CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 aprile 2021
567.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03536 Bitonci: Disparità di trattamento dei titolari di conto corrente bancario in caso di pignoramento del conto medesimo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riscontro alle richieste formulate dagli onorevoli interroganti, il Ministero della giustizia, appositamente sentito in ragione della sua competenza in materia, rileva, in primo luogo, che il pignoramento del conto corrente fa parte della più ampia categoria del pignoramento presso terzi (articoli 543 e ss. cpc), nella quale rientra anche il pignoramento avente ad oggetto somme derivanti da pensione, stipendio e TFR. Il successivo articolo 545 cpc detta specifiche disposizioni in tema di erediti impignorabili.
  Ai sensi di tale disposizione non possono essere pignorati:

   a) i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti e sempre con l'autorizzazione del Presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto;

   b) crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza;

   c) le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, purché il relativo pignoramento avvenga per crediti alimentari nella misura autorizzata dal Presidente del Tribunale o da un giudice da lui delegato; il limite di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni e in eguale misura per ogni altro credito.

  La citata disposizione prevede, altresì, che il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell'ammontare delle somme predette. Inoltre, le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti di legge.
  Il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti di legge è parzialmente inefficace e tale inefficacia è rilevabile dal giudice anche d'ufficio.
  Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.
  Le deroghe alla pignorabilità del crediti hanno, dunque, carattere puntuale e tassativo e non possono essere oggetto di estensione generalizzata.
  La ratio sottesa alla piena pignorabilità dei conti correnti dei lavoratori non dipendenti, – continua il Ministero della giustizia – risiede verosimilmente nel fatto che i relativi proventi, derivanti da attività di impresa o professionale, non hanno carattere fisso e cadenza regolare ma possono variare nell'ammontare ed essere percepiti anche in forme diverse dall'accredito sul conto corrente, così sfuggendo agli effetti del precedente pignoramento.
  Infatti, il pignoramento del conto corrente, sul quale viene accreditato lo stipendio del lavoratore dipendente, ha carattere permanente ed è idoneo a perdurare fino al soddisfacimento dell'intero credito, mentre quello del conto corrente del lavoratore autonomo si esaurisce nell'unica attività istantanea consistente appunto nel pignoramento di tutte le somme ivi presenti, potendo il titolare bloccare i successivi accrediti e percepire la propria remunerazione Pag. 140 con altre modalità o ottenere dal giudice la liberazione del conto corrente una volta prelevato tutto quanto ivi depositato. Peraltro, il lavoratore autonomo ha un'organizzazione lavorativa propria e, di norma, percepisce più retribuzioni/compensi da diversi clienti e non si può individuare un rapporto di lavoro in cui vi sia un solo datore/mandante e un lavoratore/mandatario; ne deriva che prevedere il limite di pignorabilità su ogni singola fattura o prestazione non risponderebbe alla ratio dell'articolo 545 cpc.
  La problematica in esame è stata anche sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, la quale in riferimento ai limiti posti alla pignorabilità dei crediti da lavoro dipendente ha ritenuto tali limiti differenti «e quindi non comparabili agli effetti di cui all'articolo 3 della Costituzione» con quelli dei lavoratori autonomi, (sent. n. 580 del 1989).
  Cionondimeno, meritano sicuramente attenzione e considerazione quelle particolari fattispecie che dovessero vedere i lavoratori autonomi privati dei mezzi economici necessari per condurre un'esistenza libera e dignitosa, tutelata dall'articolo 36 della Costituzione.

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ALLEGATO 2

5-05261 Fragomeli: Chiarimenti sulle modalità di accesso al credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi da parte di imprese destinatarie di sanzioni interdittive.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alle disposizioni che disciplinano il riconoscimento del credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. In particolare, nel rammentare che l'articolo 1, comma 1052, della legge n. 178 del 2020 (Legge di bilancio 2021) prevede, tra le cause di esclusione dal beneficio, l'ipotesi in cui le imprese siano destinatarie di sanzioni interdittive, chiedono di sapere quale sia la corretta interpretazione della norma, vale a dire se l'applicazione della sanzione interdittiva escluda in generale la possibilità di accesso al beneficio, ovvero se l'esclusione operi per il solo periodo di interdizione o per l'intero anno fiscale durante il quale l'interdizione produce effetti.
  Al riguardo, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria rappresentano quanto segue.
  Il comma 1052 dell'articolo 1 della legge n. 178 del 2020 stabilisce taluni requisiti soggettivi in presenza dei quali non è consentito avvalersi dell'agevolazione.
  In particolare, il primo periodo del citato comma 1052 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 prevede che sono escluse dall'accesso al beneficio, inter alia, «le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231», recante la «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica».
  In proposito, si osserva che l'applicazione delle sanzioni interdittive indicate dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, comporta una limitazione temporanea nell'esercizio di un diritto o di una facoltà da parte del soggetto destinatario della sanzione. L'articolo 13, comma 2, del richiamato decreto legislativo stabilisce un limite minimo e un limite massimo alla durata della predetta limitazione («Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni»).
  Con riguardo al quesito formulato dagli Onorevoli interroganti, si ritiene, per motivi di ordine sistematico e di ragionevolezza, che l'esclusione soggettiva dal credito d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi prevista dall'articolo 1, comma 1052, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) – e, precedentemente, dall'articolo 1, comma 186, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) – debba riguardare il medesimo arco temporale interessato dall'applicazione della relativa sanzione interdittiva.
  Pertanto, gli investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nell'arco temporale in questione saranno irrilevanti agli effetti della disciplina agevolativa e, di conseguenza, i relativi costi saranno esclusi dalla base di calcolo del credito d'imposta in questione.
  Ad esempio, un «periodo di interdizione» di 6 mesi che va dal 1° marzo 2021 al 1° settembre 2021 comporterà l'impossibilità, per l'impresa destinataria della sanzione interdittiva, di finire del credito d'imposta relativamente ai costi degli investimenti effettuati nel medesimo periodo temporale (1° marzo 2021-1° settembre 2021).
  Si ricorda, al riguardo, che ai fini della determinazione del momento di «effettuazione» degli investimenti si deve far riferimento alle regole generali della competenza previste dall'articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR.

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ALLEGATO 3

5-05384 Ungaro: Semplificazione delle procedure per l'erogazione dei finanziamenti da parte degli istituti bancari previsti dalla misura «Resto al Sud».

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riscontro alle richieste formulate dagli onorevoli interroganti sull'erogazione dei finanziamenti previsti dalla misura «resto al Sud», il Ministro per il sud e la coesione territoriale – appositamente sentito in ragione della sua competenza in materia – anche a seguito di interlocuzioni con Invitalia, soggetto gestore della misura, conferma, preliminarmente, quanto sottolineato nell'interrogazione in merito all'iter di applicazione della norma ed alla relativa velocità nella sua fase iniziale.
  Tempi di risposta forniti alle imprese – e concernenti la valutazione dei progetti da parte di Invitalia – si attestano infatti, di norma, al disotto dei 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, previsti dalla normativa di riferimento, (salvo eventuali richieste di integrazione documentale o trasmissione dei motivi ostativi).
  Per quanto riguarda, più nello specifico, l'ambito bancario risulta che, sulla base del volume complessivo dei finanziamenti concessi, ad oggi, dalle banche (240 milioni di euro) e di quelli effettivamente già erogati (230 milioni di euro) in poco più di tre anni di operatività dello strumento agevolativo, siano stati raggiunti risultati soddisfacenti, anche nella considerazione delle oggettive e complessive difficoltà di accesso al credito per le attività produttive meridionali, e ancor di più per le start up micro-imprenditoriali.
  In riscontro, inoltre, alla richiesta formulata dagli onorevoli interroganti su un accordo con l'Associazione Bancaria Italiana (ABI), il Ministro per il sud comunica che Invitalia ha attivato una costante e proficua interlocuzione con ABI, con la sottoscrizione fin dal 2017 della Convenzione (in attuazione dell'articolo 1, comma 14 del decreto-legge n. 91/2017) che ha definito le modalità e i termini in base ai quali le banche aderenti concedono i finanziamenti e che, recentemente, è stata aggiornata alla luce delle modifiche normative apportate allo strumento e, da ultimo, dalla legge di bilancio per il 2021.
  Alla Convenzione ABI/Invitalia risultano aver aderito – con dati riferiti al 4 trimestre 2020 – più di 80 fra i principali Istituti di Credito nazionali e locali, che complessivamente garantiscono una capillare presenza territoriale nelle regioni di intervento della misura, con circa 5.000 filiali, alle quali i proponenti/beneficiari possono rivolgersi per richiedere/ottenere il finanziamento bancario.
  Il Ministro per il sud comunica, infine, che ABI, con una recente circolare, ha richiamato l'attenzione delle banche convenzionate, in particolare in ordine alle caratteristiche dei finanziamenti bancari sui quali è riconosciuto il contributo in conto interessi, alla tempistica delle procedure di concessione dei finanziamenti ed alle modalità di alimentazione della piattaforma informatica di Invitalia.

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ALLEGATO 4

5-05598 Cancelleri: Proroga della sospensione dei mutui per liberi professionisti ed imprenditori individuali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come evidenziato dall'onorevole Cancelleri il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa (cosiddetto fondo Gasparrini) è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 che, all'articolo 2, commi 475 e ss., ha previsto la possibilità, per i titolari di un mutuo fino a 250.000 euro, contratto per l'acquisto della prima casa, di beneficiare della sospensione per 18 mesi del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà. Il Fondo sostiene il 50 per cento degli interessi che maturano nel periodo della sospensione.
  La Legge 18 dicembre 2020, n. 176 ha esteso da 9 a 24 mesi, ovvero fino all'8 aprile 2022, la deroga introdotta con il decreto-legge n. 23 del 2020, che ammette ai benefici del fondo anche i contratti di mutuo in ammortamento da meno di un anno. In tale sede è stata prorogata al 31 dicembre 2021 la possibilità di sospensione dei mutui.
  In occasione dell'emergenza sanitaria e per la particolare e difficile contingenza economico-finanziaria e lavorativa provocata dall'epidemia da Coronavirus, il Fondo è stato rifinanziato con 400 milioni di euro e, come disposto dall'articolo 54 del decreto-legge n. 18 del 20020 («DL Cura Italia») e dall'articolo 12 del decreto-legge n. 23 dell'8 aprile («DL liquidità»), la platea dei potenziali beneficiari è stata allargata, fino al 17 dicembre 2020, alle seguenti categorie di beneficiari:

   1. lavoratori che hanno subito una sospensione o una riduzione dell'orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni (Cassa Integrazione o altri ammortizzatori sociali);

   2. I lavoratori autonomi e liberi professionisti, inclusi artigiani e commercianti, (per un periodo di 9 mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 18/2020) che hanno registrato in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020, ovvero nel minor periodo intercorrente tra la data dell'istanza e la predetta data, una riduzione del fatturato superiore al 33 per cento rispetto a quanto fatturato nell'ultimo trimestre 2019 in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività, operata in attuazione delle disposizioni adottate dall'autorità competente per l'emergenza coronavirus;

   3. I titolari di mutui per un importo massimo di 400.000 euro;

   4. I titolari di mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147. (Fondo di garanzia per i mutui prima casa).

  Allo stesso tempo, per l'accesso al Fondo non è stata richiesta la presentazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) ed è stato possibile farne richiesta anche per coloro che hanno in passato già beneficiato della sospensione del mutuo purché in regola con il pagamento delle rate degli ultimi 3 mesi.
  In base al decreto-legge n. 23 del 2020, e fino a 9 mesi dall'entrata in vigore dello stesso, l'accesso al Fondo è stato possibile anche per mutui contratti da meno di 12 mesi.
  La prevista proroga al 31 dicembre 2021 della possibilità di sospensione dei mutui non è stata attivata per tutte le categorie alle quali era stato concesso temporaneamente il beneficio. Alcune delle misure attivate in questi mesi, infatti, avevano una Pag. 144scadenza programmata in virtù della ratio emergenziale sottesa alla crisi pandemica. Molte erano agganciate alla richiamata data del 17 dicembre 2020. Tra queste persistono anche i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, gli artigiani e i commercianti, come ricordato dagli onorevoli interroganti.
  Al riguardo, in considerazione di dette segnalazioni parlamentari e del persistere della situazione emergenziale che investe l'intera realtà economica del Paese, si rappresenta che è allo studio del Ministero dell'economia e delle finanze una verifica tecnica per valutare la possibilità di elaborare una norma di proroga dell'operatività dell'articolo 54 del decreto-legge 9 marzo 2020 n. 18, finalizzata ad estendere anche ai lavoratori autonomi, ai liberi professionisti e agli imprenditori individuali, per il tempo necessario, i benefici dell'accesso al Fondo per la sospensione dei mutui per l'acquisto della prima casa.

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ALLEGATO 5

5-05717 Pastorino: Chiarimenti ai fini della erogazione del contributo a fondo perduto in favore delle associazioni sportive dilettantistiche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante evidenzia che il contributo a fondo perduto in favore degli operatori economici – di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 41 del 2021 (cosiddetto decreto Sostegni) – include «anche gli enti non commerciali in relazione allo svolgimento di attività commerciali», e che «fra i soggetti beneficiari, oltre alle società sportive dilettantistiche (Ssd) e ai professionisti operanti con partita Iva nell'ambito dello sport, rientrano anche le associazioni sportive dilettantistiche (Asd) con partita Iva», sottolinea che «trattandosi di un incentivo per lo più rivolto al mondo dell'impresa e non a quello sportivo, emerge una criticità per quanto concerne la base di calcolo del contributo stesso».
  In particolare, secondo l'Onorevole Interrogante, «non vi è chiarezza interpretativa, in relazione alle Società sportive dilettantistiche e Associazioni sportive dilettantistiche, dei termini: “fatturato, corrispettivi, ricavi e attività commerciale”».
  Per le prime infatti sono da considerarsi ricavi i proventi derivanti da tutte le prestazioni di servizi, includendo presumibilmente quelle istituzionali, poiché, ancorché non perseguano fini di lucro, mantengono dal punto di vista fiscale la natura commerciale, quindi tutta l'attività svolta potrebbe considerarsi come commerciale e il termine ricavi dovrebbe comprendere tutte le entrate; invece, per le Associazioni sportive dilettantistiche non sono fiscalmente rilevanti le quote associati, mentre i corrispettivi specifici (gli abbonamenti) sono commerciali ma vengono de-commercializzati se svolti a favore di soci/tesserati, dunque, non è chiaro se queste entrate possano fare parte nel concetto di ricavi, in quanto non fatturate.
  Pertanto, con riferimento alle associazioni in regime forfettario di cui alla legge n. 398 del 1991, che sono la quasi totalità, non è noto se, oltre a quelli commerciali che tuttavia vista la natura delle associazioni sono particolarmente esigui, i ricavi da attività istituzionali possano essere ricompresi nella voce ricavi.
  Tanto premesso, l'Onorevole interrogante chiede al Ministro dell'economia e delle finanze se «il Governo intenda chiarire se le attività istituzionali svolte dalle società e associazioni sportive dilettantistiche vadano inserite nella voce ricavi ai fini della erogazione del contributo a fondo perduto in favore degli operatori economici, di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, posto che tale interpretazione consentirebbe di concedere un importante ristoro al settore sportivo dilettantistico, duramente provato da questo anno di emergenza sanitaria, e visto che, in caso di diversa interpretazione sarebbe fortemente limitata l'entità del contributo».
  Al riguardo, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria rappresentano quanto segue.
  Il decreto-legge n. 41 del 2021 (cosiddetto decreto «Sostegni») ha introdotto all'articolo 1 un nuovo contributo – in analogia alle disposizioni emanate con l'articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020 e con l'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2020 – la cui finalità è quella di sostenere i soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d'impresa, arte o professione o producono reddito agrario, colpiti dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 con la concessione di un contributo a fondo perduto.
  Per quanto riguarda la platea degli aventi diritto, nella relazione illustrativa al decreto Pag. 146 de quo viene chiarito che «tra i soggetti indicati al comma uno rientrano, quali possibili beneficiari del contributo e alle condizioni previste dalla disposizione, anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione allo svolgimento di attività commerciali».
  Conseguentemente, anche gli enti non commerciali potranno ricevere il beneficio in questione limitatamente, però, alle sole attività commerciali eventualmente svolte, rimanendo esclusa l'attività istituzionale dagli stessi esercitata.
  Possono a tal proposito richiamarsi, in quanto attuali rispetto al contributo a fondo perduto previsto dal citato articolo 1 del decreto-legge Sostegni, i chiarimenti forniti con circolare n. 22/E del 21 luglio 2020 dell'Agenzia delle entrate, par. 2.5, con riferimento al contributo a fondo perduto di cui all'articolo 25 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto-legge Rilancio).
  Nel paragrafo 2.5 della citata circolare n. 22/E del 2020 l'Agenzia delle entrate ha precisato che, stante il rinvio espresso operato dalla norma «all'articolo 85, comma 1, lettere a) e b) del TUIR al fine di determinare i ricavi per poter fruire del contributo, si ritiene che per gli enti non commerciali debbano essere considerati i soli ricavi con rilevanza ai fini IRES. Sono, pertanto, esclusi i proventi che non si considerano conseguiti nell'esercizio di attività commerciali nonché quelli derivanti da attività aventi i requisiti di cui al comma 3, dell'articolo 148 TUIR, svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali».
  Tale criterio risulta applicabile anche alle società sportive dilettantistiche le quali, pur essendo sempre qualificabili quali enti commerciali ai sensi dell'articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, possono fruire, ai fini IRES, della previsione di decommercializzazione prevista dall'articolo 148, comma 3, del TUIR, fra l'altro, per le associazioni sportive dilettantistiche (cfr. circolare n. 18/E del 2018, par. 4).
  Per completezza, è opportuno sottolineare che non si considerano computabili tra i ricavi rilevanti ai fini IRES i proventi, conseguiti da associazioni e società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che hanno optato per il regime di favore di cui alla legge n. 398 del 1991, rientranti nella previsione agevolativa ai fini IRES di cui all'articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999 (cfr. circolare n. 18/E del 2018, par. 3.6).
  L'Onorevole interrogante fa presente che, a favore della ipotesi di poter ricomprendere anche i ricavi delle attività istituzionali nel computo dei ricavi su cui fondare l'accesso al contributo, ci sarebbe la posizione espressa dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 14/E/2020, in materia di credito d'imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda, e che «tali concetti, quindi, potrebbero essere estesi per analogia alle attività istituzionali delle Società sportive dilettantistiche e delle Associazione sportive dilettantistiche».
  A tal proposito si precisa che, quanto previsto per il credito d'imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda non risulta estendibile, sic et simpliciter, ai fini della erogazione del contributo de quo atteso che il comma 4 dell'articolo 28 del decreto-legge n. 34 del 2020 prevede espressamente l'ammissibilità al credito d'imposta in relazione anche agli immobili destinati allo svolgimento dell'attività istituzionale.
  Alla luce di quanto suesposto, deve ribadirsi che, ai fini dei requisiti di accesso al contributo a fondo perduto di cui all'articolo 1 del decreto-legge Sostegni, le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro, devono fare riferimento ai ricavi connessi all'attività commerciale da essi svolta e rilevante ai fini IRES.