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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 23 novembre 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza contro le donne è una violenza di genere, perpetrata nei confronti della donna, che comprende tutti gli atti di violenza che provocano o potrebbero provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali, psicologiche o economiche, compresa la semplice minaccia di metterli in pratica. Parliamo di violenza sessuale, stupro, mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati, aborti o sterilizzazione forzati, tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale, stalking, molestie sessuali, femminicidio, l'istigazione all'odio, per non parlare delle molteplici forme di violenza via internet, tra cui la condivisione o la manipolazione non consensuale di materiale intimo, lo stalking online e le molestie online. Questo il lungo elenco dei reati compresi nella sintetica dizione di violenza contro le donne;

    il 25 novembre di ogni anno, a decorrere dal 1999, è stata istituita la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite con l'obiettivo di invitare i governi, le organizzazioni internazionali e le Ong a organizzare, in quel giorno, attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne;

    sono trascorsi ventitré anni da quel 25 novembre, tanto è stato sicuramente fatto, grandi gli sforzi per l'innovazione del quadro normativo ma ancora di più è quello che si deve ancora fare, da una parte per l'attuazione delle misure già prese, dall'altra per adottarne altre che risultano oggi improcrastinabili;

    le radici di questa violenza sono nella disparità di genere, quella asimmetria di status che, purtroppo, ancora oggi contraddistingue in maniera distorta il rapporto tra uomini e donne;

    fondamentale è stata l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne adottata dall'Assemblea Generale dell'Onu con la Risoluzione 2263 (XXII) del 7 novembre 1967 che elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che ha creato un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    per violenza domestica si intende una forma di violenza che avviene all'interno della famiglia o del nucleo familiare, indipendentemente dai legami di famiglia, biologici o giuridici, tra partner o tra altri familiari, anche tra genitori e figli. Le donne figurano per antonomasia tra le vittime di queste forme di violenza che possono colpire qualsiasi persona; uomini, persone giovani o anziane, minori e persone Lgbtiq;

    i dati pubblicati dal Ministero dell'interno (Direzione centrale della polizia criminale) riportano su un totale di 263 omicidi volontari compiuti in Italia dal 1° gennaio al 21 novembre 2021, 109 hanno riguardato donne, 93 sono avvenuti in ambito familiare-affettivo e, in particolare, 63 per mano del partner o dell'ex partner. Numeri che in percentuale mostrano un aumento consistente delle vittime di genere femminile (+8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche tutti i delitti commessi in ambito familiare-affettivo che pesano da 130 a 136 (+5 per cento). Anche in questo caso è significativo l'aumento delle vittime donne (+7 per cento) e tra queste quelle uccise per mano del partner o dell'ex partner (+7 per cento);

    relativamente al periodo 1° gennaio – 20 novembre 2022, dal report del Ministero dell'interno, sono stati registrati 273 omicidi, con 104 vittime donne, di cui 88 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 52 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Analizzando gli omicidi del periodo indicato nel 2022 rispetto a quello analogo dello scorso anno, si nota un lieve aumento nell'andamento generale degli eventi, che da 263 passano a 273 (+2 per cento), mentre diminuisce il numero delle vittime di genere femminile, che da 109 diventano 104 (-5 per cento). Una diminuzione si rileva, inoltre, per i delitti commessi in ambito familiare/affettivo, che da 136 scendono a 120 (-12 per cento), flessione che, in tale ambito, attiene anche al numero delle vittime di genere femminile, che passano da 94 a 88 (-6 per cento). Rispetto allo stesso periodo del 2021 risulta una leggera flessione, sia il numero di omicidi commessi dal partner o ex partner, che da 68 scendono a 56 (-18 per cento), sia le relative vittime donne, che passano da 63 a 52 (-16 per cento);

    infine, nel periodo 14-20 novembre 2022 risultano 10 omicidi, con 7 vittime di genere femminile; di queste 2 sono state uccise dal partner/ex partner;

    dati Istat tratti da una indagine del 2014 sulla violenza sulle donne, rivelano che il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2 per cento (4 milioni 353 mila) ha subito violenza fisica, il 21 per cento (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4 per cento (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Ha subito violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6 per cento delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2 per cento (855 mila) da partner attuale e il 18,9 per cento (2 milioni 44 mila) dall'ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6 per cento). In particolare, per il 41,7 per cento è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8 per cento è stato un elemento importante della decisione;

    come si evince dai tanti dati ormai a disposizione, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere; la «natura strutturale» della violenza contro le donne, così come definita dalla Convenzione di Istanbul è: «una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione, uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini»;

    il provvedimento che più ha inciso nel contrasto alla violenza di genere è la legge n. 69 del 2019 cosiddetto «Codice Rosso». La ratio è quella di porre un'efficace e immediato argine della violenza contro le donne. L'obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è stato proprio quello di predisporre strumenti per consentire allo Stato di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa evitando che la stessa produca conseguenze drammatiche;

    il codice rosso interviene sul codice penale, sul codice di procedura, sul cosiddetto codice antimafia e sull'ordinamento penitenziario al fine di inasprire la repressione penale della violenza domestica e di genere e mira ad introdurre ulteriori disposizioni di tutela delle vittime, in particolare, per quanto riguarda il diritto penale, la legge introduce nel codice quattro nuovi delitti: il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (nuovo articolo 583-quinquies codice penale), punito con la reclusione da 8 a 14 anni; il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate cosiddetto Revenge porn, inserito all'articolo 612-ter codice penale, dopo il delitto di stalking), punito con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro; il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558-bis codice penale), punito con la reclusione da 1 a 5 anni e il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (articolo 387-bis), punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni;

    inoltre, con ulteriori interventi sul codice penale, la legge n. 69 del 2019 prevede modifiche al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 codice penale) volte a: inasprire la pena; prevedere una fattispecie aggravata speciale (pena aumentata fino alla metà) quando il delitto è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi; considerare sempre il minore che assiste ai maltrattamenti come persona offesa dal reato. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi è inserito nell'elenco dei delitti che consentono, nei confronti degli indiziati, l'applicazione di misure di prevenzione, tra le quali è inserita la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona da proteggere;

    per quanto riguarda la procedura penale, sono state apportate modifiche volte a velocizzare l'instaurazione del procedimento penale per i delitti di violenza domestica e di genere, conseguentemente accelerando l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime;

    a tal fine prevede che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale; alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta. Punto fondamentale quello che il pubblico ministero, entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato, assuma informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato;

    una estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere è stata prevista anche dalla legge n. 134 del 2021, di riforma del processo penale, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere;

    le azioni di contrasto messe in atto negli ultimi venti anni sono state articolate e costanti, a cadenza quasi annuale il legislatore italiano ha posto, tassello dopo tassello, nuovi strumenti di intervento delineando un quadro di riferimento complesso e frammentario, come risulta dalle conclusioni della Commissione di inchiesta sul femminicidio che ha lavorato durante la XVIII Legislatura: «Nel corso della Legislatura numerosi sono stati gli interventi di riforma di punti qualificanti del nostro sistema antiviolenza, indirizzati verso una più efficace attuazione della Convenzione di Istanbul. Nonostante gli indubbi progressi realizzati dal nostro sistema nella direzione indicata dalla Convenzione di Istanbul, l'analisi della disciplina vigente consente di individuare e porre in evidenza anche quelle lacune, incongruenze o sovrapposizioni, che discendono per lo più dal suddetto approccio emergenziale/incrementale e che, tuttora, contribuiscono a determinare vuoti di tutela e disfunzioni del sistema di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne. Vent'anni di legislazione in materia di contrasto alla violenza di genere, all'insegna di una logica “emergenziale”, ci consegnano un apparato normativo stratificato, frammentato, plurisettoriale. Spesso scarsamente conosciuto, tanto dalle donne, quanto dagli operatori chiamati alla sua applicazione. La difficoltà dinanzi alla quale si trovano anche gli operatori e le operatrici più esperti e motivati è quella di doversi misurare con innovazioni legislative continue, talora “nascoste” nelle pieghe di provvedimenti omnibus (da decreti-legge che introducono misure di emergenza su vari ambiti, alle leggi finanziarie statali). Gran parte di questi interventi, pur segnati da una lettura della violenza di genere come situazione “eccezionale”, contengono misure che potrebbero produrre effetti incisivi, se opportunamente inseriti in testi organici e coordinati. Ma soprattutto se non venissero concepiti come “misure tampone”»;

    fondamentale è l'istituzione e il potenziamento di un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata nella delicatissima materia della violenza sulle donne con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione alle denunce. Indubbiamente gli interventi legislativi degli ultimi anni, l'attenzione posta sul tema dai casi gravissimi di cronaca, hanno condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle Associazioni e ai gruppi di ascolto vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione ordinaria che si possa accettare bensì è qualcosa che si deve combattere. Bisogna rendersi conto che la denuncia costituisce solo un primo passo e non basta a risolvere la problematica;

    le istituzioni devono garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, sevizia e violenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia. Per evitare epiloghi drammatici è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare. Le forze di polizia nella fase della denuncia devono essere messe in condizione di riconoscere quali sono i momenti critici in cui si deve proteggere la donna, quando deve scattare l'allarme perché il rischio è troppo alto. Le capacità di valutazione del rischio sono cruciali e su queste va posta assolutamente l'attenzione perché chi accoglie la donna molestata che vuole denunciare deve essere adeguatamente preparato a riconoscere quei campanelli d'allarme, ormai codificati in veri e propri protocolli, che sono l'anticamera dell'escalation irrimediabile ai danni della donna e dei suoi figli;

    è necessario creare una rete integrata tra diversi soggetti che operano nel settore del contrasto alla violenza di genere. In particolare è fondamentale promuovere dei protocolli tra le diverse istituzioni (Asl, Ordine degli psicologi, avvocati e procure) per proteggere le vittime del reato in condizioni di particolare vulnerabilità. In esecuzione di tali protocolli è importante l'istituzione di tavoli interistituzionali che si riuniscano periodicamente per affrontare le problematiche inerenti le persone vittime delle violenze. Inoltre è necessario promuovere la costituzione presso le procure di sportelli di ascolto delle vittime che può essere gestito dall'Ordine degli psicologi;

    l'attenzione delle istituzioni al tema, un buon impianto normativo e le tutele legali ci sono ma mancano le tutele operative, concrete e sostanziali, che siano adottate sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    questa particolare giornata dedicata alla lotta contro la violenza alle donne deve essere un'occasione per tutti i governi, istituzioni nazionali, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, ma per riflettere ulteriormente su questa emergenza che non si placa, per individuare le migliori strategie per sradicarla;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente anche perché sono scarsi i dati reperibili sul fenomeno, vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché il fenomeno è sommerso, di cui esistono solo mere stime e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    particolarmente importante è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo; nella mozione approvata dalla Camera 1-00243, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    gli ultimi due anni della nostra vita sono stati caratterizzati dalla pandemia da Covid-19, che con le misure di contenimento che sono state adottate ha ulteriormente acuito il problema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per una efficace tutela. Sin dall'inizio del lockdown la situazione è stata monitorata, garantendo la pronta accoglienza delle donne e la protezione: il numero 1522 e l'App YouPol sono stati potenziati e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità sui canali televisivi e rilanciate sui «social» rinforzando il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza;

    è chiaro che la sfida più grande da vincere sia quella culturale. La chiave di volta della lotta alla violenza sulle donne è il sistema educativo di oggi che deve formare uomini e donne di domani, equilibrati e con la cultura del rispetto di genere. La scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle nostre bambine, e bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, insieme alla famiglia, è chiamata a far riflettere gli studenti sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione delle singole individualità e diversità. In tale contesto la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti in campo, scuola, famiglia, servizi sociosanitari, docenti e alunni, per poter riconoscere e supportare un disagio o potenziali patologie;

    molte le iniziative anche normative per introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari;

    il problema della violenza contro le donne, come riportato nella citata relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo sulle risorse familiari; sostenere economicamente le vittime è pertanto fondamentale per aiutarle a raggiungere una indipendenza finanziaria dal partner violento;

    la centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere è ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che individua la parità di genere come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni e stabilisce che l'intero Piano dovrà essere valutato in un'ottica di gender mainstreaming (cioè integrando la prospettiva di genere); Quindi tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale, delle donne;

    è evidente che le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, ad esempio, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile, come quello per l'assegno unico, volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico sono fondamentali e si auspica un cospicuo rifinanziamento di queste misure nella prossima legge di bilancio;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà»: un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    in attuazione del decreto-legge n. 93 del 2013 il Governo adotta piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne. La disciplina del Piano è stata in parte recentemente modificata dall'art. 1, comma 149, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), che ha innanzitutto trasformato lo stesso da strumento «straordinario» a strumento «strategico» nel contrasto alla violenza sulle donne. Inoltre è stato stabilito che l'elaborazione del Piano è opera del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità (non più dal Ministro per le pari opportunità), con cadenza almeno triennale (non più biennale) e previo parere (anziché previa intesa) in sede di Conferenza unificata; viene istituita una cabina di regia interistituzionale e un Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla la violenza domestica presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;

    dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023. Il Piano si articola in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità;

    quanto alla prevenzione, le priorità sono: l'aumento del livello di consapevolezza nella pubblica opinione e nel sistema educativo e formativo sulle cause e le conseguenze della violenza maschile sulle donne; il coinvolgimento del settore privato (social, piattaforme, mass media) sul ruolo di stereotipi e sessismo, anche in relazione alla cyberviolenza e alla diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; la promozione dell'empowerment femminile; l'attivazione di azioni di emersione e contrasto della violenza contro donne vittime di discriminazione multipla; il rafforzamento per la prevenzione della recidiva per uomini autori di violenza; la formazione delle figure professionali che, a vario titolo, interagiscono con le donne vittime e con i minori nel percorso di prevenzione, sostegno e reinserimento; il raccordo delle misure normative anche nell'ambito della prevenzione della vittimizzazione secondaria;

    sul versante della protezione e del sostegno alle vittime, le priorità sono: la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei minori vittime di violenza assistita; l'attivazione di percorsi di empowerment economico finanziario, lavorativo e autonomia abitativa; il monitoraggio ed il miglioramento dell'efficacia dei «Percorsi rivolti alle donne che subiscono violenza» attivi presso le aziende sanitarie e ospedaliere; il potenziamento della Linea telefonica nazionale gratuita antiviolenza 1522; la tutela e il sostegno psicosociale delle/dei minori vittime di violenza assistita; l'implementazione di soluzioni operative per garantire l'accesso ai servizi di prevenzione, sostegno e reinserimento, in particolare per le donne vittime di discriminazione multipla (migranti, richiedenti asilo e rifugiate);

    riguardo all'asse perseguire e punire, le priorità sono: garantire procedure e strumenti per la tutela delle donne vittime di violenza che consentano una efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, di reiterazione e di recidiva; definire un modello condiviso di approccio, gestione e valutazione del rischio all'interno del reparto sicurezza; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari nell'applicazione di misure cautelari e della sospensione condizionale della pena; definire linee guida per l'analisi ed il monitoraggio qualitativo e quantitativo degli interventi svolti nell'ambito dei programmi per uomini maltrattanti;

    infine, nel campo dell'assistenza e della promozione, le priorità sono: l'implementazione del sistema informativo integrato per la raccolta e l'analisi dei dati sul fenomeno; l'implementazione di un sistema di monitoraggio e valutazione a livello nazionale degli interventi, delle politiche, delle attività e delle risorse; la predisposizione di linee guida, in accordo con le regioni, per uniformare a livello nazionale gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi erogati dai centri antiviolenza, dalle reti territoriali e dal sistema socio sanitario; la costruzione di luoghi stabili di confronto e programmazione per gli organismi politici, le istituzioni e le strutture amministrative; la comunicazione e degli strumenti normativi e degli interventi operativi in sostegno alle donne vittime di violenza maschile;

    un piano articolato che tocca tutti i punti nevralgici del problema e le tante criticità che l'esperienza tragica che viviamo da anni, le tante donne che potevano essere salvate se protette dai loro uomini, hanno insegnato. Obiettivi chiari che devono trovare però una concreta applicazione;

    per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, sono reperibili nel Fondo per le pari opportunità nel capitolo 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Mef), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove il capitolo 496 contiene le somme da destinare al Piano contro la violenza alle donne. Nel bilancio di previsione 2022 della Presidenza del Consiglio il capitolo 496 reca uno stanziamento di 39,1 milioni di euro. Dalla nota preliminare di accompagnamento del bilancio 2022 della Presidenza del Consiglio dei ministri si legge che le risorse disponibili per l'anno in corso (euro 39.099.181,00) saranno destinate a:

     iniziative connesse all'attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023;

     iniziative per la prevenzione e il contrasto della violenza maschile contro le donne, comprese quelle di comunicazione e sensibilizzazione;

     riparto a favore delle regioni nell'ambito della ripartizione delle risorse del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», annualità 2022, di cui all'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2013;

     attuazione delle misure concernenti il cosiddetto reddito di libertà, istituito a favore delle donne vittime di violenza (articolo 105-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020);

     istituzione e potenziamento dei centri per uomini autori di violenza (articolo 26-bis del decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020);

     gestione del call center dedicato al numero verde nazionale di pubblica utilità 1522 a sostegno delle vittime di violenza di genere e stalking;

     potenziamento dei monitoraggio delle politiche e dei progetti in materia di prevenzione e contrasto della violenza maschile sulle donne;

    inoltre, l'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013 prevede che annualmente le risorse del Fondo per le pari opportunità siano ripartite alle regioni al fine di finanziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza (Case rifugio) alle donne vittime di violenza. Centri nevralgici di grande importanza che bisognerebbe supportare nell'organizzazione e aumentare nel numero con maggiori finanziamenti alle regioni rispetto a quelli attuali;

    si ribadisce l'importanza della formazione per abbattere stereotipi pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    resta centrale, in un'ottica di prevenzione, secondo quanto previsto all'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, il trattamento degli uomini violenti, il cui tasso di recidiva è estremamente elevato. Sono stati stanziati nella legge 30 dicembre 2020, n. 178, 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, per garantire la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari, per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne. Risulta fondamentale dare seguito a questa misura nella prossima legge di bilancio in maniera da permette a questi uomini di continuare ad essere seguiti e ad abbandonare la violenza e non reiterare i reati già compiuti;

    il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione di includere la violenza di genere, sia online che offline, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto eurocrimini. La proposta di direttiva è stata presentata ma purtroppo non ancora approvata,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza di genere e alla violenza domestica come previsto dalle disposizioni nazionali, europee e internazionali al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad adottare iniziative volte a stanziare ulteriori risorse a favore del Piano strategico nazionale ad integrazione di quelle già presenti nel Fondo per le pari opportunità affinché siano incrementate le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo anti-tratta nonché agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

3) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative al fine di istituire la figura professionale dello psicologo scolastico, per contribuire alla sana formazione della personalità degli studenti e per individuare situazioni di disagio giovanile, con lo scopo di sostenere le famiglie e il personale scolastico;

4) ad adottare le iniziative necessarie a garantire che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, abbia seguito percorsi formativi all'educazione e al rispetto della donna intesa come persona titolare di diritti e doveri al pari dell'uomo;

5) ad adottare le iniziative normative necessarie al fine di introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

6) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, stanziando ulteriori risorse;

7) ad adottare opportune iniziative normative al fine di garantire l'esenzione sanitaria per le prestazioni collegate alla violenza subita e a prevedere un possibile rimborso delle spese legate al percorso psicologico che le donne dovranno intraprendere;

8) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità e la loro inclusione sociale e nel mondo del lavoro;

9) a intervenire in modo da adottare specifiche iniziative per l'inserimento delle donne vittime di violenza nel mondo del lavoro garantendo loro l'autonomia e l'indipendenza economica;

10) a valutare l'opportunità di istituire all'interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

11) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica che stimolino confronti e pubblici dibattiti, al fine di favorire lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione;

12) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

13) ad adottare le opportune iniziative volte a velocizzare l'erogazione dei fondi destinati alle case rifugio e strutture assimilate da parte delle regioni anche sul modello delle procedure adottate per lo stato d'emergenza connesso all'epidemia da SarsCov-2, prevedendo idonei meccanismi di monitoraggio;

14) a promuovere la costituzione di tavoli interistituzionali che si riuniscano periodicamente con il coinvolgimento di procura, Asl, avvocati, psicologi, comuni, responsabili dei centri antiviolenza, associazioni antiviolenza, Polizia di Stato e Carabinieri per dare piena tutela alle donne vittime di violenza e realizzare un sistema integrato di protezione delle vittime di violenza e l'istituzione di centri di ascolto per ridurre la percentuale di donne che non denunci;

15) a promuovere iniziative al fine di sostenere la donna in un adeguato contesto di ascolto e supporto mediante figure professionali in grado di sostenerla emotivamente;

16) a valutare l'opportunità di potenziare le iniziative destinate ai percorsi specifici psicologici di recupero in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione;

17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

18) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVIII legislatura, in particolare sulla necessità di raccogliere tutta la normativa in materia in un testo unico di riferimento che dia chiarezza e certezza sulle norme vigenti;

19) ad adottare iniziative per potenziare gli strumenti di protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, incrementando il ricorso all'utilizzo del braccialetto elettronico, verificando quale sia il suo reale utilizzo e la reale disponibilità nei casi in cui è richiesta l'applicazione, e garantendo fondi che permettano la disponibilità degli stessi, oggi piuttosto limitata;

20) ad adottare iniziative di competenza per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare;

21) a proseguire le iniziative del Ministero della giustizia sull'aggiornamento e pubblicazione dei dati del rapporto sull'applicazione del «Codice Rosso»;

22) a promuovere nell'ambito della Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza, la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

23) a potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli anche attraverso modalità il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

24) a promuovere iniziative utili a incoraggiare le donne a denunciare, garantendo loro una rete di protezione che nasca e operi nell'ambito di una fattiva ed effettiva collaborazione interistituzionale;

25) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di costante monitoraggio e controllo della diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché a valutare l'opportunità di continuare ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione a tutti i familiari e conviventi;

26) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

27) a proseguire nelle iniziative per verificare i costi economici e sociosanitari della violenza, nonché procedere alla raccolta dei dati relativi agli omicidi di donne con motivazione di genere.
(1-00019) «Gebhard, Schullian».


   La Camera,

   premesso che:

    bisogna ribadire la ferma condanna dell'aggressione russa in Ucraina che si pone in palese violazione del diritto internazionale e che ha aperto uno scenario angosciante di insicurezza globale;

    si sottolinea che il dramma di questa guerra, come di ogni guerra, ricade principalmente sulla popolazione civile inerme e guarda con allarme alla sua condizione; si esprime quindi la piena solidarietà alla popolazione colpita dalla guerra, ai profughi, ai rifugiati costretti ad abbandonare le proprie case e le proprie attività, alle vittime di bombardamenti, violenze e torture;

    al netto di altalenanti evoluzioni del conflitto, si prefigura una condizione di guerra di posizione e di logoramento destinata a protrarsi sul lungo periodo prolungando e aumentando così il carico di morte, distruzione e sofferenza. Come rilevato dallo stesso Capo di Stato Maggiore Usa, Mark Milley, esiste «una bassa probabilità che l'Ucraina possa costringere militarmente la Russia a lasciare tutto il territorio ucraino che occupa» e osserva che in tale contesto non è immaginabile nessuna soluzione militare al conflitto;

    la fornitura di equipaggiamento militare all'Ucraina era stata considerata come uno strumento volto a consentire la determinazione di migliori condizioni negoziali. Va rilevato però con estrema preoccupazione l'assenza di qualsiasi percorso negoziale o persino l'individuazione di condizioni concrete e realistiche in cui tale negoziato possa aver luogo. Si osserva invece la debolezza se non l'inesistenza di un ruolo diplomatico da parte dell'Italia e dell'Unione Europea, rispetto alla quale emerge la necessità di una netta inversione di rotta;

    si considera quindi urgente un cambio di strategia e di prospettiva finalizzato a rendere prioritaria la via negoziale per la ricerca della pace e la fine del conflitto. È a tal fine necessario farsi carico di uno sforzo negoziale e diplomatico, nella consapevolezza della difficoltà e della fatica del percorso, ma ancor più del fatto che questo rappresenti l'unica strada possibile per la fine della guerra, per interrompere ulteriori escalation e allargamenti del conflitto e per allontanare scenari drammatici per la sicurezza globale;

    si ricorda e sottolinea la straordinaria lucidità dell'intervento del Presidente della Repubblica all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del 27 aprile 2022, in particolare laddove si ricorda che «la pace è frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito e della pratica di collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti, al dialogo, al controllo e alla riduzione bilanciata delle armi di aggressione» indicando la necessità di «prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione sull'esempio della Conferenza di Helsinki del 1975 (...)»;

    è necessario mettere immediatamente in campo una forte iniziativa diplomatica multilaterale che includa la convocazione di una conferenza di pace con un rinnovato protagonismo delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco e per la definizione di un nuovo quadro di sicurezza regionale e internazionale condivisa e costruita su un sistema di garanzie multilaterali;

    la difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani nel mondo sono elementi costitutivi dell'Unione Europea e che su questi deve basarsi la sua azione esterna e la sua autonomia strategica. Va constatata con allarme l'assenza di una forte iniziativa europea per la pace ed evidenzia che tale assenza ha dato spazio e respiro all'azione di altri attori negoziali, come la Turchia, che seguono spesso traiettorie esplicitamente in contraddizione con la difesa della democrazia e dei diritti umani; è quindi urgente sollecitare anche in sede europea un cambio di prospettiva e un serio impegno diplomatico per la pace;

    nel nostro Paese la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito in via sperimentale i Corpi civili di pace (Ccp), che attualmente rappresentano un progetto interno al programma del Servizio civile universale (Scu). Di fronte all'atrocità della guerra in Ucraina, l'idea di rilanciare i Corpi civili di pace acquisisce una straordinaria urgenza, perseguendo l'obiettivo di lavorare su soluzioni alternative all'uso della forza, anche militare, per la risoluzione dei conflitti. A tale scopo si pone l'urgenza di dare sistematicità alle attività dei Corpi civili di pace con un intervento normativo specifico che sia in grado di dare riconoscimento e sostegno ad un'esperienza che ha una sua specificità ed esigenza precipua;

    va sottolineata l'estrema drammaticità di qualsiasi prospettiva di ulteriore escalation o allargamento del conflitto, come si è concretamente rischiata il 15 novembre 2022, a causa di un missile lanciato dalla contraerea di Kiev caduto per errore in territorio polacco, nella località di Przewodów, a pochi chilometri dal confine con l'Ucraina, che ha ucciso due persone, che ha indotto per alcune ore taluni ad invocare il ricorso all'articolo 5 del Trattato Nord Atlantico;

    si evidenzia che qualsiasi ipotesi, per quanto remota, di uso di armi nucleari risulterebbe assolutamente insostenibile e aberrante e che pertanto occorre mettere in campo ogni sforzo per escluderne persino la più remota eventualità;

    è urgente richiedere e sollecitare l'istituzione di una zona di sicurezza e protezione nucleare nell'area in cui sorge la centrale nucleare di Zaporizia, come sollecitato dal direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, che negli ultimi giorni è stata addirittura oggetto di un bombardamento missilistico che ha causato vari danni al sito, essendo evidenti i rischi di un apocalittico disastro ambientale;

    la crisi attuale si colloca nel venir meno di un approccio multilaterale alle relazioni internazionali e dalla forzatura ideologica e materiale su un sistema polarizzato che penalizza l'esercizio del dialogo e delegittima persino i luoghi in cui questo avviene. Il ruolo marginale fin qui svolto dalle Nazioni Unite e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sono un sintomo evidente di questa polarizzazione. È quindi che il necessario e urgente percorso di pace venga incardinato all'interno della rilegittimazione dei luoghi multilaterali dove poter ricercare soluzioni più avanzate e condivise che garantiscano l'effettiva sicurezza globale;

    si guarda con allarme al continuo e scellerato aumento delle spese militari riscontrabile a livello nazionale, europeo e globale e iniziato ben prima dell'inizio del conflitto in Ucraina. Si considera questo un pericoloso fattore di instabilità ed una minaccia alla sicurezza globale. È invece necessario lavorare per strutturare percorsi di disarmo, in particolare le armi nucleari. Sebbene il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) rappresenti ancora oggi un riferimento imprescindibile, i progressi compiuti per quanto riguarda l'obiettivo di disarmo sono ancora molto limitati e i tentativi di conseguire l'universalizzazione del trattato non sono riusciti. Occorre quindi lavorare per un avanzamento significativo che porti allo smantellamento almeno dei missili a lungo e medio raggio in Europa e nella Russia occidentale e una adesione formale ed effettiva anche al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw);

    si esprime seria preoccupazione rispetto all'allarme lanciato da Interpol secondo cui almeno una parte del materiale bellico inviato all'Ucraina finirà nel mercato nero gestito dalla criminalità organizzata ed alimenterà un florido commercio di armi, sia leggere che pesanti, in tutto il mondo. Anche alla luce di ciò, è necessaria la massima trasparenza circa la natura e la quantità del materiale fornito;

    è necessario mettere in campo un grande sforzo di solidarietà ed esprime apprezzamento per la decisione di applicare la direttiva 2001/55/CE del Consiglio per la concessione della protezione temporanea per chi fugge dalla guerra in Ucraina. È però incomprensibile e ingiusta la scelta di riconoscere la protezione temporanea ai soli cittadini ucraini e ai loro familiari, escludendo migliaia di persone straniere presenti in Ucraina, costrette anch'esse a fuggire dalla medesima guerra. Si ritiene peraltro che lo stesso strumento di protezione temporanea dovrebbe essere esteso e che sia necessaria un'applicazione anche per chi fugge da altri contesti bellici altrettanto drammatici come ad esempio la Siria, la Libia o l'Afghanistan;

    occorre considerare serie e drammatiche le conseguenze su scala globale della guerra sul piano economico, sociale ed ambientale. Una enorme crisi alimentare globale, aggravata da inaccettabili operazioni di carattere speculativo, rischia oggi di produrre carestie nei paesi più poveri del mondo, accentuando squilibri già insostenibili. L'aumento dell'inflazione sta già colpendo ulteriormente salari già troppo bassi, polverizzandone il potere di acquisto. La guerra sta determinando inoltre scelte scomposte e dannose per il clima e la vita nel pianeta, che frenano l'urgente processo di transizione ecologica. La stessa paura dell'incidente nucleare è riaffiorata troppe volte in questi mesi. Per questo l'opinione pubblica anche del nostro Paese si sta mobilitando e il 5 novembre 2022 decine di migliaia di cittadini hanno sfilato per le strade di Roma dando vita ad una grande manifestazione, promossa dalla Rete italiana pace e disarmo, a cui hanno aderito tante organizzazioni e associazioni, per chiedere il cessate il fuoco e l'avvio di un negoziato per la pace,

impegna il Governo:

1) a cambiare strategia e approccio dando priorità alla costruzione di un processo di pace e all'attivazione di canali negoziali;

2) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative normative volte a dare sistematicità alle attività dei Corpi civili di pace, riconoscendone pienamente il valore di prevenzione e trasformazione dei conflitti, nella difesa non armata e nonviolenta alternativa all'uso della forza;

3) a lavorare alla convocazione di una conferenza multilaterale per la pace e la sicurezza guidata dalle Nazioni Unite;

4) a interrompere la fornitura di equipaggiamento militare, concentrando tali risorse sull'assistenza umanitaria e la ricostruzione;

5) a fornire al Parlamento ogni elemento utile circa la natura e la quantità di equipaggiamento militare fin qui fornito all'Ucraina;

6) ad adottare iniziative di competenza volte ad estendere l'applicazione della direttiva 2001/55/CE del Consiglio per la concessione della protezione temporanea a tutti coloro che fuggono dalla guerra, senza alcuna distinzione o discriminazione riguardante la nazionalità o il conflitto.
(1-00020) «Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Soumahoro, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    il Meccanismo europeo di stabilità (Mes, in inglese European Stability Mechanism - Esm), è un'organizzazione internazionale nata nel 2012 mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della Ue;

    il Mes ha affiancato e poi sostituito due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (Mesf) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf);

    la sua funzione fondamentale è concedere, sotto precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato;

    la condizionalità varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a Paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi;

    il Mes attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell'area euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto anche gravi ripercussioni sul nostro Paese. La presenza del Mes riduce la probabilità di un default sovrano, almeno per i Paesi le cui difficoltà sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito;

    nel dicembre 2017 la Commissione europea, all'interno del più ampio processo di completamento dell'Unione economica monetaria (Uem) aveva presentato una proposta di regolamento per la trasformazione del Mes in un Fondo Monetario Europeo (Fme), basato sulla struttura finanziaria ed istituzionale del Mes, sempre secondo il rispetto di rigorose condizionalità e analisi di sostenibilità del debito, ma incluso nel quadro giuridico dell'Ue;

    questa proposta di riforma non prevedeva né annunciava un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, né affidava al Mes compiti di sorveglianza macroeconomica;

    la riforma avrebbe attribuito al Mes una nuova funzione, quella cioè di fornire una rete di sicurezza finanziaria di sostegno comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Fru, in inglese Single Resolution Fund, Srf) nell'ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie;

    con il ruolo di backstop al Fru, il Mes avrebbe contribuito a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico. Per quanto riguarda specificamente l'Italia, il rifinanziamento dell'elevato debito pubblico del nostro Paese sarebbe potuto così avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti;

    questa proposta della Commissione è stata, infine, superata dall'accordo trovato nel giugno 2019 dall'Eurogruppo su una revisione del Trattato istitutivo del Mes, che disporrà di strumenti e di un mandato più forti;

    il 27 gennaio e l'8 febbraio 2021 i Paesi membri del Mes hanno sottoscritto l'accordo che riforma il Trattato istitutivo: il Mes, con ratifica immediata, avrebbe potuto fornire la garanzia comune (backstop) al Fru dall'inizio del 2022 (anziché dal 2024), in considerazione di una valutazione complessivamente positiva del rispetto di alcuni obiettivi di riduzione del rischio bancario, quali la riduzione dei crediti deteriorati e la capacità di assorbimento delle perdite;

    il Mes affiancherà così, senza affatto sostituirla, la Commissione europea, e le modalità di cooperazione tra le due istituzioni saranno definite in un accordo che verrà sottoscritto quando le modifiche entreranno finalmente in vigore;

    il Mes non avrà alcun compito di sorveglianza fiscale ai sensi del Patto di stabilità e crescita, e la sua attività sarà vincolata al rispetto della legislazione dell'Unione europea;

    inoltre, la valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi e la loro posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita e della procedura per gli squilibri macroeconomici rimarrà responsabilità esclusiva della Commissione;

    il Trattato riformato non è ancora entrato in vigore perché allo stato attuale risultano mancanti soltanto le ratifiche di Italia e Germania, con quest'ultima che ha sottoposto la propria decisione alla Corte costituzionale;

    negli scorsi giorni, il Ministro dell'economia e delle finanze, con una strategia che parrebbe essere dilatoria, ha affermato di voler attendere la decisione della Corte tedesca,

impegna il Governo

1) a presentare nel prossimo Consiglio dei ministri utile, e comunque entro fine anno, il disegno di legge di ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Mes sottoscritta ad inizio 2021, dando finalmente seguito ad un impegno assunto in sede internazionale quasi due anni fa, evitando così possibili contenziosi politici con gli altri Paesi che già hanno portato a compimento i loro rispettivi iter di ratifica e rilanciando, invece, la posizione dell'Italia in sede internazionale.
(1-00021) «Richetti, Marattin, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, Del Barba, De Monte, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,

   premesso che:

    Wärtsilä Corporation è una società finlandese, leader nella fornitura di sistemi di propulsione e generazione d'energia, destinati agli impianti del settore marino e terrestre;

    il gruppo finlandese, nel 1999, ha acquisito la «Grandi Motori Trieste», azienda produttrice di motori diesel di fama mondiale di proprietà di Fincantieri. Tale sito, con sede a Bagnoli della Rosandra (Trieste), è stato successivamente denominato Wärtsilä Italia s.p.a. confermandosi, nell'ambito del gruppo, il più grande produttore di motori diesel ad alta potenza;

    il 14 luglio 2022, la multinazionale ha inviato ai sindacati di categoria una comunicazione scritta, ai sensi dell'articolo 1 comma 224, legge n. 234 del 2021, per annunciare la cessazione dell'attività di produzione di motori e dell'attività di assemblaggio di propulsori nonché il licenziamento di 451 operai, presso lo stabilimento triestino. Ciò in conseguenza della decisione di trasferire la produzione in Finlandia e lasciare in Friuli Venezia Giulia solo l'attività di ricerca e sviluppo;

    la scelta di chiudere l'intera produzione a Trieste e delocalizzarla in Finlandia ha generato l'immediata reazione della regione Friuli Venezia Giulia, del comune di Trieste e delle parti sociali contro la condotta di Wärtsilä. L'azienda infatti ha rilevato un'impresa italiana, appropriandosi del know-how del personale e ricevendo, nel tempo, cospicui finanziamenti pubblici, per poi decidere inaspettatamente di delocalizzare, lasciando nella disperazione centinaia di lavoratori e le loro famiglie;

    oltretutto, si tratta del modus operandi già assunto da molte multinazionali in Italia che, in dispregio di basilari princìpi di responsabilità sociale d'impresa, hanno determinato l'impoverimento di interi territori e comunità sul piano occupazionale ed economico;

    quello di Wärtsilä è infatti un caso legato ad una strategia di reshoring, poiché l'azienda non versa in una situazione di crisi e sussistono tutte le condizioni che le consentirebbero di mantenere la produzione in Italia;

    a quanto è dato sapere, Wärtsilä avrebbe ricevuto un totale di contributi pubblici per oltre 11,5 milioni, a cui si aggiungono 30 milioni di garanzie Sace, nel 2017, per il superamento di una crisi produttiva e 20 milioni di euro di supporto pubblico per la dismissione di terreni e capannoni. Inoltre, sussiste la richiesta di 34 milioni di euro nell'ambito dei finanziamenti legati al Pnrr;

    in occasione del tavolo di crisi indetto presso il Mise, il 27 luglio 2022, Wärtsilä non ha mostrato alcuna volontà di ritirare la procedura di chiusura delle attività produttive del sito di Trieste e i disposti esuberi;

    nel tempo, si sono susseguite manifestazioni di protesta contro il piano di delocalizzazione dell'azienda finlandese, per esprimere solidarietà nei confronti dei 450 lavoratori, oltre a tutti quelli occupati dall'indotto;

    ma vi è di più: i sindacati di categoria, Fim, Fiom e Uilm, ritenendo antisindacale il comportamento di Wärtsilä, hanno presentato ricorso al giudice del lavoro del tribunale di Trieste, ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori). Gli stessi hanno denunciato, in tale sede, che l'azienda non ha adempiuto agli obblighi di informazione sindacale nell'avvio della procedura di cessazione dell'attività, violando quanto previsto dalla contrattazione collettiva di settore e dalla contrattazione integrativa aziendale. Ed ancora, hanno segnalato che l'azienda ha omesso di indicare, nella comunicazione inviata ai sensi dell'articolo 1, comma 224, legge n. 234 del 2021, quali fossero le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della chiusura. Oltretutto, senza indicare il termine entro il quale la procedura si sarebbe chiusa, nonché il numero e i profili del personale coinvolto dalla stessa;

    il 23 settembre 2022, il tribunale si è pronunciato accogliendo il ricorso e disponendo la revoca della procedura di licenziamento dei 451 dipendenti dello stabilimento triestino e la condanna al pagamento di 50 mila euro a ciascuna delle sigle sindacali, a titolo di risarcimento per danno di immagine;

    dopo il decreto del giudice del lavoro che ha riconosciuto la condotta antisindacale, l'azienda ha dovuto riavviare un confronto con le organizzazioni sindacali. E svolti alcuni incontri, Wärtsilä ha fornito informazioni sull'andamento economico e produttivo e riproposto le ragioni della chiusura della produzione asserendo che il mercato del settore sta subendo una contrazione. Il gruppo, inoltre, ha confermato la revoca del contratto infragruppo per la produzione di motori, con effetto per Trieste dal 1o gennaio 2023;

    ritenendo pretestuose le ragioni dell'azienda alla dismissione della produzione e registrando uno stallo nelle trattative, i sindacati hanno chiesto la convocazione di un tavolo ministeriale che si è svolto il 17 novembre 2022, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy;

    dall'incontro è emersa l'ipotesi di un percorso di reindustrializzazione dell'impianto di Trieste ed è stata riscontrata la volontà della proprietà di condividere il processo con istituzioni e parti sociali. Ha invece destato forti critiche la proposta di Wärtsilä di riprendere la produzione nello stabilimento di Trieste fino a giugno 2023, senza offrire alcuna garanzia sulla salvaguardia dei posti di lavoro nel periodo successivo. Il Ministero, pertanto, ha chiesto alla multinazionale di tenere in attività il sito fino al subentro di un nuovo soggetto;

    anche i sindacati sollecitano impegni industriali specifici all'azienda che deve garantire la propria permanenza, senza imporre alcun limite temporale, finché non si individui un soggetto pronto a subentrare che sia disposto al riassorbimento di tutti i posti di lavoro;

    sul punto, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha riferito di aver tenuto delle interlocuzioni, ancora da maturare, con tre diverse società, finalizzate a offrire un futuro industriale allo stabilimento Wärtsilä a Trieste;

    d'altro canto, la società finlandese ha dichiarato di aver avviato contatti concreti per un subentro con cinque società. La stessa, inoltre, ha deciso di rimuovere il veto in relazione all'ingresso di concorrenti attivi nella produzione di motori quattro tempi,

impegnano il Governo:

   ad intraprendere ogni iniziativa utile al monitoraggio delle risultanze del tavolo di confronto con la partecipazione dei vertici aziendali di Wärtsilä, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni regionali e locali interessate, allo scopo di favorire l'assunzione di iniziative dirette a garantire il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali del sito di Bagnoli della Rosandra (Trieste) e a scongiurare i prospettati esuberi;

   ad adottare le necessarie iniziative di competenza al fine di tutelare i livelli occupazionali attuali dello stabilimento in questione e, congiuntamente, di garantire la salvaguardia di una realtà strategica per la regione Friuli Venezia Giulia, per il cui sviluppo e crescita è di essenziale importanza assicurarne la difesa e il rilancio;

   ad assumere le opportune iniziative di competenza allo scopo di pervenire alla concreta attuazione di un accordo per la risoluzione della vertenza Wärtsilä che, anche con l'individuazione di un soggetto subentrante all'attuale proprietà, garantisca la salvaguardia e l'assorbimento di tutti i lavoratori coinvolti.
(7-00002) «Giovine, Rizzetto, Schifone, Matteoni, Malagola, Coppo, Mascaretti, Volpi, Zucconi, Zurzolo».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   MARROCCO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 16 settembre 2022 dopo il decesso della giovane iraniana Masha Amini, a seguito all'arresto da parte della cosiddetta «polizia morale» per aver violato le regole che disciplinano l'uso dell'hijab, tutto l'Iran è percorso da movimenti spontanei di protesta che stanno coinvolgendo non sono solo le aree urbane, ma anche larghi strati della popolazione rurale:

   per le strade della capitale Teheran e delle maggiori città del paese centinaia di manifestanti, a cominciare dalle giovani studentesse liceali e universitarie, scendono con cadenza regolare in piazza per protestare contro gli eccessi del regime e per rivendicare il proprio diritto ad esprimere liberamente le proprie richieste e opinioni;

   nel tentativo di sedare le proteste il regime ha incrementato l'uso della forza e – in quello che è stato definito il «novembre di sangue» – la magistratura iraniana sta firmando diverse condanne a morte contro le persone arrestate durante le proteste antigovernative;

   secondo le organizzazioni per i diritti umani, le persone arrestate dall'inizio delle manifestazioni di metà settembre sono circa 16mila e per l'Ong Iran Human Rights la brutale repressione delle proteste avrebbe causato finora almeno 326 morti;

   il 6 novembre 2022, duecentoventisette deputati iraniani, su duecentonovanta complessivi, hanno firmato un appello in cui condannano le proteste in corso nel Paese e in cui i manifestanti vengono apostrofati come «nemici di Dio», una circostanza che può comportare la pena di morte. I parlamentari hanno paragonato i manifestanti ai membri dell'Isis, l'organizzazione terroristica di stampo islamista particolarmente attiva in Siria e in Iran;

   il codice penale iraniano prevede per i crimini contro l'Islam e contro lo Stato l'esecuzione capitale, l'amputazione incrociata degli arti, la crocifissione o l'esilio;

   secondo quanto riportato dai media indipendenti iraniani, decine di manifestanti sono stati accusati di crimini contro l'Islam di «diffondere corruzione sulla terra», un reato quest'ultimo punito anch'esso con la pena di morte. A causa della scarsa indipendenza del sistema giudiziario iraniano vi è il concreto rischio che la Repubblica islamica utilizzerà la pena di morte come strumento di repressione delle manifestazioni;

   si stima che dall'inizio del 2022 l'Iran abbia raggiunto il triste primato delle 500 esecuzioni capitali. Si tratta della cifra più alta degli ultimi anni. In tutto il 2021 erano state 372, in tutto il 2020 erano state 284, e 298 nel 2019. Va, tuttavia, ricordato che l'Iran non collabora con le strutture internazionali che si occupano di diritti umani e, pur avendo sottoscritto i principali accordi internazionali in materia, non consente ispezioni o controlli sul proprio territorio;

   l'Italia ha tradizionalmente svolto un ruolo di primo piano nella campagna internazionale contro la pena di morte, ritenuta inumana, inefficace in quanto non funge da deterrente e un'offesa al valore e alla dignità della vita umana;

   l'11 novembre 2022 il Terzo comitato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali, che ora passerà al voto della plenaria previsto per dicembre –:

   quali iniziative, in sede bilaterale con l'Iran e in sede europea e internazionale, intenda intraprendere il Governo per promuovere il rispetto dei diritti umani in Iran e per spingere il Governo iraniano a introdurre una moratoria immediata del ricorso alla pena di morte, commutando le condanne e fermando immediatamente le esecuzioni previste;

   quali iniziative, di concerto con gli altri partner internazionali, intenda mettere in campo al fine di poter incrementare il numero dei Paesi che, nel mese di dicembre 2022 in sede di Assemblea plenaria dell'Onu, si esprimeranno favorevolmente sulla risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali.
(3-00037)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BILLI, FORMENTINI, CENTEMERO, COIN e CRIPPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   il 18 novembre 2022 la stampa ha dato notizia dell'avvenuta indicazione dell'ex Ministro Luigi Di Maio come miglior candidato al ruolo di inviato speciale europeo nel Golfo Persico;

   la raccomandazione, fatta da un panel di tecnici insediato a questo scopo, è stata notificata agli uffici dell'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Ue, Josep Borrell, che dovrà ora pronunciarsi sulla nomina ufficiale, a lui spettante;

   l'indicazione è stata formulata dopo una serie di interviste e colloqui ai quattro candidati in lizza, fra i quali vi erano anche il cipriota Markos Kyprianou, l'ex inviato dell'Onu in Libia Jan Kubis e l'ex Ministro degli esteri e commissario Ue Dimitris Avramopoulos;

   non è chiara la procedura che è stata seguita per la selezione delle candidature ed in particolare se sia stata tutta interna alle istituzioni europee o se invece vi abbiano avuto un ruolo i governi degli Stati membri dell'Ue –:

   se il Governo italiano sia stato o meno informato dell'inserimento dell'ex Ministro Luigi Di Maio nella quaterna di nomi sui quali i tecnici nominati dalla Commissione europea hanno condotto la loro selezione;

   quali siano i criteri che hanno portato alla selezione delle personalità da valutare in vista del conferimento del delicato incarico e come siano stati scelti tecnici incaricati di valutarne le capacità.
(5-00056)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MARIA, ANDREA ROSSI e MEROLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la presenza ENEA in Emilia-Romagna si articola su due sedi principali: la sede del Brasimone e la sede di Bologna Martiri di Monte Sole (MMS);

   il Centro dell'Enea del Brasimone è oggi uno dei maggiori centri di ricerca italiani in termini di infrastrutture sperimentali per attività di progettazione, sviluppo tecnologico per sistemi energetici avanzati e attività sperimentali per lo sviluppo ingegneristico;

   il Centro si caratterizza per le tecnologie innovative con particolare riguardo alle applicazioni, sia energetiche che non energetiche, delle tecnologie dei materiali, delle tecnologie dei metalli liquidi e delle radiazioni ionizzanti;

   in particolare, le attività svolte presso il centro sono condotte anche attraverso la gestione e l'esercizio di grandi apparecchiature sperimentali di ricerca, oltreché grazie al funzionamento di numerosi laboratori specifici ad alta capacità tecnologica;

   un patrimonio tecnologico pressoché unico dell'Enea nel nord del Paese che permette alle attività qui condotte di accedere a finanziamenti europei (Horizon 2020, Consorzio ITER, Eurofusion), nazionali pubblici e privati, regionali e non da ultimo di enti di ricerca internazionali (Cina, Regno Unito, Stati Uniti). Proprio in virtù di queste competenze, molte attività di Enea condotte presso Brasimone (ma anche Bologna MMS) trovano oggi ampio spazio nei programmi europei e internazionali, nonché in progetti nazionali;

   dal 2019 è attivo un Protocollo di intesa dedicato con le regioni Emilia-Romagna e Toscana che persegue gli obiettivi riportati nel «Progetto Brasimone» che accompagna l'accordo siglato fra le parti;

   nel quadro delle attività previste dalla delibera della Regione Emilia-Romagna dell'8 aprile 2019 al Brasimone sono oggi attive tre linee di ricerca: Sorgentina Rf – Thermomechanical Demonstration, Exadrone e Linc-Er – Laboratorio per la caratterizzazione di Irradiatori Neutronici Compatti in Emilia-Romagna;

   sono inoltre in corso attività di supporto allo sviluppo del Dtt (Divertor Tokamak Test) ed è prevista la realizzazione presso il Centro di un sistema della potenza di 10 megawatt simulante, mediante appositi elementi scaldanti elettrici, i circuiti a piombo fuso di un reattore Lfr di IV generazione. Questo investimento compiuto da privati, la società Newcleo, costituisce un esempio virtuoso di collaborazione fra pubblico e privato nel settore dello sviluppo delle filiere industriali. Sono altresì previsti fondi del Pnrr – nella misura di circa 5 milioni di euro – per una rigenerazione edilizia di diversi edificati da adibire, in collaborazione con enti locali, ad attività di assistenza alle imprese;

   il Centro appare inoltre vocato per lo sviluppo di tecnologie energetiche innovative in partnership pubblico privata. La situazione attuale in termini di risorse umane, a fronte di così tanti impegni, desta al contrario preoccupazione per il progressivo depauperamento del personale tecnico-scientifico;

   Brasimone soffre per una evidente assenza di investimenti in termini di risorse umane, che può compromettere in maniera sensibile lo svolgimento delle attività già finanziate;

   con l'approssimarsi del trasferimento della sede bolognese di Martiri di Monte Sole presso la struttura del Tecnopolo appare sempre più urgente, quindi, un progetto di valorizzazione complessivo della presenza Enea sul territorio che porti a sinergia i punti di forza oggi esistenti ed alleviando così anche le debolezze presenti –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e quali siano le strategie di Enea nel complesso nell'area emiliano-romagnola per valorizzare, in raccordo con gli enti locali interessati, le realtà specifiche esistenti, per fare fronte agli impegni assunti a livello regionale, nazionale ed internazionale presso il Brasimone e come intenda potenziare queste realtà, con quali risorse (economiche ed umane) e con quale finestra temporale.
(5-00054)


   PAVANELLI, AMATO e PENZA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con decreto legislativo n. 199 del 2021 è stata data attuazione alla direttiva (UE) 2018 del 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;

   la finalità di tale provvedimento era quella di incentivare la diffusione e lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili (Cer), definite dall'articolo 2 lettera p) del suddetto decreto legislativo, come i «soggetti giuridici che operano nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 31 del presente decreto»;

   quest'ultima norma sancisce il diritto dei clienti finali – ivi inclusi quelli domestici – di organizzarsi in comunità energetiche al rispetto dei requisiti nonché delle condizioni espressamente indicati rispettivamente dai commi 1 e 2 dello stesso articolo 31;

   dalla citata disposizione emerge che l'obiettivo delle comunità energetiche è quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri, senza realizzare profitti finanziari;

   ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 199 del 2021 e dell'articolo 42-bis, comma 9, del decreto-legge n. 162 del 2019, l'applicazione della norma che incentiva lo sviluppo delle Cer è subordinata all'emanazione di appositi decreti attuativi;

   dal dossier dal titolo «I blocchi allo sviluppo delle comunità energetiche» di Legambiente emerge che tra le 100 comunità energetiche mappate negli ultimi tre anni (fino a giugno 2022), circa la metà si trovano ancora in fase embrionale, mentre le restanti hanno raggiunto una fase più avanzata dell'iter di autorizzazione. Di queste ultime solo 16 hanno dichiarato di essere riuscite a completare l'iter di attivazione presso il Gse divenendo operative, delle quali soltanto 3 hanno ricevuto la prima tranche di incentivi statali;

   da ultimo, in data 15 novembre 2022 con una manifestazione organizzata da Legambiente dinanzi al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica è stata sollecitata l'emanazione dei decreti attuativi dei meccanismi incentivanti connessi alle Cer. La perdurante inerzia del Ministero ha rallentando la diffusione delle Cer;

   in esito a tale siffatta manifestazione, il Ministro interrogato ha annunciato che il decreto «è pronto» e che «a breve sarà avviata la consultazione pubblica per condividerne i contenuti con tutti gli attori e gli stakeholder di riferimento» –:

   quali siano, in concreto e al netto di roboanti annunci, i tempi effettivi per l'emanazione, nonché il cronoprogramma dettagliato, dei decreti attuativi relativi ai meccanismi incentivanti connessi alle Cer.
(5-00057)

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI, FEDE, AMATO, SCUTELLÀ, PAVANELLI, MORFINO e CHERCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa che il progetto di sopraelevazione del terzo lotto della discarica Tre Monti di Imola è stato oggetto di analisi e discussione dell'ultimo Consiglio dei ministri tenutosi giovedì 10 novembre 2022;

   sempre su fonti di stampa sarebbe circolato un comunicato stampa di palazzo Chigi, secondo cui il Consiglio dei ministri «ha deliberato il superamento del dissenso espresso dalla soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara nel procedimento di valutazione d'impatto ambientale del progetto di ampliamento della discarica Tre Monti, con recupero volumetrico in sopraelevazione del terzo lotto, nel comune di Imola, proposto da Con.Ami e Herambiente»;

   tale progetto, dopo un iniziale arresto dovuto all'annullamento da parte del Consiglio di Stato della delibera regionale di autorizzazione, ha ottenuto anche il parere negativo dalla soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio, a conferma delle criticità inerenti l'ampliamento della discarica in termini di impatto ambientale;

   la realizzazione dell'opera, stando agli studi eseguiti, non sarebbe compatibile con l'area interessata che, tra l'altro, necessiterebbe di monitoraggio costante per verificare ed evitare la diffusione di inquinamento;

   di contro, stando ai report emersi dalla tredicesima edizione di «Sulle tracce dei rifiuti», «nel 2021, il riciclo complessivo dei rifiuti, calcolato tenendo conto di rifiuti differenziati e indifferenziati, è arrivato al 57 per cento, anticipando e superando l'obiettivo europeo al 2025, fissato al 55 per cento»; il gruppo oltrepassa infatti con quattro anni di anticipo l'obiettivo del 65 per cento fissato da Bruxelles al 2025, e raggiunge il 68 per cento;

   è di tutta evidenza la superfluità e l'inadeguatezza del progetto di sopraelevazione del terzo lotto della discarica Tre Monti, da abbandonare definitivamente a favore degli efficaci interventi più sostenibili –:

   se non ritengano che la realizzazione dell'opera sia incompatibile coi dettami dell'articolo 9 della Costituzione;

   se e quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di garantire il superamento del summenzionato progetto a favore di interventi più sostenibili e conformi alle indicazioni europee.
(4-00102)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPPELLETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145, istituiva, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir), chiamato ad indennizzare i risparmiatori che avevano subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. Tale fondo, gestito da Consap Spa, aveva una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per un totale di 1.575 milioni di euro;

   ad oggi, tuttavia, risulterebbe che non tutti i risparmiatori che hanno inviato domanda di accesso al Fir abbiano effettivamente ottenuto l'indennizzo, fissato in una somma pari al 30 per cento della somma spesa per l'acquisto delle azioni – e al 95 per cento per le obbligazioni subordinate – emesse dalle banche, poi andate in liquidazione, fino ad un massimo di 100.000 euro. Infatti, delle 144.245 domande di accesso al Fir, circa 4.000 risulterebbero ancora in fase di istruttoria;

   oltre a ciò, risulta all'interrogante che la somma stanziata e pari a 1.575 milioni di euro sia stata utilizzata solo in parte, residuando, ad oggi, la somma di circa 500 milioni di euro –:

   se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per velocizzare la definizione delle domande di accesso al Fir, ad oggi ancora in fase di istruttoria;

   se intenda adottare un'iniziativa normativa al fine di dirimere la situazione di quei risparmiatori che, nella propria domanda di accesso al Fir, hanno commesso errori materiali, non venendo, per ciò solo, ammessi alle prestazioni del Fir e/o hanno ottenuto un indennizzo inferiore rispetto a quanto previsto per legge;

   se, una volta terminato l'esame delle domande di accesso al Fir, intenda adottare iniziative, conformemente con quanto già previsto dalla legge 30 dicembre 2018 n. 145, articolo 1, commi 496 e 497, perché la somma residua pari a circa 500 milioni di euro venga prontamente distribuita agli aventi diritto;

   se intenda convocare il tavolo tecnico, in precedenza istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo di affrontare i temi di cui alla presente interrogazione ed altre questioni rilevanti in materia di Fir.
(5-00055)

Interrogazione a risposta scritta:


   BICCHIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e hanno sofferto un danno ingiusto altrimenti non risarcito;

   il fondo è alimentato dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come «dormienti» all'interno del sistema bancario, dagli importi degli assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione, da quelli delle polizze assicurative scadute e dalle somme dovute ai beneficiari di buoni fruttiferi emessi dopo il 14 aprile 2001 e non reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto, ovvero 10 anni dalla data di scadenza del titolo;

   questa elencazione non tiene però conto delle differenze sostanziali che sussistono tra i titoli elencati ed i rapporti di credito-debito sottostanti e confluiscono indistintamente nel fondo somme che hanno natura molto differente tra loro;

   in particolare, i buoni fruttiferi postali (Bfp), rappresentano una forma di risparmio sicura, garantita e flessibile, ed offrono al risparmiatore la possibilità di investire a lunga scadenza e disinvestire in qualsiasi istante, con la totale garanzia del capitale investito maggiorato degli interessi nel frattempo maturati;

   a seguito della entrata in vigore della normativa indicata, la totale garanzia che dovrebbe fornire, per sua natura, i Bfp, è venuta meno. Si sono verificati molti casi di piccoli risparmiatori che hanno investito somme nell'acquisto di buoni fruttiferi postali, con l'obiettivo di creare un fondo di risparmio da utilizzare in caso di necessità per sé o un proprio familiare, e si sono visti negare il rimborso del capitale sottoscritto perché confluito nel fondo conti dormienti non avendolo, spesso per dimenticanza, ritirato entro la data di prescrizione-:

   se il Ministro interrogato ritenga che il buono postale fruttifero, risparmio garantito e produttivo di interessi, sia conciliabile con la prescrizione del diritto alla restituzione del capitale investito e se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per rivedere la disciplina sui conti dormienti con riferimento ai Bfp;

   se, all'esito dell'analisi economica sull'introito derivato dai Bfp dormienti e confluiti nel fondo antifrode, ritenga che non sia più utile per la collettività lasciare tali risparmi alle famiglie titolari dei buoni.
(4-00105)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle imprese e del made in Italy, per sapere – premesso che:

   nel 2014 veniva finalizzata la cessione delle quote di maggioranza di Indesit Company, da Fineldo e Famiglia Merloni, a Whirlpool Corporation. A corollario del closing, Jeff Fettig (Presidente e CEO di Whirlpool Corporation) definiva tale operazione come una concreta opportunità di posizionare il business europeo di Whirlpool «su un percorso di crescita e di continua creazione di valore, insieme a una società di riconosciuto standing [...] quale Indesit». Negli esercizi successivi, tuttavia, contravvenendo a tali intendimenti strategici, Whirlpool attuava un significativo ridimensionamento della forza lavoro, nonché la dismissione di unità produttive sul territorio nazionale. Tale strategia dimostrava, inequivocabilmente, la volontà del gruppo di procedere ad una progressiva esautorazione della piattaforma produttiva italiana;

   a maggio 2022 la direzione aziendale della multinazionale ha dichiarato, attraverso un comunicato stampa, di aver avviato un processo di revisione strategica in Emea (Europa, Medio Oriente e Africa), il che avrebbe potuto comportare anche una vendita dell'attività, il mantenimento della stessa o opzioni ibride, attribuendo tale decisione alle crescenti tensioni geopolitiche e commerciali, con la conseguente crisi degli approvvigionamenti, oltre che al calo delle vendite;

   occorre ricordare che il 28 settembre 2022, con atteggiamento inqualificabile, Whirlpool ha disertato il tavolo convocato presso il Mise e il successivo 21 ottobre 2022, a seguito della trimestrale e forse nel tardivo intento di rimediare alla grave gaffe istituzionale, il Comitato aziendale europeo della multinazionale ha formalizzato l'apertura della trattativa per la cessione dell'intera parte europea;

   i sindacati, in conseguenza di tale annuncio, hanno più volte sollecitato il Mise affinché fosse fissato un tavolo di concertazione per vincolare l'eventuale cessione a garanzie occupazionali e produttive;

   secondo quanto si apprende, dopo che dieci acquirenti si sono fatti avanti per l'acquisto, la corporation ha scelto due gruppi del settore dell'elettrodomestico interessati all'acquisizione, ma i dettagli di una eventuale vendita saranno resi noti solo a gennaio 2023;

   un metodo spregiudicato già visto: negli ultimi anni, infatti, le politiche di Whirlpool sono state improntate al costante depotenziamento della capacità produttiva. Oltre ad aver rinunciato a nuove assunzioni, il Gruppo ha favorito l'esodo dei lavoratori, attraverso il ricorso a specifici incentivi economici all'uscita. Inoltre, con il frequente ricorso alla cassa integrazione, sono stati attuati periodi di fermo-produzione e notevoli riduzioni di orario. Il tutto, ovviamente, ha causato notevole pregiudizio economico ai lavoratori ed alle loro famiglie;

   Whirlpool ha mantenuto per vari esercizi un atteggiamento ondivago circa i contenuti del piano industriale. Più volte sollecitato da tavoli di confronto, più volte contestato attraverso iniziative organizzate dalle varie sigle sindacali, il gruppo si è chiuso in un riserbo inaccettabile;

   nel nostro Paese la multinazionale ha 7 siti – molti dei quali collocati in aree interne – e impiega 5000 lavoratori, per non parlare di quelli dell'indotto e con le decisioni che sta prendendo rischia seriamente di non assicurare il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e la continuità produttiva degli stabilimenti;

   c'è grande e comprensibile preoccupazione tra i lavoratori degli stabilimenti produttivi delle Marche, della Campania, della Lombardia e della Toscana;

   la ventilata procedura di cessione va ad interessare oltre 5.000 lavoratori in tutta Italia;

   tale operazione si celebra nel contesto di una grave contingenza economica, caratterizzata dalla pesante dinamica inflattiva;

   Whirlpool, negli ultimi anni, ha dimostrato una costante mancanza di trasparenza circa le strategie aziendali e, al contempo, non ha mai condiviso gli elementi essenziali del piano industriale;

   è necessario che una cessione così impattante per il tessuto economico e sociale di territori sia gestita attraverso adeguati criteri di governance;

   è indispensabile che il Mise e le organizzazioni sindacali siano costantemente informati e coinvolti nelle diverse fasi della trattativa;

   è fondamentale che il Mise, a sua volta, coinvolga le amministrazioni locali dei territori interessati;

   l'eventuale cessione dovrà essere vincolata a specifiche inderogabili garanzie occupazionali e produttive;

   è necessario scongiurare operazioni meramente speculative e, al contempo, dovrà essere verificata l'affidabilità dei nuovi proprietari, attivando con gli stessi un canale istituzionale diretto;

   in questo momento di turbolenza dei mercati con ripercussioni anche sulle vendite degli elettrodomestici è necessario aumentare le risorse destinate agli investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti certificati per il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale;

   le risorse del Pnrr devono essere destinate anche per rafforzare quei tessuti industriali in cui manteniamo una forte leadership come il settore del bianco;

   risulta non più derogabile procedere ad una completa revisione delle politiche industriali di settore, in considerazione del progressivo depauperamento di un comparto vitale per l'economia nazionale, da troppo tempo vittima di operazioni opache e di scarsa prospettiva –:

   se il Ministro interpellato non intenda, con somma urgenza, attivare un tavolo con Whirlpool e le parti sindacali per analizzare il piano industriale del gruppo ed ottenere ampia informativa sulla procedura di cessione;

   quali iniziative intenda attuare affinché l'eventuale cessione risulti vincolata a specifiche garanzie circa il mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi;

   quali iniziative voglia avviare per sostenere il comparto della produzione di elettrodomestici in Italia, dichiarare il settore strategico, con politiche industriali mirate a tutelare e rilanciare il tessuto produttivo dei nostri territori.
(2-00022) «Manzi, Curti, Graziano, Peluffo, Sarracino, De Luca, Toni Ricciardi, Mauri, Lacarra, Casu, Furfaro, Braga, Marino, Merola, De Maria, Gnassi, D'Alfonso, Bakkali, Malavasi, Gribaudo, Fossi, Simiani, Berruto, Vaccari, Ascani, Scotto, Ferrari, Ciani, Gianassi, Scarpa, Di Biase».

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ORFINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la ricostruzione degli accadimenti del salvataggio in mare di immigrati alla deriva nel Mediterraneo da parte della nave Geo Barents, fornita dal capomissione di Medici senza frontiere Juan Matia Gil in una intervista rilasciata al Fattoquotidiano.it evidenzia una serie di palesi incongruenze, rispetto agli elementi forniti dal Ministro interrogato nell'ambito della informativa resa al Parlamento in data 16 novembre 2022;

   suddetta ricostruzione parte dall'allarme ricevuto da Alarm Phone alle 16.25 di giovedì 27 ottobre 2022 al centro di coordinamento per il soccorso marittimo di Malta, Stato competente per la zona di mare Sar in cui è localizzata l'imbarcazione in pericolo nonché al centro per il soccorso in Italia;

   trovandosi nell'area, il comandante della Geo Barents invia una prima mail agli Stati costieri per segnalare la disponibilità e la capacità a intervenire, insieme alla richiesta di essere coordinati;

   la mail è indirizzata al centro di Malta, mentre in copia ci sono Italia e Norvegia, Stato di bandiera della nave, che risulta essere sempre messo in copia per conoscenza;

   la Geo Barents ha quindi scritto a Malta e Italia di poter prestare assistenza «se richiesto» senza però ricevere risposta;

   la Geo Barents raggiunge pertanto il luogo indicato dall'allarme e continua ad inviare sulla base delle prescrizioni delle Convenzioni internazionali le informazioni in suo possesso sperando di ricevere indicazioni questo perché proprio in base alla Convenzione internazionale SAR sono gli Stati a dover coordinare ricerca e soccorso, in quanto gli unici ad avere strumenti e autorità per guidare le operazioni e assicurare che si concludano positivamente individuando porto sicuro e avere tempi rapidi;

   giunta sul posto, la nave Geo Barents invia una nuova mail con una prima valutazione della situazione e comunica di essere pronta senza però ancora una volta ricevere alcuna indicazione;

   segue altra comunicazione, che riporta quanto verificato dalle lance, compresa la presenza di bambini piccoli e di una persona malata su una imbarcazione in vetro resina sovraffollata e anche a questa comunicazione non segue alcuna risposta;

   a questo punto le persone vengono soccorse con un report dettagliato dell'intervento contenuto in una ulteriore email indirizzata ai destinatari di cui in premessa e viene inviata la richiesta di un porto sicuro;

   fino al 29 ottobre 2022 è stato chiesto un porto a Malta senza ottenere via libera e dal 31 ottobre 2022 spostati in zona Sar competente per l'Italia viene inviata una prima richiesta cui segue la risposta: «la sua richiesta è stata inoltrata all'autorità competente»;

   sabato 5 novembre 2022 la Geo Barents chiede a causa delle proibitive condizioni meteo di poter approdare in un porto sicuro a cui seguiva la comunicazione del decreto ministeriale che permetteva il solo sbarco selettivo delle persone più vulnerabili e la sosta per lo stretto tempo necessario;

   anche la Ong tedesca Humanity 1, nell'ambito delle operazioni di soccorso del 24 ottobre 2022 aveva informato Libia, Malta, Italia e, per conoscenza, Germania, senza ricevere risposta evidenziando anche in questo caso la parziale e tendenziosa ricostruzione svolta dal Ministro in Aula;

   tutte le richiamate comunicazioni sono documentate e riportate a mezzo stampa;

   nella informativa resa dal Ministro alle Camere si è più volte rimarcato il mancato rispetto delle regole da parte delle Ong. –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle richiamate comunicazioni e se intenda rettificare quanto comunicato al Parlamento in quanto è del tutto evidente che sia la Geo Barents che la Humanity 1 si sono attenute pedissequamente alle misure previste dalle Convenzioni internazionali.
(5-00058)


   DE LUCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Vallo di Diano, un territorio storicamente laborioso e pacifico situato nella parte sud della provincia di Salerno, negli ultimi tempi ha fatto registrare una preoccupante diffusione di episodi di criminalità organizzata nonché un aumento dei reati di maggiore allarme sociale (rapine e furti nelle abitazioni);

   questa criticità richiede la presenza di un presidio di sicurezza sul territorio, al fine di svolgere un'accurata e metodica opera di prevenzione e dissuasione, indispensabile per operare un efficace contrasto alla criminalità;

   attualmente il territorio del Vallo di Diano è presidiato da forze dell'ordine il cui numero risulta insufficiente rispetto alle esigenze del territorio ed alla vastità dell'area comprensoriale;

   la carenza di risorse umane e finanziaria degli enti locali, unitamente all'ampiezza di tale comunità, non consente un'efficace attività di prevenzione e contrasto dei predetti fenomeni criminosi, suscitando preoccupazioni sempre maggiori;

   a giudizio dell'interrogante, è indispensabile una rafforzata attività di controllo del Ministero dell'interno sul territorio valdianese, attraverso interventi finalizzati a implementare le attività di contrasto alla criminalità e consolidare il rispetto dei princìpi di legalità e trasparenza;

   a tal fine, oltre alla necessità di promuovere d'intesa con le istituzioni locali un tavolo per la sicurezza nel territorio valdianese, si ravvisa l'esigenza di rafforzare gli organici e le dotazioni di mezzi delle forze dell'ordine nella macro area considerata, ma anche e soprattutto di istituire un Commissariato di pubblica sicurezza nel territorio del Vallo di Diano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga opportuno – al fine di contrastare efficacemente i diffusi episodi di criminalità registrati e garantire la sicurezza dei cittadini – rafforzare con la massima urgenza gli organici e le dotazioni di mezzi delle forze dell'ordine ed attivare le procedure per l'istituzione di un Commissariato di pubblica sicurezza nel territorio del Vallo di Diano.
(5-00059)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidio ospedaliero «Vittorio Emanuele» di Gela ha subito negli anni un grave declassamento, con la chiusura di alcuni reparti e la mancata apertura di altri pur previsti dai piani sanitari;

   in particolare, sono stati declassati i reparti di psichiatria, otorinolaringoiatria e malattie infettive, mentre da tempo quello di rianimazione – per la costante carenza di personale – non è in grado di assicurare un servizio adeguato e l'unità operativa complessa di neurologia, aperta da meno di un anno, ha dovuto chiudere i battenti;

   la mancanza di anestesisti consente di effettuare solo operazioni d'urgenza, la piccola chirurgia è «dirottata» in altre strutture provinciali o addirittura fuori provincia e il centro trasfusionale è chiuso;

   della situazione risentono anche reparti ancora in funzione come ortopedia e oncologia, in un territorio, peraltro, dove l'incidenza di tumori è più elevata che nella media nazionale;

   a tutto ciò si somma lo stato del plesso ospedaliero, con edifici vecchi e fatiscenti, dov'è difficile mantenere condizioni igienico-sanitarie accettabili, mentre la città attende da anni la realizzazione di un nuovo ospedale;

   è evidente che tale situazione, nonostante l'impegno dei medici e del personale tutto, rendono impossibile garantire il diritto dei cittadini alla salute, sancito all'articolo 32 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per assicurare i livelli essenziali di assistenza agli utenti del presidio ospedaliero di Gela.
(4-00103)


   D'ATTIS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 novembre 2022 i medici in servizio presso il pronto soccorso dell'ospedale Perrino di Brindisi hanno richiesto l'intervento dei carabinieri affinché prendessero atto di quanto stava accadendo;

   infatti, stando a quanto risulta all'interrogante, alle ore 21:00 in pronto soccorso vi erano 23 pazienti arrivati con codice «arancione», da prendere in carico, 6 pazienti arrivati con codice «azzurro» e, nel frattempo, continuavano ad arrivare pazienti da tutta la provincia, nonostante la presenza sul territorio degli ospedali di Ostuni e Francavilla Fontana, sia attraverso le ambulanze del 118 che con mezzi privati;

   si trattava, dunque, di una situazione altamente rischiosa per il personale in servizio nonché per le persone che in quel momento avevano bisogno di assistenza sanitaria tra le quali vi erano malati oncologici terminali;

   dai fatti riportati, tutti recenti, emerge, ad avviso dell'interrogante, un quadro drammaticamente preoccupante per la gestione della sanità pugliese, caratterizzata da notevoli inefficienze: pronto soccorso definiti «gironi infernali», liste di attesa interminabili, ospedali chiusi, reparti in sovraffollamento irrazionale, ambulanze in coda per ore, in una situazione eufemisticamente definibile «emergenziale» –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, ed eventualmente valutando la sussistenza dei presupposti per iniziative di carattere ispettivo, alla luce dei gravi fatti riportati in premessa, il Governo intenda intraprendere per porre fine alla mala gestio della sanità pugliese.
(4-00104)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Ascari e altri n. 1-00004, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sergio Costa.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Amato e altri n. 2-00011, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sergio Costa.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Fenu e altri n. 5-00032, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sergio Costa.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Foti e altri n. 3-00036, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta immediata in commissione Rubano n. 5-00053, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: De Palma, Sala.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Polidori n. 1-00005, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 10 del 16 novembre 2022.

   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    dal punto delle fonti sovranazionali, il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini (già enunciato agli articoli 2, 3 e 13 del previgente Trattato istitutivo della Comunità europea – TCE), inserendolo tra i valori (articolo 2 Trattato sull'Unione europea – TUE) è tra gli obiettivi dell'Unione (articolo 3, paragrafo 3, TUE); la dichiarazione n. 19 annessa ai Trattati ha affermato che l'Unione mirerà a lottare contro tutte le forme di violenza domestica, impegnando gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire e punire tali atti criminali e per sostenere e proteggere le vittime;

    l'eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere costituisce una priorità della Strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell'Unione europea, nonché del Programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà sicurezza e giustizia, 2010-2014;

    in tale contesto un riferimento fondamentale continua a essere rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione, oltre a intervenire specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, quale fenomeno non concernente solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela, specifica i seguenti obiettivi: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;

    in precedenza, sempre a livello sovranazionale, il tema aveva ricevuto un significativo impulso dalla Dichiarazione di Pechino e dalla relativa Piattaforma d'azione nel 1995, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw, 1979) e, successivamente, con il suo Protocollo opzionale (1999) e la Raccomandazione generale n. 19 del Cedaw sulla violenza contro le donne, aggiornata poi dalla Raccomandazione generale n. 35 del 26 luglio 2017. Tale Raccomandazione forniva un più esatto inquadramento degli obblighi a carico degli Stati membri e degli ambiti di intervento per il contrasto al fenomeno della violenza contro le donne, tramite il divieto di violenza di genere come norma consuetudinaria del diritto internazionale e la conseguente necessità di cambiare le norme sociali che favoriscono tale forma di violenza; la Raccomandazione, inoltre, ampliava la definizione di violenza di genere, includendovi quelle forme che riguardano il diritto alla salute riproduttiva, nonché quelle che si verificano on line e negli altri ambienti digitali creati dalle nuove tecnologie;

    più recentemente, nella risoluzione Onu del 25 settembre 2015 per l'adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, si stabiliscono traguardi internazionali coerenti nella cornice dell'obiettivo 5 «Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze»;

    in questo contesto normativo, nel giugno 2019 è stata approvata dall'Organizzazione internazionale del lavoro, la Convenzione 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro; questa ha sancito l'obbligo di adottare misure normative coerenti con la constatazione «che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire un abuso o una violazione dei diritti umani e che la violenza e le molestie rappresentano una minaccia alle pari opportunità e che sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso»; a fronte di tali problematiche, la Convenzione ha, altresì, proposto l'adozione un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle cause all'origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti di potere dovuti al genere;

    il complesso panorama di norme sovranazionali ha imposto l'obbligo per gli Stati parte di rispettare, tutelare e garantire i diritti umani in essi sanciti; questo triplice obbligo impone allo Stato – o ai suoi organi – di astenersi da qualsiasi comportamento lesivo dei diritti umani, di proteggere i suoi cittadini da violazioni di tali diritti da parte di terzi e di garantirne la realizzazione mediante misure attive. Lo Stato è tenuto a proteggere i privati da lesioni e soprusi commessi da altri privati: al riguardo, la violenza domestica è pacificamente considerata una violazione dei diritti umani da parte di un privato;

    in adempimento agli obblighi internazionali, già a partire dall'introduzione del reato di stalking nel 2009, l'Italia ha adottato numerosi provvedimenti atti a prevenire e tutelare il fenomeno della violenza domestica;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata;

    a pochi mesi di distanza, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha, poi, introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che il Ministro delegato per le pari opportunità «anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    in attuazione dell'obbligo, il 17 novembre 2021 è stato adottato il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, nella «Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio», approvata il 14 luglio 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), in particolare il comma 149 dell'articolo 1, ha reso strutturale l'adozione, da parte del Governo, di un Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e ha delineato un sistema di governance composto da una cabina di regia interistituzionale e da un osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica;

    precedentemente, un ulteriore passaggio da evidenziare è rappresentato dall'approvazione della legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici», che ha modificato alcune norme del codice civile, di quello penale e di procedura penale, introducendo nuove tutele per gli orfani di crimini domestici, intesi come figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, i quali siano divenuti orfani di un genitore a seguito di omicidio posto in essere in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, pure se l'unione civile è cessata, ovvero dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza;

    altro fondamentale intervento del legislatore nazionale è rappresentato poi dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019 (recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), denominata «codice rosso»; la legge contiene disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori disposizioni di carattere processuale; fra le novità in ambito procedurale, è l'introduzione del «doppio binario» per i reati considerati indice di violenza domestica, in relazione ai quali è stata prevista un'accelerazione per l'avvio del procedimento penale, con l'effetto della più celere eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime; inoltre, è stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Nello specifico, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l'applicazione di misure di prevenzione; la legge ha, quindi, introdotto quattro nuove fattispecie di reato: il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (sexting e revenge porn); il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il reato di costrizione o induzione al matrimonio; il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

    nonostante la copiosa legislazione, come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente. Tale considerazione deriva anche dal fatto che i dati che si trovano su tale fenomeno vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché si tratta di un fenomeno sommerso, di cui è possibile effettuare mere stime, e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    molte sono le misure approvate volte a promuovere con decisioni politiche la parità di genere, a incrementare l'occupazione femminile, a sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis del codice penale;

    la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso, rispondendo alla ratio di porre un efficace e immediato argine alla violenza contro le donne, ha predisposto strumenti per consentire allo Stato di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa, evitando che la stessa, se non interrotta, produca conseguenze drammatiche;

    il cardine dell'intervento normativo è l'ascolto della persona offesa entro tre giorni dalla presentazione della denuncia. L'audizione della vittima, svolta senza ritardo dall'autorità giudiziaria, ha lo scopo di evitare stasi procedimentali che causerebbero ritardi nell'adozione di provvedimenti a loro tutela;

    in data 24 novembre 2020, il Ministero della giustizia ha pubblicato un primo bilancio («Il rapporto: un anno di “codice rosso”») della legge n. 69 del 2019, ad un anno dalla sua entrata in vigore, al fine di fornire un primo dato di conoscenza relativo all'applicazione della disciplina sia con riferimento ai nuovi reati introdotti, sia con riguardo ai corrispondenti elementi processuali di rilievo in termini di denunce, pendenze e condanne, anche per procedere ad ogni eventuale iniziativa di perfezionamento o intervento;

    se la creazione di una corsia preferenziale per i reati spia di violenza di genere appare giusta, deve rilevarsi che ciò che non è giusto per le donne è la lentezza del procedimento, momento nel quale la donna diviene maggiormente esposta a violenze e ritorsioni. È, pertanto, necessario intervenire per evitare i processi di vittimizzazione secondaria, riducendo la drammatica persistenza di pregiudizi culturali o stereotipi sessisti nelle aule dei tribunali, nella rappresentazione dei media e nel più ampio contesto sociale, che conduce a vittimizzazione, nuovamente, le donne che hanno già subito violenza, esponendole a un ulteriore trauma e ostacolando la giustizia;

    è di primaria importanza istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne, con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce; non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, ciò non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    invero, per intervenire in via preventiva ed evitare epiloghi drammatici, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene certe e concretamente deterrenti, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    una funzione importante, nell'attuazione delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, dovrà essere svolto dagli enti locali e risulta pertanto importante valorizzarne il ruolo;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia, L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e una nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (sei milioni e 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    nondimeno, la fruibilità di dati attendibili sui fenomeni di violenza di genere ha rappresentato un grave vulnus nel sistema normativo di tutela delle donne, restituendo una condizione sovente sottostimata. In tal senso la legge 5 maggio 2022, n. 53, è intervenuta a disciplinare la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, al fine di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo. A tal fine la legge: introduce l'obbligo per gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, nonché di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne; introduce l'obbligo per tutte le strutture sanitarie pubbliche e, in particolare, per le unità operative di pronto soccorso di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne; istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato; prevede che alle rilevazioni concernenti specifici reati siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato, la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione, entro dodici mesi dall'entrata in vigore delle legge, di due appositi decreti del Ministro della giustizia (tali decreti non sono ancora stati emanati); perfeziona, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e sui servizi offerti rispettivamente dai centri antiviolenza e dalle case rifugio;

    la natura strutturale della violenza di genere impone una rapida concreta operatività dei sistemi di rilevamento dei dati introdotti dalla citata legge n. 53 del 2022;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    la complessità del fenomeno richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico e interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    la pandemia da COVID-19, le conseguenti misure di contenimento, in uno con la crisi economica senza precedenti che ha investito e continua ad investire il nostro Paese, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per un'efficace tutela;

    non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti, in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia, per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale; in tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;

    lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;

    sarebbe, altresì, opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    nella medesima direzione sono state presentate varie proposte di legge volte a introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, nonché nei corsi di studio universitari;

    occorre prestare attenzione a tutti gli ambiti nei quali si sviluppa la socialità, tra i quali riveste particolare importanza anche lo sport, fondamentale veicolo di inclusione sociale, portatore di valori elevati, quali il rispetto, la collaborazione, l'integrazione, la gestione delle emozioni, la disciplina, la costanza, l'impegno, l'etica, la cura di sé, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta;

    risulta, quindi, essenziale continuare a lavorare per il superamento delle discriminazioni e il rafforzamento dei grandi valori che lo sport rappresenta, anche attraverso l'introduzione di misure di sostegno al ruolo dello stesso quale veicolo di inclusione sociale e di superamento di ogni forma di discriminazione;

    il problema, come riportato nella relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbe essere offerta in forma gratuita, anche in collegamento con i centri antiviolenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;

    al pari dei sopra citati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa, ormai, endemica piaga sociale;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019 il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all'8 per cento degli uomini (2019), Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che, secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali e che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro Paese e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base del rapporto pubblicato nel luglio 2022 sul gender gap dal World economic forum, l'Italia si colloca ancora al 63° posto su 143 Paesi della classifica mondiale, occupando la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61a) e Zambia (62a). A livello di Europa l'Italia è 25a su 35 Paesi;

    il dato senza dubbio più negativo è quello relativo alla partecipazione economica e al lavoro, con l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi dell'Unione europea. Ecco perché, alla luce di questi dati, c'è la conferma che il focus deve essere improntato al lavoro e allo sviluppo di politiche di miglioramento, ancor più dopo gli effetti negativi della pandemia;

    viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale delle donne;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà», un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro, per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», che è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre 2022 l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;

    certamente, si tratta di un'iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    in tale direzione va il micro-credito di libertà promosso dal precedente Governo in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, nella XVIII legislatura, con le riforme del processo civile e del processo penale, che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, con l'approvazione della «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», sono stati modificati anche i procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà, dunque, il giudice ad accertare le cause del rifiuto, considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce, inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come estrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra le altre, rileva una disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio;

    ciò nonostante, ancora oggi, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È, quindi, importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e, dunque, una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto è l'estrema durata del procedimento penale;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve, dunque, una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne, che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno, ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, sono state vietate affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuate, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    nell'era del web la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia on line che off line, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto «eurocrimini»;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna;

    da non sottacere, infine, la gravissima situazione delle donne in Iran. Per la legge iraniana le donne e le ragazze che si mostrano in pubblico senza indossare il velo, o indossandolo in modo non appropriato, possono essere punite con una pena detentiva, la fustigazione o un'ammenda; la «Gasht-e Ershad», la cosiddetta polizia «morale», è solita fermare sistematicamente e casualmente per strada donne e ragazze, insultandole e minacciandole o aggredendole fisicamente con atti che equivalgono a vere e proprie pene crudeli, disumane e degradanti, in palese violazione del diritto internazionale e della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (International covenant on civil and political rights, Iccpr), di cui l'Iran è firmatario;

    il 13 settembre 2022 Mahsa Jina Amini, cittadina iraniana di origini curde, è stata arrestata a Teheran, capitale dell'Iran, dalla cosiddetta polizia «morale», con l'accusa di non aver indossato nel modo corretto lo hijab, strumento utilizzato per sottomettere e controllare le donne e, con esse, l'intera società iraniana;

    dopo il decesso di Mahsa Jina Amini, secondo testimonianze cagionato dalle percosse subite durante il trasferimento in carcere, decine di migliaia di cittadini iraniani, provenienti da tutti i segmenti della società, hanno partecipato, con grande coraggio, a manifestazioni antigovernative in tutto il Paese, al grido di «Donne, Vita, Libertà». I manifestanti – donne e uomini, giovani e anziani, scesi per le strade in ogni angolo del Paese – stanno rischiando la vita non per chiedere piccole riforme, ma perché sia posta fine all'insopportabile «regime di apartheid di genere». Molte donne, di tutte le province dell'Iran, si stanno togliendo il velo, sventolandolo in segno di libertà o bruciandolo. Il liberarsi del velo, il simbolo dell'oppressione, ha un forte valore simbolico: tolto l'hijab, l'intero sistema teocratico al potere dal 1979 è destinato a crollare. Per tale motivo queste proteste stanno assumendo di giorno in giorno il carattere di una vera e propria rivoluzione pacifica;

    il regime iraniano continua a dipingere queste proteste come un complotto straniero, capeggiato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele, dai loro mercenari e dai «traditori iraniani» residenti all'estero che starebbero fomentando le proteste e i disordini; nella repressione delle proteste il regime ha incrementato l'uso della forza e minaccia l'utilizzo della pena di morte. Le forze di sicurezza e le milizie paramilitari Basiji, oltre a sparare contro i manifestanti con gas lacrimogeni e cartucce di vernice, utilizzano ormai anche munizioni vere ad altezza d'uomo;

    duecentoventisette deputati iraniani, su duecentonovanta complessivi, hanno chiesto «una sentenza divina», con la condanna a morte di tutti i manifestanti. Emblematico è il caso del giovane Saman Yasin, un rapper curdo iraniano, condannato alla pena di morte per aver «dichiarato guerra a Dio» per il suo sostegno social alle proteste per la morte di Mahsa Amini;

    l'11 novembre 2022 gli ambasciatori di Germania e Islanda presso le Nazioni Unite a Ginevra hanno richiesto la convocazione di una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell'Onu per affrontare il deterioramento della situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran, in particolare per quanto riguarda donne e bambini;

    il 14 novembre 2022 il Consiglio degli affari esteri dell'Unione europea ha aggiunto ulteriori 29 persone e tre entità all'elenco dei soggetti sottoposti a sanzioni per violazioni di diritti umani in Iran, includendovi i quattro membri della squadra che ha arrestato Mahsa Amini, i capi provinciali delle forze dell'ordine iraniane (Lef) e del corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, comandante delle forze di terra dell'esercito iraniano, per il loro ruolo nella brutale repressione delle proteste. L'Unione europea ha inserito nella lista anche l'emittente televisiva di Stato iraniana Press Tv, come responsabile della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti;

    è doveroso plaudere ed esprimere vicinanza alle ragazze, ai ragazzi, alle donne e agli uomini iraniani, che, pur consapevoli di rischiare la propria incolumità e condanne draconiane, compresa la pena capitale, lottano in modo non violento rivendicando il proprio diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le proprie richieste e opinioni;

    la lotta contro ogni forma di violenza sulle donne deve proseguire e perseguire i diritti di tutte le donne in tutte quelle parti del mondo ove i loro più elementari diritti sono ignorati e soppressi con inaudita violenza,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad assumere iniziative volte a portare a termine i decreti attuativi previsti dalla legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», al fine di garantire un flusso informativo strutturato, continuo e rigoroso sulla violenza contro le donne, poter mettere a punto politiche efficaci di prevenzione e contrasto, monitorando il fenomeno e consentendo di stimare la parte sommersa dei diversi tipi di violenza – fisica, sessuale, psicologica, economica – considerando anche l'eventuale presenza di figli minori;

3) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima: polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale socio-sanitario;

4) ad adottare iniziative per implementare le risorse destinate al Fondo per le politiche relative alle pari opportunità e, più in generale, a tutte le politiche per la prevenzione e il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne e per la promozione di un'effettiva parità di genere, nonché al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

5) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

6) a valutare di predisporre, attraverso la comunicazione istituzionale, una vasta campagna di sensibilizzazione rivolta agli uomini, per la crescita della consapevolezza maschile della violenza contro le donne;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri anti violenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

8) ad adoperarsi per quanto di competenza al fine di dare attuazione alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura;

9) a valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, attraverso un maggiore utilizzo e il potenziamento del dispositivo di «braccialetto elettronico», valutando, altresì, la possibilità di aumentare il numero di cavigliere elettroniche a doppio dispositivo gps e a metterle nelle disponibilità del Ministero della giustizia;

10) a valutare la possibilità di attuare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale, al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

11) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale anti violenza per il triennio 2021-2023, individuando le priorità di intervento;

12) ad adoperarsi al fine di promuovere iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte a implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

13) ad adottare iniziative specifiche per contrastare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne;

14) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

15) a valutare la possibilità di porre in essere iniziative per l'introduzione nelle scuole della figura professionale dello psicologo scolastico e dell'insegnamento dell'intelligenza emotiva per aiutare i giovani studenti a superare forme di disagio e prevenire ogni possibile sentimento di discriminazione, affinché tali malesseri non si trasformino in età adulta in forme di violenza contro le donne;

16) ad assumere sempre nuove iniziative volte a potenziare i percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i loro familiari, con particolare attenzione per i minori vittime di violenza assistita, anche attraverso lo sviluppo di una capillare rete di servizi socio-sanitari e assistenziali dotati di specifiche professionalità, come psicologi e psicoterapeuti;

17) a favorire iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro, anche attraverso misure di sostegno all'autonomia abitativa, con particolare attenzione alle diverse fragilità sociali, altresì valutando di rendere accessibile il reddito di libertà a tutte le donne in fuoriuscita dalla violenza;

18) a valutare l'opportunità di estendere la misura del congedo indennizzato per le donne che hanno subito violenza, di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 2015, dai tre attuali ad almeno sei mesi;

19) ad adottare iniziative per garantire che le risorse ripartite nella Conferenza Stato-regioni siano erogate con regolarità e puntualità, monitorando l'effettivo trasferimento delle risorse ai centri antiviolenza e alle case rifugio presenti sul territorio, riducendo le disparità regionali nell'offerta dei servizi alle vittime di violenza;

20) ad adottare le opportune iniziative volte a integrare la relazione al Parlamento, di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, con un'informativa sulle attività della cabina di regia prevista per dare impulso alle politiche di prevenzione e contrasto della violenza;

21) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, ad adottare norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne, estendendo tali progetti anche alla comunità educante in senso largo; associazioni sportive, culturali, religiose;

22) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, percorsi e progetti mirati a garantire l'educazione delle nuove generazioni alla parità tra uomo e donne, all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi del contrasto alla violenza sulle donne;

23) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla normativa che disciplina l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

24) ad adoperarsi al fine di favorire lo sport, come veicolo di inclusione sociale, di prevenzione ai disagi giovanili e alle forme di violenza e discriminazione contro le donne;

25) a monitorare i risultati raggiunti dai centri per uomini autori di violenza di genere e, a seguito del monitoraggio, a valutare l'opportunità di favorire la presenza degli stessi in ogni regione per avviare un percorso di responsabilizzazione, prevenzione e repressione dei reati di violenza;

26) a verificare lo stato di applicazione, che deve essere omogeneo su tutto il territorio nazionale, delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

27) a valorizzare il ruolo degli enti locali nel contrasto alla violenza sulle donne, sostenendo la presa in carico complessiva ed integrata delle donne, ed eventualmente dei loro figli e promuovendo protocolli di rete tra istituzioni e terzo settore, tramite la valorizzazione delle «buone pratiche» introdotte a livello regionale, favorendone l'adozione anche a livello nazionale e centrale;

28) a valutare l'opportunità di rendere effettiva l'applicazione delle misure previste dalle norme di cui al decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104 di attuazione della direttiva (UE) 2017/853;

29) ad adoperarsi per promuovere, nel contesto europeo, azioni diplomatiche affinché lo Stato iraniano cessi di reprimere con la violenza manifestazioni pubbliche e la libertà di espressione.
(1-00005) (Ulteriore nuova formulazione) «Polidori, Varchi, Serracchiani, Bisa, Richetti, Zanella, Lupi, Gebhard, Cattaneo, Foti, Molinari, Marrocco, Cavo, Vietri, Matone, Semenzato, Caretta, Morrone, Ciaburro, Sudano, Chiesa, Bellomo, Lucaselli, Ravetto, Mantovani, Cavandoli, Schifone, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Antoniozzi, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Cerreto, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Donzelli, Filini, Frijia, Gardini, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, La Porta, La Salandra, Lampis, Lancellotta, Longi, Loperfido, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Messina, Michelotti, Milani, Mollicone, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Ruspandini, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo, Bagnasco, Battilocchio, Deborah Bergamini, Casasco, D'Attis, Mangialavori, Orsini, Pittalis, Paolo Emilio Russo, Saccani Jotti, Tenerini, Tosi, De Palma, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Bonafè, Braga, Carè, Casu, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Luca, De Maria, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Ghio, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerini, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Provenzano, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Schlein, Scotto, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, De Monte, Del Barba, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Marattin, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Richetti n. 1-00015 del 22 novembre 2022;

   mozione Zanella n. 1-00017 del 22 novembre 2022;

   mozione Serracchiani n. 1-00018 del 22 novembre 2022;

   mozione Gebhard n. 1-00019 del 23 novembre 2022.