Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 4 dicembre 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    quello vissuto dalla popolazione yazida è un dramma su cui si erano accesi, qualche anno fa, molto brevemente, i riflettori dei media internazionali, per poi essere tuttavia immediatamente dimenticato;

    gli Yazidi sono un'antichissima popolazione di prevalente lingua curda/yazida presente soprattutto nell'area mesopotamica e sono considerati «kuffar», cioè infedeli, dall'estremismo islamista. La loro religione è una sorta di sincretismo nato dal contatto e dalla contaminazione di diversi culti, compresi quelli degli antichi Sumeri e Babilonesi. Nei loro confronti è stato posto in essere un programma di eradicamento mirato e sistematico in quanto gruppo etnico;

    il 3 agosto 2014 i combattenti di Daesh (ISIS), nel momento culminante della loro politica di espansione territoriale, penetrarono nei luoghi dove vive la maggioranza degli Yazidi e cioè nel territorio del Sinjar, nel Nord dell'Iraq e al confine con la Siria, anche grazie alla fuga delle forze di sicurezza presenti nell'area;

    quel giorno i militanti di Daesh massacrarono più di 5000 persone, tra cui molti anziani, li gettarono in fosse comuni e rapirono 6417 donne, bambine e bambini per ridurli in condizioni di schiavitù: le donne come schiave del sesso e i bambini per essere indottrinati e addestrati come soldati dell'esercito del califfato. Tra le persone rapite circa 3700 sono sopravvissute mentre 2717 di loro sono ancora disperse e 2745 bambine bambini sono rimasti orfani;

    due settimane dopo l'assalto di Daesh veniva rinvenuta la prima fossa comune che rivelò al mondo questo genocidio;

    secondo il Dipartimento iracheno che indaga sulle fosse comuni, ne sono state scoperte 92 in Sinjar e nei territori circostanti e 68 in templi e santuari;

    una parte di coloro che riuscirono a fuggire ha cercato riparo sulla montagna di Shengal ma, durante questo esodo, centinaia di donne, anziani e bambini, sono morti di fame e di sete;

    il numero di Yazidi in Iraq è tuttora di 725.000 persone, ma 260.000 sono ancora sfollate in altri governatorati e almeno 200.000 si sono rifugiate all'estero dopo il genocidio;

    dopo la caduta delle roccaforti Daesh in Siria (Raqqa) e in Iraq (Mosul), molti degli Yazidi fuggiti all'estero hanno iniziato a rientrare nei loro luoghi d'origine ma sono ancora tanti gli sfollati che vivono ormai da 9 anni nei campi profughi nel Kurdistan iracheno, dove le condizioni di vita sono tuttora precarie tanto che si registra un alto tasso di suicidi soprattutto tra i giovani, e in cui avvengono spesso incidenti dovuti a incendi all'interno delle tende;

    secondo l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) l'80 per cento delle infrastrutture pubbliche e il 70 per cento delle abitazioni di Sinjar City, la città più grande del distretto, sono state distrutte tra il 2014 e il 2017. Sugli edifici e sulle persone che vi trovavano rifugio hanno infierito prima i bombardamenti da terra di Daesh, per conquistare la città, poi i bombardamenti aerei della coalizione internazionale per cacciare gli islamisti del califfato. I residenti oggi dichiarano che l'elettricità e l'acqua non sono sempre disponibili e che molte strutture scolastiche e sanitarie rimangono danneggiate o distrutte, mentre mancano medici e insegnanti;

    la comunità yazida continua ad affrontare situazioni di grave disagio a causa degli ostacoli che impediscono agli sfollati di tornare alle loro case e dell'accesso limitato ai servizi sociali di base, primi fra tutti l'assistenza sanitaria e l'istruzione, e rimane la paura che il genocidio possa ripetersi, come avvenuto ormai decine di volte nella storia del popolo yazida;

    secondo Human Rights Watch, «i crimini dello Stato islamico contro la minoranza yazida proseguono e restano ampiamente impuniti», giacché i processi in corso rischiano di concludersi in un nulla di fatto e c'è il pericolo che le prove del genocidio possano nel tempo perdersi;

    nel settembre 2017 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione n. 2379, che istituiva un team investigativo per aiutare il Governo iracheno a raccogliere, conservare e analizzare le prove dei crimini commessi dai combattenti del Daesh, anche con riferimento al genocidio yazida;

    ma il 15 settembre 2023, con la risoluzione n. 2697, il Consiglio di sicurezza ONU, su richiesta del Governo iracheno, ha prorogato di un solo anno – fino al 17 settembre 2024 – il mandato del team investigativo. Tale decisione ha suscitato diverse critiche, perché rischia di inficiare la raccolta delle prove e delle testimonianze necessarie per documentare e perseguire i crimini commessi da Daesh contro il popolo yazida;

    la Germania, i Paesi Bassi, il Belgio, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada, il Portogallo, l'Irlanda, l'Armenia, la Francia, l'Australia oltre al Governo regionale del Kurdistan, alla Scozia, al Parlamento europeo e alle Nazioni Unite hanno riconosciuto il genocidio del popolo yazida;

    la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria si è espressa sull'intera vicenda utilizzando il termine «genocidio yazida»;

    nella XVIII legislatura, il 26 marzo 2019, la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione, volta ad impegnare il Governo italiano ad assumere iniziative per sensibilizzare la comunità internazionale sui crimini commessi da Daesh contro il popolo yazida e per valutare le modalità più opportune per riconoscerne ufficialmente il genocidio,

impegna il Governo:

1) a riconoscere il genocidio yazida;

2) a farsi promotore, in seno alle Nazioni Unite e in ambito europeo, di iniziative volte a giudicare i crimini relativi al genocidio e a garantire piena giustizia e riparazione alle vittime;

3) ad adoperarsi presso le Nazioni Unite affinché inviino osservatori in Iraq fra gli Yazidi in modo da creare le condizioni per farli rientrare nei territori d'origine in sicurezza, perché senza protezione internazionale non c'è certezza che il terrorismo e la violenza non tornino a mietere vittime.
(1-00223) «Boldrini, Braga, Amendola, Provenzano, Quartapelle Procopio, Porta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la legge 15 dicembre 1999, n. 482 e successive modificazioni, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», all'articolo 12 recita: «Nella Convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e nel conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza. Le regioni interessate possono altresì stipulare apposite convenzioni con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per trasmissioni giornalistiche o programmi nelle lingue ammesse a tutela, nell'ambito delle programmazioni radiofoniche e televisive regionali della medesima società concessionaria»;

   nel mese di agosto 2020 è stato sottoscritto tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, e Rai Com in nome e per conto di Rai, un atto integrativo della convenzione già in essere per la tutela della minoranza linguistica slovena. All'atto integrativo, che prevedeva 107 ore di trasmissioni radiofoniche e 16 televisive, prorogato al 28 ottobre 2021 con una dotazione di 750.000 euro, ha fatto seguito una convenzione per la tutela della lingua friulana, perfezionata in data 30 ottobre 2021, della durata di un anno, che prevede un aumento delle ore televisive e radiofoniche in lingua friulana, segnatamente 150 ore di trasmissioni radiofoniche e 40 ore di trasmissioni televisive con una dotazione di un milione di euro;

   il Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia si è espresso su questo argomento con una mozione, approvata all'unanimità in data 4 luglio 2023, che impegna il presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e il resto dell'Esecutivo regionale ad esigere risposte in merito a quattro tematiche proposte nel documento;

   la programmazione televisiva Rai in lingua friulana risulta limitata a soli prodotti trovati sul mercato anziché a trasmissioni di produzione propria;

   non risulta, altresì, che il personale assunto a tempo indeterminato sia completamente dedicato alle trasmissioni in lingua friulana. Infine, attualmente non sono previsti né radiogiornali né telegiornali in lingua friulana né è previsto il potenziamento della sede Rai di Udine per tale scopo –:

   se il Governo possa fornire informazioni in merito a come siano stati utilizzati i fondi destinati secondo accordi integrativi citati;

   se si sia dato corso ad un'interlocuzione fra i Ministeri e la regione Friuli-Venezia Giulia a seguito della mozione approvata dal Consiglio regionale Friuli-Venezia Giulia e a quali eventuali risultanze abbia portato;

   se esista la volontà di adottare le iniziative di competenza in ordine al rispetto della legge 15 dicembre 1999, n. 482 e successive modificazioni, oltre agli atti integrativi citati, attraverso un potenziamento della sede Rai di Udine, con particolare attenzione alla produzione propria di trasmissioni e telegiornali in lingua friulana.
(4-01992)

AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR

Interrogazione a risposta scritta:


   PICCOLOTTI. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   già nel mese di agosto 2023 il Ministro interrogato aveva comunicato il definanziamento, nell'ambito dei fondi PNRR, di un considerevole numero di progetti per la realizzazione di centri dedicati alle donne vittime di violenza, riguardanti beni confiscati alla mafia;

   si tratta di circa 80 progetti, più del 31 per cento dei 242 approvati per ottenere i finanziamenti del PNRR da utilizzare sui beni tolti alle mafie e presentati prevalentemente dalle regioni del Sud: 23 in Campania, 17 in Calabria, 8 in Puglia, 25 in Sicilia, 3 in Abruzzo, 1 in Basilicata;

   i suddetti progetti sono stati presentati da grandi comuni come Napoli, Palermo, Trapani, Agrigento, Lecce, Siracusa, Matera e da comuni più piccoli ma a forte penetrazione mafiosa come Campobello di Mazara (dove Matteo Messina Denaro ha trascorso sicuramente almeno gli ultimi anni della sua latitanza), Rosarno, Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Marina di Gioiosa, Afragola, Sannicandro, Tropea, Gioia Tauro, Battipaglia, Oppido Mamertina, Grazzanise, Rizziconi, Cittanova, Bolognetta. Tutti luoghi dove la creazione di nuovi centri antiviolenza, case rifugio per le donne e i loro figli, sportelli di ascolto e orientamento, case delle donne, rappresenta per quei territori un segnale di riscatto e di presenza attiva dello Stato;

   il Ministro interrogato, quando ha comunicato il definanziamento dei suddetti progetti, aveva assicurato che sarebbero stati reperiti altri fondi ma a distanza di mesi da quella dichiarazione non è ancora dato conoscere come, in che misura e quali di questi, progetti verranno finanziati;

   da un articolo pubblicato sul quotidiano Avvenire il 1° dicembre 2023 si apprende che alcuni comuni, confidando nelle suddette rassicurazioni del Ministro, sono andati avanti nella progettazione mentre molti altri si sono fermati per timore di dover ricorrere a fondi propri, ma che i bilanci dei comuni non sarebbero in grado di sostenere;

   i progetti per donne vittime di violenza erano stati considerati molto importanti, tanto che il bando prevedeva per questi l'assegnazione di un punteggio superiore e invece ora rischiano di non essere realizzati;

   i centri antiviolenza progettati nei territori a forte presenza della criminalità organizzata hanno, a parere dell'interrogante, un indubbio valore aggiunto nel sostegno alle donne vittime di violenza fisica e psicologica, soprattutto se subita in famiglia e ancora di più in famiglie organiche alle organizzazioni mafiose;

   a parere dell'interrogante, utilizzare i beni confiscati e trasformarli in luoghi di accoglienza per le donne che subiscono violenza rappresenta un'occasione che non può andare sprecata;

   da quanto si apprende dal citato articolo dell'Avvenire, all'annuncio del definanziamento non sarebbe seguito alcun documento ufficiale che informasse i comuni di tale scelta –:

   se non intenda riconsiderare la scelta operata nei mesi scorsi di definanziare i progetti PNRR per la realizzazione dei centri antiviolenza utilizzando beni confiscati alla criminalità organizzata o, in alternativa, quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire il reperimento dei fondi necessari per finanziare il totale dei progetti presentati e approvati informandone tempestivamente i comuni e le regioni coinvolte, anche circa i tempi e le modalità di erogazione.
(4-01990)

CULTURA

Interrogazione a risposta orale:


   DAVIDE BERGAMINI e CAVANDOLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   simbolo inequivocabile di Bologna sono le due torri, Garisenda e degli Asinelli, che sorgono nel cuore della città, al punto di ingresso dell'antica via Emilia, sin dal Medio evo;

   la Garisenda suscitò un'ampia eco letteraria, tale da esser menzionata da Dante Alighieri, in transito a Bologna varie volte nella sua vita. Il Sommo, infatti, poetò sulla torre in ben due occasioni: la prima in un sonetto dove egli esprime il proprio rammarico per esser stato assorto nell'esclusiva visione della Garisenda, dimentico de «la maggior de la qual si favelli» e la seconda nella Commedia, nella quale viene usata come metro di paragone per il gigante Anteo, colto nel torreggiante atto di chinarsi, in alcuni versi ricordati anche in un'epigrafe posta sulla torre stessa;

   purtroppo, in tempi recenti quella della torre Garisenda, in effetti, è una storia di ripetuti allarmi ed escalation di rischi: da anni si parla della sua instabilità, e come riporta Il Corriere, i rischi erano già stati segnalati al comune, proprietario del bene, prima nel 2018, poi ancora nel 2019 e nel 2020, fino all'attuale peggioramento della situazione;

   si apprende dalla stampa che i membri del comitato tecnico presieduto dalla dirigente dei lavori pubblici di Palazzo d'Accursio, Manuela Faustini, hanno reso noto a mezzo stampa quanto contenuto nella relazione finale, siglata e firmata all'unanimità dagli esperti mercoledì 15 novembre 2023 alle 9, ovvero che «La situazione è da codice rosso. Bisogna portare l'attenzione in condizioni di massima allerta, ritenendo che non sussistono più le condizioni di sicurezza»;

   in caso di allerta rossa il piano di Protezione civile del comune prevede l'evacuazione precauzionale di chi vive e lavora in un'area di 100 metri dalle Torri, oltre al blocco del traffico;

   è di tutta evidenza che misure del genere arrecano grande danno alla cittadinanza poiché molte persone rischiano di dover abbandonare le proprie abitazioni e moltissime attività commerciali vedranno azzerarsi i guadagni a causa della deviazione del traffico sia di auto sia pedonale;

   tale così grave situazione è stata portata all'attenzione del Ministero interrogato dalla Sovrintendente di Bologna, giustamente preoccupata dagli inspiegabili ritardi per la messa in opera di un piano per contrastare l'aggravamento delle condizioni della torre –:

   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza, dal 2018, delle criticità del sito e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, da un lato, in ordine al grave ritardo con cui sta agendo il comune di Bologna e, dall'altro per restituire alla cittadinanza un simbolo di indubbio valore storico artistico e identitario.
(3-00839)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   MALAVASI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   circa due anni fa è stata chiusa l'agenzia del Banco Bpm di Ligonchio (Reggio Emilia), istituita 70 anni fa come Banco San Geminiano e San Prospero, lasciando attivo il bancomat;

   tuttavia, è di questi giorni la decisione di Bpm di sospendere anche il servizio bancomat;

   oggi, dunque, gli abitanti della municipalità di Ligonchio, ossia del vecchio comune le cui frazioni si collocano su un vasto territorio di montagna, da Campo-Giarola a Pradarena, da Piolo a Vaglie, non hanno la possibilità di effettuare alcun prelievo di denaro nel loro territorio;

   nelle aree interne di montagna si sta verificando una preoccupante situazione di desertificazione bancaria con la chiusura di molti sportelli e la riduzione di personale;

   la chiusura prima della suddetta filiale e poi del bancomat è un colpo inflitto al corpo sociale ed economico della comunità;

   in quei paesi vi è una popolazione prevalentemente anziana – non certo avvezza all'utilizzo di nuovi strumenti finanziari – che necessita di servizi di prossimità anche bancari. Inoltre, nei periodi di festività o estivi queste zone si popolano e, dunque, vanno sostenute anche da un punto di vista turistico, rappresentando anche un motore economico importante del territorio;

   le banche non erogano solo servizi finanziari, ma rappresentano un presidio territoriale di legalità e trasparenza e, di solito, le comunità interessate dalle dismissioni sono piccoli comuni i cui servizi essenziali sono già da diversi anni oggetto di tagli e chiusure, contribuendo ad accrescere il fenomeno dello spopolamento territoriale e del depauperamento delle attività economiche, nonostante nel PNRR siano previste misure per contrastare questo fenomeno –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per tutelare i piccoli comuni rispetto alla chiusura dei servizi bancari.
(4-01991)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle imprese e del made in Italy, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il settore delle telecomunicazioni, con oltre 120 mila addetti, è arrivato ad un bivio drammatico. Sono a rischio reale oltre 20.000 posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle telco, senza calcolare gli effetti che saranno generati nell'intero sistema degli appalti del settore, sia per quel che concerne l'impiantistica, la manutenzione, l'installazione delle reti sia fisse che mobili, che per il settore dell'assistenza clienti nella sua interezza;

   un settore che oggi dovrebbe rinnovarsi per diventare perno centrale della transizione digitale e munirsi di una rete funzionale alle reali esigenze del Paese, e che subirà un ulteriore ridimensionamento, con una perdita enorme per il lavoro e per l'Italia, tenuto conto dei ritardi su banda ultralarga e le reti 5G, nonostante il fatto che le Tic siano al centro della transizione digitale;

   per la digitalizzazione della sola pubblica amministrazione, nel PNRR si prevedono sette interventi e tre riforme recanti risorse pari complessivamente a 6,146 miliardi di euro;

   per denunciare tale grave congiuntura, il 6 giugno 2023, le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori hanno indetto una giornata di sciopero del comparto che ha registrato punte di adesione dell'80 per cento;

   il settore delle telecomunicazioni, in tutti i Paesi tecnologicamente avanzati, è uno dei pochi comparti ancora in grado di coniugare occupazione di qualità, nonostante la fase di grande difficoltà che tutto il continente attraversa;

   nel nostro Paese il settore brucia oltre un miliardo di ricavi l'anno, con un lento e inesorabile stillicidio occupazionale, che nell'ultimo decennio ha praticamente dimezzato la forza lavoro dei maggiori gestori italiani. Sul versante occupazionale, infatti, il settore è stato caratterizzato negli ultimi 15 anni dal continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti e blocco pressoché totale del ricambio generazionale;

   ad incidere negativamente su tale situazione non può non evidenziarsi un modello industriale che ha puntato sulla separazione della gestione delle infrastrutture di rete dai servizi. Una soluzione che rischia di impoverire ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto in meri rivenditori di servizi, con un azionariato di riferimento, spesso, neanche italiano. Un modello che imporrà una continua ricerca della riduzione della struttura dei costi, con inevitabili ed ulteriori ricadute sui livelli occupazionali;

   una strategia che ha visto il suo compimento con la recente decisione della vendita della rete Tim al fondo statunitense Kkr, presa dal consiglio di amministrazione a maggioranza, con il voto favorevole di 11 consiglieri e contrario di tre, e con l'annunciata battaglia legale da parte del gruppo Vivendi;

   con tale decisione, avallata dall'Esecutivo, si evidenzia la mancanza di una reale visione di politica industriale per il Paese, cui sono strettamente legate le sorti per circa 17.000 lavoratori, con un'età media di 50 anni, per i quali non sono ben chiare le prospettive industriali e certezze occupazionali, senza contare le ricadute per tutto il sistema dell'indotto;

   a riprova, si consideri a giudizio dell'interrogante la paradossale decisione del Governo di stanziare 2,5 miliardi di euro per consegnare la rete in mano ad un fondo d'investimento che si è impegnato per un arco temporale di soli 5 anni. Con il risultato di contraddire le dichiarazioni e gli annunci a favore di una «rete nazionale» e la consegna di un asset strategico per il futuro, non solo industriale, del Paese a un gruppo straniero di investimenti finanziari;

   secondo quanto dichiarato dall'amministratore delegato di Tim, degli attuali 36 mila dipendenti (full time equivalent), 20 mila andranno in NetCo, la società che gestirà la rete, mentre gli altri 16 mila faranno capo alla nuova Tim, divisi in 5 mila su enterprise e i restanti 11 mila su consumer, di cui 4 mila nei call center;

   numeri che fanno emergere, soprattutto per quanto concerne la gestione della rete, significative differenze rispetto ai modelli organizzativi delle altre principali imprese del settore;

   ad accentuare la preoccupazione per le ricadute occupazionali, non può non registrarsi l'emblematica circostanza del mancato coinvolgimento da parte dell'Esecutivo non solo delle organizzazioni sindacali, ma anche della stessa Ministra del lavoro e delle politiche sociali –:

   quali urgenti iniziative intendano adottare per avviare un immediato confronto con le organizzazioni sindacali del settore delle telecomunicazioni, al fine di scongiurare che si determini un ulteriore depauperamento occupazionale e la dispersione delle competenze professionali di migliaia di lavoratori, al contempo restituendo un ruolo centrale al Ministro del lavoro e delle politiche sociali su un tema di tale rilevanza sociale ed occupazionale.
(2-00287) «Orlando, Peluffo, Gnassi, Di Sanzo, De Micheli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARRACINO, SCOTTO, GUERRA, LAUS, GRIBAUDO e FOSSI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso, nel corso del vertice Italo-Serbo, dalle parole del Premier serbo, Aleksandar Vucic nell'ambito dell'incontro con la Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, che presso lo stabilimento di Kragujevac, dove attualmente si produce la 500L, Stellantis trasferirà la produzione della Panda elettrica;

   si tratta di una notizia molto impattante per l'automotive italiano in quanto aumentano le incertezze sul futuro dello stabilimento di Pomigliano;

   il prossimo 6 dicembre 2023 è previsto il tavolo con l'azienda sul futuro degli stabilimenti Stellantis in Italia, tavolo più volte rinviato;

   le organizzazioni sindacali hanno già sollevato preoccupazioni e timori rispetto ad un annuncio non solo inusuale nella modalità, ma preoccupante nel merito –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato soprattutto in vista del tavolo del 6 dicembre 2023 al fine di salvaguardare il futuro produttivo dello stabilimento di Pomigliano e avere adeguate garanzie sui modelli che verranno realizzati a tutela a dei livelli occupazionali.
(5-01693)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   CARAMIELLO e PAVANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in Italia si contano oltre 7 milioni di motociclisti, uno dei gruppi più vulnerabili in caso di incidente stradale: a causa della mancanza di una struttura di protezione intorno a loro, i motociclisti sono esposti a un rischio maggiore di lesioni gravi o di decesso;

   i guard rail, posizionati strategicamente lungo le strade, offrono una barriera fisica che può contribuire a ridurre l'energia dell'impatto e impedire al motociclista di finire fuori dalla strada o di colpire oggetti pericolosi. Tuttavia, in molti casi, risultano essere anche causa di gravi lesioni, anche mortali;

   pertanto, con l'introduzione del decreto ministeriale recante «Dispositivi stradali di sicurezza per i motociclisti (Dsm)», nel nostro Paese s'è adottato un sistema di protezione costituito da una banda flessibile di 80 cm di altezza che si applica al piede delle barriere stradali discontinue. Più specificamente, questa tecnologia permette di dissipare l'energia cinetica causata da potenziali collisioni, evitando ai motociclisti che impattano contro la barriera di finire tra le lamiere e i pali di sostegno della stessa, spesso causa di tragici incidenti;

   in particolare, il decreto attuativo, nello stabilire i punti dove vanno istallati, ha disposto che i Dsm vengano installati presso le strade urbane ed extraurbane con velocità di percorrenza superiori ai 70 km/h. Tuttavia, se per l'installazione di queste barriere sulle strade di nuova costruzione non si riscontrano problematiche, è più complesso procedere in tal senso per l'adeguamento di quelle esistenti;

   relativamente all'obbligo di installazione dei Dsm, invece, il decreto ha fornito ampi margini di discrezionalità alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei tratti stradali, obbligati a procedere o meno a seconda del budget a disposizione, ma anche della posizione geografica stradale, della densità del traffico, delle condizioni di percorrenza, della composizione della sede stradale, delle dimensioni della piattaforma e altro;

   ciò premesso, le associazioni di motociclisti ritengono che «imponendo verifiche e obblighi diversi in relazione alla velocità di progetto, all'età delle barriere esistenti e alla marcatura CE, scegliendo di intervenire solo nei punti dove si sono verificati almeno 5 incidenti negli ultimi 3 anni, di fatto si limita di molto il ventaglio dei possibili interventi di messa in sicurezza e si escludono quasi tutte le strade più frequentate da motociclisti». Pertanto, tali associazioni, pur condividendo lo spirito del citato decreto, ne chiedono un miglioramento, così da ottenere una capillare applicazione dei Dsm nelle strade trafficate dai ciclomotori. Più specificamente, chiedono l'applicazione dei Dsm su tutte le barriere metalliche posizionate all'esterno delle curve –:

   se il Ministro interrogato condivida l'opportunità di imporre il Dsm su tutte le barriere metalliche posizionate all'esterno delle curve.
(3-00836)


   D'ALFONSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un evento franoso verificatosi nel mese di giugno 2023 è stata chiusa la strada statale 81 Piceno-Aprutina nel tratto tra Guardiagrele e Casoli, tragitto molto frequentato ogni giorno da centinaia tra automobilisti e camionisti poiché, oltre a collegare i due comuni, congiunge il territorio alle zone industriali della Val di Sangro e di Fara San Martino;

   la chiusura della statale ha lasciato in estrema difficoltà i circa 27 mila residenti e le aziende dell'entroterra vastese e del Molise, perché ha avuto come conseguenza che la viabilità alternativa, costituita da strade provinciali e comunali per lo più sconnesse e piene di buche, deve sopportare tutto il traffico, pesante e non. Si tratta di strade a volte anche interrotte e pericolose che impediscono ai cittadini di lavorare e muoversi non solo in tempi ragionevoli, ma anche liberamente in sicurezza. E con l'arrivo della stagione invernale e, magari, anche della neve, la situazione diventerà ancora più pericolosa;

   è così che i paesi di Fara San Martino, Roccascalegna, Palombaro, Casoli, Gessopalena, Montenerodomo, Torricella Peligna, Civitella Messer Raimondo, Guardiagrele, Pennapiedimonte, Lama dei Peligni, Perano, Montelapiano, Altino sono attualmente diventati paesi praticamente isolati. Sono quindi del tutto condivisibili le preoccupazioni dei Sindaci dei territori del Medio Aventino e del Medio Sangro, perché i mancati interventi per fronteggiare un dissesto idrogeologico evidente da tempo hanno via via aggravato la situazione ed una ulteriore inerzia rischia di isolare un'intera valle e un polo industriale di primaria importanza, con ricadute negative su più fronti: dall'assistenza sanitaria, al lavoro, alla socialità di decine di migliaia di abruzzesi della Maiella orientale e del Sangro Aventino;

   tutto il tratto in questione è sempre stato interessato da dissesti idrogeologici e smottamenti. Questo suggerirebbe, oltre al ripristino normale e in sicurezza della viabilità sulla statale 81, di prendere in seria considerazione la possibilità di realizzare anche un ulteriore nuovo collegamento stradale tra i paesi di Guardiagrele e Casoli soprattutto per porre un freno e una perequazione all'irreversibile trasferimento di servizi primari dalle zone interne a quelle costiere (sanità, insediamenti artigianali, formazione, scuola) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative intenda assumere:

    a) per supportare Anas e i suoi tecnici a procedere con urgenza al ripristino definitivo della circolazione nel tratto di strada SS 81 che è stato interessato dalla frana;

    b) perché si intervenga in maniera definitiva per mettere al sicuro questo intero territorio, particolarmente aggredito dal dissesto idrogeologico, scongiurando simili situazioni di isolamento causate dalle interruzioni stradali;

    c) perché adeguati interventi di messa in sicurezza possano interessare l'intera rete stradale di questo vasto comprensorio territoriale, comprese le strade provinciali e comunali, e si venga incontro alle esigenze, da più parti manifestate, di accrescere in sicurezza la connessione tra aree più periferiche, i centri urbani e le principali reti di trasporto sia attraverso la realizzazione di una nuova strada Guardiagrele-Casoli, sia accelerando la procedura di ritrasferimento ad Anas delle articolazioni viarie ieri statali, poi provinciali e adesso per funzioni e rango oggettivi, meritevoli di essere statizzate, tra le quali è da ricomprendere sicuramente anche la Strada Istonia, dal momento che anche quest'ultima soddisfa tutti i requisiti tecnici di appartenenza alla rete nazionale dettati dall'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 – codice della strada, e svolge la fondamentale funzione di adduzione e distribuzione del traffico alle località industriali della Val di Sangro di rilevanza nazionale, serve traffici interregionali e congiunge strade statali.
(3-00837)


   PADOVANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Cipe, ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge n. 152 del 1991 (legge di conversione n. 203 del 1991), avviava il programma di edilizia residenziale inteso a favorire la mobilità dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato, deliberando, in particolare, un periodo minimo di locazione non inferiore a 12 anni e la decadenza automatica dell'assegnazione alla data di cessazione dell'incarico di servizio (punto 5 della deliberazione 20 dicembre 1991 del Cipe);

   in data 13 novembre 1997 il prefetto di Verona stipulava una convenzione con l'Ater per la realizzazione di 70 alloggi di edilizia agevolata con vincolo di locazione di 23 anni per il personale della polizia di Stato;

   in data 7 febbraio 2005 veniva sottoscritto per i citati alloggi un contratto di locazione a canoni agevolati, secondo i principi di proporzionalità ai redditi degli assegnatari, proprio per non penalizzare i dipendenti impegnati nella lotta alla criminalità organizzata;

   l'articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, dispone espressamente ai commi 1-bis e 1-ter che «Gli alloggi concessi ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 [...] rimangono in godimento del locatario anche qualora il locatario stesso sia riformato totalmente o parzialmente per malattia, anche non dipendente da cause di servizio. Nel caso di pensionamento dell'assegnatario, i predetti alloggi rimangono assegnati in locazione per un periodo di ulteriori tre anni dalla cessazione dall'incarico. Nel caso di decesso dell'assegnatario, i predetti alloggi rimangono assegnati in locazione al coniuge o agli aventi diritto, che ne facciano richiesta, per un periodo di ulteriori tre anni a partire dal decesso dell'assegnatario. Gli alloggi finanziati in tutto o in parte ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 [...] possono essere alienati dagli enti proprietari e trasferiti in proprietà agli assegnatari, prima del periodo indicato al punto 5 della deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 20 dicembre 1991, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 1992, e prima del periodo eventualmente indicato da convenzioni speciali concernenti i singoli interventi. Nel caso in cui l'assegnatario acquisti l'immobile esso viene automaticamente liberato dal vincolo di destinazione»;

   nel corso degli anni tali alloggi sono stati liberati e riassegnati a seguito del trasferimento del personale, ma una decina di immobili sono stati locati per più di 18 anni dagli stessi dipendenti che, a causa di stipendi modesti, nonostante il loro contribuito negli anni alla lotta alla criminalità, non hanno potuto acquistare una casa di proprietà;

   oggi, tale personale, raggiunta l'età della pensione, si trova, insieme alla propria famiglia, nella grave situazione di dover abbandonare gli immobili, senza alcuna possibilità di riscatto e in un caso secondo quanto consta all'interrogante l'Ater avrebbe addirittura attivato la procedura di sfratto giudiziario;

   per quanto consta all'interrogante, altre regioni, come ad esempio la Puglia, hanno previsto la possibilità per i dipendenti di acquistare l'alloggio assegnato, come previsto per legge;

   a parere dell'interrogante, sarebbe opportuno offrire al personale di polizia, trasferito per motivi di servizio e, peraltro, impegnato al servizio dello Stato, spesso in operazioni di contrasto alla criminalità organizzata, la possibilità di assicurare a sé e alle proprie famiglie una stabilità abitativa –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per promuovere una disciplina uniforme sul territorio nazionale che consenta al personale dipendente delle amministrazioni dello Stato, assegnatario di un alloggio di edilizia agevolata, di riscattare gli alloggi assegnati dopo un apprezzabile periodo di anni di locazione, in linea con la legge citata in premessa.
(3-00838)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   IAIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   un ulteriore gravissimo incidente si è verificato nei giorni scorsi, sulla strada statale 100 di Gioia del Colle, all'altezza della galleria fra Massafra e Mottola, in provincia di Taranto. Uno scontro frontale che ha causato quattro morti e tre feriti;

   si tratta dell'ennesimo episodio di incidente mortale accaduto in questa strada, la quale necessita di lavori di ammodernamento per aumentare la sicurezza dei viaggiatori;

   si fa un esempio del degrado in cui versa tale infrastruttura citando il chilometro 63, all'altezza della galleria Mauro, interessato da lavori di ristrutturazione per le precarie condizioni della soffittatura, il rifacimento dell'impianto di illuminazione e la necessità di interventi per fermare le infiltrazioni di acqua piovana. Il cantiere aperto restringe la strada in entrambe le direzioni di marcia, fatto che non garantisce il livello di sicurezza adeguato e necessario;

   al chilometro 59.9, quello dove è avvenuto anche l'ultimo incidente plurimortale, la mancanza di spartitraffico, un percorso denso di curve pericolose nonché in pendenza, fatto che rende ancor più difficoltosa la guida, è causa frequente di incidenti generati da veicoli che invadono le corsie di marcia in senso opposto;

   mancano un adeguato spartitraffico centrale e quattro corsie su tutto il tragitto, motivo dei troppi incidenti frontali mortali, talmente numerosi che hanno fatto ribattezzare la strada come «Statale della morte»;

   nel febbraio 2023 è stato chiesto il commissariamento dei lavori per far assumere carattere di priorità all'opera di ampliamento a quattro corsie della strada, in particolare nel tratto successivo a Gioia del Colle, quello dove è avvenuto l'ultimo incidente. I lavori di completamento e messa in sicurezza sono particolarmente necessari dal chilometro 44+500 al chilometro 53+600, San Basilio, e nei due snodi San Basilio-Mottola e Massafra-Taranto;

   il tratto è stato inserito nel nuovo Piano regionale dei trasporti ma mancano le risorse essenziali, ovvero i finanziamenti pubblici, anche solo per la progettazione iniziale, perché non è stato ancora sottoscritto il contratto di programma con Anas, il cui termine era previsto per il 30 giugno 2023. Quindi non ci sono ancora disponibilità finanziarie per gli interventi necessari alla messa in sicurezza della strada statale 100 di Gioia del Colle. Tutto ciò accade mentre prosegue imperterrita la perdita evitabile di vite umane –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire i fondi, quindi i lavori necessari alla messa in sicurezza e all'ammodernamento della strada statale 100 di Gioia del Colle, al fine di interrompere la lunga catena di incidenti mortali che connota la cosiddetta «Statale della morte».
(5-01691)


   BAKKALI, GHIO e CASU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 novembre 2023, presso Corigliano Rossano, in provincia di Cosenza, si è verificato l'ennesimo incidente avvenuto in corrispondenza di un passaggio a livello, causando la morte della capotreno e del camionista rimasto bloccato sui binari dalla chiusura delle barriere;

   sono 250 gli incidenti che si verificano in media ogni anno ai passaggi a livello, con conseguenze gravi o mortali nel 10 per cento dei casi, e oltre 2.600 i casi di presenze di persone sui binari o lungo la linea, con un bilancio di circa 200 decessi o feriti gravi;

   secondo la relazione annuale 2022 dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), la gran parte degli incidenti che si verificano in corrispondenza di passaggi a livello sono riconducibili ad infrazioni del codice della strada o comunque a indebiti comportamenti degli utenti lato strada;

   alla luce dell'intensificarsi del traffico stradale, i passaggi a livello rappresentano oggi un elemento di criticità sia in termini di sicurezza che di regolarità del trasporto ferroviario e di quello su strada;

   il contratto di programma con (Rfi) 2022-2026 già prevede la progressiva soppressione dei passaggi a livello, il cui numero è ogni anno in diminuzione, che sono ormai caratteristici delle linee storiche dall'attuale rete ferroviaria e non esistono nell'ambito della costruzione delle nuove opere;

   sulla rete ferroviaria nazionale sono presenti 4.135 passaggi a livello, di cui 455 di competenza di utenti privati. Nel corso del 2022, Rete ferroviaria italiana ha eliminato 83 passaggi a livello, di cui 37 di competenza privata, investendo oltre 54 milioni di euro. Nel 2023 è prevista l'eliminazione di altri 87 passaggi a livello, dei quali 37 in gestione privata, con la realizzazione di opere di viabilità alternativa per un valore di oltre 67 milioni di euro;

   i sistemi di protezione automatica integrativa – passaggi a livello (Pai-pl), che permettono di rilevare la presenza di ingombri sui binari in prossimità delle barriere, preesistenti o in seguito alla chiusura del passaggio a livello, consentendo di arrestare la circolazione ferroviaria fino alla risoluzione dell'anormalità, costituiscono una soluzione collaudata che aumenterebbe sensibilmente l'affidabilità e la sicurezza dei circa 4000 passaggi a livello esistenti;

   nonostante Rfi stia installando i sistemi Pai-pl, non sono ad oggi disponibili dati ufficiali sul numero di passaggi a livello dotati di questa tecnologia salvavita –:

   quanti passaggi a livello siano dotati del sistema Pai-pl, quali siano i piani di upgrade tecnologico dei passaggi ancora non equipaggiati con tale tecnologia e le relative tempistiche; se si intenda fornire un aggiornamento sui piani di progressiva soppressione dei passaggi a livello e quali siano le risorse che il Governo intende destinarvi.
(5-01692)


   CASU, DI BIASE, MADIA, MANCINI, MORASSUT, ORFINI e ZINGARETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura dell'anello ferroviario di Roma è un'opera di grande importanza per tutto il sistema della mobilità della Capitale;

   di particolare rilievo il primo lotto dell'infrastruttura che riguarda il tracciato che collega Vigna Clara a Tor di Quinto, il cui costo previsto è pari a 382 milioni di euro, mentre le risorse disponibili erano, quanto si legge sulla stampa, di 262 milioni di euro;

   nell'ambito della rimodulazione degli interventi del PNRR il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha presentato al Cipe un pacchetto di modifiche che riguardano interventi per i quali lo stato di avanzamento attuale non consente di bandire le gare entro il 2023;

   tra questi la linea ferroviaria Roma-Pescara nella tratta interporto d'Abruzzo-Chieti-Pescara e Sulmona-Avezzano, il raddoppio della Falconara-Orte, e, appunto, la chiusura dell'anello ferroviario di Roma;

   in risposta all'interrogazione 5-01451 presentata dal gruppo del Partito democratico in commissione trasporti, il sottosegretario Ferrante ha confermato l'avvenuta rimodulazione derivante dalla «necessità di rimodulare le risorse disponibili per finanziare opere con una maturità progettuale avanzata. A tal fine, sono state attinte risorse da progetti che non prevedono obbligazioni giuridicamente vincolanti nel corso del 2023. (....) Si è deciso, pertanto, di utilizzare le risorse precedentemente destinate alla realizzazione delle linee ferroviarie che non avrebbero raggiunto appaltabilità entro quest'anno, con l'impegno di reintegrare tali finanziamenti nell'ambito dell'aggiornamento del Contratto di Programma RFI per l'anno 2024.»;

   secondo quanto annunciato alla stampa dal Ministro interrogato negli scorsi mesi le risorse rimodulate nel 2023 dovrebbero essere riassegnate per il 2024 rinviando in sostanza alla legge di bilancio –:

   se il Ministro interrogato confermi che le risorse sottratte alla realizzazione del tracciato che collega Vigna Clara a Tor di Quinto siano state effettivamente riassegnate per il 2024, in modo da evitare che la Capitale del Paese, oltre ad altre importanti realtà, venga gravemente danneggiata dalle scelte del Governo.
(5-01694)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   ROGGIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da diversi organi di stampa, la procura di Milano ha disposto perquisizioni e acquisizioni di atti e documenti presso il Cpr di via Corelli nell'ambito di una indagine per frodi delle pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti, che sarebbero, è l'ipotesi investigativa, realizzate dalla società che si è aggiudicata l'appalto per la gestione del centro;

   secondo l'accusa la società che gestisce il centro, Martinina srl, con sede a Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno, non avrebbe fornito i servizi previsti dal bando di gara: si va dall'assistenza sanitaria, alla gestione della mensa fino alle pulizie. Inoltre, per aggiudicarsi la gara, è l'ipotesi investigativa, sarebbe stata presentata documentazione falsa;

   da quanto emergerebbe dalle indagini: il servizio di mediazione culturale e linguistica era «assente» o «deficitario», come il presidio sanitario per cui era prevista la presenza costante di medici e infermieri. Le visite specialistiche per i migranti all'interno del centro non sarebbero state effettuate «per il rifiuto del gestore di pagare». La procura contesterebbe, inoltre, anche la mancanza di medicinali e la carenza delle visite di idoneità per la valutazione di gravi patologie quali epilessia, epatiti, patologie psichiatriche, tossicodipendenze e, infine, la totale assenza di un servizio per la diagnosi di tumori;

   analogamente «largamente insufficiente» sarebbe anche il servizio di ausilio psicologico/psichiatrico con personale che non conosceva le lingue parlate dai migranti. Assente il servizio legale, il servizio per l'organizzazione di attività ricreative sociali e religiose e assenti anche luoghi di culto;

   a quanto detto si aggiunga che il cibo spacciato e offerto come biologico sarebbe stato invece «maleodorante, avariato, scaduto»;

   vale la pena evidenziare come già in passato il centro di via Corelli, precedentemente struttura di identificazione ed espulsione, sia stato oggetto di diverse denunce da parte di diverse organizzazioni umanitarie per le condizioni di detenzione;

   appare di tutta evidenza come le condizioni del Cpr di via Corelli siano ben oltre i limiti della vivibilità per persone di fatto detenute e che non hanno potuto contare neanche sull'assistenza minima –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali siano stati i controlli effettuati nel corso degli anni presso il citato CPR e se non ritenga necessario e urgente procedere con l'immediata chiusura del centro fino alla chiusura delle indagini da parte della procura di Milano, anche al fine di garantire che siano ripristinate condizioni di permanenza tali da assicurare ai migranti il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali che, come di tutta evidenza, sarebbero stati loro negati nel corso di questi anni.
(4-01989)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Padovani n. 4-01169 del 16 giugno 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-00838;

   interrogazione a risposta scritta Caramiello e Pavanelli n. 4-01445 del 2 agosto 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-00836;

   interrogazione a risposta scritta D'Alfonso n. 4-01537 del 7 settembre 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-00837;

   interrogazione a risposta scritta Bergamini Davide e Cavandoli n. 4-01915 del 21 novembre 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-00839.