Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 16 gennaio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la burocrazia europea torna nuovamente a colpire il tessuto economico e patrimoniale italiano e questa volta lo fa sotto la bandiera della transizione ecologica;

    dopo anni di silenzio, la Commissione europea, con il recupero della proposta fatta nel 2021, pone al vaglio della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia del Parlamento il 9 febbraio 2023 quello che appare come l'ennesimo obbrobrio giuridico: con l'obbiettivo di ridurre l'impatto ambientale degli edifici, intende fissare l'obbligo per tutti gli immobili residenziali di raggiungere una determinata classe energetica entro il 2030;

    il testo della direttiva, al momento ancora in fase di trattativa, prevede che entro il 1° gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E; successivamente, dopo altri tre anni, nel 2033, dovranno arrivare alla classe D, ed essere ad emissione zero nel periodo compreso tra il 2040 e il 2050;

    la richiesta dell'Europa comporterà, dunque, l'obbligo per gli Stati membri di ristrutturazione del patrimonio edilizio; in caso contrario potrebbero essere applicate delle sanzioni ai singoli Stati;

    una delle proposte iniziali prevedeva, addirittura, che fosse impedita la vendita o l'affitto della casa se non fosse stata a norma con l'efficienza energetica; tale ipotesi sembra per ora fortunatamente tramontata, ma comunque gli immobili che non verranno ristrutturati perderanno di valore, il che si prefigura come una stangata per i contribuenti, sia che affrontino le spese di ristrutturazione e sia che rinuncino per l'onerosità dei costi;

    così facendo, dunque, Bruxelles dimostra ancora una volta di non conoscere le diversità che caratterizzano gli Stati membri e più nel dettaglio le particolarità dell'edilizia e urbanistica italiana e del patrimonio immobiliare italiano;

    l'Italia ha visto crescere il proprio tessuto urbano tra gli anni '60 e '80 dello scorso secolo, con una netta diminuzione delle costruzioni nei decenni successivi. Molte costruzioni sono precedenti alle normative sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica, oppure sono state edificate in zone che solo successivamente sono divenute aree protette e sottoposte a vincolo;

    si è venuto così a delinearsi, nel tempo, un quadro edilizio molto particolare di cui le istituzioni europee non possono non tenere conto;

    risulta evidente, infatti, che differentemente dai Paesi nordici, ove gli immobili sono quasi tutti di recente costruzione, l'Italia ha alle sue spalle una lunga storia edilizia che non può essere di colpo adeguata a standard moderni imposti dalle pressanti richieste di ambientalismo ideologico;

    il patrimonio edilizio italiano, secondo lo studio condotto dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Agenzia delle entrate, si compone di oltre 57 milioni di unità immobiliari, di cui almeno 19,5 milioni sono abitazioni principali. La maggior parte degli immobili italiani ha una classe energetica di riferimento tra G e F. L'avanzamento di classe energetica richiede solitamente un taglio dei consumi di circa il 25 per cento con interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari. Una serie di interventi, nonché opere di ristrutturazione e ammodernamento, che necessitano di ingenti investimenti economici per il raggiungimento dei minimi previsti dalla Commissione europea;

    imporre dall'alto e in maniera indistinta l'efficientamento energetico significa gravare i cittadini di un ingiustificato esborso economico che si sommerebbe al già complesso periodo di crisi derivante dal Covid e dal caro energia;

    l'Italia è un Paese che si compone di un'intricata rete di borghi, comuni e piccole frazioni arricchite da immobili storici e secolari. Molti di questi sono adibiti ad abitazione principale oppure sono sede di istituzioni ed enti. Pare evidente, quindi, che la direttiva proposta risulterebbe di impossibile applicazione sul territorio nazionale;

    il tipo di ambientalismo e di lotta alle emissioni messo in campo dall'Europa non trova alcun riscontro con la realtà e le esigenze dei cittadini. La direttiva proposta, infatti, evidenzia nuovamente come le azioni europee siano veicolate dal perseguimento degli interessi di alcuni Stati membri a discapito di altri. L'approvazione di una simile direttiva avrebbe il solo effetto di svalutare il patrimonio edilizio italiano e di impoverire i cittadini;

    l'Italia ha da sempre investito sul mattone e non a caso è uno dei Paesi con il più alto numero di proprietari di abitazioni;

    quindi, la direttiva proposta si esplica come un chiaro attacco all'economia e al patrimonio edilizio italiano e, pertanto, dovrà essere oggetto della più dura opposizione,

impegna il Governo

1) ad adottare le iniziative di competenza presso le competenti istituzioni europee al fine di scongiurare l'introduzione di una disciplina quale quella di cui in premessa.
(1-00038) «Molinari, Giglio Vigna, Candiani, Gusmeroli, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Bellomo, Benvenuto, Davide Bergamini, Billi, Bisa, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Caparvi, Carloni, Carrà, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Matone, Miele, Minardo, Montemagni, Morrone, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pierro, Pizzimenti, Pretto, Ravetto, Sasso, Stefani, Sudano, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e X,

   premesso che:

    sono prossimi alla conclusione i lavori, avviati oramai da oltre diciotto mesi, della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo, sul progetto di rifusione della direttiva sull'efficienza energetica nell'edilizia (Com (2021) 802 final);

    detto provvedimento, contenuto nel pacchetto «Fit for 55», segna le politiche energetiche nazionali con un rilevante impatto per il comparto edilizio; nel testo della proposta di direttiva, ora all'esame del Parlamento europeo, sono presenti – infatti – una serie di norme che dispongono interventi obbligatori sugli immobili volti a fare scomparire quelli con ridotte prestazioni energetiche, secondo una tempistica troppo ravvicinata e senza prendere in dovuta considerazione le peculiarità del patrimonio immobiliare italiano;

    in particolare, tra le proposte di compromesso che saranno poste all'esame della Commissione Itre (energia) del Parlamento europeo, il 6 febbraio 2023, gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere dal 1° gennaio 2030, almeno la classe energetica E, inoltre dal 1° gennaio 2033, almeno la classe di prestazione energetica D;

    in Italia, gli edifici ad uso residenziale sono 12.420.0000, per un totale complessivo di abitazioni pari a quasi 32 milioni; lo stock edilizio italiano ha più di 45 anni o è stato costruito nel periodo antecedente l'entrata in vigore della legge 30 marzo 1976, n. 373, recante «Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici»;

    se la proposta di direttiva non dovesse essere modificata nella parte relativa alle tempistiche e alle classi energetiche, si stima che dovranno essere ristrutturati oltre nove milioni di edifici residenziali; nel testo del provvedimento non è prevista, infatti, per gli Stati membri, la sufficiente flessibilità per adattarsi al contesto nazionale, per valutarne la fattibilità, le necessità economiche e verificare la capacità finanziaria dei proprietari e dei conduttori, chiamati ad approntare gli interventi predetti; per migliorare le prestazioni energetiche di milioni di edifici, in un arco temporale così limitato, è necessario disporre di obiettivi realistici; la proposta di direttiva oltre a rappresentare un rischio per i proprietari e per il valore degli immobili, costituisce anche un serio pericolo per le banche e per le loro garanzie: una riduzione generalizzata del valore del patrimonio immobiliare italiano, farebbe conseguentemente emergere un problema creditizio;

    appare evidente, dunque, che più si va verso la direzione di una tassazione eco-patrimoniale, più si generano le condizioni di impoverimento degli italiani e più si creano problemi per il sistema creditizio italiano,

impegnano il Governo

a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della prospettata normativa di prossima adozione, facendo valere in sede europea la peculiarità dell'Italia, un Paese a proprietà immobiliare diffusa e dal patrimonio edilizio risalente nel tempo.
(7-00025) «Foti, Caramanna, Mantovani, Rotelli, Mattia, Benvenuti Gostoli, Iaia, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi, Rachele Silvestri, Ambrosi, Caiata, Di Maggio, Donzelli, Giordano, Pietrella, Rotondi, Antoniozzi, Colombo, Comba, Giovine, Maerna, Schiano Di Visconti, Zucconi».


   Le Commissioni riunite X e XI,

   premesso che:

    la Jsw Steel Italy è un'acciaieria storica che da oltre 100 anni continua ad operare nel settore della metallurgia e della siderurgia;

   nata nel 1864, ancora agli inizi degli anni 80 occupava oltre 7800 lavoratori dando benessere all'intero comprensorio della Val di Cornia;

   nel 1992 lo stabilimento viene scorporato dall'Ilva e acquistato dal gruppo bresciano Lucchini fino al subentro dei magnati russi dell'acciaio della Severstal. Questi ultimi, con lo scoppio della crisi economica nel 2010, attraverso operazioni commerciali poco chiare, decidono di non occuparsene più;

   tale decisione porta, nel 2012, al passaggio dell'azienda ad un'amministrazione straordinaria sotto la guida di un Commissario;

   nel 2014, viene meno l'attività dell'altoforno che determina una trasformazione dello stabilimento da produttore di acciaio a semplice trasformatore. Ne consegue una netta diminuzione nelle esigenze di personale in attività, in quel momento pari a circa 2200 unità, con l'effetto che 450 lavoratori vengono messi in cassa integrazione a zero ore ed i restanti impiegati solo in caso di effettiva necessità ad un numero di ore variabile;

   nel 2015, il Commissario cede lo stabilimento alla multinazionale algerina Cevital che presenta un piano mirato non solo al rilancio della siderurgia, con promesse di investimenti su forni elettrici e un'ipotesi di strategia volta alla diversificazione nella logistica portuale e nell'agroindustriale;

   il gruppo Cevital in realtà non effettua nessun investimento e anzi, gradualmente porta alla fermata anche dei tre treni di laminazione esistenti (treno di laminazione rotaie, treno di laminazione vergella e treno barre);

   dopo 3 anni di inerzia lo stabilimento, nel 2018, passa nelle mani della multinazionale indiana Jindal, uno dei più importanti gruppi siderurgici mondiali, che promette nuovi investimenti, in realtà mai realizzati. Il gruppo diventa proprietario di altre due aziende oltre alla Jsw Steel Italy, l'azienda principale, e cioè la Piombino Logistics e la Gsi;

   nel 2018, l'ennesimo accordo di programma con il Governo di allora si rivela un fallimento;

   ad oggi permane una situazione di stallo che ha determinato un grave pregiudizio per i 1500 lavoratori ancora rimasti;

   a ciò si aggiunge il fatto che, in mancanza di investimenti, gli impianti dello stabilimento subiscono la normale obsolescenza legata al passare del tempo;

   occorre evidenziare come quello di Piombino sia il solo ed unico impianto che produce in Italia rotaie anche per l'alta velocità;

   a tal proposto, di recente, Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) ha assegnato al gruppo indiano 2 bandi di commesse di rotaie per un valore che si aggira intorno ai 500 milioni di euro e un'altra commessa per ulteriori 700 milioni di euro è ancora in corso di assegnazione;

   l'assegnazione di quest'ultima commessa da parte di Rfi è tuttavia legata alla firma di un Addendum all'attuale accordo di programma del 2018. Tale firma è vincolata alla presentazione da parte del Gruppo Jsw di un dettagliato piano industriale con relativo cronoprogramma;

   lo scorso maggio 2022, in una riunione organizzata sotto la guida del Ministero dello sviluppo economico, con la Proprietà Jsw e le varie Istituzioni interessate (regione Toscana, comune di Piombino e autorità di sistema portuale), si è nuovamente discusso in merito a tale Addendum a fronte di una bozza di piano industriale;

   da allora, anche a causa della successiva crisi di Governo e conseguente insediamento del nuovo Esecutivo, non sono più emerse notizie in merito;

   preme sottolineare come l'acciaio sia un prodotto strategico per l'economia del nostro Paese, a fronte dei molti progetti del Pnrr che riguardano il materiale rotabile per oltre 24 miliardi di euro, rispetto ai numerosi interventi previsti riguardanti nuove costruzioni e infrastrutture e perché rappresenta un prodotto fondamentale, in una fase come quella attuale, che vedrà il rinnovo di tutto il parco automobilistico;

   a tal proposito, i dati di ottobre 2022 di Federacciai indicano come nell'ultimo anno si siano incrementate le importazioni di acciaio (rispetto al 2021 +12,5 per cento) inclusi i coils (per 2,5 milioni di tonnellate per un +3,8 per cento) che potrebbero di contro essere prodotti in un sito come quello piombinese;

   in merito alla produzione di rotaie, l'Italia ha assegnato 4 dei 5 bandi legati al Pnrr a società estere tra l'altro a prezzi meno competitivi di quelli che lo stabilimento di Piombino avrebbe potuto praticare;

   il 7 gennaio 2023 scadrà la cassa integrazione in deroga per gli attuali 1500 lavoratori della Jsw Steel Italy. Potrebbero esserci le condizioni per una proroga ma la volontà del territorio è che vi sia un reale rilancio industriale del sito, affinché torni a operare a pieno regime con conseguente impiego di tutta la manodopera,

impegnano il Governo:

   ad avviare ogni iniziativa di competenza volta alla realizzazione di un tavolo di confronto con la partecipazione dei vertici aziendali, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni regionali e locali interessate, allo scopo di favorire l'assunzione di iniziative dirette a ripristinare i livelli produttivi e occupazionali della Jsw Steel Italy;

   ad adottare le necessarie iniziative di competenza al fine di garantire il reintegro in servizio di tutti lavoratori attualmente in cassa integrazione per consentire la salvaguardia di una realtà strategica per la regione e per l'intero Paese;

   ad assumere le opportune iniziative allo scopo di pervenire alla firma dell'Addendum inerente all'accordo di programma 2018, propedeutico alla realizzazione della commessa di 700 milioni di euro da parte di Rfi.
(7-00024) «Squeri, Tenerini, Rizzetto, Tassinari, Polidori, Schifone, Giaccone, Giagoni, Nisini, Barabotti, Casasco».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il 27 gennaio 2016, l'Irlanda ha notificato alla Commissione europea un pacchetto normativo, ad oggi denominato «Public Health Alcohol Labelling Regulations», finalizzato ad autorizzare l'utilizzo di meccanismi di etichettatura sui prodotti a base di alcol recanti avvisi di carattere sanitario in modo analogo a quanto avviene per i prodotti a base di tabacco;

    la notifica è avvenuta sulla base del meccanismo cosiddetto «TRIS», di cui alla Direttiva (UE) n. 2015/1535, in virtù delle forti ripercussioni sul mercato interno che tale misura è destinata ad introdurre;

    a seguito di varie modifiche ed integrazioni, la versione finale della normativa irlandese è stata notificata il 21 giugno 2022, notifica al seguito della quale, nonostante le forti opposizioni di Italia, Francia, Spagna ed altri Paesi europei, la Commissione europea ha deciso di non avanzare alcuna opposizione;

    così facendo la Commissione europea ha di fatto autorizzato la proposta normativa irlandese, nonostante la sua natura di barriera al commercio nel mercato interno dell'Unione;

    nell'ambito della normativa promossa dalle autorità irlandesi, non viene fatta alcuna differenza tra consumo moderato, responsabile o eccessivo, di sostanze alcoliche, adottando un approccio che sanziona trasversalmente qualsiasi bevanda alcolica, dal vino di qualità al superalcolico;

    in tal senso vale la pena ricordare che in data 9 dicembre 2021 la Commissione speciale sulla lotta contro il cancro (Commissione BECA) del Parlamento europeo, istituita nel giugno 2020 con mandato fino al 23 dicembre 2021 per redigere un rapporto che si presti a linea guida per un piano d'azione europeo contro i tumori, ha votato lo schema definitivo del proprio report, successivamente emendato e votato dal Parlamento europeo;

    l'articolato della relazione oggetto del voto finale del BECA, tra le altre, indicava la raccomandazione di integrare l'etichettatura delle bevande alcoliche con delle controindicazioni per la salute, come per l'appunto in atto per le sigarette e gli altri prodotti a base di tabacco;

    il testo finale, inoltre, prevedeva l'adozione di standard metodologici che non prevedevano in alcun modo la distinzione tra consumo «responsabile» e «dannoso» di bevande alcoliche, presupponendo una generica assenza di un livello sicuro di consumo di bevande alcoliche;

    il testo proposto dal BECA, quindi, presentava molteplici caratteristiche condivise dal pacchetto normativo notificato dall'Irlanda ed autorizzato dalla Commissione europea;

    il 16 febbraio 2022, il Parlamento europeo ha votato ed approvato la «Risoluzione del Parlamento europeo sul rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata»;

    occorre evidenziare che nel corso dell'esame parlamentare sono state approvate varie proposte emendative che hanno modificato il documento proposto dal BECA nella forma e nella sostanza, rimuovendo standardizzazioni trasversali del consumo di alcolici e ponendo particolare enfasi sulla necessità di promuovere un consumo responsabile di bevande alcoliche;

    il testo definitivo della risoluzione, licenziato dal Parlamento europeo, reca infatti: «il Parlamento europeo (...) sostiene la necessità di offrire ai consumatori informazioni appropriate migliorando l'etichettatura delle bevande alcoliche con l'inclusione di informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcol e introducendo l'indicazione obbligatoria degli ingredienti e delle informazioni nutrizionali nonché mediante l'introduzione dell'etichettatura digitale; chiede alla Commissione di adottare azioni specifiche contro il consumo eccessivo e pericoloso di alcol»;

    il testo, inoltre, incoraggia da un lato i Paesi membri a legiferare in materia di consumo di alcolici, ma con modalità finalizzate a diffondere un consumo sano e responsabile, e non modalità sanzionatorie trasversali quali quelle perseguite dalla normativa irlandese;

    sempre in riferimento alla normativa irlandese, la normativa adottata e proposta pare non corrispondere con le motivazioni addotte dall'Irlanda nel documento di notifica alla Commissione, che enucleano un quadro allarmante per quanto riguarda il consumo di alcolici e la consapevolezza di questi prodotti nell'isola;

    la proposta irlandese, infatti, pare contrastare in linea di principio l'articolo 35 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, relativo alle misure di effetto equivalente alle misure restrittive quantitative alle esportazioni, che recita: «Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente»;

    tale principio è stato ulteriormente espanso nella sentenza Rewe-Zentral v Bundesmonopolverwaltung für Branntwein (1979) C-120/78 della Corte di giustizia dell'Unione europea, nota come sentenza Cassis de Dijon, la quale sancì come il prodotto legalmente in commercio nello Stato d'origine può essere commercializzato anche nello Stato di destinazione, senza doverlo sottoporre alla normativa tecnica, proprio perché questo è già stato sottoposto a quella del suo Stato d'origine, da ritenersi equivalente nelle tutele essenziali;

    se da un lato le autorità irlandesi adducono ragioni legate alla tutela della salute pubblica, per le quali anche il diritto dell'Unione europea prevede regimi particolari, dall'altro occorre menzionare che già il Parlamento europeo, nel promuovere la citata risoluzione del 16 febbraio 2022, ha dato luogo ad un perimetro di riferimento per l'adozione di misure normative finalizzate a perseguire obiettivi di salute pubblica e regolamentazione del consumo di bevande alcoliche;

    data la portata dell'impianto normativo proposto dall'Irlanda sul commercio internazionale, occorre una ulteriore autorizzazione in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), ancora assente, in un processo dalla durata attesa di 60 giorni,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi in tutti i tavoli europei di competenza per scongiurare l'introduzione della normativa in premessa, valutando, se del caso, la sussistenza dei presupposti per promuovere un ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea, anche in coordinamento con altri Paesi europei che condividono il medesimo posizionamento italiano;

   ad operare in tutti i tavoli internazionali di competenza, con riferimento all'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) per scongiurare l'introduzione della normativa in premessa;

   ad adottare iniziative, anche in coordinamento con altri Paesi europei produttori ed esportatori di vino, presso le competenti sedi europee, con la finalità di scongiurare che la normativa irlandese di cui in premessa diventi un precedente a danno delle produzioni vinicole nazionali, andando, tra le altre, oltre il perimetro tracciato dal Parlamento europeo nel voto espresso sulla risoluzione in premessa.
(7-00026) «Caretta, Ciaburro, Cerreto, Marchetto Aliprandi, Morgante».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta orale:


   BARABOTTI, MONTEMAGNI, NISINI e ZIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge n. 426 del 1998 ha individuato tra i siti di bonifica di interesse nazionale (Sin) quello di «Massa Carrara», atteso l'insostenibile livello di inquinamento e l'elevata compromissione delle diverse matrici ambientali e conseguente pericolo per la salute della collettività;

   con decreto ministeriale 21 dicembre 1999 è stata definita la perimetrazione del Sin di Massa Carrara per sottoporre l'area ad interventi di caratterizzazione, attività di messa in sicurezza, bonifica, ripristino ambientale e monitoraggio;

   con decreto 29 ottobre 2013 è stato ridefinito il nuovo perimetro del Sin di Massa Carrara limitandolo alle aree a terra e la nuova area Sir;

   nell'ambito del Piano di sviluppo e coesione approvato con delibera CiPESS n. 6/2021, è stato finanziato l'accordo di Programma per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del Sin di Massa e Carrara sottoscritto in data 7 maggio 2018, con uno stanziamento pari a 21 milioni di euro;

   la regione Toscana, in qualità di responsabile unico dell'accordo, ha presentato un progetto di bonifica che è stato approvato in data 30 maggio 2022 in Conferenza dei servizi e formalizzato con decreto del Ministero della transizione ecologica in data 22 giugno 2022;

   il 12 luglio 2022 il Ministero della transizione ecologica ha formalizzato il proprio nulla osta alla sottoscrizione della convenzione da parte della regione per l'avvio delle attività di gara per la definizione e la realizzazione del progetto;

   non essendo stata perfezionata, da parte della regione Toscana, entro il 31 dicembre 2022, l'obbligazione giuridicamente vincolante prevista dalle norme il Ministero non ha potuto erogare le risorse funzionali alla realizzazione delle opere;

   recentemente, la regione Toscana ha ritenuto di far fonte con risorse proprie, ancorché insufficienti, al finanziamento di una parte dell'intervento, rinnovando la richiesta di rifinanziamento dello stesso attivando le risorse FSC 2021-2027;

   la mancata bonifica dei siti ricompresi nel Sin-Sir di Massa Carrara rappresenta, oltre che un problema ambientale e sanitario, un pesante ostacolo allo sviluppo economico di quel territorio che, senza adeguato sostegno da parte dello Stato, dopo aver sofferto per decenni gli effetti dell'inquinamento, rischia di vedere compromesse le possibilità di riscatto e di crescita futura –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative volte a prevedere nuove forme di finanziamento per la bonifica delle aree inquinate ricomprese nel Sin della provincia di Massa-Carrara e quali altre iniziative di competenza intenda assumere per risolvere le problematiche di cui in premessa, che rischiano di impedire il disinquinamento delle aree Sin e Sir e lo sviluppo economico della provincia di Massa-Carrara.
(3-00097)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMBROSI e DE BERTOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto di fattibilità della circonvallazione ferroviaria di Trento, previsto lungo la linea ferroviaria Brennero-Verona, che inizia nella parte nord della città, in cui erano presenti la Sloi e la Carbochimica (due aziende estremamente inquinanti che producevano piombo tetraetile e derivati del catrame e solventi) è oggetto di particolare attenzione da parte della comunità e delle istituzioni locali, considerati i rischi ambientali per la sicurezza del territorio particolarmente elevati;

   la medesima area rientra, infatti, tra i 42 siti di interesse nazionale (Sin) contaminati e classificati come pericolosi dallo Stato e necessita pertanto di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e delle acque superficiali e sotterranee, al fine di evitare danni ambientali e sanitari;

   al riguardo, gli interroganti evidenziano come, nonostante la delibera della provincia autonoma di Trento (riguardo alla Via) avesse sollevato forti dubbi in merito alla sua realizzazione, rilevando che la documentazione della società di ingegneria Italferr su incarico di Rfi, contenga gravi carenze nell'analisi ambientale, la progettazione (inserita all'interno del PNRR) tuttavia attualmente prosegue, in quanto considerata dalla stessa Rfi strategica, per il corridoio europeo per il capoluogo trentino;

   gli interroganti a tal fine, precisano altresì che, sebbene non siano affatto contrari alla realizzazione delle opere infrastrutturali e di collegamento (in grado di consentire modernità e sviluppo per l'economia territoriale trentina), il progetto per la costruzione del nuovo tunnel che coinvolge direttamente la città di Trento in quell'area specifica, appare inadeguato, in quanto caratterizzato, come suesposto, da gravi rischi per la sicurezza ambientale (presenza di piombo tetraetile estremamente tossico, nelle aree ferroviarie limitrofe all'ex Sloi e nei due Sin);

   a giudizio degli interroganti, occorrono di conseguenza, iniziative volte a modificare tale decisione progettuale, mettendo in luce al contempo, i rischi derivanti dai potenziali effetti pericolosi contenuti nello studio di fattibilità nei confronti della popolazione locale, la cui visione generale del documento appare pertanto inadatta e insufficiente (basata su dati storici non aggiornati e con verifiche geologiche ed idrauliche esigue) come peraltro evidenziato anche dalla provincia autonoma di Trento, che non ha potuto esprimere un parere favorevole, ma si è limitata a trasmettere i pareri al competente Ministero;

   la decisione di progettare l'opera della circonvallazione ferroviaria di Trento, in un'area dove avevano sede in passato fabbriche estremamente inquinanti, rilevano ancora gli interroganti, conferma infatti la sottovalutazione da parte di Rfi, nella predisposizione del progetto di fattibilità, così come appare altresì superficiale la scarsa valutazione dell'attraversamento di una paleofrana esistente sotto il monte Marzola, considerato che sussistono concreti pericoli di slittamento e movimenti franosi sul versante interessato dalla realizzazione dell'opera, oltre che la presenza di circa 220 sorgenti, alcune delle quali alimentano l'acquedotto potabile della città di Trento, mentre altre sono utilizzate per l'irrigazione di terreni agricoli;

   in relazione alle suesposte osservazioni, a giudizio degli interroganti, risulta pertanto urgente e necessario, intraprendere adeguate iniziative volte a sospendere la fase progettuale, al fine di avviare un monitoraggio più efficiente ed accurato, per verificare gli effettivi rischi derivanti dalla presenza di sostanze inquinanti all'interno dell'area ferroviaria interessata ed eventualmente (come appare praticamente assodato) riconsiderare completamente il progetto medesimo, orientandolo verso un tracciato differente -:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se condividano le criticità in precedenza richiamate e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie, nell'ambito delle proprie competenze, intendano intraprendere al fine di ripensare il progetto ferroviario della circonvallazione di Trento, verso un'area territoriale più sicura ed adeguata sotto il profilo ambientale e della sicurezza del territorio e dell'intera popolazione trentina.
(5-00234)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GNASSI e VACCARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i comuni stanno ricevendo dal Gestore dei servizi energetici (Gse) le fatture con scadenza 31 ottobre 2022 per il pagamento delle somme dovute a seguito dell'applicazione retroattiva del meccanismo di «compensazione a due vie» sul prezzo dell'energia elettrica come previsto dall'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, esteso a giugno 2023 dall'articolo 11 comma 1 del decreto-legge n. 115 del 9 agosto 2022, convertito in legge n. 142 del 21 settembre 2022;

   l'Associazione dei comuni italiani ha stimato che la restituzione degli extraprofitti generati da impianti rinnovabili in «conto energia» impatta su un totale di circa 1200 comuni di varie dimensioni, comprese municipalizzate al 100 per cento comunali e altri enti pubblici come le Asl, che con tali somme finanziano parte dei servizi erogati dall'ente alla comunità locale;

   l'applicazione di tale compensazione porterà inevitabilmente la maggior parte degli enti locali coinvolti in una situazione di squilibrio finanziario;

   l'Associazione dei comuni italiani ha da subito contestato l'applicazione di tale norma alle pubbliche amministrazioni, ed in particolare ai comuni poiché i proventi dei comuni, intestatari degli impianti, non sono in alcun modo assimilabili alla nozione di «extraprofitto», in quanto non si tratta di ricavi o profitti di natura privatistica ma di entrate o proventi di natura pubblicistica e pertanto destinati alla collettività e all'erogazione dei servizi ai cittadini e non all'utile o profitto privato;

   l'assimilazione ad «extraprofitto» di tali entrate ai comuni e agli altri enti pubblici è totalmente errata ed è necessario trovare urgentemente una soluzione normativa o interpretativa che escluda questi soggetti dall'applicazione di tale norma –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare, per quanto di competenza, immediate iniziative al fine di evitare che i comuni, a causa dell'applicazione della disciplina di cui all'articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022, rischino di non poter erogare parte dei servizi alle comunità locali;

   se non intendano adottare, urgentemente, iniziative normative volte all'immediata sospensione dell'attuazione della norma al fine di procedere alla revisione della stessa, anche consentendo – agli enti che hanno accantonato in parte o tutte le somme da restituire al Gse – un utilizzo straordinario di tali entrate per supportare il pagamento delle bollette energetiche dei cittadini in maggiore difficoltà economica.
(4-00264)


   ZANELLA e EVI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   gli allevamenti intensivi, sempre più diffusi nel nostro Paese per soddisfare i crescenti consumi di massa di prodotti di origine animale, in cui migliaia animali dello stesso genotipo vengono tenuti a stretto contatto ed in situazioni di stress e scarso benessere, oltre a rappresentare un rischio per lo sviluppo, la mutazione e la diffusione di agenti patogeni, sono responsabili di buona parte delle emissioni di gas serra, come ammoniaca e metano;

   secondo il «Focus sulle emissioni da agricoltura e allevamento», curato dall'Ispra nel 2020, gli allevamenti causano il 79 per cento delle emissioni di gas serra nel settore dell'agricoltura;

   tra le sostanze monitorate, l'ammoniaca (NH3) è quella che interessa maggiormente gli allevamenti intensivi, a causa delle grandi quantità di reflui zootecnici prodotti, ricchi di questo inquinante e una volta liberata in atmosfera si combina con alcune componenti (ossidi di azoto e di zolfo) generando le polveri sottili;

   l'ammoniaca contenuta nei reflui zootecnici si trasferisce nell'ambiente anche attraverso l'uso dei liquami come fertilizzanti dei terreni agricoli e, a concentrazioni elevate, finisce per diventare un fattore inquinante in particolare per i corpi idrici, causando processi di eutrofizzazione;

   l'ammoniaca e i suoi derivati, proprio a causa del loro impatto su ambiente e salute, sono oggetto di specifiche direttive europee che impongono ai Paesi membri target di riduzione e contenimento;

   gli allevamenti intensivi rientrano tra le attività monitorate nel registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-Prtr) istituito con il regolamento della Comunità europea n. 166 del 2006;

   secondo un recente rapporto pubblicato dall'associazione ambientalista Greenpeace risulterebbe che sono 894 gli allevamenti italiani che nel 2020 hanno comunicato le loro emissioni di ammoniaca al registro europeo, corrispondenti a 722 aziende, alcune delle quali fanno capo a gruppi finanziari come il colosso assicurativo Generali, a nomi noti del food come Veronesi spa, holding che comprende i marchi Aia e Negroni, o a grandi aziende della zootecnia come il gruppo Cascone;

   l'analisi della distribuzione sul territorio degli allevamenti indicherebbe che il 90 per cento di questi si trova nelle quattro regioni della Pianura Padana, con capofila la Lombardia, dove hanno sede più della metà degli stabilimenti registrati come grandi emettitori di NH3, area nelle quali si registrano costanti superamenti dei limiti di concentrazione delle polveri sottili, responsabili di quasi 52.300 morti premature in Italia nel solo 2020;

   il Veneto è la terza regione in Italia per numero di allevamenti intensivi che emettono grandi quantità di ammoniaca. Nella sola area del Polesine la società agricola Erika gestisce 4 allevamenti avicoli intensivi e avrebbe richiesto il raddoppio di un quinto allevamento, denominato Po5, per complessivi 295.336 capi tra polli, capponi, galli e faraone;

   incrociando i dati del registro europeo forniti da Ispra con gli elenchi dei beneficiari dei fondi della politica agricola comune (Pac), si evidenzierebbe come quasi 9 aziende su 10, tra quelle che possiedono allevamenti segnalati nel registro, hanno ricevuto finanziamenti pubblici, per un totale di 32 milioni di euro nel 2020, una media di 50.000 euro ad azienda -:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti in premessa, se i valori di emissione di ammoniaca nelle regioni dove si concentrano i maggiori allevamenti intensivi possano rappresentare un pericolo per la salute umana e quindi comportare la sospensione dell'esercizio delle attività, se non ritengano necessario adottare iniziative per disporre un'immediata moratoria che impedisca l'ulteriore aumento di allevamenti intensivi nelle aree con maggiore densità zootecnica e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per sospendere l'allocazione dei fondi Pac e nazionali agli allevamenti intensivi, a meno che non siano vincolati a efficaci misure di riduzione del numero e delle densità dei capi allevati e dei relativi impatti.
(4-00266)

CULTURA

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto consta all'interrogante, circa 800 collaboratori del Ministero della cultura, che svolgono funzioni di rilevante responsabilità, sono incaricati con la modalità della partita Iva;

   questi professionisti rappresentano un grande patrimonio di competenze e professionalità per il Paese, assumendo competenze e responsabilità che meriterebbero la stabilizzazione del loro profilo professionale;

   sarebbe opportuno che il Ministero della cultura assumesse le iniziative necessarie ad una stabilizzazione delle loro posizioni presso il Ministero stesso –:

   se il Ministro intenda assumere iniziative in merito.
(3-00095)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA e MEROLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione della prima linea del tram a Bologna, linea rossa, rappresenta un intervento infrastrutturale di grande rilievo, programmata e finanziata con l'impegno di tutte le istituzioni interessate, a partire dal Governo;

   come sta accadendo a tutte le opere pubbliche la congiuntura economica porta a un incremento rilevante dei costi di realizzazione;

   le risorse del PNRR sono un riferimento per coprire tali maggiori impegni finanziari, come sta accadendo per opere analoghe nelle principali città del Paese;

   il comune di Bologna ha messo in atto tutte le procedure amministrative corrispondenti alla normativa volta a volta vigente;

   con comunicazione al Ministero interrogato, nell'ottobre 2022, il comune chiedeva di poter accedere alle risorse ex decreto-legge (cosiddetto «Decreto Aiuti»), «Fondo per l'avvio di opere indifferibili» allocando immediatamente risorse pari al 20 per cento del finanziamento ammesso PNRR, per far fronte ai maggiori costi delle materie prime e dell'energia;

   tale richiesta è stata respinta sulla base di un'interpretazione restrittiva della norma;

   eventuali problematiche burocratiche che si siano determinate possono essere agevolmente superate da una iniziativa governativa-:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per assicurare, nell'ambito delle risorse del PNRR, i finanziamenti necessari alla copertura dei maggiori costi della realizzazione della linea rossa del tram di Bologna.
(3-00096)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIRRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la normativa inerente l'edilizia economica convenzionata è sottoposta a continui interventi legislativi e giurisprudenziali; in particolar modo è dibattuta la problematica della circolazione degli alloggi residenziali pubblici, soprattutto in relazione al vincolo di prezzo massimo di cessione;

   prima che intervenisse la Corte costituzionale con sentenza n. 210 del 20 settembre 2021 si era infatti assestata una interpretazione normativa che disciplinava l'assegnazione degli alloggi mediante convenzione in proprietà superficiaria, convenzione in piena proprietà, ovvero convenzione di trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà, sottoposte al vincolo del prezzo massimo di cessione per un tempo indefinito;

   per le convenzioni in piena proprietà e le convenzioni di trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà, la scadenza della convenzione determinava la decadenza di tutti i vincoli, a eccezione del vincolo di prezzo massimo di cessione, il quale rimaneva operante indefinitamente di modo che la rimozione del prezzo massimo di cessione poteva avvenire unicamente mediante un atto di affrancazione da stipularsi per atto pubblico notarile ai sensi dell'articolo 31, commi 49-bis e 49-ter, della legge n. 448 del 1998;

   la Corte costituzionale, con la suddetta sentenza, ha rimarcato con grande chiarezza la non perpetuità dei vincoli, e, chiamata a giudicare sulla legittimità costituzionale dell'articolo 31, commi 49-bis, 49-ter e 49-quater, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità rappresentate e ha definito il controverso tema della perpetuità-sussistenza del vincolo del prezzo massimo di cessione e del canone di locazione: scaduta la convenzione, o decorsi 20 anni dalla sua stipula, i vincoli decadono senza che sia necessaria alcuna procedura di affrancazione, né tanto meno alcun onere di affrancazione;

   una vicenda connessa, di natura prettamente normativa, riguarda invece la modifica all'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, operata dall'articolo 22-bis della legge n. 108 del 29 luglio 2021, che ha imposto un limite di prezzo per il cambio di regime giuridico da diritto di superficie a diritto di proprietà, da quantificarsi in proporzione alla superficie catastale dell'immobile;

   tale limitazione è stata repentinamente abrogata a opera della legge n. 51 del 20 maggio 2022, di fatto in danno di coloro che non hanno presentato l'istanza di cambio regime alle amministrazioni di competenza entro il brevissimo arco temporale di vigenza dell'articolo 22-bis della legge n. 108 del 2021;

   quando sopra rappresentato, evidenzia le difficoltà in cui i proprietari di alloggi appartenenti ai Piani di edilizia economico popolare devono barcamenarsi, osteggiati, a parere dell'interrogante, da una normativa e giurisprudenza ondivaghe che alimentano condotte dei vari Comuni spesso lesive dei diritti degli assegnatari;

   infatti, oltre alla grave disparità venutasi a creare in ragione del repentino cambiamento normativo intervenuto dopo appena 10 mesi, si aggiunge la problematica relativa alla libera circolazione nel mercato dei medesimi beni;

   nonostante, il chiaro disposto della pronuncia della Corte costituzionale, che ha rimarcato la non perpetuità dei vincoli consentendo ai cittadini di poter vendere i loro beni al libero mercato senza sopportare ulteriori costi per liberare il bene immobile, molti comuni stanno continuando a procedere come se i beni fossero ancora vincolati, pretendendo dagli assegnatari oneri di affrancazione da vincoli inesistenti;

   se sia a conoscenza della problematica esposta e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a chiarire e come vadano intese le disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 1998, n. 448, articolo 31, comma 48, ovvero se sia previsto un corrispettivo per liberare gli alloggi da un vincolo che anche la Corte costituzionale ritiene non più esistente;

   come intenda intervenire per far sì che le pronunce della Corte costituzionale vengano recepite in modo uniforme dalle amministrazioni comunali;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative normative per una modifica della disciplina al fine di introdurre dei limiti massimi di corrispettivo, per il cambio del regime giuridico da diritto di superficie in diritto di proprietà, similmente a quelli introdotti dall'articolo 22-bis della legge n. 108 del 29 luglio 2021 ma poi repentinamente abrogati.
(5-00238)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE LUCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   quotidianamente pervengono presso gli uffici del comune di Baronissi (provincia di Salerno) segnalazioni di automobilisti sempre più esasperati, costretti a lunghe code e attese interminabili ai tre passaggi a livello della città;

   gli organi di stampa locali in questi mesi si sono occupati della vicenda dalla quale è emerso che il problema, nonostante le ripetute sollecitazioni e incontri con Rfi, non è ancora stato risolto;

   i passaggi a livello restano mediamente chiusi, ad ogni passaggio di treno, per quasi mezz'ora, creando inevitabili disagi alla viabilità per automobilisti, autoambulanze, mezzi di soccorso e pedoni, soprattutto lungo l'attraversamento delle direttrici nord-sud condizionando la quotidianità di migliaia di cittadini;

   è necessario, visto che il disservizio va avanti da tempo, individuare soluzioni tecniche ed infrastrutturali per superare questa criticità;

   anche con l'adeguamento tecnologico fatto negli ultimi mesi, infatti, la situazione non è cambiata in quanto non ha favorito uno scorrimento più veloce del traffico -:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda assumere affinché siano affrontate e superate le criticità, esposte in premessa, che ormai da troppo tempo creano forti disagi alla città e a tutta la Valle dell'Irno.
(4-00267)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, MADIA, PASTORELLA e ROGGIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 31 ottobre del 2022 è stata pubblicata la circolare Dait n. 115 in materia di modalità di rilascio dei certificati anagrafici telematici tramite l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) con cui è stata decretata la sospensione in via cautelativa del servizio di rilascio dei certificati anagrafici presso le tabaccherie e le edicole, a causa di alcune criticità espresse dal Garante per la protezione dei dati personali;

   la stessa circolare ha poi introdotto, sempre per questioni legate alla privacy, il divieto di richiedere online, con la propria identità digitale, l'acquisizione di certificati per conto terzi, ovvero per persone non appartenenti al proprio nucleo familiare di residenza;

   tali nuove prescrizioni hanno compromesso taluni importanti servizi resi dai comuni in Italia allo scopo di agevolare la quotidianità dei cittadini, permettendo loro di ottenere tali certificati presso sportelli di quartiere convenzionati come edicole, cartolibrerie o tabaccherie, senza doversi recare fisicamente presso gli uffici dell'anagrafe;

   al momento peraltro non si comprende perché la possibilità di stipulare convenzioni per l'acquisizione di certificati di soggetti terzi, mantenuta a favore degli ordini professionali, dovrebbe maggiormente garantire la privacy di dati sensibili, a differenza delle convenzioni non più stipulabili con gli sportelli di quartiere convenzionati; né si comprende perché quegli stessi certificati che non si possono più richiedere online tramite l'autenticazione Spid, possono continuare ad essere richiesti, se in presenza, da chiunque, purché preventivamente identificato;

   tali disposizioni infatti finiscono per determinare un'incomprensibile scissione tra l'identità fisica e quella digitale, in base alla quale solo la prima apparirebbe sufficientemente garantista dei dati sotto il profilo della privacy;

   è evidente inoltre che, ferme restando le esigenze di tutela della privacy, tali disposizioni compromettono la funzionalità di importanti servizi a favore dei cittadini, mentre rischiano di aggravare la mole di lavoro degli uffici anagrafici con importanti ricadute anche sulla tutela della salute dei cittadini, di maggior inquinamento prodotto per ottenere gli stessi certificati prima reperibili online o presso l'edicola o il tabaccaio di prossimità, e soprattutto con un notevole aggravio in termini di quantità di tempo impiegato-:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, in accordo con il Garante per la protezione dei dati personali, per individuare modalità per il rilascio dei certificati anagrafici che pur salvaguardando le fondamentali esigenze di privacy, non si traducano in un inutile aggravio per i cittadini italiani sotto il profilo economico, sociale e ambientale, ferma restando la necessità di garantire l'integrità della propria identità, sia essa fisica o digitale.
(5-00237)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro dell'interno — Per sapere – premesso che:

   secondo un articolo pubblicato su Avvenire il 13 dicembre 2022 nell'hotspot di Taranto sono ospitati circa cento minori stranieri non accompagnati (MSNA), di cui 64 sbarcati a Salerno dalla Geo Barents, che si sono aggiunti ad altri 40 minori già presenti all'interno della struttura;

   la legge Zampa n. 47 del 2017, oltre a prevedere obblighi di informazione del minore in materia di rimpatrio, istruzione, procedimenti amministrativi e giurisdizionali prevede che ai MSNA siano garantiti gli stessi diritti che ai minori italiani e dell'Unione europea e in particolare non è mai consentito ospitarli negli hotspot ma presso strutture idonee, CAS minori e sistema Sai (ex SPRAR) nell'ottica del «superiore interesse del minore», con riferimento a tutti minori di anni 18;

   la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza prevede: «Gli Stati riconoscono che ogni bambino ha diritto alla vita e impegnano il massimo delle risorse disponibili per tutelare la sopravvivenza e il sano sviluppo dei bambini»;

   gli hotspot dovrebbero essere luoghi di permanenza temporanea per la verifica dell'identità e della cittadinanza e comunque non dovrebbero essere destinati ai minori ai quali la legge destina strutture apposite, dunque ospitare minori presso gli hotspot appare all'interrogante una scelta anomala, inopportuna ed errata;

   nell'hotspot di Taranto i migranti vivono all'interno di alcuni container, una tensostruttura e alcune tende in un sito fatiscente, alla periferia della città, contaminato dalle polveri industriali Ilva ed esposto ai venti marini;

   sulle reali condizioni dell'hotspot non si sa molto anche perché l'ingresso è interdetto sia alla stampa che alle organizzazioni umanitarie, non si è dunque a conoscenza se all'interno del centro sono garantiti servizi essenziali quali il riscaldamento, l'acqua calda, adeguata pulizia, cibo;

   dagli hotspot è vietato uscire e la permanenza all'interno si può configurare, ad avviso dell'interrogante, come un'ingiusta detenzione;

   la convivenza con adulti non legati da rapporti di parentela, inoltre, può essere pericolosa per i minori;

   l'eccezionale afflusso di MSNA sta causando difficoltà per prefetti e sindaci nel gestire l'accoglienza anche perché dopo i tagli dei fondi decisi dal Ministero dell'interno sotto la guida dell'allora Ministro Salvini, molti centri di accoglienza per MSNA hanno dovuto chiudere e quelli ancora operativi probabilmente non hanno più posti disponibili;

   a parere dell'interrogante, occorre rafforzare il sistema di accoglienza dei minori non accompagnati e adottare soluzioni immediate per fronteggiare l'emergenza;

   da recenti dati emerge che in Italia sono scompaiono ogni giorno 35 minori e il 70 per cento di essi è straniero –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere affinché i minori presenti nell'hotspot di Taranto siano trasferiti nelle strutture a loro dedicate e previste dalla legge;

   se sia a conoscenza dei motivi per cui non siano state subito individuate strutture idonee per l'accoglienza di MSNA quando è stato assegnato il porto sicuro di sbarco, come prevede il vademecum per la presa in carico dei MSNA;

   quali iniziative intenda assumere al fine di individuare un numero di strutture idonee e adeguate a gestire i flussi in corso garantendo un livello adeguato dei servizi nell'accoglienza dei MSNA;

   se non intenda verificare che all'interno dell'hotspot di Taranto siano garantiti i servizi essenziali come il riscaldamento, l'acqua calda, adeguata pulizia, il cibo;

   se risulti, che l'ente gestore dell'hotspot di Taranto abbia segnalato la fuga da parte di minori;

   se risulti che i minori presenti nell'hotspot di Taranto siano stati correttamente informati dei loro diritti, se ricevano assistenza legale e abbiano tutor volontari;

   se risulti la presenza di minori negli altri hotspot presenti in Italia.
(4-00265)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende quattordici lavoratrici e lavoratori assunti con un contratto di somministrazione dal Ministero dell'interno e impiegati presso la prefettura e la questura a Pisa e il commissariato di polizia di Pontedera, dal primo gennaio 2023 sono senza un'occupazione perché i loro contratti, cessati il 31 dicembre 2022 non sono stati rinnovati;

   per oltre un anno queste persone, addette agli sportelli immigrazione, si sono occupate di trovare una soluzione lavorativa e di vita a migliaia di migranti aventi diritto alla regolarizzazione, diventando spesso per loro un punto di riferimento importante;

   in Toscana sarebbero quasi 100 gli addetti agli sportelli immigrazione ai quali non è stato rinnovato il rapporto di lavoro e per i quali non è stata individuata ancora alcuna soluzione occupazionale;

   il mancato rinnovo di tali contratti, oltre a pregiudicare il destino lavorativo dei soggetti coinvolti, priva della necessaria continuità un servizio che si è dimostrato essere fondamentale nella gestione dell'immigrazione;

   a parere dell'interrogante, è inaccettabile che lo Stato contribuisca alla creazione di sacche di disoccupazione e per questo occorre tutelare queste figure professionali, formate e in possesso di competenze specifiche, che hanno svolto un importante servizio alla comunità per oltre un anno;

   senza il supporto di tali addetti le questure e le prefetture andranno inevitabilmente in affanno nella gestione di un settore così importante e sensibile come quello delle pratiche per i migranti sul fronte dell'emersione e per questo occorre dare continuità al lavoro di queste persone, intanto rinnovando immediatamente il contratto e successivamente creando le condizioni per un loro assorbimento all'interno del Ministero dell'interno riconoscendo così la loro preziosa attività svolta;

   è di fondamentale importanza, a parere dell'interrogante, operare per un rafforzamento di questi uffici, diventati punto di riferimento per le amministrazioni e gli enti del terzo settore, che si trovano quotidianamente a dover rispondere a questioni complesse e ad accompagnare i nuovi cittadini nell'espletamento di complicate pratiche burocratiche;

   queste figure sono state fondamentali anche durante i primi mesi dell'emergenza generata dal conflitto in Ucraina compiendo uno sforzo importante per dare risposte rapide e affrontare una situazione inaspettata;

   gli uffici immigrazione sono già sotto-organico e l'apporto di personale cosiddetto «civile» è di fondamentale importanza per il disbrigo delle pratiche ordinarie;

   solo in provincia di Pisa per un appuntamento di richiesta d'asilo ci sono tempi che superano i 6 mesi di attesa e il rilascio dei permessi di soggiorno è in ritardo di un anno sulle richieste-:

   quali iniziative urgenti intenda assumere affinché si giunga alla proroga dei contratti di somministrazione per i lavoratori e le lavoratrici addetti agli sportelli immigrazione il cui contratto è cessato il 31 dicembre 2022;

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si creino le condizioni per giungere alla stabilizzazione degli addetti agli sportelli immigrazione assunti con contratti di somministrazione al fine di tutelare la professionalità di tali figure riconoscendo così l'importanza del lavoro svolto all'interno delle prefetture, delle questure e dei commissariati in un settore importante come quello dell'immigrazione;

   se non intenda procedere al rafforzamento degli uffici immigrazione presenti sul territorio nazionale, diventati punto di riferimento per le amministrazioni e gli enti del terzo settore e che quotidianamente operano per rispondere a questioni complesse, accompagnando gli utenti nell'espletamento di complicate pratiche burocratiche.
(4-00269)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSI e FURFARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ha introdotto «misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

   l'articolo 103, comma 1, del suddetto decreto-legge, al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti irregolari, ha disposto, tra l'altro, che i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno, possano presentare istanza, per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri;

   la finalità di tale regolarizzazione è stata quindi duplice: garantire livelli adeguati di tutela della salute dei singoli e della collettività intera, in conseguenza della emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire contestualmente l'emersione di rapporti di lavoro irregolari;

   per l'attuazione di tale misura il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato è incrementato di 170 milioni di euro per l'anno 2020 e di 340 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021;

   è stato inoltre disposto che la ripartizione dei relativi importi tra le regioni venga effettuata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni in relazione al numero dei lavoratori extracomunitari emersi;

   è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 23 settembre 2022 decreto del 16 giugno 2022, con il quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provveduto a ripartire fra le regioni la somma di euro 67.014.000,00 per l'anno 2020 e di euro 134.028.000,00 per l'anno 2021, ai sensi del citato articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020;

   il riparto stabilito con decreto del 16 giugno 2022 prende in esame però soltanto il 39,42 per cento delle richieste di permesso di soggiorno effettuate in esito alla sottoscrizione presso gli sportelli unici per l'immigrazione del contratto di soggiorno sul totale delle istanze pervenute;

   tale decisione è stata presa in relazione all'elevato numero di istanze pervenute ed ai conseguenti ritardi necessari per l'elaborazione di tutte le pratiche. L'adozione di un primo decreto di riparto necessita comunque una successiva emanazione di un secondo provvedimento similare che tenga conto della lavorazione delle restanti istanze pervenute;

   è stato infatti ripartito ad oggi soltanto circa il 40 per cento dei 510 milioni di euro complessivi stanziati per gli anni 2020 e 2021. Rimangono quindi da assegnare alle regioni circa 310 milioni di euro;

   la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanze 2022 nel triennio 2023-2025 prevede una riduzione della spesa sanitaria media dell'1,13 per cento per anno e le risorse non ancora assegnate rappresentano quindi finanziamenti essenziali per sostenere la corretta erogazione delle prestazioni previste dal Sistema sanitario nazionale, ad oggi in grave difficoltà anche a causa dei rincari dei costi energetici -:

   quando verrà emanato il decreto ministeriale previsto dall'articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020 e relativo al riparto delle risorse già stanziate ma non ancora assegnate con il decreto ministeriale 16 giugno 2022, a causa dei ritardi relativi alla elaborazione delle pratiche di regolarizzazione pervenute;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative in tale direzione, presso il Ministero dell'interno, al fine di ottenere celermente i dati necessari per poter predisporre tale decreto.
(5-00235)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LAI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste — Per sapere – premesso che:

   la Peste suina africana (Psa) è una malattia che rappresenta una seria minaccia in molti Paesi dell'Europa e del mondo, Italia compresa;

   in Sardegna è stata varato un programma di eradicazione della Psa nel 2015 concluso nel 2019, con la completa assenza di qualsiasi riscontro di virus nell'intero territorio regionale, secondo le procedure dell'Efsa con la rilevazione nel 2 per mille dei capi della sola sieropositività che resta per tutta la vita, anche in presenza del virus;

   il piano di eradicazione della Psa in Sardegna ha avuto totale successo tanto che il decreto-legge n. 9 del 17 febbraio 2022, convertito in legge, con modificazioni della legge n. 29 del 7 aprile 2022, al comma 2 dell'articolo 1 richiama alla definizione degli eventuali piani di eradicazione sui diversi territori regione in piena conformità con quello attuato dalla regione Sardegna denominato «Piano nazionale di sorveglianza e di eradicazione di regione Sardegna della Peste suina africana 2021-2022»;

   nonostante questo evidente successo, ad aprile 2021 l'Italia ha interpretato in forma molto restrittiva il Regolamento UE n. 2020/689 e ha notificato come «focolai di Psa» tutti i riscontri di capi sieropositivi, sulla base di una presunta «connessione epidemiologica» con precedenti focolai, individuando, anche in assenza di virus, zone di divieto di commercializzazione di suini e loro prodotti. Queste zone di divieto totale corrispondono ad aree nelle quali è stata più forte la resistenza all'introduzione delle norme e delle procedure di eradicazione quanto fondamentale il conforto e la collaborazione delle popolazioni e delle istituzioni locali. Tale divieto non riconosce gli sforzi effettuati e i risultati raggiunti tanto da rendere meno credibile il successo del piano di eradicazione e correre il rischio di un ritorno allo status quo ante;

   l'applicazione di una zona di totale divieto di commercializzazione, in presenza di sola sieropositività e in totale assenza di virus, appare all'interrogante non corretta sul piano normativo e dannosa sul piano operativo. Inoltre può costituire un pericoloso precedente per altre zone d'Italia se si applicasse un principio di blocco delle carni e dei suoi derivati con la sola rilevazione di sieropositività –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se intendano, attraverso i propri uffici continuare a notificare i riscontri di sieropositività in assenza di virus in Sardegna come «focolai», ignorando i risultati della «sorveglianza passiva» attuata in accordo con Efsa, estendendo al resto del territorio nazionale la presenza della sola sieropositività come presenza di un focolaio attivo con i conseguenti effetti di blocco della commercializzazione dei suini e dei loro prodotti.
(5-00233)


   SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 14 luglio 2020, n. 81 ha dettato disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale, prevedendo che la cefalea primaria cronica, accertata da almeno un anno nel paziente mediante diagnosi effettuata da uno specialista del settore presso un centro accreditato per la diagnosi e la cura delle cefalee che ne attesti l'effetto invalidante, è riconosciuta come malattia sociale;

   la predetta legge ha individuato la cefalea primaria cronica nelle seguenti forme o tipologie: a) emicrania cronica e ad alta frequenza; b) cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici; c) cefalea a grappolo cronica; d) emicrania parossistica cronica; e) cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione; f) emicrania continua;

   la medesima legge ha demandato ad un successivo decreto del Ministro della salute, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l'individuazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dei progetti finalizzati a sperimentare metodi innovativi di presa in carico delle persone affette da cefalea nelle forme anzidette, nonché i criteri e le modalità con cui le regioni attuano i medesimi progetti;

   come è evidente, la legge de quo ha sì riconosciuto la patologia come malattia sociale, tuttavia non ha previsto le risorse necessarie affinché la stessa fosse inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e affinché fossero assicurate personale e strutture adeguate nonché una formazione idonea;

   l'Associazione alleanza cefalalgici, braccio operativo della Fondazione Cirna (Centro italiano ricerche neurologiche avanzate), ha invitato le istituzioni ad intraprendere tutte le azioni necessarie affinché sia data attuazione alla legge del 14 luglio 2020, n. 81 così che i malati di cefalea cronica non siano lasciati soli di fronte al loro dolore e di fronte alle elevate spese mediche e farmaceutiche necessarie alle loro cure;

   la predetta associazione ha ricordato come la cefalea nelle sue forme primarie colpisca circa il 12 per cento degli individui, rappresentando la patologia neurologica più diffusa nel mondo e come sia una malattia estremamente invalidante, al punto che l'Organizzazione mondiale della sanità l'ha collocata tra le patologie con massima disabilità poiché si manifesta prevalentemente nel periodo più produttivo della vita del soggetto colpito, con un rilevante impatto non solo sulla attività lavorativa ma anche sui rapporti familiari e le relazioni sociali;

   oltre che una piena attuazione della legge, l'Associazione suddetta ha rappresentato l'esigenza che siano poste in essere diverse azioni: la disponibilità di uno psicologo presso i Centri cefalee; la formazione di gruppi di auto mutuo; la promozione e il potenziamento della formazione dei medici coinvolti; l'accesso tempestivo ai Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta); la diffusione di informazioni sul territorio e nelle scuole; la promozione di campagne di consapevolezza per i pazienti; l'accesso più tempestivo alle visite in convenzione presso i centri per la diagnosi;

   sembra che alcune regioni si siano mosse attuando alcune delle linee di azione suindicate, cercando di costruire una rete tra ospedali e malati cefalalgici, tuttavia sarebbe necessario un intervento complessivo volto a garantire omogeneità sul territorio nazionale –:

   se e quando intenda dare completa attuazione alla legge 14 luglio 2020, n. 81 sul riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per porre in essere le azioni descritte in premessa affinché i malati di cefalea cronica non siano lasciati soli di fronte al loro dolore e alle elevate spese mediche e farmaceutiche necessarie alle loro cure.
(5-00236)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la fibromialgia, secondo autorevoli definizioni fornite dalla comunità scientifica, è una entità nosologica complessa e ancora controversa caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso, spesso associato a sintomi extra-scheletrici, la cui diagnosi è esclusivamente clinica (forme «primarie»), che colpisce principalmente il sesso femminile, soprattutto nell'età lavorativa. Per tale ragione è ritenuta oggi una piaga sociale che incide significativamente sulla qualità di vita e sulla capacità lavorativa (cosiddetto workability);

   è una malattia neurologica riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dal 1992 con la cosiddetta Dichiarazione di Copenhagen e inclusa nella decima revisione dell'International statistical Classification of Diseases and related health problems (ICD-10, codice M79-7), entrata in vigore il 1° gennaio 1993: i due principali criteri diagnostici relativi a tale sindrome, fissati dall'American College of Rheumatology (ACR) nel 1990, sono il dolore diffuso della durata di almeno tre mesi e la concomitante presenza di almeno 11 dei 18 punti dolorabili (cosiddetti tender point) specifici;

   il quadro sintomatologico della fibromialgia è stato successivamente ampliato fino a comprendere, tra gli altri: affaticamento persistente, rigidità generalizzata soprattutto al mattino, sonno non ristoratore, cefalea, sindrome dell'intestino «irritabile», vescica iperattiva, dismenorrea, ipersensibilità al freddo, fenomeno di Raynaud, sindrome delle gambe senza riposo, quadro atipico di intorpidimento e formicolio agli arti, scarsa resistenza all'esercizio fisico e sensazione di debolezza (astenia);

   in data 24 gennaio 2007, l'OMS nell'ICD-10 (International Classification of Diseases) ha classificato in via definitiva la Fibromialgia con il codice M-79.7 e porta i nomi di «Fibromyalgia-Fibromyositis-Fibrositis-Myofibrositisi» nel Capitolo XIII «Malattie del sistema muscolare connettivo»;

   ancora nel 2008 la fibromialgia non risultava inserita nel Registro ufficiale delle malattie dell'Unione europea;

   con la dichiarazione del 13 gennaio 2009 (PS_ TA9(2009) 0014) sulla fibromialgia il Parlamento europeo chiedeva, tra l'altro, al Consiglio e alla Commissione di:

    a) mettere a punto una strategia comunitaria per la fibromialgia in modo da riconoscere questa sindrome come una malattia;

    b) contribuire ad aumentare la consapevolezza della malattia e favorire l'accesso degli operatori sanitari e dei pazienti alle informazioni, sostenendo campagne di sensibilizzazione a livello dell'Unione europea e nazionale;

    c) incoraggiare gli Stati membri a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti;

    d) promuovere la ricerca e lo sviluppo di programmi per la raccolta di dati sulla fibromialgia –:

   quali specifiche iniziative siano state ad oggi intraprese per dare seguito a quanto riconosciuto dall'OMS (Organizzazione Mondiale di Sanità) dal 1992 con la cosiddetta Dichiarazione di Copenhagen e alla decisione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009;

   se e quali iniziative s'intendano intraprendere affinché la fibromialgia sia inserita tra le malattie croniche e invalidanti di cui all'articolo 53 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;

   se non ritenga opportuno adottare con sollecitudine, iniziative normative relative alla patologia in questione, ovviando alla carenza, per i malati fibromialgici, di cure e tutele specifiche, nonostante la formale classificazione da parte dell'OMS del 1992.
(4-00268)

Apposizione di una firma ad una interrogazione e cambio di presentatore.

  L'interrogazione a risposta orale Dori n. 3-00065, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2022, è da intendersi sottoscritta dalla deputata Evi che ne diventa la prima firmataria.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Gnassi e Vaccari n. 3-00007 del 7 novembre 2022 in interrogazione a risposta scritta n. 4-00264;

   interrogazione a risposta in commissione De Maria n. 5-00084 del 30 novembre 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-00095.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI, PAVANELLI, CAROTENUTO, CARAMIELLO, CAPPELLETTI, MORFINO, CHERCHI, AMATO, MARIANNA RICCIARDI, ILARIA FONTANA, CAFIERO DE RAHO, AIELLO, D'ORSO, FEDE, CARMINA, FRANCESCO SILVESTRI, ONORI, ALIFANO, BARZOTTI, CANTONE, ALFONSO COLUCCI, AURIEMMA, APPENDINO, SPORTIELLO, GIULIANO, ORRICO, BALDINO, LOMUTI, TUCCI, QUARTINI, PENZA, CASO, FENU, TODDE, PELLEGRINI, IARIA, BRUNO, SANTILLO, DELL'OLIO, L'ABBATE, SERGIO COSTA, LOVECCHIO, TRAVERSI, RAFFA e TORTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da recenti fonti di stampa che siano andati persi alcuni atti di indagine relativi alle stragi di Firenze e Milano del 1993 nel transito dalla Procura di Firenze alla Corte di cassazione;

   nello specifico, sarebbe sparito il fascicolo relativo alla richiesta di annullamento dell'attività di perquisizione effettuata nei confronti dei signori Graviano Nunzia e Benedetto, fratelli del boss Giuseppe Graviano, condannato per le stragi, contenente documenti provenienti dal cosiddetto dossier 4703 del 2020, informative della Direzione antimafia su Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi, entrambi attualmente coinvolti nell'inchiesta per le stragi del ’93, deposizioni sui rapporti tra mafia e politica di alcuni collaboratori di giustizia, nonché una consulenza recente di due «esperti in materia bancaria sui flussi finanziari dell'inizio della storia del gruppo Berlusconi negli anni settanta»;

   trattandosi di copie, il relativo fascicolo sembrerebbe, tuttavia, esser stato prontamente ricostruito;

   considerata la gravità del fatto, in entrambe le procure della Repubblica di Roma e Firenze, è stato aperto un procedimento penale per violazione e sottrazione di corrispondenza con aggravante di mafia;

   una simile vicenda desta molta preoccupazione e, ad avviso degli interroganti, è doverosa l'adozione di ogni misura idonea a scongiurare il rischio che possa accadere ancora –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche di carattere ispettivo, per garantire il corretto funzionamento della giustizia e scongiurare il rischio che possano verificarsi ancora simili fatti gravi.
(4-00058)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti – dopo avere premesso che «...si è appreso da recenti fonti di stampa che sono andati persi alcuni atti di indagine relativi alle stragi di Firenze e Milano del 1993 net transito dalla Procura di Firenze alla Corte di cassazione...; una simile vicenda desta molta preoccupazione ed... è doverosa l'adozione di ogni misura idonea a scongiurare il rischio che possa accadere ancora...» – domandano al Ministro della giustizia «...se ...sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche di carattere ispettivo, per garantire il corretto funzionamento della giustizia e scongiurare il rischio che possano verificarsi ancora simili fatti gravi...».
  Al riguardo deve essere posto in risalto che, così come emerge dalla nota redatta in data 2 dicembre 2022 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze, il 29 agosto 2022 il presidente del tribunale di Firenze denunciava alla locale procura della Repubblica la sottrazione di atti processuali in originale relativi a un ricorso proposto da alcuni membri della famiglia Graviano contenuti in un plico predisposto dal tribunale di Firenze in funzione del giudice del riesame e inviato, tramite il servizio postale, alla Corte di cassazione.
  Si trattava, in particolare, del ricorso proposto dal Graviano Benedetto e dalla Graviano Nunzia avverso la decisione del tribunale di Firenze in funzione di giudice del riesame concernente la perquisizione e il conseguente sequestro subita dai summenzionati soggetti in qualità di terzi non indagati nell'ambito del procedimento penale avviato nei confronti di persone note per le stragi mafiose perpetrate nel corso degli anni 1993 e 1994 nelle città di Firenze, Roma e Milano.
  In considerazione del fatto che il plico in questione presentava delle lacerazioni, si riteneva che potesse trattarsi di una sottrazione volontaria, così che alla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze veniva iscritto un procedimento penale avente ad oggetto il delitto previsto e punito dall'articolo 616 del codice penale aggravato ai sensi dell'articolo 416-
bis.1 del codice penale (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse al fine di agevolare le attività della struttura mafiosa denominata cosa nostra).
  La documentazione contenuta nel plico concerneva invero atti di indagine non conosciuti e non conoscibili da parte delle persone indagate nel menzionato procedimento penale.
  È in corso l'attività investigativa volta a individuare l'autore della sottrazione degli atti di indagine; pertanto le risultanze istruttorie sono ancora coperte da segreto.
  Alla stregua di ciò, ne discende che al momento non risulta ravvisabile alcun comportamento suscettibile di rilievo disciplinare nell'operato dei magistrati del tribunale di Firenze in funzione di giudice del riesame e della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze che si sono occupati della vicenda tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   BISA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso la casa circondariale di Belluno vi sono stati sgradevoli episodi in quest'ultimo periodo, dove l'apice è stato raggiunto nella giornata del 4 ottobre 2022, nella quale, un «paziente detenuto» della sezione Articolazione per la tutela della salute mentale, ha aggredito due unità di polizia penitenziaria in servizio presso la sezione. Un episodio molto simile si era verificato già un anno fa, quando un detenuto della stessa casa circondariale aveva aggredito agenti di polizia penitenziaria prima con le gambe metalliche di un tavolo che aveva rotto per lo scopo, poi con una lametta occultata negli indumenti;

   solo la calma e la professionalità dei due poliziotti avevano limitato i danni fino all'arrivo di altro personale che allarmato accorreva in soccorso. Inoltre, sempre un anno fa, in un altro reparto dell'istituto, grazie alla professionalità e alla tempestività dei poliziotti era stato sventato un tentativo di suicidio tramite impiccagione;

   le aggressioni si ripetono con frequenza da troppo tempo, «senza interventi concreti né da parte dell'amministrazione penitenziaria, lasciando i poliziotti alla mercé degli eventi, né da parte del servizio sanitario»;

   con riguardo alla carenza di organico, preme evidenziare che: a Belluno sono in servizio 77 persone, una decina sono in malattia, il personale ha accumulato straordinari non smaltiti per 1690 ore, i giorni di riposo non fruito sono 231. Della sorveglianza ai 10 detenuti con problemi psichiatrici sono incaricati due agenti, una sproporzione numerica che ben rende l'idea della polveriera con cui ha a che fare ogni giorno e ogni notte il personale;

   oggi più che mai occorre una riforma del corpo di polizia penitenziaria nonché del regolamento di esecuzione della pena inasprendo le regole più rigide per chi aggredisce uomini dello Stato;

   occorre altresì dotare la polizia penitenziaria di taser per evitare fatti analoghi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravi condizioni di sicurezza all'interno dell'istituto bellunese, acutizzate dalla carenza di personale;

   quali urgenti e adeguate iniziative intenda assumere individuando le giuste soluzioni e assumendo le dovute iniziative per garantire ed assicurare l'incolumità per gli uomini in servizio all'interno del penitenziario di Belluno;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare anche in merito all'inadeguatezza del vetusto edificio del suddetto carcere per rendere le condizioni strutturali e igieniche, conformi alle prescrizioni normative e regolamentari.
(4-00088)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante ha riferito di recenti episodi occorsi in danno di appartenenti alla polizia penitenziaria operanti presso il carcere di Belluno, e rilevatene criticità in tema di carenza di organici, oltre che di tipo strutturale, avanzando quesiti circa gli intendimenti che si intendano adottare.
  Orbene come detto in sede di risposta ad interrogazioni di pressoché analogo contenuto, si ribadisce che le criticità evidenziate sono certamente sintomo di sofferenza e va assicurato il massimo sforzo dell'Amministrazione volto al loro superamento, pur consci dei vincoli di bilancio, che fortemente limitano i concreti spazi di intervento.

  È indubbio che la tutela psicofisica degli agenti della polizia penitenziaria, unitamente a quella degli operatori tutti e, naturalmente, dei ristretti in carcere, è dovere primario dell'Amministrazione, perseguito costantemente con impegno.
  Ciò precisato, alla data del 7 dicembre 2022, presso la casa circondariale di Belluno risultano effettivamente presenti un totale di n. 81 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a n. 90 posti disponibili, rilevandosi una percentuale di affollamento pari al 107,59 per cento.
  Nonostante l'evidente criticità si evidenzia che nessun detenuto è comunque allocato in difformità dei parametri previsti dalla C.E.D.U..
  Quanto agli eventi critici segnalati, il primo verificatosi in data 5 ottobre 2022, è stato posto in essere da un detenuto di nazionalità albanese ristretto presso la sezione ATSM che, senza alcun motivo apparente, si è scagliato contro gli operatori di polizia addetti alla vigilanza della sezione, colpendoli ripetutamente con calci e pugni.
  Il personale vittima dell'aggressione è stato sottoposto a visita medica, riportando dai tre ai cinque giorni di prognosi.
  Anche il detenuto è stato sottoposto ai necessari controlli medici, da cui non è risultata alcuna lesione.
  Il detenuto ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Belluno in data 12 luglio 2022 a seguito di quanto disposto dal magistrato di sorveglianza di Verona, il quale, attesa la pericolosità del soggetto ostativa all'applicazione dell'articolo 147 del codice penale, ha dato disposizione al provveditorato regionale di Padova di individuare una sezione ATSM dove collocare il detenuto.
  Quest'ultimo veniva, pertanto, trasferito dalla casa circondariale di Vicenza alla casa circondariale di Belluno in quanto sede dotata di sezione ATSM.
  Il secondo episodio, relativo all'anno 2021, è ascrivibile invece a un detenuto di nazionalità tunisina, il quale, in data 5 ottobre, dopo essere entrato all'interno del corpo di guardia della sezione ATSM per chiedere di essere visitato, in uno scatto d'ira, ha preso a calci il tavolino, rompendolo. Successivamente, il detenuto ha minacciato il personale di Polizia penitenziaria presente con le parti metalliche ricavate dalla rottura del tavolino per poi estrarre dalla tasca una lametta e afferrare il capo di uno degli agenti, che, fortunatamente, è riuscito a divincolarsi e a non essere ferito; anche un altro operatore è divenuto bersaglio della condotta violenta del ristretto, il quale ha tentato di colpirlo con calci e pugni, fortunatamente senza riuscirci. Solo grazie all'intervento di altro personale, il detenuto veniva ricondotto nella propria camera di pernottamento. In data 11 ottobre 2021, il detenuto, terminate le esigenze di giustizia presso la casa circondariale di Belluno, ha fatto rientro presso la casa di reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi, sua sede di appartenenza.
  L'ultimo evento critico riguarda un detenuto di nazionalità marocchina ristretto presso la sezione circondariale ordinaria, il quale, in data 17 novembre 2022, ha posto in essere un tentativo di suicidio sventato grazie al pronto intervento del personale. In data 23 dicembre 2022, il detenuto è stato dimesso poiché ammesso alla misura della detenzione domiciliare, a seguito di ordinanza del magistrato di sorveglianza di Venezia.
  Si evidenzia, per completezza, che, dal 1° gennaio al 30 novembre 2022, (data dell'ultima comunicazione effettuata), presso l'istituto bellunese sono stati rilevati, complessivamente, n. 4 episodi di aggressione fisica in danno del personale di Polizia penitenziaria.
  Quanto sopra precisato, va evidenziato che l'Amministrazione, al fine di garantire maggiori livelli di sicurezza agli operatori penitenziari ha, da ultimo, adottato la circolare 31 marzo 2021, n. 3691/6141, a mezzo della quale si sensibilizzano i provveditori regionali, i direttori di istituto e i comandanti di reparto, ciascuno nell'ambito di rispettiva competenza, alla più stretta e scrupolosa osservanza delle disposizioni già vigenti in materia.
  Inoltre risultano ripresi i lavori dell'apposito gruppo istituito il 25 giugno 2020, di natura prettamente operativa, che già si è occupato di ridefinire il regime detentivo dei detenuti ascritti al circuito media sicurezza.
  Da ultimo, atteso il persistere e l'aumento del verificarsi di eventi critici, anche di particolare gravità, all'interno degli istituti, concretizzatisi in atti di violenza nei confronti di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e operatori appartenenti ad altri ruoli, in data 10 agosto 2022 è stato istituito il gruppo di analisi permanente sulle aggressioni, con il precipuo compito di analizzare quotidianamente, in tempi rapidi, i dati relativi ai fatti di specie e condurre un'istruttoria completa su ogni vicenda, anche attraverso il contatto per le vie brevi con le articolazioni territoriali coinvolte.
  Subito dopo la conclusione dell'istruttoria, l'operatore incaricato presenterà il caso al direttore generale dei detenuti e del trattamento e al vice capo del dipartimento, affinché siano valutati tutti i possibili provvedimenti urgenti sia nei confronti dei detenuti coinvolti sia nei riguardi delle vittime di aggressione, oltre che adottate tutte le ulteriori utili iniziative per le quali coinvolgere i competenti uffici.
  Sono inoltre state attivate specifiche iniziative di formazione, dirette a definire modelli operativi condivisi sia nella ordinaria attività della Polizia penitenziaria, sia nelle situazioni di criticità nella gestione della popolazione detenuta, ispirati alla logica della prevenzione come migliore strategia per evitare le emergenze, contemperando la componente relazionale e quella tecnico-operativa.
  E ciò, con riferimento:
a) alle procedure da eseguire in sicurezza nelle ordinarie operazioni di polizia (perquisizioni, controlli, comunicazioni, spostamenti e trasferimenti e altro); b) alle strategie di prevenzione e alle modalità di intervento negli eventi critici; c) alle tecniche per gestire situazioni derivanti da disturbo o disagio comportamentale delle persone detenute e per prevenire/contenere comportamenti violenti e aggressivi; d) ai modelli di intervento e alle procedure di sicurezza per l'uso legittimo della forza; e) alle strategie per evitare forme di emulazione di atti violenti o aggressivi e per la gestione della risonanza degli eventi critici nella popolazione detenuta e nel personale.
  Detta attività formativa dovrà riguardare sia la formazione iniziale per l'immissione nei ruoli del corpo e per l'avanzamento, sia l'aggiornamento professionale per il personale in servizio presso le sezioni detentive degli istituti penitenziari, da realizzare nelle sedi decentrate per permettere una diffusione capillare secondo modalità omogenee, con la previsione, altresì, di moduli specifici presso la scuola superiore di esecuzione penale rivolti a dirigenti e funzionari del corpo e/o a ruoli di coordinamento.
  Quanto agli equipaggiamenti e alle dotazioni strumentali in uso al corpo di polizia penitenziaria, è opportuno rammentare che in ambiente detentivo e in condizioni ordinarie, l'operatore di Polizia penitenziaria svolge il proprio servizio indossando la sola uniforme, mentre in condizioni straordinarie e previa autorizzazione, indossa equipaggiamenti protettivi quali casco, scudo, manganello e kit di protezione.
  Nel corso degli ultimi tre anni il DAP ha intensificato le attività propedeutiche fondamentali all'avvio di procedure di gara per la fornitura di dotazioni che, in alcuni, casi aumentano le quantità e, in altri casi, sostituiscono quelle non più adeguate a garantire i livelli di efficienza richiesti.
  Massimo impegno è stato profuso verso una più attenta programmazione a lungo termine, al fine di risolvere le problematiche che negli anni si sono registrate nelle procedure di gara, legate in particolare ai lunghi tempi tra avvio e consegna della fornitura, passando anche attraverso una politica di registrazione del fabbisogno territoriale che consenta di tenere in debita considerazione le esigenze più ricorrenti e pregnanti, migliorando il rapporto con il territorio attraverso la creazione di una rete più capillare che avvicini la periferia agli organi centrali.
  Numerose sono le attività poste in essere dalla preposta direzione generale del personale e delle risorse, finalizzate a implementare e ammodernare mezzi, strumentazioni ed equipaggiamenti a supporto, in particolare, del lavoro del personale del Corpo di polizia penitenziaria.
  Le procedure di gara avviate a livello centrale per l'acquisizione dei beni e dei servizi necessari al corretto ed efficiente funzionamento dell'Amministrazione riguardano gli ambiti delle telecomunicazioni, dell'equipaggiamento, del vestiario, degli armamenti e degli automezzi.
  Particolare menzione merita il nuovo progetto di video sorveglianza in mobilità così detto
body cam), avviato dal DAP, quale dotazione strumentale per il personale di Polizia penitenziaria che opera nel contesto penitenziario per adulti, minori e in esecuzione penale esterna.
  Si tratta di un insieme di apparati di registrazione audio-video portatili che consente al personale di Polizia penitenziaria di dotarsi di uno strumento funzionale per la documentazione di eventi critici e situazioni straordinarie, occorsi durante le attività di servizio dirette alla tutela dell'ordine e della sicurezza penitenziaria e pubblica.
  L'utilizzazione delle
body cam, raccomandata anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, rappresenta uno degli strumenti che, nel rispetto dei fondamentali principi di trasparenza, documentazione e controllo, assicurano la tutela dell'ordine e della sicurezza penitenziaria, anche a garanzia del personale di Polizia penitenziaria e dei diritti delle persone detenute.
  Il progetto iniziale di video-sorveglianza in questione (sistemi
Scout ed Explorer), risalente ormai negli anni, non è andato a regime per questioni di natura tecnica.
  Ad ogni modo, il relativo disciplinare operativo, in quella occasione elaborato, fu trasmesso nel 2018 all'Autorità garante per la protezione dei dati personali per le valutazioni di competenza e ricevette il nulla osta, subordinatamente al recepimento di alcune osservazioni.
  L'amministrazione penitenziaria, su tale precedente esperienza, ha ritenuto di avviare un nuovo progetto di sistemi di video sorveglianza in mobilità in uso al personale della Polizia penitenziaria, dapprima, in via sperimentale, presso i provveditorati regionali per il Lazio, l'Abruzzo e il Molise e per la Campania, e, in prospettiva, al termine della menzionata sperimentazione e sulla scorta dei risultati della stessa, all'intero territorio nazionale.
  A tal fine, è stato istituito un gruppo di lavoro interdipartimentale, con il coinvolgimento del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, atteso che i dispositivi troveranno applicazione anche nell'ambito dei servizi minorili e di esecuzione penale esterna.
  Il gruppo di lavoro ha elaborato un nuovo e dettagliato disciplinare operativo, redatto tenendo conto delle osservazioni già formulate dal Garante per la protezione dei dati personali, aggiornandolo al nuovo modello operativo che si intende introdurre.
  Il trattamento in oggetto, che rientra nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, per l'uso di nuove tecnologie e per la sua natura, per l'ambito di applicazione, per il contesto e per le finalità, rappresenta un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
  È stato perciò necessario, d'intesa con la responsabile della protezione dei dati del Ministero della giustizia, svolgere una valutazione di impatto sulla protezione dei dati.
  Il disciplinare e il documento di valutazione sono stati trasmessi al Garante della privacy in data 23 maggio 2022 per il necessario parere, restituito nel mese di agosto 2022 con alcune raccomandazioni, in particolare di natura tecnica.
  Il gruppo di lavoro interdipartimentale ha apportato le necessarie modifiche ed integrazioni e, nel mese di ottobre, sono state avviate interlocuzioni informali con il referente del suddetto Garante per una valutazione preliminare dell'elaborato, al fine di addivenire alla redazione del documento finale.
  In tema di dotazione al Corpo di polizia penitenziaria del così detto
taser si chiarisce che, essendo la pistola a impulsi elettrici considerata a tutti gli effetti un'arma propria – articolo 30 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 TULPS – la stessa non può essere introdotta in ambiente detentivo se non in virtù di una specifica variazione normativa.
  Passando all'annosa carenza degli organici, va evidenziato che, allo stato, a fronte di un organico totale di 41.865 unità, il personale del corpo di polizia penitenziaria amministrato ammonta a n. 36.508 unità.
  L'esigenza dell'incremento delle dotazioni organiche del corpo di polizia penitenziaria, in specie per la qualifica iniziale degli agenti/assistenti, è stata rappresentata e condivisa sul finire del decorso anno in seno agli organismi interforze e, segnatamente, nell'ambito dell'ufficio di coordinamento e pianificazione delle forze di polizia.
  Per venire incontro alle richieste di tutte le forze di polizia è stato istituito – con l'articolo 1, comma 961, della «Legge di bilancio per l'anno 2022» 30 dicembre 2021, n. 234 – nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo unico per le assunzioni straordinarie e gli incrementi di organico delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  L'impiego del suddetto fondo potrà assicurare anche al corpo di polizia penitenziaria una quota di incremento della propria dotazione organica.
  A ogni modo, con l'obiettivo di riempire completamente l'intera pianta organica del Corpo, nell'arco del quinquennio 2021 - 2025, è autorizzata, oltre al
turnover, l'assunzione straordinaria di complessive 2.804 unità.
  Inoltre, la legge 29 giugno 2022, n. 79 ha previsto un incremento della dotazione organica del corpo di polizia penitenziaria e contestuale autorizzazione ad assunzioni straordinarie di n. 270 unità del ruolo agenti-assistenti dal 2022 al 2032.
  Quanto sopra precisato, gli organici della casa circondariale di Belluno, evidenziano una presenza di n. 78 unità a fronte delle 95 previste, comprese le unità distaccate in uscita, pari a 2 e quelle in entrata, pari ad 1.
  Le carenze maggiori si riscontrano nel ruolo dei funzionari (-2 unità), degli ispettori (-6 unità), dei sovrintendenti (-7 unità) e degli agenti/assistenti (-1 unità).
  In ordine alla carenza di appartenenti alla carriera dei funzionari, per integrare l'organico del ruolo in esame, risulta bandito il concorso pubblico per 120 posti di allievo commissario della carriera dei funzionari del Corpo, al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, si rappresenta che il 16 novembre 2022 si è concluso il VII Corso per allievo vice ispettore, relativo al concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti.
  Sulla base del piano di mobilità l'organico della casa circondariale di Belluno è stato incremento di n. 2 unità appartenenti al ruolo ispettori femminile.
  Inoltre, con provvedimento del direttore generale 25 novembre 2021, è stato indetto un concorso pubblico per n. 411 posti per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo. Pertanto, all'esito della relativa procedura concorsuale, l'Amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale che connota il penitenziario di Belluno, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, si evidenzia che, con provvedimento del direttore generale 17 giugno 2021, è stato indetto il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente.
  A tal fine, l'Amministrazione ha previsto, indicativamente, l'assegnazione, presso la casa circondariale di Belluno di n. 3 unità del ruolo sovrintendente maschile.
  Da ultimo, in ordine al ruolo agenti/assistenti, si rappresenta che l'organico del carcere di Belluno, nei mesi di maggio e luglio 2022, è stato incrementato di n. 3 unità maschili e n. 1 unità femminile del ruolo agenti/assistenti, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso.
  Si riferisce, inoltre, che è in via di conclusione il concorso pubblico a 1.479 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria, i cui vincitori saranno avviati al prescritto corso di formazione entro l'anno.
  Trattando invece delle riferite carenze strutturali, si evidenzia che l'istituto, aperto nell'anno 1933, è stato sottoposto, nel corso del tempo, a interventi di ristrutturazione che hanno interessato diverse parti della struttura.
  A seguito all'entrata in vigore del nuovo regolamento decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, fu predisposto dal provveditorato regionale di Padova un piano per la ristrutturazione e l'adeguamento di tutto l'istituto.
  Risultano già stati realizzati i seguenti lavori: 1) Ristrutturazione e adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 della sezione cosiddetta «Braccio Sinistro»; 2) Ristrutturazione e adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 del reparto isolamento; 3) Ristrutturazione e adeguamento impiantistico dell'edificio lavorazioni - ala sinistra.
  Risulta poi in corso la progettazione esecutiva per la ristrutturazione e l'adeguamento del Reparto ATSM, già previsto nella programmazione relativa all'anno 2022; nel 2023 sarà esperita la gara e avviati i lavori.
  Ancora, per l'anno 2023 e successivi, nell'ambito della programmazione del D.A.P., è previsto l'inserimento dei seguenti lavori: 1) Ristrutturazione e adeguamento al Nuovo regolamento della Sezione detentiva detta «Braccio Destro»; 2) Ristrutturazione e adeguamento impiantistico edificio lavorazioni - ala destra: 3) Ristrutturazione muro di cinta.
  

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ENRICO COSTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Il 18 ottobre scorso l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, istituita con la Convenzione di Parigi del 14 dicembre 1960) ha pubblicato sul proprio sito il «Phase 4 Report – Italy», che ha la finalità di valutare il grado di applicazione da parte del nostro Paese della Convenzione sul contrasto alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali, firmata a Parigi il 17 dicembre 1997;

   all'interno del rapporto – che dovrebbe limitarsi a certificare il corretto adempimento di impegni internazionali da parte dell'Italia – si rinvengono considerazioni e passaggi piuttosto sorprendenti; dal documento emergerebbe una preoccupazione per il fatto che i processi in Italia sui casi di corruzione internazionale abbiano prodotto un alto numero di sentenze di assoluzione e che ciò avvenga perché, anziché prendere in esame contemporaneamente la totalità delle prove indiziarie, ciascuna di queste viene esaminata solo singolarmente, e perché la legge italiana richiede una prova solida dell'accordo corruttivo;

   il rapporto dell'Ocse, lungi dal costituire un documento di mera valutazione tecnica, assume i contorni di un vero e proprio giudizio sull'operato della magistratura italiana, e sottintende una impostazione che considera l'assoluzione un fallimento della macchina processuale, piuttosto che uno dei possibili esiti della stessa;

   operando in tal senso, gli esaminatori del gruppo anticorruzione dell'Ocse mettono in discussione il lavoro dei giudici italiani, oltre che gli «standard di prova» richiesti dalla nostra legislazione;

   secondo quanto riportato dal giornale Il Dubbio il 20 ottobre, al rapporto si aggiunge una inusuale lettera a titolo personale scritta dal presidente del gruppo di lavoro Drago Kos di forte critica dell'operato di un singolo magistrato in uno specifico processo;

   in tale contesto stupisce il silenzio dell'Associazione Nazionale dei Magistrati (Anm) che, solitamente solerte nel denunciare le violazioni delle prerogative di autonomia e indipendenza della magistratura, si è limitata ad osservare che «il gruppo fa le sue critiche, più o meno fondate, ma non si pone un problema di lesione dell'indipendenza»;

   il nostro Paese dovrà rispondere entro ottobre 2024 sulle raccomandazioni contenute nel rapporto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei contenuti del rapporto di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di tutelare l'indipendenza e l'autonomia della magistratura italiana a fronte delle ingerenze denunciate in premessa.
(4-00051)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito del contenuto del cosiddetto Phase 4 Report (Rapporto di Fase 4) sull'Italia, approvato il 13 ottobre scorso dal Gruppo di lavoro sulla corruzione (Working group on bribery – WGB) operante in seno all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), e ritenuto evincervi critiche tali da assumere i contorni di un vero e proprio giudizio sull'operato della magistratura italiana, mettendo in discussione il lavoro dei giudici italiani, oltre che gli standard di prova richiesti dalla nostra legislazione, in ragione delle preoccupazioni espresse nel rapporto per l'alto numero di sentenze con cui si sono conclusi i processi italiani per corruzione internazionale, avanza precipui quesiti in ordine alla conoscenza della vicenda e circa eventuali iniziative volte alla tutela dell'indipendenza e l'autonomia della magistratura italiana a fronte delle ingerenze denunciate.
  Orbene, il rapporto di cui all'interrogazione è stato approvato durante la sessione plenaria del Gruppo di lavoro sulla corruzione dell'OCSE tenutasi dall'11 al 14 ottobre 2022, all'esito di un lungo processo di valutazione, che ha visto il Dicastero della giustizia impegnato in complesse attività preparatorie, comprendenti: la redazione e collazione di contributi scritti; l'espletamento di difficili e ripetute interlocuzioni con il Segretariato OCSE; l'organizzazione di una visita
on-site a Roma e a Milano, durante la quale il segretariato e i valutatori hanno potuto incontrare numerosi esponenti di tutte le amministrazioni coinvolte nell'esercizio, tra cui anche numerosi giudici e pubblici ministeri; la formulazione di commenti e di corruzione internazionale, oltre che dei progressi registrati sin dalla Fase 3 di valutazione nel 2011.
  Particolare attenzione è stata dunque dedicata, nel rapporto, all'analisi dei casi di corruzione internazionale e della giurisprudenza delle nostre corti.
  Conseguentemente, i valutatori hanno espresso osservazioni, da una parte riconoscendo gli ingenti progressi compiuti dall'Italia nell'
enforcement della Convenzione a partire dalla precedente fase di valutazione (2011), dall'altra formulando alcune osservazioni critiche in tema di standard probatorio, particolarmente riferite alla valutazione della prova circostanziale e alla prova degli elementi costituenti l'accordo corruttivo.
  Ed in effetti si legge nel tradotto
executive summary: [...] A partire dalla Fase 3, l'Italia ha rafforzato in modo encomiabile il proprio quadro legislativo al fine di contrastare la corruzione internazionale. Tra i miglioramenti apportati rientrano i più lunghi termini di prescrizione per le persone fisiche, l'inasprimento delle pene della reclusione e delle sanzioni interdittive e l'introduzione della tutela per il whistleblower. Nonostante taluni ostacoli scoraggianti nell'ottenimento delle condanne, le autorità di contrasto italiane continuano ad investigare con fermezza e a perseguire la corruzione internazionale. L'Italia presenta, in effetti, un livello significativo di «enforcement», con un incremento del ritmo dal 2011. La creazione del III Dipartimento presso la Procura della Repubblica di Milano al fine di contrastare la corruzione internazionale incarna l'impegno dell'Italia nell'attuazione della Convenzione e rappresenta una buona prassi che dovrebbe essere preservata. Ciò nonostante, il Gruppo di lavoro nutre serie preoccupazioni riguardo al fatto che i casi di corruzione internazionale trattati in Italia abbiano portato ad un numero considerevole di assoluzioni.
  Quasi tutte le condanne per corruzione internazionale vengono garantite attraverso il patteggiamento, una forma di definizione del procedimento che non prevede il processo. Nei casi trattati in giudizio, tuttavia, dopo una condanna nel 2013, gli ultimi sette processi si sono conclusi con cinque proscioglimenti, un proscioglimento parziale e una condanna. Le assoluzioni si sono verificate in parte perché l'insieme delle prove circostanziali non è stato valutato nel complesso. Nei casi in cui è possibile dimostrare la sussistenza della corruzione laddove si adotti una visione olistica, si rischia l'assoluzione a causa di questo tipo di approccio limitato. Si rende inoltre necessaria la prova di tutti i particolari dell'accordo corruttivo.
  All'esito della valutazione sono state quindi formulate, come di prassi, le conclusioni del rapporto, che includono sia il riconoscimento di risultati positivi raggiunti dal nostro Paese («
positive achievements»), sia raccomandazioni per il miglioramento del livello di applicazione della Convenzione, sulla cui attuazione il nostro Paese è chiamato a riferire entro il mese di ottobre 2024.
  Va invero evidenziato che i componenti del
team di valutazione hanno acquisito copia delle sentenze poi oggetto di valutazione, e che certamente il carattere controverso delle sentenze di proscioglimento derivava anche dalla circostanza che in ciascuno dei procedimenti erano intervenute precedenti sentenze di condanna poi riformate.
  La presenza di esiti decisori diversi, la grande attenzione rivolta dai
media a tali procedimenti, le serrate critiche mosse da organizzazioni non governative alle motivazioni delle sentenze di proscioglimento, ed anche le posizioni espresse da alcuni pubblici ministeri sentiti nel corso della on site visit svoltasi in Italia nell'aprile 2022, hanno evidentemente indotto i componenti del team di valutazione ad esprimere preoccupazioni in merito al trattamento e valutazione delle prove indiziarie da parte delle corti italiane nei procedimenti di corruzione internazionale.
  Deve aggiungersi che, oltre alle preoccupazioni espresse sulla valutazione delle prove indiziarie, il
team di esperti ha formulato rilievi critici concernenti gli standard probatori richiesti per la dimostrazione dell'accordo corruttivo, la formulazione della fattispecie incriminatrice che, nella sua applicazione concreta, richiederebbe contrariamente a quanto previsto dalla Convenzione OCSE la prova della legge straniera, la compatibilità del delitto di corruzione con la forma del dolo eventuale.
  Nella fase finale dell'esercizio di valutazione – conclusosi con l'adozione del rapporto sull'Italia da parte del
Working Group nella sessione plenaria svoltasi a Parigi dal 9 al 13 ottobre 2022 – vi è stato un confronto molto articolato, approfondito tra il team di esperti ed i rappresentanti del Ministero della giustizia, che è l'amministrazione responsabile del coordinamento dell'esercizio (al quale hanno partecipato per le parti di rispettiva competenza numerose altre Amministrazioni e autorità, tra le quali il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell'economia e delle finanze, la CONSOB, l'ANAC, la Banca d'Italia, l'Agenzia delle entrate), che ben hanno, tra l'altro, evidenziato e riaffermato la piena autonomia e indipendenza dei giudici italiani e la posizione del Ministero della giustizia che non avrebbe potuto comunque esprimere valutazioni e commentare le decisioni rese dalle corti italiane.
  Così dettagliatamente ricostruiti i vari passaggi che hanno portato al rapporto finale, va osservato che gli esperti hanno espresso «il massimo rispetto per l'indipendenza dei giudici italiani ... e non criticano le decisioni di questi procedimenti» (pagina 36 del rapporto), pur mantenendo una posizione critica rispetto ai criteri di valutazione delle prove indiziarie nei procedimenti per corruzione di pubblici ufficiali stranieri.
  In conclusione, non si ravvisano esigenze di intervento nei confronti di un organismo tecnico quale il WGB in ragione delle autonome conclusioni cui è giunto, non riscontrandosi indebite ingerenze bensì critiche, ancorché non condivise, ai (ritenuti eccessivamente complessi) meccanismi processuali della nostra Legislazione che ben possono portare, come in effetti verificatosi, ad interpretazioni non univoche degli stessi elementi presi in valutazione dalle corti interne.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 9 dicembre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 206 del 2021 recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile»;

   l'articolo 1, comma 32, della predetta legge delega ha modificato l'articolo 543 del codice di procedura civile aggiungendo, dopo il quarto comma, due nuovi commi;

   il nuovo quinto comma dell'articolo 543 del codice di procedura civile in vigore dal 21 giugno 2022, stabilisce che creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento;

   tale previsione pone a carico del creditore procedente non solo un ulteriore oneroso adempimento, peraltro a pena di inefficacia del pignoramento, ma lo costringe di fatto a indicare una data di udienza di assegnazione delle somme pignorate abbastanza lontana nel tempo, considerato che, oltre a depositare nel fascicolo l'iscrizione a ruolo del pignoramento, il creditore procedente deve attendere l'attribuzione del numero di ruolo al fascicolo da parte della cancelleria, deve notificare sia al debitore sia al terzo pignorato l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con l'indicazione del numero e, infine, depositare nel fascicolo le notifiche eseguite;

   tale previsione più che agevolare la posizione del terzo pignorato sembra agevolare la posizione del debitore a discapito del creditore, rallentando il procedimento di espropriazione presso terzi;

   il Ministero della giustizia, con nota del 20 settembre 2022 IV-DOG/03-1/2022/CA concernente gli adempimenti imposti dal nuovo comma 5 dell'articolo 543 del codice di procedura civile, ha affermato: «Trattandosi di adempimenti che vanno a perfezionare l'intera procedura di pignoramento presso terzi, l'attività posta in essere dal funzionario UNEP/Ufficiale giudiziario va configurata nell'ambito dell'esecuzione forzata e i relativi atti di notifica dell'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura al debitore e al terzo sono da iscrivere nel registro cronologico Mod. C o C/ter con l'indicazione delle relative indennità di trasferta previste dalla normativa vigente per l'espletamento dei corrispettivi atti»;

   alcune associazioni forensi hanno manifestato contrarietà a tale nuova e onerosa incombenza e alla sua interpretazione. L'Associazione italiana giovani avvocati (Aiga) ha affermato: «non si può [...] tacere sul fatto che questa nuova interpretazione comporterà costi a carico dell'utenza e ritardi a carico della procedura che si pongono in antitesi con la ricerca continua di maggior efficienza del processo civile; e questo se si considera che alcuni grandi soggetti, quali Poste Italiane o alcuni Istituti di Credito, avevano già richiesto che la comunicazione ex articolo 543 venisse loro inviata a mezzo Pec proprio per favorire una maggiore celerità nella gestione delle posizioni»;

   anche il Consiglio nazionale forense (Cnf) ha preso posizione contro l'interpretazione ministeriale, inviando il 26 settembre 2022 una nota al Ministero della giustizia a firma della presidente Maria Masi –:

   se il Ministro interrogato intenda, con iniziative di carattere normativo, prevedere l'eliminazione dell'incombenza prevista dall'articolo 543, comma 5 del codice di procedura civile messa a carico del creditore procedente e, in ogni caso, se intenda chiarire in modo definitivo e tempestivo l'interpretazione da dare al nuovo articolo 543, comma 5 del codice di procedura civile, escludendo che la notifica dell'avviso di avvenuta iscrizione arruolo sia da considerarsi un atto di esecuzione proprio dell'ufficiale giudiziario, prevedendo che tale incombenza possa essere espletata direttamente dal legale del creditore procedente anche a mezzo di notifica in proprio, se a ciò il legale sia espressamente autorizzato, ovvero a mezzo di notifica Pec.
(4-00055)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «... il 9 dicembre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 206 del 2021 recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile; l'articolo 1 comma 32 della predetta legge ha modificato l'articolo 543 del codice di procedura civile, aggiungendo dopo il quarto comma due nuovi commi; il nuovo quinto comma dell'articolo 543 del codice di procedura civile, in vigore dal 21 giugno 2022, stabilisce che il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, notifica al debitore l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con l'indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento; tale previsione pone a carico del creditore procedente non solo un ulteriore oneroso adempimento, peraltro a pena di inefficacia del pignoramento, ma lo costringe di fatto a indicare una data di udienza di assegnazione delle somme pignorate abbastanza lontana nel tempo, considerato che, oltre a depositare nel fascicolo l'iscrizione a ruolo del pignoramento, il creditore procedente deve attendere l'attribuzione del numero di ruolo al fascicolo da parte della cancelleria, deve notificare sia al debitore sia al terzo pignorato l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con l'indicazione del numero e, infine, depositare nel fascicolo le notifiche eseguite..» – domanda al Ministro della giustizia «... se ... intenda, con iniziative di carattere normativo, prevedere l'eliminazione dell'incombenza prevista dall'articolo 543 comma 5 del codice di procedura civile messa a carico del creditore procedente e, in ogni caso, se intenda chiarire in modo definitivo e tempestivo l'interpretazione da dare al nuovo articolo 543 comma 5 del codice di procedura civile, escludendo che la notifica dell'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo sia da considerarsi un atto di esecuzione proprio dell'ufficiale giudiziario, prevedendo che tale incombenza possa essere espletata direttamente dal legale del creditore procedente anche a mezzo di notifica in proprio, se a ciò il legale sia espressamente autorizzato, ovvero a mezzo di notifica Pec...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto posto in risalto che la questione tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo è sorta in seguito alla attribuzione alla stregua della nota estesa in data 20 settembre 2022 dalla direzione generale del personale e della formazione – ufficio IV, reparto Unep – del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero degli adempimenti di notifica al debitore e al terzo pignorato dell'avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi al funzionario Unep/ufficiale giudiziario, in quanto adempimenti che vanno a perfezionare l'intera procedura di pignoramento e che devono considerarsi inseriti nell'ambito dell'
iter dell'esecuzione forzata, i cui atti ove compiuti dal funzionario Unep/ufficiale giudiziario prevedono ai sensi dell'articolo 116 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959 n. 1229 (ordinamento degli ufficiali giudiziari) la registrazione in appositi registri cronologici conformi ai modelli stabiliti con decreto ministeriale.
  Invero gli atti di esecuzione forzata compiuti dal funzionario Unep/ufficiale giudiziario ai sensi dell'articolo 116 del decreto del Presidente della Repubblica del 15 dicembre 1959 n. 1229 devono essere registrati nel mod. c o c/
ter (in quest'ultimo caso se si verte in materia di lavoro), motivo per il quale si era concluso nel senso che anche la notifica dell'avviso previsto dal comma 5 dell'articolo 543 codice di procedura civile – rubricato con l'espressa dicitura «Forma del pignoramento» –, configurandosi come un atto inserito nell'ambito dell'iter dell'esecuzione forzata di valore indeterminato in quanto non legato né al precetto né all'importo della somma pignorata, dovesse essere iscritto nel registro cronologico mod. c o c/ter.
  Nella summenzionata nota del 20 settembre 2022 era stata privilegiata l'esigenza di tracciare tutti gli atti della procedura, esecutiva del pignoramento presso terzi in un unico registro cronologico, per un più facile riscontro e per una più agevole verifica di tutti gli atti entrati a fare parte della procedura stessa.
  La classe forense nel suo complesso (Consiglio nazionale forense, associazione italiana giovani avvocati e vari consigli dell'ordine) evidenziava in senso contrario la natura comunicatoria della notifica dell'avviso previsto dal comma 5 dell'articolo 543 del codice di procedura civile, ciò che porta a ritenere che siffatta notifica costituisca un atto della parte e non del funzionario Unep/ufficiale giudiziario.
  Così nella successiva nota estesa in data 8 novembre 2022 la direzione generale del personale e della formazione – ufficio IV, reparto Unep – del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero chiariva che la precedente nota del 20 settembre 2022 «... ha un valore esclusivamente interno all'amministrazione giudiziaria e attinente alla gestione delle risorse umane (in particolare per quanto concerne l'inquadramento dell'attività svolta dal personale Unep) e non incide minimamente sul sistema processuale. In particolare, il contenuto della suddetta nota non lascia intendere in alcuna sua parte – né sarebbe la
sedes materiae competente – alcuna immutazione dell'ordinaria disciplina dell'iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi e della notifica del relativo avviso al debitore e al terzo pignorato...».
  Da ciò consegue che la notifica al debitore e al terzo pignorato dell'avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento a norma del comma 5 dell'articolo 543 del codice di procedura civile rimane un incombente a carico del legale del creditore procedente, che potrà a questo scopo avvalersi delle varie modalità di notificazione consentite: a mezzo di notifica in proprio ai sensi della legge del 21 gennaio 1994 n. 53 (facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), a mezzo di notifica Pec e, infine, anche a mezzo del funzionario Unep/ufficiale giudiziario, con conseguente iscrizione in tale ultima ipotesi nel relativo cronologico mod. a o a/
ter (se si verte in materia di lavoro).
  Deve essere infine ricordato che non vi sono iniziative legislative in corso sullo specifico tema sinora esaminato.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   80 suicidi in carcere dall'inizio dell'anno il numero più altro di sempre: è il record negativo del secolo e ancora l'anno non è finito;

   nella giornata di venerdì 28 ottobre 2022 si è consumato il settantaduesimo suicidio in carcere a Torino a «Le Vallette », era un giovane di nazionalità africana di 22 anni, si è tolto la vita solo dopo pochi giorni di reclusione. L'accusa: il tentativo di furto di un paio di cuffiette;

   l'ultimo, nel carcere di Sollicciano, si è tolto la vita nella notte tra domenica e lunedì impiccandosi all'interno della sua cella nella sezione di transito, dove era recluso da solo. Il drammatico suicidio è avvenuto davanti a un agente penitenziario che non ha potuto aprire la cella perché il detenuto l'aveva bloccata;

   i suicidi costituiscono il 51 per cento dei casi di morte registrati in carcere nel corso dell'anno, e anche questa è una percentuale mai così alta dall'inizio del secolo, non era mai arrivata al 50 per cento, solo il 2018 registrò un 45 per cento di suicidi sul totale dei morti in carcere nel corso dell'anno;

   ogni caso è un caso a sé, con la storia di quella persona e della sua disperazione, ma il dato generale è impressionante ed è indice di una generale mancanza di speranza nelle nostre carceri;

   salvo poche, ammirevoli, esperienze di sostegno e accompagnamento al reinserimento sociale, la grande maggioranza dei detenuti e delle detenute vive la carcerazione come un periodo più o meno lungo di abbandono;

   per 80 volte quest'anno in maniera definitiva e drammatica si è consumata una sconfitta dello Stato, incapace di dare attuazione all'articolo 27 della Costituzione che obbliga le istituzioni, con il concorso della società esterna, ad accompagnare il condannato nel reinserimento sociale, avendogli offerto mezzi e strumenti per una vita diversa. Invece, si sa che il 30 giugno 2022 7.658 dei 38.959 condannati in via definitiva scontavano pene inferiori ai tre anni, generalmente ammissibili a pene alternative alla detenzione, e addirittura 6.996 avevano un residuo di pena inferiore a un anno pronti quindi ad andarsene;

   oggi, come tra l'altro ha ammesso candidamente il Viceministro alla giustizia senatore Paolo Sisto, durante la trasmissione di Rai Tre «La torre e il Cavallo», andata in onda mercoledì 16 novembre 2022, il carcere è tornato ad essere un luogo di isolamento e disperazione, e il numero dei suicidi ne è diventata una drammatica testimonianza;

   se non ci si vuole rassegnare a questa tragedia, o scaricarne la responsabilità sugli operatori penitenziari in trincea, bisogna veramente ridurre il carcere a extrema ratio e aprirlo alle attività e al mondo esterno. In questo modo, e solo in questo modo il sistema penitenziario può farsi carico di chi debba effettivamente scontare una pena in carcere, e magari, con il concorso della società civile e degli enti territoriali, offrirgli le condizioni per un migliore reinserimento sociale;

   il quotidiano «Il Dubbio» ha lanciato un appello alle istituzioni, agli intellettuali e alla politica per fermare questa strage proponendo una serie di interventi immediati che possano dare un minimo di sollievo al disagio che i detenuti vivono nelle carceri «illegali» del nostro Paese che vede l'interrogante tra i firmatari insieme a Saviano, Manconi, Pisapia e molti altri –:

   se il Ministro interrogato, anche alla luce di quanto in premessa, non ritenga urgentemente di dover rivedere e, nello stesso tempo, verificare l'effettiva applicazione del piano nazionale di prevenzione del rischio suicidario negli istituti penitenziari, investendo nel reinserimento sociale dei detenuti con scelte politiche chiare e che diano una effettiva chance e la speranza in un futuro degno di essere vissuto, dando piena ed effettiva attuazione al terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione.
(4-00101)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in oggetto, riferiti di due recenti eventi suicidari verificatisi l'uno il 28 ottobre all'interno della casa circondariale di Torino ed il secondo all'interno del carcere fiorentino «Sollicciano», quindi evidenziato l'aumento dei suicidi dei detenuti all'interno degli istituti di pena del Paese, avanza quesiti in ordine all'assunzione di iniziative finalizzate ad arginare il fenomeno.
  Orbene, come evidenziato in sede di risposta ad interrogazioni di pressoché analogo tenore, si assicura che l'attenzione al tema suicidi in carcere è massima, e continuo sarà l'impegno che sarà profuso dall'Amministrazione a mezzo del preposto D.A.P.
  Per dovere di precisione si riporta la sequenza storica dal 2009 ad oggi: n. 59 nel 2009, 63 nel 2010 e nel 2011, 57 nel 2012, 42 nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015 e nel 2016, 48 nel 2017, 62 nel 2018, 53 nel 2019, 62 nel 2021, 57 nel 2012 e 79 al 30 novembre 2022.
  Certamente, siffatti numeri non possono che destare impressione e spingere nell'individuazione e messa in opera di doverose soluzioni.
  Il D.A.P., proprio allo scopo di prevenzione del suicidio in carcere, nel tempo ha messo in atto azioni finalizzate all'accoglienza, in particolare dei detenuti alla prima esperienza detentiva.
  A tal riguardo risultano emanate varie circolari tra cui, citando le più significative negli ultimi 20 anni, in data 12 maggio 2000 recante: «Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario: linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi nelle carceri»; in data 6 giugno 2007 recante: «I detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza. Linee di indirizzo»; quindi in data 25 gennaio 2010 recante: «emergenza suicidi-Istituzione unità di ascolto di Polizia penitenziaria».
  Nell'ultimo decennio, inoltre, tale attenzione si è maggiormente consolidata ed è stata condivisa con l'Amministrazione della salute, tanto che il 19 gennaio 2012, in seno alla Conferenza unificata Stato-regioni, è stato sancito l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» (Repertorio Atti n. 5/CU del 19 gennaio 2012; Allegato A) e nel 2017 è stato sottoscritto il «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti» con lo scopo di fornire linee guida ai livelli regionali al fine di consentire la successiva redazione dei protocolli locali, con la più ampia condivisione e concretezza tra le parti, sanitaria e penitenziaria.
  Ancora, in data 11 ottobre 2017, sono state divulgate ai provveditorati regionali e a tutte le direzioni degli istituti penitenziari le indicazioni fornite dall'accordo della Conferenza unificata del 27 luglio 2017, con il quale, sinteticamente, viene dato impulso a una fattiva collaborazione tra il D.A.P. e le aziende sanitarie territorialmente competenti, al fine di creare i presupposti per alleviare, in via preventiva, l'eventuale disagio sofferto dalla persona privata della libertà personale e, in secondo luogo, delineare ambiti di intervento.
  In sostanza, è stato promosso il congiunto impegno di tutte le figure professionali che operano all'interno degli istituti penitenziari.
  A tale fine, nell'accordo vengono previsti, tra l'altro, il modello di lavoro interdisciplinare e la presa in carico congiunta, attraverso cui si sviluppa una collaborazione sinergica tra le varie figure professionali coinvolte, con l'obiettivo di lenire il disagio della persona offrendo vicinanza e supporto sociale.
  Successivamente, i concetti di cui sopra sono stati altresì ribaditi con circolare 3 maggio 2019 recante: «Interventi urgenti in ordine all'acuirsi di problematiche in tema di sicurezza interna riconducibili al disagio psichico».
  Infine, merita menzionare la recente nota 2 luglio 2020 a firma del direttore generale dei detenuti e del trattamento, con la quale si raccomanda massima prudenza e attenzione nella percezione di possibili segni di disagio psichico o comunque di alterazione comportamentale dei ristretti, prevedendo un'assistenza psicologica più ampia.
  Inoltre, in considerazione dell'aumento dei decessi dei suicidi nel corrente anno, rispetto allo stesso periodo dell'anno passato, a seguito di una riflessione condivisa con i provveditori e i direttori d'istituto del territorio nazionale, il D.A.P., con nota circolare 8 agosto 2022, n. 3695/6145, ha ribadito a tutti i provveditori e direttori d'istituto la necessità di rafforzare le iniziative attuate, in particolare dal 2016 in poi, rispetto al grave problema della prevenzione dei suicidi delle persone detenute, avviando sollecitamente un percorso nazionale di «intervento continuo» sul tema, attraverso il quale il dipartimento, i provveditorati e gli istituti penitenziari, siano tutti coinvolti, in una prospettiva di rete, nella prevenzione di tali drammatici eventi.
  In particolare, è stato chiesto ai provveditori regionali di verificare se, nei distretti di competenza, siano stati stipulati i piani regionali di prevenzione.
  E ciò, ove gli stessi manchino, al fine di sollecitarne la pronta approvazione attraverso l'interlocuzione con le rispettive autorità sanitarie.
  È stata ribadita l'importanza e il ruolo fondamentale all'uopo svolto dallo
staff multidisciplinare, evidenziando la necessità che esso agisca non soltanto sulle situazioni rispetto alle quali si è manifestato un evento o una richiesta di aiuto, bensì anche sui cosiddetti «casi silenti», riguardanti le persone che, all'atto dell'accoglienza in istituto e nell'ulteriore prosieguo della detenzione, non abbiano manifestato un disagio particolare. Su questo versante, dunque, è necessario che ogni direzione, unitamente ai componenti dello staff, abbia un'adeguata strategia per intercettare i soggetti che rischiano di rimanere «invisibili».
  Sono stati definiti, altresì, gli ambiti potenzialmente critici verso i quali tutti gli operatori addetti alla gestione della persona detenuta devono essere adeguatamente indirizzati per cogliere eventuali segnali di pericolo (ingresso e accoglienza, colloqui con i familiari, flusso di corrispondenza, fasi
pre e post processuali, comunicazioni di eventi traumatici, comportamenti anomali, tendenza all'isolamento, prossima dismissione, eccetera).
  È stata evidenziata l'importanza di instaurare collaborazioni con ordine degli avvocati – al fine di stimolare un canale diretto di comunicazione con l'istituto nel caso emergano situazioni di rischio per le persone detenute, anche sulla base di quanto il difensore abbia appreso dalle famiglie dei detenuti – nonché, a livello locale, con la magistratura e i garanti.
  È stata sottolineata la necessità di attivare un processo di gestione del singolo caso che tenga conto, essenzialmente, dei seguenti aspetti: attivazione della procedura gestionale, alloggiamento, controllo della persona, disponibilità di oggetti pericolosi, interventi sanitari, di supporto sanitario e penitenziario e da parte dei
peer supporters, modalità di chiusura della procedura.
  Inoltre, in un'ottica di oculata gestione complessiva delle situazioni di disagio delle persone detenute, è necessario che particolare attenzione sia riservata al momento delle assegnazioni definitive in istituto e alle richieste di trasferimento, privilegiando le strutture penitenziarie che, per l'adeguata offerta sanitaria e trattamentale, siano in grado di soddisfare meglio le esigenze di presa in carico delle problematiche di disagio personale dei soggetti ristretti.
  Da ultimo, è stata sollecitata l'attivazione di giornate di studio e confronto collettivo sul tema della prevenzione suicidaria, a tutti i livelli dell'organizzazione, onde favorire un coinvolgimento il più possibile esteso e favorendo anche la partecipazione del personale dell'area sanitaria in servizio negli istituti.
  Per completezza, si evidenzia, altresì, che il
budget relativo al capitolo 1766 pag. 2 «Onorari degli esperti ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario» è stato arricchito da un finanziamento pari a 2.700.000 euro, da impegnare entro il 31 dicembre 2022.
  Ciò consentirà di incrementare la presenza e l'operatività degli Esperti
ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario all'interno degli istituti di pena e, in special modo, di dare attuazione alle vigenti direttive concernenti la prevenzione delle condotte suicidarie delle persone detenute.
  Tali risorse, che si aggiungono a quelle già assegnate per il corrente anno nei mesi scorsi, sono state ripartite tra i provveditorati regionali, con l'invito, rivolto a questi ultimi, di procedere alla successiva ripartizione tra gli istituti del distretto di competenza, impegnando tutti i fondi disponibili, elevando sino al limite delle 64 vacazioni orarie le convenzioni già stipulate per un numero inferiore e stipulando nuove convenzioni con i professionisti iscritti negli elenchi previsti dall'articolo 132 del regolamento di esecuzione.
  Per completezza si riferisce che all'interno degli istituti penali per i minorenni, nell'anno 2022, non si è verificato alcun caso di suicidio riguardante i ragazzi detenuti, pur registrando n. 116 eventi critici relativi a gesti autolesionistici, di varia natura ed entità, messi in atto dai minori/giovani adulti ristretti.
  A tal proposito, si rappresenta che il preposto dipartimento si è dotato di strumenti utili per ridurre al minimo il rischio suicidario ed autolesivo tra i giovani detenuti.
  In particolare, si richiama il «Piano Nazionale per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi residenziali minorili del D.G.M.C» del 7 dicembre 2017 ed il successivo PDG n. 4799.U del 28 gennaio 2019, con i quali si dispone di individuare, presso le singole realtà territoriali, dei «referenti locali» per l'attuazione del citato «Piano Nazionale» e di pervenire alla definizione dei piani regionali e locali di prevenzione, in sinergia con le altre amministrazioni coinvolte.
  L'attenzione è pertanto volta su specifiche «azioni» strategiche da attuare in chiave preventiva: 1) valutazione del rischio suicidario e/o autolesivo al momento dell'ingresso in istituto penale, con particolare riferimento all'eventuale presenza di fattori quali disagio psichico, dipendenze patologiche, eventi critici e violenze familiari, come pure alla condizione di minore straniero non accompagnato; 2) individuazione di «criteri protettivi» sin dalla fase di sistemazione del soggetto all'interno dell'istituto penale, essendosi accertato il nesso esistente tra suicidio dei detenuti e tipo di alloggio loro assegnato, con particolare riferimento al rischio legato all'isolamento; 3) predisposizione di piani di trattamento individualizzati, a cura dell'
équipe multidisciplinare che prende in carico il ragazzo, che prevedano l'introduzione di «fattori protettivi» del rischio autolesivo, quali ad esempio la partecipazione del detenuto ad attività sportive, la sua integrazione nei gruppo dei coetanei, il rapido accesso – in caso di necessità – ai servizi di salute mentale o di mediazione culturale presenti sul territorio; 4) definizione delle procedure per la segnalazione di allarme e di evento critico nel corso della permanenza nella struttura detentiva minorile, sia all'interno dell'istituto che all'esterno; 5) potenziamento della collaborazione con gli uffici di servizio sociale per i minorenni, con il Servizio Sociale Territoriale e con il Servizio sanitario; 6) formazione congiunta del personale coinvolto nell'intercettazione e nella gestione di situazioni a rischio suicidario e/o autolesivo.
  Quanto agli eventi critici segnalati, il suicidio occorso presso il carcere torinese in data 28 ottobre 2022, riguarda un cittadino di nazionalità del Gambia.
  Dagli atti sin'ora acquisiti risulta che l'addetto alla vigilanza della sezione, con l'ausilio di altre unità di polizia penitenziaria, accortosi della situazione, intervenne immediatamente liberando il detenuto dal cappio e adagiandolo sul pavimento; il personale sanitario, nel frattempo accorso, iniziò le manovre rianimatorie, poi proseguite invano dal personale del 118 sopraggiunto.
  Quanto all'evento occorso in data 20 novembre 2022 presso il carcere fiorentino Sollicciano, questo è relativo al signor E.A., ivi ristretto presso la sezione circondariale isolamento.
  Anche in questo caso emerge l'immediato intervento in soccorso da parte degli operatori.
  Come usualmente avviene, e ferme le valutazioni delle preposte autorità giudiziarie immediatamente informate, sono state attivate apposite indagini ispettive condotte dai competenti provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria, ovvero quello per il Piemonte, la Liguria e la Valle d'Aosta e quello toscano; indagini appunto volte ad accertare le cause, le circostanze e le modalità dell'evento.
  Infine, in ordine all'adozione di misure alternative al carcere, allo stato, si evidenzia il recente intervento normativo di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, contenente, appunto, tra le altre, la riforma delle pene sostitutive delle pene detentive brevi.
  Più in generale, la riforma delle pene sostitutive promette positivi effetti di deflazione processuale e penitenziaria, inserendosi a pieno titolo tra gli interventi volti a migliorare l'efficienza complessiva del processo e della giustizia penale.
  Si tratta, infatti, di pene, diverse da quelle edittali (detentive e pecuniarie), irrogabili dal giudice penale in sostituzione di pene detentive, funzionali alla rieducazione del condannato, così come a obiettivi di prevenzione generale e speciale, con ciò realizzando una anticipazione dell'alternativa al carcere all'esito del giudizio di cognizione.
  L'entrata in vigore del complesso normativo sinora descritto, originariamente prevista per il 1° novembre 2022, è stata poi differita, per effetto della previsione dell'articolo 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, in atto in fase di conversione, al 30 dicembre 2022, per la riscontrata necessità di approntare misure attuative adeguate a garantire un ottimale impatto della riforma sull'organizzazione degli uffici.
  Il differimento è stato pertanto contenuto entro la data indicata, trattandosi di un lasso di tempo ritenuto sufficiente al fine indicato e che permette, altresì, di mantenere gli impegni in relazione al Pnnr.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'organismo congressuale forense, in una nota, ha denunciato che «il mese di novembre è certamente da ricordare come tra i peggiori, nel rapporto tormentato tra gli avvocati e la telematica: infatti gravissimi sono stati i ritardi e i malfunzionamenti del sistema telematico del processo civile, questo senza spiegazioni da parte del ministero»;

   la situazione è particolarmente grave in quanto gli adempimenti di cancelleria avvengono esclusivamente e obbligatoriamente con modalità telematiche, e quindi sono affidati in massima parte al buon funzionamento dei servizi;

   notificazioni, depositi, pagamenti e consultazioni dei fascicoli sono stati in taluni distretti e in alcuni momenti del tutto impediti, con notevole danno per gli studi legali per le continue interruzioni di servizio che li espongono a responsabilità professionali;

   il Ministero dell'interno, pochi giorni fa, in nome della privacy, ha inibito la possibilità di estrarre i certificati anagrafici online, attività che consente un risparmio di tempo e denaro, ad esempio per i civilisti che, prima di procedere alle notifiche, possono verificare gli indirizzi dei destinatari;

   anche il sistema informatico di liquidazione delle spese di giustizia, comunemente denominato Siamm, evidenzia continui malfunzionamenti;

   tali problematiche compromettono il pieno esercizio dell'attività di difesa;

   risulta pertanto evidente la necessità di aumentare le risorse dedicate alla digitalizzazione e di riformare completamente il sistema telematico in quanto strumento che consente l'accesso alla giustizia;

   la digitalizzazione della giustizia è la prima tra le sei missioni declinate nel Pnrr;

   da tempo l'avvocatura invoca la creazione di una piattaforma unica che sostituisca i canali di deposito e consultazione oggi esistenti (civile, amministrativo, tributario, contabile, penale e sportivo);

   vi sono inoltre uffici giudiziari incredibilmente ancora oggi esclusi dalla digitalizzazione come il giudice di pace;

   la pluralità delle modalità di deposito degli atti non fanno che imporre all'avvocato adempimenti ulteriori ed inutilmente complessi, mentre, con la creazione di una piattaforma unica si faciliterebbe e velocizzerebbe il lavoro dell'avvocato nella gestione dei depositi e si diminuirebbero i costi;

   l'avvocatura da tempo ritiene necessaria altresì la uniformità della identificazione ed autenticazione elettronica dei soggetti utilizzatori dei sistemi, secondo principi di efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione dettati dal Cad e dal regolamento Eidas (Regolamento UE n. 910/2014 del 23 luglio 2014);

   occorre, infine, revocare ogni decisione che impedisca l'accesso dell'avvocato alla anagrafe nazionale, proprio perché funzionale al pieno esercizio del diritto di difesa –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente dei malfunzionamenti telematici riportati in premessa; se ritenga di adottare iniziative per creare una piattaforma unica di deposito e di consultazione degli atti, nonché al fine di rimuovere prontamente per gli avvocati ogni impedimento alla consultazione dell'anagrafe nazionale della popolazione residente.
(4-00111)

  Risposta. – Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...l'Organismo Congressuale Forense, in una nota, ha denunciato che il mese di novembre è certamente da ricordare come tra i peggiori nel rapporto tormentato tra gli avvocati e la telematica; infatti gravissimi sono stati i ritardi e i malfunzionamenti del sistema telematico del processo civile, questo senza spiegazioni dal Ministero; la situazione è particolarmente grave in quanto gli adempimenti di cancelleria avvengono esclusivamente e obbligatoriamente con modalità telematiche e quindi sono affidati in massima parte al buon funzionamento dei servizi; ...il Ministero dell'interno, pochi giorni fa, in nome della privacy ha inibito la possibilità di estrarre i certificati anagrafici online, attività che consente un risparmio di tempo e danaro, ad esempio per i civilisti che, prima di procedere alle notifiche, possono verificare gli indirizzi dei destinatari...; l'avvocatura da tempo ritiene necessaria altresì l'uniformità della identificazione e autenticazione elettronica dei soggetti utilizzatori dei sistemi, secondo princìpi di efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione...» – domanda al Ministro della giustizia e al Ministro dell'interno se siano «...al corrente dei malfunzionamenti telematici riportati in premessa...» e se ritengano «...di adottare iniziative per creare una piattaforma unica di deposito e consultazione degli atti, nonché al fine di rimuovere prontamente per gli avvocati ogni impedimento alla consultazione dell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente...».
  Al riguardo deve essere in primo luogo posto in risalto che tra la seconda metà del mese di ottobre e la seconda metà del mese di dicembre dell'anno 2022 sono state programmate ed eseguite, mediante il fermo sistemi, attività di evoluzione dei sistemi civili e della piattaforma anagrafica unica – cosiddetta piattaforma SICI –, in particolare dei sistemi di registro utilizzati dalle cancellerie e della
consolle del magistrato.
  Tali attività sono state eseguite su tutto il territorio italiano, interessando di volta in volta 1 o più (nel limite massimo di 4) distretti di Corte di appello.
  Ai fini della comunicazione all'utenza, sia interna sia esterna, del fermo sistemi sono state utilizzate queste forme di pubblicità:

   1) pubblicazione di una news sul portale dei servizi telematici rivolta a informare tutta l'utenza esterna;

   2) pubblicazione di un'informativa tramite il servizio comunicativo Giustizia Informa erogato tramite Teams del Ministero della giustizia, rivolta agli utenti interni;

   3) inoltro, tramite posta elettronica ordinaria di una mail massiva a tutti gli utenti interni del Ministero della giustizia;

   4) inoltro, tramite protocollo, di una nota informativa rivolta a tutti gli uffici giudiziari dei distretti di Corte di appello di volta in volta interessati.
   Siffatte forme di pubblicità preannunciavano il fermo sistemi a partire dalle ore 13.00 del venerdì sino alle ore 8.00 del lunedì successivo.
   Gli interventi di evoluzione dei sistemi civili sono stati preceduti da attività di adeguamento dell'infrastruttura
hardware prodromiche all'introduzione delle modifiche necessarie.
   Ogni sessione di intervento ha interessato un massimo di 4 distretti di Corte di appello e i sistemi sono ripartiti prima del preannunciato termine del fermo, indicato per il lunedì mattina alle ore 8.00.
   In particolare le attività di adeguamento infrastrutturale, di unificazione delle anagrafiche dei sistemi di registro e di migrazione delle anagrafiche dei Giudici di pace verso la piattaforma SICI hanno richiesto un tempo di massimo di 2 giornate lavorative, inferiori alle 4 giornate preannunciate.
   Il personale della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Dipartimento per la transizione digitale della giustizia, l'analisi statistica e le politiche di coesione di questo Dicastero ha prestato servizio per 8 settimane consecutive dalle ore 8.00 alle ore 20.00 del venerdì, proseguendo eccezionalmente sino alle ore 23.30 per i casi più complessi ed estesi in termini di grandezza delle basi dati, e dalle 8.00 alle ore 19.00 del sabato, proseguendo anche la domenica per i distretti di Corte di appello di Roma e di Napoli.
   Le descritte attività hanno portato al completamento della digitalizzazione di tutti gli Uffici giudiziari civili italiani e all'introduzione del processo civile telematico con riferimento agli Uffici del Giudice di Pace.
   In occasione del fermo sistemi sono rimasti comunque attivi i servizi di posta elettronica, sia ordinaria sia certificata, e sono rimaste disponibili, nel settore civile, le funzioni di deposito telematico da parte degli avvocati e degli altri soggetti abilitati esterni, anche se i messaggi relativi agli esiti dei controlli automatici e all'intervento manuale della cancelleria sono pervenuti, come comunicato, solo al riavvio definitivo di tutti i sistemi.
   L'impegno del personale coinvolto nelle attività è stato volto al raggiungimento di uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), giunto a completamento nel corso della seconda metà del mese di dicembre dell'anno 2022.
   Dal suo canto il Ministero dell'interno ha fatto presente che con la circolare DAIT (Dipartimento per gli affari interni e territoriali) n. 115 del 31 ottobre 2022, in relazione ai profili di criticità riscontrati dal Garante per la protezione dei dati personali, sono state fornite precise indicazioni in merito alle modalità di rilascio telematico dei certificati anagrafici estratti dall'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), resi disponibili da alcuni comuni tramite accesso ai propri siti istituzionali.
   In particolare è stato precisato che il decreto del Ministro dell'interno del 3 novembre 2021, recante «Modalità di erogazione da parte dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente dei servizi telematici per il rilascio di certificazioni anagrafiche
on-line e per la presentazione on-line delle dichiarazioni anagrafiche», all'articolo 2 comma 2 prevede che «...il servizio consente all'iscritto in ANPR di richiedere il rilascio di un certificato per sé stesso o uno dei componenti della propria famiglia anagrafica...» , escludendo la possibilità per il richiedente di acquisire, accedendo alla piattaforma ANPR con la propria identità digitale, certificati relativi a soggetti terzi, diversi da quelli indicati dalla predetta norma.
   Questa previsione, come precisato nella circolare DAIT n. 115 del 31 ottobre 2022, è finalizzata a contemperare le esigenze di semplificazione dell'attività amministrativa con un'efficace attuazione dei princìpi in materia di protezione dei dati personali previsti dal Regolamento dell'Unione europea 2016/679 garantendo i diritti dei cittadini iscritti nell'anagrafe,
in primis dei minori e degli altri soggetti vulnerabili.
   Ciò posto, tenuto conto della necessità rappresentata da alcuni ordini professionali di potere accedere al servizio di certificazione
on-line, si è recentemente svolto un incontro con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con alcuni rappresentanti di diversi consigli dell'Ordine degli avvocati finalizzato a consentire l'accesso ai servizi di certificazione on-line attraverso l'utilizzo della Piattaforma digitale nazionale dati (PDND) prevista dall'articolo 50-ter del decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale -CAD), alla quale l'ANPR è già collegata.
   Nelle more sarà possibile erogare il servizio in esame, senza interruzione alcuna, utilizzando le banche dati locali, sulla base delle previsioni contenute nell'articolo 62 comma 3 del CAD e delle vigenti disposizioni di settore.
   Su di un piano più generale, va ricordato che, in attuazione della legge del 26 novembre 2021 n. 206, in data 17 ottobre 2022 è stato pubblicato il decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, «Attuazione della legge del 26 novembre 2021 n. 206 recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata».
   Le principali novità apportate dal decreto legislativo n. 149 del 2022 in materia di processo civile telematico riguardano il deposito telematico, la disciplina delle udienze con collegamenti a distanza, la possibilità di sostituire le udienze attraverso il deposito di note scritte depositate telematicamente, la disciplina delle attestazioni di conformità e le modifiche apportate al procedimento notificatorio e alle modalità di pagamento del contributo unificato. Si è inoltre proceduto ad un riordino delle disposizioni in materia.
   Più nel dettaglio:

   è stata introdotta stabilmente e regolamentata la possibilità, sino ad ora limitata al 31 dicembre 2022, di tenere udienza con collegamenti audiovisivi a distanza e di sostituire le udienze con il deposito di note scritte (articoli 127 comma 3, 127-bis e 127-ter codice di procedura civile;

   è stato introdotto il nuovo Titolo V-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, intitolato «Disposizioni relative alla giustizia digitale», contenente in 3 diversi capi le norme in materia di deposito telematico degli atti e dei provvedimenti (capo I, «Degli atti e dei provvedimenti», articoli da 196-quater a 196-septies), le disposizioni in materia di attestazioni di conformità (capo II, «Della conformità delle copie agli originali», contenente agli articoli 196-octies, 196-novies e 196-undecies le disposizioni precedentemente previste dal decreto-legge n. 179 del 2012 e, all'articolo 196-decies, una norma innovativa, che introduce in capo al difensore e agli altri soggetti ivi elencati il potere di certificazione di conformità delle copie trasmesse con modalità telematiche all'ufficiale giudiziario), nonché la regolamentazione di dettaglio dell'udienza con collegamenti audiovisivi a distanza (capo III, articolo 196-duodecies);

   è stata introdotta in via definitiva l'obbligatorietà del deposito telematico di tutti gli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria, nonché la possibilità di sostituire la fissazione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico di ufficio con l'assegnazione di un termine per il deposito di una dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale, recante il giuramento;

   è stata introdotta l'obbligatorietà della notificazione, da parte dell'avvocato, degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando il destinatario sia un soggetto obbligato a munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi o, pur non essendovi obbligato, abbia eletto domicilio digitale ed è stata dettata la relativa disciplina (articolo 3-ter della legge del 21 gennaio 1994 n. 53), operando il necessario coordinamento con le disposizioni del codice di procedura civile in materia di notificazioni;

   è stato previsto che il pagamento del contributo unificato, del contributo per la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, delle anticipazioni forfettarie, delle spettanze degli uffici giudiziari e dei diritti di copia sia effettuato tramite la piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5 comma 2 del codice dell'amministrazione digitale.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2022, legge n. 234 del 2021, all'articolo 1, commi da 629 a 633, ha introdotto specifiche disposizioni relative alla magistratura onoraria;

   il 7 aprile 2022 la Corte di giustizia dell'Unione europea si è espressa circa l'equiparazione delle condizioni di lavoro dei giudici di pace – quindi di tutti i magistrati onorari – a quelle dei magistrati togati, ritenendo che debbano essere assicurati, anche ai magistrati onorari, gli stessi diritti in materia previdenziale e assistenziale;

   la sentenza contribuisce a fissare alcuni principi interpretativi, che il legislatore italiano deve tenere in considerazione nel disciplinare la figura del magistrato onorario;

   tra i diritti che devono essere garantiti ad ogni magistrato onorario, il diritto alle ferie, alla malattia, ai contributi previdenziali;

   per anni nel nostro Paese si è fatto massiccio ricorso ai magistrati onorari per rispondere alle perenni emergenze in tema di giustizia, nell'impossibilità di rispondere alle pressanti esigenze con la sola magistratura togata, il tutto però senza una completa regolamentazione della materia;

   alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea è auspicabile una seria riflessione, che assicuri i necessari correttivi legislativi, evitando l'apertura di contenziosi;

   la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea è un passo in avanti, ma spetta al legislatore nazionale il compito di regolamentare la materia sulla base di quei principi;

   recentemente l'Associazione italiana magistratura onoraria (Aimo), consapevole della necessità di una giustizia al passo con i tempi e vicina alle istanze del Paese, ha ribadito la disponibilità della categoria a fornire il proprio apporto, in un momento così delicato, per assicurare sia risposte celeri alla domanda di giustizia, sia per garantire l'apporto dei fondi del Pnrr, sia perché velocizzare i tempi dei processi significa recuperare almeno l'1 per cento di Pil;

   l'Aimo auspica una modifica della riforma Cartabia, per quanto concerne la retribuzione, ridotta in molti casi in modo assolutamente mortificante e non in linea con l'impegno richiesto e la previsione di un sistema previdenziale equo, oggi inesistente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare urgenti iniziative di competenza al fine di ottemperare alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea di cui in premessa e nello stesso tempo aprire un tavolo di confronto con le rappresentanze della magistratura onoraria.
(4-00127)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante – dopo avere premesso che «...la legge di bilancio 2022, legge n. 234 del 2021, all'articolo 1 commi da 629 a 633 ha introdotto specifiche disposizioni relative alla magistratura onoraria; il 7 aprile 2022 la Corte di giustizia dell'Unione europea si è espressa circa l'equiparazione delle condizioni di lavoro dei giudici di pace, quindi di tutti i magistrati onorari, a quelle dei magistrati togati, ritenendo che debbano essere assicurati, anche ai magistrati onorari, gli stessi diritti in materia previdenziale e assistenziale; ...la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea è un passo in avanti, ma spetta al legislatore nazionale il compito di regolamentare la materia sulla base di quei princìpi...» – domanda al Ministro della giustizia «...se ...intenda adottare urgenti iniziative di competenza al fine di ottemperare alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea di cui in premessa e nello stesso tempo aprire un tavolo di confronto con le rappresentanze della magistratura onoraria...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto rimarcato che l'articolo 1 commi 629 e seguenti della legge n. 234 del 2021, volto a superare i rilievi sollevati dalla Commissione europea nella lettera di costituzione in mora del 15 luglio 2021 (con cui, nella sostanza, si stigmatizzava il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato per i magistrati onorari che avevano assunto le funzioni prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 116 del 2017 – ossia prima del 15 agosto 2017 – e l'assenza di sanzioni per le situazioni pregresse), ha arrecato significative modifiche al previgente impianto tracciato dal decreto legislativo n. 116 del 2017 con specifico riguardo al cosiddetto «contingente ad esaurimento» dei magistrati onorari già in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
  A tale categoria di magistrati onorari si è rivolta la riforma di cui alla legge n. 234 del 2021, così come emerge sia dalla rubrica del novellato articolo 29 del decreto legislativo n. 116 del 2017 sia dai diversi riferimenti testuali contenuti nello stesso articolo, riformulato a decorrere dal 1° gennaio 2022.
  Per effetto del succitato intervento normativo si è riconfigurato il globale assetto giuridico ed economico dei magistrati onorari, fino al completamento delle procedure di conferma disciplinate nel Capo XI, come novellato, del decreto legislativo n. 116 del 2017.
  In estrema sintesi, l'articolo 29 del decreto legislativo n. 116 del 2017 (come modificato dall'articolo 1 comma 629 lettera
a) della legge n. 234 del 2021) ha disegnato una analitica disciplina della procedura di conferma per i magistrati onorari del cosiddetto «contingente ad esaurimento», che si avvia a domanda dei medesimi magistrati, specificando che, a coloro che non vi accedano (vuoi per mancata presentazione della domanda, vuoi per mancato superamento dell'iter valutativo), l'Amministrazione erogherà una indennità una tantum, calcolata moltiplicando un forfait per ciascun anno di servizio (diversamente quantificato in base al numero delle giornate di udienza tenute), con il limite massimo di 50.000 euro (al lordo) e con «...rinuncia a ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario cessato...».
  Seguono quindi le disposizioni di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 116 del 2017 in base alle quali:

   i magistrati onorari confermati che abbiano optato per il regime di esclusività delle funzioni hanno diritto a un trattamento economico non cumulabile con i redditi di pensione e da lavoro autonomo/dipendente e non sono soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 1 comma 3 del decreto legislativo, applicandosi invece «...l'articolo 16 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto del 30 gennaio 1941 n. 12...» (relativo al divieto di assunzione di impieghi pubblici o privati per i magistrati, fatte salve le eccezioni previste);
   i magistrati onorari confermati che non abbiano optato per il regime di esclusività delle funzioni, a parte alcune differenze retributive, sono soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 1 comma 3 del decreto legislativo «...con esclusivo riferimento allo svolgimento dell'incarico in modo da assicurare il contestuale espletamento di ulteriori attività lavorative o professionali...»;
   il comma 9 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 116 del 2017 dispone, infine, che i magistrati onorari del cosiddetto «contingente ad esaurimento» che non abbiano presentato domanda di partecipazione alla procedura valutativa innanzi menzionata cessino dal servizio.

  Va altresì segnalato che l'articolo 1 comma 3 del decreto legislativo n. 116 del 2017 – richiamato nei commi 6 e 7 dell'articolo 29 del decreto legislativo in ragione del regime prescelto dai magistrati onorari confermati – recita, a testo invariato, che «... d'incarico di magistrato onorario ha natura inderogabilmente temporanea, si svolge in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali e non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego. Al fine di assicurare tale compatibilità, a ciascun magistrato onorario non può essere richiesto un impegno complessivamente superiore a 2 giorni a settimana. Ai magistrati onorari sono assegnati affari, compiti e attività, da svolgere sia in udienza che fuori udienza, in misura tale da assicurare il rispetto di quanto previsto dal presente comma...».
  Ai magistrati onorari confermati si applica un trattamento economico equiparato a quello dei funzionari giudiziari (area III, posizione economica F3, F2 e F1, in relazione all'anzianità di servizio), con le tutele previdenziali e assistenziali e, nel caso in cui abbiano optato per l'esclusività delle funzioni onorarie, con il raddoppio dell'indennità giudiziaria.
  Giova aggiungere che, secondo quanto chiarito nella relazione illustrativa dell'emendamento al disegno di legge A.S. 2448 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024», l'intento della riforma è stato quello di accordare ai magistrati onorari in servizio al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 116 del 2017 le garanzie proprie di un lavoratore subordinato, prevedendo la possibilità di una permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età previo superamento di una procedura valutativa volta ad accertare la persistenza dei requisiti per lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali ai fini della conferma, nell'ambito di un percorso definito di stabilizzazione. Siffatto intervento trova la sua giustificazione: nell'accesso alle funzioni avvenuto, per tutti, sulla base di una valutazione comparativa di titoli, comportante la formazione di una graduatoria; nella persistenza del requisito di idoneità allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, nel rispetto del generale principio di buon andamento della Pubblica amministrazione, garantita dalla procedura valutativa richiesta ai fini della conferma; nel rilievo che l'articolo 106 comma 2 della Costituzione ammette la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli, così derogando per questa particolare categoria di magistrati alla regola del pubblico concorso consacrata dal comma 1 del medesimo articolo 106 per la magistratura professionale.
  Per quanto attiene poi al diritto euro-unitario, appare utile ricordare la pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa C-236/20 emessa in data 7 aprile 2022 (menzionata nell'atto di sindacato ispettivo), avente a oggetto la domanda pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna con l'ordinanza del 27 maggio 2020 nel procedimento incardinato da un giudice di pace volto a ottenere, in via principale, l'accertamento del diritto alla costituzione di un rapporto di pubblico impiego e la conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle differenze retributive maturate, oltre oneri previdenziali e assistenziali, o, in via subordinata, la condanna del Governo italiano al risarcimento dei danni derivanti dal fatto illecito del legislatore per violazione delle direttive europee.
  Nell'occasione la Corte di giustizia dell'Unione europea ha statuito che: «...1) l'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, la clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997, che figura in allegato alla direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, come modificata dalla direttiva 98/23/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 nonché la clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non prevede, per il Giudice di pace, alcun diritto a beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni né di un regime assistenziale e previdenziale che dipende dal rapporto di lavoro, come quello previsto per i magistrati ordinari, se tale Giudice di pace rientra nella nozione di lavoratore a tempo parziale ai sensi dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e/o di lavoratore a tempo determinato ai sensi dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e si trova in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario; 2) la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale in forza della quale un rapporto di lavoro a tempo determinato può essere oggetto, al massimo, di 3 rinnovi successivi, ciascuno di 4 anni, per una durata totale non superiore a 16 anni, e che non prevede la possibilità di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo il rinnovo abusivo di rapporti di lavoro...».
  Deve essere in ogni caso rimarcato che neanche nella sentenza emessa in data 7 aprile 2022 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sancito una equiparazione
tout court tra i magistrati ordinari e i magistrati onorari, specificando che spetta al giudice nazionale verificare – in applicazione del principio di non discriminazione – se i secondi possano essere equiparati ai primi quantomeno sotto il profilo del diritto alle ferie retribuite e alla tutela previdenziale e assistenziale; invero a più riprese, in relazione ai vari punti di doglianza (confronta in particolare i punti 38,46,63 e 64 della motivazione della sentenza in esame) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha rimesso al giudice nazionale della controversia, tenuto conto dei fattori di rilievo e delle specificità del caso, la verifica di compatibilità con l'enucleato quadro di princìpi euro-unitari, non spettando al giudice comunitario l'interpretazione delle disposizioni di diritto interno.
  In via conclusiva va sottolineato che questo Dicastero, valutato il fondamentale contributo quotidianamente fornito dalla magistratura onoraria al funzionamento del servizio giustizia, è comunque disponibile ad «...aprire un tavolo di confronto con le rappresentanze della magistratura onoraria...» volto ad affrontare e risolvere tutte le residue tematiche concernenti lo stato giuridico ed economico di tale magistratura.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo a firma di Frank Cimini pubblicato l'8 novembre 2022 sul quotidiano Il Riformista e ripreso da altri siti di informazione online, nello specifico il portale www.dagospia.it e www.giustiziami.it, si riporta la vicenda che vede protagonista Dana Lauriola, alla quale è stato contestato il reato di associazione sovversiva (poi modificato dal riesame in associazione per delinquere) e per il quale la difesa ha presentato ricorso in Cassazione che sarà discusso nell'udienza fissata per il 24 novembre 2022;

   Dana Lauriola era stata condannata in passato a due anni di reclusione, senza sospensione della pena e quindi scontati in carcere, per aver utilizzato un megafono durante una manifestazione avvenuta in autostrada;

   nell'articolo citato si racconta dell'utilizzo di un'intercettazione ambientale dell'indagata, disposta dalla Digos di Torino nell'ambito dell'operazione denominata «Sovrano» sul centro sociale Askatasuna, e avvenuta nella camera da letto di Dana Lauriola il 7 agosto 2020, per il tempo complessivo di un minuto e 14 secondi, durante la quale l'intercettata «conversava» con il suo gatto di nome Tigro;

   la stessa Dana Lauriola racconta l'episodio in un post pubblicato sul suo profilo personale Facebook intitolato «Intercettazioni nella mia camera da letto»;

   dallo stesso articolo risulta che tale intercettazione sia stata allegata dalla Procura competente agli atti dell'inchiesta come documentazione utile ai fini del processo;

   a parere dell'interrogante una tale vicenda, che ha del tragicomico, oltrepasserebbe tutti i possibili confini della logica e del buonsenso anche in relazione a un abuso del metodo delle intercettazioni –:

   se il Ministro, a fronte dei fatti esposti in premessa, non ritenga di procedere, nell'ambito delle sue competenze, ad attivare i propri poteri ispettivi in relazione alle eventuali irregolarità, anomalie e/o omissioni da parte degli uffici giudiziari della Procura di Torino.
(4-00057)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...in un articolo a firma di Frank Cimini, pubblicato l'8 novembre 2022 sui quotidiano Il Riformista e ripreso da altri siti di informazione online..., si riporta la vicenda che vede protagonista D. L., alla quale è stato contestato il reato di associazione sovversiva (poi modificato dal riesame in associazione per delinquere)...; nell'articolo citato si racconta dell'utilizzo di un'intercettazione ambientale dell'indagata, disposta dalla Digos di Torino nell'ambito dell'operazione denominata Sovrano sul centro sociale Askatasuna, avvenuta nella camera da letto di D. L. il 7 agosto 2020, per il tempo complessivo di 1 minuto e 14 secondi, durante la quale l'intercettata conversava con il suo gatto di nome Tigro...» - domanda al Ministro della giustizia «...se...non ritenga di procedere, nell'ambito delle sue competenze ad attivare i propri poteri ispettivi in relazione alle eventuali irregolarità, anomalie e/o omissioni da parte...della procura di Torino..».
  Al riguardo deve essere immediatamente posto in risalto che la conversazione menzionata nell'atto di sindacato ispettivo – oggetto di captazione elettronica in data 7 agosto 2020, della durata di 1 minuto e 56 secondi, avente numero progressivo 5461 e riportata nel brogliaccio come «D. L. parla col gatto» – non risulta essere stata trascritta né tanto meno citata dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino tra gli atti di indagine perché considerata irrilevante.
  Va a questo punto precisato che la menzionata conversazione veniva captata in un procedimento penale avente ad oggetto un reato per cui era possibile autorizzare siffatto mezzo di ricerca della prova ai sensi dell'articolo 266 del codice di procedura penale (limiti di ammissibilità) e dell'articolo 13 del decreto-legge del 13 maggio 1991 n. 152, convertito con modificazioni dalla legge del 12 luglio 1991 n. 203 (che detta una disciplina derogatrice in relazione ai delitti di criminalità organizzata).
  Inoltre è conforme al dettato normativo di cui all'articolo 268 del codice di procedura penale (esecuzione delle operazioni) la condotta di menzione e generica sintesi nel brogliaccio ad opera della polizia giudiziaria della conversazione oggetto di captazione elettronica avvenuta in data 7 agosto 2020, avente numero progressivo 5461, riassunta come «D. L. parla col gatto». Ed invero ai sensi dell'articolo 268 commi 1 e 2 del codice di procedura penale le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni viene redatto dalla polizia giudiziaria il verbale nel quale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni stesse.
  A ciò si aggiunga che la sintetica indicazione della conversazione oggetto di captazione elettronica avvenuta in data 7 agosto 2020, avente numero progressivo 5461, come «D. L. parla col gatto» non contiene di certo espressioni lesive della reputazione della medesima indagata (riportando, in sostanza, ciò che si è effettivamente verificato) o riferisce dati personali definiti sensibili dalla legge, così che non appare censurabile la condotta della Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino neanche sotto il profilo dell'omessa vigilanza dell'attività della polizia giudiziaria prevista dall'articolo 268 comma 2-
bis del codice di procedura penale.
  D'altronde, secondo quanto innanzi già anticipato, la conversazione oggetto di captazione elettronica avvenuta in data 7 agosto 2020, avente numero progressivo 5461, non è stata né trascritta né tanto meno citata dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino tra gli atti di indagine perché considerata irrilevante.
  Ne deriva quindi che, nella vicenda concreta tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo, emerge un quadro di linearità e legittimità dell'agire della Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, la quale in maniera del tutto corretta non ha disposto la trascrizione dell'intercettazione ambientale n. 5461 del 7 agosto 2020 e, a maggior ragione, non l'ha utilizzata come elemento di prova nell'ambito del procedimento penale avviato nei confronti della D.L..
  Appare pertanto evidente, allo Stato, l'assenza di ogni anomalia e irregolarità nell'operato della Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, in ipotesi idonee a giustificare l'esercizio da parte di questo Dicastero dei «...propri poteri ispettivi...».
  Su di un piano più generale, merita di essere rimarcato che in seguito alla riforma della disciplina delle intercettazioni operata con il decreto legislativo n. 216 del 2017 e con il decreto-legge del 30 dicembre 2019 n. 161 convertito con modificazioni dalla legge del 28 febbraio 2020 n. 7, rispondente all'esigenza di adeguare gli uffici delle Procure della Repubblica ai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali in materia di misure di sicurezza nelle attività di intercettazione, sono stati introdotti rilevanti modifiche al codice di procedura penale, riguardanti le modalità di esecuzione delle intercettazioni e di conservazione delle stesse.
  Tali modifiche normative hanno anche imposto la necessità di ridefinire i rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria e di attuare modifiche organizzative funzionali alla attuazione della riforma, soprattutto connesse al necessario utilizzo degli strumenti informatici nella gestione del funzionamento e nella consultazione di quanto confluisce nell'archivio riservato delle intercettazioni.
  Alcune Procure della Repubblica hanno quindi aggiornato le direttive interne: specificando gli obblighi previsti dall'articolo 268 del codice di procedura penale; disciplinando i rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria con la previsione di una interlocuzione costante al fine della risoluzione dei casi dubbi; attribuendo al Pubblico ministero un dovere di assidua vigilanza nella selezione delle intercettazioni rilevanti e utilizzabili ai fini processuali; imponendo al Pubblico ministero di vigilare affinché non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o riguardanti dati personali definiti sensibili per legge; disciplinando i casi di intercettazione di soggetti tutelati (Parlamentari, soggetti previsti dall'articolo 200 del codice di procedura penale e altro); disciplinando le modalità di trasmissione al Gip, salvi eventuali protocolli con il Tribunale; prevedendo procedimentalizzazioni dei vari passaggi all'esito delle operazioni di intercettazione ai fini del deposito ai sensi dell'articolo 268 del codice di procedura penale.
  Il Consiglio Superiore della Magistratura, all'esito di una approfondita attività conoscitiva, ha peraltro emanato una risoluzione con delibera del 28 luglio 2021 al fine di attualizzare le precedenti linee guida, operando una sintesi delle soluzioni tecniche e organizzative adottate dagli Uffici di Procura e segnalando le criticità e le carenze, ove esistenti, nonché sollecitando la prosecuzione del monitoraggio del sistema.
  Da ultimo, il Consiglio Superiore della Magistratura con delibera del 20 ottobre 2022 ha compendiato una serie di «Prassi virtuose all'esito del monitoraggio in materia di intercettazioni».

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GRIMALDI e DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 28 ottobre del 2022 un giovane proveniente dal Gambia, detenuto presso la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, si è tolto la vita intorno alle 8 della mattina impiccandosi nella sua cella;

   il ragazzo era stato fermato il giorno prima con l'accusa del furto di un paio di cuffie bluetooth e il giudice si era riservato di decidere in merito alla convalida dell'arresto;

   nell'attesa, il ragazzo era stato riportato in carcere, ritrovandosi da solo poiché un altro detenuto aveva chiesto e ottenuto di essere trasferito;

   nella notte fra il 14 e il 15 agosto del 2022, Alessandro Gaffoglio, 24 anni, tradotto nello stesso carcere torinese dieci giorni prima per furto e senza precedenti penali, si è ucciso nella sua cella soffocandosi con un sacchetto di nylon e le stringhe delle scarpe;

   all'udienza di convalida l'avvocata aveva chiesto per il giovane, incensurato, gli arresti domiciliari, che tuttavia gli sono stati negati;

   sono solo alcuni fra i più recenti casi di suicidio in carcere, in particolare di persone di giovane età e detenute per reati di piccola entità;

   il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha denunciato 72 casi di suicidi nelle carceri italiane negli ultimi 10 mesi, numero che non era mai stato così elevato, sottolineando altresì che tali eventi spesso riguardano persone ristrette per reati di lieve entità e quindi con pene brevi o brevissime;

   il Garante ha salutato con favore l'introduzione, nel decreto legislativo n. 150 del 2022 (attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134) di sanzioni sostitutive alla detenzione in carcere per i reati minori;

   i dati forniti dalla Segreteria arrestati del tribunale di Torino rendono evidente che vi è stata nel tempo una progressiva crescita del numero complessivo di arresti e fermi effettuati;

   la tabella con i dati forniti dalla Procura riporta la variazione dal 2014 al 2020, dove si evince l'entità del fenomeno: da 2.466 arresti a 3.285;

   inoltre, l'iter di ogni arresto prevede: l'immatricolazione dell'arrestato, la perquisizione con conseguente ritiro di documenti, oggetti personali, oggetti di valore, e la catalogazione degli stessi presso casellario, il rilievo delle impronte digitali, la visita medica con tampone per Covid-19 e psicologica, il colloquio con il funzionario giuridico pedagogico, la registrazione nel sistema informatico Afis del titolo giuridico che legittima lo stato detentivo, la consegna della fornitura personale kit primo ingresso;

   tali passaggi comportano un notevole carico di lavoro per gli uffici preposti ed elevati costi a carico dello Stato: si stima, per le prime due giornate in carcere, un costo di circa 350 euro a persona;

   secondo un'analisi dell'ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Torino, dal 1° marzo al 31 maggio 2022 su 144 persone poste in stato d'arresto o fermo 111 sono state rimesse in libertà al massimo entro le 48 ore successive;

   i reati più frequenti fra le persone arrestate sono resistenza a pubblico ufficiale e furto;

   sul totale dei detenuti fra marzo e fine maggio del 2022, 50 erano fra i 30 e i 39 anni, 48 fra i 20 e i 29 e 8 minori di 20 anni –:

   se il Ministro interrogato alla luce dei due casi di suicidio riportati in premessa, non intenda promuovere iniziative ispettive presso la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa la necessità di affrontare quella che appare un'emergenza suicidi in carcere, soprattutto tra giovani detenuti, anche attraverso l'adozione di iniziative volte ad un potenziamento delle misure alternative in particolare nei casi di reati con pene inferiori a due anni.
(4-00092)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame, relativa a due recenti eventi suicidari verificatisi all'interno della casa circondariale di Torino nei mesi di agosto ed ottobre 2022, quindi evidenziato l'aumento dei suicidi dei detenuti all'interno degli istituti di pena del Paese, si avanzano quesiti in ordine all'assunzione di iniziative finalizzate ad arginare il fenomeno.
  Orbene, come evidenziato in sede di risposta ad interrogazioni di pressoché analogo tenore, si assicura che l'attenzione al tema suicidi in carcere è massima e continuo sarà l'impegno che sarà profuso dall'Amministrazione a mezzo del preposto D.A.P..
  Per dovere di precisione si riporta la sequenza storica dal 2009 ad oggi: n. 59 nel 2009, 63 nel 2010 e nel 2011, 57 nel 2012, 42 nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015 e nel 2016, 48 nel 2017, 62 nel 2018. 53 nel 2019, 62 nel 2021, 57 nel 2012 e 79 al 30 novembre 2022.
  Certamente, siffatti numeri non possono che destare impressione e spingere nell'individuazione e messa in opera di doverose soluzioni.
  Il D.A.P., proprio allo scopo di prevenzione del suicidio in carcere, nel tempo ha messo in atto azioni finalizzate all'accoglienza, in particolare dei detenuti alla prima esperienza detentiva.
  A tal riguardo risultano emanate varie circolari tra cui, citando le più significative negli ultimi 20 anni, in data 12 maggio 2000 recante: «Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario: linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi nelle carceri»; in data 6 giugno 2007 recante: «I detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza. Linee di indirizzo»; quindi in data 25 gennaio 2010 recante: «emergenza suicidi - Istituzione unità di ascolto di Polizia penitenziaria».
  Nell'ultimo decennio, inoltre, tale attenzione si è maggiormente consolidata ed è stata condivisa con l'Amministrazione della salute, tanto che il 19 gennaio 2012, in seno alla Conferenza Unificata Stato-regioni, è stato sancito l'accordo tra il Governo, le regioni e province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» (Repertorio Atti n. 5/CU del 19/01/2012; Allegato A) e nel 2017 è stato sottoscritto il «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti», con lo scopo di fornire linee guida ai livelli regionali al fine di consentire la successiva redazione dei protocolli locali, con la più ampia condivisione e concretezza tra le parti, sanitaria e penitenziaria.
  Ancora, in data 11 ottobre 2017, sono state divulgate ai provveditorati regionali e a tutte le direzioni degli istituti penitenziari le indicazioni fornite dall'Accordo della Conferenza unificata del 27 luglio 2017, con il quale, sinteticamente, viene dato impulso a una fattiva collaborazione tra il D.A.P. e le aziende sanitarie territorialmente competenti, al fine di creare i presupposti per alleviare, in via preventiva, l'eventuale disagio sofferto dalla persona privata della libertà personale e, in secondo luogo, delineare ambiti di intervento.
  In sostanza, è stato promosso il congiunto impegno di tutte le figure professionali che operano all'interno degli istituti penitenziari.
  A tale fine, nell'accordo vengono previsti, tra l'altro, il modello di lavoro interdisciplinare e la presa in carico congiunta, attraverso cui si sviluppa una collaborazione sinergica tra le varie figure professionali coinvolte, con l'obiettivo di lenire il disagio della persona offrendo vicinanza e supporto sociale.
  Successivamente, i concetti di cui sopra sono stati altresì ribaditi con circolare 3 maggio 2019 recante: «Interventi urgenti in ordine all'acuirsi di problematiche in tema di sicurezza interna riconducibili al disagio psichico».
  Infine, merita menzionare la recente nota 2 luglio 2020 a firma del direttore generale dei detenuti e del trattamento, con la quale si raccomanda massima prudenza e attenzione nella percezione di possibili segni di disagio psichico o comunque di alterazione comportamentale dei ristretti, prevedendo un'assistenza psicologica più ampia.
  Inoltre, in considerazione dell'aumento dei decessi dei suicidi nel corrente anno, rispetto allo stesso periodo dell'anno passato, a seguito di una riflessione condivisa con i provveditori e i direttori d'istituto del territorio nazionale, il D.A.P., con nota circolare 8 agosto 2022, n. 3695/6145, ha ribadito a tutti i provveditori e direttori d'istituto la necessità di rafforzare le iniziative attuate, in particolare dal 2016 in poi, rispetto al grave problema della prevenzione dei suicidi delle persone detenute, avviando sollecitamente un percorso nazionale di «intervento continuo» sul tema, attraverso il quale il dipartimento, i provveditorati e gli istituti penitenziari, siano tutti coinvolti, in una prospettiva di rete, nella prevenzione di tali drammatici eventi.
  In particolare, è stato chiesto ai provveditori regionali di verificare se, nei distretti di competenza, siano stati stipulati i Piani regionali di prevenzione.
  E ciò, ove gli stessi manchino, al fine di sollecitarne la pronta approvazione attraverso l'interlocuzione con le rispettive autorità sanitarie.

  È stata ribadita l'importanza e il ruolo fondamentale all'uopo svolto dallo staff multidisciplinare, evidenziando la necessità che esso agisca non soltanto sulle situazioni rispetto alle quali si è manifestato un evento o una richiesta di aiuto, bensì anche sui cosiddetti «casi silenti», riguardanti le persone che, all'atto dell'accoglienza in istituto e nell'ulteriore prosieguo della detenzione, non abbiano manifestato un disagio particolare. Su questo versante, dunque, è necessario che ogni direzione, unitamente ai componenti dello staff, abbia un'adeguata strategia per intercettare i soggetti che rischiano di rimanere «invisibili».
  Sono stati definiti, altresì, gli ambiti potenzialmente critici verso i quali tutti gli operatori addetti alla gestione della persona detenuta devono essere adeguatamente indirizzati per cogliere eventuali segnali di pericolo (ingresso e accoglienza, colloqui con i familiari, flusso di corrispondenza, fasi
pre e post processuali, comunicazioni di eventi traumatici, comportamenti anomali, tendenza all'isolamento, prossima dismissione, eccetera).
  È stata evidenziata l'importanza di instaurare collaborazioni con l'ordine degli avvocati – al fine di stimolare un canale diretto di comunicazione con l'istituto nel caso emergano situazioni di rischio per le persone detenute, anche sulla base di quanto il difensore abbia appreso dalle famiglie dei detenuti – nonché, a livello locale, con la magistratura e i garanti.
  È stata sottolineata la necessità di attivare un processo di gestione del singolo caso che tenga conto, essenzialmente, dei seguenti aspetti: attivazione della procedura gestionale, alloggiamento, controllo della persona, disponibilità di oggetti pericolosi, interventi sanitari, di supporto sanitario e penitenziario e da parte dei
peer supporters, modalità di chiusura della procedura.
  Inoltre, in un'ottica di oculata gestione complessiva delle situazioni di disagio delle persone detenute, è necessario che particolare attenzione sia riservata al momento delle, assegnazioni definitive in istituto e alle richieste di trasferimento, privilegiando le strutture penitenziarie che, per l'adeguata offerta sanitaria e trattamentale, siano in grado di soddisfare meglio le esigenze di presa in carico delle problematiche di disagio personale dei soggetti ristretti.
  Da ultimo, è stata sollecitata l'attivazione di giornate di studio e confronto collettivo sul tema della prevenzione suicidaria, a tutti i livelli dell'organizzazione, onde favorire un coinvolgimento il più possibile esteso e favorendo anche la partecipazione del personale dell'area sanitaria in servizio negli istituti.
  Per completezza, si evidenzia, altresì, che il
budget relativo al capitolo 1766 pag. 2 «Onorari degli esperti ex art. 80 o.p.» è stato arricchito da un finanziamento pari a 2.700.000 euro, da impegnare entro il 31 dicembre 2022.
  Ciò consentirà di incrementare la presenza e l'operatività degli esperti
ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario all'interno degli istituti di pena e, in special modo, di dare attuazione alle vigenti direttive concernenti la prevenzione delle condotte suicidarie delle persone detenute.
  Tali risorse, che si aggiungono a quelle già assegnate per il corrente anno nei mesi scorsi, sono state ripartite tra i provveditorati regionali, con l'invito, rivolto a questi ultimi, di procedere alla successiva ripartizione tra gli istituti del distretto di competenza, impegnando tutti i fondi disponibili, elevando sino al limite delle 64 vacazioni orarie le convenzioni già stipulate per un numero inferiore e stipulando nuove convenzioni con i professionisti iscritti negli elenchi previsti dall'articolo 132 del regolamento di esecuzione.
  Per completezza si riferisce che all'interno degli istituti penali per i minorenni, nell'anno 2022, non si è verificato alcun caso di suicidio riguardante i ragazzi detenuti, pur registrando n. 116 eventi critici relativi a gesti autolesionistici, di varia natura ed entità, messi in atto dai minori/giovani adulti ristretti.
  A tal proposito, si rappresenta che il preposto dipartimento si è dotato di strumenti utili per ridurre al minimo il rischio suicidario ed autolesivo tra i giovani detenuti.
  In particolare, si richiama il «Piano Nazionale per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi residenziali minorili del D.G.M.C.» del 7 dicembre 2017 ed il successivo PDG n. 4799.U del 28 gennaio 2019, con i quali si dispone di individuare, presso le singole realtà territoriali, dei «referenti locali» per l'attuazione del citato «Piano Nazionale» e di pervenire alla definizione di piani regionali e locali di prevenzione, in sinergia con le altre amministrazioni coinvolte.
  L'attenzione è pertanto volta su specifiche «azioni» strategiche da attuare in chiave preventiva: 1) valutazione del rischio suicidario e/o autolesivo al momento dell'ingresso in istituto penale, con particolare riferimento all'eventuale presenza di fattori quali disagio psichico, dipendenze patologiche, eventi critici e violenze familiari, come pure alla condizione di minore straniero non accompagnato; 2) individuazione di «criteri protettivi» sin dalla fase di sistemazione del soggetto all'interno dell'istituto penale, essendosi accertato il nesso esistente tra suicidio dei detenuti e tipo di alloggio loro assegnato, con particolare riferimento al rischio legato all'isolamento; 3) predisposizione di piani di trattamento individualizzati, a cura dell'
équipe multidisciplinare che prende in carico il ragazzo, che prevedano l'introduzione di «fattori protettivi» del rischio autolesivo, quali ad esempio la partecipazione del detenuto ad attività sportive, la sua integrazione nel gruppo dei coetanei, il rapido accesso – in caso di necessità – ai servizi di salute mentale o di mediazione culturale presenti sul territorio; 4) definizione delle procedure per la segnalazione di allarme e di evento critico nel corso della permanenza nella struttura detentiva minorile, sia all'interno dell'istituto che all'esterno; 5) potenziamento della collaborazione con gli uffici di servizio sociale per i minorenni, con il servizio sociale territoriale e con il servizio sanitario; 6) formazione congiunta del personale coinvolto nell'intercettazione e nella gestione di situazioni a rischio suicidario e/o autolesivo.
  Quanto agli eventi critici segnalati, il decesso del detenuto G.A., di origine brasiliane si è verificato in data 15 agosto 2022.
  Dagli atti sin'ora acquisiti risulta che gli operatori del momento sono subito intervenuti: in presenza dell'infermiere, la sorveglianza e il personale di Polizia penitenziaria presente faceva accesso nella camera ove era ristretto il signor G.A. che non aveva risposto ai richiami e sollevando il lenzuolo, appuravano che il detenuto aveva il volto coperto da un sacchetto di plastica.
  Immediatamente avvisata la sorveglianza generale e il medico di guardia, si proseguivano, invano, le manovre rianimatorie iniziate dall'infermiere.
  Del tragico evento veniva informato per le vie brevi, tramite il cappellano, il padre del detenuto e, naturalmente se ne dava comunicazione anche al pubblico ministero di turno, il quale disponeva di trasportare la salma presso l'istituto di medicina legale di Torino a disposizione dell'A.G., in attesa dell'esame autoptico.
  Quanto al secondo evento, occorso in data 28 ottobre 2022, questo riguarda un cittadino di nazionalità del Gambia.
  Dagli atti sin'ora acquisiti risulta che l'addetto, alla vigilanza della sezione, con l'ausilio di altre unità di Polizia penitenziaria, accortosi della situazione, intervenne immediatamente liberando il detenuto dal cappio e adagiandolo sul pavimento; il personale sanitario, nel frattempo accorso, iniziò le manovre rianimatorie, poi proseguite invano dal personale del 118 sopraggiunto.
  Orbene, come usualmente avviene, e ferme le valutazioni delle preposte autorità giudiziarie, come detto immediatamente informate, sono state attivate apposite indagini ispettive condotte dal competente provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria per il Piemonte, la Liguria e la Valle d'Aosta e volte proprio ad accertare le cause, le circostanze e le modalità dell'evento nonché a verificare se siano state attivate tutte le procedure operative volte a cogliere i possibili rischi suicidari.
  Infine, in ordine all'adozione di misure alternative al carcere, allo stato, si evidenzia il recente intervento normativo di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, contenente, appunto, tra le altre, la riforma delle pene sostitutive delle pene detentive brevi.
  Più in generale, la riforma delle pene sostitutive promette positivi effetti di deflazione processuale e penitenziaria, inserendosi a pieno titolo tra gli interventi volti a migliorare l'efficienza complessiva del processo e della giustizia penale.
  Si tratta, infatti, di pene, diverse da quelle edittali (detentive e pecuniarie), irrogabili dal giudice penale in sostituzione di pene detentive, funzionali alla rieducazione del condannato, così come a obiettivi di prevenzione generale e speciale, con ciò realizzando una anticipazione dell'alternativa al carcere all'esito del giudizio di cognizione.
  L'entrata in vigore del complesso normativo sinora descritto, originariamente prevista per il 1° novembre 2022, è stata poi differita, per effetto della previsione dell'articolo 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, in atto in fase di conversione, al 30 dicembre prossimo, per la riscontrata necessità di approntare misure attuative adeguate a garantire un ottimale impatto della riforma sull'organizzazione degli uffici.
  Il differimento è stato pertanto contenuto entro la data indicata, trattandosi di un lasso di tempo ritenuto sufficiente al fine indicato e che permette, altresì, di mantenere gli impegni in relazione al Pnrr.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   LAI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel carcere di Bancali a Sassari è detenuto il signor Alfredo Cospito, condannato in primo e secondo grado per il reato di delitto contro la pubblica incolumità;

   la Corte di cassazione con propria sentenza ha chiesto la rivalutazione della pena da tentata strage a strage politica con l'applicazione del 41-bis e dell'ergastolo ostativo che fa venir meno le prerogative di socialità all'interno e all'esterno del carcere e limita le ore d'aria del detenuto;

   il condannato non è protagonista di atti delittuosi contro la persona, né ha procurato lesioni alle persone:

   la condanna si riferisce a quanto avvenuto nella notte tra il 2 e 3 giugno 2006 nella scuola Allievi carabinieri di Fossano, dove esplodono due pacchi bomba a basso potenziale che non determinano morti, feriti o danni gravi;

   dal 20 ottobre 2022, ormai oltre un mese, il detenuto è in sciopero della fame per protestare contro l'irrigidimento del suo stato di detenzione e sarebbero peggiorate le sue condizioni salute;

   sono diverse le personalità e le associazioni che stanno segnalando la protesta del detenuto e il peggioramento delle condizioni di salute;

   il 19 novembre 2022 il garante nazionale dei diritti delle persone ha fatto visita al detenuto, controllato i fascicoli e avuto colloqui con la magistratura di sorveglianza e la direzione del carcere –:

   se al Ministro interrogato risulti quanto illustrato in premessa e se abbia acquisito tutti gli elementi utili ad una più attenta valutazione della vicenda, anche in ordine alle condizioni di salute e di detenzione del signor Cospito;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza alla luce delle circostanze descritte in premessa.
(4-00115)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, riferito della vicenda giudiziaria inerente il detenuto Alfredo Cospito, ristretto nel carcere sardo Bancali in regime speciale sub articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, avanza quesiti in ordine alla conoscenza dei fatti e circa eventuali intendimenti volti a rivedere la decisione ministeriale.
  Orbene, avendo riferito sulla vicenda in sede di risposta ad interrogazione orale (cosiddetta
question time) in data 1° dicembre 2022 innanzi ad altro ramo del Parlamento, non posso che richiamare quanto già evidenziato, unitamente agli aggiornamenti nelle more verificatisi.
  In effetti Alfredo Cospito è attualmente ristretto presso la Casa circondariale di Sassari, ed è sottoposto al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2 e seguenti dell'ordinamento penitenziario, applicato nei suoi confronti con decreto del (precedente) Ministro della giustizia 4 maggio 2022, per la durata di quattro anni, emesso all'esito del previsto iter procedimentale, su proposta dell'autorità giudiziaria, ed acquisiti i necessari pareri stilati dalle autorità giudiziarie e di polizia preposte: il tutto a seguito della sentenza della Corte di cassazione II sezione penale, n. 1668 del 16 luglio 2022, che ebbe a (ri)qualificare la (nota) condotta tenuta dal signor Cospito – come integratrice del delitto di cui all'articolo 285 del codice penale, quindi rientrante tra quelli per cui è applicabile lo speciale regime di cui all'articolo 41-bis comma 2 dell'ordinamento penitenziario.
  Il Ministro del tempo ha, pertanto, proceduto come doverosamente previsto in questi casi.
  Lo stato di salute del signor Cospito è attentamente e costantemente monitorato, e risulta altresì autorizzato l'ingresso di un suo medico di fiducia.
  Dal 21 ottobre 2022 il detenuto è sottoposto a grande sorveglianza precauzionale, poiché, a far data dal giorno precedente ha intrapreso lo sciopero della fame per protesta contro l'ergastolo ostativo e per l'abolizione del regime 41-
bis dell'ordinamento penitenziario cui è sottoposto ed avverso il cui decreto applicativo ha proposto reclamo innanzi al tribunale di sorveglianza di Roma.
  In particolare, l'autorità giudiziaria romana, a fronte del reclamo depositato il 25 maggio 2022, ha iscritto il procedimento il 30 maggio ed emesso, in data 26 ottobre 2022, il successivo decreto di fissazione dell'udienza camerale con indicazione, appunto, della data del 1° dicembre 2022.
  Tali tempistiche, è stato appurato, risultano assolutamente in linea con quelle relative all'evasione di tutte le istanze dello stesso tenore.
  Quanto al termine di «dieci giorni per l'adozione della decisione sul reclamo avverso il provvedimento ministeriale di applicazione del regime di detenzione differenziato ai sensi dell'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario», questo ha natura meramente ordinatoria.
  In sintesi, è stata verificata la corretta ritualità nella gestione della vicenda giudiziaria relativa al signor Cospito e non sono state ravvisate, quindi, condotte di rilevanza disciplinare a carico dei magistrati intervenuti.
  Inoltre, l'attivazione del procedimento giurisdizionale innanzi al tribunale di sorveglianza competente, rende comunque ultronea ogni rivalutazione amministrativa dei presupposti legittimanti la permanenza dello speciale regime detentivo.
  Sul punto risulta che il tribunale di sorveglianza di Roma, in data 19 dicembre 2022 ha sciolto la riserva assunta il precedente 1° dicembre, depositando articolata ordinanza decisoria a mezzo della quale, evidenziando come il provvedimento ministeriale appare essere immune da qualsivoglia censura quindi come (...) le limitazioni imposte appaiono conformi a legge e idonee al risultato perseguito (in termini, pagina 13 e 26) ha rigettato il reclamo proposto.
  Peraltro, anche la magistratura sorveglianza di Sassari, dal maggio 2022, si è occupata dei reclami proposti dal detenuto
ex articolo 18-ter dell'ordinamento penitenziario in materia di trattenimento della corrispondenza e alla data del 10 novembre 2022 ha definito tutti i relativi procedimenti, pari a n. 19.
  Il tribunale di sorveglianza di Sassari ha altresì provveduto sui reclami proposti dal Cospito avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza e la data di fissazione dell'udienza per la trattazione degli ultimi due reclami è stata fissata alla data del 17 novembre 2022.
  Infine, in ordine alle valutazioni circa le «motivazioni giuridiche che hanno indotto la Corte di cassazione ad adottare la qualificazione giuridica dell'articolo 285 del codice penale», all'evidenza queste attengono all'esercizio della giurisdizione e come tali intangibili da interferenze extraprocessuali.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   MADIA e BRAGA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 ottobre 2022 è stato pubblicato, sul sito del Ministero della transizione ecologica, l'avviso C.S.E. 2022 - comuni per la sostenibilità e l'efficienza energetica, relativo alla concessione di contributi a fondo perduto per la realizzazione di interventi di efficienza energetica, anche tramite interventi per la produzione di energia rinnovabile, negli edifici delle amministrazioni comunali;

   in particolare, secondo quanto previsto dall'avviso, tali interventi di efficientamento energetico devono riguardare edifici insistenti sul territorio nazionale, di proprietà dei comuni istanti e che siano nella disponibilità degli stessi, adibiti a uso pubblico, a destinazione non residenziale e non destinati all'esercizio di attività economica intesa come qualsiasi attività consistente nell'offrire beni e servizi sul mercato;

   tali norme potrebbero dunque ben finanziare a esempio l'efficientamento energetico di una scuola, tramite la concessione di un finanziamento che, secondo quanto previsto dall'avviso stesso, può essere concesso nella forma del contributo a fondo perduto, pari al 100 per cento (cento per cento) dei costi ammissibili;

   tuttavia l'articolo 2, comma 5 dell'avviso ha espressamente escluso tutti quei comuni che alla data di presentazione dell'istanza di concessione di contributo, si trovino in condizioni tali per cui sia stata deliberata nei loro confronti la dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 246 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 –:

   se tale esclusione fosse già stata prevista in precedenti analoghi avvisi riguardanti la concessione di contributi per l'efficientamento energetico e se il Ministro interrogato non ritenga che una simile esclusione possa penalizzare i comuni già alle prese con le restrizioni conseguenti alla dichiarazione di dissesto finanziario, anche alla luce del fatto che proprio l'efficientamento energetico consente l'abbattimento di costi importanti e dunque favorisce il risanamento.
(4-00046)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'avviso C.S.E. 2022 «Comuni per la sostenibilità e l'efficienza energetica», relativo alla concessione di contributi a fondo perduto per la realizzazione di interventi di efficienza energetica anche tramite interventi per la produzione di energia rinnovabile negli edifici delle amministrazioni comunali, si rappresenta quanto segue.
  L'avviso in argomento è finanziato nell'ambito dell'Asse VI del Programma operativo Nazionale (PON) impresa e competitività 2014-2020, con risorse REACT EU (Regolamento UE n. 2221/2020 del 23 dicembre 2020); i criteri di selezione del programma, approvati dalla Commissione europea nel 2021, prevedono espressamente, per l'azione 4.1.1 dell'Asse VI, il requisito B1, che consente l'accesso alle agevolazioni esclusivamente agli enti pubblici che non si trovino in stato di dissesto finanziario.
  L'avviso pubblico, come già rilevato, è finanziato con risorse del bilancio dell'Unione Europea; lo stesso Regolamento n. 1046/2018 del 18 luglio 2018, recante «regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione», prevede norme specifiche volte a tutelare gli interessi finanziari dell'Unione attraverso l'individuazione di eventuali rischi, tramite appositi sistemi approvati dalla Commissione.
  È il caso, ad esempio, delle procedure previste dagli articoli 135 e 136 del citato Regolamento, nei casi in cui una persona o un'entità giuridica è in stato di fallimento, è oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, è in stato di amministrazione controllata, ha stipulato un concordato preventivo con i creditori, ha cessato le sue attività o si trova in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile ai sensi del diritto dell'Unione o nazionale.
  In applicazione dei principi generali contenuti nelle norme suindicate, si ritiene opportuno inserire negli avvisi pubblici finanziati a valere sulle risorse dell'Unione europea apposite disposizioni volte a prevenire i rischi derivanti dalla eventuale insolvibilità dei proponenti.
  Si evidenzia, altresì, che in caso di irregolarità o violazioni della normativa comunque applicabile, che rendano la spesa non certificabile, il relativo importo non verrebbe rimborsato dalla Commissione europea all'amministrazione.
  Pertanto, laddove si verificasse una circostanza tale da giustificare la revoca del contributo concesso e tale, quindi, da rendere non certificabile alla Commissione la spesa relativa ai pagamenti effettuati in favore di un ente in stato di dissesto finanziario, nonché l'ente di cui trattasi non potesse restituire in tempi brevi al Ministero l'importo erogato, vi sarebbe la necessità di reperire detto importo tra le risorse di bilancio del Ministero per reintegrare la dotazione del PON impresa e competitività 2014-2020.
  Si specifica, pertanto, che il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica non dispone, sui propri capitoli, di risorse per far fronte a detta eventualità.
  In sostanza, l'ente in stato di dissesto finanziario potrebbe incontrare oggettive difficoltà nel restituire al Ministero somme eventualmente erogate e oggetto, successivamente, di provvedimenti di revoca totale o parziale; ciò comporterebbe l'obbligo per il Ministero di reintegrare la cassa del programma con risorse proprie, per le quali non vi è disponibilità.
  Si sottolinea, da ultimo, che i termini per effettuare i pagamenti relativamente alle spese ammissibili degli interventi finanziati a valere sull'avviso pubblico oggetto dell'interrogazione sono molto stringenti, attese le scadenze imposte dalla normativa dell'Unione europea, le spese – difatti – devono essere pagate e debitamente quietanzate entro e non oltre il termine del 31 dicembre 2023.
  Il rispetto di detto termine potrebbe risultare incompatibile con le tempistiche delle procedure successive alla deliberazione dello stato di dissesto finanziario previste dal TUEL.
  Si rappresenta, altresì, che la medesima disposizione è stata già inserita in precedenti analoghi avvisi riguardanti la concessione di contributi per l'efficientamento energetico, anche con riferimento all'efficientamento delle infrastrutture energetiche, emanati di recente.
  Infine, appare opportuno sottolineare che eventuali spese accessorie, in molti casi necessarie per l'acquisizione di beni o servizi comunque collegati agli impianti finanziati con l'avviso pubblico di cui trattasi, costituirebbero un onere finanziario ulteriore per l'amministrazione comunale che si trova in stato di dissesto finanziario; è il caso, ad esempio, delle spese occorrenti per la manutenzione e per la corretta gestione dell'impianto. Dette spese, che non sono finanziabili a valere sull'avviso pubblico, sarebbero totalmente a carico dell'ente beneficiario.
  Atteso quanto sopra esposto, questo Ministero sarà attento nel monitorare e verificare le richieste inoltrate dagli enti locali, e in coordinamento con le altre amministrazioni competenti valuterà la possibilità di predisporre uno strumento espressamente dedicato alla realizzazione di specifici interventi di efficientamento energetico in favore di quei comuni che si trovano in situazioni non ottimali da un punto di vista finanziario.
  

Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica: Gilberto Pichetto Fratin.


   PAVANELLI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 ha previsto a decorrere dal 1° febbraio e fino al 31 dicembre 2022 l'applicazione di un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell'energia elettrica immessa in rete;

   tale meccanismo si applica agli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 chilowatt descritti al comma 1, lettere a) e b) dell'articolo 15-bis;

   per rendere applicabile tale sistema, il GSE è tenuto a calcolare la differenza tra il prezzo di riferimento indicato nella tabella di cui all'allegato I-bis al citato decreto e un prezzo commisurato al prezzo zonale orario di mercato meglio specificato alla lettera b) del comma 3 del citato articolo 15-bis;

   se la differenza è positiva, il Gse eroga il relativo importo al produttore. In caso contrario effettua un conguaglio, ovvero provvede a richiedere al produttore l'importo corrispondente;

   con deliberazione del 21 giugno 2022, n. 266, Arera ha definito le modalità di attuazione del citato articolo 15-bis;

   l'applicazione dell'articolo 15-bis è stata differita al 30 giugno 2023 per effetto dell'articolo 11, comma 1 del decreto-legge n. 115 del 2022;

   con l'articolo 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, con il fine di introdurre un meccanismo contro il caro bollette è stato previsto un prelievo solidaristico straordinario a carico dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato l'attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale, nonché dei soggetti che producono, distribuiscono e commerciano prodotti petroliferi;

   il contributo si applica nella misura del 25 per cento su una base imponibile costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive riferito al periodo 1° ottobre 2020 al 31 marzo 2021;

   il Consiglio europeo, in data 30 settembre 2022, nell'approvare un pacchetto di misure per contrastare gli elevati prezzi dell'energia, ha previsto un prelievo del 33 per cento da applicare alle imprese che producono elettricità attraverso i combustibili fossili, da calcolare sui profitti del 2022 che superano del 20 per cento i profitti medi dei tre anni precedenti;

   in virtù dell'applicazione del richiamato articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022, moltissimi piccoli produttori, sono stati costretti a vendere la loro energia a prezzo molto basso e ad acquistarla a un prezzo molto elevato (pari all'attuale prezzo di mercato);

   la predetta misura, sebbene entrata in vigore da luglio, computa il calcolo delle debenze a far data dal febbraio 2022. Conseguentemente, molte piccole imprese produttrici si stanno vedendo recapitare in questi giorni da parte del Gse delle fatture con importi per loro insostenibili;

   tale meccanismo di tassazione sugli extraprofitti appare fortemente disincentivante rispetto dia diffusione delle energie rinnovabili e, dunque, in contrasto con gli obiettivi del Green deal europeo, soprattutto se raffrontato con il prelievo degli extraprofitti delle aziende di produzione di energia da fonti fossili, in percentuale di entità notevolmente inferiore –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare, per quanto di competenza immediate iniziative al fine di evitare il fallimento di tutti i piccoli produttori di energia rinnovabile che si trovano impossibilitati a far fronte alle esose e insostenibili richieste del Gse, frutto di applicazione della disciplina di cui all'articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022;

   se non intendano adottare iniziative normative volte ad abrogare, ovvero emendare, l'articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022, che scoraggia gli investimenti in energie rinnovabili oltre a porsi in contrasto con gli obiettivi di medio-lungo periodo in termini di neutralità climatica convenuti a livello sovranazionale.
(4-00031)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nel complesso delle misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territori, per fare fronte all'emergenza da COVID-19, nonché agli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, il decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (cosiddetto sostegni-
ter), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 28 marzo 2022, n. 25, ha introdotto l'articolo 15-bis (rubricato «Ulteriori interventi sull'elettricità prodotta da impianti a fonti rinnovabili») volto ad introdurre un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell'energia elettrica immessa in rete a partire dal 1° febbraio 2022 e sino al 31 dicembre 2022, termine successivamente prorogato al 30 giugno 2023.
  Innanzitutto, è opportuno premettere che la norma esplica i suoi effetti a decorrere dal 1° febbraio 2022 e, dunque, successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge, regolamentando le modalità di applicazione di un meccanismo – riequilibrio tra l'extra margine guadagnato e un prezzo di mercato equo – la definizione delle quali appare fisiologicamente propedeutica alla concreta operatività del meccanismo medesimo.
  Nel dettaglio, il meccanismo disciplinato dal citato articolo 15-
bis prevede un prezzo di riferimento che varia a seconda della localizzazione geografica dell'impianto (il cosiddetto «prezzo di riferimento») basato su medie aritmetiche di prezzi zonali orari.
  Ai sensi del comma 4 dell'articolo 15-
bis, qualora la differenza tra i due prezzi (prezzo zonale della tabella - prezzo di mercato medio) sia positiva, il GSE eroga il relativo importo al produttore. Qualora invece il prezzo di mercato ecceda il cosiddetto prezzo equo, la differenza rappresenta un «extra profitto» che dovrà essere versato al GSE.
  A fronte, dunque, di una complessa congiuntura economica, la
ratio della misura in esame va identificata nell'esigenza di riequilibrare la rendita da posizione di specifiche categorie di impianti a fonti rinnovabili, derivante dal fatto che gli stessi non sopportano i maggiori costi del combustibile fossile, prevedendo la restituzione dell'extra margine guadagnato rispetto ad un prezzo di mercato equo, ante-crisi, al fine ultimo di una riduzione del fabbisogno a copertura degli oneri generali del sistema elettrico e, dunque, del costo complessivo dell'energia elettrica a carico della collettività.
  Appare, di conseguenza, indubbio che l'effetto limitativo derivante dall'articolo 15-
bis corrisponda ad un obiettivo di utilità sociale. Difatti, la disposizione normativa è volta a ristorare famiglie e imprese dall'aumento dei costi dell'energia, un bene che può essere considerato di primaria necessità sia nella vita delle persone che per l'esercizio delle attività imprenditoriali, con forti impatti sul tessuto economico e sociale.
  Inoltre, il presupposto congiunturale fondante la misura in esame si riflette nella struttura della misura medesima che assume connotazione straordinaria e temporanea, in quanto legata alla situazione emergenziale in atto.
  Va altresì evidenziato, sotto il profilo dell'ambito soggettivo di applicazione, che gli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile (FER) nello specifico interessati dalla norma di legge sono quelli che presentano una struttura di costi composta in larga prevalenza da costi fissi, indipendenti dall'andamento dei prezzi dei combustibili fossili, incluso il gas naturale.
  In particolare, si tratta delle seguenti tipologie di sistemi:

   a) impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 chilowattora che beneficiano di premi fissi derivanti dal meccanismo del Conto Energia, non dipendenti dai prezzi di mercato;

   b) impianti di potenza superiore a 20 chilowattora alimentati da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica che non accedono a meccanismi di incentivazione, entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010.

  Sono esclusi i piccoli impianti fino a 20 chilowattora.
  I primi destinatari della norma di legge, quindi, sono gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 chilowattora, che beneficiano dei premi fissi derivanti dal meccanismo in «Conto energia», indipendenti dal valore del prezzo di mercato dell'energia e in aggiunta al prezzo di mercato riconosciuto per l'energia immessa in rete.
  Tali impianti, entrati in esercizio prima del 2014, ricevono un incentivo fisso, cui si aggiungono i proventi della vendita dell'energia, che, sulla base dell'attuale congiuntura di mercato, determinano un extra margine per i produttori, allorché il prezzo dell'energia immessa è remunerata a prezzi ben più alti di quelli prevedibili al momento di adozione delle decisioni di investimento.
  Gli altri destinatari del meccanismo a due vie di cui alla disposizione oggetto dell'interrogazione sono gli impianti di potenza superiore a 20 chilowattora alimentati da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica che non accedono a meccanismi di incentivazione, entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010.
  Gli impianti in questione, nell'attuale congiuntura di mercato, possono trattenere extra ricavi dalla vendita dell'energia immessa, al pari degli impianti fotovoltaici incentivati.
  Gli impianti non incentivati entrati in funzione prima del 2010, infatti, hanno generalmente ammortizzato i costi di investimento e, in quanto alimentati da fonti rinnovabili, non hanno costi variabili dipendenti dalla materia prima del combustibile. Pertanto, analogamente agli impianti della prima categoria, anche tali impianti beneficiano di un extra aumento dei ricavi derivanti dal più elevato prezzo di vendita di energia elettrica immessa, cagionato dai maggiori costi di importazione del gas naturale, purtuttavia non sopportando tali costi.
  In sostanza, la forte variabilità del mercato spot di energia elettrica, determinata dall'impennata dei costi di importazione di gas, ha determinato un extra margine per i suddetti produttori da fonte rinnovabile, che già beneficiano di un incentivo a copertura dei propri costi fissi, come gli impianti della prima categoria, o che hanno già ammortizzato tali costi perché entrati in esercizio prima del 2010, come gli impianti della seconda categoria.
  Alla luce di quanto precede si può quindi sostenere che, a fronte del perseguimento di un obiettivo di utilità sociale, la misura in questione non incide sulla stabilità economica dei soggetti destinatari, né sull'equa remunerazione degli investimenti da questi effettuati, e pertanto non rappresenta un deterrente per gli investimenti né pregiudica i predefiniti obiettivi in termini di decarbonizzazione.
  Tali conclusioni sono del resto avvalorate dalla considerazione secondo cui l'articolo 15-
bis ha sostanzialmente anticipato un meccanismo di riequilibrio poi introdotto dall'Europa con il Regolamento UE n. 1854 del 6 ottobre 2022 relativo a interventi di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia. Difatti, nell'ambito delle misure di emergenza prospettate come adottabili da ciascuno Stato membro, il Regolamento, nelle premesse – e segnatamente con il Considerando 25 – dispone che «In una situazione in cui i consumatori sono esposti a prezzi estremamente elevati che danneggiano anche l'economia dell'Unione, è necessario limitare, su base temporanea, i ricavi straordinari di mercato dei produttori che hanno costi marginali inferiori, applicando un tetto a tali ricavi di mercato ottenuti dalla vendita di energia elettrica all'interno dell'Unione».
  Il richiamato Regolamento, pertanto, sancisce a livello europeo ciò che l'Italia ha disciplinato con l'articolo 15-
bis, ossia la previsione di un limite quantitativo ai ricavi di mercato ottenuti dalla vendita di energia elettrica generata da determinate fonti (ovvero quanto disciplinato dall'articolo 7, paragrafo 1) al fine di arginare il forte rincaro dei prezzi dell'energia elettrica, contribuendo all'accessibilità economica dell'energia per le famiglie e per le imprese.
  Riguardo l'osservazione dell'onorevole interrogante per cui i piccoli produttori sono stati costretti a vendere l'energia a prezzo basso e acquistarla a prezzo elevato, si rappresenta che i piccoli impianti sono esclusi dall'ambito di applicazione della norma (che, così come sopra riportato, esclude gli impianti sotto i 20 chilowattora, e che il produttore di energia può auto-consumare l'energia prodotta senza necessità di acquistarla sul mercato a prezzi elevati.

Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica: Gilberto Pichetto Fratin.


   PAVANELLI, AMATO, CARMINA, QUARTINI, ASCARI, PELLEGRINI, MORFINO, PENZA e BARZOTTI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 agosto 2014, la società SAO S.r.l. (oggi ACEA Ambiente S.r.l.) ha presentato istanza per l'avvio del procedimento di Via, coordinato Aia, per il progetto di adeguamento morfologico e per l'ottimizzazione dei volumi e del capping sommitale della discarica «Le Crete» di Orvieto;

   detto progetto ha riscontrato la contrarietà di associazioni, cittadini e finanche delle amministrazioni locali, riaffermata unanimemente in data 6 febbraio 2017 dal consiglio comunale di Orvieto;

   in data 6 marzo 2017, con deliberazione n. 221, la Giunta regionale ha ritenuto non superabile il dissenso espresso dal comune di Orvieto in sede di conferenza di Via sul progetto in argomento, stante anche il parere negativo espresso dal segretariato regionale del Ministero della cultura;

   successivamente, in data 26 ottobre 2017, dopo alcune modifiche al progetto iniziale, veniva avviata una nuova procedura di valutazione Via-Aia, nell'ambito della quale il comune di Orvieto esprimeva nuovamente parere contrario all'ampliamento, mentre la Soprintendenza ai beni paesaggistici, cambiando orientamento esprimeva un nuovo parere favorevole;

   la conferenza dei servizi svolta in data 21 maggio 2018, ritenendo non vincolante il parere negativo del comune, forniva il via libera alla regione Umbria per l'autorizzazione all'ampliamento, successivamente concesso mediante determina dirigenziale n. 7019 del 5 luglio 2018, nonostante la ferma opposizione all'ampliamento della discarica espresso anche da altri 11 comuni dell'orvietano, tramite un documento sottoscritto dai relativi sindaci, assieme a quello di Orvieto, in data 1° giugno 2018;

   avverso tale autorizzazione, il comune di Orvieto adiva il Tar Umbria, il quale, con sentenza n. 680 del 2018 rigettava il ricorso per non avere il comune provveduto in precedenza a delimitare urbanisticamente l'area, ai sensi della normativa a tutela dei marchi Doc e Docg di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 228 del 2001 per le coltivazioni pregio;

   da ultimo, in data 5 gennaio 2022, con due delibere in tema di rifiuti, la Giunta regionale dell'Umbria, in vista della chiusura del relativo ciclo, ha previsto la costruzione di un termovalorizzatore e, nelle more, l'ampliamento di tre discariche, tra le quali quella di «Le Crete» di Orvieto;

   la discarica – che è da ritenersi industria insalubre di prima classe in base al decreto del Ministero della sanità del 5 settembre 1994 – è collocata a ridosso – a distanza di appena 28 metri – di un'area agricola di assoluta preminenza per l'interesse regionale e nazionale in ragione delle coltivazioni vitivinicole di pregio. Vicinanza che rende concreto il rischio di trasferimento di agenti inquinanti dalla discarica ai terreni coltivati;

   nonostante le numerose istanze, anche ufficiali, a quanto consta all'interrogante, nessuna ispezione è stata consentita al fine di verificare la presenza di rifiuti altamente inquinanti – in particolare di percolato di discarica – e pregiudizievoli per le sopradette aree agricole e all'unico controllo che risulta sul sito, datato ormai 11 marzo 2015, è stato rilevato il superamento della concentrazione soglia di contaminazione per il parametro relativo al mercurio –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se non intendano, per quanto di competenza, adottare tutte le iniziative necessarie ad avviare immediatamente un'opportuna valutazione dei rischi di danno ambientale che potrebbero scaturire da un eventuale allargamento della discarica, anche in ragione della compresenza, nella medesima area, di un'area agricola di pregio – nonché di un centro storico – di assoluta rilevanza economica locale e nazionale.
(4-00062)

  Risposta. – Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Innanzitutto, si specifica che, riguardo le autorizzazioni per la realizzazione di impianti di trattamento e/o smaltimento finale dei rifiuti, la competenza è esclusivamente in capo alle regioni, come previsto dalla normativa di settore, ovvero il procedimento di Valutazione d'impatto ambientale (VIA), coordinato con l'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per il progetto oggetto dell'interrogazione, rientra tra le competenze regionali ai sensi della lettera
P) dell'allegato III alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha, invece, tra le proprie competenze la vigilanza sulla pianificazione regionale in tema di gestione dei rifiuti.
  Come ricordato dagli interroganti, la discarica «Le Crete» è attualmente gestita da Acea Ambiente s.r.l. in regime di AIA rilasciata dalla regione Umbria con determina dirigenziale n. 7019 del 5 luglio 2018, in sostituzione delle precedenti autorizzazioni, in occasione del progetto «Adeguamento morfologico del sito ed ottimizzazione dei volumi e del
capping sommitale», nel rispetto dei criteri stabiliti dal decreto legislativo n. 36 del 2003 e in attuazione delle BAT (Best Avaiable Technologies) di settore, con il quale è stata prevista l'introduzione di un nuovo gradone in aggiunta ai precedenti autorizzati.
  La regione Umbria rappresenta che all'interno del perimetro IPPC (
Integrated Pollution Prevention and Control) il gestore è autorizzato ad ulteriori operazioni di trattamento rifiuti non pericolosi, in particolare attraverso impianto di selezione e trattamento con relativo impianto di sfruttamento energetico del biogas prodotto da digestione anaerobica.
  La gestione del biogas e del percolato è effettuata da Acea Ambiente s.r.l. in virtù di apposita convenzione con il comune (n. 6518 dell'8 febbraio 1996).
  L'ente regionale specifica altresì che la conduzione della discarica attualmente in coltivazione avviene per strati paralleli costituiti da lotti successivi, attraverso una specifica tecnica per cui le acque meteoriche che vengono a contatto con i rifiuti rimangono confinate nell'ambito del lotto in coltivazione, mentre quelle esterne al lotto in coltivazione sono allontanate dalla rete di smaltimento delle acque bianche; tale modalità permette di contenere la produzione di percolato ed evita la commistione tra percolato stesso e acque bianche.
  La raccolta ed il drenaggio del percolato che si produce nell'ambito del lotto in coltivazione avvengono tramite camini drenanti, che sono collegati tra loro mediante cordoli in materiale arido, sciolto, che sono disposti secondo un allineamento in diagonale rispetto al ripiano, onde avere sempre una pendenza verso il camino. Sono altresì realizzati strappi (trincee) drenanti di lunghezza e larghezza variabile, ubicate nei punti morfologicamente più depressi di ogni singolo lotto e nella parte centrale più sensibile alle deformazioni.
  I rifiuti polverulenti o finemente suddivisi sono conferiti in discarica in appositi contenitori, che sono movimentati con braccio elevatore o altro utensile e quindi sistemati ed ordinati nel settore in coltivazione.
  Qualora si tratti di materiali polverulenti sfusi, che comunque possono generare polvere a seguito delle operazioni di scarico, si provvede alla loro umidificazione.
  La rete di drenaggio del percolato confluisce in una vasca di raccolta interrata ubicata a valle della discarica.
  La parte superiore della vasca di raccolta è dotata di una botola metallica apribile e a tenuta per consentire l'ispezione e la manutenzione. Tale vasca, progettata con una capacità di 600 metri cubi, è impermeabilizzata e trattata con opportune resine che preservano il cemento da eventuali aggressioni da parte dei liquidi ivi contenuti. A valle della vasca sopra citata è stata realizzata una trincea drenante ispezionabile, più profonda della vasca, avente funzione di presidio ambientale, finalizzata all'intercettazione di eventuali perdite di percolato. Il percolato della vasca è sollevato con apposito impianto alle due cisterne di accumulo poste in quota tramite tubazioni quasi totalmente interrate, le cui parti scoperte sono coibentate contro il gelo. Il percolato prodotto è avviato a impianti di trattamento autorizzati.
  L'Autorizzazione integrata ambientale contiene un dettagliato Piano di monitoraggio e controllo (PMC) che prevede a carico del gestore, con frequenze e criteri predefiniti, puntuali obblighi di controllo di tutte le emissioni prodotte dall'installazione e di qualità delle matrici ambientali.
  ARPA Umbria, nel piano di ispezioni ambientali approvato dalla regione, con cadenza annuale, effettua visite ispettive programmate al fine di verificare il rispetto delle condizioni e delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.
  Con la delibera di Giunta regionale n. 1135 del 2 novembre 2022 la regione Umbria ha adottato il piano regionale di gestione integrata dei rifiuti, finalizzato ad implementare l'economia sostenibile e circolare, che aveva acquisito il parere favorevole motivato dopo la VAS e la cui approvazione finale prevede un passaggio all'Assemblea legislativa.
  Nel suddetto piano è presente il quadro impiantistico esistente che per quanto riguarda le discariche (attualmente 5, di cui 2 di prossima chiusura) stimava una capacità volumetrica residua al 31 dicembre 2021 pari complessivamente a 620.000 metri quadrati, di cui 415.000 metri quadrati della discarica Le Crete. In tali impianti, da quanto riportato nell'allegato B-Quadro conoscitivo del Piano, confluiscono esclusivamente rifiuti non pericolosi, costituiti da frazione secca (FS) e frazione organica stabilizzata (FOS), scarti provenienti da impianti di recupero della raccolta differenziata e da attività produttive.
  Nel suddetto piano sono previste una fase transitoria (2022-2027) e una fase a regime (2028-2035) con avvio dopo l'entrata in esercizio del termovalorizzatore.
  Per la fase transitoria è stimato un conferimento in discarica circa 141.000 tonnellate annue negli impianti disponibili, ovvero Belladanza, Borgogiglione e Le Crete. Per la fase a regime, la quasi totalità dei rifiuti indifferenziati, non recuperabili, confluirà al termovalorizzatore e solo una quota residua sarà conferita nelle discariche di Belladanza e Le Crete.
  La regione Umbria sostiene, infine, che il suddetto piano è conforme ai principi comunitari e al programma nazionale di gestione dei rifiuti, di cui al decreto ministeriale del 24 giugno 2022, n. 257.
  La regione Umbria specifica altresì che, stante lo stato attuale delle conoscenze, non ritiene che possa sussistere un concreto rischio di trasferimento di agenti inquinanti dalla discarica alle coltivazioni vitivinicole poste nelle vicinanze, in ragione della conformazione dei luoghi (la discarica è interamente ubicata sul versante opposto), delle condizioni geologiche dei terreni interessati (di natura prettamente argillosa) e delle condizioni idrogeologiche (assenza di falde idriche).
  Il superamento della concentrazione soglia di contaminazione per il parametro mercurio sulla matrice suolo, rilevata dallo stesso gestore, non ha relazione con le operazioni di smaltimento dei rifiuti.
  Difatti, a seguito della comunicazione effettuata dal gestore ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come soggetto non responsabile della potenziale contaminazione, ARPA UMBRIA – in collaborazione con l'università degli studi di Perugia e di altre università della regione Toscana – ha effettuato uno specifico «Piano di indagine nelle aste Fluviali del fiume Paglia e del fiume Tevere e per la verifica dello stato di contaminazione da mercurio» confermando che l'origine di tale contaminazione da mercurio deve essere ricondotto alle attività estrattive di cinabro, storicamente svolte sul Monte Amiata.
  Purtuttavia, comprendendo e condividendo le preoccupazioni evidenziate dagli interroganti, gli uffici competenti del Ministero hanno attivato una ulteriore doverosa interlocuzione con la regione Umbria al fine di acquisire le informazioni pertinenti le criticità segnalate, con lo scopo di consentire le opportune valutazioni di competenza in relazione all'eventuale sussistenza di danno ambientale o minaccia di danno ambientale riguardo il progetto di ampliamento della discarica oggetto dell'interrogazione.

Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica: Gilberto Pichetto Fratin.


   PAVANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il codice della crisi d'impresa di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, entrato in vigore in data 15 luglio 2022, all'articolo 356, ha istituito, presso il Ministero della giustizia, l'albo unico dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza;

   il successivo articolo 357 del decreto legislativo n. 14 del 2019, rimanda a un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, avente rango di regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, la disciplina regolatoria relativa al funzionamento dell'albo di cui all'articolo 356, e in particolare le modalità di iscrizione all'albo; le modalità di sospensione e cancellazione, volontaria o disposta dal Ministero della giustizia dal medesimo albo anche a seguito del mancato versamento del contributo previsto dal comma 2; le modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero della giustizia;

   a tale norma è stata data attuazione con decreto del Ministero della giustizia del 3 marzo 2022, n. 75, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 21 giugno 2022 ed entrato in vigore a seguito di vacatio ordinaria in data 6 luglio 2022;

   l'articolo 3, comma 5, del citato decreto ministeriale n. 75, ha demandato a un decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informatizzati del Ministero della giustizia, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, la determinazione delle specifiche tecniche per l'inserimento dei dati di cui al comma di cui al precedente comma 2 relativi agli iscritti;

   sebbene il predetto termine non sia ancora spirato, la mancata emanazione del decreto dirigenziale risulta tuttora ostativa all'effettivo funzionamento del nuovo albo unico;

   nelle more, pur in vigenza di una norma che impone l'individuazione dei soggetti incaricati delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza dall'albo unico, all'interrogante risulta che i giudici, per le suddette nomine, continuano ad utilizzare i vecchi albi territoriali, rischiando di viziare l'intera procedura di crisi –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se non intenda adottare iniziative affinché si proceda celermente all'emanazione dei decreti attuativi riguardanti l'operatività dell'albo unico di cui all'articolo 356 del decreto legislativo n. 14 del 2019, nonché dell'integrale funzionamento del codice della crisi d'impresa.
(4-00067)

  Risposta. – Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...il codice della crisi di impresa di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14, entrato in vigore in data 15 luglio 2022, all'articolo 356 ha istituito presso il Ministero della giustizia l'albo unico dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza; il successivo articolo 357 del decreto legislativo n. 14 del 2019 rimanda a un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, avente rango di regolamento ai sensi dell'articolo 17 comma 3 della legge n. 400 del 1988, la disciplina regolatoria relativa al funzionamento dell'albo di cui all'articolo 356 e in particolare le modalità di iscrizione all'albo, le modalità di sospensione e cancellazione, volontaria o disposta dal Ministero della giustizia, dal medesimo albo, anche a seguito del mancato versamento del contributo previsto dal comma 2 e le modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero della giustizia; a tale norma è stata data attuazione con decreto del Ministero della giustizia del 3 marzo 2022 n. 75 pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 21 giugno 2022 ed entrato in vigore a seguito di vacatio ordinaria in data 6 luglio 2022; l'articolo 3 comma 5 del citato decreto ministeriale n. 75 ha demandato a un decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informatizzati del Ministero della giustizia, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, sentito il garante per la protezione dei dati personali, la determinazione delle specifiche tecniche per l'inserimento dei dati...» - domanda al Ministro della giustizia «...se...sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa; se non intenda adottare iniziative affinché si proceda celermente alla emanazione dei decreti attuativi riguardanti l'operatività dell'albo unico di cui all'articolo 356 del decreto legislativo n. 14 del 2019...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto posto in risalto che in data 6 luglio 2022 è entrato in vigore il decreto del Ministro della giustizia n. 75 del 3 marzo 2022, che ha dato attuazione all'articolo 357 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza; tale decreto ha dettato la disciplina concernente il funzionamento dell'albo unico dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure previste dal citato codice (albo istituito dall'articolo 356 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) e in particolare le modalità di iscrizione all'albo, le modalità di sospensione e cancellazione, volontaria o disposta dal Ministro della giustizia, dal medesimo albo, anche a seguito del mancato versamento del contributo stabilito, e le modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministro della giustizia.
  Pertanto il termine per l'adozione del decreto dirigenziale da parte del responsabile per i sistemi informativi e automatizzati di questo Dicastero contenente le specifiche tecniche per l'inserimento dei dati relativi agli iscritti all'albo unico, sentito il garante per la protezione dei dati personali, verrà a scadere il 6 gennaio 2023.
  Va altresì rimarcato che, ancor prima della sua entrata in vigore, il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza è stato più volte modificato e, da ultimo, l'articolo 356 è stato modificato dall'articolo 42 del decreto legislativo del 17 giugno 2022 n. 83 (entrato in vigore in data 15 luglio 2022) tramite l'eliminazione del riferimento all'Organismo di composizione della crisi d'impresa (OCRI); in conseguenza di ciò, la struttura della base dati dell'albo unico dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure previste dal citato codice è risultata radicalmente mutata rispetto a quanto previsto dalla disciplina previgente, atteso che questo non si dovrà più articolare in due distinte sezioni (Ordinaria e Speciale OCRI) bensì in un'unica sezione.
  Il termine per l'adozione del decreto dirigenziale da parte del responsabile per i sistemi informativi e automatizzati di questo Dicastero contenente le specifiche tecniche per l'inserimento dei dati relativi agli iscritti all'albo unico, e conseguentemente per la realizzazione del sistema informatico che lo gestisce, non può che essere successivo alla stabilizzazione della disciplina che lo istituisce nonché sufficientemente ampio da consentire le attività di sviluppo, verifica e messa in produzione secondo le migliori tecniche disponibili e in perfetta aderenza ai requisiti utente, come da ultimo disegnati dalle norme legislative.
  D'altra parte il garante per la protezione dei dati personali, il cui previo parere è indefettibile – tant'è vero che sono state già avviate da questo Dicastero puntuali interlocuzioni con siffatta autorità – per l'adozione delle specifiche tecniche per l'inserimento dei dati relativi agli iscritti all'albo unico, deve necessariamente assumere come parametro di riferimento delle proprie valutazioni la versione stabilizzata della norma istitutiva.
  In altri termini l'emanazione delle specifiche tecniche e, quindi, l'esposizione al pubblico del sistema informatico di gestione dell'albo unico presuppongono attività di progettazione, realizzazione e valutazione che, in buona parte, non possono che essere successive all'entrata in vigore delle norme che lo istituiscono e lo regolano.
  Nelle more della completa entrata in funzione a regime dell'albo unico istituito dall'articolo 356 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza per la nomina dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure previste dal citato codice, i giudici sono vincolati nella scelta unicamente dalla disposizione di cui all'articolo 358, norma che detta i requisiti per la nomina agli incarichi nelle procedure, e dalle altre norme che a questa disposizione rinviano.
  Gli elenchi che eventualmente utilizzati dai giudici per siffatte nomine costituiscono quindi delle mere rubriche, create per agevolare il reperimento delle informazioni senza alcun valore normativo o efficacia vincolante e non costituiscono albi, con la conseguenza che il mancato inserimento in tali elenchi del soggetto nominato non può essere di per sé solo considerato motivo di illegittimità della nomina stessa.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   SOTTANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 novembre 2022 le sigle sindacali provinciali Sappe, Sinappe, Uspp, Uilpa, Cisl e Cgil del corpo di polizia penitenziaria hanno inviato una missiva volta a sottolineare la gravissima situazione nella quale versa la Casa circondariale di Teramo;

   nella lettera, indirizzata al Ministro interrogato, al Sottosegretario Delmastro Delle Vedove, a numerosi parlamentari – tra i quali il firmatario del presente atto – nonché a svariate autorità, locali e nazionali, le predette organizzazioni hanno lamentato che negli ultimi anni nell'istituto – gravato da un sovraffollamento che si attesta al 150 per cento – si sono registrate innumerevoli aggressioni, insulti e minacce nei confronti del personale di polizia penitenziaria e di tutti gli altri operatori (ad oggi circa 1.600 eventi «critici», a fronte di 800 dello scorso anno);

   inoltre, nella propria lettera le organizzazioni sindacali hanno altresì evidenziato che il personale non risulta «debitamente formato per fronteggiare eventi critici, con scarso equipaggiamento e senza protocolli operativi»;

   all'assenza di formazione si aggiunge, inoltre, la sistematica e strutturale carenza di personale, mancando ad oggi un funzionario, nove ispettori, diciotto sovrintendenti e ben ventidue agenti. Nonostante questo – sempre secondo quanto riferito nella missiva – si sarebbe proceduto al trasferimento di tre neo ispettori teramani «in istituti del nord, anziché assegnarli a Teramo», depotenziando il già fragile organico della struttura;

   i problemi interessano anche le figure dirigenziali dell'istituto: pur necessitando di tutto l'impegno possibile, infatti, il competente Prap (Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria) ha disposto che l'attuale Direttore assumesse la reggenza di un altro importante istituto della regione, con il rischio di dispersione di quelle competenze ed energie che, al contrario, dovrebbero essere canalizzate per risolvere le numerose criticità dell'istituto;

   le problematiche di cui si è detto si riverberano inevitabilmente sugli operatori penitenziari, provocando una grave compromissione dei diritti dei lavoratori, dell'ordine e della sicurezza dell'Istituto teramano nonché delle relazioni sindacali, queste ultime – secondo quanto riferito nella lettera – caratterizzate «dalla mancata attuazione degli accordi pattizi da parte della Direzione e dai mancati riscontri alle numerose note sindacali»;

   alla luce della oggettiva impossibilità di garantire il regolare svolgimento delle attività, le organizzazioni sindacali hanno proceduto ad indire lo stato di agitazione del personale di polizia penitenziaria e l'interruzione delle relazioni sindacali con la direzione –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo ed attivandosi in ogni possibile sede istituzionale, intenda adottare per porre rimedio alla gravissima situazione nella quale versa la casa circondariale di Teramo, anche mediante l'immediato rafforzamento dell'organico del penitenziario.
(4-00086)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante riferisce del contenuto di una nota stilata da numerose sigle sindacali che denunziano le forti criticità riscontrabili nel carcere di Teramo in tema di organico, sovraffollamento, reiterate aggressioni in danno degli operatori penitenziari, assenza di adeguata formazione degli appartenenti alla polizia penitenziaria ad affrontare eventi critici nonché scarso equipaggiamento, avanzando quesiti circa gli intendimenti che si intendano adottare.
  Orbene, le criticità evidenziate sono certamente sintomo di sofferenza e va assicurato il massimo sforzo dell'Amministrazione volto al loro superamento, pur consci dei vincoli di bilancio, che fortemente limitano i concreti spazi di intervento.
  È indubbio che la tutela psicofisica degli agenti della polizia penitenziaria, unitamente a quella degli operatori tutti e, naturalmente, dei ristretti in carcere, è dovere primario dell'Amministrazione, perseguito costantemente con impegno.
  Ciò precisato, alla data del 12 dicembre 2022, presso la casa circondariale di Teramo risultano presenti un totale di n. 412 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a n. 255 posti disponibili, rilevandosi una percentuale di affollamento pari al 161,57 per cento.
  Nonostante l'evidente criticità si evidenzia che nessun detenuto è comunque allocato in difformità dei parametri previsti dalla C.E.D.U..
  Sul punto, invero, proprio allo scopo di evitare restrizioni violative dei parametri comunitari, già dal 2014 è stato concepito apposito applicativo informatico, nel tempo costantemente implementato, che consente di monitorare in sostanziale tempo reale il numero dei detenuti presenti nei singoli istituti, ma anche la loro corretta collocazione all'interno di ogni istituto (camere di pernottamento) e io spazio disponibile per ciascun individuo.
  Applicativo reso doverosamente accessibile alla magistratura di sorveglianza, poiché istituzionalmente preposta a vigilare sulla esecuzione della pena nel rispetto dei diritti dei detenuti e degli internati.
  In relazione agli eventi critici citati, si riferisce che nel periodo gennaio 2022/novembre 2022, all'interno del carcere di Teramo risultano essersi verificate n. 10 aggressioni fisiche al personale della Polizia penitenziaria, 4 in danno del personale amministrativo e 91 casi di aggressioni verbali.
  L'Amministrazione, al fine di garantire maggiori livelli di sicurezza agli operatori penitenziari ha, da ultimo, adottato la circolare 31 marzo 2021, n. 3691/6141, a mezzo della quale si sensibilizzano i provveditori regionali, i direttori di istituto e i comandanti di reparto, ciascuno nell'ambito di rispettiva competenza, alla più stretta e scrupolosa osservanza delle disposizioni già vigenti in materia.
  Inoltre risultano ripresi i lavori dell'apposito gruppo istituito il 25 giugno 2020, di natura prettamente operativa, che già si è occupato di ridefinire il regime detentivo dei detenuti ascritti al circuito media sicurezza.
  Da ultimo, atteso il persistere e l'aumento del verificarsi di eventi critici, anche di particolare gravità, all'interno degli istituti, concretizzatisi in atti di violenza nei confronti di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e operatori appartenenti ad altri ruoli, in data 10 agosto 2022 è stato istituito il gruppo di analisi permanente sulle aggressioni, con il precipuo compito di analizzare quotidianamente, in tempi rapidi, i dati relativi ai fatti di specie e condurre un'istruttoria completa su ogni vicenda, anche attraverso il contatto per le vie brevi con le articolazioni territoriali coinvolte.
  Subito dopo la conclusione dell'istruttoria, l'operatore incaricato presenterà il caso al direttore generale dei detenuti e del trattamento e al vice capo del dipartimento, affinché siano valutati tutti i possibili provvedimenti urgenti sia nei confronti dei detenuti coinvolti sia nei riguardi delle vittime di aggressione, oltre che adottate tutte le ulteriori utili iniziative per le quali coinvolgere i competenti uffici.
  Sono inoltre state attivate specifiche iniziative di formazione, dirette a definire modelli operativi condivisi sia nella ordinaria attività della Polizia penitenziaria, sia nelle situazioni di criticità nella gestione della popolazione detenuta, ispirati alla logica della prevenzione come migliore strategia per evitare le emergenze, contemperando la componente relazionale e quella tecnico-operativa.
  E ciò, con riferimento:
a) alle procedure da eseguire in sicurezza nelle ordinarie operazioni di polizia (perquisizioni, controlli, comunicazioni, spostamenti e trasferimenti eccetera); b) alle strategie di prevenzione e alle modalità di intervento negli eventi critici; c) alle tecniche per gestire situazioni derivanti da disturbo o disagio comportamentale delle persone detenute e per prevenire/contenere comportamenti violenti e aggressivi; d) ai modelli di intervento e alle procedure di sicurezza per l'uso legittimo della forza; e) alle strategie per evitare forme di emulazione di atti violenti o aggressivi e per la gestione della risonanza degli eventi critici nella popolazione detenuta e nel personale.
  Detta attività formativa dovrà riguardare sia la formazione iniziale per l'immissione nei ruoli del Corpo e per l'avanzamento, sia l'aggiornamento professionale per il personale in servizio presso le sezioni detentive degli istituti penitenziari, da realizzare nelle sedi decentrate per permettere una diffusione capillare secondo modalità omogenee, con la previsione, altresì, di moduli specifici presso la Scuola superiore di esecuzione penale rivolti a dirigenti e funzionari del corpo e/o a ruoli di coordinamento.
  Quanto agli equipaggiamenti e alle dotazioni strumentali in uso al Corpo di polizia penitenziaria, è opportuno rammentare che in ambiente detentivo e in condizioni ordinarie, l'operatore di Polizia penitenziaria svolge il proprio servizio indossando la sola uniforme, mentre in condizioni straordinarie e previa autorizzazione, indossa equipaggiamenti protettivi quali caso, scudo, manganello e
kit di protezione.
  Nel corso degli ultimi tre anni il DAP ha intensificato le attività propedeutiche fondamentali all'avvio di procedure di gara per la fornitura di dotazioni che, in alcuni, casi aumentano le quantità e, in altri casi, sostituiscono quelle non più adeguante a garantire i livelli di efficienza richiesti.
  Massimo impegno è stato profuso verso una più attenta programmazione a lungo termine, al fine di risolvere le problematiche che negli anni si sono registrate nelle procedure di gara, legate in particolare ai lunghi tempi tra avvio e consegna della fornitura, passando anche attraverso una politica di registrazione del fabbisogno territoriale che consenta di tenere in debita considerazione le esigenze più ricorrenti e pregnanti, migliorando il rapporto con il territorio attraverso la creazione di una rete più capillare che avvicini la periferia agli organi centrali.
  Numerose sono le attività poste in essere dalla preposta Direzione generale del personale e delle risorse, finalizzate a implementare e ammodernare mezzi, strumentazioni ed equipaggiamenti a supporto, in particolare, del lavoro del personale del Corpo di polizia penitenziaria.
  Le procedure di gara avviate a livello centrale per l'acquisizione dei beni e dei servizi necessari al corretto ed efficiente funzionamento dell'Amministrazione riguardano gli ambiti delle telecomunicazioni, dell'equipaggiamento, del vestiario, degli armamenti e degli automezzi.
  Particolare menzione merita il nuovo progetto di video sorveglianza in mobilità cosiddetta
body cam), avviato dal DAP, quale dotazione strumentale per il personale di Polizia penitenziaria che opera nel contesto penitenziario per adulti, minori e in esecuzione penale esterna.
  Si tratta di un insieme di apparati di registrazione audio-video portatili che consente al personale di Polizia penitenziaria di dotarsi di uno strumento funzionale per la documentazione di eventi critici e situazioni straordinarie, occorsi durante le attività di servizio dirette alla tutela dell'ordine e della sicurezza penitenziaria e pubblica.
  L'utilizzazione delle
body cam, raccomandata anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, rappresenta uno degli strumenti che, nel rispetto dei fondamentali princìpi di trasparenza, documentazione e controllo, assicurano la tutela dell'ordine e della sicurezza penitenziaria, anche a garanzia del personale di Polizia penitenziaria e dei diritti delle persone detenute.
  Il progetto iniziale di video sorveglianza in questione (sistemi
Scout ed Explorer), risalente ormai negli anni, non è andato a regime per questioni di natura tecnica.
  Ad ogni modo, il relativo disciplinare operativo, in quella occasione elaborato, fu trasmesso nel 2018 all'Autorità garante per la protezione dei dati personali per le valutazioni di competenza e ricevette il nulla osta, subordinatamente al recepimento di alcune osservazioni.
  L'Amministrazione penitenziaria, su tale precedente esperienza, ha ritenuto di avviare un nuovo progetto di sistemi di video sorveglianza in mobilità in uso al personale della Polizia penitenziaria, dapprima, in via sperimentale, presso i Provveditorati regionali per il Lazio, l'Abruzzo e il Molise e per la Campania, e, in prospettiva, al termine della menzionata sperimentazione e sulla scorta dei risultati della stessa, all'intero territorio nazionale.
  A tal fine, è stato istituito un gruppo di lavoro interdipartimentale, con il coinvolgimento del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, atteso che i dispositivi troveranno applicazione anche nell'ambito dei servizi minorili e di esecuzione penale esterna.
  Il gruppo di lavoro ha elaborato un nuovo e dettagliato disciplinare operativo, redatto tenendo conto delle osservazioni già formulate dal Garante per la protezione dei dati personali, aggiornandolo al nuovo modello operativo che si intende introdurre.
  Il trattamento in oggetto, che rientra nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, per l'uso di nuove tecnologie e per la sua natura, per l'ambito di applicazione, per il contesto e per le finalità, rappresenta un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
  È stato perciò necessario, d'intesa con la responsabile della protezione dei dati del Ministero della giustizia, svolgere una valutazione di impatto sulla protezione dei dati.
  Il disciplinare e il documento di valutazione sono stati trasmessi al Garante della
privacy in data 23 maggio 2022 per il necessario parere, restituito nel mese di agosto 2022 con alcune raccomandazioni, in particolare di natura tecnica.
  Il gruppo di lavoro interdipartimentale ha apportato le necessarie modifiche ed integrazioni e, nel mese di ottobre, sono state avviate interlocuzioni informali con il referente del suddetto Garante per una valutazione preliminare dell'elaborato, al fine di addivenire alla redazione del documento finale.
  Passando all'annosa carenza degli organici, va evidenziato che, allo stato, a fronte di un organico totale di 41.865 unità, il personale del Corpo di polizia penitenziaria amministrato ammonta a n. 36.508 unità.
  L'esigenza dell'incremento delle dotazioni organiche del Corpo di polizia penitenziaria, in specie per la qualifica iniziale degli agenti/assistenti, è stata rappresentata e condivisa sul finire del decorso anno in seno agli organismi interforze e, segnatamente, nell'ambito dell'ufficio di coordinamento e pianificazione delle Forze di polizia.
  Per venire incontro alle richieste di tutte le Forze di polizia è stato istituito – con l'articolo 1, comma 961, della «Legge di bilancio per l'anno 2022» 30 dicembre 2021, n. 234 – nello stato di previsione dei Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo unico per le assunzioni straordinarie e gli incrementi di organico delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  L'impiego del suddetto Fondo potrà assicurare anche al Corpo di polizia penitenziaria una quota di incremento della propria dotazione organica.
  A ogni modo, con l'obiettivo di riempire completamente l'intera pianta organica del Corpo, nell'arco del quinquennio 2021-2025, è autorizzata, oltre al
turnover, l'assunzione straordinaria di complessive 2.804 unità.
  Inoltre, la legge 29 giugno 2022, n. 79 ha previsto un incremento della dotazione organica del Corpo di polizia penitenziaria e contestuale autorizzazione ad assunzioni straordinarie di n. 270 unità del ruolo agenti-assistenti dal 2022 al 2032.
  Quanto sopra precisato, gli organici della casa circondariale di Teramo evidenziano una presenza di n. 168 unità a fronte delle 216 previste, comprese le unità distaccate in uscita, pari a 6 e quelle in entrata, pari a 3.
  Le carenze maggiori si riscontrano nel ruolo dei funzionari (-1 unità), degli ispettori (-9 unità), dei sovrintendenti (-16 unità) e degli agenti/assistenti (-19 unità).
  In ordine alla carenza di appartenenti alla carriera dei funzionari risulta bandito il concorso pubblico per 120 posti di allievo commissario della carriera dei funzionari del Corpo al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, si rappresenta che il 16 novembre 2022 si è concluso il VII corso per allievo vice ispettore, relativo al concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti.
  Sulla base del piano di mobilità, l'organico della casa circondariale di Teramo è stato incremento di n. 1 unità appartenenti al ruolo ispettori femminile.
  Per completezza, si rappresenta che, con provvedimento del direttore generale del 23 novembre 2022, l'organico della casa circondariale di Teramo è stato ulteriormente incrementato di n. 1 unità maschile e n. 1 unità femminile appartenente al ruolo ispettori, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni dei vice ispettori del VII corso di cui sopra del ruolo ispettori maschile.
  Inoltre, con provvedimento del direttore generale 25 novembre 2021, è stato indetto un concorso pubblico per n. 411 posti per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo.
  All'esito della relativa procedura concorsuale, l'Amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale che connota il penitenziario di Teramo, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, si evidenzia che, con provvedimento del direttore generale del 17 giugno 2021, è stato indetto il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria.
  A tal fine, l'Amministrazione ha previsto, indicativamente, l'assegnazione, presso la casa circondariale di Teramo di n. 2 unità del ruolo sovrintendente maschile.
  Per quanto riguarda, da ultimo, il ruolo agenti/assistenti, si rappresenta che l'organico dell'istituto in oggetto, nei mesi di maggio e luglio 2022, è stato incrementato di n. 17 unità maschili e n. 3 unità femminile del ruolo agenti/assistenti, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso.
  Infine, si riferisce che è in via di conclusione il concorso pubblico a 1.479 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria, i cui vincitori saranno avviati al prescritto corso di formazione entro l'anno.
  Con riferimento, invece, alla dirigenza e al comparto funzioni centrali, si evidenzia che la direzione dell'istituto penitenziario di Teramo, sede di un posto di funzione dirigenziale, è assicurata da un dirigente, preposto, con provvedimento del locale Provveditorato regionale, anche alla reggenza della casa di reclusione di Sulmona, nella misura di un giorno a settimana.
  La figura dirigenziale, pertanto, è stata distolta in una misura minima per far fronte alla criticità di altro istituto.
  La procedura di interpello di cui al bando 15 giugno 2022, n. 23519 – in corso di svolgimento – relativa al conferimento di incarico di complessivi n. 104 posti di funzione dirigenziale, includendo nell'elenco sedi sia l'istituto di Sulmona che quello di Teramo, lascia ampio margine ad una prossima risoluzione della criticità in essere.
  Per quanto concerne il comparto funzioni centrali, si rileva la presenza complessiva di n. 18 unità, a fronte di un organico tabellare di n. 20 unità.
  Nell'area dei funzionari, si riscontra la presenza in sede – come da previsione – del funzionario dell'organizzazione e delle relazioni e dei due funzionari contabili, assegnati all'istituto.
  I funzionari giuridico-pedagogici sono previsti nella misura di n. 5 unità, a cui corrisponde un'assegnazione di n. 4 unità. Il distacco in entrata di un'unità rende la situazione dell'area trattamentale positiva, con la presenza effettiva in sede delle 5 unità previste in organico.
  Nell'area seconda, con provvedimento 7 giugno 2022, a firma del competente Provveditore, è stata disposta l'assegnazione temporanea della figura del contabile dell'istituto presso la stessa sede provveditoriale.
  Considerato che in tutta l'area di competenza del provveditorato in questione la situazione del profilo si presenta ottimale, con l'esubero di un'unità sia nell'assegnazione che nella presenza effettiva rispetto alla previsione tabellare, risoluzione alla criticità potrà essere trovata in tale ambito di competenza.
  Per la carenza del personale tecnico, si segnala che è in corso una procedura concorsuale, per cui sarà valutata l'implementazione delle due unità previste e non presenti, compatibilmente con le più ampie esigenze nazionali.
  Nel profilo professionale di assistente amministrativo, dalle n. 6 unità assegnate e presenti in sede, a fronte di una previsione di n. 5 unità, scaturisce un esubero di una unità.
  Dai dati sopra riferiti, la situazione dell'organico del comparto funzioni centrali dell'istituto teramano si presenta positiva, resa evidente anche dalla percentuale di scopertura del 10 per cento, inferiore a quella nazionale del 22,78 per cento.
  Infine, un maggiore adeguamento delle funzioni e delle potestà organizzative potrà essere ottenuto con le assunzioni e con l'eventuale aumento della pianta organica.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   TENERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 31 dicembre 2022 chiuderà la sezione distaccata del tribunale di Portoferraio (isola d'Elba);

   andando a ritroso nel tempo occorre evidenziare che con decreto legislativo n. 51 del 1998 vennero istituite, le sedi dei tribunali della Repubblica e loro sezioni distaccate, tra le quali, anche la sezione distaccata di Portoferraio (Livorno), sull'isola d'Elba;

   di contro, con successivo decreto legislativo del 2012, n. 155, si è stabilita la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, prevedendo la soppressione di alcune sezioni (Portoferraio, Ischia, Lipari) distaccate, tra cui quella di Portoferraio;

   con decreto legislativo n. 14 del 2014 si è sancito il temporaneo ripristino delle su citate sezioni, in ragione della specificità territoriale e dei gravi problemi legati all'insularità ed alla mancanza di continuità territoriale con le sedi distrettuali;

   successivi interventi normativi da parte del Governo hanno posto la proroga del termine per la chiusura della sezione al prossimo 31 dicembre 2022;

   in data 28 luglio 2022 è stato approvato alla Camera dei deputati in seconda deliberazione, la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare che ha modificato l'articolo 119 della nostra Costituzione, aggiungendo un nuovo comma che recita: «La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità»;

   occorre sottolineare come la chiusura della sede di Portoferraio comporterà notevoli disagi alla popolazione residente, agli agenti di Polizia penitenziaria, alle Forze dell'ordine e un consistente aggravio di costo per lo Stato;

   per i cittadini, in particolare, la chiusura di questa sede metterà a serio rischio l'accessibilità ad un servizio costituzionalmente garantito, come la giustizia; per lo Stato, l'impossibilità per i cittadini di raggiungere il tribunale determinerà una serie di rinvii «ingolfando» la macchina giudiziaria;

   i 35 mila abitanti dell'isola, infatti saranno costretti a recarsi a Livorno per le udienze, impiegando almeno 12 ore qualora volessero andare e tornare in giornata o dovendo sostenere i costi alberghieri nel caso ciò non fosse possibile, senza contare che potranno trovarsi nell'impossibilità di raggiungere Piombino, in caso di mareggiata;

   sull'isola, inoltre, è presente la casa di reclusione di Porto Azzurro e, il dislocamento della sezione a Piombino avrà come conseguenza il trasferimento dei detenuti dall'Elba a Livorno per le udienze e per tutte le altre necessità con negativi effetti in termini di sicurezza, di organizzazione e di costi;

   a ciò va ad aggiungersi tutta una serie di costi a carico degli utenti come ad esempio l'indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari;

   si tratta di una situazione critica, con conseguenze concrete per la popolazione che ha il diritto di far valere un proprio diritto alle stesse condizioni del resto della nazione;

   a tal proposito bisogna evidenziare come la Commissione europea per l'efficienza della giustizia (Cepej), nel dettare le proprie linee guida, ha riconosciuto il valore della vicinanza degli uffici giudiziari ai cittadini come un elemento utile a favorire l'accesso alla giustizia e ha sottolineato che «dover presenziare a un'udienza fissata la mattina presto per una persona anziana, o per una persona che non guida o non è dotata di mezzo proprio, in assenza di adeguati mezzi di trasporto pubblico, rappresenta una situazione problematica che può influire sul diritto di equo accesso alla giustizia» –:

   se il Ministro interrogato abbia conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare iniziative di competenza al fine di rivedere la decisione assunta, garantendo il mantenimento della sezione distaccata del tribunale di Livorno a Portoferraio, tenuto conto delle conseguenze in termine di economicità ed efficienza, al fine di rappresentare le esigenze di continuità territoriale dell'isola d'Elba.
(4-00189)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, la interrogante – dopo avere premesso che «...il 31 dicembre 2022 chiuderà la Sezione Distaccata del Tribunale di Portoferraio (isola d'Elba);...la chiusura della sede di Portoferraio comporterà notevoli disagi alla popolazione residente, agli agenti di Polizia Penitenziaria, alle forze dell'ordine e un consistente aggravio di costo per lo Stato;... sull'isola, inoltre, è presente la Casa di Reclusione di Porto Azzurro e il dislocamento della Sezione a Piombino avrà come conseguenza il trasferimento dei detenuti dall'Elba a Livorno per le udienze e per tutte le altre necessità, con negativi effetti in termini di sicurezza, di organizzazione e di costi...» – domanda al Ministro della giustizia «...se...abbia conoscenza dei fatti sopra esposti; se...non ritenga di dovere adottare iniziative di competenza al fine di rivedere la decisione assunta, garantendo il mantenimento della Sezione Distaccata del Tribunale di Livorno a Portoferraio, tenuto conto delle conseguenze in termini di economicità ed efficienza, al fine di rappresentare le esigenze di continuità territoriale dell'isola d'Elba...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto posto in evidenza che in attuazione della legge delega n. 148 del 2011 è stato emanato il decreto legislativo del 7 settembre 2012 n. 155, recante norme sulla «Nuova organizzazione dei Tribunali ordinari e degli Uffici del Pubblico Ministero a norma dell'articolo 1 comma 2 della legge del 14 settembre 2011 n. 148», che ha previsto l'abrogazione di alcune norme dell'ordinamento giudiziario, procedendo alla soppressione, nel suo complesso, dell'istituto relativo alle sezioni distaccate di tribunale (articoli 48-
bis, 48-ter, 48-quater, 48-quinquies e 48-sexies del Regio decreto del 30 gennaio 1941 n. 12).
  Tale determinazione risulta conforme ai criteri fissati dalla legge delega n. 148 del 2011, in quanto era in questa espressamente prevista la possibilità di «...procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle Sezioni Distaccate di Tribunale...» (articolo 1 comma 2 lettera
d).
  In forza di siffatta previsione, il legislatore delegato ha ritenuto di esercitare la delega secondo la prima delle opzioni previste, ossia sopprimendo tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale esistenti sul territorio nazionale.
  Con successivi provvedimenti legislativi veniva disposto il temporaneo ripristino del funzionamento delle sezioni distaccate insulari di Ischia (sezione distaccata del tribunale di Napoli), Lipari (sezione distaccata del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto) e Portoferraio (sezione distaccata del tribunale di Livorno, con giurisdizione sul territorio dei comuni di Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Portoferraio e Rio – quest'ultimo derivante dalla fusione in data 1° gennaio 2018 dei comuni di Rio Marina e di Rio nell'Elba –, con un bacino di utenza di 32.000 abitanti circa) con termine prorogato sino alla data del 1° gennaio 2023.
  Questo Dicastero, consapevole dei notevoli disagi per la popolazione residente determinati dalla soppressione delle ricordate sezioni distaccate insulari, ha provveduto a fare inserire nel decreto-legge n. 198 del 29 dicembre 2022, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi», all'articolo 8 commi 5 e 6 la proroga al 31 dicembre 2023 del ripristino delle Sezioni Distaccate di Lipari e Portoferraio, in tali termini modificando l'articolo 10 del decreto legislativo del 19 febbraio 2014 n. 14. L'articolo 8 comma 7 del decreto-legge n. 198 del 29 dicembre 2022 ha poi dettato le conseguenti disposizioni finanziarie, disponendo che è autorizzata la spesa di euro 106.000 per l'anno 2023, cui si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
  Con l'articolo 4 del decreto-legge del 3 dicembre 2022 n. 186, recante «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi eccezionali verificatisi nel territorio dell'isola di Ischia a partire dal 26 novembre 2022», si era di già provveduto, modificando l'articolo 10 del decreto legislativo del 19 febbraio 2014 n. 14, a prorogare il termine di ripristino della sola sezione distaccata di Ischia alla data del 31 dicembre 2023, dettando le conseguenti disposizioni finanziarie. Si è previsto, in particolare, che ai fini dell'attuazione della norma fosse autorizzata la spesa di euro 54.000 euro per l'anno 2023, provvedendo a ciò mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
  Nel prosieguo dell'attività di governo verrà attentamente valutata la possibilità di ripristinare definitivamente con atto legislativo le menzionate sezioni distaccate insulari, anche alla luce della avvenuta approvazione in data 28 luglio 2022 da parte della Camera dei deputati, in seconda deliberazione, della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare di modifica dell'articolo 119 della Costituzione, tramite l'aggiunta di un nuovo comma per il quale «...la Repubblica riconosce le peculiarità delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità...».
  Venendo infine alla tematica dell'atto di sindacato ispettivo concernente la presenza sul territorio della sezione distaccata di Portoferraio della casa di reclusione di Porto Azzurro, risulta opportuno segnalare che il menzionato istituto è destinato a detenuti di media sicurezza con lunghi fine pena, anche con condanna all'ergastolo, le cui movimentazioni per ragioni di giustizia non hanno quella frequenza che, invece, di regola si registra per i soggetti giudicabili.
  Alla data del 27 novembre 2022, i detenuti presenti nella casa di reclusione di Porto Azzurro erano 262, a fronte di una capienza regolamentare di complessivi 334 posti, rilevandosi un rapporto presenti/posti regolamentari disponibili pari all'86,47 per cento. I detenuti condannati in via definitiva erano 254.
  Le udienze con soggetti detenuti nella casa di reclusione di Porto Azzurro celebratesi nella sezione distaccata di Portoferraio nel corso dell'anno 2022 sono state solamente 4, e quindi in numero assolutamente esiguo.
  Invero la maggior parte delle movimentazioni di detenuti dalla casa di reclusione di Porto Azzurro vengono effettuate, per ragioni sanitarie e di giustizia, nelle strutture ubicate nel comune di Livorno.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.