CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 7 luglio 2020
403.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (Atto n. 181).

PARERE APPROVATO

  La Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (Atto n. 181);
   rilevato come lo schema di decreto sia stato adottato in attuazione dell'articolo 22 della legge n. 47 del 2017, recante disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, il quale prevede l'adeguamento alle nuove previsioni della medesima legge n. 47 dei regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), e di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535 (Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri);
   sottolineata la grande rilevanza del provvedimento, volto ad attuare le novità introdotte dalla citata legge n. 47 del 2017 sulla disciplina relativa al rilascio dei permessi di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati e alla conversione dei permessi di soggiorno al raggiungimento della maggiore età, introducendo una serie di misure per il rafforzamento dei diritti e delle tutele in favore dei minori, a partire dalle fasi di accoglienza;
   premesso che il provvedimento era atteso entro un mese dalla data di entrata in vigore della suddetta legge, n. 47, avvenuta il 6 maggio 2017; lo schema di decreto introduce in particolare all'interno dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, un permesso per minore età e un permesso per motivi familiari, come previsto dall'articolo 10 della legge 7 aprile 2017, n. 47; tali permessi di soggiorno ampliano il livello di garanzie e tutele a favore dei minori stranieri non accompagnati;
   rilevato che solo dopo tre anni il Governo ha provveduto all'attuazione della norma di cui alla legge n. 47 del 2017, anche a seguito di alcune interrogazioni parlamentari e di diverse sollecitazioni da parte dell'Autorità Garante per l'Infanzia e rilevato altresì che l'atto in esame è solo il primo di tre provvedimenti attuativi previsti dalla stessa legge n. 47 del 2017: si ricorda infatti che sono attese anche le modifiche al DPCM n. 535 del 1999 (Regolamento concernente i compiti del comitato per i minori stranieri, a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), previsto anch'esso dall'articolo 22 della legge, n. 47, e un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulle procedure relative al primo colloquio con il minorenne a cura della struttura di accoglienza: quest'ultimo, di fondamentale importanza e previsto dall'articolo 19-bis del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, aggiunto dall'articolo 5 della legge 7 aprile 2017, n. 47, Pag. 41era atteso entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della predetta legge n. 47 del 2017;
   considerato il parere espresso sul provvedimento dal Consiglio di Stato il 27 febbraio 2020, nel quale si evidenzia, tra l'altro, come sullo schema non risultino acquisiti i concerti di tutte le amministrazioni concertanti rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999;
   rilevato in particolare come l'articolo 1, comma 1, lettera e), numero 2), dello schema, nel sostituire interamente la lettera a-bis) del comma 1 dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, preveda il rilascio del permesso per motivi familiari al minore straniero non accompagnato, purché affidato, includendo in tale ipotesi anche l'affidamento cosiddetto «di fatto» ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge n. 184 del 1983, ovvero sottoposto alla tutela di un cittadino italiano o di un cittadino straniero regolarmente soggiornante conviventi con il minore, senza dunque distinguere tra minori infra-quattordicenni e ultra-quattordicenni, laddove l'articolo 10, comma 1, lettera b), della legge n. 47 del 2017, opera tale distinzione, prevedendo che il permesso per motivi familiari viene rilasciato: al minore di quattordici anni affidato, anche in via «di fatto», o sottoposto alla tutela di un cittadino italiano con lo stesso convivente; al minore ultra-quattordicenne affidato, anche in via «di fatto», o sottoposto alla tutela di uno straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale o di un cittadino italiano con lo stesso convivente;
   segnalato al riguardo come il Consiglio di Stato, nel parere espresso sullo schema, chieda di riformulare la predetta disposizione di cui alla nuova lettera a-bis) del comma 1 dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394, col fine di renderla aderente alla norma primaria di cui all'articolo 10, comma 1, lettera b), della legge n. 47 del 2017, in ossequio al principio di gerarchia delle fonti, che non consente alla fonte secondaria di contraddire la fonte primaria;
   rilevato inoltre come l'articolo 1, comma 1, lettera e), dello schema, nel modificare l'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394, in materia di rilascio del permesso di soggiorno nei casi in cui sono vietati l'espulsione o il respingimento, al comma 1 non faccia riferimento ai casi di divieto di respingimento, laddove la citata legge n. 47 del 2017, all'articolo 10, disciplina il rilascio dei permessi di soggiorno per minori stranieri sia per i casi di divieto espulsione sia per i casi di divieto di respingimento;
   rilevato altresì come il nuovo articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera d), dello schema di regolamento, nel disciplinare il parere richiesto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la conversione del permesso di soggiorno per minore età, da un lato, al comma 1, estende la previsione del parere del Ministero del lavoro a tutti i casi di domanda di conversione, laddove l'articolo 32, comma 1-bis, del Testo unico dell'immigrazione limita tale parere ai casi di richiesta da parte dei minori stranieri affidati o sottoposti a tutela e, dall'altro, ai commi 4 e 5, prevede alcune deroghe alla necessità del predetto parere che non sono invece contemplate dal Testo unico dell'immigrazione;
   segnalato come il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema, abbia rilevato al riguardo che «la previsione del comma 1 dell'articolo 14-bis dello schema regolamentare in esame risulta non compatibile con la fonte primaria espressamente richiamata alla quale intenderebbe dare attuazione» e che «Analoghe considerazioni attengono i commi 4 e 5 dell'articolo 14-bis», in quanto, per assicurare il rispetto del principio di gerarchia delle fonti, non è possibile per la fonte regolamentare generalizzare un parere obbligatorio e vincolante estendendolo a tutti i casi di rilascio di permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato, divenuto maggiorenne, per motivi di studio, accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo;
   considerato che, secondo i dati diffusi dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Pag. 42sociali, a fine maggio 2020 erano 5.156 i minori stranieri non accompagnati presenti e censiti nel nostro Paese, di cui il 28 per cento di cittadinanza albanese e il 18,3 per cento accolto in Sicilia e che a fine 2019 erano 5.383 i minori irreperibili, vale a dire minori stranieri non accompagnati per i quali è stato segnalato dalle autorità competenti l'allontanamento e visto che nei primi 5 mesi del 2020 si sono registrate circa 420 segnalazioni;
   richiamato che la lettera n-bis) dell'articolo 1, comma 1, del decreto – legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, ha soppresso gli ultimi due periodi del comma 1-bis dell'articolo 32 del citato decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico dell'immigrazione), relativi al permesso di soggiorno per minori stranieri non accompagnati, al compimento del diciottesimo anno d'età; la predetta lettera n-bis), introdotta in fase di conversione del decreto – legge n. 113, ha in tal modo soppresso la previsione secondo cui il mancato rilascio del parere da parte del Comitato per i minori stranieri non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, nonché la previsione dell'applicazione a tale procedimento del silenzio assenso,
  esprime,

PARERE FAVOREVOLE
  con le seguenti condizioni:
   1) con riferimento all'articolo 1, comma 1, lettera e), numero 2), dello schema, provveda il Governo a chiarire i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato, in coerenza con le previsioni della legge n. 47 del 2017, di cui lo schema in esame costituisce attuazione, anche alla luce di quanto rilevato al riguardo nel parere reso dal Consiglio di Stato;
   2) con riferimento al nuovo articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera d), dello schema, provveda il Governo a valutare tali previsioni alla luce di quanto stabilito dall'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, tenuto conto di quanto evidenziato nel parere del Consiglio di Stato e di quanto già disposto dalle «Linee Guida dedicate al rilascio dei pareri per la conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età», adottate in attuazione del citato articolo 32, comma 1-bis, del Testo unico dell'immigrazione,
  e con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento all'articolo 1, comma 1, lettera e), dello schema, il quale apporta talune modifiche all'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, relativo al rilascio del permesso di soggiorno nei casi in cui sono vietati l'espulsione o il respingimento, valuti il Governo l'opportunità di integrare la disposizione nel senso di modificare anche il comma 1 del predetto articolo 28, facendo esplicito riferimento, oltre che ai casi di divieto di espulsione, anche ai casi di divieto di respingimento;
   b) con riferimento alla legge 7 aprile 2017, n. 47, risulta opportuno accelerare l'adozione dei decreti attuativi mancanti per dare piena attuazione a tale provvedimento;
   c) si sollecita il Governo ad adottare successivi provvedimenti volti a:
    1) rafforzare l'azione di contrasto al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati irreperibili;
    2) valorizzare adeguatamente il ruolo dei tutori volontari dei minori stranieri non accompagnati, anche con misure come i permessi di lavoro;
    3) reintrodurre gli ultimi due periodi del comma 1-bis dell'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, previgenti alla modifica apportata con il decreto – legge 4 ottobre 2018, n. 113.

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ALLEGATO 2

Ratifica ed esecuzione del Protocollo di adesione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall'altra, per tener conto dell'adesione dell'Ecuador, con Allegati. (C. 2091 Governo).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della Commissione Affari costituzionali,
   esaminato il disegno di legge C. 2091, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di adesione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall'altra, per tener conto dell'adesione dell'Ecuador, con Allegati, fatto a Bruxelles l'11 novembre 2016»;
   evidenziato come il disegno di legge in esame sia finalizzato a ratificare l'adesione dell'Ecuador all'Accordo commerciale tra l'Unione europea, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall'altra (cosiddetto «Accordo multipartito»);
   segnalato come il richiamato Accordo tra l'UE, la Colombia e il Perù, costituisca uno strumento importante per la crescita e lo sviluppo dell'integrazione regionale, oltre che per il rafforzamento delle relazioni politico-economiche biregionali, risultando inoltre ispirato al rispetto dei princìpi democratici, dello Stato di diritto e dei diritti umani;
   rilevato, per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, come il provvedimento si inquadri nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 3

Ratifica ed esecuzione dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Australia, dall'altra. (C. 2121 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della Commissione Affari costituzionali,
   esaminato il disegno di legge C. 2121, approvato dal Senato, recante «Ratifica ed esecuzione dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Australia, fatto a Manila il 7 agosto 2017»;
   segnalata la rilevanza e l'ampia portata dell'Accordo di cui si propone la ratifica, il quale intende consolidare e rafforzare i tre pilastri della collaborazione tra le Parti, promuovendo, in particolare: la cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza di interesse comune; la promozione della pace e della sicurezza internazionale; la cooperazione economica e commerciale; la cooperazione settoriale, relativa a ricerca e innovazione, istruzione e cultura; la cooperazione in materia di migrazione irregolare, traffico di persone, tratta di esseri umani, asilo, partecipazione sociale ed economica dei migranti, gestione delle frontiere, dei visti e dati biometrici e di sicurezza dei documenti; la lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e la criminalità informatica; la cooperazione giudiziaria; la tutela dei diritti di proprietà intellettuale;
   rilevato, per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, come il provvedimento attenga alla materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 4

Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo. (C. 875 e abb.-A).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della Commissione Affari costituzionali,
   esaminato il testo delle proposte di legge C. 875, C. 1060, C. 1702 e C. 2330- A, rinviato in Commissione Difesa nel corso della seduta dell'Assemblea della Camera del 28 maggio 2019, recante norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente;
   evidenziato che l'intervento legislativo trova ragione nell'urgente necessità di riportare nell'alveo costituzionale l'ordinamento vigente, in conformità a quanto disposto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 120 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), «in quanto prevede che «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali» invece di prevedere che «I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali»»;
   segnalato che la sentenza citata innova la precedente giurisprudenza costituzionale che, in ultimo, nella sentenza n. 449 del 1999 aveva confermato la legittimità del divieto gravante sugli appartenenti alle Forze armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale e, comunque, di aderire ad altri sindacati esistenti, allora consacrato nell'articolo 8, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina militare), e ciò sulla base dell'assunzione che la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'articolo 8 citato avrebbe aperto «inevitabilmente la via a organizzazioni la cui attività potrebbe risultare non compatibile con i caratteri di coesione interna e neutralità dell'ordinamento militare»;
   sottolineato che il diverso e recente orientamento costituzionale è maturato a seguito di una più approfondita riflessione sulla incidenza delle fonti internazionali che concorrono a integrare l'articolo 117, primo comma, della Costituzione ed in particolare della portata precettiva degli articoli 11 e 14 della CEDU e dell'articolo 5 della CSE, il cui contenuto è dalla Corte giudicato simile alle previsioni della CEDU, tanto da affermare (al punto 11 della motivazione in diritto) che: «Alla stregua di entrambi i parametri, vincolanti ai sensi dell'articolo 117, primo comma, Cost., va riconosciuto ai militari il diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale»;
   preso atto che, a giudizio della Corte, la portata e l'ambito del diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale devono, tuttavia, essere precisati alla luce dell'intero contenuto delle norme internazionali evocate, la quali fanno entrambe seguire all'affermazione di principio Pag. 46della libertà sindacale il riconoscimento della possibilità che siano adottate dalla legge restrizioni nei confronti di determinate categorie di pubblici dipendenti, rendendosi necessario verificare se e in quale misura tale facoltà possa o debba essere esercitata, e ciò anche alla stregua dei princìpi costituzionali che presiedono all'ordinamento militare;
   acclarato a tale stregua che la Corte ha riaffermato la necessità di considerare le peculiari esigenze di «coesione interna e neutralità», che distinguono le Forze armate dalle altre strutture statali, e ciò in quanto il rinvio dell'articolo 52, terzo comma, della Costituzione all'ordinamento delle Forze armate non sta ad indicare una pretesa (e inammissibile) estraneità di quell'ordinamento particolare all'ordinamento generale dello Stato, ma riassume semmai, con formulazione sintetica, l'assoluta specialità della funzione svolta e della conseguente e coerente organizzazione che in quella funzione si innerva ma che quella stessa funzione al contempo concorre a realizzare;
   considerato dunque che grava sul legislatore l'onere di individuare – anche attraverso un opportuno confronto con i soggetti portatori di interesse, di competenze e di esperienze nella materia in esame – un equilibrato e dinamico bilanciamento tra valori principi e regole costituzionali e che tale bilanciamento, per sua natura, non può risolversi nell'applicazione di una sorta di algoritmo algebrico, ma richiede piuttosto una ponderazione complessiva degli elementi di interesse;
   segnalato che proprio l'assunzione di questa prospettiva valutativa, in quanto idonea a coniugare specificità ordinamentali e coerenza sistematica, rende ragione e consente di apprezzare anche prescrizioni normative che, isolatamente considerate, potrebbero risultare non pienamente conformi agli obiettivi perseguiti, e risultare differenziate rispetto alle diverse esperienze sindacali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, quali ad esempio le norme in materia di competenza giurisdizionale sul procedimento per la repressione della condotta antisindacale, ovvero quelle relative alla diversa rilevanza del livello territoriale nell'articolazione dei modelli di relazioni sindacali, ovvero, infine, la regolamentazione, per alcuni versi fin troppo di dettaglio, in tema di finanziamento e trasparenza dei bilanci delle associazioni sindacali militari;
   considerato che proprio in ragione di tale difficile e delicato compito una prima formulazione del testo in esame, sulla quale questo Comitato aveva pure espresso parere favorevole senza osservazioni o condizioni nella seduta del 14 maggio 2019, sottoposto al voto dell'Assemblea della Camera nella seduta del 28 maggio 2019, è stato da questa rinviato in Commissione Difesa per una più approfondita valutazione, al cui esito è stato formulato il testo oggi in esame;
   sottolineata l'urgenza di adeguare l'ordinamento vigente alla più volte richiamata giurisprudenza costituzionale;
   rilevato in ogni caso, per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, come il provvedimento sia riconducibile alle materie «difesa e Forze armate» e «giurisdizione e norme processuali», attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato dall'articolo 117 secondo comma, lettere d) ed l), della Costituzione,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 5

DL 33/2020: Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (C. 2554 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della Commissione Affari costituzionali,
   esaminato il disegno di legge C. 2554, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19;
   rilevato, per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, come il provvedimento appaia riconducibile alle materie «ordinamento civile» e «profilassi internazionale», entrambe di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere l) e q) della Costituzione;
   rilevato come assumano inoltre rilievo le materie «istruzione», «tutela della salute» e «tutela e sicurezza del lavoro», attribuite alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nonché la materia «commercio e attività produttive», attribuita alla competenza legislativa residuale regionale, ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione;
   osservato come l'articolo 1 del decreto-legge, al comma 9, attribuisca al sindaco la facoltà di disporre la chiusura temporanea di aree pubbliche o aperte al pubblico qualora non sia possibile assicurare adeguatamente il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale, pari ad almeno un metro;
   richiamata l'esigenza di chiarire, al riguardo, se tale norma consenta al sindaco di mantenere aperte aree pubbliche o aperte al pubblico anche qualora risultasse impossibile assicurare, in modo adeguato, il rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro;
   rilevato come il comma 12 dell'articolo 1 abiliti i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, a stabilire termini di efficacia diversificati, ove dispongano in merito a: quarantena precauzionale (di cui al comma 7); partecipazione del pubblico a eventi, spettacoli, convegni ecc. (di cui al comma 8) o a riunioni (di cui al comma 10) o a funzioni religiose (di cui al comma 11);
   segnalato, tuttavia, come l'articolo 3, comma 1, preveda che le misure di cui al decreto-legge si applichino dal 18 maggio 2020 al 31 luglio 2020, fatti salvi i diversi termini previsti dall'articolo 1;
   considerato altresì, in relazione alla medesima tematica, che l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020 prevede che le misure di contenimento dell'epidemia possono essere adottate «per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020»;
   valutata dunque l'opportunità di approfondire il combinato disposto tra l'articolo 1, comma 12, e l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge in esame;
   rilevato come l'articolo 1, comma 13, modificato dal Senato, demandi ai provvedimenti attuativi del decreto-legge n. 19 Pag. 48del 2020 le modalità di svolgimento delle attività didattiche nelle scuole e nei servizi educativi per l'infanzia, della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, nonché di altri corsi formativi e professionali;
   considerato peraltro che, alla luce del già citato articolo 3, comma 1, del decreto-legge, sembra doversi escludere che i provvedimenti richiamati (DPCM) potranno disciplinare il periodo successivo al 31 luglio 2020 e quindi l'anno scolastico 2020/2021;
   segnalata dunque, a tale ultimo riguardo, l'opportunità di precisare con quale atto e sulla base di quale autorizzazione legislativa potrà essere disciplinato, successivamente al 31 luglio 2020, l'avvio del nuovo anno scolastico 2020/2021 in relazione ai diversi aspetti concernenti il contenimento dell'epidemia da COVID-19;
   rilevato come il comma 14 dell'articolo 1 stabilisca che le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei protocolli o delle linee guida adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali;
   segnalato come il comma 15 dell'articolo 1 preveda, nel caso di mancato rispetto dei predetti protocolli o linee guida, tale da non assicurare adeguati livelli di protezione, la sospensione dell'attività economica, produttiva o sociale, fintanto che non siano state ripristinate le condizioni di sicurezza,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE
  con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento all'articolo 1, comma 9, del decreto-legge, valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare se al sindaco sia attribuita una mera facoltà, e non un obbligo, di procedere alla chiusura di aree pubbliche o aperte al pubblico, qualora non sia possibile assicurare adeguatamente il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale;
   b) valuti la Commissione di merito l'opportunità di approfondire il combinato disposto dell'articolo 1, comma 12, e dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge, al fine di escludere un'interpretazione di quest'ultimo che consenta un'applicazione delle misure previste dall'articolo 1 successivamente al 31 luglio 2020, in ossequio al carattere temporaneo e proporzionato che le misure di contrasto dell'epidemia incidenti su libertà fondamentali devono avere;
   c) valuti la Commissione di merito il contenuto del comma 13 dell'articolo 1, alla luce di quanto illustrato nelle premesse, precisando con quale atto e sulla base di quale autorizzazione legislativa potrà essere disciplinato, successivamente al 31 luglio 2020, l'avvio del nuovo anno scolastico 2020/2021 in relazione ai diversi aspetti concernenti il contenimento dell'epidemia da COVID-19, non già affrontati dal decreto del Ministro dell'istruzione del 26 giugno 2020;
   d) con riferimento al comma 14 dell'articolo 1, valuti la Commissione di merito l'opportunità di stabilire un criterio di prevalenza in caso di compresenza e contrasto tra protocolli o linee guida regionali, da un lato, e protocolli e linee guida della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dall'altro;
   e) con riferimento al comma 15 dell'articolo 1, valuti la Commissione di merito l'opportunità di specificare se la sospensione dell'attività sia disposta come mera conseguenza del mancato rispetto dei protocolli o delle linee guida, ovvero se occorra una violazione grave, tale da non poter assicurare adeguati livelli di protezione.