Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 29 novembre 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa rappresenta una violazione di principi e norme che regolano la vita della comunità internazionale e, in particolare, il rispetto dell'indipendenza, sovranità e integrità territoriale di ogni Stato;

    la Federazione russa si è resa colpevole di una gravissima violazione del diritto internazionale, aggredendo l'Ucraina, anche attraverso atrocità e azioni ostili nei confronti di obiettivi civili;

    in linea con la Carta delle Nazioni Unite e con il diritto internazionale, l'Ucraina ha esercitato il suo legittimo diritto di difendersi dall'aggressione russa per riconquistare il pieno controllo del proprio territorio e liberare i territori occupati entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale;

    il Governo italiano ha condannato immediatamente e con assoluta fermezza l'aggressione russa all'Ucraina, inaccettabile e ingiustificata, e tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento hanno espresso analoga condanna; il Governo ha fornito sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, lavorando al fianco degli alleati europei e della Nato per rispondere immediatamente, con unità e determinazione, alla crisi militare ed umanitaria che ne è nata;

    la guerra voluta dalla Russia, infatti, ha provocato e continua a provocare ingenti perdite umane, sofferenze, distruzioni, nonché consistenti flussi di profughi e una grave emergenza umanitaria;

    l'ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha registrato oltre 5,6 milioni di rifugiati ucraini, il 90 per cento dei quali sono donne e bambini. Si tratta, finora, della più grande migrazione forzata di profughi interni e internazionali di questo nuovo secolo e millennio, il più grande e rapido spostamento di persone in Europa dalla fine dei conflitti nei Balcani;

    per garantire un'immediata ed efficace risposta di accoglienza per i profughi che lasciano l'Ucraina, l'Unione europea ha attivato, per la prima volta, la direttiva 2001/55/CE per la «Protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati» del 2001. Questo sistema di protezione speciale, finora, non era mai stato applicato e introduce una protezione immediata e temporanea su tutto il territorio dell'Unione europea, istituendo la concessione quasi automatica dell'asilo e, soprattutto, fornendo i permessi di soggiorno e lavorativi, di alloggio e accesso all'istruzione per i minori, oltre a considerare legami familiari o reti di supporto preesistenti, con procedure minime ed efficienti;

    anche moltissimi russi in patria soffrono il dramma della guerra, sia perché caduti in combattimento, sia perché, da quando è cominciata l'invasione, in Russia più di 15 mila persone sono state arrestate per aver manifestato il proprio dissenso o sono stati costretti a fuggire dal Paese per evitare la leva obbligatoria imposta dal Presidente Putin;

    negli ultimi mesi la Federazione russa ha proseguito la sua guerra illegale, non provocata e ingiustificata nei confronti dell'Ucraina, compiendo azioni in totale spregio del diritto internazionale umanitario, quali il massacro di Bucha o le fosse comuni contenenti oltre 440 corpi a Izyum e altri gravi violazioni dei diritti umani, che sembrano configurare veri e propri crimini di guerra commessi dalle forze russe e su cui la Corte penale internazionale è parte attiva nell'accertamento degli stessi e la stessa Unione europea ha invitato i suoi Stati membri a collaborare con gli organismi internazionali per raccogliere prove e sostenere le indagini della Corte penale internazionale sui crimini di guerra commessi nel territorio dell'Ucraina dal 24 febbraio 2014 in poi;

    inoltre, ci sono le tantissime testimonianze di stupri compiuti perlopiù dai soldati russi su civili ucraini. Secondo i dati della procura generale ucraina erano, già a luglio 2022, 10.619 i crimini di guerra e di aggressione registrati da inizio conflitto in Ucraina, ma, riguardo agli stupri, soltanto poche tra le donne vittime di violenza sono psicologicamente e fisicamente in grado di testimoniare per le loro aggressioni sessuali, che rientrano anch'esse in questa categoria di reati;

    inoltre, a causa dei continui bombardamenti russi alle infrastrutture energetiche in varie zone dell'Ucraina, milioni di persone sono rimaste senza luce, riscaldamento e acqua corrente: 10 milioni secondo fonti ucraine. Così come destano grande preoccupazione i bombardamenti nella zona attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che potrebbero provocare un incidente atomico grave. Difatti, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ha detto che le notizie che arrivano da Zaporizhzhia sono «estremamente allarmanti»;

    nonostante i numerosi appelli che la comunità internazionale, tra cui, con forza, Papa Francesco, ha rivolto alla Russia affinché ponga immediatamente fine all'aggressione militare nei confronti dell'Ucraina, il regime russo ha purtroppo deciso di non darvi ascolto, continuando a bombardare costantemente le città ucraine e la capitale Kiev e provocando anche pericolosi incidenti nei territori di confine come quello recente nel territorio polacco, che rischiano di aprire ad un allargamento Nato del conflitto;

    inoltre, la Russia continua a far costante riferimento alla minaccia di ricorrere ad armi di distruzione di massa, che esacerbano la tensione dei Paesi coinvolti e della comunità internazionale e, purtroppo, si riaffaccia nuovamente dopo tre decenni il rischio dell'incubo dell'utilizzo di armi atomiche. Occorre rilanciare un'iniziativa internazionale per la non proliferazione di dispositivi nucleari;

    le ricadute dell'attuale crisi tra Russia e Ucraina sull'andamento complessivo dell'economia globale sono evidenti e rischiano di diventare devastanti sul medio periodo, con risvolti importanti sul piano umanitario, in particolare sul fronte dell'alimentazione, a cominciare dalle forniture di cereali e fertilizzanti, o delle fonti energetiche per i Paesi più poveri;

    l'effetto domino del conflitto in Ucraina sulle speranze di ripresa economica post pandemia di molti Paesi sta dispiegando tutti i suoi peggiori effetti, a partire dal forte rialzo dei prezzi delle materie prime alimentari ed energetiche, di cui la Russia e l'Ucraina sono tra i maggiori esportatori;

    inoltre, secondo una stima del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, il conflitto armato in corso provocherà un incremento di 47 milioni delle persone che soffrono la fame, il cui numero potrebbe superare gli 800 milioni. Nel breve termine a essere investiti saranno quei Paesi strutturalmente dipendenti dalle importazioni alimentari provenienti dal Mar Nero, tra cui soprattutto le nazioni mediorientali. La produzione interna di molti Paesi dell'area mediorientale e del Nord Africa (Mena) è da tempo insufficiente a far fronte alla domanda interna. Si aggraveranno crisi preesistenti, come quelle in Siria, Yemen e Libano, mentre saranno in difficoltà Paesi finora relativamente sicuri dal punto di vista alimentare, come Tunisia ed Egitto;

    in questo contesto, l'atteggiamento della Federazione russa, ancora una volta, è stato di ricatto verso la comunità internazionale, per giungere alla sofferta firma dell'accordo sul corridoio del grano tra Ucraina e Russia alla presenza del Presidente turco Erdoğan e del Segretario generale delle Nazioni Unite Guterres, di vitale importanza per la riduzione dei prezzi alimentari globali e per la garanzia della sicurezza alimentare, che prevede la garanzia dell'export di cereali, di fertilizzanti e di altre derrate rimaste bloccate nei porti ucraini dopo l'invasione russa;

    in egual modo, sul piano dell'energia, nel corso dell'ultimo anno, la repentina crescita della domanda di energia nella fase di ripresa economica successiva alla pandemia da COVID-19, combinata con gli effetti della recente invasione dell'Ucraina da parte della Russia, ha determinato un incremento dei prezzi del gas e, conseguentemente, dell'energia elettrica, a livelli mai registrati in passato, mettendo a forte rischio la continuità produttiva delle imprese in Europa, a partire da quelle energivore, e con pesanti ricadute sui bilanci familiari in conseguenza del notevole aumento delle bollette elettriche;

    la Russia ha annesso i territori degli oblast di Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia, a seguito di referendum farsa condotti sotto la minaccia delle armi e in violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale e anche l'Italia ha condannato fermamente tale annessione;

    è sempre più diffuso nel nostro Paese un sentimento pacifista, nel cui solco, il 5 novembre 2022, si è svolta a Roma un'importante manifestazione di piazza, alla quale hanno partecipato decine di migliaia di persone, per ribadire solidarietà al popolo ucraino aggredito e chiedere alle istituzioni di promuovere ogni sforzo utile a condurre il prima possibile ad una risoluzione pacifica, negoziata e giusta del conflitto;

    come ha detto il Presidente della Repubblica Mattarella all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, serve una nuova conferenza come quella di «(...) Helsinki e non Jalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali»;

    all'ultimo incontro del G20, la maggior parte dei membri ha condannato «con forza la guerra in Ucraina, sottolineando che sta causando immense sofferenze umane e aggravando le fragilità esistenti nell'economia globale, limitando la crescita, aumentando l'inflazione, interrompendo le catene di approvvigionamento, aumentando l'insicurezza energetica e alimentare ed elevando i rischi per la stabilità finanziaria», anche sottolineando l'inammissibilità dell'uso o della minaccia di usare armi nucleari;

    l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che condanna l'invasione russa dell'Ucraina, con 141 Paesi che hanno votato a favore, cinque contrari e 35 astenuti. Per essere adottata, la risoluzione doveva essere approvata dai due terzi dei Paesi membri. L'esito è stato superiore a quella di un'analoga risoluzione di condanna della Russia per l'annessione della Crimea;

    il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale ricorda il fermo sostegno dell'Unione europea all'Ucraina, nonché alla sua sovranità, indipendenza e integrità territoriale entro i confini riconosciuti a livello internazionale; condanna con la massima fermezza la guerra di aggressione ingiustificata, non provocata e illegale della Russia contro l'Ucraina; ricorda che la responsabilità della guerra ricade interamente sulla Russia, la quale deve immediatamente porre fine alla guerra e ritirare tutte le sue forze e le forze per procura da tutti i territori riconosciuti a livello internazionale appartenenti all'Ucraina;

    l'Unione europea si è profusa per garantire in un quadro multilaterale, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e anche del nuovo strumento dell'European peace facility, sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, una continua e costante azione diplomatica per il raggiungimento di un cessate il fuoco;

    l'Unione europea ha, al tempo stesso, messo in campo 8 pacchetti di sanzioni nei confronti di esponenti del regime di Mosca, nonché di altri sostenitori, diretti e indiretti, di questa aggressione ingiustificata, ed ha adottato tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, ivi compresa la cessione di apparati e strumenti militari volti a consentire all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione, strategia che ha permesso di arrestare la prima avanzata russa e di liberare ampie porzioni di territorio aggredito;

    il Parlamento italiano si è adoperato sin dallo scoppio della guerra, anche nel quadro della cooperazione europea ed internazionale, per assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni, attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, anche militare, votando a larghissima maggioranza, le risoluzioni 6-00207 del 1° marzo 2022 e 6-00224 del 22 giugno 2022 e approvando il decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nella quale, grazie all'iniziativa del Partito Democratico, è stata introdotta la previsione che obbliga i Ministri della difesa e degli affari esteri e della cooperazione internazionale a riferire alle Camere, con cadenza trimestrale, sull'evoluzione della situazione in atto,

impegna il Governo:

1) a sostenere il ruolo dell'Italia nell'avvio di un percorso diplomatico per la costruzione di una conferenza di pace, sempre nel quadro di una stretta e fattiva collaborazione con le istituzioni europee e gli alleati Nato, attraverso iniziative utili a una de-escalation militare che realizzi un cambio di fase nel conflitto, anche in linea con gli orientamenti emersi in occasione dell'ultimo incontro G20;

2) a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, anche al fine di assicurare quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite – che sancisce il diritto all'autodifesa individuale e collettiva – confermando il ruolo dell'Italia nel quadro dell'azione multilaterale, a partire dall'Unione europea e dall'Alleanza Atlantica, rispetto alla grave, inammissibile ed ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina;

3) ad adoperarsi in ogni sede internazionale per l'immediato cessate il fuoco e il ritiro di tutte le forze militari russe che illegittimamente occupano il suolo ucraino, ripristinando il rispetto della piena sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina;

4) a prevedere il necessario e ampio coinvolgimento delle Camere sugli sviluppi riguardanti la guerra in Ucraina, secondo le modalità previste dal comma 3 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, e a stabilire che, allo scadere dello stesso decreto, nella non auspicabile ipotesi del protrarsi del conflitto, l'impegno dell'Italia nel sostegno a Kiev sia oggetto di un apposito provvedimento legislativo;

5) a sostenere il percorso di adesione all'Unione europea dell'Ucraina, rafforzando in ogni campo la cooperazione Unione europea-Ucraina;

6) a proseguire l'azione fattiva e costante già svolta dall'Italia per il sostegno della popolazione ucraina in patria, nonché a implementare le misure di accoglienza adottate per le persone in fuga dalla crisi bellica, con particolare attenzione alle esigenze dei soggetti minori, anche al fine di assicurare la tutela dei diritti loro riconosciuti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e alle esigenze dei soggetti più fragili, tra cui anziani e disabili, anche in ragione del previsto aumento di arrivi dovuti al danneggiamento sistematico delle fonti energetiche in Ucraina da parte russa, che ostacola la capacità del Paese di affrontare l'inverno;

7) a sostenere, in modo fattivo e tempestivo, l'appello delle autorità ucraine per l'acquisto e l'invio di generatori di energia elettrica, anche coinvolgendo, a tal fine, enti locali e associazionismo;

8) ad adoperarsi in sede europea e internazionale per promuovere azioni di solidarietà nei confronti dei cittadini russi perseguitati, arrestati o costretti a fuggire dal Paese, per aver protestato contro il regime e contro la guerra;

9) a promuovere l'istituzione di un tribunale internazionale ad hoc per il crimine di aggressione contro l'Ucraina e a sostenere le iniziative della Corte penale internazionale dell'Aja per perseguire i crimini di guerra perpetrati nei confronti della popolazione ucraina, anche attraverso l'invio di joint investigation team;

10) ad adottare iniziative per prevedere misure di sostegno alle imprese per i maggiori oneri derivanti dall'applicazione di sanzioni, nonché per la promozione di accesso a nuovi mercati verso cui indirizzare esportazioni e investimenti non allocabili sul mercato russo;

11) a proseguire nell'azione di diversificazione degli approvvigionamenti energetici e di investimento sulle energie rinnovabili, concorrendo alle decisioni dell'Unione europea nella direzione dell'Unione dell'energia;

12) ad adottare iniziative per definire ogni soluzione necessaria a livello bilaterale e multilaterale, a partire dall'Onu, dall'Unione europea e dal G7, per assicurare la sicurezza alimentare a livello globale attraverso corridoi sicuri, e a garantire la prosecuzione e il rispetto degli accordi già raggiunti.
(1-00025) «Serracchiani, Amendola, Graziano, De Luca, Quartapelle Procopio, Fassino, Ascani, Boldrini, Carè, De Maria, Guerini, Porta, Ciani, Furfaro».


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 36 della Costituzione italiana non si limita meramente a stabilire che la retribuzione di ogni lavoratore debba essere proporzionata al lavoro secondo criteri oggettivi, quali la qualità e la quantità della prestazione, ma prevede anche che essa debba essere sufficiente a soddisfare i bisogni e le esigenze fondamentali personali e familiari del lavoratore affinché egli possa vivere una vita «libera e dignitosa»;

    in Italia si stima che ci siano oltre 4 milioni di cosiddetti working poors (lavoratori poveri), coloro i quali, cioè, pur avendo un'occupazione, si trovano costantemente a rischio di povertà e di esclusione sociale a causa del livello eccessivamente basso del loro reddito;

    il citato articolo 36 della Costituzione va letto unitamente al successivo articolo 39, il quale attribuisce ai sindacati, previa loro registrazione, il potere di stipulare contratti collettivi nazionali di lavoro vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce, a patto che l'accordo sia stato stipulato dai sindacati stessi rappresentati in modo congiunto e proporzionato ai rispettivi iscritti;

    la mancata attuazione di quest'ultima previsione costituzionale ha determinato due criticità: da un lato, la mancata estensione dell'efficacia dei contratti collettivi nei confronti di tutti i lavoratori appartenenti alla medesima categoria – si stima che almeno il 15 per cento dei lavoratori non sia coperto da contratti collettivi – e, dall'altro, una proliferazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro stessi;

    se, nel tempo, alla mancanza di un'efficacia generalizzata dei contratti collettivi nazionali di lavoro ha sopperito una consolidata giurisprudenza secondo cui i minimi tabellari stabiliti nei medesimi contratti sono applicabili anche alle imprese e ai lavoratori che non hanno sottoscritto alcun contratto, come ribadito anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 51 del 2015, dall'altro l'elevato numero di questi ultimi – secondo l'ultimo rapporto del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel) al 31 dicembre 2021 risultavano depositati ben 992 contratti collettivi – ha fatto sì che emergesse il fenomeno del cosiddetto «dumping contrattuale», vale a dire l'applicazione di contratti firmati da organizzazioni non rappresentative con minimi tabellari più bassi;

    l'Italia, infatti, fa parte di quella ristrettissima schiera di Paesi dell'Unione europea – ed è l'unico Paese fondatore – in cui non esiste un salario minimo stabilito per legge, dove quindi si delega univocamente alla contrattazione collettiva nazionale la sua fissazione e, di conseguenza, la dignità retributiva dei lavoratori;

    se i dati sui working poors in Italia, e in generale sulle persone sotto la soglia di povertà, sono peggiorati a causa della pandemia, va sottolineato che la tendenza negli ultimi 30 anni era già comunque negativa, con un aumento costante del divario tra la crescita media dei salari nei Paesi Ocse e quella in Italia;

    se, da un lato, occorre rilevare come l'Italia, secondo il compendio degli indicatori sulla produttività realizzato dall'Ocse nel 2018, sia fanalino di coda per i livelli di produttività fin dai primi anni del 2000 – quindi da prima della crisi finanziaria del 2008 –, in molti settori i salari hanno avuto una dinamica di crescita inferiore a quella della produttività stessa, con compensi reali orari diminuiti in media dello 0,4 per cento tra il 2010 e il 2016; gli ultimi dati pubblicati dall'Ocse confermano che negli ultimi trent'anni l'Italia ha avuto una sostanziale stagnazione nella crescita dei salari (+0,3 per cento), mentre altre due grandi economie europee come Francia e Germania, dove peraltro è previsto un salario minimo legale, hanno registrato una crescita di oltre il 33 per cento;

    con l'obiettivo di voler creare all'interno dell'Unione europea un mercato del lavoro e un contesto sociale più equi e dignitosi, il 4 ottobre 2022 il Consiglio dell'Unione europea ha, per quanto di competenza, definitivamente approvato la direttiva (UE) 2022/2041, volta alla promozione di salari minimi adeguati in tutti gli Stati membri, i quali avranno due anni per recepirla, non già con l'obbligo di introdurre un salario minimo legale laddove non previsto, ma con il fine di garantire l'adeguatezza dei salari minimi e condizioni di vita e di lavoro accettabili per tutti, sempre nel rispetto delle specificità di ogni ordinamento nazionale (punto 12 del preambolo);

    al quinto punto del preambolo della citata direttiva, viene chiamato in causa il Pilastro europeo dei diritti sociali del 2017, il quale statuisce il «diritto dei lavoratori a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso» e la garanzia di «salari minimi adeguati che soddisfino i bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie», in analogia a quanto previsto dall'articolo 36 della Costituzione;

    al successivo punto 8 del preambolo si riafferma il principio secondo cui i salari minimi previsti dal diritto nazionale o da contratti collettivi «se fissati a livelli adeguati (...) contribuiscono a garantire una vita dignitosa, in linea con gli obiettivi perseguiti dalla Convenzione n. 131 dell'Organizzazione internazionale del lavoro del 1970» e «possono contribuire a ridurre la povertà a livello nazionale e a sostenere la domanda interna e il potere d'acquisto, a rafforzare gli incentivi al lavoro, a ridurre le disuguaglianze salariali, il divario retributivo di genere e la povertà lavorativa e a limitare il calo del reddito nei periodi di contrazioni economiche»; al punto 16, poi, si sottolinea come, se da un lato la contrattazione collettiva contribuisce a tutelare salari minimi adeguati, dall'altro «negli ultimi decenni le strutture tradizionali di contrattazione collettiva si sono indebolite, a causa, tra l'altro, di spostamenti strutturali dell'economia verso settori meno sindacalizzati e (...) dell'aumento delle forme di lavoro precarie e atipiche»;

    la direttiva comunitaria ha individuato delle direttrici specifiche entro cui i Paesi membri debbono muoversi, prevedendo, in particolare: criteri di determinazione e aggiornamento periodico dei salari minimi legali che tengano conto del potere d'acquisto e del costo della vita, così come del tasso di crescita dei salari e dei livelli di lungo periodo della produttività (articolo 5), attraverso il coinvolgimento delle parti sociali (articolo 7); l'accesso effettivo dei lavoratori ai salari minimi legali, con controlli e ispezioni da parte degli organismi responsabili (articolo 8); che gli operatori economici e i loro subappaltatori, nell'aggiudicazione ed esecuzione di appalti pubblici o contratti di concessione, si conformino agli obblighi concernenti i salari e la contrattazione collettiva (articolo 9); strumenti efficaci di raccolta dati per il monitoraggio e la comunicazione biennale alla stessa Commissione europea (articolo 10); l'accesso pubblico a tutte le informazioni utili alla tutela garantita del salario minimo, ivi inclusi i meccanismi di ricorso (articolo 11), con diritto a risoluzioni delle controversie, con eventuale risarcimento, efficaci e tempestive (articolo 12); sanzioni applicabili in caso di violazioni dei diritti e degli obblighi previsti dagli ordinamenti nazionali in applicazione della direttiva stessa (articolo 13),

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per recepire tempestivamente la direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, al fine di giungere all'approvazione di una legge sulla rappresentanza che:

  a) assicuri la validità erga omnes dei contratti collettivi e combatta il fenomeno del dumping contrattuale, garantendo validità solo ai contratti firmati da organizzazioni realmente rappresentative;

  b) preveda la fissazione di un salario minimo legale inderogabile non inferiore ai 9 euro l'ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali per i settori che, anche a seguito dell'applicazione della riforma di cui al punto a), non risultino coperti dalla contrattazione collettiva, ovvero per lavori aventi carattere di saltuarietà;

  c) determini i parametri per l'adeguamento periodico della retribuzione minima legale, con riferimento in particolare agli indici economici in materia di tasso di crescita dei salari, livelli di lungo periodo della produttività, potere d'acquisto e costo della vita;

  d) introduca strumenti efficaci di raccolta dati e monitoraggio al fine di garantire, attraverso adeguati controlli, l'effettiva applicazione dei salari minimi legali, prevedendo adeguate misure sanzionatorie in caso di violazione, nonché di meccanismi di ricorso e di risoluzione delle controversie;

  e) preveda iniziative di informazione e formazione dei prestatori di lavoro.
(1-00026) «Richetti».


   La Camera,

   premesso che:

    il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), istituito nel 2012, nell'ambito della strategia dell'Unione europea per il rafforzamento finanziario della zona euro, con l'obiettivo di fornire assistenza finanziaria ai Paesi che ne sono parte e che si trovino in gravi difficoltà finanziarie o ne siano minacciati, è oggetto di un processo di riforma avviato nel 2017 e non ancora concluso;

    in base al Trattato istitutivo, che l'Italia ha sottoscritto nel 2011 e poi ratificato nel 2012, il Mes è un'organizzazione intergovernativa regolata dal diritto pubblico internazionale, istituita mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico europeo;

    sotto il profilo della governance e del processo decisionale, il Mes è guidato dal Consiglio dei Governatori, composto dai Ministri delle finanze degli Stati membri dell'eurozona e presieduto dal Presidente dell'Eurogruppo, che assume all'unanimità tutte le principali decisioni, ovvero con la maggioranza qualificata dell'85 per cento del capitale qualora, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell'area dell'euro, la Commissione europea e la Banca centrale europea richiedano l'assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria;

    il Mes ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi di euro, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi di euro. L'Italia ha sottoscritto il capitale del Mes per 125,3 miliardi di euro, versando oltre 14 miliardi di euro. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi Paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono, quindi, porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza;

    il Mes ha a disposizione diversi strumenti in favore dei Paesi che ne richiedano l'intervento. In particolare, può: fornire «assistenza finanziaria precauzionale», da erogare sotto forma di linea di credito condizionale precauzionale o sotto forma di una linea di credito soggetto a condizioni rafforzate; assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione di istituzioni finanziarie di un Paese membro; concedere misure di sostegno ancora più stringenti come i cosiddetti «prestiti»; acquistare titoli di debito degli Stati membri in sede di emissione e sul mercato primario o secondario;

    l'accesso all'assistenza finanziaria è soggetto a una rigorosa condizionalità, commisurata allo specifico strumento di sostegno utilizzato, tra cui per gli strumenti di assistenza finanziaria la definizione di un apposito protocollo d'intesa (Memorandum of understanding, MoU) da sottoscrivere con la Commissione europea che lo negozia preliminarmente di concerto con la Banca centrale europea, insieme e ove possibile anche con il Fondo monetario internazionale;

    per quanto riguarda i prestiti (che sono condizionati a un programma di aggiustamento macroeconomico), alla preliminare verifica della sostenibilità del debito (già prevista dal trattato in vigore) verrebbe affiancata quella della capacità di ripagare il prestito (già utilizzata nella sorveglianza post-programma). Sono clausole a tutela delle risorse del Mes, di cui l'Italia è il terzo principale finanziatore;

    per quanto riguarda le linee di credito precauzionali la riforma conferma la differenza già esistente nel Trattato in vigore tra quella «semplice» (Precautionary conditioned credit line, Pccl) e quella «a condizionalità rafforzata» (Enhanced conditions credit line, Eccl): la Precautionary conditioned credit line è riservata ai Paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria, mentre la Enhanced conditions credit line è destinata ai Paesi che non rispettano pienamente i suddetti criteri e ai quali pertanto vengono richieste misure correttive;

    nel dicembre 2017, al fine di integrare pienamente il Mes nell'ordinamento giuridico europeo e consentire un maggior legame con il circuito politico-istituzionale dell'Unione europea e nell'ambito di una più ampia prospettiva riforma dell'unione economica e monetaria, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento finalizzata a trasformare il Mes in un Fondo monetario europeo (Fme), mantenendone la struttura ma attribuendogli l'ulteriore funzione di fornire un sostegno finanziario (backstop), sotto forma di una linea di credito rotativo, al Fondo di risoluzione unico, istituito dal regolamento (UE) n. 806 del 2014, per la gestione delle crisi bancarie;

    tale proposta di regolamento non ha avuto seguito, ma i negoziati per una modifica del Mes sono andati avanti. In occasione del Consiglio europeo di dicembre 2018 sono state definite le linee guida della riforma, sulla base delle proposte di revisione del Trattato istitutivo elaborate dall'Eurogruppo del 4 dicembre 2018;

    in tale contesto, nel corso del 2019 è stato definito, nell'ambito di un ampio pacchetto di interventi per rafforzare e completare l'unione economica e monetaria, una riforma complessiva del Trattato istitutivo del Mes;

    in particolare, nella riunione del 13 giugno 2019, l'Eurogruppo ha raggiunto un ampio consenso su una bozza di revisioni del Trattato, che è stata poi presentata al successivo Vertice Euro del 21 giugno 2019. Il 4 dicembre 2019 l'Eurogruppo ha raggiunto un accordo di massima, con riserva della conclusione delle procedure nazionali, sui punti principali dei documenti correlati alla riforma del Mes;

    all'esito di questo percorso negoziale, il 27 gennaio 2021 e l'8 febbraio 2021 gli Stati membri del Mes hanno sottoscritto l'accordo di riforma del Trattato istitutivo;

    gli strumenti di finanziamento del Mes, prestiti e linee di credito, a seguito della riforma rimarranno sostanzialmente inalterati, ma si semplificheranno le procedure di accesso all'assistenza finanziaria precauzionale semplice (Precautionary conditioned credit line, Pccl) per Paesi economicamente e finanziariamente solidi, ma alle prese con uno shock avverso e con un debito pubblico considerato sostenibile, consentendone l'erogazione previa sottoscrizione di una semplice «lettera di intenti» con la Commissione europea. Si instaureranno, inoltre, forme di cooperazione con la Commissione stessa più trasparenti e nel rispetto del quadro giuridico dell'Unione europea. Sarà prevista, infine, l'introduzione anticipata della funzione di backstop al Fondo di risoluzione unico, per rafforzare la tenuta e la stabilità del sistema bancario europeo;

    accanto a questa riforma, gli Stati membri del Mes prevedono anche, in una logica di pacchetto, la definizione di uno Strumento europeo di bilancio per la convergenza e la competitività e il completamento dell'unione bancaria, in particolare con l'introduzione di uno schema europeo di garanzia sui depositi (Edis);

    i negoziati per consentire il raggiungimento di un accordo sull'intero pacchetto definito nel 2019, strategico in un'ottica di condivisione dei rischi del sistema bancario e di stabilità del sistema finanziario, hanno visto un rallentamento – nonché un ulteriore momento di riflessione – con la pandemia COVID-19; sono poi ripresi nel corso del 2020 e vanno completati;

    resta aperta la necessità di portare avanti il processo di riforma avviato rispetto al Patto di stabilità e crescita;

    è opportuno completare l'attuale negoziato di modifica del Mes, inteso quale passo indispensabile per l'ulteriore trasformazione di tale organismo in un vero e proprio Fondo monetario europeo, all'interno del quadro giuridico di diritto dell'Unione europea, coordinato con le politiche di bilancio europee;

    allo stato attuale, alla conclusione del processo di ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Mes, risultano mancanti le ratifiche di Italia, che l'ha sottoscritto nel 2021, e Germania, dove si attende l'esito della pronuncia del Tribunale costituzionale federale,

impegna il Governo:

1) a procedere senza ulteriori indugi alla ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Mes, presentando il relativo disegno di legge in tempi brevi, anche in modo da consentire l'avvio delle nuove funzioni e contribuire al rafforzamento del sistema finanziario dell'eurozona;

2) a farsi parte attiva affinché il processo di riforma avviato in relazione al Patto di stabilità e crescita permetta di coniugare sempre più in futuro il rispetto di traiettorie di riduzione del debito e stabilità economico-finanziaria degli Stati membri con esigenze di politiche di investimenti e sviluppo, in particolare nei settori sociali e della transizione ambientale e digitale.
(1-00027) «De Luca, Fassino, Amendola, Iacono, Guerra, Madia, Scarpa, Boldrini, Porta, Quartapelle Procopio, Casu».


   La Camera,

   premesso che:

    il punto 6 del Pilastro europeo dei diritti sociali afferma che «i lavoratori hanno diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso. Sono garantite retribuzioni minime adeguate, che soddisfino i bisogni del lavoratore e della sua famiglia in funzione delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando nel contempo l'accesso al lavoro e gli incentivi alla ricerca di lavoro. La povertà lavorativa va prevenuta. Le retribuzioni sono fissate in maniera trasparente e prevedibile, conformemente alle prassi nazionali e nel rispetto dell'autonomia delle parti sociali»;

    il 19 ottobre 2022 l'Unione europea ha adottato la direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea;

    secondo una stima Inapp relativa all'impatto dell'introduzione di un salario minimo legale, trarrebbero beneficio da tale misura circa 2,6 milioni di lavoratori e lavoratrici. Di questi, circa 1,9 milioni di lavoratori a tempo pieno, il 18,4 per cento del totale dei dipendenti a tempo pieno e circa 680.000 lavoratori a tempo parziale, il 29 per cento del totale dei dipendenti part-time;

    secondo dati elaborati da Eurostat, nel 2019 l'11,8 per cento dei lavoratori italiani era da includersi nella categoria di «lavoro povero», a fronte di una media europea notevolmente inferiore (9,2 per cento). Dalle più recenti e accreditate ricerche, tenuto conto anche degli effetti devastanti della pandemia, risulta che tra i settori più esposti c'è quello turistico (specie alberghi e ristoranti) col 64,5 per cento di addetti a rischio bassa retribuzione annuale, seguito da altri servizi (41,6 per cento), dal settore delle costruzioni (31,7 per cento) e dall'agricoltura (30 per cento);

    applicando i parametri Istat (retribuzione inferiore alla soglia dei 9 euro l'ora), ricercatori del Censis hanno quantificato come working poor 2,9 milioni di lavoratori: 35 per cento nella classe 15-29 anni; 47,4 per cento nella classe 30-49 anni; 79 per cento operai, 53,3 per cento uomini. Tra gli operai ci sono 8,6 milioni persone che lavorano per un totale di poco più di 200 giornate l'anno, con una retribuzione media annua di 14.762 euro. Ci sono poi 629 mila apprendisti che lavorano 203 giorni l'anno per 11.709 euro. Nella sfera del lavoro povero, si possono inquadrare, peraltro, quasi tutti i lavoratori precari e una parte significativa dei lavoratori del settore agricolo e della vasta area del lavoro domestico (921 mila), cui va sommato il lavoro irregolare (circa 3 milioni di persone);

    nel 2020 la fondazione Di Vittorio ha reso noto che la massa salariale è scesa nell'eurozona del 2,4 per cento, mentre in Italia ha avuto un tracollo del 7,2 per cento. Anche depurando il dato italiano dall'ampio sostegno derivato dalla cassa integrazione (pari a 17,3 miliardi di euro in più sul 2019), l'insieme dei salari scende del 3,9 per cento, molto di più del livello europeo. In Italia ci sono 3 milioni di precari, 2,7 milioni di part-time involontari, una parte dei quali anche precari; 2,3 milioni di disoccupati ufficiali che diventano 4 milioni se si includono gli inattivi;

    il salario minimo legale esiste nella grande maggioranza degli Stati membri dell'Unione europea, tranne che in Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria e Italia;

    in genere, gli Stati che non hanno introdotto finora un salario minimo legale sono Paesi nei quali è garantita un'elevata copertura dei diritti dei lavoratori mediante i contratti collettivi;

    in Italia, come ha rilevato nel 2021 in un suo studio la Confederazione europea dei sindacati (Etui and Etuc, Benchmarking working Europe 2020, Brussels, Etui, 2020), già prima della crisi economico-sociale dovuta alla pandemia e alla crisi energetica e dell'aumento delle materie prime, il numero dei lavoratori esposti al rischio di povertà era aumentato sensibilmente nel secondo decennio del secolo;

    la crisi pandemica e la successiva crisi energetica hanno ulteriormente aggravato una situazione che già vedeva milioni di lavoratori in Italia preda del lavoro povero, precario, privo di diritti;

    come affermato anche dalla direttiva (UE) 2022/2041, l'iniziativa legislativa per istituire il salario minimo non può e non deve essere alternativa alla contrattazione collettiva, tenuto conto che si vanno diffondendo contratti collettivi «pirata», ovvero quei contratti stipulati da organizzazioni sindacali e soprattutto da organizzazioni datoriali di dubbia rappresentatività, nonostante quanto stabilito ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 39 della Costituzione tutt'ora inattuato;

    va ricordato che in Italia esiste una sorta di salario minimo solo grazie a un consolidato orientamento dalla giurisprudenza del lavoro, che ha affermato, sia pure con qualche oscillazione, attraverso l'interpretazione combinata dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione e dell'articolo 2099, secondo comma, del codice civile, il diritto delle persone che lavorano a percepire i minimi salariali previsti dai contratti collettivi;

    va rilevato, però, che vi sono diversi contratti collettivi nazionali di lavoro, sovente in concorrenza tra loro, e che non sussiste alcuna legge sulla rappresentanza e sulla rappresentatività sindacale che vincoli il datore di lavoro all'applicazione di un contratto collettivo, neppure con riguardo al trattamento economico ivi previsto, fatto salvo quanto precisato al punto che precede relativamente all'applicabilità dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi;

    la tutela economica delle lavoratrici e dei lavoratori è fattore determinante per una crescita sostenibile basata sull'equità e il salario minimo è uno dei fattori che può contribuire alle migliori condizioni di lavoro;

    è sconfortante il quadro sulla disparità salariale, di genere e geografica. Al Sud si guadagna il 25 per cento in meno rispetto alla media del Paese, mentre le donne percepiscono in media il 27 per cento in meno degli uomini;

    appare improcrastinabile definire un intervento normativo che:

     a) consenta una definizione certa, eguale per tutti i rapporti di lavoro e cogente del trattamento economico;

     b) nella perdurante inattuazione dell'articolo 39, seconda parte della Costituzione, comporti l'integrale rispetto del precetto costituzionale relativo al diritto di ogni lavoratore a una retribuzione proporzionata e sufficiente (articolo 36, comma 1), prevedendo che questa non sia inferiore al trattamento economico complessivo previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, tanto per i lavoratori subordinati, quanto per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato che presentino analoghe necessità di tutela;

     c) garantisca l'adeguatezza nel tempo del trattamento economico complessivo che costituisce retribuzione proporzionata e sufficiente, attraverso l'incremento automatico dell'importo previsto dai precedenti articoli sulla base di contratti collettivi dei quali sia nel frattempo intervenuta scadenza o disdetta, per mezzo dell'applicazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati prodotto dall'Istituto nazionale di statistica, con l'effetto di mantenere alle parti sociali il ruolo di autorità salariali e di conservare un valore adeguato all'importo che il legislatore avrà considerato costituire attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione;

     d) individui un salario minimo legale, inderogabile anche dalle parti sociali, per evitare che proprio i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali, possano vedersi fissate retribuzioni contrattuali collettive non conformi, come ha riconosciuto anche la giurisprudenza, al requisito costituzionale di una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa;

     e) definisca dei criteri nazionali per la determinazione e l'aggiornamento periodico e puntuale dei salari minimi legali, che tengano conto del potere d'acquisto dei salari minimi, del livello generale dei salari lordi e della loro distribuzione, del tasso di crescita dei salari lordi e dell'andamento della produttività del lavoro;

     f) preveda sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazioni delle disposizioni nazionali che istituiscono la tutela garantita dal salario minimo, garantendo, in particolare, il diritto di ricorso in caso di violazione del diritto relativo ai salari minimi legali o alla tutela garantita dal salario minimo e tutelando i lavoratori e i loro rappresentanti da qualsiasi trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro a seguito di un reclamo o di una procedura promossa al fine di ottenere il rispetto in caso di violazione dei diritti relativi alla tutela dal salario minimo,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, per dare piena attuazione ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché a quanto sancito dalla Costituzione agli articoli 36 e 37, con particolare riguardo a:

  a) definire con certezza, eguale per tutti i rapporti di lavoro e cogente, il trattamento economico, nel rispetto del precetto costituzionale relativo al diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione proporzionata e sufficiente (articolo 36, comma 1), attraverso l'obbligo che questa non sia inferiore al trattamento economico complessivo previsto dai contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative;

  b) garantire l'applicazione del contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, quale parametro esterno di commisurazione del trattamento economico complessivo che costituisce retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, nel caso di esistenza di una pluralità di contratti collettivi applicabili;

  c) garantire l'adeguatezza del trattamento economico complessivo che costituisce retribuzione proporzionata e sufficiente, attraverso l'incremento automatico dell'importo previsto dai contratti collettivi dei quali sia nel frattempo intervenuta scadenza o disdetta, per mezzo dell'applicazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati prodotto dall'Istituto nazionale di statistica, al fine di mantenere alle parti sociali il ruolo di autorità salariali e conservare un valore adeguato all'importo;

  d) individuare comunque il salario minimo legale, inderogabile anche dalle parti sociali, pari a 10 euro all'ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, importo annualmente da rivalutare sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, da applicare a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori ovunque impiegati nel territorio nazionale e senza differenza di genere, al fine di garantire una retribuzione proporzionata, che superi le differenze di genere e contrasti le disuguaglianze;

  e) garantire l'applicazione dell'articolo 5, comma 3, della direttiva europea 2022/2041, che consente agli Stati membri di «ricorrere a un meccanismo automatico di adeguamento dell'indicizzazione dei salari minimi legali, basato su criteri appropriati e conformemente al diritto e alle prassi nazionali, a condizione che l'applicazione di tale meccanismo non comporti una diminuzione del salario minimo legale»;

  f) stabilire, in base all'articolo 12 della direttiva 2022/2041, in caso di violazione il diritto di ricorso del lavoratore o delle organizzazioni sindacali con procedura sommaria per l'applicazione diretta dei minimi salariali.
(1-00028) «Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) è un'organizzazione istituita nel 2012, sulla base di un Trattato intergovernativo, siglato il 2 febbraio 2012 ed entrato in vigore l'8 ottobre 2012 a seguito della ratifica dei 17 Stati membri dell'eurozona (a cui si sono aggiunti in seguito la Lettonia e la Lituania), nel quadro del diritto pubblico internazionale. Ne sono membri tutti i 19 Paesi dell'eurozona (Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) e l'adesione è aperta agli altri Stati membri dell'Unione europea;

    l'istituzione del Mes è avvenuta a seguito di un'apposita modifica all'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e ha dapprima affiancato, e poi sostituito, il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria nel compito di fornire, laddove necessario, assistenza finanziaria agli Stati membri della zona euro;

    nel dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento volta a integrare il Mes nell'ordinamento istituzionale dell'Unione europea, trasformandolo in un Fondo monetario europeo (Fme), proposta che non ha, tuttavia, generato un accordo sulla trasformazione dell'organismo;

    la riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, i cui primi negoziati si sono svolti in occasione del Vertice dell'Eurogruppo del 12 marzo 2018, è una modifica che si inscrive nell'ambito di un più ampio ventaglio di interventi volti, secondo un approccio complessivo, al completamento dell'unione economica e monetaria in corso dal 2015 e che comprendono anche l'introduzione dello Strumento di bilancio per la competitività e la convergenza nell'eurozona (Bicc) e l'unione bancaria, incluso il pilastro dello schema comune di assicurazione dei depositi (European deposit insurance scheme, Edis);

    la riforma dell'unione economica e monetaria e dei suoi strumenti non è stata a tutt'oggi completata e in particolare, con riferimento all'Edis, terzo pilastro del progetto di unione bancaria, nonostante alcuni passi avanti nel negoziato, le trattative risultano ancora ad una fase di stallo a causa della mancanza di consenso degli Stati membri sul dispositivo;

    come è noto, la riforma del Mes, approdata sul tavolo dell'eurosummit nel dicembre 2019, incorporava l'introduzione del backstop comune al Fondo di risoluzione unico, a partire però dal 2024; grazie all'azione del Governo di allora, l'Italia è riuscita ad ottenere l'introduzione anticipata di tale meccanismo, che rappresenta una forma essenziale di condivisione dei rischi a livello dell'unione economica e monetaria, obiettivo cardine per il nostro Paese;

    con l'Eurogruppo del 13 giugno 2019 e, successivamente, con l'eurosummit del 21 giugno 2019, è stato quindi raggiunto un accordo, in sede europea, sulla proposta di revisione del Trattato istitutivo del Mes: la proposta di riforma, in sintesi, prevede una procedura semplificata per l'attivazione della linea di credito condizionale precauzionale, il sostegno del Mes al Fondo di risoluzione unico, alcune innovazioni nel riparto di competenze fra i soggetti chiamati a garantire l'attuazione del Trattato, anche con riferimento alla valutazione della situazione macroeconomica e finanziaria degli Stati membri, nonché l'introduzione delle clausole d'azione collettiva con approvazione a maggioranza unica per i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione con scadenza superiore a un anno;

    dopo l'accordo politico raggiunto in sede di Eurogruppo il 20 novembre 2020, c'è stata la firma dell'accordo che modifica il Trattato Mes, cui però non ha fatto seguito la necessaria ratifica per l'entrata in vigore del Trattato, così come modificato, da parte di tutti e 19 gli Stati membri della zona euro, non avendo l'Italia e la Germania proceduto alla suddetta ratifica;

    il processo ha, quindi, subito una successiva battuta d'arresto a causa della pandemia da COVID-19, a fronte della sospensione temporanea, da parte dell'Eurogruppo, dei negoziati in corso a favore dell'adozione di tutta una serie di strumenti, coordinati e integrati con le politiche nazionali, volti a fronteggiare gli effetti della crisi sul piano economico e sociale;

    il più significativo di tali strumenti di risposta alla crisi è stata l'adozione, il 21 luglio 2020, del Next generation Eu, il programma comune di aiuti, da oltre 800 miliardi di euro, mirati a fronteggiare l'emergenza economica post-COVID. A questo si è aggiunta l'attivazione, nel marzo 2020, della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, che ha consentito agli Stati membri di adottare politiche fiscali espansive per sostenere il sistema economico entrato in crisi a causa delle restrizioni imposte dal contrasto alla diffusione del virus. La Commissione europea ha poi istituito un Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia, con il quale sono stati autorizzati specifici interventi di sostegno alle imprese. La Banca europea per gli investimenti ha approvato l'istituzione di una garanzia europea da 25 miliardi di euro (Fondo di garanzia paneuropeo), al fine di mobilitare fino a 200 miliardi di euro a sostegno dell'economia reale e, in particolare, alle piccole e medie imprese. Anche la Banca centrale europea ha adottato alcune misure straordinarie per fornire, tramite il sistema finanziario, il flusso di liquidità necessaria al sistema imprenditoriale e pubblico europeo, avviando, tra l'altro, un nuovo programma temporaneo di acquisto di titoli del settore privato e pubblico denominato «Programma di acquisto per l'emergenza pandemica» (Pandemic emergency purchase programme, Pepp), con una dotazione finanziaria complessiva di 1.350 miliardi di euro. Inoltre, è stato istituito uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (Sure);

    resta nella piena disponibilità del Parlamento, attraverso la procedura parlamentare di ratifica, in linea con la Costituzione, la scelta definitiva sull'adesione dell'Italia al nuovo Trattato riformato del Mes, anche alla luce della verifica del più generale stato di avanzamento e attuazione del pacchetto di riforme dell'unione economica e monetaria e di tutti gli impegni ad esso collegati, né tantomeno si intravede all'orizzonte alcuna necessità di ricorrere all'attivazione del Meccanismo europeo di stabilità;

    il processo di riforma del Mes, tornato recentemente al centro del dibattito europeo con particolare riferimento all'opportunità di mettere a disposizione del Fondo di risoluzione unico il sostegno del meccanismo di stabilità, va osservato nel contesto più generale di una riforma del sistema di governance dell'Unione europea;

    in questo quadro, il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha adottato la comunicazione COM(2022)583 final in cui definisce gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;

    l'ipotesi di riforma, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in ordine, in primo luogo, al mantenimento dei parametri quantitativi del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e all'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché all'assenza della previsione di una golden rule per escludere gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea;

    pochi giorni prima si è tenuta a Bruxelles anche la riunione dell'Eurogruppo in cui i Ministri delle finanze degli Stati membri della zona euro hanno proceduto a uno scambio di opinioni sugli ultimi sviluppi economici e sulle prospettive per la zona euro, discutendo, tra gli altri temi chiave, anche della modifica del Patto di stabilità e crescita e dello stato delle ratifiche del Mes. Il prossimo eurosummit è in programma per il 5 dicembre 2022;

    la legge 24 dicembre 2012, n. 234, nell'ambito della regolazione dei rapporti del nostro Paese con l'Unione europea, prevede tutta una serie di misure che assicurano la partecipazione attiva del Parlamento al processo normativo e decisionale dell'Unione europea, nonché le relative procedure di informazione da parte del Governo alle Camere,

impegna il Governo:

1) ad assicurare la coerenza della posizione del Governo con gli indirizzi precedentemente espressi dalle Camere, nonché un'interlocuzione costante e il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato sul futuro dell'unione economica e monetaria, incluso il completamento dell'iter di adesione al nuovo Trattato Mes, attraverso una procedura chiara di coordinamento e di approvazione, nel rispetto della legge n. 234 del 2012 e in coerenza con il principio di sovranità e centralità del Parlamento;

2) a promuovere, in sede europea, una verifica e valutazione congiunta sullo stato di avanzamento dei lavori e attuazione del pacchetto di riforme dell'unione economica e monetaria e di tutti gli impegni ad essa collegati, in ottemperanza alla logica del cosiddetto package approach – a partire da un sistema di assicurazione comune dei depositi che possa portare a una vera mutualizzazione dei rischi e al superamento del carattere intergovernativo dello stesso Mes – secondo una logica di condivisione politica e di equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell'unione economica e monetaria, al fine di costruire una nuova stagione dell'integrazione europea;

3) in ordine all'approfondimento dell'unione economica e monetaria, a disegnare, in sede europea, la strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;

4) in merito alla recente comunicazione della Commissione europea sull'ipotesi di riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, ad avviare un dibattito nelle istituzioni europee sulle implicazioni negative per l'Italia del mantenimento delle attuali regole di bilancio, sostenendo altresì la necessità di ripensare tali parametri – alla luce del rinnovato contesto economico e alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare – e di perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e superando, infine, l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;

5) nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a prevedere, tra gli altri, l'esclusione degli investimenti produttivi, inclusi quelli in capitale umano, dal computo dei parametri utili al pareggio di bilancio e del rapporto deficit/prodotto interno lordo e la revisione del riferimento al saldo strutturale, al fine di sostenere crescita, lavoro e inclusione sociale, investendo nella politica industriale aperta alle nuove tecnologie, nella ricerca e nell'innovazione, nelle infrastrutture materiali e digitali, nella cultura, rilanciando l'economia e uscendo dalle spirali recessive.
(1-00029) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Todde, Fenu, Alifano, Lovecchio, Raffa».


   La Camera,

   premesso che:

    il salario minimo orario è la soglia minima cui devono sottostare le retribuzioni affinché possano essere eque ed efficienti, la quota al di sotto della quale qualsiasi datore di lavoro non può scendere, pena sanzioni civili e penali;

    tale misura è attualmente in vigore in ventuno Stati europei, inclusi la Germania e il Regno Unito, e ha principalmente lo scopo di contrastare il lavoro povero (working poor), mentre i sei rimanenti Stati, Austria Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia e Italia, affidano l'individuazione della paga base ai contratti collettivi delle diverse categorie;

    il «lavoro povero» è un fenomeno che si è esteso maggiormente a seguito della crisi del 2008/2009 e a seguito della rivoluzione tecnologica che ha colpito il lavoro dipendente (ma non solo) soprattutto di bassa qualifica;

    il 25 ottobre 2022 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea la direttiva sul salario minimo, 2022/2041, che intende garantire ai lavoratori dell'Unione europea condizioni dignitose, e il Parlamento europeo l'ha approvata nella versione definitiva nella seduta del 19 ottobre 2022;

    la norma non fissa una soglia europea di salario, bensì detta le regole dentro le quali ciascuno Stato membro deve muoversi: i salari minimi devono essere fissati a un livello adeguato; i lavoratori devono avere accesso alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salario minimo legale o di salari determinati nell'ambito di contratti collettivi;

    obiettivo dell'Unione europea non è quello di uniformare i sistemi nazionali sui salari minimi per la definizione di un salario minimo unico per tutti gli Stati membri, ma piuttosto tendere a una convergenza verso l'alto delle retribuzioni minime, nel rispetto delle specificità di ciascun ordinamento interno e favorendo al contempo il dialogo tra le parti sociali;

    l'intervento dell'Unione europea si snoda, quindi, su tre assi: migliore adeguatezza dei salari minimi legali (ove esistenti), anche mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli (tra cui il potere d'acquisto, tenendo conto anche delle imposte e delle prestazioni sociali, il livello generale dei salari lordi e la relativa distribuzione, il tasso di crescita dei salari lordi e l'andamento della produttività del lavoro) e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione; promozione della contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri, in particolare in quelli in cui la copertura della contrattazione collettiva è inferiore al 70 per cento dei lavoratori; migliore applicazione e monitoraggio per tutti gli Stati membri, anche mediante relazioni annuali degli Stati membri alla Commissione europea, unitamente a un dialogo strutturato;

    in Italia la discussione sul salario minimo è sul tavolo della politica da un po' di tempo dal momento che alcune forze politiche ritengono possa essere lo strumento migliore per garantire condizioni dignitose di lavoro e retribuzione;

    il salario minimo non è solo retribuzione, bensì si compone di diversi istituti, non tutti rientrabili nella soglia del salario medesimo e non tutti compatibili sia con il costo del lavoro, per non aggravarlo, sia con i conti dello Stato, stante il rischio di compromettere i costi di tutti gli appalti pubblici;

    il nostro Paese gode di una contrattazione collettiva che copre l'85 per cento dei lavoratori. Questo sistema garantisce una serie di misure che negli anni sono state introdotte a tutela dei lavoratori (tfr, malattia, ferie, permessi, tredicesima, quattordicesima, previdenza complementare, sanità integrativa). Tale sistema determina già in molti casi salari più alti di un'ipotetica soglia di salario minimo, comprensivi degli istituti accessori di welfare e tutele sopra citati;

    con la definizione per legge di un salario minimo si metterebbe a rischio il sistema della contrattazione collettiva, con il serio pericolo di favorire la tendenza alla diminuzione delle ore lavorate, l'aumento del lavoro nero, l'incremento della disoccupazione e l'aumento dei contratti di lavoro irregolare e dei contratti «pirata»;

    occorre sottolineare come l'introduzione di una retribuzione minima potrebbe avere un effetto inflazionistico sul mercato dal momento che le imprese potrebbero riversare i maggiori costi del lavoro sui consumatori finali, determinando così un ulteriore aumento dei prezzi dei prodotti dalle stesse commercializzati;

    piuttosto che intervenire sui salari si ritiene che la contrattazione collettiva andrebbe implementata puntando a quella di prossimità. Quest'ultima, in particolare, rappresenta uno strumento utile proprio per la propria flessibilità, in un mercato del lavoro oggi più che mai dinamico, dal momento che offre alle imprese la possibilità di adeguare alcuni istituti normativi e contrattuali, entro limiti prestabiliti, alle condizioni e alle specifiche esigenze delle diverse realtà aziendali;

    un ampliamento della contrattazione collettiva contribuirebbe ad arginare il fenomeno dei contratti «pirata», molto diffusi nel nostro Paese. Con tale dicitura si definiscono quei contratti sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali, con l'obiettivo di costituire un'alternativa ai contratti collettivi nazionali cosiddetti «tradizionali». L'uso della parola «pirata» deriva dal fatto che tali contratti prevedono condizioni normative ed economiche inferiori rispetto a quelli siglati dai sindacati confederali (ad esempio retribuzioni minime inferiori; un minor numero di ferie o permessi ed altro);

    alla luce della difficile situazione economica che il nostro Paese sta affrontando, che rischia di avere pesantissime ripercussioni per tutti i settori produttivi, bisogna intervenire sul mercato del lavoro partendo dal presupposto che in Italia il costo del lavoro è tra i più alti d'Europa; è indispensabile quindi tagliare il cuneo fiscale, seguendo la scia già tracciata dall'ultimo Consiglio dei ministri del 20 novembre 2022;

    il cuneo fiscale, come noto, è dato dalla differenza tra il costo del lavoro per il datore di lavoro e la corrispondente retribuzione netta del lavoratore, ed è composto dalla somma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e dei contributi previdenziali, la prima posta a carico del dipendente insieme a parte dei contributi previdenziali, mentre il datore è onerato della restante parte dei contributi previdenziali;

    l'onere rappresentato del cuneo fiscale si configura, pertanto, come uno dei principali indicatori degli effetti dell'imposizione fiscale e contributiva sul reddito dei lavoratori e sulle conseguenti dinamiche correlate all'occupazione e alla crescita economica;

    nel 2021 l'Italia aveva il quinto cuneo fiscale più alto sia fra i Paesi Ocse e sia fra quelli dell'area euro: a titolo esemplificativo, per un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo medio, il cuneo era del 46,5 per cento, contro una media del 41,4 per cento nell'area euro (dati Osservatorio Cpi luglio 2022);

    un abbassamento del cuneo fiscale determinerebbe un aumento del potere di acquisto dei lavoratori, in un momento come quello attuale caratterizzato da un alto tasso di inflazione;

    a livello generale, inoltre, l'abbassamento del cuneo fiscale darebbe il via a un circolo che dovrebbe far ripartire l'economia reale, ossia quella direttamente collegata alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi, in contrapposizione all'economia finanziaria: meno tasse, più soldi disponibili, più consumi, più produzione, più distribuzione di beni e servizi, più lavoro ed altro;

    per le imprese, con un taglio del costo del lavoro si libererebbero risorse non solo per garantire salari più elevati ai dipendenti ma anche per la transizione digitale, la green economy e l'assunzione di giovani nel mondo del lavoro, l'aggiornamento dei dipendenti ed altro;

    a tale scopo un'adeguata riduzione del cuneo fiscale rappresenta, ora più che mai, un intervento indispensabile ed urgente, poiché il suo ammontare elevato rappresenta un deterrente per lo sviluppo del Paese e per la sua competitività, configurandosi come un elemento ostativo agli investimenti delle imprese, un freno alla crescita dei tassi di produttività, al potere di acquisto dei lavoratori e alle potenzialità del mercato del lavoro;

    i Governi degli ultimi anni, hanno privilegiato misure assistenziali, come il reddito di cittadinanza, che hanno comportato l'impegno di ingenti risorse per le casse dello Stato e che oltre a non portare l'Italia fuori dalla crisi economica, si sono dimostrate inadeguate per i criteri con i quali sono state introdotte;

    sul punto, si pensi come la misura si sia rilevata esclusivamente un sussidio statale, vista la totale assenza di un sistema funzionante per la ricerca di lavoro ai beneficiari; per tale provvedimento sono stati stanziati 7,1 miliardi di euro per l'anno 2019, 8 miliardi di euro per il 2020 e 8,3 miliardi di euro per il 2021, che non hanno dato alcun impulso alla nostra economia;

    occorre intervenire per tagliare il reddito di cittadinanza, come nelle intenzioni del presente Governo, facilitando l'ingresso nel mercato del lavoro di tutti gli attuali percettori «occupabili», favorendo con l'ammontare risparmiato la detassazione delle imprese mirata anche all'assunzione di giovani lavoratori,

impegna il Governo:

1) a raggiungere l'obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori non con l'introduzione del salario minimo, ma attraverso le seguenti iniziative:

  a) attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, con l'obiettivo di monitorare e comprendere, attraverso l'analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione;

  b) estendere l'efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, avvalendosi dei dati emersi attraverso le indagini conoscitive preventivamente svolte a livello nazionale, alle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione nazionale;

  c) avviare un percorso di analisi rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, che, soprattutto in certi ambiti, coinvolge un gran numero di lavoratori, alla luce della frequente aggiudicazione di gare che recano in loro seno il concetto della «migliore offerta economica»;

  d) mettere in atto una serie di misure di competenza volte al contrasto dei cosiddetti contratti pirata in favore dell'applicazione più ampia dei contratti collettivi, con particolare riguardo alla contrattazione di secondo livello ed ai cosiddetti contratti di prossimità;

  e) favorire l'apertura di un tavolo di confronto che assicuri il pieno coinvolgimento delle parti sociali e del mondo produttivo sul tema cruciale delle politiche finalizzate alla riduzione del costo del lavoro e all'abbattimento del cuneo fiscale, al fine di rilanciare lo sviluppo economico delle imprese, incrementare l'occupazione e la capacità di acquisto dei lavoratori;

  f) porre in essere interventi e azioni volti a liberare risorse da altre voci della spesa pubblica per destinarle al mercato del lavoro e favorire l'occupazione che rappresenta il volano di crescita del nostro Paese, nonché implementare una serie di politiche attive volte a garantire una più veloce collocazione dei giovani nel mondo del lavoro (ad esempio, alternanza scuola lavoro).
(1-00030) «Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano, Schifone, Tassinari, Nisini, Tirelli, Coppo, Giovine, Malagola, Mascaretti, Volpi, Zurzolo, Caparvi, Giagoni, Alessandro Colucci».


   La Camera,

   premesso che:

    sono ormai nove mesi che, nel totale dispregio dei principi costitutivi posti a fondamento dell'ordine internazionale universalmente riconosciuto e statuiti dalla Carta delle Nazioni Unite, tra cui il generale divieto dell'uso della forza per la risoluzione delle controversie fra gli Stati, nonché dei più elementari principi e regole del diritto umanitario, continua la feroce e inammissibile aggressione della Federazione russa all'Ucraina, alla sua integrità territoriale, al diritto di autodeterminazione del popolo ucraino e alla inerme popolazione civile, oggetto costante di indicibili orrori e insopportabili sofferenze;

    tale aggressione ha riportato la guerra nel cuore dell'Europa minacciando la pace e la stabilità internazionali, e continua a produrre gravi effetti negativi a livello globale in ambito energetico, sociale, economico-produttivo e financo alimentare, dove in particolare si segnalano gli effetti sulle forniture del grano, e rende necessario presidiare l'approvvigionamento delle materie prime critiche, difendere i settori strategici, adottare strategie volte a contribuire, nel quadro dell'Unione europea, alla sicurezza energetica della Nazione;

    la reazione di ferma condanna dell'Unione europea è stata immediata e poderosa, attraverso un sistema di sanzioni nei confronti della Federazione russa e un considerevole sostegno all'Ucraina in termini di aiuti militari che, ad oggi, le hanno consentito di resistere e di riguadagnare terreno;

    in piena coerenza con le politiche definite dall'Unione europea e nel rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia come membro dell'Alleanza atlantica, il Parlamento ha approvato disposizioni normative derogatorie al regime ordinario (l'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14), con cui è stata autorizzata, fino al 31 dicembre 2022, la cessione alle autorità governative ucraine di materiali, mezzi ed equipaggiamenti militari, previo atto di indirizzo delle Camere;

    infatti, in data 1° marzo 2022, le Camere hanno approvato due distinte risoluzioni con cui hanno impegnato il Governo, fra l'altro, ad assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché – tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati – la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione;

    il Governo, a tutt'oggi, in linea con l'espresso indirizzo parlamentare e con il costante coinvolgimento del Copasir, ha disposto cinque invii di aiuti militari alle autorità governative ucraine, volti ad agevolare, unitamente ai medesimi sforzi di altri Paesi occidentali alleati, l'efficace esercizio del diritto di legittima difesa;

    parallelamente sono state varate misure volte ad affrontare la grave crisi umanitaria conseguente all'aggressione russa e ad appostare idonee risorse per approntare l'accoglienza e l'assistenza ai profughi in fuga dalla guerra;

    il ritorno della guerra in Europa ha determinato un ripensamento della politica estera e di difesa europea e la conseguente necessità di aumentare gli investimenti di settore, nella consapevolezza che una forte e integrata difesa comune costituisce lo strumento fondamentale, necessario e complementare a quelli, altrettanto essenziali, diplomatico ed economico;

    pertanto, nel quadro della riforma del Patto di stabilità e crescita sarebbe coerente considerare l'esclusione dell'incidenza delle spese di investimento per la difesa sul rispetto dei vincoli di bilancio;

    come dichiarato dal Presidente del Consiglio in occasione della fiducia alla Camera il 25 ottobre 2022 «L'Italia continuerà a essere partner affidabile in seno all'Alleanza atlantica, a partire dal sostegno al valoroso popolo ucraino che si oppone all'invasione della Federazione russa, non soltanto perché non possiamo accettare la guerra di aggressione e la violazione dell'integrità territoriale di una Nazione sovrana, ma anche perché è il modo migliore di difendere il nostro interesse nazionale. Soltanto un'Italia che rispetta gli impegni può avere l'autorevolezza per chiedere, a livello europeo e occidentale, ad esempio, che gli oneri della crisi internazionale siano suddivisi in modo più equilibrato ed è quello che intendiamo fare, a partire dalla questione energetica»;

    come ha dichiarato il Presidente della Repubblica il 22 novembre 2022 all'assemblea nazionale dell'Anci, quella provocata dalla Federazione russa è «Una guerra contrassegnata da atroci crudeltà e, in questi giorni, dal disegno di tenere milioni di persone al buio e al freddo d'inverno. Di fronte a questi misfatti l'Unione europea ha reagito con compattezza, insieme alla comunità internazionale, assicurando solidarietà all'Ucraina e alla sua resistenza. Una reazione importante, che ha come orizzonte la costruzione di una pace giusta e necessaria, capace di restituire a quel Paese la piena indipendenza violata»;

    il perdurare dell'aggressione da parte della Federazione russa su più domini, anche ricorrendo a gruppi intermediari con gravi riflessi sulla sicurezza internazionale, nonché il rischio concreto di una ancor più grave crisi umanitaria a fronte della distruzione della maggioranza delle infrastrutture energetiche ucraine alle porte dell'inverno, richiedono di poter proseguire, ove necessario, nel quadro delle politiche condivise in ambito Nato e Ue, nell'azione di supporto all'Ucraina, alla sua popolazione e alle sue Forze armate,

impegna il Governo:

1) a promuovere e sostenere, di intesa con i partner Nato ed europei, tutte le iniziative diplomatiche volte a creare le condizioni per un negoziato di pace, una pace giusta e sostenibile, fondata sul rispetto delle norme di diritto internazionale, della sovranità e dell'integrità territoriale e del principio di autodeterminazione dei popoli;

2) a promuovere il rilancio delle Nazioni Unite come strumento internazionale per assicurare la coesistenza pacifica, i cui fini sono definiti all'articolo 1 dello Statuto e in particolare:

  a) mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace;

  b) sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'auto-decisione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale;

  c) conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione;

  d) costituire un centro per il coordinamento dell'attività delle nazioni volta al conseguimento di questi fini comuni;

3) ad assumere tutte le iniziative necessarie, sulla base di quanto concordato in ambito Nato e Unione europea, per continuare a sostenere il popolo ucraino e per limitare gli effetti della crisi umanitaria in atto, a protezione anzitutto dei minori e dei più fragili, favorendo la riabilitazione delle infrastrutture necessarie ad assicurare i servizi essenziali;

4) a contribuire alla tenuta degli accordi in materia di sicurezza alimentare, soprattutto dell'accordo sul grano di Istanbul, al fine di evitare che le ripercussioni della guerra colpiscano un numero ancor maggiore di civili, quali le popolazioni del Medio Oriente e dell'Africa che dipendono dalle importazioni di derrate agricole ucraine;

5) a sostenere le iniziative normative necessarie a prorogare fino al 31 dicembre 2023 l'autorizzazione, previo atto di indirizzo delle Camere, alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell'Ucraina nei termini e con le modalità stabilite dall'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14;

6) a proseguire nella strada tracciata con l'adozione formale, da parte del Consiglio europeo, nel marzo 2022, della «Bussola Strategica», che implementa la capacità di agire in contesti di prevenzione e gestione delle crisi, la capacità di proteggere, con particolare riferimento al libero accesso nei domini marittimo, cibernetico e spaziale, l'investimento in termini di sviluppo di capacità congiunte in ambito Unione, e il rafforzamento dei rapporti di partenariato prevedendo la possibilità di scorporare dal computo dei vincoli di bilancio le spese di cooperazione fra industrie e i Paesi aderenti all'Unione europea;

7) ad assumere tutte le iniziative necessarie per conseguire l'obiettivo di una spesa per la difesa pari al 2 per cento del prodotto interno lordo entro il 2028, anche promuovendo, nel quadro della riforma del Patto di stabilità e crescita, l'esclusione delle spese per gli investimenti nel settore della difesa dal computo dei vincoli di bilancio e a incrementare le risorse umane e finanziarie destinate alla politica estera, quale strumento fondamentale per tutelare l'interesse nazionale;

8) a proseguire con i negoziati in ambito europeo volti ad individuare una soluzione comune al caro energia, con l'obiettivo prioritario di impedire la speculazione e l'innalzamento dei prezzi del gas al fine di ridurre il più possibile la pressione su imprese e famiglie, assumendo contemporaneamente tutte le iniziative necessarie a diversificare le fonti di produzione;

9) ribadendo la centralità e il ruolo fondamentale della Nato, a lavorare per la costruzione di un esercito comune europeo così come auspicato dai padri fondatori dell'Unione europea.
(1-00031) «Tremonti, Formentini, Mulè, Bicchielli, Calovini, Matone, Orsini, Cesa, Chiesa, Battilocchio, Tirelli, Marrocco, Caiata».


   La Camera,

   premesso che:

    ogni anno, il quarto sabato del mese di novembre, in Ucraina si commemorano le vittime dell'Holodomor, lo «sterminio per fame» di milioni di ucraini;

    il termine Holodomor proviene dalla espressione ucraina moryty holodom, dalla combinazione delle parole ucraine holod (carestia) e moryty (uccidere), ad indicare la volontà di infliggere la morte per fame;

    anche a seguito della collettivizzazione agraria attuata dal dittatore sovietico Stalin – al fine di liquidare anche i kulaki, ossia i contadini più agiati, come coltivatori diretti e piccoli proprietari terrieri – la carestia cominciò a manifestarsi già nel 1932;

    tale situazione fu volutamente ed ulteriormente aggravata da una dura politica di requisizione del raccolto e di gravi limitazioni alla mobilità per coloro che intendevano spostarsi verso la città in cerca di cibo, associata alla deportazione massiccia dei kulaki, che comportò un ulteriore drastico calo della produzione ed innescando rivolte contadine in varie zone dell'Ucraina;

    l'Holodomor determinò, nel periodo gennaio-giugno 1933, circa quattro milioni di vittime rispetto alle 200.000 del 1932, distruggendo una parte significativa della popolazione della Repubblica sovietica ucraina. Si stima che un quarto della popolazione rurale, tra uomini, donne e bambini sia stata sterminata;

    l'Holodomor pertanto ebbe luogo in un contesto dominato dalla volontà di Stalin di punire con la fame e con il terrore un certo numero di gruppi nazionali ed etnico-sociali ritenuti pericolosi o potenzialmente tali e che, come tutti gli indicatori quantitativi dimostrano, tanto la punizione che il terrore toccarono, per le ragioni precedentemente elencate, il loro culmine in Ucraina, dove si trasformarono in un fenomeno qualitativamente differente da una pur tragica carestia;

    il 29 novembre 2006 il Presidente ucraino ha firmato la legge votata dalla Verchovna Rada (Parlamento ucraino) che definisce l'Holodomor un evento provocato da precise e deliberate scelte politiche, riconoscendo il quarto sabato di novembre Giorno del ricordo per commemorarne le vittime. Nel 2008 è stato aperto in Ucraina il Museo nazionale del Genocidio dell'Holodomor;

    nel recente G20 svoltosi a Bali, il Presidente dell'Ucraina, intervenendo in videocollegamento, ha proposto di estendere sine die l'accordo che consente le esportazioni del grano ucraino. Un annuncio che arriva proprio in concomitanza dell'anniversario dell'Holodomor;

    come recita la Risoluzione 2019/2819(RSP) del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa «la memoria delle vittime dei regimi totalitari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo, nonché la sensibilizzazione a tale riguardo, sono di vitale importanza per l'unità dell'Europa e dei suoi cittadini e per costruire la resilienza europea alle moderne minacce esterne»;

    il ricordo del tragico passato che accomuna gli europei è strumento concreto per onorare le vittime e avviare un reale percorso di riappacificazione basato su verità oggettive e incontrovertibili;

    in tale prospettiva anche il riconoscimento dell'Holodomor come genocidio è elemento fondamentale dell'identità nazionale ucraina dopo lo scioglimento dell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, un'identità basata sulla sofferenza e che ha perciò respinto possibili derive oppressive e favorito l'affermarsi dei valori dello Stato di diritto, della democrazia e dell'aspirazione ad entrare a far parte dell'Unione europea;

    nel corso degli anni, numerosi sono stati gli atti adottati da diversi organismi, al duplice fine di rendere noto all'opinione pubblica quanto successo al popolo ucraino nello scorso secolo per volontà del dittatore comunista Stalin e di sottrarre l'Holodomor all'inevitabile oblio. Nello specifico è opportuno evidenziare i seguenti:

     a) la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, che mette al bando il genocidio e obbliga gli Stati ad implementare l'applicazione di tale divieto;

     b) la legge ucraina concernente «l'Holodomor del 1932-1933 in Ucraina», adottata il 28 novembre 2006 che commemora ufficialmente il genocidio subito dal popolo ucraino;

     c) la raccomandazione del Parlamento europeo del 20 novembre 2007 destinata al Consiglio sul riconoscimento dell'Holodomor, la carestia artificiale del 1932 in Ucraina, come genocidio contro il popolo ucraino;

     d) la risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2008 sulla commemorazione dell'Holodomor, la carestia artificiale del 1932-1933 in Ucraina che ha riconosciuto «l'Holodomor quale spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l'umanità»;

     e) la Dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo del 21 novembre 2007, che ha segnato l'inizio della commemorazione del 75° anniversario della grande carestia Holodomor in Ucraina;

     f) la Dichiarazione finale e le raccomandazioni della decima riunione del comitato parlamentare di cooperazione Unione europea-Ucraina, adottate il 27 febbraio 2008, che riconoscono l'Holodomor come spaventoso genocidio ai danni degli ucraini e contro l'umanità e che condannano tali atti connotati dall'annientamento di massa e dalla violazione dei diritti umani;

     g) la «Risoluzione sull'Holodomor del 1932-1933 in Ucraina» approvata dall'assemblea parlamentare dell'OSCE nella sessione annuale di Astana del 29 giugno-3 luglio 2008 e trasmessa alla Camera dei deputati il 24 luglio 2008;

     h) la Dichiarazione comune di condanna resa durante la 58a sessione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione del 70° anniversario dell'Holodomor in Ucraina, sostenuta da 63 Stati, inclusi tutti gli Stati membri dell'allora Unione europea a 25;

    la molteplicità degli atti sopracitati ed adottati a livello internazionale, rende evidente la necessità di promuovere ogni opportuna iniziativa al fine di non dimenticare il genocidio subito dal popolo ucraino,

impegna il Governo

1) a riconoscere ufficialmente e con ogni atto di competenza l'Holodomor come genocidio, adottando ogni conseguente iniziativa, d'intesa con il Parlamento della Repubblica italiana e con le istituzioni multilaterali di cui l'Italia è parte, per la promozione in Italia e all'estero della consapevolezza e del ricordo di quella tragedia.
(1-00032) «Tremonti, Calovini, Caiata, Gardini, Di Giuseppe, Loperfido, Mura, Pozzolo, Rotondi, Ambrosi, Di Maggio, Donzelli, Giordano, Mantovani, Pietrella, Foti».


   La Camera,

   premesso che:

    tra il 1932 e il 1933, almeno cinque milioni di persone, dei quali tra i tre e i quattro milioni ucraini, morirono di fame nei territori all'epoca facenti parte dell'ex Urss, e in particolare in quelle aree geografiche attualmente corrispondenti all'Ucraina, al Kazakistan e alla regione del Volga;

    le morti furono causate non dalla carenza di cibo e raccolti quanto piuttosto dalle politiche poste in essere, volte in un primo momento a consolidare la collettivizzazione forzata delle terre agricole, ma che finirono per punire con la confisca dei beni e con pesanti persecuzioni di polizia chi, temendo la morte per fame, ammassò privatamente raccolti o si rifiutò di far macellare il bestiame;

    milioni di persone furono dunque deliberatamente private dei mezzi di sostentamento con la confisca del cibo, le persecuzioni di polizia e dei servizi segreti, i blocchi stradali che impedirono alla popolazione di spostarsi, e i confinamenti di intere città, anche nel tentativo di annientare l'identità politica del popolo ucraino e di tutti coloro che si opponevano al regime;

    questo fatto storico è noto con il nome di Holodomor: una parola ucraina che etimologicamente significa letteralmente «sterminio per fame», nata dalla crasi tra la parola holod (fame, carestia) e moryty (uccidere, affamare), e per la prima volta venne documentato dallo storico inglese Robert Conquest che nel 1986 inaugurò gli studi sul cosiddetto «Holodomor», definito come il più imponente sterminio della storia europea del XX secolo dopo Olocausto;

    si richiama quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio; dalla dichiarazione comune resa durante la 58a sessione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione del 70o anniversario dell'Holodomor in Ucraina, sostenuta da 63 Stati, inclusi tutti gli Stati membri dell'allora Unione europea a 25; dalla legge ucraina concernente «l'Holodomor del 1932-1933 in Ucraina», adottata il 28 novembre 2006; dalla raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sul riconoscimento dell'Holodomor, la carestia artificiale del 1932 in Ucraina, come genocidio contro il popolo ucraino il 20 novembre 2007; dalla dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo del 21 novembre 2007, che ha segnato l'inizio della commemorazione del 75o anniversario della grande carestia Holodomor in Ucraina;

    la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio considera crimini una serie di atti commessi con l'intento di distruggere, interamente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, uccidendone i membri e causando loro gravi danni fisici o mentali, sottoponendolo deliberatamente a condizioni di vita concepite per provocarne la distruzione fisica integrale o parziale, imponendo misure intese a impedire le nascite in seno al gruppo e trasferendo con la forza i bambini che ne fanno parte a un altro gruppo;

    l'Holodomor è stato il prodotto di una carestia all'inizio non provocata artatamente a tale scopo, ma che venne poi, una volta che essa fece la sua comparsa come frutto delle politiche del regime di Stalin, volutamente aggravata in Ucraina nell'autunno del 1932;

    l'Holodomor, che fece perciò nel gennaio-giugno 1933 circa quattro milioni di vittime rispetto alle 200.000 del 1932, distruggendo una parte significativa della popolazione della Repubblica sovietica ucraina, è stato pianificato dal regime di Stalin come offensiva tesa a piegare i contadini ucraini all'interno di una politica antiucraina diretta allo sterminio di massa e alla liquidazione delle élite nazionali;

    l'Holodomor ebbe luogo in un contesto dominato dalla decisione di Stalin di punire con la fame e con il terrore un certo numero di gruppi nazionali ed etnico-sociali ritenuti pericolosi, o potenzialmente tali, e, come tutti gli indicatori quantitativi dimostrano, tanto la punizione che il terrore toccarono, per le ragioni precedentemente elencate, il loro culmine in Ucraina, dove si trasformarono in un fenomeno qualitativamente differente da una pur tragica carestia;

    il riconoscimento dell'Holodomor come genocidio è elemento fondamentale dell'identità nazionale ucraina dopo lo scioglimento dell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, un'identità basata sulla sofferenza e che ha perciò respinto possibili derive oppressive e favorito raffermarsi dei valori dello Stato di diritto, della democrazia, del patriottismo civico, e dell'aspirazione ad entrare a far parte dell'Unione europea;

    la commemorazione dei crimini contro l'umanità perpetrati nel corso della storia europea deve contribuire a contrastare la ripetizione di simili crimini nel tempo presente e in futuro;

    nel 2023 ricorrerà il novantesimo anniversario di questo atroce fatto storico,

impegna il Governo

1) a riconoscere l'Holodomor come genocidio, adottando ogni conseguente iniziativa, d'intesa con il Parlamento della Repubblica italiana e con le istituzioni multilaterali di cui l'Italia è parte, per la promozione in Italia e all'estero della consapevolezza e del ricordo di quella tragedia.
(1-00033) «Quartapelle Procopio, Magi, Casu, Giachetti, De Luca, Fassino, Rosato, Di Sanzo, Toni Ricciardi, Malavasi, Della Vedova, Guerini, Madia, Gribaudo, Porta, Amendola, Ascani».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    la costante violazione dei diritti umani in Iran, ormai da decenni, rappresenta una drammatica realtà. La situazione, purtroppo, non accenna a migliorare. Le esecuzioni in Iran sarebbero, infatti, addirittura aumentate nella prima metà del 2022, raddoppiando il totale di quelle effettuate nello stesso periodo del 2021. Iran Human Rights (IHR), ha dichiarato che da gennaio a giugno 2022 sono state eseguite almeno 251 esecuzioni, rispetto alle 117 della prima metà del 2021. IHR ha, inoltre, espresso il timore che le esecuzioni vengano utilizzate come strumento politico per intimidire i manifestanti antigovernativi e prendere di mira le minoranze etniche;

    a fronte di uno scenario oltremodo complesso, a settembre 2022, il malcontento popolare è deflagrato nel Paese, in seguito alla morte della studentessa ventiduenne Mahsa Amini, arrestata il 13 settembre a causa del suo velo, a quanto pare non indossato correttamente. Mahsa Amini, una volta uscita dalle mani della «polizia morale» (Gasht-e Ershad), è stata portata in ospedale in stato di incoscienza ed è poi è deceduta dopo tre giorni di coma;

    il menzionato evento ha scatenato la rabbia della popolazione, esasperata da decenni di repressione in ambito sociale così come dal deterioramento del tessuto economico e produttivo, anche a causa di diffusi fenomeni di corruzione e nepotismo. Dunque, importanti forme di dissenso e disordini interessano ormai da mesi le maggiori città iraniane;

    con grande disappunto delle autorità, la notizia della protesta ha velocemente varcato i confini nazionali, grazie anche a numerosi video diffusi in rete nonostante la censura, creando a livello mondiale una significativa rete di sostegno alle manifestazioni in atto;

    il Governo iraniano ha, quindi, scelto la via di una durissima repressione, ostacolando inoltre con ogni mezzo qualsivoglia forma di diffusione delle notizie al di fuori del circuito mediatico controllato dallo Stato;

    pur nella difficoltà di giungere ad esatte cifre, secondo stime delle Nazioni Unite, la repressione delle manifestazioni prosegue senza sosta e il bilancio delle vittime risulta salito ad almeno 304 persone, tra cui 24 donne e 41 bambini. Nel contesto le minoranze baluchi e curde continuerebbero a essere colpite in modo sproporzionato. Inoltre, circa 15.000 persone sarebbero state arrestate;

    il terzo Comitato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l'11 novembre 2022, ha approvato una risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali. Tale tipologia di documento viene presentata ogni due anni da una coalizione di stati membri tra cui l'Italia e quest'anno ha ottenuto il voto favorevole di 127 stati ossia 4 in più rispetto al 2020;

    sempre l'11 novembre 2022, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha lanciato un forte messaggio: «Esortiamo le autorità iraniane a smettere di usare la pena di morte come strumento per reprimere le proteste e ribadiamo il nostro appello a rilasciare immediatamente tutti i manifestanti che sono stati arbitrariamente privati della libertà per il solo fatto di esercitare i loro legittimi diritti di libertà di opinione e di espressione, di associazione e di riunione pacifica e per le loro azioni volte a promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali attraverso mezzi pacifici»;

    ai sensi della Dichiarazione dei Ministri degli Affari esteri del G7 (Münster, 4 novembre 2022) è stato espresso pieno sostegno all'aspirazione del popolo iraniano a un futuro in cui la sicurezza e i diritti umani universali siano rispettati e protetti;

    sempre in ambito G7 è stata ribadita la determinazione a garantire che l'Iran non possa mai sviluppare un'arma nucleare. Nel contesto i membri del G7 dichiarano che continueranno a lavorare per affrontare l'escalation nucleare iraniana e la sua mancanza di cooperazione con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) riguardo l'accordo di salvaguardia nell'ambito del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP). Inoltre, nonostante molti mesi di intensi negoziati per un ritorno al Joint Comprehensive Plan of Action (JCPoA), l'Iran non ha preso le necessarie decisioni in merito,

impegna il Governo:

   a condannare fermamente l'uso brutale e sproporzionato della forza contro manifestanti pacifici e bambini;

   a promuovere le opportune iniziative in tutti i consessi internazionali, tra cui l'Unione europea e le Nazioni Unite, al fine di ottenere dal Governo iraniano l'immediata cessazione della repressione in corso così come il pieno rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale, con particolare riferimento al Patto internazionale sui diritti civili e politici;

   a intraprendere iniziative volte ad esortare l'Iran a rispettare i suoi obblighi giuridici e politici in materia di non proliferazione nucleare;

   a valutare l'opportunità di condizionare le relazioni bilaterali con l'Iran fintantoché continuerà la violenta repressione nei confronti della popolazione civile;

   ad adoperarsi, con la massima celerità e urgenza, nelle opportune sedi nazionali e internazionali, al fine di bloccare l'esecuzione delle sentenze di condanna a morte emesse nei confronti dei manifestanti arrestati, a tal scopo proponendo anche specifiche misure volte al congelamento delle riserve iraniane depositate all'estero.
(7-00004) «Onori, Lomuti, Conte, Amato, Barzotti, Carotenuto, Cherchi, Di Lauro, Ilaria Fontana, Morfino, Pavanelli, Quartini».


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 16 settembre 2022, una ragazza iraniana di 22 anni, Mahsa Amini, in visita a Teheran con la famiglia è morta in un centro di detenzione dove era stata portata dalla «polizia morale», la Ershad, perché secondo gli agenti non indossava correttamente il velo;

    la famiglia e le organizzazioni per diritti umani iraniane hanno accusato gli agenti della Ershad di aver picchiato la ragazza con tanta forza da ucciderla;

    la morte di Mahsa Amini ha scatenato un'ondata di indignazione e di proteste in tutto il Paese, che ha visto come protagoniste innanzitutto le donne alle quali si sono uniti tanti giovani e molte personalità del mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo;

    il velo è obbligatorio per le donne in Iran dal 1979, anno della rivoluzione islamica di Khomeini e negli ultimi mesi l'esecutivo guidato dal Presidente conservatore Raisi ha inasprito la sorveglianza e le punizioni: decine di donne sono state arrestate perché non indossavano correttamente il velo o perché erano vestite in «modi contrari alla morale»;

    la stretta sulle libertà femminili si accompagna a un'ondata di repressione del dissenso politico e culturale che ha portato all'arresto di politici di opposizione, come il noto riformista Mostafa Tajzadeh, o di uomini di cultura come i registi Mohammad Rasoulof, Jafar Panahi e Mostafa Al-Ahmad, con l'accusa di fare propaganda contro lo Stato;

    dal 16 settembre 2022 la mobilitazione non si è mai interrotta, nonostante la brutalità e la ferocia della repressione messa in atto dal regime: secondo la Ong «Iran Human Rights» di Oslo sono almeno 326 i manifestanti finora uccisi dalle forze dell'ordine;

    il 6 novembre 2022, 227 deputati sui 290 che compongono il Parlamento iraniano hanno sottoscritto un documento in cui si invoca la pena di morte per chi osa manifestare contro il regime e sono già due le condanne alla pena capitale comminate nei giorni scorsi dal Tribunale di Teheran contro persone che hanno partecipato alle proteste;

    Josep Borrell, alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha dichiarato che «l'UE condanna fermamente l'inaccettabile repressione violenta dei manifestanti. Siamo al fianco del popolo iraniano e sosteniamo il suo diritto di protestare pacificamente e di esprimere liberamente le proprie rivendicazioni e opinioni. Oggi imponiamo ulteriori sanzioni ai responsabili della repressione dei dimostranti iraniani»;

    dal 2011 l'UE ha adottato misure restrittive – prorogate su base annua-connesse con violazioni dei diritti umani, tra cui: il congelamento dei beni e il divieto di visto per le persone ed entità responsabili di gravi violazioni dei diritti umani; il divieto di esportazione verso l'Iran di attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna e di attrezzature per la sorveglianza delle telecomunicazioni;

    il 17 ottobre 2022, il Consiglio ha aggiunto all'elenco delle persone ed entità oggetto di misure restrittive nel contesto dell'attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran undici persone e quattro entità in considerazione del loro ruolo nella morte di Mahsa Amini e nella risposta violenta alle recenti manifestazioni nel Paese;

    il 14 novembre 2022, il Consiglio europeo ha aggiunto all'elenco delle persone ed entità oggetto di misure restrittive nel contesto dell'attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran altre 29 persone e 4 entità. L'elenco delle persone ed entità oggetto di misure restrittive dell'UE nel contesto dell'attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran comprende ora un totale di 126 persone e 11 entità,

impegna il Governo:

   ad attivarsi, in sede bilaterale con l'Iran e nei consessi internazionali, per condannare con la massima fermezza la morte di Mahsa Jina Amini e quella delle tante e dei tanti manifestanti inermi in Iran e l'adozione di misure di repressione e di detenzione contrarie alla normativa internazionale in materia di diritti umani;

   ad adottare iniziative presso le autorità iraniane affinché si ponga immediatamente fine alla repressione violenta nei confronti dei manifestanti pacifici e al rilascio immediato e incondizionato, ritirando ogni accusa nei loro confronti, di tutti i detenuti che sono stati arrestati unicamente per aver esercitato pacificamente i propri diritti alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica nel quadro delle proteste;

   ad esprimere piena solidarietà ai movimenti di protesta pacifica e alle giovani donne iraniane che guidano le proteste e vi partecipano nonostante le difficoltà e le ripercussioni personali cui devono far fronte;

   a promuovere con urgenza l'invio, tramite le organizzazioni dei diritti umani, di un comitato di accertamento dei fatti presso le carceri iraniane ai fini di prevenire le violazioni dei diritti fondamentali degli incarcerati;

   a sostenere, in accordo con la policy dell'Unione europea, le sanzioni in materia di diritti umani in Iran, già emesse ed eventuali nuove misure che saranno emanate.
(7-00006) «Quartapelle Procopio, Boldrini, Amendola, Rosato, Gruppioni, Marino, Ferrari».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il Comitato olimpico nazionale italiano – Coni – disciplina la gestione delle attività sportive nazionali ed è l'ente pubblico cui è demandata l'organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale;

    il Comitato olimpico riveste un'importanza strategica in quanto organo preposto alla diffusione e protezione del Movimento olimpico in conformità con la Carta olimpica;

    con decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, recante «Riordino del Comitato olimpico nazionale Italiano - Coni, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59» sono espressamente individuati i soggetti che di diritto fanno parte del Consiglio Nazionale (articolo 4) e all'articolo 6 è contenuto l'elenco dei membri della giunta;

    tuttavia, gli organi di vertice dell'associazione non prevedono la rappresentatività dei gruppi sportivi della difesa e delle forze di polizia; in questo senso, la possibilità di avere rappresentanti dei gruppi sportivi «in uniforme» costituirebbe un giusto e doveroso riconoscimento all'impegno e al supporto che il movimento sportivo della Difesa e dei corpi di polizia – da anni parte integrante del «modello sportivo italiano» – offre allo sport nazionale, con particolare riferimento allo sport di eccellenza e alla valorizzazione delle discipline olimpiche;

    le forze armate e di polizia, infatti assicurano annualmente il reclutamento di un numero consistente di atleti, ai quali viene così garantito un sostegno economico non altrimenti reperibile - che consente loro di dedicarsi all'attività sportiva agonistica a tempo pieno - e un futuro impiego nell'ambito della pubblica amministrazione, ma anche con i numerosi concorsi non operativi concessi alle Federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva e alle discipline sportive associate, in termini di infrastrutture, mezzi di trasporto, tecnici e operatori sanitari;

    l'assenza di questi soggetti in seno agli organi rappresentativi del Coni non trova giustificazione; anzi il movimento sportivo alimentato dai gruppi sportivi in uniforme, costituisce un elemento centrale dello sport nazionale, che in seno al consiglio e nella giunta dovrebbe aver voce e contribuire in modo attivo per il governo dello sport nazionale in termini di idee, proposte e soluzioni, in virtù della elevata competenza e professionalità, sempre riconosciuta e apprezzata, dei dirigenti sportivi militari;

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative normative di competenza al fine di:

    modificare l'articolo 4 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 prevedendo l'inclusione nel consiglio nazionale del Coni di due nuovi membri: un rappresentante dei gruppi sportivi militari della difesa (inclusa l'Arma dei Carabinieri) e un rappresentante dei Gruppi sportivi delle forze di polizia dello Stato e dei Vigili del fuoco, demandando ad un decreto del Ministero della difesa l'individuazione delle modalità di elezione del rappresentante dei Gruppi sportivi militari della difesa ai fini della successiva nomina da parte del Ministro;

    modificare l'articolo 6 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedendo l'inclusione nella giunta nazionale del Coni di un rappresentante dei Gruppi sportivi militari della difesa (inclusa l'Arma dei Carabinieri), dei Gruppi sportivi delle forze di polizia dello Stato e dei Vigili del fuoco, individuato secondo il principio di alternanza tra i Gruppi sportivi militari della difesa e i Gruppi sportivi delle Forze di polizia dello Stato e dei vigili del Fuoco, ovvero quando appartenente ai Gruppi sportivi militari della difesa (inclusa l'Arma dei Carabinieri), eletto sulla base di un decreto emanato dal Ministero della difesa ai fini della successiva nomina da parte del Ministro.
(7-00005) «Mulè, Dalla Chiesa, Tassinari».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   LA SALANDRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da organi di stampa (il Riformista 17 novembre 2022 – La Repubblica 18 novembre 2022) talune cooperative impegnate nella gestione dei migranti nel territorio di Latina, pur avendo percepito contributi a fondo perduto per l'emergenza COVID-19 per circa 227 mila euro, e, così significativamente la Cooperativa Karibu, registrando un giro d'affari di oltre 12 milioni di euro per l'ospitalità di più di 800 migranti, risulterebbero protagoniste di importanti lesioni dei più semplici diritti umani;

   del pari, altro Consorzio Aid, anch'esso impegnato per l'inclusione e i diritti, nel 2020 avrebbe ottenuto l'affidamento di vari servizi per stranieri dalla prefettura di Latina, dal comune di Latina e da quello di Termoli, ed anch'esso risulterebbe protagonista delle medesime condotte della citata Cooperativa Karibu;

   in particolare, dalle citate notizie di stampa, si è appreso che alcuni migranti avrebbero sporto denunce in ordine alle condizioni di vita nelle strutture gestite da dette cooperative, anche a danno di minori;

   medesime denunce risultano, da organi di stampa, essere state presentate da taluni migranti in ordine alle condizioni di vita degli stessi nel «Ghetto» di Torretta Antonacci dove, nel mese di agosto 2022, si è consumato il sequestro del sindacalista Mohammed Elmajdi, presidente di Anolf Puglia e segretario territoriale della Cisl di Foggia che, nella propria denuncia, chiama in causa la Lega Braccianti, associazione socio-lavorativa, per quanto si legge dalla pagina internet della stessa;

   da notizie di Fanpage.it del 14 settembre 2022 sembrerebbe che la citata Lega Braccianti operi regolarmente raccolte fondi attraverso la piattaforma «GoFundMe», ottenendo donazioni per diverse centinaia di migliaia di euro dall'Italia e dall'estero, funzionali al portare aiuti umanitari nei ghetti dei braccianti e per costruire manifestazioni operando, sembrerebbe in parallelo alle normative di cui al decreto-legge n. 130 del 2022 e del decreto legislativo n. 142 del 2015, e ai Cas (Centri accoglienza straordinaria);

   riguardo proprio al «Ghetto» di Torretta Antonacci si legge (Corriere del Mezzogiorno del 4 maggio 2021) che la regione Puglia avrebbe impegnato somme per l'acquisto di moduli abitativi dal destinarsi alla predetta area. Inoltre, la Flai Cgil di Foggia avrebbe lamentato il fatto che anche la gestione dell'area sotto l'egida della regione Puglia fosse di fatto «gestita» dai caporali, segnalando un sistema di «autogestione»;

   con riferimento al noto insediamento di Torretta Antonacci, dal sito internet della Unità sindacale di base (Usb) si apprende che sebbene taluni residenti abbiano costruito, con l'aiuto della predetta Usb, alcune strade con ghiaia e breccia, un gruppo di aderenti alla «Lega Braccianti E.T.S.» avrebbe divelto l'insegna della strada dedicata a due braccianti arsi vivi nell'incendio della baraccopoli del marzo 2017, per poi minacciare alcuni abitanti del luogo;

   la realtà di Torretta Antonacci non dovrebbe esistere a ragione di uno sgombero risalente all'anno 2017, la Flai Cgil regionale evidenziò come l'emergenza criminale che vive la Capitanata spesso fa da cerniera tra gli interessi di mafie indigene e quelle, come «l'ascia nera nigeriana» –:

   se non intendano avviare verifiche, per quanto di competenza, anche di carattere ispettivo, in relazione a quanto esposto in premessa, e in particolare con riferimento alle attuali condizioni dei migranti residenti in Torretta Antonacci e alle eventuali procedure di sgombero dell'area successive a quello più risalente del 2017.
(3-00051)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCERRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni la Sicilia è stata colpita da una devastante ondata di maltempo che ha interessato numerosi comuni, per i quali il governo siciliano ha esteso lo stato di crisi e di emergenza, già dichiarato il 24 ottobre 2022 per numerose zone dell'isola a causa dei danni provocati nei giorni 25, 26, 30 settembre e 1o, 9 e 13 ottobre;

   tali eventi hanno provocato ingenti danni, intere famiglie si sono ritrovate senza tetto, alberi caduti, voli dirottati, collegamenti marittimi interrotti, milioni persi all'agricoltura, torrenti esondati;

   si sono altresì verificati danni alle infrastrutture a Siracusa e provincia, dove sono state compromesse reti elettriche e idriche, con conseguenti disagi per la popolazione. Anche la strada provinciale 39 lato nord, arteria della zona montana di Siracusa, è stata chiusa e a Pachino gli allagamenti hanno danneggiato strade, case ed aziende agricole. Nella città di Augusta, invece, le mareggiate hanno ingenerato forti preoccupazioni nella cittadinanza;

   non meno allarmante la situazione nel ragusano dove l'agricoltura è stata tra i settori più colpiti dall'alluvione: violente raffiche di vento hanno spazzato via diverse serre e gli imprenditori, nonostante il pericolo, si sono recati nei propri appezzamenti per salvare le produzioni;

   un articolo di giornale del 21 novembre 2022 riporta dati dell'ultimo rapporto dell'osservatorio «Città Clima» di Legambiente dai quali, purtroppo, emerge il triste primato in Italia per allagamenti, frane, trombe d'aria della Sicilia: «negli ultimi 12 anni si contano 175 eventi climatici estremi in Sicilia [...] Nella Sicilia orientale 44 eventi gravi, tra cui 21 allagamenti e nove casi di danni alle infrastrutture da piogge intense. A Palermo 21 eventi importanti, di cui 11 allagamenti da piogge intense. Sulla costa agrigentina 42 eventi, di cui 32 ad Agrigento con 15 casi di allagamenti da piogge intense e quattro esondazioni fluviali a Sciacca [...]. Dal 1970 i tratti di litorale soggetti a erosione sono triplicati e ad oggi ne soffre il 46 per cento delle coste sabbiose [...]. In Sicilia sono a rischio le spiagge di Granelli (Siracusa), Noto (Siracusa), Pantano Logarini (Ragusa) e le aree di Trapani e Marsala» –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza, anche di natura infrastrutturale, il Governo intenda porre in essere per sostenere il settore agricolo, anche in considerazione dell'attuale stato di emergenza, e quante risorse di ristoro e per interventi manutentivi valuti stanziare per le popolazioni duramente colpite in questi giorni;

   se peraltro non si valuti opportuno, visti gli eventi meteorologici e il grave dissesto territoriale verificatosi nella zona Sud del siracusano e ragusano che ha colpito in particolare il settore agricolo, includere la zona territoriale siciliana nell'ambito delle misure di sostegno che saranno intraprese per l'isola di Ischia.
(4-00123)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 13 novembre 2022 l'esplosione di una bomba nella centralissima via Istiklal di Istanbul ha causato sei morti e 81 feriti;

   le autorità turche hanno immediatamente attribuito la responsabilità del grave attentato terroristico al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e alle Forze democratiche siriane (Fds), ma entrambi i gruppi hanno negato qualsiasi loro coinvolgimento;

   una settimana dopo l'attentato, nella notte tra il 19 e il 20 novembre, il governo di Ankara ha lanciato come reazione un pesante raid aereo contro le regioni curde della Siria e del Nord dell'Iraq e in particolare nelle province siriane di Raqqa e Al Hasaka, di Aleppo e sulla città di Kobane, oltre che, in Iraq, sulle regioni di montagna tra Ebil e la frontiera iraniana;

   secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra, il bilancio di questi bombardamenti è di più di 30 morti;

   recentemente, il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato l'avvio di un'offensiva di terra verso gli stessi territori già bombardati;

   l'obiettivo dell'attacco turco è in particolare l'area nordorientale della Siria chiamata Rojava nella quale ha sede la città di Kobane, che da sola resistette e sconfisse nel 2014 il cosiddetto «Stato islamico»;

   secondo alcuni osservatori internazionali, l'obiettivo del Presidente Erdogan sarebbe quello di impadronirsi del Kurdistan siriano e iracheno anche per riversare in quei territori la gran parte dei tre milioni e mezzo di profughi da anni trattenuti in Turchia in esecuzione dell'accordo, molto ben remunerato da Bruxelles, tra Ankara e l'Unione europea;

   sebbene non esista alcuna prova che dimostri la responsabilità delle forze politiche e di sicurezza curde nell'attentato di Istanbul, la feroce e ingiustificata azione punitiva delle forze armate turche sta avvenendo senza che si levi alcuna voce di critica e di condanna da parte delle istituzioni nazionali ed europee, così come della Nato di cui la Turchia è membro non poco influente –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo italiano, nei rapporti bilaterali e nelle sedi europee e internazionali, per spingere la Turchia a cessare la sua aggressione verso il territorio di altri Paesi sovrani come la Siria e l'Iraq, e in particolare nelle aree siriane abitate dalle comunità curde, yazide e circasse;

   se intenda esprimere la propria condanna verso questa azione di aggressione che lede la sovranità di altri Stati e mostra i connotati di una vera e propria «pulizia etnica».
(5-00076)

Interrogazione a risposta scritta:


   ONORI, CHERCHI, BARZOTTI, PAVANELLI, AMATO e MORFINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in ragione dell'esito del referendum del 23 giugno 2016, sulla permanenza nell'Unione europea, il Primo ministro May ha avviato le prescritte procedure, notificando l'intenzione di recesso del Regno Unito con lettera del 29 marzo 2017 in accordo con quanto previsto ai sensi dell'articolo 50 del (Tue);

   il 14 novembre 2018, il Governo del Regno Unito e il negoziatore dell'Unione europea Barnier hanno concluso l'Accordo di recesso, accompagnato da una Dichiarazione politica sulle future relazioni;

   il 1° febbraio 2020, con l'entrata in vigore l'Accordo di recesso, il Regno Unito ha formalmente lasciato l'Unione europea divenendo Paese terzo, fatto che ha segnato l'inizio del previsto periodo transitorio;

   tuttavia ad oggi, restano aperte e ancora da disciplinare compiutamente svariate questioni dal concreto impatto sulla vita di numerosi cittadini;

   la popolazione residente in Italia proveniente dal Regno Unito risulta essere composta da circa 30.000 persone;

   fintanto che il Regno Unito è stato membro dell'Ue i suoi cittadini potevano guidare negli altri Paesi dell'Unione europea con la patente conseguita in patria;

   per quanto concerne l'Italia, in seguito ai menzionati eventi connessi al recesso del Regno Unito, non è più possibile convertire automaticamente le patenti di guida conseguite in Gran Bretagna: vanno sostenuti di nuovo gli esami di guida, fatto salvo il caso in cui la patente sia stata conseguita in Italia e poi convertita;

   attraverso la circolare del Ministero dell'interno del 27 dicembre 2021 è stata prorogata di un anno la validità delle patenti britanniche possedute da persone residenti in Italia ossia sino al 31 dicembre 2022;

   in assenza di tempestive misure, dunque, le patenti di guida dei cittadini britannici residenti in Italia dal 31 dicembre 2022 non saranno più valide –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare nell'immediato per evitare che dal 31 dicembre 2022 numerosi cittadini britannici residenti in Italia si trovino nell'impossibilità di poter guidare, con il rischio per molti di perdere anche il lavoro;

   se non si ritenga opportuno negoziare con urgenza un accordo bilaterale di conversione delle patenti con il Regno Unito al fine di definire in maniera compiuta e nel lungo termine la vicenda in oggetto.
(4-00120)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAURI, PELUFFO, BRAGA e GIRELLI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il Comitato paritetico per la gestione delle risorse finanziarie dell'intesa sottoscritta il 19 settembre 2014 individua e garantisce forme di consultazione e partecipazione degli enti locali e delle rappresentanze interessate per la gestione dei fondi da assegnare ai territori di confine delle province autonome di Trento e Bolzano;

   i fondi sono previsti dall'articolo 2, commi 117 e 117-bis, della legge del 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010);

   l'intesa è stata rinnovata e confermata il 30 novembre 2017;

   i fondi, alimentati con versamenti di 80 milioni di euro (al 50 per cento dalla provincia di Trento e al 50 per cento della provincia di Bolzano), sostengono le iniziative e le progettualità secondo il regolamento del Comitato paritetico per la gestione dell'intesa a favore di 48 comuni confinanti di prima fascia e 87 comuni contigui di seconda fascia, per un totale di ben 135 amministrazioni comunali delle province di Sondrio, Brescia, Verona, Vicenza e Belluno;

   l'assessore della provincia autonoma di Trento, Mattia Gottardi, ha espresso e ribadito pubblicamente, in più occasioni, anche sulla stampa, l'intenzione di intervenire come provincia autonoma, tra i sottoscrittori della suddetta intesa, per superare, interrompere, ridurre ed in ogni caso contestare la stessa e, conseguentemente, i finanziamenti erogati dal fondo comuni confinanti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare l'intesa del 19 settembre 2014 ed i finanziamenti a favore di 187 comuni confinanti e contigui alle province autonome di Trento e Bolzano.
(5-00081)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   la bonifica del bacino del fiume Sacco è un'emergenza ambientale che si estende da Colleferro, a sud dell'area metropolitana di Roma, sino a Ceprano passando per Frosinone;

   l'inquinamento è legato alla contaminazione da β-esaclorocicloesano riscontrata negli anni 2000, nonché dalla presenza di diversi siti industriali dismessi e da una massiccia presenza di discariche sorte negli anni 2000 e che hanno costituito in passato un Sito d'interesse nazionale (Sin) ai fini di bonifica;

   lo stato di emergenza ambientale venne dichiarato su tutta l'area con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2005;

   con legge n. 248 del 2005 il bacino del fiume Sacco è stato aggiunto all'elenco dei Sin di cui al comma 4 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426;

   nel mese di marzo 2019 è stato sottoscritto l'accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Lazio per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del Sito di interesse nazionale Bacino del fiume Sacco;

   l'accordo di programma tra regione e Ministero è finanziato anche dalle due delibere Cipe n. 55 (Piano operativo «ambiente») e n. 56 («Patto per il Lazio») del 2016, per un importo di 16,3 milioni di euro ciascuna;

   il 21 aprile 2021 è stato siglato l'atto integrativo all'accordo di programma «Per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del Sito di interesse nazionale Bacino del Fiume Sacco», un addendum necessario per rimodulare alcuni interventi, i relativi importi e predisporre delle schede specifiche per ognuno con un nuovo cronoprogramma;

   con decreto del presidente della regione Lazio 4 gennaio 2022, n. T00001, si è proceduto con la nomina di un Commissario straordinario con ruolo di responsabile unico per recuperare le tempistiche previste per la realizzazione degli interventi di bonifica previsti in ottemperanza citato accordo di programma tra la regione Lazio e il Ministero della transizione ecologica per il Sin del Bacino del fiume Sacco;

   la delibera Cipe n. 26 del 28 febbraio 2018 indicava il 31 dicembre 2021 il termine per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti, fissando poi un orizzonte temporale delle programmazioni del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) 2014-2020 all'anno 2025 specificando che l'obbligazione giuridicamente vincolante può considerarsi assunta con l'intervento della proposta di aggiudicazione, disciplinata dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

   ai sensi della delibera Cipe 25 del 10 agosto 2016 la mancata assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti entro la scadenza comporta la revoca delle risorse assegnate ai relativi interventi. A fronte dell'emergenza COVID-19, tale termine per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti è stato spostato al 31 dicembre 2022;

   nel corso degli ultimi anni il Ministero della transizione ecologica si è attivato riunendo il comitato di indirizzo e controllo previsto dall'accordo di programma e avviando tavoli di lavoro coinvolgendo le prefetture territorialmente competenti al fine di monitorare lo stato di avanzamento dei procedimenti amministrativi relativi agli interventi di bonifica da attuare;

   il ritardo accumulato finora dal soggetto attuatore circa l'aggiudicazione degli interventi previsti dal citato accordo di programma ha rischiato di far superare le scadenze previste per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti;

   il ritardo avrà un impatto inevitabile anche sul cronoprogramma di cui all'accordo, che prevedeva il collaudo di molti degli interventi di bonifica previsti entro il secondo trimestre del 2023 –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire il rispetto del cronoprogramma stabilito dal citato accordo di programma per la bonifica del Sin «Bacino del fiume Sacco».
(2-00025) «Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino».

Interrogazioni a risposta immediata:


   BOSCHI, RICHETTI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il tragico evento calamitoso verificatosi ad Ischia, con le conseguenze di morte che ha comportato, le 8 vittime e i dispersi ancora sommersi dal fango, rammenta come negli ultimi anni si sia registrato un inaccettabile incremento delle catastrofi idrogeologiche e un progressivo aumento dei rischi per la popolazione, senza che si sia riusciti ad attuare politiche di prevenzione efficaci, ma solo interventi di emergenza;

   stando alle dichiarazioni del presidente dei geologi, Casamicciola era già stata interessata da fenomeni di calata rapida di fango e riconosciuta a rischio, così come il 60 per cento del territorio, che interessa almeno il 30 per cento della popolazione, eppure, nonostante i fenomeni temporaleschi violenti siano sempre più frequenti, non si è mai intervenuti risolutivamente;

   la fragile situazione del territorio di Ischia è stata sicuramente aggravata dall'abusivismo e dai condoni, tra cui quello del settembre 2018, varato dal Governo Conte I con il «decreto Genova»;

   i geologi ricordano anche come l'ultimo piano organico contro il rischio idrogeologico sia stato quello di «ItaliaSicura», voluto dal Governo Renzi, grazie al quale si ha la banca dati Rendis e che ha stanziato risorse per 8,8 miliardi di euro su oltre 12.000 interventi;

   Ance pone anche l'accento sull'azione di recupero, da parte della cabina di regia, dei fondi contro il dissesto e non spesi negli anni 2000-2014, 2,2 miliardi di euro sbloccati anche grazie all'opera di semplificazione degli iter burocratici necessari alla cantierazione;

   con «ItaliaSicura», oltre a fornire impulso, coordinamento, monitoraggio e controllo della programmazione, progettazione e realizzazione degli interventi, si è garantito il coordinamento tra i diversi livelli di governo, favorendo un uso efficiente e tempestivo delle risorse da parte delle amministrazioni interessate;

   nel 2018 il Governo Conte I decideva di chiudere e smantellare l'unita di missione «Italia Sicura»;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2021, che doveva stabilire, con il nuovo portale, le priorità di intervento, evidenziando le situazioni di maggiore criticità, non ha prodotto i risultati sperati, perché le regioni non hanno provveduto a inserire i dati necessari, vanificandone, di fatto, ogni utilità –:

   in considerazione del fatto che, ormai dal 2018, fondi e coordinamento degli interventi risultano essere in capo al Ministero dell'ambiente, quali iniziative intenda intraprendere il Governo, eventualmente anche attraverso il ripristino dell'unità di missione «ItaliaSicura», per consentire più stringenti controlli e monitoraggi del territorio e una maggiore rapidità di intervento e messa a terra delle risorse necessarie, affinché eventi come quello avvenuto ad Ischia non abbiano a ripetersi.
(3-00046)


   ILARIA FONTANA, SERGIO COSTA, L'ABBATE, FEDE e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2022 nell'isola di Ischia si è registrato un nubifragio di straordinaria intensità che ha causato il distacco di una frana dal Monte Epomeo, la quale ha colpito l'area a nord dell'isola – distruggendo strade, case e macchine – si è abbattuta sul comune di Casamicciola Terme e ha trascinato enormi quantità di detriti fino al mare;

   la forza distruttiva dell'evento è stata tale da estirpare alberi secolari e radere al suolo intere abitazioni;

   le conseguenze sono state drammatiche: il nubifragio ha provocato allagamenti e smottamenti; le case distrutte sono 15, mentre le vittime accertate sono otto, con ancora quattro dispersi; circa 230 persone sono state evacuate;

   dalla mattina di sabato 26 novembre 2022 sull'isola operano 160 vigili del fuoco con 70 mezzi giunti da diverse regioni per fornire il necessario soccorso alla popolazione e per cercare i dispersi;

   le caratteristiche geomorfologiche dell'isola di Ischia la rendono – in un panorama nazionale caratterizzato dalla diffusa fragilità del territorio – particolarmente vulnerabile sia agli eventi atmosferici estremi sia agli eventi sismici, come ricorda la triste contabilità degli episodi che hanno colpito il territorio ischitano negli anni passati;

   la tragedia che ha colpito Ischia è avvenuta a poche settimane di distanza dall'alluvione abbattutasi nelle Marche tra il 15 e il 16 settembre 2022, coinvolgendo in particolar modo le province di Ancona e Pesaro-Urbino, con livelli eccezionali delle precipitazioni, e che ha causato 12 vittime, una donna dispersa, 50 feriti, 150 persone sfollate e danni per 2 miliardi di euro;

   i cambiamenti climatici hanno determinato l'aumento della frequenza e dell'intensità di alluvioni e nubifragi, la cui forza dirompente è stata amplificata da una politica di governo del territorio non certo impeccabile;

   alla luce di questa ennesima tragedia, si ravvisa l'indifferibile esigenza di riprendere e rafforzare una politica di prevenzione dei rischi per la sicurezza del territorio, che tenga in adeguata considerazione la necessità di tenere conto del mutato quadro climatico –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per affrontare la grave situazione di dissesto idrogeologico sia delle zone colpite dall'alluvione, con particolare riferimento al comune di Casamicciola, sia a livello nazionale, fornendo puntuali elementi al Parlamento circa lo stato di avanzamento del Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico e il quadro degli stanziamenti previsti per far fronte al problema del dissesto idrogeologico.
(3-00047)


   BRAGA, SIMIANI, CURTI, DI SANZO, MORASSUT, FERRARI, GHIO, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è un Paese fragile segnato dal dissesto idrogeologico e impreparato ad affrontare la crisi climatica in atto e i fenomeni meteorologici estremi che ne derivano;

   i temi del consumo del suolo e del dissesto idrogeologico legati agli effetti dei cambiamenti climatici stanno assumendo un'importanza crescente nelle tematiche della sostenibilità ambientale e della pianificazione urbana e regionale ed evidenziano la drammatica urgenza di politiche più efficaci sia sul fronte della mitigazione dei processi in atto, sia sul fronte dell'adattamento agli stessi;

   secondo l'ultimo rapporto Snpa, il consumo di suolo in Italia, non solo non rallenta, ma nel 2021 riprende a correre con maggiore forza, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall'assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell'attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale;

   difendere il suolo significa anche proteggere il Paese dalla minaccia del dissesto idrogeologico che, purtroppo, spesso ha conseguenze gravissime, anche in termini di perdita di vite umane, a causa dell'uso dissennato del territorio. Complessivamente, sono infatti il 93,9 per cento i comuni a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera;

   nell'isola di Ischia il consumo di suolo è stato di 15 ettari in 15 anni: in media, 10.000 metri quadrati all'anno di nuove costruzioni, quasi un terzo in aree a rischio frana (fonte Ispra);

   a questo si aggiungono gli effetti del condono edilizio approvato nel 2018 dal Governo Conte I, con il voto favorevole di MoVimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d'Italia e fermamente contrastato dal Partito Democratico, che ha reso sanabili a Ischia abusi realizzati anche in aree a rischio idrogeologico;

   la tragedia che sta vivendo la popolazione dell'isola conferma l'esigenza di contrastare ogni forma di condono edilizio e di dare al Paese una normativa nazionale sul consumo di suolo, che tenga insieme l'aspetto parallelo della riqualificazione dell'esistente, del quadro europeo («consumo di suolo zero al 2050») e del riparto di competenze tra Stato e regioni –:

   se intenda promuovere e sostenere l'adozione di una normativa efficace per il contenimento del consumo di suolo che consenta di raggiungere l'obiettivo di «consumo di suolo zero al 2050» e quali iniziative di competenza intenda adottare per aggiornare e approvare senza indugi il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.
(3-00048)


   BONELLI, ZANELLA e BORRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra 25 e il 26 novembre 2022 un violento nubifragio ha colpito l'isola di Ischia, causando allagamenti e frane, i cui effetti hanno determinato ingentissimi danni nella zona del comune di Casamicciola Terme e almeno otto vittime, oltre ad altre persone disperse;

   secondo quanto riportato dal Cnr l'intensità del fenomeno registrato è stato il più intenso degli ultimi venti anni, con un picco massimo di pioggia oraria di 51,6 millimetri a Forio, uno dei comuni ischitani, e di 50,4 millimetri sul Monte Epomeo, la montagna dalla quale avrebbe avuto origine la frana che ha devastato Casamicciola Terme;

   un analogo evento franoso aveva interessato la stessa zona nel 2009, causando la morte di una ragazza, e, come denuncia l'ex sindaco di Casamicciola Giuseppe Conte, dopo l'alluvione nessuno intervento significativo, nonostante i fondi stanziati, sarebbe stato realizzato per la messa in sicurezza del territorio, né sarebbe stato adottato il più volte annunciato piano per il dissesto idrogeologico;

   lo stesso ex sindaco quattro giorni prima della tragedia avrebbe invitato, attraverso l'invio di 23 mail-pec ad altrettanti destinatari, le autorità competenti ad adottare tutte le iniziative necessarie per la sicurezza e la salute delle persone, anche ipotizzando un'evacuazione preventiva della zona;

   realizzare un'opera di costante monitoraggio delle zone ad alto rischio idrogeologico, insieme ad efficaci azioni di contrasto all'abusivismo edilizio e di arresto del consumo di suolo, significa dare risposte efficaci alla crisi ambientale e ai cambiamenti climatici, i cui effetti sul territorio appaiono sempre più devastanti;

   in particolare, ad Ischia insistono 600 ordinanze di demolizione che non sono state eseguite;

   nonostante dal 2018 sul sito del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica risulta pubblicata una bozza, l'Italia ancora non si è dotata di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e ancora oggi non ha una carta geologica perché il progetto Carg (Cartografia geologica e geotematica), per assenza di nuovi finanziamenti, rischia di rimanere incompleto, considerando che mancano 300 fogli geologici da completare su 636 –:

   se il Ministro interrogato si impegni a non proporre un nuovo condono edilizio e, contestualmente, ad adottare iniziative volte a finanziare il completamento della carta geologica, strumento essenziale per prevenire disastri legati al dissesto idrogeologico.
(3-00049)


   LUPI e SEMENZATO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   le comunità energetiche rinnovabili sono disciplinate dall'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, che recepisce la direttiva europea Red II (2018/2001/UE);

   la normativa in materia di comunità energetiche rinnovabili è stata successivamente modificata dal decreto legislativo n. 199 del 2021, che ha attuato la direttiva europea Red II sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, con l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile dell'Italia, coerentemente con gli obiettivi di decarbonizzazione dell'Unione europea al 2030 e al 2050;

   il decreto legislativo n. 199 del 2021 ha aumentato il perimetro per le comunità energetiche rinnovabili, passando dalla cabina secondaria a quella primaria, che ora possono estendersi a più comuni o alle comunità montane e non più solo a piccoli borghi o quartieri;

   ad oggi non sono ancora stati pubblicati i decreti attuativi, previsti entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021, che dovranno modificare la vigente legislazione, anche in materia di comunità energetiche rinnovabili, per esempio in materia di potenza massima degli impianti;

   il 23 novembre 2022 il Ministro interrogato ha dichiarato che «si è chiuso un percorso procedurale sulle comunità energetiche, che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza hanno uno stanziamento di 2,2 miliardi di euro: da lunedì prossimo parte una consultazione di quindici giorni, dopodiché chiudiamo il provvedimento con le osservazioni che verranno raccolte»;

   il 28 novembre 2022 è stata avviata la consultazione pubblica sullo schema di decreto, che «individua criteri e modalità per la concessione di incentivi volti a promuovere la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili inseriti in comunità energetiche, sistemi di autoconsumo collettivo e individuale a distanza»;

   le comunità energetiche rinnovabili rappresentano una risorsa importante per tutti i comuni italiani –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per attuare e sviluppare la normativa sulle comunità energetiche rinnovabili, in particolare con riferimento alla possibilità di non prevedere soglie massime demografiche per i comuni che possono accedere alla misura in oggetto.
(3-00050)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ILARIA FONTANA, L'ABBATE e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   con legge n. 60 del 2022 è stata promulgata la legge «SalvaMare», recante disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare;

   la legge «SalvaMare» prevede una serie di nuove definizioni e procedure atte a garantire la «diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei rifiuti medesimi»;

   diversi sono i decreti attuativi collegati alla legge «SalvaMare»;

   l'articolo 2, comma 9, stabilisce che con «decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della transizione ecologica, da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate misure premiali, ad esclusione di provvidenze economiche, nei confronti del comandante del peschereccio soggetto al rispetto degli obblighi di conferimento» relativi ai rifiuti accidentalmente pescati;

   l'articolo 4 della legge «SalvaMare» prevede che sia il Ministro dell'ambiente a stabilire con proprio decreto i criteri e le modalità con cui i rifiuti accidentalmente pescati e i rifiuti volontariamente raccolti cessano di essere qualificati come rifiuti, ai sensi dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   l'articolo 6 della legge «SalvaMare» prevede che il Ministero dell'ambiente attui un programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche dedicato a quei corpi idrici che risultino interessati dalla presenza di tali rifiuti, da realizzarsi anche mediante la messa in opera di strumenti galleggianti;

   l'articolo 7 della legge «SalvaMare» prevede che il Ministero dell'ambiente emani, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, un decreto recante le linee guida operative dedicate alle attività tecnico-scientifiche funzionali alla protezione dell'ambiente marino che comportano l'immersione subacquea in mare al di fuori degli ambiti portuali;

   l'articolo 11 della legge «SalvaMare» prevede che il Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche Agricole, emani un decreto attuativo entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge affinché sia attribuito agli imprenditori ittici un riconoscimento ambientale attestante l'impegno per il rispetto dell'ambiente e la sostenibilità nelle proprie attività e a fronte del conferimento di rifiuti accidentalmente pescati;

   l'articolo 12, comma 4, della legge «SalvaMare» prevede che «entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della salute, sono definiti criteri di indirizzo nazionali sull'analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione nonché le soglie di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale»;

   va considerato che la legge «SalvaMare» stessa prevede la trasmissione, da parte del Ministro dell'ambiente, di una relazione annuale circa l'attuazione della legge –:

   quale sia lo stato dell'arte circa l'emanazione dei decreti attuativi previsti dalla legge n. 60 del 2022 «SalvaMare».
(5-00072)


   ILARIA FONTANA, L'ABBATE e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 242-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo Unico Ambientale) prevede una serie di interventi ed opere realizzabili nei siti da bonificare qualora siano rispettati specifici criteri;

   il comma 3 del citato articolo prevede che «per gli interventi e le opere individuate al comma 1 e al comma 1-bis, nonché per quelle di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto per le aree ricomprese nei siti di interesse nazionale, e le regioni per le restanti aree, provvedono all'individuazione delle categorie di interventi che non necessitano della preventiva valutazione da parte dell'Autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, e, qualora necessaria, definiscono i criteri e le procedure per la predetta valutazione nonché le modalità di controllo»;

   tale regolamento, anche definito come «Decreto Interferenze», riguarda anche opere legate all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e ricopre quindi un importante ruolo per l'esecuzione di opere di interesse strategico e impianti dedicati alla produzione di energia da fonti rinnovabili (Fer);

   il Consiglio di Stato, con parere n. 1036 dell'11 giugno 2021, ha sospeso il giudizio sullo schema di regolamento del Ministero della transizione ecologica disciplinante le categorie di interventi che non necessitano della valutazione, redatto proprio ai sensi del citato articolo 242-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

   le criticità indicate dal Consiglio di Stato riguardavano l'analisi di impatto della regolamentazione (Air) in quanto essa dovrebbe consistere in un'analisi quantitativa vera e propria in grado di fornire indicatori circa le problematiche da risolvere, possibili opzioni di intervento ed eventuali vantaggi e svantaggi riferiti a ciascuna;

   nel gennaio 2022 è stata avviata una consultazione del pubblico interessato sul nuovo schema di regolamento del Ministro per la transizione ecologica disciplinante le categorie di interventi che non necessitano della valutazione di cui all'articolo 242-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché i criteri e le procedure per la predetta valutazione e le modalità di controllo;

   con parere numero 01737/2022 del 31 ottobre 2022 il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole al nuovo schema di decreto ministeriale citato;

   malgrado il parere favorevole, il Consiglio di Stato ha evidenziato ancora mancanze in merito al trattamento degli interventi diretti all'installazione di Fer, spiegando come sia ancora tuttora mancante «una chiara e distinta presa in considerazione e disciplina agevolativa (in termini di semplificazione) dell'installazione di questi impianti, che rimangano indistinti nel novero generale degli interventi e opere disciplinati dal decreto in esame, ma non assurgono, come pure sarebbe stato raccomandabile, a una loro autonoma rilevanza» –:

   quali siano i futuri passaggi e le relative tempistiche per l'emanazione del decreto ministeriale in oggetto.
(5-00073)


   ILARIA FONTANA, L'ABBATE e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la Strategia europea per la biodiversità al 2030 è un ambizioso piano a lungo termine volto alla conservazione della natura che si pone l'obiettivo di invertire l'attuale tendenza di degradazione degli ecosistemi;

   tale strategia prevede un percorso da attuare fino al 2030 con specifiche azioni e sforzi a lungo termine per contrastare l'impatto dei cambiamenti climatici, gli incendi boschivi, le minacce alla sicurezza alimentare e la protezione della fauna anche attraverso il contrasto al commercio illegale di animali selvatici;

   le azioni previste dalla Strategia europea prevedono l'estensione delle aree protette appartenenti alla rete Natura 2000, un programma per il ripristino degli ecosistemi degradati attraverso una legge per il ripristino degli ambienti naturali dedicato a tutte le aree, l'introduzione di fondi specifici per una nuova concezione di governance ambientale nonché misure per contrastare la perdita di biodiversità;

   l'implementazione del piano prevede degli strumenti per tracciarne i progressi;

   l'attuazione di una Strategia nazionale per la biodiversità al 2030 è uno degli obiettivi del nostro Paese, processo avviato nel 2021 dal Ministero della transizione ecologica in coerenza con la citata Strategia europea;

   una prima bozza della Strategia nazionale per la biodiversità al 2030 è stata sottoposta agli inizi del 2022 a consultazione pubblica e un testo consolidato sulla base delle osservazioni pervenute è stato pubblicato nel luglio 2022;

   la Strategia nazionale prevede una serie di azioni finalizzate al raggiungimento di cinque obiettivi specifici riguardanti la protezione di almeno il 30 per cento della superficie terrestre e il 30 per cento della superficie marina attraverso un sistema integrato di aree protette, garantire la protezione rigorosa di almeno un terzo delle aree protette terrestri e marine, garantire la connessione ecologico-funzionale delle aree protette, gestire efficacemente le aree protette definendo obiettivi e misure di conservazione monitorando la corretta attuazione, e infine garantire il necessario finanziamento delle aree protette e della conservazione della biodiversità –:

   quale sia lo stato di attuazione della Strategia nazionale per la biodiversità al 2030.
(5-00074)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, in attuazione della legge delega 27 settembre 2021 n. 134, introduce nel nostro ordinamento una «disciplina organica» della giustizia riparativa;

   la giustizia riparativa rappresenta un modello di giustizia fondato sull'ascolto e sul riconoscimento dell'altro, introducendo una dialettica che mette al centro la vittima di reato;

   la vittima e l'autore del fatto penalmente rilevante, infatti, partecipano attivamente, se entrambi vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni provocate dal fatto mediante l'aiuto di un mediatore, terzo e imparziale;

   una disciplina organica della giustizia riparativa nel nostro ordinamento consente di adempiere alla direttiva 2012/29/UE;

   la disciplina contribuisce a individuare gli standard di formazione degli operatori di giustizia riparativa e di erogazione dei programmi di giustizia riparativa;

   nell'articolo 43 sono elencati i principi generali che governano la giustizia riparativa e gli obiettivi verso cui tende. Essi, tra gli altri, sono: la partecipazione attiva e volontaria; l'eguale considerazione dell'interesse della vittima e della persona indicata come autore dell'offesa; il coinvolgimento della comunità; il consenso alla partecipazione; la riservatezza che, da un lato, è la condizione indispensabile per assicurare la genuinità dei percorsi riparativi e, dall'altro, rende compatibile l'esperimento di un programma anche nella fase della cognizione, facendo salva in primo luogo la presunzione di innocenza che, unita alla inutilizzabilità, assicura la genuina acquisizione della prova sia nella fase delle indagini che nella fase del processo; l'indipendenza dei mediatori e la loro equiprossimità rispetto ai partecipanti;

   l'articolo 63 del predetto decreto legislativo prevede inoltre che «i Centri per la giustizia riparativa sono istituiti presso gli enti locali» e che «per ciascun distretto di Corte di appello è istituita la Conferenza locale per la giustizia riparativa» –:

   con quali tempistiche il Ministro interrogato ritenga, anche in virtù dell'importante «rivoluzione» introdotta dalla giustizia riparativa nel nostro sistema penale, predisporre urgentemente tutti gli atti e le procedure necessarie affinché le disposizioni di cui all'articolo 63 trovino al più presto completa e immediata attuazione.
(5-00082)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle imprese e del made in Italy, per sapere – premesso che:

   l'area industriale di Siracusa, sede del polo petrolchimico più grande d'Europa, riveste un'importanza straordinaria sia per i livelli occupazionali (circa 10.000 lavoratori tra diretti ed indotto), sia per il ruolo chiave nella formazione del PIL dell'isola siciliana. La provincia di Siracusa rappresenta il 61 per cento dell'export regionale e il 12 per cento dell'export dell'intero Mezzogiorno;

   l'84 per cento dell'export della provincia riguarda il comparto dei prodotti petroliferi e il 13 per cento prodotti chimici;

   la crisi che sta investendo da anni il polo industriale siracusano, acuita prima dalla pandemia, poi dagli effetti negativi del conflitto ucraino, oltre ad avere ripercussioni sul territorio della provincia, rischia di mettere in ginocchio l'intero sistema produttivo siciliano con drammatiche conseguenze sull'occupazione;

   dal dossier elaborato dal governo regionale siciliano a novembre 2021, finalizzato all'istituzione dell'area di crisi industriale di questo polo e allo stanziamento di finanziamenti pubblici tesi al suo rilancio anche attraverso un processo di riconversione energetica, emergono tra i fattori di crisi l'elevato costo delle materie prime e del lavoro;

   la situazione rischia di aggravarsi dal 5 dicembre 2022, con l'embargo del petrolio russo, se il Governo non riuscirà a trovare uno strumento che permetta di assicurare quelle garanzie necessarie per reperire la necessaria liquidità per l'acquisto di grezzi non russi alla società Isab s.r.l., fortemente interconnessa con le altre realtà del polo industriale;

   inoltre a causa della crisi internazionale contingente, il proseguimento delle attività industriali e la prospettiva futura di un'equa transizione ecocompatibile e sostenibile rischiano di rimanere un miraggio, nonostante le opportunità offerte dal PNRR, soprattutto nel Mezzogiorno. Infatti, il distretto industriale siracusano proprio in virtù dei finanziamenti ottenuti dall'Europa, si preparava ad un percorso di rilancio che poteva rappresentare un'occasione di riscatto e riqualificazione per l'intero territorio;

   a febbraio 2022 è stata approvata una mozione presso la Camera dei deputati in cui si è impegnato il Governo, e in particolare la Presidenza del Consiglio, di avviare un tavolo permanente di confronto tra i Ministeri interessati, il mondo imprenditoriale e la parti sociali maggiormente colpiti dagli oneri della transizione verde, con individuazione di strumenti nazionali (ad esempio il cosiddetto patto Stato-raffinazione) ed europei per accompagnare questi settori sulla strada della riconversione;

   con nota del 30 aprile 2022 la delegazione siracusana del Movimento 5 Stelle rivolgeva un primo appello al Presidente del Consiglio dei ministri per mettere in luce le problematiche del triangolo industriale siracusano;

   il 31 maggio 2022 la allora Viceministra del Mise Todde ha convocato una prima riunione di confronto tra le varie componenti locali proprio sulla richiesta della Regione Siciliana di istituire l'area di crisi complessa;

   il 23 giugno 2022 altresì i parlamentari nazionali del M5S hanno richiesto un incontro al Presidente Draghi e ai Ministri del Mise e del Sud, Giorgetti e Carfagna, sempre per trovare soluzioni volte non solo a tutelare quest'area industriale, ma anche per rilanciare l'economia di questo territorio –:

   se il Ministro interpellato stia valutando di intraprendere nel breve periodo non solo una politica industriale tesa a trovare soluzioni per la crisi contingente descritta in premessa, ma anche di promuovere una politica di investimenti per la riqualificazione, rigenerazione e riconversione del polo industriale di Siracusa nella direzione di una transizione sostenibile a livello ambientale, sociale ed economico e che preveda oltre a finanziamenti pubblici adeguati, anche uno snellimento delle procedure burocratiche autorizzative.
(2-00026) «Scerra».

Interrogazioni a risposta immediata:


   FOTI, CARAMANNA, ANTONIOZZI, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI, ZUCCONI, MESSINA, GARDINI, RUSPANDINI, VINCI, MURA, PULCIANI, SBARDELLA e LA PORTA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'inchiesta giudiziaria che coinvolge alcune cooperative legate ad alcuni parenti del deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Aboubakar Soumahoro, accusati di truffa aggravata e false fatturazioni, a seguito della presentazione di alcune denunce presentate dai lavoratori delle stesse cooperative, è contraddistinta da aspetti grotteschi e inquietanti, considerato che, secondo quanto risulta dagli organi di stampa, si ipotizza una truffa ai danni dello Stato pari a circa 60 milioni di euro;

   al riguardo, gli interroganti evidenziano come, se, da un lato, gli stessi colleghi del parlamentare neoeletto rilevano, attraverso il co-portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra e il Segretario di Sinistra italiana, che quanto accaduto rappresenta «una brutta vicenda» e che lo stesso Soumahoro avrebbe dovuto informare i vertici del suo partito prima della candidatura alle recenti elezioni politiche, dall'altro, non possono non sottolineare come essi stessi si siano nei fatti smarcati dallo stesso attivista sindacale, adesso deputato della Repubblica italiana, scaricandolo, come risulta in modo manifesto dalle loro dichiarazioni pubbliche;

   oltre agli accertamenti della Guardia di finanza e dei carabinieri nei riguardi delle cooperative, gestite dai parenti Soumahoro (nel frattempo autosospesosi dal gruppo parlamentare Alleanza Verdi e Sinistra), che secondo le indagini della procura di Latina sarebbero, tra l'altro, responsabili di mancati pagamenti e di riservare condizioni malsane ai migranti che accoglievano, gli interroganti evidenziano, altresì, come siano iniziate anche le indagini da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy, che si affiancano a quelle in corso dell'ispettorato del lavoro, al fine di accertare in maniera esatta la regolarità delle cooperative della provincia di Latina, che operano nel Lazio da circa 20 anni, anche dal punto di vista di eventuali contributi o finanziamenti ricevuti nel corso del recente passato –:

   quali valutazioni di competenza il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento alla vicenda esposta in premessa e se il Ministero sia stato interessato nel passato nell'ambito di eventuali finanziamenti concessi alle cooperative gestite dai parenti di Soumahoro, la cui vicenda rappresenta, nel caso le indagini siano in grado di confermare quanto sostenuto dagli inquirenti, una serie di condotte gravissime ai danni dei lavoratori delle cooperative e dello Stato.
(3-00043)


   BARABOTTI, BILLI, MONTEMAGNI, NISINI, ZIELLO, ANDREUZZA, DI MATTINA, GUSMEROLI e TOCCALINI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   è di queste settimane la notizia delle manifestazioni dei lavoratori dei quattro siti produttivi della Sanac s.p.a. di Gattinara Vercelli, di Vado Ligure, di Massa e di Assemini Grogastu;

   Sanac s.p.a. (Società anonima nazionale argille e caolini) produce un'ampia gamma di prodotti refrattari di altissima qualità, necessari alla costruzione, manutenzione ed esercizio di impianti appartenenti a diversi settori industriali;

   la società, facente parte del gruppo Ilva, ne seguiva le sorti; infatti, in data 20 febbraio 2015, Sanac veniva ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria con nomina commissariale e con decreto del 4 gennaio 2016 il Ministero dello sviluppo economico autorizzava l'esecuzione del programma di amministrazione straordinaria di Sanac e delle altre società connesse a Ilva s.p.a., seguendo l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali;

   ancorché previsto nel piano di acquisizione Ilva, nel 2018 Sanac veniva esclusa dall'ambito della cessione della stessa ad Arcelor Mittal e inserita in un diverso bando di vendita, che Arcelor Mittal si aggiudicava provvisoriamente nel 2019; nel 2021, però, Arcelor Mittal si ritirava, azzerando il percorso di uscita dall'amministrazione concorsuale predisposto per Sanac;

   nonostante l'impegno del Ministero dello sviluppo economico e del Ministro pro tempore Giorgetti, la posizione di Sanac veniva ulteriormente aggravata dall'interruzione delle commesse provenienti dalle acciaierie di Taranto (più del 60 per cento della produzione), evidenziando un orientamento della politica commerciale di Acciaierie d'Italia rispetto alla ex controllata, teso ad escluderla dalla filiera produttiva; atteggiamento incomprensibile e industrialmente preoccupante, per quanto concerne la solidità della filiera dell'acciaio nel nostro Paese e ovviamente per le ricadute sul piano occupazionale;

   si aggiunga che Acciaierie d'Italia, che gestisce le acciaierie di Taranto, pur partecipata dallo Stato attraverso Invitalia, stando a quanto riportano i commissari straordinari del Ministero, ha un debito nei confronti di Sanac che supera i 20 milioni di euro;

   infine, in data 6 ottobre 2022, i commissari straordinari hanno emanato un invito a manifestare interesse all'acquisto dei complessi aziendali facenti capo a Sanac s.p.a. in amministrazione straordinaria. Acciaierie d'Italia non ha inviato alcuna manifestazione d'interesse, la cui scadenza era prevista per il 7 novembre 2022, a differenza di due leader mondiali nel settore delle produzioni di refrattari per l'industria siderurgica, Dalmia e Rhi Italia –:

   quali iniziative il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere, anche nei confronti di Acciaierie d'Italia, per preservare produzione e posti di lavoro degli stabilimenti Sanac insediati sul territorio nazionale.
(3-00044)


   CASASCO, CATTANEO, SQUERI e POLIDORI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   tra il 2019 e i primi sei mesi del 2022 il personale dell'Agenzia delle dogane ha intercettato 26,5 milioni di prodotti contraffatti, 9,5 milioni dei quali con marchi falsificati delle più importanti aziende italiane;

   i più recenti report di intelligence certificano che le merci che sono riuscite a superare i controlli, anche sfruttando le verifiche più blande in altri Stati dell'Unione europea, sono almeno il quadruplo;

   negli ultimi tre anni e mezzo sono finiti sotto sigillo oltre 3,3 milioni di giocattoli e articoli sportivi, 1,4 milioni di capi di abbigliamento, 756 mila calzature. Nella voce «altro» sono classificati oltre 19 milioni di parti di prodotto, tra le quali le etichette prive di scritte, che fungono da matrice per la copia delle griffe, realizzate con tecnologie di ultima generazione;

   il 65,9 per cento delle merci sequestrate aveva bolle bulgare, Paese nel quale, secondo fonti giudiziarie dell'antimafia, operano ramificazioni di clan della camorra. Il 12,2 per cento aveva bolle turche, 9,9 per cento cinesi e il 6,2 per cento greche;

   nella falsificazione del made in Italy la Cina costituisce il principale Paese produttore ed esportatore: nel 2021 il 96 per cento dei sequestri di merci con marchi delle aziende italiane erano provenienti dalla Repubblica popolare. Secondo studi statunitensi il valore globale delle merci contraffatte colà prodotte è di 435 miliardi di euro. In tale Paese la proprietà intellettuale non è ancora adeguatamente tutelata;

   nel traffico dei prodotti contraffatti l'anello debole sembrano essere le dogane di altri Paesi dell'Unione europea, attraverso cui molta merce falsa riesce a superare i controlli per poi finire sugli scaffali dei negozi. La struttura dei controlli italiana rischia di non essere sufficiente: l'aggressione a un asset strategico come il made in Italy frutta alle organizzazioni criminali internazionali oltre 100 miliardi di euro all'anno, secondo l'Ocse;

   questo volume si somma ai 120 miliardi di euro del falso made in Italy agroalimentare nel mondo: in questo ambito soltanto negli Stati Uniti il valore dell'italian sounding ha raggiunto i 40 miliardi di euro;

   il danno per le imprese è incalcolabile. Le conseguenze le subiscono l'indotto, tutta la catena di lavoratori ma anche la salute e la sicurezza dei consumatori –:

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per contrastare il falso made in Italy sia in materia di potenziamento dei controlli interni, sia di iniziative da intraprendere in sede di Unione europea, sia di rafforzamento delle tutele internazionali dei marchi e della proprietà intellettuale.
(3-00045)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sta venendo applicata, solo ora, peraltro per il periodo 2015-2018, la normativa del cosiddetto payback per le imprese del settore biomedicale;

   si tratta di imprese particolarmente esposte alla crescita del costo dell'energia;

   dalle organizzazioni di categoria e dagli enti locali dei territori dove il settore è più presente, arriva la fortissima preoccupazione di possibili chiusure di aziende, possibili delocalizzazioni e conseguenze sul piano occupazionale;

   si tratta di un settore produttivo strategico per il Paese;

   le risorse che in questo modo arriveranno alle regioni non sono strutturali e sono di dubbia esigibilità, mentre sarebbe necessario un finanziamento certo, da realizzare attraverso maggiori risorse da destinare al Fondo sanitario nazionale ed al rimborso effettivo delle spese Covid 2022, come richiesto da tutte le regioni;

   se si ritiene di intervenire sugli extraprofitti realizzati in fase Covid, occorrerebbe farlo con provvedimenti realmente efficaci e che non mettano così drammaticamente in discussione il sistema delle imprese biocamerali, in particolare quelle piccole e medie –:

   se il Ministro intenda assumere iniziative in merito.
(5-00075)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCOLOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ad agosto, la regione Umbria, con una delibera, ha riorganizzato il trasporto pubblico locale prevedendo l'indizione di una gara per l'affidamento del servizio, dividendo il territorio regionale in 4 lotti;

   tale scelta, secondo le organizzazioni sindacali, andrà a depotenziare ulteriormente il servizio pubblico del trasporto regionale, considerando anche che dai 63 milioni di euro destinati al Tpl si passerà a 50, tredici milioni in meno, un taglio pari al 20 per cento;

   tale taglio rischia di incidere sui chilometri coperti dal Tpl (passando da 28 milioni a 26), sulla sicurezza dei mezzi, la qualità dei posti di lavoro e del servizio, costo dei biglietti, facendo ricadere sui cittadini, sulle lavoratrici e i lavoratori gli inevitabili disagi;

   nessuna risposta sarebbe invece giunta sul futuro di altri servizi essenziali, come i traghetti del Trasimeno, la mobilità alternativa e le manutenzioni;

   secondo le organizzazioni sindacali questa linea di indirizzo politica, che è già stata praticata in passato, rischia di far tornare la regione Umbria all'epoca in cui tutte le società che gestivano il Tpl rischiavano il fallimento;

   il costo chilometrico verrebbe ridotto da 2,30 euro a 1,85 e così le aziende che vinceranno le gare non rientreranno nei costi di gestione;

   occorre che la regione Umbria fornisca le dovute garanzie occupazionali per i lavoratori e le lavoratrici del Tpl;

   l'attuale gestore unico regionale, Busitalia, ha impugnato la citata delibera a dimostrazione di come siano fondate le preoccupazioni sul futuro del trasporto pubblico in Umbria;

   il decreto-legge n. 50 del 2017 e la legge annuale per il mercato e la concorrenza (legge n. 118 del 2022), nei testi approvati dal Parlamento, non obbligano la regione, come sostiene la regione Umbria, ad espletare gare di appalto per i servizi Tpl, né prevedono penali per le amministrazioni che non le attuano, consentendo anche una gestione in house del servizio (come accaduto in Abruzzo) e, pur sollecitando l'articolazione dei bacini in più lotti, la normativa specifica che va «tenuto conto delle caratteristiche della domanda» e che possono esserci «eccezioni motivate da economie di scala proprie di ciascuna modalità e da altre ragioni di efficienza economica»;

   la proposta avanzata dalle organizzazioni sindacali prevede la creazione di due lotti, di dimensione regionale, uno per il trasporto su gomma, urbano ed extraurbano, per impianti fissi e mobilità alternativa, navigazione e percorsi ciclabili, l'altro per il ferro, comprensivo anche delle rispettive manutenzioni del materiale rotabile e su gomma così da evitare lo spacchettamento, la privatizzazione surrettizia del servizio e la frammentazione territoriale, garantendo economie di scala ed efficienza economica in una logica settoriale;

   i previsti tagli e la privatizzazione del servizio rischiano di penalizzare interi territori e soprattutto le fasce più deboli (anziani, studenti, lavoratrici e lavoratori delle comunità più piccole in cui il Tpl è di fondamentale importanza per la mobilità) e potrebbero sfavorire la necessaria e non più rinviabile transizione green delle nostre città;

   per evitare che sempre più regioni e comuni avviino processi di privatizzazione, lottizzazione e definanziamento del Tpl occorre adottare un «Piano straordinario per il trasporto pubblico locale» che affronti e colmi le carenze organizzative, di infrastrutture, dotazione di mezzi e personale per una più elevata qualità del servizio erogato finanziandolo anche attraverso la rimodulazione del fondo complementare del PNRR pari a 30 miliardi di euro per destinarlo in via prioritaria agli investimenti sul trasporto pubblico e sull'incentivazione della mobilità sostenibile e del trasporto collettivo urbano ed extraurbano –:

   quali siano gli orientamenti del Governo rispetto a quanto esposto in premessa;

   quali iniziative intenda assumere affinché venga adottato un «Piano straordinario per il trasporto pubblico locale» che possa consentire alle Regioni e agli enti locali l'erogazione di un servizio di trasporto pubblico di qualità, senza ricorrere a processi di privatizzazione.
(4-00121)


   CASU, BARBAGALLO, GHIO e MORASSUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in controtendenza rispetto alle misure sul carovita, le aziende del trasporto pubblico locale hanno reso noto che non erogheranno la seconda tranche dell'una tantum contrattuale, prevista dall'ultimo rinnovo del Ccnl autoferrotranvieri-internavigatori per novembre e pari a 250 euro;

   nell'incontro con le organizzazioni sindacali, le aziende del trasporto pubblico hanno dichiarato l'impossibilità di fare fronte al pagamento a causa dei mancati ricavi conseguenti alle restrizioni derivanti dalle misure di tutela dal Covid, che oggi determina la mancanza di risorse dedicate all'una tantum;

   tale situazione scarica sui lavoratori una grande responsabilità, relegandoli in una situazione di difficoltà economica con conseguenze importanti sulla diffusa disaffezione e un'evidente fuga dal lavoro – che oggi sconta anche una esposizione maggiore a situazioni di rischio per la propria incolumità – indebolendo un servizio pubblico collettivo che invece risulta centrale nella transizione ecologica;

   è necessario che le aziende del trasporto pubblico siano messe nelle condizioni di poter erogare rapidamente gli importi economici stabiliti dalla contrattazione collettiva, nel rispetto dei diritti contrattuali pattuiti per un servizio pubblico collettivo all'altezza delle sfide future –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire ai lavoratori del settore del trasporto pubblico locale il riconoscimento dell'una tantum contrattuale prevista per novembre.
(4-00122)


   PELLICINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   negli scorsi anni, importanti investimenti infrastrutturali hanno permesso di rigenerare la linea ferroviaria Bellinzona-Luino-Sesto Calende, che si estende lungo sponda ovest del lago Maggiore;

   tali interventi sono stati attuati nell'ambito del potenziamento infrastrutturale e tecnologico delle linee ferroviarie del Corridoio europeo TEN-T Reno-Alpi, interessate da Alptransit;

   queste opere garantiscono oggi una capacità di traffico merci di 390 treni al giorno, dei quali 170 al Valico di Chiasso, 90 al Valico di Luino e 130 al Valico di Domodossola;

   il territorio del lago Maggiore esprime una significativa domanda per un trasporto pubblico efficiente, considerato che la Navigazione Lago Maggiore, nella sola estate del 2022, ha registrato un traffico di circa due milioni di passeggeri e di oltre duecentomila veicoli;

   il comune di Ispra, situato sul percorso della linea ferroviaria, ospita il Centro Ricerche della Comunità Europea JRC di Ispra, con oltre tremila dipendenti di diverse nazionalità europee;

   una consistente utenza pendolare verso Milano, il Piemonte e la Svizzera, è rappresentata da lavoratori e studenti della sponda lombarda del lago Maggiore;

   l'utenza del bacino del lago Maggiore in sponda lombarda soffre e lamenta, da almeno dieci anni, la sospensione del collegamento passeggeri sul ramo ferroviario del lago Maggiore tra Leggiuno e Sesto Calende con evidenti ricadute, oltre che sul settore turistico, anche sulle opportunità occupazionali e formative universitarie della popolazione studentesca;

   nei primi anni 2000 venne realizzato, a sud del Lago Maggiore, un importante intervento ferroviario presso la stazione di Sesto Calende, una «bretella» in grado di smistare agevolmente i convogli tra Luino, a nord, Novara, a ovest e Gallarate – Malpensa, a sud est;

   ciò ha certamente dato impulso al traffico merci, sacrificando però, con grave pregiudizio delle popolazioni ivi residenti, il trasporto passeggeri;

   infatti, tutte le stazioni lungo la linea del lago Maggiore (Leggiuno-Monvalle-Ispra-Taino-Angera), secondo quanto consta all'interrogante, versano in completo stato di abbandono e di mancanza di banchine ed ascensori adeguati alle norme sulla accessibilità al trasporto ferroviario;

   il territorio chiede da tempo il ripristino dotazionale e infrastrutturale delle stazioni, al fine di garantire la ripresa del trasporto ferroviario passeggeri su una linea che grava sull'intera area con un crescente e impattante traffico merci;

   la linea ferroviaria del lago Maggiore, una moderna «Lago Maggiore Express», potrebbe tornare ad essere lira le più interessanti a livello nazionale anche in termini di sviluppo turistico, percorrendo un territorio unico dal punto di vista paesaggistico e collegando comuni che si affacciano direttamente sulle sponde del Verbano –:

   in che modo e in quali tempi si intenda assicurare, per quanto di propria competenza, il pronto ripristino della agibilità delle stazioni e del trasporto passeggeri della linea ferroviaria tra Leggiuno e Sesto Calende, fermi restando i precisi doveri dei gestori del servizio, Trenord, Tilo e Trenitalia.
(4-00124)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI, MORFINO, AMATO, PAVANELLI e AIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dal Sindacato italiano unitario lavoratori polizia (Siulp) che sia prossima alla scadenza, precisamente il 31 dicembre 2022, l'ulteriore proroga, concessa con decreto-legge n. 21 del 21 marzo 2022, dei contratti di lavoro delle unità di personale amministrativo impiegato presso gli uffici immigrazione delle questure e gli sportelli unici per l'immigrazione presso gli Uffici territoriali del Governo per supportare e coadiuvare l'attività e la gestione delle procedure connesse alla regolarizzazione degli stranieri;

   tali risorse, destinate alla evasione delle sempre più crescenti pratiche di regolarizzazione degli immigrati, permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, nonché richieste di asilo, si sono rivelate assolutamente indispensabili non solo per garantire il corretto funzionamento di Uffici territoriali del Governo e Questure ma, altresì, per far fronte alle numerose richieste di «protezione immediata temporanea» a seguito dell'esodo degli ucraini dal proprio Paese di origine a causa del conflitto in corso;

   l'Italia è il primo Paese europeo per presenza di cittadini ucraini (fonte Sole 24 ore);

   la sospensione dei servizi, determinata dal mancato rinnovo di tali contratti, avrebbe delle ripercussioni gravissime anche a livello sociale: presso le Questure, il personale civile dismesso verrebbe temporaneamente sostituito da quello di polizia, con inevitabili conseguenze in termini di sicurezza nazionale e ordine pubblico;

   l'assenza di continuità occupazionale, inoltre, determinerebbe nuovamente il ricorso a tale tipologia contrattuale, con costi più alti rispetto al rapporto di lavoro a tempo indeterminato e incompatibile con criteri di economicità e buon andamento della pubblica amministrazione;

   ad avviso dell'interrogante appare doverosa e non più prorogabile la stabilizzazione di questi lavoratori, la cui esperienza maturata nel settore va salvaguardata e non ignorata; servono definitivi e concreti interventi di natura strutturale; non è più accettabile e ammissibile che tale condizione di precariato in cui versano migliaia di lavoratori venga affrontata e risolta attraverso proroghe legate alle varie situazioni di emergenza –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, ritenga opportuno adottare al fine di risolvere le criticità rappresentate in premessa, anche alla luce dell'imminente scadenza della proroga dei citati contratti in essere.
(4-00117)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta orale:


   LA PORTA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 novembre 2022, sul sito dell'istituto di istruzione superiore «Virgilio» di Empoli è stata pubblicata la circolare n. 100 avente come oggetto «incontri di Voguing (ballo comunità LGBTQIA+) – economie PEZ 21/22 – area C» a seguito della quale una professoressa di educazione fisica dell'istituto ha aderito al progetto in oggetto per la sua classe di ragazzi. A quanto consta all'interrogante, è stato comunicato dalla professoressa che il corso di Voguing è obbligatorio, che gli studenti non hanno possibilità di dissociarsi o di uscita e che il prossimo giovedì, 1 dicembre 2022, gli studenti della sua classe saranno costretti, al posto delle classiche ore curricolari di educazione fisica, a due ore di «ballo comunità LGBTQIA+», in cui si scambieranno ruoli e vestiti, i maschi vestiti da femmine e viceversa, con un «ballerino» esterno ed esperto di «voguing» –:

   se sia a conoscenza di questo progetto;

   se ritenga opportuno che dei ragazzi minorenni a scuola vengano costretti, in orario di lezione, a prendere parte a lezione di ballo LGBTQIA+ con cambio di abiti fra maschi e femmine, con un insegnante esterno che non si sa quale qualifica abbia, senza possibilità di dissociarsi;

   se sia possibile che tale attività abbia influenza sulla valutazione scolastica.
(3-00041)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLOTTI e GRIMALDI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da un articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa di Torino migliaia di docenti in tutto il Piemonte durante la pausa natalizia verranno trasferiti dalle proprie scuole in altre sedi;

   quella che nel citato articolo viene definita «una centrifuga di cattedre» infatti determinerà, per circa 1.400 professori e professoresse, l'abbandono delle proprie classi e dei ragazzi a cui finora hanno insegnato, espresso valutazioni, con cui hanno svolto parte del programma, per essere spostati a fine quadrimestre, in nuove classi;

   si stima che circa 80.000 studenti saranno coinvolti dai trasferimenti dei propri insegnanti;

   la normativa nazionale non ha previsto che gli insegnati precari vincitori del concorso straordinario bis che si è tenuto nei mesi scorsi ottenessero la cattedra a tempo indeterminato a partire dall'avvio del prossimo anno scolastico e ciò ha determinato che ciascun Ufficio scolastico regionale (Usr) si organizzerà in modo autonomo e differente;

   nel caso del Piemonte, l'Usr ha previsto per i docenti precari assunti con contratto a tempo determinato fino al 30 giugno 2023 che i trasferimenti per i vincitori del suddetto concorso avvengano nelle prossime settimane; in concomitanza con il delicato momento in cui si chiude un quadrimestre e si programma il lavoro per la seconda parte dell'anno, si verificheranno le centinaia di trasferimenti citati;

   a parere dell'interrogante è assurdo che migliaia di ragazze e ragazzi, che stanno vivendo il loro primo anno scolastico in condizioni di normalità, dopo due anni di pandemia, si ritrovino a cambiare docente ad anno ampiamente iniziato;

   la procedura prevista dall'Ufficio scolastico regionale del Piemonte penalizza la continuità didattica, che non viene in alcun modo garantita, a danno degli studenti prima ancora che degli insegnanti, i quali comunque, in alcuni casi, rischiano di subire i disagi dovuti a repentini trasferimenti fuori provincia;

   interrompere così bruscamente il percorso educativo e la relazione instauratasi in questi mesi tra i docenti e gli alunni, rischia di produrre un impatto negativo sugli apprendimenti e sul benessere a scuola, specialmente sui ragazzi e le ragazze che necessitano del sostegno che perderanno la propria figura di riferimento, senza considerare, infine, che qualsiasi docente, in ruolo o supplente, che entra in una classe a metà dicembre, a fine quadrimestre dovrà giudicare alunni che ha visto pochissime volte e che di fatto non conosce –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni iniziativa urgente di propria competenza affinché i trasferimenti dei docenti di cui in premessa vengano posticipati al termine del corrente anno scolastico, tutelando così la continuità didattica e la possibilità per gli studenti di essere valutati – a ridosso della fine del primo quadrimestre – da insegnanti che li hanno conosciuti, dal momento che la procedura adottata dall'Ufficio scolastico regionale del Piemonte appare all'interrogante dannoso per il percorso educativo degli studenti.
(5-00071)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   STEGER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'11 ottobre 2022 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito i chiarimenti in merito alla prestazione della staffetta generazionale;

   in effetti, la cosiddetta staffetta generazionale è una nuova prestazione, inserita dall'articolo 12-ter del decreto-legge n. 21 del 2022 nell'impianto del decreto legislativo n. 148 del 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro;

   dal parere ministeriale pare che la nuova prestazione in questione preveda esclusivamente l'uscita totale e definitiva dei lavoratori beneficiari, con la contestuale assunzione di almeno un giovane under 35;

   il quesito fondamentale, tuttavia, è quello di sapere se la misura è articolabile, cioè se è possibile che i lavoratori, ai quali mancano meno di 36 mesi al raggiungimento della pensione di vecchiaia o anticipata, non escano completamente dall'organico aziendale, ma riducano il proprio orario di lavoro giornaliero nella misura massima del 50 per cento, permettendo così l'assunzione di un giovane under 35;

   tale meccanismo permetterebbe al lavoratore vicino alla pensione di alleggerire il proprio carico di lavoro e, contestualmente, di trasmettere le conoscenze lavorative al neoassunto. Inoltre, il lavoratore avrebbe così la retribuzione mensile riparametrata al nuovo orario di lavoro, come anche la relativa contribuzione, mentre la contribuzione venuta a mancare verrebbe coperta nell'ambito della nuova prestazione;

   tale orientamento corrisponderebbe anche alle intenzioni dei proponenti della norma precedentemente citata –:

   se il Ministro interrogato possa confermare se la misura è articolabile come esposto in premessa.
(3-00042)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   COPPO, GIOVINE, SCHIFONE, RIZZETTO, ZURZOLO, VOLPI e MALAGOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza n. 192 del 2022 il Tribunale di Verbania, Sezione Civile/Lavoro, ha ritenuto sussistente e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in merito all'articolo 3 comma 6 del decreto legislativo n. 8 del 2016, nella parte in cui lo stesso prevede, in tema di omissione contributiva, che «se l'importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000», senza però prevedere un regime di maggiore graduazione della sanzione per le ipotesi di particolare esiguità dell'omissione contributiva;

   la norma in questione commina una sanzione amministrativa compresa tra euro 10.000 ed euro 50.000 per ogni omissione contributiva inferiore a 10.000 senza graduare la sanzione e quindi anche per piccoli importi omessi;

   esistono casi di soggetti che vengono sanzionati con somme magari anche cinquanta volte maggiori rispetto all'omissione contributiva e altri che invece si troverebbero sanzionati per una somma di 5 volte l'omissione, se la stessa si avvicina alla soglia massima di omissione di euro 10.000;

   la questione sopra esposta è origine di diversi contenziosi sulla legittimità della norma e/o sulla quantificazione della sanzione calcolata dall'Inps;

   un possibile intervento della Corte costituzionale sul punto potrebbe portare ad ulteriore contenzioso inutile tra l'Inps e soggetti sanzionati;

   l'Inps, con il messaggio 3516 del 27 settembre 2022, ha rideterminato le sanzioni in due regimi ante e post 2016, senza però risolvere i problemi sopra esposti;

   si ritiene, dunque, necessario modificare la norma in questione in conformità a un principio di graduazione della sanzione conseguente alla quantificazione dell'omissione contributiva effettivamente commessa, quindi proporzionale alla somma effettivamente dovuta o che tenga conto di un eventuale pagamento tardivo precedente alla notifica dell'ordinanza-ingiunzione, tenendo anche conto che una sanzione eccessiva e non proporzionale alla misura dell'omissione sanzionata può comunque portare a una difficile, se non impossibile esazione della stessa e alla chiusura di molte imprese –:

   se il Governo intenda assumere urgentemente iniziative normative volte a modificare anche retroattivamente l'articolo 3, comma 6, del decreto legislativo n. 8 del 2016, per escluderne le criticità, in ossequio a principi di graduazione e dunque proporzionalità della sanzione, come esposto in premessa.
(5-00078)


   MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dalla sezione «Open data» del sito Inail si apprende che le denunce di infortunio sul lavoro presentate entro lo scorso mese di settembre sono state 536.002, in aumento del 35,2 per cento ai primi nove mesi dei 2021;

   il numero degli infortuni sul lavoro denunciati ha segnato un +33,3 per cento nella gestione industria e servizi, un +3,2 per cento in agricoltura e un +74,2 per cento nel conto Stato;

   gli infortuni sul lavoro coinvolgono quasi tutti i settori, ma in particolare nella sanità e assistenza sociale con +132,3 per cento nel trasporto e magazzinaggio, +112,8 per cento, nell'amministrazione pubblica, 67,6 per cento, e nelle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione +65,4 per cento;

   l'incremento delle denunce di infortunio è più consistente nel Sud, +48,9 per cento, seguito da Isole +45,2 per cento, Nord- Ovest +42,2 per cento, Centro +38,2 per cento e Nord-Est +20,1 per cento. Tra le regioni con i maggiori aumenti percentuali si segnalano principalmente la Campania +89,7 per cento, la Liguria +61,2 per cento e il Lazio +58,2 per cento;

   l'aumento degli infortuni nel periodo tra il 2021 e il 2022 ha interessato in quasi la metà dei casi una fascia di età di lavoratrici e lavoratori tra 40 e 59 anni;

   gli infortuni sul lavoro con esito mortale denunciati all'Istituto entro lo scorso mese di settembre sono stati 790, in diminuzione rispetto all'anno precedente, ma si registra un aumento tra i lavoratori comunitari e degli extracomunitari, si segnala l'incremento di casi mortali tra i 25-39enni;

   nel solo 28 ottobre 2022 l'Ini ha effettuato controlli in relazione ai «cantieri 110», questi hanno individuato 474 aziende irregolari, 347 posizioni lavorative irregolari, 112 lavoratori «in nero», tra cui 1 minore, 763 prescrizioni per violazioni della sicurezza, 194 sospensioni dell'attività d'impresa;

   a marzo del 2022 l'Ispettorato del lavoro ha emanato un concorso per 1.174 posti di ispettore tecnico, 25 posti di funzionario area informatica, 50 posti di funzionario socio statistico economico che unitamente ad altre assunzioni portava ad un totale complessivo di 2.580 nuovi assunti, incrementando del 50 per cento circa il personale –:

   se ad oggi il concorso emanato a marzo 2022 abbia prodotto un aumento della dotazione di ispettori e in tale ambito se non ritenga assumere iniziative in merito all'ulteriore ampliamento del numero di ispettori al fine di aumentare il numero dei controlli per una sempre più efficace tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.
(5-00079)


   LAUS, FOSSI, GRIBAUDO, SARRACINO e SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza del 15 novembre 2022, il tribunale di Torino, Sezione lavoro, ha riconosciuto la natura subordinata della prestazione lavorativa resa da un rider in favore della Foodinho Srl, piattaforma Glovo;

   secondo il giudice torinese, l'intero orario compreso tra la timbratura online e l'effettiva conclusione degli slot lavorativi costituisce tempo lavoro, condannando così la società a pagare al lavoratore le differenze retributive derivanti dalla corretta applicazione del contratto di lavoro subordinato, in luogo del contratto di collaborazione autonoma occasionale, oltre alle spese di causa;

   la decisione non costituisce una novità, dal momento che già lo scorso marzo, il tribunale di Milano, Sezione lavoro, con la sentenza n. 1018 del 2022, era giunto alle medesime conclusioni;

   anche in Europa i giudici tendono a riconoscere la natura subordinata dei rapporti di lavoro dei collaboratori da piattaforma: per esempio, in Inghilterra, già dal 2020 le Corti hanno riconosciuto la natura di lavoratori subordinati ai driver di Uber;

   la digitalizzazione del lavoro, infatti, sta plasmando sempre più l'economia dell'Ue e i suoi mercati del lavoro. Le piattaforme digitali occupano una grande parte del nuovo mercato digitale del lavoro, il cui sviluppo è destinato ad incrementare. Secondo le stime, infatti, le entrate del settore nell'Ue sono cresciute del 500 per cento circa negli ultimi cinque anni e, nel 2021, oltre 28 milioni di persone nell'Ue lavoravano già mediante piattaforme di lavoro digitali;

   ad oggi, nel nostro ordinamento, le decisioni relative alla subordinazione – e soltanto al caso dei riders – sono state lasciate alla giurisprudenza e ai casi oggetto di sentenza, limitando così le tutele ai soli lavoratori che hanno proposto un ricorso;

   tali decisioni, inoltre, si pongono in contrasto con le norme che considerano tali lavoratori etero organizzati o autonomi –:

   se, attesa la diffusione del fenomeno, destinato a crescere, e la molteplicità delle fattispecie che si possono realizzare tramite piattaforma, sia intenzione del Governo adottare un'iniziativa normativa capace di estendere le tutele di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015 anche ai lavoratori da piattaforma diversi dai ciclofattorini e di dettare criteri specifici per la corretta classificazione dei rapporti di collaborazione e di subordinazione, allo scopo di non pregiudicare la creazione del mercato digitale e, allo stesso tempo, di non discriminare quei lavoratori che non propongono ricorso.
(5-00080)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASU e LAUS. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   dati dell'Anpal riportano che il fabbisogno di personale della pubblica amministrazione nel quinquennio 2021-2025 è di oltre 740 mila unità;

   tale fabbisogno è soddisfatto soprattutto, in via di prassi, mediante lo scorrimento delle graduatorie esistenti formatesi all'esito di concorsi pubblici;

   l'articolo 1, commi 147 e 148 della legge n. 160 del 2019 consente infatti alle pubbliche amministrazioni di utilizzare le graduatorie esistenti (anche quelle di altre amministrazioni, tramite accordi) per l'approvvigionamento di personale;

   ai sensi dell'articolo 35 comma 5-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001 le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione;

   secondo la giurisprudenza amministrativa e contabile, l'utilizzo delle graduatorie esistenti valide mediante lo scorrimento costituisce una scelta di buona amministrazione che consente di reperire personale qualificato in tempi rapidi e senza gli ulteriori costi che l'espletamento di un nuovo concorso necessita ed in tal senso dovrebbe costituire la via ordinaria per il reclutamento;

   le pubbliche amministrazioni impiegano troppo spesso tempi eccessivamente lunghi nell'operare lo scorrimento delle graduatorie, anche in presenza di una strutturale carenza di personale; si consideri al riguardo, come esempio particolarmente significativo, le graduatorie dei concorsi Ripam per assistente area II, per la quale vi sono 18.907 idonei, e per funzionario area III, nella quale risultano 21.141 idonei, al netto dei vincitori e dei primi parziali scorrimenti;

   risulta essere interesse dello Stato e dei cittadini tutti perseguire in maniera virtuosa le procedure volte al reclutamento del personale mediante scorrimento delle graduatorie, velocizzandone i tempi, al fine di garantire le legittime aspettative dei candidati che hanno superato il concorso conseguendo l'idoneità e soprattutto per meglio assolvere agli obiettivi del PNRR colmando il deficit di personale che inficia l'operato della pubblica amministrazione –:

   se sia a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intenda adottare affinché le pubbliche amministrazioni procedano al totale scorrimento delle graduatorie, anche mediante la stipula, ove occorra, di appositi accordi tra amministrazioni per l'utilizzo delle medesime.
(5-00077)

Interrogazione a risposta scritta:


   ONORI, CHERCHI, PAVANELLI e MORFINO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   una importante comunità di cittadini italiani vive all'estero: al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) risultano essere 5.806.068, il 9,8 per cento degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia;

   come sancito dall'articolo 97 della Costituzione, agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. Tale disposizione rappresenta una pietra miliare in relazione alla centralità del principio del merito nel nostro ordinamento;

   all'interrogante sono pervenute segnalazioni rispetto a una problematica che affligge i cittadini italiani emigrati all'estero interessati a partecipare a concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni italiane. La questione risulta essere afferente alla convocazione dei candidati sulla base della residenza dichiarata nella domanda di partecipazione;

   si cita in particolare il concorso del Ministero della giustizia «Concorso pubblico, per titoli ed esami, su base distrettuale, per la copertura a tempo determinato di milleseicentosessanta unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale terza, fascia economica F1, da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia» (Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, Anno 163° – Numero 26) di fatto si evince che il principio della vicinanza geografica tra il luogo di residenza e quello della prova sia stato contemplato solo per i candidati residenti all'interno del territorio nazionale; in particolare, secondo quanto segnalato all'interrogante, una potenziale candidata emigrata all'estero ha visto Milano come sede d'esame assegnata e nonostante abbia chiesto formalmente di poter sostenere la prova presso il Consolato Generale d'Italia a Londra o altro ente/ufficio ritenuto idoneo a tal fine, senza tuttavia ricevere alcuna risposta –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti;

   se non si ritenga opportuno svolgere ogni necessario approfondimento ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, per appurare l'entità del fenomeno descritto così come eventuali disparità di trattamento e/o violazione del principio di non discriminazione;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per evitare il ripetersi di situazioni analoghe.
(4-00119)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI, MORFINO, AMATO, AIELLO e PAVANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da organi di stampa che in data 16 novembre 2022 i due sanitari in servizio presso il pronto soccorso dell'ospedale A. Perrino di Brindisi, dopo aver previamente informato il pubblico ministero di turno e la direzione sanitaria, avrebbero richiesto l'intervento delle forze dell'ordine a causa della oggettiva difficoltà di garantire l'assistenza e la sicurezza dei pazienti;

   in quella occasione a richiedere cure vi erano circa 30 pazienti, di cui 23 in codice arancione (secondo le linee guida da prendere in carico nell'arco di 15 minuti) e altri 6 in codice azzurro, cosiddetta urgenza differibile, e continuavano a giungere altre persone dalla provincia con ambulanze e con mezzi privati tanto da rendere insostenibile la situazione con pazienti in attesa da oltre 12 ore;

   la situazione del brindisino è oramai notoria: in questo ospedale, riferimento di tutta la provincia, si contano circa 150 accessi al giorno con personale sanitario allo stremo;

   da ultimo una nutrita rappresentanza della Simeu, Società italiana della medicina dell'emergenza-urgenza, ha organizzato un sit-in di protesta dinanzi al Ministero della salute per richiedere maggiori tutele;

   i pronto soccorso al collasso sono il risultato del progetto politico degli ultimi venti anni di riduzione dei finanziamenti alla sanità pubblica;

   le strutture di medicina dell'emergenza-urgenza costituiscono uno dei pilastri principali del Servizio sanitario nazionale e la loro tenuta è essenziale per la tutela della salute. È inaccettabile e scandaloso che non siano state ancora adottate le misure idonee per porre rimedio a tale critica e annosa situazione;

   in una delle sue prime dichiarazioni pubbliche, riferendosi proprio al problema della scarsità di personale medico nella rete dell'emergenza-urgenza, il Ministro interrogato ha affermato che «purtroppo, alcune specialità, e sono quelle di cui c'è più bisogno, hanno meno appeal di altre per i giovani medici anche perché danno meno possibilità di lavorare nel privato. Il problema è legato anche agli stipendi: io credo sia giusto, per esempio, per il Pronto soccorso andare a identificare indennità per incentivare i giovani a scegliere Medicina d'urgenza. Aumentargli lo stipendio è l'impegno che mi sono assunto»;

   tale misura, in una situazione destinata inesorabilmente a diventare sempre più esplosiva, non può dirsi sufficiente; servono interventi e provvedimenti urgenti e concreti accompagnati da una visione strutturale nel medio-lungo termine;

   il diritto alla salute è uno dei diritti sociali di maggiore rilevanza; è compito delle istituzioni individuare il nucleo di garanzie minime per renderlo effettivo –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se e quali iniziative di propria competenza ritenga opportuno adottare per addivenire al più presto ad una soluzione di tale drammatica e non più accettabile condizione in cui versano i pronto soccorso italiani, con particolare riguardo al pronto soccorso dell'ospedale A. Perrino di Brindisi, al fine precipuo di consentire al personale medico sanitario ivi assegnato di garantire l'assistenza e la sicurezza dei pazienti e, conseguentemente, salvaguardare il diritto costituzionalmente garantito della salute dei cittadini.
(4-00118)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Conte e altri n. 1-00010, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Scerra, Cappelletti, Quartini.

  La mozione Conte e altri n. 1-00023, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Scerra, Quartini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Casu n. 5-00061, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Simiani, Ciani, Di Biase, Madia, Mancini, Morassut, Orfini, Zingaretti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ghio n. 5-00069, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Barbagallo, Casu, Morassut.