Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 9 novembre 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    storicamente i settori popolari negli stadi italiani si sono sempre contraddistinti in particolari caratteristiche, frequentati soprattutto da giovani, di ogni fascia sociale e quindi pure studenti e disoccupati, grazie anche a prezzi del biglietto moderatamente bassi;

    secondo il Corriere dello Sport, «i costi sono lievitati da una media di 18,15 euro a una di 23,28 per i match di Serie A»;

    le prime giornate di serie A hanno visto costi delle curve con una media di 30 euro, con picchi di 40 euro a Udine, 41 a Roma, 40 a Frosinone, 45 a Torino;

    nella terza giornata si sono registrati 75 euro per una curva a Roma-Milan, 43 euro a Bologna-Cagliari;

    in alcune occasioni i prezzi aumentano anche per le coppe europee;

    i prezzi in altri Paesi, come la Germania, hanno una media di 19 euro nelle curve;

    nei decenni precedenti i costi erano molto più bassi, quasi fissi in tutto il campionato, mentre oggi variano da partita a partita;

    il «caro biglietti» nei settori popolari ha provocato proteste pacifiche di numerosi club di tifosi;

    a decidere la politica dei prezzi sono le singole società, generalmente facendo riferimento a tre differenti fasce: i biglietti contro le «big» (Juve, Inter, Milan, Napoli e le romane su tutte) costano di più, quelli per vedere le squadre di fascia media hanno un costo inferiore e quelli per gare contro le cosiddette «piccole» scendono ulteriormente;

    alcuni esempi concreti: un posto di curva in Roma-Spezia, ultima sfida della Serie A 2022/23, veniva a costare 22 euro, mentre per Roma-Salernitana due giornate fa all'Olimpico lo stesso seggiolino ne «vale» 35, cioè 13 euro in più (+59 per cento). Nella prima gara casalinga del 2022/23 la Lazio metteva in vendita a 25 euro un biglietto nei distinti dell'Olimpico (Lazio-Bologna), mentre per Lazio-Genoa del prossimo 27 agosto la cifra è salita a 40, con un incremento del 60 per cento;

    altro caso: il prezzo minimo per un adulto che vuole assistere a Milan-Torino è di 19 euro, e a febbraio lo stesso match (giocato però di venerdì sera) costava 14 euro. Anche sponda Inter i biglietti costano caro e si è passati per la sfida con il Monza dai 10 euro del terzo anello nel 2022/23 ai 22 euro di pochi giorni fa: +120 per cento;

    l'aumento dei costi riguarda anche gli abbonamenti ai servizi di streaming;

impegna il Governo

ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, affinché vengano contenuti i costi di accesso ai settori popolari in occasione delle partite dei campionati di Serie A e Serie B, nonché a favorire un'adeguata e innovativa politica dei prezzi degli abbonamenti e dell'accesso alla visione degli eventi, anche via streaming, promuovendo a tal fine tavoli istituzionali di confronto e sensibilizzazione che coinvolgano in particolare gli operatori della comunicazione.
(7-00173) «Amorese, Mollicone, Perissa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il presidente dell'Anac, avvocato Busia, in occasione della presentazione della relazione annuale 2021, segnalava la necessità di una «selezione di funzionari capaci come primo presidio anticorruzione» specificando che «Uno dei principali presidi contro la corruzione è certamente la creazione di una pubblica amministrazione capace di rispondere con prontezza ed efficacia alle esigenze dei cittadini [...]. Ben vengano, dunque, gli sforzi con i quali si sta cercando di far fronte alle gravi carenze di organico accumulate negli anni, sia nell'amministrazione statale, che negli enti territoriali. Attenzione, però, ad evitare che l'accelerazione delle procedure di reclutamento finisca per pesare sul rigore delle selezioni e, quindi, influire sulla qualità dell'agire pubblico nel lungo termine. In questo senso, appaiono poco lungimiranti alcune proposte, anche recenti, di stabilizzare per legge i dirigenti, scelti unicamente su decisione discrezionale del vertice politico o amministrativo, al di fuori delle selezioni concorsuali, privilegiate invece dalla nostra Carta fondamentale»;

   paradossalmente, però, lo stesso Busia, per il conferimento dell'incarico di segretario generale dell'Anac, conclusosi con la nomina del consigliere Catalano il 1° marzo 2021, così come per la nomina dell'ingegner Romano (dirigente di ruolo dell'Anac) lo scorso 1° febbraio 2023, non adottava una procedura di selezione pubblica;

   per quanto consta all'interpellante, il presidente Busia e il segretario generale dell'Anac p.t., hanno assunto comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale della Federazione UGL Authority, come certificato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 7725/2022 che ha annullato gli accordi illegittimi sottoscritti tra l'Amministrazione e le altre organizzazioni sindacali di minoranza in Anac;

   a fronte della diffida della Federazione UGL Authority ad ottemperare al giudicato, l'Anac, con atto unilaterale, adottava una delibera, ad avviso dell'interpellante, in violazione ed elusione del giudicato e del Protocollo per la disciplina delle relazioni sindacali;

   la Federazione UGL Authority presentava nuovo ricorso chiedendo all'adito Consiglio di Stato che fosse ordinato all'Autorità di far eseguire ed attuare integralmente la citata sentenza n. 7725/2022, nominandosi sin da subito un commissario ad acta e determinando le opportune modalità esecutive con condanna dell'Autorità, al risarcimento danni;

   numerose ulteriori irregolarità sarebbero state denunciate in merito all'attività dell'Anac: dall'assunzione di personale, nel corso degli anni 2021 e 2022, in deroga all'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001; all'avvio nel 2022 di una procedura concorsuale di dirigenti amministrativi «il cui numero dei posti messi a concorso verrà definito in un secondo momento», senza mai procedere alla pubblicazione del bando di concorso; dalla pubblicazione di un interpello per il conferimento di due incarichi di funzione dirigenziale, di durata triennale, pubblicato in violazione dell'articolo 26 comma 2 e 28 del regolamento sull'ordinamento giuridico ed economico del personale dell'Anac; alla predisposizione e adozione unilaterale del piano dei fabbisogni di personale (Ptfp) senza la prescritta informativa sindacale di natura preventiva; alla pubblicazione di due bandi di concorso per l'assunzione di due giornaliste in scadenza il 14 ottobre 2023, in relazione ai quali prima della scadenza della data di presentazione della domanda ha richiesto una modifica della platea di potenziali concorrenti ovvero l'espletamento di diverse prove concorsuali come da avviso pubblicato in data 13 ottobre 2023 sulla rete intranet dell'Anac e sul portale «inPA»;

   a far data dal 20 febbraio 2023 tutte le decisioni adottate dal Consiglio dell'Anac risulterebbero «secretate», non essendo stati pubblicati i verbali delle decisioni assunte nelle adunanze del Consiglio e non essendo state comunicate alle organizzazioni sindacali le decisioni assunte in materia di personale;

   in data 30 ottobre 2023, la Federazione UGL Authority, facendosi interprete delle istanze della maggioranza dei lavoratori, proclamava lo stato di agitazione per il comportamento assunto dal segretario generale, nella totale indifferenza del presidente e dei consiglieri, con pesanti ripercussioni su tutti i lavoratori, aggravate dall'assenza di politiche attive per il personale, circostanze queste che oggettivamente possono mettere a repentaglio il regolare funzionamento dell'Anac e il raggiungimento degli obiettivi della prevenzione della corruzione e della vigilanza e supporto al mercato dei contratti pubblici, anche e soprattutto in vista dell'avvio del processo di digitalizzazione dei contratti pubblici a partire dal 1° gennaio 2024 –:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali immediate iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per ovviare alla mancata trasparenza delle decisioni adottate dal Consiglio dell'Anac e dai molteplici comportamenti denunciati dalla Federazione UGL Authority, anche al fine di avviare selezioni concorsuali pubbliche per la copertura dei posti vacanti nel rispetto della dotazione organica, del regolamento sull'ordinamento giuridico ed economico del personale dell'Anac e della nostra Carta fondamentale;

   di quali elementi disponga in ordine ai contenziosi attualmente pendenti in materia di personale nei confronti dell'Anac.
(2-00268) «Rampelli».

Interrogazione a risposta orale:


   SCARPA, ZAN e FASSINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime due settimane il nostro Paese è stato interessato da un'intensa ondata di maltempo (cosiddetta tempesta Ciaran) che ha provocato diversi danni a cose e persone;

   nel Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023, è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale per la durata di 12 mesi relativamente alla regione Toscana;

   è opportuno estendere tale stato di emergenza anche agli altri territori colpiti dalla tempesta, tra cui i comuni appartenenti alla regione Veneto;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per sostenere i territori colpiti dalla recente alluvione non appartenenti alla regione Toscana, e, in particolare, se intenda procedere con l'estensione dello stato di emergenza nazionale anche a questi, a partire dai comuni appartenenti alla regione Veneto.
(3-00790)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL BARBA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   in piena pandemia da COVID-19, si registrò una enorme carenza dei presidi medici necessari a prevenire la diffusione del virus, dalla Amuchina, alle mascherine, agli stessi test antigenici;

   il Ministero della salute e la Protezione civile presero atto che, tra le altre carenze, in quel periodo, non c'erano abbastanza mascherine nemmeno per garantire un ricambio frequente al personale sanitario negli ospedali;

   l'allora capo della Protezione civile Angelo Borrelli sollecitò la creazione e il sostegno di una produzione di filiera nazionale;

   già dalla fine di marzo 2020 diverse aziende legate al tessile convertirono parte della produzione alla realizzazione di mascherine;

   in quei giorni, a gestire l'emergenza fu chiamato un commissario straordinario, nominato dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte;

   nel dettaglio, la nomina avvenne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020 e per tale ruolo fu designato Domenico Arcuri;

   il commissario per l'emergenza coronavirus, annunciò, quindi, confermando la linea di Borrelli, l'avvio della produzione totalmente italiana di mascherine chirurgiche;

   con l'articolo 15, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, si introdusse una procedura di semplificazione straordinaria per la validazione delle mascherine, tramite autocertificazione da produrre all'Istituto superiore di sanità, nella quale si attestavano le caratteristiche tecniche dei dispositivi;

   con ordinanza commissariale n. 4 del 2020, emanata ex articolo 5 del citato decreto-legge n. 18 del 2020, Arcuri, introdusse la misura #CuraItalia – Incentivi per sostenere la produzione e la fornitura di dispositivi medici di protezione individuale, con uno stanziamento pari a 50 milioni di euro, misura chiusa il 15 luglio 2020, in quanto il fabbisogno delle domande aveva superato la dotazione finanziaria disponibile;

   a seguito della chiusura anticipata della misura #CuraItalia – Incentivi, si finanziarono solo alcune delle moltissime aziende che avevano aderito al processo di riconversione e produzione dei Dpi;

   il 30 aprile 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri annunciò provvedimenti che prevedevano che il costo delle mascherine chirurgiche fosse calmierato al prezzo di 50 centesimi, il che provocò, da un lato l'impossibilità per la filiera italiana di vendere a prezzi che consentissero un ragionevole guadagno e dall'altra la sparizione del prodotto dai banchi delle farmacie;

   successivamente, poi, con il normalizzarsi della situazione e i nuovi bandi in Asl e ospedali, si acuirono le difficoltà dei produttori italiani; le tasse e il costo del lavoro molto più alto rispetto ad altri Paesi, primo fra tutti la Cina, causarono il collasso della rete produttiva nazionale, inizialmente tanto sostenuta dal Governo;

   dopo ingenti investimenti e con una produzione appena avviata, la filiera italiana delle mascherine era già in crisi, e successivamente, con l'allentarsi delle prescrizioni e la cessazione dell'obbligo nei luoghi di lavoro, gli ordinativi si sono quasi completamente azzerati;

   infine, negli ultimi mesi, le cose sono peggiorate: ai pochi bandi pubblicati dalla pubblica amministrazione hanno partecipato tutte le aziende che vorrebbero liberarsi di milioni di mascherine accumulati nei magazzini, il prezzo è quindi sceso ulteriormente, fino a 5 centesimi a mascherina, ovviamente al di sotto del costo di produzione;

   molte delle aziende sono tuttora in forte difficoltà, le più fortunate, più solide o più pronte, hanno nuovamente convertito la produzione, altre sono vicine al fallimento e in regime di concordato preventivo –:

   se il Governo sia al corrente della situazione in cui versano le aziende citate in premessa, se siano stati compiuti accertamenti, per quanto di competenza, in ordine ad eventuali responsabilità di carattere amministrativo e quali iniziative di competenza intenda porre in essere per garantire la continuità produttiva di aziende che hanno creduto nello Stato, anche nell'ottica di salvaguardare il principio del legittimo affidamento e garantire i livelli occupazionali.
(4-01851)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   EVI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della puntata del 5 novembre 2023 del programma televisivo Report-Rai3 dal titolo «I Monatti», sono state trasmesse immagini realizzate per mezzo di un drone dalla Ong Last Chance for Animals che mostrano numerose criticità, abusi e irregolarità durante gli abbattimenti negli allevamenti di maiali colpiti dalla Psa in provincia di Pavia e Mantova, in particolare relativamente a misure di biosicurezza e maltrattamenti nei confronti degli animali;

   le terribili immagini andate in onda fanno emergere gravi interrogativi sulla gestione degli animali nelle fasi dello stamping-out, con animali presi a calci e a bastonate, punti ripetutamente con oggetti appuntiti per farli muovere verso la zona dove avvengono le uccisioni. Nel caso di abbattimento per elettrocuzione il posizionamento degli elettrodi è spesso errato e la procedura può diventare molto dolorosa per l'animale;

   le immagini trasmesse documentano violenze tali ai danni degli animali da poter essere considerate reati di maltrattamento, come conferma anche Francesco Feliziani, responsabile laboratorio Referenze Nazionali Pesti Suine (Izsum), intervistato nell'inchiesta;

   nel caso del sito di Pieve del Cairo quella che sembra essere una dei veterinari incaricati di supervisionare le operazioni e il responsabile dell'allevamento risultano presenti costantemente nelle aree dove avvengono i maltrattamenti che Last Chance for Animals intende denunciare;

   relativamente alle misure di biosicurezza, dalle immagini emerge che gli addetti ai lavori entrano ed escono dai recinti dove viene effettuata l'elettrocuzione e in quelli dove gli animali sono stabulati in attesa, senza presidi sanitari, e molti di loro non utilizzano nemmeno i guanti;

   è stato filmato un cassone aperto con le carcasse dei maiali abbattuti, talmente pieno da rimanere aperto e accessibile ad altri animali (la zona non è delimitata da recinzioni);

   secondo quanto consta all'interrogante un'altra ong, Essere Animali, ha riscontrato, oltre alle violazioni delle norme di benessere animale, durante gli abbattimenti, anche una ulteriore grave criticità relativa allo spandimento di liquami nelle zone infette. Su questo Essere Animali ha presentato un esposto in procura con cui si denuncia che nel mese di settembre 2023 sono avvenuti due episodi di spandimento di liquami zootecnici in una zona del pavese colpita da Psa. In particolare, ci si riferisce alla zona di Sairano (PV) dove i liquami sono stati sparsi mercoledì 6 settembre e in data 13 settembre 2023 non erano ancora stati sepolti nel sottosuolo. Dalle immagini è anche possibile osservare il camion intento a eseguire gli spandimenti che avvengono su un terreno ai margini della strada provinciale 193-bis che è percorsa da numerose macchine. Il virus della Psa è presente nelle feci, nelle urine, nella saliva, nel sangue e nei tessuti degli animali ammalati, rimane infettivo per mesi nell'ambiente e le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze poiché l'agente epizootico può diffondersi indirettamente anche tramite i mezzi di trasporto;

   la capacità di propagazione del virus e, probabilmente, il ritardo con cui le misure di biosicurezza imposte a tutti gli allevamenti di suini già da giugno 2022 sono state messe in atto, hanno portato alla tragica situazione del pavese dove sono stati soppressi oltre 40.000 maiali. Tra questi, anche quelli del rifugio «Cuori Liberi», colpito dal provvedimento di abbattimento, nonostante gli animali non fossero destinati al circuito Dpa –:

   se e quali iniziative di competenza si intenda adottare per approfondire quanto emerso dall'inchiesta di Report e dagli esposti di Essere Animali;

   se si intenda adottare le iniziative di competenza volte a una verifica sulla concessione di eventuali ristori agli allevamenti oggetto dell'inchiesta e se, in generale, non si intenda destinare tali ristori solo ed esclusivamente a coloro che operano nella legalità, per garantire non solo la messa in biosicurezza degli allevamenti ma anche standard più elevati di benessere animale.
(3-00789)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMIANI, BRAGA, CURTI, FERRARI e SCARPA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il progetto di un «repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo (Rendis)» nasce nel 2005 a partire dall'attività di monitoraggio che l'Ispra svolge per conto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica – MASE (allora Mattm e poi Mite) – sull'attuazione di piani e programmi di interventi urgenti per la mitigazione del rischio idrogeologico finanziati dal Ministero stesso;

   il principale obiettivo del repertorio è la formazione di un quadro unitario, sistematicamente aggiornato delle opere e delle risorse impegnate nel campo della difesa del suolo, condiviso tra tutte le amministrazioni che operano nella pianificazione e attuazione degli interventi. In questo senso il Rendis si propone come uno strumento conoscitivo potenzialmente in grado di migliorare il coordinamento e, quindi, l'ottimizzazione della spesa nazionale per la difesa del suolo, nonché di favorire la trasparenza e l'accesso dei cittadini alle informazioni;

   l'ultimo rapporto Rendis risale al 2020. Nel comunicato stampa di presentazione si legge che: «Ammonta a quasi 7 miliardi la cifra stanziata in 20 anni dal Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare per far fronte al dissesto idrogeologico in Italia, per un totale di oltre 6 mila progetti finanziati. Alluvioni (48 per cento) e Frane (35 per cento) le categorie di intervento più sovvenzionate. Stimato, in base alle richieste caricate nel Rendis, anche un primo importo complessivo necessario per la messa in sprezza del territorio: le richieste superano i 26 miliardi di euro»;

   si ricorda che il PNRR aveva stanziato per il finanziamento di interventi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico (M2C4.2-1.2.1-10-13) un importo complessivo di circa 2,5 miliardi di euro articolato in due aree di intervento: a) misure strutturali e non strutturali nei territori più a rischio (a cui sono destinati 1.287 milioni di euro), aventi l'obiettivo di portare in sicurezza 1,5 milioni di persone oggi a rischio; b) misure in favore delle aree colpite da calamità (a cui sono destinati 1.200 milioni di euro) per il ripristino delle infrastrutture danneggiate e per la riduzione del rischio residuo;

   l'area di intervento a) è stata eliminata, dall'attuale Governo, dalle misure del PNRR a seguito della revisione del PNRR e integrazione REPowerEU del 27 luglio 2023;

   gli eventi alluvionali in Emilia-Romagna e, da ultimo, quelli che hanno colpito la Toscana e altre regioni a seguito del passaggio della tempesta Ciaran dimostrano con tutta evidenza la necessità di interventi efficaci e tempestivi per la messa in sicurezza del territorio e misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;

   l'Italia, già con un territorio molto fragile e vulnerabile, è esposta in modo particolare agli effetti dei cambiamenti climatici visto che il Mediterraneo è un'area dove l'aumento della temperatura avviene con maggiore rapidità rispetto alla media mondiale e gli effetti del riscaldamento globale si manifestano con maggiore intensità –:

   quando sia prevista la pubblicazione del prossimo report Rendis al fine di avere un quadro aggiornato dei finanziamenti in essere, dei progetti finanziati e dello stato di attuazione di tali interventi.
(5-01606)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPPELLETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con le disposizioni presenti nel decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, in attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (Mase) il Fondo nazionale per l'efficienza energetica volto a favorire il finanziamento di interventi coerenti con il raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica;

   il Fondo viene gestito da Invitalia ed è articolato in due sezioni: una per la concessione di garanzie su singole operazioni di finanziamento, cui è destinato il 30 per cento delle risorse disposte annualmente;

   una per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato cui è destinato il 70 per cento delle risorse disposte annualmente;

   le iniziative ammissibili a finanziamento del Fondo riguardano: la riduzione dei consumi di energia nei processi industriali; la realizzazione e/o l'implementazione di reti ed impianti di teleriscaldamento e teleraffrescamento; l'efficientamento di servizi ed infrastrutture pubbliche, inclusa la pubblica illuminazione; la riqualificazione energetica degli edifici;

   i Magistrati della Corte dei conti, nell'analisi approvata con Delibera n. 26/2023/CCC, condotta sulla gestione delle risorse destinate al «Fondo Nazionale per l'efficienza energetica», hanno segnalato che a quattro anni dall'istituzione del Fondo (le prime domande di accesso alla misura risalgono infatti al maggio-giugno 2019), solo 2,8 milioni di euro, sui 310 stanziati, sono stati erogati per il finanziamento di progetti di efficientamento o di riduzione dei consumi di energia, con un risparmio energetico conseguito di 11.000 Tonnellate equivalenti di petrolio (Tep), a fronte dei 15,5 milioni, indicati al 2020 come uno degli obiettivi nazionali raggiungibili con il concorso di tutte le misure adottate nel settore;

   in molte aree geografiche si è manifestata poco attenzione per la misura e, nei casi di Veneto, Puglia e Sardegna, l'interesse si è mostrato addirittura del tutto assente;

   lo scarso impiego e utilizzo del Fondo, secondo i Magistrati, è strettamente legata alla sua scarsa attrattività;

   nell'ambito dell'istruttoria dei Magistrati, il Mase ha fatto pervenire una nota osservando espressamente di condividere le valutazioni della Corte oltre ad impegnarsi a rendere più attrattiva la misura, con aggiornamenti e modifiche al decreto interministeriale 22 dicembre 2017 già con la prossima legge di bilancio;

   nel corpo finale della delibera dei Magistrati della Corte viene raccomandato al Mase, ove ritenuto coinvolgendo Invitalia, di elaborare le misure correttive, già discrezionalmente identificate nel riscontro fornito nell'istruttoria, atte a migliorare l'efficacia della misura, come il miglioramento della promozione pubblicitaria del Fondo o l'eventuale spostamento di tutte le risorse destinate alla concessione di garanzie verso i soli finanziamenti a tasso agevolato, definendone tempi e risultati attesi, invitando inoltre il Ministero a riferire con documentazione, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della deliberazione, sulle eventuali iniziative intraprese per osservare le raccomandazioni impartite –:

   se, come indicato nell'istruttoria, intenda dar corso alla delibera di cui in premessa e se non ritenga opportuno ampliare le finalità del Fondo agli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione e di imprese attraverso l'autoconsumo collettivo e individuale di energia per la realizzazione di comunità energetiche rinnovabili.
(4-01855)


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con nota del 17 ottobre 2023 il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica ha trasmesso, alla Commissione parlamentare ambiente, infrastrutture e lavori pubblici, la proposta di nomina del dottor Mauro Durbano a presidente dell'Ente parco nazionale del Gran Paradiso;

   tale iter è normato dalla legge n. 394 del 1991, che all'articolo 9 prevede che il presidente di un Parco nazionale sia nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con i presidenti delle regioni nel cui territorio ricade in tutto o in parte il parco, nell'ambito di una terna proposta dal Ministro e composta da soggetti in possesso di comprovata esperienza in campo ambientale nelle istituzioni o nelle professioni, oppure di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche o private;

   sempre in base al citato articolo 9, i presidenti delle regioni interessate provvedono entro trenta giorni dalla ricezione della proposta ad esprimere l'intesa su uno dei candidati proposti;

   diversi sindaci e presidenti di unioni di comuni hanno pubblicamente chiesto ai deputati e senatori che dovranno esprimersi sul decreto di nomina di valutare figure maggiormente rappresentative e super partes;

   si rileva che l'iter di nomina ha coinvolto le commissioni parlamentari competenti per materia soltanto a fronte della decorrenza dei suddetti termini per il raggiungimento dell'intesa con i presidenti delle regioni interessate sulla proposta di nomina –:

   se il Ministro interrogato intenda riattivare l'iter di nomina del presidente dell'Ente parco nazionale del Gran Paradiso, al fine di trovare un nome condiviso con gli enti locali e le regioni coinvolte;

   quali criteri debbano essere adottati per selezionare la terna da proporre ai presidenti di regione interessati ai fini delle procedure di cui al citato articolo 9 della legge n. 394 del 1991.
(4-01857)

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA e AMATO. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del CIPE del 1° maggio 2016, n. 3, fu approvato il piano stralcio «Cultura e turismo» presentato dal «Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo»;

   il paragrafo 1.2, lettera c), della citata delibera CIPE, destinava 150 milioni di euro a favore del progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati».

   l'Associazione nazionale partigiani cristiani, con sede in Alatri, presentò un progetto per il recupero di un campo di internamento istituito nel 1941 dalle autorità militari del regime fascista nel territorio di Alatri, in località Fraschette, da cui prese il nome, di «Campo le Fraschette»;

   con il verbale n. 3 del 15 dicembre 2017, l'apposita commissione costituita per la selezione degli interventi, con la nota prot. n. USG 1153 del 22 febbraio 2018 e la nota-mail prot. 3719 del 27 febbraio 2018, indicò di aver selezionato un totale di 271 interventi;

   il «Campo Le Fraschette» risultava tra i 271 selezionati dalla commissione, classificato in posizione utile (progetto n. 160) e destinatario di un finanziamento di euro 500.000,00;

   l'ente attuatore del progetto era stato individuato nel comune di Alatri;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018, fu prevista l'istituzione della commissione per l'attuazione del progetto «Bellezz@», al fine di consentire il completamento dell'istruttoria e la stipula delle convenzioni;

   successivi decreti, presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, hanno provveduto a modificare ed integrare tale commissione;

   al momento nessuna notizia si è avuta né dal Ministero né da altro ente deputato a portare a conclusione il progetto generale –:

   se il Governo sia al corrente dei fatti citati e se abbia intenzione di porre in atto iniziative di competenza per portare a conclusione un iter iniziato ben sette anni fa.
(4-01856)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale Nerio Fischione a Brescia Casal Mombello è stata inaugurata oltre un secolo fa, nel 1914;

   nel 2016 la direzione della casa circondariale e della casa di reclusione di Verziano sono state unificate, anche se le due strutture sono rimaste distinte;

   come già esposto dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-00408, la situazione delle strutture del carcere di Casal Mombello sono critiche, sia per quel che riguarda l'inaccettabile sovraffollamento nel quale sono costretti i detenuti, sia per quel che riguarda la sicurezza e le condizioni di lavoro del personale interno;

   da tempo si prevede una nuova struttura penitenziaria per la quale già dal 2014 sono stati stanziati circa 15 milioni. Ad essa si aggiungerebbero, a quel che si legge sulla stampa, altri 38,8 milioni, che dovrebbero consentire di raggiungere la cifra di 54,8 milioni di euro necessaria alla realizzazione del progetto, come evidenziato anche nella risposta al citato atto di sindacato ispettivo da parte del Ministro interrogato;

   la questione, però, è quella di non trasferire nella nuova struttura le emergenze presenti nell'attuale casa circondariale, Infatti, è previsto che il nuovo padiglione sia realizzato occupando la quasi totalità degli spazi verdi dedicati alle attività ricreative dell'attuale istituto penitenziale di Verziano;

   è, però, di tutta evidenza che questa scelta comprometterebbe le condizioni di vivibilità per i detenuti ed è quindi necessario trovare aree limitrofe per la costruzione della nuova struttura. Al riguardo, sempre dalla stampa si ipotizza che i lavori dovrebbero durare quattro anni;

   al riguardo le trionfalistiche dichiarazioni del sottosegretario Delmastro Delle Vedove lasciano alquanto perplessi, in particolare per quel che riguarda «la disponibilità a recuperare altri fondi», senza che ne venga almeno stimato l'ammontare e fornita la possibile fonte da cui «recuperare» quanto necessario per evitare, appunto, di trasferire le criticità attuali nella nuova struttura –:

   se il Ministro interrogato sia in grado, per quanto di competenza, di precisare se vi sia una necessità di reperire nuovi fondi, come sembra far capire la dichiarazione del Sottosegretario, e in caso positivo da dove questi fondi possano essere tratti e se, infine, sia in grado di stimare quanto dovrebbe essere necessario aggiungere per avere una soluzione definitiva alla questione sopra esposta.
(4-01854)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GADDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comando provinciale di Pavia dei vigili del fuoco soffre di una ormai cronica e gravissima carenza di organico, di mezzi e di dotazioni, che finiscono per mettere a rischio l'efficienza degli interventi e la sicurezza stessa degli operatori in servizio;

   la presenza di una sola autoscala stanziata al comando provinciale, mezzo determinante e insostituibile per gli interventi sui palazzi o sui tetti, risulta totalmente insufficiente considerata la vastità del territorio in oggetto che comprende abitazioni civili e siti produttivi in centri come Vigevano, Voghera, Broni, Stradella, e nell'Oltrepo Pavese;

   risulta, da quanto pubblicato sul quotidiano La Provincia Pavese in data 28 ottobre 2023, che i vigili del fuoco, in assenza dell'autoscala, si siano calati dal quinto piano di un palazzo per salvare una donna;

   giova ricordare che la Provincia di Pavia copre un bacino di ben 190 comuni, anche molto distanti tra loro e dal capoluogo, ivi incluse realtà montane e rurali dove sono presenti numerosi edifici con tetti in legno;

   i vigili del fuoco della provincia di Pavia risultano altresì sprovvisti di un'autogru, nonostante il comando provinciale, le caserme e i distaccamenti servano anche le vicine autostrade Milano-Genova e Torino-Piacenza, che registrano una considerevole frequenza di incidenti stradali;

   da quanto risulta alla scrivente, gli stessi operatori del corpo dei vigili del fuoco del comando provinciale di Pavia hanno espressamente rivolto formale richiesta alla locale prefettura per la fornitura di almeno due nuove autoscale, una da collocare a Vigevano e un'altra a Voghera, e di almeno un'autogru –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per garantire l'efficienza degli interventi e l'incolumità degli operatori del corpo dei vigili del fuoco di Pavia e la sicurezza dei cittadini;

   se, attraverso il dipartimento dei vigili del fuoco, non ritenga utile avviare un complessivo monitoraggio delle esigenze dei comandi dislocati sul territorio nazionale, a seguito del quale adottare tutte le azioni necessarie atte a garantire che situazioni analoghe a quella della provincia di Pavia non abbiano più a ripetersi.
(4-01850)


   SASSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   recenti inchieste giornalistiche hanno portato alla ribalta delle cronache un problema annoso che affligge molte amministrazioni comunali e crea intralcio a numerosissime istituzioni scolastiche;

   benché da molti anni non sia più prevista la figura del custode della scuola e tale funzione sia affidata ai collaboratori scolastici, ovvero a personale Ata, senza che per questo sia concesso loro l'uso di alcun alloggio, tantissimi alloggi risultano ancora occupati e la maggior parte di essi senza alcun titolo;

   solo a Roma vi sarebbero 500 vecchie «custodie» occupate, nonostante per molte di esse sia stato chiesto il rilascio e l'amministrazione cittadina abbia avviato il procedimento di sfratto;

   molte delle istituzioni scolastiche in questione lamentano la carenza di spazi necessari per l'espletamento delle attività didattiche frontali e laboratoriali, troppo spesso trascurate, nonostante la disponibilità di fondi dedicati all'edilizia scolastica e all'innovazione tecnologica degli spazi educativi ne permetterebbe l'adeguamento e l'allestimento;

   parrebbe che solo in una manciata di casi gli alloggi siano occupati regolarmente mentre nella maggior parte ormai vi abitino eredi degli allora custodi privi di qualsiasi titolo;

   fra i diversi casi ha ricevuto particolare clamore mediatico quello che vede coinvolto il segretario regionale della Flc-Cgil del Lazio, dipendente come collaboratore scolastico presso il prestigioso liceo Righi della capitale e distaccato presso il sindacato da molti anni, che occupa l'appartamento del custode, ubicato all'ultimo piano dell'edificio in un quartiere in cui il valore immobiliare è incredibilmente elevato;

   in questo caso però la dirigente scolastica ha pubblicamente avallato l'occupazione dell'alloggio da parte del dipendente, benché non in servizio presso l'istituto, giustificando la sua presenza come «servizio passivo di vigilanza e custodia dei locali», apparentemente in barba a quanto previsto dalla normativa vigente e da copiosa giurisprudenza conforme, fra cui, da ultimo il Consiglio di Stato con sentenza n. 693 del gennaio 2019, che ribadiscono che le abitazioni degli ex custodi rientrano esclusivamente nel patrimonio indisponibile del comune –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare con riguardo ai fatti esposti in premessa, anche valutando l'avvio di attività ispettive, al fine di far luce sulle eventuali responsabilità, nonché di assicurare, da un lato, il pieno il rispetto del diritto in ordine all'occupazione degli immobili e, dall'altro, che gli stessi possano tornare a disposizione degli istituti scolastici per finalità didattiche.
(4-01852)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI, GIANASSI, LACARRA, LAUS e SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la riforma del regolamento unico della Previdenza di Cassa Forense è stata approvata con delibera del Comitato dei delegati n. 31 del 28 ottobre 2022 e trasmessa ai Ministeri vigilanti il 2 febbraio 2023;

   in data 8 agosto 2023, oltre il limite del termine dei 180 giorni concesso ai Ministeri vigilanti per esprimersi sulle delibere delle Casse privatizzate, è stata inviata una nota interlocutoria alla Cassa Forense, in cui il Ministero interrogato, recependo una parte delle osservazioni formulate dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha richiesto dei chiarimenti su alcune tematiche molto specifiche, senza che emergessero dubbi sugli aspetti fondamentali dell'intervento riformatore;

   Cassa Forense ha tempestivamente fornito i chiarimenti richiesti e si è in attesa dell'ulteriore analisi dei Ministeri vigilanti e del conseguente provvedimento definitivo sul testo;

   è di tutta evidenza la necessità di procedere con la massima celerità al perfezionamento di tale esame, stante l'esigenza dell'approvazione della riforma in questione e della sua entrata in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2024, così da cominciare ad espletare i propri effetti positivi sulla sostenibilità di lungo periodo della Cassa Forense. Un rinvio avrebbe effetti negativi su entrate e uscite della Cassa, considerando che rimarrebbe in vigore l'attuale normativa previdenziale;

   nelle more dell'approvazione di detta riforma, nella seduta del 16 settembre 2022, il Comitato dei delegati della Cassa Forense ha condiviso, con un'apposita deliberazione, l'opportunità di prolungare la sospensione temporanea dell'esonero già previsto dall'articolo 24, comma 7, dell'attuale regolamento unico della previdenza forense, in vigore per il periodo 2018-2022 (e approvato unitamente al regolamento dai Ministeri vigilanti), ritenendo ancora sussistenti, se non aumentate, per i noti eventi sanitari, le ragioni di fondo della scelta, finalizzata a sostenere l'attività dei professionisti meno performanti;

   considerazioni che appaiono rafforzate alla luce della scelta di ridurre sensibilmente il contributo minimo integrativo adottata dalla suddetta proposta di riforma;

   la citata delibera è stata respinta – senza alcuna interlocuzione intermedia – dal Ministero interrogato, con nota del 13 febbraio 2023, adducendo, tra le varie ragioni, che il collegamento con l'imminente entrata in vigore della riforma non fosse pertinente in quanto subordinato al completamento di tutto l'iter di approvazione della riforma stessa. Avverso tale pronuncia, in data 27 marzo 2023, è stata inviata un'istanza di riesame, tutt'ora inevasa –:

   quali siano le ragioni del mancato riscontro alla richiesta di riesame della deliberazione di cui in premessa, nonché i tempi di perfezionamento del procedimento di approvazione della riforma del regolamento unico della previdenza della Cassa Forense.
(5-01605)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI, PAVANELLI, APPENDINO, MARIANNA RICCIARDI, CAFIERO DE RAHO, QUARTINI, CASO, ORRICO, CHERCHI, AMATO, BARZOTTI, AIELLO, CARAMIELLO, BRUNO, SCUTELLÀ, GUBITOSA, TRAVERSI, IARIA, RICCARDO RICCIARDI, SANTILLO, CAPPELLETTI, AURIEMMA, ALFONSO COLUCCI, PENZA, MORFINO, ILARIA FONTANA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   «La Perla», azienda leader nel settore della lingerie di lusso, ha attivato contratti di solidarietà nell'agosto 2022, indicando un rallentamento della produzione nonostante il settore del lusso abbia registrato una rapida ripresa post-pandemia;

   tale situazione ha sollevato preoccupazioni riguardo alle strategie di investimento e alla gestione dei fondi dell'azienda, in particolare in relazione all'acquisto di beni immobili di lusso da parte dei proprietari;

   la crisi de «La Perla» rischia di comportare la perdita di posti di lavoro e di un patrimonio di competenze artigianali femminili in un contesto nazionale dove l'occupazione femminile è già criticamente bassa;

   un articolo pubblicato da Anpi Bologna offre uno spaccato significativo sulla dimensione politica della lotta femminile nel nostro Paese, evidenziando il caso emblematico delle lavoratrici de «La Perla». Questa vicenda non è soltanto un esempio di mobilitazione per i diritti lavorativi, ma si configura come simbolo di una più estesa battaglia per l'equità di genere, che interpella direttamente le fondamenta della nostra società e le politiche del lavoro;

   la vicenda de «La Perla» mette in luce come la lotta di queste donne trascenda la mera questione contrattuale per toccare i temi della dignità, dell'identità e del riconoscimento sociale e professionale;

   la loro è una resistenza che sfida le strutture di potere consolidate e che richiede un'attenzione particolare da parte delle istituzioni, non solo per la risoluzione dei conflitti specifici ma anche per la promozione di un cambiamento culturale e normativo che riconosca e valorizzi il contributo femminile in tutti i settori della vita pubblica e privata e tuteli le nostre eccellenze manifatturiere dall'aggressione di una finanza senza scrupoli –:

   quali iniziative specifiche intenda adottare il Governo per proteggere i posti di lavoro e le competenze delle lavoratrici de «La Perla», in modo da preservare questo patrimonio dal rischio di essere eroso da dinamiche finanziarie speculative a breve termine;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per assicurare che le eccellenze produttive italiane, quali «La Perla», siano salvate da operazioni speculative che ne minacciano la stabilità e l'identità industriale e culturale;

   quali iniziative siano previste per promuovere un modello di sviluppo economico sostenibile che valorizzi il lavoro femminile e che sostenga la permanenza e il rafforzamento di settori produttivi fondamentali per l'economia italiana di cui «La Perla» è un esempio.
(4-01849)


   PORTA, CARÈ, DI SANZO e TONI RICCIARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il disegno di legge di bilancio per il 2024 prevede la proroga del pensionamento anticipato per le donne denominato «Opzione donna»;

   l'accesso a questo trattamento pensionistico anticipato, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, sarà ora consentito alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2023 un'anzianità contributiva pari almeno a 35 anni e che abbiano, alla medesima data, un'età anagrafica di almeno 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni);

   il diritto al pensionamento anticipato «Opzione donna» può essere perfezionato anche dalle lavoratrici italiane residenti all'estero, in maniera autonoma o tramite il meccanismo della totalizzazione dei contributi assicurativi così come previsto dalle Convenzioni internazionali (bilaterali e multilaterali) di sicurezza sociale stipulate dall'Italia con i Paesi di emigrazione italiana;

   le lavoratrici residenti in Italia o all'estero interessate ad «Opzione donna» devono essere in possesso – oltre che dei requisiti anagrafici e contributivi sopra menzionati – anche, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: 1) aver assistito da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado o secondo grado in situazioni particolari di handicap; 2) avere una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74 per cento (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile); 3) essere lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale –:

   se il Ministro interrogato, alla luce del fatto che in virtù delle Convenzioni internazionali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia anche le lavoratrici italiane residenti all'estero hanno diritto e possono chiedere l'accesso al trattamento anticipato pensionistico denominato «Opzione donna», non intenda dare indicazioni amministrative e procedurali all'Inps per chiarire e illustrare, tramite messaggi o circolari, come possano essere soddisfatti dalle lavoratrici italiane residenti all'estero (oltre ai requisiti anagrafici e contributivi) i particolari requisiti circoscritti a determinate categorie di beneficiari richiesti dalla normativa che disciplina «Opzione donna».
(4-01853)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MALAVASI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2024 entra in vigore il nuovo nomenclatore tariffario della specialistica ambulatoriale, che recepisce le modifiche introdotte dai LEA 2017;

   tuttavia, molte prestazioni relative alla genetica, oggi essenziali per fornire una risposta diagnostica tempestiva e certa ai pazienti con patologie rare senza diagnosi, non sono state inserite nel tariffario, e dunque il SSN non le fornirà gratuitamente;

   ciò significa che non si potranno eseguire indagini genetiche mirate in tutte quelle situazioni, per citare un esempio eclatante, in cui i bambini presentano ritardi cognitivi non sindromici, o quadri assimilabili allo spettro autistico, che oggi sappiamo essere un cappello generico all'interno del quale restano nascoste una lunga serie di patologie rare genetiche. Per altre condizioni, invece, sarà possibile solo un'analisi ridotta a pochi geni, poiché l'elenco dei geni analizzabili per ogni specifica condizione risale al 2016;

   è importante sottolineare che la contrattazione sulle nuove voci del nomenclatore LEA è cominciata nel 2014, con il coinvolgimento degli stakeholders istituzionali e delle società scientifiche del settore; la rapida evoluzione della genetica ha reso rapidamente obsoleto tale sistema diagnostico e relativo elenco delle malattie da analizzare, che richiederebbe di essere ulteriormente aggiornato;

   dal 1° gennaio moltissime prestazioni di genetica finora eseguite non saranno più garantite: le regioni che possono disporre di fondi ad hoc potranno continuare ad erogare le prestazioni gratuitamente ma a carico del bilancio regionale, altre proporranno la compartecipazione di spesa, altre saranno costrette a proporre ai pazienti di sostenere per intero il costo gravoso della prestazione;

   si rilevano molte anomalie che andrebbero corrette: se la malattia non è compresa nell'elenco non sarà possibile emettere impegnativa per eseguire l'analisi. Questo, in generale, limiterà fortemente il ricorso alla diagnosi genetica;

   non si potrà fornire gratuitamente il cosiddetto «esoma in trio», cioè l'indagine genetica estesa ai genitori del paziente per capire se si tratta di una patologia ereditaria o di una mutazione de novo, con il rischio di non poter mettere le famiglie in condizioni di decidere consapevolmente su gravidanze successive;

   come denunciato recentemente dalla Sigu, Società di Genetica Umana e pubblicato da OMAR, Osservatorio Malattie Rare, presumibilmente non sarà più possibile utilizzare il codice R99 (ex articolo 5, comma 2 del decreto ministeriale 18 maggio 2001 n. 279), attualmente usato per esentare le prestazioni diagnostiche in caso di sospetta malattia rara;

   non è stato neppure inserito il NIPT, il test prenatale non invasivo che è estremamente utile ad evidenziare le anomalie cromosomiche fetali più frequenti;

   né è stato aggiunto l'indagine con CGH-array per la conferma diagnostica di eventuali microdelezioni riscontrate dal test di screening NIPT che molte gestanti eseguono in regime privatistico;

   è scomparsa dal tariffario la voce relativa all'estrazione degli acidi nucleici, conservazione di una aliquota e spedizione ad altro laboratorio, che consentiva di ottenere e conservare un'aliquota di DNA del paziente per l'esecuzione di analisi successive. Infine, non sono state modificate le tariffe per le prestazioni ambulatoriali di genetica clinica, che sono mediamente più lunghe e complesse di molte altre visite specialistiche –:

   come il Ministro interrogato intenda procedere per garantire quanto previsto dalla legge n. 175 del 2021, comma 2 dell'articolo 4, lettera a) – in relazione alle «prestazioni rese nell'ambito del percorso diagnostico a seguito di sospetto di malattia rara, compresi gli accertamenti diagnostici genetici sui familiari utili per la formulazione della diagnosi, anche in caso di diagnosi non confermata» – vista la presunta attuale impossibilità di utilizzare il codice R99 e come intenda correggere le anomalie esplicitate in premessa che da gennaio 2024 rischiano di determinare disparità territoriali e di costringere molte famiglie a pagare costose diagnosi genetiche.
(5-01607)