Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 28 febbraio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (bilancio 2023), ha introdotto – a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025 – una nuova disciplina relativa al dimensionamento della rete scolastica e alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga);

    nello specifico del dettato normativo la nuova disciplina – introducendo i commi da 5-quater a 5-sexies all'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – a regime, come si diceva, dall'anno scolastico 2024/2025, prevede che i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, insieme con la relativa distribuzione tra le regioni, vengano definiti, su base triennale, con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare, a seguito di una modifica apportata dalla Camera, entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento;

    la nuova disciplina specifica, inoltre, che s'intende in tal modo dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla Missione 4 Componente 1 del PNRR, individuato come «parametro efficace» per individuare i plessi accorpati ad altri istituti;

    infatti, stando a quanto previsto dalla nuova normativa, le regioni, sulla base dei parametri individuati sulla base della media regionale della popolazione scolastica, provvedono al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Ciò impone, dunque, alle regioni, di accorpare tutte le istituzioni scolastiche che eccedono il numero fissato a livello nazionale con il decreto previsto dal comma 5-quater dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come introdotto dalla legge di bilancio per il 2023;

    il nuovo comma 5-quinquies disciplina la procedura per la determinazione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni nel caso di mancata adozione del relativo decreto entro la data del 31 maggio. In tal caso, il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze deve essere adottato entro il 30 giugno, in maniera unilaterale, senza alcun ulteriore coinvolgimento delle regioni, titolari costituzionalmente della competenza all'articolazione della rete scolastica, sulla base di un coefficiente, indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche, calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 (dell'articolo 19 del decreto-legge n. 98 del 2011 sopra citato) e, comunque, entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo;

    un dimensionamento così perseguito – attraverso la diminuzione di figure centrali quali quella del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi e per il tramite di numerosi «accorpamenti», basato su finalità restrittive e su un'economia di risparmio – rischia di essere fortemente divisivo e comporta inevitabilmente una sensibile riduzione delle istituzioni scolastiche, con gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse. Come fu per la riforma Gelmini illo tempore, e al netto della «coperta corta» che ha configurato l'ultima legge di bilancio, si tratta comunque dell'ennesima razionalizzazione miope e di corto respiro;

    proprio perché la finalità della norma è allineare il numero di scuole autonome al numero di posti di dirigente scolastico e Dsga, procedendo mediante accorpamenti, dalla relazione tecnica di accompagnamento alla normativa introdotta dalla legge di bilancio 2023 emergere dal 2024/2025 al 2031/2032 il numero di istituzioni scolastiche con la presenza di dirigente e Dsga titolari passi da 7.461 a 6.886, con un taglio di 575 scuole e posti di Ds e Dsga; se si considera inoltre che nell'anno scolastico 2022/2023 il numero delle istituzioni scolastiche autonome è pari a 8.007, dal 2022/2023 al 2031/2032 è stimabile un taglio complessivo di 1.121 scuole autonome;

    la predetta relazione tecnica stima, a regime, in quasi 90 milioni di euro il taglio, redistribuito nel settore, ma senza una visione d'insieme e con il rischio che tali risorse siano disperse;

    già nella XVIII Legislatura il M5S si era battuto per abbassare a 500 studenti (300 nei comuni montani e nelle piccole isole) la soglia per consentire di poter disporre di un dirigente scolastico e di un Dsga titolari, proprio allo scopo di supportare e garantire gli istituti dei territori più fragili, nelle aree interne, quali presidio fondamentale di legalità, di accessibilità e minori costi per le famiglie;

    l'accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio «taglio» che (ancora una volta) andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri e finendo per incrementare i divari territoriali. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da una visione «deformata» ed «economicistica» della scuola;

    secondo le prime stime accreditate, ovvero dalla bozza di lavoro assegnata allo studio delle regioni e diffusa a mezzo stampa in data 18 febbraio 2023, già nel 2023 quasi 700 istituzioni scolastiche (697 per l'esattezza) saranno accorpate sulla base di quanto stabilito dalla legge di bilancio, gravando soprattutto sulle regioni del Sud, Campania in primis, che, in base alle proiezioni, dovrebbe risultare la regione maggiormente penalizzata, con più di 140 fusioni tra Scuole e tagli di personale (passerebbe da 985 istituti a 839: -146), seguita dalla Sicilia (da 819 a 710: -109) e, quindi, in ordine decrescente da:

   Calabria: da 360 a 281 (-79);

   Puglia: da 635 a 569 (-66);

   Sardegna: da 273 a 228 (-45);

   Lazio: da 722 a 685 (-37);

   Veneto: da 592 a 560 (-32);

   Basilicata: da 115 a 84 (-31);

   Marche: da 233 a 210 (-23);

   Toscana: da 476 a 455 (-21);

   Lombardia: da 1135 a 1115 (-20);

   Piemonte: da 540 a 520 (-20);

   Liguria: da 188 a 170 (-18);

   Emilia-Romagna: da 534 a 519 (-15);

   Abruzzo: da 193 a 179 (-14);

   Friuli Venezia Giulia: da 167 a 155 (-12);

   Umbria: da 139 a 133 (-6);

   Molise: da 52 a 49 (-3);

    alcune regioni hanno già annunciato di volere impugnare la nuova normativa davanti alla Corte costituzionale per violazione della Costituzione;

    in sintesi, l'autonomia scolastica differenziata e il dimensionamento immaginato dalla nuova «riforma», presupposto o conseguenza l'uno dell'altro, porteranno all'eliminazione di centinaia di posti, di cattedre, di personale. E comunque, laddove non si proceda alla chiusura dei plessi, se ne modificano le «dimensioni», eliminando di fatto quelle «sedi sottodimensionate» in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto;

    investire nella scuola e nel sistema d'istruzione significa investire in «futuro»: tuttavia per creare ambienti di apprendimento innovativi non basta distribuire più tablet e pc portatili, o potenziare la rete. Non vuol dire servirsi unicamente di «autostrade» informatico-digitali, ma anche di strade secondarie e meno battute: saper disegnare percorsi alternativi e, quando occorre, non tanto o non solo innalzare un edificio quanto vedere dinanzi a sé le fondamenta degli edifici possibili;

    proprio il decremento demografico – invocato come causa-prima e ragione strutturale nelle esigenze di dimensionamento – poteva e doveva viceversa costituire l'occasione per sdoppiare le classi, affrontare finalmente il problema delle classi sovraffollate (cosiddette «classi pollaio», riducendo il numero degli alunni per singola classe), e aumentare l'organico docente e Ata, reintegrando l'organico aggiuntivo del periodo Covid (come peraltro prospettato e auspicato dal M5S in legge di bilancio e in ogni provvedimento utile);

    per l'ottimizzazione e la razionalizzazione nel funzionamento del sistema scolastico – sia in prospettiva generale, sia per quanto concerne gli aspetti che producono significative, insistite ripercussioni a livello territoriale, locale e periferico – anche a fronte dell'annunciato calo demografico,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a rivedere la normativa approvata inerente al dimensionamento scolastico, in particolare ad adottare iniziative normative volte ad abrogare la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale;

2) ad adottare iniziative volte immediatamente a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne, nonché a fronteggiare la dispersione scolastica, l'abbandono e la rinuncia agli studi, a incentivare lo sviluppo di una coscienza civica ispirata a princìpi di cittadinanza attiva e solidale attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri;

3) ad adottare iniziative normative volte a rivedere i «tagli» compiuti nella legge di bilancio 2023, investendo in conoscenza e formazione, in qualità e quantità dell'insegnamento e dell'offerta formativa, nell'istruzione come «ascensore sociale» per tutti i giovani;

4) ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico;

5) a utilizzare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal PNRR per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano.
(1-00079) «Orrico, Amato, Caso, Cherchi, Scutellà, Ilaria Fontana, Cappelletti, Auriemma, Barzotti, Morfino, Todde, Carmina».

Risoluzione in Commissione:


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    secondo il rapporto della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (Unccd), «Drought in Numbers 2022», in mancanza di una efficace strategia e di un impegno condiviso a livello globale, entro il 2050 la siccità potrebbe colpire oltre i tre quarti della popolazione mondiale;

    il degrado dei terreni nelle aree più esposte alla desertificazione è causato principalmente dallo sfruttamento eccessivo e dall'uso inappropriato del suolo e delle acque, oltre che dalle variazioni climatiche;

    la siccità è una delle principali cause della desertificazione che, a sua volta comporta, il declino della sua fertilità, della biodiversità che ospita, con evidenti danni complessivi anche alla salute umana, azioni i cui impatti sono fortemente inaspriti dai cambiamenti climatici;

    come rilevato dalle categorie di settore e dalle istituzioni competenti in materia, tali fattori hanno un pesante impatto sulla disponibilità di risorse idriche anche nel nostro Paese;

    negli ultimi due anni il fenomeno della siccità sta investendo soprattutto le regioni del Nord Italia dove i laghi alpini presentano livelli di riempimento ai minimi storici, con altrettanta minima quantità dei flussi di risorsa idrica rilasciata. La situazione è particolarmente critica in Lombardia dove i cinque laghi prealpini più importanti, che secondo i dati Arpa potrebbero consentire lo stoccaggio di 1,3 miliardi di metri cubi di acqua, a causa della scarsità degli immissari, hanno raggiunto solo 350 milioni di metri cubi, 200 milioni in meno rispetto al 2022;

    anche la portata del Po continua a diminuire e risulta più che dimezzata rispetto allo scorso anno. Secondo l'ultimo report dell'Anbi, l'associazione che rappresenta i consorzi di bonifica e irrigazione, in alcuni punti del fiume si registra perfino una riduzione dell'80 per cento, e si preannuncia una situazione particolarmente critica per diversi bacini idrici dal Nord al Sud Italia;

    tutti gli indici presi in considerazione dall'Osservatorio siccità dell'istituto di bioeconomia del Cnr nei mesi primaverili del 2022, a cominciare dall'indice Spi (Standard precipitation index), indicatori di surplus o deficit pluviometrico, sono univoci nell'indicare un deficit abbastanza diffuso nelle regioni settentrionali e su Lazio, Abruzzo, Puglia e Calabria, soprattutto sul medio e lungo periodo, con buona parte del Nord e diverse aree del Centro-Sud in siccità da moderata a estrema. Anomalie negative, indicative di un forte disseccamento del suolo, sono evidenziate anche dall'indice Esi (Evaporative stress index), che quantifica anomalie temporali standardizzate del rapporto fra evapotraspirazione reale e potenziale, e dall'indice Tci (Temperature condition index) che mostra, anche per le temperature, valori superiori rispetto alla serie storica di riferimento concentrate fra Piemonte e Lombardia occidentale, Lazio e regioni meridionali, eccetto Molise, e buona parte della Campania. Da quanto riportato emerge che la popolazione esposta al rischio siccità severa/estrema risulta oscillare fra il 2,3 per cento sul breve periodo fino ad arrivare al 30,6 per cento sul medio periodo;

    i rilievi elaborati dall'Osservatorio del Cnr compongono una grave situazione di siccità di tipo idrologico, tale cioè da intaccare le riserve idriche superficiali. Dai dati Arpa relativi ai bacino padano emerge che, fra manto nevoso, invasi e laghi, nel febbraio 2015 si stimavano 4 miliardi di metri cubi di acqua e 2,6 miliardi nel 2018, a fronte di 1,5 miliardi nel febbraio 2022. Che nel bacino padano sia in atto una progressiva desertificazione è inoltre comprovato dalle immagini satellitari messe a confronto nell'arco dei decenni (change detection) dalle quali emerge con evidenza l'aumento della superficie non coperta da vegetazione nelle aree della pianura del Po;

    la Società meteorologica italiana (Nimbus web) ha rilevato che il 2022 è entrato nella storia della climatologia italiana ed europea come un anno tra i più estremi mai registrati in termini di caldo e deficit di precipitazioni, e in particolare in Italia si è rivelato il più caldo e siccitoso nella serie climatica nazionale, iniziata nel 1800 e gestita dal Cnr-Isac di Bologna, con pesanti ripercussioni sulle portate fluviali, sull'agricoltura e la produzione idroelettrica;

    le prospettive non sembrano incoraggianti anche per il 2023. Il 10 gennaio 2023 il programma di osservazione satellitare della Terra EU-Copernicus (servizi sui cambiamenti climatici e il monitoraggio dell'atmosfera, C3S e CAMS) ha diramato l'analisi delle anomalie climatiche del 2022 in Europa e nel mondo ed evidenziato che un nuovo episodio di mitezza eccezionale ha interessato gran parte d'Europa anche tra fine dicembre 2022 e inizio gennaio 2023. Inoltre il medesimo programma segnala che la concentrazione media planetaria di CO2 atmosferica nel 2022 ha toccato un nuovo record, +2,1 ppm, rispetto al 2021;

    si rileva inoltre che il già precario equilibrio del territorio è sempre più spesso aggravato da fenomeni pluviometrici estremi di segno diametralmente opposto, come violenti nubifragi che comportano erosione del suolo, rischio di frane, mareggiate intense, trombe d'aria e sbalzi termici, provocando frequenti e ingenti danni al territorio e al sistema produttivo;

    oltre all'aspetto quantitativo legato all'approvvigionamento, va considerato che il fenomeno della siccità comporta anche un decadimento della qualità della risorsa idrica, con gravi ripercussioni soprattutto per il settore agricolo. Si tratta del cosiddetto fenomeno dell'intrusione del cuneo salino, per il quale la progressiva intrusione di acqua marina a un elevato grado di salinità, determina una salinizzazione dei pozzi con cui vengono irrigate le colture, che risultano così irrimediabilmente danneggiate e un conseguente degrado dei suoli (salinizzati);

    va inoltre considerato che le infrazioni per la presenza di nitrati in falda permangono in molte zone d'Italia e gli indici di eutrofizzazione peggiorano lo stato di molti corpi idrici, con la conseguenza che la diminuzione dell'acqua in falda non può che aggravare la concentrazione dei nitrati e di altri inquinanti chimici nelle acque;

    secondo la normativa vigente (decreto legislativo n. 152 del 2006) tutte le derivazioni superficiali di acqua pubblica nei corsi d'acqua naturali sono soggette all'obbligo del mantenimento in alveo di una portata minima d'acqua, definita «deflusso minimo vitale». Tale concetto è stato poi integrato da quello di «deflusso ecologico» che ne rappresenta un'evoluzione: con esso si passa dal garantire una portata istantanea minima al garantire un regime idrologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dalla direttiva comunitaria quadro in materia di acque 2000/60/CE, volta a prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo della risorsa, a favorire il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali e assicurarne un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili, ma anche a contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità;

    il piano di gestione del distretto idrografico è lo strumento operativo previsto dalla citata direttiva, per attuare una politica coerente e sostenibile della tutela delle acque attraverso un approccio integrato dei diversi aspetti gestionali ed ecologici rapportati alla scala di distretto idrografico. Nell'ambito degli strumenti del piano di gestione sopra citato è stata introdotta l'istituzione degli osservatori per la gestione delle risorse idriche. Gli osservatori rappresentano uno strumento permanente di condivisione delle conoscenze e di dialogo tra enti istituzionali e portatori di interesse e hanno tra le loro finalità principali quelle di: favorire la raccolta sistematica ed unitaria delle informazioni relative agli scenari climatici e idrologici e al monitoraggio in tempo reale delle disponibilità e dei consumi idrici, proporre linee strategiche di impiego stagionale delle risorse idriche del distretto, definire gli strumenti tecnici di supporto alla pianificazione del bilancio idrico a scala di bacino e di modalità di reporting idrologico, ambientale ed economico da effettuarsi al termine di ogni anno idrologico;

    l'introduzione degli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici costituisce una misura fondamentale nell'ambito del programma di misure del piano di gestione acque e ha mostrato la sua efficacia nella governance della risorsa idrica sin dalla crisi idrica del 2017, contribuendo a risolvere o mitigare in maniera significativa criticità che avrebbero avuto impatti sicuramente molto più pesanti sul tessuto socio-economico;

    il risparmio della risorsa idrica e la riduzione degli sprechi richiede la transizione da un modello di gestione delle acque reflue di tipo lineare a uno, maggiormente virtuoso, basato sui principi dell'economia circolare, nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di tutela dell'ambiente e della salute. Nel settore agricolo il riutilizzo delle acque reflue depurate ha un potenziale rilevante, quantificabile in 9 miliardi di metri cubi all'anno, sfruttato solo per il 5 per cento ossia 475 milioni di metri cubi;

    occorre inoltre promuovere tecnologie innovative che consentono di conservare la risorsa idrica mediante lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette a fenomeni evaporativi resi più intensi dall'aumento delle temperature, e incrementare il contenuto della sostanza organica nei suoli al fine di aumentare la capacità di campo, che definisce il contenuto d'acqua nel terreno, in termini di umidità percentuale (un incremento dell'1 per cento nel contenuto di sostanza organica può garantire fino a 300 mc/ha di accumulo idrico nel suolo, disponibile per la vegetazione e le colture agricole);

    tra le milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono state inserite misure importanti per affrontare gli effetti di cambiamenti climatici sulle risorse idriche. Si fa riferimento alla missione M2C4 che prevede «Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico» e, in particolare, all'investimento 1.1 «volto ad azioni di monitoraggio e prevenzione dei rischi naturali e indotti sul territorio italiano, sfruttando le conoscenze e le tecnologie esistenti e all'avanguardia, al fine di garantire l'elaborazione e l'attuazione di piani di prevenzione e resilienza adeguati al territorio e alle infrastrutture, a difesa e protezione delle risorse nazionali esistenti e future»,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per disciplinare, con apposite disposizioni normative, gli «osservatori permanenti sugli utilizzi idrici» nei distretti idrografici presso le autorità di bacino distrettuali, a oggi affidati a protocolli d'intesa e pertanto costituiti solo come strutture operative volontarie e di tipo sussidiario, a supporto della gestione delle risorse idriche nel distretto idrografico;

   ad adottare adeguate iniziative volte ad aumentare il grado di resilienza dei sistemi di approvvigionamento dei diversi comparti di utilizzo della risorsa idrica rispetto ai fenomeni di siccità, con particolare riferimento alla realizzazione degli interventi inerenti le infrastrutture, anche a carattere emergenziale, all'attuazione dei programmi di recupero delle perdite idriche, e all'aggiornamento e all'attuazione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi) di cui all'articolo 1, comma 516, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, mediante il finanziamento della progettazione di interventi considerati strategici nel medesimo Piano, in coerenza con l'obiettivo della missione 2, componente 4 del Pnrr;

   a promuovere politiche intersettoriali sulla gestione della quantità e della qualità dell'acqua per accrescere la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico, di trattamento, di stoccaggio e di trasporto nonché dei sistemi di igiene, assicurando adeguate conoscenze ai fini decisionali e della corretta comunicazione ambientale;

   ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un catasto a scala distrettuale, interoperabile con i catasti regionali, delle concessioni delle utilizzazioni delle acque pubbliche, comprensivo dell'indicazione dei punti di prelievo dell'acqua dai corpi idrici, dei punti di restituzione dell'acqua a valle dell'utilizzo, dei valori di portata concessi, del periodo di prelievo, delle tipologia di uso, della scadenza dei titoli, oltre a provvedere all'acquisizione, anche in tempo reale, e all'archiviazione delle misurazioni dei prelievi e delle restituzioni, affinché sia consentito di conoscere la ripartizione idrica tra i diversi usi e di assumere le decisioni per la gestione dell'eventuale emergenza da parte degli organi della Protezione civile e delle altre autorità competenti coinvolte;

   ad adottare iniziative volte a prevedere una ricognizione puntuale degli scopi delle principali captazioni idriche, anche in vista di piani di riduzione differenziata delle captazioni in caso di emergenza idrica quantitativa e qualitativa in funzione dell'utilizzo primario;

   a predisporre idonee iniziative normative, in raccordo con gli enti territoriali competenti, finalizzate alla gestione della crisi idrica da parte delle regioni in una fase precedente la dichiarazione dello stato di emergenza, mediante ordinanze che abbiano la finalità di ridurre o sospendere i prelievi idrici e di ottimizzare l'invasamento di acqua;

   a monitorare il completamento delle sperimentazioni sul deflusso ecologico, consentendo l'aggiornamento dei deflussi ecologici a valle delle derivazioni nel rispetto degli obiettivi ambientali fissati dal piano di gestione e di quanto disposto dagli strumenti normativi e attuativi vigenti a livello europeo, nazionale e regionale;

   ad adottare iniziative volte a rendere pubblici i dati relativi alla concentrazione dei nitrati e di altri elementi/inquinanti nelle acque potabili erogate, al fine di consentire un'adeguata informazione ai cittadini e il costante monitoraggio della qualità delle acque;

   ad assumere iniziative finalizzate ad aumentare gli investimenti nella ricerca sulle tecnologie volte a migliorare lo stoccaggio e il risparmio idrico e su sistemi e tecniche di irrigazione di precisione che consentano di regolare le portate e di ridurre l'inutile spreco della risorsa idrica;

   a promuovere l'attivazione di iniziative e progetti che consentano di ampliare la capacità di depurazione ai fini del riutilizzo delle acque reflue, nel rispetto delle vigenti disposizioni di tutela dell'ambiente e della salute;

   ad avviare ogni iniziativa utile volta a promuovere lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette ai fenomeni evaporativi, resi più intensi dall'aumento delle temperature, e ad aumentare la capacità idrica di campo incrementando il contenuto della sostanza organica nei suoli;

   a fornire elementi in merito allo stato delle attività di rinaturazione dei corsi d'acqua previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   ad adottare iniziative per potenziare, nell'ambito dei piani di bacino dei distretti idrografici, gli strumenti e le regole di esercizio volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico, garantendo un'equa ripartizione della risorsa tra territori regionali contigui, con particolare attenzione per le deficienze idriche connesse ai periodi di siccità e scarsità della risorsa;

   a monitorare lo stato quantitativo dei corpi idrici e pianificare, di concerto con le autorità di bacino regionali, le iniziative volte a contrastare gli effetti negativi delle scarse precipitazioni mediante l'acquisizione mensile dei volumi degli invasi da parte di tutti i gestori, quale condizione preventiva e necessaria per pianificare le risorse finanziarie e mitigare gli effetti della siccità su tutta la penisola;

   ad accrescere le conoscenze sull'effettiva disponibilità e la gestione attenta delle risorse idriche sotterranee, caratterizzate da una più elevata qualità e da un importante potenziale in un contesto di crescente scarsità idrica;

   ad adottare iniziative per prevedere una riduzione di prelievi e captazioni da parte dei concessionari delle acque minerali nelle aree in cui la crisi idrica si presenti critica;

   a promuovere campagne di sensibilizzazione volte a condividere in modo solidaristico e secondo principi di proporzionalità la necessità di riduzione dei prelievi da aste fluviali e bacini da parte di tutti i soggetti derivatori.
(7-00054) «Ilaria Fontana, L'Abbate, Sergio Costa, Morfino, Santillo».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che, l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, nel 2022, si sia messa in allerta per le movimentazioni su tre conti correnti dell'ufficio diplomatico a Roma della Federazione russa. Difatti, si apprende che le segnalazioni sarebbero iniziate nel primo semestre del 2022 ed aumentate nel secondo: nel dossier datato 5 gennaio 2023 l'Uif descrive nei minimi particolari le operazioni sospette. Tra queste ci sono anche curiose richieste per spese in contanti, che in totale ammontano a un milione di euro;

   secondo l'Uif «alla luce delle misure restrittive disposte dell'Ue nei confronti di enti russi o comunque riconducibili alla Federazione russa, a seguito della crisi in Ucraina appare sospetta la movimentazione in contanti per importi elevati»;

   qualora fossero confermati tali sospetti movimenti, l'Italia rappresenterebbe una delle falle attraverso cui la Federazione russa aggirerebbe le sanzioni economiche imposte dall'Unione europea –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover convocare urgentemente l'ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, per chiedere spiegazioni in merito a quanto rilevato dall'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia.
(5-00440)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORMENTINI, BILLI, COIN e CRIPPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2021, nel pieno della pandemia da COVID-19, il Governo della Repubblica di Croazia ha svolto un censimento della sua popolazione, a distanza di dieci anni dalla precedente rilevazione avvenuta nel 2011;

   i dati recentemente resi di pubblico dominio hanno evidenziato una sensibile riduzione della consistenza numerica e percentuale della comunità nazionale italiana;

   a Verteneglio, coloro che si dichiarano italiani sono scesi dal 37,37 per cento al 31,78 per cento; a Grisignana, unico comune italiano ancora maggioritariamente abitato da italiani nel 2011, la nostra minoranza è scesa al 35,82 per cento;

   a Fiume, coloro che si identificano come italiani sono scesi in dieci anni da 2.445 a 1.569; a Pola, da 2.543 a 1.860; a Rovigno, da 1.608 a 1.207; a Parenzo, da 540 a 421;

   la riduzione della consistenza numerica della comunità nazionale italiana – da 17.807 a 13.763 persone – non avrà ripercussioni negative sullo status giuridico di cui godono i suoi componenti, ma sarebbero invece possibili conseguenze politiche;

   formazioni rappresentative della comunità nazionale italiana – in particolare, i vertici dell'Unione italiana – hanno adombrato il dubbio che il censimento del 2021 si sia svolto in modo non accurato, citando casi accertati di italiani che non sarebbero stati censiti;

   peraltro, si sarebbero riscontrate riduzioni anche nella consistenza delle altre minoranze presenti in Croazia, oltre che nella popolazione croata complessivamente considerata, scesa dai 4.437.460 abitanti del 2001 ai 3.871.833 del 2021 –:

   quale impatto complessivo potrebbe avere sul piano politico l'assottigliamento della comunità nazionale italiana in Croazia;

   di quali elementi disponga circa le modalità di svolgimento del censimento nazionale svoltosi in Croazia nel 2021, se in particolare risulti che siano state davvero così poco accurate da determinare la sottovalutazione della consistenza delle minoranze etniche locali, come sostengono gli esponenti di vertice dell'Unione italiana;

   se l'assottigliarsi della comunità nazionale italiana in Croazia sia stata oggetto di interlocuzioni bilaterali con il nostro Paese.
(4-00553)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   STEFANI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   diverse critiche sono state mosse dal Presidente e dal Direttore dell'associazione Svimez contro il disegno di legge sull'autonomia differenziata;

   la Svimez (acronimo per associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), si ricorda, è un'associazione privata senza fini di lucro, istituita il 2 dicembre 1946, che per statuto ha lo scopo di promuovere lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno d'Italia;

   la Svimez elabora ogni anno un Rapporto sull'economia e sulla società del Mezzogiorno che sembra essere considerato come il principale documento di analisi sull'andamento dell'economia e della società meridionali e sulle politiche di sviluppo del nostro Paese;

   da una lettura approfondita della relazione della Corte dei conti «determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'associazione SVIMEZ» del 2021 emerge che:

    l'Ente in quanto associazione non riconosciuta, è essenzialmente disciplinato dallo statuto e dagli articoli 36 e seguenti del codice civile;

    l'attività di Svimez si estende su due linee fondamentali: la prima consiste nell'analisi sistematica e articolata della struttura e dell'evoluzione dell'economia del Mezzogiorno e dello stato di attuazione delle politiche di sviluppo; la seconda, nella realizzazione di iniziative di ricerca su vari aspetti della questione meridionale, finalizzate a soddisfare esigenze conoscitive nonché alla definizione di elementi utili ai fini dell'orientamento degli interventi di politica economica per il Mezzogiorno stesso;

    fruisce di un contributo statale di euro 1.700.000 annui e nella legge n. 234 del 30 dicembre 2021 è già previsto il finanziamento per l'analogo importo per il triennio 2022-2024;

    l'associazione è dotata di 16 dipendenti, di cui 4 sono dirigenti e per l'anno 2021 è stato sostenuto un costo per il personale di euro 1.321.717;

    tra i soci sostenitori è presente anche Banca d'Italia, con un versamento di 10.300 euro per quota associativa annua;

    l'associazione promuove iniziative finalizzate ad assicurare la collaborazione con gli organi dello Stato e con le regioni meridionali, nell'ambito dei fini istituzionali;

    Svimez svolge indagini, ricerche e rilevazioni a richiesta del Governo, di altre istituzioni e di vari organismi internazionali, per la predisposizione dei documenti programmatici e la valutazione dello stato di attuazione e degli effetti dei provvedimenti di politica economica nelle aree depresse del Meridione;

   indubbiamente il contributo statale percepito da Svimez risulta essere oltremodo cospicuo, dal momento che copre il 69 per cento dei costi di produzione di un'associazione non riconosciuta, e ad avviso dell'interrogante alquanto ingiustificato rispetto alla stesura di relazioni annuali al Parlamento –:

   quale sia l'importo complessivo dei finanziamenti statali di cui Svimez ha fruito dalla sua costituzione risalente al 2 dicembre 1946;

   se risulti per quali ragioni Banca d'Italia sia socio di un'associazione non riconosciuta quale Svimez;

   a che titolo e con quali competenze Svimez collabori con gli organi dello Stato e con le regioni meridionali, a parere dell'interrogante sostituendosi di fatto al Ministero per gli affari regionali e le autonomie;

   se non ritenga che, dopo le varie prese di posizione del Presidente e del Direttore dell'associazione Svimez in merito al disegno di legge sull'autonomia differenziata, risulti difficile pensare che i documenti e le ricerche stilate da questo ente siano redatti in modo imparziale ed oggettivo e che, comunque, tale attività non possa essere svolta da soggetti terzi che ne garantiscano maggiore equità.
(4-00555)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la non adeguata gestione di alcune specie selvatiche ha molteplici conseguenze, dalla diffusione di malattie ai gravi effetti sulle attività economiche del settore primario, come recentemente accaduto con la peste suina africana in varie aree d'Italia;

   nel corso dell'esame in sede parlamentare della legge di bilancio 2023, è stata approvata una norma tesa a contrastare la proliferazione indiscriminata e dannosa della fauna selvatica, mettendo in condizione anche le regioni di intervenire contro i danni correlati: un rafforzamento delle strategie di contrasto fino a oggi troppo blande e assolutamente inefficaci, come dimostra il proliferare dei cinghiali anche all'interno delle città metropolitane;

   secondo gli ultimi dati Ispra, la popolazione nazionale di cinghiali è passata dai circa 500 mila individui del 2010 a più di un milione nel 2020, mentre più alta è la stima 2022 di Coldiretti, che parla addirittura di 2,3 milioni di cinghiali nel nostro territorio;

   la crescita esponenziale di suini selvatici è stata certificata anche da Confagricoltura, secondo la quale in Italia si contano un milione e mezzo di esemplari di cinghiali che provocano ingenti danni all'agricoltura, con una media annua di oltre 7 milioni di euro e una stima complessiva negli ultimi 7 anni di 120 milioni: le regioni più colpite sono Abruzzo e Piemonte, rispettivamente, con 18 e 17 milioni di euro di danni; seguono, con oltre 10 milioni di danni, Toscana, Campania e Lazio;

   oltre al problema degli ingenti danni economici alle produzioni agricole, il proliferare della fauna selvatica compromette l'equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali e, fattore non trascurabile, aumenta il rischio di incidenti in città: le stime Coldiretti parlano di un incidente ogni 41 ore, con il numero di incidenti gravi, anche mortali, aumentato dell'81 per cento sulle strade provinciali; i branchi si avvicinano sempre di più alle abitazioni e alle scuole e ai parchi;

   altra grande criticità, come detto, è la diffusione della peste suina africana: una malattia virale, non trasmissibile agli esseri umani, ma che può causare ingenti danni al tessuto economico, poiché altamente contagiosa e spesso letale anche per i maiali d'allevamento, tanto che anche i capi di bestiame positivi devono essere abbattuti per fermarne la circolazione;

   in Italia la malattia era presente unicamente in Sardegna, dove ora la peste suina africana è sotto controllo, ma nel 2022 ne è stata confermata la presenza in diversi cinghiali infetti in Piemonte, in Liguria e nel Lazio, con l'istituzione di zone rosse;

   un passo importante è stato compiuto con gli interventi approvati nella legge di bilancio 2023 e, in tale direzione, sarebbe auspicabile l'adozione di misure più specifiche, da un potenziamento dei prelievi selettivi, a una più mirata programmazione dei piani di abbattimento e a un più efficace sistema di risarcimento dei danni;

   come si legge nella nota stampa congiunta di Confagricoltura ed Ets, andrebbero, peraltro, «estesi gli strumenti professionali per gli operatori specializzati, abilitati attraverso specifici corsi, per intervenire efficacemente sulla specie attraverso gli attenuatori di rumore, le ottiche di mira a infrarossi o le trappole trasportabili. [...] è indispensabile rafforzare la formazione degli operatori al fine di assicurare efficacia e sicurezza degli interventi, pianificare correttamente i piani di prelievo sulla base delle conoscenze scientifiche più aggiornate, monitorandone poi attuazione e risultati. È necessaria inoltre maggiore attenzione al ruolo delle imprese agricole nella gestione faunistica e faunistico-venatoria, a partire da un adeguato riconoscimento di tutte le attività quotidiane svolte a spese proprie, a beneficio dell'intero sistema della biodiversità e della collettività»;

   da ultimo, ma non per ordine di importanza, si richiede una revisione delle politiche fiscali, con il riconoscimento della gestione faunistica come attività connessa all'agricoltura;

   a oggi, le esigenze di tutela della vita umana e la salvaguardia delle colture, delle produzioni e dei posti di lavoro sono state contrastate da un approccio ideologico contrario a qualsiasi metodo di adeguata gestione della fauna selvatica –:

   quali siano i dati connessi alla proliferazione della fauna selvatica, sia dal punto di vista economico, che sanitario e di sicurezza;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di dare seguito a quanto disposto dall'articolo 1, comma 447, legge 22 dicembre 2022, n. 197, anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico-istituzionale, al fine di adottare una strategia di intervento nazionale sulla base delle più aggiornate conoscenze scientifiche, che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni e assicuri prelievi selettivi e pianificati coerentemente con l'obiettivo prioritario di riduzione dei danni, contemperando le esigenze delle imprese agricole con la tutela ambientale e faunistica.
(2-00086) «Almici, Urzì».

Interrogazioni a risposta immediata:


   CASTIGLIONE, GADDA, ENRICO COSTA, DEL BARBA, GRIPPO, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   da anni l'Italia è chiamata ad affrontare situazioni di siccità che condizionano pesantemente le risorse idriche del Paese;

   emblematica è la situazione del fiume Po e del Lago di Garda: il primo ha registrato -70 per cento nelle stazioni a monte, il secondo è risultato pieno al 35,7 per cento, meno della metà rispetto al 2022;

   a ciò si aggiungano le storiche difficoltà del Sud sulla captazione e conservazione dell'acqua;

   nel 2022 si è registrato un calo di circa il 45 per cento della pioggia e del 70 per cento della neve rispetto agli anni precedenti; è purtroppo ragionevole aspettarsi un'ulteriore riduzione delle precipitazioni nei prossimi anni;

   le sporadiche precipitazioni degli ultimi tempi non sono sufficienti a invertire la crisi idrica nel Nord-Ovest del Paese. In Piemonte, nonostante sia piovuto l'80 per cento in più del 2022, il deficit pluviometrico mensile ammonta al 63,6 per cento, arrivando fino a -81,1 per cento sul bacino della Sesia;

   il 51 per cento dell'acqua utilizzata in Italia è impiegata nel settore agricolo; la siccità prolungata crea, dunque, problemi per le colture, in particolare quelle a forte consumo idrico come il riso, per gli allevamenti, ivi incluse le acquacolture, nonché per la produttività del mare, perché senza acqua non arrivano nutrienti e fitoplancton necessari allo sviluppo della molluschicoltura;

   la crisi idrica in atto ha già prodotto 6 miliardi di euro di perdite economiche, con perdite produttive previste per l'estate del 10 per cento per gli ortaggi e fino al 30 per cento per colture come mais e riso;

   occorre un nuovo piano di programmazione degli invasi e della raccolta di acqua piovana con procedure accelerate e semplificate rispetto a quelle ordinarie; in Italia, infatti, solamente l'11,3 per cento dell'acqua piovana viene immagazzinata, con un conseguente spreco di un enorme potenziale: secondo l'Anbi servirebbero oltre 2.000 nuovi invasi, oltre alla pulizia di quelli esistenti;

   gli investimenti sull'infrastruttura idrica vanno abbinati allo sviluppo tecnologico negli usi del settore agroalimentare, ad esempio attraverso l'irrigazione di precisione, che permette di ridurre gli sprechi e di migliorare i rendimenti, evitando stress da carenza o sovrabbondanza d'acqua; attraverso apposite misure di incentivazione l'intero comparto potrebbe essere accompagnato nell'adattamento ai cambiamenti climatici –:

   quali iniziative intenda mettere in atto il Governo per affrontare «l'emergenza siccità» nel breve e nel lungo periodo, anche tramite un migliore coordinamento tra gli utilizzi agricoli, industriali, civili e turistici delle risorse idriche, al fine di realizzare i nuovi invasi necessari e di favorire gli investimenti volti al miglioramento dell'efficienza nell'uso delle risorse idriche in agricoltura.
(3-00210)


   DAVIDE BERGAMINI, MOLINARI, CARLONI, BRUZZONE, PIERRO, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, CANDIANI, CAPARVI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   con sorgenti prosciugate, fiumi ridotti del 60 per cento e bacini agli sgoccioli, nel Nord Italia è allarme siccità;

   da gennaio 2023 le precipitazioni sono diminuite dell'87 per cento, la neve del 46 per cento, la portata del Po è a –3,3 metri, ridotta a circa un terzo di quella del 2021;

   le percentuali di riempimento dei laghi vanno dal 38 per cento del Lago Maggiore, al 34 per cento del Lago di Garda e al 21 per cento di quello di Como; le scarse piogge e lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve, nell'arco alpino e appenninico, stanno causando gravi danni all'agricoltura;

   in agricoltura tutte le filiere stanno soffrendo la mancanza d'acqua; in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino e Veneto l'agricoltura rischia di perdere il 40 per cento della produzione, concentrata principalmente nella zona della food valley (Pianura Padana);

   nel 2022, a causa della siccità e delle eccezionali elevate temperature, l'agricoltura ha perso circa 6 miliardi di euro – circa il 10 per cento della produzione – e il 2023 già si configura peggiore;

   a causa della siccità nel 2023 verranno coltivati quasi 8 mila ettari di riso in meno, per un totale di appena 211 ettari, ai minimi da 30 anni, sulla base delle previsioni di semina;

   il caldo anomalo di questo periodo ha provocato fioriture anticipate di mandorli, peschi e ciliegi, che ora sono particolarmente sensibili alle eventuali gelate che potrebbero causare la perdita del raccolto;

   in questa situazione le aziende zootecniche e alcune coltivazioni da foraggio, come i prati permanenti e il mais – fondamentale per l'alimentazione del bestiame –, saranno quelle, in prospettiva, più gravemente a rischio;

   l'acqua è essenziale per il sistema agricolo, senza la quale è a rischio la produzione di cibo e la competitività dell'intero settore agroalimentare;

   è necessario realizzare un piano per i bacini di accumulo per garantire stabilmente le riserve idriche, in quanto in Italia solo è l'11 per cento dell'acqua piovana viene trattenuto;

   per raggiungere l'obiettivo della sovranità alimentare e la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità e al giusto prezzo, è fondamentale intervenire nell'immediato con un piano d'azione che sappia far fronte alle emergenze, ma anche pianificare sul medio e lungo periodo –:

   quali misure, per quanto di competenza, intenda adottare per contrastare i danni derivanti dalla siccità e dalle eccezionali elevate temperature a fronte di una situazione che sta mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole italiane e compromettendo l'approvvigionamento di diverse filiere alimentari.
(3-00211)


   VACCARI, SIMIANI, FORATTINI, MARINO, ANDREA ROSSI, BRAGA, CURTI, DI SANZO, FERRARI, GHIO, FORNARO e CASU. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   sono passati poco meno di sessanta giorni dall'inizio del nuovo anno e il 2023 mostra già segnali estremamente preoccupanti per i livelli di siccità, di questo passo anche peggiori del 2022;

   le precipitazioni degli ultimi tempi non riescono a riempire laghi e bacini idrici, i corsi d'acqua che hanno già raggiunto uno stato di severità idrica «media» riguardano tre delle sette autorità di distretto, secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse negli ultimi mesi. Si sta parlando del distretto idrografico del fiume Po, di quello dell'Appennino settentrionale e di quello dell'Appennino centrale;

   nel 2023 in Italia si produrranno quasi 8 mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211 mila ettari, ai minimi da trenta anni, sulla base delle previsioni di semina. Stessa situazione per le semine di mais necessarie per garantire l'alimentazione del bestiame per la produzione del latte, dal quale nascono i grandi formaggi, dopo gli sconvolgimenti che ci sono stati sul commercio internazionale a seguito della guerra in Ucraina;

   da diversi anni una serie di eventi naturali avversi ha contribuito nel corso del tempo ad indebolire il settore agroalimentare con danni per le quantità e la qualità dei raccolti. Nel 2022 sono stati stimati 6 miliardi di euro di danni e un calo del 10 per cento della produzione agroalimentare nazionale;

   la siccità rappresenta, quindi, una delle sfide più pressanti del nostro tempo e richiede politiche pubbliche efficaci di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici, per la gestione delle perdite di acqua e per gli investimenti nelle infrastrutture idriche. Tali investimenti possono garantire una maggiore disponibilità di acqua per le attività agricole, industriali e domestiche;

   nelle scorse settimane il Governo, finalmente, dopo ripetute sollecitazioni, ha convocato incontri per affrontare l'emergenza siccità e ha annunciato la nomina di un commissario per l'emergenza idrica e una task force con poteri di deroga a cui assegnare la gestione dell'acqua –:

   quali iniziative e azioni concrete intenda intraprendere per fronteggiare la condizione idrica emergenziale esistente, che rischia di compromettere le coltivazioni e l'attività dell'intera filiera agroalimentare italiana e come intenda coinvolgere da subito le regioni, le associazioni di categoria, le imprese, l'Anbi e tutti i portatori d'interesse.
(3-00212)


   ZANELLA e EVI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   gli allevamenti intensivi, sempre più diffusi nel nostro Paese per soddisfare i crescenti consumi di massa di prodotti di origine animale, dalla carne alle uova ai latticini, in cui migliaia animali dello stesso genotipo vengono tenuti a stretto contatto e in situazioni di scarso benessere, oltre a rappresentare un rischio per lo sviluppo, la mutazione e la diffusione di agenti patogeni, sono responsabili di buona parte delle emissioni di gas serra;

   secondo il «Focus sulle emissioni da agricoltura e allevamento», curato dall'Ispra nel 2020, gli allevamenti causano il 79 per cento delle emissioni di gas serra nel settore dell'agricoltura e, tra le sostanze monitorate, l'ammoniaca, che interessa maggiormente gli allevamenti intensivi a causa delle grandi quantità di reflui zootecnici prodotti, una volta liberata in atmosfera si combina con alcune componenti (ossidi di azoto e di zolfo), generando forti concentrazioni di polveri sottili;

   nel corso della puntata di lunedì 9 dicembre 2022 del programma televisivo d'inchiesta Report-Rai3, dal titolo «Che Polli!», sono state documentate le condizioni negli allevamenti di polli di alcuni impianti siti nelle regioni Marche ed Emilia-Romagna, in violazione delle normative in materia di tutela della protezione dei polli allevati per la produzione di carne (decreto legislativo n. 181 del 2010, decreto legislativo n. 146 del 2001, decreto legislativo n. 131 del 2013, regolamenti europei 1099/2009 e 2016/429);

   le terribili immagini andate in onda fanno emergere gravi interrogativi sulla gestione degli animali allevati, in particolare quelli dell'azienda agricola biologica Fileni, leader della produzione biologica di pollo in Italia, nonché ulteriori violazioni e maltrattamenti, come l'errato uso del cosiddetto abbattimento di emergenza e della torsione cervicale, impropriamente operata, come mostrato dalle immagini, da personale non veterinario e non formato;

   la stessa azienda, nel comune di Maiolo (Rimini), è stata autorizzata a realizzare un nuovo impianto nella zona della Valmarecchia, per un allevamento intensivo che arriverebbe, ogni anno, a produrre almeno mezzo milione di polli da ingrasso da destinare al macello –:

   se il Ministro interrogato intenda disporre una verifica dell'ente certificatore del biologico su prodotti provenienti dalle filiere che utilizzano sistemi d'allevamento intensivi, disponendo l'eventuale sospensione di finanziamenti pubblici concessi a tali aziende e garantendo il pieno rispetto delle normative a tutela degli animali detenuti negli allevamenti a fini alimentari, anche verificando l'opportunità di adottare iniziative volte a disporre un'immediata moratoria che impedisca l'ulteriore aumento di allevamenti intensivi nelle aree con maggiore densità zootecnica del Paese, dove si registrano costanti superamenti dei limiti di concentrazione di polveri sottili.
(3-00213)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALMICI e URZÌ. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la flavescenza è una malattia della vite particolarmente insidiosa, che prende origine a seguito dell'azione di un parassita in grado di insediarsi all'interno dei tessuti della pianta, bloccandone la linfa e determinandone uno squilibrio generale delle attività fisiologiche;

   secondo quanto disposto dal decreto ministeriale n. 32442 del 31 maggio 2000 la pianta malata di flavescenza dorata viene sottoposta a quarantena e, accertata la presenza della malattia, viene eliminata, prevedendo il controllo del vigneto per gli anni successivi;

   in Italia, la malattia è diffusa soprattutto nel Nord, ma il vettore è stato segnalato anche in Italia centrale e meridionale e oggi la fitoplasmosi trasmessa da Scaphoideus titanus minaccia zone sempre più estese di vigneti;

   in particolare, oggi la malattia minaccia le principali produzioni di Piemonte, Toscana, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, che hanno infatti registrato e segnalato, proprio di recente, nuovi focolai;

   l'allarme è stato lanciato da Confagricoltura, che ha parlato di una delle malattie epidemiche più gravi che interessano il comparto vitivinicolo, chiedendo al Governo che venga messa a punto una strategia di interventi uniformi su tutto il territorio nazionale, alla quale gli enti competenti partecipino in modo coordinato e con la condivisione delle proprie iniziative;

   secondo l'associazione di categoria, di fronte alla preoccupante accelerazione del fenomeno registrata negli ultimi due anni, occorrerebbe intervenire non solo sulla selezione delle piante sintomatiche, ma anche con misure di ristoro a sostegno e tutela delle imprese vitivinicole che stanno affrontando costi elevati per l'estirpazione dei vigneti compromessi dalla malattia;

   di recente, in sede di esame parlamentare della legge di bilancio 2023, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero interrogato un fondo, con una dotazione di 1,5 milioni di euro per il 2023 e 2 milioni a decorrere dall'anno 2024, per sostenere i vigneti colpiti dalla fitoplasmosi della flavescenza dorata, finalizzato alla sostituzione, tramite rimpiazzo o reimpianto, di piante di vite estirpate in vigneti colpiti dalla malattia epidemica;

   il comparto vitivinicolo nel 2022 ha raggiunto 8 miliardi di euro di esportazioni, con una crescita rispetto all'anno precedente del 12 per cento –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo ritenga di dover assumere, a partire dalla istituzione di un tavolo tecnico-istituzionale, con la partecipazione delle associazioni di categoria, al fine di adottare una strategia di interventi uniformi su tutto il territorio nazionale in materia di fitoplasmosi trasmessa da Scaphoideus titanus.
(5-00439)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   il Governo ha deliberato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2022 (Gazzetta Ufficiale 30 maggio 2022 n. 125), anche noto come «Decreto Energia», la norma recante «l'individuazione delle opere e delle infrastrutture necessarie al phase out dell'utilizzo del carbone in Sardegna e alla decarbonizzazione nei settori industriali dell'isola». Tale norma ha previsto, tra le altre misure, la realizzazione di un rigassificatore nel porto di Oristano e due navi di rigassificazione (anche dette FSRU-Floating storage and regasification units) nei porti di Porto Torres e Portovesme, funzionale alla riapertura dell'impianto «Eurallumina»;

   nel luglio del 2022 la regione Sardegna ha impugnato il sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri presso il Tar, contestando la mancata leale collaborazione istituzionale, necessaria rispetto a una materia concorrente tra Stato e regione, nonché la violazione del principio di insularità dei cittadini sardi che avrebbero avuto ricadute negative da tale provvedimento;

   nel settembre 2022 il Tar del Lazio ha respinto tale ricorso, affermando che, nonostante il Gnl «possa servire anche a produrre energia elettrica, il settore del gas naturale non può essere automaticamente ricompreso nel concetto di energia elettrica, come se l'indicazione della competenza concorrente regionale fosse una clausola aperta e adattabile a ogni sopravvenienza». Nella stessa sentenza i giudici amministrativi hanno, invece, contestato proprio alla regione la mancanza di leale collaborazione finalizzata all'implementazione delle reti a Gn;

   nel febbraio 2023 il Consiglio di Stato ha accolto l'istanza presentata dalla regione, rinviando al prossimo novembre il suo pronunciamento sul ricorso, in modo da consentire, nei prossimi 9 mesi, alla stessa regione e al Governo, le necessarie interlocuzioni per arrivare alla revisione dei contenuti dello stesso decreto;

   a quanto si apprende, le istanze dell'esecutivo regionale sono volte, tra le altre cose, a estendere la perequazione tariffaria a tutte le infrastrutture di distribuzione gas (non solo quelle con cantieri avviati alla data di pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), a non escludere la possibilità di realizzare la dorsale e di convertire a gas le centrali a carbone di Fiumesanto e Sulcis, a spostare la Fsru di Portovesme (con ipotesi Cagliari), a consultare maggiormente regione ed enti locali per la localizzazione degli impianti rinnovabili e a prevedere la possibilità di riconoscere royalty sul modello della Basilicata per i grandi impianti che trovano e soprattutto troveranno ubicazione nella regione;

   si tratta tuttavia di proposte ancora da definire e coordinare con quanto previsto dagli scenari Snam-Terna per la Sardegna e con le decisioni al riguardo dell'Arera;

   unica conseguenza concreta, nel frattempo, è lo stand-by del progetto di metanizzazione dell'isola, affidata per ora al solo deposito Higas di Oristano da 9.000 metri cubi liquidi, già attivo dal maggio 2021;

   come affermato da Confindustria Sardegna, il rinvio rischia di paralizzare definitivamente soluzioni fondamentali e non procrastinabili per la sopravvivenza del tessuto economico e produttivo sardo; al contrario occorrerebbe dare una sollecita attuazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per scongiurare sospensioni o chiusure di attività strategiche di grande impatto economico e occupazionale;

   preoccupazioni analoghe sono state espresse anche dalle Rsa di Eurallimina che ricordano che il riavvio genererebbe circa 1.500 buste paga tra lavoratori diretti e relativo indotto, mentre al contrario bloccare un progetto per l'approvvigionamento energetico fondamentale alla ripartenza della stessa Eurallumina rischia di determinare un'ondata di licenziamenti collettivi;

   in un incontro nel febbraio 2023 con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Presidente della regione Sardegna ha affermato la necessità di mettere ordine nelle procedure per il rilascio delle autorizzazioni sui nuovi impianti e allo stesso tempo creare un sistema di raccolta delle royalties derivanti dalle produzioni di energia presenti sul territorio sardo, ridistribuendo gli utili per abbassare le bollette di famiglie e imprese. Nel caso specifico di Portovesme e del polo industriale del Sulcis, è stato richiesto un intervento immediato del Governo per l'estensione del credito di imposta e degli strumenti quali interconnector e superinterrompibilità che consentano a tutte le imprese sarde di competere alla pari con le realtà industriali del territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare, e in quali tempi, un tavolo di confronto con la regione Sardegna per trovare una soluzione che acceleri in primis le procedure necessarie a garantire l'approvvigionamento di gas naturale in particolar modo a Portovesme, al fine di evitare che i continui rinvii determinino effetti irreversibili sul tessuto produttivo e sociale dell'isola.
(2-00087) «Richetti».

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta immediata:


   LUPI, BICCHIELLI, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il settore delle comunicazioni elettroniche affronta da anni una transizione importante, che ha portato le istituzioni pubbliche competenti a riflessioni approfondite per ripensare l'organizzazione del mercato e dei suoi attori principali;

   secondo il rapporto pubblicato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sui bilanci delle imprese delle comunicazioni elettroniche dal 2017 al 2021, il settore ha riportato una perdita dei ricavi pari al 10,7 per cento, passando da 31,8 a 28,6 miliardi di euro;

   Tim s.p.a. rappresenta la principale impresa italiana impegnata nell'offerta di servizi di comunicazione elettronica, impiegando in Italia al 31 dicembre 2021 un totale di 42.347 persone;

   i dati preconsuntivi al 31 dicembre 2022 analizzati dal consiglio di amministrazione di Tim s.p.a. mostrano che l'indebitamento finanziario netto rettificato è pari a 25,4 miliardi di euro;

   Tim s.p.a. vede come primi azionisti Vivendi SE, con il 23,7 per cento delle azioni, e Cassa depositi e prestiti spa con il 9,8 per cento delle azioni;

   Open fiber holdings s.p.a. è partecipata al 60 per cento da Cdp Equity s.p.a., società controllata al 100 per cento da Cassa depositi e prestiti spa;

   il 17 gennaio 2023 MF Dow Jones news ha riportato le dichiarazioni di Arnaud de Puyfontaine, amministratore delegato di Vivendi SE, che ha confermato «con forza» l'interesse industriale dell'azienda «per Tim e la propria volontà di intraprendere ulteriori operazioni industriali in Italia»;

   il 2 febbraio 2023 l'agenzia Ansa ha dichiarato che «Kkr ha presentato a Tim un'offerta non vincolante per una quota di Netco, che avrà in sé la rete fissa, inclusa FiberCop, nonché la partecipazione in Sparkle»;

   l'8 febbraio 2023 il Ministro interrogato ha dichiarato: «la volontà del Governo è quella di realizzare una rete nazionale che raggiunga l'ultimo straordinario borgo del nostro Paese, consentendo quella competitività e connettività che imprese e famiglie italiane meritano: una rete a controllo pubblico»;

   il 24 febbraio 2023 il consiglio di amministrazione di Tim s.p.a., dopo aver analizzato l'offerta di Kkr & co. l.p., ha dichiarato che questa «non riflette pienamente il valore dell'asset e le aspettative di Tim» e ha deliberato «di richiedere le ulteriori indicazioni necessarie per comprendere a pieno gli assunti e gli economics della proposta» –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, con quali tempi e modalità, considerati anche i poteri in materia di «golden power», per raggiungere l'obiettivo di una «rete a controllo pubblico» senza violare i vincoli della legislazione antimonopolistica («antitrust»).
(3-00207)


   TODDE, PAVANELLI, APPENDINO, CAPPELLETTI, TORTO, SCUTELLÀ, BRUNO, SCERRA, ALFONSO COLUCCI e AURIEMMA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (cosiddetto milleproroghe), ha prorogato di 12 mesi il termine del 31 dicembre 2023 per lo svolgimento delle procedure selettive per l'aggiudicazione delle concessioni demaniali balneari e sportive, modificando quanto stabilito dalla legge per la concorrenza 2021 (legge n. 118 del 2022), con la quale si era messo fine ad un regime ingiusto di proroghe automatiche e generalizzate e di storture diffuse sulla gestione degli stabilimenti balneari, al fine di coniugare l'interesse dello Stato, quello delle imprese e quello degli utenti che pagano per il servizio;

   la citata modifica normativa ha in sostanza costretto il Presidente della Repubblica a promulgare il provvedimento con riserve, rinviando a ulteriori iniziative del Governo e del Parlamento il compito di correggere la normativa afferente il comparto;

   il 27 febbraio 2023 anche la portavoce della Commissione europea per le questioni di mercato interno, Sonya Gospodinova, ha dichiarato che «le nuove norme non sono state ancora notificate alla Commissione, ma ne siamo ben consapevoli, e ora analizzeremo questo atto legislativo per vedere quale sarà l'approccio migliore da adottare. Stiamo seguendo molto da vicino gli sviluppi»;

   come noto, restano pendenti la procedura di infrazione n. 2020/4118 per violazione della cosiddetta direttiva servizi nell'ambito delle concessioni balneari e la causa C-348/22 sollevata in via pregiudiziale dal tribunale amministrativo regionale del Puglia presso la Corte di giustizia dell'Unione europea il 30 maggio 2022 sulla stessa materia;

   la citata proroga, oltre ad esporre il nostro Paese all'ennesima procedura di infrazione comunitaria per incompatibilità con il diritto dell'Unione europea e, segnatamente, con il contenuto precettivo dell'articolo 49 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dell'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE, mette a repentaglio la prossima tranche da 19 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a cui è strettamente legata la liberalizzazione del settore e su cui si concentra l'attenzione della Commissione europea per il vaglio del raggiungimento dei 55 obiettivi, indicati per il secondo semestre 2022 –:

   quali improcrastinabili iniziative, per quanto di competenza, ritenga di adottare per apportare i richiesti correttivi alla normativa sulle procedure selettive per l'aggiudicazione delle concessioni demaniali balneari, anche al fine di garantire l'ottenimento della prossima tranche del Piano nazionale di ripresa e resilienza e scongiurare l'ennesima procedura di infrazione comunitaria.
(3-00208)


   CATTANEO, TOSI, SQUERI, ROSSELLO, BATTILOCCHIO, CASASCO, CAROPPO, POLIDORI e SORTE. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   nell'Unione europea sono in approvazione misure che impattano sulla filiera automotive: oltre alla proposta di regolamento ormai definitiva che prevede lo stop ai motori a combustione interna dal 2035, nel novembre 2022 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sulle emissioni dei veicoli a motore («regolamento euro 7») e a febbraio 2023 ha presentato un'altra proposta sulle prestazioni emissive dei veicoli pesanti;

   a fine gennaio 2023 l'Acea (Associazione costruttori europei di automobili) ha scritto una lettera ai vertici dell'Unione europea, denunciando il potenziale effetto delle nuove regole sulla transizione green, a causa degli eccessivi costi per la filiera;

   la filiera dell'automotive italiana è tra i principali settori industriali: con 5.528 imprese, 273.600 addetti e 86,2 miliardi di euro di fatturato (5,2 per cento del prodotto interno lordo). La sola componentistica, con oltre 2.200 imprese e 168 mila addetti coinvolti, genera un fatturato di 54,3 miliardi di euro;

   l'Italia è forte nel settore delle motorizzazioni tradizionali, ma poco presente nei settori emergenti, soprattutto in termini di quota di mercato. Per questo il passaggio da combustione interna a elettrico avrà nel nostro Paese un maggiore impatto industriale e lavorativo;

   la Clepa, l'Associazione europea componentistica, ha diffuso dati secondo i quali tra i Paesi europei produttori di componenti l'Italia è quello che rischia di perdere il maggior numero di addetti, circa 73.000 posti di lavoro al 2040, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030;

   la metodologia dell'Unione europea non è esente da critiche: l'approccio è quello di regolamentare rigidamente il settore verso emissioni zero, mentre altre regioni del mondo, a cominciare da Stati Uniti e Cina, stanno sostenendo in maniera massiccia la loro industria;

   il paradossale effetto dell'eccesso di regolazione è che i consumatori tendono a mantenere le auto vecchie più a lungo: l'età media delle auto europee è salita ancora, a 12 anni, nel 2021. In Italia 1 auto su 5 (il 20 per cento circa del totale) è una euro 0-2, con almeno 18 anni di anzianità;

   l'Italia è leader mondiale nel campo delle tecnologie per la produzione di biocombustibili (biofuel) –:

   quali iniziative intenda avviare il Governo affinché siano messe in campo politiche industriali eurounitarie che sostengano la filiera dell'auto, anche rilevando l'incongruenza della nuova disciplina dell'euro 7, e se non ritenga opportuno adottare misure nazionali per sostenere la filiera dei motori endotermici ad alte prestazioni e quella dei biofuel.
(3-00209)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   nella serata del 25 febbraio 2023, un barcone sovraccarico di persone – probabilmente partito da Izmir (Turchia) circa 4 giorni prima – è stato avvistato da un velivolo Frontex in attività di pattugliamento;

   all'alba del 26 febbraio, un passeggero avrebbe contattato un parente segnalando il grave pericolo, il quale a sua volta avrebbe chiamato una persona non residente in Italia, che avrebbe immediatamente contattato la Guardia costiera;

   a quanto si legge in una nota della GdF Roan di Vibo Valentia, il barcone è stato avvistato a circa 40 miglia dalle coste crotonesi in piena zona Sar italiana ed è stato attivato il dispositivo per intercettarlo, con la vedetta V.5006 della Son GdF di Crotone e il Pattugliatore P.V. 6 «Barbarisi» del gruppo aeronavale GdF Taranto, che, nonostante le proibitive condizioni del mare che insisteva lungo le coste, si sono impegnati nella ricerca;

   tuttavia, «le unità del Corpo, nonostante gli sforzi operati, considerate le difficili condizioni meteomarine e l'impossibilità di proseguire ulteriormente in sicurezza, facevano rientro agli ormeggi di base»;

   «veniva così attivato il dispositivo di ricerca a terra, lungo le direttrici di probabile sbarco, coinvolgendo anche le altre forze di polizia nelle ricerche lungo la costa»;

   successivamente, «le pattuglie e i soccorsi nel frattempo giunti sul posto, non potevano far altro che constatare lo spiaggiamento dell'unità ormai completamente smembrata»;

   al momento, il bilancio delle vittime, destinato purtroppo ad aggravarsi, è di 59 persone, di cui 14 bambini;

   il Ministro dell'interno, in queste ore, ha continuato a insistere sul fatto che si debbano «bloccare le partenze» dei migranti; tuttavia, nei fatti, a essere bloccate dalle scelte del Governo sono le navi di soccorso civile, poiché questa strategia fonda la sua ratio nella convinzione del Ministro, più volte esplicitata, che il soccorso organizzato con assetti visibili e presenti in attività permanente di pattugliamento e controllo possa rappresentare un pull factor e dunque ostacolare il disincentivo alle partenze;

   la Presidente del Consiglio dei ministri ha parlato di «responsabilità dei trafficanti», eppure appare evidente che, in assenza di canali d'ingresso legali e sicuri garantiti dall'Europa, le attività dei trafficanti non potranno essere contrastate e aggirate, nonostante gli accordi già presi con Paesi come Libia e Turchia, pur nella consapevolezza che essi agiscano al di fuori di qualsiasi principio di rispetto dei diritti umani, così come documentato da fonti Unhcr e Iom (Onu) –:

   se il Governo ritenga di rendere noto l'esatto orario della prima comunicazione ricevuta da Mrcc Roma riguardante tale imbarcazione in pericolo a qualche decina di miglia dalle coste italiane e in zona Sar italiana;

   se sappia per quale motivo sia stata inviata la GdF, incaricata di law enforcement nell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina e non di specifici compiti di ricerca e soccorso, attribuiti in genere alla Guardia costiera;

   se, dopo la segnalazione ricevuta da Mrcc Roma dall'assetto Eagle1 di Frontex, sia stato aperto un evento Sar, come previsto da piano Sar nazionale;

   quali assetti della Guardia costiera si trovassero nell'area delle operazioni al momento della segnalazione di Frontex;

   quali altri assetti aerei Frontex si siano levati in volo per supportare le attività di ricerca e soccorso, dopo la conclusione della missione di pattugliamento aereo con atterraggio a Lamezia dell'aereo Eagle1;

   che cosa abbia fatto, in tale circostanza, l'Mrcc che legalmente, dopo la segnalazione ricevuta, aveva responsabilità nel coordinamento dei soccorsi;

   se siano state adottate tempestivamente tutte le misure necessarie a soccorrere le persone in pericolo di vita, come previsto dalla Convenzione di Amburgo e dal piano Sar nazionale, con l'allertamento di tutti gli assetti militari e civili presenti in zona, anche in ragione del rapido peggioramento delle condizioni meteomarine;

   se sia a conoscenza delle misure adottate dall'Agenzia Frontex, presente in zona e fonte della prima segnalazione, per concorrere e coadiuvare le operazioni di soccorso o mettere in campo ogni attività di assistenza utile a impedire il naufragio del natante in distress;

   se risulti al Governo la presenza, sulla rotta della nave, di unità navali militari o mercantili che avrebbero potuto essere coordinate nell'intervento di assistenza o ridosso per mare ostile, come previsto dai protocolli operativi Sar;

   se risulti che la capitaneria di porto abbia chiesto a pescatori locali di controllare se una barca di migranti si fosse arenata su spiagge vicine;

   se risulti che unità della capitaneria siano uscite con mare a forza 6-7 per effettuare salvataggi e che le condizioni del mare che hanno portato al naufragio fossero di forza 3-4;

   poiché nel corso del 2022 sono approdate sulle coste calabresi del mare Ionio oltre 18.000 persone, se la Guardia costiera e la GdF che operano in quest'area siano state dotate di mezzi e uomini adeguati a tutelare la vita delle persone in arrivo;

   se il Governo non ritenga urgente una nuova straordinaria missione istituzionale, italiana ed europea, di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale.
(2-00088) «Grimaldi».

ISTRUZIONE E MERITO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione e del merito, per sapere – premesso che:

   era il 5 di dicembre 2020 quando l'allora Ministro Azzolina, con un post su facebook rendeva nota la conclusione della consegna dei banchi a rotelle alle scuole italiane: «Oggi le scuole hanno 2,4 milioni di banchi nuovi [...]. Ringrazio il Commissario Domenico Arcuri per aver supportato il Ministero dell'istruzione in quella che lui stesso ha giustamente definito “un'operazione senza precedenti”, che ha portato negli istituti una quantità di arredi pari a dodici volte la produzione italiana di un anno [...]. Le chiacchiere passano. I fatti restano. Questo è un investimento che resta.»;

   l'investimento, effettivamente, è rimasto, ma a carico dello Stato e, soprattutto, dei cittadini che hanno pagato per banchi, oggi inutilizzati e accatastati nelle cantine, nelle soffitte e nei piazzali degli istituti scolastici in attesa di essere smaltiti dai centri di raccolta materiali (Crm);

   dopo aver speso circa 100 milioni di euro, i banchi che avrebbero dovuto risolvere i problemi della scuola italiana sono rimasti inutilizzati, non solo perché risultati inutili e scomodi per la didattica tradizionale, ma anche dannosi perché favorirebbero addirittura l'insorgere di mal di schiena nei ragazzi;

   secondo quanto riportato da organi di stampa, con determina del 21 settembre 2021 del generale Figliuolo, i banchi monoposto della Nautilus, una delle 13 aziende che si aggiudicò il bando, venivano definitivamente ritirati dalle scuole perché, come si legge nell'atto, «A seguito di specifiche analisi merceologiche è emerso che gli arredi scolastici forniti dalla ditta Nautilus hanno evidenziato la non conformità degli stessi alle normative in materia di sicurezza antincendio, impedendone l'uso ed imponendone il ritiro dagli istituti scolastici ove erano stati distribuiti al fine di eliminare i possibili rischi in caso di incendio»;

   anche i costi sostenuti dal Governo per il loro ritiro non sono stati certo esigui: più di 170 mila euro, a cui vanno aggiunti circa 9 milioni di euro spesi nel 2020 per acquistarli. Nautilus ha stipulato due contratti con l'Italia, uno da 2,2 e uno da 7 milioni di euro, per la fornitura totale di 70 mila sedie e 110 mila banchi monoposto, che, come denunciato da presidi e insegnanti, «Sono lunghi 74 centimetri, quando noi abbiamo previsto una misura massima di 60 centimetri. Così non possiamo garantire la distanza tra gli alunni»;

   sono numerosi, infatti, i servizi giornalistici e video a testimonianza della triste sorte dei banchi a rotelle, come, a esempio, il caso di una scuola di Venezia, dove, vista l'impossibilità di utilizzarli per le gravi carenze tecniche in materia di sicurezza antincendio ed ergonomicità, numerosi banchi a rotelle sono stati accatastati su una chiatta per essere destinati allo smaltimento;

   oggi, come allora, è indubbio che i costi molto elevati per la loro fabbricazione avrebbero potuto essere investiti per gestire altre priorità della scuola, dal reclutamento di docenti per contenere le cosiddette classi pollaio a misure per sanare le carenze dell'edilizia scolastica, spesso priva di servizi fondamentali –:

   quale sia lo stato di utilizzo o dismissione dei banchi a rotelle e quali siano le intenzioni del Governo in merito alla gestione dei banchi a rotelle e sedute innovative attualmente inutilizzati;

   se non ritenga di destinare tali sedute, qualora conformi alle normative in materia di sicurezza antincendio, alle associazioni senza scopo di lucro, agli enti del terzo settore e a qualunque altro ente che ne faccia richiesta.
(2-00085) «Padovani, Urzì».

Interrogazione a risposta scritta:


   BORRELLI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 557 della legge 28 dicembre 2022, n. 197 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025) contiene disposizioni sul dimensionamento scolastico con la previsione di un taglio di sedi ed organico che avranno effetto principalmente dal 2024/2025, ma che si faranno sentire già a partire dal prossimo anno scolastico;

   in particolare viene previsto che i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la relativa distribuzione tra le regioni siano individuati con un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di conferenza unificata, da emanarsi entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento;

   il relativo capitolo di spesa previsto per il triennio 2023-2025, contenuto nella tabella n. 7 degli «Stati di previsione» della legge di bilancio 2023, prevede un taglio per l'istruzione scolastica di 4,11 miliardi di euro, passando da una spesa complessiva per l'istruzione scolastica di 52,11 miliardi di euro del 2023 ad una spesa di 47,99 miliardi di euro del 2025;

   secondo la prima bozza di documento che sarà la base di discussione in sede di conferenza unificata, la maggior parte delle fusioni degli istituti scolastici (circa il 70 per cento) si concentrerebbe nel Mezzogiorno. In particolare la Campania sarebbe tra le regioni più penalizzate dall'accorpamento (146) seguita da Sicilia (109), Calabria (79), Puglia (66), Sardegna (45) e Lazio (37);

   decorso inutilmente il termine del 31 maggio ai fini del raggiungimento dell'accordo sulla suddetta bozza di documento, si provvederà con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il 30 giugno;

   immediata conseguenza dell'accorpamento degli istituti è la riduzione del numero dei dirigenti scolastici, dei direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) e del personale Ata;

   alla base dei criteri del dimensionamento ci sarebbe prioritariamente un dato desunto dal rapporto tra il numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per kmq, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;

   i suddetti criteri, a parere degli interroganti, sono insufficienti, non tenendo conto della condizione di aree interne ed aree di particolare disagio sociale con elevato abbandono scolastico, e non prevedendo la possibilità di sdoppiamento e sfoltimento delle classi necessari ai fini di una compiuta soluzione al problema delle cosiddette «classi pollaio»;

   negli anni, i vari settennati relativi ai fondi europei Pon Fesr hanno previsto il miglioramento e l'arricchimento dei plessi mediante varie misure (cablaggio strutturato, dotazioni informatiche quali Lim, smartTV, Pc, e svariati laboratori didattici), nonché della fibra veloce ministeriale, e quindi la chiusura tout court di molti plessi si configurerebbe come uno sperpero di finanziamenti pubblici;

   alcune regioni hanno già annunciato la volontà di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale le disposizioni riportate in premessa, come la Campania che in data 1° febbraio 2023 già ha deliberato in tale senso –:

   se il Governo, alla luce delle criticità esposte in premessa, non intenda rivedere i criteri che saranno alla base dell'intesa con la conferenza unificata, anche al fine di impedire le preannunciate impugnative dinanzi alla Corte costituzionale delle disposizioni sul dimensionamento scolastico.
(4-00554)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   diversi organi o servizi di informazione, anche la nota trasmissione «Striscia la notizia», hanno documentato, già da tempo, l'ormai cronica situazione di disagio e disservizio dell'ospedale Cardarelli di Napoli dove i pazienti sono costretti a infinite e drammatiche attese nei pronto soccorso e il personale sanitario, conseguentemente, non è messo in condizioni di svolgere serenamente e adeguatamente il proprio lavoro;

   i pazienti attendono sulle barelle, talvolta anche 10 giorni, prima di essere trasferiti nei reparti di degenza e la situazione sembra che sia talmente «cronicizzata» che alcune aree del pronto soccorso sono di fatto diventate degli spazi di ricovero stabile e non di transito come dovrebbe essere un pronto soccorso; nei locali adibiti all'osservazione breve intensiva vengono collocate numerose barelle con fogli di carta attaccati per la identificazione dei pazienti e senza alcuna distanza di salvaguardia della salute, sicurezza e riservatezza dei pazienti, con il caos conseguente anche all'accesso dei famigliari;

   da ultimo un'agenzia di stampa del 23 febbraio ha dato la notizia che «sono 74 al momento i malati in barella nel pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli di Napoli, dove da oggi viene attuato un contingentamento dei ricoveri per decongestionare la situazione. Dalla direzione dell'ospedale si apprende che è stato chiesto al 118 di dirottare in altre strutture le ambulanze, mentre vengono accolti i pazienti in condizione di urgenza che si rechino autonomamente al pronto soccorso. Lo stop dei ricoveri programmati ha permesso di liberare posti in vari reparti, riducendo la criticità e i tempi di attesa in una giornata non semplice per i medici dell'emergenza chiamati a gestire da stamattina sei ricoveri in codice rosso e 47 casi in codice giallo»;

   il NurSind Campania da anni denuncia questa situazione disastrosa e nei mesi scorsi aveva segnalato la mancata attuazione, da parte della regione Campania, dell'accordo Stato-regioni sulle «Linee di indirizzo nazionali sul Triage Intraospedaliero», sulle «Linee di indirizzo nazionali sull'Osservazione Breve Intensiva» e sulle «Linee di indirizzo nazionali per lo sviluppo del Piano di gestione del sovraffollamento in Pronto Soccorso»;

   altra regione, medesima situazione ed è il caso dell'ospedale Careggi di Firenze: anche su questo nosocomio gli organi di informazione segnalano come sia ormai diventata una consuetudine che i pronto soccorso vengano presi d'assalto dai pazienti che non trovano altrove risposta ai bisogni di salute. E finisce che si scambi la consuetudine per normalità. Anche qui, come in Campania, è stato dato lo stop temporaneo a tutti i ricoveri programmati e ciò nonostante la situazione non sembra migliorata molto;

   «Servono soluzioni drastiche, altrimenti anche la Toscana si ritroverà come altre regioni a dover fare i conti con i pronto soccorso gestiti dai privati, dove non c'è garanzia sulla selezione del personale – dice il segretario regionale del sindacato Anaao – La tomba della sanità pubblica»;

   anche nei pronto soccorso romani la situazione è drammatica e alcuni giorni fa alcuni organi di informazione segnalavano addirittura «il record di ben 1.107 pazienti ammassati nelle sale in attesa di ricovero: 97 all'Umberto I, 91 al Gemelli, 70 al Sant'Andrea e 68 sia al Pertini che al San Camillo»;

   in tutto il Paese sono sempre più numerosi gli allarmi e le situazioni di esasperazione, con i pazienti costretti a lunghi tempi di attesa per accedere a visite ed esami e costretti ad accedere ai pronto soccorso ospedalieri per avere le cure necessarie;

   il 1° agosto 2019, con l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sono stati adottati i documenti «Linee di indirizzo nazionali sul Triage Intraospedaliero», «Linee di indirizzo nazionali sull'Osservazione Breve Intensiva» e «Linee di indirizzo nazionali per lo sviluppo del Piano di gestione del sovraffollamento in Pronto Soccorso»; i predetti documenti hanno il dichiarato obiettivo di contrastare il fenomeno del sovraffollamento (overcrowding) che interferisce con il normale funzionamento del pronto soccorso a seguito della sproporzione tra la domanda sanitaria, costituita dal numero di pazienti in attesa e in carico, e le risorse disponibili, fisiche e/o umane e/o strutturali;

   secondo quanto riportato nelle Linee di indirizzo nazionali per lo sviluppo del piano di gestione del sovraffollamento in pronto soccorso del Ministero della salute, quando il sovraffollamento è costante generalmente è dovuto al sottodimensionamento del pronto soccorso rispetto agli accessi, conseguente ad una reale mancanza di risorse strutturali, tecnologiche, umane e di organizzazione;

   il sovraffollamento, come evidenziato nelle predette Linee di indirizzo, ha gravi conseguenze sulla salute dei pazienti come anche l'aumento della mortalità, ritardi di valutazione e trattamento, aumento dei tempi di degenza, rischio di nuovo ricovero a breve termine, esposizione agli errori;

   anche sugli operatori le conseguenze sono gravi: mancata aderenza alla buona pratica clinica, aumento dello stress e del burn out, aumento degli episodi di violenza verso gli operatori stessi-:

   alla luce di quanto sopra esposto, se non ritenga opportuno avviare un'ampia attività ispettiva e di monitoraggio nei pronto soccorso del Paese al fine di salvaguardare la salute pubblica dei cittadini, verificando e documentando quali siano le cause e le soluzioni;

   quali ulteriori iniziative intenda porre in essere per eliminare il fenomeno del sovraffollamento, tenuto conto che può generare un incremento del rischio clinico, sia per l'utenza che per gli operatori, e un inadeguato rispetto della garanzia dei Lea e della qualità delle cure;

   se, a distanza di più di tre anni dall'accordo in Conferenza Stato-regioni, le regioni e, conseguentemente, tutte le aziende ospedaliere abbiano correttamente recepito i documenti condivisi con l'accordo del 1° agosto 2019.
(2-00084) «Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Auriemma».

Interrogazione a risposta orale:


   SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   diversi organi o servizi di informazione, anche la nota trasmissione «Striscia la notizia» hanno documentato, già da tempo, l'ormai cronica situazione di disagio e disservizio dell'ospedale Cardarelli di Napoli, dove i pazienti sono costretti a infinite e drammatiche attese nei pronto soccorso e il personale sanitario, conseguentemente, non è messo in condizioni di svolgere serenamente e adeguatamente il proprio lavoro;

   i pazienti attendono sulle barelle, talvolta anche 10 giorni, prima di essere trasferiti nei reparti di degenza e la situazione sembra che sia talmente «cronicizzata» che alcune aree del pronto soccorso sono di fatto diventate degli spazi di ricovero stabile e non di transito come dovrebbe essere un pronto soccorso; nei locali adibiti all'osservazione breve intensiva (obi) vengono collocate numerose barelle con fogli di carta attaccati per la identificazione dei pazienti e senza alcuna distanza di salvaguardia della salute, sicurezza e riservatezza dei pazienti, con il caos conseguente anche all'accesso dei famigliari;

   nella trasmissione televisiva su accennata è stato intervistato anche il direttore del pronto soccorso, che ha detto: «Esiste questa zona di attesa, chiamata area boarding, che però non dovrebbe interessare i medici del pronto soccorso. Purtroppo non abbiamo alternative: come si fa a non assistere i pazienti che vi stazionano? Se nei reparti non ci sono posti, da qualche parte le barelle vanno messe, è una situazione davvero complicata»;

   da ultimo un'agenzia di stampa del 23 febbraio 2023 ha dato la notizia che «sono 74 al momento i malati in barella nel pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli di Napoli, dove da oggi viene attuato un contingentamento dei ricoveri per decongestionare la situazione. Dalla direzione dell'ospedale si apprende che è stato chiesto al 118 di dirottare in altre strutture le ambulanze, mentre vengono accolti i pazienti in condizione di urgenza che si rechino autonomamente al pronto soccorso. Lo sto dei ricoveri programmati ha permesso di liberare posti in vari reparti, riducendo la criticità e i tempi di attesa in una giornata non semplice per i medici dell'emergenza chiamati a gestire da stamattina sei ricoveri in codice rosso e 47 casi in codice giallo»;

   secondo quanto riportato nelle linee di indirizzo nazionali per lo sviluppo del piano di gestione del sovraffollamento in pronto soccorso del Ministero della salute, quando il sovraffollamento è costante generalmente è dovuto al sottodimensionamento del pronto soccorso rispetto agli accessi conseguente a una reale mancanza di risorse strutturali, tecnologiche, umane e di organizzazione;

   il sovraffollamento, come evidenziato nelle predette linee di indirizzo, ha gravi conseguenze sulla salute dei pazienti come anche l'aumento della mortalità, ritardi di valutazione e trattamento, aumento dei tempi di degenza, rischio di nuovo ricovero a breve termine, esposizione agli errori;

   anche sugli operatori le conseguenze sono gravi: mancata aderenza alla buona pratica clinica, aumento dello stress e del burn out, aumento degli episodi di violenza verso gli operatori stessi;

   il NurSind Campania da anni denuncia questa situazione disastrosa e nei mesi scorsi aveva segnalato la mancata attuazione, da parte della regione Campania, dell'accordo Stato-regioni sulle «linee di indirizzo nazionali sul triage intraospedaliero», sulle «linee di indirizzo nazionali sull'osservazione breve intensiva» e sulle «linee di indirizzo nazionali per lo sviluppo del Piano di gestione del sovraffollamento in pronto soccorso» –:

   alla luce di quanto sopra esposto, se non ritenga opportuno adottare iniziative ispettive e di monitoraggio nei pronto soccorso campani al fine di salvaguardare la salute pubblica dei cittadini;

   se, a distanza di più di tre anni dall'accordo in Conferenza Stato-regioni, la Campania e, conseguentemente, tutte le aziende ospedaliere della regione abbiano correttamente recepito le sopra citate linee di indirizzo nazionali.
(3-00206)

TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:


   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, CARAMANNA, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI e ZUCCONI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nell'ambito della missione 1, componente M1C3, persegue, tra gli altri, gli obiettivi di incrementare il livello di attrattività turistica e culturale del Paese, modernizzando le infrastrutture materiali e immateriali del patrimonio storico artistico, e migliorare la fruibilità della cultura e l'accessibilità turistica attraverso investimenti digitali e investimenti volti alla rimozione delle barriere fisiche e cognitive al patrimonio;

   in questo quadro l'intervento 4.1 della componente prevede la riforma dell'ordinamento delle professioni delle guide turistiche, con l'obiettivo di «dare, nel rispetto dell'autonomia locale, un ordinamento professionale alle guide turistiche e al loro ambito di appartenenza. L'applicazione sistematica e omogenea della riforma permetterebbe di regolamentare i principi fondamentali della professione e di standardizzare i livelli di prestazione del servizio su tutto il territorio nazionale, producendo un effetto positivo sul mercato»;

   la riforma della professione trae origine dalle contestazioni sollevate dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 4277/12/MARK, per violazione degli obblighi imposti dalla direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva servizi);

   in particolare, la Commissione europea contestava al legislatore italiano l'assenza di una normativa che estendesse la validità dell'abilitazione all'esercizio della professione di guida turistica su tutto il territorio nazionale, anziché limitarla alla sola regione o provincia di rilascio; ciò in quanto tale limitazione si tradurrebbe in una lesione del principio della libera prestazione dei servizi a livello europeo e, dunque, nella violazione del rispetto dei vincoli comunitari imposti dall'articolo 117 della Costituzione;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza fissa la scadenza per la definizione di uno standard nazionale per le guide turistiche al 31 dicembre 2023;

   la riforma della professione di guida turistica è volta a permettere l'acquisizione di una qualifica professionale univoca e conforme a standard omogenei a livello nazionale e a facilitare il contrasto all'abusivismo, attraverso l'introduzione di un albo nazionale che contenga codici identificativi delle singole guide –:

   quale sia lo stato dell'iter della riforma della professione di guida turistica, nel rispetto dei tempi indicati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, e se disciplini interventi volti al contrasto dell'abusivismo nel senso di quelli citati in premessa.
(3-00214)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Manes e Schullian n. 1-00076, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gallo.

  La mozione Boschi e altri n. 1-00078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: D'Alessio, Malavasi, De Monte, Castiglione.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Dori n. 4-00529, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zanella.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Malavasi e altri n. 5-00427, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Laus.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Zucconi n. 1-00041 del 17 gennaio 2023.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Evi n. 4-00330 del 25 gennaio 2023;

   interrogazione a risposta orale De Palma n. 3-00200 del 22 febbraio 2023.