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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 22 novembre 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre si celebra nel mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), la quale precisa che «con l'espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata»;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa, tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione;

    il nostro Paese, in particolare da ultimo il Governo Draghi, ha profuso un notevole impegno per una piena applicazione della Convenzione di Istanbul, sia con un'ampia implementazione normativa sia con un approccio strategico e risorse per attuare gli assi previsti da tale Convenzione: prevenzione, protezione, persecuzione dei colpevoli e promozione dell'autonomia delle donne;

    la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), in particolare il comma 149 dell'articolo 1, ha reso strutturale l'adozione, da parte del Governo, di un Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e ha delineato un sistema di governance composto da una cabina di regia interistituzionale e da un osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. Il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, presentato in Consiglio dei ministri il 18 novembre 2021 in continuità con il primo Piano strategico nazionale introdotto per il triennio 2017-2020, è articolato per assi, in linea con la Convenzione di Istanbul: prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione. A ciascun asse sono associate specifiche priorità, che affrontano le dimensioni più significative della violenza maschile sulle donne. Tale Piano è il risultato di un lavoro condiviso, che ha visto il coinvolgimento della cabina di regia nazionale (amministrazioni centrali, regioni e autonomie locali), delle parti sociali e delle principali realtà associative attive nel settore della prevenzione e del contrasto della violenza di genere;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere ha approvato nella XVIII legislatura la «Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio», approvata il 14 luglio 2020, e la «Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime», approvata il 16 febbraio 2022;

    a partire nel disegno di legge di bilancio per l'anno 2022, lo stanziamento delle risorse a favore dei centri antiviolenza e case rifugio è stato reso strutturale, evitando un rinnovo di volta in volta che produce inevitabilmente ritardi e precarietà; con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 settembre 2022 sono state potenziate le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il finanziamento ai centri antiviolenza e agli altri servizi di assistenza; nello specifico, vengono attribuiti a tali strutture 30 milioni di euro, ripartite in egual misura tra i centri antiviolenza e le case rifugio, e una somma di 10 milioni di euro agli interventi regionali, secondo le specifiche esigenze della programmazione territoriale, per un ammontare complessivo di risorse pari a 40 milioni di euro (10 milioni in più rispetto al 2021); è stata, inoltre, potenziata l'azione di monitoraggio e valutazione del Dipartimento sul corretto utilizzo delle risorse finanziarie a partire dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto delle risorse tra le regioni del 2019 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 dicembre 2019). La revisione dell'intesa del 27 novembre 2014 sui requisiti minimi dei centri antiviolenza e case rifugio ha raggiunto l'intesa in sede di Conferenza unificata in data 14 settembre 2022;

    è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione delle risorse stabilite nelle leggi di bilancio 2020 e 2022 a favore dei programmi e centri per gli uomini autori di violenza, per un ammontare totale di 9 milioni di euro. Si è finalizzato, in stretta collaborazione con le regioni, un documento recante indicazioni sui requisiti per i centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere. Tale documento costituisce un rilevante elemento di novità, in quanto consente di dotare il settore di una disciplina specifica e di regolamentare l'accreditamento e la definizione degli standard di qualità dei servizi, al fine di evitare che possano operare realtà senza la dovuta esperienza e qualifica, in linea con la Convenzione di Istanbul, per prevenire e interrompere la violenza anche al fine di evitare la recidiva. Il rispetto dei requisiti previsti dall'intesa sui centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere costituirà condizione necessaria per accedere ai finanziamenti pubblici. L'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni sui requisiti minimi dei centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere è stata sancita il 14 settembre 2022;

    con la legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, commi 279-280) è stato istituito un fondo per l'erogazione di borse di studio e contributi per l'inserimento lavorativo degli orfani per crimini domestici; il fondo, rifinanziato negli anni successivi e reso attuativo con decreto interministeriale 21 maggio 2020, n. 71, rappresenta, insieme a quello per le vittime di reati intenzionali violenti, un importante strumento di sostegno per gli orfani, vittime anch'essi della violenza maschile;

    la violenza contro le donne, in prevalenza nell'ambito domestico e delle relazioni affettive, in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare al femminicidio, quasi sempre epilogo drammatico di una storia di violenza e abusi, spesso vissuti in solitudine;

    in base ai dati del Ministero dell'interno del 13 novembre 2022, relativamente al 2022, sono stati registrati 261 omicidi, con 96 vittime donne, di cui 84 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 49 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner;

    le donne con disabilità hanno una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta;

    la legge 23 aprile 2009, n. 38, che ha convertito in legge il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità un servizio telefonico di pubblica utilità per tutelare vittime di violenza e di atti persecutori. Tale servizio di pubblica utilità, raggiungibile al n. 1522 o via app, attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell'anno svolge un ruolo centrale nel quadro delle politiche di supporto alle vittime di violenza e stalking ed opera anche in chiave di prevenzione. Le campagne che ne promuovono la diffusione hanno negli ultimi anni rappresentato un'azione importante per sensibilizzare l'opinione pubblica e dare piena informazione alle donne vittime di violenza. Tra queste hanno svolto un ruolo importante le campagne istituzionali promosse dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità (tra cui «Sblocca il coraggio» e «Libera puoi»), in particolare durante la pandemia, come ha certificato l'Istat, e le altre numerose campagne volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, tra cui la campagna «Non è normale che sia normale» con adesione di UNWomen;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante;

    va in questa direzione l'istituzione nella XVIII legislatura del reddito di libertà (articolo 105-bis del decreto-legge n. 34 del 2020), consistente in un contributo economico, stabilito ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2020, per un importo massimo di 400 euro mensili pro capite per 12 mensilità, erogato dall'Inps alle donne vittime di violenza che ne fanno richiesta, seguite dai centri antiviolenza; le risorse attribuite al fondo per l'anno 2020 ammontavano a 3 milioni di euro; queste sono state incrementate dalle leggi di bilancio per gli anni 2021 e 2022 di ulteriori 9 milioni di euro; sempre in tale direzione va il microcredito di libertà in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito e la Caritas, con un fondo di garanzia di 3 milioni di euro a carico del Dipartimento per le pari opportunità;

    fondamentali sono le iniziative di prevenzione al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e finanziario, su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita. In tal senso, l'educazione finanziaria è uno strumento importante per accelerare il processo di uscita dalla violenza e per favorire percorsi di inclusione delle donne che vogliono riprendere in mano la loro vita; l'importanza dell'educazione finanziaria come leva di una fattiva partecipazione delle donne alla vita del nostro Paese è stata indicata con grande chiarezza nella Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2025;

    sul versante processual-civilisitico, importanti novità sono state introdotte con la legge n. 206 del 2021, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», che introduce il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio; la riforma prevede, tra l'altro, che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica» e l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria;

    a tal proposito si ricorda che la sindrome da alienazione parentale non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici, per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento. La riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore;

    sul fronte penalistico, invece, sono stati compiuti notevoli progressi, a partire dall'introduzione del reato di stalking nel 2009, cui è seguito il decreto-legge n. 93 del 2013 che interviene sul codice penale con disposizioni volte a prevenire e reprimere la violenza domestica e di genere; da ultimo, la legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso) ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica; infine, tra le norme introdotte in sede parlamentare alla legge delega 27 settembre 2021, n. 134, si segnala una previsione che estende la portata applicativa delle norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte dal «codice rosso» anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio. Si inserisce, tra i delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, quello di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, colmando un vulnus presente nel «codice rosso» che esponeva la vittima a un grave pericolo per la sua incolumità;

    era stato presentato dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, dalla Ministra dell'interno e dalla Ministra della giustizia il disegno di legge atto Senato n. 2530, recante «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica», che interveniva con modifiche ai codici penale, di procedura penale, alle leggi antimafia e alle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011) e ad alcune leggi speciali, al fine di rendere maggiormente efficace l'impianto delle misure di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne. Tale disegno di legge non ha tuttavia completato il suo iter e per questo la proposta è stata già ripresentata nella XIX legislatura, sia alla Camera che al Senato (atto Camera n. 439 Bonetti e atto Senato n. 237 Gelmini);

    molte sono, altresì, le misure approvate nella XVIII legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere con decisione politiche per garantire la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    nel luglio 2021 per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti come obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano; in questa direzione va la clausola di condizionalità e premialità definita ai sensi dell'articolo 47 del decreto-legge n. 77 del 2021 («decreto semplificazioni»); con decreto interministeriale del 7 dicembre 2021 sono state adottate le «Linee guida volte a favorire le pari opportunità di genere e generazionali, nonché l'inclusione delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC», con cui sono definiti le modalità e i criteri applicativi delle misure previste, indicate misure premiali e predisposti modelli di clausole da inserire nei bandi di gara;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    l'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne, così come previsto dal V Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per l'infanzia e l'adolescenza (decreto del Presidente della Repubblica del 25 gennaio 2022);

    è fondamentale lavorare sulla formazione degli operatori per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza, perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile, come previsto dal Piano per il contrasto alla violenza;

    la vittimizzazione secondaria è un rischio a cui sono sottoposte le donne vittime di violenza, come evidenziato nella «Relazione sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale», approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere nella seduta del 20 aprile 2022. Emblematica la sentenza del 27 maggio 2021 con cui l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare), non avendo tutelato l'immagine, la privacy e la dignità di una giovane donna che aveva denunciato di essere stata violentata da sette uomini: nella sentenza con cui sono stati definitivamente assolti tutti gli imputati, è stato infatti utilizzato, a parere dei giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo, un «linguaggio colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario» per la «vittimizzazione secondaria cui le espone»; una preoccupazione in questo senso era stata manifestata anche dal Grevio nel suo recente rapporto sull'applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia, laddove si sottolinea la «presenza di stereotipi persistenti nelle decisioni dei tribunali sui casi di violenza»;

    nell'era del web la violenza corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line; il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia on line che off line, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto «eurocrimini»;

    in ambito internazionale, un tema che suscita preoccupazione è quello delle mutilazioni genitali femminili; come confermato da una ricerca del Dipartimento per le pari opportunità del 2018, il fenomeno è diffuso anche nel nostro Paese, dove tali pratiche hanno coinvolto o rischiano di coinvolgere le ragazze di alcune particolari nazionalità; per tale ragione, in aderenza a quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul, il tema è oggetto di apposita sezione nell'ambito del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023;

    in attuazione dell'articolo 37 della Convenzione di Istanbul, il nostro Paese ha introdotto un'apposita fattispecie all'articolo 558-bis del codice penale per punire i matrimoni forzati; alla repressione bisogna, tuttavia, coniugare l'attività di informazione e sensibilizzazione affinché le potenziali vittime siano informate sui loro diritti e sugli strumenti per tutelarli;

    la crisi pandemica prima e gli eventi internazionali poi hanno determinato la necessità di rafforzare l'azione volte a prevenire e contrastare il fenomeno della tratta di esseri umani; in tale ambito, a seguito degli eventi bellici interessanti il territorio ucraino, è stata sottoscritta una convenzione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il potenziamento delle attività di sostegno ai rifugiati svolte sulle frontiere;

    è stato approvato in data 19 ottobre 2022 dal Consiglio dei ministri il nuovo Piano nazionale d'azione contro la tratta e lo sfruttamento di essere umani, frutto di un percorso ampio e condiviso tra i soggetti istituzionali coinvolti e il terzo settore;

    le donne sono tra le principali vittime di violenza nei contesti di guerra e di violazione dei diritti umani, basti pensare alla violenza subita dalle donne ucraine da parte dell'esercito russo, alle gravissime violazioni dei diritti umani che le donne afgane stanno subendo sin dalla riconquista militare dell'Afghanistan da parte dei talebani, alla crudele repressione e alla violenza che stanno subendo a seguito del loro coraggio le donne iraniane che, dopo la morte di Masha Amini, continuano nella legittima rivendicazione dei propri diritti,

impegna il Governo:

1) a dare piena ed efficace attuazione al Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il triennio 2021-2023, con particolare attenzione:

   a) alla formazione degli operatori, affinché tutti coloro che vengono a contatto con donne vittime di violenza siano adeguatamente preparati per riconoscere la violenza sulle donne, valutare il rischio che corrono e garantire, tramite risorse idonee, il pieno accesso a una protezione giuridica e ad un'assistenza adeguata;

   b) all'educazione nelle scuole, al fine di destinare le risorse necessarie a promuovere temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati e la violenza di genere, attraverso la formazione del personale della scuola e i programmi scolastici;

   c) al tema della disabilità, al fine di rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

   d) al tema dell'accesso alle strutture sanitarie attraverso percorsi agevolati, garantendo la diffusione in tutto il territorio nazionale del «codice rosa», nell'ottica di un continuum assistenziale e di presa in carico globale;

2) ad adottare iniziative volte ad aumentare le risorse strutturali destinate ai centri antiviolenza e alle case rifugio e a dare piena attuazione al processo di monitoraggio previsto sull'utilizzazione delle risorse da parte delle regioni, potenziando la governance centrale del sistema, anche al fine di evitare disparità a livello territoriale;

3) a potenziare, per quanto di competenza, i programmi di trattamento per gli uomini autori di violenza contro le donne, secondo le linee di intervento indicate dalla «Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime», approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, che il Senato della Repubblica ha fatto propria con l'approvazione di una risoluzione all'unanimità il 25 maggio 2022;

4) ad adottare iniziative per incrementare ulteriormente le risorse destinate al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti e il Fondo per il sostegno agli orfani di crimini domestici e di reati di genere alle famiglie affidatarie, al fine di rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un femminicidio;

5) ad adottare iniziative per rendere strutturale le risorse per il reddito di libertà, per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà, e ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria e di supporto all'autonomia, all'empowerment e all'integrazione lavorativa delle donne nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

6) a dare efficace e piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere, con particolare attenzione alle iniziative volte ad incrementare l'occupazione femminile, anche aumentando le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità;

7) ad adottare iniziative specifiche per eliminare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne, e ad adottare iniziative per sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere, in particolare della figura femminile;

8) a dare piena attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019;

9) ad attuare per quanto di competenza il Piano nazionale «antitratta» e incrementare le risorse destinate al Fondo «antitratta», a portare avanti ogni azione di contrasto alla pratica delle mutilazioni genitali femminili, a promuovere ogni iniziativa possibile per eliminare il fenomeno dei matrimoni forzati;

10) sul piano europeo, a sostenere la Commissione europea nelle iniziative volte ad attuare la strategia contro la violenza maschile contro le donne, ad adoperarsi perché venga dato seguito alla risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di presentare una proposta di decisione del Consiglio volta all'inserimento della violenza di genere tra i cosiddetti «eurocrimini», a promuovere la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte di tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa;

11) sul piano internazionale, ad adottare e sostenere le più opportune iniziative diplomatiche per la tutela delle donne, dando seguito, in particolare, all'appello per la tutela delle donne in Afghanistan prodotto in occasione della Conferenza G20 sull'empowerment delle donne e alla dichiarazione congiunta del G7 di Berlino di ottobre 2022 sulle donne ucraine e iraniane;

12) a favorire, per quanto di competenza, l'iter parlamentare delle proposte di legge in materia di prevenzione e di contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica.
(1-00015) «Richetti, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, Del Barba, De Monte, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Marattin, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».


   La Camera,

   premesso che:

    le Nazioni Unite, con risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, hanno designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne;

    è riconosciuto come tale fenomeno costituisca una violazione dei diritti umani oltre che una gravissima forma di discriminazione che include qualsiasi atto di violenza fondato sul genere che di fatto provochi o sia suscettibile di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, ricomprendendo altresì le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata. (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, articolo 3 lettera a);

    alla luce dei valori fondamentali della Costituzione italiana che, all'articolo 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e che, all'articolo 3, consacra il principio di eguaglianza e coerentemente con l'articolo 37, che riconosce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore;

    nel rispetto dei comuni valori europei ed in virtù della nostra partecipazione all'Unione europea che riconosce la parità di genere come un principio fondamentale e che negli anni ha compiuto notevoli progressi attraverso la predisposizione di proposte legislative di diritto derivato atte a combattere i fenomeni di violenza contro le donne e l'implementazione di proposte e misure finalizzate a rendere effettiva la parità tra uomini e donne nei diversi stati membri;

    nel pieno rispetto degli impegni che negli anni l'Italia ha assunto a livello internazionale e degli obblighi che da tali accordi derivano di introdurre le necessarie misure legislative o di altro tipo per proteggere tutte le vittime da nuovi atti di violenza, ma anche alla luce dei numerosi strumenti di soft law che mirano a prevenire ed eliminare lo strutturato fenomeno della violenza di genere; avendo presente l'obiettivo tracciato dalla risoluzione ONU del 25 settembre 2015 che l'Italia ha sottoscritto insieme ad altri 192 Paesi delle e che mira a raggiungere l'uguaglianza di genere e l'empowerment di tutte le donne e ragazze, attraverso diversi obiettivi richiamati nella Missione 5 ponendo fine ad ogni forma di discriminazione nei confronti di tutte le donne, bambine e ragazze in ogni parte del mondo; «Concretizzare la parità dei sessi e l'emancipazione delle donne e delle ragazze darebbe un contributo fondamentale al progresso di tutti gli Obiettivi e dei traguardi. Il raggiungimento del pieno sviluppo del potenziale umano e dello sviluppo sostenibile non potrà realizzarsi se ancora metà della popolazione mondiale è privata di diritti e opportunità. Donne e ragazze devono poter godere della parità di accesso ad un'educazione di qualità, alle risorse economiche e alla partecipazione politica nonché delle pari opportunità con uomini e ragazzi per quanto riguarda il lavoro e le responsabilità dirigenziali e decisionali.» (Risoluzione adottata dall'Assemblea generale il 25 settembre 2015);

    in conformità con la legge 119 del 15 ottobre 2013 ed in linea con il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 introdotto il 17 novembre 2017; oltre che in aderenza alle prescrizioni normative che il nostro ordinamento ha implementato per combattere la violenza di genere e rendere effettivo la parità di opportunità nel nostro Paese;

    è assolutamente doveroso per gli uomini e le donne rappresentanti delle Istituzioni, soffermarsi a riflettere con responsabilità e con uno spirito di piena collaborazione, sul percorso normativo finora intrapreso, con il fine di valutare se, le politiche fino ad oggi attuate attraverso strumenti di tutela, giuridici e non, sia a livello domestico che sovranazionale, abbiano raggiunto ed in che misura, gli obiettivi auspicati e determinare di conseguenza, quali ulteriori misure possano essere predisposte, potenziando da un lato le politiche già esistenti e dall'altro intervenendo su quegli aspetti che necessitano di una maggiore attenzione da parte del legislatore;

    il nostro paese, nella cornice di Santa Margherita Ligure, ha peraltro ospitato nel 2021 la Conferenza sull'empowerment femminile, riunendo gli attori istituzionali responsabili della definizione delle politiche di genere e per le pari opportunità nei paesi del G20, coinvolgendo altresì organizzazioni non-governative, rappresentanti del settore privato, ricercatori di think-tanks e esperti delle organizzazioni internazionali. Empowerment che si realizza sotto diversi aspetti e che trova una definizione specifica sotto il profilo economico, rendendo necessario eliminare ogni barriera che renda impossibile essere contemporaneamente madre e lavoratrice garantendo, per chi lo desidera, gli strumenti necessari a portare avanti entrambe le scelte;

    si agisce nella consapevolezza che seppur importanti traguardi siano stati raggiunti, sia sotto il profilo normativo sia dal punto di vista culturale, riconoscendo ed affermando il valore e la dignità della donna in ogni ambito e aspetto della sua vita, va peraltro riconosciuto come allo stesso la piaga della violenza contro le donne, nelle sue molteplici forme e fattispecie, continui ad essere un elemento radicato e diffuso nella vita pubblica e privata delle nostre moderne società;

    con l'obiettivo di delineare la cornice giuridica che regola il fenomeno, particolare rilievo assume la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, anche conosciuta come Convenzione di Istanbul, che l'Italia ha sottoscritto il 27 settembre del 2012 e ratificato con la legge n. 77 del 2013. Come descritto nel preambolo della Convenzione stessa, essa aspira ad «un'Europa libera dalla violenza contro le donne e dalla violenza domestica» e definisce, all'articolo 1, come primo tra i suoi obiettivi quello di «proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica». Accanto a tale obiettivo la Convenzione vuole: «contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica.» (articolo 1.1 Convenzione di Istanbul);

    a livello comunitario esiste peraltro un importante complesso normativo che trova la sua base giuridica nel diritto primario dell'Unione, in particolare all'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea (Tue), che statuisce di promuovere la parità tra uomo e donna e, all'articolo 8 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), che stabilisce che «nelle sue azioni l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne,»; così come nella dichiarazione n. 19, allegata al Trattato che stabilisce inoltre che «nell'ambito degli sforzi generali per eliminare le ineguaglianze tra donne e uomini, l'Unione mirerà, nelle sue varie politiche, a lottare contro tutte le forme di violenza domestica»;

    nel rispetto di tali valori ed in conformità con il Trattato di Lisbona, le istituzioni europee hanno delineato misure atte a promuovere la parità tra donne e uomini, riconoscendone il valore di principio fondamentale per l'Unione. In particolare, la Commissione europea, nella Comunicazione «Un'Unione dell'uguaglianza: la strategia per la parità di genere» 2020-2025, del 5 marzo 2020 (COM(2020) 152 final), oltre che descrivere la parità di genere come un valore cardine dell'Unione, si indica la medesima come una «condizione essenziale per un'economia europea innovativa, competitiva e prospera.». In tal senso, va segnalato come il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro abbia ricevuto particolare attenzione dalla normativa comunitaria. In particolare, l'articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) prevede l'applicazione dei principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore;

    partendo da tale presupposto normativo e con l'intenzione di continuare in maniera sempre più efficace il fenomeno della violenza sulle donne risulta imprescindibile intervenire attraverso politiche coordinate e trasversali adeguate a prevenire nuove forme di violenza, ivi comprese quelle realizzate attraverso fenomeni di reiterazione e combattere ogni forma di violenza esistente;

    in tale prospettiva, le misure preventive assumono una grande importanza. Una politica realizzata sulla prevenzione e che dunque interviene sui fattori di rischio, risulta essenziale nella lotta alla violenza di genere. Risulta cioè necessario costruire un sistema la cui priorità sia quella di arrivare prima e non dopo. La predisposizione di misure di prevenzione, nel rispetto delle sfere di competenza, richiede in primo luogo la necessità di analizzare ed individuare le cause, di diversa natura, sottese ai comportamenti violenti ed in base a tale analisi, individuare strategie e misure, anche giuridiche idonee, a promuovere una cultura e di conseguenza una basata sul rispetto della parità di genere;

    il primo fattore di prevenzione in materia di violenza contro le donne è certamente quello culturale;

    particolare attenzione va pertanto posta al settore scolastico che costituisce, insieme ed in collaborazione con la famiglia, uno dei principali luoghi di educazione di bambini e giovani ed in tal senso, delle nuove generazioni. Si ritiene pertanto necessario che sin dalla scuola primaria siano introdotte iniziative educative volte al superamento degli stereotipi di genere, alla sensibilizzazione alle pari opportunità e alla cultura del rispetto. Intervenire sui settore scolastico significherà inoltre lavorare sulla precisazione degli obiettivi dei percorsi educativi; oltre alla particolare attenzione posta al settore scolastico, sarà bene inoltre prestare attenzione a tutti quegli ambiti anche nei quali la socialità si sviluppa e nei quali sovente si realizzano fenomeni di violenza, primo tra tutti lo sport. Lo sport rappresenta un fondamentale veicolo di inclusione sociale, portatore di valori elevati quali il rispetto, la collaborazione, l'integrazione, la gestione delle emozioni, la disciplina, la costanza, l'impegno, l'etica, la cura di sé, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta. In tal senso risulta essenziale continuare a lavorare per il superamento degli stereotipi di genere e il rafforzamento dei grandi valori che lo sport rappresenta. Sarà pertanto utile l'introduzione di misure a sostegno dello sport quale veicolo di inclusione sociale e di superamento degli stereotipi di genere;

    la promozione del valore della donna e della sua dignità e la costruzione di una società lontana da ogni forma di violenza passano anche attraverso l'implementazione di ogni possibile strumento utile a sensibilizzare e orientare la società sull'importanza della protezione della donna da realizzare durante l'arco dell'intero anno; questo significa peraltro diffondere e far conoscere gli strumenti giuridici, economici e sociali offerti in tal senso dall'ordinamento a protezione della donna e delle vittime di violenza. Alla luce di ciò, risulta pertanto importante promuovere campagne di comunicazione istituzionale, utilizzando tutti i canali possibili, finalizzati peraltro anche alla diffusione della conoscenza di tutti gli strumenti utili a prevenire e contrastare la violenza, a partire dalla diffusione del numero gratuito di pubblica utilità antiviolenza e antistalking 1522, attivato nel 2006 dal Dipartimento per le pari opportunità con l'obiettivo di far emergere e così contrastare il fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne, così come l'introduzione del «Signal for Help», il gesto non verbale per segnalare una condizione di immediato pericolo;

    di grande rilievo risulta il ruolo svolto dagli enti locali nella efficace implementazione delle indicazioni politiche e normative poste a livello nazionale. Di particolare importanza risulta intervenire per rafforzare la rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio. Come indicato dall'Istat, i «centri antiviolenza e le Case rifugio costituiscono il fulcro della rete territoriale della presa in carico delle donne vittime di violenza»;

    una misura che richiede attenzione è quella predisposta dall'articolo 16 della Convenzione di Istanbul che impegna le parti ad adottare misure legislative e di altro tipo necessari per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti. (articolo 16, Convenzione di Istanbul). A settembre del 2022 sono stati approvati da parte della Conferenza unificata dei «criteri omogenei a livello nazionale mediante l'individuazione di requisiti minimi dei centri per uomini maltrattanti». Sono stati pertanto definiti come «Centri per Uomini autori o potenziali autori di violenza di genere» C.U.A.V., «strutture il cui personale attua i programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica e sessuale e di genere, per incoraggiarli a adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di modificare i modelli comportamentali violenti e a prevenire la recidiva. Tali programmi possono essere realizzati sia all'interno sia all'esterno delle mura penitenziarie.»;

    coerentemente con quanto detto, non può essere trascurato il fenomeno della violenza cibernetica. Il mondo digitale ed in particolare il mondo dei social network rappresentano una dimensione importante nella vita delle persone e non può non sottolinearsi come spesso essi risultino essere il luogo ove la violenza si consuma, configurandosi sotto forma di reati cyber. Alla luce di ciò sarà pertanto importante valutare il rafforzamento della capacità sanzionatoria contro le molestie realizzate attraverso strumenti informatici quali lo stalking informatico, le violazioni della privacy, le registrazioni e la condivisione di immagini di aggressioni sessuali, il controllo e sorveglianza a distanza, le minacce e gli appelli alla violenza, l'incitamento all'odio sessista, l'induzione all'autolesionismo, l'accesso illecito a messaggi o account di social media, la violazione dei divieti di comunicazione imposti dai tribunali;

    va peraltro segnalato come il mondo social possa essere peraltro positivamente utilizzato per la promozione di campagne valoriali. L'utilizzo dei social si è rivelato essere uno strumento utile alla diffusione di campagne a sostegno e difesa della donna. Rafforzare l'utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, per promuovere l'emancipazione della donna risulta pertanto uno strumento importante;

    uno degli aspetti più importanti connessi al raggiungimento della parità di genere è senza dubbio quello correlato all'aspetto economico e alla necessità di emancipare la donna sotto tale profilo, introducendo il concetto di agevolazione all'indipendenza economica non solo per le vittime di violenza, ma per tutte le donne puntando non tanto su incentivi all'assunzione quanto su sgravi contributivi alle aziende che forniscono più welfare e più conciliazione vita-lavoro. Il costo economico della violenza sulle donne è stimato in 289 miliardi da report Commissione UE 8 marzo 2022. Anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza inserisce la parità di genere come una delle tre priorità trasversali a tutte le missioni del programma, e prevede di «realizzare una piena emancipazione economica e sociale della donna mettendo la parità di genere come criterio di valutazione di tutti i progetti e di promuovere una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto» con esplicito riferimento alla necessità di fare fronte al fenomeno della violenza di genere, con specifico riferimento ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza e di empowerment economico delle donne vittime. Tra le misure utili a rendere effettivo tale principio rientra il reddito di libertà. Come riportato nel 2021 dall'Inps: «Con la circolare n. 166 dell'8 novembre 2021 è stata illustrata la disciplina della misura denominata Reddito di Libertà, volta a contenere i gravi effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per quanto concerne le donne in condizione di maggiore vulnerabilità, nonché con l'obiettivo di favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, con riguardo in particolare all'autonomia abitativa e al percorso scolastico e formativo dei figli/delle figlie minori e sono state fornite le prime indicazioni per la presentazione della relativa domanda». La misura ad oggi presente nel nostro ordinamento necessita senza dubbio di essere implementata, di modo da agevolare in maniera effettiva un percorso di ripresa per le donne vittime di violenza, capace di agevolare il reinserimento sociale della donna vittima della violenza. Raggiungere l'emancipazione economica delle donne significa pertanto implementare le misure economiche e agevolative a sostegno delle donne vittime di violenza e a valutare la predisposizione di nuove misure economiche anche al fine di facilitare il reinserimento sociale delle donne che intraprendono un percorso di uscita dai meccanismi di violenza;

    con riguardo all'aspetto di natura codicistica e penale, si guarda con attenzione alla proposta di direttiva comunitaria sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. In conformità con gli articoli 82 paragrafo 1 ed 83 paragrafo 2 del Tfue e con l'intento di conseguire gli obiettivi fissati dalla convenzione di Istanbul. In particolare, la direttiva propone di rendere penalmente perseguibili lo stupro come atto basato sulla mancanza di consenso, le mutilazioni genitali femminili e la violenza online, in particolare: la condivisione non consensuale di immagini intime, lo stalking online, le molestie online e l'incitamento alla violenza o all'odio online. Si propone di fissare degli standard di tutela minimi e condivisi, lasciando agli Stati membri la possibilità di inasprire ulteriormente le misure indicate;

    tra le misure cautelative si segnala peraltro quella relativa all'utilizzo di dispositivi quali cavigliere e/o braccialetti elettronici anche a fini preventivi, per gli autori o presunti tali di violenza,

impegna il Governo:

1) ad introdurre, sin dalla scuola primaria, iniziative educative volte al superamento degli stereotipi di genere, alla sensibilizzazione alle pari opportunità e alla cultura del rispetto;

2) a promuovere campagne di comunicazione istituzionale, utilizzando tutti i canali, anche social, per raggiungere i giovani, finalizzate alla diffusione della conoscenza del numero antiviolenza e antistalking 1522 e all'introduzione del «Signal for Help», il gesto codificato per segnalare di essere in una condizione di immediato pericolo (e delle opportune azioni da mettere in atto segnalando alle autorità competenti);

3) a sostenere e incrementare politiche di pari opportunità, conciliazione dei tempi di lavoro e vita familiare per agevolare l'occupazione femminile e l'indipendenza economica delle donne, anche attraverso l'introduzione di sgravi fiscali e contributivi per quelle aziende che offrono servizi di welfare, come asili nido, attività dopo scuole, assistenza alle persone, e forme di flessibilità sull'orario e il luogo di lavoro.

4) adottare iniziative per incrementare il valore del reddito di libertà, ora troppo esiguo, per le donne che escono dai percorsi con i centri antiviolenza; accesso al micro-credito di libertà e incentivi alle aziende che assumono donne fuoriuscite dai percorsi dei centri (posto che il 60 per cento non ha un'occupazione), nonché l'adozione di congedi speciali retribuiti per le lavoratrici vittime di violenza di genere e a sostegno agli orfani delle vittime o nuove norme in materia di stalking;

5) a rafforzare la rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio;

6) ad incrementare i centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere in conformità con l'intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sui requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza domestica e di genere della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;

7) ad introdurre misure a sostegno dello sport quale veicolo di inclusione sociale e di superamento degli stereotipi di genere;

8) ad adottare iniziative volte allo sblocco immediato dell'iter e delle forniture di dispositivi elettronici (tipo cavigliere e/o braccialetti elettronici), anche a fini preventivi, per gli autori di violenza e garantire la libertà di movimento delle vittime di violenza;

9) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a stabilire, in sede europea, la base giuridica per annoverare la violenza di genere tra i reati comunitari, equiparandola a crimini come il terrorismo, la tratta degli esseri umani, la criminalità informatica, lo sfruttamento sessuale e il riciclaggio di denaro, così consentendo di stabilire definizioni e standard giuridici comuni, nonché di fissare sanzioni penali minime in tutta l'Ue e contrastare chi pensa di rifugiarsi in un altro paese comunitario per sfuggire alla giustizia;

10) ad adottare iniziative normative volte al rafforzamento della capacità sanzionatoria contro le molestie informatiche, lo stalking informatico, le violazioni della privacy, le registrazioni e la condivisione di immagini di aggressioni sessuali, il controllo e sorveglianza a distanza, come ad esempio le app spia, le minacce e gli appelli alla violenza, l'incitamento all'odio sessista, l'induzione all'autolesionismo, l'accesso illecito a messaggi o account di social media, la violazione dei divieti di comunicazione imposti dai tribunali;

11) ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche in termini di più efficace coordinamento tra le autorità preposte, al fine di debellare definitivamente il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili;

12) ad adottare iniziative per potenziare la centralità degli enti locali, in una rete di coordinamento di area vasta, per poter essere sentinelle costanti e continue, pronte ad intervenire immediatamente ai primi segnali ed avvisaglie di violenze sulle donne.
(1-00016) «Lupi, Cavo, Semenzato, Bicchielli, Cesa, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Tirelli».


   La Camera,

   premesso che:

    nel 2002 l'Organizzazione mondiale della sanità ha evidenziato come la prima causa di uccisione nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni sia l'omicidio da parte di persone conosciute, in particolare da parte di partner ed ex partner;

    il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2013, la prima grande rilevazione globale mai effettuata sugli abusi fisici e sessuali subiti dalle donne in tutte le regioni del pianeta (141 ricerche in 81 Paesi), ha configurato la violenza contro le donne come una questione strutturale globale. Lungi dall'essere un fenomeno emergenziale, è risultato essere infatti strutturale ed endemico: il 35,6 per cento delle donne subisce nel corso della propria vita una qualche forma di violenza maschile; l'inchiesta ha, inoltre, evidenziato come le donne vittima di violenza, rispetto alle altre, abbiano il doppio di probabilità di soffrire di depressione, più del doppio di avere problemi mentali o di soffrire di alcolismo; sono più soggette a malattie virali e maggiormente esposte a tentativi di suicidio; complessivamente le vittime degli omicidi compiuti all'interno della famiglia sono per l'82 per cento di sesso femminile se a compiere l'omicidio è il partner;

    i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità diffusi nel 2013 sono stati confermati in Italia dall'Istat che nel 2014 ha rilevato come il 31,5 per cento delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni abbia subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Un diverso rapporto Istat del 2018 relativo alle molestie sul luogo di lavoro ha anche messo in luce come, nel corso della loro vita, 1.100.000 donne (pari al 7,5 per cento delle lavoratrici) abbia subito ricatti sessuali per ottenere un lavoro, per mantenerlo o per ottenere progressioni nella carriera;

    negli anni '90 l'adozione di un termine specifico per indicare queste tipologie di reati fu una scelta politica: la categoria criminologica del «femicide» (femmicidio) evidenziava che il reato di omicidio volontario colpiva le donne in maniera specifica nell'ambito familiare, spesso con motivazioni che poggiavano su una cultura discriminatoria, che viene definita patriarcale, e attraversa tutti i Paesi del mondo;

    assegnare un termine specifico ha consentito di rendere visibile il fenomeno, studiarlo, potenziare l'efficacia delle risposte punitive. Il termine «femmicidio» (femicide) è stato diffuso con questo significato per la prima volta da Diana E.H. Russell, sociologa e attivista femminista, che, nel 1992, attraverso l'utilizzo di questa nuova categoria criminologica, ha «nominato» la causa principale degli omicidi nei confronti delle donne: una violenza estrema da parte dell'uomo contro la donna «perché donna»;

    il concetto di «femmicidio», così ideato da Diana E.H. Russell, si estende al di là della definizione giuridica di assassinio, per includere tutte quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine. Questo neologismo, successivamente, è stato ripreso dalle sociologhe, antropologhe e criminologhe messicane che, a partire dalla denuncia della natura misogina delle barbare mutilazioni e uccisioni di donne i cui corpi sono stati rinvenuti nei pressi di Ciudad Juàrez, verificando come molto spesso questi fatti fossero agevolati dall'inefficacia delle risposte istituzionali al fenomeno della violenza maschile sulle donne, hanno coniato la categoria sociologica del «femminicidio» per descrivere ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna perché donna. In particolare, questa teorizzazione ritiene che «tutte le società patriarcali hanno usato e continuano a usare il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne»;

    il femminicidio, nella più moderna concezione, si configura, quindi, come un fenomeno strutturale ed endemico, che va al di là degli assassinii delle donne e riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, indirizzate ad annullare la donna nella sua identità e libertà di autodeterminazione non soltanto fisicamente, ma anche nella dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica. Usando le definizione di Marcele Lagarde, infatti, femminicidio è «la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine – maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale – che comportano l'impunità delle condotte poste in essere, tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l'uccisione o nel tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all'insicurezza, al disinteresse delle istituzioni e all'esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia»;

    la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno della violenza maschile contro le donne;

    la data della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne segna anche l'inizio dei «16 giorni di attivismo contro la violenza di genere» che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani stabilita per il 10 dicembre di ogni anno, promossi nel 1991 dal Center for Women's global leadership e sostenuti dalle Nazioni Unite, per sottolineare che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani;

    la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 definisce la violenza contro le donne «qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata»;

    la violenza contro le donne è ritenuta, nel testo della risoluzione, una manifestazione delle «relazioni di potere storicamente ineguali» fra i sessi, uno dei «meccanismi sociali cruciali» di dominio e discriminazione con cui le donne vengono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini per impedirne il loro avanzamento sociale;

    partendo dalle deliberazioni della Terza e Quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltesi a Nairobi nel 1985 e a Pechino nel 1995, con la partecipazione di rappresentanti di 140 nazioni, la risoluzione inserisce questo tema nella più ampia questione dei diritti umani, sottolinea come la violenza contro le donne rappresenti un ostacolo al raggiungimento dell'uguaglianza, dello sviluppo e della pace e come si renda necessaria l'adozione di misure volte a prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione, con particolare riguardo alle donne maggiormente vulnerabili (appartenenti a gruppi minoritari, indigeni, donne rifugiate, donne migranti, donne che vivono in comunità rurali o remote, donne indigenti, anziane, con disabilità e donne che si trovano in situazioni di conflitto armato);

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    ne consegue, per gli Stati, l'obbligazione di garantire alle donne una vita libera da ogni forma di violenza, declinata come «obbligazione delle 5 P»: to promote, promuovere una cultura che non discrimini le donne; to prevent, adottare ogni misura idonea a prevenire la violenza maschile sulle donne; to protect, proteggere le donne che vogliono fuggire dalla violenza maschile; to punish, perseguire i crimini commessi nei confronti delle donne; to procure compensation, risarcire – non solo economicamente – le vittime di violenza sulle donne;

    i dati, drammaticamente similari anno dopo anno, riportano che in Italia, ogni tre giorni viene compiuto un femminicidio. È quanto emerge anche dal dossier annuale del Ministero dell'interno, che rileva come, tra il 1° agosto 2021 e il 31 luglio 2022, nel nostro Paese siano state uccise 125 donne, dato peraltro in aumento rispetto alla precedente rilevazione;

    nello stesso lasso di tempo, sono state registrate anche 15.817 denunce per stalking, oltre a 3.100 ammonimenti del questore e 361 allontanamenti per lo stesso reato. Numeri che mostrano quanto sia ancora radicata, nel nostro Paese, la piaga della violenza di genere. Peraltro, le rilevazioni evidenziano come gran parte degli episodi di violenza rimangano sommersi: secondo l'Istat, «è elevata la quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita»; «i tassi di denuncia», prosegue l'istituto di statistica, «riguardano il 12,2 per cento delle violenze commesse da partner e il 6 per cento di quelle da non partner». Dal dossier annuale del Ministero dell'interno emerge un altro dato decisivo: 108 vittime su 125 sono state uccise «in ambito familiare o affettivo». Fra queste, sono ben 68 le donne assassinate da un uomo con cui avevano, o avevano avuto in passato, una relazione;

    l'assenza, in ambito europeo, di una definizione unica e di regole comuni impedisce che venga affrontato il problema in modo sinergico fra gli Stati, nonostante il fatto che la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea disponga di leggi per contrastare la violenza basata sul genere e sull'orientamento sessuale. Per tale motivo il Parlamento europeo è tornato più volte a chiedere una normativa europea a tale riguardo, che consentirebbe la definizione di standard giuridici comuni, nonché la previsione di sanzioni penali minime in tutta l'Unione europea; il completamento dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica resta una priorità;

    in ambito nazionale diversi sono gli interventi normativi che di recente, soprattutto nel corso della XVII e della XVIII legislatura, hanno tentato un approccio risolutivo multidisciplinare. A titolo esemplificativo, si indicano: la cosiddetta legge sul femminicidio (decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in materia di contrasto alla violenza di genere); l'introduzione dell'articolo 14, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che prevede la possibilità per una donna, dipendente pubblica, vittima di violenza di genere e inserita in specifici percorsi di protezione, di chiedere il trasferimento in un'amministrazione di un comune diverso da quello in cui risiede; l'articolo 1, comma 16, della legge 13 luglio 2015, n. 107, «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per cui nel piano triennale dell'offerta formativa di ogni scuola viene promossa la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare sul tema studenti, docenti e genitori; l'articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, «Congedo per le donne vittime di violenza di genere»; l'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016. (16G00134)», che stabilisce il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti; il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, «Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI»; la legge 11 gennaio 2018, n. 4, «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici»; la legge 19 luglio 2019, n. 69, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2020, «Reddito di libertà per le donne vittime di violenza»; la legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere»;

    un corposo lavoro parlamentare è stato, inoltre, portato avanti dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita al Senato della Repubblica nel corso della XVIII Legislatura e che ha concluso i propri lavori il 6 settembre 2022 con l'approvazione della relazione conclusiva; fra i dati, di particolare interesse l'ultima indagine condotta sulla vittimizzazione secondaria dal titolo «Separazioni e genitorialità tra responsabilità e diritti: la violenza negata». La relazione ha, infatti, messo in luce le falle dei tribunali civili e dei tribunali per i minorenni sulla violenza domestica, anche e soprattutto rispetto all'affidamento dei figli;

    il Governo adotta piani straordinari a cadenza biennale per contrastare la violenza contro le donne; dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023, il quale prevede un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità;

    la Convenzione di Istanbul, all'articolo 18, stabilisce che gli Stati firmatari si impegnano ad «evitare la vittimizzazione secondaria», che consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta la vittima di un reato ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all'apertura di un procedimento giurisdizionale. La vittimizzazione secondaria è una conseguenza spesso sottovalutata proprio nei casi in cui le donne sono vittima di reati di genere e l'effetto principale è quello di scoraggiare la presentazione della denuncia da parte della vittima stessa;

    la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti dell'ufficio legale di «Differenza Donna» per una donna seguita dal centro antiviolenza casa rifugio Villa Pamphili di regione Lazio; con il caso I.M. e altri contro l'Italia (ricorso n. 25426/20), ha condannato l'Italia per aver violato l'articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e non protetto i figli minorenni di I.M., costringendoli per tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti e nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal tribunale;

    il perdurare del fenomeno, nonostante i tentativi di intervento normativo in materia su più fronti, indica la necessità e l'urgenza di approntare misure di tutela che garantiscano il rispetto dei diritti delle donne vittime di violenza e dei minori implicati; per tale motivo è di tutta evidenza essenziale proseguire e intensificare le attività volte ad ottenere un reale cambiamento culturale e il definitivo superamento del sistema culturale patriarcale; altrettanto fondamentale risulta essere l'adeguata formazione professionale di tutti gli operatori coinvolti;

    è, quindi, indispensabile predisporre un quadro sistematico di interventi che metta al centro donne e uomini e che punti alla sensibilizzazione delle giovani e giovanissime generazioni;

    è altresì, indispensabile rafforzare gli strumenti esistenti e idearne di nuovi da mettere a disposizione delle donne che decidano di denunciare o comunque allontanarsi dal maltrattante o di coloro le quali si trovino comunque ad essere vittime di comportamenti violenti ad opera maschile, per tutelare la loro incolumità nell'ambito del contesto di vita che hanno scelto, e prevederne degli altri per sostenerle nel percorso verso l'autodeterminazione, anche economica;

    risulta, inoltre, non più procrastinabile la risoluzione delle lacune normative e delle criticità esistenti nel sistema giudiziario processuale civile e penale, che rallenta o talvolta addirittura ostacola la tutela delle donne vittime di violenza maschile e la loro autodeterminazione,

impegna il Governo:

1) a valutare di assumere iniziative in relazione alla predisposizione obbligatoria, con cadenza annuale, di un progetto di azione contro la violenza sessuale e di genere;

2) a prevedere iniziative concrete per sostenere adeguatamente la rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche, garantendo in ogni territorio la presenza di centri gestiti da soggetti con adeguata esperienza, laici e non confessionali, capaci di assicurare indipendenza, rispetto della cultura e dell'orientamento religioso delle utenti e personale adeguatamente e costantemente; assicurando, inoltre, l'aggiornamento costante della mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità e adottando, infine, le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali e in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale;

3) ad adottare iniziative per rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne e per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

4) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano una visione stereotipata dei generi;

5) ad adottare ogni iniziativa di competenza per contrastare efficacemente la violenza di genere sui social network;

6) a porre in essere le iniziative ritenute opportune affinché nella comunicazione istituzionale e nell'attività della pubblica amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio, anche evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne;

7) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti al fine di intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze, nonché per introdurre e finanziare adeguatamente, inoltre, progetti extra-scolatici rivolti agli studenti delle scuole dell'obbligo e miranti all'educazione al rispetto delle differenze, all'affettività, alla sessualità e ai sentimenti;

8) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nelle relazioni e nei documenti dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso verso l'autodeterminazione;

9) a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'educazione alla differenza ed uguaglianza tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

10) ad adottare un piano straordinario per l'occupazione femminile e politiche e misure efficaci per le imprese femminili;

11) a prevedere gli opportuni interventi contro la disparità economica e nell'accesso alle risorse ed alle opportunità;

12) a prevedere ogni opportuno intervento normativo atto a strutturare la sicurezza sul lavoro in considerazione delle specifiche differenze tra occupazione femminile e maschile;

13) a dare concreta applicazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190, «contrasto alle molestie, molestie sessuali e violenze sul posto di lavoro», ratificata dall'Italia ed ancora non introdotta nella normativa nazionale;

14) ad adottare iniziative volte a garantire piena partecipazione delle donne nei luoghi delle decisioni e al governo delle istituzioni, a partire da quelle pubbliche ed elettive;

15) ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a consentire il reale e pieno riconoscimento dell'indennità di caregiver, considerato il ruolo decisivo svolto dalle donne anche in questo ambito;

16) ad intervenire sulle infrastrutture sociali a sostegno delle neomamme, prevedendo spazi di socialità, scambio e relazione, anche in assenza di reti familiari e di vicinato;

17) a promuovere compagne e progetti comunicativi e informativi sul rispetto della parità, declinato in rapporto alla cogenitorialità e alla condivisione dei compiti di cura nelle famiglie;

18) ad adottare le opportune iniziative normative affinché vengano cancellati gli ostacoli di reddito e di limiti territoriali nell'accesso agli asili nido;

19) ad adottare iniziative normative al fine di introdurre un congedo di maternità obbligatorio retribuito al 100 per cento per almeno 2 mesi prima + 6 dalla data del parto, nonché uno del padre che non sia alternativo a quello della madre e per una maggiore durata rispetto ad oggi;

20) ad adottare iniziative in ogni sede opportuna, anche normativa, affinché, in caso di accertata violenza maschile contro le donne, il riconoscimento di uno stato di pericolo per la donna non comporti l'isolamento della vittima, ma l'allontanamento del maltrattante;

21) ad adottare iniziative in ogni sede in ogni sede ritenuta opportuna perché venga valorizzata e tutelata la relazione materna attraverso il riconoscimento dei danni del maltrattamento sulla donna, con misure di tutela della figura materna che non prevedano l'allontanamento del minore dalla madre se non in casi di effettiva necessità, ma che sostengano la ricostruzione e il riequilibrio del legame affettivo;

22) ad adottare iniziative normative finalizzate alla modifica della legge 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso, in modo tale da garantire che la violenza domestica non venga equiparata a conflittualità e la condivisione dell'affido venga modulata contemperando la specificità delle cause della separazione;

23) ad adottare ogni iniziativa atta a porre al centro dell'azione legislativa la serenità e il benessere psico-fisico dei minori coinvolti, il cui sviluppo emotivo non può esistere con una bigenitorialità imposta e violenta;

24) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione di tutte le operatrici e gli operatori abitualmente coinvolti nella gestione delle situazioni di violenza sulle donne: magistrate e magistrati, avvocate e avvocati, forze dell'ordine, personale medico e infermieristico, assistenti sociali;

25) ad adottare iniziative per promuovere efficacemente una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

26) ad adottare iniziative per potenziare il «reddito di libertà» e sostenere concretamente le donne vittime di violenza, fino a quando non ottengano una reale indipendenza economica;

27) ad adottare iniziative per destinare adeguati fondi ai percorsi di reinserimento sociale delle donne vittime di violenza e dei loro figli, nel contesto abitativo in cui hanno determinato di vivere;

28) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre, in caso di violenza accertata nei confronti della madre, l'affidamento esclusivo in capo a quest'ultima, con limitazioni al diritto di visita paterno che tengano in debito conto del benessere psico-fisico dei minori coinvolti;

29) ad adottare iniziative normative per prevedere il divieto all'imposizione della frequentazione di percorsi di coordinamento genitoriale o di mediazione familiare in caso di accertata violenza contro la donna, in ottemperanza a quanto disposto dalla Convenzione di Istanbul (punto 1 dell'articolo 48);

30) ad adottare iniziative normative per introdurre e per migliorare la condivisione dei dati relativi ai fascicoli e la collaborazione fra i magistrati tra tribunale civile e penale, affinché si scongiuri l'ipotesi di affidamento congiunto in caso di violenza domestica;

31) ad adottare iniziative normative volte a stanziare fondi adeguati per introdurre opportuni ed efficaci strumenti di protezione delle vittime di violenza, in caso di concessione della misura cautelare in favore del maltrattante;

32) ad adottare iniziative, in stretto raccordo con le regioni, affinché, al fine di garantire l'autodeterminazione delle donne rispetto al contesto familiare, in tutto il territorio nazionale la contraccezione sia garantita alle stesse gratuitamente nei consultori e presso il medico di famiglia e vengano applicate le nuove linee guida per la somministrazione della pillola abortiva RU486 deliberate dal Ministero della salute, che annullano l'obbligo di ricovero e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza.
(1-00017) «Zanella, Evi, Ghirra, Piccolotti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Soumahoro, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza degli uomini sulle donne – alla cui base sono radicati misoginia, sessismo, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali – rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale;

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza degli uomini contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di un fenomeno ormai strutturale;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti – dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio – senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    è un bollettino pressoché quotidiano quello delle vittime di violenza che rischia di trasformarsi in un orribile esercizio di contabilità, per assuefazione, e di privarle del loro nome, della loro storia, causando un danno non solo individuale, ma alla collettività, con un gravissimo depauperamento del tessuto sociale e culturale;

    le pandemie e i conflitti hanno come portato aggiuntivo, e come dato pressoché ricorrente, il peggioramento della condizione delle donne e un'esasperazione della violenza maschile contro le donne;

    nell'ultimo decennio per dotarsi di strumenti il più possibili adeguati è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, sia a livello nazionale che sovranazionale, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti;

    il 2021 è stato il 25° anniversario della Dichiarazione di Pechino dell'Onu a favore dell'emancipazione femminile e del miglioramento della condizione delle donne in tutto il mondo, ma la strada da percorrere per la parità di genere è ancora lunga;

    l'attenzione del nostro Paese e di tutta la comunità internazionale deve rimanere viva sull'Iran, dove donne e ragazze coraggiose stanno protestando nelle piazze contro il regime dopo la morte di Mahsa Amini, barbaramente uccisa per mano della polizia «morale» per non aver indossato il velo correttamente e per tutte le donne uccise, offese e brutalizzate da questo regime, così come non deve essere dimenticata la condizione delle donne afghane, che dalla presa del potere dei talebani nel 2021 vedono un'inarrestabile erosione dei loro diritti, anche i più elementari, tanto che le donne e le ragazze afghane non possono più studiare, lavorare o più semplicemente uscire di casa senza la supervisione di un uomo;

    il raggiungimento della parità tra uomini e donne è uno degli obiettivi dell'Unione europea: negli anni, la legislazione, la giurisprudenza e le modifiche dei Trattati hanno contribuito a consolidare questo principio e la sua applicazione all'interno dell'Unione europea;

    nel corso della XVIII legislatura è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, che ha svolto un'intensa attività di audizioni e di inchiesta al fine di far emergere il fenomeno in tutti i suoi aspetti, a seguito delle quali ha approvato diverse relazioni, tra le quali quella sulle misure per rispondere alle problematiche delle donne vittime di violenza dei centri antiviolenza, delle case rifugio e degli sportelli antiviolenza e «anti-tratta» nella situazione di emergenza epidemiologica da COVID, sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l'emergenza da COVID-19, sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, la relazione relativa al rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria, la relazione sul contrasto alla violenza di genere, una prospettiva comparata sulle mutilazioni genitali femminili, una sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere e quella sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale; un lavoro approfondito e articolato, dunque, che ha analizzato trasversalmente tutti i diversi piani che interessano il fenomeno della violenza, con il contributo proficuo di tutti i commissari, delle tante associazioni che si occupano di violenza e dei centri antiviolenza, dei consulenti dei tribunali e degli uffici giudiziari;

    dal lavoro della Commissione è scaturita anche l'approvazione della legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», volta a disciplinare la raccolta di dati e di informazioni sulla violenza di genere: con l'approvazione di questa legge l'Italia si è finalmente dotata di una normativa per la raccolta sistematica e integrata dei dati sulla violenza contro le donne, sul femminicidio e sui cosiddetti reati-spia: violenza psicologica ed economica, stalking, maltrattamenti e violenze sessuali, la cui intercettazione aiuta a intervenire tempestivamente e a prevenire un'escalation, un'importante vittoria in linea con la Convenzione di Istanbul;

    tali risultati hanno determinato il Partito democratico a presentare anche per la XIX legislatura una proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, stavolta bicamerale, proprio per evidenziare l'importanza e la trasversalità dell'azione che ha svolto, e che ancora deve svolgere, il Parlamento per mezzo della stessa, rinnovando l'attenzione e l'ascolto che ha fatto sì che tante donne, vittime di violenza, spesso alle prese con procedimenti civili o penali lunghi e faticosi, si siano rivolte alla Commissione stessa per chiedere verifiche e indicazioni o, comunque, per sentire le istituzioni al loro fianco;

    dal lavoro svolto è emersa l'importanza di rafforzare la rete per sostenere le donne, le bambine e i bambini in uscita dalla violenza con le associazioni e i centri antiviolenza, nonché, tra le priorità di intervento, l'esigenza di una necessaria formazione e specializzazione di tutto il personale che interviene con donne e minori vittime di violenza, a partire da tutti gli operatori della giustizia;

    il contrasto al fenomeno della violenza, infatti, passa anzitutto per una battaglia culturale, attraverso il superamento degli stereotipi e i pregiudizi contro le donne che troppo spesso albergano anche in chi si occupa di violenza, nei tribunali e non solo. Negli ultimi anni dai casi riportati dalle cronache è, inoltre, emerso un elemento di particolare allarme. In sempre più casi, per evitare il femminicidio non basta la denuncia che le donne fanno con coraggio e spesso non bastano neppure le misure adottate, come l'allontanamento, e in alcuni casi non è sufficiente neanche la condanna per stalking: circostanze che, a fronte di un quadro normativo robusto, di cui negli anni si è dotata l'Italia, indicano un vulnus che riguarda l'applicazione rapida e tempestiva delle misure di protezione. Un vulnus che, inoltre, finisce con l'operare come fattore deterrente per le altre donne, spingendole a non denunciare;

    durante i lavori che hanno condotto al varo della legge 19 luglio 2019, n. 69, nota come «codice rosso», con un emendamento del Partito democratico, la Camera aveva approvato all'unanimità l'introduzione del reato del cosiddetto revenge porn, per contrastare la diffusione di video o immagini a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate;

    tuttavia, poiché il fenomeno non accenna a diminuire, è evidente la presenza di un «baco» che impedisce la reale efficacia delle misure già predisposte per il contrasto alla violenza di genere;

    il contesto internazionale rappresenta uno spazio utile alla promozione di iniziative di contrasto alla violenza contro le donne, espressione in realtà del potere di un sesso (quello maschile) sull'altro (quello femminile, appunto), un potere materiale che, in alcuni contesti nella sua strutturalità, viene mistificato invocando le ragioni della tradizione e dell'identità culturale. La violenza contro le donne rimane, come ha peraltro evidenziato espressamente la 57° Commissione sullo stato delle donne – Commission on the status of women delle Nazioni Unite nel 2013, una pratica generalizzata di controllo che richiede e impone, per la sua riduzione, una serie di riforme legislative e cambiamenti culturali, frutto di processi complessi e di lungo termine, che necessitano di capacità di negoziazione e contrattazione tra i diversi soggetti coinvolti e tra interessi e culture diverse;

    nel corso della XVII legislatura il primo atto parlamentare fu la ratifica – con legge 27 giugno 2013, n. 77 – della cosiddetta Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    negli ultimi anni si è scelto, e si ritiene di dover proseguire sulla medesima direttrice, di far procedere in parallelo i piani della prevenzione, della protezione delle vittime, della formazione e della repressione, sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione di Istanbul. Il decreto-legge dell'agosto 2013 (il cosiddetto decreto contro il femminicidio) ha infatti per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e, dall'altro, con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha poi introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte. In seguito, il cosiddetto codice rosso, legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», ha poi riportato come circostanza aggravante ad effetto speciale (con aumento di pena fino alla metà) il caso in cui «il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi». Viene, altresì, introdotto un nuovo ultimo comma nell'articolo citato, dove si dispone che «il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato». Il minore viene, dunque, considerato come persona offesa dal reato, seppur «non direttamente» vittima dei maltrattamenti e delle violenze agite. Nelle forme di violenza punite non rientrano solo i maltrattamenti fisici, ma altresì quelli psicologici: difatti, la donna è spesso vittima di insulti, offese e vessazioni; la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per stalking;

    si è agito, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, quali l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking, l'allontanamento – anche d'urgenza – dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze. Per tentare di migliorare l'interazione tra chi subisce violenza e le autorità, sono stati poi inseriti specifici obblighi di comunicazione da parte dell'autorità e della polizia giudiziaria alla persona offesa e si sono previste modalità protette di assunzione della prova e della testimonianza di minori e di adulti particolarmente vulnerabili, inserendo, inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d'udienza, ed è stato esteso – con il decreto-legge n. 93 del 2013, la cosiddetta legge sul femminicidio – il gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili;

    il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, in vigore dal 20 gennaio 2016, aveva infatti recepito la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituiva norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e istituito il Fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reati intenzionali violenti, che nel 2017 era stato dai Governi guidati dal Partito democratico incrementato e alimentato dalle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile e che è stato in seguito ulteriormente implementato;

    con un emendamento alla legge di bilancio per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) è stata approvata una norma che è successivamente entrata in vigore come comma 790 dell'articolo 1 della legge citata, con il quale si è introdotto un percorso di protezione, denominato «Percorso di tutela delle vittime di violenza», con la finalità di tutelare le persone vulnerabili vittime della altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori. Si tratta di una nuova modalità di accesso e di presa in carico alle strutture ospedaliere con la finalità di tutelare le vittime «vulnerabili», vittime di reati violenti e di abuso della persona affinché siano tempestivamente apprestate in loro favore forme di assistenza e di tutela predisposte in favore delle vittime vulnerabili; con questo scopo sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale nel 2017 le «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;

    il Parlamento nel corso della XVII legislatura ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da: il coniuge, anche legalmente separato o divorziato; l'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata; una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. La medesima legge, inoltre, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Rispetto alla norma vigente, che punisce l'uxoricidio (omicidio del coniuge) con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Modificando l'articolo 577 del codice penale, infatti, è prevista la pena dell'ergastolo se vittima del reato di omicidio è: il coniuge, anche legalmente separato; l'altra parte dell'unione civile; la persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente;

    con l'entrata in vigore della legge 17 ottobre 2017, n. 161, di riforma del «codice antimafia», agli indiziati di stalking potranno essere applicate nuove misure di prevenzione e, in particolare, sarà applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, a cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Qualora le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee, può essere imposto all'indiziato di atti persecutori l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Infine, con il consenso dell'interessato, anche allo stalker potrà essere applicato il cosiddetto braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità. La riforma del codice consente, inoltre, l'applicazione agli indiziati di stalking anche delle misure di prevenzione patrimoniali;

    un'altra misura per supportare le donne in fuoriuscita dalla violenza fu introdotta dalla legge n. 124 del 2015, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che ha previsto, tra l'altro, la possibilità per le lavoratrici pubbliche prese in carico da strutture antiviolenza di essere trasferite in un ufficio dell'amministrazione pubblica ubicato in un comune diverso da quello di provenienza;

    è stato, inoltre, istituito il «reddito di libertà» nel maggio 2020, con il cosiddetto decreto-legge rilancio, per rispondere specificatamente ai bisogni economici, causati dalla pandemia, delle donne in fuoriuscita dalla violenza; con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° giugno 2022, «Definizione dei criteri e ripartizione delle risorse del Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza, 2021 e 2022», sono stati definiti i criteri per la ripartizione delle risorse, volte a contenere i gravi effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica sulle donne in condizione di maggiore vulnerabilità e a favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza e in condizione di povertà;

    il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della delega contenuta nella legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», è intervenuto anche sulla disciplina in tema di particolare tenuità del fatto, ampliando l'ambito di operatività di questa causa di non punibilità che oggi è applicabile a tutti i reati puniti, nel minimo, con la pena della reclusione non superiore nel massimo a due anni, e precisando che l'articolo 131-bis del codice penale non potrà più applicarsi ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011;

    con la riforma del processo civile, legge n. 206 del 2021, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», viene riconosciuta piena dignità al tema della violenza sulle donne, anche nelle cause di separazione e divorzio; con questa riforma viene, inoltre, chiarita in modo definitivo l'infondatezza (e – si aggiunge – la pericolosità) della sindrome da alienazione parentale, sulla quale la Corte di cassazione ha emesso un'importante ordinanza che l'ha giudicata infondata, con motivazioni molto chiare e precise, poiché la legge prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica», nonché una più dettagliata richiesta di requisiti per i consulenti;

    questo complesso sistema di misure ad oggi, tuttavia, non appare sufficientemente efficace a sradicare la violenza il problema; la prevenzione rappresenta, infatti, la via maestra per risolvere questo fenomeno. È necessario un profondo e radicale cambiamento culturale e sociale, che l'impianto normativo deve accompagnare e favorire; la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro paese;

    secondo il Global gender gap report 2022 del World economic forum, l'impatto della pandemia sul divario di genere è stato pesantissimo: mentre l'economia globale entra nel suo terzo anno di continua perturbazione, ci vorranno altri 132 anni (rispetto ai 136 del 2021) per colmare interamente il gender gap;

    sul tema della parità salariale il Parlamento ha compiuto un fondamentale passo in avanti approvando la legge n. 162 del 2021, legge sulla parità salariale e di opportunità sul luogo di lavoro, che reca disposizioni volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi: passata con voto unanime alla Camera e al Senato dopo un iter molto lungo, con sei articoli dedicati alla parità salariale fra i generi, viene integrato il Codice delle pari opportunità del 2006, con l'obiettivo di ridurre la differenza di salario tra donne e uomini, e far emergere ogni discriminazione, anche indiretta, in ambito lavorativo, fornendo concretezza ai principi di equità già sanciti dalla Costituzione e dalla «legge Anselmi» del 1977 (legge 9 dicembre 1977, n. 903, «Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro»), un impianto normativo incredibilmente moderno che rischiava, però, di rimanere lettera morta;

    la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 e la Strategia nazionale italiana per la parità di genere affrontano il problema e indicano le politiche per ottenere la parità di retribuzione. Tra queste, il sostegno all'educazione nelle materie stem e digitali per le ragazze e le donne, così da facilitare l'accesso ai lavori del futuro negli ambiti green e digitali. Tra gli strumenti principali per contrastare questo fenomeno ci sono misure per l'armonizzazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, come quelle contenute nel Family act, interventi per una maggiore trasparenza sulle retribuzioni e una legislazione a supporto delle donne nei consigli di amministrazione delle società;

    con la legge di bilancio per il 2022 sono state introdotte importanti misure volte ad affrontare il gender gap: è stato, infatti, previsto l'esonero contributivo in caso di assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, l'implementazione del Fondo per le politiche della famiglia per attuare misure organizzative che favoriscano le madri che rientrano a lavoro dopo il parto, l'assegnazione di risorse aggiuntive al Fondo di sostegno al venture capital, per sostenere investimenti nel capitale per progetti di imprenditoria femminile a elevata innovazione, l'incremento del Fondo pari opportunità' della Presidenza del Consiglio dei ministri volto a favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy, del Fondo a sostegno dell'impresa femminile, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 destinato a promuovere e sostenere l'imprenditoria femminile, la costituzione nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un fondo per finanziare misure a favore della parità salariale tra uomo e donna, nonché l'adozione di uno strumento per attuare la parità salariale, attribuita alle aziende per attestare le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre i divari su opportunità di crescita, parità salariale a parità di mansioni, gestione delle differenze di genere e tutela della maternità: le imprese potranno così ottenere uno sconto dell'1 per cento (fino a 50 mila euro all'anno) sui contributi da versare;

    il 29 ottobre 2021 l'Italia ha ratificato la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190, diventando così il nono Paese al mondo ed il secondo in Europa a ratificare la Convenzione sull'eliminazione della violenza e molestie negli ambienti di lavoro, che insieme alla Raccomandazione n. 206 fornisce l'opportunità di definire un futuro del lavoro privo di violenza e molestie, il primo strumento internazionale a prevedere standard indirizzati a combattere violenza e molestie nell'ambiente di lavoro;

    è stato approvato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per gli anni 2021-2023;

    appare, inoltre, necessario sostenere e mettere a sistema le reti regionali socio-assistenziali e di sostegno alle donne e alle vittime di violenza di genere, con l'obiettivo non solo di assistere le vittime nel momento immediatamente successivo al compimento della violenza, ma anche per accompagnarle nel lungo, difficile percorso di ricostruzione di un'esistenza sicura e, per quanto possibile, serena, dotandosi di un approccio integrato, che coinvolge le strutture sanitarie, i medici, gli psicologi, ma anche gli avvocati, le forze dell'ordine, il mondo associativo, e che si avvalga e ponga basi comuni su un processo di formazione continua mirata, anche valorizzando i modelli regionali più virtuosi, promuovendo i protocolli di rete tra istituzioni e terzo settore per una presa in carico complessiva del fenomeno, e valutare di assumere le best practices locali anche a livello di strategia centrale;

    il rapporto di Action Aid sulla condizione femminile e il contrasto alla violenza di genere per il 2022 indica, tra l'altro, come cruciale, l'accesso ad una soluzione alloggiativa sicura ed economicamente sostenibile nel medio e lungo periodo quale uno dei bisogni primari delle donne in fuoriuscita dalla violenza: queste ultime, infatti, hanno una probabilità quattro volte superiore rispetto alle donne in generale di vivere situazioni di disagio abitativo e suggerisce di adottare per tutti gli aspetti del fenomeno della violenza sulle donne un approccio integrato;

    è necessario garantire e vigilare sull'applicazione omogenea, su tutto il territorio nazionale e in tutte le regioni, della legge 22 maggio 1978, n. 194, sull'interruzione volontaria di gravidanza, anche attraverso l'impegno delle istituzioni per un'adeguata informazione sessuale e sulla salute riproduttiva rivolta ai giovani e non solo, nonché per un effettivo accesso ai moderni metodi contraccettivi, per garantire il diritto all'autonomia decisionale della donna;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta una grande occasione per intervenire sulle disuguaglianze e sul gender gap: le proposte del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevedono la digitalizzazione, l'innovazione, la competitività e la cultura, ovvero la promozione di posizioni dirigenziali di alto livello e incentivi per il corretto bilanciamento tra vita professionale e vita privata; investimenti nell'imprenditoria femminile digitale; un piano asili nido e di estensione del tempo pieno per semplificare la gestione della cura famigliare e l'occupazione femminile, uno specifico investimento nell'imprenditoria femminile, soprattutto nelle aree più critiche per la crescita professionale delle donne. In più, sono previste azioni per l'autonomia delle persone disabili che avranno effetti indiretti sull'occupazione femminile, nonché il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto domiciliare;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto, inoltre, un investimento significativo per le giovani donne, che beneficeranno di progetti nei campi dell'istruzione e della ricerca, come pure dello stanziamento di risorse per l'estensione del tempo pieno scolastico e per il potenziamento delle infrastrutture sportive (a tal proposito, è promossa l'attività motoria nella scuola primaria, in funzione di contrasto alla dispersione scolastica), nonché la previsione di una clausola di condizionalità per l'assunzione di almeno il 30 per cento di donne e giovani;

    per sottrarre nutrimento alla sottocultura della violenza di genere è necessario educare e formare, per sconfiggere l'ignoranza e combattere la diffusione di stereotipi e di notizie false: il ruolo della scuola appare, come sempre, centrale; si devono, dunque, predisporre e mettere a disposizione gli strumenti necessari a valorizzare le differenze ed educare i giovani alla cultura del rispetto e, proprio in questo senso, essa deve fornire strumenti e metodologie per il superamento di pregiudizi e stereotipi e per attivare tutti gli interventi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione, anche per fornire maggiori strumenti per un uso consapevole del web e dei social network, anche in attuazione delle linee guida nazionali «Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione», in attuazione dei principi fondamentali di pari dignità e non discriminazione di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata non sufficiente attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio sia su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «amore malato», «eccesso di amore», «raptus» rimandano a una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta, ma anche non riportando correttamente i nomi e i cognomi delle donne soggetto della notizia e facendo (sovente ampio) ricorso alla qualifica «professionale», all'orientamento sessuale e all'identificazione di genere, alla nazionalità («sono state uccise delle prostitute, delle cinesi, un trans») delle donne. Anche su questo punto la Convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di una informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    è necessario predisporre una vasta campagna di sensibilizzazione, che passi per la comunicazione istituzionale, rivolta agli uomini, per la crescita della consapevolezza maschile rispetto alla violenza sulle donne;

    il ruolo delle associazioni di donne va riconosciuto, valorizzato e potenziato quale strumento fondamentale per la lotta contro la violenza maschile sulle donne. In tal senso, va garantita su tutto il territorio la presenza di case rifugio e di case delle donne in linea con i parametri internazionali, privilegiando quelle che possono garantire la qualità dei servizi e la competenza di genere e professionale;

    anche il trattamento e il recupero in termini rieducativi degli uomini violenti deve rappresentare una priorità, per riuscire a coniugare – nel rispetto dei principi costituzionali di cui all'articolo 27 della Costituzione – sicurezza delle vittime e funzione rieducativa della pena;

    troppo spesso, infatti, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È, quindi, importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e, dunque, una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto è l'estrema durata del procedimento penale;

    in merito alla sicurezza delle donne, i dati dicono che la diffusione di armi comporta un rischio maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare donne e minori;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che – uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne – possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle istituzioni, alle forze dell'ordine, va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro e va compiuto in piena sicurezza. Per queste ragioni, chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative necessarie a mettere a regime e rendere pienamente efficace e operativo il complesso sistema di strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e di contrastare e prevenire la violenza degli uomini sulle donne;

2) a garantire alle donne la possibilità di un'uscita dalla violenza in sicurezza, attraverso una rete di protezione di effettiva collaborazione interistituzionale che le incoraggi anche alla denuncia;

3) a raccogliere sistematicamente, in applicazione della legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», dati e informazioni puntuali sul fenomeno, che permettano di intervenire tempestivamente e di adottare misure adeguate ed appropriate;

4) a proseguire l'azione di promozione della parità tra i generi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, sensibilizzando e finanziando progetti specifici contro gli stereotipi di genere, di educazione a relazioni corrette e rispettose, nonché sull'uso consapevole del linguaggio e dei social network;

5) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato a interagire con la vittima: forze dell'ordine, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

6) a promuovere la presa in carico complessiva ed integrata delle donne, ed eventualmente dei loro figli, promuovendo i protocolli di rete tra istituzioni e terzo settore, valorizzando le best practices introdotte a livello regionale, favorendone eventualmente l'adozione anche a livello nazionale e centrale;

7) ad assumere iniziative volte a prevedere, per il finanziamento del reddito di libertà, uno stanziamento annuale commisurato alla platea potenziale delle beneficiarie, basato sulle nuove modalità di raccolta dei dati, anche in coordinamento con le regioni;

8) ad adottare iniziative per favorire un sempre migliore coordinamento tra processo penale, civile e tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare del tutto l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica;

9) a promuovere strumenti e procedure di valutazione del pericolo di letalità, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dall'esistenza di protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere, anche sulla base della nuove normative e di protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine, con specifico riferimento a questa materia;

10) ad adottare iniziative di competenza volte a incrementare e a monitorare l'effettivo funzionamento e l'applicazione della misura che prevede i braccialetti elettronici a protezione delle donne;

11) a valutare l'estensione del congedo indennizzato per le donne che hanno subito violenza, di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 2015 dai tre attuali ad almeno sei mesi;

12) ad adottare iniziative volte a garantire adeguati stanziamenti finanziari per le case rifugio e per i centri antiviolenza, nonché per gli sportelli dedicati alle vittime di reati violenti, semplificando, velocizzando e rendendo stabile il percorso dei finanziamenti stessi, anche al fine di assicurare una loro adeguata distribuzione in tutto il territorio nazionale;

13) a monitorare l'applicazione omogenea di politiche e norme esistenti volte a garantire la parità di genere, privilegiando un approccio integrato, a incrementare l'occupazione femminile, elemento, quest'ultimo, fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza, e a mettere in campo strategie efficaci volte a prevenire e perseguire ogni forma di violenza e molestia sul luogo di lavoro;

14) a monitorare e a garantire che le missioni e le modalità di attuazione indicate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per la parità di genere e volte alla eliminazione del gender gap, come, ad esempio, la clausola del 30 per cento, siano applicate concretamente in tutti i campi di azione indicati in premessa;

15) ad adottare nuove iniziative per introdurre strumenti volti a sostenere economicamente le donne nel loro percorso di fuoriuscita in sicurezza dalla violenza, nonché a favorirne l'inserimento nel mondo del lavoro e l'autonomia abitativa, con particolare attenzione alle fragilità legate alla povertà, alle migrazioni e alle vittime di persecuzione e di tratta, anche valutando di rendere il reddito di libertà accessibile a tutte le donne in fuoriuscita dalla violenza, al di là della loro situazione reddituale e patrimoniale;

16) ad adottare iniziative di competenza volte a verificare lo stato di applicazione, che deve essere omogenea in tutto il territorio nazionale, delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

17) a mettere in campo strategie efficaci per prevenire e perseguire ogni forma di violenza fisica, psicologica e sessuale e qualunque forma di molestia che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro, in un percorso di studio o in qualunque consesso sociale;

18) a contrastare con misure specifiche ogni forma di violenza maschile contro le donne on line e di istigazione all'odio anche in rete nei confronti delle donne;

19) a predisporre una vasta campagna di sensibilizzazione, che passi per la comunicazione istituzionale, rivolta agli uomini, per la crescita della consapevolezza maschile rispetto alla violenza sulle donne;

20) ad adottare iniziative volte a finanziare programmi e interventi mirati al trattamento e al recupero in termini rieducativi degli uomini violenti;

21) a proseguire nell'azione di incremento delle forme di indennizzo per le vittime di reati violenti e gli orfani di femminicidio;

22) ad adottare iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, come lo sfruttamento della prostituzione, quotidianamente più esposte alla violenza fisica, possano essere inserite in percorsi sociali per metterle in sicurezza dalle reti criminali che le sfruttano;

23) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di monitoraggio della diffusione di armi per uso personale, nonché ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari e ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, oltre ad un monitoraggio costante ed attuale della persistenza della non pericolosità e dei requisiti del soggetto detentore;

24) ad adottare iniziative politiche e diplomatiche volte a garantire la sicurezza e a sostenere le proteste e la difesa e la necessaria riaffermazione dei diritti delle donne in Iran, in Afghanistan e in tutti i Paesi che vedano compressi e brutalizzati i diritti delle donne da parte di regimi illiberali e in situazioni di conflitto.
(1-00018) «Serracchiani, Ferrari, Boldrini, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Bonafè, Braga, Carè, Casu, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Luca, De Maria, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Ghio, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerini, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Provenzano, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Schlein, Scotto, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro delle imprese e del made in Italy, per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato il 2 luglio 2020 il documento definitivo con le proposte per la «Strategia italiana per l'Intelligenza Artificiale» sulla base di un lavoro del gruppo di esperti selezionati dallo stesso Ministero che hanno recepito le osservazioni pervenute a seguito della predefinita consultazione pubblica;

   il Consiglio dei ministri del 3 settembre 2020 aveva identificato la città di Torino come centro principale da cui far partire le azioni contenute nel documento strategico sull'intelligenza artificiale per il nostro Paese;

   il decreto-legge n. 73 del 2021, convertito in legge n. 106 del 22 luglio 2021, istituiva la Fondazione Centro italiano di ricerca per automotive, competente sui temi tecnologici e sugli ambiti applicativi relativi al automotive e aerospaziale, con sede a Torino;

   in particolare il comma 3 del articolo 62-bis del citato decreto-legge n. 73 del 2021, stabiliva, ai fini del rapido avvio delle attività della Fondazione, la nomina, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico, di un comitato di coordinamento con il compito di predisporre lo schema di statuto della Fondazione;

   tale decreto, firmato in data 30 giugno 2022, ha nominato il comitato presieduto da Filippo Giansante, dirigente generale della Direzione VII del Dipartimento del tesoro (designato dal ministro Franco), Giovanni Betta, professore ordinario di Cassino e del Lazio Meridionale (designato dalla ministra Messa) e Mario Antonio Scino, vice Capo di Gabinetto del Ministero dello sviluppo economico, (designato dal ministro Giorgetti);

   il comitato correttamente costituito aveva il compito, entro novanta giorni dalla nomina (e quindi entro il mese di settembre 2022), di redigere lo schema di statuto della Fondazione che avrebbe dovuto dare vita concretamente al Centro per l'intelligenza artificiale di Torino, con un budget annuale di 20 milioni di euro;

   non risulta, agli interpellanti, la predisposizione del previsto statuto e la conseguente adozione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con la Ministra dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico e va considerata la sua oggettiva, rilevante e strategica urgenza –:

   quali siano le motivazioni di tali ritardi e le nuove tempistiche necessarie per la predisposizione dello statuto e la conseguente costituzione della Fondazione Centro italiano di ricerca per automotive, competente sui temi tecnologici e sugli ambiti applicativi relativi ad automotive e aerospaziale, con sede a Torino.
(2-00020) «Appendino, Iaria, Pavanelli, Cappelletti, Todde».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MADIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nella XVIII legislatura sono stati adottati numerosi interventi per favorire la ripresa e il rilancio dei territori delle regioni dell'Italia centrale interessate dal sisma del 2016 e da altri eventi sismici;

   con l'articolo 1, comma 2, lettera b), del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 luglio 2021, n. 101, sono stati stanziati 1.780 milioni di euro del Fondo nazionale complementare al Pnrr per garantire la continuità delle attività post-emergenziali riguardanti la ricostruzione degli edifici pubblici e privati, dei beni culturali e delle infrastrutture viarie nonché per favorire la ripresa delle attività socio-economiche nelle aree terremotate del 2009 (Abruzzo) e del 2016 (Centro-ltalia);

   per l'utilizzo di tali risorse, sono stati presentati il Programma unitario degli interventi e il pacchetto Sisma, suddiviso in due macromisure: una dotata di 1.080 milioni di euro destinata essenzialmente a soggetti pubblici e finalizzata a migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la connessione digitale;

   l'altra, dotata di 700 milioni di euro, per incentivi alle imprese per nuovi investimenti;

   NextAppennino è il progetto elaborato per le aree dell'Appennino centrale interessate dai terremoti del 2009 e del 2016 dalle strutture di governo per la ricostruzione, insieme alle regioni e ai comuni coinvolti, con l'intento di accompagnare la ricostruzione con risorse dedicate, per offrire nuove opportunità di sviluppo alle comunità locali, alle imprese, alle amministrazioni pubbliche e dare all'Appennino centrale una nuova prospettiva di popolamento e di crescita economica, attraverso le risorse dedicate del Fondo nazionale complementare;

   il 18 novembre 2022 sono stati comunicati gli esiti dei bandi del programma NextAppennino destinati alle imprese, i cui risultati si sono rivelati superiori ad ogni aspettativa: a fronte di 615 milioni di euro di agevolazioni messe a disposizione, tra contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati, sono stati presentati 2.541 nuovi progetti d'investimento da parte delle imprese (di cui 744 riguardano l'avvio di nuove micro e piccole imprese), per un valore di 2,3 miliardi di euro ed agevolazioni richieste pari a 1,5 miliardi di euro (875 milioni in più rispetto alle risorse disponibili);

   in particolare:

    a) per i medi e grandi investimenti da realizzare attraverso i contratti di sviluppo sono giunti 100 progetti per 1,1 miliardi di euro, con la richiesta di agevolazioni per 592 milioni a fronte di risorse disponibili pari a 190 milioni;

    b) per i bandi riservati all'avvio e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, e ai loro investimenti innovativi, a fronte di 198 milioni di agevolazioni, le richieste, quasi 2.000, sono state pari a 433 milioni;

    c) per il bando che prevede 60 milioni di incentivi per le imprese turistiche, culturali e sportive sono giunte 205 domande per una richiesta di 101 milioni di agevolazioni;

    d) per le iniziative di partenariato pubblico-privato, un bando da 80 milioni di euro, le richieste sono state 131, per 311 milioni di incentivi;

   il successo dei bandi evidenzia la volontà di investire, la fiducia nel processo di ricostruzione, la vitalità del sistema produttivo: tuttavia, l'ammontare delle richieste di investimento che potrebbero rimanere insoddisfatte rischia di vanificare gli sforzi che congiuntamente stanno facendo le imprese, il terzo settore e gli enti locali per il rilancio di quei territori così duramente colpiti –:

   se il Governo intenda assumere iniziative volte a garantire ulteriori risorse in favore di bandi del programma NextAppennino destinati alle imprese dei territori colpiti dai terremoti del 2009 e del 2016 citati in premessa, al fine di assicurare l'integrale finanziamento di tutti gli interventi proposti e che saranno ammessi o ritenuti idonei da Invitalia.
(5-00046)


   ASCANI, CASU, BARBAGALLO e MORASSUT. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   un ruolo centrale per la competitività e lo sviluppo del nostro Paese rivestono la tutela del patrimonio informativo pubblico, l'offerta di servizi digitali sicuri e facilmente accessibili per i cittadini e lo sviluppo delle competenze e degli investimenti digitali;

   negli ultimi anni si è molto lavorato per trovare una soluzione che consentisse una rapida e completa copertura di rete con investimenti efficienti e nel rispetto delle regole del mercato e della promozione della concorrenza;

   queste iniziative si inserivano nella prospettiva di realizzare una rete integrata (cosiddetta rete unica) per mettere a fattor comune gli assetti di Open Fiber, costituiti dalla rete in fibra e quelle della rete in rame di proprietà dell'operatore Tim, al fine di evitare la duplicazione inefficiente delle reti e permettere il coordinamento delle sinergie;

   il Governo Draghi aveva dato mandato a Cassa depositi e prestiti (Cdp) di presentare un'offerta non vincolante sulla rete Tim lasciando fuori dal perimetro tutte le altre attività del gruppo. La scadenza per presentare quell'offerta era stata fissata a fine ottobre 2022, ma i tempi sono stati prorogati di un mese;

   nonostante le anticipazioni del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessio Butti (Corriere della sera e Sole 24 ore) i contorni del cosiddetto «Progetto Minerva» relativo alla «rete unica» appaiono indistinti. Senza ulteriori dettagli il piano consisterebbe nell'integrazione verticale in un'unica società in mano pubblica della rete e dei servizi di telecomunicazioni. A tale risultato si perverrebbe attraverso l'acquisto da parte di Cdp non già della sola rete, ma dell'intera Tim mediante apposita Opa, senza alcun vincolo o tetto all'onere finanziario pubblico che ne deriverebbe e senza tenere in debito conto il minor valore dell'operazione derivante da possibili rimedi antitrust di separazione verticale, ovvero persino di cessione di parti di rete nelle aree nere. In altri termini il progetto Minerva, da quanto è possibile apprendere, finirebbe per caricare sullo Stato, e dunque sui cittadini, un onere certo, probabilmente sovrastimato, a fronte di un valore incerto degli asset, come risulterebbero dopo l'imposizione di possibili rimedi antitrust;

   nel suo intervento al convegno Asstel tenutosi il 14 ottobre 2022, il Ministro interrogato ha dichiarato che la strategia del Governo è quella di «realizzare una rete che sia poi effettivamente a controllo pubblico» e che gli strumenti per farlo dovranno essere decisi dal Governo stesso;

   lo stesso sottosegretario Butti, sempre in occasione del convegno sulle telecomunicazioni organizzato da Asstel, dopo aver citato rapporti riservati e dopo aver dichiarato che gli obiettivi del Governo Draghi sulla banda larga rischiano di non essere attuati, ha preannunciato un tavolo con gli ad dei principali operatori per delineare una strategia di settore –:

   non essendo ancora definito il perimetro delle deleghe sulle tlc, quali informazioni più dettagliate sul cosiddetto progetto Minerva intenda fornire al Parlamento e quali iniziative il Governo intenda assumere per lo sviluppo della rete unica e con quale massimo onere a carico dello Stato.
(5-00048)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere premesso che:

   da un articolo di retepacedisarmo.org del 27 maggio 2022, si apprende che la Presidenza del Consiglio, il 13 maggio 2022, ha provveduto ad inviare al Parlamento una versione della «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento», relativa alle operazioni svolte nell'anno 2021 contenente correzioni e integrazioni un'ampia serie di informazioni errate e mancanti nel testo inviato precedentemente alle Camere;

   il primo dei due volumi riporta una pagina di «Errata corrige», che sostituisce in particolare tutti i dati, comunicati dall'Agenzia delle dogane riguardanti le operazioni di esportazione effettiva di armamenti;

   nel secondo volume tutto il documento redatto dall'Agenzia delle dogane viene integralmente sostituito da una nuova versione, che elenca i dati nella loro completezza, a seguito di alcuni rilievi che erano stati avanzati da parte della Rete italiana pace e disarmo e dall'Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal);

   i numeri dell'export militare italiano di armi per il 2021 segnano il massimo storico di esportazioni effettive;

   nel 2021, hanno segnato dalla pandemia di Covid-19, le aziende militari italiane hanno esportato nel mondo armamenti per quasi 4,8 miliardi di euro;

   tra i maggiori destinatari di sistemi militari «made in Italy» figurano: Qatar (958.849.653 euro), Kuwait (875.393.504 euro), Egitto (773.289.163 euro), Turkmenistan (378.470.352 euro), ma anche Regno Unito (233.466.565 euro), Stati Uniti (223.451.692 euro), Francia (148.001.753 euro), Germania (128.755.982 euro), nonché Arabia Saudita (135.844.327 euro), Emirati Arabi Uniti (122.460.394 euro) e Pakistan (87.774.972 euro);

   per quanto riguarda le nuove autorizzazioni individuali all'export, queste mostrano un leggero calo ma restano un numero alto, passando dai 3.927.988.408 euro del 2020 ai 3.648.843.633 euro dell'anno scorso;

   tale diminuzione è tuttavia compensata da «licenze globali» di progetto e varie autorizzazioni di trasferimento che riguardano soprattutto progetti militari congiunti fra Paesi dell'Unione europea della Nato: ai 3.648.843.633 di euro di «autorizzazioni individuali» (cioè per singole licenze di esportazione) vanno infatti sommati i 1.012.348.699 euro di «licenze globali», «licenze generali» e «intermediazioni» che rappresentano per le aziende uno strumento di semplificazione delle procedure;

   il totale definitivo delle autorizzazioni rilasciate nel 2021 è dunque di 4.661.192.334 euro, in leggero aumento rispetto all'anno precedente;

   tra i principali acquirenti di armi italiane si trovano Paesi governati da dittature e regimi autoritari primo fra tutti il Qatar, accusato di legami con l'estremismo islamico e tra i primi quindici Paesi figurano Pakistan, Filippine, Malaysia, Egitto oltre che Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti coinvolti nella guerra in Yemen e accusati da organismi organizzazioni internazionali di essere autori di numerose stragi;

   ad oggi non è dato sapere se tali armi vengano utilizzate o meno dai sauditi nel conflitto in Yemen;

   inoltre, più di 970 milioni di euro di licenze di esportazione (pari al 26,6 per cento) riguarda l'Africa settentrionale e il Medio Oriente;

   è inaccettabile che l'Italia continui a produrre e a commerciare armamenti, soprattutto verso regimi autoritari alcuni dei quali coinvolti in aree di guerra, dove a pagare il prezzo più pesante è la popolazione civile e ciò, a parere dell'interrogante, sarebbe in contrasto con la legge n. 185 del 1990 –:

   quali iniziative urgenti intendano assumere affinché cessi definitivamente l'export di armi verso Paesi governati da regimi autoritari e/o impegnati in conflitti regionali, nel pieno e rigoroso rispetto della legge n. 185 del 1990.
(4-00094)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   recenti notizie di diversi organi d'informazione riportano che il deputato brasiliano Edoardo Bolsonaro e suo fratello, a sua volta senatore brasiliano, Flavio Bolsonaro, entrambi figli del presidente uscente del Brasile Jair Bolsonaro, si sarebbero rivolti alla cancelleria consolare dell'ambasciata italiana a Brasilia, per sollecitare l'iter di richiesta della cittadinanza italiana già avanzata nel 2019;

   la richiesta di cittadinanza dei fratelli Bolsonaro sarebbe stata avanzata sulla base di una antica origine italiana vantata da parte della famiglia;

   in base allo ius sanguinis chi è discendente di italiani, sia nel ramo paterno che nel ramo materno, può chiedere la cittadinanza italiana e ottenerla, salvo forse qualche caso particolare;

   per ottenere la cittadinanza italiana ius sanguinis occorrono due requisiti basilari: la discendenza da soggetto italiano, ovvero il dante causa (l'avo emigrato); l'assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza, vale a dire la mancata naturalizzazione straniera non solo dell'avo italiano, prima della nascita del figlio, ma anche dei suoi discendenti in linea retta, prima della nascita della successiva generazione, fino ad arrivare al richiedente medesimo. Bisogna, in sostanza, dimostrare che la catena di trasmissioni della cittadinanza non si sia mai interrotta;

   entrambi i figli dell'ex presidente Bolsonaro sarebbero coinvolti in inchieste giudiziarie: per pesanti attacchi al Tribunale supremo elettorale il primo, per distrazione di fondi pubblici e per rapporti con i presunti sicari accusati dell'omicidio della deputata di Rio de Janeiro Marielle Franco il secondo;

   anche l'ex presidente Bolsonaro, resosi responsabile della devastazione della foresta Amazzonica e di violazione dei diritti umani e per il quale pende la richiesta di messa in stato di accusa da parte del Senato brasiliano per crimini contro l'umanità, avrebbe nelle ultime ore richiesto la cittadinanza italiana;

   la richiesta della cittadinanza italiana, anche in relazione ai processi che coinvolgono l'ex-Presidente Bolsonaro, potrebbe celare l'intenzione da parte della famiglia Bolsonaro di essere utilizzata per non sottoporsi al giudizio dei tribunali brasiliani –:

   se i Ministri risultino a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se risulti che il consolato dell'ambasciata italiana in Brasile abbia ricevuto richiesta di cittadinanza italiana dall'ex Presidente del Brasile Jair Bolsonaro, se ritengano, per quanto di competenza, di concedere la cittadinanza ai membri della famiglia Bolsonaro e se, considerando che mediamente per ottenere la cittadinanza italiana da parte di originari italiani all'estero ci vogliono tra i 10 e i 15 anni, si intenda promuovere iniziative di competenza volte ad attivare una procedura agevolata per la famiglia Bolsonaro.
(2-00021) «Bonelli, Zanella».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI SANZO, TONI RICCIARDI, PORTA e CARÈ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a decorrere da febbraio 2022, a seguito del conflitto in Ucraina che sta attanagliando l'Europa e il mondo, si sta registrando una spirale inflazionistica con dei riverberi micro e macro economici che stanno mettendo a dura prova non solo la tenuta del sistema economico-sociale nazionale e internazionale ma la qualità della vita e il potere di acquisto del personale assunto localmente presso le rappresentanze diplomatico-consolari italiane all'estero, di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in ragione della vulnerabilità della moneta europea rispetto a quella locale, che ha determinato severe conseguenze sull'ammontare reale delle retribuzioni percepite in euro del suddetto personale;

   nello specifico si evidenzia che lo svantaggio economico per i lavoratori di cui in premessa, va ricercato nell'andamento instabile della moneta europea in particolare nei confronti del dollaro statunitense, del dollaro canadese, del franco svizzero e della sterlina: il deprezzamento dell'euro rispetto alla valuta del Paese in cui gli impiegati di cui in premessa sono operativi, sta comportando un ridimensionamento significativo del valore delle retribuzioni locali che arriva fino al 35 per cento rispetto a quanto percepito fino al gennaio 2022, prima dell'inizio delle conflittualità russo-ucraine e le relative conseguenze economiche;

   questa situazione sta assumendo dei contorni critici in queste realtà, in particolare negli Stati Uniti e in Svizzera, dove il livello di malcontento tra i medesimi lavoratori sta crescendo in maniera esponenziale, rappresentando una premessa indifferibile per agitazioni e scioperi nelle sedi che creerebbero i presupposti per una vera e propria débâcle del sistema Paese in queste realtà;

   si evidenzia che la disciplina vigente in materia afferisce ai decreti interministeriali del 31 dicembre 2002 e dell'8 maggio del 2015 che hanno novellato quanto disposto, originariamente, dal comma 4 dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, ai sensi dei quali è disposta l'erogazione della retribuzione in euro a decorrere dal 1o gennaio 2003 limitatamente ai casi di nuova assunzione o di rinnovo del contratto in essere, ma che prevede la deroga da tale disposizione esclusivamente per i lavoratori di quei Paesi in cui sussiste una norma imperativa che preveda l'erogazione in valuta locale;

   allo stato attuale non è stata prevista dall'amministrazione alcuna iniziativa di natura straordinaria atta a tamponare, per un breve periodo, le perdite significative di retribuzione maturate finora dagli impiegati a contratto nella prospettiva sia di salvaguardarne il potere di acquisto e la sicurezza sociale, sia di garantirne il prosieguo dell'operatività presso le sedi estere del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed esorcizzare, in tal modo, un'escalation di dimissioni che – in ragione della cronica penuria di personale e dell'illegittimo sovramansionamento del personale a contratto attualmente in corso – assesterebbe un duro colpo alla tenuta operativa della Farnesina –:

   quali iniziative si intenda intraprendere per far fronte alle criticità in premessa e se non si ritenga auspicabile adottare iniziative di competenza per l'individuazione di un meccanismo di salvaguardia temporaneo atto a compensare lo svantaggio determinatosi con le oscillazioni di cambio dovute a contingenza emergenziale, attraverso la previsione di una indennità compensativa pari alla differenza tra il valore delle retribuzioni percepite prima dell'inizio della fase acuta del deprezzamento dell'euro e il valore medio delle retribuzioni percepite a decorrere da gennaio 2022.
(5-00047)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   CASO, FRANCESCO SILVESTRI, BALDINO, SANTILLO, AURIEMMA, CAPPELLETTI, ALFONSO COLUCCI, D'ORSO, LOMUTI, PELLEGRINI, TORTO, FENU, ORRICO, ILARIA FONTANA, IARIA, PAVANELLI, AIELLO, SPORTIELLO, CARAMIELLO e SCUTELLÀ. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di giovedì 17 novembre 2022, il Ministro interrogato ha presentato alle regioni la bozza di «legge quadro» per l'attuazione dell'autonomia differenziata, ricevendo la contrarietà di diversi presidenti e generando, già nelle anticipazioni fatte dagli organi di informazione, rilevanti preoccupazioni tra la società civile, le organizzazioni sindacali, i costituzionalisti, il mondo della scuola e dell'università;

   stando alle anticipazioni e alle reazioni registrate dai mass media, le criticità più rilevanti riguardano:

    a) il termine ultimo di 12 mesi dall'approvazione della «legge» per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard, decorso il quale, per il trasferimento delle nuove competenze alle regioni, si ricorrerebbe al criterio della spesa storica, senza alcun riferimento a fondi perequativi per le regioni meno avanzate, così incrementando le storiche disuguaglianze, sociali ed economiche, tra il nord e il sud del Paese;

    b) l'istituzione di una «Commissione paritetica» di esperti nominati dallo stesso Ministro interrogato e dalle regioni, con il potere di quantificare e disporre di competenze e risorse, estromettendo di fatto il Parlamento da ogni possibilità di modifica;

    c) la possibilità, per ciascuna regione, di stipulare accordi diversi e su un numero non definito di competenze: sanità, istruzione, tutela dell'ambiente, energia, e altro, così compromettendo l'unitarietà e l'uniformità del Paese in tema di diritti civili e sociali: preoccupante sarebbe, ad esempio, la differenziazione dell'istruzione che aggraverebbe ulteriormente il già elevato divario formativo;

   diversi costituzionalisti hanno sollevato dubbi di costituzionalità, paventando la violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo cui compete allo Stato «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.»;

   la Corte costituzionale, nella pronuncia n. 220 del 2021, ha già avuto modo di rilevare «il perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP, i quali indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché “il nucleo invalicabile di garanzie minime” per rendere effettivi tali diritti (...). In questa prospettiva i LEP rappresentano un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali» –:

   quale sia la posizione del Governo in merito alla necessità di definire prioritariamente i livelli essenziali delle prestazioni e gli strumenti perequativi e di prevedere il pieno coinvolgimento del Parlamento anche nella definizione e approvazione, a maggioranza qualificata, delle intese tra Governo e regioni previste nella citata bozza.
(3-00029)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   NEVI, CATTANEO, ARRUZZOLO e GATTA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   le organizzazioni agricole negli incontri con i rappresentati del Governo appena formatisi, nel sottolineare il ruolo centrale dell'agricoltura, hanno chiesto di attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza adeguandolo al nuovo contesto economico e geopolitico, superando l'attuale ripartizione dei compiti fra i vari soggetti interessati;

   l'esperienza del bando del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativo ai parchi agrisolari, dotato di 1,5 miliardi di euro per l'installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici destinati all'esercizio dell'agricoltura, di competenza del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, mostra come siano necessari dei correttivi: ancorare la misura al solo autoconsumo aziendale, ha reso meno appetibile l'accesso alla misura delle imprese agricole e ha escluso di fatto le piccole e medie imprese di settore;

   molti agricoltori non hanno concorso anche per carenza di risorse economiche, mentre sarebbe stato opportuno il coinvolgimento di soggetti di garanzia pubblica, come Ismea o Mediocredito centrale;

   altrettante incognite si rilevano sulla misura dei parchi agrivoltaici (1,1 miliardi di euro per l'installazione di pannelli fotovoltaici, nell'ambito di aree in attualità di coltivazione, di competenza del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica – Mase), dove mancano ancora indicazioni definitive e un quadro d'insieme completo. Sarebbe opportuna una governance chiara e un tavolo di lavoro tra le varie associazioni di rappresentanza del mondo agricolo ed energetico, con l'obiettivo di una collaborazione strutturale e costruttiva;

   altrettante incognite vi sono sulla misura M2C2 1.4 di competenza del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica dotata di 1,9 miliardi di euro, destinata al recupero energetico dei residui organici per la produzione di biometano. Questa si pone l'obiettivo di riconvertire e migliorare l'efficienza degli impianti di biogas agricoli esistenti, di creare poli consortili per il trattamento centralizzato di digestati ed effluenti con produzione di fertilizzanti di origine organica e di produrre oltre 2 miliardi di metri cubi di gas. Anche qui sarebbe opportuno un maggior coordinamento tre le diverse realtà sia imprenditoriali che di governance;

   l'emergenza creata dalla situazione geopolitica internazionale è sia energetica che alimentare. Sotto il primo profilo l'obiettivo da perseguire è quello di trasformare il comparto agricolo da consumatore a produttore di energia –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito all'attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinate a rendere più efficienti sotto il profilo energetico il settore agricolo, adottando, ad esempio, iniziative volte all'eliminazione dei limiti di produzione energetica oggi esistenti, e se non ritenga opportuno un maggior coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica per l'attuazione delle misure di sua competenza che riguardano il settore agricolo.
(3-00033)


   LUPI, PISANO, BICCHIELLI, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la cultura alimentare rappresenta una tradizione imprescindibile del nostro Paese, che deve essere tutelata anche presso le istituzioni comunitarie;

   la carne coltivata, nota anche come carne sintetica, artificiale o in-vitro, è un prodotto ottenuto dalla raccolta di cellule muscolari animali che vengono poi poste in un bioreattore e alimentate con proteine per favorire la crescita dei tessuti;

   il Ministro interrogato ha dichiarato recentemente che «finché saremo al Governo sulle tavole degli italiani non arriveranno cibi creati in laboratorio», e che «il Governo è contrario a cibo sintetico e artificiale e ha intenzione di contrastare in ogni sede questo tipo di produzioni»;

   il 17 novembre 2022 l'azienda Upside Foods ha ricevuto l'autorizzazione dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti d'America per procedere nella produzione di «pollo sintetico»;

   sebbene Upside Foods sia tenuta a superare altri due passaggi burocratici prima di procedere alla commercializzazione, ossia ricevere un'ispezione da parte del dipartimento dell'agricoltura (Usda) e ottenere un'etichetta che attesti l'avvenuta ispezione, l'autorizzazione ottenuta dalla Food and Drug Administration rappresenta un primo passo importante verso l'approdo del prodotto sui mercati statunitensi;

   il progetto europeo «Feed for Meat» è sviluppato dall'azienda di nutrizione animale olandese Nutreco insieme a Mosa Meat, l'azienda olandese che ha prodotto il primo hamburger al mondo coltivato in laboratorio nel 2013;

   il progetto citato, che mira a migliorare ulteriormente la sostenibilità della catena del valore dell'agricoltura cellulare, è stato finanziato nell'ambito di React-Eu, all'interno del programma «Next Generation EU», il quadro finanziario della Commissione europea per la ripresa dalla pandemia di COVID-19;

   la Commissione europea, contestata già nel 2021 da numerosi membri italiani del Parlamento europeo, ha difeso la mossa di concedere 2 milioni di euro del programma «Next generation EU» al progetto «Feed for Meat», per proseguire le attività di ricerca sull'agricoltura cellulare e ridurre i costi della carne coltivata in laboratorio –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per scongiurare la produzione e la commercializzazione di carne «coltivata» o «sintetica», o ancora «artificiale», non solo con riguardo all'ordinamento italiano ma anche in tutte le sedi comunitarie e internazionali in cui il Governo può rappresentare la posizione italiana sul tema in oggetto.
(3-00034)


   VACCARI, FORATTINI, MARINO, ANDREA ROSSI, FERRARI, GHIO, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio – prevede l'istituzione presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste (oggi Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (Ctfvn);

   il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è stato costituito, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge n. 157 del 1992, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di cui al comma 1 della stessa legge ed è presieduto dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste o da un suo delegato e che è stato rinnovato nelle rappresentanze con periodicità quinquennale fino a circa dieci anni fa senza ulteriori rinnovi o convocazioni in palese contrasto con le norme di legge;

   al comitato sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della legge n. 157 del 1992;

   il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale esprime parere sull'aggiornamento dei massimali assicurativi obbligatori per l'esercizio della caccia che il Ministro interrogato aggiorna con proprio decreto ogni quattro anni ed esprime parere sulle domande di riconoscimento delle associazioni venatorie nazionali;

   in assenza di una relazione sullo stato di applicazione della legge n. 157 del 1992 il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale può assolvere a sede di valutazione e di approfondimento, essendo presenti tutte le forze associative e gli enti territoriali chiamati dalla legge a svolgere ruoli primari nella gestione del territorio e della fauna, delle eventuali proposte correttive e integrative da apportare alla normativa nazionale;

   è opportuno dare risposte alle decine di migliaia di aziende che vedono ogni giorno il proprio lavoro cancellato dai 2,3 milioni di cinghiali proliferati e che rappresentano un pericolo per la salute e la sicurezza dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato intenda procedere alla ricostituzione del suddetto comitato avviando con sollecitudine le procedure per richiedere le designazioni agli enti interessati, anche per affrontare con urgenza l'emergenza cinghiali e quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere al riguardo.
(3-00035)


   FOTI, CERRETO, CARETTA, ALMICI, LA PORTA, LA SALANDRA, MALAGUTI, MARCHETTO ALIPRANDI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, RUSPANDINI, VINCI, MURA, PULCIANI e SBARDELLA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:

   il piano d'azione per la strategia dell'Unione europea dal produttore al consumatore prevede la modificazione del sistema di etichettatura degli alimenti, introducendo quella nutrizionale front-of-pack garantendo le scelte alimentari dei consumatori e fornendo informazioni a «colpo d'occhio» sui valori nutrizionali, per prevenire malattie legate all'alimentazione;

   è al vaglio degli organi dell'Unione europea un nuovo sistema denominato Nutri-Score, sviluppato in Francia, che identifica i valori nutrizionali dei prodotti alimentari comparando quantità fisse pari a 100 grammi, utilizzando due scale correlate: una cromatica divisa in cinque gradazioni di colore dal verde al rosso, e una alfabetica dalla lettera A alla lettera E;

   illustri nutrizionisti italiani hanno valutato negativamente il Nutri-Score perché poco chiaro: ad esempio, il Nutri-Score considera l'olio d'oliva un cibo meno sano di bevande di produzione industriale, gassate e zuccherate, fornendo ai consumatori un'informazione inesatta;

   un'indagine indipendente condotta dall'organizzazione Safe ha confrontato il Nutri-Score con due sistemi di etichettatura alternativi, al termine del quale si è dimostrato «incoerente» e «difettoso» perché fornisce dati ingannevoli, più favorevoli e accomodanti per cibi non salutari, come quelli contenenti molti zuccheri o sottoposti a lunghi processi di trasformazione industriale;

   il mondo scientifico, al contrario, ritiene che per meglio tutelare la salute sia necessario adottare diete equilibrate, basate su un'alimentazione varia e bilanciata, contenente tutti i nutrienti; il Nutri-Score, invece, tende a scoraggiare il consumatore dall'acquisto di determinati prodotti, anche se salutari, perché valutati singolarmente e non all'interno di una completa dieta alimentare, nonostante l'alta qualità, come nel caso dell'olio d'oliva;

   se adottato, il Nutri-Score determinerebbe un'ingiusta penalizzazione del settore agroalimentare nazionale, considerato un'eccellenza dell'Italia, fornendo messaggi nutrizionali distorsivi, penalizzanti e dannosi per l'economia nazionale, distorcendo anche la leale concorrenza e la competizione economica internazionale;

   il Nutri-Score non garantirebbe la salubrità delle scelte del consumatore danneggiando anche l'economia nazionale e europea; utile sarebbe invece l'adozione un sistema di informazione a effettiva tutela del consumatore finale perché più approfondito e chiaro per valutare gli alimenti;

   il 27 ottobre 2022 la Commissione europea ha posticipato al 2023 la presentazione della proposta di regolamento sull'etichetta nutrizionale, prevista entro il 2022, evitando l'adozione del Nutri-Score –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare in sede di Unione europea per sollecitare l'elaborazione di un diverso sistema di etichettatura, in grado di fornire informazioni più chiare e di evitare i danni alla salute dei consumatori e al sistema produttivo agroalimentare nazionale e europeo che causerebbe, invece, l'introduzione del modello Nutri-Score.
(3-00036)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BONAFÈ e SIMIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il caro energia sta mettendo a rischio la sopravvivenza di oltre 881 mila micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti, pari al 20,6 per cento dell'occupazione del sistema imprenditoriale italiano;

   le comunità energetiche rappresentano oggi una opportunità straordinaria per promuovere e mettere in rete l'autoproduzione di fonti rinnovabili, salvaguardare l'ambente e contrastare con efficacia il caro bollette di imprese e famiglie;

   le comunità energetiche rinnovabili (Cer) sono state introdotte in Italia dall'articolo 42-bis del decreto-legge numero 162 del 2019 «Autoconsumo da fonti rinnovabili» e successivamente normate dal decreto legislativo numero 199 del 2021 (recepimento della direttiva europea Red II);

   sussistono ad oggi gravi ritardi rispetto alla definizione della regolamentazione degli incentivi per la condivisione dell'energia: l'apposito decreto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo numero 199 del 2021 non è stato infatti ancora emanato e continua ad essere applicata la disciplina sperimentale prevista dal citato articolo 42-bis del decreto-legge numero 162 del 2019;

   oltre alle problematiche relative all'emanazione di tale decreto, le associazioni di categoria delle Pmi hanno evidenziato alcune criticità relative all'attuale normativa sulle comunità energetiche che penalizzerebbe l'autoproduzione destinata alle attività delle piccole e medie imprese. Queste problematiche riguardano in particolare:

    a) la mancanza di incentivi fiscali per l'installazione di impianti sui capannoni nelle zone artigianali ed industriali ai fini della produzione di energia destinata all'autoconsumo;

    b) gli attuali finanziamenti per l'installazione dei pannelli, stanziati con appositi bandi del Pnrr, prevedono criteri che estromettono di fatto ampie zone produttive del paese;

    c) manca ad oggi una mappatura dettagliata sulla presenza nei territori comunali delle cabine di trasformazione (cabine primarie e secondarie);

    d) l'obbligo da parte dei consumatori di collegarsi a punti di connessioni su reti elettriche di bassa tensione (cabine secondarie) sottese alla medesima cabina di trasformazione a media/bassa tensione escludendo di fatto le imprese energivore;

    e) il limite di potenza complessiva degli impianti per la singola comunità energetica fissato a 200 kilowatt che risulta inadeguato per le imprese;

    f) i tempi di risposta del Gse per la verifica delle condizioni che comporta un iter burocratico eccessivamente lungo;

    g) la presenza di rigidi vincoli paesaggistici e idrogeologici in insediamenti artigianali per l'installazione di impianti fotovoltaici; si tratta spesso di limiti anacronistici, soprattutto per quanto riguarda il rischio idrogeologico, perché non tengono conto delle opere già realizzate per prevenire tali pericoli;

   appare quindi evidente la necessità di intervenire adottando misure efficaci per limitare i costi energetici delle imprese mediante la promozione dell'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di salvaguardare la continuità produttiva ed occupazionale delle Pmi e conseguentemente evitare che eventuali rincari di prestazioni e prodotti possano coinvolgere anche i consumatori finali –:

   quando verranno emanati i decreti attuativi decreto legislativo numero 199 del 2021 riguardanti la disciplina dell'autoconsumo e delle comunità energetiche;

   quali iniziative intenda adottare per incentivare ulteriormente l'autoproduzione energetica da fonti rinnovabili da parte delle imprese, promuovendo altresì misure idonee a favorire la loro adesione alle comunità energetiche a partire dalla rimozione delle criticità evidenziate dalle associazioni di categoria esposte in premessa.
(5-00044)


   BRAGA, CARÈ, VACCARI, TONI RICCIARDI, UBALDO PAGANO, FASSINO e BOLDRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   lo sviluppo delle energie rinnovabili è uno dei principali obiettivi a cui deve tendere il Paese, per contribuire al raggiungimento dei target europei di produzione di energia da Fer, per ridurre la dipendenza energetica da fonti fossili, in particolare di provenienza estera, e per contribuire al contenimento dei costi energetici che gravano pesantemente su famiglie e imprese;

   l'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, in attuazione della direttiva (UE) 2018 del 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili prevede che; «con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dai PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili»;

   tale disposizione risulta fondamentale per consentire la velocizzazione degli iter autorizzativi di impianti Fer;

   nella risposta all'atto di sindacato ispettivo numero 5-08162 del 25 maggio 2022, la sottosegretaria pro tempore al Ministero della transizione ecologica Vannia Gava confermava che il Ministero era «fortemente impegnato nel giungere quanto prima all'adozione del decreto che stabilisce i principi e i criteri per le aree idonee e, in proposito, nei prossimi giorni invierà la bozza del decreto ai Ministeri concertanti per il prosieguo dell'iter» –:

   stante il forte ritardo accumulato anche rispetto alle assicurazioni date al Parlamento in che tempi il Ministro interrogato intenda emanare il decreto contenente principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili.
(5-00049)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   gli eventi estremi causati dalla crisi climatica, sempre più frequenti e sempre più diffusi, impongono l'adozione urgente di un quadro di riferimento sull'adattamento climatico a livello nazionale, funzionale ai fini della progettazione di azioni ai diversi livelli di governo del territorio e nei diversi settori di intervento;

   dal 2013 l'Unione europea esorta gli Stati membri a «rivalutare il concetto di vulnerabilità, rivedere le soglie critiche di rischio a livello nazionale e misurare le proprie capacità di resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici attraverso politiche basate su un approccio locale e un forte coinvolgimento degli attori socio-economici»;

   un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è adottato praticamente da tutti i grandi Paesi europei (per esempio Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Austria, Croazia, Olanda) e costituisce lo strumento di pianificazione principale per affrontare le emergenze climatiche;

   commissionato nel 2016 dalla Direzione generale clima ed energia dell'allora Ministero dell'ambiente, il Pnacc è stato elaborato già 5 anni fa, sotto la supervisione scientifica della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) e con il supporto di numerosi enti di ricerca nazionali (università, Ispra, etc.);

   tuttavia, dal 2017 il piano è sottoposto a numerosi esami in attesa di essere definitivamente approvato, tanto da essere ormai considerato parzialmente obsoleto e necessiterebbe di un aggiornamento e un approfondimento;

   come spiega lo stesso Cmcc nel report del 2020 «Analisi del rischio – I cambiamenti climatici in Italia», la probabilità del rischio legato a eventi climatici estremi è aumentata nel nostro Paese del 9 per cento negli ultimi vent'anni: oggi circa il 90 per cento dei Comuni italiani è a rischio per frane e alluvioni e oltre sette milioni di italiani vivono o lavorano in aree considerate «ad alta pericolosità»;

   il Pnacc individua quattro obiettivi: contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici; incrementare la loro capacità di adattamento;

   migliorare lo sfruttamento delle eventuali opportunità; favorire il coordinamento delle azioni ai diversi livelli di governance;

   in particolare esso contiene indicazioni sulle criticità geologiche e idrauliche del territorio e i rischi a esse associati, e su come migliorare: i modelli per la simulazione e la previsione degli impatti su differenti orizzonti temporali, il monitoraggio del territorio per la produzione di basi dati aggiornate, la gestione delle emergenze da parte delle amministrazioni a tutti i livelli e l'aumento della partecipazione della popolazione, la gestione e la manutenzione del territorio, la conoscenza dello stato dei manufatti e delle infrastrutture per aumentarne la resilienza; tutte azioni fondamentali per gestire l'impatto degli eventi meteorologici estremi che hanno colpito l'Italia anche in questi ultimi cinque anni;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è dedicato espressamente a tali interventi e allo scopo di integrare le normali voci di spesa delle politiche pubbliche nel segno della transizione ecologica;

   nel rapporto «Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità» del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili presentato nel febbraio del 2022, si stima che «le risorse da investire in adattamento siano 8-10 miliardi fino al 2030: circa un miliardo all'anno, più un costo operativo e manutenzione annuale di 604 milioni di euro nello scenario business as usual»;

   il rapporto suggerisce di investire in adattamento ai cambiamenti climatici, perché la stima del danno legato alle infrastrutture è di circa 2,3-8,7 miliardi di euro (tra il 2020 e il 2030), mentre nel 2050 la perdita raggiungerebbe una cifra tra gli 11,5 e i 18 miliardi di euro –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si possa giungere ad una rapida approvazione definitiva del Pnacc, piano da tempo atteso e urgente.
(4-00093)


   DORI e EVI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 21 luglio 2017 è stato stipulato un protocollo d'intesa tra Ministero dell'ambiente, regione Lombardia e regione Veneto, finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del lago di Garda;

   il 20 dicembre 2017 è stata sottoscritta una convenzione che prevede un finanziamento ministeriale pari a 100 milioni di euro, a fronte di un costo complessivo di euro 230 milioni;

   a febbraio 2018 Acque Bresciane S.r.l. ha incaricato l'Università di Brescia di svolgere un'analisi preliminare su sei possibili alternative di localizzazione dei depuratori;

   nell'aprile del 2019 Acque Bresciane ha chiesto all'Università di Brescia un aggiornamento dello studio condotto nel 2018, ponendo a confronto quattro siti alternativi;

   nel luglio 2020 il Dicatam ha consegnato l'aggiornamento dello studio;

   oltre 20 sindaci hanno scritto una lettera al Ministero dell'ambiente esprimendo contrarietà all'ipotesi di utilizzare il fiume Chiese come corpo recettore degli scarichi dei reflui provenienti dal lago di Garda;

   il fiume Chiese è da tempo sfruttato a fini produttivi soprattutto da agricoltura intensiva e lunghi tratti del suo corso d'acqua, ogni anno, sono quasi prosciugati a causa dei canali artificiali che dirigono l'acqua nelle campagne dove vengono seminate le colture;

   il 30 novembre 2020 il consiglio provinciale di Brescia ha approvato una delibera, la «Mozione Sarnico», indicando che le infrastrutture di depurazione debbano essere localizzate nelle aree territoriali dei comuni afferenti all'impianto stesso;

   al fine di accelerare l'intervento oggetto del protocollo d'intesa, con l'articolo 17-octies, comma 7, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113 è stato nominato il prefetto di Brescia Commissario straordinario;

   con una nota del 23 luglio 2021 il prefetto di Brescia ha annunciato che «il sistema di collettamento e depurazione a servizio della sponda bresciana del lago di Garda si articolerà in due depuratori che verranno ubicati a Gavardo e Montichiari» e con provvedimento del 5 ottobre 2021 ne ha dichiarato la fattibilità tecnico-economica;

   dal 9 agosto 2021 è in corso a Brescia un presidio permanente di associazioni, comitati, amministratori locali e cittadini contro la decisione del commissario;

   il 25 marzo 2022 gli interroganti hanno incontrato il commissario straordinario chiedendo di disporre uno studio completo di ecologia fluviale sul fiume Chiese, mai disposto in precedenza, per comprendere gli effetti dello scarico delle acque nel Chiese;

   la commissaria straordinaria, in data 13 maggio 2022, ha risposto agli interroganti, affermando che lo studio di ecologia fluviale non sarebbe necessario perché si tratta di «misure che routinariamente gli enti competenti (ARPA in particolare) svolgono a norma di legge (...) pertanto, non sarebbe di alcuna utilità aggiungere (e attenderne gli esiti) di altre campagne di monitoraggio»;

   ai sensi dell'articolo 822 del codice civile «Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia» e, pertanto, lo Stato ha una responsabilità sui beni appartenenti al demanio pubblico, di cui il fiume Chiese fa parte –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di natura normativa al fine di abrogare la disposizione che istituisce la figura del commissario straordinario per il collettamento e la depurazione della sponda bresciana del lago di Garda;

   se il Ministro interrogato intenda disporre, di concerto con la regione Lombardia, un approfondito studio di ecologia fluviale, sul fiume Chiese finalizzato a valutare soluzioni alternative rispetto a quella annunciata dal commissario straordinario, che siano in linea con la delibera della provincia di Brescia e che tengano in considerazione i gravi effetti che tale decisione provocherebbe sul fiume Chiese.
(4-00095)


   ASCARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto interprovinciale di asse viario cispadano risale al lontano 1964. Ne è stato realizzato per almeno un terzo da Parma a Ferrara in forma di strada a scorrimento veloce categoria C1;

   nel 2006 la Regione Emilia-Romagna ha deliberato la trasformazione del tratto Reggiolo-Ferrara in asse autostradale categoria A;

   nel 2010 si è costituita la società di progetto Autostrada regionale cispadana spa (Arc), oggi responsabile del progetto;

   la procedura di concessione stabilisce la durata della stessa in 49 anni e l'esecuzione dei lavori in 44 mesi;

   nell'aprile 2022 il Presidente di ARC comunicava l'allungamento dei tempi di inizio lavori e che i cantieri non partirebbero prima della primavera del 2024, per concludersi forse nel 2028;

   a maggio 2022 i comitati «no autostrada Cispadana» e «NO Bretella Campogalliano-Sassuolo», hanno presentato un esposto alla Commissione europea sull'utilizzo delle procedure della finanza di progetto con diritto di prelazione per il rinnovo della concessione per la gestione dell'A22, ritenendo che la procedura messa sul tavolo da Autobrennero violerebbe il principio di libera concorrenza. La gara per rinnovare la concessione attraverso la finanza di progetto, come previsto dall'ultimo «decreto infrastrutture», consentirebbe ad A22, nel caso non risultasse vincitrice, il diritto di prelazione, ovvero di subentrare all'impresa concorrente per realizzare il progetto;

   a parere dell'interrogante, questa norma violerebbe il diritto comunitario e sarebbe incompatibile sia con la direttiva Ue 23/2014 sulle concessioni, sia con l'articolo 81 del trattato istitutivo della Comunità europea. Così come le otto proroghe, disposte per decreto dal 2014 a oggi, che hanno permesso senza alcun bando di gara ad Autobrennero di continuare a gestire l'A22 nonostante la scadenza della concessione;

   consta inoltre all'interrogante che il concessionario Arc abbia avanzato, all'allora Ministero della Transizione Ecologica, la richiesta di proroga del decreto ministeriale del luglio 2017 di valutazione positiva dell'opera, sia pure con prescrizioni;

   la finanziaria 2022 ha stabilito lo stanziamento di 200 milioni di euro per la realizzazione della Cispadana autostradale;

   nel frattempo, Autobrennero ha confermato l'impegno per la Cispadana, unitamente alla proposta per la concessione dell'A22: da qui la richiesta al Governo da parte dei presidenti delle regioni Trentino-Alto Adige, Veneto ed Emilia-Romagna, di un apposito decreto per dichiarare il PPP (Partenariato pubblico privato) di pubblica utilità;

   l'indicazione europea e nazionale è di spostare il trasporto merci per le medie e lunghe distanze dalla gomma al ferro; inoltre, a partire dal 2028, data presunta dell'apertura del secondo tunnel ferroviario del Brennero, l'Europa prevede che le merci non potranno più transitare su gomma per il Passo autostradale del Brennero –:

   se non si ritenga che un'ulteriore concessione, così come proposta da Autobrennero con la proposta di Ppp, dell'A22 comporti una violazione della citata normativa comunitaria, come peraltro ipotizzato anche per le precedenti proroghe;

   se non si ritenga comunque necessario fermare la procedura in attesa dell'esito dell'esposto sopracitato;

   se e quando sia stato emanato il decreto per dichiarare di pubblica utilità il citato PPP e con quali motivazioni o quali prossime iniziative si intenda eventualmente intraprendere in merito alla richiesta;

   se il citato stanziamento di 200 milioni di euro sia soggetto a scaglionamento, se sia «pronto cassa» a disposizione della regione, se sussista un limite temporale entro cui la regione debba usufruirne, se la parte di finanziamento eventualmente non spesa rimarrebbe a disposizione della regione o rientrerebbe nelle casse dello Stato;

   se la proroga della V.i.a. richiesta da Arc sia o meno stata rilasciata o se sia addirittura necessaria una nuova V.i.a. e se, quest'ultima, debba eventualmente essere rilasciata sulla base delle regole relative alla situazione in atto nel 2012, anno di approvazione del progetto definitivo preliminare sottoposto a V.i.a., o di quelle attuali con relativo adeguamento costituzionale a maggior salvaguardia del paesaggio, come risulterebbe più corretto;

   se si intenda porre in essere eventuali iniziative normative di modifica del codice degli appalti e con quali principi e finalità.
(4-00099)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   MEROLA, D'ALFONSO, TONI RICCIARDI, STEFANAZZI e TABACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto rilancio) ha introdotto il cosiddetto superbonus, che consiste in una detrazione pari al 110 per cento delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2022 relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici;

   la legge di bilancio 2022 ha da ultimo prorogato i termini per avvalersi dell'agevolazione prevedendo scadenze differenziate in base al soggetto beneficiario;

   in particolare per gli interventi effettuati dagli Istituti autonomi case popolari (Iacp) su immobili, di proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti a edilizia residenziale pubblica, la detrazione è confermata al 110 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, purché, al 30 giugno 2023, siano stati eseguiti lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo;

   in sede di audizione sulla Nadef 2022 il Ministro ha confermato l'intenzione del Governo di ridurre già dal 2023 le aliquote di detrazione del superbonus;

   risulta agli interroganti che diversi enti pubblici economici ex Iacp hanno bandito gare a evidenza pubblica per lavori di efficientamento energetico degli edifici pubblici di proprietà dei comuni;

   anche diversi programmi da realizzare con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevedono una quota di cofinanziamento mediante il superbonus;

   il cambiamento in corso d'anno e con così poco preavviso delle condizioni normative di riferimento metterebbe in seria difficoltà sia i nuovi cantieri in fase di progettazione, sia i vecchi in corso di esecuzione, ivi compresi i progetti relativi alla realizzazione di interventi previsti dal Pnrr –:

   appare opportuno tutelare i soggetti che hanno già bandito gare pubbliche affinché eventuali modifiche normative della disciplina fiscale in materia di superbonus non ricadano sulle stazioni appaltanti, a tal fine confermando l'attuale aliquota di detrazione per gli interventi effettuati dagli enti pubblici economici ex Iacp su immobili adibiti a edilizia residenziale pubblica, nonché adottando iniziative di competenza per concedere la possibilità di terminare le opere per gli importi messi a bando, prevedendo una proroga sia del termine del 30 giugno 2023, relativo all'esecuzione dei lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo, sia del termine finale per beneficiare della detrazione fissato al 31 dicembre 2023;

   se intenda adottare le richiamate iniziative e prevedere la proroga del superbonus sino al 31 dicembre 2026, e in ogni caso in conformità con le tempistiche del Pnrr.
(5-00050)


   GEBHARD e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, prevede il regime speciale per i lavoratori impatriati, i quali possono beneficiare di un'imponibilità solo parziale del reddito a decorrere dal periodo d'imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e per i quattro periodi d'imposta successivi;

   al ricorrere di una delle condizioni di cui al comma 3-bis del suddetto articolo 16 (figlio minorenne a carico o acquisto di un'unità immobiliare residenziale) le agevolazioni si applicano per ulteriori cinque periodi d'imposta;

   ai sensi dell'articolo 1, commi 54 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, i contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni possono applicare il regime forfetario se soddisfano i requisiti previsti, tra i quali, in particolare, non aver conseguito nell'anno precedente ricavi o compensi superiori a euro 65,000;

   l'Agenzia delle entrate ha chiarito in più occasioni che l'applicazione del regime forfetario è incompatibile con le suddette agevolazioni per i lavoratori impatriati, viste le diverse regole applicative che sottendono a due regimi agevolativi, e che è facoltà del contribuente optare per il regime a lui più favorevole;

   si pone tuttavia la domanda se un contribuente impatriato, che in un primo momento opta per il regime forfetario, possa beneficiare del regime speciale per i lavoratori impatriati per i periodi d'imposta eventualmente rimanenti del quinquennio (o, al ricorrere delle condizioni, del decennio) se perde i requisiti per l'applicazione del regime forfetario;

   alla luce della circolare n. 33/E del 28 dicembre 2018 dell'Agenzia delle entrate, dove si afferma al punto 6, in relaziona alla mancata richiesta di accesso al beneficio, che «resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fruire per il regime in esame per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, con le modalità su esposte, applicando il regime in base alle disposizioni in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza in Italia», la risposta dovrebbe: essere affermativa –:

   se il Governo possa fornire un chiarimento in merito all'applicabilità dei regime speciale per i lavoratori impatriati per periodi d'imposta rimanenti dopo l'uscita del regime forfetario.
(5-00051)


   CENTEMERO, BAGNAI, CAVANDOLI e MIELE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017 reca la disciplina relativa al trattamento fiscale dei cosiddetti «carried interest» ossia dei proventi derivanti dall'investimento effettuato in quote del capitale o del patrimonio di società e/o fondi di investimento (Oicr), da parte di dipendenti, manager o gestori delle medesime entità (compresi i soggetti delegati alla gestione e quelli con funzioni di advisor);

   si tratta di uno strumento di incentivazione del management di fondi, soprattutto di private equity, e di investimenti diretti, che ha lo scopo di allineare gli interessi dei manager con quelli degli investitori ed è legato a strumenti partecipativi con diritti rafforzati;

   tali strumenti comportano una partecipazione agli utili proporzionalmente maggiore rispetto a quelli degli altri investitori – generalmente a fronte dell'assenza di diritti amministrativi, dell'esistenza di temporanei vincoli alla trasferibilità e della postergazione nella distribuzione degli utili – in quanto idonei ad assumere rilevanza concreta solo se gli investimenti daranno complessivamente luogo a risultati economici al di sopra di determinate soglie, (cosiddette «hurdle rate»);

   la sopramenzionata agevolazione fiscale ha il correlato obiettivo di sviluppare il mercato del private equity e del private debt in mancanza del quale molte imprese a conduzione familiare rischiano di entrare in una fase di difficoltà e vuoto gestionale nel delicato momento che tocca i passaggi di ricambio generazionale che interessano una significativa parte delle Pmi italiane;

   a parere degli interroganti, sarebbe opportuno ampliare la portata attualmente selettiva di tale disposizione, includendo tra i beneficiari del suddetto incentivo fiscale anche le holding di partecipazione, che rappresentano il primo interlocutore professionale di investimento con cui si interfacciano le PMI innovative nel loro percorso di crescita sul mercato dei capitali di rischio;

   peraltro, in piena coerenza con le finalità del già citato articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017, anche le holding di partecipazione permettono di proteggere il patrimonio familiare e di gestire il passaggio generazionale delle imprese controllate, preservandolo da attacchi esterni e nelle fattispecie di mutamento degli assetti societari propri di queste ultime –:

   quale sia la valutazione in merito alla possibilità di estendere l'ambito soggettivo di applicazione del cosiddetto «carried interest», con particolare riferimento alle holding di partecipazione.
(5-00052)


   RUBANO e MAZZETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, con riferimento ai bonus edilizi e in particolare al superbonus, ha introdotto la possibilità di cedere il credito fiscale a un soggetto terzo, comprese banche e intermediari finanziari;

   secondo il Censis tra l'agosto del 2020 e l'ottobre del 2022 i cittadini hanno sostenuto una spesa di 55 miliardi di euro di soli superbonus, che si converte in 60,5 miliardi di detrazioni fiscali. Le banche hanno accettato crediti fiscali edilizi per 30 miliardi di euro. Altri 47 miliardi sono in valutazione;

   secondo i dati forniti dall'Agenzia delle entrate il 19 maggio 2022 l'importo totale dei crediti relativi ai bonus edilizi, ceduti e non ancora accettati dai cessionari dopo 30 giorni, ammontava a più di 5 miliardi di euro;

   a giudicare dagli allarmi che da mesi lanciano le organizzazioni imprenditoriali si tratta di un dato che appare sottostimato. Secondo la Cna nel giugno 2022 i crediti bloccati erano circa il 15 per cento del totale;

   a ciò si aggiunga che la capienza fiscale delle banche è al limite e in questi giorni si registra un sostanziale blocco dell'acquisto di crediti fiscali. Non a caso Abi e Ance hanno recentemente chiesto una misura di carattere straordinario volta a consentire agli intermediari di ampliarle la propria capacità di acquisto favorendo le quarte cessioni;

   la soluzione di aumentare le annualità di fruizione del beneficio aiuta, ma non immediati delle imprese. Secondo Cna a giugno erano oltre 60 mila le imprese artigiane che si trovano con i cassetti fiscali pieni ma senza liquidità;

   i crediti d'imposta regolarmente registrati sono somme dovute dallo Stato: è d'obbligo che siano state onorate. Per talune categorie di cittadini (incapienti, forfettari e altro) la cessione del credito è l'unico modo per migliorare le prestazioni delle proprie abitazioni, quindi è classificabile come appaiono in grado di sbloccare il mercato;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per rimuovere gli ostacoli che limitano le cessioni dei crediti fiscali già consolidati, relativi ai bonus edilizi, a esempio semplificando ulteriormente le quarte cessioni delle banche o consentendo a queste di frazionare le somme da cedere, in relazione alle capacità d'acquisto del cessionario, o avviando un'interlocuzione con le società controllate dallo Stato, quali Poste o Cassa depositi e prestiti per l'acquisizione dei crediti fiscali che oggi non trovano sbocco.
(5-00053)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCARI e MEROLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno dei giochi d'azzardo in Italia, anche a causa di un'offerta smisurata del mercato nel corso degli anni, si è sempre più accresciuto assumendo dimensioni sociali ed economiche considerevoli;

   nel 2021 con pandemia da Covid-19 ancora in corso e le sale chiuse per un arco temporale importante la vendita delle cosiddette «Lotterie istantanee» (gratta e vinci) è proseguita regolarmente;

   secondo i dati riportati dall'Agenzia dei monopoli nel libro blu 2021, che fotografa la dimensione del settore nel costo degli anni, emerge un ritorno alla crescita per il gioco d'azzardo, dopo la «pausa» obbligata e la flessione della raccolta che si è avuta nel 2020 a causa della pandemia;

   la raccolta dal gioco è passata da 110,4 miliardi di euro nel 2019, a 88,2 miliardi di euro nel 2020 e poi è risalita nel 2021 a 111,17 miliardi di euro, in aumento di oltre il 25 per cento e superiore anche al periodo pre-pandemia;

   a crescere è soprattutto il gioco a distanza, infatti il gioco online è passato da 36,3 miliardi di euro del 2019 a 49, 2 miliardi del 2020 ed è arrivato a 67,1 miliardi del 2021. Il gioco fisico passa invece dai 74 miliardi del 2019 ai 39 miliardi del 2020 per risalire a 44 miliardi nel 2021;

   secondo le previsioni dell'Agenzia nel 2022 gli italiani spenderanno per le varie tipologie di gioco fino a 135-140 miliardi di euro;

   sempre dal libro blu 2021 si evince che degli 8,41 miliardi di euro di gettito fiscale derivante dal gioco legale in Italia, 1,74 miliardi circa derivano dalle lotterie;

   nonostante il report annuale contenga numerose informazioni sull'attività dell'Agenzia e in particolare sulla dimensione del gioco legale in Italia, le lotterie istantanee sono contabilizzate con quelle tradizionali e quelle elettroniche, per cui risulta difficile avere informazioni precise in merito –:

   quanti siano stati i tagliandi di «lotterie istantanee» (gratta e vinci) venduti, rispettivamente, negli anni 2019, 2020 e 2021 e quale sia, per ciascuna annualità, il relativo valore della raccolta sia da gioco fisico, sia a distanza, le vincite, la spesa e la quota di gettito corrispondente.
(5-00045)

Interrogazione a risposta scritta:


   CANGIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, (articolo 8) «In considerazione delle maggiori responsabilità connesse con le funzioni di supporto ai compiti di audit del PNRR assegnate alle Ragionerie territoriali dello Stato (...) e del sostegno ai competenti uffici del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato per l'attività di monitoraggio e controllo del PNRR» sono state istituite sette posizioni dirigenziali di livello generale, destinate alla direzione delle Ragionerie territoriali di Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Bari e Palermo;

   il tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale previsto dal decreto-legge n. 77 del 2021 include i rappresentanti del Governo, delle regioni degli enti locali e ha, tra le sue funzioni, anche quella di segnalare al Servizio centrale per il piano nazionale di ripresa e resilienza la Ragioneria generale dello Stato profili rilevanti per la realizzazione del Pnrr e per il superamento di circostanze che rallentino la realizzazione del Pnrr stesso; l'incarico di direttore della Ragioneria territoriale dello Stato di Napoli, competente per il Pnrr su Campania e Basilicata, risulta essere attualmente ricoperto dal sindaco del comune di Sant'Agata dei Goti (uno dei maggiori comuni della provincia di Benevento), dottor Salvatore Riccio; come noto, lo sviluppo dei progetti relativi al Pnrr prevede un importante ruolo in capo agli enti locali e uno stretto raccordo tra i diversi livelli istituzionali;

   la circostanza, che il sindaco di un comune che potrebbe essere interessato da finanziamenti nell'ambito del Pnrr sia, al contempo, direttore della Ragioneria territoriale competente, rischia di determinare un conflitto d'interessi laddove potrebbe essere chiamato a valutare finanziamenti destinati alla propria amministrazione –:

   se i Ministri interrogati siano informati dei fatti esposti in premessa;

   se prima dell'attribuzione dell'incarico al dottor Riccio sia stata effettuata una valutazione in ordine alla compatibilità tra i due ruoli, nonché sotto il profilo dell'opportunità, posto che, come evidenziato in premessa, lo stesso potrebbe trovarsi a dover decidere l'assegnazione di risorse all'amministrazione comunale da lui guidata, e quali ne siano stati gli esiti;

   se i Ministri interrogati intendano intraprendere le iniziative di competenza per assicurare che la Ragioneria territoriale dello Stato di Napoli, competente in materia di Pnrr su Campania e Basilicata, svolga senza riserve, con piena fluidità, massima credibilità e totale neutralità — presso tutte le istituzioni di Campania e Basilicata, qualunque sia il loro colore politico e ovunque esse siano ubicate — le proprie funzioni relative ai progetti del Pnrr.
(4-00097)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMALDI e DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 28 ottobre del 2022 un giovane proveniente dal Gambia, detenuto presso la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, si è tolto la vita intorno alle 8 della mattina impiccandosi nella sua cella;

   il ragazzo era stato fermato il giorno prima con l'accusa del furto di un paio di cuffie bluetooth e il giudice si era riservato di decidere in merito alla convalida dell'arresto;

   nell'attesa, il ragazzo era stato riportato in carcere, ritrovandosi da solo poiché un altro detenuto aveva chiesto e ottenuto di essere trasferito;

   nella notte fra il 14 e il 15 agosto del 2022, Alessandro Gaffoglio, 24 anni, tradotto nello stesso carcere torinese dieci giorni prima per furto e senza precedenti penali, si è ucciso nella sua cella soffocandosi con un sacchetto di nylon e le stringhe delle scarpe;

   all'udienza di convalida l'avvocata aveva chiesto per il giovane, incensurato, gli arresti domiciliari, che tuttavia gli sono stati negati;

   sono solo alcuni fra i più recenti casi di suicidio in carcere, in particolare di persone di giovane età e detenute per reati di piccola entità;

   il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha denunciato 72 casi di suicidi nelle carceri italiane negli ultimi 10 mesi, numero che non era mai stato così elevato, sottolineando altresì che tali eventi spesso riguardano persone ristrette per reati di lieve entità e quindi con pene brevi o brevissime;

   il Garante ha salutato con favore l'introduzione, nel decreto legislativo n. 150 del 2022 (attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134) di sanzioni sostitutive alla detenzione in carcere per i reati minori;

   i dati forniti dalla Segreteria arrestati del tribunale di Torino rendono evidente che vi è stata nel tempo una progressiva crescita del numero complessivo di arresti e fermi effettuati;

   la tabella con i dati forniti dalla Procura riporta la variazione dal 2014 al 2020, dove si evince l'entità del fenomeno: da 2.466 arresti a 3.285;

   inoltre, l'iter di ogni arresto prevede: l'immatricolazione dell'arrestato, la perquisizione con conseguente ritiro di documenti, oggetti personali, oggetti di valore, e la catalogazione degli stessi presso casellario, il rilievo delle impronte digitali, la visita medica con tampone per Covid-19 e psicologica, il colloquio con il funzionario giuridico pedagogico, la registrazione nel sistema informatico Afis del titolo giuridico che legittima lo stato detentivo, la consegna della fornitura personale kit primo ingresso;

   tali passaggi comportano un notevole carico di lavoro per gli uffici preposti ed elevati costi a carico dello Stato: si stima, per le prime due giornate in carcere, un costo di circa 350 euro a persona;

   secondo un'analisi dell'ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Torino, dal 1° marzo al 31 maggio 2022 su 144 persone poste in stato d'arresto o fermo 111 sono state rimesse in libertà al massimo entro le 48 ore successive;

   i reati più frequenti fra le persone arrestate sono resistenza a pubblico ufficiale e furto;

   sul totale dei detenuti fra marzo e fine maggio del 2022, 50 erano fra i 30 e i 39 anni, 48 fra i 20 e i 29 e 8 minori di 20 anni –:

   se il Ministro interrogato alla luce dei due casi di suicidio riportati in premessa, non intenda promuovere iniziative ispettive presso la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa la necessità di affrontare quella che appare un'emergenza suicidi in carcere, soprattutto tra giovani detenuti, anche attraverso l'adozione di iniziative volte ad un potenziamento delle misure alternative in particolare nei casi di reati con pene inferiori a due anni.
(4-00092)


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   80 suicidi in carcere dall'inizio dell'anno il numero più altro di sempre: è il record negativo del secolo e ancora l'anno non è finito;

   nella giornata di venerdì 28 ottobre 2022 si è consumato il settantaduesimo suicidio in carcere a Torino a «Le Vallette», era un giovane di nazionalità africana di 22 anni, si è tolto la vita solo dopo pochi giorni di reclusione. L'accusa: il tentativo di furto di un paio di cuffiette;

   l'ultimo, nel carcere di Sollicciano, si è tolto la vita nella notte tra domenica e lunedì impiccandosi all'interno della sua cella nella sezione di transito, dove era recluso da solo. Il drammatico suicidio è avvenuto davanti a un agente penitenziario che non ha potuto aprire la cella perché il detenuto l'aveva bloccata;

   i suicidi costituiscono il 51 per cento dei casi di morte registrati in carcere nel corso dell'anno, e anche questa è una percentuale mai così alta dall'inizio del secolo, non era mai arrivata al 50 per cento, solo il 2018 registrò un 45 per cento di suicidi sul totale dei morti in carcere nel corso dell'anno;

   ogni caso è un caso a sé, con la storia di quella persona e della sua disperazione, ma il dato generale è impressionante ed è indice di una generale mancanza di speranza nelle nostre carceri;

   salvo poche, ammirevoli, esperienze di sostegno e accompagnamento al reinserimento sociale, la grande maggioranza dei detenuti e delle detenute vive la carcerazione come un periodo più o meno lungo di abbandono;

   per 80 volte quest'anno in maniera definitiva e drammatica si è consumata una sconfitta dello Stato, incapace di dare attuazione all'articolo 27 della Costituzione che obbliga le istituzioni, con il concorso della società esterna, ad accompagnare il condannato nel reinserimento sociale, avendogli offerto mezzi e strumenti per una vita diversa. Invece, si sa che il 30 giugno 2022 7.658 dei 38.959 condannati in via definitiva scontavano pene inferiori ai tre anni, generalmente ammissibili a pene alternative alla detenzione, e addirittura 6.996 avevano un residuo di pena inferiore a un anno pronti quindi ad andarsene;

   oggi, come tra l'altro ha ammesso candidamente il Viceministro alla giustizia senatore Paolo Sisto, durante la trasmissione di Rai Tre «La torre e il Cavallo», andata in onda mercoledì 16 novembre 2022, il carcere è tornato ad essere un luogo di isolamento e disperazione, e il numero dei suicidi ne è diventata una drammatica testimonianza;

   se non ci si vuole rassegnare a questa tragedia, o scaricarne la responsabilità sugli operatori penitenziari in trincea, bisogna veramente ridurre il carcere a extrema ratio e aprirlo alle attività e al mondo esterno. In questo modo, e solo in questo modo il sistema penitenziario può farsi carico di chi debba effettivamente scontare una pena in carcere, e magari, con il concorso della società civile e degli enti territoriali, offrirgli le condizioni per un migliore reinserimento sociale;

   il quotidiano «Il Dubbio» ha lanciato un appello alle istituzioni, agli intellettuali e alla politica per fermare questa strage proponendo una serie di interventi immediati che possano dare un minimo di sollievo al disagio che i detenuti vivono nelle carceri «illegali» del nostro Paese che vede l'interrogante tra i firmatari insieme a Saviano, Manconi, Pisapia e molti altri –:

   se il Ministro interrogato, anche alla luce di quanto in premessa, non ritenga urgentemente di dover rivedere e, nello stesso tempo, verificare l'effettiva applicazione del piano nazionale di prevenzione del rischio suicidario negli istituti penitenziari, investendo nel reinserimento sociale dei detenuti con scelte politiche chiare e che diano una effettiva chance e la speranza in un futuro degno di essere vissuto, dando piena ed effettiva attuazione al terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione.
(4-00101)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Acciaierie d'Italia ha comunicato ai sindacati che da lunedì 14 novembre 2022 nello stabilimento siderurgico di Taranto sono sospese le attività di 145 imprese appaltatrici;

   da quanto si apprende dai sindacati «la sospensione è a tempo indeterminato» e che «si tratta di un gesto gravissimo che mette a rischio centinaia di posti di lavoro. La ricaduta occupazionale sarà massiccia»;

   secondo i sindacati potrebbero essere circa 2mila i lavoratori collocati in cassa integrazione dopo la decisione di Acciaierie d'Italia. È solo una stima sindacale per il momento, ma se è vero che si è ancora in attesa di capire quali aziende saranno interessate allo stop, è evidente che i riflessi della fermata saranno su larga scala: manutenzioni, sostituzioni, ricambi, impiantistica, per citare soltanto alcune delle attività che l'ex Ilva affida in appalto;

   il sospetto delle sigle sindacali, espresse a mezzo stampa, è che Acciaierie d'Italia e l'amministratore delegato Lucia Morselli stiano pensando di utilizzare questa situazione per premere sul Governo e cercare di ottenere ulteriori risorse;

   nella lettera inviata alle aziende dell'appalto, Acciaierie d'Italia parla di «sopraggiunte e superiori circostanze» che «inducono a comunicarvi, con particolare rammarico, la necessità di sospendere le attività oggetto degli ordini nella rispettiva interezza»;

   a quanto si apprende da fonti sindacali in realtà l'azienda non avrebbe fornito le reali motivazioni della sospensione;

   la società sollecita le ditte dell'appalto a liberare i cantieri «entro lunedì 14 novembre», precisando «che, decorso tale termine, sarà inibito ogni accesso in stabilimento» «Confermiamo l'interesse alla prosecuzione delle attività e delle opere appaltate — spiega infine Acciaierie — e a tale riguardo sarà nostra cura comunicarvi ogni utile aggiornamento non appena possibile»;

   da lunedì 14 novembre 2022 Acciaierie d'Italia avrebbe aumentato anche la cassa integrazione per il personale diretto, i tecnici, che sinora sono stati esclusi dalla cassa integrazione, dovranno effettuare due giorni a settimana e ovviamente anche per gli operai è prevedibile un aumento della cigs;

   nell'ex Ilva da marzo 2022 è scattata la cassa integrazione straordinaria, durata un anno, per un numero massimo di 3 mila unità, di cui 2.500 a Taranto. È da metà 2019, cioè pochi mesi dopo il subentro alla gestione commissariale dell'amministrazione straordinaria, che l'ex Ilva è costantemente ricorsa agli ammortizzatori sociali, con numeri variabili, tra cassa ordinaria, cassa Covid e ora straordinaria;

   questa notizia pare essere l'ennesima tegola sul tessuto produttivo tarantino che rischia di avere enormi ricadute occupazionali sul territorio e di aggravare una già precaria situazione reddituale di centinaia di famiglie –:

   quali iniziative, per quanto di competenza si intenda intraprendere affinché non si verifichi l'ennesima perdita di posti di lavoro nel distretto industriale di Taranto, se non ritenga necessario convocare i vertici aziendali per capire le reali motivazioni della sospensione della produzione in esame e se inoltre non si ritenga che serva un intervento deciso e netto affinché si vincolino le risorse pubbliche a garanzia dei livelli occupazionali e di una necessaria transizione ambientale.
(4-00098)


   SCOTTO e SARRACINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Città della scienza è un'area di promozione e divulgazione della scienza gestita dalla fondazione IDIS-Città della scienza e sita nel quartiere Bagnoli di Napoli;

   l'area è articolata in una struttura multifunzionale composta da un museo scientifico interattivo, un incubatore di imprese, un centro di formazione, un giardino didattico e vari altri luoghi;

   nel corso degli anni la struttura, oltre alla drammatica vicenda dell'incendio del 2013, ha vissuto una pessima gestione che ha portato all'accumulo di notevoli debiti, che hanno pesato e continuano a pesare ancora oggi;

   a farne le spese anche in questo caso sono ancora una volta i più esposti, ovvero i lavoratori e le lavoratrici che da mesi, con impegno, passione e abnegazione portano avanti il proprio lavoro senza ricevere lo stipendio;

   è il caso di quanto accaduto con la manifestazione «Tre giorni per la scuola» che ha riscosso enorme successo tra gli utenti, gli addetti ai lavori e gli attori istituzionali, il tutto grazie al grande impegno dei lavoratori;

   i lavoratori hanno manifestato il proprio disappunto durante la manifestazione che si è tenuta nei primi giorni di novembre 2022, lamentando la situazione ormai insostenibile del dover lavorare – in alcuni casi – con stipendi arretrati che arrivano a 6 mesi;

   oltre a questo si aggiunge l'incertezza nel progetto vero e proprio su Città della scienza dove i sindacati lamentano un mancato rispetto degli impegni da parte della regione Campania per il completo e definitivo rilancio della struttura;

   Campania Newstel, società controllata dalla Fondazione Idis con un debito milionario, continua a occupare spazi sottratti ai lavoratori e pare che anche su questo fronte non si riesca a giungere ad una soluzione;

   Manifattura 4.0, progetto affidato dalla regione Campania a Città della scienza non è ancora decollato a detta dei sindacati per problemi tra fondazione e regione –:

   quali iniziative – per quanto di competenza – intenda intraprendere affinché si risolva definitivamente l'annosa questione di Città della scienza e la struttura ritorni a essere un punto di riferimento come lo è sempre stata negli anni passati e se non ritenga di farsi promotore di un tavolo che metta insieme regione, fondazione e lavoratori per poter affrontare tutti i problemi che attualmente affliggono il complesso di Città della scienza.
(4-00100)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la strada statale 106 «Jonica» collega Reggio Calabria a Taranto, attraverso un percorso di 491 chilometri lungo la fascia litoranea jonica di Calabria, Basilicata e Puglia. Si tratta di un collegamento strategico per il Sud Italia, poiché mette in comunicazione i due capoluoghi, i numerosi comuni costieri, l'Autostrada del Mediterraneo e l'autostrada A14 «Adriatica» che termina proprio a Taranto;

   allo stato risultano completati circa 64 chilometri su 491 chilometri, mentre per 300 chilometri si parla ancora di tratti da ammodernare con progettazione in corso (47 per cento) e progettazione ancora da avviare (27,5 per cento). Dai dati presentati nel contratto di programma Anas 2021-2015, il costo stimato per il completamento dell'intero asse è di circa 8,4 miliardi di euro;

   la struttura commissariale avrebbe definito un piano di adeguamento e messa in sicurezza dell'arteria, da realizzare per priorità, che prevede l'aumento del livello prestazionale dell'intera tratta calabra. Sono previsti, oltre ai già contrattualizzati interventi di messa in sicurezza, una serie di lavori necessari a diminuire, nel breve periodo, il livello di incidentalità dell'arteria, attraverso rettifiche locali di tracciato o sistemazione di incroci a raso, fino alla manutenzione programmata delle barriere di sicurezza e delle pavimentazioni;

   contemporaneamente, sarebbe in fase di sviluppo una seconda fase, basata sull'avvio di una progettazione in grado di ricomporre funzionalmente le tratte prioritarie, coniugando ai criteri trasportistici, il ruolo strategico di tale infrastruttura per la sicurezza e l'aumento della competitività dell'intera area jonica. Entro la fine dell'anno in corso è prevista la conclusione dello studio progettuale della tratta sino a Reggio Calabria;

   la riqualificazione di questa arteria dura ormai da decenni, lungo il tratto calabrese il principale intervento è costituito dal 3° megalotto che riguarda la realizzazione della nuova sede della statale 106 «Jonica» tra Sibari e Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza, per una lunghezza di 38 chilometri su due carreggiate separate e un investimento di 1,33 miliardi di euro. Il cantiere per la realizzazione del 3° megalotto ha preso il via il 19 maggio 2020 e il completamento dell'opera è stimato nell'agosto 2026;

   si ritiene che l'ammodernamento delle infrastrutture rappresenti un punto fondamentale per il rilancio del Mezzogiorno e del Paese;

   per questa ragione è prioritario assicurare la continuità nelle decisioni assunte dal precedente esecutivo e prevedere nella legge di bilancio l'intervento previsto per l'opera pubblica in oggetto che, attraverso quanto previsto dal Documento di economia e finanza, è stata definita un'opera strategica con investimenti congrui (circa 3 miliardi) e finalizzati al completamento dei tratti cantierizzati, alla esecuzione dei restanti e al finanziamento degli studi progettuali dei tratti necessari alla realizzazione di questa infrastruttura su tutto il territorio regionale interessato fino a Reggio Calabria;

   il giorno 20 novembre ricorreva la giornata mondiale delle vittime della strada. Occorre ricordare, ancor di più in questa circostanza, che la strada in oggetto è tristemente nota con l'appellativo di «strada della morte», difatti dai 1996 si contano oltre 700 vittime; circa 30 decessi annui (un decesso ogni quindici giorni su una media totale nazionale di otto al giorno);

   pertanto, non solo i tre miliardi previsti risultano necessari, ma sarebbe prioritario finanziare anche il restante miliardo e mezzo necessario per completare l'investimento e concludere l'ammodernamento del resto del tracciato;

   ad oggi non si hanno notizie circa i finanziamenti previsti per l'opera all'interno del Documento di economia e finanza 2022 – Allegato infrastrutture, dunque potrebbero non essere confermati all'interno dell'imminente legge di bilancio, e pertanto sarebbe messa in discussione la messa in sicurezza e il completamento della statale «jonica» –:

   quali siano ad oggi le iniziative e le relative fonti di finanziamento che il Governo ritiene di adottare al fine di finanziare il complessivo ammodernamento e la necessaria messa in sicurezza della statale «jonica», con particolare riguardo al tratto calabrese.
(2-00019) «Baldino, Alfonso Colucci, D'Orso, Lomuti, Pellegrini, Torto, Fenu, Orrico, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Aiello, Sportiello, Caramiello, Scutellà, Auriemma, Cappelletti».

Interrogazione a risposta scritta:


   TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 18 novembre 2019, come riportato da notizie di stampa, il distretto sanitario di Chieti Scalo (Chieti) collocato in via de Litio è stato chiuso dalla Asl competente. In seguito a ciò è stato emanato un avviso con scadenza il 29 novembre 2019 al fine di reperire nuovi locali nell'area urbana di Chieti Scalo per ricollocare il distretto sanitario di base e il consultorio familiare;

   dalla risposta all'interpellanza presentata alla regione Abruzzo dalla consigliera regionale Barbara Stella del Movimento 5 Stelle, l'assessore alla sanità regionale affermava che in seguito alla procedura negoziale, l'ente Rfi (Rete ferroviaria italiana) il 28 gennaio 2020 si era reso disponibile ad avviare una trattativa diretta per il reperimento dell'immobile da adibire al nucleo operativo distrettuale. In seguito a ciò è stato individuato l'immobile della Stazione ferroviaria di Chieti Scalo collocato all'interno dell'area delimitata dalle strade pubbliche dotata di parcheggi e collegamenti a mezzi pubblici situato in Piazzale Marconi;

   l'ultima notizia in merito alla realizzazione del nuovo distretto sanitario di base di Chieti Scalo risalgono al 20 maggio 2022, attraverso la risposta scritta dell'allora Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili a una interrogazione parlamentare presentata dall'interrogante. In sostanza il Ministro informava che erano in corso le attività di redazione del progetto definitivo ed esecutivo, propedeutiche alla consegna dei lavori all'impresa esecutrice degli interventi necessari per l'approntamento del nucleo operativo distrettuale e della guardia medica della Asl all'interno del fabbricato viaggiatori della stazione di Chieti. Nella stessa risposta si affermava, inoltre, che Rfi avrebbe concluso tali attività entro la fine di aprile 2022 e che a valle dell'approvazione del progetto definitivo, a cura del comune di Chieti e della competente soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio, si sarebbe proceduto al perfezionamento del progetto esecutivo e quindi all'avvio dei lavori, della durata stimata di circa sei mesi, da parte dell'impresa esecutrice;

   a oggi non si hanno più notizie di tale progetto e la città di Chieti è ancora priva di servizi essenziali soprattutto per la popolazione più anziana e fragile;

   ad avviso dell'interrogante è censurabile la condotta della Asl di Lanciano, Vasto Chieti che ha privato Chieti Scalo di un distretto sanitario di base chiudendolo senza una alternativa di ricollocazione chiavi in mano e che, a oggi, non ha dato alcuna notizia ufficiale riguardo la riapertura del distretto sanitario –:

   quali siano i tempi previsti per la realizzazione e la consegna alla Asl di Cheti dell'immobile della Stazione ferroviaria di Chieti Scalo al fine di ricollocare il distretto sanitario di base e il consultorio familiare.
(4-00096)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUSMEROLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 30-ter del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019, ha previsto la concessione di agevolazioni in favore dei soggetti, esercenti attività commerciali, che procedono all'ampliamento di esercizi già esistenti o alla riapertura di esercizi chiusi da almeno sei mesi, situati nei territori di comuni con popolazione fino a 20.000 abitanti;

   la norma è frutto di un emendamento della Lega Salvini Premier al cosiddetto «decreto Crescita» e trae spunto dal regolamento della città di Arona del 2014, col quale si è voluto incentivare la riapertura di esercizi commerciali chiusi;

   il comma 6 dell'articolo 30-ter in questione, per questa finalità, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo con una dotazione annuale di 5 milioni di euro per l'anno 2020, 10 milioni per l'anno 2021, 13 milioni per il 2022 e 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, ed ha inoltre previsto che il fondo sia ripartito tra i comuni beneficiari con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

   l'agevolazione di cui al citato decreto-legge costituirebbe – oggi più che mai – un'importante misura a sostegno degli esercenti le attività commerciali gravemente danneggiati sia dalla pandemia sia dai rincari dei prezzi dell'energia;

   ad oggi, tuttavia, non risulta emanato il predetto decreto di ripartizione dei fondi –:

   quali siano le tempistiche per l'adozione del decreto di cui al comma 6 dell'articolo 30-ter del decreto-legge n. 34 del 2019.
(5-00043)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta immediata:


   SASSO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   il merito è definito come «il diritto che con le proprie opere o le proprie qualità si è acquisito all'onore, alla stima, alla lode, oppure a una ricompensa, in relazione e in proporzione al bene compiuto» eppure ha fatto molto discutere la nuova denominazione del Ministero dell'istruzione e del merito, come se accostare queste due parole fosse inopportuno, fuori luogo;

   forse lo è per chi ha professato per anni la scorciatoia del disimpegno e ha tollerato la mancanza di merito, sia in riferimento agli studenti sia ai lavoratori della scuola;

   con riguardo ai docenti, la rapidità con cui si è giunti al rinnovo del contratto con l'aumento più cospicuo degli ultimi anni appare un primo segno evidente della loro valorizzazione, anche se sarà necessario ancora riaffermarne l'alto ruolo sociale, strategico per lo sviluppo del Paese, riconoscendo impegno e competenza;

   con riguardo agli studenti, la concezione meritocratica dovrebbe intendersi, invece, come valida alternativa ad ogni possibile degenerazione in un Paese che ha il maggior tasso di Neet in Europa, il 25,1 per cento, in cui la dispersione scolastica è al 12,7 per cento e, se si aggiunge quella implicita (cioè di chi ha il diploma ma non le competenze minime) sale ad un preoccupante 20 per cento;

   è dunque indispensabile creare un'alleanza fra famiglie, alunni, sistema-scuola e parti sociali che permetta ad ogni studente di perseguire quel «pieno sviluppo della persona umana» affermato nell'articolo 3 della Costituzione –:

   in che modo il Ministro interrogato intenda dare concreta attuazione al concetto di merito al fine di valorizzare l'intera comunità scolastica.
(3-00031)


   GRIPPO, BOSCHI, RICHETTI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, SOTTANELLI e PASTORELLA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   per le famiglie con studenti in età scolare, il costo dei libri di testo rappresenta una voce di spesa rilevante nel bilancio familiare e, in un periodo di generale aumento del livello dei prezzi, rischia di creare disparità nel diritto allo studio per gli studenti provenienti da contesti socio-economici più problematici;

   per gli studenti della scuola primaria, l'articolo 156 del decreto legislativo n. 297 del 1994 ne garantisce la gratuità, mentre l'articolo 1, comma 628, della legge n. 296 del 2006 ha stabilito che la gratuità parziale dei libri di testo di cui all'articolo 27 della legge n. 448 del 1998 sia estesa agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore, in ragione del fatto che questi sono parte dell'obbligo scolastico;

   sono gli enti locali a definire di anno in anno, sulla base delle risorse trasferite dalle regioni, sia le condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo, diverse sul territorio nazionale, sia la quantità di risorse da destinare a tal fine, determinando una situazione a macchia di leopardo con una penalizzazione proprio per le famiglie che vivono nei territori più disagiati;

   anche nelle aree caratterizzate da un maggior gettito a disposizione e con bilanci in equilibrio, sono sempre più numerose le segnalazioni di amministrazioni che fanno fatica a mantenere il livello di servizi per il diritto allo studio erogati fino a oggi, anche in ragione delle spese straordinarie che devono affrontare in virtù della crisi economica e dell'aumento dei costi, in particolare dell'energia;

   sul tema, è utile segnalare che la legge n. 32 del 2022 (cosiddetto «Family Act»), all'articolo 2, lettera g), prevede, tra i principi di delega, il potenziamento – nel rispetto del riparto costituzionale delle competenze legislative tra Stato e regioni – delle misure di sostegno alle famiglie meno abbienti per l'acquisto dei libri di testo per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, anche attraverso l'utilizzo della piattaforma telematica dell'assegno unico e universale, ai fini dell'efficace e tempestivo accesso ai benefici da parte di tutti i nuclei familiari aventi diritto; la delega deve essere esercitata entro maggio 2023 –:

   se non ritenga opportuno intervenire, già nel prossimo disegno di legge di bilancio, nella direzione di un'omogeneizzazione delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo nelle diverse aree del Paese, anche aumentando le risorse nazionali a tal fine destinate, fino all'estensione della gratuità dei libri a tutta la scuola dell'obbligo per le famiglie meno abbienti.
(3-00032)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta orale:


   GHIRRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la soluzione della grave crisi che affligge il tessuto sociale ed economico della Sardegna non può prescindere dall'efficiente funzionamento dei servizi pubblici e, in questo quadro, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) ha un ruolo essenziale nell'erogazione di prestazioni la cui domanda è in continua crescita;

   la cronica carenza di risorse umane al servizio dell'Istituto ha oramai raggiunto un livello critico tale da riverberarsi, oltre che sui carichi di lavoro degli organici attuali, sulla stessa efficienza dei servizi somministrati ai cittadini;

   è indifferibile la necessità di adottare scelte che, nel rispetto e riconoscimento dell'impegno e dell'abnegazione del personale, restituiscano certezze in tempi congrui ai tanti cittadini che si rivolgono alle sedi territoriali dell'Istituto per ottenere il riconoscimento delle prestazioni;

   con deliberazione del consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) n. 54 del 21 aprile 2021 è stato approvato il «Piano triennale dei fabbisogni di personale 2021-2023»;

   il Piano è stato elaborato con l'obiettivo di portare la consistenza del personale in linea con l'assolvimento dei numerosi e complessi compiti istituzionali propri dell'Inps;

   risulta all'interrogante che a settembre 2022, la direzione generale dell'Inps ha aggiornato il piano dei fabbisogni di personale, prevedendo per l'intera regione Sardegna solo n. 41 unità aggiuntive, a fronte di un totale nazionale pari a n. 4.694;

   il fabbisogno indicato appare del tutto insufficiente sia in termini di comparazione con le altre regioni – dove in relazione a territori con popolazione ben inferiore sono state assegnate risorse umane in quantità nettamente superiori a quelle individuate per la Sardegna – sia in rapporto alle concrete necessità di funzionamento delle varie sedi locali sarde;

   il livello di produttività degli uffici isolani risulta essere insufficiente proprio per la cronica carenza di personale, così andando a inficiare la qualità dei servizi offerti ai cittadini, tanto da far diventare il caso Sardegna un esempio negativo su scala nazionale;

   il Piano del fabbisogno prevede, infatti, che alcune sedi vengano drammaticamente sottodimensionate, come le direzioni provinciali di Cagliari e Sassari, mentre alte vengono completamente trascurate, quali Carbonia, Senorbì, Lanusei, Macomer, Siniscola, Sorgono, Ghilarza, Alghero, Ozieri e Tempio Pausania, dove non si prevede alcuna integrazione di personale;

   soprattutto per le sedi periferiche, la sottostima del fabbisogno di personale rischia di pregiudicare la sopravvivenza delle stesse, con la conseguenza di sottrarre alle aree marginali della Sardegna, che quotidianamente lottano contro l'isolamento e lo spopolamento continuo, ancora una volta uffici e servizi pubblici che dovrebbero invece rappresentare un imprescindibile presidio statale proprio nelle zone periferiche del Paese –:

   se sia al corrente della situazione riportata;

   se ritenga adeguato il «Piano triennale dei fabbisogni di personale 2021-2023» approvato con deliberazione del consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) n. 54 del 21 aprile 2021 e aggiornato nel mese di settembre 2022;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per sostenere un doveroso riequilibro nella dotazione di personale nelle varie sedi sarde, anche in un'ottica comparata con il resto delle regioni e tenendo conto della necessità di preservare la capillarità territoriale degli uffici.
(3-00027)


   TENERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da marzo 2020 l'ufficio Inps di Portoferraio (Isola d'Elba) era stato chiuso al pubblico, causa COVID;

   nel gennaio 2022 ne è stata disposta la riapertura per un solo giorno a settimana, con la possibilità di prendere al massimo 6 appuntamenti tramite piattaforma on line;

   l'ufficio gestiva una considerevole mole di lavoro, ad esempio pratiche di infortunio e malattia, in particolare data la presenza di numerosi lavoratori stagionali nell'Isola;

   con la aperta un solo giorno a settimana, la popolazione è costretta a rivolgersi ad un caf, laddove possibile o a prendere un traghetto per andare a Piombino o Livorno, con le immaginabili ripercussioni in termini di tempi e costi;

   da ciò deriva l'impossibilità per una parte di cittadini, anziani o disabili, di accedere agevolmente ad un servizio essenziale;

   fino ad oggi nessuna comunicazione è stata fornita dall'azienda né dal sindaco, presidente della Conferenza dei sindaci;

   a quest'ultimo l'interrogante, insieme ad altri esponenti del coordinamento locale di Forza Italia ha rivolto, su tale problematica, numerose istanze –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   come intenda attivarsi al fine di porre in essere le iniziative necessarie alla riapertura almeno tre giorni a settimana dell'ufficio Inps di Portoferraio, presidio essenziale per gli abitanti dell'Isola.
(3-00028)

Interrogazione a risposta scritta:


   MIELE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse su diversi quotidiani si apprende di una indagine avviata dalla Procura di Latina su presunte irregolarità denunciate nei confronti della coop Karibu e del consorzio Aid che operano nell'agro pontino;

   le indagini sarebbero partite dalle denunce di una trentina di lavoratori impiegati nelle due cooperative tramite il sindacato Uiltucs e riguarderebbero diverse irregolarità contrattuali e il mancato pagamento degli stipendi da oltre due anni;

   gli stessi lavoratori avrebbero altresì denunciato di essere stati costretti in alcuni casi a lavorare in nero oppure di aver ricevuto richieste di emissione di false fatture in cambio del pagamento dello stipendio;

   sempre secondo Uiltucs, dopo diverse richieste di intervento da parte del sindacato, le due cooperative avevano trovato un accordo innanzi all'ispettorato del lavoro per il pagamento dilazionato delle spettanze che dovevano ai dipendenti, accordo che ad oggi non risulta rispettato per ancora circa 400 mila euro da corrispondere ai lavoratori;

   sarebbero ancora in corso ulteriori accertamenti, in collaborazione anche con l'ispettorato del lavoro, sul materiale e sui documenti trovati fuori da una delle sedi delle due cooperative in alcuni sacchi della spazzatura mentre era in corso un trasloco;

   nel corso dell'inchiesta sarebbero poi emersi ulteriori e gravissimi fatti dai racconti di alcuni minori ospitati dalle strutture per migranti gestite dalle due cooperative, i quali avrebbero lamentato di aver subito discriminazioni, maltrattamenti e di essere stati costretti a vivere nei centri senza cibo, acqua ed elettricità –:

   se siano state avviate indagini da parte dell'Ispettorato del lavoro ed a quali risultati siano pervenute;

   se e quali iniziative di propria competenza intenda adottare nei confronti della cooperativa Karibu e del consorzio Aid a seguito dell'inchiesta di cui in premessa.
(4-00091)

SPORT E GIOVANI

Interrogazione a risposta immediata:


   GRIMALDI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, MARI, PICCOLOTTI, SOUMAHORO e ZARATTI. — Al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   il 20 novembre 2022 ha preso il via il campionato mondiale di calcio e l'inizio di questo evento sportivo non ha attenuato l'attenzione mediatica e dell'opinione pubblica rispetto alle gravissime violazioni dei diritti umani, civili e politici esistenti in Qatar;

   sin prima dell'assegnazione dei Mondiali al Qatar, organizzazioni umanitarie e sindacali avevano ribadito le condizioni di assoluta precarietà e privazione di diritti ai quali erano già sottoposti i lavoratori in questo Paese;

   la Fifa, scegliendo il Qatar come sede del torneo, non poteva non prevedere il grave sfruttamento a cui sarebbero stati sottoposti i lavoratori utilizzati nella realizzazione delle faraoniche infrastrutture per l'evento, anche considerando che i lavoratori migranti costituiscono il 95 per cento della forza lavoro;

   questi lavoratori, oltre a subire gravissime condizioni di sfruttamento, hanno pagato un tributo di sangue con oltre 6500 morti sul lavoro in circa dieci anni, 12 alla settimana, le cui famiglie non hanno ricevuto alcun risarcimento;

   Amnesty International ha chiesto alla Fifa e al Governo del Qatar di istituire un fondo di risarcimento per i lavoratori morti sul lavoro, provenienti per la maggior parte da Paesi poveri, le cui rimesse costituivano l'unica fonte di reddito per le famiglie di provenienza;

   quello dello sfruttamento dei lavoratori è purtroppo solo uno dei volti della violazione e negazione dei diritti umani e civili in Qatar, dove sono duramente represse le libertà politiche e di opinione e dove le donne e le persone appartenenti alla comunità Lgbtqia+ subiscono pesanti discriminazioni e queste ultime sono penalmente perseguibili;

   inoltre, secondo la stessa Fifa, l'evento genererà 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, considerando le emissioni dirette e indirette degli alloggi, della costruzione delle infrastrutture, dei viaggi e degli aerei-navetta e, quindi, con un notevole aumento rispetto alla precedente edizione del 2018 che ha generato 2,1 milioni di tonnellate di anidride carbonica;

   lo stesso Ministro interrogato ha riconosciuto che «i grandi avvenimenti pensiamo debbano essere sostenibili, il tema del rispetto dei lavoratori è primario, non voglio fare la morale, ma è evidente che qualcosa non è andato per il verso giusto» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere di concerto con il Coni e le federazioni affiliate, affinché gli eventi sportivi siano organizzati e realizzati nel rispetto dei diritti dei lavoratori, nel riconoscimento dei diritti umani e civili e della sostenibilità e se intenda sostenere la richiesta di un fondo di risarcimento alle vittime del lavoro in Qatar.
(3-00030)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Ascari e altri n. 1-00004, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Cafiero De Raho.

  La mozione Conte e Francesco Silvestri n. 1-00010, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Scutellà.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Polidori n. 1-00005, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 10 del 16 novembre 2022.

   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    dal punto delle fonti sovranazionali, il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini (già enunciato agli articoli 2, 3 e 13 del previgente Trattato istitutivo della Comunità europea – TCE), inserendolo tra i valori (articolo 2 Trattato sull'Unione europea – TUE) è tra gli obiettivi dell'Unione (articolo 3, paragrafo 3, TUE); la dichiarazione n. 19 annessa ai Trattati ha affermato che l'Unione mirerà a lottare contro tutte le forme di violenza domestica, impegnando gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire e punire tali atti criminali e per sostenere e proteggere le vittime;

    l'eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere costituisce una priorità della Strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell'Unione europea, nonché del Programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà sicurezza e giustizia, 2010-2014;

    in tale contesto un riferimento fondamentale continua a essere rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione, oltre a intervenire specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, quale fenomeno non concernente solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela, specifica i seguenti obiettivi: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;

    in precedenza, sempre a livello sovranazionale, il tema aveva ricevuto un significativo impulso dalla Dichiarazione di Pechino e dalla relativa Piattaforma d'azione nel 1995, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw, 1979) e, successivamente, con il suo Protocollo opzionale (1999) e la Raccomandazione generale n. 19 del Cedaw sulla violenza contro le donne, aggiornata poi dalla Raccomandazione generale n. 35 del 26 luglio 2017. Tale Raccomandazione forniva un più esatto inquadramento degli obblighi a carico degli Stati membri e degli ambiti di intervento per il contrasto al fenomeno della violenza contro le donne, tramite il divieto di violenza di genere come norma consuetudinaria del diritto internazionale e la conseguente necessità di cambiare le norme sociali che favoriscono tale forma di violenza; la Raccomandazione, inoltre, ampliava la definizione di violenza di genere, includendovi quelle forme che riguardano il diritto alla salute riproduttiva, nonché quelle che si verificano on line e negli altri ambienti digitali creati dalle nuove tecnologie;

    più recentemente, nella risoluzione Onu del 25 settembre 2015 per l'adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, si stabiliscono traguardi internazionali coerenti nella cornice dell'obiettivo 5 «Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze»;

    in questo contesto normativo, nel giugno 2019 è stata approvata dall'Organizzazione internazionale del lavoro, la Convenzione 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro; questa ha sancito l'obbligo di adottare misure normative coerenti con la costatazione «che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire un abuso o una violazione dei diritti umani e che la violenza e le molestie rappresentano una minaccia alle pari opportunità e che sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso»; a fronte di tali problematiche, la Convenzione ha, altresì, proposto l'adozione un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle cause all'origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti di potere dovuti al genere;

    il complesso panorama di norme sovranazionali ha imposto l'obbligo per gli Stati parte di rispettare, tutelare e garantire i diritti umani in essi sanciti; questo triplice obbligo impone allo Stato – o ai suoi organi – di astenersi da qualsiasi comportamento lesivo dei diritti umani, di proteggere i suoi cittadini da violazioni di tali diritti da parte di terzi e di garantirne la realizzazione mediante misure attive. Lo Stato è tenuto a proteggere i privati da lesioni e soprusi commessi da altri privati: al riguardo, la violenza domestica è pacificamente considerata una violazione dei diritti umani da parte di un privato;

    in adempimento agli obblighi internazionali, nell'ultimo decennio, l'Italia ha adottato numerosi provvedimenti atti a prevenire e tutelare il fenomeno della violenza domestica;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata;

    a pochi mesi di distanza, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha, poi, introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che il Ministro delegato per le pari opportunità «anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    in attuazione dell'obbligo, il 17 novembre 2021 è stato adottato il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, nella «Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio», approvata il 14 luglio 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    precedentemente, un ulteriore passaggio da evidenziare è rappresentato dall'approvazione della legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici», che ha modificato alcune norme del codice civile, di quello penale e di procedura penale, introducendo nuove tutele per gli orfani di crimini domestici, intesi come figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, i quali siano divenuti orfani di un genitore a seguito di omicidio posto in essere in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, pure se l'unione civile è cessata, ovvero dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza;

    altro fondamentale intervento del legislatore nazionale è rappresentato poi dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019 (recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), denominata «codice rosso»; la legge contiene disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori disposizioni di carattere processuale; fra le novità in ambito procedurale, è l'introduzione del «doppio binario» per i reati considerati indice di violenza domestica, in relazione ai quali è stata prevista un'accelerazione per l'avvio del procedimento penale, con l'effetto della più celere eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime; inoltre, è stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Nello specifico, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l'applicazione di misure di prevenzione; la legge ha, quindi, introdotto quattro nuove fattispecie di reato: il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (sexting e revenge porn); il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il reato di costrizione o induzione al matrimonio; il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

    nonostante la copiosa legislazione, come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente. Tale considerazione deriva anche dal fatto che i dati che si trovano su tale fenomeno vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché si tratta di un fenomeno sommerso, di cui è possibile effettuare mere stime, e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    molte sono le misure approvate volte a promuovere con decisione politiche la parità di genere, a incrementare l'occupazione femminile, a sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis del codice penale;

    la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso, rispondendo alla ratio di porre un efficace e immediato argine alla violenza contro le donne, ha predisposto strumenti per consentire allo Stato di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa, evitando che la stessa, se non interrotta, produca conseguenze drammatiche;

    il cardine dell'intervento normativo è l'ascolto della persona offesa entro tre giorni dalla presentazione della denuncia. L'audizione della vittima, svolta senza ritardo dall'autorità giudiziaria, ha lo scopo di evitare stasi procedimentali che causerebbero ritardi nell'adozione di provvedimenti a loro tutela;

    in data 24 novembre 2020, il Ministero della giustizia ha pubblicato un primo bilancio («Il rapporto: un anno di “codice rosso”») della legge n. 69 del 2019, ad un anno dalla sua entrata in vigore, al fine di fornire un primo dato di conoscenza relativo all'applicazione della disciplina sia con riferimento ai nuovi reati introdotti, sia con riguardo ai corrispondenti elementi processuali di rilievo in termini di denunce, pendenze e condanne, anche per procedere ad ogni eventuale iniziativa di perfezionamento o intervento;

    se la creazione di una corsia preferenziale per i reati spia di violenza di genere appare giusta, deve rilevarsi che ciò che non è giusto per le donne è la lentezza del procedimento, momento nel quale la donna diviene maggiormente esposta a violenze e ritorsioni. È, pertanto, necessario intervenire per evitare i processi di vittimizzazione secondaria, riducendo la drammatica persistenza di pregiudizi culturali o stereotipi sessisti nelle aule dei tribunali, nella rappresentazione dei media e nel più ampio contesto sociale, che conduce a vittimizzazione, nuovamente, le donne che hanno già subito violenza, esponendole a un ulteriore trauma e ostacolando la giustizia;

    è di primaria importanza istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne, con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce;

    non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, ciò non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    invero, per intervenire in via preventiva ed evitare epiloghi drammatici, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene certe e concretamente deterrenti, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    una funzione importante, nell'attuazione delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, dovrà essere svolto dagli enti locali e risulta pertanto importante valorizzarne il ruolo;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e una nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (sei milioni e 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    nondimeno, la fruibilità di dati attendibili sui fenomeni di violenza di genere ha rappresentato un grave vulnus nel sistema normativo di tutela delle donne, restituendo una condizione sovente sottostimata. In tal senso la legge 5 maggio 2022, n. 53, è intervenuta a disciplinare la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, al fine di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo. A tal fine la legge: introduce l'obbligo per gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, nonché di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne; introduce l'obbligo per tutte le strutture sanitarie pubbliche e, in particolare, per le unità operative di pronto soccorso di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne; istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato; prevede che alle rilevazioni concernenti specifici reati siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato, la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione, entro dodici mesi dall'entrata in vigore delle legge, di due appositi decreti del Ministro della giustizia (tali decreti non sono ancora stati emanati); perfeziona, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e sui servizi offerti rispettivamente dai centri antiviolenza e dalle case rifugio;

    la natura strutturale della violenza di genere impone una rapida concreta operatività dei sistemi di rilevamento dei dati introdotti dalla citata legge n. 53 del 2022;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    la complessità del fenomeno richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico e interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    la pandemia da COVID-19, le conseguenti misure di contenimento, in uno con la crisi economica senza precedenti che ha investito e continua ad investire il nostro Paese, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per un'efficace tutela;

    non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti, in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia, per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale; in tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;

    lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;

    sarebbe, altresì, opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    nella medesima direzione sono state presentate varie proposte di legge volte a introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, nonché nei corsi di studio universitari;

    occorre prestare attenzione a tutti gli ambiti nei quali si sviluppa la socialità, tra i quali riveste particolare importanza anche lo sport, fondamentale veicolo di inclusione sociale, portatore di valori elevati, quali il rispetto, la collaborazione, l'integrazione, la gestione delle emozioni, la disciplina, la costanza, l'impegno, l'etica, la cura di sé, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta;

    risulta, quindi, essenziale continuare a lavorare per il superamento delle discriminazioni e il rafforzamento dei grandi valori che lo sport rappresenta, anche attraverso l'introduzione di misure di sostegno al ruolo dello stesso quale veicolo di inclusione sociale e di superamento di ogni forma di discriminazione;

    il problema, come riportato nella relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbe essere offerta in forma gratuita, anche in collegamento con i centri antiviolenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;

    al pari dei sopra citati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa, ormai, endemica piaga sociale;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019 il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all'8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che, secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali e che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro Paese e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base del rapporto pubblicato nel luglio 2022 sul gender gap dal World economic forum, l'Italia si colloca ancora al 63° posto su 143 Paesi della classifica mondiale, occupando la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61^) e Zambia (62^). A livello di Europa l'Italia è 25^ su 35 Paesi;

    il dato senza dubbio più negativo è quello relativo alla partecipazione economica e al lavoro, con l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi dell'Unione europea. Ecco perché, alla luce di questi dati, c'è la conferma che il focus deve essere improntato al lavoro e allo sviluppo di politiche di miglioramento, ancor più dopo gli effetti negativi della pandemia;

    viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale delle donne;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà», un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro, per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», che è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre 2022 l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;

    certamente, si tratta di un'iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    in tale direzione va il micro-credito di libertà promosso dal precedente Governo in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, nella XVIII legislatura, con le riforme del processo civile e del processo penale, che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, con l'approvazione della «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», sono stati modificati anche i procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà, dunque, il giudice ad accertare le cause del rifiuto, considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce, inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come estrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra le altre, rileva una disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio;

    ciò nonostante, ancora oggi, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È, quindi, importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e, dunque, una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto è l'estrema durata del procedimento penale;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve, dunque, una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne, che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno, ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, sono state vietate affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuate, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    nell'era del web la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia on line che off line, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto «eurocrimini»;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna;

    da non sottacere, infine, la gravissima situazione delle donne in Iran. Per la legge iraniana le donne e le ragazze che si mostrano in pubblico senza indossare il velo, o indossandolo in modo non appropriato, possono essere punite con una pena detentiva, la fustigazione o un'ammenda; la «Gasht-e Ershad», la cosiddetta polizia «morale», è solita fermare sistematicamente e casualmente per strada donne e ragazze, insultandole e minacciandole o aggredendole fisicamente con atti che equivalgono a vere e proprie pene crudeli, disumane e degradanti, in palese violazione del diritto internazionale e della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (International covenant on civil and political rights, Iccpr), di cui l'Iran è firmatario;

    il 13 settembre 2022 Mahsa Jina Amini, cittadina iraniana di origini curde, è stata arrestata a Teheran, capitale dell'Iran, dalla cosiddetta polizia «morale», con l'accusa di non aver indossato nel modo corretto lo hijab, strumento utilizzato per sottomettere e controllare le donne e, con esse, l'intera società iraniana;

    dopo il decesso di Mahsa Jina Amini, secondo testimonianze cagionato dalle percosse subite durante il trasferimento in carcere, decine di migliaia di cittadini iraniani, provenienti da tutti i segmenti della società, hanno partecipato, con grande coraggio, a manifestazioni antigovernative in tutto il Paese, al grido di «Donne, Vita, Libertà». I manifestanti – donne e uomini, giovani e anziani, scesi per le strade in ogni angolo del Paese – stanno rischiando la vita non per chiedere piccole riforme, ma perché sia posta fine all'insopportabile «regime di apartheid di genere». Molte donne, di tutte le province dell'Iran, si stanno togliendo il velo, sventolandolo in segno di libertà o bruciandolo. Il liberarsi del velo, il simbolo dell'oppressione, ha un forte valore simbolico: tolto l'hijab, l'intero sistema teocratico al potere dal 1979 è destinato a crollare. Per tale motivo queste proteste stanno assumendo di giorno in giorno il carattere di una vera e propria rivoluzione pacifica;

    il regime iraniano continua a dipingere queste proteste come un complotto straniero, capeggiato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele, dai loro mercenari e dai «traditori iraniani» residenti all'estero che starebbero fomentando le proteste e i disordini; nella repressione delle proteste il regime ha incrementato l'uso della forza e minaccia l'utilizzo della pena di morte. Le forze di sicurezza e le milizie paramilitari Basiji, oltre a sparare contro i manifestanti con gas lacrimogeni e cartucce di vernice, utilizzano ormai anche munizioni vere ad altezza d'uomo;

    duecentoventisette deputati iraniani, su duecentonovanta complessivi, hanno chiesto «una sentenza divina», con la condanna a morte di tutti i manifestanti. Emblematico è il caso del giovane Saman Yasin, un rapper curdo iraniano, condannato alla pena di morte per aver «dichiarato guerra a Dio» per il suo sostegno social alle proteste per la morte di Mahsa Amini;

    l'11 novembre 2022 gli ambasciatori di Germania e Islanda presso le Nazioni Unite a Ginevra hanno richiesto la convocazione di una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell'Onu per affrontare il deterioramento della situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran, in particolare per quanto riguarda donne e bambini;

    il 14 novembre 2022 il Consiglio degli affari esteri dell'Unione europea ha aggiunto ulteriori 29 persone e tre entità all'elenco dei soggetti sottoposti a sanzioni per violazioni di diritti umani in Iran, includendovi i quattro membri della squadra che ha arrestato Mahsa Amini, i capi provinciali delle forze dell'ordine iraniane (Lef) e del corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, comandante delle forze di terra dell'esercito iraniano, per il loro ruolo nella brutale repressione delle proteste. L'Unione europea ha inserito nella lista anche l'emittente televisiva di Stato iraniana Press Tv, come responsabile della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti;

    è doveroso plaudere ed esprimere vicinanza alle ragazze, ai ragazzi, alle donne e agli uomini iraniani, che, pur consapevoli di rischiare la propria incolumità e condanne draconiane, compresa la pena capitale, lottano in modo non violento rivendicando il proprio diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le proprie richieste e opinioni;

    la lotta contro ogni forma di violenza sulle donne deve proseguire e perseguire i diritti di tutte le donne in tutte quelle parti del mondo ove i loro più elementari diritti sono ignorati e soppressi con inaudita violenza,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad assumere iniziative volte a portare a termine i decreti attuativi previsti dalla legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», al fine di garantire un flusso informativo strutturato, continuo e rigoroso sulla violenza contro le donne, poter mettere a punto politiche efficaci di prevenzione e contrasto, monitorando il fenomeno e consentendo di stimare la parte sommersa dei diversi tipi di violenza – fisica, sessuale, psicologica, economica – considerando anche l'eventuale presenza di figli minori;

3) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima: polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

4) ad adottare iniziative per implementare le risorse destinate al Fondo per le politiche relative alle pari opportunità e, più in generale, a tutte le politiche per la prevenzione e il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne e per la promozione di un'effettiva parità di genere, nonché al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

5) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

6) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

7) ad adoperarsi per quanto di competenza al fine di dare attuazione alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura;

8) a valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, attraverso un maggiore utilizzo e il potenziamento del dispositivo di «braccialetto elettronico», valutando, altresì, la possibilità di aumentare il numero di cavigliere elettroniche a doppio dispositivo gps e a metterle nelle disponibilità del Ministero della giustizia;

9) a valutare la possibilità di attuare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale, al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

10) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale antiviolenza per il triennio 2021-2023, individuando le priorità di intervento;

11) ad adoperarsi al fine di promuovere iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte a implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

12) ad adottare iniziative specifiche per contrastare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne;

13) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

14) a valutare la possibilità di porre in essere iniziative per l'introduzione nelle scuole della figura professionale dello psicologo scolastico e dell'insegnamento dell'intelligenza emotiva per aiutare i giovani studenti a superare forme di disagio e prevenire ogni possibile sentimento di discriminazione, affinché tali malesseri non si trasformino in età adulta in forme di violenza contro le donne;

15) ad assumere sempre nuove iniziative volte a potenziare i percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i loro familiari, con particolare attenzione per i minori vittime di violenza assistita, anche attraverso lo sviluppo di una capillare rete di servizi socio-sanitari e assistenziali dotati di specifiche professionalità, come psicologi e psicoterapeuti;

16) a favorire iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro;

17) ad adottare iniziative per garantire che le risorse ripartite nella Conferenza Stato-regioni siano erogate con regolarità e puntualità, monitorando l'effettivo trasferimento delle risorse ai centri antiviolenza e alle case rifugio presenti sul territorio, riducendo le disparità regionali nell'offerta dei servizi alle vittime di violenza;

18) ad adottare le opportune iniziative volte a integrare la relazione al Parlamento, di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, con un'informativa sulle attività della cabina di regia prevista per dare impulso alle politiche di prevenzione e contrasto della violenza;

19) ad avviare una mappatura dei centri di terapia per soggetti maltrattanti e valutare l'efficacia dei percorsi intrapresi;

20) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, ad adottare norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne;

21) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, percorsi e progetti mirati a garantire l'educazione delle nuove generazioni alla parità tra uomo e donne, all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi del contrasto alla violenza sulle donne;

22) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla normativa che disciplina l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

23) ad adoperarsi al fine di favorire misure a sostegno dello sport, quale veicolo di inclusione sociale, di prevenzione ai disagi giovanili e alle forme di violenza e discriminazione contro le donne;

24) a monitorare i risultati raggiunti dai centri per uomini autori di violenza di genere e, a seguito del monitoraggio, a valutare l'opportunità di favorire la presenza degli stessi in ogni regione per avviare un percorso di responsabilizzazione, prevenzione e repressione dei reati di violenza;

25) a valorizzare il ruolo degli enti locali nel contrasto alla violenza sulle donne;

26) ad adoperarsi per promuovere, nel contesto europeo, azioni diplomatiche affinché lo Stato iraniano cessi di reprimere con la violenza manifestazioni pubbliche e la libertà di espressione.
(1-00005) (Nuova formulazione) «Polidori, Varchi, Bisa, Lupi, Cattaneo, Foti, Molinari, Cavo, Vietri, Matone, Semenzato, Caretta, Morrone, Ciaburro, Sudano, Chiesa, Bellomo, Lucaselli, Ravetto, Mantovani, Cavandoli, Schifone, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Antoniozzi, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Cerreto, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Donzelli, Filini, Frijia, Gardini, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, La Porta, La Salandra, Lampis, Lancellotta, Longi, Loperfido, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Messina, Michelotti, Milani, Mollicone, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Ruspandini, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Varchi n. 1-00013 del 18 novembre 2022;

   mozione Bisa n. 1-00014 del 18 novembre 2022;

   mozione Lupi n. 1-00016 del 22 novembre 2022.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Appendino n. 3-00010 del 9 novembre 2022.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Ghirra n. 4-00021 del 25 ottobre 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-00027.