XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 62 di Giovedì 7 luglio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) sull'assetto della finanza territoriale e sulle linee di sviluppo del federalismo fiscale:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 
Canelli Alessandro , sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 
Perosino Marco  ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Presutto Vincenzo  ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 10 
Canelli Alessandro , sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ... 10 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 10 
Canelli Alessandro , sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ... 10 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Ferri Andrea , responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dall'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante il resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) sull'assetto della finanza territoriale e sulle linee di sviluppo del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, l'audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) sull'assetto della finanza territoriale e sulle linee di sviluppo del federalismo fiscale.
  In rappresentanza dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani è collegato da remoto il sindaco di Novara e delegato alla finanza locale, Alessandro Canelli, che è già intervenuto dinanzi a questa Commissione nel mese di settembre del 2021.
  L'audizione di questa mattina costituisce un ulteriore tassello della estesa attività conoscitiva avviata sul tema, che proseguirà nelle prossime settimane con l'audizione della Ministra per il Sud e la coesione territoriale e del direttore dell'Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie del CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) nonché, secondo quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, tenutasi ieri, con le audizioni di alcuni esperti in materia.
  Il contributo del sindaco Canelli è di grande interesse per la Commissione anche in ragione dell'incarico che egli ricopre di presidente dell'Istituto per la Finanza e l'Economia Locale (IFEL), ossia la fondazione dell'ANCI che si occupa di ricerca, analisi e assistenza tecnica ai comuni in materia di finanza ed economia locale nonché di raccolta, elaborazione e diffusione di dati in campo tributario e finanziario.
  Il dibattito si svilupperà intorno ai vari profili che interessano la finanza locale, soffermandosi sui risultati raggiunti, sui nodi applicativi e sui necessari adeguamenti. L'occasione consente di fare il punto sul sistema delle entrate e dei tributi locali, anche alla luce delle recenti iniziative di riforma fiscale, e sull'adeguatezza degli strumenti perequativi e dei meccanismi di distribuzione delle risorse, con particolare riferimento alle dinamiche di funzionamento del Fondo di solidarietà comunale (FSC).
  Potranno, inoltre, essere affrontate le questioni relative ai livelli essenziali delle prestazioni, a un efficiente esercizio del potere di spesa, al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, alla riduzione dei divari territoriali nonché al sostegno delle realtà economicamente più deboli e degli enti in sofferenza finanziaria.
  Si tratta di argomenti – quelli che ho appena citato – che vanno anche calati nel percorso di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che coinvolge in modo rilevante le autonomie locali e influenza lo scenario in cui esse operano.Pag. 3
  Per quanto concerne l'organizzazione dei lavori, faccio presente che – in conformità a quanto convenuto in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, e alla prassi già seguita in occasione delle precedenti sedute di audizioni – dopo la relazione introduttiva da parte del sindaco Canelli darò la parola a un oratore per Gruppo. Conclusa questa fase della discussione, si potrà valutare, in considerazione del tempo disponibile, se procedere a un'eventuale ulteriore serie di interventi, lasciando comunque lo spazio necessario per la replica.
  Nel raccomandare ai colleghi di contenere la durata degli interventi, invito a far pervenire alla Presidenza della Commissione le richieste di iscrizione a parlare.
  A questo punto, do il benvenuto al sindaco Canelli, che ringrazio a nome di tutta la Commissione per aver accettato l'invito, e gli cedo la parola. Prego, sindaco.

  ALESSANDRO CANELLI, sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). Buongiorno, presidente. Buongiorno a tutti. Dividerei l'intervento in tre parti: nella prima parte spieghiamo sommariamente qual è l'attuale fase della finanza locale, relativamente al comparto dei comuni, nel nostro Paese; nella seconda parte andiamo a delineare meglio quelli che sono gli elementi essenziali del processo di attuazione del federalismo fiscale; nella terza parte trarremo un po' delle conclusioni e andremo ad argomentare su alcune ancora non definite situazioni relative al modello di perequazione in atto.
  Rispetto alla relazione che è stata fatta nel settembre dello scorso anno, si confermano le principali osservazioni che erano state fatte in quell'occasione, sottolineando il fatto che non è cambiato molto rispetto a quel periodo.
  Va però sottolineato che, tra il 2020 e il 2021, così come avevamo già anticipato nella scorsa audizione, si registrano delle sostanziali innovazioni sul processo di irrobustimento del Fondo di solidarietà comunale finalmente attraverso un meccanismo di perequazione verticale su alcuni temi specifici. Ad ogni modo, è un'inversione di tendenza netta rispetto al passato, perché si passa da un sistema puro di perequazione orizzontale, che ha caratterizzato le dinamiche nella distribuzione del Fondo di solidarietà comunale tra i comuni nello scorso decennio, all'introduzione di risorse destinate e specifiche sui servizi sociali, sugli asili nido e sul trasporto pubblico per disabili.
  Questo consente di far atterrare all'interno del Fondo di solidarietà comunale ulteriori risorse, che, unitamente al recupero di 560 milioni che avviene in maniera graduale da qui al 2024 – recupero derivante da quei 560 milioni «tagliati» al comparto dei comuni dal decreto-legge n. 66 del 2014, il «decreto-legge Renzi» – ci consentono di avere, sotto il profilo strettamente finanziario, un Fondo di solidarietà comunale che cresce di circa 2 miliardi euro tra il 2021 e il 2030. Si tratta quindi di una evidente inversione di tendenza rispetto al passato sotto il profilo dell'irrobustimento della capacità di distribuzione di risorse correnti all'interno del comparto, che unitamente alle risorse che arrivano per gli investimenti – con una dinamica positiva che si era già registrata a partire dal 2019 e che si irrobustisce ulteriormente con i fondi del PNRR, come tutti sappiamo – dà la possibilità al comparto dei comuni di avere una prospettiva diversa rispetto al passato.
  Il processo di perequazione, sul quale ci sono state tante problematiche in passato, è stato previsto con una revisione che è stata adottata nel 2020 e che ci consente di avere risorse oggetto di perequazione pari a tutta la capacità fiscale, invece che al 50 per cento della stessa, con un aumento di 5 punti annui dal 2020 al 2029. Lo stesso incremento ci consente di avere un più graduale e progressivo processo di perequazione con 5 punti l'anno rispetto al 45 per cento raggiunto già nel 2019, rispetto ai previgenti aumenti che erano molto più ripidi e che quindi mettevano in maggiore difficoltà il comparto dei comuni. Questo processo si concluderà nel 2030. L'ANCI ritiene che questo processo di «verticalità» debba essere assicurato costantemente nei prossimi anni.Pag. 4
  Negli ultimi anni abbiamo avuto la possibilità di non gravare ulteriormente sull'invarianza del valore netto del Fondo di solidarietà comunale per tutti quei comuni che continuavano, anno per anno, a cedere risorse in applicazione del criterio di «orizzontalità» della perequazione, ma questo processo va assicurato. Fino ad ora siamo riusciti ad assicurarlo utilizzando le risorse recuperate dal famoso decreto-legge n. 66 del 2014. Questo ci ha consentito di bloccare quel meccanismo di impoverimento sostanziale di tutti quei comuni che ogni anno dovevano cedere parte delle loro capacità per poter intervenire, in un'ottica di solidarietà, nei confronti dei comuni più «poveri». Noi abbiamo assicurato questo processo, in questo modo, negli ultimi anni e i comuni più ricchi sono riusciti ad avere una invarianza nel gettito da FSC.
  Il meccanismo di sostenibilità di questo processo va assicurato, però, anche nei prossimi anni, perché già dal 2023, dai calcoli che abbiamo fatto, potrebbero esserci delle problematiche da questo punto di vista: innanzi tutto, perché il recupero relativo al decreto-legge n. 66, che ha una certa consistenza in termini di quantità di risorse fino al 2022, si abbasserà notevolmente nel corso del 2023, per poi riprendere e terminare nel 2024. Per intenderci, nel 2023 questo recupero è limitato a 36 milioni di euro, per poi passare a 230 milioni di euro nel 2024. Avremo un calo drastico di questo recupero nel 2023, che potrebbe creare dei problemi per assicurare l'invarianza di risorse; in secondo luogo, perché ci sono dei tagli da spending review informatica per 100 milioni sui comuni e ci sono anche delle problematiche relative all'abolizione di una parte del contributo Imu-Tasi per la perdita di gettito subita da circa 1.800 comuni.
  L'applicazione di questi tagli nel prossimo anno, soprattutto nel 2023, deve essere evitata, a nostro avviso, attraverso un urgente intervento legislativo, perché, in caso contrario, risulterebbe molto difficile per l'ANCI condividere nuove modalità di calcolo su argomenti che comportano ulteriori e diversificati spostamenti di risorse tra enti in presenza di tagli significativi e, quindi, senza più strumenti per assicurare l'invarianza del Fondo di solidarietà comunale per tutti quei comuni non beneficiari di maggiori risorse perequative, ovvero, in buona sostanza, per tutti quei comuni che cedono.
  In estrema sintesi, ho voluto pennellare un po' lo stato dell'arte delle problematiche maggiori che abbiamo in atto sul tema della finanza pubblica locale e del comparto dei comuni in generale.
  È oggettiva l'inversione di tendenza, come ho già detto prima, nel biennio 2021-2022. È una inversione di tendenza che, però, contiene in sé alcuni rischi, che vorrei andare a delineare molto velocemente. Innanzi tutto, l'attuazione del federalismo fiscale è avvenuta in un periodo e in un contesto economico-finanziario che è completamente diverso rispetto al momento in cui era stato definito il progetto di attuazione del federalismo fiscale. La legge delega n. 42 del 2009, come tutti sappiamo, nel corso degli anni successivi è stata condizionata e orientata a degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica – quindi anche per il comparto dei comuni – ed è stata condizionata e influenzata da tantissimi vincoli finanziari, imposti soprattutto agli enti territoriali per il rientro della crisi del debito sovrano. Questo è il primo aspetto del quale dobbiamo prendere atto e ragionare.
  Un secondo aspetto è che il processo perequativo, soprattutto per il periodo che va dal 2015 al 2018, come dicevo prima, si è sviluppato attraverso un meccanismo semplicemente di redistribuzione e di solidarietà orizzontale tra i comuni, in completo contrasto con lo spirito e la ratio del federalismo fiscale, laddove, invece, la perequazione deve arrivare in maniera verticale, cioè lo Stato deve assicurare risorse per il soddisfacimento dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali dei comuni in maniera verticale. Sostanzialmente, questo è stato ignorato, nel corso di questi anni, nei ragionamenti sulla costruzione di un modello di finanza pubblica locale nel nostro Paese. In particolare, gli effetti dei tagli che sono intervenuti nel corso di questi anni hanno addirittura sovrastato la perequazionePag. 5 orizzontale. Non soltanto la perequazione orizzontale è iniqua nell'ambito di un ragionamento generale sull'attuazione del federalismo fiscale, ma addirittura, per effetto dei tagli, non è riuscita ad assicurare quelle risorse minime che consentirebbero ai comuni di soddisfare le funzioni fondamentali.
  Un terzo aspetto è che la determinazione dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard per il complesso dei comuni ha rappresentato uno snodo di rilievo nel governo della finanza locale, in termini di arricchimento informativo e metodologico. Tuttavia, questi effetti della perequazione saranno ben più avvertibili sulla base dei cosiddetti fondi aggiuntivi, quindi sulla base di politiche di settore ora appositamente finanziate e non attraverso un dispositivo di perequazione generale.
  In buona sostanza, finora si sta facendo perequazione verticale solo ed esclusivamente con vincoli di destinazione – servizi sociali, asili nido e trasporto pubblico locale – ma lo spirito della legge è quello di andare nella direzione di fare una perequazione verticale per il soddisfacimento dei fabbisogni standard relativamente alle funzioni fondamentali senza vincolo di destinazione. Questo è un aspetto che ancora deve essere raggiunto sotto il profilo normativo.
  Per quanto riguarda l'inserimento di nuove risorse finanziarie, di cui parlavo prima, finalizzate a determinati servizi, quest'aspetto ha impegnato moltissimo la Commissione tecnica per i fabbisogni standard con nuovi compiti, anche abbastanza complessi e articolati, che in precedenza erano esclusi dal preminente campo di azione della Commissione tecnica. Per esempio, sono stati individuati i cosiddetti «obiettivi di servizio», che sono una sorta di passaggio intermedio verso la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei correlati fabbisogni aggiuntivi dei diversi territori. Noi abbiamo partecipato attraverso ANCI e attraverso IFEL, però questa situazione è ben diversa dal riparto delle risorse date, poiché deve assicurare un più stretto collegamento tra gli obiettivi e i fabbisogni aggiuntivi, da un lato, e una coerente quantificazione delle risorse, dall'altro. Se questo collegamento è avvenuto in modo molto chiaro, compatibilmente con la qualità dei dati che avevamo a disposizione per quanto riguarda i fondi per gli asili nido e per il trasporto pubblico per i disabili, i criteri di riparto sembrano più confusi sul tema dei servizi sociali. Su questo andrebbero fatti un approfondimento e una revisione di tipo metodologico proprio per modificare questo dispositivo di incentivazione sui servizi sociali, perché potrebbe minare un po' l'efficacia dell'intervento. Rispetto ai 651 milioni complessivi che prevede quest'assegnazione di risorse sui servizi sociali, tra il 2023 e il 2030 verranno assegnate risorse per circa il 60 per cento di questa cifra. Un più mirato orientamento di queste risorse permetterebbe anche di valutare, con maggiore tempestività, soprattutto l'effetto territoriale che queste risorse avranno nei prossimi anni.
  Al di là di questi aspetti di tipo metodologico, ci sono altre problematiche relative ad altri aspetti. I risultati conoscitivi e di supporto alle scelte, che si sono acquisiti nel corso del tempo con la determinazione dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard, costituiscono sicuramente un patrimonio in costante aggiornamento, però ci sono dei temi sui quali bisogna cercare di andare nella direzione di trovare soluzioni strutturali alla gestione complessiva del sistema e che richiedono soluzioni più convincenti. Su quali aspetti? Per esempio, riguardo a una scarsa considerazione della difficoltà dei piccoli comuni, in particolare di quelli appartenenti ad aree interne e in calo demografico. Con riferimento a questi il meccanismo di calcolo dei fabbisogni, che è necessariamente ancorato al fattore della popolazione, tende a penalizzare, con il rischio che lo spopolamento induca un'accelerazione del fenomeno con un circolo vizioso. Noi abbiamo ottenuto un contributo di 50 milioni di euro previsto dalla legge di bilancio 2022, di cui hanno beneficiato circa mille piccoli comuni del nostro Paese. Questo contributo di 50 milioni di euro deve essere stabilizzato nel corso dei prossimi anni e incluso nel Fondo di solidarietà comunale proprio con questa destinazionePag. 6 specifica, vale a dire contrastare in maniera strutturale il peso eccessivo della popolazione per questa fascia di enti. Questo è un primo target che abbiamo sicuramente da segnalare alla Commissione.
  Un secondo aspetto è determinato dall'aggiornamento continuo dei dati, anno per anno, sul sistema SOSE – IFEL. Da una parte, è sicuramente auspicabile avere i dati aggiornati anno per anno, dall'altro questo continuo aggiornamento, anno per anno, non è proiettato in maniera triennale, così come i comuni fanno i bilanci triennali. Una decisione sui coefficienti di riparto stabilizzata triennalmente potrebbe magari rendere un po' meno precisa la metodologia di riparto, ma, nello stesso tempo, darebbe maggiore stabilità al sistema stesso di riparto, dando anche prospettive più certe a tutti gli operatori e a tutti i comuni che dovranno programmare la loro spesa nei prossimi anni.
  Poi, c'è un altro aspetto molto importante. Il sistema dei fabbisogni, così com'è articolato, non tiene conto delle diverse capacità finanziarie degli enti locali, del peso dell'onere del debito che ogni ente locale ha e delle condizioni finanziarie di partenza che gli enti locali hanno. A nostro avviso, questi aspetti andrebbero incorporati nel ragionamento complessivo, anche perché va ricordato che, proprio nel 2020, la Suprema Corte ha deliberato una sentenza, che è la n. 115 del 2020, dove sostanzialmente viene detto che non sempre la causa della crisi degli enti comunali è da imputare a una mala gestio amministrativa. Talvolta, ci sono proprio dei territori e dei comuni che hanno delle condizioni strutturali di tipo socio-economico che non consentono di poter reggere, sotto il profilo dell'amministrazione finanziaria dell'ente, per assicurare i servizi minimi, soprattutto per le funzioni fondamentali. Questo ha finalmente aperto la strada, dopo tanti anni, a una più attenta revisione della disciplina rispetto agli enti in crisi finanziaria, cioè alla determinazione di un dispositivo finanziario straordinario nelle finalità, così come in alcuni casi si fa già con alcune città metropolitane, ma stabilmente costituito, in modo tale che abbia una dimensione adeguata e basata su criteri oggettivi e condivisi per tutto il Paese e non soltanto per certe realtà particolari. Ecco, un terzo aspetto molto importante dal nostro punto di vista, proprio propedeutico all'attuazione del federalismo fiscale, è quello di andare finalmente in una direzione di riassetto complessivo e strutturale sul tema delle crisi finanziarie dei comuni.
  Vado a concludere, presidente. Per quanto riguarda il modello di perequazione che in questo momento è in fase di evoluzione, così come ho spiegato prima, il modello di finanziamento incentivante introdotto nel Fondo di solidarietà comunale è in larga prevalenza vincolato al raggiungimento di obiettivi specifici. Il cambio di paradigma che ha investito l'intera finanza pubblica negli ultimi due anni a livello nazionale ma anche sovranazionale, come tutti sappiamo, perché siamo usciti dal periodo di austerity che ha caratterizzato l'Europa e il nostro Paese in particolare negli ultimi 12 anni – in corrispondenza della fuoriuscita dalla crisi finanziaria dello scorso decennio, dell'insorgere della pandemia, della guerra e quant'altro – ha costituito sostanzialmente un punto di svolta nella dinamica dei finanziamenti agli enti locali italiani non solo sul versante degli investimenti che, come dicevo prima, è ripartito nel comparto degli enti locali già nel 2019, ma anche sul versante della spesa corrente, che per tutti questi anni era stata oggetto di un fortissimo contenimento che aveva messo in crisi la capacità di tantissimi comuni di assicurare i servizi essenziali per i cittadini.
  Gli investimenti locali quindi sono in ripresa, ancora di più ora con il PNRR, la capacità di spesa corrente si è arricchita e si sta arricchendo e ci sono delle prospettive, come dicevo prima, di 2 miliardi di euro in più di alimentazione del Fondo di solidarietà comunale, da qui ai prossimi anni. Quest'approccio ha consentito di decidere incrementi significativi di risorse per la gran parte ancorati al raggiungimento di obiettivi anche di rilevanza sociale, perché noi tutti sappiamo che, in questo periodo, forse il focus fondamentale dell'attività amministrativaPag. 7 del comparto dei comuni è rivolto proprio alla tenuta dei servizi sociali del comparto stesso.
  Tuttavia, dobbiamo considerare che il Fondo di solidarietà comunale costituisce forse il principale canale di finanziamento della parte corrente dei bilanci comunali. Il Fondo di solidarietà comunale è il canale principale. Quest'assetto attuale della finanza pubblica locale pone qualche problema di carattere ordinamentale, che non deve essere sottovalutato. L'attuale assetto di finanziamento già vede elementi di frizione con il quadro costituzionale. La stessa composizione del Fondo di solidarietà comunale riassume funzioni diverse e non chiaramente distinguibili: dal riequilibrio delle basi imponibili modificate dai cambiamenti del tributo immobiliare locale – l'Ici, l'Imu, la Tasi, la nuova Imu – che muove ogni anno circa 2 miliardi di euro, alle compensazioni delle agevolazioni fiscali come, in primo luogo, l'esenzione dell'abitazione principale, che costituisce una quota pari a 4 miliardi di euro, alla perequazione delle risorse, come dicevo prima, basata sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, che si può stimare abbia finora modificato la distribuzione delle risorse per circa 400 milioni di euro nel periodo 2015-2020.
  Fino ad ora è stata di fatto ignorata una cosa – ce lo dice l'articolo 119, quarto comma, della Costituzione – che è l'istituzione di un apposito fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Ce lo dice la Costituzione. Questo è un primo paletto, è un primo fondamentale pilastro, sul quale si deve reggere il processo di attuazione del federalismo fiscale. Finora quest'aspetto è stato ignorato. Non si può ignorare che questo possa creare dei problemi, soprattutto se a questo noi associamo che c'è un sostanziale disallineamento degli imponibili immobiliari registrati al catasto rispetto ai valori relativi degli immobili. Unità uguali con valori imponibili anche significativamente diversi costituiscono un problema non solo in termini di equità all'interno del processo e nel prelievo tra i contribuenti, ma anche per ciò che riguarda il calcolo dei gettiti standard, sulla cui base in primo luogo si determina il valore del Fondo di solidarietà comunale. Questo è oggettivamente un problema. Ci sono comuni che hanno fatto anche ricorsi alla Corte costituzionale e noi siamo andati a spiegare i meccanismi del processo del Fondo di solidarietà comunale.
  Con il massiccio rifinanziamento, così come sta avvenendo, del Fondo di solidarietà comunale, ancorato però al raggiungimento di specifici obiettivi, è ora messo in questione un altro requisito, in base al quale il finanziamento principale dei comuni dovrebbe restare senza vincolo di destinazione. La determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni su tutti i servizi che incidono sui diritti sociali di cittadinanza, unitamente alla sufficienza delle risorse disponibili per ciascun ente locale, dovrebbe permettere nel disegno costituzionale – ex articolo 119 – di assicurare l'uniformità dei servizi di base su tutto il territorio senza l'introduzione di vincoli specifici di spesa.
  Il concetto di obiettivi di servizio al quale ci siamo ancorati all'interno di questo meccanismo di iniziale perequazione verticale, utilizzato quindi per l'incremento negli ultimi due anni del Fondo di solidarietà comunale, costituisce un passaggio intermedio, ma, essendo passaggio intermedio, dovrebbe essere necessariamente temporaneo. Ci deve essere la consapevolezza che questo è un meccanismo che non deve diventare stabile nel corso del tempo.
  Questo vale per tutto il comparto dei comuni, anche perché noi abbiamo registrato tra il 2010 e il 2019 due fenomeni contraddittori. Da una parte, abbiamo registrato un massiccio spostamento di risorse per alimentare le entrate dei comuni dalla fonte «trasferimenti» alla fonte «entrate proprie». In buona sostanza, a fronte di una spesa corrente complessiva in diminuzione relativamente lieve di circa il 6 per cento e un forte calo delle risorse di base, che passano da 23,8 a 15,5 miliardi di euro, quindi con il 35 per cento in meno, c'è stato uno spostamento dalla fonte «trasferimenti» alle «entrate proprie», dando ad Pag. 8esse sempre più peso per cercare di reggere la spesa dei comuni. Dall'altra parte, c'è stato un drastico incremento dell'incidenza dello sforzo fiscale sul valore dei gettiti di base o standard, che raddoppia, passando dal 76 per cento nel 2010 al 155 per cento nel 2019, con valori piuttosto omogenei tra le grandi aree territoriali.
  Tali quote danno l'idea di quanta parte della spesa corrente annua viene finanziata con risorse diverse dalle cosiddette risorse standard. Quindi, l'incremento di prelievo, che i comuni hanno dovuto necessariamente operare per assicurare i servizi essenziali, è stato utilizzato per mantenere i livelli di servizio e non per migliorarli o per integrarli, cosa che, invece, avrebbe dovuto essere assicurata dai trasferimenti e dal processo di attuazione del federalismo fiscale.
  Appare evidente che nei prossimi anni il sistema perequativo dovrà trovare un assestamento più aderente e più convergente verso quelli che sono i due cardini del processo di attuazione del federalismo fiscale: il quarto comma dell'articolo 119, dove sostanzialmente si dice che deve essere istituito il fondo perequativo generale senza vincolo di destinazione, e il sesto comma dello stesso articolo 119, dove si recita sostanzialmente che interventi speciali devono essere effettuati da parte dello Stato in favore di comuni ed enti territoriali, quindi anche province, città metropolitane e regioni, esplicitamente finalizzati allo sviluppo economico, alla coesione, alla solidarietà sociale, cioè per rimuovere i cosiddetti squilibri economici, sociali e anche territoriali e, dunque, sostanzialmente per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona. Qui ci vogliono risorse aggiuntive specifiche e vincolate.
  La prospettiva del riassetto va oltre i confini delle pur necessarie politiche di settore finalizzate ad abbattere le diseguaglianze territoriali e investe una più ampia revisione delle entrate proprie degli enti locali, in coerenza con la riforma del Titolo V. Occorre una maggiore autonomia locale, anche attraverso la possibilità di avere un maggiore trattenimento di quote di gettito territoriale sul comparto e con basi imponibili auspicabilmente meglio inquadrate, anche in un riassetto del catasto. Non è necessario fare una nuova legge per il catasto, poiché già ad oggi esiste la possibilità per i comuni di allineare meglio i valori catastali all'interno del comune. È già possibile farlo con le leggi attuali, con le cosiddette microzone catastali. Questo offre la possibilità di dare una maggiore equità nel prelievo di risorse dai contribuenti e dai cittadini. Da un lato, occorre una maggiore autonomia locale attraverso il trattenimento di maggiori quote di gettito territoriali, dall'altro occorre una maggiore capacità e una maggiore consapevolezza da parte dello Stato di avere il compito e il dovere di andare nella direzione del finanziamento delle aree deboli attraverso quel meccanismo di perequazione verticale che la legge delega n. 42 del 2009 dice di doversi applicare. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, sindaco. Come sempre, è stato chiaro ed esaustivo. Ha chiesto di intervenire il senatore Perosino. Prego, senatore.

  MARCO PEROSINO. Grazie, presidente. Sindaco, ottimi spunti, reali e concreti. Sui contributi aggiuntivi per i servizi sociali, è vero quello che dice. C'è un po' di confusione, perché non è specificato se possono essere finanziati i servizi sociali già implementati oppure se debbono essere servizi aggiuntivi. Io so di casi in cui, per i servizi aggiuntivi, le forme di gestione dei servizi sociali diretti oppure consortili stanno lavorando di fantasia per studiare qualche nuovo tipo di servizio. Se si può ancora correggere il meccanismo – in questa situazione di difficoltà e di nuove povertà in generale, anche per l'influenza della pandemia sul sistema, oserei dire, psicologico delle persone – forse potenziare i servizi sociali esistenti era ed è necessario.
  Ha fatto un accenno molto valido alla questione riguardante i piccoli comuni, dicendo che, se il riparto avviene soltanto in base al criterio della popolazione, è sempre a danno dei piccoli comuni. Probabilmente, bisognerebbe inserire un importo base e, poi, una seconda parte di quell'importo in Pag. 9relazione alla popolazione. Ad esempio – è un discorso diverso da quello accennato – riguardo ai contributi che sono stati stanziati e che saranno liquidati a breve per contribuire all'onere dell'aumento delle bollette in generale, soprattutto delle bollette elettriche e dell'illuminazione pubblica, in base alla popolazione, un sindaco di un piccolo comune – o meglio, più di un sindaco – della provincia di Cuneo mi ha detto: «Io ho 50 abitanti, prenderò 100-200 euro per pagare le bollette. Tanto vale che non mi diano niente». Si tratta degli ultimi decreti-legge, quelli di quest'anno. Mi sembra uno fosse il «decreto Ucraina», che prevedeva un ristoro, ma sono due i decreti che lo prevedono.
  Concordo con il fatto di stabilire dei coefficienti di riparto pluriennali, affinché il bilancio triennale abbia un senso e sia possibile un minimo di programmazione da parte del comune.
  Sulla capacità finanziaria, io non conosco molto il funzionamento delle grandi città – parlo di quelle veramente grandi – e capisco le difficoltà, però, quando si dice che la capacità finanziaria è bassa perché c'è difficoltà di riscossione, io credo che i comuni hanno avuto il tempo per organizzare i propri uffici e andare a regime. Con i sistemi attuali si può fare qualsiasi tipo di controllo dai dati catastali, quelli di cui si è in possesso, ma penso che, volendo, si va anche su quelli di cui non si è in possesso e si va a stanare. Ci sono stati anni per mettersi a posto. È vero che il debito pregresso, con le rate dei mutui o comunque i debiti commerciali, può causare una grossa difficoltà.
  Non è stato accennato, ma io credo che con riguardo alla capacità finanziaria in generale ci sono tante cose da correggere, ma ci sono anche alcune colpe dei comuni, perché gli esuberi di personale ci sono in alcuni comuni, mentre altri sono in carenza assoluta e la convinzione che non convenga esternalizzare alcuni tipi di servizi porta a maggiori costi. Penso al trasporto scolastico, che è effettuato da personale del comune con mezzi propri, alla rimozione della neve, alla manutenzione del verde. Laddove si è esternalizzato, secondo me si è risparmiato e non si è inciso sull'occupazione, che è a favore di ditte terze.
  Credo che il pareggio in alcuni servizi, faccio riferimento alla Tari per esempio, sulla carta sia raggiunto, ma nella realtà magari no, perché alcuni servizi non vengono compresi, ma si può fare. Soprattutto, se il sistema generale dei rifiuti – raccolta e smaltimento – è organizzato bene, si possono sostenere anche le spese aggiuntive per gli acquisti di mezzi, tipo i cassonetti per la raccolta differenziata e materiali di questo tipo, oppure lo spazzamento di strade e piazze.
  Tanti comuni, in camera caritatis, fanno ancora delle spese che io definisco «voluttuarie». Concludo dicendo: «Se vuoi fare i fuochi di artificio, paghi qualcun altro, paghi la Pro Loco o il Comitato festeggiamenti». Non può pagarli il comune. Altrimenti, andiamo in difficoltà. Poi, ci sono tante cose belle nei comuni. Io la vedo in maniera ottimistica, perché ci sono gli amministratori che veramente lavorano anche con finanza creativa, ma comunque risparmiano e ci mettono del proprio e, secondo me, mandano avanti l'Italia. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, senatore. Prego, senatore Presutto.

  VINCENZO PRESUTTO (intervento da remoto). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Ringrazio per l'illustrazione dettagliata da parte del sindaco Canelli e saluto anche il dottor Ferri. Vorrei portare l'esperienza di Napoli, in contrapposizione con quello che avete detto parlando dei piccoli comuni, ovvero quanto impatta la gestione della crisi di un comune – in questo caso parliamo del famoso pre-dissesto, che è diventato una struttura quasi cronica nel caso di Napoli – e come a quel punto lì, nel caso del Fondo di solidarietà comunale, vi sia la difficoltà di bilanciare un debito pregresso, che viene continuamente finanziato con l'aiuto dello Stato, ma poi, nella sostanza, il risultato sul territorio, a prescindere dal cambio di amministrazione, rimanga deludente.
  Chiedo, quindi, come possa essere valutato anche il cambiamento della gestione Pag. 10delle crisi dei comuni, perché quello che mi preoccupa è il perdurare di situazioni che vengono poi cronicizzate senza avere nessun impatto, tranne una gestione corrente al ribasso, al di là del colore politico di chi può guidare l'amministrazione.
  Io ho l'esperienza di aver collaborato direttamente con il sindaco De Magistris e oggi con Gaetano Manfredi, ma purtroppo non è cambiato praticamente nulla, per il fardello di un peso pregresso. Ecco perché dicevo che volevo andare in contrapposizione alla logica dei piccoli comuni, che è meritevolissima di attenzione. Tuttavia, per i grandi comuni tutto il lavoro dettagliato fatto dal punto di vista finanziario, purtroppo, impatta su una situazione che diventa difficile da gestire.
  Inoltre, come ha detto prima anche il collega Perosino, vi è la questione delle performance dei comuni. Nel caso specifico, spesso e volentieri, viene giustificata ed effettivamente sembrerebbe giustificabile la difficoltà di riscossione dei tributi. A volte, però, vi sono delle mancanze oggettive, provate, documentate e anche denunciate da parte dei comuni. Devo dire che, secondo me, sarebbe opportuno evidenziare questi aspetti nell'ottica del miglioramento della gestione dei comuni. È giusto contestualizzarli in chiave economica rispetto alle difficoltà del territorio, ma è giusto anche stigmatizzare quelle che sono delle difficoltà oggettive sul piano organizzativo e gestionale, perché probabilmente quelle difficoltà potrebbero essere fortemente ridotte.
  Chiedo, quindi, come può cambiare o come dovrebbe cambiare la gestione della crisi dei comuni rispetto anche al federalismo e rispetto al livello dei servizi offerti ai cittadini.
  La seconda domanda, che è un po' più ampia e che ci riguarda tantissimo come Commissione, riguarda la differenza tra il lavoro fatto rispetto ai comuni – complimenti per tutto quello che è stato fatto tra Governo, Anci, Parlamento e anche la nostra Commissione – e il calcolo dei fabbisogni standard che manca rispetto alle regioni. Quanto impatta questo dislivello tra comune e regioni rispetto all'applicazione del federalismo fiscale? Mi rendo conto che è una domanda molto complessa. Perdonatemi, però è stato merito di come voi avete illustrato il lavoro, che è veramente encomiabile e per questo vi faccio ancora i complimenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, senatore. Prego, sindaco, per la replica.

  ALESSANDRO CANELLI, sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). Io comincio con una parte delle risposte, ma sull'ultima parte che è un po' più tecnica, se mi consente, presidente, vorrei che potesse dire qualcosa anche il dirigente dell'IFEL Andrea Ferri.

  PRESIDENTE. Sì, nessun problema.

  ALESSANDRO CANELLI, sindaco di Novara e delegato alla finanza locale dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). Per quanto riguarda l'intervento del senatore Perosino, al di là delle considerazioni e delle argomentazioni che ha fatto, soprattutto sui piccoli comuni, vorrei sottolineare un primo aspetto: il tema della riscossione, toccato da entrambi i senatori intervenuti. La riscossione è veramente il punto centrale della problematica di parte corrente dei comuni, ma non solo dei comuni, perché stiamo parlando anche di altre amministrazioni a livello nazionale. Ad ogni modo, effettivamente, sul tema della riscossione si deve fare ancora tanto, ma si sta cominciando a fare, da qualche anno a questa parte, utilizzando anche le possibilità che ci arrivano dalle nuove tecnologie. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per esempio, investe delle risorse a disposizione del comparto dei comuni per cercare di migliorare, velocizzare e semplificare le possibilità di pagamento che hanno i cittadini in relazione alle imposte locali, utilizzando PagoPA, con l'implementazione dell'applicazione Io, prevedendo la disponibilità di risorse da parte dei comuni per poter andare nella direzione di irrobustire i servizi digitali per i cittadini, con tutta una serie di ragionamentiPag. 11 che stiamo facendo anche con il Ministero, sia come IFEL che come ANCI, per andare nella direzione di avere una maggiore incentivazione al pagamento volontario dei tributi, perché molto spesso uno non paga per anni. Io faccio sempre l'esempio delle case popolari: quando uno non paga il canone delle case popolari e nessuno glielo va a chiedere per un anno o due anni, non soltanto continuerà evidentemente a non pagarlo, visto che nessuno gli chiede niente, ma, per osmosi, cominciano a non pagare anche il vicino di casa, quello della scala, tutto il palazzo e, piano piano, non lo paga più nessuno. La riscossione si fa quotidianamente, poiché ogni giorno bisogna «stare addosso» alle persone, altrimenti le persone prendono il brutto vizio di non pagare. Poi, non tutti riescono a pagare, perché ci sono anche quelli che non possono pagare: ecco che, in tal caso, entrano in funzione quei meccanismi sociali di cui i comuni hanno bisogno. Tuttavia, un conto è aiutare chi veramente non riesce, un conto è rompere la diga del mancato pagamento, quando ognuno, anche chi può, non lo fa.
  La riscossione è un tema centrale. Sulla riscossione andrebbero fatti investimenti, non soltanto, da un punto di vista delle tecnologie di cui ho parlato prima, ma anche da un punto di vista normativo e da un punto di vista del personale, perché il personale nel comparto dei comuni è diminuito drasticamente negli ultimi dieci anni con una media del 25 per cento in meno. Il blocco del turnover ha impoverito di risorse umane il comparto dei comuni, negli ultimi dieci anni, tra il 20 e il 25 per cento. Può darsi che prima ci fosse un eccesso di personale, ma sicuramente adesso c'è un difetto di personale. Questo è poco ma sicuro, perché tutti noi sindaci lo tocchiamo con mano, soprattutto nei piccoli comuni, dove ci sono tantissimi sindaci che praticamente fanno tutto da sé: fanno le delibere, fanno il segretario comunale, vanno a tagliare le piante. Io ne conosco di sindaci così. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza – per la cui attuazione abbiamo bisogno di tecnici, di geometri, di amministrativi che fanno le delibere, che fanno il monitoraggio, che seguono i lavori – questo si sentirà ancora di più. Ecco perché il Governo è intervenuto mettendo a disposizione dei comuni alcune soluzioni, allargando un po' le maglie dal punto di vista assunzionale nell'ultimo anno. Prima che riusciremo a ritrovare un equilibrio sul personale del comparto passerà un po' di tempo, perché, anche se assumi un giovane, non è che arriva formato, ma ha bisogno di un po' di tempo per entrare nei meccanismi della pubblica amministrazione e degli uffici stessi. Comunque, questo è un altro discorso. La riscossione e il personale diventano due temi di fondamentale importanza per l'attività dei comuni, ma questo argomento forse esula un po' dal tema specifico dell'audizione odierna.
  Per quanto riguarda il caso di Napoli, io vorrei che intervenisse Andrea Ferri. Questo caso si inserisce in un ragionamento molto più ampio che ho toccato durante l'intervento che ho fatto prima. Noi in Italia abbiamo bisogno di una revisione complessiva sul tema delle crisi finanziarie degli enti locali, perché, altrimenti, non se ne esce più. Di volta in volta, ci sono dei meccanismi che danno magari un po' di fiato, un po' di ossigeno ad alcuni comuni – ovviamente, ogni comune ha le sue particolarità, le sue problematicità, le sue caratteristiche intrinseche a livello territoriale – però un provvedimento «omnibus» che vada nella direzione di sistematizzare finalmente il tema delle crisi finanziarie dei comuni è quanto mai urgente, affinché si tiri una riga e si ricominci daccapo. Viceversa, ogni tot anni siamo punto e a capo: con quegli stessi comuni che avevano il problema all'anno zero. Dopo, al quinto, sesto o settimo anno siamo punto e a capo. Si tampona per cinque o sei anni e poi si ricomincia con la crisi finanziaria conclamata, sempre che si sia riusciti a uscirne, cosa che non avviene mai. Detto questo, passerei la parola ad Andrea Ferri per andare un po' più sullo specifico, soprattutto sul tema delle differenze nel lavoro che è stato fatto sui LEP – mi sembra, senatore Presutto, che questo fosse uno dei temi da Lei richiesto – ovvero la differenza Pag. 12tra il comparto dei comuni e il comparto delle regioni.

  PRESIDENTE. Adesso interviene il dottor Andrea Ferri, che è il responsabile dell'Area finanza locale e catasto di ANCI e che collabora anche con l'IFEL, in cui ha la medesima funzione.

  ANDREA FERRI, responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). Sì, ho un doppio ruolo, anche organizzativo. Sono incardinato in IFEL, ma sono il capo area di ANCI della finanza locale e catasto. Grazie.
  Molto brevemente, parto proprio da Napoli. Napoli è un caso che può sembrare straordinario per la sua dimensione, ma il tema delle crisi infinite è un tema molto diffuso, in particolare nei capoluoghi del Centro-Sud, cito Vibo Valentia, Potenza e, in parte, Reggio Calabria. Si tratta di situazioni nelle quali non si esce dalla crisi per un fardello troppo pesante. Basti pensare al Fondo crediti di dubbia esigibilità, che è un indice molto comodo per quanto riguarda il tema della mancanza di coltivazione storica delle entrate, poiché impone l'accantonamento delle quote delle entrate che si suppone non si riescano a incassare ogni anno. Oggi vale oltre 5 miliardi e, dal punto di vista economico, è una restrizione finanziaria analoga a quella del patto di stabilità, perché impone di accantonare e di non spendere soldi che teoricamente sarebbero disponibili. Inoltre, è fortissimamente concentrato in alcune grandi città anche del Centro-Nord, non solo Napoli, per motivi dimensionali e nei territori del Centro-Sud in maniera molto rilevante. Questo vuol dire che c'è un pregresso che non riesce a rientrare con i meccanismi standard.
  Napoli è forse la grande città, insieme a Torino, con meno personale di tutte. Non è un'ingiustizia, ma è singolare che il Fondo di solidarietà – per il meccanismo che attua uguale per tutti – tenda a togliere a Napoli ogni anno tra i 6 e gli 11 milioni. Quindi, lasciato libero di funzionare, il Fondo di solidarietà toglie a una città come Napoli queste cifre, ma forse questo caso sarebbe da considerare in maniera un po' specifica. Sul fatto che non stia funzionando adesso, va detto che ora c'è una nuova forma di intervento, cui va dato un attimo di tempo, perché il piano che è stato concordato con il Governo è un piano molto importante ed è una forma innovativa che riguarda quattro capoluoghi di città metropolitane in condizioni di disavanzo, rispetto a un monte di crisi che è di alcune centinaia di enti. È inoltre, in questo caso, un intervento finanziato. Ciò costituisce in qualche modo un apripista per un aspetto della riforma delle crisi finanziarie che è molto importante, cioè quello di andare a «specializzare» sul singolo ente le effettive possibilità di ripresa e di recupero con un contributo importante dello Stato spalmato su venti anni, se non ricordo male.
  Abbiamo ottenuto lo stesso meccanismo, insistendo, per i capoluoghi di provincia. È un allargamento senza contributo, ma con alcune leve in più sia fiscali che di intervento sull'organizzazione.
  Questo per dire che noi, su queste cose, dobbiamo cercare di ampliare il panorama, di fare in modo che le piccole crisi siano gestite localmente, che le grandi crisi abbiano un gabinetto nazionale di sorveglianza e supporto, ma certamente con il meccanismo dei piani di riequilibro e dei dissesti fino ad adesso stiamo registrando sostanzialmente l'inefficacia dell'intervento.
  In alcuni casi, noi abbiamo, anche sulla riscossione, il peso del passato che uccide – diciamo – le speranze del presente, perché quando il sindaco siciliano trentenne appena eletto ti chiama e ti dice: «Io dovrei recuperare due anni e mezzo di gettito tributario», perché si è accumulato nel tempo, effettivamente non è un problema di riscossione in senso stretto, ma un problema di accumulo di situazioni pregresse. Bisogna dire: «Ti diamo i soldi e chiudiamola lì»? No, bisogna formulare patti e incentivazioni che permettano, in parte, di considerare perduta la quota di quel gettito che non sarà mai recuperata - magari con operazioni anche di finanziarizzazione, di partecipazione di partner privati, sia finanziari che industriali, ai possibili recuperi e Pag. 13al sostegno finanziario - e, in altra parte, di far andare avanti il percorso - che, come diceva il sindaco Canelli, è possibile - di efficientamento della riscossione e di riqualificazione del personale. Il problema di tantissime di queste città in crisi, compresa Napoli, è la presenza di personale non solo scarso, ma anche non sufficientemente diversificato sulle funzioni.
  Quanto al problema dei LEP e del multilivello, noi rappresentiamo un assetto istituzionale multilivello. Effettivamente, noi abbiamo fatto un grandissimo lavoro sui comuni, stiamo arrivando in maniera a volte un po' confusa alla definizione di LEP su servizi molto importanti e abbiamo appena cominciato sulle città metropolitane e sulle province, che su alcuni aspetti hanno un ruolo di un certo rilievo, come la scuola, la viabilità e una serie di altre funzioni programmatorie, per quel che riguarda le città metropolitane. Sulle regioni non si riesce a fare un passo in avanti, cioè sono tanti i passi in avanti che non arrivano mai a un vero primo passo.
  Su alcuni aspetti dell'intervento regionale c'è un grandissimo problema di interazione. Penso al trasporto pubblico locale e agli stessi servizi sociali, che passano molto spesso per un riparto regionale. Quindi, la competenza regionale esiste. Forse lo sforzo da fare – oltre che accelerare il processo di raccolta di dati e di condivisione con le regioni della parte, che è abbastanza piccola formalmente, su cui si dovrebbero stabilire i fabbisogni standard, perché la sanità è esclusa – dovrebbe essere finalizzato a pensare a un assetto delle funzioni visto dal lato del cittadino, piuttosto che dal lato delle istituzioni, cioè a una definizione di obiettivi e livelli essenziali delle prestazioni che tenga conto della convergenza di ruoli di finanziamento, di programmazione e di erogazione del servizio da parte di una pluralità di enti. Altrimenti, questo rischia di far deragliare su alcuni settori. Nel caso del trasporto pubblico locale è evidente. Addirittura le regioni dovrebbero rendere livello essenziale delle prestazioni l'aspetto degli investimenti del trasporto pubblico locale, mentre dai comuni è considerato l'aspetto corrente. Questo è un elemento interessante, perché fa vedere che anche l'aspetto infrastrutturale è importante, ma certamente è una divaricazione insopportabile. Quindi, bisogna un po' rimettere in fila le cose. Anche su servizi come scuole e servizi sociali guardare di più, come la Costituzione vorrebbe, il lato del cittadino è molto importante per evitare delle divaricazioni e degli atteggiamenti divergenti su un versante istituzionale e l'altro.
  Se ho un minuto, vorrei aggiungere una cosa che accennava il senatore Perosino in relazione ai contributi sui servizi sociali. Fermatemi, se sto superando i vostri tempi. La differenza che noi cerchiamo di evidenziare nella nota tra il lavoro fatto su asili nido e trasporto scolastico per alunni disabili e il lavoro fatto sul meccanismo di riparto delle risorse sul sociale riguarda ciò: invece di identificare il fabbisogno aggiuntivo da finanziare e attribuire i fondi agli enti e ai territori più in gap di servizio, sul sociale si è detto: «Abbiamo il sistema dei fabbisogni standard, rimettiamo a posto i coefficienti, togliamo delle distorsioni che erano nei coefficienti, visto che i coefficienti tenevano troppo conto dello stato dei servizi attuale, cioè storico, rispetto a una necessità standard di fabbisogno da raggiungere. Quindi, li rimettiamo a posto – oggi i nostri coefficienti non fanno più grandi distinzioni tra Reggio Emilia e Reggio Calabria, cosa che spesso viene detta, ovvero che tali realtà hanno più o meno lo stesso livello, essendo due città di latitudini molto diverse ma sostanzialmente simili in termini di popolazione da servire, di popolazione generale eccetera – e diamo i soldi aggiuntivi in proporzione a questi nuovi coefficienti». Questo alla lunga funzionerà, se Dio vuole. Nel 2030, 2032, 2033 noi avremo un assetto della parte sociale del Fondo di solidarietà comunale incentrato su fabbisogni meglio calcolati relativi al settore sociale. Il problema è che, siccome il Fondo di solidarietà, come scriviamo in un'altra parte di questo appunto, ha tantissime funzioni e varia per molti altri motivi che non la parte sociale, noi non siamo certi che, alla fine dei conti, questo miglioramento dal lato dei coefficienti e Pag. 14questa aggiunta di denaro sulla base di coefficienti migliorati producano quegli effetti, mentre invece sugli asili nido – per i quali, sulla base dei dati disponibili, i soldi vengono dati soltanto alle situazioni con copertura del servizio più bassa e sono più direttamente legati all'erogazione di nuovi posti – abbiamo una certezza maggiore di incisività.
  Questo meccanismo che è comprensibile – visto che si vuole far valere i nuovi coefficienti come un elemento centrale, cosa che sugli asili nido e sul trasporto dei disabili non è avvenuta – bisogna forse temperarlo un pochino, considerato che dobbiamo ancora distribuire il 60 per cento di 651 milioni, dando dei criteri ulteriori rispetto al calcolo, come dice la legge, in proporzione dei coefficienti di riparto sociale, magari tenendo conto dell'esigenza di incrementare il servizio dove questo manca. Altrimenti, fra i circa 3 mila comuni che sono riconosciuti in gap di servizio, sulla base dei conti che abbiamo fatto, due comuni uguali in termini di distanza da un livello di spesa ottimale potranno ricevere dei fondi molto diversi, perché essi vengono dati in relazione a un livello di stock ottimale di coefficiente, trasformato in termini monetari, e non in relazione alla distanza dal raggiungimento di un obiettivo. È questa la difficoltà che noi vediamo in questo sistema, tant'è vero che diamo i soldi a 7.500 comuni, comprese la Sicilia e la Sardegna che sono state incluse nel 2022, e chiediamo la rendicontazione della maggiore spesa a circa 4 mila di questi enti.
  Non ho capito benissimo il problema dei servizi esistenti o aggiuntivi. La rendicontazione è molto ampia, il bouquet di possibilità è molto ampio. In primo luogo, vi è l'assunzione di assistenti sociali, che è un obiettivo della Repubblica, ovvero il fatto di arrivare a un rapporto tra popolazione e assistenti sociali almeno di 6.500 – se non l'ottimale di 5.000 – a 1. Il resto consiste nell'attività di miglioramento del servizio e di istituzione di nuovi servizi. Non ci sono colli di bottiglia da quel punto di vista, non c'è nulla di male a migliorare un servizio esistente e rendicontare correttamente. Noi stiamo facendo un grandissimo lavoro di supporto a 500 comuni che sono in difetto di rendicontazione. Al 31 maggio erano mille, ma poi abbiamo allargato le scadenze. Fortunatamente, abbiamo proposto e ottenuto di allargare la scadenza, cosa che non faceva nessun danno, per evitare mancate rendicontazioni, che a volte sono dovute alla mancata attuazione del meccanismo o a oggettive difficoltà operative interne dei comuni, soprattutto di quelli piccoli. Stiamo vedendo che buona parte delle opportunità sono state colte, essendo il meccanismo di rendicontazione abbastanza libero.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei. Ringrazio nuovamente il sindaco Canelli e il dottor Andrea Ferri per l'esauriente relazione svolta e anche per le repliche così puntuali e sicuramente efficaci. Dispongo che la documentazione consegnata sia allegata al resoconto stenografico della seduta e dichiaro conclusa l'audizione. Grazie nuovamente.

  La seduta termina alle 9.30.

Pag. 15

ALLEGATO

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24