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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 21 dicembre 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    le allergie respiratorie costituiscono una problematica di rilevanza mondiale e comportano un consistente onere sociale ed economico per i sistemi sanitari nazionali;

    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità e i dati presenti in letteratura, circa 350 milioni di persone soffrono in tutto il mondo di malattie connesse alle allergie respiratorie, quali la rinite e l'asma bronchiale;

    le suddette malattie hanno carattere di cronicità ed influenzano pesantemente la qualità di vita delle persone con grandi implicazioni sociali, economiche e cliniche;

    la comparsa e la ricorrenza dei sintomi (soprattutto tosse e difficoltà respiratoria) richiedono una gestione impegnativa, con visite specialistiche regolari, urgenti e anche ricoveri per la gestione dei casi più severi;

    secondo il Centers for disease control and prevention (Cdc) degli Stati Uniti, i bambini con allergie respiratorie perdono il doppio dei giorni di scuola rispetto ai loro coetanei;

    in Italia circa il 10 per cento dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l'80 per cento di essi è allergico;

    le allergie respiratorie sono la causa dell'asma nell'80 per cento dei casi e in tal senso è fondamentale agire sulla prevenzione delle stesse;

    ai fini della prevenzione delle malattie respiratorie, costituisce elemento di straordinaria importanza l'osservazione, nei primi anni di vita, dell'origine di molte malattie polmonari croniche dell'adulto, tra cui l'asma, che purtroppo registrano tassi di morbilità e mortalità ancora preoccupanti;

    il National institute of health degli Stati Uniti ha riconosciuto l'ipotesi che l'aumento del livello di igiene e l'esposizione a sostanze inquinanti, tipici delle società più avanzate del mondo, influiscano sulla risposta immune favorendo sensibilizzazione allergica;

    inoltre, accanto ai fattori di rischio ambientale, vanno anche considerati fattori di rischio individuali, genetici e legati alla familiarità, comportamentali e relativi a stili di vita inadeguati, che incidono soprattutto su alcune patologie quali la rinite e l'asma allergica, specie in età evolutiva;

    l'Italian study on ashma in young adults (Isaya), un'indagine multicentrica condotta tra il 1998 e il 2000 su nove città italiane e su 3000 persone tra i 20 e i 44 anni, ha permesso di evidenziare la correlazione con situazioni urbane dall'elevato tasso di inquinamento;

    in Italia, si stima che ogni anno circa dieci milioni di persone si ammalano di allergie respiratorie per l'esposizione ad allergeni di pollini, muffe, acari e animali domestici e si calcola che circa il 15-20 per cento della popolazione italiana soffra di allergie, fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne;

    i costi diretti dell'asma, derivanti dall'uso dei farmaci e dei servizi sanitari, rappresentano circa l'1-2 per cento della spesa sanitaria, mentre quelli indiretti (per assenteismo scolastico e riduzione dei giorni di lavoro dei genitori per l'assistenza al figlio), nei casi più gravi, costituiscono oltre il 50 per cento dei costi complessivi, arrivando a incidere, in termini economici, più di patologie quali tubercolosi e infezione da Hiv combinati;

    a fronte di una situazione epidemiologica rilevante, l'assistenza allergologica appare fortemente ridimensionata a livello nazionale e regionale e le malattie allergiche spesso non vengono considerate appieno per la loro gravità clinica e le implicazioni sulla qualità di vita delle persone, sia in età evolutiva sia in età adulta;

    la missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in ambito di riordino dell'assistenza territoriale, non riserva una peculiare attenzione legislativa e istituzionale al ruolo dello specialista in allergologia e immunologia clinica, soprattutto in relazione ai numerosi professionisti che saranno chiamati a fornire assistenza nelle case della comunità;

    questa omissione, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare assolutamente illogica alla luce del grande carico assistenziale che le patologie allergiche comportano, nonché del costante incremento del livello di contrazione di tali patologie, che secondo stime prudenziali, si attesta sul 20 per cento della popolazione generale;

    le patologie allergiche sono strettamente correlate all'inquinamento e all'immissione di nuove sostanze chimiche nell'ambiente di vita, e quindi risulta prevedibile che il carico assistenziale a esse devoluto sarà destinato ad accrescersi ulteriormente e con essi i costi sanitari, che potrebbero invece essere ridotti con l'adozione di politiche pubbliche orientate alle buone pratiche della prevenzione;

    si giudica grave la mancanza di ogni riferimento alla definizione di una rete clinica dedicata all'allergologia, a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico ed assistenziale,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare e razionalizzare l'assistenza alla persona con allergie respiratorie, favorendo la crescita di ampie strutture specialistiche in costante e dinamico collegamento con il territorio;

   ad adottare iniziative volte ad aumentare i fondi per la ricerca sulle allergie respiratorie, in particolare quella finalizzata alla prevenzione e al controllo dell'asma allergica in età evolutiva;

   a implementare la gestione integrata tra i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta con le strutture specialistiche, in un sistema a rete in cui sia garantita un'effettiva presa in carico del paziente;

   ad adottare iniziative di competenza volte a incrementare i posti per i medici in formazione specialistica in allergologia e immunologia clinica;

   a inserire le malattie allergiche nel Piano nazionale della cronicità del Ministero della salute e nella missione 6 del PNRR;

   ad assicurare, per quanto di competenza, il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, in particolare in età pediatrica, non rimandando la presa in carico del bambino con allergie respiratorie;

   a garantire, per quanto di competenza, l'equo accesso all'impiego delle terapie più avanzate per il trattamento delle allergie respiratorie, incluse le terapie desensibilizzanti e le NPP («Named patient products») disciplinate dall'articolo 5 della legge n. 94 del 1998, in linea con i princìpi di appropriatezza terapeutica, della sostenibilità per il sistema sanitario nazionale e dell'equità di accesso alle cure in tutte le regioni;

   a favorire l'adozione di linee guida sulle allergie respiratorie da inserire nel sistema nazionale LG dell'ISS, in linea con la legge n. 24 del 2017 sulla responsabilità professionale;

   a tutelare i diritti della persona con allergie respiratorie nell'attività lavorativa, scolastica e sportiva;

   a promuovere una serie di campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, coinvolgendo il Ministero della salute, i comuni e le autorità sanitarie locali sulle allergie respiratorie, attraverso la promozione dell'implementazione di politiche di prevenzione e, in particolare, di quelle volte a ridurre l'impatto di tutti i determinati di salute legati all'ambiente e all'inquinamento indoor e outdoor e di altri fattori di rischio rilevanti, soprattutto nelle aree urbane;

   a promuovere il monitoraggio aerobiologico di pollini allergenici e spore fungine attraverso siti di misura, disposti a rete, diffusi su tutto il territorio;

   a favorire lo sviluppo della telemedicina nella gestione delle allergie respiratorie;

   ad adottare le iniziative di competenza per condividere le migliori pratiche assistenziali (volte a migliorare la tempestività della diagnosi e l'efficacia della presa in carico) in modo da ridurre la gravità della malattia e la disabilità.
(7-00182) «Ciani, Malavasi, Marino».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il 9 dicembre 2022, la polizia belga eseguiva 8 arresti tra Belgio e Italia e perquisiva uffici all'interno del Parlamento europeo nell'operazione denominata Qatargate; vennero arrestati per associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio, tra gli altri, l'allora vicepresidente del Parlamento europeo, Èva Kaili, il compagno Francesco Giorgi e l'ex eurodeputato italiano Antonio Panzeri, per un presunto passaggio di denaro in cambio della difesa degli interessi del Qatar e del Marocco;

   Panzeri viene interrogato dalla polizia senza difensore, come consentito dalle leggi belghe, confessa e ammette di aver operato assieme a Giorgi; dichiara di aver svolto attività lobbistica per Qatar e Marocco, in cambio di circa 2,5 milioni su cui non aveva pagato le tasse; al termine, gli viene comunicato che in Italia sono state fermate anche sua moglie Maria Colleoni e sua figlia Silvia;

   il 10 dicembre 2022 la polizia propone a Panzeri la libertà di moglie e figlia, e per lui solo sei mesi di carcere se fa i nomi di due complici; Panzeri nomina gli eurodeputati Maria Arena e Marc Tarabella, ma gli inquirenti chiedono «altri nomi», così aggiunge gli italiani Andrea Cozzolino, Lara Comi e la greca Èva Kaili, ma scagiona Arena;

   secondo il quotidiano inglese «The Times» Giorgi e Panzeri avrebbero condiviso la cella del carcere di St. Gilles a Bruxelles per alcuni giorni mentre rendevano dichiarazioni eteroaccusatorie;

   il 10 febbraio 2023 finisce agli arresti a Napoli su Mae del Belgio anche Andrea Cozzolino, ex presidente della delegazione Maghreb e della commissione Ue-Marocco del Parlamento europeo;

   titolare dell'inchiesta è il giudice istruttore Michel Claise che nel maggio 2023 si dimette per un presunto conflitto di interessi, dopo che emerge che suo figlio è in società con quello di Arena;

   sono diverse le perplessità sull'inchiesta: le attività svolte dai servizi belgi nell'Europarlamento senza che informazioni ufficiali siano pervenute alle istituzioni; l'uso della carcerazione preventiva; il controverso patteggiamento di Panzeri, che avrebbe salvato il suo patrimonio; un dato tanto più inquietante se si pensa al complesso contesto internazionale e al fatto che i servizi belgi avrebbero proseguito a indagare anche dopo il passaggio dell'indagine alla magistratura ordinaria;

   Kaili ha fatto ricorso per la violazione della sua immunità riferendo della volontà degli inquirenti di farle fare qualsiasi nome in cambio della scarcerazione;

   il mandato di arresto firmato dal giudice Claise per il ministro del lavoro del Qatar, Ali Bin Samikh Al Marri, per il suo collaboratore Bettahar Boudjellal e per l'ambasciatore del Marocco in Polonia, Abderrahim Atmoun, considerato i principali corruttori, è ritirato mentre altri indagati erano in carcere;

   alcuni parlamentari europei chiedono che sia fatta luce e condannata la violazione dell'istituzione parlamentare Ue da parte di polizia e servizi belgi;

   l'inchiesta ha di fatto impedito un adeguato vaglio da parte della magistratura italiana sul rispetto di garanzie procedurali e diritti fondamentali;

   dubbi sono stati avanzati anche sull'attività di polizia giudiziaria nelle intercettazioni ambientali e telefoniche a carico di europarlamentari coperti da immunità, precedenti alla revoca della stessa;

   giova ricordare, a tal proposito, che i parlamentari europei godono delle guarentigie del parlamentare dello stato di appartenenza e che l'articolo 68 della Costituzione italiana prevede che siano preventivamente autorizzate dalla camera di appartenenza perquisizioni, intercettazioni e ovviamente l'arresto;

   l'azione di dossieraggio avrebbe riguardato, a quanto si apprende, anche il Ministro degli affari esteri italiano attualmente in carica, on. Tajani;

   va ricordato che nell'ordinamento italiano la separazione tra attività di intelligence e accertamento penale è netta: la legge n. 124 del 2007 ha mantenuto la distinzione che già operava l'articolo 9 legge n. 801 del 1977; in piena coerenza con quanto dispone l'articolo 109 della Costituzione, l'articolo 23 della legge n. 124 stabilisce chiaramente che il personale del contingente speciale del DIS e dei Servizi non riveste la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria né quella di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza; ciò implica che se l'indagine fosse stata svolta in Italia, quegli elementi non si sarebbero potuti utilizzare nel giudizio;

   quanto esposto sembrerebbe configurare un quadro istruttorio carente, fatto di ombre che sembrano tradursi non solo nella violazione della prerogative della istituzione europea ma anche di principi costituzionali, principi sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Ue e diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione dei diritti dell'uomo –:

   di quali elementi disponga, anche tramite iniziative di carattere diplomatico presso le autorità belga, circa il trattamento riservato ai cittadini italiani coinvolti nell'inchiesta citata in premessa e se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa, per quanto di competenza, sia in sede internazionale che europea, volta ad assicurare che il procedimento giudiziario si svolga nel pieno rispetto dei principi di cui all'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea e dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione dei diritti dell'uomo.
(2-00294) «Orlando».

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMUTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato sul proprio sito istituzionale, l'elenco delle aree presenti nella proposta della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai);

   nello specifico, suddetto elenco individua le zone dove realizzare in Italia il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il relativo parco tecnologico, al fine di permettere lo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi italiani;

   tale elenco dovrebbe essere il frutto della valutazione delle osservazioni inoltrate nell'ambito della consultazione pubblica e del seminario nazionale, condotti dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), così come disciplinato dal decreto legislativo del 15 febbraio 2010, n. 31 – articolo 27 – nel rispetto dei principi e delle previsioni di cui alla legge del 7 agosto 1990, n. 241.

   riguardo alla regione Basilicata, nella consultazione pubblica, i soggetti portatori di interessi qualificati, quali la regione, gli enti locali territoriali e le associazioni rappresentanti il settore economico e ambientale, nel rispetto delle procedure, hanno presentato diverse valutazioni e osservazioni tecniche riguardo alla non idoneità delle aree lucane indicate nella proposta della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

   a tali osservazioni non è mai stato dato nessun riscontro;

   pertanto, diversamente da quanto disposto dalla normativa, i portatori di interesse del territorio non hanno ricevuto nessun riscontro alle loro istanze –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché il provvedimento della consultazione pubblica sia concluso nel rispetto delle disposizioni vigenti;

   se, sempre in considerazione delle osservazioni, delle analisi e delle istanze trasmesse dai portatori di interesse della Basilicata, prodotte nel solco della consultazione pubblica, non ritenga considerare la Basilicata territorio non idoneo ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
(4-02064)


   VINCI e GAETANA RUSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 maggio 2023, la regione Emilia-Romagna, socio unico di Fer, in Assemblea dei soci, ha eletto Gianluca Benamati quale amministratore unico;

   Fer è la società ferroviaria regionale, a capitale pubblico, che gestisce circa 360 chilometri di ferrovie regionali, 52 stazioni e 8 punti di carico e scarico merci. A parere dell'interrogante è quanto meno di dubbio valore etico la nomina ad amministratore unico di Gianluca Benamati, per tre legislature consecutive deputato della Repubblica, con ultimo mandato cessato nel 2022, e attualmente dirigente dell'Enea, ovvero di un organo dello Stato;

   la notizia della nomina è stata pubblicata sul sito della regione, dove si fa riferimento anche al ruolo assunto a suo tempo da Gianluca Benamati, quale ex presidente del Cda di Co.Se.A. (Consorzio che raggruppa aziende operanti nel settore energetico-ambientale) e come amministratore delegato di SIET spa (società partecipata da Enea ed Enel) operante nel settore delle tecnologie energetiche;

   si apprende dagli organi di stampa, ma non risulterebbe del tutto chiaro se sia ancora in essere un ruolo di Benamati quale dirigente di ricerca (livello L1) nell'ambito delle attività di Enea;

   inoltre, sembrerebbe che l'ingegnere Benamati per il ruolo di amministratore unico dal 15 maggio 2023 percepisca una indennità di carica pari a euro 80.000 lordi oltre rimborsi spese annui;

   occorre evidenziare che non è noto se la società pubblica Enea, per la quale l'ingegnere Benamati dichiara ancora di lavorare come dirigente pubblico, abbia autorizzato l'accettazione al ruolo di, amministratore unico della società pubblica F.e.r, né è noto se e come sia regolato il presunto compenso assegnato all'amministratore unico di Fer (contemporaneamente dirigente pubblico in forza all'Enea);

   la materia di cui si sta trattando trova espressa disciplina nel comma 7 dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, per il quale «i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza»;

   il comma 8 dello stesso articolo 53 vieta alle pubbliche amministrazioni di conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la preventiva autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza di tali impiegati. Il conferimento di incarichi privi di autorizzazione determina una infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento e il relativo provvedimento è nullo di diritto;

   il comma 9 dell'articolo 53 prevede analogo divieto nei casi di conferimento di incarichi a dipendenti pubblici da parte di enti pubblici economici e soggetti privati;

   il lavoratore qualora fosse poi autorizzato dovrà considerare che gli è preclusa la possibilità di utilizzare la propria qualifica pubblica nell'espletamento dell'incarico conferito e nessun beneficio gli potrà derivare da tale posizione;

   le attività a titolo gratuito, di norma, non necessitano di autorizzazione, ma le singole amministrazioni, con i loro regolamenti, possono prevedere di averne conoscenza preventiva e, in alcuni casi, il rilascio di un assenso scritto –:

   di quali elementi si disponga, per quanto di competenza, anche per il tramite dell'ispettorato per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in ordine agli incarichi ricoperti dall'ingegnere Benamati, e a quanto ammonti e se percepisca contemporaneamente la retribuzione quale Dirigente di Enea e l'indennità di carica quale amministratore unico di F.e.r.
(4-02066)


   MAGI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento 3Sun di Catania, di proprietà di Enel Green Power, ha rappresentato dal 2011 il fiore all'occhiello dell'industria italiana ed europea per la produzione di celle fotovoltaiche;

   dal 2014 anno di avvio della produzione lo stabilimento ha beneficiato di ingenti risorse pubbliche (circa 27 milioni di euro a valere sul fondo Fesr dell'Unione europea), ed ha raggiunto eccellenti obbiettivi sia economici con oltre 200 milioni di valore aggiunto, sia produttivi riuscendo a produrre nel 2020 le celle fotovoltaiche più avanzate al mondo con un livello di efficienza pari al 24 per cento;

   200 i dipendenti occupati tra il 2011 e il 2022, al netto di un indotto florido che vede una collaborazione stabile con una delle principali industrie di semiconduttori europea, la St-Microelectronic situata a Catania, la multinazionale Sharp, ma anche con Enea, l'Università di Roma «Tor Vergata», il CNR e l'istituto italiano di tecnologia di Genova;

   nell'aprile 2022 Enel Green Power ha sottoscritto con la Commissione europea il finanziamento agevolato a fondo perduto di 99 milioni di euro e altri 90 dal PNRR italiano, per sostenere l'espansione della fabbrica e incrementare di 15 volte la produzione arrivando a produrre 3GigaWatt di celle fotovoltaiche con un conseguente incremento considerevole di occupazione stimato in 1000 unità entro il 2024, diventando il maggiore stabilimento per la produzione di pannelli solari;

   in occasione del discorso sullo stato dell'Unione nel settembre 2022, la Presidente della Commissione europea Von der Leyen ha definito lo stabilimento di Catania come un investimento strategico per l'autonomia industriale europea sulle tecnologie chiave per la transizione;

   nel 2023 il piano industriale di Enel non fa più riferimento al destino della fabbrica e il nuovo amministratore delegato ha più volte ribadito l'interesse a fare di Enel una multiutility anziché un produttore di tecnologie per la transizione;

   secondo indiscrezioni di stampa apparse sul Corriere della Sera il 30 novembre 2023, Enel starebbe trattando con Ikea e il fondo di investimento Next Energy la cessione della metà delle quote di proprietà dello stabilimento 3sun di Catania, una scelta che risulta anche di difficile comprensione se si considerano i limiti che al momento esistono a livello europeo per l'acquisto di pannelli solari di provenienza cinese e che stanno provocando una reale scarsità di questi prodotti sul mercato –:

   quale sia, per quanto di competenza, il futuro assetto proprietario dello stabilimento e come valuti il Governo un'operazione che, sebbene legittima dal punto di vista della logica industriale, se portata a compimento sconfesserebbe l'idea di fare di Enel un player della strategia europea della transizione energetica.
(4-02067)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRAZIANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 46 del 2022, all'articolo 13, comma 3, prevede che: «Ai fini della consistenza associativa, sono conteggiate esclusivamente le deleghe per un contributo sindacale non inferiore allo 0,5 per cento dello stipendio». All'articolo 7, comma 4, parlando delle modalità di versamento delle trattenute sulla retribuzione afferma che le stesse «operate dall'amministrazione in base alle deleghe rilasciate, sono stabilite con decreto del Ministro competente, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge»;

   con il decreto dell'8 luglio 2022, il Ministro della difesa esplicitava la nozione di stipendio da assumere quale base di calcolo della trattenuta sindacale rilevate ai fini della rappresentatività che sarebbe da intendersi riferita agli emolumenti fissi e continuativi netti, in analogia a quanto praticato da altre amministrazioni del Comparto;

   con tale dicitura non si è tenuto conto delle peculiarità delle Forze Armate e la diversità delle indennità fisse e continuative che variano riguardo l'impiego e quindi di conseguenza delle eventuali maggiorazioni (es. operativa super campagna, imbarco su navi, su sommergibili e altro);

   il Centro unico stipendiale interforze ha diramato una nota con l'informativa su come procedere per richiedere l'accreditamento ai fini della riscossione delle trattenute sindacali al sistema stipendiale (no.i.pa.) da parte delle associazioni sindacali, non specificando però le voci stipendiali per le quali si procedeva a trattenere lo 0,5 per cento;

   alcune sigle sindacali hanno chiesto di fare riferimento ai fini delle trattenute solo alle indennità di base, senza le maggiorazioni e non al totale della busta paga e addirittura a una buona parte della 13a;

   il decreto, che doveva regolare le attività sindacali nonché le modalità di iscrizione e il quantum previsto affinché le deleghe siano da considerare valide ai fini della rappresentatività, dovrebbe essere approvato solo dopo il 31 gennaio 2024, data prevista dall'articolo 12 del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, per il conteggio degli iscritti delle sigle sindacali –:

   se il Ministro interrogato intenda intervenire in ordine alle criticità di cui in premessa, tramite l'adozione di una disposizione chiara che tenga conto delle peculiarità dei trattamenti economici delle varie forze armate in modo da realizzare le condizioni per la definizione di una trattenuta omogenea che risulti compatibile con l'incidenza che determinerà sul trattamento economico dei singoli militari, considerando la data del 31 gennaio prevista per il conteggio degli iscritti delle sigle sindacali come ricognitiva e rinviando il conteggio della rappresentatività a quando sarà stato chiarito e reso uniforme il calcolo delle quote associative.
(5-01774)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRUPPIONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 9 agosto 2023, n. 111, recante «Delega al Governo per la riforma fiscale», ha previsto il riordino complessivo dell'intero settore dei giochi con vincita in denaro (sia nelle forme di distribuzione on line sia nelle forme di distribuzione sui territori), secondo principi e criteri direttivi volti a rafforzare la legalità nell'intero comparto, la prevenzione delle dipendenze da tutti i giochi e la più generale tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili dai rischi del gioco compulsivo, contemperando tali principi e garantendo il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi;

   il Consiglio dei ministri, in data 19 dicembre 2023, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, avrebbe approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che introdurrebbe disposizioni in materia di riordino dei giochi ai sensi dell'articolo 15 della legge 9 agosto 2023, n. 111, ma che interesserebbe soltanto il settore dei giochi on line, rinviando, quindi, le previsioni di riordino relative al settore e alle forme della distribuzione sui territori;

   le disposizioni in questione prevedono l'attuazione della delega con attenzione specifica alla messa a gara di concessioni onerose per i giochi on line, che hanno registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni, anche in ragione della riduzione dei punti vendita fisici conseguenti alla pandemia;

   in molti punti vendita sono stati avviati, in sostituzione o integrazione dei giochi precedentemente commercializzati, servizi di promozione e ricarica dei conti di gioco on line;

   le misure di prevenzione e contrasto a livello territoriale sono state finora concentrate sui distanziometri per apparecchi da gioco (slot e VLT), talvolta sulle sale bingo e scommesse, escludendo invece, prodotti con altrettanta estensione distributiva e velocità di fruizione, come i Gratta&vinci o il 10eLotto;

   come risulta dai dati dell'Agenzia dogane e monopoli, presumibilmente per le motivazioni sopra esposte, si è rilevato uno spostamento della spesa dei giocatori dai giochi distribuiti nei punti vendita soggetti a limitazioni territoriali a quelli privi delle stesse limitazioni, oltre che particolarmente verso il gioco on line;

   il gettito erariale rinveniente dall'intero settore dei giochi, pari nel 2022 a 11 miliardi di euro, è originato, a parità di spesa dei giocatori, per 1 miliardo dal settore on line e per 10 miliardi da quello fisico sui territori –:

   quali siano le motivazioni per le quali si è deciso di non portare all'attenzione della Conferenza Stato-regioni-comuni la riforma dei giochi nel suo complesso, e di approvare un decreto delegato relativo solo ai giochi on line, anche attesa la significativa componente di offerta illegale transnazionale in questo canale distributivo e il maggiore rischio di attrattività di fasce di giocatori di giovane età;

   quando e in che tempi si intenda approvare il riordino dell'intero settore dei giochi, posto, da un lato, che solo una valutazione simultanea dei prodotti distribuiti on line e di quelli distribuiti sui territori consentirebbe una valutazione completa delle misure e l'individuazione di una strategia di concreto contrasto al disturbo da gioco d'azzardo e, dall'altro, che l'eventuale riordino del solo gioco a distanza porterebbe a una disparità di trattamento regolatorio nei confronti delle diverse offerte di gioco e delle diverse aziende operanti nel settore, generando così concorrenza sleale tra differenti segmenti del medesimo mercato;

   se siano state valutate le conseguenze di medio termine per le entrate tributarie dai giochi in concessione, determinabili dal repentino spostamento della spesa nei giochi verso gli stessi servizi offerti on line (in forma lecita e non) e soggetti ad aliquote di prelievo sensibilmente inferiori ai giochi commercializzati nei punti vendita fisici.
(5-01773)

Interrogazione a risposta scritta:


   MARI e GRIMALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   secondo alcune indiscrezioni il Ministero dell'economia e delle finanze starebbe valutando di cedere sul mercato la quota di partecipazione dello stesso in Poste Italiane, pari al 29,26 per cento;

   secondo le previsioni la cessione delle quote di capitale possedute dal Ministero dell'economia e delle finanze determinerebbero per le casse dello Stato un introito intorno ai 3,8 miliardi di euro;

   se ciò rispondesse al vero ad avviso degli interroganti si sarebbe di fronte innanzitutto ad una operazione antieconomica dal punto di vista finanziario, dal momento che la cifra che il Governo stima di incassare dalla suddetta cessione verrebbe sterilizzato nell'arco di circa otto anni dalla perdita dei dividendi annuali che ammontano, per lo Stato, a circa 500 milioni di euro l'anno;

   la cessione delle quote possedute dal Ministero dell'economia e delle finanze porterebbe la partecipazione pubblica all'interno di Poste italiane al di sotto del 50 per cento – rimanendo infatti soltanto il 35 per cento posseduto da Cassa depositi e prestiti – a dimostrazione della volontà dell'attuale Governo di imprimere una errata e ingiustificata accelerazione della privatizzazione di Poste italiane;

   a parere dell'interrogante si è di fronte più che ad una cessione alla svendita di Poste italiane che, stando alla previsione contenuta nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanze, rappresenta solo un quinto delle privatizzazioni previste dal Governo per i prossimi tre anni;

   tali dismissioni sono pari ad almeno l'1 per cento del Prodotto interno lordo nell'arco del triennio 2024-2026 e, come è facile prevedere, interesseranno anche Enav, Enel, Eni e Leonardo, tutte società partecipate che operano in settori strategici, dall'energia al trasporto aereo, alla difesa;

   si è di fronte ad avviso degli interroganti a un ulteriore svuotamento delle politiche industriali ed economiche pubbliche del nostro Paese e, quindi, a un ulteriore drammatico indebolimento del peso dello Stato nella nostra economia;

   altri processi di privatizzazione portati avanti negli scorsi anni hanno, tra l'altro, portato ad effetti negativi sia sul terreno occupazionale, con tagli alla forza lavoro e diffusione di lavoro precario, che sul dumping contrattuale, con utilizzo di appalti spesso al limite della legalità;

   risulta incomprensibile, miope e poco lungimirante agli interroganti che il Governo, a fronte di un introito a breve di circa 3,8 miliardi di euro, ceda ai privati un'azienda in ottima salute, che conta 120 mila dipendenti ed esercita anche una importante funzione di servizi pubblici e assistenziali, specialmente nei confronti delle fasce più deboli della popolazione come gli anziani e nelle ancora ampie zone del territorio non coperte o scarsamente coperte da rete internet –:

   se il Governo intenda smentire le indiscrezioni sulla privatizzazione di Poste Italiane, ritenendo gli interroganti fondamentale la presenza dello Stato nella suddetta azienda a garanzia della direzione di processi pubblici economici, nonché dei livelli occupazionali e della qualità dei servizi resi.
(4-02071)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   DI BIASE, SERRACCHIANI, GIANASSI, LACARRA e ZAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella serata del 19 dicembre 2023 un detenuto di 49 anni è stato ucciso all'interno del carcere «Mammagialla» di Viterbo dal suo compagno di cella;

   il delitto è avvenuto a distanza di pochi giorni dalle denunce del sindacato di polizia penitenziaria Uspp. Infatti il 13 dicembre 2023 il segretario generale dell'Ussp, Daniele Nicastrini, aveva denunciato le gravi problematiche di sicurezza nel carcere «Mammagialla» e il numero esiguo di personale, soprattutto nei turni serali e notturni;

   il 23 settembre 2023 era stato il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, a denunciare pubblicamente le condizioni di detenzione all'interno del carcere di Viterbo. Il garante ha definito «preoccupante il tasso di affollamento sulla capienza regolamentare che ha superato il 141 per cento. A fronte di 440 posti previsti, sono presenti 623 detenuti. La percentuale sale al 154 per cento se si considerano i posti effettivamente disponibili, che sono 405»;

   con la morte nel carcere di Viterbo sono saliti a 152 i decessi negli istituti penitenziari italiani nel 2023, di cui 67 per suicidio e 86 per altre cause (in molti casi ancora da accertare), come da dati forniti dal sindacato Spp;

   i penitenziari italiani registrano una situazione di sovraffollamento che ha comportato diverse condanne per il nostro Paese da parte della Corte Edu di Strasburgo. Infatti, su 51.261 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 56.605, con una percentuale di sovraffollamento del 110 per cento, numeri allarmanti e che fanno dell'Italia uno dei Paesi con gli istituti penitenziari più affollati dell'Unione europea –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere affinché siano garantite ai detenuti della casa di reclusione di Viterbo «Mammagialla» condizioni di detenzione adeguate alla capienza del penitenziario;

   se il Governo intenda affrontare con urgenza le gravi condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane al fine di arginarne le tragiche conseguenze, come, ad avviso degli interroganti, nel caso del carcere di Viterbo;

   quali urgenti iniziative intenda promuovere per far fronte sia alla carenza di personale di polizia penitenziaria sia alle carenze del personale educativo e trattamentale presso il carcere di Viterbo «Mammagialla», affinché non si ripetano episodi come quello narrato in premessa.
(3-00885)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il cyberstalking (diffamazione a mezzo web) è un tema di grande attualità presentandosi come forma aggravata dei più «generali» delitti di diffamazione ex 595 codice penale e di stalking ex articolo 612-bis codice penale. Si realizza con reati che possono produrre nella vittima un grave stato di ansia e di paura (sia per sé che per le persone care), costringendo spesso addirittura a comportamenti di modifica delle abitudini di vita;

   per limitare i danni che tali fenomeni provocano (distruzione della reputazione personale principalmente, ma anche danni alla salute fisica, psicologica, morale delle vittime nonché all'economia personale delle stesse) è quanto mai essenziale intervenire prontamente sui gestori dei servizi, chiedendo loro di cancellare celermente i contenuti multimediali e testuali molesti;

   la previsione di profili di responsabilità in capo a provider e titolari di siti web, in caso di mancata rimozione di espressioni o contenuti segnalati come hate speech (o molestie) dalle vittime, già più volte accertata a partire dal celeberrimo caso Costeja-Google, viene tuttora per quanto consta all'interrogante, per lo più ignorata dalle procure italiane, malgrado il citato intervento della Cedu;

   in alcune giurisdizioni, quali Finlandia, Francia, Ungheria, Portogallo, Russia, Spagna e Turchia, il legislatore è intervenuto al fine di istituire una disciplina ad hoc, finalizzata alla regolamentazione di internet e di altri media digitali, prevedendo le fattispecie di blocco, filtraggio e rimozione dei contenuti illeciti;

   all'interrogante preme segnalare il caso della procura di Parma, dove il procuratore capo, interessato di un caso specifico riguardante plurime diffamazioni a mezzo internet, datate addirittura 14 novembre 2006, non solo non ha ritenuto e, a oggi, non ritiene di agire, ma ha proceduto a iscrivere un dettagliato e preciso atto di denuncia a «modello 45» («atti non costituenti notizie di reato»): il caso n. 79 del 2023;

   la vittima in questione, L.B. ha già agito anche in via civile presso il tribunale di Milano per ottenere la cancellazione di tale attività di cyberstalking (tuttora mai terminata, stante la costante presenza e leggibilità su internet dei contenuti segnalati) nei confronti del gestore interessato (Google) che, dopo aver ignorato per anni decine di richieste di cancellazioni, ha da ultimo anche tentato quello che appare all'interrogante una vera e propria estorsione volendo imporre alla vittima di sottoscrivere la rinuncia a qualsiasi richiesta di risarcimento in cambio della doverosa rimozione dei contenuti segnalati;

   lo stesso Procuratore Capo della Repubblica di Parma nel suo documento del 20 gennaio 2023 ha sostanzialmente accusato la vittima di aver esercitato essa stessa un'estorsione per non essersi piegata alla richiesta di controparte (la suddetta espressa rinuncia al risarcimento richiesto per non aver mai cancellato l'attività di cyberstalking per oltre 16 anni);

   va considerato che per alcune Procure, tra le quali quella di Milano, il problema dell'effettivo seguito delle denunce relative a diffamazione aggravata via internet può assumere dimensioni particolarmente rilevanti in ragione del fatto che nel relativo ambito territoriale di competenza hanno sede italiana alcuni dei più importanti service provider mondiali responsabili della gestione e della pubblicazione di contenuti internet, come Google e Facebook –:

   considerata l'importanza della tematica del cyberstalking e la necessità di rimozione tempestiva dei contenuti illeciti, quali iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di porre rimedio alle criticità espresse, atteso che il fenomeno – per cui molto difficoltosamente viene dato seguito alle denunce di diffamazione aggravata via internet e/o alle richieste di immediata rimozione di contenuti diffamatori – sembra riguardare svariate Procure.
(4-02073)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta scritta:


   ORRICO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Abramo Customer Care è una società attualmente in amministrazione straordinaria ex decreto legislativo n. 270 del 1999, ovvero gestita da commissari, pubblici ufficiali, impegnati a risanare e riposizionare l'azienda nel mercato;

   Abramo Customer Care conta ad oggi 1070 lavoratrici e lavoratori che prestano la loro attività adempiendo alle commesse affidategli da Tim per i servizi commerciali riguardanti i settori «business» e «consumer»;

   Tim, che tra i propri azionisti annovera anche Cassa depositi e prestiti, ovvero una s.p.a. controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha comunicato, tramite una missiva, la cessazione del contratto commerciale con Abramo Customer Care per le attività di «consumer»;

   la decisione del committente Tim determina che 493 dipendenti, tra le sedi di Catanzaro, Crotone, Montalto Uffugo (Cs) e Palermo, a partire dal 1° gennaio, saranno collocati in cassa integrazione a zero ore;

   tale circostanza renderà improbabile la procedura di vendita dei complessi aziendali e di conseguenza la salvaguardia dei lavoratori attualmente occupati;

   secondo quanto risulta all'interrogante, contestualmente alla disdetta del contratto commerciale con Abramo Customer Care, Tim continua ad affidare commesse sui servizi commerciali ad altre aziende;

   i territori ove insistono le predette attività della Abramo Customer Care sono fortemente disagiati dal punto di vista occupazionale e l'eventuale chiusura comporterebbe un'ulteriore depauperamento con inevitabili conseguenze ricadenti sotto l'aspetto sociale;

   i lavoratori della Abramo Customer Care che, ormai da anni, vivono una situazione di incertezza, sono attualmente in fibrillazione come dimostrano le manifestazioni e gli scioperi in atto raccontati dagli organi di informazione locali e nazionali –:

   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per salvaguardare i livelli occupazionali della Abramo Customer Care le cui sedi sono situate in aree del Paese fra le più fragili d'Europa e se non si ritenga opportuno convocare un tavolo ministeriale coinvolgendo sia Tim, che tra i propri azionisti annovera anche Cassa depositi e prestiti, sia le regioni Calabria e Sicilia.
(4-02069)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   BONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un'intervista alla Gazzetta del Sud pubblicata in data 18 novembre 2023 il Procuratore Vicario di Messina, dottoressa Rosa Raffa, ha dichiarato che nell'ambito territoriale di sua competenza ci sarebbero centinaia di procedimenti contro l'abusivismo edilizio bloccati anche per la difficoltà di procedere alle previste demolizioni;

   dato il contesto ambientale in cui si è sviluppato il fenomeno a Messina il contrasto dell'abusivismo edilizio e la rimozione dei manufatti abusivi realizzati è presupposto fondamentale per prevenire possibili ingenti danni all'assetto idrogeologico del territorio assai fragile, specie in relazione agli effetti del cambiamento climatico in atto, con la conseguente possibilità di fenomeni meteorologici estremi ed elevati picchi di precipitazioni atmosferiche;

   tra i vari casi in questione risulta incomprensibile lo stallo che si è registrato per il caso cosiddetto «Oro Grigio» seguito in particolare dal WWF Italia, dove a seguito di un lungo iter giudiziario conclusosi con la sentenza della Corte di cassazione n. 3606/2016, i beni abusivi dovevano essere confiscati dal Comune di Messina per procedere alle demolizioni;

   tra il 2018 e il 2019 i legali del WWF Italia hanno provveduto a sollecitare con una serie di note il Prefetto ed il comune di Messina per la completa esecuzione della sentenza;

   allo stesso modo, sempre tramite i legali del WWF, nel 2021, a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 8225/2021, venivano sollecitati il Prefetto ed il Comune di Messina per procedere all'acquisizione ed all'abbattimento degli immobili oggetto del procedimento giudiziario cosiddetto «La Residenza», relativo ad una lottizzazione abusiva nell'area torrente Trapani sottoposta a vincoli ambientali ed idrogeologici, priva delle necessarie ed obbligatorie opere di urbanizzazione propedeutiche ad un intervento edilizio quale quello realizzato;

   alcuni degli immobili acquisiti al patrimonio del Comune di Messina, pur essendo in condizioni non idonee all'abitabilità sia in relazione all'area a rischio su cui sorgono, sia in relazione all'assenza dei necessari requisiti di urbanizzazione, risultano oggi occupati tant'è che, sempre tramite i legali del WWF, al Prefetto ed al comune di Messina è stata avanzata richiesta di sgombero con nota inviata nel marzo 2021;

   nonostante i solleciti operati nei confronti delle Autorità competenti, la situazione non pare sbloccarsi e non si ha contezza di come s'intenda procedere per dare attuazione agli obblighi di legge disposti dalle sentenze passate in giudicato –:

   se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, nei confronti della Prefettura di Messina e del comune di Messina affinché vengano attuati gli interventi dovuti, fornendo loro ogni supporto per sbloccare eventuali elementi ostativi all'esecuzione delle sentenze, e quali iniziative di competenza intenda adottare per rafforzare l'adozione delle necessarie misure di prevenzione del fenomeno dell'abusivismo edilizio, a tutela del territorio e della legalità.
(3-00886)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLDRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, e come documentato da diversi video postati sui social network, lo scorso 27 ottobre 2023 presso il Campus universitario Einaudi a Torino le forze di polizia sono intervenute all'interno dell'istituto contro le studentesse e gli studenti che protestavano nei confronti dello svolgimento di un convegno organizzato dal Fuan, il Fronte universitario d'azione nazionale, movimento politico universitario di estrema destra;

   lo scorso 5 dicembre 2023, il reparto mobile della polizia è di nuovo intervenuto in tenuta antisommossa caricando gli studenti che manifestavano contro la presenza di alcuni attivisti del Fuan impegnati in un'attività di volantinaggio;

   il bilancio è stato di 6 feriti, tra cui due professoresse che avevano partecipato insieme alle studentesse e agli studenti al presidio antifascista e che hanno sporto denuncia per le aggressioni subite;

   da diverse ricostruzioni e testimonianze si evince che la polizia sarebbe intervenuta contro il presidio antifascista dopo che gli attivisti del Fuan si erano ormai allontanati e quindi che il suo intervento sarebbe stato non soltanto sproporzionato ma anche del tutto immotivato –:

   se la condotta dei reparti di polizia in occasione dei fatti esposti in premessa non sia stata improntata a un uso sproporzionato della forza verso studentesse, studenti e docenti che protestavano pacificamente contro la presenza nell'Università di un'organizzazione come il Fuan, che propaganda idee nostalgiche del fascismo, razziste e xenofobe e quindi contrarie ai princìpi della Costituzione italiana.
(5-01772)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di domenica 17 dicembre 2023 è arrivata notizia di un naufragio avvenuto al largo della Libia di un barcone partito da Zuara sulla costa Nord occidentale del Paese, con 86 persone a bordo di origine subsahariana, dovuto alle condizioni meteo avverse, caratterizzate da forti venti di tempesta e con onde che raggiungevano i 2,5 metri;

   secondo quanto si è appreso a mezzo stampa, almeno 61 sarebbero i dispersi e i 25 sopravvissuti salvati da un rimorchiatore, e sarebbero stati trasferiti in un centro di detenzione a Tariq Al Sekka, vicino a Tripoli e dal loro arrivo nel centro si sarebbero perse le loro tracce, un dato preoccupante se si considera che a bordo dell'imbarcazione affondata vi erano donne e bambini;

   nella sera del 14 dicembre 2023 Frontex, l'agenzia europea per le frontiere, sarebbe stata allertata dal centro italiano per il coordinamento dei soccorsi e, dopo l'avvistamento del barcone, avrebbe diramato l'allarme alle navi dell'area e informato il centro di coordinamento dei soccorsi libico, italiano, maltese e tunisino ma nessuno di questi è intervenuto;

   un secondo aereo di Frontex ha supportato le navi commerciali che, rispondendo alla richiesta di assistenza, hanno poi proseguito la ricerca di sopravvissuti nonostante le condizioni meteo proibitive;

   nelle stesse ore in cui avveniva l'affondamento, la nave Ocean Viking di Sos Mediterranée era nell'area ove avveniva la situazione di distress e si dirigeva con altri 26 migranti a bordo verso Livorno, porto di sbarco assegnato secondo le nuove regole approvate dal Governo Meloni con il decreto-legge 2 gennaio 2023 n. 1 –:

   quale sia la ragione per la quale le autorità italiane non abbiano chiesto alla nave Ocean Viking di intervenire, considerato che la situazione di distress era nota e chiara a seguito delle comunicazioni di Frontex, e quale sia la ragione per cui non sono stati inviati altri assetti in soccorso.
(4-02068)


   PENZA, CARAMIELLO e CHERCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sussiste una strutturale mancanza di alloggi per i comparti della polizia di Stato, con maggiore incidenza nel sedime romano, a causa della grande richiesta di personale per svolgere la notevole mole di lavoro;

   a ciò si aggiunge la problematica del costo della vita e degli affitti, che su Roma si rendono proibitivi per lo stipendio modesto che percepisce un appartenente alle forze di polizia;

   in relazione alla problematica degli alloggi di cui sopra, e secondo quanto consta agli interroganti, di recente sono stati assegnati su Roma circa 255 vice ispettori del 18° corso, che non dispongono di un alloggio di servizio. Di questi, 202 sono destinati alla questura di Roma e 53 agli altri uffici della provincia;

   la carenza di alloggi è particolarmente grave per i vice ispettori provenienti da fuori regione, che sono circa 244;

   per contro, ad esempio, il sedime militare meglio gestito e con maggior capienza alloggiativa con potenzialità di ampliamento su Roma, ad oggi, risulta essere quello dell'Aeronautica militare, aeroporto militare F. Baracca, in zona tuscolana –:

   se sia a conoscenza del fatto che sul territorio della città di Roma il problema persiste da tempo, e che i pochi alloggi che ci sono tra l'altro sono anche fatiscenti;

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per risolvere la carenza di alloggi per il personale della polizia di Stato con sede Roma;

   se sia stata valutata come soluzione l'utilizzo degli alloggi militari nella caserma F. Baracca di Centocelle, in quanto la caserma dispone di diversi alloggi, che potrebbero essere messi a disposizione del personale della polizia provenienti da fuori regione.
(4-02070)


   MALAGUTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da denunce e testimonianze di cittadini si riscontrano nuovi tipi di truffe che viaggiano «on line»;

   si tratta di annunci di pronto intervento H24 per riparazioni di guasti elettrici o idraulici;

   su internet, tramite recapiti cellulari, si possono trovare annunci di tecnici che assicurano in poche decine di minuti, a ogni ora del giorno e della notte, interventi di riparazione guasti;

   il tecnico che si presenta a casa a seguito della chiamata talvolta, dall'accento, sembrerebbe aver origini dell'est Europa, e dopo aver verificato il guasto dichiara che per la riparazione occorrono diverse centinaia di euro inoltre, aggiunge che avendo il POS momentaneamente fuori uso può accettare solo soldi in contanti;

   il cittadino che ha chiamato, il più delle volte anziano o comunque non in grado di giudicare e quantificare l'importo della riparazione, pur di risolvere il problema accetta e al momento della richiesta di una fattura si sente rispondere che gli sarà inviata successivamente a casa;

   molto spesso si tratta di riparazioni di poche decine di euro e, talvolta, il tecnico intervenuto non ha nemmeno provveduto alla reale riparazione definitiva del guasto;

   quando si cerca di ricontattare il numero usato per la richiesta di soccorso si scopre che è irraggiungibile e che la risposta alla chiamata arrivava da un call center sito in altra nazione –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, si intendano assumere per individuare e perseguire questi tipi di truffe on line;

   se non ritengano utile informare gli utenti in merito a quanto sta accadendo e descritto in premessa, consigliando, se ritenuto opportuno, di effettuare opportune verifiche sulla società di riparazione guasti, che dovrebbe pubblicare non solo un recapito telefonico ma anche una sede fisica degli uffici corrispondenti.
(4-02072)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORFINO, ORRICO, CAFIERO DE RAHO, CHERCHI, CASO, AMATO, AIELLO, TRAVERSI, APPENDINO, DI LAURO, SCERRA, CARMINA, GIULIANO, MARIANNA RICCIARDI, CAROTENUTO, D'ORSO, ILARIA FONTANA, SANTILLO, CARAMIELLO, PENZA, AURIEMMA, DELL'OLIO, ALIFANO, QUARTINI e ALFONSO COLUCCI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di cassazione, con la sentenza del 31 ottobre 2022 n. 32104, nonché con successive e recenti pronunce di merito, ha stabilito la spettanza della carta docente a tutto il personale docente, compreso quello educativo, precisando che la carta in questione è attribuita al personale docente, nel cui ambito può ben dirsi rientrare quello educativo ad esso assimilato sul piano funzionale, secondo la previsione normativa disposta dall'articolo 395 del decreto legislativo n. 297 del 1994;

   tale norma infatti sancisce che: «La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità»;

   il Ccnl – comparto scuola include il personale educativo nell'area professionale del personale docente stabilendo, all'articolo 25, che: «Il personale docente ed educativo degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e degli istituti e scuole speciali statali, è collocato nella distinta area professionale del personale docente»;

   rientrano in tale area i docenti della scuola dell'infanzia, i docenti della scuola primaria, i docenti della scuola secondaria di 1° grado, i docenti diplomati e laureati della scuola secondaria di 2° grado, il personale educativo dei convitti e degli educandati femminili. Tenuto conto della ratio dell'introduzione del bonus in parola, non si spiega una differenziazione di trattamento, posto che entrambe le figure professionali sono soggette, a ben vedere, a precisi oneri formativi, tanto da giustificare l'introduzione di un sostegno datoriale in correlazione all'esborso economico per le spese di aggiornamento e di studio;

   la distinzione tra i ruoli del personale docente e di quello educativo, sancita dall'articolo 398 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, non può supportare la tesi del Miur che esclude quest'ultimi dalla dotazione della carta docente, ponendoli in controtendenza alla recente giurisprudenza di merito e di legittimità e in violazione dello stesso decreto legislativo secondo cui al personale educativo «si applicano le disposizioni concernenti lo stato giuridico ed il trattamento economico dei docenti elementari». Se è indubbio che la carta docente «dell'importo nominale di euro 500 annui» costituisce un beneficio economico, non può non convenirsi sul fatto che essa debba essere attribuita al personale docente tout court, ivi compresi gli appartenenti al ruolo degli educatori –:

   quali siano le intenzioni e gli strumenti necessari che il Ministro interrogato intende individuare per garantire il riconoscimento ipso iure della carta docente anche al personale educativo, compreso quello dei convitti e degli educandati femminili e ciò al fine di scongiurare farraginosi e dispendiosi contenziosi giudiziari.
(5-01771)

Interrogazione a risposta scritta:


   ORRICO, CASO e AMATO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   lo scorso venerdì 15 dicembre 2023 si è tenuta, presso l'istituto d'istruzione «F. Severi» di Gioia Tauro (Rc), durante gli orari di lezione, la presentazione del libro «Sono libero», scritto da Giuseppe Scopelliti, ex governatore della regione Calabria e sindaco di Reggio Calabria;

   all'evento erano presenti gli studenti del sopraindicato istituto scolastico, cui è stato regalato il volume;

   il volume rappresenta, dal punto di vista dell'autore, in polemica con talune categorie di magistrati, la nota vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto e condannato con sentenza passata in giudicato;

   tale vicenda metteva «alla sbarra» il tracollo finanziario della città di Reggio Calabria, portandola ad un debito di centinaia di milioni di euro;

   all'evento erano altresì presenti, così come riferito da diversi organi di stampa locali e nazionali, esponenti politici candidati, fra l'altro, ai prossimi appuntamenti elettorali riguardanti Gioia Tauro (Rc) –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per verificare l'opportunità di aver presentato il libro in una scuola pubblica, durante l'orario di lezione, davanti una platea di studenti e studentesse, quale utilità didattica possa aver apportato questo evento alla formazione degli stessi e se questa circostanza non rappresenti un preoccupante precedente rispetto all'autonomia ed all'imparzialità delle istituzioni scolastiche.
(4-02074)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BICCHIELLI e PISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in base all'articolo 13 della legge n. 152 del 2001, il decreto ministeriale n. 193 del 10 ottobre 2008 dispone che il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale è corrisposto sulla base della valutazione della loro attività svolta, e della loro organizzazione, in relazione all'estensione ed all'efficienza dei servizi offerti degli istituti medesimi;

   in base alla legge n. 152 ed al decreto ministeriale n. 193 del 2008, l'attività dei patronati dovrebbe essere finanziata annualmente mediante un acconto di inizio anno, calcolate in base all'attività dell'anno precedente, ed un saldo entro il 17esimo mese successivo alla chiusura di ogni annualità produttiva;

   nel corso degli anni molti patronati hanno lamentato i ritardi con cui vengono erogati i saldi delle annualità, arrivando al caso limite in cui alcuni Istituti non hanno ancora ricevuto i saldi spettanti del 2016;

   il Tar del Lazio, con la sentenza 12001 del 2020, ha condannato il Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'erogazione dei saldi delle annualità 2017 e 2018;

   nella XVIII legislatura numerosi rappresentanti dei patronati hanno incontrato l'allora Ministro Orlando che, nonostante alcune rassicurazioni, non ha dato seguito a quanto promesso;

   da ultimo, l'11 dicembre 2023, l'Anmil ha chiesto un incontro urgente presso il Ministero del lavoro con l'obiettivo di chiarire la questione e trovare una soluzione;

   bisogna riconoscere l'importanza di questo contributo a sostegno delle attività dei Patronati;

   è necessario garantire il diritto ai patronati di ricevere quanto gli spetta con l'obiettivo di proseguire il loro lavoro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda prendere al fine di ottemperare alla sentenza del TAR ed alle necessità dei patronati.
(4-02065)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Morfino e altri n. 4-02056 del 19 dicembre 2023 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01771.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BALDELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la Whirlpool Corporation, a seguito di un accordo intervenuto nel 2014, ha acquistato, dalla Fineldo e dalla famiglia Merloni, le quote di maggioranza della Indesit Company, ovvero il 60,4 per cento del capitale sociale per un importo di 758 milioni di euro;

   l'amministratore delegato pro tempore di Fineldo asseriva che Whirlpool era «il partner giusto in grado di esprimere una progettualità che premi il percorso di crescita e di attenzione alla qualità»;

   il presidente e chief executive officer pro tempore di Whirlpool Corporation definiva tale operazione come un'opportunità in grado di posizionare il business europeo dell'azienda all'interno di un percorso di crescita e di continua creazione di valore;

   nonostante le suddette dichiarazioni, la Whirlpool Corporation, nel corso degli anni, gradualmente optava per politiche aziendali volte tutte al depotenziamento delle attività produttive nonché alla dismissione di forza lavoro;

   in data 25 aprile 2022, attraverso un comunicato stampa, la direzione aziendale di Whirlpool dichiarava di aver avviato un processo di revisione strategica nell'area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), destando comprensibile preoccupazione sul futuro delle centinaia di famiglie di lavoratori coinvolte;

   la mancanza di chiarezza circa le strategie industriali da parte dell'azienda è culminata il 27 settembre 2022 con la diserzione da parte di Whirlpool al tavolo convocato presso il Mise, l'intenzione della società americana di dismettere le proprie attività europee è stata formalizzata dal Comitato europeo aziendale in data 21 ottobre 2022;

   lo scorso gennaio è stato annunciato l'accordo, destinato a finalizzarsi nella seconda metà del 2023, con cui si prevede la nascita di una nuova società costituita al 75 per cento da Arçelik e il restante 25 per cento detenuto dalla Whirlpool per la gestione dell'area Emea;

   da quanto appreso, l'intesa prevede che Whirlpool contribuisca con il proprio business europeo di grandi elettrodomestici (marchi Whirlpool, Hotpoint, Bauknecht e Indesit), mentre Arçelik porterà in dote le proprie attività di elettrodomestici, elettronica di consumo, climatizzazione;

   a proposito di tale accordo, il presidente e amministratore delegato di Whirlpool Corporation pro tempore così si esprimeva: «L'annuncio segna un'altra importante e decisiva pietra miliare nella trasformazione del nostro portafoglio – questo ci consente di partecipare a una significativa creazione di valore con il riposizionamento del business e le sinergie di costo attraverso la nostra partecipazione di minoranza»;

   l'operazione sarà oggetto del controllo dell'Autorità antitrust europea, i cui esiti dovrebbero essere resi noti prima della fine dell'anno in corso;

   in data 21 febbraio 2023, il Ministro delle imprese e del made in Italy ha incontrato i rappresentanti di Whirlpool Emea e di Arçelik in merito all'ipotesi della costituzione della Newco in relazione alle attività in Italia;

   il settore degli elettrodomestici rappresenta un settore manufatturiero strategico per la nostra nazione, nonché un'eccellenza del made in Italy riconosciuta nel mondo;

   attualmente, in Italia, la società Whirpool conta i seguenti stabilimenti industriali: Cassinetta di Biandronno (Varese), dove sono prodotti forni e frigoriferi da incasso; Siena dove vengono prodotti congelatori; Melano di Fabriano (Ancona), dove si producono piani cottura; Villa Pera di Comunanza (Ascoli Piceno) per la produzione di lavatrici e lavasciuga, nei quali lavorano circa 5.000 dipendenti;

   la società Arçelik, invece, risulta fortemente strutturata in Est Europa, specialmente in Romania, dove possiede stabilimenti con produzioni simili a quelle italiane (lavatrici e frigoriferi) –:

   se e quali iniziative di competenza ritenga di adottare al fine di garantire il mantenimento della produzione in Italia e, in particolare, negli stabilimenti industriali di Melano (Ancona) e Comunanza (Ascoli Piceno), considerati i tagli già in passato subiti;

   se vi siano nuovi aggiornamenti inerenti alla vicenda suesposta.
(4-00927)

  Risposta. — L'interrogante fa riferimento al percorso complesso che sta interessando la multinazionale Whirlpool e che ha condotto a una revisione delle attività esercitate dalla medesima nelle regioni Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA - Europe, Middle East & Africa). In particolare, con l'atto in oggetto si fa riferimento alla decisione relativa al passaggio degli stabilimenti europei in Italia a una società al 75 per cento di proprietà dell'azienda turca Arçelik.
  A tal riguardo, si ricorda che, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT), è aperto un tavolo di crisi per tutti gli stabilimenti produttivi della multinazionale in Italia, che coinvolge il Ministero del lavoro, i rappresentanti delle regioni e i comuni dei diversi siti produttivi Whirlpool, l'azienda stessa, nonché le parti sociali e datoriali.
  Il citato tavolo sta monitorando le strategie e le decisioni aziendali, anche attraverso incontri bilaterali con i vertici aziendali, nonché con le altre parti interessate, in un'ottica di salvaguardia di tutte le produzioni della multinazionale in Italia e di piena salvaguardia delle maestranze qualificate in esse impiegate.
  In occasione del Consiglio dei ministri del primo maggio scorso, su proposta del Ministro delle imprese e del made in Italy e a seguito delle interlocuzioni citate, è stato altresì approvato il provvedimento per l'esercizio dei poteri speciali
golden power) con riferimento alla decisione di Whirlpool EMEA e Arçelik di creare un gruppo europeo degli elettrodomestici. Si tratta del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° maggio 2023, recante l'esercizio di poteri speciali, con prescrizioni, in relazione all'operazione notificata dalle società Ardutch BV, Beko Europe BV, Whirlpool Emea Holdings LLC, riguardante il conferimento del business Arçelik e del business Whirlpool a Beko Europe BV (procedimento n. 22 del 2023).
  Il sopra citato provvedimento autorizza l'operazione ponendo al contempo specifiche prescrizioni a salvaguardia del patrimonio tecnologico, della produzione e dei livelli occupazionali degli stabilimenti coinvolti. Per l'Italia, si tratta di quattro stabilimenti ubicati al centro e al nord del Paese (Lombardia, Toscana e Marche) per oltre 4.000 dipendenti: nello specifico, si fa riferimento ai siti di Cassinetta (VA), Fabriano (AN), Siena e Comunanza (AP).
  L'operazione in parola è anche sottoposta a un procedimento antitrust europeo. Recentemente, la Commissione europea ha approvato, ai sensi del Regolamento (CE) n. 139/2004 sulle concentrazioni, l'acquisizione del controllo esclusivo del settore dei grandi elettrodomestici in Europa, Medio Oriente e Africa della statunitense Whirlpool Corporation da parte della turca Arçelik A.Ş. Tuttavia, tale transazione è anche oggetto di autorizzazione da parte delle Autorità regolatorie degli altri Paesi coinvolti.
  Come recentemente sottolineato dal Ministro Urso, la decisione della Commissione europea sulla fusione Arçelik-Whirlpool è un primo significativo passo su una operazione che consolida il settore degli elettrodomestici in Europa e sulla quale il Governo italiano ha inteso esercitare la
golden power.
  In merito alle politiche di sostegno e ai finanziamenti, si ricorda che due degli stabilimenti Whirlpool in Italia si trovano in aree cosiddette di crisi industriale complessa (aree CIC), specificamente: nell'area «Val Vibrata-Valle del Tronto-Piceno» e nell'area che circoscrive gli insediamenti industriali coinvolti nella crisi del gruppo A. Merloni.
  Orbene, in seno ai territori riconosciuti quali «aree di crisi industriale complessa», il Ministero delle imprese e del made in Italy cura l'attuazione di politiche e programmi per la reindustrializzazione e riconversione delle aziende e dei settori colpiti dalla crisi, che favoriscono anche l'insediamento di nuova imprenditorialità, con strumenti straordinari di incentivazione agli investimenti sul territorio e di riqualificazione e reinserimento della manodopera in esubero.
  In particolare, per il piano di sviluppo dell'area CIC «gruppo A. Merloni», sono stati impegnate risorse pubbliche pari a 81 milioni di euro (35 nazionali, 46 regionali). L'accordo di programma è stato prorogato al 18 marzo 2024 con l'atto integrativo dell'11 luglio 2022. È tuttora aperto uno sportello relativo agli interventi di cui alla legge n. 181 del 1989, dedicato al finanziamento di programmi di investimento da realizzare nei comuni delle aree coinvolte dalla crisi del gruppo Antonio Merloni.
  Oltre agli accordi di programma, il Ministero delle imprese e del made in Italy potrà valutare la sussistenza delle condizioni per ricorrere allo strumento agevolativo dei Contratti di sviluppo, misura a supporto di programmi di investimento produttivi strategici e innovativi di grandi dimensioni, finalizzati al rafforzamento delle filiere produttive. Numerosi, infatti, sono gli interventi in essere, nell'ambito della misura dei contratti di sviluppo, a supporto dell'industria degli elettrodomestici.
  In tale direzione, si sottolinea, inoltre, che presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, lo scorso 26 ottobre è stato anche siglato un nuovo impegno che si riferisce al sito Whirlpool di Napoli. Si tratta di un accordo di programma da sottoscrivere entro il 31 gennaio 2024 per sostenere tutti gli investimenti da parte di TeaTek, l'azienda che ha presentato il progetto di rilancio industriale basato sulle energie rinnovabili con riferimento al sito di via Argine - Napoli, garantendo la salvaguardia dei lavoratori coinvolti.
  In conclusione, si conferma che il Governo continuerà a seguire la situazione dei siti produttivi in parola e si impegna a sostenere, con gli strumenti di supporto a disposizione, un piano di salvaguardia della capacità produttiva di tutti gli stabilimenti in Italia e del relativo perimetro occupazionale.

Il Sottosegretario di Stato per le imprese e il made in Italy: Fausta Bergamotto.


   BOLDRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa di reclusione di Porto Azzurro all'isola d'Elba si trova in una fortezza spagnola edificata nel XVII secolo. Come tutti gli istituti penitenziari che si trovano in strutture storiche, anche il «Pasquale De Santis» necessita dunque di continui interventi di ristrutturazione, e gli spazi non sono strutturalmente adeguati al trattamento;

   il principale problema dell'istituto, che ospita anche detenuti con problemi psichiatrici, tossicodipendenti e stranieri, oltre alla collocazione logistica che rende non agevoli gli spostamenti, è, sicuramente, la consistente carenza di personale, sia per quanto riguarda la polizia penitenziaria sia per il personale destinato alle aree educative, amministrative e sanitarie, come anche l'interrogante ha potuto verificare di persona nel corso di una visita effettuata nei giorni scorsi;

   la direttrice è in missione da un anno poiché dirige anche la casa circondariale di Massa Marittima, e anche il Comandante della polizia penitenziaria svolge funzioni in altri istituti toscani; inoltre, a fronte di una presenza prevista di 205 agenti, la casa di reclusione dispone al momento di meno di 150 unità, così come risulta enormemente sottodimensionato il numero degli educatori, che si ferma a soli due a fronte di una previsione di dieci;

   questa carenza in particolare ha un impatto negativo sul percorso di recupero dei detenuti e ostacola il loro accesso ai benefici previsti dalla legge;

   non è presente un Nucleo traduzione e piantonamento e dunque a ogni esigenza di spostamento dei detenuti mancano agenti la cui presenza sarebbe necessaria in istituto: si parla di un numero molto elevato di spostamenti annui per visite mediche e ricoveri, considerato peraltro che nella casa di reclusione c'è carenza di medici specialistici;

   appare anche problematica la convivenza tra condannati all'ergastolo – o comunque a lunghe pene detentive – e coloro che sono stati condannati a periodi più brevi di reclusione;

   attualmente la richiesta di poter lavorare è comune a tutti i detenuti: in passato lavorava l'80 per cento circa dei reclusi, Porto Azzurro era considerato un vero modello per i percorsi lavorativi e di reinserimento dei detenuti, mentre a oggi soltanto un terzo ha accesso ad attività lavorative e in modo discontinuo; va inoltre tenuto presente che per problemi burocratici si può rimanere in attesa anche un anno prima di essere ammessi al lavoro –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover con urgenza adottare le iniziative necessarie, sia organizzative sia finanziarie, per dotare la casa di reclusione di Porto Azzurro del personale necessario a consentire un adeguato trattamento penitenziario, fondamentale per la funzione rieducativa della pena di cui all'articolo 27 della Costituzione, nonché a garantire la sicurezza e condizioni di lavoro accettabili per gli operatori.
(4-01151)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, riferito delle criticità relative alla casa di reclusione di Porto Azzurro, con particolare riguardo alle carenze degli organici, a quelle strutturali ed alle difficoltà delle traduzioni, si avanzano quesiti relativi alle iniziative da adottarsi e finalizzate a dar soluzione alle problematiche evidenziate.
  Orbene, con riferimento all'annosa problematica inerente alle carenze degli organici, va ribadito che il Ministero, a mezzo dei preposti dipartimenti dell'amministrazione penitenziaria e dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità indicate e derivanti, altresì, da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Come è noto, la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista altresì da successivi interventi normativi ha rimodulato al ribasso la dotazione complessiva del corpo della polizia penitenziaria.
  L'impegno dell'amministrazione è focalizzato su di una reimpostata politica di implementazione.
  Al riguardo giova evidenziare l'incremento della dotazione organica di 1.000 unità del ruolo agenti/assistenti di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025).
  Ancora, va rammentato che nell'arco del quinquennio 2021-2025, è autorizzata, oltre al
turnover, anche l'assunzione straordinaria di complessive 2.804 unità.
  Allo stato, peraltro, il personale previsto è attualmente quello stabilito dal precedente decreto ministeriale 2 ottobre 2017, tuttavia, si rappresenta che con decreto ministeriale 12 luglio 2023, sono state stabilite le nuove dotazioni organiche e che l'organico di polizia penitenziaria previsto per il provveditorato regionale per il Triveneto è pari a n. 2.659 unità, con un incremento della dotazione organica che verrà poi ripartito per tutti gli istituti penitenziari del distretto.
  Ciò premesso, quanto alla precipua situazione del carcere di Porto Azzurro, a fronte di un organico previsto in 205 unità, ne risultano presenti n. 152, tenuto conto di 2 unità distaccate in entrata e 13 in uscita, quindi inferiore di 42 unità rispetto a quello previsto.
  Le carenze riguardano il ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-12), e dei sovrintendenti (-28); di contro, il ruolo agenti/assistenti risulta in esubero di una unità.
  Quanto al ruolo dei funzionari, all'esito del concorso pubblico per 120 posti, attualmente in essere, si provvederà alla distribuzione delle risorse in ragione delle vacanze organiche previste.
  Relativamente agli ispettori, alla conclusione VII corso relativo al concorso interno a complessivi n. 691 posti l'organico della casa di reclusione di Porto Azzurro Vigevano è stato incrementato di n. 2 unità maschili.
  È altresì in corso ulteriore concorso per n. 411 posti, all'esito del quale si procederà all'assegnazione di un adeguato numero di unità in ragione del tasso di scopertura.
  Quanto al ruolo dei sovrintendenti, per cui è in essere il concorso interno, per n. 583 posti, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha già assegnato al carcere isolano n. 2 unità maschili e con successivi scorrimenti di graduatoria è prevista l'ulteriore assegnazione di n. 11 unità maschili ed una femminile, che raggiungeranno l'istituto entro la fine del corrente anno, a conclusione della procedura concorsuale e del previsto corso di formazione.
  Infine, con riferimento agli agenti/assistenti, l'organico del carcere di Porto Azzurro è stato incrementato, durante l'anno 2022, di n. 3 unità maschili e n. 1 femminile, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179o e 180o corso.
  Inoltre, all'esito del 181° corso si procederà ad ulteriori assegnazioni, in proporzione e ragione delle concrete esigenze.
  In ordine alla dirigenza penitenziaria, la reggenza temporanea dell'istituto di Porto Azzurro – sede di un posto di funzione dirigenziale – è assicurata, a far data dal 14 luglio 2022, dall'attuale direttore della casa circondariale di Massa Marittima.
  Per la risoluzione di tale criticità occorrerà attendere l'esito del secondo interpello di prossimo avvio.
  Parziale soluzione, si auspica, potrà essere offerta, altresì, dalle prossime assunzioni concorsuali; in particolare, dai 57 consiglieri penitenziari vincitori di concorso ed attualmente impegnati nello svolgimento del previsto e necessario corso di formazione.
  La funzione di comandante del reparto, seppur
pro tempore, è invece ricoperta da un commissario proveniente dalla casa circondariale di Prato, in missione per tre giorni a settimana.
  Per quanto concerne il comparto funzioni centrali, la criticità maggiore interessa il profilo dei funzionari giuridico pedagogici, che vede n. 2 unità presenti in sede a fronte di una previsione di n. 10 unità.
  Al fine di sanare la scopertura, nel tempo, l'istituto penitenziario di Porto Azzurro è stato interessato da due procedure, ovvero: l'interpello straordinario nazionale di cui alla nota 15 novembre 2021 (che indicava la disponibilità di 8 posti) e l'interpello straordinario nazionale di assestamento di cui alla nota 13 ottobre 2022, recentemente conclusosi, purtroppo, con esito negativo.
  Ad ogni buon conto, si evidenzia che, per il profilo in esame, è in corso di svolgimento una procedura concorsuale per n. 204 posti di funzionario giuridico pedagogico, per cui è auspicabile, a breve, una risoluzione della criticità, compatibilmente con le più ampie esigenze nazionali.
  Trattando delle criticità strutturali, effettivamente queste risultano vieppiù amplificate proprio in ragione del fatto che la casa di reclusione di Porto Azzurro è ospitata in una fortezza spagnola edificata nel XVII secolo.
  La struttura è composta da 15 sezioni divise in: reclusione, isolamento, semiliberi e articolo 21 dell'ordinamento penitenziario.
  Pur nei limiti oggettivi imposti dalla struttura, si annota la presenza di: una biblioteca, frequentata anche come spazio comune (sala lettura, aula studio, e altro); una palestra, con accesso settimanale previa autorizzazione e una sala polivalente.
  Poiché la biblioteca risulta essere poco raggiungibile e preclusa ad alcune sezioni, ne è stata allestita una «succursale» al piano terra, accessibile da un'area esterna curata dai detenuti stessi, ospitante piante e spazi adatti alla socializzazione o alla lettura all'aria aperta.
  Tale sala permette, oltre al prestito, anche la lettura al suo interno.
  Sotto il profilo edilizio, nonostante tutte le sezioni siano state sottoposte – nel tempo – a interventi manutentivi curati dal servizio manutenzione ordinaria fabbricato (cosiddetto «MOF»), la struttura presenta più di qualche carenza derivante, di fatto, dalla relativa vetustà.
  Tra le problematiche maggiori, si registra l'assenza di un impianto anti scavalcamento lungo la cinta muraria e l'assenza di telecamere perimetrali; lo stesso dicasi per i reparti detentivi interni, in cui molte zone critiche non vengono monitorate; manca, altresì, una sala regia dove poter controllare tutte le aree sensibili dell'intero istituto.
  Inoltre, il I e il II reparto detentivo necessitano di interventi di manutenzione straordinaria per l'adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Ciò posto, al fine di fornire una prima risposta per il superamento di tali criticità, nell'ambito del piano 2023 di edilizia penitenziaria del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sono stati previsti i seguenti interventi: 1) restauro facciate reparti I, II, III, IV (importo stimato euro 2.200.000,00); 2) restauro del III reparto XI sezione (importo stimato euro 1.100.000,00); 3) restauro del IV reparto XVII sezione e realizzazione polo trattamentale (importo stimato euro 1.000.000,00); 4) installazione impianto TVCC (importo stimato euro 1.000.000,00).
  Si rappresenta, inoltre, che il provveditore regionale, il 14 marzo 2023, ha effettuato apposito sopralluogo finalizzato, fra l'altro, ad approfondite verifiche sulla situazione di inagibilità di vari ambienti inframurari, con riferimento anche al reparto dedicato alle lavorazioni penitenziarie e sollecitando, al riguardo, il competente ufficio provveditoriale per gli interventi necessari.
  Per quanto attiene alla popolazione detenuta, l'istituto non denota, allo stato, una condizione di sovraffollamento; difatti, alla data del 17 luglio 2023, sono presenti un totale di n. 313 detenuti (di cui n. 307 effettivamente presenti in istituto), a fronte di una previsione regolamentare pari a n. 334 posti (di cui n. 13 non disponibili poiché interessati da lavori di adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 per la presenza di bagni a vista, rilevandosi una percentuale di affollamento pari al 97,51 per cento.
  Inoltre, non si sono rilevate violazioni dei parametri minimi di vivibilità stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, atteso che n. 28 detenuti risultano avere a disposizione uno spazio di vivibilità compreso tra 3 e 4 metri quadri cadauno, mentre i restanti n. 279 ristretti risultano allocati in spazi superiori ai 4 metri quadri.
  Non risultano pervenute, altresì, segnalazioni relative a problematiche di ordine e sicurezza derivanti da incompatibilità fra ergastolani e reclusi a pene più brevi.
  Passando alla tematica delle traduzioni, dall'inizio dell'anno alla data del 28 giugno 2023 (data dell'ultima comunicazione resa), non risulta che vi siano stati trasferimenti di detenuti verso la casa di reclusione di Porto Azzurro, per motivi sanitari o di sicurezza, disposti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; vari, invece, i detenuti – con fine pena inferiori a cinque anni – trasferiti per sfollamento da altri istituti del distretto, a cura del competente provveditorato regionale.
  Si evidenzia, per completezza, che, con nota 27 gennaio 2023, il provveditorato regionale per la Toscana e l'Umbria ha trasmesso al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il progetto di riorganizzazione del circuito media sicurezza predisposto in ottemperanza alla circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria n. 3693/6143, recante: «Circuito media sicurezza – direttive per il rilancio del regime penitenziario e del trattamento penitenziario», il cui scopo è quello di attuare una riorganizzazione del circuito della media sicurezza, attraverso la quale «affrontare le esigenze che, quotidianamente, si riscontrano nella presa in carico delle persone ristrette, al fine di garantire un'esecuzione della pena che sia costituzionalmente orientata e che, sul piano operativo, presenti caratteri omogenei in tutto il territorio nazionale».
  Il progetto presentato dal suddetto provveditorato è frutto di un'ampia rivisitazione della distribuzione dei detenuti tra i vari circuiti penitenziari esistenti, adottando una strategia di semplificazione e riducendo, ove possibile, la presenza di svariati circuiti penitenziari, al fine di rendere maggiormente omogenee le modalità di gestione dei detenuti, soprattutto in considerazione delle carenze di organico presenti.
  La casa di reclusione di Porto Azzurro, infatti, per le ampie dimensioni della struttura, rappresenterebbe luogo ideale per l'applicazione della circolare e del trattamento in progressione; per tale ragione, l'apposito gruppo di lavoro istituito presso il provveditorato locale ha valutato l'istituzione di una sezione
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, di una sezione per l'accoglienza, di una sezione per l'isolamento sanitario ex articolo 33 dell'ordinamento penitenziario e di una sezione a trattamento ordinario, individuando le restanti sezioni come sezioni a trattamento intensificato.
  A tal riguardo, la competente direzione generale dei detenuti e del trattamento ha attivato con il provveditorato regionale le dovute interlocuzioni.
  Relativamente alla lamentata assenza di un nucleo traduzioni e piantonamenti locale, si evidenzia che, con provvedimento del capo dipartimento 24 marzo 2015, è stato istituito il Nucleo traduzioni e piantonamenti provinciale di Livorno, operante anche per le movimentazioni di detenuti effettuate dalla casa di reclusione di Porto Azzurro.
  Secondo i dati presenti nell'applicativo Sistema informativo ambientale e territoriale, risultano essere stati effettuati dal personale della casa di reclusione di Porto Azzurro, pur in assenza di autonoma struttura operativa in loco, i seguenti servizi di traduzione e piantonamento: durante il 2022, n. 254 traduzioni, per un totale di 310 detenuti tradotti, con impiego di 882 unità di personale; 7, invece, il numero dei piantonamenti, con 235 unità di personale impiegato.
  Durante il corrente anno, e sino al 31 maggio 2023, risultano n. 134 le traduzioni effettuate, per un totale di n. 179 detenuti tradotti, con l'impiego di 510 unità di personale; 4 il numero di piantonamenti con 186 unità di personale impiegato.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI e ZANELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, e ulteriormente modificato da successivi atti legislativi, ha istituito la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale il cui compito è vigilare sul rispetto dei diritti delle persone private della libertà, sia se tale privazione venga disposta su mandato dell'autorità giudiziaria o amministrativa, sia se si tratti di privazione di fatto della libertà, cioè in assenza di un provvedimento formale dell'autorità pubblica o in conseguenza di sue decisioni od omissioni, in linea con quanto previsto per analoghi organismi istituiti in altri Paesi o in ambito sovranazionale;

   il Garante nazionale è costituito in collegio, composto dal presidente e da due componenti, quali «sono nominati previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari»;

   in base a quanto riportato da diverse testate giornalistiche, in particolare in un articolo su «La Repubblica» a firma di Liana Milella del 25 luglio 2023, il Ministro della giustizia Nordio avrebbe già individuato una terna di nomi per i nuovi vertici dell'ufficio del Garante delle persone private della libertà;

   in particolare, sarebbero stati fatti i nomi di Felice Maurizio D'Ettore, in qualità di presidente del collegio e attualmente professore ordinario di diritto privato a Firenze, affiancato da Mario Serio, professore ordinario di diritto privato comparato nell'Università di Palermo, da Carmine Antonio Esposito, ex presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, ora a riposo;

   la legge istitutiva dell'ufficio del Garante articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 2013, convertito con modificazioni della legge n. 10 del 2014 sancisce che la scelta debba ricadere su «persone, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti alla tutela dei diritti umani». L'assenza di un rapporto in atto di pubblico impiego è requisito preliminare alla selezione, ponendosi quindi come elemento ostativo alla nomina dei due professori ordinari;

   si precisa inoltre che i componenti del cosiddetto Garante nazionale dei detenuti non possono in alcun modo esprimere l'indirizzo politico governativo, in quanto il collegio deve risultate indipendente sul piano giuridico, funzionale e strutturale, così come si deduce dai principi guida riportati nel codice di autoregolamentazione di cui alla delibera del 31 marzo 2021 –:

   se il Ministro interrogato intenda rispettare, per quanto di competenza, i criteri e i requisiti previsti dalla normativa vigente nell'individuazione dei membri del collegio del Garante nazionale dei detenuti e se non intenda garantire un'adeguata rappresentanza di genere.
(4-01443)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si avanzano quesiti in ordine ai criteri di scelta dei componenti il collegio del Garante nazionale dei detenuti, anche con riferimento alla garanzia di un adeguata rappresentanza di genere.
  Orbene, la nomina dei componenti il collegio del cosiddetto Garante nazionale dei detenuti, ora Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà
personale, è disciplinata dal decreto-legge n. 146 del 2013, convertito in legge n. 10 del 21 febbraio 2014 e successive modificazioni, che prevede una complessa procedura.
  In particolare, si assegna al Ministro della giustizia, il compito di proporre, senza specifiche formalità, al Consiglio dei ministri, un ventaglio di nominativi inerenti personalità dotate delle caratteristiche oggettive e soggettive indicate dalla legge, e in special modo quelle di assicurare indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani.
  Il Governo, quindi nella sua collegialità, delibera in proposito e veicola al Parlamento i singoli nominativi ovvero l'intera rosa dei candidati ritenuti meritevoli.
  Spetta quindi alle Camere, di esprimere, attraverso specifico parere, il relativo gradimento sulle personalità offerte alla loro valutazione.
  All'esito, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto, chiude la procedura di nomina.
  La complessità dell'
iter, che appunto richiede, a vario titolo, l'intervento dei più elevati soggetti istituzionali, è in evidente e stretta connessione con la rilevanza dei delicati compiti cui è chiamato il Garante.
  Ciò precisato, allo stato entrambi i rami del Parlamento, nella sede delle rispettive Commissioni giustizia, hanno esitato le incombenze di spettanza, esprimendo parere favorevole alla proposta avanzata dal Governo.
  Il Senato della Repubblica, nella seduta del 18 ottobre 2023, e la Camera dei deputati, nella seduta del 31 ottobre 2023.
  Le relative conclusioni sono quindi state comunicate al Governo per il prosieguo della procedura che, come indicato, richiede il conclusivo intervento del Presidente della Repubblica.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   FOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'anno 2003, l'imprenditore G.Z. veniva indagato in Italia per il reato di evasione fiscale e per tali ragioni, veniva sottoposto a diverse indagini e accertamenti da parte della procura di Forlì nonché a rogatoria internazionale, con lo scopo di verificare se detenesse del denaro proprio sul territorio di San Marino e, in caso di riscontro positivo, di sottoporre le somme, cautelativamente, a sequestro preventivo;

   nello stesso anno, difatti, il Commissario della Legge di San Marino – Giudice per le Rogatorie – disponeva gli accertamenti richiesti e sottoponeva a sequestro euro 1.892.700,00 di proprietà del predetto, denaro detenuto all'interno di una cassetta di sicurezza presso l'Agenzia di Damagnano presso la Cassa di Risparmio di San Marino;

   nell'anno 2017, il procedimento in Italia si concludeva definitivamente con il proscioglimento dell'imputato in quanto prescritto il reato contestatogli ed il tribunale competente disponeva lo svincolo di tutte le di lui somme preventivamente sequestrate, sia in territorio italiano che sammarinese, inoltrando al giudice per l'esecuzione di San Marino specifico ordine di dissequestro;

   il predetto imprenditore, tuttavia, otteneva la restituzione solo dei fondi sequestrati dalle Autorità italiane e per mano di queste e non anche quanto detenuto in territorio sammarinese;

   a tal punto, per il recupero del fondo, l'imprenditore promuoveva a San Marino i ricorsi interni a lui accessibili (giudizio dinanzi al giudice per la cooperazione internazionale e al giudice dell'esecuzione), rimedi, tuttavia, rimasti infruttuosi per dichiarazioni di incompetenza dei giudici chiamati a pronunciarsi;

   nel gennaio 2021, in conclusione, esauriti i rimedi interni, l'imprenditore introduceva, senza però ottenere un esito positivo, ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, lamentando la violazione dell'articolo 1 protocollo 1 CEDU (diritto al rispetto della proprietà privata), inserendo tra i motivi del ricorso la violazione del principio di legalità –:

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, pronunciarsi al riguardo.
(4-01618)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, riferita la vicenda giudiziaria inerente l'imprenditore G.Z., sottoposto ad indagini in ordine alle quali ebbe a subire dei sequestri sia da parte dell'autorità giudiziaria italiana, sia da parte di quella della Repubblica di San Marino, precisato che a seguito del proscioglimento dai reati ascritti per prescrizione l'autorità giudiziaria italiana ha provveduto a dissequestrare i beni, ma non così l'autorità competente di San Marino, di guisa che l'imprenditore è stato costretto ad esperire, infruttuosamente, le azioni giudiziarie presso San Marino per recuperare i beni sottoposti a sequestro nonché, proposto – con esito negativo – ricorso alla Cedu avanza quesiti circa eventuali intendimenti al riguardo da parte del Governo.
  Orbene, sui punto può riferirsi che la preposta articolazione ministeriale presso il Dag di questo Ministero, esaminato il ricorso n. 3405/21 comunicato dall'agente del Governo, sulla base della ricostruzione dei fatti ed alla luce dei quesiti formulati dalla Corte Edu in relazione a quanto rappresentato dal cittadino italiano contro la Repubblica di San Marino, non è stata ravvisata l'opportunità di un intervento di Stato terzo, ai sensi dell'articolo 36 § 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
  La posizione espressa è stata condivisa dall'Agente del Governo italiano, Avvocatura generale dello Stato, che in data 25 gennaio 2022 ha comunicato alla cancelleria della Corte Edu la volontà del Governo di non esperire intervento di Stato terzo.
  Le parti del procedimento davanti alla Corte, naturalmente, sono state informate di tale circostanza.
  

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GHIRRA. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che il 28 giugno 2023 è stato firmato a Cagliari, nella sede dell'assessorato degli enti locali, il contratto di valorizzazione della stazione di Capo Figari a Golfo Aranci; realizzata nel 1890 e acquisita nel 1905 dall'amministrazione Difesa, alle ore 16.00 del 6 agosto del 1930 venne utilizzata da Guglielmo Marconi per le prime trasmissioni radio in tecnologia micro-onda di qualità commerciale della storia dell'uomo;

   il complesso in questione si trova all'interno della zona di protezione speciale (Zps) ITB013018 «Capo Figari, Cala Sabina, Punta Canigione e Isola Figarolo», che fa parte della Rete Natura2000 e ricomprende interamente al suo interno il sito di interesse comunitario (Sic) ITB010009 «Capo Figari e Isola Figarolo»;

   tramite accordo di collaborazione del 27 settembre 2017 tra regione Sardegna e Agenzia del demanio, il complesso immobiliare è stato concesso in uso alla regione;

   con deliberazione della Giunta regionale n. 30/36 del 20 giugno 2017 è stato avviato programma Orizzonte Fari, finalizzato alla creazione di un nuovo sistema di ricettività, e con determinazione del Direttore generale degli enti locali e finanze dell'assessorato regionale degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 3357 del 14 dicembre 2018, è stata indetta la procedura di affidamento in concessione, tra gli altri, dell'ex stazione di vedetta di Capo Figari - Comune di Golfo Aranci (SS), da un minimo di anni 6 a un massimo di anni 50;

   con decreto n. 65 del 22 maggio 2018 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il complesso è stato dichiarato di interesse culturale storico artistico ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera d), e dell'articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e sottoposto ai vincoli paesaggistici ex articolo 136 e 142 decreto legislativo n. 42 del 2004 citato, imponendo il restauro conservativo delle strutture e la tutela e salvaguardia delle aree esterne, «nelle quali non dovrà essere compromesso il carattere di naturalità dei luoghi con opere di sistemazione di aree verdi, piscine, percorsi o parcheggi»;

   come emerge dal 2° verbale del tavolo tecnico del 29 novembre 2018, per consentire il cambio di destinazione d'uso dell'immobile si è resa necessaria una variante al piano urbanistico comunale, approvato definitivamente con Dcc n. 18 del 29 aprile 2020; sarebbe stata necessaria anche una modifica del piano di gestione della zona Sic e Zps, ma l'iter – pur avviato – non risulta completato;

   la Batteria Serra, inclusa nell'avviso di gara, non viene mai citata in nessuno dei documenti precedenti; il progetto non è ancora disponibile, ma, come si apprende da notizie di stampa, al suo interno sarebbero previste 2 suite, area benessere/spa ed eventi e una piscina «emozionale», mentre nella stazione semaforica è prevista la realizzazione di 6 suite, sala da pranzo e tè, cantina, terrazza, vasche idromassaggio, mediateca digitale;

   le associazioni ambientaliste Gruppo di intervento giuridico e Italia Nostra hanno denunciato l'insostenibilità dell'intervento e quest'ultima ha chiesto all'assessorato regionale competente l'annullamento in autotutela della procedura di gara;

   un comitato spontaneo di cittadini ha lanciato una petizione per dire «no» all'intervento, raggiungendo a oggi 36.720 firme –:

   se siano a conoscenza della vicenda, se ritengano l'intervento compatibile con il contesto di ampio pregio naturalistico e paesaggistico in cui è inserito il bene, e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare perché la straordinaria area di Capo Figari sia preservata, in considerazione di quanto segnalato in premessa.
(4-01459)

  Risposta. — In relazione all'atto in esame, per quanto di competenza di questo Ministero, si rappresenta innanzitutto che nell'ambito territoriale in argomento sono presenti due compendi oggetto di decreto della, commissione regionale per il patrimonio culturale della Sardegna ai sensi degli articoli 10 e successivi del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  Il primo è l'ex stazione di vedetta di Capo Figari, dichiarato di interesse culturale storico-artistico (decreto n. 65 del 22 maggio 2018) per appartenere al sistema di comunicazione delle stazioni semaforiche realizzato in Italia alla fine dell'Ottocento e per le caratteristiche architettoniche legate alla particolarità della funzione, nonché per la ricchezza paesaggistica del contesto in cui si inserisce.
  Il secondo è il compendio militare «ex batteria Luigi Serra» anch'esso dichiarato oggetto di interesse culturale (decreto n. 79 del 16 luglio 2020) in quanto significativo esempio di architettura militare del 900 che mantiene perfettamente riconoscibili le caratteristiche originarie e, anche in questo caso, in quanto inserito in modo strategico in un paesaggio circostante di grande pregio.
  Con successivi decreti della commissione regionale patrimonio culturale della Sardegna n. 77 del 26 giugno 2019 (ex stazione di vedetta di Capo Figari) e n. 115 del 16 ottobre 2020 (ex batteria Luigi Serra) è stata autorizzata la concessione in uso dei beni culturali ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Tra le prescrizioni ivi previste, si stabilisce: l'obbligo di preventiva autorizzazione (articoli 21 e 22 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) per ogni intervento, anche di manutenzione ordinaria, sui beni e sulle pertinenze: il divieto di interventi di demolizione e/o ricostruzione «a l'
identique» e la compatibilità di interventi di restauro conservativo, valorizzazione ed adeguamento con la qualifica di bene culturale tutelato; l'obbligo di salvaguardia delle caratteristiche originarie dei compendi, sia sotto il profilo architettonico che del particolare contesto paesaggistico; l'obbligo per il concessionario del bene, così come previsto dalla norma vigente, di garantire la pubblica fruizione del bene culturale secondo modalità da concordarsi con la soprintendenza competente.
  Tutto ciò premesso, ad oggi non sono pervenuti alla soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, istanze di autorizzazione né sono state avviate forme di interlocuzione preliminare in merito agli interventi di restauro degli immobili oggetto della suddetta interrogazione.

Il Sottosegretario di Stato per la cultura: Vittorio Sgarbi.


   GHIRRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende dell'ennesima morte in carcere di un detenuto: si tratta di Erik Masala, 26 anni, trovato senza vita in una cella del carcere di Bancali, a Sassari;

   sulle cause della morte, catalogata inizialmente come suicidio, i familiari e il legale dell'uomo avrebbero sollevato dubbi, domandando al procuratore incaricato di svolgere accertamenti sulle circostanze della morte;

   ciononostante, il magistrato avrebbe disposto soltanto l'esame esterno sul corpo del detenuto, che dovrebbe essere eseguito nei prossimi giorni: a tal fine sarebbe stato disposto il trasferimento della salma all'istituto di medicina legale dell'ospedale di Sassari, dove verrà eseguita l'ispezione esterna del cadavere;

   questa vicenda richiama, fra le altre, la morte di un altro detenuto, Stefano Del Corso, avvenuta il 12 ottobre 2022 nel carcere di Oristano per cause dubbie a parere dei familiari, e sulla quali parimenti, il magistrato incaricato ha stabilito di non disporre l'autopsia;

   nel solo anno 2022, nelle carceri italiane sono morte 204 persone, di queste ben 85 sarebbero suicidi: è il numero più alto dal 1990, l'anno in cui è iniziata la raccolta dei dati;

   in media, nel 2022 in Italia si è suicidato un detenuto ogni quattro giorni e mezzo;

   se si rapportano questi numeri con i circa 55 mila detenuti della popolazione carceraria, monitorata dal Ministero della giustizia, si scopre che nel 2022 ci sono stati 15,2 suicidi ogni 10 mila detenuti;

   fuori dal carcere, nel 2019 (ultimo anno per cui ci sono statistiche) in Italia i suicidi sono stati 0,71 ogni 10 mila abitanti: in altre parole, i suicidi sono circa 20 volte più diffusi in carcere rispetto alla popolazione generale;

   questi dati fanno il paio con quelli relativi all'assunzione di psicofarmaci in ambito carcerario: il rapporto sulla salute mentale in carcere, stilato nel 2022 dall'associazione Antigone, rivela che circa il 40 per cento dei detenuti fa uso costante di psicofarmaci durante la detenzione; è evidente che i due parametri non possano che leggersi in correlazione: sono infatti indice, a parere dell'interrogante, delle pessime condizioni delle strutture carcerarie in Italia, fra sovraffollamento e strutture fatiscenti, per cui le misure detentive raramente rispettano pienamente le finalità rieducative previste dalla Costituzione in materia di pena, ma spesso si rivelano in concreto afflittive;

   in questo contesto diventa particolarmente importante monitorare le condizioni di vita dentro le carceri e al contempo introdurre strumenti a tutela dei diritti dei detenuti: i dati statistici rispetto ai decessi nelle strutture detentive riportano ogni anno numerosi casi in cui non sia possibile accertare precisamente le cause, nei quali le versioni ufficiali presentano zone d'ombra e incongruenze tali da far nascere il sospetto che possano mascherarsi degli episodi di maltrattamenti a opera di violenza da parte di altri detenuti o addirittura di agenti;

   in tali casi risultano essere determinanti l'esame autoptico e l'autopsia, ma quest'ultimo strumento è attualmente disciplinato dall'articolo 116 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, il quale prevede che il procuratore della Repubblica competente accerti la causa della morte e, solo se lo ravvisa necessario, ordini l'autopsia –:

   se sia a conoscenza delle vicende in narrativa e come intenda intervenire per far fronte all'emergenza carceraria in tema di sovraffollamento e condizioni dei detenuti;

   se non ritenga opportuno, al fine di sgombrare il campo da qualunque possibile dubbio in merito alle cause di morte di un soggetto – quale il detenuto – in custodia dello Stato, adottare iniziative normative al fine di rendere obbligatoria e non discrezionale e facoltativa l'autopsia quando la morte sia avventa all'interno delle strutture detentive di cui all'articolo 59 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
(4-01601)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, partendo dal verificarsi dei decessi per suicidio di due ristretti ospitati rispettivamente presso gli istituti di Sassari e Oristano, e si avanzano quesiti in ordine agli intendimenti volti a far fronte alle condizioni di sovraffollamento dei penitenziari ed alle generali condizioni dei detenuti, nonché in relazione ad eventuale intervento normativo che renda obbligatorio l'esame autoptico in caso di morte occorsa in carcere.
  Orbene, in ordine agli eventi critici citati, quello verificatosi il 12 ottobre 2022 presso il carcere di Oristano riguarda il sig. D.C.S., deceduto a seguito di impiccagione a una delle grate della finestra della camera di pernottamento.
  Doverosamente, al momento del rinvenimento è stata allertato e richiesto l'intervento del personale sanitario e di sorveglianza generale, nonché informata la competente Autorità giudiziaria nella persona del pubblico ministero di turno, il direttore dell'istituto, il magistrato di sorveglianza, il Provveditorato regionale di Cagliari e il magistrato di turno presso il Dipartimento affari penitenziari, ed anche, naturalmente, i familiari e gli avvocati di fiducia.
  Il 13 ottobre 2022, giungeva in istituto la madre della figlia del detenuto, alla quale veniva data la possibilità di dare l'ultimo saluto alla salma del congiunto.
  Il 14 ottobre 2022, si procedeva all'effettuazione della visita necroscopica a cura del personale medico dell'ASL di Oristano, ed in pari data, su disposizione del magistrato di turno, la salma del detenuto veniva consegnata, senza vincoli giudiziari, ai familiari, per il tramite dell'agenzia funebre dagli stessi indicata.
  Per completezza, si riferisce che il sig. D.C.S. era ristretto da poco presso la Casa circondariale di Oristano, ove era giunto il 4 ottobre 2022, trasferito dalla Casa circondariale di Roma Rebibbia nuovo complesso per presenziare a un'udienza presso il Tribunale di Oristano fissata per il giorno 6 ottobre 2022 e durante il periodo di permanenza non aveva dato adito a comportamenti tali da rendere necessaria l'adozione di precauzioni.
  Il secondo evento critico citato, occorso il 18 settembre 2023, presso la casa circondariale di Sassari, riguarda il detenuto M.E., anch'esso deceduto per impiccagione.
  Anche in tal caso risulta l'intervento del personale medico così come tempestivamente venivano informati il sostituto procuratore di turno, la famiglia del detenuto e il funzionario di turno presso il Dipartimento affari penitenziari.
  Sempre su disposizione dell'Autorità giudiziaria competente, la salma del detenuto veniva consegnata alla famiglia mediante la ditta funebre incaricata.
  Per entrambi i casi è stata disposta l'indagine ispettiva in carico al provveditorato regionale di Cagliari, e volta ad accertare le cause, le modalità, le circostanze dell'evento e a verificare se siano state attivate tutte le procedure per cogliere i possibili rischi suicidari.
  Ciò precisato, sul tema, nel tempo, molteplici numerosi sono stati gli interventi del Dipartimento affari penitenziari, volti proprio all'adozione di misure mirate alla prevenzione del rischio.
  Merita rammentare, quanto agli interventi non eccessivamente lontani nel tempo, l'Accordo del 19 gennaio 2012 sulle «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale», che ha delineato un sistema integrato di interventi tra l'amministrazione penitenziaria e il Servizio sanitario nazionale, proprio al fine di migliorare la capacità di individuare precocemente il disagio delle persone detenute.
  La definizione di un piano di contrasto ai suicidi in carcere che è stato effettivamente approvato, in via definitiva, il 27 luglio 2017.
  Con successiva lettera circolare 11 ottobre 2017 sono state divulgate ai Provveditorati regionali e a tutte le direzioni degli istituti penitenziari le indicazioni fornite dall'accordo della Conferenza unificata del 27 luglio 2017.
  A tale fine, nell'accordo vengono previsti, tra l'altro, il modello di lavoro interdisciplinare e la presa in carico congiunta, con le quali le varie figure professionali collaborano sinergicamente, al fine di lenire il disagio della persona, offrendo vicinanza e supporto sociale.
  Successivamente, con circolare 3 maggio 2019, n. 138666, recante: «Interventi urgenti in ordine all'acuirsi di problematiche in tema di sicurezza interna riconducibili al disagio psichico», il Capo del dipartimento, a seguito di aggressioni perpetrate da detenuti ai danni di personale di polizia penitenziaria e non solo, ha inteso ribadire i concetti sopra espressi, evidenziando la necessità di una fattiva collaborazione tra le varie amministrazioni, con il coinvolgimento anche dei garanti delle persone private della libertà personale e delle Autorità giudiziarie, che, attraverso un tavolo paritetico, possano avere un confronto congiunto sulle tematiche derivanti dal disagio dei ristretti e, comunque, migliorare l'agire comune.
  Ancora, con nota 2 luglio 2020 a firma del direttore generale dei detenuti e del trattamento indirizzata alle direzioni e ai provveditorati regionali, viene raccomandato di rendere più ampia l'assistenza psicologica, ponendo attenzione ai segni percepibili di disagio o di alterazione che si manifestino nei ristretti, anche se non ritenuti pericolosi.
  In considerazione dell'aumento dei suicidi nell'anno 2022, rispetto allo stesso periodo dell'anno passato, a seguito di una riflessione condivisa con provveditori e i direttori d'istituto del territorio nazionale, con circolare 8 agosto 2022, n. 3695/6145, viene ribadito a tutti i provveditori e direttori d'istituto la necessità di rafforzare le iniziative.
  In particolare, è stato chiesto ai provveditori regionali di verificare se, nei distretti di competenza, siano stati stipulati i piani regionali di prevenzione. E ciò, ove gli stessi manchino, al fine di sollecitarne la pronta approvazione attraverso l'interlocuzione con le rispettive autorità sanitarie.
  Allo stato, l'obiettivo della sottoscrizione degli accordi è stato raggiunto quasi ovunque e costante è stata l'attività di monitoraggio e impulso operata dalla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento.
  È stata ribadita l'importanza e il ruolo fondamentale all'uopo svolto dallo staff multidisciplinare, evidenziando la necessità che esso agisca non soltanto sulle situazioni rispetto alle quali si è manifestato un evento o una richiesta di aiuto, bensì anche sui cosiddetti «casi silenti», riguardanti le persone che, all'atto dell'accoglienza in istituto e nell'ulteriore prosieguo della detenzione, non abbiano manifestato un disagio particolare.
  Sono stati definiti, altresì, gli ambiti potenzialmente critici verso i quali tutti gli operatori addetti alla gestione della persona detenuta devono essere adeguatamente indirizzati per cogliere eventuali segnali di pericolo (ingresso e accoglienza, colloqui con i familiari, flusso di corrispondenza, fasi
pre e post processuali, comunicazioni di eventi traumatici, comportamenti anomali, tendenza all'isolamento, prossima dismissione, e altro).
  È stata evidenziata l'importanza di instaurare collaborazioni con l'Ordine degli avvocati – al fine di stimolare un canale diretto di comunicazione con l'istituto nel caso emergano situazioni di rischio per le persone detenute, anche sulla base di quanto il difensore abbia appreso dalle famiglie dei detenuti – nonché, a livello locale, con la magistratura e i garanti.
  È stata sottolineata la necessità di attivare un processo di gestione del singolo caso che tenga conto, essenzialmente, dei seguenti aspetti: attivazione della procedura gestionale, alloggiamento, controllo della persona, disponibilità di oggetti pericolosi, interventi sanitari, di supporto sanitario e penitenziario e da parte dei
peer supporters, modalità di chiusura della procedura.
  Inoltre, in un'ottica di oculata gestione complessiva delle situazioni di disagio delle persone detenute, è necessario che particolare attenzione sia riservata al momento delle assegnazioni definitive in istituto e alle richieste di trasferimento, privilegiando le strutture penitenziarie che, per l'adeguata offerta sanitaria e trattamentale, siano in grado di soddisfare meglio le esigenze di presa in carico delle problematiche di disagio personale dei soggetti ristretti.
  Da ultimo, è stata sollecitata l'attivazione di giornate di studio e confronto collettivo sul tema della prevenzione suicidaria, a tutti i livelli dell'organizzazione, onde favorire un coinvolgimento il più possibile esteso e favorendo anche la partecipazione del personale dell'area sanitaria in servizio negli istituti.
  Per completezza, si evidenzia che il
budget relativo al capitolo 1766 pag. 2 «Onorari degli esperti ex articolo 80 o.p» è stato arricchito da un finanziamento pari a 2.700.000 euro, finalizzato a incrementare la presenza e l'operatività degli esperti ex articolo 80 o.p. all'interno degli istituti di pena e, in special modo, a dare attuazione alle vigenti direttive concernenti la prevenzione delle condotte suicidarie delle persone detenute, con particolare riferimento alla summenzionata circolare n. 3695/6145.
  Tali risorse, che si aggiungono a quelle già assegnate per il corrente anno nei mesi scorsi, sono state ripartite tra i provveditorati regionali, con l'invito, rivolto a questi ultimi, di procedere alla successiva ripartizione tra gli istituti del distretto di competenza, impegnando tutti i fondi disponibili, elevando sino al limite delle 64 vacazioni orarie le convenzioni già stipulate per un numero inferiore e stipulando nuove convenzioni con i professionisti iscritti negli elenchi previsti dall'articolo 132 del Regolamento di esecuzione.
  Si rappresenta, altresì, che, atteso l'andamento crescente degli eventi suicidari posti in essere da persone detenute, è stato istituito un Gruppo di lavoro sul rischio suicidario, coordinato dal direttore generale dei detenuti e del trattamento e composto da varie professionalità qualificate del Dipartimento affari penitenziari, affiancate, a seguito di apposito accordo convenzionale, dal capo del dipartimento di psicologia dell'Università
La Sapienza di Roma e da due esperte del consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi.
  L'attività di tale gruppo sarà orientata all'analisi sistemica del fenomeno suicidario, al fine di definire protocolli operativi e attività formative che saranno di supporto agli operatori penitenziari, oltre che all'approfondimento delle dinamiche dei vari eventi anche dal punto di vista psicologico.
  Quanto alla tematica del sovraffollamento, alla data del 5 ottobre 2023, presso i dieci istituti penitenziari della regione Sardegna, risultano n. 2.117 detenuti, di cui n. 41 sono donne, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi n. 2.616 posti (di cui n. 284, allo stato, non disponibili a vario titolo), rilevandosi una percentuale di affollamento pari al 90,78 per cento che non denota affatto una situazione di sovraffollamento.
  Ciò precisato, in linea generale, il Dipartimento affari penitenziari proprio al riguardo, oltre che continuare l'attività di riqualificazione del patrimonio edilizio ad essa concesso in uso governativo, è da anni impegnato in un programma finalizzato all'aumento del numero dei posti regolamentari mediante il recupero di quanto già disponibile e l'edificazione di nuovi corpi di fabbrica in complessi esistenti, ovvero realizzando nuovi padiglioni detentivi in comprensori già sedi penitenziarie.
  In particolare si riferisce degli interventi la cui ultimazione è verosimilmente prevista in un arco temporale non superiore al quinquennio, non considerando, invece, quelli di grande impatto, anche economico, per la cui realizzazione si prevede un orizzonte temporale decisamente superiore: nuovo istituto di Nola (1.200 posti); nuovo istituto di Pordenone in località San Vito al Tagliamento (300 posti), ristrutturazione, con ampliamento, della casa reclusione Brescia Verziano (nuovo padiglione da 400 posti).
  Per quanto attiene alla realizzazione di nuovi padiglioni, si evidenzia che sono in corso di completamento le attività di collaudo tecnico-amministrativo, a cura del competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del nuovo padiglione da n. 92 posti destinato al regime 41-
bis presso la casa circondariale di Cagliari e il padiglione da n. 200 posti della casa di reclusione di Sulmona.
  Sempre a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è prevista, inoltre, la ripresa dei lavori di realizzazione del nuovo padiglione in costruzione presso la casa di reclusione Milano «Opera» per aggiuntivi n. 400 posti.
  Entro il 2024, dovrebbe essere ultimato il nuovo padiglione da n. 400 posti in costruzione presso la casa circondariale nuovo complesso di Roma Rebibbia.
  Inoltre, allorché riappaltati i relativi lavori, entro il 2025 dovrebbero essere ultimati il nuovo padiglione da n. 200 posti dell'istituto di Bologna e il nuovo istituto di Forlì da n. 250 posti.
  È, altresì, in fase di ultimazione la progettazione definitiva del nuovo padiglione da n. 200 posti previsto presso la casa di reclusione Milano «Bollate».
  Ancora, tra gli interventi in corso per l'attivazione di nuovi posti detentivi che consentiranno di poter mitigare l'attuale condizione di sovraffollamento, si evidenzia l'intervento in corso presso l'ex istituto penale per minorenni di Lecce Monteroni — sempre a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – ove è prevista la realizzazione di una sezione a custodia attenuata della casa circondariale di Lecce. Il 1° lotto dei lavori è stato recentemente ultimato ed è attualmente in corso la progettazione dei lavori relativi al 2° lotto.
  Nell'ambito, poi, dei fondi complementari al Pnrr, è stata inoltre prevista la realizzazione di n. 8 nuovi padiglioni da 80 posti (CR Vigevano, CC Rovigo, CC Perugia, CC Viterbo, CC Civitavecchia, CC Santa Maria Capua Vetere, CC Ferrara e la CC Reggio Calabria Arghillà), definiti d'ispirazione fortemente trattamentale, da realizzarsi «intramoenia» (ovvero in aree già nella disponibilità dell'amministrazione), con il duplice obiettivo di ampliare la ricettività del sistema penitenziario nazionale e favorire una permanenza più dignitosa nei luoghi di detenzione.
  Lo schema prototipale adottato per tali padiglioni, prima attuazione del modello cui saranno conformate le future progettazioni, è stato sviluppato sulla base e in funzione delle linee guida elaborate dalla commissione per l'architettura penitenziaria, contenute nel documento «Il carcere della Costituzione».
  La titolarità dei procedimenti relativi alla realizzazione di tali opere è stata assegnata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Il relativo stato d'avanzamento è sostanzialmente in linea con le scadenze intermedie (
milestone) e finali (target) previste dal cronoprogramma.
  La realizzazione di tali n. 8 padiglioni dovrà essere necessariamente ultimata entro l'anno 2026 e produrrà, complessivamente, ulteriori n. 640 posti detentivi.
  Il completamento dell'anzidetto piano di interventi, potrà consentire di contrastare con maggiore adeguatezza ed efficacia la problematica relativa alla condizione di sovraffollamento che affligge il sistema penitenziario, nonché assicurare una maggiore disponibilità di spazi utili per il superamento dell'ulteriore criticità legata alla carenza di superfici e ambienti utili per le attività trattamentali.
  Con riferimento al piano avviato per l'individuazione, il recupero e la rifunzionalizzazione all'uso detentivo di caserme militari dismesse, si evidenzia che delle tre progettualità avviate, l'unica cui si è potuto dare ulteriore seguito e sviluppo è quella relativa alla ex caserma «Barbetti», ripresa in consegna da parte del Dipartimento affari penitenziari per essere riconvertita a istituto da circa n. 400 posti.
  Con riferimento all'eventuale modifica normativa che renda obbligatorio l'esame autoptico in tutti i casi di decesso occorso in carcere, va osservato che l'attuale disciplina assegna il potere discrezionale all'autorità giudiziaria in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto.
  È infatti previsto che l'esame autoptico sia disposto in caso di sospetto di reato articolo 116 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, con ciò richiedendosi non solo una preliminare valutazione degli elementi fattuali già emersi, ma altresì, all'esito dell'ispezione cadaverica esterno cui provvede un medico legale.
  Solo l'assenza di elementi di sospetto, tale in seguito alle attività di cui sopra, porta l'autorità giudiziaria procedente a non disporre l'esame autoptico.
  Non emerge, pertanto, l'esigenza di intervento normativo sul punto.
  Nei casi indicati, peraltro, le relazioni informative stilate, rispettivamente dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Oristano e di Sassari ben chiariscono la dinamica degli eventi posti al loro vaglio, sì che non si evidenzia alcun anomalo utilizzo della facoltà di disporre o no l'esame autoptico.
  Emerge infatti come nel contesto di tutti gli elementi analizzati dagli inquirenti, e considerando le peculiari modalità e condizioni di tempo e luogo in cui avvenuti i decessi dei due detenuti, nessun elemento abbia consentito anche di ipotizzare un fatto di omicidio, anziché un evento suicidario; ciò giustifica la scelta di non eseguire approfondimenti istruttori che si palesavano, secondo apprezzamento ex ante in concreto, del tutto infruttuosi, quindi superflui.
  In particolare, quanto al decesso occorso nel carcere di Oristano, si legge: (. ..) In relazione al decesso di D.C.S. (...) con particolare riferimento alla scelta di non procedere all'esame autoptico della salma, si riassumono tutti gli elementi emersi dall'attività investigativa svolta, già richiamati nella relativa richiesta di archiviazione accolta dal Giudice per le indagini preliminari in sede in data 03/07/2023.
  D.C.S., al momento del suo decesso, si trovava in transito presso la Casa di Reclusione di Oristano-Massama con partenza programmata per il 13.10.2022, a seguito del trasferimento dal Carcere di Rebibbia, per presenziare ad un'udienza. Lo stesso veniva trovato morto impiccato nella sua cella il 12.10.2022 intorno alle 14,50.
  In particolare, come risulta dall'annotazione fornita dalla polizia penitenziaria (annotazione questa totalmente confermata dalla successiva attività investigativa svolta dalla Squadra Mobile della Questura di Oristano), il D.C. è stato rinvenuto morto alle 14.50 circa dall'Ass. Capo G.A., che svolgeva servizio presso la sezione detentiva in cui si trovava la vittima. L'Assistente, affacciatosi dentro la cella ove lo stesso si trovava recluso da solo, aveva scorto il corpo penzolare appeso, con un cappio al collo, alle sbarre della finestra. (...) .Veniva quindi sigillata la cella, realizzati i rilievi fotografici all'interno della stessa, fatto l'inventario degli oggetti ivi contenuti e disposto il sequestro del cappio (la parte slacciata dal collo del detenuto durante le operazioni di soccorso e quella ancora legata alle sbarre della finestra), del lenzuolo presente sul letto del detenuto e di una lama artigianale ottenuta da un rasoio BIC, presumibilmente utilizzata per tagliare il lenzuolo.
  Come relazionato con annotazione di p.g. dall'Isp. P.A. che aveva proceduto al sopralluogo (e come confermato dalla visione delle foto trasmesse a corredo della cnr), il letto della cella ove era detenuto D.C., al momento del ritrovamento del cadavere, era rifatto.
  Solo una volta che si era proceduto a disfarlo, si era potuto riscontrare come dal lenzuolo ivi presente mancasse una striscia di tessuto. Dalla visione delle foto emerge che nel lembo asportato e usato come cappio era impresso un disegno che coincide con quello presente nel lenzuolo posto sul letto, circostanza che porta a ritenere univocamente che lo strumento utilizzato per l'impiccagione sia stato reperito all'interno della stessa cella in cui l'uomo si trovava. L'agente ha altresì evidenziato come nella cella sia stato rinvenuto un taglierino artigianale (anch'esso opportunamente fotografato), presumibilmente adoperato per tagliare il lenzuolo, e che questo sia stato ricavato delle lamette usa e getta tipo «bic», per prassi lasciate a disposizione dei detenuti (asportando la relativa lama per poi fissarla – sciogliendo la plastica posta intorno – sul manico). Alle 17.48 un altro medico in servizio nella casa circondariale, il dott. F.T., aveva esaminato il cadavere evidenziando l'assenza sul corpo di segni di maleficio, di ecchimosi, ferite o contusioni, rilevando unicamente la presenza di una lesione in corrispondenza del collo – visibile anche dalle fotografie – compatibile con il decesso per impiccamento. Sentito a sommarie informazioni aveva escluso categoricamente la presenza di elementi che potessero far sorgere dubbi sulle cause del decesso e, in particolare, su una causa diversa dal suicidio. Il 14 ottobre il medico legale Beatrice Bene aveva effettuato la visita necroscopica sul cadavere, disposto il sigillo sulla bara e dato il nulla osta al trasferimento.
  Come già affermato. D.C. era stato di recente tradotto al carcere di Massama (il 4.10.2022) affinché prendesse parte all'udienza del 6 ottobre.
  Per tutto il tempo della sua permanenza nell'istituto penitenziario, era stato collocato nelle camere dell'isolamento precauzionale ed era, pertanto, sempre stato in cella da solo, nonostante si fossero avvicendati vari detenuti nelle celle limitrofe e, salvo la visita della ex compagna e della figlia e il colloquio telefonico con le stesse avvenuto il 1° ottobre, aveva avuto contatti diretti unicamente con i sanitari in servizio e con gli agenti di Polizia penitenziaria.
  Si era, pertanto, proceduto a sentire a sommarie informazioni tutti i soggetti che avevano avuto contatti con lui negli ultimi giorni di vita.
  Si evidenzia come tutti i soggetti interpellati, che ricoprivano ruoli e
status differenti (guardie penitenziarie, sanitari e, financo, detenuti) hanno fornito una versione dei fatti perfettamente coerente e concorde fra loro, versione questa a sua volta coincidente con quanto emerso dall'analisi della documentazione acquisita, a partire dalle annotazioni di p.g e dalla certificazione medica.(...)
  Pertanto, alla luce di un'attenta ricostruzione di quanto accaduto è stato possibile escludere, fin dall'immediatezza dei fatti, che il decesso del detenuto potesse essere opera di terzi e per tale ragione non si è ritenuto opportuno procedere allo svolgimento di un esame autoptico, dovuto
ex articolo 116 disp. att., unicamente qualora sorga «un sospetto di reato», cosa che, appunto, nella specie mai si era palesata.
  Infatti, una valutazione globale degli elementi acquisiti – dunque non limitata alle sole risultanze mediche ma che tenga conto del complesso dei numerosi e convergenti elementi acquisiti – non lasciava spazio a plausibili ricostruzioni alternative della vicenda.
  Infatti, a fronte di questo univoco compendio, non appariva seriamente prospettabile un'ipotesi ricostruttiva alternativa, ipotesi questa che implicherebbe necessariamente un concorso dei sanitari intervenuti nell'immediatezza dei fatti e successivamente per redigere le certificazioni (per «coprire» le inevitabili tracce del reato), degli agenti di polizia penitenziaria intervenuti (
in primis G. che aveva le chiavi della cella e mai aveva avuto precedenti contatti con il deceduto) e persino del detenuto Cabula nell'azione delittuosa o, quantomeno, nella copertura della stessa.
  Contro l'ipotizzabilità di questa ricostruzione alternativa – che vede un'aggressione in danno di D.C. e una successiva simulazione dell'impiccamento volontario – oltre la sua inverosimiglianza (perché, come già evidenziato, dovrebbe vedere coinvolti un numero nutrito di soggetti facenti parte di gruppi eterogenei che mai prima della settimana precedente avevano avuto a che fare con il detenuto) ostano, altresì, tutte le circostanze emerse: S.d.C. era solo in transito nella casa circondariale di Massama e dunque era sostanzialmente sconosciuto a tutti i soggetti presenti il giorno. Appare, pertanto, assai remota l'ipotesi che taluno possa aver sviluppato in un così ristretto arco temporale un astio così forte nei suoi confronti da fargli architettare un omicidio, oltretutto, con la complicità di tutti i soggetti presenti l'esame esterno del cadavere aveva escluso la presenza di segni compatibili con tali accadimenti (esclusi anche segni di punture e/o contenimento per consentire magari l'inoculazione di sostanza narcotizzante); il detenuto in quel momento si trovava solo dentro una cella perfettamente chiusa a chiave, chiave che si trovava nella esclusiva disponibilità della polizia penitenziaria (in quel momento specifico dell'Ass. G. in servizio al piano). Appare del tutto inverosimile, pertanto, anche l'ipotesi che un soggetto esterno si sia introdotto furtivamente in infermeria e poi all'interno della cella per realizzare il proposito omicidiario, inscenando poi il suicidio del detenuto (ciò sia in ragione del rigido sistema di controllo, sia perché il suo ingresso nella cella avrebbe provocato rumori che quantomeno C. avrebbe dovuto percepire, come infatti aveva sentito un rumore sicuramente più lieve come quello della chiusura del blindo); inoltre, durante il successivo sopralluogo presso la cella, veniva accertato che dal lenzuolo del suo letto mancavano pezzi di tessuto, nonché, la presenza nei pressi del letto di una lama artigianale tipo rasoio, circostanza che depone inequivocabilmente per il fatto che la corda rudimentale utilizzata per l'impiccagione fosse stata ricavata proprio ritagliando – e successivamente annodando — la biancheria da letto, dotazione già presente nella cella e quindi a esclusiva disposizione del D.C. Tale dato è certamente incompatibile con un intervento di uno o più soggetti che avrebbero dovuto, in un arco temporale brevissimo coincidente con la brevissima assenza del G., recarsi dentro la cella, stordire o uccidere D.C. senza lasciargli alcuna traccia, e poi operare indisturbati tagliando il lenzuolo, annodandolo per realizzare il cappio, per ricavarsi un legaccio rudimentale.
  Conseguentemente, a fronte dell'univoco quadro emerso, alcuna circostanza emersa è parsa in grado di insinuare un serio dubbio sulla natura dell'evento, così da rendere opportuno un accertamento autoptico sulla salma.
  Infine, non sono stati neppure riscontrati profili di colpa a carico dei soggetti che avevano la custodia del detenuto (circostanza che, anche se sussistente, non avrebbe comunque certo comportato la necessità di accertamenti medico legali sulla salma).
  Infatti, le indagini non hanno ravvisato alcuna responsabilità in capo ai sanitari che avevano qualificato Stefano come soggetto non a rischio, peraltro in conformità con il trattamento avviato nel carcere di Rebibbia, che infatti all'atto del trasferimento non aveva indicato particolari cautele per la custodia del detenuto.
  Né possono essere ravvisati profili di colpa, per omessa vigilanza, in capo all'agente G., posto che, in assenza di specifiche prescrizioni inerenti alla custodia, l'attività di monitoraggio dei detenuti svolta dalle guardie penitenziarie non può ovviamente concretarsi in una sorveglianza continua e visiva di ognuno di essi.
  Conseguentemente veniva chiesta da questo Ufficio l'archiviazione del procedimento, richiesta accolta dal G.I.P. con decreto in data 3.7.2023.
  Per dovere di precisione si comunica che poche settimane dopo Marina dal Corso, sorella di Stefano, depositava istanza di riapertura delle indagini, in cui venivano prospettati ulteriori elementi non comunicati in precedenza dalla nominata all'A.G. benché alla stessa già noti e non prospettati né in fase di opposizione alla richiesta di archiviazione, né nella successiva relativa udienza disposta dal GIP. Al fine di vagliare l'attendibilità degli stessi, in ogni caso, si decideva di riaprire le indagini che sono attualmente ancora in corso.
  In relazione al decesso del sig. E.M., emerge che: «(...) A seguito del decesso del detenuto E.M. (...) e segnalato tempestivamente al Pubblico Ministero di turno, il fascicolo è stato iscritto a mod. 45 (n.—/23/45) perché dalle prime informazioni si era prospettata una dinamica suicidaria.
  In ogni caso, sono stati effettuati accertamenti sul locale e sulle videocamere di sorveglianza da cui non sono emersi elementi che facciano ritenere un diverso accadimento. Il Pubblico Ministero ha disposto nella mattinata del 18.9 il trasferimento della salma alla SC Medicina legale, conferendo in data 20.9.2023 apposito incarico
ex articolo 116 disp. att. c.p.p. al C.T. dott.ssa (...) perché procedesse ad ispezione esterna e, se ritenuto indispensabile, ad esame autoptico per accertare la causa della morte e i mezzi che l'avevano prodotta.
  Il C.T. ha ritenuto il giorno 21.9.2023 di effettuare un più completo esame autoptico. Non ha ancora depositato la relazione scritta, ma ha anticipato al Pubblico Ministero che la causa della morte è da attribuire ad “asfissia meccanica da impiccamento ”. Ha comunque riferito informalmente al Pubblico Ministero che non vi sono sul corpo segni che possano far sorgere il sospetto di una diversa dinamica. Il Pubblico Ministero ha già dato il nulla osta per il seppellimento. Una volta depositata la relazione, salvo che in maniera del tutto imprevedibile dovessero emergere altri elementi, procederà all'archiviazione. Quanto sopra, trattandosi tra l'altro di attività effettuata in un fascicolo iscritto a mod. 45, non è da considerare come coperta dal segreto investigativo e, comunque, può essere comunicata senza alcun vincolo in sede di interrogazione parlamentare».

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 30 agosto 2023 il quotidiano «La Nuova di Venezia Mestre» ha pubblicato una lettera scritta da Franca Berto, moglie del detenuto ed ex guardia giurata Massimo Zen, condannato dalla Corte di cassazione alla pena definitiva di nove anni e sei mesi per l'omicidio di Manuel Major, entrato in carcere a Padova il 16 giugno 2023 e successivamente trasferito per motivi di sicurezza (presenza tra i detenuti di molti parenti della vittima) nella casa circondariale di Verona Montorio;

   nella lettera la signora Berto lancia un allarme sulle condizioni di vita dei detenuti della casa circondariale di Verona raccontandone le condizioni di sovraffollamento (514 detenuti contro la capienza prevista di 335), di condizioni igieniche inaccettabili nelle celle e nelle docce e anche nei bagni della sala d'attesa parenti, sull'assenza o inadeguatezza dei percorsi riabilitativi purtroppo garantiti a pochi soggetti e, ancora, di frequenti tentati suicidi di cui non si ha notizia sulle pagine dei giornali;

   sullo stesso quotidiano il 31 agosto, in un articolo a firma di Enrico Ferro, vengono riportati dati allarmanti da tutti i punti di vista per tutta la regione a partire dai numeri del sovraffollamento a Treviso con 213 presenti invece che 138, Padova con 622 invece di 438, dati che con Verona collocano il Veneto al terzo posto in Italia per questo problema;

   nel medesimo articolo a lanciare l'allarme sono don Carlo Vinco, garante per i diritti dei detenuti a Verona, e il garante regionale Mario Caramel che sottolineano gli effetti negativi del sovraffollamento su vari ambiti: il rapporto tra detenuti e educatori con una media di 70 reclusi per educatore, il numero insufficiente di agenti, ispettori, comandanti e anche figure contabili segnalato anche dalle denunce dei sindacati di polizia;

   ulteriori problemi sono causati dall'assenza dei direttori per la quale il garante regionale già dal 28 gennaio 2022 si è speso scrivendo una nota al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per sottolineare l'urgenza di dare stabilità agli istituti veneti, visto che ci sono molte sedi vacanti coperte da «reggenti» la cui condizione influisce in maniera negativa nell'organizzazione e sul funzionamento generale;

   altro problema è rappresentato dai detenuti con problemi psichiatrici che restano con gli altri detenuti, poiché in Veneto c'è solo la R.e.m.s. di Nogara con 40 posti che risulta totalmente insufficiente a coprire il fabbisogno attuale;

   infine si segnalano problemi strutturali in tutti gli istituti con casi eclatanti come quello del carcere di Vicenza costruito su un terreno paludoso e in cui spesso l'acqua sale dalle fondamenta, o il carcere minorile di Treviso, che secondo quanto sostenuto dalla Cgil, è stato riaperto dopo una rivolta pur non essendo a norma in quanto dotato di una sola scala antincendio di ristrette dimensioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della drammatica situazione in cui versano la casa circondariale di Verona Montorio e gli altri istituti penitenziari della regione Veneto con tutti i problemi sopra indicati, e quali iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di risolvere le numerose criticità anche organizzative, evitando possibili episodi di violenza, tentativi di suicidio o qualsiasi situazione che possa compromettere ulteriormente la sicurezza di tutta popolazione penitenziaria.
(4-01527)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si avanzano specifici quesiti inerenti le criticità organiche e strutturali degli istituti di pena ubicati in Veneto, sottolineando altresì le conseguenziali ricadute anche in tema di assenza di adeguati percorsi rieducativi, di prevenzione da gesti anticonservativi, e di sicurezza della popolazione penitenziaria.
  Orbene, come ribadito in altre occasioni, in tema di organici, va evidenziato che il Ministero, a mezzo dei preposti D.A.P. e D.G.M.C., pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità indicate e derivanti, altresì, da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Come è noto, la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista altresì da successivi interventi normativi ha rimodulato al ribasso la dotazione complessiva del corpo della polizia penitenziaria, e su cui andrà, evidentemente, reimpostata una politica di implementazione.
  Sul punto, giova evidenziare l'incremento della dotazione organica di 1.000 unità del ruolo agenti/assistenti di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025).
  Ancora, va rammentato che nell'arco del quinquennio 2021-2025, è autorizzata, oltre al
turn over, anche l'assunzione straordinaria di complessive 2.804 unità.
  Allo stato, peraltro, il personale previsto è attualmente quello stabilito dal precedente decreto ministeriale 2 ottobre 2017, tuttavia, si rappresenta che con decreto ministeriale 12 luglio 2023, sono state stabilite le nuove dotazioni organiche e che l'organico di polizia penitenziaria previsto per il provveditorato regionale del Triveneto è pari a n. 2.659 unità, con un incremento della dotazione organica di n. 44 unità, che verranno poi ripartite per tutti gli istituti penitenziari del distretto.
  Ciò premesso, quanto alla precipua situazione degli istituti penitenziari di Vicenza, Treviso, Belluno, Padova, Venezia, Rovigo e Verona, si riferisce come segue.
  Presso il carcere di Vicenza, a fronte di un organico previsto in 187 unità, ne risultano presenti n. 190, quindi con esubero di 3, tenuto conto di 4 unità distaccate in entrata e n. 7 in uscita.
  Le carenze maggiori si rilevano nel ruolo dei funzionari (-1), degli ispettori (-12) e dei sovrintendenti (-34); di contro, il ruolo degli agenti/assistenti rileva un esubero di n. 53 unità.
  Presso il carcere di Treviso, a fronte di un organico previsto in 165 unità, ne risultano presenti n. 141, tenuto conto di 7 unità distaccate in entrata e n. 14 in uscita.
  La carenza è quindi pari a 24 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-9) e dei sovrintendenti (-24); di contro, il ruolo degli agenti/assistenti rileva un esubero di n. 18 unità.
  Presso il carcere di Belluno, a fronte di un organico previsto in 95 unità, ne risultano presenti 78.
  La carenza è quindi pari a 17 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-6), dei sovrintendenti (-7) e degli agenti/assistenti (-2).
  Presso la Casa di reclusione di Padova, a fronte di un organico previsto in 389 unità, ne risultano presenti 313, tenuto conto di 16 unità distaccate in entrata e n. 17 in uscita.
  La carenza è quindi pari a 76 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-1), degli ispettori (-21) e dei sovrintendenti (-70); il ruolo degli agenti/assistenti, di contro, risulta in esubero di complessive n. 17 unità.
  Quanto alla casa circondariale di Padova, a fronte di un organico previsto in 139 unità, ne risultano presenti 130, tenuto conto di 5 unità distaccate in entrata e n. 22 in uscita.
  La carenza è quindi pari a 9 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-1), degli ispettori (-7) e dei sovrintendenti (-9); il ruolo degli agenti/assistenti, di contro, risulta in esubero di complessive n. 25 unità.
  La casa di reclusione femminile di Venezia Giudecca, a fronte di un organico previsto in 135 unità, ne vede presenti 124, tenuto conto di 2 unità distaccate in entrata e n. 16 in uscita.
  La carenza è quindi pari ad 11 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-13) e dei sovrintendenti (-10); il ruolo degli agenti/assistenti, di contro, risulta in esubero di complessive n. 28 unità.
  La casa circondariale di Venezia Santa Maria Maggiore, a fronte di un organico previsto in 174 unità, ne vede presenti 161, tenuto conto di 10 unità distaccate in entrata e n. 13 in uscita.
  La carenza è quindi pari a 13 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-1), degli ispettori (-7) e dei sovrintendenti (-35); il ruolo degli agenti/assistenti, di contro, risulta in esubero di complessive n. 32 unità.
  Il carcere di Rovigo, a fronte di un organico previsto in 123 unità, ne vede presenti 121, tenuto conto di 5 unità distaccate in entrata e n. 3 in uscita.
  La carenza è quindi pari a 2 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-4) e dei sovrintendenti (-11); il ruolo degli agenti/assistenti, di contro, risulta in esubero di complessive n. 13 unità.
  La casa circondariale di Verona, a fronte di un organico previsto in 380 unità, ne vede presenti 315, tenuto conto di 2 unità distaccate in entrata e n. 35 in uscita.
  La carenza è quindi pari a 65 unità e si rileva nel ruolo dei funzionari (-2), degli ispettori (-20) e dei sovrintendenti (-54); il ruolo degli agenti/assistenti, di contro, risulta in esubero di complessive n. 44 unità.
  Al fine di mitigare le criticità evidenziate, sono state attivate plurime procedure concorsuali.
  In particolare, quanto al ruolo dei funzionari, è in essere il concorso pubblico a 120 posti di allievo commissario, elevato successivamente a 132 posti, al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Si rappresenta, inoltre, che con provvedimenti del 21 e 22 settembre 2023, è stata conferita, a dirigenti aggiunto, la titolarità del comando del reparto della casa circondariale femminile di Venezia Giudecca e della casa circondariale di Tolmezzo.
  Quanto al ruolo degli ispettori, è in essere il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti e l'organico degli istituti penitenziari del Veneto ha registrato un incremento nel ruolo, come di seguito riportato: 10 unità alla casa circondariale di Vicenza; 2 alla casa circondariale di Treviso; 1 alla casa circondariale di Belluno; 5 alla casa di reclusione di Padova; 2 alla casa circondariale di Padova; 3 alla casa di reclusione di Venezia Giudecca; 4 alla casa circondariale di Venezia S.M.M.; 2 alla casa circondariale di Rovigo e 14 alla casa circondariale di Verona.
  Inoltre, è in corso ulteriore procedura per n. 411 posti.
  Relativamente al ruolo dei sovrintendenti, è in essere concorso a complessivi n. 583 posti, al cui esito verranno assegnate 4 unità alla casa circondariale di Vicenza, 4 a quella di Treviso, 2 a quella di Belluno; 11 alla casa di reclusione di Padova, 3 alla casa circondariale di Padova, 5 alla casa di reclusione di Venezia Giudecca, 3 alla casa circondariale di Venezia S.M.M. ed 8 alla casa circondariale di Verona.
  Per quanto riguarda il ruolo agenti/assistenti, si rappresenta che l'organico degli II.PP. in questione, nel mese di luglio 2023, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 181° corso, è stato incrementato di 8 unità quanto alla casa circondariale di Vicenza, 20 quanto a Treviso, 2 quanto a Padova, 5 quanto a Venezia S.M.M., 9 quanto a Rovigo, 5 quanto a Verona e 5 quanto alla casa di reclusione di Padova.
  Con riferimento alla dirigenza va premesso che, entro l'anno, si provvederà all'assegnazione degli incarichi dei nuovi dirigenti penitenziari attualmente impegnati nel corso di formazione.
  Ciò precisato, quanto alla casa di reclusione di Padova, questo è sede di due posti di funzione dirigenziale ed attualmente risulta vacante il posto di vicedirettore.
  Per quanto riguarda l'area dei funzionari – profilo della professionalità giuridico-pedagogica, a fronte di una previsione organica di n. 11 unità, ne risultano presenti n. 8; in relazione, invece, al profilo dei funzionari contabili, la pianta organica risulta essere soddisfatta con n. 5 unità presenti.
  Quanto alla casa circondariale di Padova, l'istituto è sede di un posto di funzione dirigenziale, allo stato vacante ma con reggenza affidata dal 7 aprile 2023 e fino a nuove disposizioni.
  Per quanto riguarda l'area dei funzionari – profilo della professionalità giuridico-pedagogica, a fronte di una previsione in pianta organica di n. 3 unità, ne risultano presenti n. 2; con riferimento, invece, al profilo dei funzionari contabili, la pianta organica risulta essere soddisfatta con la presenza di n. 3 unità.
  L'area funzionale degli assistenti, profilo professionale contabile, risulta essere soddisfatta.
  Il carcere di Treviso vede una reggenza.
  Per quanto riguarda l'area dei funzionari – profilo della professionalità giuridico-pedagogica, a fronte di una previsione in pianta organica di n. 3 unità, ne risultano presenti n. 2; in relazione, invece, al profilo dei funzionari contabili, a fronte delle n. 3 unità previste, ne risultano presenti n. 2.
  L'area funzionale degli assistenti, profilo professionale contabile, risulta essere soddisfatta.
  La casa circondariale di Venezia, sede di un posto di funzione dirigenziale, è allo stato vacante ma è retta, dall'8 maggio 2023, dalla dottoressa Mariagrazia F. Bregoli, proveniente dalla C.R.F. Venezia Giudecca, in alternanza con la dottoressa Immacolata Mannarella.
  Il posto di funzione, messo a interpello con bando 15 giugno 2022 prima e 21 giugno 2023 poi, non è stato assegnato poiché non ci sono state adesioni.
  Per quanto riguarda l'area dei funzionari profilo della professionalità giuridico-pedagogica, la pianta organica risulta essere soddisfatta; con riferimento, invece, al profilo dei funzionari contabili, a fronte di una previsione di n. 3 unità, ne risulta presente una.
  L'area funzionale degli assistenti, profilo professionale contabile, risulta essere soddisfatta.
  Casa reclusione femminile Venezia Giudecca, è sede di un posto di funzione dirigenziale; la direzione è stata affidata alla dottoressa Mariagrazia F. Bregoli con P.D.G. 22 febbraio 2023, per la durata di anni 3 a decorrere dal 10 marzo 2023.
  Per quanto riguarda l'area dei funzionari – profilo della professionalità giuridico-pedagogica, a fronte di una previsione organica di n. 5 unità, i presenti effettivi sono n. 4; in relazione al profilo dei funzionari contabili, a fronte delle n. 3 unità previste, ne è presente una.
  L'area funzionale degli assistenti, profilo professionale contabile, risulta essere scoperta.
  Quanto al carcere di Verona, l'istituto è sede di n. 2 posti di funzione dirigenziale; il posto da direttore è stato assegnato il 17 febbraio 2023, per la durata di anni 3 a decorrere dal 27 febbraio 2023; il posto di funzione di vicedirettore risulta, invece, vacante.
  Per quanto riguarda l'area dei funzionari – profilo della professionalità giuridico-pedagogica, a fronte di una previsione organica di n. 5 unità, ne risultano presenti n. 4; per quanto concerne il profilo dei funzionari contabili, a fronte di una previsione di n. 4 unità, ne risultano presenti n. 3.
  L'area funzionale degli assistenti, profilo professionale contabile, risulta essere più che soddisfatta, con n. 2 unità presenti a fronte dell'unica prevista.
  Passando alle indicate criticità strutturali che pure impattano sull'attività trattamentale, si riferisce delle iniziative intraprese per il miglioramento delle condizioni di manutenzione delle strutture detentive che insistono nell'ambito del territorio regionale veneto, nonché riguardo alle azioni e ai progetti avviati per implementare nuovi spazi trattamentali destinati ad attività formative, scolastiche, lavorative, sanitarie, di socialità, sportive, culturali o ricreative.
  Si segnalano di seguito gli interventi inclusi nel piano di edilizia penitenziaria di questo dipartimento relativo all'annualità 2023:

Istituto

Oggetto
intervento

Stato del
procedimento

Importo
stimato

Esigibilità presunta

2022

Annualità
successive

  C.C. VICENZA

  Realizzazione impianti di sicurezza, illuminazione e sala regia, con risanamento conservativo del muro di cinta e delle garitte

Progettazione
da affidare

  € 2.400.000,00

  € 480.000,00

  € 1.920.000,00

  C.C. VICENZA

  Ristrutturazione della caserma agenti

Progettazione
in corso

  € 1.300.000,00

  € 260.000,00

  € 1.040.000,00

  C.C. VICENZA

  Ristrutturazione fabbricato detentivo AS

Progettazione
in corso

  € 1.500.000,00

  € 300.000,00

  € 1.200.000,00

  C.C. VERONA

  Rifacimento coperture edifici Istituto

Progetto
in corso (PRAP)

  € 2.720.000,00

  € 544.000,00

  € 2.176.000,00

  Per quanto attiene, invece, al sovraffollamento, si evidenzia che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al fine di fronteggiarne l'urgenza, oltre a continuare l'attività di riqualificazione del patrimonio edilizio ad essa concesso in uso governativo, è costantemente impegnato in un piano d'intervento teso ad aumentare il numero dei posti regolamentari, sia mediante il recupero di quanto già disponibile, sia attraverso l'edificazione di nuovi corpi di fabbrica in complessi esistenti, ovvero ancora attraverso la realizzazione di nuovi padiglioni detentivi in comprensori già sedi penitenziarie.
  In particolare, presso la casa circondariale Rovigo, nell'ambito del piano d'intervento di cui al piano nazionale complementare (Pnc) al PNRR, è prevista la realizzazione, entro il 2026, di n. 1 nuovo padiglione da n. 80 posti, definito «ad alta vocazione trattamentale».
  È poi in corso di realizzazione il nuovo istituto penitenziario di Pordenone, in località San Vito al Tagliamento (300 posti), attraverso il recupero e la rifunzionalizzazione della caserma «Fratelli Dall'Armi» (di cui si è recentemente sbloccato l'
iter che porterà alla ripresa dei lavori); quanto al nuovo istituto penitenziario di Bolzano sono in essere le necessarie valutazioni.
  Quanto ai percorsi riabilitativi in favore della popolazione detenuta nel carcere di Verona si evidenzia che sono ivi presenti diverse attività.
  In particolare, sarà attivato il programma «Gol 4» (garanzia occupabilità lavoratori) che prevede corsi professionalizzanti e tirocini di formazione retribuiti di 240 ore; sono presenti corsi di scuola superiore a indirizzo alberghiero e odontotecnico, un laboratorio di sartoria, una falegnameria, un forno, un canile e una scuderia per cavalli curati dalle associazioni di volontariato; sono in corso, inoltre, contatti con varie cooperative sociali al fine di creare nuovi sbocchi per il lavoro intramurario.
  Con riferimento, invece, al tasso di affollamento detentivo degli istituti di pena del distretto del Triveneto, si evidenzia che, alla data del 15 settembre 2023 (data dell'ultima rilevazione comunicata), nei 16 istituti penitenziari del Triveneto erano presenti un totale di n. 3.653 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di n. 2.931 posti – di cui n. 66 non disponibili a vario titolo – e un rapporto presenti/posti regolamentari disponibili pari al 127,50 per cento.
  Più nello specifico, presso la casa circondariale di Verona, alla data del 14 settembre 2023, erano presenti un totale di n. 550 detenuti, di cui n. 53 donne, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi n. 335 posti, rilevandosi un indice percentuale medio di affollamento pari al 168,20 per cento.
  Dall'inizio dell'anno al 14 settembre 2023, il locale provveditorato regionale ha adottato diversi provvedimenti deflattivi che hanno interessato gli istituti di Pordenone, Trieste, Gorizia, Bolzano e Udine. Relativamente alla casa circondariale di Verona, il competente ufficio della direzione generale dei detenuti e del trattamento è intervenuto con provvedimento di sfollamento 1° marzo 2023.
  In ordine alle criticità derivanti dalla gestione di detenuti con problemi psichiatrici, va ribadito che, in linea generale, la titolarità della tutela della salute in carcere è di pertinenza regionale, a mezzo dei preposti assessorati, secondo le linee guida di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, ponendo come obiettivo prioritario la riabilitazione nel campo della salute mentale, attraverso la presenza in ogni istituto penitenziario dei dipartimenti di salute mentale.
  Naturalmente, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, negli anni, ha intrapreso diverse iniziative finalizzate a realizzare azioni integrate con le regioni e le aziende sanitarie locali per la predisposizione di percorsi graduali di intervento sull'argomento.
  Allo stato, in tutti gli istituti penitenziari è assicurata la presenza di uno psichiatra o di un servizio psichiatrico diversamente articolato in relazione alla tipologia dell'istituto e ai bisogni di salute della popolazione detenuta ivi presente.
  L'obiettivo perseguito è quello di individuare, possibilmente fin dall'ingresso, le persone con disagio, con patologia psichiatrica o con rischio suicidario, per attivare immediate azioni di sostegno e concordare con l'azienda sanitaria locale gli interventi sanitari, sociali, psicologici, educativi, culturali e informativi di cui il detenuto può usufruire nell'ambito penitenziario, in continuità con il territorio o anche all'esterno, per il reinserimento nei contesti sociali di appartenenza.
  Presso la casa circondariale di Verona, oltre all'assistenza medica h 24, sono attivi, fra l'altro, i seguenti presidi: dermatologo, infettivologo, ginecologo, oculista, odontoiatra, psicologo, psichiatra, anche con presenza tri-settimanale.
  Inoltre, in ragione del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.), è stato previsto che le regioni e le AA.SS.LL., d'intesa con l'amministrazione penitenziaria, provvedano ad attivare specifiche sezioni destinate a imputati e condannati con infermità psichica, in precedenza assegnati in O.P.G.
  A.T.S.M. che, sotto il profilo sanitario, sono appunto gestite dal servizio sanitario regionale e sono destinate all'accoglienza delle persone ristrette in carcere affette da patologie di natura psichiatrica accertata o da verificare, a cui vengono offerte cure e assistenza per alleviare lo stato patologico.
  Nelle articolazioni sono assegnati i detenuti condannati a pena diminuita ai sensi dell'articolo 111 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e i detenuti sottoposti all'accertamento dell'infermità psichica ai sensi dell'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Inoltre, il medico dell'istituto può chiedere la temporanea permanenza in tali spazi, per cure, anche dei detenuti privi del provvedimento della A.G., qualora ritenga l'allocazione nella sezione ordinaria non opportuna, per le patologie di natura psichiatrica che le persone manifestano.
  L'amministrazione penitenziaria promuove la realizzazione di dette strutture all'interno degli istituti, la cui individuazione avviene in collaborazione con le regioni e le aziende sanitarie locali, che dispongono il relativo presidio sanitario.
  Nel provveditorato regionale per il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, sezioni A.T.S.M. sono attive presso la casa circondariale di Verona e presso la casa circondariale di Belluno.
  Per quanto concerne le R.e.m.s. (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza) presenti nel Triveneto, oltre a quella di Nogara, si menzionano la R.e.m.s. di Aurisina (TS), di Maniago (PN), di Pergine (TN) e quella di Udine.
  Stante la gestione esclusivamente sanitaria di dette strutture, non rientra tra le competenze amministrative e finanziarie del Ministero della giustizia la realizzazione di nuove residenze, né l'ampliamento di quelle esistenti.
  Infine, con riferimento ai tentativi di suicidio di detenuti ospitati presso la casa circondariale di Verona, si riferisce che 34 sono stati gli eventi occorsi nel 2022 e 27 quelli alla data del 14 settembre 2023.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 4 ottobre 2022 Stefano Dal Corso veniva provvisoriamente trasferito dall'Istituto penitenziario di Rebibbia a quello di Oristano in vista dell'udienza, che lo vedeva imputato, fissata per il 6 ottobre 2022. Dal Corso, detenuto in transito, veniva quindi collocato in una cella all'interno dell'infermeria dell'istituto penitenziario sardo;

   il 12 ottobre 2022 Stefano Dal Corso veniva rinvenuto privo di vita, all'interno della propria cella, dal personale sanitario;

   alle ore 16 circa, il parroco del carcere informava la sorella, Marisa Dal Corso, della morte del fratello avvenuta intorno le ore 15;

   il 13 ottobre 2022, alle ore 10, l'ex compagna di Stefano, Giada Murgia, si recava presso l'istituto, ove apprendeva dall'infermiera del reparto, dottoressa Faa, che Dal Corso risultava «morto suicida» e che «lo stesso non aveva sofferto in quanto nel lasciarsi andare si era spezzato l'osso del collo che ne aveva provocato, quindi, la morte immediata». Inoltre, nel sentire parlare gli operanti presenti sul posto, apprendeva che «la vittima veniva rinvenuta appesa alla finestra con una gamba sul letto e una fuori, avendo preso male le misure perché le finestre di Rebibbia sono più alte»;

   nonostante la morte violenta, la procura della Repubblica di Oristano non riteneva opportuno disporre l'autopsia e disponeva la chiusura del caso come «suicidio»;

   la sorella di Dal Corso ha sempre dubitato della morte per suicidio per tutta una serie di elementi incongruenti acquisiti prima e dopo la morte del fratello;

   più volte, la prima volta il 21 ottobre 2022, il difensore della sorella del detenuto Dal Corso, avvocato Armida Decina, avanzava denuncia con richiesta di esame autoptico, ma le richieste venivano sempre archiviate;

   il 22 ottobre 2022, il difensore della sorella del detenuto Dal Corso, avvocato Armida Decina, richiedeva alla direttrice del carcere di Oristano dottoressa Luisa Pesante, di poter acquisire i filmati di quanto avvenuto nelle 24 ore del tragico evento nella zona dell'infermeria, ma veniva informata del mancato funzionamento delle telecamere;

   il 19 luglio 2023 il difensore avvocato Decina avanzava istanza di riapertura delle indagini;

   in data 4 ottobre 2023 la procura della Repubblica presso il tribunale di Oristano notificava all'avvocato Decina l'avvenuta riapertura delle indagini –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quale ricostruzione dei fatti abbia acquisito l'amministrazione penitenziaria per quanto di competenza e per quanto riferibile;

   se corrisponda al vero che le telecamere dell'infermeria non abbiano funzionato e quindi non abbiano ripreso quanto avveniva il 12 ottobre in quei luoghi, comprese le stanze detentive;

   se non ritenga di impartire disposizioni, per quanto di competenza, per le quali, nei casi di decesso di un detenuto in carcere, i filmati debbano essere sempre immediatamente acquisiti, in maniera tale da poter essere messi a disposizione di tutte le parti interessate;

   per i decessi di detenuti che si sono verificati in carcere in questo 2023, se risulti in quanti casi le autorità giudiziarie non abbiano predisposto l'autopsia distinguendo fra suicidio e decesso per altre cause.
(4-01732)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, riferito del decesso di S.D.C., verificatosi all'interno del carcere di Oristano, si avanzano quesiti in ordine alla vicenda, circa l'eventuale intervento normativo che renda obbligatorio l'esame autoptico in caso di morte occorsa in carcere, nonché se non ritenga di impartire disposizioni per le quali, nei casi di decesso di un detenuto in carcere, i filmati debbano essere sempre immediatamente acquisiti in maniera tale da poter essere messi a disposizione di tutte le parti interessate.
  Orbene, in via preliminare si richiama quanto già riferito in sede di risposta a interrogazioni parzialmente di analogo tenore (nn. 4-01601 deputata Ghirra e 4-00697 senatrice Cucchi).
  L'evento critico verificatosi il 12 ottobre 2022 presso il carcere di Oristano riguarda il sig. D.C.S., deceduto a seguito di impiccagione a una delle grate della finestra della camera di pernottamento.
  Doverosamente, al momento del rinvenimento è stata allertato e richiesto l'intervento del personale sanitario e di sorveglianza generale, nonché informata la competente autorità giudiziaria nella persona del pubblico ministero di turno, il direttore dell'istituto, il magistrato di sorveglianza, il Provveditorato regionale, di Cagliari e il magistrato di turno presso il dipartimento amministrazione penitenziaria, e anche, naturalmente, i familiari e gli avvocati di fiducia.
  Il 13 ottobre 2022, giungeva in istituto la madre della figlia del detenuto, alla quale veniva data la possibilità di dare l'ultimo saluto alla salma del congiunto.
  Il 14 ottobre 2022, si procedeva all'effettuazione della visita necroscopica a cura del personale medico dell'ASL di Oristano, e in pari data, su disposizione del magistrato di turno, la salma del detenuto veniva consegnata, senza vincoli giudiziari, ai familiari, per il tramite dell'agenzia funebre dagli stessi indicata.
  Per completezza, si riferisce che il sig. D.C.S. era ristretto da poco presso la casa circondariale di Oristano, ove era giunto il 4 ottobre 2022, trasferito dalla casa circondariale di Roma Rebibbia nuovo complesso per presenziare a un'udienza presso il Tribunale di Oristano fissata per il giorno 6 ottobre 2022 e durante il periodo di permanenza non aveva dato adito a comportamenti tali da rendere necessaria l'adozione di precauzioni.
  Come in casi analoghi, è stata disposta l'indagine ispettiva in carico al Provveditorato regionale di Cagliari, e volta ad accertare le cause, le modalità, le circostanze dell'evento e a verificare se siano state attivate tutte le procedure per cogliere i possibili rischi suicidari: dagli accertamenti condotti, pur non potendosi ravvisare dirette responsabilità a carico di operatori penitenziari e/o di altro personale socio-sanitario che ha interagito con il detenuto, sono emerse alcune criticità segnalate per i dovuti correttivi alla direzione dell'istituto.
  Quanto ai dati inerenti ai decessi di detenuti occorsi all'interno degli istituti penitenziari nazionali nell'anno 2023, per il periodo 1° gennaio-25 ottobre 2023 risultano n. 52 suicidi, n. 104 decessi per cause naturali e n. 19 decessi per cause da accertare.
  Ciò precisato, con riferimento all'eventuale modifica normativa che renda obbligatorio l'esame autoptico in tutti i casi di decesso occorso in carcere, va osservato che l'attuale disciplina assegna il potere discrezionale all'autorità giudiziaria in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto.
  È infatti previsto che l'esame autoptico sia disposto in caso di sospetto di reato (articolo 116 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale), con ciò richiedendosi non solo una preliminare valutazione degli elementi fattuali già emersi, ma altresì, all'esito dell'ispezione cadaverica esterno cui provvede un medico legale.
  Solo l'assenza di elementi di sospetto, tale in seguito alle attività di cui sopra, porta l'Autorità Giudiziaria procedente a non disporre l'esame autoptico.
  Non emerge, pertanto, l'esigenza di intervento normativo sul punto.
  Nel caso indicato peraltro, dalle relazioni informative stilate dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Oristano e dal Procuratore generale di Cagliari, ferma l'insindacabile autonomia di scelta dell'Autorità giudiziaria, non si evidenzia alcun anomalo utilizzo della facoltà di disporre o no l'esame autoptico.
  Emerge infatti come nel contesto di tutti gli elementi analizzati dagli inquirenti, e considerando le peculiari modalità e condizioni di tempo e luogo in cui avvenuti i decessi dei due detenuti, nessun elemento abbia consentito anche di ipotizzare un fatto di omicidio, anziché un evento suicidario; ciò giustifica la scelta di non eseguire approfondimenti istruttori che si palesavano, secondo apprezzamento
ex ante in concreto, del tutto infruttuosi, quindi superflui.
  In particolare, nelle citate relazioni si legge: «(...) In relazione al decesso di D.C.S. (...) con particolare riferimento alla scelta di non procedere all'esame autoptico della salma, si riassumono tutti gli elementi emersi dall'attività investigativa svolta, già richiamati nella relativa richiesta di archiviazione accolta dal Giudice per le indagini preliminari in sede in data 3 luglio 2023.
  D.C.S., al momento del suo decesso, si trovava in transito presso la Casa di Reclusione di Oristano-Massama con partenza programmata per il 13 ottobre 2022, a seguito del trasferimento dal Carcere di Rebibbia, per presenziare a un'udienza. Lo stesso veniva trovato morto impiccato nella sua cella il 12 ottobre 2022 intorno alle 14.50.
  In particolare, come risulta dall'annotazione fornita dalla polizia penitenziaria (annotazione questa totalmente confermata dalla successiva attività investigativa svolta dalla Squadra Mobile della Questura di Oristano), il D.C. è stato rinvenuto morto alle 14.50 circa dall'associazione Capo G.A., che svolgeva servizio presso la sezione detentiva in cui si trovava la vittima. L'Assistente, affacciatosi dentro la cella ove lo stesso si trovava recluso da solo, aveva scorto il corpo penzolare appeso, con un cappio al collo, alle sbarre della finestra. (...).Veniva quindi sigillata la cella, realizzati i rilievi fotografici all'interno della stessa, fatto l'inventario degli oggetti ivi contenuti e disposto il sequestro del cappio (la parte slacciata dal collo del detenuto durante le operazioni di soccorso e quella ancora legata alle sbarre della finestra), del lenzuolo presente sul letto del detenuto e di una lama artigianale ottenuta da un rasoio BIC, presumibilmente utilizzata per tagliare il lenzuolo.
  Come relazionato con annotazione di p.g. dall'Isp. P.A. che aveva proceduto al sopralluogo (e come confermato dalla visione delle foto trasmesse a corredo della cnr), il letto della cella ove era detenuto D.C., al momento del ritrovamento del cadavere, era rifatto.
  Solo una volta che si era proceduto a disfarlo, si era potuto riscontrare come dal lenzuolo ivi presente mancasse una striscia di tessuto. Dalla visione delle foto emerge che nel lembo asportato e usato come cappio era impresso un disegno che coincide con quello presente nel lenzuolo posto sul letto, circostanza che porta a ritenere univocamente che lo strumento utilizzato per l'impiccagione sia stato reperito all'interno della stessa cella in cui l'uomo si trovava. L'agente ha altresì evidenziato come nella cella sia stato rinvenuto un taglierino artigianale (anch'esso opportunamente fotografato), presumibilmente adoperato per tagliare il lenzuolo, e che questo sia stato ricavato delle lamette usa e getta tipo “bic”, per prassi lasciate a disposizione dei detenuti (asportando la relativa lama per poi fissarla – sciogliendo la plastica posta intorno – sul manico). Alle 17.48 un altro medico in servizio nella casa circondariale, il dott. F.T., aveva esaminato il cadavere evidenziando l'assenza sul corpo di segni di maleficio, di ecchimosi, ferite o contusioni, rilevando unicamente la presenza di una lesione in corrispondenza del collo – visibile anche dalle fotografie – compatibile con il decesso per impiccamento. Sentito a sommarie informazioni aveva escluso categoricamente la presenza di elementi che potessero far sorgere dubbi sulle cause del decesso e, in particolare, su una causa diversa dal suicidio. Il 14 ottobre il medico legale Beatrice Bene aveva effettuato la visita necroscopica sul cadavere, disposto il sigillo sulla bara e dato il nulla osta al trasferimento.
  Come già affermato. D.C. era stato di recente tradotto al carcere di Massama (il 4 ottobre 2022) affinché prendesse parte all'udienza del 6 ottobre.
  Per tutto il tempo della sua permanenza nell'istituto penitenziario, era stato collocato nelle camere dell'isolamento precauzionale ed era, pertanto, sempre stato in cella da solo, nonostante si fossero avvicendati vari detenuti nelle celle limitrofe e, salvo la visita della ex compagna e della figlia e il colloquio telefonico con le stesse avvenuto il 1° ottobre, aveva avuto contatti diretti unicamente con i sanitari in servizio e con gli agenti di Polizia penitenziaria.
  Si era, pertanto, proceduto a sentire a sommarie informazioni tutti i soggetti che avevano avuto contatti con lui negli ultimi giorni di vita.
  Si evidenzia come tutti i soggetti interpellati, che ricoprivano ruoli e
status differenti (guardie penitenziarie, sanitari e, financo, detenuti) hanno fornito una versione dei fatti perfettamente coerente e concorde fra loro, versione questa a sua volta coincidente con quanto emerso dall'analisi della documentazione acquisita, a partire dalle annotazioni di p.g. e dalla certificazione medica. (...).
  Pertanto, alla luce di un'attenta ricostruzione di quanto accaduto è stato possibile escludere, fin dall'immediatezza dei fatti, che il decesso del detenuto potesse essere opera di terzi e per tale ragione non si è ritenuto opportuno procedere allo svolgimento di un esame autoptico, dovuto
ex articolo 116 disp. att., unicamente qualora sorga “un sospetto di reato” cosa che, appunto, nella specie mai si era palesata.
  Infatti, una valutazione globale degli elementi acquisiti – dunque non limitata alle sole risultanze mediche ma che tenga conto del complesso dei numerosi e convergenti elementi acquisiti – non lasciava spazio a plausibili ricostruzioni alternative della vicenda.
  Infatti, a fronte di questo univoco compendio, non appariva seriamente prospettabile un'ipotesi ricostruttiva alternativa, ipotesi questa che implicherebbe necessariamente un concorso dei sanitari intervenuti nell'immediatezza dei fatti e successivamente per redigere le certificazioni (per “coprire” le inevitabili tracce del reato), degli agenti di polizia penitenziaria intervenuti (
in primis G. che aveva le chiavi della cella e mai aveva avuto precedenti contatti con il deceduto) e persino del detenuto Cabula nell'azione delittuosa o, quantomeno, nella copertura della stessa.
  Contro l'ipotizzabilità di questa ricostruzione alternativa – che vede un'aggressione in danno di D.C. e una successiva simulazione dell'impiccamento volontario – oltre la sua inverosimiglianza (perché, come già evidenziato, dovrebbe vedere coinvolti un numero nutrito di soggetti facenti parte di gruppi eterogenei che mai prima della settimana precedente avevano avuto a che fare con il detenuto) ostano, altresì, tutte le circostanze emerse: S.d.C. era solo in transito nella casa circondariale di Massama e dunque era sostanzialmente sconosciuto a tutti i soggetti presenti il giorno. Appare, pertanto, assai remota l'ipotesi che taluno possa aver sviluppato in un così ristretto arco temporale un astio così forte nei suoi confronti da fargli architettare un omicidio, oltretutto, con la complicità di tutti i soggetti presenti l'esame esterno del cadavere aveva escluso la presenza di segni compatibili con tali accadimenti (esclusi anche segni di punture e/o contenimento per consentire magari l'inoculazione di sostanza narcotizzante); il detenuto in quel momento si trovava solo dentro una cella perfettamente chiusa a chiave, chiave che si trovava nella esclusiva disponibilità della polizia penitenziaria (in quel momento specifico dell'Ass. G. in servizio al piano).

  Appare del tutto inverosimile, pertanto, anche l'ipotesi che un soggetto esterno si sia introdotto furtivamente in infermeria e poi all'interno della cella per realizzare il proposito omicidiario, inscenando poi il suicidio del detenuto (ciò sia in ragione del rigido sistema di controllo, sia perché il suo ingresso nella cella avrebbe provocato rumori che quantomeno C. avrebbe dovuto percepire, come infatti aveva sentito un rumore sicuramente più lieve come quello della chiusura del blindo); inoltre, durante il successivo sopralluogo presso la cella, veniva accertato che dal lenzuolo del suo letto mancavano pezzi di tessuto, nonché, la presenza nei pressi del letto di una lama artigianale tipo rasoio, circostanza che depone inequivocabilmente per il fatto che la corda rudimentale utilizzata per l'impiccagione fosse stata ricavata proprio ritagliando – e successivamente annodando – la biancheria da letto, dotazione già presente nella cella e quindi a esclusiva disposizione del D.C. Tale dato è certamente incompatibile con un intervento di uno o più soggetti che avrebbero dovuto, in un arco temporale brevissimo coincidente con la brevissima assenza del G., recarsi dentro la cella, stordire o uccidere D.C. senza lasciargli alcuna traccia, e poi operare indisturbati tagliando il lenzuolo, annodandolo per realizzare il cappio, per ricavarsi un legaccio rudimentale.
  Conseguentemente, a fronte dell'univoco quadro emerso, alcuna circostanza emersa è parsa in grado di insinuare un serio dubbio sulla natura dell'evento, così da rendere opportuno un accertamento autoptico sulla salma.
  Infine, non sono stati neppure riscontrati profili di colpa a carico dei soggetti che avevano la custodia del detenuto (circostanza che, anche se sussistente, non avrebbe comunque certo comportato la necessità di accertamenti medico legali sulla salma).
  Infatti, le indagini non hanno ravvisato alcuna responsabilità in capo ai sanitari che avevano qualificato Stefano come soggetto non a rischio, peraltro in conformità con il trattamento avviato nel carcere di Rebibbia, che infatti all'atto del trasferimento non aveva indicato particolari cautele per la custodia del detenuto.
  Né possono essere ravvisati profili di colpa, per omessa vigilanza, in capo all'agente G., posto che, in assenza di specifiche prescrizioni inerenti alla custodia, l'attività di monitoraggio dei detenuti svolta dalle guardie penitenziarie non può ovviamente concretarsi in una sorveglianza continua e visiva di ognuno di essi.
  Conseguentemente veniva chiesta da questo Ufficio l'archiviazione del procedimento, richiesta accolta dal G.I.P. con decreto in data 3 luglio 2023.
  Per dovere di precisione si comunica che poche settimane dopo Marina Dal Corso, sorella di Stefano, depositava istanza di riapertura delle indagini, in cui venivano prospettati ulteriori elementi non comunicati in precedenza dalla nominata all'A.G. benché alla stessa già noti e non prospettati né in fase di opposizione alla richiesta di archiviazione, né nella successiva relativa udienza disposta dal GIP.
  Al fine di vagliare l'attendibilità degli stessi, in ogni caso, si decideva di riaprire le indagini che sono attualmente ancora in corso».
  In particolare, (...) in data 15 giugno 2023 era stata richiesta dall'Avv. A.D., difensore della sorella del Dal Corso, l'avocazione delle indagini.
  Tale richiesta è stata rigettata dalla Procura Generale di Cagliari in data 20 giugno 2023, che ha ritenuto le indagini complete ed esaustive.
  Poche settimane dopo il decreto di archiviazione, M. Dal Corso, sorella di S., depositava istanza di riapertura delle indagini, in cui venivano prospettati ulteriori elementi a lei noti non comunicati in precedenza dalla nominata all'A.G. né in fase di indagine, né in fase di opposizione alla richiesta di archiviazione del 7 aprile 2023 e successiva memoria del 20 giugno 2023, né nella successiva relativa udienza disposta dal GIP tenutasi il 29 giugno 2023, benché alla stessa già noti rispettivamente dal marzo 2023 e dal 15 maggio 2023.
  Al fine di vagliare l'attendibilità degli stessi, in ogni caso, si decideva di riaprire le indagini, che sono attualmente ancora in corso.
  Si precisa, infine, in relazione a quanto affermato nell'interrogazione sulle telecamere all'interno della Casa di Reclusione di Oristano-Massama, che: «non è mai stata avanzata da parte della difesa di Marina Dal Corso alcuna richiesta di acquisizione dei relativi filmati allo Scrivente Ufficio; – solo in data 7 aprile 2023 con l'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione è stata richiesta al GIP l'acquisizione dei filmati delle telecamere, richiesta questa che il GIP, con l'accoglimento della richiesta di archiviazione, di fatto rigettava; (...)».
  Infine, quanto alle immagini conservate dalle telecamere interne ai penitenziari, queste sono doverosamente messe a disposizione dell'Autorità giudiziaria, come ordinariamente previsto dal codice di procedura penale per i casi di apertura di procedimenti giudiziari.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo de «Il Foglio» il 28 settembre 2023 a firma di Ermes Antonucci si ricostruisce la vicenda del processo Eyphemos, nato a seguito all'inchiesta avviata nel 2020 dalla procura di Reggio Calabria sulle cosche della 'ndrangheta di Sinopoli e Sant'Eufemia d'Aspromonte;

   lo scorso 17 febbraio 2023 la sentenza di primo grado pronunciata dal tribunale di Palmi ha prodotto ventuno condanne e trenta assoluzioni, e in particolare nel pezzo si fa riferimento a quella di Domenico Creazzo, ex consigliere regionale, arrestato un mese prima delle elezioni, accusato di voto di scambio elettorale politico mafioso e finito per 17 mesi agli arresti domiciliari;

   gli inquirenti avevano chiesto 16 anni di reclusione per Creazzo, accusato di essersi accordato con Domenico Laurendi, esponente di spicco della 'ndrangheta, per ricevere appoggio elettorale in cambio di un intervento presso il Genio civile su una pratica di sanatoria per un ristorante;

   l'elemento che però appare all'interrogante oggetto di attenzione è l'utilizzo delle intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta, elemento sottolineato anche nella succitata sentenza da cui si evidenzia «un'ipertrofia di materiale investigativo» e «un sorprendente quantitativo di intercettazioni»;

   venendo al merito del suddetto materiale sarebbe emerso, già in corso di dibattimento, che la principale intercettazione a supporto della tesi dello scambio tra Creazzo e Laurendi sarebbe stata trascritta in modo errato dalla polizia giudiziaria, per cui di fatto vi sarebbe stato uno scambio di persone tra i soggetti eloquenti, ma più in generale i giudici rilevano come in molti casi dialoghi del tutto incomprensibili siano stati utilizzati poi come prove a sostegno dell'accusa;

   da ultimo si riferisce che l'avvocato di Creazzo sarebbe entrato in possesso di tutte le intercettazioni circa 18 mesi dopo dall'inizio dell'inchiesta, in alcune delle quali sarebbe emerso che i presunti mafiosi avrebbero fatto campagna elettorale per soggetti diversi dall'imputato e in altre ancora le ipotesi accusatorie risulterebbero sostanzialmente smentite;

   a parere dell'interrogante, nel processo in questione, saremmo di fronte ad un ennesimo episodio di abuso dello strumento delle intercettazioni, sia in termini quantitativi sia nell'utilizzo distorto che ne sarebbe stato fatto al fine di suffragare la tesi accusatoria –:

   se il Ministro interrogato, a fronte dei fatti esposti in premessa, non ritenga di procedere, per quanto di competenza, ad attivare iniziative di carattere ispettivo in relazione ad eventuali irregolarità, anomalie e/o omissioni da parte degli uffici giudiziari della procura di Reggio Calabria.
(4-01779)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame deve essere posto in risalto che, come emerge dalla nota estesa dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, il procedimento penale in esame, contrassegnato dal n. 4408/2019 R.G.N.R., è ancora in corso di svolgimento, essendo stata depositata dalla parte pubblica rituale impugnazione alla competente Corte di appello avverso la sentenza di assoluzione di C. D. emessa in data 17 febbraio 2023 dal tribunale di Palmi in composizione collegiale.
  Appare quindi opportuno attendere l'esito definitivo di tale procedimento prima di valutare la eventuale sussistenza dei presupposti per l'attivazione dei poteri ispettivi spettanti a questo Dicastero.
  Invero, come osservato in maniera del tutto corretta e condivisibile dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, «... sarà la Corte di Appello, nell'ambito delle fisiologiche verifiche che le sono rimesse, a valutare se la sentenza del tribunale di Palmi abbia fatto corretto uso delle regole di valutazione della prova ...», anche con riferimento al contenuto e alla rilevanza processuale del compendio intercettivo.
  Al riguardo va infatti ricordato che la condotta del magistrato, che si traduca nell'attività interpretativa delle norme di legge e di valutazione del fatto e delle prove, è sottratta al sindacato disciplinare in forza di quanto previsto dall'articolo 2 comma 2 del decreto legislativo n. 109 del 2006, ad eccezione dei casi in cui il provvedimento giurisdizionale sia stato adottato sulla base di un errore macroscopico o di una negligenza grave e inescusabile, rivelatrice di scarsa ponderazione, approssimazione, frettolosità o limitata diligenza, ipotesi in alcun modo ricorrenti nel caso di specie.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo de «Il Foglio» del 20 ottobre 2023 a firma di Ermes Antonucci si riporta l'intervista a Giulio Muttoni, imprenditore dello spettacolo e patron della società promotrice di grandi eventi musicali «Set Up», coinvolto nel 2015 in un'inchiesta della procura di Torino e intercettato per ben 23.738 volte in tre anni;

   l'indagine nei confronti della «Set Up» era stata avviata nel 2014 ipotizzando condizionamenti da parte della criminalità organizzata poiché un socio della società aveva ceduto biglietti omaggio a soggetti poi individuati come esponenti della 'ndrangheta locale, e per questo nel 2015 la prefettura di Milano aveva emesso un'interdittiva antimafia, poi rinnovata dalla prefettura di Torino competente per territorio;

   lo scorso agosto 2023 l'indagine basata sull'accusa di associazione mafiosa è stata archiviata, dopo 8 anni, perché Fabrizio Siggia, legale di Giulio Muttoni, si era rivolto alla procura generale per sapere che fine avesse fatto l'indagine rimasta pendente oltre ogni termine consentito dalla legge;

   oltre alla «Set Up», che all'epoca fatturava circa 15 milioni di euro, il signor Muttoni aveva dovuto chiudere altre società: per esempio la «Crew Investigazioni», che era gestita da un socio della «Set up» e che è stata colpita da una interdittiva della prefettura di Biella, annullata però dopo l'archiviazione dell'indagine a Torino;

   a tutt'oggi restano in piedi le interdittive nei confronti della «Set Up», e su queste è stato innestato il filone di un'altra indagine per presunta corruzione, turbativa d'asta e traffico di influenze illecite che ha visto coinvolto anche l'ex senatore Stefano Esposito, che nelle ipotesi dei pm si sarebbe attivato per aiutare l'amico fraterno Muttoni;

   per cercare le prove di questa ipotesi i pm hanno intercettato 23.738 volte l'indagato (il numero esorbitante è stato fornito dalla stessa procura di Torino) e ben 500 volte indirettamente Stefano Esposito, pur sapendo che in quel momento era senatore e che occorreva l'autorizzazione della Camera di appartenenza; infatti, per tale ragione, il Senato ha avanzato un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale che dovrà pronunciarsi il prossimo 21 novembre 2023, in relazione ai provvedimenti del pubblico ministero Gianfranco Colace e del giudice sulle indagini preliminari Lucia Minutella;

   attualmente il processo è stato spostato a Roma per competenza territoriale e dopo 8 anni deve ancora iniziare;

   a parere dell'interrogante, nel processo in questione, saremmo di fronte ad un ennesimo episodio di abuso dello strumento delle intercettazioni, sia in termini di abnormità sul piano quantitativo sia per quanto riguarda l'ipotizzata violazione delle prerogative dei parlamentari, oltre ad un incomprensibile accanimento da parte della prefettura di Torino nel mantenere l'interdittiva antimafia nei confronti della «Set Up» pur alla luce del cambiamento di tutto l'assetto societario –:

   se i Ministri interrogati, a fronte dei fatti esposti in premessa, non ritengano di procedere, nell'ambito delle loro competenze, ad attivare i propri poteri ispettivi in relazione ad eventuali irregolarità, anomalie e/o omissioni da parte degli uffici giudiziari della procura e della prefettura di Torino.
(4-01787)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere in primo luogo ricordato che in data 12 luglio 2023 il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione esercitava l'azione disciplinare nei confronti di Colace Gianfranco in relazione all'illecito di cui agli articoli 1 e 2 comma 1 lettera g) del decreto legislativo del 23 febbraio 2006 n. 109 perché, «...quale sostituto procuratore della Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, in violazione del dovere di diligenza, nel procedimento penale n. 24047/2015 R. G. N. R. a carico di Muttoni Giulio + 34 formulava in data 29 luglio 2021 richiesta di rinvio a giudizio nei confronti anche di Esposito Stefano, Senatore della Repubblica Italiana all'epoca dei fatti, connotata da grave violazione di legge, determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, poiché indicava quali fonti di prova anche le intercettazioni telefoniche, tra cui vi erano quelle operate sull'utenza in uso a Muttoni Giulio, che vedevano quale interlocutore il senatore Stefano Esposito, assunte tra il 3 marzo 2015 e il 20 marzo 2018, ascrivibili al periodo in cui questi era senatore della Repubblica, non precedute da autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza del parlamentare, come previsto dall'articolo 4 della legge n. 140 del 2003, se intercettazioni indirette e, comunque, se occasionali, senza previamente richiedere al Gip di inoltrare alla Camera di appartenenza la richiesta di autorizzazione alla utilizzazione delle intercettazioni come previsto dall'articolo 6 della legge n. 140 del 2003...».
  Ciò posto, va a questo punto sottolineato che – come emerge dalla nota estesa dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino – il numero delle intercettazioni effettuate nei confronti di Muttoni Giulio corrisponde alla somma complessiva delle captazioni elettroniche eseguite nell'ambito di 3 distinti procedimenti penali relativi a ipotesi di reato completamente diverse (procedimento penale contrassegnato dal n. 7945/2015 R. G. N. R. concernente il delitto di peculato, procedimento penale contrassegnato dal n. 24047/2015 R. G. N. R. concernente il delitto di corruzione e procedimento penale contrassegnato dal n. 5194/2017 R. G. N. R. concernente il delitto di turbata libertà degli incanti) dipanatesi in un arco temporale ricompreso tra la prima metà dell'anno 2015 e la prima metà dell'anno 2018.
  Appare necessario peraltro precisare che la contestazione del reato previsto e punito dall'articolo 416-
bis codice penale nei confronti di Muttoni Giulio (che traeva origine dal fatto che costui, unitamente al socio La Rosa Lorenzo, si era aggiudicato una gara relativa al Museo di Reggio Calabria, in relazione alla quale il La Rosa Lorenzo era risultato in contatto con ambienti della ‘ndrangheta) non ha avuto alcuna relazione con il provvedimento antimafia interdittivo adottato dalla Prefettura di Milano, poi confermato dalla Prefettura di Torino – provvedimento invece motivato sul fatto che la srl Set Up Live si era aggiudicata una gara per allestimenti in relazione all'Expo del 2015 a Milano ed era stata ritenuta permeabile a infiltrazioni della criminalità organizzata in seguito all'accertamento di un reato di estorsione commesso da elementi di spicco della ‘ndrangheta torinese nei confronti di Muttoni Giulio e del suo socio La Rosa Lorenzo e da costoro mai denunciato –, sul quale si pronunciava il TAR Lombardia con la articolata sentenza n. 649/2017 che respingeva la richiesta di annullamento del provvedimento antimafia interdittivo e accoglieva la richiesta di annullamento del rigetto della istanza di aggiornamento dei presupposti applicativi dell'indicato provvedimento.
  Invero non sussiste alcun rapporto giuridico o anche solo fattuale tra il menzionato provvedimento antimafia interdittivo e l'iscrizione di Muttoni Giulio da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino nel registro degli indagati in relazione al reato previsto e punito dall'articolo 416-
bis codice penale, reato rispetto al quale il Gip emetteva in data 9 agosto 2023 decreto di archiviazione in accoglimento della richiesta avanzata dall'ufficio requirente il 22 giugno 2023.
  Con specifico riferimento al numero asseritamente esorbitante delle intercettazioni cui sarebbe stato sottoposto Muttoni Giulio, occorre evidenziare che il vigente ordinamento processual penalistico attribuisce solo al giudice la delibazione degli elementi portati dalla parte pubblica a sostegno della richiesta di captazione elettronica. Da ciò consegue che, trattandosi di un provvedimento giurisdizionale, la sua il quale «...l'attività d'interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare...».
  Tale principio trova un limite nella abnormità del provvedimento, che non può essere di certo ravvisata nel numero considerevole delle intercettazioni che peraltro si riferiscono a tre distinti procedimenti penali.
  Pertanto, sulla scorta di tutti gli elementi sinora passati in rassegna, risulta evidente che – al di là della condotta sopra ricordata, con riferimento alla quale la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha esercitato l'azione disciplinare – non vi sia spazio per iniziative e/o censure di carattere disciplinare a carico dei magistrati che si sono occupati della vicenda tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo, non ravvisandosi alcuna anomalia o illegittimità nel loro operato.
  Riguardo alla sottostante tematica fattuale, deve essere ricordato che la Prefettura di Torino – Uffici territoriale del Governo –, nella nota estesa in data 13 novembre 2023, ha segnalato che «...la srl SET UP LIVE era una società molto attiva sul territorio torinese in particolare per l'organizzazione di concerti di artisti di grande fama anche internazionale. A prescindere dalle cariche formali in seno alla società, il patron e notorio punto di riferimento della società è sempre stato Giulio Muttoni, che ne gestiva l'attività con la collaborazione dei figli e di alcuni stretti collaboratori. Nel luglio 2015 la società fu colpita da un provvedimento interdittivo antimafia adottato dal Prefetto di Milano competente in via esclusiva per i lavori per EXPO 2015 ...L'informazione interdittiva del 2015 veniva impugnata dinanzi al TAR Lombardia. Al ricorso seguivano altri tre ricorsi per motivi aggiunti a fronte del diniego di rivisitazione del provvedimento interdittivo da parte della Prefettura di Milano. Con la sentenza n. 649/2017 il TAR Lombardia rigettava il ricorso introduttivo e i primi due motivi aggiunti, accogliendo invece il terzo ricorso per motivi aggiunti ai fini del riesame del provvedimento interdittivo confermativo del 13 luglio 2016. In esecuzione della pronuncia del TAR, poi confermata in grado d'appello, la srl SET UP LIVE formulava nuovamente istanza di aggiornamento al Prefetto di Milano, che comunicava la propria sopravvenuta incompetenza territoriale e contestualmente trasmetteva gli atti istruttori alla Prefettura di Torino. Il Prefetto di Torino adottava quindi l'informazione interdittiva nel febbraio 2018 ritenendo in particolare che Giulio Muttoni, benché Presidente formalmente non operativo, potesse comunque continuare a esercitare la propria influenza sulla società in ragione degli strettissimi legami familiari e personali con gli altri componenti dell'amministrazione. La legittimità del provvedimento interdittivo del 2018 è stata confermata dal TAR Piemonte con la sentenza n. 197/2020, passata in giudicato. La srl SET UP LIVE proponeva una nuova istanza di riesame nel 2021, fondata essenzialmente sulla definitiva estromissione di Giulio Muttoni dalla società. Il Prefetto di Torino tuttavia, valutata la permanenza del rischio di condizionamento mafioso dovuta alla persistente prossimità di Giulio Muttoni e di Lorenzo La Rosa alla società documentata dagli atti giudiziari nonché in applicazione della giurisprudenza amministrativa consolidata in materia, adottava la conferma dell'informazione interdittiva nel luglio 2021. Il provvedimento veniva impugnato dalla società senza istanza cautelare dinanzi al TAR Piemonte ed è tuttora pendente il relativo giudizio. In data 1o marzo 2023 la srl SET UP LIVE è stata cancellata dal registro delle imprese per cessazione dell'attività..».

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   L'ABBATE. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, l'articolo 12 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60, ha previsto interventi sui percorsi a indirizzo musicale delle scuole secondarie di primo grado, la cui disciplina è stata definita con il decreto ministeriale 1° luglio 2022, n. 176, emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, registrato dagli organi di controllo;

   l'istituto comprensivo «De Gasperi-Pende» in Noicattaro (Bari) ha aderito al bando per l'autorizzazione dei percorsi ad indirizzo musicale di cui alla nota n. 10313 del 17 aprile 2023 e in data 18 aprile 2023 ha presentato regolare documentata domanda;

   in data 29 aprile 2023 veniva pubblicato sul sito uspbari.it il decreto n. 11806 del 28 aprile 2023 di autorizzazione dei nuovi percorsi ad indirizzo musicale - anno scolastico 2023/2024 nel quale l'istituto comprensivo «De Gasperi-Pende» di Noicattaro (Bari) non risultava inserito, nonostante avesse, a quanto risulta all'interrogante, tutti i requisiti richiesti nel suddetto bando di autorizzazione;

   il territorio di Noicattaro, Rutigliano e Cellamare non ha alcun percorso musicale attivato, nonostante si tratti di territori interessati da forti flussi migratori per i quali sarebbe auspicabile un ampliamento dell'offerta formativa, riconoscendo, come finalità prioritaria, la valenza educativa e formativa dell'avvio alla pratica di uno strumento musicale;

   peraltro, sulla vicenda si è già espresso con ordinanza cautelare il tribunale amministrativo regionale della Puglia del 21 luglio 2023, il quale, su ricorso presentato da alcuni genitori di alunni esclusi, ha evidenziato la necessità del riesame, sottolineando un'inesatta applicazione dei criteri di cui al decreto ministeriale 1° luglio 2022, n. 176, nonché una totale assenza di motivazione nell'ambito della procedura espletata per autorizzare i percorsi ad indirizzo musicale per l'anno scolastico 2023/2024 da parte dell'ufficio scolastico regionale per la Puglia ufficio III - ambito territoriale per la provincia di Bari;

   è quanto mai necessario, a parere dell'interrogante, incentivare l'attivazione del percorso di orientamento musicale, che rappresenta un valido strumento didattico che consente all'alunno di vivere effettivamente l'esperienza musicale e di avere in comune con i compagni le attività di musica d'insieme che danno, inevitabilmente, vita a momenti di straordinaria crescita emotiva e culturale;

   presso l'istituto comprensivo «De Gasperi-Pende» l'inizio delle attività didattiche è previsto per il 12 settembre 2023 e si rischia, quindi, di cominciare l'anno scolastico non avendo l'attivazione del percorso musicale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di ovviare alle criticità evidenziate, con particolare riguardo all'attivazione del percorso ad indirizzo musicale nell'istituto comprensivo «De Gasperi-Pende» in Noicattaro (Bari), di cui è rimasto sprovvisto nonostante la sussistenza dei requisiti richiesti nel suddetto bando.
(4-01486)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, l'ufficio scolastico regionale per la Puglia, corrispondendo alla richiesta del Ministero di fornire elementi, ha comunicato quanto di seguito si riporta.
  Il decreto, interministeriale n. 176 del 2022, recante la disciplina dei percorsi a indirizzo musicale delle scuole secondarie di primo grado, prevede che ogni istituzione scolastica statale può richiedere l'attivazione di percorsi a indirizzo musicale e che l'ufficio scolastico regionale autorizza tali percorsi nei limiti dell'organico dell'autonomia assegnato alla regione e tenendo a riferimento i criteri elencati all'articolo 12, comma 2, del citato decreto interministeriale n. 176, in ordine di priorità, ovvero:

   a) conversione dei corsi a indirizzo musicale già attivati ai sensi del decreto ministeriale 201/1999 in percorsi a indirizzo musicale, alle condizioni previste dal citato decreto;

   b) mantenimento di più percorsi a indirizzo musicale nella stessa istituzione scolastica, ove già presenti alla data di entrata in vigore del decreto, qualora siano rispettati i parametri di costituzione delle classi o dei gruppi di alunne e alunni secondo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto;

   c) attivazione di un solo percorso musicale per istituzione scolastica richiedente, in caso di nuova istituzione, con precedenza per le richieste di specialità strumentali non presenti o poco diffuse nell'offerta formativa territoriale;

   d) attivazione di percorsi a indirizzo musicale presso istituzioni scolastiche afferenti a bacini provinciali ove tali percorsi non siano già istituiti o siano presenti in numero limitato;

   e) attivazione del percorso a indirizzo musicale presso le istituzioni scolastiche che abbiano valorizzato nell'ultimo triennio nell'ambito dell'offerta formativa l'esercizio della pratica musicale.

  Tanto premesso, secondo quanto riferito dall'ufficio scolastico regionale per la Puglia, per l'Ambito territoriale Bari-BAT Sud, a decorrere dal 1° settembre 2023, sono stati autorizzati n. 45 percorsi a indirizzo musicale già attivi presso le scuole secondarie di primo grado e istituti comprensivi e n. 7 nuovi percorsi (rispetto alle 14 nuove richieste pervenute) a indirizzo musicale. Ciò conferma la volontà dell'Usr di sostenere le inclinazioni delle studentesse e degli studenti del proprio territorio, ritenendo che la promozione dell'educazione musicale nelle nuove generazioni concorra a sviluppare le competenze disciplinari, sociali e civiche, prevenendo, in alcuni casi, dispersione e abbandono scolastico.
  L'Usr per la Puglia ha dunque precisato che seguendo le indicazioni presenti nel sopramenzionato decreto interministeriale – esplicitamente guidato dall'attenzione alla «diffusione delle specialità strumentali, con particolare riferimento a quelle non presenti o poco diffuse nell'offerta formativa territoriale e relative azioni poste in essere per promuovere l'insegnamento di tutti gli strumenti» – e pre-determinando numericamente l'indice di diffusività di ciascuno strumento musicale nell'ambito dell'offerta formativa territoriale, l'istituto comprensivo «De Gasperi-Pende» in Noicattaro (Bari) non ha totalizzato un punteggio utile per la nuova attivazione del percorso a indirizzo musicale.
  Inoltre, a seguito della richiesta di riesame formulata dal (Tar Puglia, come ricordato dall'interrogante, l'amministrazione competente ha provveduto ad adottare un nuovo decreto confermando la non ammissione dell'istituto in argomento.
  L'Usr ha tuttavia confermato il proprio impegno circa la possibilità di soddisfare le richieste delle diverse istituzioni scolastiche nell'ambito della futura programmazione dei percorsi a indirizzo musicale e sulla scorta degli esiti del monitoraggio di cui all'articolo 10 del più volte richiamato decreto interministeriale.
  In ultimo, si precisa che nelle more dell'attivazione dei percorsi a indirizzo musicale, ogni istituzione scolastica, in forza della propria autonomia, potrà comunque sviluppare esperienze attive e coerenti con il proprio contesto d'appartenenza e capaci di arricchire di nuove declinazioni le stesse specificità territoriali.
  Infatti, secondo quanto previsto dall'articolo 7 del decreto interministeriale n. 176 del 2022, le istituzioni scolastiche che non abbiano attivato percorsi a indirizzo musicale possono attivare percorsi di ampliamento dell'offerta musicale mediante l'impiego di docenti di strumento musicale disponibili nell'organico dell'autonomia. Le modalità organizzative e didattiche vengono definite nel piano triennale dell'offerta formativa. Le predette attività possono essere realizzate anche promuovendo accordi di rete con altre istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione.

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   LOMUTI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 24 gennaio 2019, moriva il maresciallo dell'Arma dei carabinieri Eugenio Fasano;

   secondo il racconto di alcuni testimoni, Fasano si sarebbe sentito male subito dopo essere rientrato negli spogliatoi, a seguito di una partita di calcetto con alcuni colleghi. I fatti in descrizione, sarebbero avvenuti in Roma, presso il circolo Antico tiro a volo di via Vajina. Arriverà al pronto soccorso soltanto dopo più di un'ora;

   la perizia dei Consulenti tecnici d'ufficio porta avanti la tesi della morte naturale. Nella relazione dei medici, viene riportato che il decesso sarebbe legato ad un arresto cardiaco terminale da insufficienza multi-organo e shock cardiogenico conseguente ad un infarto acuto del miocardio in soggetto sottoposto ad angioplastica primaria;

   tuttavia, i Consulenti tecnici di parte, nominati dalla famiglia del maresciallo, la pensano diversamente. Per loro, infatti, il decesso sarebbe stato causato, invece, da «un trauma, caduta, spinta, aggressione, calcio al torace o altro evento contundente traumatico al torace». Quindi, l'infarto – si legge nelle conclusioni – non sarebbe la causa prima della morte ma la conseguenza di un altro evento;

   pertanto, sulla morte del maresciallo Fasano esistono due tesi contrapposte: quella della morte naturale e quella di un violento pestaggio;

   diversi sono gli articoli di stampa nazionale che si sono occupati del caso: 29 luglio 2021 «La Repubblica» – Il giallo del maresciallo morto dopo la sfida a calcetto con i carabinieri. La famiglia: «chi sa parli» –. Lo stesso giorno si registra un articolo del «Messagero» – Risultano poco chiare le circostanze della morte del carabiniere Eugenio Fasano, di 43 anni, deceduto il 24 gennaio 2019. Anche il famoso programma televisivo «Chi l'ha visto» si occupa del caso il 15 dicembre 2021. Sul giornale on-line «Roma H24» del 13 giugno 2022 – Eugenio Fasano ucciso a calci e pugni, parlano i dottori Labella e Merolla, autori della perizia richiesta dalla famiglia del carabiniere – è riportata la notizia della presenza di una consulenza medico-legale che ipotizza possibili responsabilità di terzi nella cassazione della morte;

   il procedimento giudiziario è ancora in corso, a seguito dell'ordinanza con cui il GIP ha rigettato l'istanza di archiviazione, restituendo gli atti al PM perché effettui nuove e ulteriori indagini, e disponendo l'integrazione di tutte le prove richieste dagli avvocati dei familiari del maresciallo Fasano –:

   se, per quanto di competenza, i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;

   se, pur nel rispetto dell'autonomia e della indipendenza della magistratura, siano stati disposti, per quanto di competenza, accertamenti di natura amministrativa presso gli uffici coinvolti nell'evento, compreso le strutture sanitarie e con quali risultati.
(4-00874)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo riportato in oggetto, si avanzano quesiti in ordine alle eventuali iniziative volte ad effettuare accertamenti in merito alle cause del decesso del maresciallo dell'Arma dei Carabinieri E.F., deceduto il 24 gennaio 2019.
  Orbene, al fine di acquisire precise informazioni sulla vicenda, è stato acquisito contributo conoscitivo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, autorità giudiziaria competente, da cui emerge che (...) Si conferma la pendenza presso questo ufficio del procedimento n. 30375/20 iscritto a mod. 44 per il reato di cui all'articolo 589 del codice penale in relazione al decesso di Fasano Eugenio, deceduto il 24 gennaio 2019 presso l'Ospedale Umberto I presso il quale si trovava ricoverato dal precedente 22 gennaio quando si era sentito male dopo aver giocato una partita di calcetto presso il Campo Sportivo del Circolo Antico «Tiro a Volo».
  Il procedimento è scaturito a seguito della denuncia-querela presentata il 4 febbraio 2020, da un congiunto del F.E.
  La scrivente espletava approfondite indagini preliminari sentendo a sommarie informazioni testimoniali tutte le persone a conoscenza della vicenda e, dopo aver acquisto la cartella clinica ospedaliera, conferiva consulenza tecnica per accertare le cause del decesso del F.
  All'esito delle indagini espletate e del deposito della consulenza questo ufficio si determinava a richiedere l'archiviazione del procedimento per infondatezza della notizia di reato, non essendo emersi elementi di riscontro all'ipotesi investigativa.
  A seguito dell'opposizione alla richiesta di archiviazione proposta dalla persona offesa, il Giudice per le indagini preliminari in data 22 giugno 2022 non accoglieva la richiesta di archiviazione e disponeva effettuarsi un ulteriore approfondimento investigativo consistente nel procedere all'esame autoptico sul corpo del Fasano Eugenio al fine di accertare la causa della morte, la correttezza dell'operato di tutti i sanitari intervenuti compreso i medici militari e si vi erano stati ritardi nell'apprestare le cure del caso.
  Veniva, pertanto, conferita, previa riesumazione della salma di Fasano Eugenio, nuova consulenza tecnica a consulenti diversi da quelli che avevano espletato la prima consulenza, i quali superando anche le osservazioni critiche mosse dai consulenti di parte opponente, confermavano che la causa di morte del F.E. dovesse ravvisarsi in un arresto cardio respiratorio terminale da insufficienza multi organo e
shock cardiogeno conseguente ad un infarto acuto del miocardio in soggetto sottoposto ad angioplastica primaria (...) ritenendo inoltre che l'operato dei sanitari intervenuti era stato corretto ed adeguato alle esigenze del caso clinico né vi erano stati ritardi od omissioni nell'apprestamento delle cure.
  Questo Ufficio, pertanto, formulava nuova richiesta di archiviazione e all'esito di una nuova opposizione formulata dalle persone offese, all'udienza del 15 marzo 2023 il Giudice delle indagini preliminari disponeva procedersi all'espletamento delle ulteriori indagini chieste da parte opponente entro il termine di sei mesi.
  La scrivente sta ancora espletando le attività indicate dal Giudice per le indagini preliminari sulle quali non può, pertanto, riferire sussistendo il segreto investigativo.
  Si segnala, in ogni caso, che nel fascicolo delle indagini preliminari sono state acquisite anche le risultanze investigative della parallela attività espletata dalla Magistratura Militare che si è conclusa con richiesta di archiviazione.
  Con riferimento agli accertamenti di natura amministrativa eventualmente disposti dalle Amministrazioni cui è rivolta l'interrogazione a risposta scritta presso gli uffici coinvolti nell'evento, comprese le strutture sanitarie, si rappresenta che agli atti del procedimento penale non vi è evidenza di alcuna iniziativa in tal senso.
  Quanto al Ministero della difesa, sui cui atti risulta altresì che il soccorso al militare fu prestato da personale sanitario – tra cui un ufficiale medico, in servizio presso l'infermeria del Comando generale (distante dalla sede del citato circolo circa 850 metri), giunto sul posto a seguito di richiesta di intervento da parte dei colleghi ivi presenti – che gli ha praticato manovre rianimative salvavita, proseguite da medici del 118, successivamente sopraggiunti.
  Il militare fu trasportato – in codice rosso – presso il Policlinico Umberto I e ricoverato in terapia intensiva, in pericolo di vita, decedendo alle ore 03.50 del 24 gennaio successivo.
  Successivamente, qualche mese dopo il decesso, la cognata del militare ha presentato una denuncia che ha originato un procedimento penale, rispettivamente, presso l'autorità giudiziaria militare di Roma, che l'ha archiviato l'8 aprile 2021 e quella ordinaria di Roma, ancora in essere.
  Nessuna informazione aggiuntiva ha riferito il Ministero dell'interno.
  In conclusione, la vicenda risulta ancora all'esame dell'Autorità giudiziaria ordinaria, e non risultano ulteriori emergenze di natura amministrativa.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   LOMUTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'Archivio di Stato di Potenza rappresenta il più antico e tra i più prestigiosi istituti culturali della Basilicata;

   esso, infatti, nasce con il decreto del 22 ottobre 1812 n. 1524, che sanciva l'istituzione di un archivio in ciascuna provincia del regno;

   il progetto dell'edificio dell'ex biblioteca provinciale da adibire a sede dell'Archivio di Stato fu affidato al noto architetto romano Ernesto Puppo e, tuttora, costituisce una delle più raffinate e pregevoli testimonianze di architettura del Novecento, a Potenza;

   l'Archivio di Stato di Potenza rappresenta un'inestimabile miniera di informazioni, dal momento che ospita e custodisce gli archivi e i documenti prodotti dalle magistrature dell'Antico Regime e dagli uffici giudiziari, amministrativi e finanziari dello Stato presenti nella provincia di Basilicata a partire dal lontano 1806;

   l'edificio, a causa dei danni provocati dai violenti terremoti del 23 novembre 1980 e del 5 maggio 1990, è stato abbandonato e dal 1995 tutto il materiale ivi contenuto è stato dislocato in un fabbricato sito in via Nazario Sauro n. 1;

   il 18 novembre del 2010 sono stati, finalmente, consegnati i lavori di consolidamento e di riqualificazione della struttura di corso Garibaldi e l'impegno era quello di terminare l'opera entro il 2013;

   nel 2014 il Ministero della cultura ha acquisito l'immobile;

   i lavori di consolidamento e di riqualificazione si sono del tutto arenati a causa di un ginepraio di contenziosi nel frattempo sviluppatosi;

   dopo oltre dieci anni dalla consegna dei lavori, l'edificio versa in uno stato di abbandono e di degrado, rischiando di trasformarsi in una minaccia per l'incolumità della cittadinanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione critica in cui versa l'Archivio di Stato di Potenza, nonché dei rischi connessi al suo attuale stato di abbandono e, dunque, di inevitabile degrado;

   se, come e in quali tempi intenda intervenire, essendo direttamente competente, al fine di dare immediato avvio ai lavori di messa in sicurezza e di riqualificazione di un bene di indubbio interesse culturale, per la valenza architettonica dell'edificio in sé e per il rilievo storico di tutto il patrimonio che dovrebbe custodire.
(4-01405)

  Risposta. — L'onorevole interrogante chiede a questo Ministero informazioni in merito allo stato dell'edificio dell'ex biblioteca provinciale, destinato ad essere sede dell'Archivio di Stato di Potenza una volta conclusi i lavori di restauro e di recupero funzionale, dunque aggiornamenti circa lo stato di avanzamento degli stessi.
  L'edificio, costruito tra il 1937 e 1939 su progetto dell'architetto Puppo riveste notevole interesse culturale. Per tale motivo il progetto approvato mira alla valorizzazione ed al recupero, prevedendo il riassetto funzionale e l'adeguamento del palazzo alle normative vigenti in termini di sicurezza sui luoghi di lavoro e di accessibilità facilitata per i disabili, garantendo l'ottimizzazione e la sicurezza delle capacità di conservazione dei documenti cartacei che in esso saranno archiviati e resi disponibili.
  Richiesto di aggiornamenti, il Responsabile unico del procedimento riferisce innanzitutto che, pur essendo attualmente sospesi i lavori sull'immobile, non si sono mai verificate situazioni di pericolo né per il bene tutelato, né per l'incolumità delle persone all'esterno o all'interno dell'edificio.
  In particolare, la copertura dell'immobile è costantemente controllata per evitare infiltrazioni di acqua e l'impalcatura consente ispezioni della facciata. Prossimo impegno del Responsabile unico del procedimento sarà comunque provvedere al maggiore decoro del bene mediante pulizia e sostituzione di elementi dell'impalcatura non idonei. Sono state inoltre effettuate ripetute pulizie e sfalcio dell'erba nell'area di competenza dell'edificio, secondo le esigenze.
  In ogni caso, si ritiene utile in questa sede richiamare brevemente la complessità degli eventi che hanno portato allo stallo dell'intervento.
  Il 2 febbraio 2003 fu indetta una gara per la progettazione ed esecuzione dei lavori di restauro e recupero funzionale dell'ex-biblioteca provinciale, da adibire a sede dell'Archivio di Stato di Potenza, appalto-concorso ai sensi della legge n. 109 del 1994 e successive modificazioni e integrazioni, per un importo lavori pari a euro 5.800.000. La Commissione di gara, il 20 ottobre 2004, formulava la graduatoria finale, ma il 16 novembre 2004 il tribunale fallimentare di Roma dichiarava il fallimento della associazione temporanea di imprese vincitrice dando vita ad un lungo susseguirsi di atti impugnati, con intervento dell'autorità di vigilanza.
  Il Consiglio di Stato con sentenza n. 6038 del 2008 aggiudicava in via definitiva all'Associazione Temporanea di Imprese G.S.V.D.M. di D'Auria Luigi & C. S.a.s., l'appalto delle opere. In data 12 maggio 2009 il progetto esecutivo presentato dall'ATI aggiudicataria per un importo dei lavori di euro 5.617.720,00 veniva validato e il 21 ottobre 2009 veniva dato parere positivo di conformità antincendio dal Comando Provinciale dei Vigili del fuoco di Potenza.
  In data 30 luglio 2010 veniva sottoscritto il contratto per l'esecuzione dei lavori per l'importo complessivo di euro 5.062.213,67 comprensivo di euro 182.280,00 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso d'asta del 18,32 per cento, oltre le spese tecniche pari ad euro 438.935,54, con già una riserva espressa dall'appaltatore.
  In data 18 novembre 2010 venivano consegnati i lavori che proseguivano senza interessare gli interventi strutturali, risultando alla fine somme pagate per lavori mediante stati avanzamento lavori dell'ammontare di euro 626.032,00, al netto di IVA.
  Successivamente, su disposizione della direzione lavori, ritenuto obbligatorio l'adeguamento del progetto statico alle norme tecniche per le costruzioni – NTC 2008 –, si procedeva con la sua revisione, insieme alle necessarie modifiche al progetto architettonico e impiantistico. Tuttavia la stazione appaltante, non ritenendo idoneo l'aggiornamento prodotto dall'ATI aggiudicataria, affidava la revisione del progetto strutturale ad un altro professionista, il che determinava l'insorgere di contrasti tra la stazione appaltante (Archivio di Stato di Potenza) e la società appaltatrice, sfociati in contenzioso giudiziario.
  Ad oggi risultano essere presenti due contenziosi presso il tribunale civile di Potenza, su istanza della ATI affidataria e dell'Archivio di Stato di Potenza.
  Il Responsabile unico del procedimento, Ing. Italo Tavolaro funzionario ingegnere di questo Ministero con l'incarico di direzione dell'Archivio di Stato di Verbania, incaricato dal direttore dell'Archivio di Stato di Potenza, ha avviato la ricerca di un accordo stragiudiziale mediante transazione così come previsto nel contratto di affidamento e consigliato dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza, al fine di evitare l'avvio di una nuova procedura di selezione della impresa esecutrice, con conseguente aggravio dei tempi di ripresa dei lavori e dei costi dell'intervento.
  Inoltre, la stessa direzione generale archivi si è adoperata per addivenire alla soluzione del contenzioso e consentire la ripresa dei lavori: a tal fine, ha richiesto un incontro con la ditta appaltatrice, con il Responsabile unico del procedimento e con il direttore dell'Archivio di Stato di Potenza che si è tenuto in modalità da remoto il 1° agosto.
  Nella riunione è stata manifestata la volontà di entrambe le parti a riprendere al più presto i lavori ed è stato richiesto all'amministratore della società affidataria di presentare una proposta transattiva da valutare e sottoporre al parere dell'Avvocatura distrettuale dello Stato, che se ritenuta congrua, consentirà la ripresa delle attività inerenti al riavvio dei lavori.

Il Sottosegretario di Stato per la cultura: Vittorio Sgarbi.


   MAGI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'inchiesta «Il carcere sedato» pubblicato sul numero di ottobre 2023 della rivista Altreconomia e presentata alla Camera dei deputati martedì 24 ottobre 2023, riporta un quadro preoccupante per quanto attiene alla spesa annuale di psicofarmaci all'interno delle strutture detentive;

   i dati raccolti sono stati ottenuti, per quanto attiene alla spesa sanitaria, dalle Asl e, per quanto riguarda le presenze medie annuali, dall'associazione Antigone. Quindici gli istituti presi in considerazione (campione che copre 12.400 detenuti su un totale di 56.000) sia case circondariali che di reclusione, differenti per dimensione e per numero di persone recluse;

   da quanto riportato nell'inchiesta e proiettando la spesa riferita al campione sull'intera popolazione detenuta, è emerso che nel 2022 la spesa in psicofarmaci somministrati nelle carceri italiane è stata almeno di due milioni di euro, in particolare antipsicotici che insistono sul totale per il 60 per cento e sono normalmente prescritti per la cura di gravi patologie come il disturbo bipolare, la schizofrenia e che in proporzione risulterebbero utilizzati cinque volte di più rispetto all'esterno. Se la percentuale di spesa può essere in parte giustificata dal maggior costo delle singole scatole, nel raffronto con la popolazione esterna gli antipsicotici sono gli unici a presentare dati così allarmanti;

   agli antipsicotici seguono ansiolitici (16 per cento) antiepilettici (11 per cento), antidepressivi (8 per cento) e ipnotici e sedativi (1 per cento);

   il Paliperidone, Apipirpraziolo Trazodone, Olanzapina e Quietapina risultano essere ricorrenti nelle liste di acquisti, servono a ridurre sintomi come deliri e allucinazioni e vengono utilizzati per chi ha una diagnosi di psicosi o schizofrenia e, a seconda dei dosaggi, hanno effetti sedativi;

   secondo i dati a disposizione, all'interno degli istituti di detenzione vi è un numero limitato di detenuti con «diagnosi psichiatrica grave» e rappresentano solo il 10 per cento del totale: non si comprende quindi se i suddetti farmaci vengano utilizzati nell'ottica dell'agire clinico, oppure se siano utilizzati con l'obiettivo di rendere più gestibile le comunità detenute;

   l'utilizzo di antipsicotici dovrebbe inserirsi all'interno di un adeguato piano terapeutico, ma risulta evidente che le carceri fatichino a dare risposte adeguate al disagio psichico in aumento, basti prendere in considerazione le ore di servizio settimanale di psichiatri e psicologi che sono state pari a 8,75 ogni 100 detenuti nel primo caso e 18,5 nel secondo;

   ampie le differenze di spesa pro capite tra i vari istituti presi in considerazione: nelle carceri di San Vittore e nell'istituto Lorusso Cotugno di Torino si sono registrati aumenti nella spesa pro capite in antipsicotici pari al 180 per cento rispetto al 2018 nel carcere milanese e del 74 per cento a Torino. Allo stesso tempo si registra una diminuzione di questi acquisti in altri istituti, quali quello di Udine (la struttura più affollata d'Italia), di Santa Maria Capua Vetere e di Solliciano a Firenze. Dati più bassi si registrano a Napoli Poggioreale e Bollate a Milano;

   situazione analoga si registra anche negli istituti penali per i minorenni (Ipm) dove, tra il 2021 e il 2022, la spesa in antipsicotici è aumentata mediamente del 30 per cento, attestandosi a 19 euro pro capite. Differenze si registrano nei diversi Ipm, ma si assiste a un aumento che difficilmente potrebbe essere spiegato e che preoccupa ulteriormente, non solamente per gli effetti anche avversi che già si registrano nella popolazione adulta, ma anche per gli effetti virtualmente devastanti che questi farmaci possono avere sul sistema nervoso centrale che nei minori è ancora in fase di sviluppo –:

   se il Governo non ritenga che i numeri presentati in premessa evidenzino un abuso di cure farmacologiche e se non intenda adottare iniziative di competenza per limitarne il ricorso in particolare negli Ipm dove rischiano di creare dei danni seri ai minori lì detenuti, privilegiando e rafforzando, al contempo, la presenza di psicologi e psichiatri nelle strutture detentive.
(4-01832)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame indicato si avanzano specifici quesiti in ordine all'utilizzo di psicofarmaci all'interno degli istituti di pena ed alle eventuali iniziative intraprese per contenerne l'uso sottolineando le particolari ricadute per i minori detenuti.
  Va innanzitutto evidenziato che il tema sollevato costituisce una questione particolarmente delicata per la natura degli interessi coinvolti ed è perciò oggetto di attenzione da parte del Ministero, che dedica il massimo impegno alla tutela della salute delle persone detenute e internate, attraverso la ricerca continua delle migliori forme di collaborazione con le Autorità sanitarie locali, volte a sviluppare ogni possibile sinergia operativa nell'interesse della persona ristretta.
  Va infatti rammentato che la riforma della medicina penitenziaria, attuata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, ha previsto il passaggio di tutte le funzioni sanitarie precedentemente svolte nei confronti di detenuti e internati sia dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che dal dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, al Ministero della salute che, all'interno dei penitenziari, le attua attraverso le regioni e le aziende sanitarie locali.
  Pertanto, allo stato, i preposti dipartimenti non dispongono di informazioni riguardanti, in particolare, i dati epidemiologici nazionali relativi allo stato di salute dei detenuti, trattandosi di dati sensibili gestiti dal Ministero della salute.
  Le medesime considerazioni valgono quindi in ordine ai dati relativi alla somministrazione dei farmaci sia quanto alla scelta della terapia sia relativamente alle patologie trattate, nonché rispetto all'onere sostenuto dal punto di vista economico che grava interamente sulle aziende sanitarie locali.
  Naturalmente, poiché il tema sollevato riguarda l'utilizzo di psicofarmaci da parte di persone sottoposte a provvedimenti restrittivi della libertà personale, l'assistenza sanitaria richiede, certamente, l'impegno congiunto tra le autorità sanitarie locali (che si fanno carico esclusivo della spesa sanitaria per la tutela della salute nelle carceri) ed il Ministero della giustizia, che mantiene la responsabilità della custodia della persona detenuta.
  Il Ministero della giustizia, consapevole dell'importanza di tale collaborazione, per il tramite della preposta amministrazione penitenziaria, qualora rilevi carenze di presidi sanitari presso le sedi penitenziarie, avvia le necessarie interlocuzioni con i rispettivi organi sanitari, per l'implementazione degli stessi.
  Infine, merita riferire che è attivo presso il Ministero della salute un tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria in cui è stato istituito, tra gli altri, un sottogruppo per la tutela dei minori e, un altro, denominato sanità e giustizia volto ad aggiornare le linee di indirizzo in materia di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari e per il funzionamento delle articolazioni per la tutela della salute mentale negli istituti penitenziari.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   MAIORANO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in Italia risultano migliaia i docenti che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento o la specializzazione per il sostegno in un altro Paese dell'Unione europea, in conformità alla direttiva U.E. n. 36/2005 e, tra questi, molti esercitano già l'attività di insegnanti in Italia nel ruolo di supplenti;

   i docenti che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento all'estero e vogliono esercitare in Italia la professione di docente hanno facoltà di chiedere il riconoscimento del titolo professionale ai sensi della direttiva 2013/55/UE, recepita in Italia con il decreto legislativo del 28 gennaio 2016, n. 15;

   il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206, recante «Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania», stabilisce che il Ministero della pubblica istruzione è competente a ricevere ed evadere le domande per il riconoscimento dei titoli conseguiti dai docenti;

   il medesimo decreto legislativo, inoltre, stabilisce che l'autorità competente ha 120 giorni dalla presentazione della domanda per provvedere al riconoscimento o al rigetto dell'istanza di riconoscimento del titolo con decreto motivato;

   invero, risulta che il Ministero dell'istruzione non provvede a detti riconoscimenti entro i termini previsti dalla legge ormai da anni: si apprende, infatti, che sono circa 13.000 le domande di riconoscimento presentate da docenti ancora pendenti presso il Ministero;

   detti insegnanti, in attesa del riconoscimento, vengono inseriti con riserva nelle graduatorie provinciali di supplenza, rimanendo inevitabilmente penalizzati, come, ad esempio, nel caso dell'ordinanza ministeriale n. 112 del 2022 del Ministro pro tempore Bianchi, la quale addirittura inibiva a questi docenti la facoltà di sottoscrivere un contratto;

   parimenti, negli anni precedenti gli insegnanti pervenivano, alla chiamata e alla sottoscrizione del contratto solo a seguito di onerosi ricorsi cautelari presso il Tar del Lazio, in cui il Ministero risultava quasi sempre soccombente;

   ad oggi risultano migliaia i ricorsi presentati al Tar e poi al Consiglio di Stato, molti dei quali già vinti dai ricorrenti, con conseguente danno economico anche per le casse dello Stato;

   considerato, infine, che l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 22 del 29 dicembre 2022, ha stabilito che «spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l'esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all'insegnamento in Italia, salva l'adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell'art. 14 della Direttiva 2005/36/CE», affermando, pertanto, che il Ministero non potrà rigettare "massivamente" le richieste di riconoscimento di titoli conseguiti in altri Paesi UE –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di evadere le domande di riconoscimento delle abilitazioni all'insegnamento conseguite all'estero entro i termini previsti dalla legge, onde evitare un ulteriore aggravio della situazione di questi docenti e oneri aggiuntivi per le casse dello Stato.
(4-01430)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame e, più specificatamente, con riferimento alle iniziative intraprese al fine di velocizzare l'evasione delle domande di riconoscimento titoli, si rappresenta che l'articolo 5, comma 18, del decreto-legge n. 44 del 2023 – convertito con modificazioni nella legge n. 74 del 2023 – autorizza il Ministero dell'istruzione e del merito, sulla base di una convenzione triennale, ad avvalersi del Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche (Cimea) per le attività connesse al riconoscimento dei titoli di abilitazione all'insegnamento ovvero di specializzazione sul sostegno conseguiti all'estero.
  La norma stanzia a tali fini un finanziamento pari a 1.460.000 di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 e consentirà al Ministero, grazie al supporto di qualificate professionalità esterne messe a disposizione da Cimea, di far fronte al voluminoso arretrato accumulatosi negli anni sia sulle pratiche di riconoscimento dei titoli professionali esteri, sia sul contenzioso giurisdizionale, nonché di reingegnerizzare i relativi procedimenti per una più rapida risposta alle istanze degli interessati.

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   QUARTAPELLE PROCOPIO e MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il prossimo 22 e 23 ottobre 2023 si terranno a Monza le elezioni suppletive per eleggere un senatore nel seggio lasciato vacante da Silvio Berlusconi in cui si sfideranno i candidati Marco Cappato e Adriano Galliani;

   si tratta di un collegio maggioritario, quindi verrà eletto senatore il candidato che riceverà anche un solo voto in più rispetto agli altri avversari e dunque la circolazione di informazioni sui candidati è essenziale;

   il candidato Marco Cappato aveva richiesto di istituire una tribuna elettorale per i detenuti del Carcere di Monza e la sua richiesta era stata appoggiata da varie forze politiche, tra cui il Psi, Italia Viva, Più Europa, Radicali Milano e da varie figure istituzionali;

   l'articolo 27 della Costituzione recita che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato» e l'articolo 48 recita che «sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età [...] Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge»;

   i detenuti in attesa di giudizio conservano il diritto di voto e, da una visita delle camere penali nel 2022, risultavano nella casa circondariale di Monza essere presenti 83 imputati in attesa di primo giudizio, 47 appellanti, 47 ricorrenti;

   il Consiglio d'Europa ha approvato la risoluzione di Roberto Rampi sul diritto alla conoscenza come condizione per la piena partecipazione alla vita democratica dei cittadini;

   la direttrice della casa circondariale di Monza, Cosima Buccolieri, ha inviato il 30 agosto 2023 al Provveditorato regionale per la Lombardia la richiesta di autorizzazione a tenere detto confronto nel suddetto Istituto, cui non è stata data ancora alcuna risposta;

   un gruppo di cittadini e rappresentanti di varie forze politiche, a seguito di questa mancata risposta, ha iniziato un digiuno a staffetta a cui hanno aderito, fra gli altri, Alessandro Giungi, consigliere comunale a Milano e Vicepresidente della Sottocommissione carceri di Milano, e Diana De Marchi, consigliere comunale e metropolitano con delega al lavoro –:

   quali siano le motivazioni per la mancata risposta a questa richiesta;

   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda portare avanti per tutelare il diritto degli elettori a essere informati in questa campagna elettorale, nel caso in cui non ci siano più i tempi per organizzare una tribuna elettorale all'interno della casa circondariale di Monza, visto il ritardo nella risposta alla richiesta di autorizzazione a tenere detto confronto.
(4-01705)

  Risposta. — Con riguardo all'atto di sindacato ispettivo in esame, con cui si lamenta la mancata istituzione di una tribuna elettorale per i detenuti della casa circondariale di Monza in occasione delle elezioni suppletive previste per i giorni 22 e 23 ottobre 2023, si riferisce come segue.
  Il 30 agosto 2023, la direzione della casa circondariale di Monza comunicava al provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Lombardia di aver ricevuto la richiesta del segretario dell'Associazione per l'iniziativa radicale Myriam Cazzavillan, di poter tenere un dibattito elettorale all'interno dell'istituto, in vista delle elezioni suppletive per l'elezione del successore al seggio senatoriale dell'onorevole Silvio Berlusconi, esprimendo contestualmente parere favorevole all'iniziativa.
  Rientrando la circostanza nelle fattispecie disciplinate dall'art. 117 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, il Provveditorato regionale, il 18 settembre 2023, sottoponeva la questione all'attenzione del DAP, per l'eventuale necessaria autorizzazione.
  Il 25 settembre 2023 veniva richiesto precipuo parere alla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento, la quale evidenziava che, per ragioni di opportunità, la stessa non si era mai espressa favorevolmente in merito alle autorizzazioni all'ingresso in istituto di candidati politici per dibattiti elettorali.
  Pertanto, preso atto del succitato parere e tenuto conto di un precedente diniego espresso in un caso analogo dal precedente capo del DAP, con nota del 10 ottobre 2023, si comunicava al provveditorato regionale di Milano il parere sfavorevole, rigettando così la richiesta di nulla osta al dibattito elettorale dei candidati politici presso la casa circondariale di Monza.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Oumar Dia, cittadino italiano di 21 anni, è stato arrestato e condotto nel carcere di Bergamo il 7 giugno 2023 mentre rientrava a casa dal lavoro per scontare una condanna di 4 anni per il furto di un cellulare, avvenuto tre anni prima;

   circa due settimane fa Oumar Dia è stato trasferito presso il carcere di Opera a Milano, ma la famiglia, secondo quanto si apprende dalla stampa e dall'associazione no-profit «No justice no peace», sarebbe stata informata del trasferimento soltanto dopo alcuni giorni;

   il 26 ottobre 2023 la famiglia Dia è stata informata dell'inaspettato decesso di Oumar. Il ragazzo, infatti, era stato trasferito all'ospedale di Rozzano, dove è deceduto;

   secondo quanto si apprende dai familiari, la settimana in cui è avvenuto il decesso il giovane avrebbe dovuto essere trasferito agli arresti domiciliari;

   la madre avrebbe rivelato alla stampa che fonti dell'istituto penitenziario milanese gli avrebbero confidato che Oumar «è impazzito, era malato ed è morto improvvisamente» senza aggiungere altro;

   al momento non si conoscono le motivazioni del trasferimento al carcere di Opera a Milano così come non è dato sapere cosa sia avvenuto in quel lasso di tempo, perché la famiglia o il suo avvocato non siano stati avvisati per tempo e soprattutto quale sia stata la ragione del trasferimento improvviso all'ospedale di Rozzano –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire, per quanto di competenza, chiarimenti circa il decesso del giovane Oumar Dia nonché le ragioni del trasferimento dal carcere di Bergamo a quello di Opera e le circostanze che hanno condotto Oumar al ricovero presso l'ospedale di Rozzano.
(4-01825)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si avanzano quesiti inerenti la tragica morte del giovane Oumar Dia occorsa il 26 ottobre 2023 all'ospedale di Rozzano (MI) ma proveniente dal carcere di Opera di Milano e, prima ancora ristretto nel penitenziario di Bergamo.
  Orbene, ciò premesso, si ribadisce quanto riferito in data 15 novembre 2023, in sede di risposta a interrogazione di analogo contenuto.
  E allora, quanto alle ragioni della detenzione, risulta che il giovane ha fatto ingresso dalla libertà presso la casa circondariale di Bergamo il 7 luglio 2023, a seguito di un provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, per violazione articoli 385, 110, 628, comma secondo e terzo, del codice penale, con condanna ad anni tre, mesi nove e quattordici giorni di reclusione (fine pena al 21 aprile 2027).
  In precedenza, come riferito dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo, il signor Dia Oumar era stato tratto in arresto in data 4 giugno 2021 in flagranza del reato di furto tentato pluriaggravato commesso in concorso con altri due soggetti presso il centro commerciale «Orio Center»; in sede di convalida su richiesta del pubblico ministero veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, aggravata in data 8 agosto 2021 con la custodia in carcere a seguito di evasione commessa il 31 luglio 2021.(...) In data 25 novembre 2021 venivano nuovamente concessi a Dia Oumar gli arresti domiciliari dal tribunale di Bergamo (...).
  Ciò precisato, iniziata la detenzione, il successivo 14 settembre 2023, si verificava un evento critico di aggressione da parte del signor Dia, che colpiva un agente con un pugno al volto, procurandogli la rottura degli occhiali da vista e un taglio sotto l'occhio.
  Interveniva perciò altro personale che cercava di contenere il detenuto, che però continuava a colpire il personale presente con calci e pugni; anche in infermeria colpiva l'ispettore di sorveglianza generale.
  All'esito di aggressioni, al personale di polizia penitenziaria aggredito sono stati refertati 4 giorni di prognosi all'assistente e 7 giorni di prognosi a uno dei due agenti intervenuti. Fortunatamente l'altro è risultato illeso.
  Pertanto, su richiesta del sanitario di turno, veniva tradotto presso l'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per essere sottoposto a visita psichiatrica.
  Una volta giunto in ospedale, tentava la fuga, ma veniva bloccato e ricondotto all'interno della camera indicata dai sanitari.
  Il detenuto cercava, poi, di divincolarsi, opponendo resistenza al personale impiegato per la traduzione; atteso lo stato di forte agitazione, si provvedeva a immobilizzarlo e sistemarlo sulla barella con le fasce di contenzione.
  Sottoposto agli accertamenti necessari, veniva visitato dalla psichiatra ed all'esito il medico prescriveva alcuni psicofarmaci in caso di nuovi episodi di agitazione psicomotoria.
  In serata, al rientro in istituto veniva allocato presso la sezione
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e successivamente, ferme le richieste di trasferimento immediato ad altra sede, l'avvio dell'azione disciplinare, nonché notiziata la Procura della Repubblica di Bergamo, veniva convocato con urgenza anche lo staff multidisciplinare e venivano disposti colloqui di sostegno con l'area sanitaria ed educativa.
  Il 2 ottobre 2023 veniva eseguito il provvedimento di trasferimento per motivi di sicurezza, e il ristretto faceva ingresso presso la casa di reclusione di Milano Opera, in attuazione della specifica circolare Dap che prevede il trasferimento dei detenuti che hanno esercitato violenza nei confronti di tutto il personale operante nel carcere, quindi anche nei confronti del personale di polizia penitenziaria, al fine di garantire anche l'incolumità di chi lavora nel carcere e il sereno svolgimento della pena per gli altri detenuti.
  Il 19 ottobre 2023, alle ore 23:40 circa, durante il giro di controllo, l'agente addetto alla vigilanza della sezione nuovi giunti del carcere di Opera rinveniva il detenuto in esame appeso alle sbarre della finestra con una corda rudimentale.
  Il personale della polizia penitenziaria interveniva immediatamente e veniva subito richiesto l'intervento del medico di guardia e del personale del 118, che, alle ore 00:10 faceva ingresso in istituto e riusciva a stabilizzare il Dia e a inviarlo con procedura d'urgenza, alle ore 00:50, presso il Pronto Soccorso dell'ospedale Humanitas di Rozzano (MI), dove veniva ricoverato in prognosi riservata.
  Del ricovero in ospedale venivano naturalmente e doverosamente informati telefonicamente i familiari.
  Il 23 ottobre 2023, il magistrato di sorveglianza di Milano disponeva nei confronti del detenuto il differimento provvisorio della pena nella forma della detenzione domiciliare presso l'ospedale Humanitas, ove era ricoverato.
  Il 26 ottobre 2023, il personale sanitario dell'ospedale Humanitas di Rozzano refertava il decesso del detenuto, avvenuto alle ore 15:50 «per insufficienza multiorgano post anossia a seguito di arresto cardiocircolatorio», dandone comunicazione alla direzione della casa di reclusione di Milano Opera.
  Il personale sanitario informava del decesso il pubblico ministero di turno, il quale autorizzava il trasporto della salma presso l'obitorio comunale di Milano, disponendo, altresì, l'effettuazione dell'autopsia.
  La direzione della casa di reclusione di Milano Opera provvedeva ad acquisire copia della cartella clinica del detenuto e la metteva a disposizione del pubblico ministero titolare del fascicolo.
  Emerge, altresì che sin dall'ingresso presso la casa di reclusione di Milano Opera, Oumar Dia è stato preso in carico dagli operatori penitenziari, con sottoposizione a provvedimento di ILA (Intensificazione livello di attenzione) con monitoraggio multidisciplinare.
  Naturalmente, come in casi analoghi, ferma l'indagine dell'autorità giudiziaria, il provveditorato regionale di Milano, il 30 ottobre 2023, provvedeva al conferimento dell'incarico inerente all'inchiesta amministrativa, volta a verificare circostanze, modalità e cause dell'evento.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   URZÌ, CALOVINI, CIABURRO, DI GIUSEPPE e ALMICI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 22 al 24 marzo 2023 è prevista una visita dell'Ufficio di presidenza e dei capigruppo del Consiglio provinciale di Bolzano presso il Parlamento austriaco, con un programma di incontri con rappresentanze parlamentari a vario livello. La sera del 22 marzo si terrà un incontro conviviale su invito dell'Ambasciatore italiano;

   come riportato dal Corriere dell'Alto Adige in un articolo del 21 marzo, il 20 marzo 2023, nel corso di una conferenza stampa promossa a Bolzano dal movimento secessionista «Suedtiroler Freiheit» (StF), alla presenza dei consiglieri regionali e provinciali Sven Knoll, Myriam Atz Tammerle, l'ex consigliera Eva Klotz e l'ex deputato austriaco Werner Neubauer, è stata indirizzata alla rappresentanza diplomatica italiana a Vienna una brutale campagna di delegittimazione con affermazioni per cui le delegazioni del Consiglio provinciale di Bolzano, in visita nella capitale austriaca, non potrebbero né dovrebbero avere contatti con le nostre autorità diplomatiche, facendo intendere questo supporto logistico e ruolo di mediazione diplomatica come un'interferenza italiana;

   il movimento secessionista ha definito l'evento del 22 marzo un «tentativo di influenzare la politica austriaca sull'Alto Adige», paventando addirittura presunti illeciti da parte della rappresentanza diplomatica italiana che avrebbe tentato, a suo dire, di corrompere l'ex deputato austriaco del «Freiheitliche Partei Österreichs» (FPO) Werner Neubauer, il tutto senza citare o portare alcuna documentazione a riguardo in una vera e propria opera di grave screditamento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se intenda intervenire, con proprie iniziative, per salvaguardare l'onorabilità della rappresentanza diplomatica italiana a Vienna a seguito delle gravi dichiarazioni del movimento secessionista StF;

   quale procedura diplomatica sia seguita ordinariamente per missioni di istituzioni locali e regionali italiane con istituzioni estere non omologhe ma nazionali, parlamentari e di governo;

   quali iniziative di tutela delle istituzioni italiane in Austria siano prevedibili in relazione alle scomposte accuse di «illeciti» con «tentativi di corruzione» ai danni di diplomatici presso l'Ambasciata italiana a Vienna verso ex parlamentari austriaci.
(4-00713)

  Risposta. — Sui social media e su alcuni articoli di stampa sono apparse alcune fantasiose ricostruzioni sullo stato dei rapporti bilaterali tra Italia e Austria e sul ruolo esercitato dall'Ambasciata d'Italia a Vienna.
  Per quanto riguarda lo stato delle relazioni bilaterali, parole chiare sul rispetto dell'autonomia dell'Alto Adige-Sud Tirolo sono state pronunciate sia dal Presidente dei Consiglio Giorgia Meloni che dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli esteri Antonio Tajani, fin dall'insediamento dell'attuale Governo.
  Nel giugno 2022, Italia e Austria hanno altresì commemorato congiuntamente a Bolzano i 50 anni dell'autonomia dell'Alto Adige-Sud Tirolo, i 30 anni dalla chiusura del contenzioso giuridico bilaterale, ed i 27 anni di comune appartenenza all'Unione europea.
  L'autonomia dell'Alto Adige-Sud Tirolo è un modello vincente di cooperazione e convivenza civile, che è un esempio in Europa e nel mondo.
  L'Ambasciata d'Italia a Vienna ha sempre ed esclusivamente utilizzato, con la massima trasparenza, il solo strumento del dialogo con le istituzioni austriache e i loro rappresentanti. Qualunque illazione su presunte modalità non trasparenti è da considerarsi priva di fondamento.
  

Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.