risultato della diffusa abitudine a ritenere la riduzione del costo del lavoro elemento strategico per la competitività e la formazione professionale (quando presente) è finalizzata sempre più spesso al sostegno delle competenze necessarie per la produzione;

    ma il lavoro «uccide» in molti altri modi: il dilagare della precarietà, le trasformazioni dei rapporti di lavoro con il sempre più frequente cambiamento di mansioni, il ricorso al lavoro in appalto, poca innovazione ed investimento nei sistemi di sicurezza dei macchinari nei processi produttivi, scarsa informazione e formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori sulle misure di sicurezza e di prevenzione degli infortuni, lavoro nero, complessità di accesso agli incentivi per le imprese virtuose in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro, innalzamento dell'età pensionabile divenuta insopportabile soprattutto per determinati lavori, lacune normative come nei casi dei «rider» e dei giovani morti nei percorsi di percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (ex alternanza scuola-lavoro), pochi controlli da parte dei soggetti preposti anche a causa della insufficienza di personale (Ispettorato del lavoro, Asl, Inps, e altro);

    proprio in tema di controlli, precise indicazioni sulle criticità del sistema delle ispezioni sul lavoro e sulle possibili innovazioni da introdurre sono contenute nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul riordino del sistema della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nella prospettiva di una maggiore efficacia delle azioni di contrasto al lavoro irregolare e all'evasione contributiva (Doc. XVII, n. 7), approvato nella XVIII legislatura dalla XI Commissione nella seduta del 2 dicembre 2020;

    nell'ambito della richiamata indagine conoscitiva si era, in particolare, sottolineato il progressivo assottigliamento delle risorse umane destinate ai controlli, evidenziando come l'Inail nel 2019 potesse contare, per lo svolgimento dei controlli di propria competenza, solamente su 269 ispettori, a fronte dei 284 in servizio nel 2018, dei 299 in servizio nel 2017 e dei 350 in servizio nel 2016;

    occorre assicurare un sostegno alle imprese che investano nell'incremento degli standard di sicurezza sul lavoro: la sicurezza sul lavoro non è solo un obbligo, da adempiere in conformità alle prescrizioni legislative, ma deve essere connotata anche come un'opportunità, che possa indurre le aziende, anche attraverso misure premiali, ad elevare gli standard di sicurezza, incrementandoli anche in una misura maggiore rispetto ai livelli «minimi» previsti ex lege;

    in tale direzione è fondamentale sostenere l'azione dell'Inail per dare attuazione all'articolo 11 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede il finanziamento da parte dell'istituto di una serie di attività formative e di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza effettuati dalle imprese; recentemente con il bando Isi 2022, l'Inail metterà a disposizione 333,3 milioni a fondo perduto, una dotazione di oltre 60 milioni in più rispetto all'anno scorso;

    la sicurezza sul lavoro deve essere prima di tutto un tema culturale, per cui è fondamentale educare alla sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso iniziative specifiche, anche a livello di educazione primaria e campagne di sensibilizzazione delle imprese e dei lavoratori e dei giovani;

    in tema di ampliamento delle tutele, recentemente il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a seguito dei gravi infortuni subiti da giovani studenti e stagisti, in data 6 gennaio 2023, ha annunciato un ampliamento della tutela infortunistica degli studenti;

    prevenzione e formazione nei luoghi di lavoro, dunque, devono diventare una strategia e una scelta politica, con più risorse per mettere in sicurezza i processi produttivi e con più controlli e un coordinamento degli interventi; anche l'esigenza di semplificazione deve conciliarsi con quella di mantenere inalterati gli standard di tutela in ambito infortunistico;

    la nostra Costituzione all'articolo 41 prevede che l'iniziativa economica privata è libera ma «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»;

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative normative volte ad ampliare la tutela antinfortunistica anche allo svolgimento delle attività formative di qualsiasi tipologia che vengono svolte a qualsiasi titolo dalle imprese e nelle quali sono coinvolti gli studenti di ogni ordine e grado, compresi quelli impegnati in percorsi di istruzione e formazione professionale, tirocinanti, stagisti e docenti;

2) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad implementare l'organico di tutti gli enti preposti ai controlli in tema di rispetto delle misure di sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro e di lavoro regolare nonché a rafforzare i controlli ispettivi nell'ambito delle attività formative svolte nelle aziende e che coinvolgono studenti di ogni ordine e grado, compresi studenti universitari, stagisti, apprendisti e docenti;

3) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad incrementare l'ammontare delle risorse stanziate ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per i bandi Isi-Inail finalizzati a progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese, nonché dei progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai princìpi di responsabilità sociale delle imprese;

4) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a prevedere agevolazioni fiscali sia per incrementare la formazione continua del personale, sia per favorire il rinnovo dei macchinari, molto spesso causa di incidenti perché troppo obsoleti;

5) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a sostenere gli investimenti a favore della sicurezza sul lavoro, nonché dell'ammodernamento delle imprese agricole ed edili e dei relativi metodi e strumenti di lavoro;

6) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a consolidare e rafforzare l'attività di controllo in materia di sicurezza sul lavoro, considerando in particolare la necessità di superare le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, relative al ruolo ad esaurimento del personale ispettivo dell'Inps e dell'Inail, nonché riportare in capo ai due istituti l'autonomia e le competenze con riferimento al relativo personale ispettivo, nel quadro del coordinamento assicurato dall'Ispettorato nazionale del lavoro;

7) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad assicurare l'interoperabilità e la piena condivisione tra Ispettorato nazionale del lavoro e Inail delle banche dati rilevanti ai fini delle attività di controllo, nel rispetto della normativa relativa alla protezione dei dati personali;

8) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a prevedere una nuova funzione di vigilanza collaborativa del personale sanitario Inail, anche al fine di garantire alle imprese il supporto formativo nell'attività di prevenzione dei rischi sui luoghi di lavoro;

9) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad affinare, anche attraverso una loro migliore organizzazione e integrazione, le procedure ispettive di competenza delle aziende sanitarie, anche al fine di contrastare i fattori di rischio biologico, compreso il rischio epidemiologico da COVID-19;

10) ad adottare le opportune iniziative normative volte all'introduzione, nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado del sistema educativo di istruzione e formazione, dell'insegnamento della cultura della sicurezza, finalizzato a rendere consapevoli gli studenti delle diverse fasce di età dei potenziali rischi conseguenti a comportamenti errati nei luoghi di lavoro e nella vita domestica e scolastica, nonché a fornire loro la conoscenza e l'addestramento adeguati a riconoscere situazioni di pericolo;

11) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a prevedere l'introduzione di strumenti e meccanismi premiali di tipo strutturale per le imprese, atti a favorire e selezionare le imprese più virtuose anche nell'accesso a specifici incentivi ed esoneri contributi e ad appalti e commesse pubbliche;

12) ad avviare ogni iniziativa di competenza al fine di istituire un tavolo tecnico con il compito di proporre una revisione generale dei vigenti accordi Stato-regioni in tema di livelli della formazione sulla sicurezza sul lavoro, sui contenuti dei percorsi formativi e dell'aggiornamento, in modo da assicurare qualità ed efficacia alla formazione.
(1-00080) «Carotenuto, Aiello, Tucci, Barzotti, Quartini, Amato, Caramiello».


   La Camera,

   premesso che:

    da diversi anni l'Italia è chiamata ad affrontare situazioni di siccità che condizionano pesantemente le risorse idriche del Paese, come testimoniato in modo emblematico sia dal fiume Po che dal Lago di Garda, entrambi ormai vicini, se non già oltre, al loro livello minimo storico;

    l'agricoltura delle grandi regioni del nord Italia e della Pianura Padana è storicamente legata al fiume Po, ai grandi laghi e ai laghi alpini; la portata del fiume Po si è ridotta in modo talmente drammatico che il suo cuneo salino è ormai risalito di diversi chilometri, con effetti negativi sulle falde e, dunque, sull'intero comparto; questa situazione ormai non più episodica rischia di mettere in ginocchio un intero sistema economico;

    nel 2022 si è registrato un calo di circa il 45 per cento della pioggia e di circa il 70 per cento della neve rispetto alle medie degli anni precedenti, e alla luce del fatto che la carenza di piogge è stata particolarmente rilevante anche in questi primi due mesi del 2023, è purtroppo ragionevole aspettarsi che ci sarà una progressiva riduzione delle precipitazioni anche nei prossimi anni, o quantomeno una loro concentrazione temporale, alternata a bombe d'acqua e episodi piovosi di particolare intensità, spesso causa di dissesto idrogeologico;

    in base ai dati dell'Ispra, la disponibilità di risorsa idrica media annua in Italia, calcolata nel periodo 1951-2020, ammonta a 469,8 millimetri (corrispondente a un volume di circa 142 miliardi di metri cubi), cioè il 19 per cento in meno rispetto al valore medio annuo del trentennio 1921-1950, con un trend negativo che vede stimata una perdita di un ulteriore 40 per cento (con punte del 90 per cento in certe zone del Sud Italia) nei prossimi trentanni;

    la quantità d'acqua utilizzata in Italia ogni anno equivale a circa 26,6 miliardi di metri cubi, distribuiti per il 51 per cento nel settore agricolo, per il 21 per cento nel settore industriale, per quasi il 20 per cento nel civile, e per un restante 8 per cento circa tra settore energetico e zootecnia; l'attuale crisi di siccità ha quindi ripercussioni dirette e gravi per le aziende del settore agricolo; un periodo di siccità prolungata, infatti, crea naturalmente problemi per l'insieme delle tipologie di colture – in particolare quelle a forte consumo idrico come il riso, e per gli allevamenti, ivi incluse le acquacolture, per il buon esito dei prossimi raccolti e per la produttività del mare, perché se non c'è acqua non arrivano nutrienti e il fitoplancton necessari allo sviluppo della molluschicoltura;

    secondo le stime di Cia-Agricoltori Italiani, Coldiretti e Confagricoltura dell'estate 2022, i danni sono stimabili in diversi miliardi di euro, con le rese di grano e del latte da mucche che hanno visto un calo di ben oltre il 10 per cento. È chiaro che più la situazione si prolungherà, maggiori saranno le quantificazioni dei danni per il tessuto agroalimentare del Paese;

    ad essere intaccata, però, è anche la produzione idroelettrica, che ha registrato nel 2022 un calo di circa il 38 per cento della potenza prodotta, e con l'attuale inverno estremamente mite la situazione è ancor più grave dell'anno scorso, il quale era già stato l'anno peggiore degli ultimi sette decenni;

    pur con la crescita di produzione dal fotovoltaico e dall'eolico, infatti, nel 2022 il dato dell'idroelettrico ha fatto registrare un calo dal 40 per cento al 35 per cento della componente rinnovabile sul totale della produzione nazionale;

    per quanto riguarda gli usi prettamente civili delle risorse idriche, in questi giorni l'Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) ha dichiarato che per almeno per 3,5 milioni di abitanti non si possa più dare per scontata l'acqua dal rubinetto, con il 15 per cento della popolazione che ormai vive in territori esposti ad una siccità severa, quando non estrema;

    non sorprende, quindi, come anche l'Organizzazione mondiale della sanità già nel 2018 abbia classificato l'Italia come Paese con stress idrico medio-alto, in quanto utilizza fino al 35 per cento delle proprie risorse idriche rinnovabili, dato peraltro in aumento costante rispetto al periodo di riferimento 1971-2001;

    in aggiunta, l'attuale grave situazione di siccità sta contribuendo ad acuire la già problematica presenza di fauna selvatica nelle aree urbane, essendo gli animali costretti a spostarsi in ricerca di maggiori fonti di acqua;

    la perdurante scarsità di precipitazioni pluviometriche e nevose degli ultimi anni ha infatti cagionato una riduzione dei deflussi superficiali e delle conseguenti riserve idriche, condizionando la capacità di ricarica delle falde superficiali, i cui effetti risultano amplificati anche a causa delle diffuse criticità strutturali che caratterizzano gli impianti e la rete di distribuzione idrica nazionale, con perdite che superano addirittura il 40 per cento; quest'ultimo dato è particolarmente allarmante a sé stante e, a maggior ragione, se paragonato ad altri Paesi europei: in Francia la dispersione nella rete idrica ammonta a circa il 20 per cento, mentre in Germania all'8 per cento;

    la rete idrica italiana necessita di importanti interventi di modernizzazione e manutenzione: dei 550 mila chilometri di rete idrica, oltre il 60 per cento risale a più di 30 anni fa, e il 25 per cento ha addirittura superato i 50 anni di attività. Il tasso di rinnovo della rete idrica italiana è tra i più bassi d'Europa: in media solamente 3,8 metri per ogni chilometro di condotte a fine vita viene sostituito ogni anno e quasi tutti gli interventi sono concentrati al centro-nord. Con questo tasso di rinnovo, Utilitalia stima che non sarà possibile ammodernare l'intera infrastruttura, e raggiungere così l'obiettivo di dispersione inferiore al 10 per cento prima di almeno 250 anni;

    in Italia solamente l'11,3 per cento dell'acqua piovana (circa 34,2 miliardi di metri cubi) viene immagazzinata, con un conseguente spreco di un enorme potenziale: secondo l'Anbi, infatti, servirebbero oltre 2.000 nuovi invasi, incentivando peraltro la pulizia di quelli già esistenti. A tal proposito, sarebbe poi auspicabile una semplificazione normativa riguardante la gestione dei detriti che attualmente devono essere trattati come rifiuti speciali;

    nel nostro Paese non esiste poi un piano nazionale per il riuso delle acque di depurazione nonostante il grande potenziale di questa risorsa: quasi il 30 per cento dell'acqua restituita dai sistemi di depurazione è di buona qualità, ma invece di venire riutilizzata in agricoltura ritorna nei fiumi o in mare. È necessario predisporre il prima possibile tale piano, sia in considerazione del Regolamento (UE) 2020/741 in materia di riutilizzo dell'acqua, il quale si applicherà a partire dal 26 giugno 2023, che alla luce delle numerose procedure di infrazione attive nei confronti dell'Italia in tema di collettamento, fognatura e depurazione;

    una gestione asistematica e scoordinata delle già esigue risorse idriche – destinate a diventare sempre più carenti – si traduce in un vero e proprio danno per tutti i settori e servizi, da quello agricolo e industriale, a quello elettrico e turistico, senza dimenticare, appunto, l'approvvigionamento di acqua potabile alla popolazione;

    la situazione è talmente drammatica che lo stesso Governo ha avviato dal 1° marzo 2023 una cabina di regia sul fenomeno siccità, finanche prevedendo un piano di razionamento dell'acqua;

    appare del tutto urgente, quindi, adottare misure volte a mitigare i rischi derivanti dalle carenze idriche, destinate ad aggravarsi in considerazione delle elevate temperature e dell'incremento dei prelievi d'acqua a uso idropotabile e irriguo ed è necessario ed urgente provvedere ad una manutenzione costante dei letti dei corsi d'acqua e degli invasi, insieme ad un continuo monitoraggio di corsi d'acqua, fiumi, laghi, ghiacciai e di tutte le acque interne, compito che era affidato all'unità di missione «Italia sicura», che è stata sciolta e che dovrebbe essere ripristinata;

    le iniziative di breve periodo, infatti, come lo sono le dichiarazioni di stati di emergenza che si sono succedute di volta in volta negli anni, esauriscono in fretta le loro finalità e necessitano di essere affiancate da obiettivi di medio-lungo periodo a cui si può tendere unicamente attraverso misure portanti in termini di ammodernamento infrastrutturale contro la dispersione, di un piano sugli invasi, degli usi tecnologici nell'irrigazione, del recupero dell'acqua piovana nonché di tutte le azioni previste dalla Missione 2, Componente 4 del PNRR (Tutela del territorio e della risorsa idrica), per la quale sono contemplati investimenti per un totale di circa 3,9 miliardi di euro, di cui 2,9 miliardi finanziati dal Piano stesso;

    va altresì ricordato come il Contratto istituzionale di sviluppo «Acqua bene comune», avviato dal precedente Governo, preveda un piano di investimenti da oltre un miliardo di euro e abbia ricevuto numerose proposte progettuali in materia di captazione e accumulo, potabilizzazione, trasporto e distribuzione, fognature, depurazione, riutilizzo e restituzione all'ambiente della risorse idrica nonché monitoraggio dei corpi idrici entro il termine del 10 ottobre 2022. L'iniziale tabella di marcia prevedeva l'inizio dei lavori ad aprile 2023, ma ad oggi non si hanno novità e l'ultima comunicazione 4 da parte dell'Agenzia per la coesione territoriale risale al 6 dicembre 2022;

    gli investimenti sulla rete idrica vanno, evidentemente, aumentati: secondo la Federazione Utilities, il costo di tutti gli interventi necessari per contrastare i fenomeni di siccità è di circa 5 miliardi l'anno, in parte già finanziabili attraverso il PNRR. Secondo uno studio di Cassa depositi e prestiti, inoltre, aumentare gli investimenti annui dagli attuali 2 miliardi di euro a 5 miliardi di euro consentirebbe all'Italia di allinearsi alle quote di investimento degli altri Paesi europei di simili dimensioni, i quali, come detto, presentano tassi di dispersione nettamente migliori;

    in Italia gli investimenti nel settore idrico, infatti, equivalgono a circa 49 euro pro capite, meno della metà della media europea di 100 euro pro capite;

    al fine di favorire l'aumento degli investimenti sulla rete, sarebbe inoltre necessaria una riduzione del numero degli operatori del servizio idrico in Italia, che attualmente si attesta a circa 2.500, di cui l'83 per cento sono gestori cosiddetti «in economia» – ovvero gestione diretta da parte del comune – e solamente il 17 per cento sono gestori industriali privati. Questi ultimi investono, in media, sei volte più dei loro competitor pubblici ma nettamente meno rispetto ai loro omologhi europei. In aggiunta, si riscontrano notevoli differenze territoriali, con investimenti pro capite di circa 62 euro al centro e di appena 26 euro nelle regioni del Mezzogiorno;

    l'insufficiente livello di investimento si verifica anche perché il 53 per cento degli operatori sono di ridotte dimensioni, con conseguenti limitate capacità di spesa, e il 40 per cento non copre tutto il processo di gestione della risorsa idrica ma solamente alcune fasi, portando ad evidenti difficoltà nella pianificazione degli investimenti stessi. È fondamentale, perciò, anche attraverso un maggior coordinamento regionale, arrivare a ridurre il numero degli operatori, sia di natura privata che pubblica, per aumentarne sia l'efficienza, grazie ai vantaggi delle economie di scala, che la capacità di attrarre capitali privati, ormai molto attenti ai temi degli investimenti sostenibili;

    gli investimenti sull'infrastruttura idrica vanno, però, abbinati allo sviluppo tecnologico e alla formazione nell'utilizzo quotidiano della risorsa idrica, con particolare riferimento agli usi civili, imprenditoriali e del settore agricolo che possono avvalersi degli strumenti di irrigazione di precisione. Quest'ultima permette non solo di ridurre enormemente gli sprechi, ma anche di avere migliori rendimenti attraverso un monitoraggio delle fasi delle colture che evita alle piante gli stress da carenza, o sovrabbondanza, d'acqua, la diffusione di fitopatie, permette un minore impiego di fitofarmaci, e nell'allevamento garantisce un migliore benessere animale. Si dovrebbero prevedere misure di incentivazione fiscale e di iper-ammortamento per questo tipo di investimenti, ivi inclusi quelli per i processi di monitoraggio e di controllo digitale, per i sistemi di sensistica e, infine, per ricerca e sviluppo sulla diffusione di varietà di coltivazioni più resistenti agli stress idrici, con l'obiettivo di accompagnare l'intero comparto agroalimentare nell'adattamento ai cambiamenti climatici,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a provvedere, in via assolutamente prioritaria, alla realizzazione degli investimenti necessari per l'ammodernamento dell'infrastruttura idrica, per il monitoraggio dei bacini idrografici e per una maggiore resilienza dell'intera rete alle sfide causate dai cambiamenti climatici e dai sempre più frequenti fenomeni di siccità, anche attraverso i fondi messi a disposizione del PNRR;

2) ad adottare iniziative per ripristinare una unità di missione da porre in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri che si occupi di dissesto idrogeologico e di sviluppo e coordinamento della manutenzione delle strutture idriche, anche nell'ottica di ammodernamento ed efficientamento del sistema acquedottistico nazionale, limitando le attuali cospicue perdite idriche lungo il percorso di distribuzione e della realizzazione e messa in esercizio di un sistema di collettori e depuratori di fanghi reflui, anche al fine di accogliere le raccomandazioni che giungono dall'Unione europea e scongiurare ulteriori procedure di infrazione;

3) ad adottare iniziative volte ad accelerare l'approvazione dei progetti riferiti al CIS «Acqua bene comune», presentati nell'ottobre 2022 con l'obiettivo di migliorare la gestione della risorsa idrica e la resilienza dell'intero settore;

4) ad incentivare, attraverso iniziative normative di natura fiscale, ovvero agevolazioni quali l'iper-ammortamento, gli investimenti in irrigazione di precisione, agricoltura 2.0, impianti di irrigazione di ultima generazione e interventi agronomici e infrastrutturali volti al miglioramento dell'efficienza nell'uso delle risorse idriche in campo agricolo, che tengano conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche del suolo, con particolare riferimento a specifiche misure di sostegno per le imprese agricole, della acquacoltura e della filiera agroalimentare della trasformazione, da impegnare in investimenti tecnologici e digitali, e nella formazione degli operatori;

5) a predisporre, quanto prima, anche attraverso la nascente task-force, un piano per la realizzazione delle migliaia di nuovi invasi, ivi inclusi piccoli invasi «interaziendali» a servizio delle imprese agricole, necessarie per una maggiore e più capillare capacità di immagazzinamento dell'acqua piovana, oltre che una semplificazione normativa per la gestione dei detriti nella pulizia degli invasi già esistenti;

6) a promuovere un piano per il riuso delle acque di depurazione, sia in considerazione del Regolamento (UE) 2020/741 in materia di riutilizzo dell'acqua, il quale si applicherà a partire dal 26 giugno 2023, che alla luce delle numerose procedure di infrazione attive nei confronti dell'Italia;

7) a promuovere, anche in linea con le indicazioni della Commissione europea e la spinta dei diversi Governi europei, la ricerca riguardo la coltivazione idroponica e le nuove tecniche genomiche (NGT – New Genomic Techniques), finalizzate ad identificare coltivazioni più resistenti e che necessitino di minori quantità di acqua, in modo da accompagnare il nostro intero settore agroalimentare nell'adattamento ai cambiamenti climatici e al conseguente fenomeno della siccità;

8) ad adottare iniziative, se necessario anche attraverso norme primarie e d'intesa con le regioni e gli enti locali, al fine di un riassetto complessivo degli enti gestori del servizio idrico integrato, prevedendo una razionalizzazione e riduzione dei soggetti coinvolti nonché una riduzione degli attuali ostacoli burocratici, al fine di garantire una maggiore efficienza e una migliore capacità di programmare ed attrarre investimenti;

9) a promuovere campagne di comunicazione e sensibilizzazione che incentivino, da un lato, i cittadini ad un uso più attento e responsabile della risorsa idrica e, dall'altro, le aziende e le industrie ad introdurre nei loro processi produttivi e nei loro cicli industriali sistemi di riutilizzo, ovvero di irrigazione per il comparto agricolo, più efficienti e tecnologici;

10) a promuovere un piano complessivo ed omogeneo a livello nazionale che consenta la costruzione e la messa in esercizio di dissalatori, al fine di ottenere consistenti quantità di acqua dolce dalla dissalazione e depurazione delle acque marine;

11) a prevedere l'implementazione di un sistema di coordinamento nazionale che tenga in considerazione le specificità degli utilizzi agricoli, industriali, civili e turistici dell'acqua, con il fine di evitare conflittualità tra questi usi e di ottenere una più oculata gestione delle risorse idriche.
(1-00081) «Ruffino, Richetti, Gadda, Castiglione, Enrico Costa, Del Barba, Grippo, Marattin, Sottanelli».


   La Camera,

   premesso che:

    il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese e le cui sollecitazioni di riforma si sono moltiplicate nel corso degli anni, in particolare dopo la crisi pandemica, quando la situazione contingente ha reso sempre più evidenti i limiti delle attuali regole del Patto di stabilità e crescita e meno realistica la prospettiva del rispetto e del rientro verso i valori di riferimento relativi alla finanza pubblica;

    in particolare, la necessità di una riforma del quadro della governance economica europea appare giustificata e non più rinviabile in ragione di regole ormai obsolete, concepite a partire dagli anni '90 e destinate a essere applicate in un contesto economico estremamente mutato, oltre che eccessivamente complesse, incapaci di raggiungere i risultati prospettati, non in grado di favorire gli investimenti pubblici, poco trasparenti nelle procedure, di difficile applicazione – anche in virtù della tipologia di sanzioni previste – ed infine non in grado di attenuare gli effetti del ciclo economico;

    come noto, l'insieme principale di regole del quadro di governance economica si basa infatti sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997: con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);

    il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;

    il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;

    in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (Omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;

    a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009, e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata agli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);

    le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;

    a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;

    il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;

    la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);

    nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;

    solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

    dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;

    da ultimo, anche il Def 2022 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;

    all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM(2021)662 final), per poi concludersi il 31 dicembre 2021, al fine di riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;

    dopo l'emergenza sanitaria e gli errori dello scorso decennio, sono emerse nuove proposte per una semplificazione e una riforma delle norme correnti in risposta alle nuove sfide di politica economica: il diffondersi della pandemia da COVID-19 ha infatti innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie e che hanno lasciato in eredità un notevole aumento dei debiti pubblici in tutti i Paesi;

    con l'insorgere della pandemia, il livello del debito pubblico degli Stati membri dell'Unione è infatti notevolmente aumentato a causa, tra l'altro, dell'aumento delle spese sanitarie, dell'introduzione di forme di ristoro alle famiglie e alle imprese, della previsione di stimoli all'economia;

    è stata quindi la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole del Psc avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;

    con l'arrivo della crisi pandemica da COVID-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del Patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;

    la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six-Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;

    l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia;

    la riattivazione delle regole fiscali, congiuntamente a una loro riforma, era inizialmente prevista per la fine del 2022. Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina hanno spinto la Commissione ad annunciare, in occasione della pubblicazione delle Spring Economic Forecasts, la sospensione dell'applicazione della clausola generale di salvaguardia anche nel 2023, per disattivarla a partire dal 2024;

    in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento: il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, un'impostazione solidaristica – fondata anche su sovvenzioni – della distribuzione delle risorse recuperate sui mercati globali dalla Commissione europea facendo leva su debito comune dell'intera Unione europea;

    l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;

    alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;

    l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;

    negli ultimi mesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;

   rilevato che:

    l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica» (2020/2075(INI)), in cui ha affermato che: «l'attuale quadro di governance presenta debolezze concettuali e pratiche che portano a norme eccessivamente complesse, scarsa applicazione, mancanza di titolarità e mancanza di incentivi a perseguire politiche anticicliche simmetriche» e che «il quadro vigente non è riuscito a ridurre le divergenze all'interno dell'UE né a proteggere o stimolare gli investimenti pubblici a favore della crescita»;

    fra le sue osservazioni, il Parlamento ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziale di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;

    lo scorso 9 novembre 2022, la Commissione europea ha quindi adottato la comunicazione COM(2022)583 final in cui ha definito gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, le cui politiche tendono ad essere espansive nelle fasi di crescita e restrittive nelle fasi di rallentamento;

    la comunicazione mette preliminarmente in luce la circostanza che il quadro di governance deve consentire agli Stati membri di affrontare le sfide di lungo termine che attendono l'Unione europea, tra le quali vengono citate espressamente la situazione demografica e la crisi climatica, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;

    nonostante tali orientamenti rappresentino ad oggi l'ultima iniziativa, da un punto di vista temporale, nel quadro di un lungo percorso pluriennale di riflessione e dibattito illustrato in premessa, l'ipotesi di riforma, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in ordine, in primo luogo, al mantenimento – all'interno di un sistema che ne assicuri l'attuazione ed il rispetto (cosiddetto enforcement) – dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e all'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché all'assenza della previsione di una golden rule per escludere gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea;

    critiche appaiono poi le conseguenze derivanti dalla distinzione operata dalla Commissione tra gli Stati membri con un livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del Pil, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento: per i primi la Commissione propone un percorso di aggiustamento in virtù del quale in ciascuno Stato membro, dopo la piena attuazione del piano di medio termine, il debito rimanga su un percorso plausibilmente discendente, sulla base di una traiettoria di 10 anni, ipotizzando politiche invariate. Per gli Stati membri con un debito moderato il percorso di riferimento sarebbe invece meno impegnativo;

    in particolare, in termini di attuazione o enforcement, mentre la Commissione ipotizza di mantenere inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto braccio correttivo) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del Pil, quella basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, determinando – nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-Pil come l'Italia – l'apertura automatica della procedura in caso di allontanamento dal percorso concordato;

    la Commissione europea avrebbe inoltre escluso la possibilità di deviazione dal percorso concordato in virtù di condizioni congiunturali ed avrebbe infine previsto di arricchire la gamma di sanzioni, tra cui la previsione di una condizionalità macroeconomica, con possibile ricorso alla sospensione dei fondi unionali nei confronti dei Paesi che non intraprendano azioni efficaci;

    tale prospettata ipotesi di riforma non può considerarsi evidentemente conclusiva, avendo peraltro la Commissione preannunciato nella suddetta comunicazione ulteriori orientamenti nel primo trimestre del 2023 e possibili proposte legislative, sulle quali auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per l'anno 2024;

    in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine;

    complessivamente, nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha quindi rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita,

impegna il Governo

1) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a:

  a) prevenire il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;

  b) in particolare, nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;

  c) conseguentemente, disegnare, in ordine all'attuale discussione sulla revisione del quadro vigente di governance economica europea, una strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati, in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;

  d) adattare alcuni elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza alla nuova architettura della politica di bilancio europea, trasformando il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;

  e) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Energy recovery fund, quale strumento, a disposizione dell'Unione e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili, di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio e promozione di piani di acquisto comuni e condivisi, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;

  f) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra cui quelli green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;

  g) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al COVID-19, prevedendo la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;

  h) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente le disuguaglianze e le povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00082) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    con l'espressione «challenge» (challenge in inglese significa «sfida») si indicano contenuti, diventati virali in rete, nei quali una o più persone si mettono alla prova in una particolare attività, invitando altri utenti a fare le stesse cose; dunque le challenge sono delle sfide che vengono lanciate sui social allo scopo di essere diffuse e diventare virali;

    spesso le challenge, consistono in video di tendenza e meme dotati di un hashtag che include la parola challenge; possono consistere altresì in video virali di utenti che fanno cose stravaganti, divertenti, ma anche spaventose;

    le azioni di vario tipo, oggetto della sfida, vengono fotografate o filmate, si taggano amici e conoscenti e si pubblicano sui vari canali social, diventando dilaganti in rete;

    l'attrattività che queste challenge hanno nei confronti dei ragazzi e delle ragazze, si basa su una serie di elementi quali l'identificazione, l'appartenenza, la moda e la viralità. I giovani adolescenti sono attratti da queste sfide perché le usano per definire la propria identità, testando i propri limiti, e per sentirsi parte del proprio gruppo di amici quando diventano argomento di dibattito o semplicemente perché si innescano al loro interno meccanismi di imitazione;

    negli ultimi anni queste challenge sono notevolmente aumentate e si sono diffuse moltissimo tra gli adolescenti, determinando in molti casi anche delle conseguenze pericolose che hanno portato fino addirittura al suicidio. Il caso più emblematico è quello della bambina di Palermo che nel gennaio del 2021, per rispondere ad una tipica challenge si è lasciata soffocare da un legaccio intorno al collo;

    altro aspetto fondamentale è rappresentato dal fatto che queste sfide diventano moda, tendenza, dunque diffuse non solo tra la propria rete di amici ma in una comunità più ampia, spesso globale. Pertanto, partecipare ad una di queste challenge e sperare che il proprio video diventi virale è un elemento di forte spinta dei giovanissimi verso comportamenti, che purtroppo possono diventare estremi e pericolosi;

    attualmente sta spopolando una challenge che si chiama «cicatrice francese», in quanto ricorderebbe l'abitudine dei miliziani di François Duvalier (noto ai più come Papa Doc) di sfoggiare sfregi sul viso come simbolo di orgoglio e di forza bruta, che consiste nell'auto infliggersi un pizzicotto sul volto, all'altezza dello zigomo, esercitando una pressione così violenta, da lasciare lividi vistosi per giorni, a volte per settimane;

    la Polizia postale, visto il diffondersi di questa nuova sfida sui social in modo rapido e virale, ha diramato una nota ufficiale con alcuni consigli per genitori e adolescenti al fine di non farsi travolgere da questa insensata pratica;

    anche l'ufficio scolastico regionale della Puglia, su segnalazione del dipartimento di Pubblica sicurezza – Centro operativo per la sicurezza cibernetica – ha diramato una nota informativa indirizzata ai dirigenti scolastici, docenti e famiglie circa il dilagare sui social, in particolare su Tik Tok, il social media più utilizzato dagli adolescenti oggi, di questa sfida denominata «cicatrice francese»;

    tuttavia le sfide online variano enormemente e non sono tutte problematiche e pericolose; spesso si tratta di una pratica di produzione e condivisione di contenuti, diversi tra di loro e hanno diversi intenti, ad esempio ci sono challenge a scopo benefico o a scopo creativo. Tik Tok è il social che più di tutti le ha lanciate per alcune funzionalità proprie del social media e dell'interazione tra i profili, anche se non è l'unico;

    non va dunque demonizzato l'utilizzo di internet o dei social che sono strumenti di accesso al mondo, alla conoscenza e alla socialità, che di fatto è molto cambiata proprio in conseguenza della diffusione di queste nuove piattaforme;

    i giovani italiani, pur essendo consapevoli dei potenziali pericoli restituiti dai social, riscontrano notevoli difficoltà nel non utilizzarli a lungo, come rivela un'indagine promossa da Telefono Azzurro, che evidenzia il rapporto controverso tra giovani e social network;

    già nel 2020, emergeva il dato che l'80 per cento degli adolescenti trascorreva almeno 4 ore al giorno sui social e questo utilizzo non è certamente diminuito negli anni; pertanto appare oltremodo importante puntare altresì sulla gestione consapevole e positiva delle tecnologie digitali,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a mettere in campo, tra le diverse componenti delle comunità scolastiche, tutte le azioni di controllo e di confronto, necessarie a ridurre la diffusione tra i giovani di queste sfide pericolose;

   ad attivare una campagna istituzionale mediatica informativa e di sensibilizzazione sul tema delle «challenge» presenti sui social attraverso i canali tradizionali della Rai, nonché quelli digitali come Rai Play e sui social, per richiamare la massima attenzione sul fenomeno;

   ad individuare le più opportune misure finalizzate ad attivare nelle scuole di ogni ordine e grado percorsi per educare giovani e famiglie ad un uso positivo e consapevole delle tecnologie digitali;

   a mettere in atto, in tale contesto, iniziative finalizzate a rafforzare le competenze digitali negli adolescenti affinché si riducano rischi di esposizione a queste sfide social e si riduca il loro grado di vulnerabilità;

   a verificare la possibilità di porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche sul piano europeo ed internazionale, affinché le piattaforme social rendano difficilmente accessibili i video delle sfide pericolose in modo che si riduca l'effetto virale, quindi la persistenza e il fattore «moda» o «trendiness».
(7-00055) «Orrico».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    in data 2 novembre 2022 veniva sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2019/2021, attraverso il quale si è operata una revisione del sistema di classificazione del personale sanitario e un nuovo regime per le progressioni economiche, intervenendo anche sul trattamento economico del personale;

   al fine di valorizzare il ruolo di alcuni specifici profili, sono state istituite, in applicazione dell'articolo 1 commi 409-411 e commi 414-415 della legge 30 dicembre 2020 n. 178, l'indennità di specificità infermieristica, corrisposta a infermieri e infermieri pediatrici ma anche a infermieri generici, infermieri psichiatrici e puericultori, queste ultime figure ormai escluse dall'ordinamento formativo e professionale italiano; l'indennità di pronto soccorso per il personale dedicato; in ultimo, l'indennità di tutela del malato e promozione della salute per le altre professioni sanitarie, includendo in quest'ultima categoria il personale Oss e la professione ostetrica;

   la collocazione della professione ostetrica tra le figure professionali a cui è destinata l'indennità di «tutela del malato e promozione della salute» e non nella diversa e più specifica categoria di «indennità specificità infermieristica», rappresenta a parere delle scriventi una scelta del tutto incoerente con le normative vigenti che riconoscono, e includono, la professione ostetrica tra le professioni sanitarie assistenziali, al pari di quelle infermieristiche;

   nel dettaglio, il decreto interministeriale 2 aprile 2001 inserisce la professione ostetrica e quella infermieristica nella stessa classe di laurea, ossia «Classe delle lauree in professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica»;

   le due categorie inoltre condividono lo stesso percorso magistrale (LM-SNT1);

   l'attività di pronto soccorso rientra nel campo di azione e responsabilità della professione ostetrica: la quasi totalità dei punti nascita in Italia ha infatti un punto di accettazione urgenze emergenze ostetrico-ginecologiche/pronto soccorso ostetrico-ginecologico, indipendente dal dipartimento di urgenza/PS generale;

   le ostetriche svolgono attività di accettazione, triage con attribuzione di codice di urgenza, rivalutazione, osservazione e presa in carico di pazienti sia ostetriche che ginecologiche, comprese pazienti Covid positive;

   l'indennità di pronto soccorso è prevista dall'articolo 107 comma 4 del Ccnl 2019-2021 per gli operatori sanitari afferenti al pronto soccorso;

   in favore di chi svolge la professione ostetrica, benché la stessa svolga attività di pronto soccorso/triage, non viene garantita tale indennità, poiché i punti di accettazione urgenze/pronto soccorso ostetrico-ginecologici quasi sempre sono indipendenti rispetto il pronto soccorso generale ed i dipartimenti di urgenza;

   la legge di bilancio 2023 ha previsto diverse novità per il personale sanitario, tra queste anche l'incremento dell'indennità di pronto soccorso. Un indennizzo riconosciuto a medici e infermieri che lavorano nelle strutture di pronto soccorso, i quali riceveranno un aumento in busta paga, ma a partire dal 1° gennaio 2024;

   l'obiettivo del provvedimento è quello di riconoscere al personale della dirigenza medica e a quello del comparto sanità, dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, le particolari condizioni di lavoro svolto che sono state rese ancora più stringenti durante il periodo di emergenza sanitaria;

   si è previsto, quindi, un ulteriore aumento dell'indennità per il personale del comparto sanità afferente il pronto soccorso ma escludendo tutto il personale dedicato all'attività di accettazione urgenze e triage presso le altre unità operative;

   sembrerebbe che il riconoscimento dell'indennità di pronto soccorso alle ostetriche ricada solo sulla contrattazione di secondo livello, con il rischio di veder nascere ulteriori discriminazioni e indennità non omogenee sul territorio nazionale,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a modificare la legge 30 dicembre 2020 n. 178, in relazione a quanto disposto dai commi 409-411 e 414-415 dell'articolo 1, al fine dell'introduzione in via normativa dell'indennità di specificità infermieristica, denominandola «indennità di specificità Infermieristica ed Ostetrica» e dell'indennità di pronto soccorso, includendovi il personale ostetrico oggi escluso.
(7-00056) «Zanella, Ghirra».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    il percorso nascita è il processo di presa in carico assistenziale per accompagnare le donne e le coppie dalla gravidanza fino al parto, dalla consulenza preconcezionale alla diagnosi prenatale, dal test di screening agli esami strumentali richiesti nel corso della gestazione;

    il compito pubblico è quello di rendere il percorso meno accidentato possibile, riducendo i fattori di stress, rendendo disponibili le informazioni, alimentando le competenze dei neo-genitori, riducendo ansia e dolore, favorendo la prosecuzione di un sostegno assistenziale e umano anche dopo l'uscita dalle strutture sanitarie e bilanciando le esigenze e gli standard di sicurezza clinica con il riconoscimento della nascita, salvo casi specifici, come un fenomeno naturale;

    le linee guida Oms, del febbraio 2018, realizzate per garantire che in tutto il mondo vengano applicati analoghi standard di assistenza alla gravidanza e al parto fisiologici si declinano in 56 raccomandazioni relative al travaglio e al post partum che passano in rassegna diversi aspetti dell'assistenza e ribadiscono, comunque, l'unicità di ogni singola esperienza della nascita riconoscendo la necessità di un'assistenza personalizzata e rispettosa dei tempi fisiologici del travaglio-parto;

    nel 2010 (Governo Berlusconi) furono emanate le nuove «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» approvate poi in conferenza Stato regioni e province autonome di Trento e Bolzano, sulla base del punto 51 del Piano sanitario nazionale 2006-2008, che misero nero su bianco, oltre a tutti i requisiti tecnici e di personale, che l'optimum minimo per un punto nascita era di 1.000 parti l'anno prevedendo però la possibilità di tenere aperti, proprio per andare incontro alle esigenze delle zone disagiate, anche quelli che effettuavano un minimo di 500 parti questo sulla base del presupposto che più i punti nascita siano grandi, organizzati, dotati di standard clinici all'avanguardia (si pensi per esempio alla terapia intensiva neonatale) minore è la possibilità di commettere errori;

    il provvedimento diede il via al processo di chiusura che scatenò fin da subito numerose proteste e polemiche anche perché i piccoli punti nascita in Italia erano molti ed alcuni molto efficienti. Per questo motivo nel 2015 con il decreto ministeriale 70 «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera» si diede alle regioni la facoltà di chiedere delle deroghe;

    nello stesso Patto per la salute 2019-2021 si prevede una revisione del decreto ministeriale 70 e della disciplina dei «punti nascita» sotto i 500 parti l'anno, questione che vede fin dal suo inizio, da ormai dieci anni, un aspro confronto tra medici e ostetriche da un lato che chiedono di chiudere i punti nascita con meno di 500 parti l'anno, applicando così quanto previsto dalle norme e dai protocolli Oms perché poco sicuri e dall'altro le regioni e i comuni che raccolgono le proteste dei cittadini che vedono negato il diritto ad essere seguiti vicino casa durante la gravidanza e il parto;

    il compito di valutare la possibilità di deroga è stato affidato dal Ministero della salute al Comitato percorso nascita secondo un protocollo metodologico in base al quale valutare caso per caso (decreto ministeriale 11 novembre 2015 );

    il Comitato percorso nascita nazionale (Cpnn), costituito con decreto ministeriale 12 aprile 2011, è stato ricostituito con decreto ministeriale 11 aprile 2018 e rinnovato con decreto ministeriale 30 giugno 2021 ed assicura la funzione di coordinamento permanente tra le istituzioni centrali e periferiche in funzione della qualità e sicurezza del percorso nascita, come previsto dall'Accordo Stato regioni del 16 dicembre 2010;

    secondo gli ultimi dati disponibili del 2018 in Italia su 418 punti nascita ben il 15 per cento presenta meno di 500 parti/anno e circa 27.000 bambini sono nati in tali strutture;

    un numero giudicato ancora eccessivo da parte di ginecologi, ostetriche, pediatri, e neonatologi che attraverso le società scientifiche dell'area ostetrica e ginecologica, neonatologica e pediatriche esprimono da sempre la convinzione che i punti nascita sotto i 500 parti non siano in grado di garantire la migliore esperienza clinica e l'organizzazione necessarie per prevenire ed eventualmente affrontare le pur rare situazioni a rischio che si potrebbero verificare;

    affinché vi sia un percorso nascita in piena sicurezza ci devono essere alcune condizioni inderogabili: spazi adeguati ed attrezzati; personale sanitario (medico, ostetriche, infermieri, personale di supporto) parametrato alle nuove esigenze: controllo della gravida in travaglio in un rapporto «one to one» da una parte, gestione delle urgenze in piena sicurezza dall'altra, con disponibilità immediata di personale neonatologico ed anestesiologico (infermieri, medici) competente ed in numero adeguato;

    la possibilità di partorire vicino casa non deve mai mettere a rischio la salute e il benessere del bambino e della madre specialmente in una società come la nostra dove l'età media della partoriente è sempre più alta;

    nelle condizioni geografiche particolari, come ad esempio le aree di montagna o le zone disagiate, dove è stato ritenuto opportuno tenere aperto un punto nascita con un volume di attività inferiore ai 500 parti annui, questo deve comunque avvenire secondo criteri di sicurezza ed adeguatezza dei mezzi di trasporto in caso di necessità, come previsto dal decreto ministeriale 11 novembre 2015;

    in questi anni sono stati messi in campo tutti gli strumenti normativi per ottenere le deroghe e in molte regioni l'accorpamento dei punti nascita è stato ben gestito;

    è importante garantire, attraverso una integrazione tra assistenza territoriale ed ospedaliera, a tutti i soggetti coinvolti durante il percorso nascita, a cominciare dalla fase preconcezionale e fino al puerperio e all'allattamento una presa in carico completa al fine di assicurarne la loro salute;

    la continuità assistenziale strutturata e sicura tra il livello delle cure primarie durante la gravidanza, l'assistenza in ospedale durante il parto e poi di nuovo sul territorio nei mesi successivi è fondamentale per la presa in carico delle donne in situazioni di maggiore fragilità emotiva e sociale, non solo rafforzando e rendendo omogenei sul territorio i servizi di supporto psicologico durante la gravidanza, il parto e nel post parto attraverso un lavoro di continuità tra consultori e ospedali, ma anche migliorando la presa in carico emotiva, l'accompagnamento nella difficoltà, nell'ascolto;

    in un momento storico come quello che stiamo vivendo in cui vi è una forte diminuzione del tasso di natalità è necessario che il percorso di accompagnamento alla nascita assicuri la massima attenzione alle richieste delle coppie che devono essere accompagnate nel loro percorso genitoriale da personale che sappia coniugare la competenza con l'empowerment, che sappia cioè guidare la coppia nell'evoluzione della gravidanza e del parto, anche mediante l'esecuzione delle indagini più opportune ed indicate nel singolo caso, enfatizzando, nello stesso tempo, quel rapporto umano, fondamentale in un momento così complesso e delicato come il travaglio, il parto e i primi giorni dopo la nascita;

    per realizzare questo è necessario che la donna possa eseguire in gravidanza le analisi necessarie, a carico del Ssn e che le aziende ospedaliere predispongano servizi che soddisfino queste richieste;

    uno dei periodi della vita a maggior rischio per le donne è rappresentato dalla gravidanza e dal post partum. Studi epidemiologici condotti in nazioni e culture diverse evidenziano che la depressione post partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12 per cento delle neomamme ed esordisce generalmente tra la 6a e la 12a settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all'altezza nei confronti degli impegni che la attendono;

    in tale ottica è necessario sia ridare slancio ai consultori istituti con la legge n. 405 del 1975 quali servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna, delle persone in età evolutiva e in adolescenza, delle coppie e delle famiglie inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr e dagli atti attuativi sia rivedere i protocolli di accoglienza nelle unità di ostetricia per assicurare l'accesso del padre o di una persona di fiducia della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera visto che l'esperienza della gravidanza, della nascita e dell'allattamento sono elementi fondanti della genitorialità consapevole, della nurturing care e della promozione della salute delle madri, dei padri e dei bambini e bambine come esplicitato dal sito web dell'Istituto superiore di sanità;

    protocolli di accoglienza diventati stringenti durante la pandemia per salvaguardare la salute di tutti che ora presentano una estrema variabilità rispetto all'accoglienza nelle unità di ostetricia del padre o di una persona di riferimento della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera lasciando disorientata la donna e il suo nucleo familiare. Per le donne COVID-19 sospette o positive, la presenza dell'accompagnatore durante il travaglio, il parto e la degenza talvolta non è prevista, in altri casi è subordinata al rispetto delle misure di screening all'ingresso, delle misure di prevenzione primaria e all'applicazione di una rigorosa limitazione degli spostamenti all'interno della struttura. In alcuni casi l'esclusione della presenza dell'accompagnatore è prevista anche per la normale gestione del parto delle donne COVID-19 negative;

    un sistema sanitario vicino a tutte le donne deve garantire, in tutte le regioni, il diritto all'interruzione di gravidanza come sancito dalla legge n. 405 del 1978, risolvendo definitivamente il grave contrasto tra il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario e il diritto della donna di abortire in una struttura pubblica, in sicurezza e nei tempi previsti,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità ad assumere, nel rispetto della tutela della salute e del benessere del bambino e della madre, iniziative volte a rivedere gli standard relativi ai punti nascita previsti dal decreto ministeriale 70 del 2015;

   a predisporre, per quanto di competenza, linee guida volte a ridurre dove possibile, l'approccio medicalizzato e rafforzando invece aspetti come l'informazione, l'accoglienza, la riduzione del dolore e dello stress, l'accompagnamento dei neogenitori alla cura del bambino, con una particolare attenzione all'addestramento delle mamme all'allattamento al seno;

   a predisporre, per quanto di competenza, misure uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di assicurare, nel rispetto della salute di tutti i soggetti coinvolti, misure volte a garantire nei percorsi nascita e durante la degenza ospedaliera la presenza del padre o di una persona a scelta della donna anche oltre il mero orario di visita;

   a predisporre, per quanto di competenza, programmi di screening per l'individuazione delle donne a rischio di sviluppare depressione post partum, effettuati già in occasione della prima visita con il medico di famiglia o con lo specialista, o, nell'immediato post partum, come parte integrante della valutazione del benessere psicofisico della donna;

   a favorire la continuità dell'assistenza e l'integrazione tra ospedale e territorio, adottando iniziative di competenza volte a sviluppare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico della salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;

   ad adottare iniziative al fine di ridurre le disparità territoriali, a cominciare dal divario tra regioni del centro nord e regioni del sud;

   ad adottare le iniziative di competenza volte a garantire, anche attraverso campagne d'informazione sulle maggiori reti televisive nazionali il diritto della donna di poter partorire in completo anonimato in qualsiasi struttura ospedaliera senza giudizi colpevolizzanti ma con interventi adeguati ed efficaci, per assicurare – anche dopo la dimissione – che il parto resti in anonimato;

   a predisporre campagne d'informazione affinché le cittadine straniere in stato di gravidanza presenti in Italia anche in modo irregolare possano rivolgersi alle strutture mediche per ricevere le cure e le prestazioni gratuite di cui hanno diritto;

   ad assumere le iniziative di competenza volte a rendere disponibile e gratuito in tutta Italia l'accesso alla contraccezione tramite dispositivi ormonali e medici, in linea con i princìpi posti dalla legge n. 194 del 1978, superando l'arretratezza del nostro Paese su questo fronte, per ridurre gravidanze indesiderate e l'incidenza di malattie sessualmente trasmissibili come l'Hiv, garantendo la tutela della salute sessuale e riproduttiva delle giovani generazioni anche grazie al potenziamento dei programmi di educazione e salute sessuale;

   ad adottare le iniziative di competenza volte a far sì che in tutte le regioni sia garantito il diritto all'interruzione di gravidanza come sancito dalla legge n. 405 del 1978, risolvendo definitivamente il grave contrasto tra il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario e il diritto della donna di abortire in una struttura pubblica, in sicurezza e nei tempi previsti senza dover pellegrinare da un ospedale all'altro o peggio da una regione all'altra;

   a rivedere il sistema di rimborso, ormai fermo da oltre dieci anni, delle prestazioni, sia ambulatoriali che in regime di ricovero previste durante il percorso nascita al fine di tener conto delle sue caratteristiche e dell'evoluzione avvenuta in questi anni.
(7-00057) «Malavasi, Furfaro, Ciani, Girelli, Stumpo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   la società Sogin, responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, è controllata al 100 per cento dal Ministro dell'economia e delle finanze e riceve gli indirizzi strategici dal Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica;

   Sogin è stata commissariata con il decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73;

   l'organo commissariale, nominato in data 19 luglio 2022, è composto dalla dottoressa F. Spena e due vice, dottor G. Maresca e professoressa A. Bracco;

   i commissari, cui oltre a tre obiettivi strategici sono demandati compiti amministrativi con ampi poteri anche di tipo derogatorio, hanno affidato importanti attività di gestione all'ex amministratore delegato Fontani, e al suo ristretto staff precedente il commissariamento;

   negli anni dal 2020 al 2022 Fontani e il suo staff si sono resi attivi nel promuovere operazioni interne da loro definite, pubblicamente e sulla stampa, di «self cleaning», lasciando intendere che si fosse in presenza di irregolarità e/o reati commessi all'interno dell'azienda da precedenti amministrazioni, con il concorso di dirigenti interni;

   tali attività hanno portato, ad inizio 2022, al licenziamento di quattro dirigenti, ai quali è stata imputata l'irregolarità di alcuni contratti per servizi di comunicazione oggetto di alcuni rilievi da parte di Arera con una lettera del direttore della Direzione infrastrutture, emergenza e unbundling della stessa Autorità, Andrea Oglietti;

   nello stesso periodo, come riportato da l'Espresso del 30 maggio 2022 e ancor prima, 7, 23 e 29 aprile 2021 e 10 marzo 2022, da una inchiesta di «Eurocomunicazione» sui rapporti fra le società Sogin, Nucleco e Javys, l'azienda è interessata da tre inchieste, di cui le due più importanti sono, riportando i numeri di registro, la 45447 del 2021 per reati contro la pubblica amministrazione che riguarda la controllata Nucleco, e la 46916 del 2021 per corruzione, relativa, appunto, ai citati contratti stipulati per servizi di comunicazione;

   in data 7 gennaio 2023 Sogin è stata condannata dal Tribunale di Roma per l'ingiustificatezza del licenziamento di uno dei quattro dirigenti licenziati Dottor Luca Cittadini, prima dirigente Sogin e dalla stessa azienda indicato e poi nominato, a metà 2021, amministratore delegato della controllata Nucleco, mentre i procedimenti relativi agli altri tre dirigenti sono ancora in corso;

   secondo la sentenza l'ingiustificatezza del licenziamento risiederebbe nella sostanziale irrilevanza delle asserite irregolarità legate ai contratti per servizi di comunicazione sopra citati, dei quali, a quanto risulta all'interrogante, la Sogin non avrebbe neanche richiesto il rimborso ad Arera, negandosi il diritto di accedere all'eventuale rimborso o al giudizio sulla rimborsabilità di tali valori da parte di autorità amministrativa terza, giudice naturale per tali istanze;

   a tal proposito vale la pena ricordare che i ricorsi contro Arera per ottenere il pagamento delle somme richieste si possono vincere o perdere, ma perché questo sia possibile, è necessario opporsi nelle sedi opportune e non rinunciare univocamente a farlo;

   le somme delle quali Sogin non ha richiesto il rimborso ad Arera, riferiti ai contratti citati (ma ve ne sarebbero di ulteriori), ammonterebbero a una cifra compresa tra tre e quattro milioni di euro, salvo ulteriori e più approfondite verifiche che porterebbero a somme anche più ingenti;

   il pagamento cui Sogin è stata condannata per l'ingiustificato licenziamento del dottor Cittadini ammonta a oltre seicentomila euro, cui potrebbero aggiungersi eventuali risarcimenti in favore dello stesso dirigente e altre somme risultanti dalle tre cause di lavoro ancora in corso che potrebbero portare a condanne analoghe;

   ancora da «Eurocomunicazione» del 2 febbraio 2022 si apprende che Sogin non starebbe onorando l'ordinanza del Tribunale di Roma a favore del dirigente citato, facendo lievitare la somma dovuta a oltre settecentomila euro, somma che potrebbe essere richieste ad Arera da parte dell'azienda;

   il bilancio di esercizio 2021, a firma dell'allora amministratore delegato Fontani e del dirigente preposto Speranza, firmato in data 14 giugno 2022, e approvato nel novembre 2022, non riporta alcun accantonamento a fondo rischi e oneri per rischio di soccombenza, definito dagli stessi «solo possibile»;

   nella nota integrativa al bilancio è stata inserita una segnalazione ex articolo 54-bis. del decreto legislativo n. 165 del 2001 relativa a un'attività di whistleblowing per motivare l'avvio della procedura disciplinare che ha portato al licenziamento dei quattro dirigenti –:

   quali azioni di verifica abbiano effettuato il commissario e i vice sul progetto di bilancio approvato prima del loro insediamento dal precedente consiglio di amministrazione, posto che tali verifiche sono da considerarsi attività di mera diligenza amministrativa, ancor più trattandosi di società commissariata;

   se in esito alla pronuncia del Tribunale del lavoro di Roma, che ha riconosciuto l'ingiustificatezza del licenziamento legato alle asserite irregolarità dei contratti per servizi di comunicazione, per i quali Sogin non aveva presentato richiesta di rimborso ad Arera, l'organo commissariale abbia svolto o stia svolgendo attività di verifica contabile e delle responsabilità amministrative per la mancata richiesta del riconoscimento delle somme citate (oltre tre milioni di euro), nonché in ordine alla responsabilità per i licenziamenti che, alla luce degli ultimi avvenimenti, risultano quantomeno temerari, potendosi configurare, per entrambi gli atti, la fattispecie del danno erariale o altra fattispecie di responsabilità amministrativa, oltre ad eventuali responsabilità penali che saranno accertate dalle inchieste in corso;

   se il Governo stia verificando se rispondano al vero le notizie giornalistiche riportate in premessa, in particolare per quanto riguarda la gestione economica, i rapporti con Arera, e la decisione di non onorare l'ordinanza del Tribunale di Roma;

   se non si ritenga che la scelta effettuata dai commissari di confermare gli stessi soggetti alla guida della Sogin non abbia di fatto sconfessato lo spirito del provvedimento del commissariamento con il quale sono stati nominati;

   se non si ritenga di procedere in tempi rapidi al superamento della situazione attuale, attraverso l'inserimento di figure più idonee dal punto di vista delle competenze manageriali e industriali al vertice dell'azienda, anche ai fini di effettuare una verifica sull'operato dei dirigenti coinvolti anche sotto il profilo del danno erariale.
(2-00089) «Antoniozzi, Foti».

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 24 febbraio del 2022, la Federazione Russa ha avviato un'aggressione militare dell'Ucraina, con conseguente invasione dei suoi territori, in violazione dei princìpi di indipendenza, sovranità e integrità territoriale degli Stati;

   il nostro Paese, in più occasioni, ha condannato – anche nelle sedi internazionali – questa azione unilaterale e le pesanti ripercussioni umanitarie derivate dal conflitto;

   fin dalle prime settimane successive all'avvio delle operazioni militari, la propaganda russa ha lavorato intensamente per addossare ad altri le colpe della guerra e per glorificare la propria azione militare, ricorrendo persino all'introduzione nelle scuole di corsi e progetti scolastici volti a diffondere tra i più giovani le posizioni del governo russo;

   questa propaganda rischia oggi di superare i confini di quel paese ed essere diffusa anche in paesi europei attraverso canali non ufficiali e altre forme di trasmissione;

   la «Relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza» ha riportato che la Federazione Russa è interessata a svolgere nei paesi occidentali una campagna di disinformazione e di propaganda al fine di manipolare a proprio favore l'opinione pubblica europea e la percezione del conflitto;

   desta pertanto preoccupazione ogni possibile iniziativa avviata nel nostro Paese per promuovere più o meno surrettiziamente la propaganda russa sul conflitto in Ucraina;

   in particolare, alcuni articoli apparsi sul sito di informazione Affari Italiani, riportano il caso di due associazioni culturali di Milano che avrebbero diffuso in occasione del 23 febbraio quale Giornata nazionale russa dei difensori della patria, alcuni opuscoli di propaganda militare;

   secondo quanto riportato, le due associazioni organizzano corsi di lingua russa per bambini a partire dai 3 anni e il personale ivi impiegato avrebbe distribuito un opuscolo digitale indirizzato alle famiglie volto a diffondere tra le famiglie elementi su come parlare ai propri figli dell'esercito russo;

   il sito internet di una di queste associazioni dichiara che le attività sono finanziate da una non meglio precisata «fondazione russa»;

   il materiale in lingua russa oltre a spiegare le principali parti costitutive dell'esercito, ricorre all'uso di scene di guerra, invita i genitori a introdurre nel vocabolario parole come «difensori della patria» e alcune specifiche sui tipi di armamenti, elenca alcuni giochi a sfondo militare da realizzare con i propri figli, quali il «gioco del cecchino» (per addestrare i bambini a colpire il nemico), o il «gioco del filo spinato», sollecita i genitori a acquistare giocattoli che riproducono armi, quali mazze gonfiabili e scudi di plastica, o ad incoraggiare i figli al collezionismo di oggetti militari;

   detto materiale, oltre ad essere in aperto contrasto con i più elementari princìpi educativi adottati nel nostro Paese e con le finalità proprie di un'associazione culturale, rappresenta un elemento di preoccupazione circa la possibilità di diffusione della propaganda russa in Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per accertare se siano effettivamente in corso azioni di propaganda nazionalista o militare, anche attraverso l'utilizzo di canali informali quali corsi o altre attività di associazioni di varia natura che operano nel nostro Paese, anche a fini di tutela della sicurezza pubblica;

   se ritenga opportuno che venga consentita la divulgazione di opuscoli di questa natura, di quali casi analoghi sia a conoscenza e quali iniziative intenda adottare per prevenire e contrastare eventuali azioni analoghe;

   quali iniziative di contrasto il Governo intenda adottare affinché non avvengano sul tema della guerra di aggressione all'Ucraina, campagne di disinformazione, in particolare rivolte ai più giovani e vulnerabili.
(4-00580)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAIATA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella rete estera del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, condizionata da una patologica carenza di personale, un ruolo preminente è svolto dal contingente degli impiegati a contratto, sia a legge italiana che a legge locale, di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 – che attualmente è stato elevato a 3150 unità con la legge di bilancio per il 2023 – la cui disciplina di riferimento appare confusa, frammentata e caratterizzata da aspetti dalla dubbia legittimità, segnatamente per quanto riguarda gli istituti di tutela, sia retributiva che di sicurezza sociale, riconosciuti;

   allo stato attuale, il personale a contratto, rappresenta – soprattutto nelle sedi dove si registra una vistosa carenza di organico di ruolo – l'unico motore operativo della rappresentanza, interlocutore dell'utenza locale e riferimento delle comunità e delle imprese italiane che intendono avviare business in loco e delle autorità locali;

   malgrado il predetto ruolo, il personale a contratto è costantemente escluso da qualsivoglia iniziativa di valorizzazione delle risorse umane e promozione della proiezione del sistema Paese oltre confine: i progetti di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese italiane, di valorizzazione del made in Italy e di promozione culturale, anche rientranti nelle misure disposte dal Pnrr di competenza del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, non possono però trovare attuazione se non attraverso una piena operatività, tra le altre cose, del predetto contingente di personale;

   uno dei paradossi che contraddistingue la configurazione giuridica del predetto personale si colloca nei limiti relativi alla retribuzione: sebbene l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 preveda l'inderogabile principio della congruità retributiva, disponendo il riadeguamento delle retribuzioni al variare di taluni parametri locali, il medesimo riadeguamento non è automatico né imperativo poiché vincolato non solo alla discrezionalità dell'Amministrazione, ma soprattutto alla disponibilità delle risorse all'uopo destinate, che sono poche briciole se messe a confronto con quanto previsto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale per altri progetti;

   si evidenzia che le risorse per il riadeguamento stipendiale sono aggiornate annualmente, attraverso iniziative parlamentari di tipo emendativo, e non sono stanziate in maniera automatica, ed in occasione dell'ultima legge di bilancio l'ammontare complessivo è stato decurtato del 37 per cento rispetto ai valori del 2022;

   attualmente le risorse stanziate, pari a 500 mila euro, sono irrisorie e non consentiranno il riadeguamento retributivo previsto dalla legge con la conseguente emorragia di impiegati a contratto che si troveranno costretti a dimettersi lasciando scoperti centinaia di posti in uno scenario di già vistosa penuria di personale tale da rendere insussistenti le condizioni per l'attuazione dei progetti del Governo e quelli rientranti nelle missioni di cui al Pnrr –:

   se non si ritenga prioritario adottare iniziative di competenza volte a prevedere un'integrazione delle risorse destinate al riadeguamento retributivo del personale di cui in premessa, in vista dell'esercizio di autorizzazione degli aumenti previsto per il prossimo luglio 2023, anche nella prospettiva di garantire l'attuazione delle misure di competenza del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nell'ambito del Pnrr.
(5-00460)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di una nota inviata da un operatore idroelettrico nazionale alla città metropolitana di Torino – la quale è competente al rilascio delle concessioni delle piccole derivazioni idriche a uso idroelettrico, di potenza nominale media inferiore ai 3.000 kW – nel maggio 2021, sono stati interrotti in via cautelativa i termini di procedimenti in corso di rinnovo di concessioni di derivazioni d'acqua;

   sul tema, infatti, insiste il testo unico delle acque pubbliche (regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775) il cui articolo 30 sul rinnovo delle piccole concessioni è tuttavia in contrasto con – e di conseguenza risulta superato da – la direttiva comunitaria 2006/123/CE (cosiddetta «direttiva Bolkestein»), la quale all'articolo 12 specifica che non si può prevedere la procedura di rinnovo automatico delle autorizzazioni – tra cui figurano appunto quelle riferite alle concessioni idroelettriche;

   la stessa giurisprudenza italiana ha confermato questa prospettiva, sia con la sentenza 4 giugno 2018, n. 14232, della Corte di cassazione, che con la sentenza 13 dicembre 2018, n. 201, del Tribunale superiore delle acque pubbliche, le quali, nel giudicare casi specifici, hanno peraltro ribadito che il rinnovo della concessione attuato senza la necessaria procedura competitiva è contrario ai principi del diritto comunitario e che la disposizione di cui all'articolo 30 del regio decreto n. 1775 del 1993 va disapplicata nella parte in cui consente il rinnovo di un contratto di concessione senza la previa indizione di una procedura, trasparente e conoscibile, che consenta ai terzi che vi hanno interesse di formulare una proposta concorrente;

   in ultimo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), con la segnalazione AS1722 inviata il 3 marzo 2021, ha ribadito la necessità del ricorso a una procedura competitiva e, quindi, l'illegittimità di un rinnovo automatico delle concessioni alla loro scadenza;

   la città metropolitana di Torino, comunicando l'interruzione in via cautelativa delle procedure in corso di rinnovo, avrebbe altresì informato sia la regione Piemonte che la stessa Agcm per l'espressione di un loro parere in merito, pur riconoscendo che «la materia della concorrenza è estranea alla competenza legislativa regionale» –:

   quali iniziative di competenza si intendano porre in essere per risolvere in modo univoco a livello nazionale le problematiche connesse alla diversa applicazione del diritto comunitario e del testo unico delle acque pubbliche in materia di concessioni di piccole derivazioni idriche ad uso idroelettrico, i cui conseguenti ritardi nel rilascio delle concessioni ledono sia l'affidamento dei concessionari uscenti sia la legittima aspettativa di altri operatori economici.
(5-00458)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA, GALLO, DALLA CHIESA, ZANELLA, BORRELLI, CAROTENUTO, CASTIGLIONE e D'ALESSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'espressione «trofei di caccia» comprende animali interi o parti di essi, come la testa, la pelle o qualsiasi altra parte del corpo, ottenuti durante battute di caccia organizzate e preparati per la conservazione, quali le teste imbalsamate da appendere al muro o le pelli da stendere sul pavimento, che il cacciatore detiene come souvenir ed espone per esibire il proprio successo nell'attività venatoria;

   tra il 2014 e il 2020, i cacciatori di trofei hanno importato legalmente in Italia ben 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, elefanti, leoni, leopardi orsi polari e persino un rinoceronte nero (una specie in pericolo critico di estinzione). In tale periodo e nell'ambito dell'Unione europea, l'Italia è inoltre risultata uno dei due Paesi ad aver importato un trofeo di tigre, uno dei cinque Paesi ad aver importato un trofeo di rinoceronte nero, il quinto Paese importatore di trofei di elefanti africani e il primo Paese importatore di trofei di ippopotamo;

   per quanto concerne i trofei di caccia di leone, occorre sottolineare che un elevatissimo numero degli stessi risultano allevati in cattività, grazie alla pratica del cosiddetto «canned hunting», ovvero «caccia in scatola», che prevede l'allevamento di tali animali e la loro caccia in spazi recintati, così da facilitare il cacciatore;

   la maggior parte delle specie uccise al fine di ottenere tali trofei di caccia risultano elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES);

   la caccia al trofeo rappresenta un passatempo di stampo coloniale che comporta uno sfruttamento di queste specie, molte delle quali già fortemente minacciate dal bracconaggio, dai conflitti tra umani e fauna selvatica, dalla crisi della biodiversità. A ciò si aggiunge il fatto che la caccia al trofeo non ha alcuna rilevanza per il sostegno alle comunità locali, alle quali in genere viene destinato solo il 3 per cento degli introiti;

   la caccia al trofeo, inoltre, risulta fortemente osteggiata dalla maggioranza della popolazione italiana, come emerge dai risultati di un sondaggio condotto dalla società londinese specializzata in ricerche di mercato Savanta ComRes, su incarico dell'organizzazione Humane Society International-Europe: l'86 per cento degli italiani intervistati, infatti, condanna la caccia al trofeo di qualsiasi animale selvatico, che sia praticata in Italia, in Europa, in Africa o in altre parti del mondo;

   divieti di importazione ed esportazione di trofei di caccia sono già stati adottati, tanto in Europa, quanto nel resto del mondo, anche tramite atti regolamentari direttamente approvati da Ministeri. Ad esempio, nel 2015 il Ministero dell'ambiente australiano ha approvato un divieto di importazione ed esportazione dei trofei di leone. Nel medesimo anno la Francia, come annunciato da Ségolène Royal, all'epoca Ministra dell'ecologia, dello sviluppo sostenibile e dell'energia dell'epoca, ha proibito l'importazione di trofei di caccia di leoni africani. L'anno successivo il Segretario di Stato per l'agricoltura, la natura e la qualità del cibo dei Paesi Bassi, Martijn Van Dam, ha approvato un divieto di importazione dei trofei di caccia di oltre 200 specie, inclusi i leoni, rinoceronti, elefanti, ghepardi, ippopotami e orsi polari. Nell'approvare tale divieto, il Governo dei Paesi Bassi ha anche esortato tutti gli altri Paesi dell'Unione europea a seguire il loro esempio –:

   se il Ministro interrogato intenda intraprendere specifiche iniziative normative finalizzate ad adottare un divieto di importazione ed esportazione di trofei di caccia delle specie di animali protette per e dall'Italia.
(4-00569)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DALLA CHIESA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il conservatorio Arrigo Boito di Parma, dopo i rilievi effettuati da Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente a maggio 2021, ha ricevuto dal comune la richiesta di sospensione delle lezioni a causa delle emissioni sonore prodotte;

   la segnalazione sarebbe arrivata da parte di tre studi legali che sostengono di essere disturbati nel proprio lavoro dal volume della musica proveniente dal conservatorio;

   le rilevazioni di Arpae sono state condotte nel periodo Covid in cui le istituzioni scolastiche erano tenute a rispettare protocolli specifici di aerazione delle aule per garantire adeguato riciclo di aria;

   la sospensione delle attività del conservatorio disposta dal comune è stata bloccata dal Tar che ha respinto la misura adottata dal comune il 14 luglio 2022;

   appare evidente che la sospensione delle attività del conservatorio avrebbe arrecato gravissimi danni alla didattica e alla programmazione dell'istituto e agli studenti, considerato che, in virtù della sua fama internazionale, il conservatorio Arrigo Boito attira molti studenti stranieri: è infatti considerato uno dei maggiori istituti di formazione musicale d'Europa ed è in attività da quasi 200 anni;

   il conservatorio, con fondi Pnrr, ha avviato lavori di insonorizzazione delle aule e ha previsto il trasferimento di alcune attività, ma detti interventi richiederanno tempi di esecuzione durante i quali non potrà essere bloccata l'attività didattica –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato al fine di garantire la continuità delle attività didattiche del conservatorio Arrigo Boito di Parma, considerato che una interruzione della programmazione comporterebbe danni gravissimi all'istituto, agli studenti e alla città, in termini di fama nazionale e internazionale.
(5-00463)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARAMIELLO, MARIANNA RICCIARDI e CHERCHI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   negli istituti e nei luoghi della cultura possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico, che possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria. In particolare, ai sensi dell'articolo 117 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42, «è ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi tra cui i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di guida e assistenza didattica»;

   in data 12 gennaio 2023 il Parco archeologico di Ercolano ha pubblicato un bando per l'affidamento in concessione dei servizi museali integrati del sito. In particolare, il capitolato tecnico, al Punto 7.2, pagine 13 e 14, disciplina tra i «Servizi Aggiuntivi» da affidare in concessione a terzi, anche il servizio di «visita guidata» e non esplicitamente «il servizio di visita didattica», così come previsto dal già citato articolo 117, che ammette la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto solo i servizi di «guida e assistenza didattica»;

   per servizio di «guida e assistenza didattica» s'intende la «visita didattica» e non la visita guidata «ordinaria». Sul punto, si specifica che le «visite guidate» sono rivolte ad un'utenza generalista (famiglie, scuole etc.) e possono essere svolte solo da guide turistiche abilitate, con regolari licenze rilasciate dalle regioni;

   le visite didattiche, invece, sono svolte dagli operatori didattici o museali di cui all'articolo 9-bis del decreto legislativo, 22 gennaio 2004 n. 42; e, dunque, da operatori dediti alla fruizione dei beni culturali, individuati tra: archeologi, archivisti, bibliotecari ed altri lavoratori in possesso di apposita formazione ed esperienza professionale;

   inoltre, si fa presente che la citata «visita guidata» da affidare in concessione è stata inserita, all'interno del bando, tra i «servizi di accoglienza». Tuttavia, la parola «accoglienza» non ha alcun nesso, né fondamento, sotto il profilo giuridico e sostanziale, col concetto di «visita guidata»;

   risulta agli interroganti che quanto in oggetto, se da un lato apporterebbe all'ente parco royalties superiori, derivanti dall'affidamento a concessionari esterni sia dei servizi di visita guidata che di visita didattica, dall'altro penalizzerebbe la figura delle guide turistiche abilitate, lavoratori autonomi che si vedrebbero tagliati fuori dall'esercizio della propria libera professione all'interno del Parco archeologico di Ercolano. Il che costituirebbe un precedente gravissimo per altri siti e luoghi della cultura, con l'aggravante di una perdita di migliaia di posti di lavoro nel settore già così critico e precario –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se il Ministro interrogato ritenga che il Parco archeologico di Ercolano possa affidare a concessionari esterni, oltre alle «visite didattiche», anche le «visite guidate» che sono solo ed esclusivamente appannaggio della figura professionale delle Guide turistiche abilitate.
(4-00570)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORRONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo le nuove regole dell'ADM i giochi d'intrattenimento senza vincita in denaro sono soggetti ad una procedura di autorizzazione e omologazione, nonché al pagamento di un'imposta;

   in base alle determinazioni direttoriali ADM Prot. 320379/RU dell'8 luglio 2022, Prot. 86356/RU del 13 febbraio 2023, nonché alle relative circolari inerenti alle nuove regole tecniche per gli apparecchi di cui al comma 7 dell'articolo 110 del TULPS, sono sottoposti a certificazione onerosa giochi come i calciobalilla, carambole, biliardi, flipper, freccette e dondolanti per bambini senza vincita, nonché gli apparecchi di cui al comma 6 del medesimo articolo ovvero video-lottery e AWP o slot dei bar;

   già nella precedente legislatura, con Ordine del giorno 9/03343-A/016, il Governo pro-tempore si era impegnato – nelle more di una riforma complessiva del settore – a «sollevare dalle predette incombenze fiscali e burocratiche cui sono sottoposti i gestori dei locali che ospitano le apparecchiature di intrattenimento senza vincita in denaro»;

   in particolare, l'articolo 18-ter del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, ha infatti stabilito che «Nelle more dell'approvazione e dell'attuazione del disegno di legge di riordino del settore giochi, previsto dal Documento di economia e finanza per l'anno 2021 quale collegato alla manovra di bilancio 2022-2024, nel rispetto delle esigenze di continuità delle entrate erariali, il termine di scadenza previsto per le concessioni in materia di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, compresi gli eventi simulati, è prorogato a titolo oneroso fino al 30 giugno 2024.»;

   la stessa circolare Prot.: 86356/RU del 13 febbraio 2023, conferma, altresì: «Quanto all'ambito tributario, considerato che attualmente l'art. 110, comma 7-ter del TULPS demanda ad un Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze la determinazione della base imponibile forfetaria dell'imposta sugli intrattenimenti per tutti gli apparecchi di cui al comma 7, si rende necessario, nelle more della sua adozione, armonizzare la vigente regolamentazione tecnica e amministrativa rispetto alla delineata disciplina»;

   ne conviene, che una accelerazione temporale circa la definizione delle spettanze contrasterebbe con il dettato normativo; nondimeno, a parere dell'interrogante, stante la carente cornice normativa di riferimento, c'è il paventato rischio di confondere, nelle immediate azioni amministrative, un'attività sportiva con un'attività di gioco con vincita –:

   quali iniziative di competenza, anche normative ove occorrenti, ritenga opportuno adottare al fine di porre rimedio alle criticità interpretative e applicative di cui in premessa.
(5-00461)

Interrogazione a risposta scritta:


   LACARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   alla luce della consuetudine dei giudici del lavoro, sarebbe preclusa la compensazione di debiti previdenziali con «controcrediti di natura fiscale anche se appartenenti allo stesso soggetto» e ciò grazie a una lettura restrittiva dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997, concernente la compensazione tra crediti e debiti tributari e contributivi;

   in particolare, secondo le sentenze delle sezioni del lavoro di taluni tribunali, «la compensazione tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel nostro sistema...», in quanto il citato articolo 17 stabilisce che, in caso di pagamento «dei contributi dovuti all'Inps e delle altre somme a favore... degli enti previdenziali», è ammessa la facoltà di procedere ad una «eventuale compensazione dei crediti» solo in relazione ad obbligazioni «dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti...»;

   non sarebbe quindi ammissibile la compensazione di obbligazioni previdenziali riferibili a soggetti differenti o che permetta una estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale, anche se facenti capo al medesimo soggetto;

   l'Inps ha notificato atti di «accertamento d'ufficio della contribuzione versata mediante compensazione indebita» con cui richiede il riversamento di contributi compensati con crediti fiscali (senza discutere della «genuinità» degli stessi), ritenendo che il «versamento della contribuzione dovuta all'Inps è avvenuto in violazione dell'articolo n. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997»;

   tuttavia, è proprio il citato articolo 17 ad aver ammesso espressamente la compensazione tra crediti tributari e debiti previdenziali con l'obiettivo di semplificare i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, consentendo versamenti «unitari»;

   lo si evince anzitutto dalla stessa legge delega n. 662 del 1996, ove si invitava il legislatore delegato a provvedere «all'unificazione dei criteri di determinazione delle basi imponibili fiscali e di queste con quelle contributive» e a consentire «l'effettuazione di versamenti unitari, anche in unica soluzione, con eventuale compensazione delle partite attive e passive, con ripartizione del gettito tra gli enti a cura dell'ente percettore»;

   nei documenti di prassi dell'Agenzia delle entrate è illustrato il meccanismo di contabilità pubblica con cui si concretizza il meccanismo di riparto delle somme fra i diversi enti, citato dalla legge n. 662 del 1996;

   la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 452 del 2008 statuisce che «nell'ipotesi di compensazione del credito tributario con debiti previdenziali, mediante modF24, il sistema informativo procede automaticamente all'imputazione della somma nella contabilità dell'ente beneficiario (Inps), contro addebito a carico dell'ente depositario del credito (Erario)»;

   la circolare ministeriale n. 101 del 2000 chiarisce che in caso di indebita compensazione di debiti previdenziali con crediti tributari, al fine di ripristinare la corretta posizione, è necessario (e sufficiente) che i contribuenti riversino il credito tributario indebitamente compensato e non, invece, il debito previdenziale, il quale è definitivamente assolto dal «giroconto» previamente effettuato e dall'Erario a beneficio dell'Inps;

   l'articolo 4 del decreto-legge n. 124 del 2019 nel vietare, in materia di appalti, il pagamento in compensazione dei contributi previdenziali, ha espressamente affermato che si tratta di una deroga alla generale (e indiscussa) facoltà prevista dal citato articolo 17 –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative normative per dettare disposizioni interpretative dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 in cui si chiarisca che la compensazione ivi prevista non debba riguardare lo stesso ente e che, con il riferimento a «medesimi soggetti», si intende affermare che la compensazione debba avvenire con crediti vantati nei confronti degli enti indicati dal comma 1 del citato articolo 17, non tra crediti e debiti rispetto allo stesso ente e quindi esclusivamente della stessa natura.
(4-00576)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GUERRA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia di stampa DIRE, il 22 febbraio 2023, ha riportato la storia di un bambino di sette anni che, all'età di quattro, avrebbe riferito alla madre di abusi sessuali paterni. Le lesioni fisiche riscontrate sarebbero risultate compatibili con quanto riferito, ma non in modo risolutivo, potendo avere anche altre cause. Le notizie di reato sarebbero state quindi archiviate;

   il bambino avrebbe confermato gli stessi fatti, all'età di sei anni, durante una Ctu volta a valutare i genitori nel procedimento di affido pendente dinanzi al tribunale ordinario di Napoli;

   il bambino, affetto da una patologia genetica, rifiuterebbe gravemente il padre, reagendo con atteggiamenti di enorme paura quando deve entrare in contatto con lui, tanto da avere attacchi di panico ed enuresi così da necessitare, a volte, l'intervento del pronto soccorso;

   come da prassi processuali diffusesi negli ultimi 15 anni, la Ctu avrebbe interpretato il rifiuto grave nei confronti del padre come frutto di una manipolazione materna, come prevede la cosiddetta teoria della «alienazione parentale», o Pas, spesso ridefinita «simbiosi», «conflitto di lealtà o fedeltà»;

   il costrutto della Pas è stato però ripetutamente condannato dalla Comunità scientifica internazionale, dall'Onu, dall'Europarlamento, e in Italia, fra l'altro, dalla Corte di cassazione n. 7041 del 2013 che lo considera una pericolosa strategia processuale, per imporre al bambino il riallineamento paterno, basata su una falsa patologia mai accolta nel DSM 5, né più di recente nell'ICD 11;

   nel caso specifico, sarebbero stati effettuati passi prodromici all'allontanamento del minore dalla madre con cui vive serenamente. Sarebbe stato attivato il monitoraggio dei servizi sociali e il curatore speciale per i minori, nominato dal tribunale, avrebbe richiesto l'allontanamento radicale del bambino dalla madre;

   ciò nonostante non risultino comportamenti inappropriati della madre, che tenterebbe in ogni modo di attuare i contatti paterni, rifiutati dal bambino;

   il curatore speciale avrebbe chiesto al giudice la secretazione degli atti inerenti il prelievo del minore, evidentemente per facilitarne l'attuazione, con evidente lesione di diritto di difesa suo e della madre;

   nella udienza del 28 febbraio 2023 è previsto siano audite le zie paterne del bambino, forse individuate come collocatarie del minore;

   il minore non sarebbe stato ascoltato dal giudice;

   l'agenzia DIRE riporta anticipazioni sui risultati di una pubblicazione scientifica che conferma i dati in parte già accertati dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nel 2022 circa la grave difficoltà del nostro sistema giudiziale a riconoscere violenza domestica e abusi incestuosi sui minori;

   la cosiddetta riforma Cartabia prevede che nei procedimenti di affido vengano considerate, oltre alle condanne e alle denunce, le semplici allegazioni di comportamenti genitoriali violenti e che il giudice debba personalmente ascoltare il minore, assumendo le necessarie informazioni sulla violenza subita/assistita da lui raccontata. Diritto sancito anche dalle Convenzioni di New York e di Strasburgo –:

   se siano a conoscenza della vicenda richiamata in premessa e se ritengano di valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive, in particolare con riferimento all'ascolto del minore;

   se ritengano di adottare iniziative normative affinché nei procedimenti in questione sia salvaguardato prioritariamente il diritto del minore di vedere tutelati il proprio ambiente familiare e la propria sicurezza, evitando ulteriori rischi di traumatizzazione o ritraumatizzazione;

   se intendano intraprendere o comunque sostenere iniziative normative affinché i minori non vengano affidati o collocati presso genitori o loro famigliari di cui raccontino abusi e violenze, manifestando grave paura nei confronti degli stessi.
(4-00581)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUBANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 135 del 2018 all'articolo 10-bis comma 3 ha previsto, entro un anno dall'entrata in vigore del medesimo provvedimento, l'istituzione di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante e di quelle di autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante, demandando ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'individuazione delle specifiche tecniche di attuazione e le modalità con le quali le predette imprese dovranno registrarsi;

   il comma 6 del citato articolo ha previsto il divieto di rilascio di nuove licenze per l'espletamento del servizio di noleggio con conducente, con autovettura, motocarrozzetta e natante;

   con decreto dirigenziale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 4 del 19 febbraio 2020, rubricato «registro informatico pubblico nazionale TAXI e NCC auto, moto e natanti» sono state definite le specifiche tecniche del registro di cui trattasi e la data di operatività del registro è stata fissata al 2 marzo 2020;

   con decreto del Ministero delle infrastrutture e del trasporti n. 86 del 20 febbraio 2020, avente ad oggetto: «Decorrenza dell'efficacia del decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale n. 4 del 19 febbraio 2020 e l'adempimento degli obblighi da esso previsti dalla data di entrata in vigore del decreto previsto dall'articolo 10-bis, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12», è stato disposto che l'efficacia del precedente decreto dirigenziale n. 4 del 2020 e l'adempimento degli obblighi da esso previsti decorrano dalla data di entrata in vigore del decreto previsto dall'articolo 10-bis, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, ovvero del decreto ministeriale che determinerà le specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico di cui all'articolo 11, comma 4 della legge n. 21 del 1992;

   ad oggi tale ultimo decreto non risulta ancora adottato –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di sbloccare il rilascio di nuove licenze per l'espletamento del servizio di noleggio con conducente, fermo ormai dall'anno 2018.
(5-00457)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CESA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 13-bis del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, autorizza le Autorità di Sistema Portuale (AdSP) a riconoscere una progressiva diminuzione dei canoni di concessione per le aree demaniali interessate da attività terminalistiche;

   l'individuazione degli obiettivi di traffico ferroviario da conseguire, l'entità dello sconto e le modalità di applicazione sono stabilite dalle singole AdSP;

   la stessa norma dispone che le AdSP debbano assicurare, in fase di attuazione, la compatibilità con gli equilibri del proprio bilancio e il rispetto dei limiti minimi dei canoni;

   viene altresì previsto il divieto, per le AdSP, di utilizzare l'avanzo di bilancio e di recare nuovi oneri o maggiori spese per l'erario;

   la misura agisce in analogia con quanto previsto dall'articolo 199, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che, in considerazione del calo dei traffici nei porti italiani derivanti dall'emergenza COVID-19, stabiliva la possibilità per le AdSP, di disporre la riduzione dei canoni concessori e di quelli relativi alle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri;

   l'Autorità di Regolazione dei Trasporti ha evidenziato la possibilità, entro limiti predeterminati, di prevedere meccanismi incentivanti («sconti sui canoni») che favoriscano l'efficienza e il miglioramento dei livelli di servizio;

   la stessa ART ha ipotizzato, per il calcolo dei suddetti sconti, l'opportunità per le AdSP di adottare un cruscotto composto da set di indicatori di performance e set di indicatori di qualità;

   l'attuazione della suddetta disposizione potrebbe apportare un vantaggio competitivo all'intero comparto del trasporto merci su ferro;

   il trasporto merci su ferro produce un impatto ambientale di gran lunga inferiore rispetto al trasporto su strada, come emerge dalla tabella estratta dal Libro UE 2019 sui costi esterni prodotti dalle diverse modalità di trasporto nella Unione europea;

   il settore del trasporto ferroviario delle merci è, ad oggi, gravato dall'inevitabile adeguamento delle tariffe dei servizi ferroviari all'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, che ha determinato un sensibile incremento dei costi di ultimo miglio, a carico dell'intera filiera;

   si stima che tale incremento, per i traffici di medio e corto raggio generati in ambito portuale, determini l'annullamento degli effetti incentivanti di ogni misura di contribuzione pubblica attualmente in essere, come la Norma Merci e il Ferrobonus;

   l'articolo 18 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, ha sancito l'abolizione della previsione dell'aliquota ridotta, pari al 30 per cento di quella ordinaria, dell'accisa sul gasolio usato per la trazione ferroviaria nell'attività di trasporto merci e passeggeri;

   tale norma ha comportato un ulteriore aumento dei già elevati costi di ultimo miglio in quanto, per la trazione sulle tratte non elettrificate e per la manovra nei raccordi, ad oggi il settore ferroviario non dispone di alternative al diesel;

   tali extra-costi non risultano assorbibili internamente dalle imprese né riversabili sul mercato, a meno di un'inevitabile perdita di competitività rispetto alle altre modalità di trasporto;

   lo sviluppo del trasporto ferroviario delle merci riveste un ruolo centrale nel perseguimento degli obiettivi di sostenibilità fissati nella strategia della Commissione europea per una mobilità sostenibile e intelligente e nel Libro Bianco sui trasporti;

   la ripartizione modale del trasporto ferroviario merci in Europa, con riferimento al traffico interno terrestre, si attesta su una percentuale del 16,7 per cento, in Italia tale percentuale è invece pari, nel 2020, all'11,9 per cento –:

   se il Governo intenda fornire un chiarimento circa le effettive possibili modalità di attuazione, da parte delle Autorità di Sistema Portuale, dell'articolo 13-bis del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, nonché adottare iniziative di competenza finalizzate al perseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale ed energetica.
(4-00571)


   PAVANELLI, L'ABBATE, AMATO e CHERCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo di stampa pubblicato sulla rivista online «www.vivogubbio.com» in data 27 febbraio 2023, l'interrogante ha appreso dell'avvio dei lavori relativi al primo stralcio dell'adeguamento della Pian d'Assino, nel tratto che da Mocaiana a Pietralunga, da parte di Anas alla ditta aggiudicatrice della gara d'appalto;

   la realizzazione del I stralcio Mocaiana-Pietralunga (variante al tracciato della strada statale n. 219), prevede la realizzazione di un tratto a due corsie avente una lunghezza di 3,7 chilometri e ricade nel più ampio intervento di adeguamento della tratta Gubbio-Umbertide;

   l'importo della gara risulta raddoppiato rispetto ai circa 54 milioni di euro iniziali, a detta dell'Assessore regionale alle infrastrutture e trasporti, Enrico Melasecche, a causa dell'impennata dei costi delle materie prime, attestandosi adesso a 108 milioni di euro –:

   se non intenda, per quanto di propria competenza, adottare iniziative al fine di verificare la congruità del valore dalla gara per la realizzazione dell'opera descritta in premessa e se il raddoppio dei costi risulti giustificato alla luce della complessità dell'opera, nonché dell'incremento dei prezzi delle materie prime.
(4-00572)


   MARI e GHIRRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'associazione di consumatori ed utenti «Codici - Centro per i diritti del cittadino», il progetto proposto da R.F.I. per la nuova linea ferroviaria ad alta velocità «Salerno-Reggio Calabria» sarebbe in contrasto con la normativa europea in tema di sviluppo delle reti transeuropee (Regolamento 1315/2013 UE) – di cui fa parte la linea ferroviaria tirrenica – e di tutela dell'ambiente e a dell'ecosistema (Regolamento UE 241/2021 e Regolamento U.E. 2020/852);

   il tracciato del progetto della nuova linea Sa-RC non sarebbe conforme alla decisione UE n. 1692 del 23 luglio 1996 che localizza il corridoio TEN-T ferroviario lungo la costa tirrenica e prevede che il corridoio TEN-T a sud di Salerno si realizzi adeguando la linea ferroviaria esistente a 200 chilometri orari e non realizzando una nuova infrastruttura percorribile a 300 chilometri orari;

   ulteriore preoccupazione dell'associazione Codici è che i progettisti della nuova Salerno-Reggio Calabria non abbiano analizzato con la necessaria attenzione né gli aspetti ambientali né quelli sismici essendo oggettiva la maggiore sismicità dei territori attraversati dalla nuova linea progettata rispetto alla linea tirrenica esistente, come emerge dalle carte sismiche dell'IGM;

   inoltre, l'opera è stata valutata in sub-lotti ai fini del rispetto del principio Dnsh (Do no significant harm) per valutare che l'intervento non arrechi nessun danno significativo all'ambiente, regime minimo per tutte le misure del Pnrr previsto nel Regolamento 241/2021 e ciò potrebbe costituire, a parere dell'interrogante, un artifizio progettuale;

   con le risorse economiche previste per il solo primo lotto si velocizzerebbe a 200 chilometri orari l'intera linea tirrenica esistente fino a Reggio Calabria con tempi di percorrenza ridotti di circa un'ora tra Roma e Reggio Calabria;

   il progetto, inoltre, non prevedrebbe l'interconnessione e la valorizzazione delle linee regionali, come la Sicignano-Lagonegro, nonostante l'obbligo indicato nel Regolamento UE n. 1315/2013;

   le leggi nazionali prevedono che la pianificazione regionale individui le direttrici di attraversamento delle infrastrutture di interesse sovraregionale;

   il Piano territoriale regionale della regione Campania prevede che la linea alta velocità attraversi il comune di Eboli in prossimità dell'area di sedime dell'esistente linea Salerno-Reggio Calabria e non a ridosso del centro urbano, come previsto nel progetto della commissaria straordinaria di Governo;

   il nuovo tracciato arriverebbe alle porte di Potenza per poi proseguire nell'entroterra, per tornare sulla costa all'altezza di Praia a Mare, in Calabria;

   appare irragionevole all'interrogante l'apertura di un cantiere per una nuova linea alta velocità Salerno-Reggio Calabria con la consapevolezza che nei tempi dettati dalla Ue e con le risorse finanziare disponibili non sarà possibile completare neanche il primo lotto Battipaglia-Praia;

   la Commissaria straordinaria, in audizione in Commissione Trasporti alla Camera dei deputati ha evidenziato che nei termini previsti dal Pnrr sarà ultimato il solo sub-lotto 1a, da Battipaglia a Romagnano, ossia appena 40 chilometri sui 445 necessari per raggiungere Reggio Calabria, lasciando trasparire, a parere dell'interrogante, che la linea alta velocità verrebbe realizzata soltanto fino a Potenza;

   inoltre, in sede Ue, al fine di connettere il maggior numero di cittadini alle reti transeuropee, fu deciso che la TEN-T ferroviaria si sviluppasse lungo la fascia tirrenica meridionale anche allo scopo di favorire il collegamento con i porti e rendere il trasporto intermodale treno-navi;

   per evitare che il suddetto progetto rimanga una cattedrale nel deserto, occorre potenziare la linea esistente e non realizzarne una diversa –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il pieno e necessario rispetto dei citati regolamenti comunitari;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare gli interessi dei cittadini e imprenditori della fascia tirrenica, italiani della tenuto conto che la nuova linea ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria rischia di marginalizzare l'esistente linea ferroviaria tirrenica con grave pregiudizio per tali soggetti.
(4-00575)


   FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da quanto appreso da un comunicato del sindacato Unione sindacale di base dell'8 marzo 2021 la società Ferservizi, del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, ha licenziato con preavviso il coordinatore regionale Usb ferrovie in Calabria, Luigi Puntoriero, dipendente della citata società, per aver violato il rapporto di fiducia e il codice etico aziendale causando danno alla reputazione della società;

   il dirigente sindacale in questione è stato licenziato dopo aver contestato, e poi anche esposto pubblicamente e alle competenti autorità, uno stato di potenziale pericolo sia all'interno di un cantiere di lavoro di Rfi presso la stazione di Paola (Cosenza), che sulla Galleria Santomarco che collega Paola a Cosenza, sulla sicurezza nei cantieri mobili lungo linea e sui ponti in ferro non manutenzionati;

   Luigi Puntoriero già nel 2020 aveva anche contestato, per iscritto, la mancata convocazione delle organizzazioni sindacali da parte dell'azienda, nonostante lo stesso avesse sollecitato a nome di Usb, la necessità e l'urgenza di interloquire con la società in merito alla sicurezza dell'area interna alla stazione di Paola, la quale, sulla base di alcune segnalazioni ricevute, di notte si trasformava in un cantiere con conseguente messa in pericolo dei lavoratori;

   a parere dell'interrogante l'esercizio dei diritti civili, ma anche sindacali, di segnalazione di una mancanza di sicurezza o di un potenziale pericolo (non solo ai vertici aziendali ma anche alle istituzioni dello Stato) per evitare il verificarsi di possibili incidenti sul lavoro, non può essere interpretata come un'azione volta a screditare la reputazione né delle aziende né dei propri rappresentanti;

   appare quindi ingiustificato all'interrogante il ricorso al licenziamento da parte dell'azienda;

   in un Paese che ha una media superiore alle tre vittime al giorno sul lavoro, l'utilizzo dello strumento del licenziamento nei confronti di chi denuncia possibili pericoli per la salute e la sicurezza dei lavoratori e che richiede le opportune verifiche da parte degli organismi di controllo non appare all'interrogante il giusto atteggiamento per perseguire nella lotta al tragico fenomeno degli incidenti sul lavoro e sulla quale occorre invece la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti;

   anche quando segnalazioni di eventuali pericoli sui luoghi di lavoro siano soggette a verifica, applicare la più grave delle sanzioni disciplinari, il licenziamento, a lavoratori ed esponenti sindacali che rivendicano i propri diritti non fa altro che scoraggiare l'insieme dei lavoratori che vorrebbe veder tutelata la propria sicurezza e che di fronte al rischio di licenziamento, anziché segnalare e rendere pubblici possibili pericoli, potrebbe dimostrarsi reticente;

   secondo quanto riportato dalle organizzazioni sindacali, le reali cause dell'allarmante crescita di incidenti, anche mortali, all'interno del gruppo Fs, sarebbero dovuti a tagli al personale e alla manutenzione e all'esternalizzazione di attività;

   il licenziamento di esponenti appartenenti ad un sindacato che conduce, all'interno del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, vertenze a tutela della sicurezza e della salute rischia di minare la libertà e la democrazia sindacale all'interno delle società del gruppo –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere nei confronti della società Ferservizi del gruppo Ferrovie dello Stato italiane affinché si possa giungere al ritiro di quello che all'interrogante appare un grave provvedimento come il licenziamento del coordinatore regionale Usb ferrovie in Calabria e dipendente della Ferservizi, Luigi Puntoriero.
(4-00577)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che domenica 26 febbraio 2023 si è verificato, a meno di cento metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, il naufragio di un natante proveniente dalla Turchia, con a bordo persone provenienti dall'Iraq, dalla Siria e dall'Afghanistan, per il quale sono state fin qui accertate almeno 67 persone annegate, tra i quali 15 minori, l'ultimo dei quali di appena 5 o 6 anni; un numero questo purtroppo destinato a crescere a causa dei numerosissimi dispersi;

   durante la giornata di mercoledì 1° marzo 2023 il comandante della Capitaneria di porto di Crotone, Vittorio Aloi, ha dichiarato che a suo giudizio la Guardia costiera sarebbe potuta intervenire, affermando che «quel giorno c'era mare forza quattro, non sei o sette. Le nostre motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza otto», e lasciando intendere che l'invio di mezzi di soccorso al barcone che si trovava a 40 miglia dalla costa crotonese sarebbe stato possibile anche con quelle condizioni meteo marine;

   nonostante infatti dalle notizie a mezzo stampa si sia appreso che già dalle 22.00 del 25 febbraio un aereo Frontex avesse rilevato e segnalato la presenza di un'imbarcazione partita da Smime in Turchia, Aioi ha ribadito di aver ricevuto la prima chiamata come Guardia costiera solamente alle 4.30 del mattino del 26 febbraio, e di essere stato coinvolto esclusivamente per i soccorsi a terra, dichiarando altresì di non aver saputo nulla di una pubblica comunicazione di «imbarcazione in difficoltà» che il centro di coordinamento e soccorso di Roma avrebbe invece ricevuto ventiquattro ore prima con richiesta specifica di «sharp lookout» ossia di sorveglianza attiva per quel barcone;

   risulterebbe invece che nelle prime ore del 26 febbraio per ben due volte sarebbe stato effettuato un tentativo di avvicinamento del barcone in difficoltà da parte di due motovedette della Guardie di finanza, che tuttavia, a differenza della Guardia costiera, non disporrebbe di imbarcazioni adeguate a effettuare operazioni di salvataggio in mare, specie in presenza di condizioni meteo avverse;

   quest'ultima circostanza desta particolare perplessità alla luce del fatto che, per stessa ammissione del comandante Aloi, in base alle regole di ingaggio, le operazioni vengono condotte dalla Guardia di finanza quando vengono classificate come operazioni di sicurezza, mentre qualora venissero classificate come un cosiddetto evento Sar (Search and Rescue), ossia un'operazione di salvataggio, esse dovrebbero prevedere l'intervento della Guardia costiera;

   sempre nella giornata di mercoledì la stessa Agenzia europea Frontex, dopo aver confermato di aver immediatamente informato il Centro di coordinamento internazionale Themis e le altre autorità italiane competenti dell'avvistamento, fornendo la posizione dell'imbarcazione, le immagini a infrarossi, la rotta e la velocità, avrebbe dichiarato che «sono sempre le autorità nazionali competenti a classificare un evento come ricerca e soccorso»;

   dalle notizie riportate sembrerebbe dunque che, nonostante il Centro di coordinamento e soccorso di Roma avesse ricevuto ventiquattro ore prima la segnalazione di un «imbarcazione in difficoltà» (distress), tale imbarcazione sarebbe stata invece successivamente trattata e classificata dalle autorità amministrative italiane come una «questione di ordine pubblico» (law enforcement), tale da ritenere opportuno l'intervento delle motovedette della Guardia di finanza e non delle imbarcazioni della Guardia costiera;

   i fatti riportati gettano ombre inquietanti sulla linearità della catena di comando che sarebbe stata seguita nel gestire i soccorsi tra il 25 e 26 febbraio 2023, e soprattutto sulle diverse responsabilità dei Ministri coinvolti da cui difenderebbero in ultima istanza la classificazione di un evento come ricerca e soccorso; responsabilità per le quali sono in corso accertamenti atti a ricostruire la catena di comando, e che se confermate delineerebbero un quadro molto grave, che non avrebbe permesso l'intervento tempestivo della Guardia costiera, che avrebbe invece potuto salvare quelle decine di vittime e tanti bambini, che da giorni si stanno raccogliendo in mare –:

   come funzioni normalmente la catena di comando con riguardo alle diverse attività in capo sia alla Guardia costiera che alla Guardia di finanza; perché le autorità italiane successivamente alla comunicazione resa dall'agenzia europea Frontex delle 22.00 di sabato 25 febbraio 2023, non abbiano valutato di classificare l'operazione in atto come operazione Sar, impedendo di fatto l'intervento della Guardia costiera in tempo utile per salvare la vita dei naufraghi; e se, e quali, responsabilità politiche e amministrative vi siano state nella gestione della catena di comando.
(2-00090) «Schlein, Serracchiani, Provenzano, Bonafè, De Luca, Ferrari, Ghio, Toni Ricciardi, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Braga, Carè, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Forattini, Fossi, Furfaro, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Quartapelle Procopio, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Scotto, Simiani, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCARPA, FURFARO e BAKKALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la coltivazione e la trasformazione della canapa da fibra, detta anche «canapa industriale», sono disciplinate nel nostro Paese dalla legge del 2 dicembre 2016, n. 242, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», la quale ha previsto tra le proprie finalità «il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa, quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione»;

   tale legge promuove lo sviluppo della filiera della canapa finalizzata alla produzione di prodotti tessili, di semilavorati da impiegare nella bioedilizia, nella componentistica, di prodotti alimentari (principalmente semi, oli e farina);

   a seguito della nuova normativa, il settore della canapa industriale ha registrato la nascita di migliaia di nuove imprese, rendendo possibile l'occupazione di circa 12 mila giovani (l'età media degli operatori in questo campo è 32 anni), dimostrandosi una valida opportunità per l'agricoltura italiana;

   la recentissima sentenza del TAR Lazio, Sez. V, n. 2613, del 14 febbraio 2023 ha accolto il ricorso di produttori e associazioni di settore contro il decreto del 21 gennaio 2022 dell'attuale Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste sull'elenco delle specie di piante officinali coltivate e sui criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee, che relegava le foglie e le infiorescenze della canapa industriale al Testo unico sugli stupefacenti, in quanto in contrasto con la normativa europea e con l'interpretazione della Corte di giustizia europea, la quale ha sancito che la pianta di canapa è utilizzabile in tutte le sue parti per fini industriali e alimentari;

   nell'ultima edizione della fiera Canapa Mundi, una delle maggiori esposizioni europee del settore, tenutasi a Roma dal 17 al 19 febbraio del 2023, gli imprenditori che esponevano hanno denunciato a mezzo stampa un massiccio intervento dei controlli delle forze dell'ordine appartenenti a diversi corpi: Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia, Vigili del fuoco e unità cinofile. In particolare gli espositori hanno riferito di controlli ripetuti – anche quattro volte di seguito – agli stessi stand, e sugli stessi prodotti, negli orari di punta dei visitatori. Tutto ciò ha causato momenti di tensione e di confusione che inevitabilmente hanno portato molti visitatori a lasciare la fiera, con conseguente danno economico e di immagine degli imprenditori lì presenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riferiti in premessa e se sia in grado di fornire puntuali elementi su quanti agenti e di quali corpi siano stati impegnati nelle azioni di controllo nei confronti degli espositori del Canapa Mundi, quali siano stati i risultati conseguiti dalle operazioni, nonché quali siano state le ragioni alla base di controlli così invasivi.
(5-00455)


   MARINO, PROVENZANO, GRIBAUDO, TONI RICCIARDI, GIRELLI, LAI, SCARPA, MALAVASI, PORTA, FERRARI, ROGGIANI, FORATTINI, SCOTTO, CUPERLO, DI BIASE, D'ALFONSO, GHIO, LACARRA, BERRUTO, GRAZIANO, AMENDOLA, ASCANI, BAKKALI, BARBAGALLO, BOLDRINI, BONAFÈ, BRAGA, CARÈ, CASU, CIANI, CURTI, DE LUCA, DE MARIA, DE MICHELI, DI SANZO, FASSINO, FORNARO, FOSSI, FURFARO, GIANASSI, GNASSI, GUERRA, IACONO, LAUS, LETTA, MADIA, MANCINI, MANZI, MAURI, MEROLA, MORASSUT, ORFINI, ORLANDO, UBALDO PAGANO, PELUFFO, QUARTAPELLE PROCOPIO, ANDREA ROSSI, SARRACINO, SCHLEIN, SERRACCHIANI, SIMIANI, STEFANAZZI, STUMPO, TABACCI, VACCARI, ZAN e ZINGARETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni organi di stampa si apprende che il mercoledì 1° marzo 2023 in occasione dell'assemblea di classe congiunta tenutesi presso l'Istituto di istruzione superiore E. Majorana A. Cascino di Enna, regolarmente autorizzata dalla dirigenza scolastica – avente ad oggetto un dibattito sul tema della legalizzazione della cannabis, che vedeva la partecipazione di un dirigente dell'associazione «Meglio Legale», la quale coinvolge parlamentari e medici, imprenditori e avvocati, giornalisti e semplici cittadini, promotrice di diversi incontri sul tema su tutto il territorio nazionale – alcuni agenti del locale commissariato sono intervenuti chiedendo le generalità dei rappresentanti dell'istituto scolastico che aveva organizzato l'assemblea e degli studenti senza fornire spiegazione alcuna;

   l'iniziativa delle forze dell'ordine non ha comunque impedito agli organizzatori e ai presenti di svolgere regolarmente la loro assemblea finalizzata ad approfondire un tema socialmente rilevante, da anni protagonista del dibattito politico del paese, quale quello della legalizzazione della cannabis –:

   se noi si intenda acquisire informazioni circa le ragioni che hanno comportato l'intervento degli agenti del locale commissariato e quali iniziative si intenda intraprendere per consentire alle istituzioni scolastiche di promuovere liberamente «l'approccio cooperativo» tra le diverse componenti impegnate a livello territoriale a supportare i giovani nel loro percorso di crescita civile e culturale.
(5-00462)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMUTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un servizio del 20 gennaio 2023 della trasmissione televisiva «Striscia la Notizia», in onda sulla rete Mediaset Canale 5, sono state riportate le condizioni strutturali e gestionali in cui versa il C.p.r. (Centro di permanenza e rimpatrio) di Palazzo San Gervasio (PZ);

   il Centro in questione è uno dei 12 C.p.r. presenti in Italia, situato nella campagna tra Basilicata e Puglia;

   le immagini del servizio televisivo mostrano una struttura fatiscente e inadatta al trattenimento di stranieri irregolari, come invece disciplinato dal decreto legislativo n. 286 del 1998 e dal decreto-legge n. 13 del 2017;

   i trattenuti vivono in blocchi di 25 metri quadri adibiti per 4 persone, con letti e arredo in cemento e con uno spazio all'aperto costituito da una gabbia in metallo che si affaccia sul piazzale interno del centro. I bagni sono privi di porte, i pavimenti sono di terra battuta e mancano spazi comuni ricreativi;

   i C.p.r. sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (ex articolo 14, decreto legislativo n. 286 del 1998), usati per identificare e rimpatriare gli immigrati irregolari, ovvero gli stranieri che vengono fermati in territorio italiano privi di un permesso di soggiorno regolare (lo straniero deve essere trattenuto in tali strutture per un periodo massimo di 30 giorni, prorogabile fino a 90);

   tuttavia, secondo quanto denunciato dal «Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale», nel centro convivono sia i cosiddetti irregolari amministrativi puri (la cui irregolarità riguarda esclusivamente i propri documenti) e sia chi si trova in attesa di espulsione per la commissione di reati, compresi i soggetti socialmente pericolosi provenienti da istituti penitenziari;

   il filmato, inoltre, documenta una pratica che pare diffusa in questi centri, ovvero la somministrazione coatta di psicofarmaci e di sedativi, come Rivotril, Tavor e Talofen;

   non è la prima volta che il C.p.r. di Palazzo San Gervasio è oggetto di attenzione da parte della cronaca locale e nazionale. Già il settimanale «Panorama», nel 2019 considerava il C.p.r. Lucano tra i più pericolosi d'Italia;

   il 9 gennaio 2020, l'Osservatorio migranti Basilicata, (O.M.B.), in una nota sul C.p.r., relazionava di angherie verso trattenuti e parenti, di restrizioni alle udienze degli avvocati, della rottura di fotocamere dei cellulari, del permesso a possedere solo vecchi cellulari senza telecamere e impossibilitati a connettersi a internet;

   il report di A.s.g.i. (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione) sul C.p.r. di Palazzo San Gervasio, descrive una condizione di isolamento, in cui il diritto alla difesa viene ostacolato, mentre quello alla salute fisica e psicologica non viene rispettato;

   l'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 recite testualmente: «Lo straniero è trattenuto nel centro, presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità»;

   per i requisiti strutturali dei C.p.r., l'articolo 19, comma 3 del decreto-legge n. 13 del 2017, ha previsto che la dislocazione dei centri di nuova istituzione deve avvenire, sentito il presidente della regione interessata, privilegiando aree esterne ai centri urbani, facilmente raggiungibili e che possano essere idonee allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative si intendano mettere in campo;

   quale sia l'importo complessivo dei finanziamenti pubblici a oggi destinati all'ammodernamento della struttura del C.p.r. di Palazzo San Gervasio e quali interventi siano stati realizzati;

   se non si ritenga di chiudere definitivamente il C.p.r. di Palazzo San Gervasio, liberando, altresì, le forze dell'ordine impegnate per garantire la sicurezza all'interno del C.p.r. e distribuirle altrove.
(4-00574)


   ZANELLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   si segnala ancora una provocazione da parte di Forza Nuova, stavolta nel comune di Lajatico, nel pisano, dove la formazione neofascista ha diffuso volantini omofobi col seguente testo: «Lajatico ha bisogno di figli, non di omosessuali. Sindaco dimettiti»;

   il messaggio fa riferimento alla vicenda dell'annullamento, a causa dei pochi bambini, della prima classe delle scuole medie per il prossimo anno scolastico. Un attacco diretto al sindaco, il civico Barbafieri, che ha immediatamente suscitato le reazioni indignate di tutta la comunità con una condanna netta e unanime contro omofobi e fascisti, nella difesa dei più basilari valori e principi dell'antifascismo e della Resistenza da cui è nata la nostra Costituzione;

   il volantino intriso di violenza e omofobia – dà la colpa della chiusura della scuola agli omosessuali –, esplicita, ad avviso dell'interrogante, una miseria intellettuale, viscerale, incompatibile con una comunità civile e democratica. Di fronte a tutto ciò non si può restare silenti, poiché non esiste alcuna giustificazione per l'odio e la discriminazione sessuale: è necessario condannare senza mezzi termini questo gesto inqualificabile;

   si ricorda che la soppressione della prima classe media è stata una scelta del provveditorato a seguito del numero troppo basso degli studenti iscritti. Una problematica che il sindaco ha cercato di risolvere, anche senza alcuna diretta competenza;

   fortunatamente, Lajatico è una comunità aperta e accogliente, come lo è l'intera Toscana, dove non c'è spazio per l'omofobia, il razzismo o qualsiasi altra forma di discriminazione. Il territorio è caratterizzato da un forte senso di comunità e rispetto per la persona e non tollera che questi valori vengano calpestati da forze politiche che provano in ogni modo a seminare odio e divisione;

   È estremamente preoccupante assistere alle continue manifestazioni di intolleranza e di violenza da parte di gruppi neofascisti, un fenomeno in crescita su cui il Governo non può restare ancora una volta indifferente;

   questo ennesimo episodio pone ancora una volta una questione che non può più essere più ignorata e rimandata, ossia la necessità – a titolo della democrazia – di sciogliere i movimenti neofascisti che ancora agiscono indisturbati contando sull'impunità perché questa, non è politica, è miseria intellettuale, omofobia. Profonda. Viscerale. Irredimibile. Meschina. Violenta. Antidemocratica. Non ci può essere spazio per tutto questo in un Paese che si riconosce nei valori dell'antifascismo da cui è nata la nostra Costituzione e che si caratterizza come Paese civile e democratico;

   servono percorsi di educazione al rispetto, alla parità e alle differenze nelle scuole per proteggere le giovani generazioni da stereotipi, pregiudizi, discriminazioni e violenze –:

   se il Ministro dell'interno, anche in considerazione degli ultimi episodi, non ritenga di avviare un serio monitoraggio nei confronti di episodi di violenza, intolleranza e sfregio verso le istituzioni democratiche messe in atto da organizzazioni che inneggiano alla ideologia fascista;

   se il Ministro dell'interno non ritenga di avviare tutte le iniziative di competenza propedeutiche e necessarie per lo scioglimento delle organizzazioni neofasciste che ancora agiscono indisturbate, contando, a parere dell'interrogante, sull'impunità;

   se il Ministro dell'istruzione e del merito non ritenga di adoperarsi affinché in tutte le scuole, di ogni ordine e grado, siano inseriti appositi percorsi di educazione al rispetto, alla parità e alle differenze al fine di proteggere le giovani generazioni da stereotipi, pregiudizi, discriminazioni e violenze;
(4-00578)


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa e istituzionali si apprende che nella notte tra il 31 gennaio e il 1o febbraio 2023 numerosi edifici pubblici e privati situati nel centro della città di Erba (Como), compreso il Municipio, sono stati imbrattati con scritte di matrice anarchica che inneggiano alla liberazione del terrorista Alfredo Cospito, attualmente detenuto nel carcere di Opera (Milano) in regime di ergastolo ostativo ai sensi dell'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario e in sciopero della fame da oltre 100 giorni;

   alla luce dei suddetti eventi, il comune di Erba ha sporto denuncia contro ignoti e i Carabinieri stanno indagando sulla vicenda per risalire a chi si è reso responsabile, anche attraverso le immagini delle telecamere di sicurezza attive in città;

   episodi altrettanto allarmanti si sono verificati di recente anche a Milano, dove due auto della Polizia locale sono state incendiate e un'auto della Polizia penitenziaria è stata colpita da pietre, nonché dove è stata compiuta l'aggressione a danno del giornalista del Tg2 Stefano Fumagalli mentre prestava servizio all'esterno del carcere di Opera;

   tali attacchi si inseriscono in una spirale di tensione e disordini che stanno coinvolgendo molte città del nostro Paese e che necessitano di una reazione ferma e compatta di tutte le forze politiche per condannare chi fa ricorso alla violenza come strumento di lotta politica e difendere la sicurezza nazionale e le nostre istituzioni — :

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia intrapreso per arginare tale escalation di violenta insurrezione di stampo anarchico sul territorio nazionale, con particolare riferimento a quanto si è verificato a Erba (Co).
(4-00579)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   DORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 24, comma 7, del Regolamento unico della previdenza forense ha previsto la sospensione temporanea, per il periodo 2018-2022, del versamento del contributo integrativo minimo da parte dei suoi iscritti;

   il 16 settembre 2022 il Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ha adottato la delibera n. 24, disponendo di prorogare, anche per l'anno 2023, la temporanea sospensione del contributo integrativo minimo a carico degli iscritti, fermo restando il pagamento del contributo integrativo nella misura del 4 per cento sull'effettivo volume d'affari IVA dichiarato;

   il 28 ottobre 2022 è stata approvata all'unanimità dal Comitato dei delegati la riforma previdenziale, la cui entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio 2024;

   è notizia di questi giorni che, con nota ministeriale firmata dal Direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che richiama il conforme orientamento del Ministero dell'economia e delle finanze, la delibera del Comitato dei delegati non è stata approvata e che, di conseguenza, Cassa forense è tenuta a procedere alla riscossione del contributo integrativo minimo, con la rata del 30 settembre 2023;

   il ripristino del contributo integrativo minimo per il solo anno 2023 non appare in linea con il percorso riformatore avviato da Cassa forense;

   la proroga della sospensione del versamento del contributo integrativo minimo per il 2023 determinerebbe un minor gettito contributivo di circa 25 milioni di euro, a fronte di una spesa per pensioni invariata, cifra che non comporterebbe per la Cassa forense alcun effetto sulla sua stabilità di lungo periodo, secondo quanto dichiarato dalla stessa Cassa;

   Cassa forense, con una nota del presidente avvocato Valter Militi, ha definito il diniego ministeriale come lesivo dell'autonomia dell'Ente, inutilmente vessatorio nei confronti degli iscritti e fondato su motivazioni non condivisibili;

   l'Organismo congressuale forense, alcuni Consigli dell'ordine degli avvocati, alcune associazioni forensi – come Movimento forense e Aiga – hanno manifestato grande preoccupazione per l'avvenuta decisione ministeriale, rimarcando l'importanza della sospensione del contributo soprattutto in ragione delle difficoltà che la categoria sta attraversando in questo particolare momento storico –:

   se non si intenda rivedere la decisione di non approvare la delibera n. 24 del Comitato dei delegati di Cassa forense sull'estensione anche per il 2023 della sospensione della riscossione del contributo integrativo minimo, in modo da andare incontro alle legittime aspettative dell'avvocatura che, al contrario, ne risulterebbe gravemente penalizzata.
(3-00219)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSI, QUARTAPELLE PROCOPIO e MADIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Anpal Servizi spa è una società per azioni, il cui azionista unico è il Ministero dell'economia e delle finanze. Opera istituzionalmente come ente strumentale di Anpal, che ne determina indirizzi e obiettivi per la promozione dell'occupazione in Italia e all'estero;

   lo statuto di Anpal Servizi prevede che il presidente dell'Anpal sia amministratore unico, duri in carica tre anni e sia rinnovabile per una sola volta;

   il 6 luglio 2022 l'assemblea ordinaria degli azionisti di Anpal Servizi spa ha nominato per il triennio 2022-2024 il consiglio d'amministrazione della società;

   il consiglio d'amministrazione di Anpal Servizi spa, nella riunione che si è tenuta il 22 luglio 2022, ha nominato la presidente Cristina Tajani, amministratrice delegata, attribuendole le deleghe operative per la gestione della società;

   dopo solo 8 mesi dalla suddetta costituzione del consiglio di amministrazione e dalla nomina della presidente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze del 14 febbraio 2023, notificato alla società in data 27 febbraio 2023, si è proceduto alla revoca del consiglio di amministrazione di Anpal Servizi spa;

   a seguito di tale decreto e preso atto della richiesta del direttore generale del Tesoro, la presidente Cristina Tajani ha convocato l'assemblea degli azionisti il giorno 9 marzo 2023;

   secondo le indiscrezioni stampa, Massimo Temussi, già nominato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali come suo consulente personale, dovrebbe subentrare nel ruolo di presidente di Anpal Servizi spa;

   è di tutta evidenza, ad avviso degli interrogati, come il citato decreto del 14 febbraio 2023 rappresenti una decisione assolutamente straordinaria che rischia di pregiudicare l'ordinata operatività dell'ente in questione – tenuto conto che la scadenza ordinaria degli organi di amministrazione sarebbe dovuta coincidere con il luglio 2024 – e di cui non si conoscono le motivazioni oggettive che ne hanno giustificato l'emanazione;

   come denunciato da alcune organizzazioni sindacali, tale decisione rischia di riaprire l'ennesima fase di transizione gestionale, per di più in un momento in cui sarebbe necessario che l'agenzia funzionasse al meglio, tenuto conto degli impegni connessi alla gestione del programma Gol del Pnrr e della necessità di implementare le politiche attive per il contrasto della povertà –:

   quali siano le gravi ragioni che hanno indotto i Ministri interrogati ad adottare il citato provvedimento di revoca del consiglio di amministrazione e della presidente di Anpal Servizi spa a soli otto mesi dalla loro nomina e quali siano gli orientamenti riguardo alla nuova governance della società in questione.
(5-00459)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nell'incontro del 27 febbraio 2023 tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Inl sarebbe stato confermato l'intendimento della Ministra di avviare un percorso di re-internalizzazione delle funzioni oggi svolte dall'Inl all'interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   l'ispettorato del lavoro ha oggi il fondamentale compito di presidiare il territorio per far emergere e controllare i fenomeni di illegalità e di irregolarità molto legati tra loro quali l'evasione fiscale, il lavoro sommerso e il mancato rispetto delle norme e degli adempimenti in materia di salute e sicurezza del decreto legislativo n. 81 del 2008;

   secondo i dati forniti dall'Inail nel 2022 si sono registrate nel nostro paese 1090 morti bianche, quasi tre morti al giorno, e di 697.773 denunce di infortunio sul lavoro;

   la proposta del legislatore di internalizzare le attività ispettive all'interno della struttura Ministero del lavoro e delle politiche sociali rischia di compromettere l'autonomia operativa ed un'attività ispettiva de-procedimentalizzata che ha caratterizzato l'Inl in questi ultimi anni;

   la maggiore flessibilità e semplificazione nello svolgimento dell'attività ispettiva e nell'orario di lavoro ha permesso all'ispettorato di adattarsi a vigilare su fenomeni che sfuggono a rigidità organizzative, ottenendo così risultati positivi nel 2022, aumentando il numero di ispezioni e le irregolarità accertate, secondo quanto riportato dalla nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 febbraio 2023;

   per contrastare con maggiore efficacia l'illegalità e le irregolarità nel mondo del lavoro l'ispettorato ha certamente bisogno di rimanere indipendente ed efficace nella programmazione mensile, lavorando per obiettivi, nonché nell'attività preventiva di intelligence attraverso la mappatura del territorio, analisi dei flussi informatici dei data base, elaborazione di black list e campagne mirate;

   il Pnrr ci pone l'obiettivo di aumentare per i prossimi 2 anni del 20 per cento i controlli sul territorio e diminuire del 2 per cento i fenomeni di lavoro sommerso, ma questo rischia di essere compromesso da una riforma che avrà i suoi tempi di attuazione e rallenterebbe l'attività di vigilanza;

   nel corso dell'incontro sarebbe emerso chiaramente che il rientro al Ministero farebbe perdere l'autonomia di bilancio acquisita con l'istituzione dell'Inl e che aveva permesso un avanzo di 160 milioni di euro, come certificato dal bilancio di previsione 2023;

   al momento non è stata consegnata alcuna bozza del provvedimento normativo che dovrebbe normare il rientro delle funzioni di vigilanza al Ministero –:

   sulla base di quali valutazioni la Ministra interrogata ritenga che la re-internalizzazione dell'Inl possa aiutare il contrasto ai fenomeni del lavoro sommerso e degli infortuni sul lavoro.
(4-00573)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANNA RICCIARDI, TODDE, FENU, CHERCHI, QUARTINI, SPORTIELLO e DI LAURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Asgop (Associazione sarda genitori oncoematologia pediatrica) è impegnata da alcuni mesi in una campagna di sensibilizzazione della società civile e delle forze politiche volta a ripristinare la situazione antecedente la riforma sanitaria regionale del 2020 riguardante il reparto di oncoematologia pediatrica, ritenendo che tale scelta sia la più indicata per affrontare i percorsi terapeutici per i bimbi malati di cancro;

   prima della riforma sanitaria regionale del 2020, il reparto di oncoematologia pediatrica, ubicato all'interno dell'ospedale microcitemico «Antonio Cao», faceva parte dell'Azienda ospedaliera «G. Brotzu» dalla quale, a seguito della riforma, è stato poi scorporato e accorpato all'Asl n. 8 di Cagliari;

   secondo quanto riportato dagli organi di informazione, il primo agosto 2022 i genitori di 7 bambini avevano richiesto l'intervento dei Carabinieri perché, in mancanza dell'anestesista pediatrico, non era possibile procedere con gli interventi programmati e, a seguito dell'intervento delle forze dell'ordine, i pazienti venivano trasferiti dall'ospedale microcitemico al Brotzu;

   successivamente, il dodici agosto 2022 la presidente dell'Asgop aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica per rappresentare «i gravi fatti occorsi il primo agosto» e «alcuni dei tanti episodi che hanno preceduto e seguito quella giornata. Infatti è stato il succedersi degli episodi, la mancanza strutturale dell'organizzazione per risolverli che ha portato le mamme al gesto estremo di chiamare le forze dell'ordine per far valere il diritto alle cure dei loro figli»;

   il 4 novembre 2022 la presidente dell'Asgop scriveva la terza lettera aperta al Presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Michele Pais, pubblicata sulla pagina Facebook dell'Associazione, per rappresentare lo stato di cattivo funzionamento del reparto di oncoematologia pediatrica e del Centro Trapianti dell'ospedale «Antonio Cao» di Cagliari. Nella lettera evidenziava come i disservizi fossero da ricollegarsi «all'accorpamento dell'ospedale Microcitemico alla Asl 8 di Cagliari» e chiedeva che «il reparto di oncoematologia pediatrica potesse attingere alle strutture mediche e diagnostiche dell'Arnas “Brotzu” con continuità»;

   il 14 febbraio 2023, l'Asgop, con un post sulla propria pagina Facebook, denunciava la difficoltà di accesso alle cure e la mancanza di mezzi elementari, come ad esempio le garze, che i genitori devono portare da casa. Sottolineava inoltre che quanto era possibile fare prima scendendo un piano, adesso risulta molto più complesso, dovendo trasportare i bambini immunodepressi attraverso il traffico cittadino, in strutture esterne, perfino per esami semplici come un elettroencefalogramma;

   Il documento «Revisione delle Linee guida organizzative e delle raccomandazioni per la Rete Oncologica che integra l'attività ospedaliera per acuti e post acuti con l'attività territoriale», approvato in sede di Conferenza Stato-regioni il 17 aprile 2019, al punto 10 ha previsto l'istituzione del Coordinamento strategico facente capo al Ministero della salute e dell'Osservatorio per il monitoraggio delle reti oncologiche regionali (Ror), presso Agenas con funzioni di analisi, misurazione e valutazione sullo stato di implementazione delle linee di indirizzo nei vari contesti regionali –:

   se sia a conoscenza, quale valutazione dia dei fatti sopra descritti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché le famiglie con bimbi malati oncologici non siano costrette a disumani viaggi della speranza per vedersi riconosciuto il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione;

   se ritenga, attraverso il Coordinamento strategico facente capo al Ministero della salute, di verificare lo stato di armonizzazione e di riorganizzazione dell'assistenza oncologica e in particolare per l'oncoematologia pediatrica nella regione Sardegna;

   se intenda intraprendere iniziative di competenza, in coordinamento con la Conferenza Stato-regioni, per verificare lo stato del funzionamento delle Reti oncologiche regionali.
(5-00456)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Boschi e altri n. 1-00078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ciancitto, Boldrini, Lampis, Comba, Cattoi, Candiani, Loperfido, Gatta.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Francesco Silvestri e altri n. 4-00404, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carotenuto.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Ruffino n. 1-00062, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 50 del 13 febbraio 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    il 15 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (COM(2021)802 final), parte del programma di lavoro della Commissione stessa per il pacchetto cosiddetto «Fit for 55%» (Pronti per il 55 per cento), la quale «definisce la visione per il conseguimento di un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;

    la posizione negoziale del Consiglio dell'Unione europea sulla relativa proposta di revisione è stata approvata dal Consiglio dei ministri dell'energia del 25 ottobre 2022, con voto favorevole del Ministro Picchetto Fratin;

    presso il Parlamento europeo, l'atto è stato esaminato dalla Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) che si è pronunciata il 9 febbraio 2023 in vista della discussione in plenaria prevista per il 13 marzo; il testo finale sulla revisione della direttiva sarà il frutto di un negoziato tra i co-legislatori europei – Consiglio dell'Ue Parlamento europeo – che si terrà nei prossimi mesi, con l'obiettivo di adottare la direttiva prima dell'estate;

    tra le altre cose, la direttiva, nel testo che il Consiglio aveva concordato il 25 ottobre 2022, imponeva emissioni zero per tutti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 1° gennaio 2030, ovvero dal 1° gennaio 2028 per quelli di nuova costruzione di proprietà di enti pubblici o occupati da enti pubblici;

    gli emendamenti votati in Commissione ITRE rendono ancora più stringenti gli obiettivi posti: tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero dal 2028, con quelli pubblici che dovranno esserlo fin dal 2026;

    per quanto concerne il parco immobiliare già esistente, agli Stati membri è fatto obbligo di stabilire norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare annualmente per metri quadrati, sia per gli edifici non residenziali che per quelli residenziali, e ogni Stato dovrà poi stabilire un piano nazionale di ristrutturazione – sottoposto a successiva valutazione della Commissione – al fine di ottenere, entro il 2050, un parco immobiliare completamente «decarbonizzato» e trasformare anche gli edifici già esistenti in edifici a emissioni zero;

    per quanto riguarda gli edifici residenziali, l'intero parco immobiliare dovrà essere ristrutturato in modo che tutti gli edifici in media raggiungano entro il 2033 la classe di prestazione energetica D – quindi ancor più restrittiva rispetto alla proposta originale presentata dalla Commissione il 15 dicembre 2021 – con una traiettoria di ulteriore progressivo miglioramento delle prestazioni, da verificare con un secondo punto di controllo nel 2040, in vista dell'obiettivo ultimo di trasformare l'intero parco immobiliare residenziale in edifici a emissioni zero nel 2050;

    sebbene siano previste delle esenzioni per alcune categorie di edifici (monumenti, immobili di particolare valore storico o architettonico, luoghi di culto, alloggi pubblici sociali) è opportuno notare come una grossa parte degli oltre 12 milioni di edifici ad uso residenziale in Italia risalga a prima degli anni '70;

    questi dati fanno capire come obiettivi così stringenti applicati a tutti gli edifici, non tengono in considerazione le differenze intrinseche tra gli stock edilizi dei diversi Paesi; se è vero che essi possono illustrare le proprie ragioni alla Commissione in caso di mancato seguito alle eventuali raccomandazioni successivamente ricevute, la direttiva rappresenta in ogni caso, in base all'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) un vincolo per gli Stati membri;

    l'articolo 1 della direttiva indica l'obiettivo di «conseguire un parco immobiliare ad emissioni zero entro il 2050», aggiungendo il riferimento «all'efficacia sotto il profilo dei costi», e ancora agli articoli 5 e 8 viene ribadito che, per gli edifici esistenti, i requisiti minimi di prestazione energetica sono da relazionare a «livelli ottimali in funzione dei costi»;

    tale prescrizione, corretta nella sostanza, in quanto derivante dalla stessa definizione tecnico-economica dell'efficienza energetica, imporrebbe quindi cautela ed attenzione nella definizione dei livelli ottimali dell'intervento di ristrutturazione profonda, la quale dovrebbe consentire il raggiungimento del livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell'immobile;

    va da sé che la valutazione, per risultare oggettiva, andrebbe fatta, nel quadro metodologico che produrrà la Commissione, esclusivamente sulla base di costi diretti, ovvero il costo dell'investimento per la cosiddetta «ristrutturazione profonda», i costi di manutenzione, i costi dell'energia (se pur di stima incerta nel ciclo di vita) e gli eventuali ricavi derivanti dalla cessione di energia in eccesso generata in loco;

    includere nel calcolo le esternalità ambientali e sanitarie del consumo di energia, come prevede l'allegato VII della direttiva, è ridondante, poiché esse sono già comprese nel costo dell'energia; inoltre introdurrebbe nel calcolo elementi di discrezionalità ed aleatorietà tali da rendere inefficace la stessa valutazione del livello ottimale;

    l'obiettivo ultimo di trasformare tutti gli edifici esistenti in edifici ad emissioni zero entro il 2050, e frattanto quelli ad uso residenziale mediamente in classe di prestazione energetica D entro il 2033, contraddice palesemente il principio che la stessa direttiva richiama del perseguimento del livello ottimale in funzione dei costi;

    la tabella di marcia che ogni Stato membro dovrà definire per il proprio patrimonio immobiliare dovrebbe, invece, avere come obiettivo il raggiungimento del livello ottimale di prestazione energetica per ciascun edificio o tipologia di edificio, ricavato da un'analisi costi-benefici oggettiva;

    un'ulteriore problematica riguarda l'impostazione ideologica della direttiva che fa riferimento alle fonti rinnovabili invece che alle fonti «low carbon», come dovrebbe essere alla luce della tassonomia europea, il cui atto delegato è entrato in vigore dal 1° gennaio 2023; così facendo, si esclude qualsiasi riferimento alla strategia di decarbonizzazione basata su fonti a bassissime emissioni, tra cui il nucleare, ma anche transitoriamente il gas naturale – possibilmente con cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica – e il risultato è che un edificio a fabbisogno energetico basso o quasi nullo, viene considerato a «emissioni zero» se alimentato esclusivamente da energia rinnovabile e non per esempio da un mix di energia nucleare e rinnovabile, pur non emettendo anidride carbonica in entrambi i casi;

    la direttiva, nella consapevolezza che l'imposizione di ristrutturazioni massive comporterebbe per le fasce di popolazione meno abbienti costi difficilmente affrontabili, prevede che gli Stati membri adottino strumenti di incentivazione per sostenere i proprietari privati, le piccole e medie imprese e le società di servizi nell'immane sforzo di ristrutturazione previsto dal piano;

    a tal punto, è utile ricordare come la Banca d'Italia ha stimato che il cosiddetto «Superbonus» – il quale fa parte di questa categoria di strumenti di incentivazione e ha contribuito, secondo l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – raggiungerà un saldo finanziario neutro solamente nel 2067, o più probabilmente, non prima del 2100;

    prevedere uno sforzo simile per la stragrande maggioranza degli edifici residenziali e non da qui ai prossimi 10 anni, e ancor maggiore fino al 2050, è un esercizio economico e sociale decisamente più difficile;

    considerando, a maggior ragione, che i consumi dell'Unione europea rappresentano circa il 10 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica – includendo anche le emissioni dovute alle importazioni – alla luce di un Pil che equivale al 15 per cento di quello mondiale e che le stesse emissioni Ue a differenza di quelle di molte altri Paesi, sono calate in modo netto a partire dagli anni '90, lo sforzo economico e le sue conseguenze sociali appaiono decisamente disallineate e sproporzionate rispetto agli obiettivi ambientali globali che, naturalmente vanno perseguiti, ma a livello globale, appunto, per il bene degli ecosistemi e degli esseri umani;

    per quanto riguarda l'Italia, la direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia comporterebbe, dunque, un piano nazionale eccessivamente stringente, sia nei tempi che nei risultati, rispetto alla natura e allo stato del patrimonio immobiliare nazionale, costituendo così un serio rischio per i proprietari, soprattutto più piccoli, per il valore degli immobili, per il sistema di credito e per il generale andamento dell'economia, già duramente colpita sia dai rincari energetici che dalla recente spirale inflazionistica,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza volte ad evitare che i costi di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano derivanti dall'attuazione della direttiva siano sostenuti da famiglie e imprese ovvero scaricati unicamente sullo spazio fiscale degli Stati nazionali;

2) a discutere in sede europea la possibilità di finanziare il suddetto piano tramite un'emissione apposita di passività finanziarie comuni, che, oltre a dare l'impronta comunitaria al piano, rappresenterebbe anche un tassello decisivo nell'avanzamento del processo di integrazione economica europea, nella forma di emissione di debito comune per finanziare beni pubblici europei;

3) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per unificare e armonizzare i catasti termici regionali in un unico catasto termico nazionale, nonché ad adottare opportune iniziative normative affinché la certificazione energetica degli edifici sia univoca in tutta Italia e non più su scala regionale.
(1-00062) «Ruffino, Richetti, Marattin, Benzoni, De Monte, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Molinari n. 1-00072, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 56 del 22 febbraio 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    l'etichettatura rappresenta un fondamentale veicolo di informazioni ai consumatori circa l'indicazione della qualità degli alimenti, orientandoli a maturare scelte consapevoli ed il più possibile in linea con le indicazioni accolte a livello mondiale per una sana ed equilibrata alimentazione;

    l'Irlanda, in base alla direttiva (UE) n. 2015/1535, il 27 gennaio 2016, ha notificato alla Commissione europea un pacchetto normativo sul rapporto tra alcol e salute pubblica; la normativa irlandese prevede l'applicazione di messaggi allarmistici, che indicano come grave rischio per la salute il consumo di bevande alcoliche; la proposta dell'Irlanda è assolutamente fuorviante e rischia di generare estrema confusione circa le modalità di consumo, con logiche conseguenze sulla tradizione enogastronomica italiana su tutto il comparto produttivo di bevande alcoliche italiano;

    la questione irlandese pone seri dubbi su quali siano gli intendimenti della Commissione europea in merito all'adozione di strategie per la tutela della salute dei consumatori; infatti, durante l'iter che ha portato all'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 sul «rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro-verso una strategia globale coordinata», la stessa Commissione europea è tornata indietro sulle sue decisioni rispetto al testo originario della risoluzione, che recava la raccomandazione di integrare l'etichettatura di bevande alcoliche con chiare indicazioni delle controindicazioni per la salute, scongiurando l'adozione di posizioni di generalizzata condanna verso qualsiasi consumo di alcool, peraltro non supportate da evidenze scientifiche univoche; questo a dimostrazione che già allora la Commissione europea aveva ritenuto non percorribile quella strada o che comunque avrebbe creato dei problemi ai Paesi membri;

    la scelta di non differenziare fra consumo moderato e abuso di alcol risponde a logiche incomprensibili, che sembra mirino a screditare il made in Italy nel nome di una dieta alimentare omologata, basata sul consumo di cibi sintetici e ultraprocessati, assolutamente dannosi per la salute;

    il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) ha più volte sottolineato che la dieta e lo stile di vita complessivo rendono decisivo l'impatto dei singoli alimenti nella salute delle persone, sottolineando, al riguardo, l'importanza di campagne di promozione all'educazione alimentare sin dai primi anni di vita, nonché il sostegno a percorsi di sensibilizzazione al consumo responsabile di bevande alcoliche;

    i regolamenti Irish Draft risultano chiaramente incompatibili con il diritto dell'Unione europea e anche le autorità irlandesi lo hanno riconosciuto; infatti, Claire Gordon, responsabile dell'unità di controllo del tabacco e dell'alcool all'interno del dipartimento della salute irlandese, ha anche specificato che «quello che stiamo facendo è in qualche modo una violazione del mercato unico, nel senso che stiamo cercando ulteriori modifiche a un prodotto rispetto al modo in cui viene venduto in altri paesi. Speriamo che entro due o tre mesi saremo in grado di dare il via a questa legge e poi la prossima cosa sarà che tutti gli altri la seguano»;

    il percorso irlandese che dovrà portare alle etichette salutistiche nelle bottiglie di vino quali «nuoce gravemente alla salute», alla stregua di un pacchetto di sigarette, sembra stia procedendo in modo celere; per il governo irlandese l'etichetta entrerà in vigore, per tutti gli alcolici, non solo vino, entro due o tre mesi dal via libera della Commissione europea;

    infatti, il 6 febbraio 2023 il Governo irlandese ha notificato all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) il suo progetto di regolamento ai sensi della sezione 12 dell'Ireland's Public Health (Alcohol) Act 2018, che stabilisce norme stringenti in etichetta per le bevande alcoliche, compreso l'uso di avvertenze sanitarie, l'ultimo passo procedurale prima che l'Irlanda possa adottare la legge, il cui processo prevede una durata di 60 giorni, al termine dei quali la decisione potrebbe divenire esecutiva;

    il tentativo irlandese di contraddistinguere alcune produzioni italiane come dannose alla salute, inserendo delle etichette allarmistiche sui danni da essi provocati, è un atto superficiale, che non tiene assolutamente conto che il rischio nell'assunzione di bevande alcoliche deve essere principalmente rapportato alla quantità consumata;

    è assolutamente indispensabile difendere i prodotti simbolo dell'Italia; va salvaguardato anche l'aspetto culturale dei prodotti alcolici nazionali: vini, birra, aperitivi, amari, liquori, distillati;

    il nostro Paese è il principale produttore ed esportatore mondiale di vino con oltre 14 miliardi di euro di fatturato e dà lavoro dal campo alla tavola a 1,3 milioni di persone;

    l'Italia infatti è il primo esportatore mondiale di vino. Il 70 per cento delle bottiglie esportate è costituito da produzioni Docg, Doc e Igt, con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento per i vini da tavola;

    nel 2022 il vino italiano ha messo a segno il proprio record di export di vino, con 8 miliardi di euro di valore (+12 per cento) ed il mercato irlandese, pur non essendo fra i principali mercati di punta, con un valore attestato intorno ai 40,5 milioni di euro, è in crescita grazie anche all'aumento dei consumi interni a scapito della tradizionale birra;

    la quota europea dei vini importati in Irlanda è del 40,5 per cento, mentre quella proveniente dal resto del mondo è del 59,5 per cento;

    una bottiglia di vino su quattro degli scaffali irlandesi arriva dal Cile (25,8 per cento); il primo Paese europeo (e secondo assoluto) è la Spagna con 15,4 per cento; quindi l'Australia con il 13,8 per cento, seguono Francia 12 per cento e Italia che vale il 10 per cento delle importazioni;

    a pagare le conseguenze della decisione dell'Unione europea, che va a favore dell'Irlanda, è la tradizione alcolica nazionale, inoltre, discriminerebbe i produttori degli altri Paesi dell'Unione europea, probabilmente costretti alla doppia etichetta;

    l'etichetta serve ad informare correttamente il consumatore, non a condizionarlo, indirizzandolo verso un prodotto rispetto ad un altro, in base non a una qualità oggettiva, ma ad un algoritmo che avvantaggia alcune produzioni iper-trasformate a danno di produzioni di altissima qualità che garantiscono benessere e che fanno parte da sempre della dieta mediterranea;

    le nuove etichette rischiano di danneggiare l'intera Unione europea in quanto potrebbero essere una fonte di distorsione del commercio internazionale, equivalente a una restrizione quantitativa che potrebbe innescare una reazione a catena anche su altri prodotti;

    il 31 gennaio 2023 la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una risoluzione in Commissione (n. 8-00002) che indica una posizione unitaria e condivisa, un segnale di come tutte le forze politiche abbiano sentito la necessità di tutelare l'eccellenza italiana nel settore, in ragione di una visione basata sul consumo equilibrato e moderato dei prodotti alcolici quali il vino e la birra;

    si intende proporre questo atto di indirizzo come ulteriore valido strumento di sostegno all'azione che il Governo dovrà svolgere presso le sedi internazionali ed europee, a difesa dei settori produttivi di eccellenza, anche al fine di mettere al centro del dibattito un modello di produzione di qualità come quello rappresentato dall'Italia,

impegna il Governo:

1) a promuovere, presso le competenti sedi europee, un accordo con gli altri Paesi membri produttori di bevande alcoliche, che condividono con l'Italia la contrarietà alle disposizioni irlandesi, affinché venga portata avanti un'azione forte e coordinata presso la Wto per scongiurare un danno per le produzioni alcoliche nazionali ed europee, che scaturirebbe dall'adozione in etichetta di divieti e classificazioni, con l'obiettivo di salvaguardare le produzioni italiane ed europee e assicurare un corretto funzionamento del mercato, con la rimozione delle barriere adottate;

2) ad intraprendere un dialogo costruttivo con le competenti istituzioni europee, affinché venga riconosciuto il valore che le produzioni agroalimentari made in Italy sono in grado di esprimere in termini di qualità, sicurezza e salubrità, nel rispetto di modelli produttivi e disciplinari che ne garantiscano origine, tracciabilità e nutrienti;

3) a mettere in campo iniziative proattive, che vedano il coinvolgimento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e del Ministero della salute, affinché in sede europea, attraverso la presentazione di evidenze scientifiche, si scelga un approccio normativo volto a tutelare un consumo equilibrato e sano dei prodotti alcolici;

4) a promuovere iniziative a favore della diffusione e informazione alle giovani generazioni sulla necessità di adottare corretti stili di vita, modelli di consumo equilibrati e sugli effetti benefici per la salute di una alimentazione basata sulla combinazione di alimenti cardine della dieta mediterranea;

5) ad attivarsi sul territorio nazionale e in sede europea, affinché vengano promosse campagne di sensibilizzazione sul corretto consumo di bevande a base di alcol e sull'adozione di modelli di consumo equilibrati.
(1-00072) «Molinari, Davide Bergamini, Carloni, Bruzzone, Pierro, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Bellomo, Benvenuto, Billi, Bisa, Bof, Bordonali, Bossi, Candiani, Caparvi, Carrà, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Giglio Vigna, Gusmeroli, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Matone, Miele, Minardo, Montemagni, Morrone, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pizzimenti, Pretto, Ravetto, Sasso, Stefani, Sudano, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili».