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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 27 gennaio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'incentivo cosiddetto «Superbonus 110 per cento» introdotto con l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto «Rilancio»), e il meccanismo della cessione del credito e sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del medesimo decreto-legge, fortemente voluti dal Movimento 5 Stelle, hanno contribuito al forte rilancio degli investimenti nel settore edilizio e a ridurre i consumi energetici degli edifici;

    l'elevato potenziale dello strumento, in termini di efficacia, è attestato dai dati elaborati dagli enti gestori e dai diversi centri studi di qualificata competenza. I dati al momento in possesso dell'Agenzia delle entrate, per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, mostrano che l'ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro, di cui riferibili al superbonus 52,1 miliardi e al bonus facciate 24,8 miliardi. Stando all'ultimo aggiornamento ENEA, ossia al 31 dicembre 2022, si registrano 359.440 asseverazioni corrispondenti a 62,5 miliardi di investimenti di riqualificazione energetica ammessi alla detrazione. Il totale delle detrazioni maturate relativamente a lavori conclusi ammonta a 51,3 miliardi di euro;

    secondo le stime ENEA riportate nell'ultimo rapporto annuale sull'efficienza energetica, sono 23,7 miliardi di euro gli investimenti attivati nel 2021 per effetto dei meccanismi di detrazione fiscale, di cui 7,5 con l'ecobonus e 16,2 con il superecobonus 110 per cento, con un risparmio complessivo di 2.652 GWh/anno;

    quanto, invece, all'utilizzo della misura sotto il profilo soggettivo, i dati ANCE-Nomisma presentati a luglio 2022 dimostrano come lo strumento abbia garantito, contrariamente al passato, l'accesso agli incentivi anche alle fasce medio basse dei contribuenti: circa 483 mila beneficiari dei bonus appartengono alla categoria di contribuenti con reddito medio basso (sotto i 1.800 euro mensili);

    l'impatto positivo del Superbonus trova conferma anche nella vigorosa crescita registrata dal settore delle costruzioni e dell'impiantistica civile, proprio durante gli anni caratterizzati dalla grave crisi economica dovuta all'emergenza COVID-19, alla guerra in Ucraina e ai conseguenti rincari energetici e all'aumento del costo delle materie prime. In tale difficile contesto, il settore edilizio ha rappresentato il principale motore di crescita negli ultimi due anni e ha occupato un terzo della crescita del PIL: secondo i dati ANCE, nel 2021, in Italia il contributo del settore delle costruzioni alla formazione del Pil è stato pari al 27 per cento della crescita registrata (+6,7 per cento);

    va tuttavia evidenziato, come messo in rilievo da ENEA all'esito delle ultime rilevazioni del mese di dicembre 2022, il brusco calo del numero di asseverazioni e investimenti rispetto ai mesi precedenti; è importante interrogarsi sui fattori che hanno contribuito a frenare la corsa agli incentivi, al fine di individuare le adeguate contromisure. Le continue modifiche normative hanno sicuramente avuto un ruolo determinate: l'originaria chiarezza e semplicità applicativa dello strumento della cessione del credito è stata nel tempo afflitta da svariati interventi di modifica (si contano oltre 21 provvedimenti intervenuti dal 2021 a oggi e altrettanti chiarimenti interpretativi da parte dei competenti enti di controllo), culminati da ultimo nelle impattanti modifiche di cui al decreto Aiuti quater, tra cui la riduzione dell'incentivo dal 110 al 90 per cento;

    l'incertezza applicativa ha portato al progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali, rimasti incagliati nei cassetti fiscali di cittadini, imprese e i istituti di credito anche a fronte della limitata capienza fiscale. Secondo i dati del Centro Studi CNA, sono oltre 50 mila le imprese che scontano difficoltà nello smaltimento dei crediti, soprattutto quelle di minori dimensioni, per un valore di oltre 5 miliardi di crediti inutilizzati;

    nel corso dei lavori di conversione del decreto-legge Aiuti quater sono state presentate al Governo diverse proposte di intervento. L'attenzione si è concentrata, in particolare, sulla proposta presentata dall'Associazione Bancaria Italiana e da ANCE con la quale è stato chiesto un intervento di carattere straordinario finalizzato all'ampliamento della capienza fiscale degli istituti di credito consentendo una compensazione dei crediti fiscali acquisiti con una parte dei debiti fiscali raccolti con le deleghe di versamento F24. Meritevole di menzione anche la proposta presentata dal Consiglio nazionale dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, finalizzata all'estensione del termine di fruizione dei crediti con la possibilità di riporto in avanti dell'eccedenza non fruita;

    le citate proposte sono state ritenute non percorribili dal Governo che ha puntato nuovamente il faro sulla questione della classificazione Eurostat dei crediti fiscali. Al riguardo, appare utile ripercorrere l'evoluzione avutasi negli ultimi anni alla luce delle informazioni acquisite dal Ministero dell'economia e delle finanze nel corso di diverse interrogazioni parlamentari;

    con la risposta del 5 agosto 2021, resa in relazione all'interrogazione n. 3-02613, presentata al Senato dal gruppo parlamentare Fratelli d'Italia (ove si contestava l'impatto negativo della classificazione come «credito pagabile» degli incentivi 4.0 e la diversa valutazione rispetto ai crediti Superbonus, considerando «infondate e pretestuose» le argomentazioni dell'Istat), il Ministero, rilevando che la questione era diventata oggetto di approfondimento nelle competenti sedi europee in assenza di esplicita regolamentazione, aveva assicurato la partecipazione attiva del nostro Paese alla definizione delle nuove regole precisando che «per le singole operazioni non chiaramente identificate nel Regolamento e nel Manuale occorre desumere anche in via interpretativa il trattamento applicabile, sempre nella prospettiva di far prevalere la sostanza sulla forma. Per tale motivo non rileva solo la forma (quella, ad esempio, del credito fiscale) attraverso la quale la misura viene fruita dal beneficiario, ma la sostanza dell'agevolazione»;

    interrogato nuovamente sulla questione attraverso l'interrogazione 5-00251 formulata dall'Onorevole Rubano, lo scorso 18 gennaio 2023 lo stesso Ministero ha chiarito che, a distanza di due anni, sono tuttora in corso le interlocuzioni tra l'Istat, il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed Eurostat e che gli incontri proseguiranno nelle prossime settimane. Interessa, tuttavia, rilevare quanto altresì precisato dal Ministero ovvero che, a seguito della riserva dell'Eurostat in merito al parere Istat sulla classificazione dei crediti Superbonus come non pagabili, «il trattamento contabile dei crediti fiscali è stato oggetto di discussioni nell'ambito del gruppo di lavoro sulle questioni metodologiche delle statistiche EDP (Excessive Deficit Procedure), al termine delle cui consultazioni è stata approvata la nuova sezione sui crediti fiscali del Manuale sul deficit e sul debito». Secondo quanto riferito dal Ministero, la nuova sezione fornirebbe indicazioni più chiare per distinguere i crediti «pagabili» e «non pagabili» e per identificare il momento di registrazione: «il nuovo testo considera tre criteri per identificare i crediti pagabili: cedibilità, differibilità dell'utilizzo ad anni successivi, possibilità di compensare i crediti con qualunque tipo di imposta o contributo sociale. Tali caratteristiche del credito, aumentando la probabilità di effettivo utilizzo del beneficio fiscale, determinano la sua classificazione come “pagabile”»;

    ad oggi non risultano adottati aggiornamenti sul Manuale sul deficit e sul debito né sull'adozione di linee guida in merito al trattamento contabile dei tax credits mentre l'Istat continua registrare la misura come crediti non pagabili a decurtazione delle entrate pubbliche. È di tutta evidenza, però, che se il carattere pagabile dei crediti fiscali dovesse trovare conferma nell'interpretazione Eurostat, il Governo, come preannunciato dal Ministero nella risposta da ultimo citata, dovrà necessariamente valutare gli eventuali interventi normativi da adottare alla luce del quadro di finanza pubblica;

    sotto tale profilo, ritornerebbe d'interesse il tema, più volte discusso in sede di lavori parlamentari, della corretta quantificazione degli oneri finanziari dei bonus edilizi con particolare riferimento agli effetti positivi indotti;

    in ogni caso, al di là degli aspetti generali di finanza pubblica, le misure messe in campo dal Governo negli ultimi provvedimenti non hanno contribuito alla risoluzione dello sblocco dei crediti. La carenza di liquidità per le imprese del settore edile cresce progressivamente. Aspetto ancor più preoccupante, l'effetto incentivante della misura sembra destinato ad esaurirsi nel breve periodo in assenza di urgenti interventi di rilancio in grado di dare certezze ai cittadini e alle imprese;

    è importante preservare i bonus edilizi attraverso un'adeguata programmazione politica orientata alla stabilizzazione degli incentivi anche in vista dei nuovi obiettivi europei in tema di efficienza energetica;

    nell'ambito del piano «Fit for 55», infatti, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo su una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. L'iniziativa trova le sue basi sui dati relativi alle emissioni in Europa da cui emerge come gli edifici siano responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia. Per tale motivo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni nell'Ue di almeno il 55 per cento entro il 2030, la proposta di revisione della direttiva, in discussione nei prossimi mesi, prevede che gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033;

    i target fissati dall'accordo in seno al Consiglio europeo rappresentano una grossa opportunità per il nostro Paese in considerazione dello stato del patrimonio edilizio italiano. Il rapporto ENEA sull'efficienza energetica rileva come gli edifici a destinazione d'uso residenziale risultino pari a 12,42 milioni, con quasi 32 milioni di abitazioni. Oltre il 65 per cento di tale parco edilizio ha più di 45 anni, ovvero è precedente alla legge n. 373 del 1976, prima legge sul risparmio energetico. Di questi edifici, oltre il 25 per cento registra consumi annuali da un minimo di 160 kWh/m2 anno ad oltre 220 kWh/m2. In sostanza, il nostro Paese conta un parco immobili residenziali con oltre la metà degli immobili nelle classi energetiche peggiori (F-G);

    per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea in tema di prestazione energetica degli edifici, il settore edilizio assume una centralità strategica. Per tale motivo, è indispensabile una programmazione strutturale dei meccanismi di incentivo alla spesa per interventi di riqualificazione energetica e adeguamento sismico degli edifici, in grado di stimolare efficacemente gli investimenti e garantire la massima partecipazione dei cittadini;

    oltre alla stabilizzazione delle misure, è necessario intervenire anche sull'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione, poiché molti soggetti, nonché diverse tipologie di edifici, ne rimangono tuttora esclusi. Sarebbe, dunque, auspicabile estendere la misura all'intero patrimonio immobiliare, senza limitazioni legate alla tipologia dell'immobile e alla sua destinazione, in considerazione della finalità della misura di riqualificare ed efficientare l'intero patrimonio immobiliare nazionale;

    è opportuno promuovere il coinvolgimento diretto degli enti territoriali, soprattutto delle regioni e dei relativi enti strumentali finanziari, al fine di estendere quanto più possibile i canali di circolazione dei crediti. Analogamente, deve essere favorita la partecipazione delle associazioni di rappresentanza delle imprese e degli istituti di credito nell'individuazione delle migliori pratiche applicative;

    è altresì determinante potenziare il sostegno agli investimenti attraverso la leva finanziaria individuando strumenti innovativi, anche alternativi a quelli bancari, tra cui i meccanismi di finanziamento quali il crowdfunding e il direct lending e le forme di finanziamento di private equity e venture capital e altre soluzioni fintech, per assicurare il massimo sostegno alle imprese e alle filiere produttive nei processi di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato;

    infine, per meglio orientare le decisioni politiche, non può rinunciarsi all'attivazione di adeguate misure di monitoraggio degli incentivi e degli strumenti a supporto, soprattutto dopo aver appreso, nella recente risposta all'interrogazione 3-00071 dello scorso 14 dicembre 2022, delle difficoltà operative dell'Agenzia delle entrate che non sarebbe in grado di stabilire i motivi del mancato utilizzo dei crediti fiscali risultanti dai cassetti fiscali,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni iniziativa utile allo sblocco delle procedure di cessione dei crediti fiscali incagliati presso i cittadini, le imprese e gli istituti di credito valutando, in considerazione del carattere emergenziale della carenza di liquidità creatasi, l'introduzione di misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale dei soggetti coinvolti o delle possibilità di compensazione, anche in considerazione della genuinità e certezza dei crediti fiscali acquisiti dal sistema bancario;

2) a promuovere, per quanto di competenza, iniziative da parte delle regioni, anche per il tramite degli enti strumentali regionali attivi nel settore finanziario, al fine di agevolare il trasferimento e lo smaltimento dei crediti fiscali, anche stimolando l'istituzione di fondi regionali dedicati e strumenti regionali di incentivo, valorizzando altresì le competenze e la conoscenza del territorio da parte delle camere di commercio, delle associazioni rappresentative delle imprese e della rete territoriale dei confidi e degli intermediari finanziari;

3) a favorire la massima partecipazione delle associazioni rappresentative delle imprese e del mondo finanziario e bancario, al fine di monitorare la gestione degli strumenti, analizzare l'impatto della regolamentazione e rilevarne le criticità, promuovere le migliori pratiche e proporre iniziative normative, a tal fine utilizzando la funzione del Garante nazionale per le micro, piccole e medie imprese, e la rete dei Garanti regionali, assicurandone l'attivazione nelle regioni che ancora non vi abbiano provveduto;

4) ad assumere iniziative volte all'introduzione di strumenti di certificazione idonei a garantire la genuinità del credito spettante nell'ambito delle cessioni, al fine di agevolare la circolazione dei crediti fiscali e semplificare le procedure di controllo, riducendo il rischio di contestazioni ex post a carico dei cessionari;

5) ad adottare iniziative finalizzate a stabilizzare i bonus edilizi connessi all'efficientamento energetico e all'adeguamento sismico degli edifici, attraverso una programmazione strutturale degli incentivi che sia coerente con il perseguimento degli ambiziosi obiettivi europei al 2030, cogliendo l'opportunità di migliorare le prestazioni energetiche e sismiche del patrimonio edilizio italiano;

6) ad accompagnare la programmazione strutturale di cui al precedente impegno con una adeguata programmazione finanziaria degli stanziamenti, anche attraverso l'ottimizzazione delle risorse oggetto di programmazione europea, tenendo altresì conto, nell'elaborazione prudenziale delle stime, degli effetti positivi indotti dagli investimenti alla luce dei risultati già conseguiti negli anni 2021 e 2022;

7) a proseguire le interlocuzioni con l'Eurostat facendo valere le peculiarità dello strumento fiscale del superbonus e del meccanismo della cessione dei crediti, con particolare riferimento al rapporto comunque sussistente tra il beneficio concesso e la capienza fiscale soggettiva (caratteristica tipica dei crediti non pagabili), in linea con l'interpretazione già proposta dall'Istat;

8) ad assumere le iniziative normative idonee ad assicurare in ogni caso la continuità del meccanismo della cessione dei crediti anche alla luce del diverso quadro di finanza pubblica che si verrebbe eventualmente a configurare nel caso di classificazione dei crediti fiscali come pagabili da parte dell'Eurostat;

9) ad adottare iniziative volte a introdurre misure finalizzate a potenziare la leva finanziaria anche attraverso l'introduzione di nuovi strumenti di finanza alternativa a quella bancaria, da attuarsi mediante il ricorso a prodotti finanziari innovativi, tra cui i meccanismi di finanziamento quali il crowdfunding e il direct lending e le forme di finanziamento di private equity e venture capital e altre soluzioni fintech, destinati ad assicurare il sostegno alle imprese e alle filiere produttive nei processi di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato;

10) a prevedere l'introduzione di adeguati sistemi di monitoraggio dell'andamento dei bonus edilizi e dei crediti fiscali valutando l'opportunità di istituire un'apposita piattaforma elettronica di scambio tra gli operatori.
(1-00048) «Santillo, Fenu, Dell'Olio, Pavanelli, Torto, Pellegrini, Iaria, Raffa, Alifano, Lovecchio, Ilaria Fontana, Sergio Costa, Cappelletti, L'Abbate, Appendino, Todde, Morfino, Carmina, Donno».


   La Camera,

   premesso che:

    il 4 febbraio 2023 si celebra la 23esima Giornata mondiale contro il cancro, World Cancer Day, promossa dalla Union for International Cancer Control (UICC) e sostenuta dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). La Giornata è stata istituita con la Carta di Parigi, adottata durante il World Summit Against Cancer for the New Millennium tenutosi il 4 febbraio 2000 e ha lo scopo di evitare milioni di morti ogni anno attraverso l'educazione sulla malattia e la sensibilizzazione della popolazione, del personale medico-sanitario, dei media e delle istituzioni;

    nel Rapporto AIOM «I numeri del cancro in Italia 2022» (di seguito, Rapporto) vengono stimate, con riferimento all'anno 2022, 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), con un incremento di 14.100 casi in due anni. In particolare, i cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200);

    il Rapporto conferma altresì la necessità di sostenere l'attività di sensibilizzazione della popolazione, evidenziando, con riferimento ai fattori di rischio individuale, che più di 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale, che il 24 per cento della popolazione compresa tra i 18 e i 69 anni rientra nella categoria dei fumatori e che il 31 per cento della popolazione adulta può essere classificata come sedentaria;

    suddividendo i dati per genere, nei maschi in ordine decrescente di incidenza stimata i tumori più frequenti sono quelli della prostata (40.500 casi), polmone (29.300), colon-retto (26.000), vescica (23.300) e stomaco (8.800). Nelle donne, sempre in ordine decrescente di incidenza stimata, i tumori più frequenti sono quelli della mammella (55.700 casi), colon-retto (22.100), polmone (14.600), endometrio (10.200) e tiroide (8.700);

    pesano i gravi ritardi accumulati durante la pandemia da COVID-19 che ha avuto l'effetto di allungare ulteriormente le liste di attesa per esami diagnostici e di screening. Nonostante si stia registrando, in questi mesi, una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale, il problema delle liste di attesa permane ed è prioritario risolverlo;

    a fronte dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37 per cento in più di quanto osservato solo 10 anni prima. L'aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni di persone (65 per cento del totale) hanno ricevuto la diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni (39 per cento del totale) da oltre un decennio. Sono oltre un quarto (27 per cento) le persone guarite tra quelle che vivono dopo una diagnosi di tumore;

    l'Europa pur rappresentando meno di un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi totali di cancro nel mondo: il numero di vite perse a causa delle malattie oncologiche, secondo lo IARC (International Agency for Research on Cancer) è destinato a crescere di oltre il 24 per cento entro il 2035, rendendo il cancro la prima causa di morte in tutta l'Unione europea;

    l'emergenza da COVID-19 ha evidenziato la forte inadeguatezza sia della medicina territoriale che della sanità digitale. Sono queste le due idee di forza del Piano nazionale di ripresa e resilienza in cui si prevede di riservare l'ospedalità alle acuzie, potenziando in modo deciso l'assistenza territoriale e garantendo adeguate risposte assistenziali extra-ospedaliere al paziente cronico. L'impiego della sanità digitale e della telemedicina ha infatti già permesso ad alcune regioni di attenuare l'impatto negativo del COVID-19 sull'accessibilità alle cure ospedaliere, consentendo di mantenere grazie agli strumenti informatici una buona continuità assistenziale;

    il 3 febbraio 2021 la Commissione europea, in un documento inviato al Parlamento europeo e al Consiglio europeo, ha elaborato il nuovo «Piano europeo di lotta contro il cancro» che riflette l'impegno politico dell'Unione europea verso una lotta senza quartiere ai tumori;

    la struttura del piano europeo di lotta contro il cancro prevede quattro specifiche aree d'azione: 1) prevenzione; 2) diagnosi precoce; 3) diagnosi e trattamento; 4) qualità della vita dei pazienti e sopravvissuti;

    partendo dall'assunto che la prevenzione è più efficace che la cura e che il 40 per cento dei casi di malattia di cancro può essere prevenuto, una parte estesa del piano europeo è dedicata a una serie articolata di azioni per la prevenzione. Si provvederà a migliorare la diffusione della conoscenza sul rischio del cancro, aggiornando il codice europeo contro il cancro e fissando l'obiettivo al 2025 che l'80 per cento della popolazione ne conosca i contenuti;

    azioni mirate riguardano la sfera degli stili di vita, attraverso la riduzione del tabagismo a meno del 5 per cento al 2040 dal 25 per cento attuale attraverso l'iniziativa «Generazione libera dal tabacco». Azioni strutturali sono previste per migliorare diete salutari e attività fisica, agendo attraverso l'informazione sul cibo più sano, favorendo il consumo di frutta e verdura e contrastando l'obesità infantile;

    inoltre, poiché il 52 per cento dei decessi professionali annuali nell'Unione europea può essere attribuito a tumori legati al lavoro, nel piano 2021-2027 sulla salute e sicurezza sul lavoro saranno introdotte nuove norme di prevenzione e di riduzione dell'esposizione dei lavoratori;

    la diagnosi precoce sarà attuata attraverso un accesso alla diagnostica ponendo come obiettivo che al 2025 il 90 per cento della popolazione dell'Unione europea che soddisfa i requisiti per lo screening del tumore al seno, del tumore del collo dell'utero e del tumore del colon-retto abbia la possibilità di sottoporvisi;

    per assicurare alti standard per tutti nella cura del cancro, da qui al 2030 il 90 per cento degli aventi diritto dovrebbe avere accesso alle unità complesse di oncologia facenti parte di una rete dell'Unione europea. A tal fine, nel 2021 è stata lanciata l'iniziativa «Diagnosi e trattamento del cancro per tutti»;

    muovendo dalla considerazione che ogni paziente è diverso, e che non tutte le malattie di cancro sono uguali, il piano europeo di lotta contro il cancro promuove azioni di cura mirate per ciascun paziente con il programma di medicina personalizzata nell'ambito del programma di ricerca Horizon Europe. Uno studio condotto dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) e da altre istituzioni sanitarie europee ha dimostrato quanto le disuguaglianze sociali siano un fattore in grado di aumentare le probabilità di ammalarsi di cancro;

    si provvederà al miglioramento della qualità della vita di chi convive con un cancro, compresi gli aspetti di riabilitazione e misure per facilitare l'integrazione sociale e il reinserimento lavorativo. Sarà avviata un'iniziativa a favore di una vita migliore per i malati di cancro incentrata sull'assistenza, e anche misure di supporto sociale e lavorativo nei confronti dei familiari e parenti che svolgono la funzione di caregiver, funzione ritenuta strategica;

    in Italia circa un milione di persone, sebbene considerate guarite dal cancro, subiscono discriminazioni per accendere un mutuo, per adottare un bambino, per chiedere un prestito personale, per aprire un'attività, per richiedere una copertura assicurativa e anche per il reinserimento lavorativo. In tal senso il Piano europeo di lotta contro il cancro mira non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui;

    il riconoscimento del diritto della persona guarita, ad esempio, nell'accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi, dovrebbe garantire che ad esse non potranno essere richieste informazioni sullo stato di salute relative a malattie oncologiche pregresse, quando sia trascorso un certo periodo di tempo da individuare dalla fine del trattamento attivo in assenza di recidive o ricadute della patologia. Tali informazioni non potranno più essere considerate ai fini della valutazione del rischio o della solvibilità del cliente e ciò dovrà valere anche per l'accesso alle adozioni;

    negli ultimi 3 anni, tra l'aprile 2019 e il febbraio 2022, ben cinque Paesi europei hanno approvato norme che garantiscono agli ex pazienti oncologici il diritto a non essere discriminati e a non essere rappresentati dalla malattia: Belgio, Portogallo, Francia e Olanda hanno infatti approvato delle specifiche proposte di legge;

    il portato di queste leggi è del tutto analogo e pressoché identiche le soglie temporali, superate le quali si ha diritto all'oblio: 5 anni dalla fine del protocollo terapeutico nel caso di tumori insorti prima del ventunesimo anno di età; 10 anni per quelli sviluppati dopo il compimento dei 21 anni di età;

    in ambito Unione europea, una risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su Rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata nell'enunciazione dei campi di azione – al paragrafo 125 «chiede che entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all'oblio a tutti i pazienti europei»;

    in Italia molti parlamentari hanno presentato, anche nella corrente legislatura, proposte di legge sul diritto all'oblio; ciò fa ben sperare che si possa addivenire ad una rapida approvazione delle stesse;

    è inoltre importante menzionare il piano d'azione «Samira», presentato il 5 febbraio 2021, volto a migliorare il coordinamento europeo nell'utilizzo delle tecnologie radiologiche e nucleari per la cura dei tumori e di altre malattie, garantendo altresì ai cittadini europei elevati standard di qualità nel trattamento della patologia e parità di accesso alla medicina personalizzata;

    il nuovo Piano oncologico nazionale 2022-2027 deve passare al vaglio della Conferenza Stato-regioni; il documento detta gli indirizzi per la prevenzione, la cura e l'assistenza ai malati di cancro con rinnovata attenzione ai percorsi assistenziali grazie a «un approccio globale e intersettoriale, con una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico» e con il grande obiettivo della riduzione fino all'eliminazione delle disuguaglianze nell'accesso agli interventi di prevenzione e cura;

    il nuovo Piano oncologico nazionale 2022-2027 si basa su: prevenzione, percorsi di cura chiari ed omogenei nonché totale attenzione al malato e a chi lo assiste; in caso di fondato sospetto esenzione temporanea dal ticket che decada qualora la diagnosi non venga confermata, digitalizzazione per snellire la burocrazia, assistenza sempre più domiciliare e integrata con l'ospedale e i servizi territoriali; formazione degli operatori sanitari e campagne informative per i cittadini; supporto nutrizionale e psicologico, ampliamento delle fasce di età per gli screening; cure palliative a domicilio e potenziamento delle coperture vaccinali;

    per essere efficace e realistico il nuovo Piano oncologico nazionale necessita però di specifici finanziamenti che consentano alle regioni di rispondere alle disposizioni inserite negli appositi indicatori approntati per l'implementazione del Piano;

    negli ultimi 8 anni, a cavallo delle ultime due legislature, l'intergruppo parlamentare «Insieme per un impegno contro il cancro», frutto della volontà del gruppo «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», coordinato da Salute Donna Onlus, ha favorito il dialogo fra il Parlamento e molte associazioni di pazienti presenti nel campo dell'oncologia, portando all'evidenza di numerosi parlamentari la necessità di intervenire in modo organico e strategico sulla materia. Un nuovo accordo di legislatura in 12 punti è stato redatto e condiviso dalle 45 associazioni di pazienti che hanno aderito al Gruppo, ed è stato condiviso con tutti i gruppi politici in lizza per le elezioni del 2022 e l'intergruppo è stato già ricostituito e vede la presenza di tutti i gruppi politici,

impegna il Governo:

1) ad adottare e rendere effettivo, con opportuni finanziamenti, il nuovo Piano oncologico nazionale, garantendo un raccordo con il Piano oncologico europeo, stilando un cronoprogramma e promuovendo l'accordo definitivo in sede di Conferenza Stato-regioni;

2) a verificare la disponibilità dei fondi europei messi a disposizione dal programma EU4Health per garantire l'attuazione anche del Piano oncologico nazionale;

3) a favorire la costituzione di un tavolo permanente presso il Ministero della salute con la partecipazione delle società scientifiche e delle associazioni pazienti e con i membri coordinatori dell'intergruppo «Insieme per un impegno contro il cancro» al fine di identificare gli obiettivi concreti e misurabili del Piano oncologico nazionale, le tempistiche, gli indicatori di performance, le coperture economiche e le regioni che necessitano di una velocizzazione dei processi;

4) a sostenere il piano d'azione «Samira» per migliorare l'utilizzo delle tecnologie radiologiche e nucleari per la cura dei tumori e di altre malattie;

5) a definire un piano strategico per l'eliminazione dei principali fattori di rischio, attraverso azioni mirate alla promozione dei corretti stili di vita e alla messa a disposizione dei clinici delle migliori alternative terapeutiche disponibili;

6) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a riconoscere e tutelare il diritto all'oblio oncologico, al fine di assicurare la parità di trattamento, l'inclusione sociale e il reinserimento lavorativo delle persone guarite da patologie oncologiche, garantendo anche la parità di accesso al credito bancario e alle procedure per l'adozione;

7) ad adottare iniziative per rendere effettivo il funzionamento delle Reti oncologiche regionali in base agli impegni già assunti attraverso gli accordi in Conferenza Stato-regioni, anche attraverso l'emanazione di specifiche linee guida redatte dagli esperti;

8) a potenziare e migliorare l'accesso agli screening oncologici per la diagnosi precoce dei tumori, favorendo la presa in carico dei pazienti;

9) a provvedere al costante finanziamento dei test genetici, dei test Next Generation Sequencing (NGS) e alla formazione dei patologi e degli altri clinici coinvolti oltre all'implementazione regionale dei Molecular Tumor Board al fine di implementare la medicina di precisione e garantire significativi risparmi per il Servizio sanitario nazionale;

10) a favorire l'accesso uniforme alle terapie oncologiche innovative su tutto il territorio nazionale studiando nuove forme di governance già presenti in altri Paesi europei, sviluppando un nuovo modello di accesso precoce ai farmaci potenzialmente innovativi e assumendo tutte le iniziative opportune tese a colmare le differenze dei servizi assistenziali per la cura del cancro tra le varie regioni;

11) a promuovere e a facilitare la ricerca clinica sui farmaci oncologici innovativi e sulle nuove tecnologie, quali l'immunoterapia, le Car-t e le terapie radiocellulari di ultima generazione, anche al fine di attrarre investimenti presso le eccellenze scientifiche del nostro Paese;

12) a sostenere il comparto produttivo nazionale connesso all'ambito sanitario attraverso il consolidamento della tutela delle aziende ed enti del settore mediante l'apporto di capitale pubblico e privato nel quadro dell'ecosistema competitivo;

13) ad ammodernare il parco tecnologico a disposizione delle strutture sanitarie destinato alla diagnostica per immagini, medicina nucleare, radioterapia oncologica e terapia con radio farmaci;

14) a favorire l'adozione sul territorio dei Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) quale modalità organizzativo-gestionale più efficace per la presa in carico del paziente, favorendo altresì un maggior coinvolgimento dei pediatri e dei medici di famiglia nella gestione delle problematiche dei lungo-sopravviventi, e promuovendo la medicina personalizzata e la medicina di genere;

15) ad approntare processi di riabilitazione oncologica che prevedano l'impiego della medicina di prossimità e dell'assistenza domiciliare, così come previsto dalla riforma della medicina territoriale all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

16) ad adottare iniziative per garantire l'accesso alla terapia del dolore ai pazienti oncologici in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, anche promuovendo un numero adeguato di hospice in ogni regione italiana;

17) ad uniformare le infrastrutture digitali e i flussi informativi informatici al fine di realizzare gli obiettivi della digitalizzazione della medicina oncologica, anche per l'implementazione della legge 22 marzo 2019, n. 29, che ha istituito la Rete nazionale del Registro tumori;

18) a completare il percorso istitutivo del Registro nazionale tumori e della rete dei registri regionali, assicurando un corretto conferimento dei dati regionali in un unico e funzionante database nazionale;

19) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a garantire il diritto di comporto e l'aumento delle ore di permesso annuali per le visite di follow up e per gli esami strumentali dei pazienti oncologici;

20) ad adottare iniziative per assicurare per i pazienti oncologici lavoratori il ricorso al lavoro agile, compatibilmente con il tipo di mansioni e attività lavorative svolte;

21) a sostenere l'istituzione in ogni unità complessa di oncologia di un servizio di psiconcologia riservato ai pazienti e ai familiari, procedendo, il prima possibile, al riconoscimento della psiconcologia come professione sanitaria;

22) ad adottare iniziative volte ad assicurare in maniera uniforme sul territorio nazionale l'erogazione di forniture, prestazioni e servizi adeguati per i pazienti oncologici, inclusa la fornitura di parrucche e protesi di qualità e l'esecuzione di interventi di cosmesi e di chirurgia estetica;

23) ad adottare iniziative per garantire l'implementazione delle Breast Unit, con la finalità di garantire l'accessibilità a Centri che rispondano ai requisiti prescritti e rispettino gli standard di qualità;

24) a sostenere la lotta al cancro infantile, facendone assoluta priorità e valutando l'istituzione di un fondo permanente per il sostegno ai piccoli pazienti oncologici, alle loro famiglie nonché a definire misure per la presa in carico durante il periodo di transizione tra l'età pediatrica e quella adulta;

25) ad assumere le iniziative opportune a realizzare campagne di informazione e raccolta di dati che consentano di mettere in campo strategie di prevenzione efficaci, seguendo le necessità del territorio, e che tengano conto delle abitudini di vita, dei fattori ambientali e dell'esigenza di diffondere un'informazione certificata e di contrastare il fenomeno delle fake news sul cancro;

26) ad adottare iniziative, d'intesa con le regioni, volte ad escludere la spesa sostenuta per l'acquisto di alcune categorie di farmaci legati alle cure oncologiche dal calcolo del tetto di spesa per gli acquisti diretti di farmaci e dei relativi obblighi di ripiano;

27) a rafforzare la campagna informativa e la rete territoriale organizzativa per raggiungere gli obiettivi previsti nel piano per la copertura vaccinale anti-HPV della popolazione per il contrasto al tumore della cervice uterina;

28) a favorire la partecipazione e l'ascolto delle associazioni dei pazienti con esperienza di advocacy politico-istituzionale e delle famiglie nei processi decisionali sulle nuove tecnologie sanitarie così come già accade nell'Unione europea dove l'European Medicine Agency favorisce la presenza delle associazioni pazienti nelle discussioni riguardanti le nuove tecnologie sanitarie.
(1-00049) «Cattoi, Foti, Serracchiani, Francesco Silvestri, Cattaneo, Richetti, Zanella, Lupi, Schullian, Molinari, Lucaselli, Malavasi, Quartini, Benigni, Bonetti, Grimaldi, Semenzato, Gebhard».


   La Camera,

   premesso che:

    le isole minori marine, lagunari e lacustri rappresentano una preziosa risorsa dal punto di vista culturale, paesaggistico, turistico ed economico per l'Italia e per l'intero Mediterraneo, nonché costituiscono altresì un elemento di fondamentale attrattiva della nostra Penisola;

    le isole minori sono presenti in sette regioni, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana, e sono costituite da 36 comuni, estendendosi per una superficie di 919,19 chilometri quadrati. Hanno una popolazione di circa 220.000 abitanti;

    nella XVIII legislatura, soltanto al Senato, è stato approvato un testo «Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri» finalizzata alla crescita sociale ed economica delle isole minori marine, lagunari e lacustri, in considerazione del valore unico che esse rappresentano sotto il profilo naturalistico e ambientale, delle tradizioni e delle particolari culture che vi sono conservate, ed in applicazione degli articoli 174 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che, nel riconoscimento dei gravi e permanenti svantaggi naturali delle regioni insulari, prevedono la particolare tutela di tali aree insulari, attraverso provvedimenti e normative anche in deroga, per superare gli specifici divari geografici, infrastrutturali, amministrativi e dei servizi rispetto alle aree maggiormente sviluppate;

    la necessità di provvedere a una profonda analisi e alla seguente revisione della disciplina sulle isole minori risulta dettata altresì da esigenze economiche e territoriali, è noto infatti che, per la particolare posizione esse si trovano collocate in un contesto geografico-politico peculiare e pertanto meritevole di differente considerazione rispetto alla normativa ordinaria;

    tuttavia, le isole minori non possono trovarsi in condizione di subalternità rispetto alle regioni di appartenenza e, in generale, al resto del territorio nazionale, pertanto è compito dello Stato farsi carico della rimozione degli ostacoli che si frappongono a tale separazione e di eliminare le sperequazioni che spesso rendono la vita meno agiata nelle isole stesse;

    emerge dunque l'esigenza di una legislazione speciale, non meramente equiparabile a quella di cui il legislatore costituzionale ha ritenuto di dover dotare le regioni a statuto speciale, ma tenendo conto dell'ulteriore extra-ordinatrietà di tali micro-realtà locali;

    proprio per queste peculiarità, che risultano ulteriormente differenziate tra le diverse piccole isole del nostro territorio, si impone una speciale disciplina al fine di realizzare un agire comune e quindi rafforzato, per meglio trattare i problemi delle medesime realtà locali;

    all'assenza di una disciplina uniforme è stato posto rimedio con provvedimenti sporadici ed eccezionali, episodici e frammentari, spesso al fine di porre rimedio a uno stato di emergenza in cui l'isola già versava;

    risulta invece necessario porre opportuni rimedi che permettano di intervenire anche in via preventiva. Una corretta prevenzione si può ottenere solo con una legge quadro che disponga l'organizzazione della vita insulare e la disciplina di tutti quei settori che si ripercuotono su di essa;

    è necessario che le isole minori godano di una maggiore autonomia finanziaria, che consenta loro di amministrarsi e di poter affrontare tempestivamente, anche se solo temporaneamente, qualsiasi emergenza si presenti. Esse hanno altresì la necessità di godere di vere e proprie guarentigie generali finalizzate a risolvere le problematiche che per la terraferma possono essere facilmente superabili, mentre per le isole appaiono spesso insormontabili;

    eventi di lieve entità possono infatti portare a gravi scompensi, causando il totale scollegamento dalla terraferma anche per periodi prolungati di tempo;

    appare dunque necessario tenere in forte considerazione le peculiari esigenze in tutti i settori (sanitario, ambientale, turistico, culturale, dei trasporti) al fine di rimuovere ogni forma di ostacolo al pieno godimento dei diritti della popolazione insulare e consentire la risoluzione delle problematiche al fine di garantire la corretta applicazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale garantito dall'articolo 3 della Costituzione;

    sono circa 250 le istituzioni scolastiche site nelle piccole isole e nelle comunità montane che affrontano quotidianamente molteplici difficoltà di gestione dell'organizzazione didattica e del personale;

    infatti, spesso, i luoghi in cui si trovano queste scuole disincentivano il personale scolastico, in particolar modo quello a tempo determinato, ad accettare proposte di lavoro in quanto gli spostamenti casa-scuola-casa sono difficoltosi logisticamente o comunque antieconomici; di sovente, infatti, istituti situati in piccole isole restano chiusi, nonostante numerose convocazioni inoltrate, proprio per le difficoltà legate soprattutto agli spostamenti;

    invero, i molti docenti e personale Ata presenti nelle graduatorie provinciali delle supplenze, che attendono con ansia la possibilità di potere accettare una proposta di supplenza, ritengono che gli spostamenti o la permanenza nelle piccole isole comporti una spesa talmente rilevante da risultare addirittura antieconomica;

    in particolare, il lavoro svolto presso le sedi scolastiche disagiate sulle piccole isole comporta per il personale scolastico un notevole costo economico, sia nel caso di pendolarismo sia in caso di domiciliazione nel comune di servizio; in alcune piccole isole, come nel caso di Capri, Ischia, Procida, Isole Eolie, Isole Tremiti, visto il costo degli affitti, la spesa verrebbe ad essere praticamente pari alla retribuzione;

    pertanto, la carenza di personale, in particolar modo di personale Ata, che le istituzioni scolastiche lamentano complica ulteriormente il regolare svolgimento dell'anno scolastico;

    attualmente l'incentivo al personale a scegliere come sede di servizio una sede disagiata o una piccola isola è dato dal raddoppio del punteggio annuale in caso di mobilità; tuttavia, l'incentivo è assente per la compilazione delle graduatorie permanenti e di III fascia;

    questa situazione, però, ha, negli anni, fortemente compromesso e leso il diritto all'istruzione che si ricorda essere un diritto costituzionalmente garantito che impone allo Stato scelte strategiche volte al superamento delle criticità sorte;

    nella XVIII legislatura è stata votata, durante la seduta del 9 dicembre 2021, una risoluzione in Commissione, proposta dal M5S e approvata in modo bipartisan, con la quale si impegnava il Governo a garantire l'autonomia scolastica, a dare incentivi ai lavoratori pendolari, a favorire soluzioni per alloggiare sul luogo, a programmare e finanziare progetti specifici – in collaborazione con enti locali e regionali – per i territori fragili, ad assicurare l'esistenza delle scuole come presìdi del territorio e a limitare la formazione delle pluriclassi, in sostanza, ad intervenire per garantire il diritto all'istruzione nei territori svantaggiati, in quanto dovere costituzionale;

    appare dunque assolutamente urgente che siano definiti criteri preferenziali da applicare, in sede di assegnazione alle istituzioni scolastiche che ricadono nei comuni delle isole minori, qualora espressamente richiesto, al personale direttivo, docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario che dimostri di possedere contestualmente la residenza e il domicilio nel comune delle isole minori ove insiste l'istituzione scolastica di assegnazione;

   appare inoltre necessario riconoscere al personale direttivo, docente e amministrativo, tecnico e ausiliario non residente e assunto a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato, purché presti effettivo servizio in modo continuativo in istituzioni scolastiche aventi sede nelle piccole isole, i seguenti ulteriori incentivi: a) indennità per sede disagiata a titolo di indennizzo per sopperire ai costi degli alloggi e al disagio lavorativo; b) equiparazione ai residenti ai fini del diritto alla riduzione del costo del biglietto dei trasporti marittimi e terrestri,

impegna il Governo:

1) a porre in essere le più idonee iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, anche normative, volte a garantire il diritto all'istruzione degli alunni e delle alunne frequentanti le scuole dei territori fortemente disagiati, in particolare delle piccole isole e delle comunità montane, affinché si pervenga all'attribuzione loro dell'autonomia scolastica;

2) ad adottare iniziative, anche di natura normativa, volte a prevedere misure incentivanti rivolte al personale scolastico pendolare, in particolare nelle piccole isole e nelle comunità montane, a fronte del possesso di un regolare contratto di lavoro, anche a tempo determinato;

3) ad adottare iniziative volte a garantire, dunque, nel rispetto delle competenze di tutti i soggetti interessati, che al personale direttivo, docente e amministrativo, tecnico e ausiliario, che abbia fatto espressa richiesta di servizio in un'istituzione scolastica avente sede in una delle piccole isole e che dimostri di possedere la contestuale residenza e dimora abituale nel territorio dell'isola in cui tale istituzione è situata, che sia attribuita la precedenza di nomina nell'ordine delle rispettive graduatorie, nei trasferimenti, nei passaggi di cattedra e negli incarichi a tempo indeterminato;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a riconoscere al personale direttivo, docente e amministrativo, tecnico e ausiliario non residente e assunto a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato, purché presti effettivo servizio in modo continuativo in istituzioni scolastiche aventi sede nelle piccole isole, ulteriori necessari incentivi, come ad esempio, l'indennità per sede disagiata a titolo di indennizzo per sopperire ai costi degli alloggi e al disagio lavorativo e l'equiparazione ai residenti ai fini del diritto alla riduzione del costo del biglietto dei trasporti marittimi e terrestri;

5) al fine di garantire concretamente il diritto allo studio e alla continuità didattica nei territori di cui si parla, ad adottare iniziative per favorire soluzioni alternative al pendolarismo, anche attraverso la promozione, per il personale scolastico, di soluzioni alloggiative presso le piccole isole e le comunità montane o dismisure compensative quali riconoscimenti economici aggiuntivi contrattuali, al fine di garantire la continuità didattica in tali territori disagiati e un effettivo diritto allo studio;

6) ad adottare iniziative di competenza per programmare e finanziare progetti specifici, in collaborazione con gli enti locali e regionali, al fine di introdurre regole speciali per i suddetti territori, in quanto fragili e svantaggiati, assicurando, per quanto possibile, il mantenimento di adeguati presìdi scolastici, limitando per quanto possibile il ricorso alla formazione di pluriclassi, e incentivando, altresì, l'insegnamento nelle piccole isole e nelle comunità di montagna, affinché la scuola diventi un volano per la crescita dell'intera comunità e si eviti lo spopolamento di tali territori;

7) a favorire una buona qualità della vita con particolare attenzione ai servizi essenziali costituzionalmente garantiti, come al diritto allo studio e alla formazione scolastica, attivando servizi e strutture scolastiche idonei a favorire l'inclusione sociale e combattere la tendenza allo spopolamento.
(1-00050) «Amato, Caso, Carotenuto, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Pellegrini, Pavanelli, Orrico, Morfino, Cherchi, Carmina, Ascari, Cappelletti».


   La Camera,

   premesso che:

    le analisi indipendenti condotte dalla fondazione Gimbe, nell'ambito del 5° rapporto sul Servizio sanitario nazionale (Ssn), ricordano che la crisi di sostenibilità del Ssn coincide con un prolungato periodo di grave crisi economica durante il quale la curva del Fondo sanitario nazionale (Fsn) si è progressivamente appiattita, in conseguenza di scelte politiche che nel decennio 2010-2019 hanno determinato un imponente definanziamento del Ssn;

    secondo le analisi Gimbe, alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro, di cui circa 25 miliardi nel periodo 2010-2015, in conseguenza dei tagli lineari effettuati nelle diverse manovre finanziarie e oltre 12 miliardi nel periodo 2015-2019, come processo di progressivo definanziamento che, per obiettivi di finanza pubblica, ha assegnato al Ssn meno risorse rispetto ai livelli programmati;

    successivamente, le leggi di bilancio 2020, 2021 e 2022 hanno invertito la rotta con un incremento complessivo del Fsn di 11,2 miliardi, segnando un netto cambio di passo nel trend del finanziamento pubblico del Ssn, cresciuto in media del 3,4 per cento annuo, tasso superiore a quello dell'inflazione media annua del periodo 2020-2021 (0,9 per cento) e certificando formalmente la fine della stagione dei tagli alla sanità;

    oltre alle predette manovre, dal mese di marzo 2020 al mese di settembre 2022, sono stati emanati ben 12 decreti-legge che hanno stanziato risorse ad hoc per la gestione dell'emergenza COVID-19, per complessivi 11.414,3 miliardi di euro;

    nel Documento di economia e finanza 2022, tuttavia, a fronte di una prevista crescita media annua del Pil nominale del 3,8 per cento nel triennio 2023-2025, la spesa sanitaria torna a ridursi mediamente dello 0,6 per cento per anno e nel 2025 il rapporto spesa sanitaria/Pil precipita addirittura al 6,2 per cento al di sotto dei livelli antecedenti la pandemia e la Nota di aggiornamento al Def (NaDef) riduce ulteriormente il predetto rapporto al 6,1 per cento;

    la manovra economica per il 2023 è intervenuta in campo sanitario disponendo l'aumento di 2 miliardi per il finanziamento della spesa sanitaria; sono poi state adottate misure circoscritte riguardanti le farmacie e il finanziamento di interventi per ridurre l'antibiotico resistenza oltre che l'acquisto dei vaccini; gran parte delle predette risorse sono in verità destinate, per la maggior parte, a compensare gli aumenti legati al caro energia rispetto al quale la manovra per il 2023 ha esplicitamente vincolato ben 1,4 miliardi;

    proprio sulla predetta manovra, la Corte dei conti ha rilevato che la previsione della spesa sanitaria in termini di contabilità economica raggiungerebbe i 133,8 miliardi, ponendosi in tal modo solo poco al di sotto di quella prevista per il 2022 (133,9 miliardi), confermando, dunque, che la spesa sanitaria, in termini di prodotto, è in riduzione nel prossimo biennio (-1,1 per cento in media all'anno);

    la Corte dei conti stigmatizza quindi il fatto che il rapporto fra spesa sanitaria e Pil si porta su livelli inferiori a quelli precedenti alla crisi sanitaria già dal 2024 (al 6,3 per cento), per ridursi ancora di un decimo di punto nell'anno terminale (2025);

    il decrescere dell'incidenza sul Pil è un elemento preoccupante perché si traduce in «meno salute» e pone il nostro Paese al di sotto della media dei Paesi Ocse e al di sotto dell'accettabilità, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita, che già studi e ricerche hanno documentato in accreditati rapporti;

    diverse e specifiche misure per l'anno 2023 non sono state rifinanziate, com'è il caso ad esempio degli interventi introdotti con il cosiddetto decreto rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020, -500 milioni) e soprattutto sono venuti meno i 500 milioni di euro per l'abbattimento delle liste di attesa, nonostante il problema sia, ad oggi, tutt'altro che risolto;

    la Corte dei conti ha ribadito come, dopo l'emergenza che ha caratterizzato lo scorso triennio, si riproponga il gap mai risolto tra le risorse dedicate nel nostro Paese al sistema sanitario e quelle dei principali partner europei; una differenza resa più grave dagli andamenti demografici: già oggi l'Italia è caratterizzata da una quota di popolazione anziana superiore agli altri Paesi, quota destinata a crescere in misura significativa nei prossimi anni;

    permane il grave ritardo nella erogazione delle prestazioni, anche ordinarie, ed è pertanto necessario procedere con sollecitudine al riassorbimento delle liste d'attesa, cresciute esponenzialmente con la pandemia; a riguardo, sempre la Corte dei conti ha rappresentato come siano ben 14 le regioni che presentano performance peggiori di quelle del 2019 nel caso degli interventi cardio-vascolari caratterizzati da maggiore urgenza e che dovrebbero essere eseguiti entro 30 giorni; solo di poco migliore l'andamento per quanto riguarda i tumori maligni: sono 12 le regioni che hanno peggiorato le loro performance;

    le prestazioni di specialistica ambulatoriale non hanno recuperato i livelli del 2019: nel primo semestre 2022 le prestazioni erogate risultavano in media nazionale inferiori del 12,8 per cento a quelle dello stesso periodo del 2019 e 13 regioni si collocavano al di sotto della media;

    anche dalle analisi di Gimbe emerge come si accumuli sempre più ritardo nell'erogazione di prestazioni chirurgiche, ambulatoriali e di screening, nonostante quasi 1 miliardo di euro di investimenti dedicati e la definizione di un piano nazionale per il recupero delle liste di attesa; il progressivo impatto del long-COVID ha richiesto l'apertura di centri dedicati in tutto il Paese con uno sforzo organizzativo e di personale specialistico sempre maggiore, senza considerare l'impatto sulla salute mentale fortemente sotto-diagnosticato in particolare nelle fasce più giovani, fatica a trovare adeguate risposte assistenziali;

    peraltro, l'emergenza Covid appare tutt'altro che conclusa e desta notevole preoccupazione: il nostro Paese dev'essere pronto a fronteggiare situazioni imprevedibili in brevissimo tempo, con misure tali da garantire una numerosità di strutture e posti per la terapia del Covid e delle patologie connesse senza che ciò debba comportare la mancata assistenza per le altre patologie; per questo motivo, tra il mese di dicembre 2022 e gennaio 2023, sono state emanate diverse circolari del Ministero della salute, recanti gli interventi in atto per la gestione della circolazione del Sars-CoV-2 nella stagione invernale 2022-2023, volte a chiarire queste nuove necessità, che, al di là dello sviluppo degli eventi, richiede un ripensamento del sistema;

    dal Report Osservatorio GIMBE 2/2022, «Livelli Essenziali di Assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità», emerge che rispetto al mantenimento dell'erogazione dei Lea, a fronte di un Ssn fondato su princìpi di equità e universalismo, il nostro Paese presenta inaccettabili diseguaglianze regionali. In particolare:

     gli adempimenti Lea 2018 valutati tramite il questionario Lea documentano che solo 5 regioni (Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Marche, Toscana) sono adempienti (senza impegno né raccomandazioni) per almeno l'80 per cento delle 43 valutazioni;

     gli adempimenti al mantenimento dell'erogazione dei Lea tramite griglia Lea, per i quali nell'ultima valutazione solo due regioni risultano inadempienti, lasciano emergere diseguaglianze regionali di notevole entità nel decennio 2010-2019;

     nel quartile superiore si ritrovano solo regioni del Nord. Nessuna regione del Sud compare tra le prime dieci posizioni;

    una disuguaglianza regionale inaccettabile tanto quanto la mancata approvazione del nomenclatore tariffario riferito ai cosiddetti «nuovi Lea», la cui assenza rende di fatto inattuato l'aggiornamento, ormai già vecchio, dei livelli essenziali di assistenza del 2017, che mai sono stati esigibili nonostante fossero stati sbandierati come la più grande conquista degli ultimi dieci anni. Quei Lea erano e sono senza una idonea copertura;

    occorre restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale e superare l'attuale frammentazione in cui versano i servizi sanitari regionali, intervenendo per riportare allo Stato, in via esclusiva, la competenza in materia di tutela della salute, al fine di garantire la sostenibilità del sistema e una migliore equità nell'erogazione delle prestazioni e rispondere, così, ai principi di universalità, di uguaglianza e di globalità degli interventi, in osservanza e ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione;

    al fine di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, si dovrebbe altresì intervenire sulla ripartizione del Fondo sanitario nazionale, prevedendo che nello stabilire i pesi da attribuire ai diversi elementi si tenga conto anche di indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché, con un peso non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota, dell'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istat, che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

    i recenti interventi sul nostro sistema sanitario correlati alla pandemia, ove rifinanziati ovvero non resi strutturali, non risolvono le numerose e ataviche necessità del Ssn: primo fra tutti il fabbisogno di personale sanitario la cui carenza è ormai divenuta tanto insostenibile quanto strutturale e rischia di aggravarsi ulteriormente alla luce dell'auspicata riforma dell'assistenza territoriale;

    alla riduzione delle risorse economiche e alla compressione delle prestazioni sanitarie per i cittadini, si aggiungono le misure di contenimento della spesa sul personale che continuano a generare un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e insostenibili turni straordinari, nonché una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di lavoro flessibile e precarizzato anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione), determinando un progressivo indebolimento della sanità pubblica che in tal maniera e in queste condizioni emergenziali non è più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e perde terreno in favore della sanità privata o della sanità integrativa;

    numerosi dati e ricerche rilevano come la spesa sanitaria privata sia aumentata sensibilmente e che siano sempre più numerosi i cittadini che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie nel pubblico: si fa sempre più dilagante la «fuga» dal Ssn verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto alla compartecipazione dovuta o comunque in tempi più rapidi rispetto alle liste di attesa del servizio pubblico;

    i cosiddetti fondi integrativi o le polizze assicurative non dovrebbero sostituirsi al primo pilastro del nostro sistema pubblico di salute che è il Ssn, basato sui principi di universalità, equità e solidarietà, come diretta attuazione dell'articolo 32 della Costituzione; tuttavia, diverse forme di sanità integrativa si stanno con il tempo proponendo come le uniche forme risolutive del problema dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza e come l'unica forma di superamento delle difficoltà in cui versa il sistema pubblico di tutela della salute;

    la sanità integrativa, peraltro, propone sempre più spesso «pacchetti prevenzione» che da un lato alimentano un consumismo sanitario e dall'altro aggravano l'inappropriatezza delle prestazioni sanitarie con uno spreco di risorse;

    anche il ricorso all'intramoenia è sempre più spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del Ssn, in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto: la legge n. 120 del 2007, concernente l'attività libero-professionale intramuraria, prevede infatti il «progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria», proprio al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia la conseguenza della libera scelta del cittadino e non già la conseguenza di una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale;

    già l'Anac, nell'ambito dell'aggiornamento del Piano nazionale anticorruzione, collocava tra gli eventi a rischio di corruzione proprio l'attività intramoenia laddove vi sia, ad esempio, l'errata indicazione al paziente delle modalità e dei tempi di accesso alle prestazioni in regime assistenziale, la violazione del limite dei volumi di attività previsti nell'autorizzazione, lo svolgimento della libera professione in orario di servizio, il trattamento più favorevole dei pazienti trattati in libera professione;

    come riportato anche sul sito dell'Agenas, l'attività libero professionale intramuraria (Alpi) può essere autorizzata a condizione che: non comporti un incremento delle liste di attesa per l'attività istituzionale; non contrasti o pregiudichi i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale regionale; non contrasti o pregiudichi gli obiettivi aziendali; non comporti per ciascun dipendente una produttività superiore a quella assicurata per l'attività istituzionale, ovvero un impegno orario superiore al 50 per cento di quello di servizio;

    ed in riferimento all'Alpi, proprio l'Agenas, nel suo ultimo rapporto disponibile, relativo all'anno 2020, conferma la disomogeneità presente nei singoli contesti locali: 11 regioni/Pa utilizzano esclusivamente l'agenda gestita dal sistema Cup; 7 regioni utilizzano il Cup per più dell'80 per cento del totale; le rimanenti regioni riportano una percentuale intorno al 60 per cento;

    l'analisi dettagliata dei volumi di prestazioni a livello aziendale consente di monitorare l'equilibrio del rapporto tra l'attività erogata in Alpi e quella erogata in regime istituzionale: tale rapporto non deve superare il 100 per cento; orbene, nel predetto rapporto di Agenas, emerge, invece, che in 13 regioni su 21 si rilevano situazioni in cui il suddetto rapporto è ben superiore al 100 per cento;

    in tale quadro, dunque, di fronte a questo tangibile smantellamento del servizio sanitario pubblico, prendono corpo e s'inseriscono le diverse soluzioni o proposte di partenariato pubblico-privato, se non addirittura chiaramente «di copertura assicurativa» dei bisogni assistenziali: l'idea di «cedere» prestazioni incluse nei Lea a soggetti privati, attraverso accreditamenti oramai resi strutturali, rende il sistema sanitario debole di fronte a eventuali richieste accessorie o mancate prestazioni da parte del privato, inaccettabili alla luce dei principi costituzionali;

    l'idea d'implementare l'assistenza territoriale attraverso una riorganizzazione delle cure primarie, anche al fine di efficientare l'assistenza ospedaliera ed in particolar modo la rete emergenza-urgenza, dopo tante e reiterate richieste rimaste inevase nei lunghi anni di definanziamento e di tagli scellerati e conclamati alla sanità, è divenuta un'idea cogente solo all'indomani dell'emergenza pandemica;

    proprio a causa delle precedenti scelte politiche sull'assistenza ospedaliera e sanitaria, l'emergenza COVID-19 inizialmente ha colto tutti i cittadini impreparati, soprattutto in quelle regioni dove la rete assistenziale territoriale era più compromessa a causa di una sempre più diffusa privatizzazione dei servizi di base; in tale contesto anche la riduzione della disponibilità di posti letto, effettuata negli anni precedenti, ha rilevato tutta la sua esiguità e criticità;

    nell'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) si colloca al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e si penalizzano, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che, con un saldo positivo di mobilità, di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose proprio attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;

    la riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, nelle intenzioni del cosiddetto (decreto-legge n. 198 del 2012) decreto Balduzzi, era e doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale, dei presidi sul territorio anche attraverso i cosiddetti ospedali di comunità ma, alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto, allora, non fece da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità, che solo ora cominciano a vedere luce grazie al PNRR e alle risorse del Recovery Fund ottenute in Europa;

    tra le linee d'intervento e i progetti in cui si articola la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), relativa alla salute, vi è, in particolare, il potenziamento della rete di assistenza territoriale, sanitaria e socio-sanitaria, quale elemento imprescindibile per garantire una risposta assistenziale appropriata ed efficace, in grado di demandare agli ospedali le attività di maggiore complessità, concentrando a livello territoriale le prestazioni meno complesse, attraverso lo sviluppo delle case di comunità, l'assistenza domiciliare integrata (Adi), la telemedicina, nonché implementando la presenza sul territorio degli ospedali di comunità; in attuazione della predetta linea d'intervento è stato emanato quindi il cosiddetto «DM71», recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico;

    tuttavia, occorre che la riorganizzazione territoriale sia sostenuta da un adeguato potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo, da un'idonea copertura finanziaria, da una riforma delle disposizioni in materia di medici di medicina generale, nonché dall'implementazione di ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile e l'assistenza psicologica di base; altresì, dovrebbe essere accompagnata da una riorganizzazione dei posti letto, secondo una logica ripartizione tra l'ambiente ospedaliero «tradizionale» e gli ospedali di comunità;

    la riorganizzazione territoriale si scontra infatti anche con il serio problema della progressiva carenza dei medici di famiglia, rispetto alla quale già da oltre 10 anni sia l'Enpam sia Fimmg rilevavano una stima drammatica sui pensionamenti e sulle susseguenti carenze assistenziali, stimando che dal 2015 al 2025 sarebbero andati in pensione complessivamente circa 40.000 tra medici di medicina generale, guardie mediche e pediatri, con un'impennata di 25.000 pensionamenti che rischiano di non essere sostituiti, e già allora si temeva che, per i successivi 10 anni, 25 milioni di italiani sarebbero potuti rimanere senza assistenza;

    è poi necessario che il sistema di «fascicolo sanitario elettronico» che raccoglie non solo le informazioni sul paziente, ma che dovrà raccogliere tutti i dati sugli esami e le visite compiute, le prestazioni erogate, i referti ed i loro allegati, diventi un vero e proprio «diario di bordo» del percorso diagnostico e terapeutico del paziente, in modo da coordinare le attività dei professionisti, evitare duplicazioni e tempi di attesa eccessivi; l'informatica e la società delle comunicazioni permettono tale risultato a livello omogeneo e nazionale. A tale fascicolo dovrebbero aderire anche i soggetti privati che erogano prestazioni per conto delle regioni, contribuendo allo stesso nelle modalità ed a condizioni pari a quelle delle strutture pubbliche;

    la riorganizzazione delle cure primarie e il processo di de-ospedalizzazione richiede oltre che un concreto rafforzamento dell'assistenza territoriale anche un robusto investimento in prevenzione, da garantirsi con risorse economiche adeguate e con professionisti dedicati e, in tale ottica, purtroppo assistiamo quotidianamente all'accorpamento di distretti ben lontani dai cittadini e alla chiusura inaccettabile di consultori;

    sarebbe lungimirante, probabilmente anche più economico, dare attuazione alla normativa vigente in materia di consultori familiari, nati e concepiti proprio quale integrazione di compiti e funzioni di natura sanitaria, sociosanitaria e sociale; il consultorio, vicino al cittadino, doveva rappresentare il luogo multiprofessionale di prevenzione e assistenza primaria e di tutela socio-sanitaria attraverso un supporto multidisciplinare alla persona, alla coppia e alla famiglia, in tutte le varie fasi del suo evolversi e crescere come nucleo; il consultorio avrebbe dovuto essere messo in condizioni di poter rispondere in maniera personalizzata, attraverso consulenze e prestazioni specialistiche, a tutte le problematiche connesse alla sessualità, all'infertilità e alla contraccezione, alla gravidanza, alla nascita e post partum, all'interruzione volontaria di gravidanza, alla menopausa, ai problemi andrologici, al disagio psicologico e al disagio familiare, alla ludopatia e alle dipendenze, ai fenomeni di bullismo, al disagio dei giovani, all'integrazione culturale di immigrati, alla violenza sulle donne e sui minori; per affrontare tutto questo sarebbe stato sufficiente dare attuazione ad una delle leggi più civili che il nostro legislatore sia stato in grado di concepire, assicurando figure professionali come ginecologi, ostetriche, infermieri, assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali, linguistici e legali;

    dal 1975, anno della legge sui consultori, si è invece percorsa una strada ad ostacoli e da un'attuazione a macchia di leopardo nelle diverse regioni italiane si è passati ad un progressivo e incalzante depotenziamento e, non di rado, anche al loro smantellamento;

    nel contempo si percorrono anche strade legislative e informative, sulla salute e cultura di genere, sul disagio psicologico, sulla prevenzione, sulla sana alimentazione, sul sostegno alle famiglie in alcuni casi assolutamente fallimentari; in tal senso emblematica è la triste narrazione sulla natalità e sul diritto a non abortire che assai spesso disvela concezioni dannose sulla maternità, mentre sulla tutela del parto fisiologico ci si arena, ormai da troppe legislature, senza garantire di fatto condizioni del parto appropriate e anche più economiche che riducano i costi connessi all'abuso nel ricorso al parto cesareo;

    proprio sulla maternità occorre ricordare come negli anni precedenti è stata portata avanti una chiusura indiscriminata di punti nascita, senza che si tenesse conto delle esigenze territoriali, come previsto dall'accordo della Conferenza Stato-regioni del 2010 che consentiva di derogare al volume minimo di almeno 500 parti/anno per quei punti nascita presenti in situazioni orografiche critiche, ovvero in presenza di aree geografiche notevolmente disagiate, a condizione che in tali strutture fossero garantiti tutti gli standard organizzativi, tecnologici e di sicurezza previsti dall'accordo medesimo;

    sulla maternità responsabile non si risolve il serio problema di politiche efficaci per la famiglia e per la parità di genere, non si consente alle donne di conciliare i tempi della famiglia con i tempi del lavoro, non si forniscono servizi e sostegni reddituali adeguati, non si risolve il serio problema dell'assenza di professionisti non obiettori che di fatto rende non pienamente applicabile la legge n. 194 sull'interruzione di gravidanza, con conseguenze anche drammatiche e pressoché quotidiane sulla salute fisica e psichica delle donne;

    sui problemi alimentari, sulle dipendenze e sulla ludopatia s'intraprendono politiche economiche di fatto incentivanti, nonostante nella XVIII legislatura sia stata introdotta la cosiddetta sugar tax, e non s'interviene in maniera incisiva sulla pubblicità diretta e indiretta di alimenti nocivi per fasce più giovani;

    in tema di prevenzione appare dirimente l'approccio One Health che, secondo quanto si evince anche dal 5° rapporto Gimbe, identifica un approccio alla salute sistematico e integrato, basato sulla consapevolezza che la salute umana è strettamente legata alla salubrità degli alimenti, alla salute degli animali e dell'ambiente e al sano equilibrio del loro impatto sugli ecosistemi di tutto il mondo; in altre parole, l'approccio One Health riconosce che salute umana, animale e dell'ambiente sono interconnesse in maniera indissolubile, generando vulnerabilità nella salute globale, come dimostrato palesemente dalla pandemia di COVID-19;

    proprio tenendo conto dell'approccio One Health, occorre affrontare il fenomeno della resistenza antimicrobica nell'ambito della salute umana e animale, in armonia con la Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2018 concernente il piano d'azione europeo «One Health» contro la resistenza antimicrobica, introducendo l'obbligo di riportare in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici, la diagnosi, la posologia e la durata della terapia, prevedendo una banca dati di tutte le prescrizioni di antibiotici e programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide, al fine di individuare i pazienti infetti con batteri multifarmacoresistenti, predisponendo adeguate misure di controllo delle infezioni, e incentivando un sistema di confezionamento dei farmaci, con dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;

    riguardo la spesa farmaceutica, dato che essa rappresenta una tra le voci più consistenti della spesa sanitaria rientrante nel fabbisogno nazionale standard, dovrebbero essere introdotte più efficaci strumenti di monitoraggio per la governance ed il controllo sull'appropriatezza dell'uso dei farmaci; per raggiungere la sostenibilità della spesa farmaceutica sarebbe auspicabile la trasparenza sul prezzo e rimborso dei farmaci, sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti delle aziende e sul contributo pubblico oltreché una condivisione a livello europeo e internazionale delle informazioni sui prezzi dei farmaci; per sopperire alla carenza di farmaci dovrebbe sopperire un sistema di ricerca e produzione farmaceutica, compreso il ciclo di fornitura e distribuzione, di tipo pubblico;

    il dominus della spesa sanitaria nelle strutture sanitarie è il direttore generale e sulla sua gestione manageriale occorre intervenire efficacemente; in tal senso sarebbe auspicabile prevedere precise ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di conferimento d'incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna da parte della Corte dei conti per fatti dolosi;

    occorre rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, con l'intento di attuare la decisa separazione tra politica e amministrazione nella gestione del Servizio sanitario nazionale, in quanto la commistione tra le due sfere rappresenta la causa più rilevante delle inefficienze in questo settore; più in particolare occorre intervenire sul sistema vigente di conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore sanitario e di direttore amministrativo e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di disciplinare le procedure di nomina, valutazione e decadenza in base a princìpi di trasparenza e di merito, azzerando la discrezionalità, in capo ai presidenti di regione, nella nomina dei predetti direttori;

    occorre intervenire sull'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn attraverso la ridefinizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni, dell'accreditamento istituzionale e per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. In particolare sarebbe auspicabile: rafforzare e uniformare il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale; garantire la pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza in relazione alla determinazione del fabbisogno, all'elenco dei soggetti autorizzati e agli esiti delle attività ispettive; rafforzare e uniformare il piano di controlli assicurando procedure certe e scadenzate nel tempo, garantendo la terzietà e indipendenza degli organi ispettivi; rafforzare e garantire il controllo e la vigilanza sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali, assicurando un rigoroso sistema sanzionatorio che contempli anche la revoca e la sospensione, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alla tipologia e alla qualità delle prestazioni; uniformare, attraverso apposite linee guida, gli elementi essenziali da ricomprendere all'interno degli accordi contrattuali;

    la sostenibilità economica del Ssn non può e non deve passare attraverso una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, né può tradursi in una privatizzazione di fatto, ma attraverso un'efficace smantellamento di tutte le diseconomie, gli sprechi e le sacche di opacità e corruzione che non possono essere risolte solo con accordi, protocolli o dichiarazioni d'intenti;

    la legge n. 833 del 23 dicembre 1978 istitutiva del Ssn ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente l'evoluzione e la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ed in tal senso anche l'Oms ha considerato il Ssn del nostro Paese uno dei migliori al mondo per la correlazione esistente tra lo stato di salute della popolazione e il soddisfacimento dei bisogni assistenziali,

impegna il Governo:

1) a salvaguardare il Servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico attraverso un recupero integrale di tutte le risorse economiche necessarie, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza attraverso il finanziamento congruo del Fondo sanitario nazionale, a cui aggiungere un rifinanziamento emergenziale necessario destinato al contenimento e alla terapia dei casi di coronavirus e patologie connesse e conseguenti, nell'ipotesi di impatto di una nuova ondata di COVID nell'anno 2023;

2) al fine di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, ad introdurre indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché, con un peso non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota, l'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istat, che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

3) a restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale, assumendo iniziative normative di rango costituzionale volte ad attribuire allo Stato, in via esclusiva, la competenza in materia di tutela della salute;

4) a introdurre meccanismi idonei affinché, nel riparto delle risorse comunque destinate alla componente sanitaria e sociale, si tenga conto delle regioni italiane più in difficoltà nelle quali le carenze strutturali, le condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché le condizioni di deprivazione e di povertà sociale inevitabilmente determinano variazioni sui costi delle prestazioni;

5) al fine di garantire le esigenze di pianificazione e organizzazione del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei princìpi di equità, solidarietà e universalismo, a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul Pil non possa essere inferiore all'8 per cento e, conseguentemente, che il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia incrementato annualmente almeno di una percentuale pari al doppio dell'inflazione, anche in un contesto macroeconomico anticiclico, contraddistinto da una riduzione del prodotto interno lordo;

6) ad adottare iniziative volte a rivisitare e aggiornare i Livelli essenziali di assistenza (Lea) ampliando le patologie riconosciute, semplificando i sistemi di approvvigionamento e fornitura ai beneficiari (protesi, ortesi ed ausili garantendone il massimo livello di qualità), assicurando progetti di assistenza individualizzati, un'efficace ed effettiva integrazione sociosanitaria, la continuità di assistenza tra ospedale e territorio e l'adozione conseguente del nomenclatore tariffario;

7) a disincentivare ogni forma di sanità integrativa che non sia finalizzata all'esclusiva copertura di prestazioni non essenziali e non incluse nei livelli essenziali di assistenza;

8) a disincentivare la cessione della gestione dei bisogni d'assistenza compresi nei Lea a soggetti privati da parte delle aziende sanitarie e delle regioni, per prevenire il rischio di un'offerta dipendente da logiche di mercato e non più controllabile dal sistema sanitario pubblico;

9) ad adottare iniziative volte a garantire i livelli essenziali di assistenza anche attraverso percorsi personalizzati e vicini al cittadino oltreché adeguatamente accessibili, riordinando il sistema di accesso alle prestazioni nell'ottica di ridurne i tempi di attesa e disincentivando il ricorso alla sanità privata quale diretta conseguenza dell'inefficienza del Ssn, eliminando altresì ogni forma di spreco che derivi da una non appropriata organizzazione dei servizi e dell'assistenza, da una governance sanitaria non adeguata, da un mancato ammodernamento tecnologico e digitale del Servizio sanitario nazionale;

10) ad adottare iniziative volte a garantire al Ssn le risorse umane di cui necessita, anche consentendo alle regioni di derogare al tetto di spesa per il personale sanitario, per un importo pari almeno al 15 per cento (attualmente è al 10 per cento) dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente;

11) ad investire adeguate risorse sulla formazione dei medici e del personale sanitario, programmando e ridefinendo percorsi formativi in relazione ai fabbisogni futuri di professionalità mediche e sanitarie e ai fabbisogni di assistenza alla popolazione, in particolare incrementando e valorizzando le figure professionali che operano sul territorio;

12) ad adottare iniziative in merito all'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn, intervenendo sulla classificazione dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni ambulatoriali e territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn), ridefinendo il sistema dei Diagnosis Related Groups (Drg) affinché le tariffe siano collegate anche ai risultati di qualità che vengono conseguiti e alla presa in carico complessiva del paziente (patient-based);

13) ad adottare iniziative volte a incrementare le risorse del Fsn al fine di assicurare il potenziamento dell'assistenza territoriale, con riferimento ai maggiori oneri per la spesa di personale dipendente da assumere nel case e negli ospedali di comunità, da reclutare anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente, e per quello convenzionato;

14) ad adottare iniziative efficaci e sistematiche volte a prevenire i meccanismi che possano favorire l'insorgenza di fenomeni di corruzione in ambito sanitario, dando altresì concreta attuazione alle normative già esistenti in favore della trasparenza, in particolare al decreto legislativo n. 33 del 2013, e completando l'informatizzazione del Sistema sanitario nazionale, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on-line, in modo da poter verificare per ogni cittadino il progresso del percorso diagnostico terapeutico e il lavoro di coordinamento fra professionisti sanitari, evitando duplicazioni di prestazioni e ottimizzando la tempistica;

15) ad adottare iniziative atte a garantire la trasparenza sul prezzo e rimborso dei farmaci, sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti delle aziende e sul contributo pubblico oltreché una condivisione a livello europeo e internazionale delle informazioni sui prezzi dei farmaci;

16) ad adottare iniziative volte a rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, con l'intento di attuare la decisa separazione tra politica e amministrazione nella gestione del Servizio sanitario nazionale e conseguentemente garantire un servizio sanitario che si basi unicamente sui bisogni;

17) ad adottare iniziative normative volte ad ampliare i requisiti di accesso per la nomina dei direttori generali, al fine di consentire di partecipare alle selezioni per far parte dell'elenco nazionale dei direttori generali anche a coloro che hanno compiuto almeno sette anni di servizio nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea magistrale, nonché l'avere conseguito i titoli, in management sanitario, di dottorato di ricerca, o di master di secondo livello, o di diploma di specializzazione, attribuendo un punteggio minore alla comprovata esperienza dirigenziale;

18) ad adottare iniziative volte a prevedere la revoca dell'incarico o il divieto di rinnovo di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari, delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale;

19) a garantire la trasparenza e l'economicità della spesa sanitaria, attraverso l'implementazione del vigente sistema di gestione che consenta di rilevare in tempo reale e attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, l'esistenza di anomalie negli acquisti, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, i titoli che hanno consentito qualsiasi pagamento o incasso, lo stato patrimoniale, i beni di inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, la contabilità separata dell'attività di intramoenia;

20) ad adottare iniziative volte a estendere l'applicabilità delle disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, anche ai servizi sanitari e sociali erogati da strutture private accreditate o in regime di convenzionamento;

21) ad adottare iniziative volte a estendere l'applicabilità delle disposizioni sulla trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, già previste per la dirigenza pubblica, anche alla dirigenza sanitaria, includendovi anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;

22) ad adottare iniziative per assicurare che i soggetti che erogano prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale siano tenuti a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale i bilanci e i dati sugli aspetti qualitativi e quantitativi dei servizi erogati e sull'attività medica svolta dalle strutture pubbliche e private nonché il collegamento all'atto di determinazione del fabbisogno regionale di servizi sanitari che ciascuna regione dovrà adottare dando evidenza dei territori saturi e di quelli in cui l'offerta risulti carente, l'elenco dei soggetti autorizzati e gli esiti delle attività ispettive;

23) ad adottare iniziative volte ad imporre a tutti i soggetti pubblici e privati che erogano prestazioni sanitarie, di alimentare il sistema informatico pubblico ed il fascicolo sanitario del pazienti con i dati relativi alle prestazioni effettuate ed al loro contenuto;

24) ad adottare iniziative in merito all'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn attraverso la ridefinizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni, dell'accreditamento istituzionale e per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. In particolare, al fine di:

   a) rafforzare e uniformare il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale;

   b) garantire la pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza in reazione alla determinazione del fabbisogno, all'elenco dei soggetti autorizzati e agli esiti delle attività ispettive;

   c) rafforzare e uniformare il piano di controlli assicurando procedure certe e scadenzate nel tempo, garantendo la terzietà e indipendenza degli organi ispettivi;

   d) rafforzare e garantire il controllo e la vigilanza sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali, assicurando un rigoroso sistema sanzionatorio, che contempli anche la revoca e la sospensione, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alla tipologia e alla qualità delle prestazioni;

   e) uniformare, attraverso apposite linee guida, gli elementi essenziali da ricomprendere all'interno degli accordi contrattuali;

25) ad adottare iniziative volte a prevedere la rivisitazione del calcolo per la definizione dei posti letto in ragione delle esigenze epidemiologiche e della riorganizzazione territoriale, comunque assicurando che il numero di posti letto di degenza ordinaria raggiunga almeno la media europea di circa 500 posti letto per 100.000 abitanti ed anche il numero di posti letto di terapia intensiva raggiunga almeno 25 posti per 100.000 abitanti, al fine di evitare che il nostro sistema sanitario possa nuovamente trovarsi impreparato dinanzi a nuovi eventi patologici epidemici o pandemici;

26) ad attivarsi per una politica efficace di prevenzione sull'uso degli antibiotici, dotando gli ospedali di servizi di microbiologia permanente, adottando iniziative efficaci che mirino a riportare in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici, la diagnosi, la posologia e la durata della terapia, prevedendo una banca dati di tutte le prescrizioni di antibiotici e programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide al fine di individuare i pazienti infetti con batteri multifarmacoresistenti, predisponendo adeguate misure di controllo delle infezioni, e incentivando un sistema di confezionamento dei farmaci, con dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;

27) ad adottare iniziative volte a dare completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione socio-sanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e su tutto il territorio nazionale, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;

28) ad adottare iniziative volte a dare completa attuazione al Piano nazionale della cronicità, migliorare la qualità e accessibilità dell'assistenza primaria e la qualità dell'assistenza domiciliare integrata e a migliorare la qualità, l'accessibilità e l'equità dell'assistenza garantita alle persone con malattia rara.
(1-00051) «Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Auriemma, Pavanelli, Morfino, Carotenuto, Amato, Giuliano, Barzotti, L'Abbate, D'Orso, Aiello, Carmina, Ilaria Fontana, Raffa, Dell'Olio, Sergio Costa».


   La Camera,

   premesso che:

    a quasi tre anni dall'inizio della pandemia, lo scenario economico è in continua evoluzione. Come ricordato nell'ultima edizione del Rapporto Annuale di Istat, il Paese è attraversato da elementi di vulnerabilità che si sono ampliati durante la pandemia – benché le misure di policy adottate siano state importanti – e rischiano di aggravarsi ulteriormente con l'accelerazione dell'inflazione, che ha indotto una nuova e altrettanto significativa risposta di politica economica;

    l'inflazione in Italia segna +11,6 per cento a dicembre 2022 stando ai dati definitivi sull'indice nazionale dei prezzi al consumo diffusi dall'Istat a dicembre 2022. Il dato su base annua registra un lieve calo rispetto al +11,8 per cento del mese precedente, mentre è in aumento dello 0,3 per cento su base mensile. In media, l'inflazione italiana nel 2022 è cresciuta del +8,1 per cento, un aumento significativo se confrontato con il +1,9 per cento registrato nel 2021. Si tratta della crescita media annua più alta degli ultimi 37 anni: bisogna infatti risalire al 1985, quando si toccò il 9,2 per cento, per trovare un aumento del dato inflazionistico più ampio di quello osservato nell'anno appena concluso;

    come rivelato dall'Istat, questo rialzo è dovuto principalmente a causa dell'andamento dei prezzi dei beni energetici (+50,9 per cento in media d'anno nel 2022, a fronte del +14,1 per cento del 2021). Al netto di questi beni, nell'anno che si chiude la crescita dei prezzi al consumo è pari a +4,1 per cento (da +0,8 per cento del 2021);

    in base alle stime, l'inflazione acquisita per il 2023 è pari al 5,1 per cento, molto più alta di quella osservata per il 2022, quando fu pari a +1,8 per cento;

    sebbene nello scenario internazionale di fine anno si sia registrata una decelerazione delle spinte inflazionistiche innescata dall'orientamento restrittivo della politica monetaria nei principali Paesi europei e dalla moderazione dei prezzi dei prodotti energetici, l'inflazione in Italia al +8,1 per cento ha significato un aumento del costo della vita nel 2022 pari a 2.219 euro per una famiglia media, di cui oltre 500 euro solo sul carrello della spesa, ha spiegato di recente l'Unione nazionale consumatori;

    nel terzo trimestre 2022, sempre stando ai dati Istat più recenti, il potere d'acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto ai tre mesi precedenti nonostante l'aumento del livello dei prezzi, mentre i consumi finali delle famiglie sono aumentati del 4,1 per cento, sostenuti anche dal ricorso delle famiglie ai risparmi accumulati. La propensione al risparmio è risultata, infatti, in calo di 1,9 punti percentuali rispetto ai tre mesi precedenti, raggiungendo livelli inferiori al periodo prepandemico;

    il «carrello della spesa» di dicembre, che sintetizza i prezzi dei beni alimentari per la cura della casa e della persona, ha segnato una marginale decelerazione (12,6 per cento da 12,7 per cento di novembre). Nello stesso mese, l'inflazione di fondo al netto degli energetici e degli alimentari freschi è accelerata (+5,8 per cento da 5,6 per cento) confermando la persistenza del fenomeno inflattivo;

    il segnale sull'andamento generale dei prezzi per l'anno in corso proviene dall'inflazione acquisita dell'indice generale che, per il 2023, continua a mostrare una dinamica crescente (+5,1 per cento), dando la misura della diffusione del fenomeno inflattivo tra le diverse tipologie di beni al consumo;

   considerato che:

    come risulta dal Report Istat pubblicato il 7 dicembre 2022, al 31 dicembre 2021 sono stati spesi 313 miliardi di euro per 23 milioni di prestazioni a favore di oltre 16 milioni di pensionati. Nel 2021 la spesa pensionistica è aumentata di 1,7 punti percentuali rispetto all'anno precedente (nel 2020 la variazione annua è stata di +2,3 punti percentuali) e rappresenta il 17,6 per cento del Pil (era il 18,5 per cento nel 2020 e il 16,7 per cento nel 2019). Dal 2000 al 2018 il rapporto tra spesa pensionistica e Pil non ha mai superato il 17 per cento, l'aumento registrato negli ultimi due anni è il risultato della contrazione del Pil come riflesso della pandemia (Tavola 1 in allegato);

    complessivamente, il 59,1 per cento delle singole prestazioni pensionistiche è di importo inferiore ai 1.000 euro lordi mensili. Considerando che il 32,1 per cento dei pensionati riceve più di una prestazione, il reddito pensionistico complessivo – dato dalla somma degli importi delle singole prestazioni – è comunque inferiore a tale soglia per un terzo dei pensionati (32,8 per cento). Nel 2021, il valore mediano dell'importo annuo delle singole prestazioni pensionistiche è di 8.897 euro, vale a dire che la metà delle pensioni prese singolarmente non supera questo importo;

    forti differenze si rilevano con riferimento al genere, al territorio e alla tipologia di prestazione. Le donne sono la maggioranza sia tra i titolari di pensioni (55 per cento) sia tra i beneficiari (52 per cento), ma gli uomini percepiscono il 56 per cento dei redditi pensionistici. In media, l'importo di una pensione di una donna è più basso rispetto a quello riservato agli uomini per lo stesso tipo di pensione (11 mila contro 17 mila) e i redditi mediani percepiti dalle donne sono inferiori del 28 per cento rispetto a quelli degli uomini (14.529 contro 20.106 euro);

    in media, per l'anno 2021, secondo la rilevazione sulle forze di lavoro, i pensionati da lavoro che percepiscono anche un reddito da lavoro sono 444 mila, in deciso aumento rispetto al 2020 (+13,3 per cento). Il gruppo è composto principalmente da uomini (in oltre tre casi su quattro), da residenti nelle regioni settentrionali (in due casi su tre) e da lavoratori non dipendenti (l'86,3 per cento) dei casi);

    nel 2020, il reddito medio netto (esclusi i fitti figurativi) delle famiglie con pensionati è stimato in 33.543 euro (2.795 euro mensili), in lieve riduzione rispetto al 2019 sia in termini nominali (-0,8 per cento) che reali (-0,7 per cento) e, seppur di poco, superiore a quello delle famiglie senza pensionati (2.683 euro mensili) che subiscono una maggiore contrazione nei due anni (-1 per cento e -0,9 per cento rispettivamente in termini nominali e reali). La metà delle famiglie con pensionati ha un reddito netto inferiore ai 26.412 euro (2.201 euro mensili), valore mediano che scende a 22.995 euro nel Mezzogiorno, mentre si attesta intorno a 30.017 euro nel Centro e a 27.869 euro nel Nord;

    le famiglie con pensionati presentano un reddito mediano lievemente più basso rispetto a quello delle famiglie senza pensionati. Tale situazione, però, si inverte se si considera il reddito netto familiare equivalente, cioè includendo l'effetto delle economie di scala e rendendo comparabili i livelli di benessere tra famiglie di diversa composizione. Infatti, il valore mediano in termini equivalenti è pari a 18.885 euro per le famiglie con pensionati contro i 17.025 euro delle restanti famiglie. Il vantaggio comparativo è ulteriormente avvalorato dal rischio di povertà che è pari al 14,6 per cento per le famiglie con pensionati e quindi di 10 punti percentuali e mezzo inferiore a quello delle restanti famiglie. Ciò conferma l'importante ruolo di protezione economico-sociale che i trasferimenti pensionistici rivestono in ambito familiare;

    la presenza di un pensionato all'interno di nuclei familiari «vulnerabili» (genitori soli o famiglie in altra tipologia) riduce sensibilmente l'esposizione al rischio di povertà, rispettivamente dal 31,4 per cento al 15 per cento, e dal 33,9 per cento al 12,7 per cento;

    in conseguenza delle marcate differenze territoriali nei livelli di reddito medio e mediano, le famiglie di pensionati del Sud e delle Isole presentano nel 2020 un'incidenza del rischio di povertà due volte superiore a quella delle famiglie residenti al Centro e più che doppia rispetto a quelle del Nord. Nel 2021, l'indice di grave deprivazione materiale (presenza di almeno quattro su nove segnali di deprivazione riferiti all'indicatore Europa 2020) mostra un'inversione di tendenza rispetto all'anno precedente in linea con il quadro socio-economico fotografato dall'indicatore di rischio di povertà (anno 2020): si attenua la situazione di svantaggio delle famiglie senza pensionati rispetto a quelle in cui sono inclusi;

    al fine di contrastare gli effetti negativi delle recenti vieppiù maggiori tensioni inflazionistiche, il Governo ha introdotto misure di revisione del cosiddetto meccanismo di indicizzazione o perequazione delle pensioni, un meccanismo di incremento annuale della rata pensionistica erogata dall'Inps, per adeguare l'importo della prestazione previdenziale all'aumento del costo della vita. L'aumento riconosciuto è basato sull'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e ha l'obiettivo di non rendere i pensionati «più poveri» a causa dall'inflazione;

    a tale riguardo, si noti che, fino a prima della più recente cosiddetta riforma Fornero, la legge 23 dicembre 2000, n. 388, aveva suddiviso – a partire dal 1° gennaio 2001 – la perequazione in tre fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo del regime generale Inps e l'adeguamento veniva concesso in misura piena, cioè al 100 per cento per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo; scendeva al 90 per cento per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo; e ancora calava al 75 per cento per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo; dal 1° gennaio 2012, il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come noto, ha introdotto un blocco temporaneo, nel biennio 2012-2013, dell'indicizzazione per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo di allora (ossia 1.405,11 euro nel 2011), rivisto poi parzialmente dal decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2015, n. 109, per rispondere ai rilievi della sentenza n. 70 del 2015 della Corte costituzionale. In quella sede era stata prevista una rivalutazione parziale anche degli assegni inferiori a sei volte il trattamento minimo, confermando il blocco totale di quelli superiori a tale soglia. La stessa Corte costituzionale, con la successiva sentenza n. 250 del 2017, ha riconosciuto legittimo il decreto-legge n. 65 citato, poiché «ha introdotto una nuova non irragionevole modulazione del meccanismo che sorregge la perequazione»;

    dal 1° gennaio 2014, poi, la legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha introdotto un nuovo strumento perequativo che, abbandonando i criteri di progressività, ha optato per una rivalutazione unica applicata direttamente sull'importo complessivo del trattamento pensionistico. Il meccanismo ha previsto altresì indici di perequazione meno favorevoli per i trattamenti superiori a tre volte il trattamento minimo;

    la menzionata disciplina è rimasta in vigore, con limitate modifiche, sino al 31 dicembre 2021, allorché si è tornati ad una rivalutazione per scaglioni d'importo (cioè progressiva), che però, con la legge di bilancio 2023, è già tornata invero a calcolarsi sull'importo complessivo del trattamento per il biennio 2023-2024;

    in particolare, la legge 29 dicembre 2022, n. 197, all'articolo 1, comma 309, reca, per gli anni 2023-2024, una disciplina speciale in materia di indicizzazione dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale), prevedendo, rispetto alla disciplina a regime, una perequazione in termini più restrittivi per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia superiore a quattro volte il trattamento minimo del regime generale Inps (la perequazione è riconosciuta nella misura del 100 per cento della variazione dell'indice del costo della vita) e confermando, per i casi in cui il valore complessivo sia pari o inferiore al suddetto quadruplo, il relativo criterio vigente a regime (la perequazione è riconosciuta in misura variabile da 85 a 32 punti percentuali);

    il successivo comma 310 prevede, per i trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale) e in via aggiuntiva rispetto alla summenzionata perequazione automatica, un incremento transitorio – con riferimento esclusivo alle mensilità relative agli anni 2023 e 2024 – per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia pari o inferiore al trattamento minimo del regime generale Inps. Tale incremento è pari a 1,5 punti percentuali per l'anno 2023 – ovvero a 6,4 punti (in base alla modifica operata in sede di esame del provvedimento in citato presso la Camera dei deputati, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni) – e a 2,7 punti per l'anno 2024, e la seconda percentuale non si somma alla prima; l'incremento per il 2024 si applica, dunque, sulla base di calcolo al netto del primo incremento (fermo restando il previo adeguamento della medesima base in virtù della perequazione automatica);

    nell'ambito della disciplina generale della perequazione, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo Inps nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima, e gli incrementi a titolo di perequazione si basano sulla variazione dell'indice del costo della vita, decorrendo dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. Più in particolare, la decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo concerne sia l'incremento riconosciuto in base alla variazione dell'indice del costo della vita relativa all'anno precedente e provvisoriamente accertata, ai sensi dell'articolo 24, comma 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, con decreto ministeriale (nel caso più recente, si veda il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 10 novembre 2022), sia l'eventuale conguaglio, relativo alla differenza tra il valore – definitivamente accertato con il suddetto decreto – della variazione dell'indice relativo al penultimo anno precedente e il valore provvisoriamente accertato con il precedente decreto annuo. Tale eventuale conguaglio comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio dell'anno precedente;

    riguardo alla giurisprudenza costituzionale in materia di perequazione, si noti che la Corte costituzionale con la già citata sentenza n. 70 del 2015 ha stabilito che «L'interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata»;

    la Consulta ha altresì più volte ammesso la legittimità di interventi legislativi che incidono sull'adeguamento degli importi dei trattamenti pensionistici, a condizione che vengano rispettati limiti di ragionevolezza e proporzionalità: in questa ottica, quindi, non riconoscere la rivalutazione automatica a trattamenti pensionistici superiori di un certo numero di volte il trattamento minimo Inps può tradursi quale misura di bilanciamento tra diritti di prestazione sociale ed equilibrio economico-finanziario;

    che sia necessaria «gradualità nell'attuazione dei valori costituzionali che imponga rilevanti oneri a carico del bilancio statale», come affermato dalla Corte con la sentenza n. 260 del 1990, appare un principio da tenere in debito conto soprattutto a seguito della riforma dell'articolo 81 della Costituzione e dell'approvazione della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, sull'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale;

    in tal senso, il meccanismo di perequazione automatica delle pensioni va valutato alla luce degli orientamenti della giurisprudenza costituzionale secondo i quali se è vero che occorre assicurare una ragionevole corrispondenza tra dinamica delle pensioni e dinamica delle retribuzioni (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 226 del 1993 e n. 42 del 1993), è altrettanto vera l'esclusione di un diritto automatico e totalizzante alla rivalutazione del trattamento pensionistico, soprattutto quando tale diritto possa essere diversamente modulato, per fasce di reddito e limitato temporalmente;

    esemplare in questo senso è la sentenza n. 316 del 2010, secondo la quale «dal principio enunciato nell'articolo 38 della Costituzione non può farsi discendere, come conseguenza costituzionalmente necessitata, quella dell'adeguamento con cadenza annuale di tutti i trattamenti pensionistici. E ciò, soprattutto ove si consideri che le pensioni incise dalla norma impugnata, per il loro importo piuttosto elevato presentano margini di resistenza all'erosione determinata dal fenomeno inflattivo. L'esigenza di una rivalutazione sistematica del correlativo valore monetario è, dunque, per esse meno pressante di quanto non sia per quelle di più basso importo»;

    similmente, la sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 2020, facendo riferimento anche a precedenti sentenze della stessa Corte, ha rilevato che il carattere parziale, per alcuni trattamenti pensionistici, della rivalutazione al costo della vita non costituisce, di per sé, una violazione del principio di adeguatezza dei trattamenti previdenziali (principio di cui all'articolo 38, secondo comma, della Costituzione) e che, nella valutazione del rispetto o meno (da parte di normative che presentino il suddetto effetto) di tale principio, sono fondamentali «la considerazione differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo», nonché la sussistenza di una «motivazione sostenuta da valutazioni della situazione finanziaria basate su dati oggettivi, emergenti, ad esempio, dalle relazioni tecniche di accompagnamento delle misure legislative»,

impegna il Governo

1) al fine di contrastare gli effetti negativi delle tensioni inflazionistiche, nel pieno ed effettivo rispetto del principio costituzionale di adeguatezza dei trattamenti previdenziali, e in ogni caso sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali:

  a) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere che il trattamento minimo del regime generale Inps sia almeno pari a 1.000 euro nella misura netta;

  b) al fine di proseguire nel tentativo di attenuare l'impatto della tassazione attraverso la previsione di una detrazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) da applicare in misura progressiva, fino a determinate soglie, ai redditi derivanti da pensione, ad adottare le opportune iniziative di carattere normativo volte a riorganizzare e armonizzare le detrazioni per redditi da pensione, estendendo la misura di cui all'articolo 1, comma 2, capoverso lettera b), della legge 30 dicembre 2021, n. 234;

  c) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte alla definizione di un diverso indice per la rivalutazione delle pensioni, maggiormente rappresentativo della struttura dei consumi dei pensionati e volto a proteggere il potere d'acquisto del trattamento previdenziale degli stessi, tenendo conto delle sostanziali differenze che li caratterizzano con riferimento al genere, al territorio e alla tipologia di prestazione;

  d) a definire una revisione del meccanismo di indicizzazione che garantisca nel tempo l'altezza del trattamento pensionistico minimo, alla stregua delle risorse finanziarie attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona;

  e) a valutare l'opportunità di separazione contabile tra previdenza e assistenza, tra spesa per le pensioni maturate a fronte di contributi versati e spesa di pura assistenza, a tale scopo anche adottando le opportune iniziative di carattere normativo volte alla ricostituzione della Commissione tecnica incaricata dello studio sulla classificazione e comparazione, a livello europeo e internazionale, della spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziale, di cui all'articolo 1, comma 475 della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
(1-00052) «Aiello, Francesco Silvestri, Barzotti, Carotenuto, Tucci, Torto, Dell'Olio, Carmina, Donno».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e X,

   premesso che:

    il 9 febbraio 2023 verrà posta al vaglio della Commissione per l'industria la ricerca e l'energia del Parlamento europeo la cosiddetta direttiva sulle «case green»;

    la direttiva si pone l'obiettivo di ridurre l'impatto ambientale fissando l'obbligo per tutti gli immobili residenziali di raggiungere una determinata classe energetica entro il 2030. Nello specifico, entro il 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E, poi dopo altri tre anni, nel 2033, sarà necessario un ulteriore scatto e arrivare alla classe D. Tra il 2040 e il 2050, invece, l'obiettivo è quello di raggiungere le emissioni zero;

    l'iniziativa rientra nel più ampio piano Ue di riduzione delle emissioni («Fit for 55»), ma presenta evidenti profili di criticità per l'Italia;

    secondo lo studio condotto dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Agenzia delle entrate, il patrimonio edilizio italiano si compone di oltre 57 milioni di unità immobiliari, di cui almeno 19,5 milioni sono abitazioni principali. Un tessuto edilizio cresciuto molto nell'immediato dopo guerra ma che da anni soffre di un generale rallentamento causato dalle crisi di matrice internazionale;

    la maggior parte del territorio nazionale è, quindi, coperto da immobili datati e con una classe energetica lontana dagli standard odierni; infatti, si stima che oltre il 60 per cento delle abitazioni si trovi in una classe energetica tra G e F, al di sotto dei parametri dettati dalla direttiva;

    la direzione intrapresa dall'Europa comporterà, dunque, l'obbligo per gli Stati membri di ristrutturazione del patrimonio edilizio e, in caso contrario, potrebbe anche profilarsi l'ipotesi di sanzioni applicabili ai singoli Stati. L'avanzamento di classe energetica richiede solitamente un taglio dei consumi di circa il 25 per cento, con interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari. Una serie di interventi, nonché opere di ristrutturazione e ammodernamento che necessitano di ingenti investimenti economici per il raggiungimento dei minimi previsti dalla Commissione europea;

    il rischio nell'approvare e recepire una direttiva di questa portata è evidente. Le ricadute negative sull'Italia sarebbero molteplici attesa l'alta concentrazione di borghi, comuni e piccole frazioni caratterizzate da immobili storici e secolari. La direttiva, evidentemente, non tiene conto della complessità del patrimonio immobiliare italiano; il tema non è meramente economico, ma si scontra anche con il concreto rischio di non riuscire ad ultimare le opere di efficientamento entro le scadenze sopra indicate, rendendo quindi vani gli interventi;

    è altresì, palese il rischio di una ulteriore contrazione della ricchezza del Paese, già fortemente provato dalle crisi degli ultimi due anni, nonché di un generale impoverimento del patrimonio edilizio italiano,

impegnano il Governo

a seguire l'iter di approvazione della direttiva di cui in premessa (Com (2021) 802 final), presso le competenti istituzioni europee, al fine di eliminare o mitigare gli effetti negativi per il patrimonio edilizio nazionale, valorizzando le caratteristiche e peculiarità italiane.
(7-00033) «Zinzi, Andreuzza, Benvenuto, Barabotti, Bof, Di Mattina, Montemagni, Gusmeroli, Pizzimenti, Toccalini».


   La VIII e X Commissioni,

   premesso che:

    il 12 dicembre 2015 si è conclusa a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP21), con l'obiettivo di pervenire alla firma di un accordo volto a regolare il periodo post-2020. Tale accordo, adottato con la decisione 1/CP21, definisce quale obiettivo di lungo termine il contenimento dell'aumento della temperatura del pianeta, ben al di sotto dei 2 °C e il perseguimento degli sforzi di limitare l'aumento a 1.5 °C rispetto ai livelli pre-industriali;

    l'Italia ha ratificato l'accordo con la legge n. 204 del 2016 e in base a quanto chiarito con il Comunicato del Ministero degli affari esteri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2016, l'Accordo è entrato in vigore per l'Italia l'11 dicembre 2016;

    l'accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (il programma d'azione adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015) e si integra con i traguardi dell'Agenda, a partire dall'obiettivo 13 «Lotta contro il cambiamento climatico»;

    con il Regolamento (UE) 2018/1999 è stato istituito un sistema di governance dell'Unione dell'Energia, che mira a pianificare e tracciare le politiche e misure messe in atto dagli Stati Membri dell'UE al fine del raggiungimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni, incremento dell'efficienza energetica, ricerca e innovazione, sicurezza energetica e sviluppo del mercato interno dell'energia;

    l'articolo 15 del Regolamento (UE) 2018/1999 prevede, tra l'altro, che ciascuno Stato membro elabori e comunichi alla Commissione europea, entro il 1° gennaio 2020, poi entro il 1° gennaio 2029 e successivamente ogni 10 anni, la propria strategia a lungo termine. La Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra è stata adottata e trasmessa all'UE nel primo bimestre del 2021;

    nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione strategica sul Green Deal europeo per conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Il Consiglio europeo con le conclusioni del 12 dicembre 2019 ha stabilito che tutte le politiche e normative dell'Unione devono essere coerenti con tale traguardo, successivamente sancito dalla normativa europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119), che ha introdotto un ulteriore obiettivo da conseguire entro il 2030 consistente in una riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990;

    il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha quindi presentato un pacchetto di proposte legislative, denominato «Pronti per il 55 per cento» («Fit for 55»), volte a rivedere la normativa dell'UE in materia di riduzione delle emissioni climalteranti, energia e trasporti, per consentire il raggiungimento del nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;

    il pacchetto presenta 15 strumenti legislativi atti a conseguire gli obiettivi stabiliti dalla normativa europea sul clima, e di imprimere l'accelerazione necessaria alla riduzione delle emissioni di gas serra nei prossimi decenni, che trovano applicazione in diversi settori dal settore energetico e climatico all'uso del suolo, dai trasporti alla fiscalità;

    tra gli strumenti del «Fit for 55» rivestono, tra le altre, particolare rilevanza la proposta di modifica della direttiva sull'efficienza energetica, che reitera il concetto di energy efficiency first (priorità all'efficienza energetica) con l'obiettivo di raggiungere una riduzione del 39 per cento del consumo di energia primaria rispetto ai valori del 1990 e una proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (EPBD), che punta ad avere in tutta Europa, entro il 2050, edifici a zero emissioni;

    una delle principali novità della revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (EPBD) è l'introduzione di standard minimi di prestazione energetica per innescare la necessaria trasformazione del settore. A questo proposito, la proposta di modifica della Commissione europea prevede che il 15 per cento del patrimonio edilizio con le peggiori prestazioni di ciascun Paese membro debba passare per gli edifici pubblici e non residenziali dalla classe G alla classe F entro il 2027 e alla classe E entro il 2030, mentre gli edifici residenziali avranno invece tempo fino al 2030 per portare il proprio certificato a livello F e fino al 2033 per portarlo alla classe E;

    ciascun Paese dell'Unione europea sarà chiamato a mettere a punto il proprio piano nazionale di ristrutturazione degli immobili, che sarà redatto sulla base delle condizioni nazionali, dello stock degli edifici, della disponibilità dei materiali e di lavoratori;

    sul testo della proposta di revisione della direttiva il 25 ottobre 2022 il Consiglio dell'Ue ha raggiunto un accordo definito «orientamento generale», sul quale il Parlamento europeo la Commissione Industria Ricerca ed Energia è previsto debba esprimersi il 9 febbraio 2023 e successivamente, entro il mese di marzo 2023, essere oggetto dell'incontro negoziale tra Commissione, Parlamento e Consiglio;

    in occasione della riunione dei Ministri dell'Energia dei 27 Stati membri dell'unione che hanno raggiunto l'accordo sulla proposta di revisione della direttiva, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin ha espresso apprezzamento da parte dell'Italia in merito al testo della proposta, dicendo che «...il compromesso rende un po’ più agevole la riqualificazione degli edifici esistenti non residenziali» e per quanto riguarda la parte sugli edifici residenziali esistenti, «...la proposta della presidenza rappresenta un compromesso, un equilibrio, tra ambizione e fattibilità, in uno spirito che possiamo quindi accettare»;

    la direttiva, una volta approvata dal Parlamento europeo, si applica agli Stati membri, non ai singoli cittadini, e non prevede sanzioni per i proprietari degli immobili, ma incarica ciascun Paese di decidere in che modo e con quali criteri applicare ed incentivare gli interventi di ristrutturazione degli immobili;

    con quasi il 45 per cento dei consumi finali, quello degli edifici è il primo settore in Italia per consumi di energia, con oltre i due terzi derivanti da abitazioni residenziali, settore che nel corso degli anni ha aumentato più di tutti gli altri la propria fame di energia: dal 1990 al 2019, escludendo la riduzione congiunturale dell'anno della pandemia, è passato da 34 a quasi 50 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep) con un incremento del 44 per cento;

    per soddisfare il fabbisogno energetico delle abitazioni, nel 2021 in Italia sono state consumate 33 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), di cui oltre il 50 per cento rappresentato da gas (circa 22 miliardi di metri cubi) e poco meno del 20 per cento di energia elettrica, immettendo in atmosfera circa 70 milioni di tonnellate di gas serra;

    secondo l'analisi condotta da Odyssee-Mure, lo strumento che fornisce un monitoraggio completo dei consumi energetici e delle tendenze dell'efficienza, nonché una valutazione delle misure di politica di efficienza energetica per settore per i Paesi dell'Ue, a parità di condizioni climatiche una abitazione media italiana consuma circa il 50 per cento in più della media europea. Tale situazione è conseguenza del fatto che negli ultimi due decenni mentre gli altri Paesi europei hanno progressivamente ridotto i consumi delle abitazioni mettendo in campo politiche e misure di efficientamento efficaci, l'Italia è rimasta ferma al palo: in vent'anni, infatti, i consumi energetici medi di una casa italiana non sono praticamente cambiati, mentre in Europa in media sono stati tagliati del 17 per cento e alcuni Paesi come la Francia, si sono spinti verso un taglio di oltre il 20 per cento; con il protrarsi della pandemia da COVID-19, lo scoppio della guerra in Ucraina e il ritorno dell'inflazione, il 2022 è stato definito dagli esperti l'anno della tempesta perfetta. E il 2023, appena iniziato, non sarà da meno. La corsa dei prezzi non abbandonerà gli italiani, anzi, tra ottobre 2022 e fine settembre di quest'anno, il cosiddetto anno termico, la bolletta di un condominio tipo che consuma 15.000 metri cubi di gas l'anno potrebbe aumentare del 176 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020-2021, mentre per un'utenza condominiale tipo, con consumi elettrici di 2.500 kWh l'anno e 3 kW di potenza impegnata, la bolletta della luce potrebbe aumentare del 6 per cento rispetto all'anno termico 2021/2022 e del 60 per cento nel confronto con due anni fa;

    secondo l'Oipe (Osservatorio italiano sulla povertà energetica) e sulla base degli indici elaborati dai ricercatori della Banca d'Italia, le famiglie il cui reddito è considerato insufficiente per riscaldare in modo adeguato le abitazioni in inverno ammontavano nel 2018 a 2,3 milioni, l'8,8 per cento del totale, un incremento di un punto e mezzo percentuale rispetto ai quattro anni precedenti e un massimo storico dal 1997. Tale dato è drammaticamente in aumento per effetto della crisi internazionale scaturita dal conflitto ucraino, che ha determinato l'aumento spropositato dei prezzi dell'energia primaria, con rincari delle bollette del gas e dell'energia elettrica di almeno 5 volte rispetto alla situazione pre-crisi;

    i nuclei familiari che non riescono per motivi economici, sociali ed abitativi a riscaldare o raffrescare adeguatamente l'abitazione sono esposti a maggiori rischi per la propria salute sia nel caso di permanenza continuativa al di sotto dei 18 gradi, soglia giudicata pericolosa dall'Oms, sia per un'eccessiva esposizione ad alte temperature, una situazione in prospettiva destinata ad aggravarsi con gli effetti del riscaldamento climatico e l'aumento della durata dei periodi caldi o delle onde di calore;

    uno degli obiettivi del Piano di transizione ecologica (PTE), approvato dal CITE l'8 marzo 2022, è di ridurre a breve e in modo significativo l'incidenza della povertà energetica sul totale delle famiglie, andando oltre lo strumento del «bonus sociale» e lo sconto sulla bolletta elettrica, con misure più strutturali di promozione mirata dell'efficientamento energetico delle abitazioni, in termini sia di supporto finanziario sia di facilità di accesso alle iniziative che saranno rese disponibili;

    gli interventi di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono fondamentali sia per raggiungere l'obiettivo di piena decarbonizzazione riducendo l'uso delle fonti fossili, considerando che oltre il 60 per cento del parco edilizio residenziale italiano (12,42 milioni di edifici) ha più di 45 anni e fa affidamento sul gas naturale come principale fonte di energia, sia per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili riducendo le dispersioni di calore e più in generale il fabbisogno energetico annuale dell'energia primaria per il riscaldamento, il raffrescamento, per la ventilazione e per la produzione di acqua calda sanitaria, con l'abbattimento dei costi di esercizio degli impianti domestici;

    gli immobili più energivori sono quelli in cui si ritiene che attraverso una spesa minore sia possibile raggiungere benefìci maggiori in termini di riduzione dei consumi, di ritorno economico e anche di benessere sociale, stante che i residenti di queste abitazioni sono quelli più spesso colpiti da povertà energetica;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) rappresenta un deciso impulso all'avvio di un processo di transizione ecologica di grande portata garantendo un volume di investimenti di rilievo assoluto, pari a 222,1 miliardi di euro vincolati ad un serrato cronoprogramma che si chiuderà nel 2026;

    la Componente C3 della «Missione 2», denominata «Rivoluzione verde e Transizione Ecologica», (alla quale sono destinati 15,22 miliardi, che salgono a 21,94 miliardi con il fondo complementare) ha come obiettivo quello di rafforzare il risparmio energetico incrementando il livello di efficienza degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni come già avviato dalla misura conosciuta come «Superbonus»;

    secondo i dati presentati dall'ENEA nel suo rapporto sul Superbonus 110 per cento al 31 dicembre 2022, erano in corso 359.440 interventi edilizi incentivati, per circa 62,4 miliardi di investimenti ammessi a detrazione, che porteranno a detrazioni per 68,7 miliardi di euro. Sono 48.087 i lavori condominiali avviati (70 per cento già ultimati), che rappresenta il 46,1 per cento del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 208.622 (77 per cento già realizzati), il 38 per cento del totale degli investimenti, e 102.725 (82,2 per cento già realizzati) che rappresentano il 15,9 per cento degli investimenti);

    sulla base dei dati ENEA, si stima che, per i soli interventi di natura energetica legati al Superbonus, al 31 maggio 2022 nel nostro Paese sono stati attivati investimenti per oltre 30 miliardi di euro su oltre 172.000 edifici (di cui il 15,46 per cento condomini), i cui interventi hanno permesso la riqualificazione energetica di circa 40 milioni di metri quadri di edifici, di cui il 58 per cento rappresentato da condomini, con un risparmio di energia primaria di circa 5.650 GWh/anno, di cui circa il 63,4 per cento connesso ad interventi sulle superfici opache e trasparenti, la restante quota connessa agli impianti termici;

    per quanto concerne la quantificazione del potenziale risparmio per gli utenti, si stima che ogni passaggio di classe energetica ottenuta da un edificio oltre a rappresentare un aumento del valore immobiliare del bene per i proprietari e contestualmente un vantaggio in termini di riduzione di circa il 20 per cento dei consumi energetici, contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra associate all'energia,

impegnano il Governo:

   a confermare la posizione favorevole dell'Italia espressa il 25 ottobre 2022 in occasione della riunione dei Ministri dell'energia dei 27 Stati membri dell'Unione europea, che hanno raggiunto l'accordo sulla proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (EPBD);

   a porre in essere tutte le iniziative necessarie affinché il testo finale della direttiva contenga maggiori tutele sociali ed economiche per i proprietari, a partire dalle fasce sociali più deboli, anche utilizzando il Fondo sociale per il clima e i finanziamenti del Recovery Fund, in modo da rafforzare tutti gli strumenti che possono facilitare l'investimento iniziale per gli interventi di ristrutturazione degli immobili, anche attraverso l'istituzione di un apposito Fondo di garanzia per l'accesso al credito agevolato da parte delle famiglie più disagiate;

   ad adottare iniziative volte a rivedere l'articolato quadro degli incentivi e agevolazioni fiscali sugli interventi edilizi in vigore, stabilizzando il Superbonus nell'arco di 10 anni per far fronte al costo degli interventi per l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e privato, escludendo dal sistema incentivante le tecnologie di riscaldamento a combustione alimentate da fonti fossili, con un meccanismo semplificato e legato in modo più stringente al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici e prevedendo percentuali di detrazione differenziate secondo le fasce di reddito, con la massima detrazione destinata alle fasce più deboli e ai proprietari di immobili destinati alla prima casa;

   ad adottare iniziative volte a prevedere un adeguato rifinanziamento del Fondo nazionale per l'efficienza energetica di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, prevedendo una riserva delle risorse all'erogazione di contributi per gli interventi di riqualificazione energetica dell'edilizia residenziale pubblica.
(7-00034) «Bonelli, Evi».


   Le Commissioni VIII e X,

   premesso che:

    dalle prime direttive scaturite dal Protocollo di Kyoto all'ultimo grande piano recentemente lanciato dall'Ue, il cosiddetto «Green Deal europeo», l'Europa ha segnato il ritmo normativo degli Stati membri in relazione alla lotta ai cambiamenti climatici nella sua interezza, con l'intenzione di trasformare l'UE in una società climaticamente neutra, verde ed equa;

    da ultimo, il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha presentato un articolato pacchetto di proposte cosiddette «Fit for 55%», quale strumento per il mantenimento degli impegni presi con l'Accordo di Parigi e reso vincolante dalla legge per il Clima, finalizzato ad allineare la normativa vigente in materia al nuovo obiettivo di riduzione, entro il 2030, delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, nella prospettiva della neutralità climatica entro il 2050;

    le proposte facenti parte del citato pacchetto, strettamente interconnesse e complementari, intervengono in una serie di settori: clima, energia e combustibili, trasporti, uso del suolo e silvicoltura e, tra queste, il punto focale è il riesame della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (EPBD), con la quale si intende delineare strumenti ad hoc per raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050; tali misure si inseriscono in un percorso già avviato e teso a rendere più operativi gli strumenti di pianificazione, i cosiddetti piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, precedentemente denominati strategie di ristrutturazione a lungo termine, le cui proposte dovranno essere presentate alla Commissione entro il 30 giugno 2024, per i quali si dispone un rafforzamento del quadro di monitoraggio attraverso l'introduzione di una valutazione dei progetti dei piani da parte della medesima Commissione europea e della facoltà di formulare raccomandazioni agli Stati membri;

    a livello europeo, gli edifici sono responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni, dirette e indirette, di gas a effetto serra. Tali dati segnalano in modo inequivocabile che investire nell'efficientamento energetico del parco immobiliare europeo, significa ridurre in modo significativo l'impatto sul clima, i consumi energetici nazionali – alleggerendo la bilancia dei pagamenti sull'acquisto di energia primaria dall'estero – con la conseguente riduzione dei costi di approvvigionamento energetico, nonché l'alleviamento della povertà energetica sia a livello di singolo Paese che a livello aggregato dell'Ue;

    al fine di accelerare i tassi di ristrutturazione degli edifici, ridurre le emissioni di gas a effetto serra e il consumo di energia nonché di promuovere l'adozione di energia rinnovabile del parco immobiliare europeo, il testo, in corso di revisione, della direttiva prevede che, a partire dal 2030, tutti i nuovi edifici nell'Ue dovranno essere edifici a zero emissioni, mentre tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2027. Le disposizioni vigenti in materia di ristrutturazione saranno integrate dall'introduzione di standard minimi di efficienza a livello dell'Ue, al fine di innescare un aumento del tasso di ristrutturazione degli edifici che presentano le peggiori prestazioni, per i quali il rischio di povertà energetica è più elevato e il potenziale di miglioramento dell'efficienza energetica maggiore. Gli edifici non residenziali con un attestato di prestazione energetica di classe G (il più basso) dovranno essere ristrutturati e portati almeno alla classe F entro il 2027 e alla classe E entro il 2030. Gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno classe F entro il 2030 e classe E entro il 2033;

    in risposta all'interrogazione n. 3-00102, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR ha chiarito che il testo modificato dal Consiglio «non contiene alcun divieto o limitazione alla possibilità di vendere o affittare gli edifici non riqualificati; individua i singoli Stati membri e non i singoli proprietari come soggetti obbligati al conseguimento degli obiettivi di riqualificazione; prevede che ogni Stato membro definisca la propria strategia di riqualificazione del patrimonio immobiliare mediante l'adozione dei Piani nazionali di ristrutturazione edilizia, contenenti gli obiettivi nazionali e le indicazioni da questo previste; consente ai singoli Stati di esentare dall'applicazione degli standard minimi determinate tipologie di immobili dall'obbligo di riqualificazione.»; la direttiva europea sull'efficienza energetica costituisce un tassello cruciale nel quadro della legislazione europea, preposta a garantire il rispetto degli obiettivi di decarbonizzazione e delle esigenze ambientali dell'Ue, aggiornando continuamente i suoi termini nella continua necessità di regolare le performance degli edifici, contenere le emissioni di gas serra, contribuire allo sviluppo dell'efficienza energetica e alla generazione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta anche di una delle leve necessarie per attuare la strategia «ondata di ristrutturazioni» (Renovation wave), pubblicata nell'ottobre 2020, mediante misure concrete di regolamentazione, finanziamento e sostegno volte a raddoppiare il tasso annuo di ristrutturazione energetica degli edifici entro il 2030 e a incoraggiare ristrutturazioni profonde per edifici a ridotto o nullo consumo di energia;

    ad oggi, il Consiglio europeo ha proposto alcune modifiche alla citata direttiva, escludendo il ricorso a forme sanzionatorie per gli Stati che non raggiungono gli obiettivi fissati ma anzi lasciando a questi ultimi la libertà di individuare gli strumenti migliori per stimolare ed accelerare le ristrutturazioni degli edifici e non delineando come e con quali strumenti si dovranno raggiungere i nuovi e sfidanti obiettivi. Il nostro Paese, tuttavia, rispetto ad altri Stati membri, è partito in anticipo nella riqualificazione energetica e antisismica del proprio parco immobiliare, grazie all'aliquota al 110 per cento del Superbonus, peraltro misura elogiata dalla Commissione europea e pubblicata nell'ambito dell'European Construction Sector Observatory nel Poliy fact sheet dedicato all'Italia;

    è innegabile come i bonus relativi all'edilizia, ed in particolare la misura del Superbonus 110 per cento, abbiano svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto. Negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il Pil e l'occupazione. Secondo i dati riportati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), più di un terzo dell'aumento del Pil del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni;

    nell'ultimo rapporto di ricerca sugli incentivi per una politica industriale di lungo periodo, il Censis dimostra chiaramente i benefìci apportati sia in termini di entrate per lo Stato che in termini di crescita dell'occupazione. Il Censis stima che, a fronte di 55 miliardi di euro di investimenti sul patrimonio edilizio, tra agosto 2020 e ottobre 2022, siano stati 79,9 i miliardi di produzione diretta nella filiera delle costruzioni, cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell'indotto, per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Anche in termini fiscali, non può essere ignorato il contributo portato dagli effetti moltiplicativi del Superbonus sul relativo gettito fiscale. Tali valutazioni si aggiungono all'aspetto primario e più rilevante della misura, ossia gli effettivi benefìci in termini di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale. In base ai dati disponibili, il Censis stima che la spesa di 55 miliardi di euro abbia generato un risparmio di 11.700 GWh/anno, che corrispondono a 1,1 miliardi di metri cubi di gas, pari al 40 per cento del risparmio energetico che il Piano emergenziale di riduzione dei consumi del settore domestico si prefigge di realizzare nell'autunno-inverno 2022-2023, mentre la riduzione delle emissioni di CO2 dovuta agli interventi con il Superbonus è stimabile in 1,4 milioni di tonnellate di mancate emissioni; al riguardo vanno evidenziati gli effetti positivi della misura anche in termini di mobilità sostenibile grazie alla possibilità di installare, come intervento trainato, le colonnine di ricarica di veicoli elettrici che configura un incentivo alla sostituzione dei mezzi di trasporto più inquinanti;

    il Superbonus risponde ad un obiettivo strategico, quale quello della transizione ecologica ed energetica, che per sua natura ha una dimensione di lungo periodo e deve necessariamente tendere ad un rinnovato approccio nella politica industriale del Paese. È dunque decisamente poco lungimirante pensare di rimodulare tale strumento sulla base di considerazioni meramente contabili, senza una visione di ampio respiro che tenga conto dell'impatto prodotto sulla spesa pubblica in termini di risorse economiche attivate, di occupazione aggiuntiva, di risparmio energetico assicurato e di gettito fiscale prodotto;

    oltre all'esame dei vari provvedimenti normativi che si sono succeduti nel corso degli anni e di cui si è dato conto, il Parlamento ha svolto un'intensa attività di indirizzo, anche nelle precedenti legislature, in relazione alla materia delle detrazioni fiscali per interventi di recupero edilizio e riqualificazione energetica. Alcuni di tali atti di indirizzo sono peraltro intervenuti nell'ambito del dibattito che ha caratterizzato negli anni la proroga e la stabilizzazione degli incentivi o la loro estensione a specifici ambiti, impegnando il Governo all'adozione di norme in tal senso;

    tra i benefìci delle misure per la riqualificazione energetica devono essere altresì considerati anche gli effetti positivi in termini di contenimento della grave crisi economica attraversata dal settore delle costruzioni (nello specifico imprese edili e produttori di materiali), che ha conosciuto un calo degli investimenti negli ultimi anni maggiore del 30 per cento, nonché gli effetti sul rilancio della riqualificazione di cui necessita il parco edilizio esistente (ed in particolare della riqualificazione energetica). Numerose ricerche effettuate hanno portato a stimare in un aumento del 6 per cento l'incremento di prezzo che gli acquirenti sono disponibili a sostenere per un immobile recentemente riqualificato;

    l'Italia vanta, inoltre, una consolidata tradizione industriale in molti settori strettamente correlati all'efficienza energetica (caldaie, motori, inverter, smart grid, edilizia). Le imprese che si occupano di impianti e prodotti attinenti agli interventi di efficientamento energetico sono cresciute sensibilmente negli ultimi anni;

    affrontare il problema dell'inefficienza del patrimonio edilizio dell'Ue può essere pertanto un ulteriore stimolo positivo alla crescita: per ogni milione di euro investito nella ristrutturazione energetica degli edifici, vengono creati in media 18 posti di lavoro locali e a lungo termine. Recenti modelli economici dimostrano inoltre che il rinnovamento del parco edilizio europeo con misure di efficienza energetica come l'isolamento termico e/o l'elettrificazione della fornitura di riscaldamento con pompe di calore contribuirà a creare 1,2 milioni di posti di lavoro netti in più e un aumento del PIL dell'1 per cento entro il 2050;

    per l'importante ruolo di stimolo alla crescita e alla ripresa economica del Paese, la stabilizzazione del meccanismo del superbonus e dei bonus edilizi è fortemente condivisa e sostenuta da tutte le realtà produttive e non coinvolte nel settore: dall'industria, all'artigianato, al commercio, alle banche, ai sindacati e alle associazioni ambientaliste;

    è necessario, quindi, stimolare una combinazione efficace di finanziamenti pubblici e investimenti privati al fine di sfruttare il potenziale economico del raggiungimento degli obiettivi fissati a livello europeo, razionalizzando le risorse pubbliche e differenziandole in funzione della diversa efficienza, mediante interventi che premino soluzioni impiantistiche e tecnologiche a nullo impatto ambientale; ridurre la domanda di energia, fornire flessibilità e passare a fonti energetiche rinnovabili aumenterebbe il potere d'azione dell'Europa a livello internazionale oltre a ridurre la pressione economica su famiglie e imprese che, oramai da tempo, sopportano gli alti prezzi delle materie prime energetiche in bolletta,

impegnano il Governo:

   a proseguire in sede europea nel sostegno all'individuazione di adeguate misure per il raggiungimento degli obiettivi di ristrutturazione ed efficientamento energetico del parco immobiliare nazionale, anche in vista dell'obiettivo di neutralità climatica al 2050;

   a promuovere un confronto con gli altri Paesi dell'Unione europea e con la Commissione europea affinché il costo delle ristrutturazioni del patrimonio immobiliare nazionale sia garantito da strumenti finanziari emessi in ambito unionale;

   ad attivarsi in sede europea con adeguate iniziative affinché, ai fini della prestazione energetica degli edifici, nel calcolo dell'energia primaria, gli Stati membri possano tenere conto delle fonti energetiche rinnovabili fornite, generate e utilizzate in loco, oltre che delle infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici bidirezionali, dei sistemi di demand-response e storage, nonché dei sistemi di controllo e automazione degli edifici e degli effetti positivi sulla capacità di flessibilità dal lato della domanda di energia;

   ad attivarsi, nell'ambito della propria competenza, per l'adozione di ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a promuovere la stabilizzazione della misura di detrazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica degli edifici, mediante l'estensione delle agevolazioni fiscali vigenti e predisponendo meccanismi di premialità per gli interventi caratterizzati da maggiore efficacia in termini di risparmio energetico e di utilizzo di materie prime all'avanguardia e alternative a fonti fossili, e materiali ottenuti da riciclo o di origine vegetale, prevedendo a tal fine anche l'aggiornamento dei criteri ambientali minimi (CAM);

   ad adottare urgenti iniziative al fine di rendere funzionale e pienamente utilizzabile il meccanismo della cessione del credito, il cui blocco da parte degli intermediari finanziari sta avendo drammatiche conseguenze per le imprese di costruzione;

   a favorire maggiori investimenti in programmi di riqualificazione di edifici pubblici e di edilizia sociale;

   ad adottare iniziative volte ad istituire un fondo ad hoc per la concessione di finanziamenti, a tasso agevolato, diretti alla realizzazione di interventi di efficientamento energetico;

   ad adottare iniziative volte a favorire lo sviluppo dell'industria dei prodotti ad alto contenuto tecnologico per l'efficienza energetica, anche attraverso la previsione di specifici crediti di imposta per l'attività di ricerca e sviluppo che preveda la partecipazione di enti di ricerca;

   ad introdurre strumenti di supporto e incentivazione alle imprese che esportano su mercati internazionali prodotti, sistemi e servizi che favoriscono l'efficienza energetica;

   a rafforzare le attività di comunicazione sui temi dell'efficienza energetica al fine di migliorare la fruibilità e la trasparenza delle informazioni, anche attraverso l'organizzazione di iniziative mirate a favorire comportamenti energeticamente consapevoli e la predisposizione di linee guida per la definizione di metodologie educative condivise sul risparmio e l'efficienza energetica;

   a prevedere l'istituzione di un campione rappresentativo di sportelli unici territoriali pilota, distribuiti sul territorio nazionale e gestiti in modo imparziale, indipendente e gratuito, con funzioni di informazione, assistenza tecnica e consulenza amministrativa e finanziaria, in favore e a supporto di cittadini e imprese, sulla ristrutturazione degli edifici in chiave energetica e sull'installazione di impianti a fonti rinnovabili, come potenziati dalla direttiva in corso di revisione;

   a sostenere percorsi di formazione e aggiornamento all'interno della pubblica amministrazione sui temi del risparmio e dell'efficienza energetica, della contabilità energetica e ambientale, al fine di sviluppare competenze utili a conseguire gli obiettivi della transizione energetica e rafforzare le capacità di innovazione del Paese.
(7-00035) «Ilaria Fontana, Pavanelli, Sergio Costa, Cappelletti, Santillo, L'Abbate, Appendino, Todde, Morfino».


   Le Commissione VIII e X,

   premesso che:

    il 15 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (COM(2021)802 final), parte del programma di lavoro della Commissione stessa per il pacchetto cosiddetto «Fit for 55%» (Pronti per il 55 per cento), la quale «definisce la visione per il conseguimento di un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;

    tra le altre cose, nella versione su cui il Consiglio al 21 ottobre 2022 e che sarà all'esame della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) del Parlamento europeo nelle prossime settimane, la direttiva impone emissioni zero per tutti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 1° gennaio 2030, ovvero dal 1° gennaio 2028 per gli edifici di proprietà degli enti pubblici o occupati dagli stessi;

    per quanto concerne il parco immobiliare già esistente, agli Stati membri è fatto obbligo di stabilire norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare annualmente per m2, sia per gli edifici non residenziali che per quelli residenziali, e ogni Stato dovrà poi stabilire un piano nazionale di ristrutturazione – sottoposto a successiva valutazione della Commissione – al fine di ottenere, entro il 2050, un parco immobiliare completamente «decarbonizzato» e trasformare anche gli edifici già esistenti in edifici ad emissioni zero;

    per quanto riguarda gli edifici residenziali, l'intero parco immobiliare dovrà essere equivalente alla classe di prestazione energetica D entro il 2033 – quindi ancor più restrittiva rispetto alla proposta presentata il 15 dicembre 2021 – con una traiettoria in graduale calo da verificare con un secondo punto di controllo fissato nel 2040, in vista degli obiettivi finali del 2050;

    gli edifici ad uso residenziale in Italia sono oltre 12 milioni, per un totale di circa 32 milioni di abitazioni, e una grossa parte di questi risale a prima degli anni '70;

    questi dati fanno capire come misure così intransigenti e, soprattutto, applicate a tutti gli edifici, non tengono in minima considerazione le differenze intrinseche tra gli stock edilizi dei diversi Paesi, i quali possono illustrare le proprie ragioni alla Commissione in caso di mancato seguito alle eventuali raccomandazioni successivamente ricevute, ma la direttiva rappresenta in ogni caso, in base all'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) un vincolo per gli Stati membri;

    l'articolo 1 della direttiva indica l'obiettivo di «conseguire un parco immobiliare ad emissioni zero entro il 2050», già delineato in premessa, aggiungendo il riferimento «all'efficacia sotto il profilo dei costi», e ancora agli articoli 5 e 8 viene ribadito che, per gli edifici esistenti, i requisiti minimi di prestazione energetica sono da relazionare a «livelli ottimali in funzione dei costi»;

    tale prescrizione, corretta nella sostanza, in quanto derivante dalla stessa definizione tecnico-economica dell'efficienza energetica, imporrebbe quindi cautela ed attenzione nella definizione dei livelli ottimali dell'intervento di ristrutturazione profonda, che deve consentire il raggiungimento del livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell'immobile;

    va da sé che la valutazione, per risultare oggettiva, andrebbe fatta, nel quadro metodologico che produrrà la Commissione, esclusivamente sulla base di costi diretti, ovvero il costo dell'investimento per la cosiddetta «ristrutturazione profonda», i costi di manutenzione, i costi dell'energia (se pur di stima incerta nel ciclo di vita) e gli eventuali ricavi derivanti dalla cessione di energia in eccesso generata in loco;

    considerare, invece, come prevede la revisione della direttiva, i costi delle emissioni di gas a effetto serra e le esternalità ambientali e sanitarie del consumo di energia è ridondante, alla luce del fatto che queste componenti risultano già comprese nel costo dell'energia e sono, in ogni caso, di assai incerta stima, finendo chiaramente per inficiare la stessa valutazione del livello ottimale;

    l'obiettivo ultimo di trasformare tutti gli edifici esistenti in edifici ad emissioni zero entro il 2050, e frattanto in classe di prestazione energetica D entro il 2033, contraddice intrinsecamente e palesemente il perseguimento del livello ottimale in funzione dei costi;

    la tabella di marcia che ogni Stato membro sarà costretto a definire per il proprio patrimonio immobiliare dovrà, invece, avere come obiettivo il raggiungimento, per ciascuna tipologia di edificio, del miglior livello di efficienza possibile, considerando le peculiarità del parco edilizio e, come detto, un'analisi costi-benefici puntuale e non retorica o pleonastica;

    un'ulteriore problematica riguarda l'impostazione ideologica della direttiva che stona con la tassonomia europea, il cui atto delegato è entrato in vigore dal 1° gennaio 2023, assimilando le fonti cosiddette «low carbon» alle fonti rinnovabili;

    così facendo, si esclude qualsiasi riferimento alla strategia di decarbonizzazione basata su fonti a bassissime emissioni, tra cui il nucleare, ma anche transitoriamente al gas naturale – possibilmente con cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta dalle centrali termoelettriche alimentate da quest'ultimo – e il risultato è che un edificio a fabbisogno energetico basso o quasi nullo e coperto da energia elettronucleare da rete non viene considerato nella categoria degli edifici «ad energia quasi zero»;

    la direttiva, nella consapevolezza che l'imposizione di ristrutturazioni massive comporterebbe per le fasce di popolazione meno abbienti costi non affrontabili, prevede che gli Stati adottino strumenti di incentivazione finanziaria per sostenere i proprietari immobiliari privati, le piccole e medie imprese e le società di servizi nell'immane sforzo di ristrutturazione previsto dal piano;

    a tal punto, è utile ricordare come la Banca d'Italia ha stimato che il cosiddetto «Superbonus» – il quale fa parte di questa categoria di strumenti di incentivazione e ha contribuito, secondo l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – raggiungerà un saldo finanziario neutro solamente nel 2067, o più probabilmente, non prima del 2100;

    prevedere uno sforzo simile per la stragrande maggioranza degli edifici residenziali – e non – da qui ai prossimi 10 anni, e ancor maggiore fino al 2050, è un esercizio di logica economica e sociale decisamente più difficile;

    considerando, a maggior ragione, che i consumi dell'Unione europea rappresentano meno del 10 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica – includendo anche le emissioni dovute alle importazioni – alla luce di un PIL che equivale al 15 per cento di quello mondiale e che le stesse emissioni Ue, a differenza di quelle di molte altre realtà politiche, sono calate in modo netto ed inesorabile a partire dagli anni '90, lo sforzo economico e le sue conseguenze sociali appaiono decisamente disallineate e sproporzionate rispetto agli obiettivi ambientali globali che, naturalmente, vanno perseguiti, ma a livello globale, appunto, per il bene degli ecosistemi e degli esseri umani;

    per quanto riguarda l'Italia, la direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia comporterebbe, dunque, un piano nazionale eccessivamente stringente, sia nei tempi che nei risultati, rispetto alla natura e allo stato del patrimonio immobiliare nazionale, costituendo così un serio rischio per i proprietari, soprattutto più piccoli, per il valore degli immobili, per il sistema di credito e per il generale andamento dell'economia già duramente colpita sia dai rincari energetici che dalla recente spirale inflazionistica,

impegnano il Governo:

   a salvaguardare, nelle sedi comunitarie, gli interessi dei cittadini e delle imprese italiane, rimarcando:

    a) le peculiarità e le diverse necessità dovute alla natura del patrimonio immobiliare del Paese;

    b) la necessità di attenersi al rispetto del principio del raggiungimento del livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell'immobile, considerando solo i costi diretti, in quanto gli unici oggettivamente valutabili;

    c) la facoltà per i singoli Stati membri di delineare i propri piani di esecuzione, basandoli sul principio di cui alla precedente lettera b), senza l'imposizione arbitraria di livelli minimi uguali per tutti gli edifici, che in tutta evidenza violerebbe quel principio, il quale è l'essenza tecnico-economica dell'efficienza energetica, rendendo di fatto la direttiva inattuabile;

   ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per unificare e armonizzare i catasti termici regionali in un unico Catasto termico nazionale;

   ad adottare opportune iniziative normative affinché la certificazione energetica degli edifici sia univoca in tutta Italia e non più su scala regionale.
(7-00036) «Ruffino, Benzoni».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    solo con la legge 30 marzo 2004, n. 92, venne istituito il «Giorno del ricordo», istituendo in data 10 febbraio la commemorazione solenne e nazionale della memoria di una gravissima tragedia umana vissuta dagli italiani e da tutte le vittime delle foibe, come anche l'esodo di massa degli istriani, friulani e dalmati dalle loro terre nel secondo dopoguerra, in fuga dalle rappresaglie armate, dalle deportazioni e dalle violenze di matrice comunista condotte tra il 1943 e il 1947;

    il passaggio parlamentare che vide l'approvazione della legge n. 92 del 2004 vide un'ampia partecipazione da parte di varie parti politiche, trasformando il testo in un tentativo condiviso da parte della politica di commemorare e dare dignità a un'indelebile cicatrice della storia italiana;

    il 2005 è stato il primo anno in cui il giorno del ricordo fu celebrato, ottenendo il pieno supporto e sostegno da parte dell'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che evidenziò come gli eventi delle foibe debbano essere ricordati e spiegati alle nuove generazioni;

    durante la manifestazione del Giorno del ricordo del 2020 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha definito le foibe «una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo». Si tratta di «una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l'occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della seconda guerra mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. Quest'ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole. La persecuzione, gli eccidi efferati di massa – culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe – l'esodo forzato degli italiani dell'Istria, della Venezia Giulia e della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell'Europa», ricordando altresì il dolore «di profughi che conobbero nella loro madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità»;

    il dramma delle foibe, che per anni è stato cancellato dalla memoria collettiva, rappresenta una verità storica che deve essere universalmente riconosciuta, raccolta, diffusa e valorizzata, dando piena attuazione alla legge n. 92 del 2004 e piena dignità a un trascorso storico per troppo tempo sminuito da attacchi ideologici negazionisti e revisionisti,

impegna il Governo:

   ad incrementare le iniziative nelle scuole sul tema di cui in premessa, avviando anche dei corsi di formazione per docenti e studenti mediante seminari di studio a loro dedicati e affidati a docenti che ne garantiscano il carattere scientifico;

   ad adottare le iniziative di competenza per garantire che, nel rispetto dell'autonomia scolastica, siano i testimoni di quelle vicende o gli appartenenti ad associazioni di esuli istriano-giuliano-dalmati ad incontrare gli studenti, al fine di trasmettere e conservare la memoria della storia e della tragedia dei confini orientali;

   a promuovere, in occasione del «Giorno del ricordo», per gli studenti delle scuole superiori, la visione del film «Red Land-Rosso Istria» che racconta la storia di Norma Cossetto, torturata e infoibata;

   a sostenere la realizzazione, in occasione del «Giorno del Ricordo», del «Treno del Ricordo», sul modello già di successo del «Treno del Milite Ignoto», con una mostra multimediale itinerante, con il coinvolgimento delle regioni interessate, quale atto di riconciliazione nazionale rispetto al «Treno della vergogna» dell'esodo giuliano-dalmata.
(7-00037) «Amorese, Mollicone, Matteoni, Perissa, Di Maggio, Cangiano, Messina, Roscani».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    in Italia il ruolo dei porti è strategico: il sistema portuale nazionale è composto da 58 porti principali, dedicati sia al trasporto merci che passeggeri, riuniti sotto 16 Autorità di Sistema Portuale;

    il contributo all'economia nazionale del sistema marittimo nel suo complesso è pari a circa il 3 per cento del Pil e all'interno di questo segmento, che comprende un insieme di attività anche molto diversificate tra loro, i porti svolgono un ruolo fondamentale, che prescinde dal valore economico direttamente prodotto, pari a 8,1 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale dell'economia del mare;

    i porti sono il punto d'accesso privilegiato per l'approvvigionamento delle materie prime e la commercializzazione dei prodotti finiti del sistema produttivo nazionale, per il quale rappresentano, quindi, un supporto strategico irrinunciabile, contribuendo indirettamente a gran parte della ricchezza prodotta in Italia;

    nel mondo circa il 90 per cento delle merci viaggia via mare, con i trasporti marittimi e la logistica che valgono il 12 per cento del Pil globale; nel 2019 il valore degli scambi commerciali internazionali via mare dell'Italia è stato pari a circa 250 miliardi di euro, il 36 per cento del totale movimentato, secondo solo al trasporto su gomma;

    le aziende che operano nei porti movimentano circa 53 milioni di passeggeri e circa 500 milioni di tonnellate di merci (18 per cento verso il Mediterraneo); imprese che nel corso degli anni hanno investito cospicue risorse sul demanio portuale arricchendo di dotazioni essenziali gli scali nazionali, anche a vantaggio della valorizzazione del demanio marittimo;

    le aziende attive ed effettivamente funzionali alla portualità in Italia sono attualmente poco più di 100, di dimensione e fatturato molto diversi tra loro; offrono lavoro a circa 20.000 operatori (al quarto posto in UE) e sviluppano un indotto che interessa quasi 300.000 lavoratori;

    l'import-export marittimo, soprattutto nei settori dei beni e della produzione manifatturiera, rappresenta la prima modalità di trasporto in termini di peso, con circa 231 milioni di tonnellate di merci trasportate nel 2019 (pari al 68 per cento del totale). Sempre nel 2019, tra i principali Paesi europei l'Italia era seconda solo alla Germania per peso delle esportazioni di beni sul Pil (26 per cento) e per peso del valore aggiunto della manifattura sul Pil (15 per cento);

    in particolare, l'Italia è leader europeo nello Short Sea Shipping, ossia nel trasporto di merci via mare a corto raggio nel Mediterraneo, con 246 milioni di tonnellate di merci trasportate nel 2019 e una quota di mercato pari al 39 per cento nel Mediterraneo;

    non meno importante è il ruolo dell'Italia nel traffico passeggeri, in cui spicca la dimensione del settore crocieristico, che sempre nel 2019 ha raggiunto 12 milioni di passeggeri trasportati; l'Italia è il primo Paese nel Mediterraneo per flussi croceristici, intercettando il 40 per cento del traffico dell'area;

    nonostante ciò, oggi il sistema portuale italiano rischia la marginalizzazione: alla concorrenza dei grandi porti del Northern Range, si è infatti aggiunta l'agguerrita competizione non solo dei porti del Mediterraneo occidentale, ma anche di quelli del Nord Africa e dell'East Med, che negli ultimi anni hanno sperimentato una rapida ascesa; tra questi, spiccano nel segmento container, il porto del Pireo (+18,4 per cento di Teu), quello di Algeciras (+8,7 per cento di Teu) e il Tanger Med (+4,8 per cento di Teu);

    negli ultimi anni, il sistema portuale italiano ha perso quote di mercato, eppure, il sistema portuale può e deve continuare ad avere un ruolo strategico, per almeno tre ragioni: economica, relativa alla rilevanza non soltanto del segmento portuale/marittimo ma anche, e soprattutto, dei settori produttivi collegati alla rete portuale e al legame tra efficienza del settore portuale e competitività del settore produttivo nazionale; geo-economica, legata al ruolo dell'Italia nello scenario internazionale e nell'ambito dei nuovi equilibri dettati dal cambiamento delle rotte strategiche per il commercio (re-shoringfriend-shoring); la terza è relativa al ruolo centrale dei porti come nodi essenziali di un sistema logistico integrato e intermodale;

    ogni riflessione deve partire dall'assunto che porti, interporti e aeroporti sono i nodi di una rete logistica lunga e articolata, la cui efficienza è fortemente correlata alla capacità di intervenire in modo organico lungo tutta la filiera, assicurando risorse e progettualità integrata, ma anche scelte oculate in base alla strategicità dei mercati economici e produttivi di riferimento, che siano nazionali ovvero internazionali; diversamente, le risorse impiegate non sarebbero efficaci nell'aumentare la capacità intermodale della rete logistica;

    perché il ruolo strategico del sistema portuale italiano si possa esprimere al meglio, è necessario affrontare le criticità che ancora oggi ne limitano le potenzialità, promuovendo interventi che agiscano su alcune direttrici strategiche per un pieno sviluppo del settore;

    in primis, la percezione diffusa fra gli operatori internazionali che quello italiano sia un sistema poco affidabile si traduce nel fatto che, in molti casi, le grandi compagnie di navigazione prediligono, per la movimentazione di carichi fra Europa e Far East, i porti del Nord Europa, piuttosto che, ad esempio, quelli del Nord Tirreno, rinunciando così a un significativo risparmio in termini di tempi di navigazione; questa scelta, apparentemente illogica, trova fondamento nei tempi e nei costi dei servizi di terra e dei collegamenti con i centri di produzione/consumo;

    un ulteriore elemento di valutazione da parte delle grandi compagnie di navigazione (shipping company) è la possibilità di far leva su economie di scala in grado di ridurre il costo medio per unità trasportata: anche in questo ambito, emerge un vantaggio competitivo per i porti del Nord Europa che, in ragione sia di specificità fisiche (come la profondità dei fondali), sia di elementi di carattere economico (riconducibili alle dimensioni dei mercati di riferimento), consentono alle compagnie di navigazione di concentrare elevati volumi di carico da/per quelle di destinazione, con un costo per unità trasportata più contenuto;

    secondo il Logistic Performance Index elaborato dalla Banca Mondiale – che considera sia tempi e costi associati alla logistica, sia trasparenza dei processi e della qualità e affidabilità dei servizi offerti – nel 2019 l'Italia si è posizionata 19esima al mondo, mentre i primi tre Paesi sono Germania, Svezia e Belgio: l'inefficienza logistica costa oggi al nostro Paese 70 miliardi di euro l'anno, dei quali 30 miliardi sono da imputare a oneri burocratici e ritardi digitali;

    una rete logistica moderna e adeguatamente integrata è anche strategica nella lotta all'inquinamento e al cambiamento climatico: si pensi al ruolo che hanno in questo senso le cosiddette autostrade del mare, che consentono il decongestionamento delle arterie stradali;

    il trasporto su strada rappresenta, infatti, ancora il 72 per cento delle emissioni inquinanti nel mondo dei trasporti in Europa, e i veicoli commerciali pesanti, che sarebbero i destinatari per eccellenza del trasporto RoRo (navi-traghetto progettate per trasportare carichi su ruote come automobili, autocarri oppure vagoni ferroviari) rappresentano da soli ancora il 26 per cento. La riallocazione di parte della circolazione di questi mezzi nel trasporto via mare offrirebbe, ovviamente su direttrici di collegamenti strategici al mercato produttivo, un importante contributo alla riduzione dell'inquinamento;

    in tale ottica, occorre rafforzare le nostre reti portuali con investimenti che vadano nella direzione di sviluppare alcuni assi strategici, capaci di sciogliere i nodi che ancora vincolano un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità: interventi per il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento della dotazione infrastrutturale; interventi per ridurre il deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme; digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain; semplificazione delle procedure amministrative; razionalizzazione degli enti preposti ai controlli, sostenibilità, con interventi per favorire lo sviluppo di porti green;

    l'adeguamento della dotazione infrastrutturale degli scali, nonché l'individuazione di adeguate aree limitrofe ai porti per l'interscambio intermodale, non sono più procrastinabili: in molti porti italiani sono necessari interventi sulle infrastrutture portuali esistenti, per il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento alle stazze delle navi; infrastrutture inadeguate, infatti, condizionano significativamente la capacità di offrire servizi differenti; maggiore è la differenziazione delle funzioni svolte dal porto, tanto più avanzato è il suo sistema logistico, tanto più ampia sarà la sua capacità competitiva;

    mentre nel Mediterraneo si rileva una distinzione piuttosto marcata tra porti gateway (porte continentali per i traffici marittimi) e scali di transhipment (porti che dedicano più 75 per cento della propria attività di movimentazione al trasbordo da nave a nave), un elemento di successo dei porti del Nord Europa è proprio la capacità di far coesistere diverse modalità distributive, rafforzando la possibilità per gli operatori di realizzare economie di scala;

    il secondo elemento su cui agire è l'integrazione e l'intermodalità: i nostri scali nazionali soffrono ancora di forti deficit di interconnessione, i tempi di gestione dello scarico/carico sono molto lunghi – anche a causa di controlli amministrativi spesso più che duplicati e svolti da enti cronicamente sotto organico – e sono numerose le criticità connesse alla morfologia del territorio; a causa di queste inefficienze, le nostre imprese oggi pagano un extra costo della logistica dell'11 per cento superiore alla media europea; tuttavia, qualunque investimento sulla rete portuale o sulle infrastrutture stradali o ferroviarie di servizio, che non si inserisca in posizione strategica rispetto ai grandi mercati di un approccio «di insieme», può rivelarsi del tutto o parzialmente inefficace;

    è necessario concepire le infrastrutture logistiche come un unicum di nodi e reti, adeguatamente interconnessi e dimensionati, che consentano una movimentazione dei carichi quanto più possibile fluida e priva di colli di bottiglia; in un settore integrato come quello dei trasporti, infatti, l'intera catena si muove alla velocità del suo anello più debole;

    i porti appaiono sempre meno asset produttivi e di collegamento locale, in un contesto di dinamiche di internazionalizzazione votate alle esigenze sia dell'import/export che alla influenza degli assetti e dimensioni dei players dei trasporti e della logistica (che mutano velocemente);

    anche a livello dell'Unione europea vengono individuate le principali direttrici di collegamento (reti TEN-T), tracciando quasi delle «rotte» di connessione commerciale/industriale intra ed extra comunitaria;

    in un contesto in cui si stanno ridefinendo i flussi di interscambio a livello mondiale, con tendenze sempre più forti al rientro delle produzioni (reshoring) e alla regionalizzazione degli scambi, oltre al forte impulso che il lockdown ha dato al commercio digitale, il sistema della logistica e della portualità dovrà essere necessariamente ripensato;

    la digitalizzazione è, poi, il terzo asse fondamentale per uno sviluppo del settore: tecnologie come l'intelligenza artificiale e l'Internet of Things possono rivelarsi strategiche per controllare l'intera catena logistica, dall'organizzazione del trasporto, alla gestione delle procedure doganali, alla progettazione e gestione dei magazzini, fino alle consegne, con impatti significativi sull'efficienza delle procedure e sui tempi;

    il sistema portuale italiano soffre di una carenza di infrastrutture digitali, nonché di una carenza di servizi tecnologici che rendono le operazioni portuali più costose e meno veloci per gli attori della catena logistica;

    il quarto asse è la semplificazione: serve una politica complessiva per la logistica, con un quadro normativo e regolatorio che aiuti, fluidifichi e sostenga il trasporto di merci, dati e passeggeri. In Italia si contano 177 procedimenti amministrativi in capo a 17 diverse pubbliche amministrazioni solo per i controlli merce in ambito portuale; se si estende la mappatura ad autotrasporto, interporti, magazzini, cargo ferroviario e cargo aereo, si arriva a oltre 450 procedimenti amministrativi – che riguardano sia merci che vettori – in capo a 35 pubbliche amministrazioni diverse e non coordinate tra loro, a fronte di una media europea inferiore a 80;

    in questo contesto, un ruolo importante per la competitività degli scali portuali potrebbero giocarlo le Zone economiche speciali (Zes), che proprio grazie alla semplificazione amministrativa, all'applicazione di una legislazione economica agevolata e all'offerta di incentivi di natura fiscale/finanziaria sarebbero capaci di attrarre investimenti produttivi, contribuendo allo sviluppo dell'economia del territorio, in una logica di maggiore integrazione tra industria e logistica; una reale implementazione di strumenti attrattivi attraverso Zes o Zls integrate ed estese alle aree doganali intercluse dei porti potrebbero creare dei poli di lavorazione della merce legate ai porti molto attrattivi;

    infine, gli investimenti nel sistema portuale, oggi più che mai, non possono prescindere dal tema della sostenibilità: l'adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture portuali secondo una logica di sviluppo sostenibile è l'orizzonte in cui inscrivere la programmazione degli interventi allo scopo di promuovere la transizione verso i green ports; questo significa accelerare gli investimenti per l'elettrificazione delle banchine (il cosiddetto cold ironing) che permetterebbe di abbattere sensibilmente le emissioni di CO2 legate allo stazionamento delle navi in porto, ma anche guardare con sempre maggior attenzione ai progetti di sviluppo legati all'idrogeno come combustibile alternativo;

    il tema della sostenibilità non deve, inoltre, essere visto solo sotto un'ottica di «service» allo shipping ma anche funzionale all'efficientamento energetico delle stesse aziende che operano nei porti e ai loro equipaggiamenti. In molti porti internazionali la portualità sta diventando – attraverso efficienti sistemi di comunità energetica – anche un potenziale hub di produzione di energia da fonti rinnovabili che può essere sfruttato a beneficio del territorio circostante. Tenuto conto dell'orografia dei porti italiani che spesso insistono, storicamente, nelle vicinanze di centri urbani, si dovrebbero creare e incentivare i presupposti per sfruttare queste potenzialità a favore delle collettività circostanti;

    integrazione intermodale, digitalizzazione, semplificazione burocratica e sostenibilità sono tutti elementi su cui l'Europa ci chiede di intervenire con i fondi di Next Generation EU, che possono rappresentare l'occasione per superare i limiti strutturali del sistema logistico nazionale e puntare con determinazione al suo rafforzamento strategico, senza, ovviamente, rinunciare a un maggior coinvolgimento di operatori industriali e investitori privati;

    infine, ma non per ordine di importanza, un discorso a parte merita l'impianto normativo che regola la portualità in Italia, nato a metà degli anni '90 con la legge 28 gennaio 1994, n. 84;

    attualmente la legge prevede un'Autorità di sistema portuale (Adsp) esplicitamente qualificata come ente pubblico non economico; la stessa legge prevede una governance con un comitato di gestione che esercita funzioni anche di gestione patrimoniale che, in ragione di una non chiara formulazione, sono state interpretate dalla Commissione europea come attività d'impresa;

    nell'ambito dell'ordinamento italiano le Adsp sono enti pubblici non economici a ordinamento speciale, sottoposti alla direzione e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria;

    nell'ordinamento europeo, invece, le Adsp possono essere qualificate come imprese: la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. La circostanza che un ente disponga, per l'esercizio di una parte delle sue attività, di pubblici poteri non impedisce, di per sé, di qualificarlo come impresa;

    su queste basi giuridiche si fonda la recente decisione della Commissione di procedere contro l'Italia per presunta violazione delle norme sugli aiuti di Stato, perché le Autorità di sistema portuale, in quanto imprese, dovrebbero pagare le tasse sul reddito per i canoni demaniali percepiti;

    occorre chiarire il ruolo delle Autorità di sistema portuali ponendole come veri e propri gestori di beni pubblici finalizzati alla massimizzazione della resa economica e, di conseguenza, alla massimizzazione dei posti di lavoro, sia in termini quantitativi che in termini qualitativi;

    da sempre, la chiarezza delle regole e del sistema di amministrazione costituisce incentivo agli investimenti di lungo periodo da parte delle imprese nelle infrastrutture e ciò favorisce indubbiamente la possibilità di interventi strutturali ai fini del raggiungimento del green deal europeo;

    solo una partnership pubblico-privata stabile e dalle decisioni prevedibili, in ossequio al principio della certezza del diritto, può costituire il presupposto di una crescita sostenibile,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a rafforzare le reti portuali nazionali con investimenti finalizzati a un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità e, in particolare per:

    a) il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento della dotazione infrastrutturale;

    b) la riduzione del deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme;

    c) la digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain;

    d) la semplificazione delle procedure amministrative;

    e) la sostenibilità, con interventi che favoriscano lo sviluppo di porti green;

   a valutare l'opportunità di introdurre una differenziazione delle governance tra porti gateway (che competono a livello europeo) e porti che servono esclusivamente il mercato locale;

   ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta alla modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e, in particolare, per:

    a) un riordino delle competenze dell'Autorità di sistema portuale;

    b) un rafforzamento della governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche in un'ottica di semplificazione di ruoli tra funzioni pubbliche, ad oggi molteplici (Autorità di regolazione trasporti, Agcm, capitanerie di porto, dogane);

    c) la modernizzazione giuridico-finanziaria delle concessioni portuali, attraverso l'introduzione di chiari principi funzionali alla modulazione degli elementi della concessione (misura dei canoni e durata) in una moderna dinamica di equilibrio economico-finanziario;

    d) la previsione della possibilità per i soggetti autorizzati ai sensi degli articoli 16 e 18 di costituire comunità energetiche per la produzione e consumo di energia rinnovabile;

   a valutare l'opportunità di:

    a) prevedere incentivi all'intermodalità, affinché la tariffa di uso delle infrastrutture portuali sia agevolata sul traffico ferroviario rispetto al traffico su gomma;

    b) prevedere un meccanismo premiale, come ad esempio l'iper-ammortamento, per le imprese portuali che investono nella digitalizzazione di attrezzature e processi al fine di rendere maggiormente snello e sicuro il processo di arrivo e smistamento della merce in porto, coerentemente con i processi che si stanno implementando anche attraverso R.A.M.;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa normativa per una modifica delle disposizioni di legge in materia di dragaggio dei porti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 con riferimento al possibile sversamento a mare dei residui idonei per qualità;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza per garantire una risoluzione dei problemi delle code dell'autotrasporto nell'accesso ai porti con la gestione programmata dei mezzi anche attraverso l'implementazione di sistemi digitali di collegamento tra la rete autostradale e i porti;

   ad assumere le iniziative di competenza affinché l'assegnazione delle concessioni portuali, valutata sulla base dei principi sottesi ai mercati rilevanti di riferimento dei sistemi portuali nel loro complesso, avvenga salvaguardando la competitività del mercato e della concorrenza.
(7-00038) «Frijia, Gaetana Russo, Cangiano, Ruspandini, Amich».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   una vicenda di mala giustizia ha visto coinvolte undici persone tra politici e professionisti appartenenti all'area politica del centro destra della provincia di Salerno;

   tali persone sono state interessate nell'anno 2011 da un procedimento penale di evidente gravità, in quanto accusate ingiustamente di aver commesso reati aggravati dall'associazione camorristica e raggiunte da ordinanza cautelare in carcere;

   le contestazioni si sono, infatti, rivelate del tutto infondate, come dimostrato dagli esiti dei tre gradi di giudizio, che si sono conclusi con l'assoluzione con formula piena per insussistenza del fatto, in particolare dall'accusa di scambio elettorale «politico mafioso»;

   si tratta più specificatamente dell'inchiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, denominata «Linea d'ombra», avviata nel 2011 e condotta dal dottor Franco Roberti, all'epoca dei fatti procuratore capo della Procura di Salerno, unitamente ad altri sostituti procuratori;

   il dottor Roberti successivamente è stato nominato a capo della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e, al termine della carriera di magistrato, ha intrapreso una brillante carriera politica, essendo dapprima nominato assessore regionale alla sicurezza (politiche integrate di sicurezza e legalità) dal presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, e successivamente eletto parlamentare europeo quale capolista del partito democratico;

   la Corte di cassazione ha confermato le assoluzioni per tutti gli imputati anche per il reato di associazione per delinquere e rinviato in appello per rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale esclusivamente per un solo capo di imputazione relativo ad un unico fatto di ipotesi di concussione per due imputati, tra i quali figura il dottor Alberico Gambino, ex sindaco di Pagani, che ha rivestito anche la carica di consigliere regionale;

   alcuni imputati, ad esclusione del dottor Gambino il cui processo deve ancora concludersi, hanno richiesto e ottenuto la riparazione per ingiusta detenzione;

   è del tutto evidente che gli esiti del procedimento penale hanno dimostrato l'assoluta infondatezza del quadro accusatorio e dei provvedimenti limitativi della libertà personale, facendo emergere una manifesta mala gestio del sistema giustizia, che ha avuto gravi ripercussioni non solo nei riguardi delle persone coinvolte ma anche nei confronti dello Stato, che ha dovuto risarcire i soggetti assolti in conseguenza di comportamenti e provvedimenti giudiziari posti in essere da magistrati nei cui confronti, di contro, non sembrerebbe essere stata avviata alcuna azione, né in sede disciplinare né in sede di responsabilità civile;

   sebbene le somme di denaro accordate a titolo di riparazione per le ingiuste detenzioni patite rappresentino un chiaro ed evidente danno all'erario, per quanto consta all'interrogante, il precedente Governo non ha avviato alcuna azione di rivalsa nei riguardi del dottor Roberti che, all'esito della sua carriera professionale è stato, invece, nominato ed eletto per importanti incarichi politici;

   sul discusso rapporto tra magistratura e politica e sulla rapida carriera politica del dottor Roberti la scorsa legislatura è stata presentata l'interrogazione n. 4-00946, liquidata dall'allora Ministro Bonafede con una risposta, a parere dell'interpellante, di mero rito in cui si dava atto che il magistrato, al pari di altri colleghi, negli anni in servizio, era stato sottoposto a reiterate verifiche dalle quali non erano emerse criticità e che, in ogni caso, essendo in pensione, non era più suscettibile di valutazione dal punto di vista disciplinare;

   una recente indagine ricognitiva svolta dalla Corte dei conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, in ordine agli elevati oneri sostenuti negli ultimi anni dalla finanza pubblica a titolo, sia di riparazione per ingiusta detenzione sia di risarcimento per la responsabilità civile dei magistrati, ha stimato un danno superiore ai 40 milioni annui, con una profonda disparità tra le domande accolte per ingiusta detenzione e le relative somme erogate, e il numero dei casi nei quali l'accertata ingiustizia abbia dato causa a responsabilità erariale del magistrato –:

   accertata la veridicità dei fatti esposti in premessa, di quali informazioni disponga il Governo in merito all'eventuale apertura di una pratica per una azione di rivalsa nei confronti dei magistrati per i danni erariali conseguenti all'assunzione di provvedimenti che si sono rivelati infondati e che hanno dato luogo alle riparazioni per ingiusta detenzione;

   in caso di esito negativo, se non ritenga necessario verificare la sussistenza di ipotesi di omissioni e relative responsabilità nei confronti di chi avrebbe dovuto istruire la pratica per l'azione di rivalsa e, quindi, per tutelare la finanza pubblica trattandosi di una chiara ipotesi di danno all'erario, nonché se sia ancora possibile esperire la citata azione.
(2-00058) «Vietri».

Interrogazioni a risposta orale:


   TODDE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 gennaio 2023 il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è recata in Algeria per incontrare Presidente algerino Abdelmadjid Tebboune. L'incontro bilaterale ha avuto ad oggetto la conclusione di un accordo internazionale circa la costruzione di un'infrastruttura dedicata alla distribuzione di gas, idrogeno ed elettricità mediante una condotta che colleghi l'Algeria e l'Italia, passando per la Sardegna. L'infrastruttura sembrerebbe riprendere, quanto meno nella sostanza, il «gasdotto Algeria Sardegna Italia, cosiddetta “Galsi”». Quest'ultimo, doveva essere un progetto in grado di portare il metano algerino in Sardegna. Tuttavia, il progetto Galsi non fu mai portato a termine e il fallimento del progetto è riconducibile alle ricadute ambientali dello stesso e a una valutazione costi-benefìci non favorevole;

   il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030, cosiddetto Pniec, prevede come obiettivo nazionale la riduzione dell'utilizzo di fonti energetiche fossili e l'obiettivo di copertura, nel 2030, del 30 per cento del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili, delineando un percorso di crescita sostenibile delle fonti rinnovabili con la loro piena integrazione nel sistema energetico nazionale. In aggiunta, il conflitto bellico in Ucraina ha reso palese come dipendere energicamente da Paesi con una situazione sociale, economica e politica non stabile può condurre a una situazione di incertezza degli approvvigionamenti energetici;

   tenuto conta della strategia nazionale di elettrificazione dei consumi, civili e industriali, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 11110 del 31 marzo 2022 prevede l'estensione della rete di trasmissione elettrica nazionale attraversò la realizzazione del cavo Sardegna-Sicilia che fa parte del Tyrrhenian link. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in parola individua le opere e le infrastrutture necessarie al phase out dell'utilizzo di carbone in Sardegna e alla decarbonizzazione dei settori industriali dell'Isola, nonché funzionali alla transizione energetica, conformemente a quanto previsto dal Pniec;

   secondo uno studio condotto dall'università di Cagliari e dal Politecnico di Torino, la Sardegna, grazie alle sue caratteristiche naturali, ha la concreta opportunità di diventare un polo di eccellenza internazionale della transizione energetica mediante l'utilizzo quasi esclusivo di fonti energetiche rinnovabili. Inoltre indipendentemente dai benefìci ambientali derivanti dalla riduzione delle emissioni, un sistema integrato ed efficace di produzione di energia da fonti rinnovabili condurrebbe, secondo il medesimo studio, anche a una riduzione del costo dell'energia maggiore rispetto a quello derivante dal gasdotto;

   l'infrastruttura prevista dall'accordo bilaterale tra Italia e Algeria del 23 gennaio 2023 non solo non risulta in linea con la strategia delineata dal Pniec ma, al giorno d'oggi, non produrrebbe alcun beneficio diretto per la regione Sardegna. Infatti, perché l'energia trasportata mediante tale infrastruttura possa essere distribuita nel territorio, è necessario che siano presenti delle reti di distribuzione capillare su tutto il territorio. A ciò si aggiunge che, in sede di valutazione del Gasli furono sollevati elementi di criticità dell'infrastruttura relativamente al rispetto del territorio e alla tutela dell'ambiente –:

   quali elementi, in possesso del Governo, facciano pensare che una siffatta infrastruttura possa coniugarsi con la strategia REpowerEU, relativamente ai profili di indipendenza energetica e riduzione dei combustibili fossili;

   in che modo una siffatta infrastruttura si possa coniugare con gli obiettivi di decarbonizzazione delineati dal Pniec 2019 e, invece, quali iniziative il Governo intenda porre in atto al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione di energie da fonti rinnovabili;

   quali iniziative, per quanto di propria competenza, intenda intraprendere il Governo al fine di garantire che il gasdotto in oggetto apporti dei benefìci economici, sociali e ambientali alle regioni che, in assenza di una rete di distribuzione capillare del gas metano, ospiterebbero l'infrastruttura.
(3-00135)


   MEROLA e PELUFFO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della cultura, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport e i giovani, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (AIG), ente storico e patrimonio del Paese, è stata costituita il 19 dicembre 1945 con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;

   l'Associazione, con il decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro degli affari esteri, è stata eretta a ente morale e con il decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40 è stata riconosciuta anche ente assistenziale; infine con il decreto-legge 29 marzo 1995, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995, n. 203, è stata equiparata a ente culturale;

   inoltre, l'Associazione è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'Associazione da sempre si è occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la medesima rete della International Youth Hostel Federation;

   il Ministro del turismo, recentemente, ha ribadito «l'interesse e il sostegno che questo Ministero ha sempre dimostrato per la situazione dell'Associazione, in virtù del suo ruolo nella promozione del turismo giovanile» «assicurando che il Ministero non si opporrà in futuro ad azioni del Governo volte a risolvere la situazione dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù»;

   il Governo ha accolto gli ordini del giorno n. 9/643-bis-AR/153 e n. 9/643-bis-AR/215 che lo impegnano a «valutare l'opportunità di introdurre concrete azioni, anche in campo normativo, rivolte alla ripresa delle attività turistiche e alle giovani generazioni» e a «favorire la promozione del turismo giovanile, scolastico, sociale e sportivo, e della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio UNESCO, prevedendo la costituzione dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù quale ente pubblico non economico sottoposto alla vigilanza del Ministero del turismo e inserito nella tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70 recante “Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente” al punto III – “Enti di promozione economica” anche provvedendo alla nomina di un commissario straordinario per provvedere alla ricognizione dei beni residui ai fini della loro valorizzazione, nonché per bandire un concorso finalizzato all'assunzione sino a 25 unità di personale per dare continuità all'attività dell'Associazione»;

   il perdurare della situazione di crisi rischia di compromettere, irrimediabilmente, il patrimonio materiale e immateriale dell'Associazione;

   la gravissima crisi economica che ha colpito l'Italia connessa all'emergenza del COVID 2019, nonché agli aumenti dei prezzi del settore elettrico e all'inflazione, rende necessario adottare misure e strumenti di sostegno al turismo e in particolare delle categorie più svantaggiate, tra cui rientrano quelle giovanili e quelle a basso reddito –:

   quali iniziative, urgenti ed emergenziali, il Governo ritenga di adottare per tutelare il marchio storico, i livelli occupazione, il patrimonio mobiliare, immobiliare e immateriale, nonché i servizi di utilità sociale dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù.
(3-00136)


   TONI RICCIARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della cultura, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù, ente storico e patrimonio del Paese, nasce nel 1945 con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del Commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del Commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;

   l'Associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari esteri, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;

   inoltre, l'Associazione è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la medesima rete della International Youth Hostel Federation;

   il Governo, a più riprese, ha confermato di essere a conoscenza della situazione in cui versa l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig);

   il Ministro del turismo, rispondendo a diversi atti di sindacato ispettivo, tra cui il n. 4-09762 ha ribadito che intende «individuare ogni ulteriore soluzione utile a livello normativo, che consenta di affrontare la difficile situazione in cui versa l'associazione, tutelarne il patrimonio e il livello occupazionale, per evitarne la chiusura definitiva e salvaguardarne le descritte attività che, per il settore del turismo, assumono particolare rilievo»;

   da ultimo, il Ministro delle politiche giovanili, rispondendo all'interrogazione n. 4-09793, ha sottolineato di aver espresso parere favorevole alle norme presentate, con una riformulazione tesa ad un maggiore coinvolgimento del Dipartimento per le politiche giovanili ed il Servizio civile universale;

   analoghe risposte sono state date dal Governo, intervenendo in Aula alla Camera, in risposta agli atti di sindacato ispettivo n. 2-01285 e n. 3-02654;

   il Governo, recentemente, ha ribadito «l'interesse e il sostegno che questo Ministero ha sempre dimostrato per la situazione dell'Associazione, in virtù del suo ruolo nella promozione del turismo giovanile»;

   sono stati presentati da quasi tutte le forze politiche parlamentari una serie di atti di indirizzo accolti dal Governo per affrontare questa criticità;

   nel corso della approvazione dell'ultima legge di bilancio per l'anno 2023 sono stati presentati anche degli emendamenti che però non hanno trovato accoglimento;

   le conseguenze economiche legate alla pandemia e alla guerra rendono ancor più necessario predisporre misure di sostegno per questo segmento di turismo in cui rientrano i giovani e coloro che hanno redditi non elevati che rischia di vedere pregiudicata la possibilità di poter viaggiare a costi contenuti –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare tempestivamente al fine di tutelare il marchio storico, il patrimonio mobiliare e immobiliare, i servizi di utilità sociali dell'ente Aig e soprattutto il personale che vi lavora.
(3-00137)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con la delibera 1° maggio 2016, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (di seguito CIPE) ha approvato il piano stralcio «Cultura e turismo», presentato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, disponendo l'assegnazione al medesimo Ministero di un importo complessivo di 1.000 milioni di euro da destinare al sistema museale italiano, ai sistemi territoriali turistico-culturali nonché ad interventi di completamento particolarmente significativi ed a nuovi interventi da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   nel paragrafo 1.2, della citata delibera CIPE, ha disposto la destinazione di 150 milioni di euro a favore di interventi afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2017 è stata istituita la Commissione chiamata ad effettuare la selezione degli interventi da finanziare, selezionandone 273, una volta terminati i lavori in data 15 dicembre 2017;

   malgrado siano ormai trascorsi più di cinque anni dal termine dei lavori della Commissione, molti comuni vincitori del bando non hanno, ad oggi, mai ricevuto i fondi stanziati dal Governo e di conseguenza non hanno potuto mettere in atto interventi significativi per il territorio –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di consentire lo sblocco delle risorse assegnate al progetto denominato «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», consentendo un rapido trasferimento dei fondi agli enti ammessi al finanziamento.
(5-00299)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI e MACCANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dalla notte tra domenica 22 e lunedì 23 gennaio 2023 milioni di caselle di posta elettronica di Libero e Virgilio sono inaccessibili a causa di un guasto. È impossibile accedere alla schermata in cui consultare le mail da desktop, così come non è possibile ricevere o inviare le mail da smartphone;

   considerato che il blocco dura da quasi tre giorni, si tratta di uno dei disservizi informatici più gravi e duraturi degli ultimi anni, almeno a livello italiano;

   secondo le stime diffuse da diversi giornali sono 9 milioni gli account riconducibili a questi due provider gestiti dall'azienda Italiaonline: sono tutti bloccati, compresi quelli che hanno abbonamenti a pagamento e quelli di chi utilizza questi due servizi professionalmente. Gli unici account che non sembrano avere problemi sono le Pec di Libero, cioè la posta elettronica certificata;

   Italiaonline ha pubblicato due comunicati senza però dare molte informazioni sulle cause del guasto;

   l'azienda ha confermato che il disservizio è iniziato il 23 gennaio e che il guasto riguarda i data center, cioè i luoghi dove si trovano i server, in pratica i computer che gestiscono i dati e i servizi tra cui le mail. «È stato identificato il problema, in corso di risoluzione», ha scritto il 24 gennaio Italiaonline senza chiarire la natura del guasto. Tra le altre cose, l'azienda ha assicurato che il guasto non ha compromesso o cancellato dati e mail del passato, a cui le persone potranno accedere dopo che il problema sarà risolto;

   un successivo comunicato dell'azienda ha specificato che il problema non dipende dai servizi sviluppati da Italiaonline, senza però dire quale sia la reale causa del guasto, e ha escluso la possibilità di un attacco informatico;

   da ultimo la società, nell'ultima comunicazione ha espunto il riferimento diretto a potenziali attacchi hacker;

   a parere dell'interrogante il prolungato disservizio desta estrema preoccupazione per la corretta conservazione dei dati degli utenti che debbono essere tutelati primariamente –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda porre in essere per la funzionalità, la conservazione e la protezione dei dati personali degli utenti e della sicurezza informatica.
(4-00332)


   BARBAGALLO, CASU e GRAZIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dei ministri n. 17 di giovedì 19 gennaio 2023, ha deliberato, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il conferimento dell'incarico di direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa) all'ingegnere Roberto Carpaneto;

   l'ingegnere Carpaneto dal 2007 è il presidente della multinazionale Rina Consulting s.p.a., oltre ad essere anche il vicepresidente dell'Oice, Organizzazione di ingegneria e di consulenza, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica;

   il gruppo Rina è una multinazionale con sede a Genova, nata nel 2000, che opera in diversi settori economici; a partire dal 2011, Rina Consulting ha esteso il proprio campo di attività alla consulenza ingegneristica, attraverso l'acquisizione di tre aziende del settore: 1) D'Appolonia (acquisita nel 2011), azienda con sede a Genova e specializzata in consulenza ingegneristica, design e project management nei settori spazio e difesa, logistica, mobilità e telecomunicazioni 2) Centro sviluppo materiali (acquisita nel 2014), nato come centro di ricerca in campo siderurgico con diverse sedi in Italia e specializzato in materiali e tecnologie applicate, quali ad esempio quelle usate per la manifattura additiva e in processi di produzione e controllo in ottica industria 4.0 applicabili a diversi settori industriali 3) Edif group (acquisita nel 2016), società di ispezione e consulenza ingegneristica con sede a Londra, specializzata nei settori militare e spaziale, e della produzione, trasporto e stoccaggio di energie rinnovabili ed energia elettrica;

   Rina consulting s.p.a. è quindi il ramo di consulenza di ingegneria di Rina e fornisce una vasta gamma di servizi che coprono l'intero ciclo di vita di un progetto, offrono al cliente servizi tradizionali e innovativi per settori industriali, power generation, rinnovabili, spazio e difesa, trasporti e infrastrutture;

   nel dicembre 2018 è stato affidato a Rina consulting s.p.a. per l'importo di 14 milioni di euro, l'incarico per i servizi di coordinamento progettuale, direzione lavori, controllo qualità e coordinamento della sicurezza del nuovo ponte autostradale di Genova, a seguito del crollo del viadotto Polcevera, del 14 agosto 2018;

   l'ingegnere Carpaneto, in qualità di manager di una società privata, partner strategico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ad avviso dell'interrogante risulterebbe incompatibile con l'incarico di direttore di Ansfisa, conferito il 19 gennaio 2023 in quanto diventerebbe controllore di un'azienda privata, di cui è stato manager e attualmente responsabile legale, a sua volta controllata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e da Ansfisa –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato alla scelta in considerazione dei numerosi profili di conflitto di interessi evidenziati.
(4-00350)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAROTENUTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Mario Paciolla, giovane cittadino italiano, fu trovato morto il 15 luglio 2020 nella sua abitazione a Villa Ferro, località San Vicente di Caguán, nel dipartimento meridionale colombiano di Caquetà;

   Paciolla era in Colombia in qualità di funzionario nell'ambito della seconda missione di verifica delle Nazioni Unite nel dipartimento di Caquetà, impegnato in un progetto di pace interno tra il governo locale e le Farc;

   ad agosto del 2020 sarebbe scaduto il contratto di Paciolla con l'ONU;

   secondo quanto si apprende da varie e autorevoli fonti la mattina del 15 luglio Paciolla avrebbe dovuto essere prelevato dalla sua abitazione dal rappresentante della sicurezza della missione ONU Christian Leonardo Thompson Garzón e da una collega, per portarlo a Florencia, dove avrebbe preso il volo per Bogotà; lì avrebbe trascorso cinque giorni prima della partenza definitiva per l'Italia. Al loro arrivo Mario non diede cenni. La collega, che si sarebbe fatta dare le chiavi dal padrone di casa, è stata mandata a controllare perché Mario non rispondeva più e lo ha ritrovato morto impiccato;

   dopo aver inizialmente trattato la morte come un caso di suicidio, l'ufficio del procuratore distrettuale colombiano aprì un'inchiesta per chiarire la tragica vicenda;

   i genitori di Mario Paciolla hanno raccontato a varie fonti di stampa: «Ci disse che voleva abbandonare la missione nell'immediato. Preparava i documenti necessari. In queste telefonate ha alternato momenti di serenità ad altri di forte timore. Senza giri di parole, ci ha detto che avrebbe portato con sé poche cose, anche se non sarebbe mai più tornato in Colombia, tantomeno con l'ONU»;

   inoltre si apprende che «i genitori di Mario hanno firmato e sporto denuncia, depositata in Colombia, nei confronti di due funzionari delle Nazioni Unite, tra cui lo stesso Thompson, e quattro poliziotti colombiani. La denuncia è per occultamento, alterazione e distruzione di prove. Nel caso dei due funzionari riguarda anche la violazione di domicilio e l'usurpazione di funzioni pubbliche. Dopo due anni la Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione della indagine. I pubblici ministeri romani, dopo aver aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti, non avendo ottenuto elementi concreti a verifica di questa ipotesi, hanno stabilito che la strada più accreditata resta quella del gesto volontario. I legali dei famigliari hanno già depositato l'opposizione alla richiesta di archiviazione, chiedendo la prosecuzione delle indagini preliminari e ora si attende la pronuncia del giudice.» (fonte: www. iltascabile.com del 19 gennaio 2023);

   sulla morte del funzionario delle Nazioni Unite Mario Paciolla in Colombia è stata presentata anche un'interrogazione al Parlamento europeo con richiesta di risposta scritta P-004338/2020 del 22 luglio 2020 al vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza;

   a tutt'oggi non si comprende perché un giovane, descritto da chiunque l'abbia conosciuto come una persona appassionata, vulcanica, vitale e competente, avrebbe deciso di suicidarsi a pochi giorni dal rientro in Italia, con tutte le pratiche per il viaggio già espletate. Finora non sono emersi argomenti solidi che avvalorino tesi di suicidio –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo con riferimento allo stato e all'eventuale esito delle indagini svolte in Colombia sulla morte del giovane Mario Paciolla;

   quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso e quali ulteriori iniziative intenda intraprendere – in tutte le sedi deputate ed opportune –, anche in accordo con le competenti autorità giudiziarie straniere, per fare piena luce sulle reali cause e sulle circostanze di questa morte violenta tuttora priva di spiegazioni, anche in considerazione dell'importante ruolo ricoperto dal giovane Paciolla nella missione di verifica delle Nazioni Unite che svolgeva in Colombia.
(4-00344)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   in data 5 marzo 2021 il Direttore generale della direzione valutazioni ambientali decretava l'assoggettamento alla procedura di valutazione di impatto ambientale del progetto denominato «Interventi per la protezione e la conservazione dei fondali del canale Malamocco Marghera-Opere di protezione delle Casse di Colmata» (proponente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Provveditorato interregionale per le OOPP del Veneto-Trentino-Alto Adige-Friuli-Venezia Giulia), ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 152 del 2006, considerato al riguardo il parere della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA VAS n. 171 del 15 febbraio 2021;

   in data 23 novembre 2021 detto progetto è stato approvato a maggioranza dalla Commissione per la salvaguardia di Venezia; ad esprimere parere contrario è stato ingegner Antonio Rusconi, che ha evidenziato l'anomala assenza della Via, mentre i rappresentanti del MASE, del MIC e della Città metropolitana di Venezia si sono astenuti;

   al riguardo giova evidenziare che i pareri di Via sono sempre stati acquisiti, per prassi consolidata, prima del voto finale della Commissione di salvaguardia che andava dunque a concludere, tenuto conto del rango speciale e sovraordinato di detta Commissione, il procedimento istruttorio e valutativo;

   inoltre l'esigenza della previa procedura di Via – prescritta nel parere vincolante della Commissione di salvaguardia in merito al progetto Canale S. Leonardo-Marghera del 18 dicembre 2003 – era stata segnalata dal professor Stefano Boato alla Segreteria della Commissione;

   il progetto, nelle modalità previste dal citato parere del 23 novembre 2021, non veniva comunque avviato a realizzazione;

   in data 21 dicembre 2022 l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale avviava ad esecuzione mediante bando di gara, un «nuovo» progetto che, sebbene con le medesime caratteristiche del precedente, recava la seguente diversa titolazione: «Opere di manutenzione e ripristino per la protezione e la conservazione nelle aree di bordo del canale Malamocco tratto San Leonardo Fusina – interventi di protezione dall'erosione marina delle casse di colmata, lato laguna viva», del quale si evidenziano le seguenti criticità progettuali:

    a) il marginamento delle casse di colmata è previsto in chilometri di scogliere lineari realizzate in pietrame di grandi dimensioni, tipologia non prevista da PALAV e già denegata dal voto della Commissione per la salvaguardia di Venezia del 18 dicembre 2003 che prescrive piuttosto le morfologie di tipo «lagunare» per evitare l'effetto erosivo delle onde prodotte dalla navigazione delle navi;

    b) la compromissione che detto marginamento reca alle azioni di ripristino dell'ambiente naturale e floro-faunistico già eseguite nelle casse di colmata;

    c) la previsione di scaricare i fanghi di scavo dei canali sopra le casse di colmata. Si segnala altresì quanto segue:

     a) l'intervento è finanziato con fondi PNRR e ha una rilevante dimensione economica (euro 19.504.459);

     b) l'intervento non si limita a prevedere la realizzazione di opere di mera manutenzione e ripristino, ma la realizzazione di nuove opere di consolidamento della sponda ovest e, presumibilmente, della sponda est;

     c) l'intervento comprometterebbe stabilmente i siti ed i paesaggi interessati, concretizzando assai probabilmente un irrigidimento che impedirebbe la prosecuzione dell'attuazione della normativa vigente che prevede «il ripristino naturalistico e florofaunistico» già in parte attuato per anni dallo Stato (Magistrato alle Acque) e ancora in itinere;

     d) in base all'articolo 2 del decreto-legge n. 103 del 2021 gli interventi di «manutenzione dei canali esistenti» di navigazione portuale sono affidati alla competenza del Commissario straordinario per la realizzazione di approdi temporanei e di interventi complementari per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna e devono essere effettuati «previa valutazione di impatto ambientale, secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia, e garantendone la coerenza con le indicazioni del Piano morfologico e ambientale della Laguna, e successivi aggiornamenti»;

     e) la mancata approvazione dell'aggiornamento del Piano morfologico della laguna rende necessaria la verifica della coerenza di qualsiasi intervento con il tuttora vigente Piano Morfologico approvato con i decreti del Presidente del Magistrato alle Acque di Venezia del 24 febbraio 1993 e del 28 febbraio 1994;

     f) la Commissione europea, nell'ambito della Procedura di infrazione Pilot 9722 (2020), ha richiesto all'Italia particolari informazioni relative a possibili violazioni alla Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE in merito ai «progetti del Porto di Venezia per rafforzare il principale canale di navigazione attraverso la laguna con barriere rigide che modificherebbero irrimediabilmente la morfologia della laguna»; a tal proposito va evidenziato che il vigente Piano di gestione delle acque, per la parte relativa alla laguna di Venezia, non prevede alcuna misura riguardante il marginamento delle casse di colmata –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire adeguate garanzie affinché gli interventi previsti nel canale di Malamocco siano effettuati nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di valutazione ambientale e della legislazione speciale per Venezia;

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover avviare un'interlocuzione con la Commissione europea al fine di verificare che gli interventi previsti non determinino possibili violazioni della direttiva quadro acque e, nel caso, se non intenda provvedere ad una revisione del progetto che sia coerente col quadro normativo statale ed eurounitario.
(2-00059) «Sergio Costa, Morfino, L'Abbate, Ilaria Fontana, Cappelletti, Santillo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la discarica di Latina in località Borgo Montello, gestita dalla società Ecoambiente srl, venne autorizzata dal commissario per l'emergenza rifiuti del Lazio con decreto commissariale n. 34 del 6 aprile 2007;

   detto stato di pericolosità socio-ambientale derivante dal mancato smaltimento dei rifiuti, decretato dal Presidente del Consiglio dei ministri in data 19 febbraio 1999 e prorogato nel tempo nonché esteso allenterò territorio della regione Lazio, è cessato nel giugno 2008;

   a seguito della cessazione del periodo emergenziale, la discarica ha continuato comunque ad essere in esercizio a fronte di sopraelevazioni autorizzate con determinazione dirigenziale della regione Lazio n. A3770 del 27 ottobre 2008, fino alle successive autorizzazioni rilasciate con determinazioni dirigenziali B06065 del 2009 e G01217 del 2015;

   la discarica, nel 2016, fu oggetto di sequestro da parte dell'autorità giudiziaria e il dissequestro venne concesso per la messa in sicurezza e bonifica del sito;

   con determinazione dirigenziale G01621 del 17 febbraio 2021, la regione Lazio ha concluso negativamente il procedimento autorizzativo per l'abbancamento di ulteriori volumetrie, indicando al gestore di procedere al capping della discarica;

   nelle more del procedimento che ha portato all'espressione del parere negativo sopra citato, Arpa Lazio specificava con proprio parere come «tutti i campioni prelevati hanno mostrato la rilevante presenza di metalli quali Arsenico, Ferro e Manganese, le cui concentrazioni sono risultate ben oltre limiti previsti per le CSC» e l'Agenzia stessa, con propria nota prot. n. 28219 del 7 maggio 2020, aveva trasmesso agli enti coinvolti nel procedimento amministrativo di bonifica la relazione relativa a quanto svolto, mettendo in evidenza come «le diverse criticità riscontrate nell'ambito dello svolgimento delle citate attività di indagine non rendessero possibile la conclusione del procedimento amministrativo di bonifica»;

   il 29 dicembre 2021, il Consiglio di Stato (sezione quinta, provv. n. 08702) ha accolto l'appello proposto da Ind.Eco Srl, società che gestisce la discarica, annullando le ordinanze comunali che imponevano al gestore la bonifica. Tali ordinanze avevano indicato il gestore come incaricato delle attività di bonifica a fronte dell'impossibilità di individuare il responsabile della contaminazione;

   la discarica ad oggi continua a rimanere chiusa in attesa di bonifica e capping;

   nei vertici svolti presso la prefettura di Latina con regione Lazio e provincia di Latina nel mese di novembre 2022, sono stati presi in considerazione sbocchi verso l'estero per lo smaltimento degli scarti derivanti dal trattamento dei rifiuti indifferenziati;

   con determinazione 1432 del 5 settembre 2022, il comune di Latina ha concluso negativamente il procedimento di aggiornamento dell'analisi di rischio sanitario sito-specifica della Ecoambiente srl;

   l'articolo 206-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 recita al comma 1 che «Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge, in particolare, le seguenti finzioni: a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio anche tramite audit nei confronti dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui ai Titoli I, II e III della parte quarta del presente decreto» –:

   quali iniziative di competenza abbia adottato il Ministro interrogato, in virtù dei compiti di vigilanza in materia di gestione dei rifiuti dal decreto legislativo n. 152 del 2006, sulle attività di bonifica della discarica in oggetto alla luce dei ritardi nell'attuazione di misure di tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
(5-00306)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Bosco della Moronera, con un'estensione di 70 ettari, rappresenta una delle poche aree verdi rimaste in una delle zone più urbanizzate d'Europa, nel sud della provincia di Como, a pochi chilometri dalla periferia milanese;

   quest'area forestale, compresa tra i residui agricoli dei comuni di Turate, Cirimido e Lomazzo, è un tipico bosco dell'alta pianura insubre, originato dalle antiche brughiere che sostituirono già in epoca storica e per opera dello sfruttamento umano, l'Urwald, la foresta primordiale che copriva l'Europa;

   in questo contesto territoriale, la Moronera in particolare è la più vasta e omogenea zona alberata nelle frammentate campagne sulla direttrice che da Milano porta a Como e costituisce un anello nella rete, spesso interrotta, dei corridoi ecologici del risicato asse verde pedemontano;

   nonostante il Bosco della Moronera sia un «luogo del cuore» del Fai, Fondo ambiente italiano, da tempo è stato trasformato in una vera discarica a cielo aperto, con cumuli di detriti;

   la società Pedemontana lombarda si era impegnata con le sue opere di compensazione ambientale a realizzare intorno a Pedemontana «il più esteso progetto ambientale mai sviluppato in Italia»;

   a margine della strada si trovano materiali edili e materiali di sgombero, sicuramente scaricati da camioncini a cassone, oltre a sacchi di rifiuti civili col marchio dei comuni di Lomazzo e Turate;

   vi sono inoltre rifiuti pericolosi, soprattutto eternit, esposti alle intemperie quindi altamente pericolosi se dispersi nell'aria e nella falda;

   ai sensi dell'articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, ove ve ne sia espressa richiesta, ha la facoltà di intervenire con autonomi e diretti poteri, al fine di impedire il verificarsi di danni ambientali, salva ogni discrezionalità sulle misure più opportune da intraprendere e sui provvedimenti da assumere conseguentemente;

   l'estrema urgenza di un intervento è determinata dalla possibile presenza di sostanze pericolose potenzialmente in grado di arrecare un danno irreversibile all'ambiente e alla salute dei cittadini –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare a tutela dell'ambiente e a garanzia della salute dei cittadini, anche promuovendo una verifica da parte del nucleo operativo ecologia dei Carabinieri, al fine di accertare quali materiali e sostanze siano presenti all'interno e in prossimità del Bosco della Moronera e restituirlo alla sua vocazione ecologica naturale.
(4-00343)

CULTURA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLEGRINI, LOVECCHIO, GIULIANO, MARIANNA RICCIARDI, CHERCHI, PENZA e PAVANELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   in Foggia, presso una collezione privata, è presente un dipinto su tavola di forma ovale, di piccole dimensioni, probabilmente realizzato ad olio, raffigurante Leonardo da Vinci;

   i proprietari segnalavano alla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia tale possesso e l'opportunità di effettuare indagini volte ad attestarne l'autenticità, il valore artistico e la sua attribuzione, anche in vista della sua donazione in favore della città di Foggia o allo Stato;

   in data 9 gennaio 2020, un funzionario storico dell'arte e due funzionarie restauratrici della Soprintendenza si recavano presso l'abitazione dei proprietari del manufatto per visionarlo. A loro parere, per una valutazione dell'originalità del dipinto e per la sua eventuale attribuzione, era necessario effettuare una perizia storico artistica, da parte di esperto studioso di Leonardo Da Vinci di comprovata esperienza, nonché analisi diagnostiche specifiche;

   la Soprintendenza affermava di non disporre di dotazioni scientifiche e professionali necessarie alle suddette attività né di avere disponibilità economica da destinare a tali esigenze e, pertanto, chiedeva, in data 3 gennaio 2020 prot. 995, la collaborazione dell'istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro al fine di ottenere, previo sopralluogo, un parere tecnico-scientifico in merito al dipinto, anche in vista di successivi approfondimenti scientifici;

   il dirigente del Servizio Cultura Turismo Spettacoli e Grandi Eventi del comune di Foggia, in data 7 agosto 2020 prot. gen. 94618, inviava nota all'I.S.C.R. per avere notizie in merito all'iter procedurale dell'effettuazione dei suddetti accertamenti e della perizia, vista anche la manifesta volontà dei proprietari del manufatto di donarlo al comune o allo Stato;

   in data 11 gennaio 2021 il parlamentare europeo on. Mario Furore inviava nota alla Soprintendenza per chiedere notizie in merito all'effettuazione dei suddetti approfondimenti tecnico-scientifici e relativi pareri;

   in data 12 novembre 2021, a firma dell'on. Giorgio Lovecchio, veniva presentata interrogazione a risposta scritta n. 4-10692 al Ministro della cultura per conoscere i motivi per i quali non si era ancora proceduto tal senso;

   in data 20 gennaio 2022, tre funzionarie della Soprintendenza effettuavano ulteriore sopralluogo presso l'abitazione dei coniugi proprietari del dipinto i quali, in merito alle indagini sull'autenticità e attribuzione del manufatto, sollecitavano l'effettuazione di radiografie, studio dei cretti e altri approfondimenti scientifici utili alla valutazione dell'originalità del dipinto, del suo valore artistico e della sua attribuzione;

   i proprietari del dipinto hanno manifestato più volte la volontà di donare al comune di Foggia o allo Stato il suddetto manufatto, a condizione che lo stesso rimanga in via permanente a Foggia e venga esposto nel centro storico della città;

   l'eventuale attribuzione del dipinto a Leonardo da Vinci, o alla cerchia dei pittori leonardeschi, avrebbe notevolissime ricadute positive per il Paese, per la città, per tutto il territorio Dauno, in termini culturali, artistici, economici, turistici –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutti i fatti esposti;

   quali iniziative intenda intraprendere affinché si verifichi con sollecitudine l'autenticità dell'opera, la sua eventuale attribuzione, la sua vetustà (se compatibile, o meno, con il periodo rinascimentale), lo stato e le caratteristiche del supporto e se le caratteristiche del dipinto siano riconducibili agli artisti della cerchia dei pittori leonardeschi.

   se intenda avviare, in accordo con gli attuali proprietari, l'iter per l'acquisizione del dipinto ai beni demaniali.
(4-00331)


   ZANELLA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 20 giugno 2018 il comune di Padova, l'Agenzia del demanio e il Ministero dell'interno hanno sottoscritto un Protocollo d'intesa che ha portato alla permuta della ex caserma Giacomo Prandina, nel centro storico di Padova, a favore del comune di Padova, con l'area di via Anelli;

   il Ministero dei beni e delle attività culturali, con provvedimento del 9 dicembre 2014, ha dichiarato il complesso della ex caserma Prandina, 35.777 metri quadrati, tra aree verdi ed edifici storici, «bene di interesse culturale» che esclude usi non compatibili con il carattere storico o artistico del sito oppure tali da recare pregiudizio alla sua conservazione;

   la Commissione regionale per il patrimonio culturale del Veneto con il provvedimento del 19 gennaio 2017 ha in realtà esteso il vincolo di cui al titolo I del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) a tutto il complesso ceduto al comune, in quanto lo stesso presenta l'interesse culturale di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, sia perché parte «di un compendio di origine medievale posto in un'area ricompresa tra il perimetro della cinta muraria più antica di età comunale e i bastioni del sistema fortificato veneziano, area da salvaguardare integralmente in quanto testimonianza rilevante e irrinunciabile del rapporto morfologico storicamente attestato tra gli insediamenti urbani e il sistema fortificato», sia per le caratteristiche intrinseche dei manufatti;

   nel dicembre 2018, cedendo alle pressanti richieste di alcune associazioni dei commercianti, il comune di Padova ha realizzato un parcheggio tutt'ora in funzione, in larga parte delle aree scoperte del complesso Prandina, che è in evidente netto contrasto con i suddetti provvedimenti;

   si susseguono proposte da parte di forze politiche e dello stesso sindaco di Padova di realizzare nuove strutture invasive che recherebbero ulteriore pregiudizio all'area in questione –:

   quali e immediate iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, per garantire la salvaguardia del complesso dell'ex caserma Prandina.
(4-00335)


   D'ALFONSO. — Al Ministro della cultura, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Chiesa Madre-Parrocchiale Beata Vergine Maria delle Grazie di Civitella Casanova, in provincia di Pescara, è un piccolo gioiello architettonico la cui fondazione risale al XVI secolo;

   il sisma del 6 aprile 2009 ha causato un crollo parziale del torrino dell'orologio che sormontava il campanile. Nei mesi successivi all'accadimento sismico si è provveduto a demolire completamente il torrino, e la torre campanaria che ha registrato vistosi danni è stata messa in sicurezza;

   con delibera CIPE 77/2015 vengono stanziati 1,1 milioni di euro per il recupero, consolidamento e restauro della Chiesa Beata Vergine Maria delle Grazie;

   nel mese di agosto 2016, gli eventi sismici verificatisi nel centro-Italia, aggravano ulteriormente le, condizioni della Chiesa matrice, già dichiarata inagibile dal Comune di Civitella Casanova con ordinanza n. 59 del 30 aprile 2009;

   con ordinanza n. 132 del 30 dicembre 2022, la struttura commissariale per la ricostruzione nei territori dei comuni delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dall'evento sismico del 24 agosto 2016, approva nuovi interventi relativi agli edifici di culto e integrazione finanziaria dei precedenti programmi;

   ad oggi la Chiesa Madre-Parrocchiale Beata Vergine Maria delle Grazie di Civitella Casanova non risulta nell'elenco degli interventi programmazione ordinanza commissariale 105/2020 – decreto commissariale 395/2020;

   ad avviso dell'interrogante, in relazione all'importanza che tale luogo di culto ricopre all'interno della comunità del Capoluogo civitellese, è necessario intervenire d'urgenza per ripristinare il legame tra la cittadinanza e ciò che rappresenta la Chiesa principale parrocchiale riferimento dell'intera comunità –:

   se i Ministri interrogati per quanto di competenza, intendano adottare iniziative volte ad affrontare la condizione delle Chiesa richiamata, quale sia stata l'attività di descrizione istruttoria che è stata curata dagli Uffici preposti, quale sia la consistenza documentale e la valutazione che si trova in giacenza presso il Governo e, per oggettiva competenza, presso l'organo commissariale;

   quali iniziative intendano attivare al fine di arrivare ad una soluzione sostenibile del problema evidenziato, prima di tutto attraverso una ricognizione delle risorse occorrenti e poi alla conseguente e coerente assegnazione, per restituire all'esercizio religioso l'edificio sacro atteso da troppi anni, dai fedeli di Civitella Casanova e dall'intero comprensorio vestino.
(4-00342)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a norma dell'articolo 2, comma 3, lettera a) decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ai fini del trattamento Iva, non sono considerate cessioni di beni le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;

   con la risposta a interpello n. 81 del 19 gennaio 2023 l'Agenzia delle entrate è intervenuta in merito al regime Iva dei finanziamenti pubblici erogati al «soggetto attuatore» degli interventi di manutenzione per la messa in sicurezza del sistema idrico regionale;

   in particolare, l'Agenzia ha ritenuto che i finanziamenti in esame debbano essere esclusi dal campo di applicazione dell'Iva, ai sensi del succitato articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, trattandosi di contributi a fondo perduto destinati ex lege alla realizzazione di interventi strategici su opere di interesse pubblico, riconosciuti in assenza di specifica controprestazione da parte del soggetto attuatore;

   giova ricordare, come esplicitato anche nel già citato interpello, che le somme erogate sotto forma di contributi/finanziamenti pubblici «possono assumere rilevanza, ai fini Iva, se corrisposte a fronte di un'obbligazione di dare, di fare, di non fare ovvero di permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. Nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, infatti, i contributi costituiscono la controprestazione (rectius, il corrispettivo) dell'attività svolta dal soggetto beneficiario»;

   tuttavia, risultano all'interrogante discordanti pareri delle Direzioni regionali dell'Agenzia delle entrate proprio in merito all'applicazione della disposizione premessa –:

   se, in coerenza con quanto ritenuto dall'amministrazione finanziaria nell'interpello n. 81 del 2023, i finanziamenti pubblici erogati al «soggetto attuatore» per gli interventi di manutenzione siano esclusi dal campo di applicazione dell'Iva, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
(5-00307)

FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:


   MARROCCO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 7 e l'8 gennaio 2023 si è consumata una tragedia nel reparto di ginecologia dell'ospedale Sandro Pertini di Roma dove una donna, che aveva da poco partorito, si è addormentata mentre allattava il suo bambino di appena tre giorni che, nel sonno, è rimasto soffocato;

   la donna aveva affrontato un travaglio molto lungo e faticoso e aveva chiesto di poter affidare il bambino al nido per superare lo stato di spossatezza;

   la possibilità di tenere il neonato vicino dopo il parto rappresenta una conquista delle madri, ma non può essere una regola generale applicata in automatico e non può essere imposta ad esse, perché ciascun parto è un'esperienza straordinaria ma ha la sua storia, il suo percorso di fatica e di dolore e chiede una valutazione singola;

   i giorni immediatamente successivi al parto sono estremamente difficili perché alla stanchezza fisica si aggiunge la carica emotiva della responsabilità di una nuova vita di cui prendersi cura, gli interrogativi sulla propria inadeguatezza e la paura: le donne sono fragili dopo un evento così sconvolgente, non dovrebbero essere lasciate sole ma troppe sono invece costrette ad affrontare il post-parto in solitudine;

   la tragedia avvenuta all'ospedale Pertini di Roma ci impone di accendere un faro sul funzionamento dei reparti di ginecologia, sulle regole di assistenza e presenza dei familiari nei reparti, porre in primo piano la centralità della madre ed inserire tutto ciò nell'agenda politica come una priorità;

   la mancanza di assistenza, che il servizio sanitario dovrebbe garantire, è un tema molto comune a tanti racconti di neo-mamme e il fatto che non si concludano in tragedia non ne diminuisce la portata e l'importanza;

   serve un intervento forte e determinato: oggi sussistono troppi limiti, carenze economiche e di personale per il blocco del turn over che costringono il personale medico e paramedico a turni massacranti con ricadute sulla qualità del servizio erogato ai cittadini –:

   se non ritengano di dover adottare iniziative di competenza volte a stanziare fondi specifici per il potenziamento dei reparti maternità, sia dal punto di vista della presenza di personale specializzato che delle strutture, al fine di sostenere le donne nel periodo perinatale;

   se non ritengano di dover adottare iniziative di competenza volte a monitorare la condizione dei suddetti reparti negli ospedali italiani.
(4-00351)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CALDERONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sabato 28 gennaio 2023 si svolgeranno le cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario in tutte le Corti di appello d'Italia;

   anche in quella di Messina prenderanno la parola il presidente della Corte, il procuratore Generale ed il procuratore della Repubblica;

   in quella Corte d'appello, tuttavia, quegli incarichi direttivi e semidirettivi sono ricoperti, tutti, da magistrati «facenti funzioni»;

   non si comprendono, allo stato, le ragioni dell'omesso conferimento dei relativi incarichi effettivi – incarichi di sicuro rilievo istituzionale – e la contestuale e consolidata prassi di procedere, di volta in volta, al momento della liberazione di posizioni apicali, all'assegnazione a magistrati facenti funzioni con evidente vulnus, ad avviso dell'interrogante, per l'efficienza, il buon andamento e l'autorevolezza della Corte d'appello di Messina;

   tutto ciò, a prescindere dalle indiscusse professionalità dei singoli magistrati che si trovano a ricoprire i ridetti ruoli apicali, determina evidenti ricadute anche sul funzionamento di quegli uffici giudiziari –:

   se e quali urgenti iniziative, ferme restando le competenze del Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministro interrogato intenda adottare per il buon funzionamento dei servizi relativi alla giustizia in casi come quello descritto in premessa.
(4-00336)


   FARAONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 234 del 2021 ha disciplinato la procedura di conferma dei magistrati onorari in servizio alla data del 15 agosto 2017, ovvero alla data della entrata in vigore della legge n. 116 del 2017, cosiddetta riforma Orlando;

   all'esito di tale procedura, i magistrati onorari sono stabilizzati nelle loro funzioni e ad essi vengono riconosciute le garanzie del lavoratore subordinato;

   i magistrati onorari sono essenziali per l'andamento della giustizia; tale andamento si paralizzerebbe se privato dell'opera dei circa 4500 lavoratori, con indennità mai indicizzate dal 2003, che operano sia nel settore penale che nel settore civile, ai quali è affidato il 60 per cento del contenzioso di primo grado, con punte del 90 per cento nel settore penale requirente;

   da quanto è dato sapere, il 1° dicembre 2022, è stata azionata la procedura di raffreddamento dalle associazioni di categoria, propedeutica a nuovi blocchi e rallentamenti dell'attività, in assenza di risposte soddisfacenti in tempi brevi;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con l'ultima sentenza del 7 aprile 2022 (causa C-236/20) e la Commissione europea, nell'ambito della procedura d'infrazione pendente, hanno ribadito che ai magistrati onorari italiani spettano diritti economici commisurati a quelli del lavoratore comparabile, il magistrato professionale di tribunale di pari anzianità;

   la procedura d'infrazione sul tema – (2016) 4081 – è giunta al bivio ed il prosieguo, col parere negativo, peserebbe come un enorme macigno sull'immagine e sulle finanze dello Stato, avendo la Commissione europea censurato pesantemente, in ultimo a luglio 2022, con la lettera di messa in mora complementare, anche gli aggiustamenti apportati dall'ex Guardasigilli alla riforma Orlando del 2017, con la legge di bilancio n. 234 del 2021, ritenuti ancora non soddisfacenti. Particolare stigma ha ricevuto il trattamento finale, equiparato ad una figura eterogenea ed economicamente inadeguata e la rinuncia, imposta ex lege, ad un giusto risarcimento per le violazioni pregresse;

   i termini per fornire risposte alla Commissione, in linea con le indicazioni dell'Unione sono scaduti;

   già circa 1500 magistrati onorari pienamente stabilizzati con le procedure concorsuali in essere sono chiamati ad operare in un contesto normativo nebuloso;

   i magistrati stabilizzati devono infatti esercitare l'opzione per l'impegno esclusivo o parziale delle funzioni senza avere, allo stato, direttive chiare sui tempi di apertura delle nuove posizioni previdenziali e sugli istituti di raccordo con le pregresse, né sulle modalità di assegnazione degli incarichi giurisdizionali;

   la situazione descritta è assai grave e necessita di essere affrontata con massima urgenza –:

   quali iniziative si ritenga di promuovere, al fine di dare seguito alle indicazioni della Commissione europea riportate nella citata recente messa in mora, e con quali tempistiche, tenuto conto del completamento delle procedure di esame dei magistrati onorari con maggiore anzianità di servizio, e al fine di una riforma della magistratura onoraria stabilizzata in linea con la normativa unionale e nazionale.
(4-00338)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle imprese e del made in Italy, per sapere – premesso che:

   da informazioni in possesso dell'interpellante, le società di gestione che operano nel settore delle infrastrutture per le telecomunicazioni elettroniche, come la Inwit spa, stanno contattando, attraverso i rappresentanti legali, i locatari dei terreni e degli edifici con i quali hanno stipulato un contratto di locazione a lungo termine, per l'acquisto del diritto di superficie del sito oggetto di locazione ad un prezzo da loro determinato, stabilendo al contempo, che qualora le trattative non vadano a buon fine, sarà possibile esperire un'azione espropriativa del terreno, nei confronti degli stessi locatari;

   l'esplicazione di tale azione è consentita ai sensi del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, che attraverso l'articolo 30-bis, ha modificato l'articolo 51, comma 3 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, stabilendo la possibilità di esproprio degli immobili necessari anche ove l'impianto o l'opera da realizzare siano già esistenti;

   la suesposta novella, a giudizio dell'interpellante, rappresenta una misura evidentemente pericolosa, in quanto di fatto riconosce la possibilità agli operatori delle telecomunicazioni elettroniche di ricorrere direttamente alla procedura espropriativa dei beni senza consultare i comuni territorialmente competenti ad effettuare la procedura espropriativa in loro favore, trasformandoli da beneficiari di un procedimento espropriativo operato dal comune in soggetti direttamente dotati di un potere espropriativo;

   al riguardo, evidenzia ancora l'interpellante, l'applicazione delle suesposte modifiche legislative, si configurano all'interno delle misure rientranti nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, in particolare all'articolo 3, lettera b), che definisce come autorità espropriante, «l'autorità amministrativa titolare del potere di espropriare e che cura il relativo procedimento, ovvero il soggetto privato, al quale sia stato attribuito tale potere, in base ad una norma»;

   in base al principio di legalità dell'azione amministrativa in materia espropriativa, previsto dall'articolo 2 del suesposto decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, le recenti novelle introdotte al codice delle comunicazioni elettroniche fungono, pertanto, da una norma attributiva del potere espropriativo, in favore degli operatori delle telecomunicazioni;

   l'interpellante evidenzia inoltre, ulteriori criticità nei riguardi delle procedure espropriative, non solo per i beni immobili interessati dall'intervento di pubblica utilità, ma anche per i diritti reali che sorgono sugli stessi (in primis quelli di natura superficiaria, ad esempio servitù di sopraelevazioni); la previsione legislativa è tuttavia rafforzata dalla previsione generale del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2021 che all'articolo 1, comma 1, riporta che oggetto della procedura espropriativa possono essere i beni immobili o i diritti relativi ad immobili; in tal caso la procedura espropriativa andrà rivolta non nei confronti del nudo proprietario catastale ma nei confronti del terzo acquirente di iura in re aliena;

   anche le modifiche apportate dal richiamato decreto-legge, n. 50 del 2022, che estendono anche agli impianti e alle opere già realizzate su beni immobili, detenuti dagli operatori in virtù di contratti privati, evidenziano, a parere dell'interpellante, gravi complessità, considerato che violano il diritto di proprietà, in quanto il servizio di pubblica utilità viene comunque garantito attraverso i contratti di locazione di lunga durata stipulati da anni con la società Telecom e successivamente con l'azienda Inwit;

   a parere dell'interpellante, le suesposte osservazioni configurano un quadro preoccupante nei riguardi dei locatari dei terreni, i quali a causa delle recenti modifiche normative previste dal decreto-legge n. 50 del 2022 (che ha apportato modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche) rischiano di subire azioni di esproprio da operatori di telecomunicazioni elettroniche, come la Inwit, con evidenti ripercussioni economiche e finanziarie ai loro danni;

   risulta conseguentemente necessario, a giudizio dell'interpellante, avviare un'attività di monitoraggio da parte del Ministro interpellato, al fine di verificare quale sia attualmente l'impatto che le disposizioni indicate all'articolo 30-bis del richiamato decreto-legge n. 50 del 2022 hanno determinato sul tessuto socioeconomico nazionale ed intervenire in caso necessario, attraverso modifiche normative volte a riequilibrare il quadro legislativo in materia di telecomunicazioni, al fine di evitare il perpetuarsi di azioni esecutive e di violazione del diritto della proprietà, in grado di cagionare gravi effetti negativi e penalizzanti nei riguardi dei locatari dei terreni e degli edifici, con i quali le società di telecomunicazioni hanno stipulato contratti di locazione e il successivo acquisto del diritto di superficie –:

   quali valutazioni di competenza il Ministro interpellato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   in particolare, se condivida le criticità in precedenza richiamate e, in caso affermativo, quali iniziative di tipo normativo intenda conseguentemente intraprendere al fine di modificare il quadro normativo in materia di telecomunicazioni, nel senso di quanto riportato in premessa.
(2-00060) «De Bertoldi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   i fumi dell'ILVA, oltre ad essere all'origine di numerose patologie gravi e decessi precoci, sono anche responsabili di pesanti danni all'ambiente e alle cose, nonché di gravi compressioni di diritti costituzionalmente garantiti come la proprietà, soprattutto nei quartieri più vicini agli stabilimenti;

   nel corso degli ultimi anni, molti residenti del quartiere Tamburi hanno proposto azioni risarcitorie per i danni connessi alle emissioni provenienti dallo stabilimento nei confronti di ILVA S.p.A., fondate sui danni sopportati per i maggiori costi connessi alla manutenzione degli stabili di proprietà, aggrediti dal cosiddetto «polverino» proveniente dai parchi minerali posti a ridosso del quartiere, per la riduzione delle possibilità di godimento dei propri immobili e per il deprezzamento subito sempre a causa dell'inquinamento;

   per tali ragioni, con i commi da 2-bis a 2-sexies dell'articolo 77 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, inseriti nel corso dell'esame alla Camera, si è provveduto a istituire un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2021 e 2,5 milioni di euro per il 2022 al fine di riconoscere un indennizzo per i danni agli immobili derivanti dall'esposizione prolungata all'inquinamento degli stabilimenti siderurgici di Taranto del gruppo ILVA;

   con la legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 278) si è provveduto a modificare alcune criticità presenti nel decreto ministeriale del 23 settembre 2022 e a rifinanziare il suddetto fondo, destinandovi 3,5 milioni di euro per l'anno 2023 e 4,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024;

   ad oggi, dopo oltre un anno e mezzo di attesa, si attende l'ultimo atto utile a rendere pienamente operativo il fondo, ossia il decreto direttoriale che fissi le modalità di richiesta di pagamento dell'indennizzo;

   sebbene risulti all'interrogante che tale decreto sarebbe stato firmato il 3 gennaio 2023, non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale –:

   se intenda fornire informazioni con riguardo alle tempistiche di pubblicazione del decreto direttoriale di cui in premessa al fine di conferire piena operatività al fondo istituito a copertura dell'indennizzo per i danni agli immobili derivanti dall'esposizione prolungata all'inquinamento provocato dagli stabilimenti siderurgici di Taranto del gruppo ILVA.
(5-00302)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOVECCHIO, GIULIANO e PELLEGRINI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   a Foggia, da oltre 50 anni, è attiva G&W Electric, una società americana che nel 2019 aveva rilevato le quote societarie dello storico gruppo Tozzi. Si tratta di un'azienda che realizza quadri elettrici di bassa e media tensione e che dà da mangiare a 114 lavoratori e relative famiglie. In questi giorni, però, G&W ha annunciato il licenziamento dei dipendenti e la messa in liquidazione della società: la motivazione sono le perdite di esercizio e l'aumento dei costi delle materie prime, acuiti – a dire della società – dalla pandemia. Una notizia che sembra quasi una beffa, visto che arriva in concomitanza con l'avvio dei primi investimenti agevolati nelle Zone Economiche Speciali, che includono proprio l'area industriale dov'è collocata la G&W. Si apprende dalle organizzazioni sindacali, però, che nei vari incontri susseguitisi negli ultimi anni, l'azienda americana non avrebbe mai esternato particolari preoccupazioni circa l'andamento produttivo o economico societario. Al contrario, i vertici aziendali hanno sempre dato buone prospettive di crescita alle rappresentanze sindacali, dovute anche ad un bacino considerevole di commesse ed a previsioni di crescita per il comparto elettrico che avverrà nei prossimi anni in Italia, ma anche in Europa. Dal canto loro, i lavoratori contestano le affermazioni dell'azienda e sostengono che la pandemia non abbia intaccato minimamente le commesse e dunque le risorse finanziarie di G&W Electric, poiché l'azienda non si è fermata mai e sono stati garantiti i normali ritmi lavorativi –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare in ordine alla vicenda di cui in premessa e se sarà prevista la costituzione di tavoli tecnici con Ministero delle imprese e del made in Italy, al fine di individuare soluzioni utili a garantire la tenuta occupazionale dello stabilimento.
(4-00334)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIO, BARBAGALLO, BAKKALI, CASU e MORASSUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il Fondo per l'attuazione di misure di incentivazione al pensionamento anticipato per i lavoratori dipendenti da imprese titolari di autorizzazioni o di concessioni portuali;

   la medesima norma prevede che, a decorrere dal 2022, le Autorità di sistema portuale destinino, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, una quota pari all'1 per cento delle entrate proprie derivanti dal gettito delle tasse sulle merci sbarcate e imbarcate al finanziamento di misure di incentivazione per il pensionamento anticipato dei lavoratori portuali;

   tale norma prevede altresì che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le parti stipulanti il contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei porti e la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale siano stabilite le modalità di attuazione della norma istitutiva del Fondo e il suo funzionamento;

   in virtù di verbali di intesa e di accordo siglato dalle parti sociali sottoscrittrici del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei lavoratori dei porti, le aziende hanno già pagato, per tutto il 2022, 130 euro per ogni lavoratore impiegato e, dall'inizio del 2023, anche ogni lavoratore sta pagando i 65 euro annuali previsti per alimentare il Fondo;

   l'età media dei lavoratori dei porti rende evidente la necessità di favorire processi di rinnovamento generazionale favorendo l'esodo pensionistico del personale più prossimo all'età pensionabile –:

   quale sia il motivo per cui non sia stato ancora adottato il decreto interministeriale per istituire e regolamentare il Fondo per l'incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori;

   quali iniziative si intendano assumere per porre fine a questo incomprensibile ritardo e provvedere all'adozione del necessario decreto interministeriale, così da poter rendere operativo il Fondo e consentire ai lavoratori che ne abbiano i requisiti di accedere alle prestazioni previste.
(5-00300)


   TONI RICCIARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ha destato molta preoccupazione il video pubblicato da diversi organi di informazioni in merito alla frana che ha interessato una parte di terreno sottostante un viadotto lungo la statale 691 «Fondo Valle Sele» nei pressi di Camposele, in Irpinia, provincia di Avellino;

   l'arteria stradale in oggetto è di grande rilevanza per l'intero territorio e costituisce uno snodo strategico per la mobilità del comprensorio irpino;

   l'Anas ha reso noto che è stata «tempestivamente effettuata un'ispezione sull'opera e che i fenomeni di smottamento localizzati – verificatisi in relazione alle abbondanti piogge del periodo – seppure occorsi in prossimità di due delle pile dell'opera d'arte, non hanno in alcun modo minato la stabilità del viadotto»;

   si ritiene che per quanto l'ispezione abbia escluso problemi di stabilità vi sia la necessità di monitorare attentamente la situazione anche in considerazione del fatto che sono previste ulteriori precipitazioni nel breve periodo e che comunque ci troviamo nel pieno della stagione invernale –:

   quali ulteriori iniziative il Ministro interrogato di concerto con Anas, intenda assumere al fine di potenziare l'azione di monitoraggio rispetto al movimento franoso in corso nonché per interventi di messa in sicurezza del citato viadotto con l'obiettivo di preservare la piena funzionalità della importantissima arteria costituita dalla Fondo Valle Sele.
(5-00301)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si apprende che nei giorni scorsi è avvenuto un incidente stradale di un mezzo pesante, su un viadotto della Flaminia, a Cagli (PE), il cui conducente, di 22 anni, ha perso la vita;

   la particolarità di come sia avvenuto questo clamoroso incidente può rientrare nel tema delle modalità di addestramento dei giovani conducenti dei mezzi pesanti che negli ultimi anni, anche a causa della carenza degli autisti, è rimasta totalmente irrisolta. A volte non sono garantiti i tempi di apprendimento aziendali con un rischio reale di un peggioramento della sicurezza stradale;

   dalla cronaca dei giornali sembra che dopo aver scaricato in un supermercato, si trovava sulla via di ritorno con una strada evidentemente ghiacciata e con l'automezzo presumibilmente scarico. Lo sbandamento improvviso, l'urto con il guard rail laterale e la contestuale apertura della portiera ha prodotto una forza cinetica che ha provocato lo sbalzamento del giovane sul greto del Burano per un'altezza di 20 metri: un incidente che sembra provocato dall'inesperienza –:

   se sia in corso una valutazione strategica, e quindi un piano normativo articolato, per affrontare il tema della «carenza dei conducenti» e con esso, prevedere, una profonda modifica delle procedure di addestramento che comprendano sia una revisione dei programmi dei corsi per il conseguimento della patente Cqc (attualmente troppo spinti sulla parte teorica e meno sulla pratica), sia attività di affiancamento ed addestramento, post patente e Cqc nell'azienda ove si inserirà il neo patentato;

   se siano state adottate iniziative, anche normative, volte ad accelerare le pratiche per l'ottenimento della patente di guida e della successiva Carta di qualificazione del conducente (Cqc), i cui tempi, costi e procedure sono attualmente proibitive e complesse;

   se siano state adottate necessarie e urgenti iniziative normative di modifica del decreto legislativo n. 286 del 2005, le quali, nel rispetto della direttiva 2003/59/CE, possano consentire, in un quadro normativo più articolato anche l'istituzione di un ufficio ministeriale riservato all'assistenza dei conducenti sia comunitari che extracomunitari.
(4-00339)


   DE MONTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, presso la stazione ferroviaria di Udine, permane una situazione di grave disservizio che arreca danno ai cittadini che quotidianamente viaggiano su trasporto a rotaia, dovuta ad un'inadeguatezza generale della stazione;

   le banchine troppo basse rispetto ai treni di lunga percorrenza non permettono un accesso facilitato ai convogli, il mancato funzionamento degli ascensori si registra oramai da tre anni e i bagni a servizio dei sottopassaggi sono chiusi dal 2022;

   una situazione inaccettabile per chi frequenta la stazione, basti pensare ai soggetti disabili che si trovano ad attraversare i binari, spesso su indicazione del personale ferroviario, andando incontro ad un rischio molto pericoloso;

   vi è un numero significativo di segnalazioni da parte di cittadini e istituzioni che sollevano preoccupazioni sulla questione –:

   quali siano le valutazioni e le iniziative di competenza che il Ministro interrogato intende mettere in atto in ordine ai fatti riportati;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché RFI provveda tempestivamente alla risoluzione dei disservizi suddetti rispetto ad un cantiere aperto da anni.
(4-00341)


   SOTTANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 23 gennaio 2023 l'orso marsicano M20 (meglio noto a livello internazionale come Juan Carrito) è morto dopo essere stato investito da una autovettura sulla statale 17, nei pressi del tunnel di Roccaraso (L'Aquila); fortunatamente nella occasione sono rimasti illesi il conducente ed i passeggeri del veicolo coinvolto;

   nello stesso identico tratto stradale, il 24 dicembre 2019 era già morto, sempre all'esito di accidentale collisione con una autovettura in transito lungo la strada statale 17, altro esemplare di orso;

   nel mondo vivono poco più di 50 esemplari di orso marsicano, riconosciuto come autonoma sottospecie (ursus arctos marsicanus) di orso bruno; il problematico stato di conservazione dell'orso bruno marsicano rende la sottospecie tra le più vulnerabili inserite nella cosiddetta lista rossa della Iucn (International Union for Conservation of Nature) il più completo inventario del rischio di estinzione delle specie a livello globale;

   l'Italia ha assunto, anche attraverso specifici progetti europei, l'impegno di raddoppiare l'areale della specie e il numero di individui presenti entro il prossimo 2050;

   negli ultimi anni si è assistito ad un ripetersi di morti premature di orso bruno marsicano per cause umane, accidentali o illegali; in media: due esemplari per anno; l'areale si è peraltro esteso con presenza sistematica anche nel Parco nazionale della Majella, nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, nel Parco dei Sibillini coinvolgendo quindi le regioni dell'Abruzzo, del Molise, del Lazio, delle Marche anche in zone a forte presenza antropica e comunque attraversate da innumerevoli assi viari a valenza nazionale ed anche di tipo autostradale;

   laddove questi fenomeni di morte accidentale dovessero ripetersi, anche con la sola cadenza attuale, non solo l'obiettivo assunto in sede europea non sarà raggiunto ma potrebbe determinarsi la perdita della sottospecie con gravissimo ed irreparabile danno per la biodiversità a livello globale;

   M20 era un orso confidente, divenuto anche per questo un vero e proprio simbolo del parco, del quale si ben conoscevano peraltro tutte le conseguenti problematicità; in particolare ben nota era la ricerca di cibo in ambiente antropico con il pericolo conseguente incrocio dell'animale in ambienti non idonei alla loro sopravvivenza;

   nell'area interessata (anche in precedenza) dalla collisione mortale sia il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, sia il Wwf Italia, sia l'associazione Salviamo l'orso avevano peraltro curato interventi specifici evidentemente non sufficienti –:

   se il Governo intenda adottare iniziative volte a stanziare maggiori risorse per la messa in sicurezza, anche attraverso idonee ed estese recinzioni ovvero sistemi tecnologicamente avanzati ed innovativi (quali «DAL LoRa» - dissuasore acustico luminoso in MP3 con trasmissione via radio long range), delle strade statali e degli assi autostradali in concessione attualmente Anas che attraversano i parchi nazionali, al fine di garantire sia una maggiore sicurezza degli automobilisti sia un'efficace tutela della fauna locale tanto più di straordinario valore ed a rischio di estinzione.
(4-00345)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI e ZANELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano Domani, in collaborazione con Lighthouse Reports, Al Jazeera, SFR e ARD Monitor ha documentato decine di respingimenti forzati di migranti richiedenti asilo, compresi minori, dall'Italia alla Grecia, i quali, intercettati sui traghetti provenienti dalla Grecia nei porti italiani di Bari, Brindisi, Ancona e Venezia, verrebbero rimandati indietro con le stesse navi con cui erano giunti in Italia;

   l'indagine mette in luce come l'Italia porti avanti respingimenti illegali verso la Grecia, impiegando traghetti privati, dove le persone, tra cui minori, vengono trattenute contro la propria volontà e in pessime condizioni;

   sui traghetti sarebbero state fotografate anche delle «prigioni» illegali dove verrebbero rinchiusi i migranti dopo essere stati consegnati dalle autorità italiane ai comandanti delle navi private su cui sono stati trovati;

   le persone vengono trattenute sottocoperta, chiuse in limitati spazi metallici, vecchi bagni inutilizzati e aree destinate al deposito di bagagli, a volte ammanettate a sbarre di ferro;

   una volta rientrati in Grecia il comandante del traghetto consegna i migranti alla Guardia costiera greca;

   tale pratica di fatto trasforma le navi in luoghi detentivi informali e illegali e si inserisce in dinamiche di respingimenti forzati, in violazione del diritto all'asilo;

   quanto denunciato viene confermato anche da alcuni membri degli equipaggi delle navi coinvolte, che hanno testimoniato circa il trattenimento delle persone migranti in luoghi definiti «prigioni», e il loro rimpatrio in Grecia;

   secondo la ong Mediterranea Saving Humans, nel 2022, le persone respinte dalla polizia di frontiera nel solo porto di Venezia sui traghetti in partenza verso la Grecia sarebbero state 232, in gran parte provenienti da Siria e Afghanistan, senza che potessero presentare alcuna richiesta di protezione internazionale alle Autorità italiane;

   tale prassi, che sembrerebbe diffusa e sistematica, appare all'interrogante del tutto arbitraria;

   ai suddetti migranti verrebbe negata ogni informativa legale e in generale ogni opportunità per richiedere asilo, privando loro del fondamentale diritto di asilo e di protezione internazionale;

   in assenza di dati forniti dalle autorità italiane sulle riammissioni dall'Italia alla Grecia si apprende, dai dati forniti dalla Guardia costiera greca, che sarebbero almeno 231 i migranti respinti dall'Italia negli ultimi due anni ma i numeri potrebbero essere decisamente maggiori perché non tutti i migranti verrebbero registrati e non per tutti verrebbero assunti provvedimenti formali, configurando riammissioni e respingimenti illegittimi;

   nel 2014 l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani (Corte EDU) per violazione del divieto di espulsioni collettive, divieto di trattamenti inumani o degradanti e il diritto a un ricorso effettivo contro l'espulsione collettiva e l'esposizione a trattamenti inumani e degradanti per aver respinto in modo indiscriminato alcuni cittadini stranieri provenienti dalla Grecia e intercettati dalla polizia di frontiera ai porti di Ancona, Bari e Venezia;

   a seguito della suddetta sentenza è stata avviata la procedura di supervisione di fronte al Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa;

   nel 2020 il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa aveva chiesto al Governo italiano di fornire informazioni aggiornate sui servizi di accoglienza nei porti, assicurazione sull'informativa legale e chiarezza su come possa essere garantita;

   a parere dell'interrogante i profili di illegittimità evidenziati dalla Corte EDU persistono e ancora oggi proseguono respingimenti e riammissioni di cittadini stranieri rintracciati a bordo delle navi o nell'immediatezza dell'area di sbarco dei principali porti italiani adriatici, con procedure informali, senza adeguata valutazione delle situazioni individuali, della minore età e della volontà di chiedere asilo, in violazione del diritto d'asilo e delle garanzie convenzionali –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere al fine di interrompere qualsiasi pratica, come quella descritta in premessa, che contrasta con il diritto internazionale e la cui applicazione si pone in grave violazione dei diritti delle persone.
(4-00333)


   BARBAGALLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo a Lentini si registrano episodi e situazioni che creano particolare allarme sociale perché minano l'ordine pubblico e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini e delle imprese;

   l'ultimo episodio è accaduto la notte di Natale 2022, ai danni di un noto pub sito nel pieno centro storico della città; i recenti numerosi avvenimenti di cronaca danno il segnale della recrudescenza di atti criminosi e vandalici che compromettono la quiete pubblica e le elementari regole di convivenza civile;

   sono diventati troppi gli eventi criminosi verso attività commerciali, garage e abitazioni private, che si aggiungono ai vari casi segnalati di uso delle strade come piste per corse diurne e notturne, atti di bullismo fra adolescenti, furti di gasolio e atti di vandalismo gratuiti anche nei confronti di edifici pubblici;

   queste situazioni stanno generando forti preoccupazioni e creano inquietudini nella popolazione, che si sente poco tutelata dalle istituzioni e dalle autorità e sollecita interventi ad azioni precise e mirate ad arginare questi fenomeni;

   le istituzioni cittadine non possono rimanere inerti e in silenzio di fronte a tale grave e pericolosa recrudescenza;

   è oramai urgente e necessario rafforzare il controllo del territorio attraverso l'incremento dell'organico e dei mezzi che devono essere messi a disposizione del commissariato di Polizia e della caserma dei Carabinieri di Lentini; per fare tutto questo però c'è bisogno di risorse da parte del Governo nazionale –:

   alla luce dei fatti esposti, quali iniziative ritenga opportuno adottare per risolvere le criticità esposte in premessa a tutela di questo territorio e dell'intera comunità.
(4-00337)


   LOVECCHIO, PELLEGRINI e GIULIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Foggia è commissariato a seguito di scioglimento per infiltrazioni mafiose;

   il servizio di igiene urbana per la raccolta e trasporto dei rifiuti del comune di Foggia è stato gestito, dal 2013 al 2022, dalla società Amiu Puglia s.p.a., in forza di un contratto di servizio provvisorio e da successive numerose proroghe;

   la società Amiu Puglia s.p.a. è una singolare società in house, di proprietà per l'80 per cento del comune di Bari e per la restante parte del comune di Foggia;

   in tutto questo periodo, la società Amiu, come dimostrato da innumerevoli inchieste giornalistiche, interventi della Prefettura e vibranti proteste della cittadinanza, ha svolto il servizio in modo del tutto inadeguato, dando vita in molti casi a una vera e propria emergenza ambientale;

   la prova della inadeguatezza del servizio è documentata dalle percentuali di raccolta differenziata, ai livelli più bassi d'Italia;

   come dimostrato da recenti, precise e documentate inchieste giornalistiche, i dati sulla raccolta differenziata, di per sé gravemente deficitari, risultano artatamente gonfiati;

   nonostante la plateale inadeguatezza del servizio, la commissione straordinaria ha, in violazione dei princìpi generali del codice degli appalti e delle precise linee guida dell'Anac, con una procedura di singolare rapidità e scarsa trasparenza, deliberato l'affidamento del servizio per altri nove anni, per un importo totale di oltre 200 milioni di euro;

   la voce della cittadinanza, riunita in associazioni rappresentative della società civile, tradotta in una analitica e documentata richiesta di annullamento della delibera in autotutela, è rimasta del tutto inascoltata dalla commissione;

   risulta in effetti mancante, come pur prescrive l'Anac, alcuna specifica indagine di mercato sul costo del servizio, anche e soprattutto alla luce dell'ingente valore economico dell'affidamento;

   la stessa stringata relazione ex articolo 34 decreto-legge n. 179 del 2012 illustrativa delle ragioni dell'affidamento, contiene – tra l'altro – una valutazione sulla convenienza economica del tutto apparente, utilizzando come termini di paragone piccoli comuni che svolgono un tipo di servizio (raccolta porta a porta) del tutto diverso rispetto a quello operato a Foggia (raccolta stradale);

   ad avviso degli interroganti il piano industriale dell'azienda, approvato dalla commissione in concomitanza dell'affidamento, contiene macroscopici errori ponderali, riconoscibili ictu oculi, tanto da far apparire il piano come il frutto di un plateale plagio di piani industriali relativi a città di dimensioni e conformazioni ben diverse da quella di Foggia;

   nel mese di novembre 2022, altra documentata inchiesta giornalistica ha evidenziato una ulteriore falsificazione dei dati della raccolta differenziata pubblicati, a cura di Amiu e del comune di Foggia, sul portale della regione Puglia, al chiaro fine di gonfiare i dati sulla raccolta differenziata;

   tutte queste – ed altre approfondite e documentate osservazioni – sono state oggetto di uno specifico esposto anche alla Procura della Repubblica ed alla Corte dei conti, per i potenziali danni all'ente territoriale e alla cittadinanza;

   tale affidamento, operato in una materia sensibile, avvenuto dopo il fallimento per diretta responsabilità del comune di Foggia della precedente società che gestiva in house il servizio (Amica spa), società peraltro oggetto di inchieste per accertate presenze di esponenti della criminalità mafiosa foggiana (cosiddetta quarta mafia), avrebbe meritato un percorso amministrativo improntato alla più assoluta trasparenza;

   l'efficienza e la trasparenza dell'azione amministrativa, dovere di ogni pubblica amministrazione, sono a maggior ragione fondamentali quando le scelte sono compiute da una commissione straordinaria, insediata per garantire la più stretta osservanza delle leggi e riconquistare la fiducia della popolazione nello Stato di diritto;

   tale iniziativa della commissione, viceversa, appare agli interroganti una oscura quanto incomprensibile scelta «politica», con effetti nefasti per il futuro della città –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di verificare la legittimità dell'operato della commissione in relazione a tale affidamento.
(4-00346)


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da diversi quotidiani, all'alba di lunedì 23 gennaio 2023 in via Cagni, a Milano, davanti alla caserma Annarumma, sede distaccata dell'ufficio immigrazione della questura dove da oltre un anno sono presenti gli sportelli per la ricezione delle istanze di protezione internazionale, gli agenti del reparto mobile della Polizia di Stato sono stati costretti ad intervenire con lacrimogeni per poter sedare i disordini createsi all'ingresso e poter poi avviare regolarmente le operazioni di accesso;

   secondo quanto riferito dalla stampa, nel corso del weekend precedente pare che si fossero radunate all'ingresso in totale circa 700 persone, alcune arrivate già nella giornata di venerdì, e che attorno alle 6 di mattina, alcune decine di persone in attesa, quasi tutti di origine egiziana, si sarebbero mosse in maniera compatta verso l'ingresso, probabilmente per guadagnare le prime posizioni nella lunga fila che si era formata già nel fine settimana;

   quanto accaduto la scorsa mattina purtroppo non è un caso isolato, essendosi creata ormai da mesi una situazione di grave insicurezza e degrado non solo all'ingresso dell'Ufficio di via Cagni, con lunghe code di centinaia di persone ogni giorno, ma anche in tutta la zona circostante dove sono sorti bivacchi a cielo aperto che ormai occupano i marciapiedi delle vie circostanti;

   quanto accaduto lunedì 23 gennaio 2023, dunque, accerta una situazione che, pure nota da tempo all'amministrazione comunale anche per le legittime rimostranze e segnalazioni della popolazione residente negli scorsi mesi, non può essere più oltremodo tollerabile per evidenti ragioni sia igienico-sanitarie che di sicurezza;

   la trasmissione «Striscia la notizia» ha nuovamente dedicato un intero servizio alla drammatica situazione di via Cagni dando voce alla denuncia del SAP (Sindacato autonomo di Polizia) sugli incresciosi fatti accaduti lunedì 23 gennaio 2023 ancora all'apertura dei cancelli: resse, calci, pugni, lancio di lacrimogeni per disperdere la folla ed evitare il peggio, il tutto per ottenere la prenotazione per accedere all'ufficio immigrazione;

   difatti l'accesso agli uffici della questura avviene su prenotazione mediante biglietti numerati che vengono distribuiti solo il lunedì mattina e che valgono per tutta la settimana: tale sistema crea però pericolosi assembramenti concentrati nel week-end con centinaia di persone che si mettono in fila per poter occupare i primi posti e ottenere più rapidamente l'appuntamento con gli uffici;

   la gestione di questa situazione, ormai esplosiva, non può più essere demandata alle sole forze dell'ordine ivi presenti, anche per le condizioni di forte degrado in cui devono operare e grazie al cui quotidiano impegno si sono evitate ulteriori e più gravi situazioni, ma occorre un tempestivo intervento anche per organizzare al meglio l'ingresso e le prenotazioni –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere con riguardo a quanto illustrato in premessa al fine di risolvere la grave situazione creatasi innanzi e nella zona circostante alla sede distaccata dell'ufficio immigrazione della questura di Milano in via Cagni.
(4-00347)


   SCOTTO e DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione che raccoglie sostenitori e parenti dei combattenti della flottiglia Decima Mas ha celebrato nella mattina del 21 gennaio 2023, nel palazzo comunale di Gorizia, il 78° anniversario della battaglia di Tarnova della Selva, che vide opposta la formazione militare della Repubblica sociale italiana alle truppe dell'esercito di liberazione della Jugoslavia;

   un centinaio di rappresentanti dell'associazione hanno deposto un mazzo di fiori sotto la lapide in memoria dei dipendenti del comune di Gorizia che furono deportati durante i quaranta giorni di occupazione della città da parte delle truppe jugoslave nella primavera del 1945;

   era presente alla cerimonia l'assessora comunale ai grandi eventi, Arianna Bellan;

   poco più tardi, in corso Verdi si sono radunati i partecipanti al sit-in di protesta organizzato dall'Associazione partigiani. Il presidente provinciale dell'Anpi Ennio Pironi nel suo discorso ha ricordato i crimini della Decima Mas e definito la cerimonia una provocazione antidemocratica contraria ai valori della Costituzione che offende i partigiani che combatterono per la libertà;

   la commemorazione è un appuntamento che provoca dibattito ogni anno, in particolare nei giorni scorsi, il sindaco di Nova Gorica, Samo Turel, ha preso le distanze dall'iniziativa, sostenendo che il messaggio della cerimonia collide con lo spirito che le due città hanno deciso di portare avanti con il progetto comune della Capitale europea della cultura nel 2025, improntato a valori democratici;

   va ricordato che la Decima Mas fu una formazione militare inquadrata nell'esercito ma agli ordini diretti prima di Benito Mussolini, poi solo del suo comandante, Junio Valerio Borghese, conosciuto come il «principe nero»;

   La Decima Mas si schierò, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, al fianco delle truppe naziste in Italia e fu responsabile di torture, fucilazioni, rastrellamenti, furti e saccheggi;

   Junio Valerio Borghese al termine della Seconda Guerra Mondiale fu condannato per le feroci «azioni di rastrellamento» perpetrate dai suoi uomini nei confronti dei partigiani e in generale degli oppositori con «la cattura, le sevizie particolarmente efferate, la deportazione e l'uccisione degli arrestati» –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, anche di carattere normativo e se non ritenga in particolare di dover adottare iniziative in tema di celebrazioni di ricorrenze ufficiali, quale quella descritta in premessa, al fine di contrastare la diffusione e il radicamento di formazioni sociali e simbologie legate al nazifascismo, oltre che a salvaguardia dell'ordine pubblico.
(4-00348)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARATTI e PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   introdotta dalla legge 28 marzo 2003 n. 53 quale metodologia didattica, l'alternanza scuola-lavoro nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto avere la funzione di introdurre nella didattica curricolare di corsi di studio degli istituti professionali, dei tecnici e dei licei, momenti di formazione aziendale, con l'intento di avvicinare i giovani al mondo del lavoro, orientarli e promuoverne il profitto scolastico;

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha disposto la ridenominazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, in «percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento» (denominati Pcto), attuati per una durata complessiva rideterminata in ragione dell'ordine di studi nell'arco del triennio finale dei percorsi;

   le linee guida sui Pcto approvate ai sensi dell'articolo 1, comma 785, legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevedono il rispetto di rigorosi standard di sicurezza, adeguati a garantire l'incolumità e la salute delle e degli studenti;

   in tal senso, le scuole sono tenute a verificare l'esistenza presso le strutture ospitanti dei documenti previsti dalla legge (come, ad esempio, il documento di valutazione dei rischi – Dvr) ed eventualmente acquisire dagli organismi presenti sul territorio (Camere di commercio, associazioni di imprese, collegi e ordini professionali) evidenze documentali da cui risultino i dati e le informazioni relativi all'attività del soggetto ospitante;

   in tutti i casi in cui l'istituzione scolastica appuri il mancato rispetto degli standard di sicurezza o verifichi altre criticità che compromettano un ambiente di apprendimento adeguato agli obiettivi formativi, ha facoltà di mettere in atto tutte le misure atte a scongiurare situazioni a rischio, fino ad arrivare – nei casi più gravi – allo scioglimento della convenzione, indirizzando gli studenti verso altre strutture ospitanti o diverse tipologie di attività;

   da notizie di stampa si è appreso che uno o più istituti secondari siti nella città di Roma, avrebbero stipulato convenzioni con imprese impegnate nella produzione di sistemi di difesa e affermate nel settore militare;

   tra queste, in particolare, vi sarebbe la MES s.p.a., con sede operativa a Roma, in via Tiburtina 1292, su di un'area di circa 22.000 m2, di cui la metà è dedicata alle attività produttive. La società opera da 60 anni nel settore militare e spaziale, ed è specializzata nella produzione di armi, in collaborazione con Aid (Agenzie industrie difesa), progetta e produce munizioni per impiego terrestre, navale e aeronautico di piccolo, medio e grosso calibro, sistemi di autoprotezione «Chaff and Flares»;

   l'esperienza dell'alternanza scuola-lavoro ha evidenziato negli anni numerose criticità e proprio sul piano della sicurezza troppe volte si è assistito a tragedie che si sarebbero potute evitare, se la normativa sui luoghi di lavoro fosse stata adeguatamente applicata e rispettata;

   è fondamentale impedire che si ripetano fatti dolorosi e inaccettabili come le morti dei giovani Lorenzo Parella, Giuseppe Lenoci, Giuliano De Seta, avvenute l'ultimo anno durante stage aziendali nell'ambito di Pcto, così come i numerosissimi casi di feriti, anche gravi –:

   se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in narrativa e se corrisponda al vero che una o più scuole abbiano stipulato convenzioni relative ai percorsi di alternanza scuola-lavoro con società e imprese che producono armi o componenti di esse;

   in caso affermativo, se nell'area dello stabilimento o in aree ad esso limitrofe si trovi materiale bellico, esplodente o comunque pericoloso per la sicurezza e la salute delle e degli studenti;

   se ritenga opportuna la prosecuzione di tali Pcto e quali iniziative intenda adottare per scongiurare la riproposizione di episodi simili;

   se non ritenga necessario adottare iniziative per riformare la normativa sui Pcto rafforzando le tutele in favore delle e degli studenti.
(5-00297)


   PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   poche settimane fa al liceo artistico «Nervi-Severini» di Ravenna è stata attivata per la prima volta in Italia la procedura che riconosce il «congedo mestruale» per le studentesse che soffrono di disturbi legati ai dolori mestruali;

   il modello approvato dal liceo di Ravenna è stato rilanciato dalla Rete studenti medi del Lazio, che propone di permettere a chi ha disturbi che comportano acuti dolori associati al ciclo come vulvodinia, endometriosi o dismenorrea, certificati dal medico, di potersi assentare due giorni al mese e le assenze, giustificate regolarmente dai genitori, non verrebbero conteggiate alla fine dell'anno;

   infatti, per poter accedere all'anno successivo o all'esame di maturità, gli studenti devono frequentare almeno i tre quarti dell'orario annuale ma le scuole possono stabilire, per casi eccezionali, «motivate e straordinarie deroghe al suddetto limite»;

   il congedo mestruale permetterebbe a chi soffre di patologie che non consentono di frequentare tutte le lezioni in presenza, di godere di un piccolo beneficio rispetto al calcolo delle presenze;

   per chi non ha invece patologie certificate, il modello proposto dalla Rete studenti medi del Lazio prevede comunque la possibilità di presentare un certificato medico solo nel caso di dolori acuti e anche in questo caso, l'assenza non verrebbe conteggiata alla fine dell'anno;

   in Italia, purtroppo manca ancora una legge che normi il congedo mestruale, sia a scuola che nel mondo del lavoro;

   quest'anno in Spagna, primo Paese europeo a intervenire sul congedo mestruale, all'interno della più ampia «Legge organica per la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi e la garanzia dell'interruzione volontaria della gravidanza» è stata approvata una norma che permette alle donne con un ciclo particolarmente doloroso, di assentarsi per al massimo tre giorni al mese e anche in questo caso, il congedo verrebbe riconosciuto solo in caso di una sindrome accertata da un medico;

   in Asia, sono diverse le nazioni all'avanguardia su questo tema, a partire dal Giappone, primo Stato al mondo a introdurre il congedo mestruale nel 1947, subito dopo anche la Corea del Sud (1953) ha previsto la possibilità di assentarsi uno o due giorni al mese durante il periodo del ciclo mestruale;

   leggi sul congedo mestruale sono state approvate anche in Indonesia e a Taiwan e anche in Cina, le lavoratrici che soffrono di dolori mestruali sono esentate dal lavoro per uno a due giorni, con certificato medico;

   nel 2017, anche lo Zambia ha introdotto il Mother's Day, il giorno di riposo per le donne che hanno il ciclo mestruale;

   al di fuori delle leggi nazionali, singole aziende europee o internazionali hanno comunque promosso il congedo mestruale, come la l'inglese Coexist, l'americana Nike, l'indiana Zomato e in Italia a introdurre il congedo mestruale è stata un'azienda veneziana, la Ormesani, che permette a tutte le donne di usufruire di un giorno al mese di riposo, senza bisogno di certificato medico;

   i 23 istituti di Roma e provincia coinvolti nell'iniziativa della Rete degli studenti medi chiedono che venga istituito subito il congedo mestruale in tutte le scuole;

   come giustamente sostiene la Rete degli studenti medi del Lazio la scuola deve essere presidio di inclusività e il congedo mestruale non è solo una giusta concessione per persone con mestruazioni che soffrono ogni mese, ma è anche un esempio contro il tabù del ciclo;

   a parere dell'interrogante i Ministri interrogati dovrebbero prendere ad esempio il liceo ravennate che ha riconosciuto e introdotto il diritto al congedo mestruale estendendolo in tutte le scuole –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere affinché il «congedo mestruale» venga istituito in tutte le scuole.
(5-00298)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   fatturati ed assunzioni in Italia e nel mondo delle Big Tech sono aumentati notevolmente negli anni della pandemia che ha generato una nuova domanda di servizi digitali;

   secondo l'ultimo report di Mediobanca sulle 25 maggiori WebSoft internazionali nel 2021 il giro d'affari aggregato complessivo mondiale ha toccato quota 1.584 miliardi di euro; a fine 2021 la forza lavoro delle WebSoft contava quasi quattro milioni di persone;

   sempre secondo tale report le WebSoft presidiano l'Italia tramite società controllate, ubicate in gran parte al Nord, soprattutto a Milano e provincia. Il fatturato aggregato delle filiali italiane ha raggiunto 8,3 miliardi nel 2021, occupando circa 23 mila lavoratori. Rispetto al 2020 si calcolano oltre quattromila dipendenti in più, in massima parte assunti dal gruppo Amazon che vanta il maggior numero di occupati in Italia (11.911 unità nel 2021);

   successivamente la crisi energetica e l'inflazione hanno generato una crisi del settore, che ha creato perdite per oltre 3 mila miliardi di dollari; tali difficoltà si stanno inevitabilmente ripercuotendo anche sui livelli occupazionali;

   nei giorni scorsi Microsoft e Google hanno entrambe confermato che avrebbero tagliato rispettivamente 10.000 e 12.000 posti di lavoro;

   Meta, la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp ha annunciato nel novembre 2022 la perdita di 11 mila posti, pari a circa il 13 per cento del totale della forza lavoro;

   all'inizio di gennaio 2023 Amazon ha comunicato un taglio di poco più di 18.000 posti di lavoro in tutto il mondo, Europa compresa;

   licenziamenti riguardano altre società del comparto: Groupon con 2.800 addetti, Uber con 6.700 e Getir con altri 4.800. Elon Musk, dopo aver acquisito Twitter, ha annunciato il dimezzamento dei dipendenti: un taglio di 3.750 persone su 7.500, più altri 4 mila lavoratori a contratto;

   gli effetti di tali tagli non escludono aziende europee, come dimostra il caso della società svedese Spotify che ha annunciato la riduzione del 6 per cento i suoi circa 9.800 dipendenti;

   ad oggi non è ancora chiaro quali saranno le ripercussioni negative occupazionali in Italia: un comparto, come ricordato precedentemente, che occupa circa 23 mila lavoratori –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di salvaguardare i livelli occupazionali delle Big Tech nel nostro Paese, verificando che vengano garantiti tutti gli istituti di tutela dei lavoratori previsti dal nostro ordinamento;

   se non ritenga opportuno promuovere iniziative specifiche al fine di prevedere apposite misure di reinserimento per detti lavoratori, anche promuovendo la costituzione di un apposito tavolo istituzionale finalizzato a monitorare i livelli occupazionali diretti e indiretti.
(5-00303)

SALUTE

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   per tutelare il diritto alla salute delle persone affette da malattie rare, la legge 10 novembre 2021, n. 175 ha introdotto nel nostro ordinamento le disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e produzione dei farmaci orfani, per garantire: l'uniformità dell'erogazione nel territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali; l'aggiornamento periodico dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e dell'elenco delle malattie rare; il riordino della Rete nazionale per le malattie rare; il sostegno della ricerca;

   con la legge 175 è stata finalmente codificata una definizione di malattie rare e di farmaco orfano, in conformità ai criteri dell'ordinamento europeo; è stato definito il Piano diagnostico terapeutico assistenziale ponendo a carico del Servizio sanitario nazionale i trattamenti sanitari compresi nel predetto piano e rientranti tra le prestazioni diagnostiche finalizzate ad individuare la malattia, le prestazioni correlate al monitoraggio clinico, le terapie farmacologiche, anche innovative, le cure palliative, le prestazioni di riabilitazione e quelle sociosanitarie nonché i dispositivi medici e i presidi sanitari;

   tuttavia, per dare concreta tutela alla salute dei soggetti affetti da malattie rare, nelle more del perfezionamento della procedura di aggiornamento dei LEA, è stato demandato ad un successivo decreto del Ministro della salute l'aggiornamento delle malattie rare individuate dal Centro nazionale per le malattie rare nonché delle prestazioni necessarie al trattamento delle malattie medesime;

   la legge 175 ha inoltre istituito il Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con una dotazione pari a 1 milione dall'anno 2022, destinato al sostegno del lavoro di cura e assistenza delle persone affette da malattie rare, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con connotazione di gravità e che necessitano di assistenza continua; nel corso dell'esame in Parlamento era stata prospetta, senza esito positivo, la possibilità di riconoscere al genitore o al familiare lavoratore che si prende cura di un minore affetto da una malattia rara con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con connotazione di gravità, il diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico;

   per l'operatività del suddetto Fondo occorre tuttavia l'adozione di un regolamento da adottarsi con apposito decreto; il regolamento dovrà inoltre introdurre interventi per l'inserimento e la permanenza delle persone affette da malattie rare nei diversi ambienti di vita e di lavoro, con misure per riconoscere benefici alle famiglie e ai caregiver, per garantire il diritto alla formazione delle persone affette da malattie rare, nonché per favorirne l'inserimento lavorativo;

   con accordo della Conferenza Stato-regioni deve inoltre essere approvato il Piano nazionale per le malattie rare, con il quale sono definiti gli obiettivi e gli interventi pertinenti e con il quale è disciplinato, altresì, il riordino della Rete nazionale per le malattie rare;

   anche per gli incentivi fiscali volti a favorire la ricerca per lo sviluppo di protocolli terapeutici sulle malattie rare o per la produzione dei farmaci orfani, la legge de quo rinvia all'adozione di un regolamento del Ministro della salute nonché ad un decreto del Ministro dell'università;

   si demanda infine ad un successivo accordo in sede di Conferenza Stato-regioni anche la definizione delle modalità per assicurare un'adeguata informazione dei professionisti sanitari, dei pazienti coinvolti e delle loro famiglie;

   Cittadinanzattiva e Osservatorio malattie rare hanno fatto diversi appelli al Ministero della salute con l'espresso timore che l'attuazione di questa legge possa «seguire lo stesso destino dei LEA o degli screening: fatta la legge bisogna rispettare le scadenze che ne conseguono»;

   ad una recente interrogazione svolta nella Commissione competente, il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato, pur fornendo riscontro analitico sull'iter relativo alla costituzione del Comitato nazionale per le malattie rare, non ha riferito circa l'attuazione di tutti i decreti e gli atti, complessivamente ben 5, necessari per dare una compiuta e urgente attuazione del testo unico sulle malattie rare –:

   quali iniziative abbia posto in essere il Governo per dare una compiuta e urgente attuazione del testo unico sulle malattie rare, soprattutto in relazione all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), dell'elenco delle malattie rare e delle prestazioni necessarie al trattamento delle malattie medesime;

   se intenda adottare iniziative normative affinché, nel primo provvedimento utile, si introducano disposizioni finalizzate a riconoscere al genitore o al familiare che svolge un'attività lavorativa e che convive e si prende cura di un minore affetto da una malattia rara il diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico.
(2-00056) «Baldino».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'inceneritore di San Vittore del Lazio (FR), gestito da Acea Ambiente, venne autorizzato con decreto commissariale n. 72 del 25 luglio 2007 da parte del commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio con una procedura straordinaria giustificata da ragioni emergenziali;

   da quel momento l'impianto, suddiviso in tre linee distinte, ha continuato ad essere in esercizio ed ha già subito interventi di revamping nel corso del tempo;

   la quantità di rifiuti che potevano essere trattate presso l'impianto ammontava inizialmente a 300.000 tonnellate annue, quantità che venne confermata anche a seguito degli interventi manutentivi di revamping. Successivamente, per effetto dell'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 «Sblocca Italia» convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014, la regione Lazio ha consentito all'impianto in oggetto l'adeguamento del carico termico al massimo consentito e con determinazione dirigenziale della regione Lazio n. G00063 del 2016 la quantità inceneribile venne incrementata a 359.000 tonnellate;

   secondo le previsioni del nuovo piano di rifiuti regionale del Lazio, il termovalorizzatore di San Vittore del Lazio dovrà garantire al 2025 una quantità di fanghi trattati in ingresso pari a 50.000 tonnellate/anno ed una quantità di Css in ingresso pari a 400.000 tonnellate/anno, per una quantità complessiva di rifiuti pari a 450.000 tonnellate/anno. A fronte di questa previsione, è stata recentemente conclusa la procedura di valutazione di impatto ambientale (Via) con determinazione dirigenziale della regione Lazio n. G09041 del 12 luglio 2022, e successivamente rilasciato il provvedimento autorizzatorio unico regionale con determinazione n. G14844 del 28 ottobre 2022;

   nella determinazione G07575 del 18 giugno 2015 la direzione rifiuti della regione Lazio già specificava che la linea di incenerimento n. 1, in fase di revamping, doveva essere sottoposta a valutazione di impatto ambientale come previsto dalla normativa vigente in materia;

   nella citata determinazione G00063 del 13 gennaio 2016 della regione Lazio si fa invece presente che per quanto riguarda l'autorizzazione all'esercizio della linea 1 l'esercizio sarebbe stato autorizzato a seguito dell'invio dei certificati di collaudo tecnico funzionale con determinazione di presa d'atto, quindi senza valutazione di impatto ambientale;

   nel «rapporto “Epidemiologia Rifiuti Ambiente Salute nel Lazio – ERAS Lazio” del 2013 si legge riguardo gli inceneritori di San Vittore e di Colleferro che “L'analisi della morbosità associata all'inquinamento prodotto dai termovalorizzatori dopo la loro entrata in funzione ha evidenziato, per i residenti di sesso maschile nelle zone ad alta esposizione, un eccesso di ospedalizzazioni per malattie dell'apparato respiratorio (+26 per cento) e malattie polmonari cronico ostruttive (+86 per cento). Tra i bambini (0-14 anni) si osserva un aumento dei ricoveri per cause naturali e malattie dell'apparato respiratorio a seguito della attivazione degli impianti nella zona ad alta concentrazione di PM10”»;

   sono stati recentemente attivati studi epidemiologici nella Valle del Fiume Sacco, tra Colleferro (RM) e Ceprano (FR), previsti dall'Accordo di programma per la bonifica dell'omonimo sito di interesse nazionale ai fini di bonifica (Sin), riguardanti valutazioni ambientali sulla popolazione e analisi dei fattori di rischio;

   nel raggio di pochi chilometri si trovano inoltre un inceneritore da circa 90,000 tonnellate annue e cementerie che possono incenerire combustibile solido secondario, aumentando quindi l'impatto sull'ambiente e sulla salute di un'area che si estende dalla provincia di Isernia in Molise fino ai comuni del Cassinate nel Lazio;

   l'impatto sanitario di queste installazioni ricade su territori delle regioni territorialmente competenti quali Lazio e Molise, ma anche Campania –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda attuare, anche attraverso l'istituzione di tavoli tecnici di lavoro di concerto con le regioni interessate, al fine di individuare la più idonea strategia di monitoraggio epidemiologico nell'area in oggetto.
(2-00057) «Ilaria Fontana».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, MADIA e GRIBAUDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in conseguenza della drammatica notizia riportata dagli organi di stampa della tragedia avvenuta l'8 gennaio 2023 nel reparto di ginecologia dell'ospedale Pertini di Roma, dove un neonato è stato trovato senza vita nel letto della madre, con tutta probabilità morto soffocato dopo che la mamma si è addormentata durante l'allattamento, si è riaperta con nuovo vigore la discussione sui protocolli di accoglienza e di permanenza della donna nei reparti di ostetricia e ginecologia, divenuti più stringenti da quando la pandemia da COVID-19 è entrata nelle nostre vite;

   sempre più donne dichiarano di sentirsi sole dopo il parto visto l'imposizione, a causa del Covid, degli esigui orari di visita del padre o di altra persona di riferimento della madre e dell'impossibilità di condividere con loro periodi più lunghi nel corso della giornata;

   pur nella consapevolezza che il COVID-19 non sia finito e che è sempre possibile una sua recrudescenza, al fine di evitare sentimenti di abbandono e di solitudine, in un momento molto delicato per la donna è necessario rivedere i protocolli di accoglienza nelle unità di ostetricia del padre o di una persona di fiducia della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera;

   la presenza del padre, o di una persona di riferimento della donna, durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera è un aspetto organizzativo che compete alle singole strutture sanitarie e, attualmente, vi è molta variabilità tra presidi sanitari anche all'interno delle stesse regioni;

   dall'inizio della pandemia da COVID-19, per rispondere alle emergenti esigenze di riorganizzazione della rete assistenziale del percorso nascita, si è resa necessaria una revisione dei percorsi di presa in carico delle donne in gravidanza, delle madri, dei padri e dei neonati;

   in Italia, emerge una grande variabilità rispetto all'accoglienza nelle unità di ostetricia del padre o di una persona di riferimento della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera. Per le donne COVID-19 sospette o positive, la presenza dell'accompagnatore durante il travaglio, il parto e la degenza talvolta non è prevista, in altri casi è subordinata al rispetto delle misure di screening all'ingresso, delle misure di prevenzione primaria e all'applicazione di una rigorosa limitazione degli spostamenti all'interno della struttura. In alcuni casi l'esclusione della presenza dell'accompagnatore è prevista anche per la normale gestione del parto delle donne COVID-19 negative:

   come esplicitato dal sito web dell'Istituto superiore di sanità l'esperienza della gravidanza, della nascita e dell'allattamento sono elementi fondanti della genitorialità consapevole, della Nurturing Care e della promozione della salute delle madri, dei padri e dei bambini e bambine. La presenza del padre o di una persona a scelta della donna per il travaglio, il parto e il post partum e, qualora possibile, durante la degenza ospedaliera dovrebbe essere garantita e regolamentata nel rispetto dell'evoluzione locale dell'epidemia –:

   alla luce dei fatti sopraesposti, se non ritenga doveroso adottare iniziative per predisporre misure uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di garantire, nel rispetto della salute di tutti i soggetti coinvolti, e della ormai ineluttabile convivenza con il virus della SARS-CoV-2, misure volte a garantire nei percorsi nascita la presenza del padre o di una persona a scelta della donna in tutte le fasi del travaglio, del parto, del post partum, assicurando che durante la degenza ospedaliera la presenza di una figura di riferimento per la puerpera non sia limitata al mero orario di visita.
(5-00304)


   GRAZIANO. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   durante la gestione della pandemia COVID-19, per potenziare la presenza degli operatori socio-sanitari nei servizi sanitari regionali e nelle strutture penitenziarie sono state reperite figure professionali individuate ai sensi dell'articolo 1 dell'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 709 del 24 ottobre 2020 e dell'articolo 1 dell'ordinanza del Capo della protezione civile 22 aprile 2020, n. 665;

   sebbene l'emergenza sia cessata, si ritiene ancora necessario dover garantire un maggiore supporto al sistema sanitario mediante l'istituzione di una unità socio-sanitaria da porre a disposizione delle regioni interessate, anche per le esigenze degli istituti penitenziari;

   ciò consentirebbe anche di valorizzare la professionalità acquisita dal personale di cui al comma precedente che ha prestato servizio durante l'emergenza da COVID-19 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, e in raccordo con le regioni, affinché gli enti del Servizio sanitario nazionale possano assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, gli operatori socio-sanitari e le altre figure professionali che dal 1 dicembre 2020 hanno ottenuto incarichi ai sensi di quanto disposto all'articolo 1 dell'ordinanza del Capo della protezione civile n. 709 del 24 ottobre 2020, e dell'articolo 1 dell'ordinanza del Capo della protezione civile 22 aprile 2020, n. 665, secondo criteri di priorità definiti da ciascuna regione.
(5-00305)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo il 18° rapporto del Crea sanità, nel 2021 il finanziamento pubblico si ferma al 75,6 per cento della spesa contro una media Ue dell'82,9 per cento e la spesa privata incide per il 2,3 per cento sul Pil contro una media Ue del 2 per cento; un onere sulle famiglie di oltre un miliardo di euro di spesa per farmaci;

   il Crea afferma che al finanziamento della sanità pubblica mancano 50 miliardi di euro per avere un'incidenza media sul Pil analoga agli altri paesi Ue. La spesa sanitaria del nostro Paese registra, nel 2021, una forbice del -38 per cento circa;

   il 5,2 per cento delle famiglie, versa in disagio economico per le spese sanitarie e il 2,3 per cento delle famiglie sostengono spese sanitarie «catastrofiche»;

   la spesa sanitaria dal 2000 al 2021 è cresciuta del 2,8 per cento medio annuo, il 50 per cento in meno che negli altri Paesi Ue; per essere in linea con l'Europa servirebbe una crescita annua del finanziamento di 10 miliardi di euro per 5 anni, più 5 miliardi di euro per garantire la crescita degli altri Paesi europei;

   per la carenza di personale, secondo il Crea, l'Italia dovrebbe investire 30,5 miliardi di euro, per allinearsi agli organici dei Paesi Ue;

   considerando la popolazione over 75 potrebbero mancare 30 mila medici e per il riequilibrio se ne dovrebbero assumere almeno 15 mila ogni anno tenuto conto dei pensionamenti (12 mila/anno);

   la carenza di infermieri supera le 250 mila unità rispetto ai parametri Ue e solo per il modello disegnato dal Pnrr ne servirebbero 40-80.000 in più, considerando il numero di pensionati/anno: circa 9 mila, numero irraggiungibile perché la propensione a intraprendere la professione a causa di motivi economici di carriera è un terzo che negli altri Paesi Ue;

   i medici italiani guadagnano in media il 6 per cento in meno e gli infermieri in media il 40 per cento in meno dei colleghi europei, senza risorse e personale è impossibile recuperare il 65 per cento di prestazioni perse durante la pandemia, di cui hanno sofferto soprattutto gli anziani;

   il Ssn, ha la necessità di ridurre le sperequazioni e adeguare le dotazioni organiche, ma queste sfide non appaiono, ad avviso dell'interrogante, nell'agenda politica del Governo, che nella legge di bilancio di fatto ha ridotto lo stanziamento del Fsn –:

   rispetto alle criticità e necessità strutturali segnalate dal rapporto del Crea, quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire nel nostro Paese un Servizio sanitario nazionale universalistico.
(4-00340)


   BALDELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 24 ottobre 2022, il Consiglio comunale del comune di Pesaro ha approvato la delibera n. 98 avente ad oggetto: «Alienazione di terreno edificabile in via Furiassi/via Grande Torino all'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche “Togo Rosati” mediante trattativa privata diretta», tramite cui viene autorizzata la vendita di un terreno comunale, alla cifra già pattuita pari a 500 mila euro, al fine di realizzare un laboratorio di biosicurezza curato dall'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche «Togo Rosati», il quale sarà di tipologia Bsl3, ovverosia «in grado di garantire sperimentazioni manipolazioni, in vivo e in vitro, di agenti virali pericolosi per la salute animale e dell'uomo...» nonché «la realizzazione di stalle contumaciali per la stabulazione di grandi e piccoli animali in grado di garantire misure di bio-contenimento e bio-sicurezza nei confronti di agenti infettivi» come specificato all'interno della delibera approvata dal Consiglio comunale;

   il laboratorio sarà costruito nell'area abitata d'una città di oltre 94 mila abitanti, nei pressi del letto di un fiume, il Foglia, a fianco dell'autostrada A14;

   come appreso da fonti giornalistiche, domenica 8 gennaio 2023, anche a seguito della costituzione di un comitato, oltre un centinaio di cittadini si sono riuniti al fine di discutere della vicenda. Durante la riunione è emersa preoccupazione in merito all'ubicazione scelta per la realizzazione del laboratorio, così come si può leggere negli articoli di stampa dedicati: «Una zona in cui c'è il rischio idrogeologico, essendo la zona attigua al fiume Foglia e che non rispetta i parametri di un laboratorio BSL3, come la distanza che deve avere dal centro abitato per una sicurezza ambientale che tenga conto di sismicità, movimenti dei venti, inquinamento delle falde acquifere»;

   si ritiene utile una attività di corretta e completa informazione, considerata la delicatezza della vicenda che riguarda la sicurezza e serenità della popolazione coinvolta, sia in merito all'immediata destinazione del realizzando laboratorio ma anche sui suoi possibili usi futuri –:

  di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati in merito alle vicende descritte in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare a tutela della salute e della sicurezza pubblica.
(4-00349)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  La interrogazione a risposta scritta Evi e altri n. 4-00330, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Lauro.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato del presentatore: interrogazione a risposta scritta Furfaro n. 4-00314 del 23 gennaio 2023.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

  interrogazione a risposta scritta Zaratti e Piccolotti n. 4-00259 del 13 gennaio 2023 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00297;

  interrogazione a risposta scritta Piccolotti n. 4-00273 del 17 gennaio 2023 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00298.