ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00273

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 206 del 10/07/2019
Abbinamenti
Atto 7/00645 abbinato in data 05/05/2021
Atto 7/00646 abbinato in data 05/05/2021
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00111
Firmatari
Primo firmatario: DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 10/07/2019


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Stato iter:
05/05/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 29/04/2021
DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA
 
INTERVENTO GOVERNO 29/04/2021
DELLA VEDOVA BENEDETTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 29/04/2021
LUPI MAURIZIO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI-RINASCIMENTO ADC
DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO
 
ILLUSTRAZIONE 05/05/2021
DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 05/05/2021
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 05/05/2021
DI STEFANO MANLIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 23/04/2021

DISCUSSIONE IL 29/04/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 29/04/2021

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 05/05/2021

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 05/05/2021

DISCUSSIONE IL 05/05/2021

ACCOLTO IL 05/05/2021

PARERE GOVERNO IL 05/05/2021

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 05/05/2021

CONCLUSO IL 05/05/2021

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00273
presentato da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea
testo presentato
Mercoledì 10 luglio 2019
modificato
Venerdì 23 aprile 2021, seduta n. 493

   La III Commissione,

   premesso che:

    nel mondo, un cristiano ogni 7 vive in una condizione di persecuzione, oltre 300 milioni di persone discriminate per il loro specifico credo. Dal XV Rapporto sulla libertà religiosa di «Aiuto alla Chiesa che Soffre» emerge una situazione fortemente cupa per i cristiani, la comunità di fedeli maggiormente perseguitata al mondo;

    la libertà religiosa è violata in quasi un terzo dei Paesi del mondo (31,6 per cento), dove vivono circa due terzi della popolazione mondiale. 62 Paesi su un totale di 196 registrano violazioni molto gravi della libertà religiosa. Il numero di persone che vivono in questi Paesi sfiora i 5,2 miliardi, il 67 per cento della popolazione mondiale, poiché tra i peggiori trasgressori vi sono alcune delle nazioni più popolose del mondo (Cina, India, Pakistan, Bangladesh e Nigeria);

    sono 62 gli Stati in cui si registrano gravi o estreme violazioni della libertà religiosa: 26 sono classificati come «PERSECUZIONE»: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Cina, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, India, Iran, Corea del Nord, Libia, Malesia, Maldive, Mali, Mozambico, Myanmar, Niger, Nigeria, Pakistan, Somalia, Sri Lanka, Turkmenistan, Yemen;

    in questi 26 Paesi vivono 3,9 miliardi di persone, ovvero poco più della metà (il 51 per cento) della popolazione mondiale. Questa classificazione include 12 Stati africani e 2 Paesi in cui sono in corso indagini per un possibile genocidio: Cina e Myanmar (Birmania);

    36 sono luoghi di «DISCRIMINAZIONE»: Algeria, Azerbaijan, Bahrain, Brunei, Cuba, Gibuti, Egitto, Etiopia, Indonesia, Iraq, Giordania, Kazakistan, Kuwait, Kirghizistan, Laos, Madagascar, Mauritania, Mauritius, Marocco, Nepal, Nicaragua, Oman, Palestina e Gaza, Qatar, Singapore, Sudan, Siria, Tagikistan, Tanzania, Thailandia, Tunisia, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Uzbekistan, Venezuela e Vietnam;

    in questi 36 Paesi vivono 1,24 miliardi di persone. Sono stati identificati leggeri miglioramenti in 9 Paesi, mentre in 20 nazioni la situazione sta peggiorando;

    in 30 Paesi delle persone sono state uccise in attacchi a sfondo religioso a partire dalla metà del 2018;

    uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan, che si colloca al 5° posto nel ranking della «World Watch List 2020», l'annuale rapporto della Ong Porte Aperte sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo, che fotografa la classifica dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani;

    il Pakistan nasce come Stato laico, il tratto islamico-radicale si è affermato a partire dal 1956, anno in cui la denominazione fu cambiata in Repubblica Islamica del Pakistan. Pakistan vuol dire «terra dei puri»: la parola è un neologismo che combina i termini pāk, «puro» in urdu, e -stan, che significa Paese. Da allora il Pakistan ha assunto un orientamento nettamente islamista specialmente sotto la dittatura del generale Zia ul-Haq, al potere dal 1977 al 1988, durante la quale la legge islamica (shari'a) ha acquisito un ruolo predominante all'interno del sistema giuridico pachistano;

    qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge sulla «blasfemia», disciplinata nel codice penale pachistano dagli articoli 295 B, 295 C, 298 A, 298 B, 298 C;

    la legge è entrata in vigore nel 1986 e limita fortemente la libertà di religione e di espressione. Contempla, nei casi estremi, la condanna a morte e l'obiettivo nascosto è quello di impedire che il cristianesimo si diffonda;

    la legge sulla blasfemia è un'eredità dell'ordinamento dell'impero britannico del 1947, anno di nascita dello Stato pakistano. Inizialmente, la norma prevedeva il carcere o una sanzione amministrativa per chi «dolosamente e deliberatamente oltraggi, con parole, scritti o altre rappresentazioni, qualsiasi religione». Risale al 1986 l'aggiunta di due commi, il 295 B che prevede l'ergastolo «per chi offende il Corano o ne danneggi una copia in tutto o in parte o lo utilizzi per scopi illeciti» e il 295 C che commina «la pena capitale o carcere a vita e/o multa per chiunque offenda il nome o la persona del Profeta Muhammad con parole, scritti o altre rappresentazioni». Dal 1990 per il comma 295 C viene applicata solo la pena di morte;

    nella vita di tutti i giorni, questa legge è spesso utilizzata come strumento per perseguitare le minoranze religiose poiché non prevede l'onere della prova per chi accusa;

    dati recenti diffusi dal Centre for Social Justice (Csj, Centro di giustizia sociale), mostrano che le leggi sulla blasfemia creano sempre più vittime. Dal 1987 fino al dicembre 2020, almeno 1855 persone sono state accusate di offese legate alle «leggi sulla blasfemia»;

    il 2020 è l'anno in cui vi sono stati più accusati: 200. Il fatto considerevole è che il 75 per cento degli accusati sono musulmani e il più alto numero di vittime sono sciiti (il 70 per cento). Le altre vittime sono ahmadi (20 per cento); sunniti (5 per cento); cristiani (3,5 per cento) indù (1,5) e altre religioni, o religioni non confermate (0,5 per cento);

    almeno 78 persone sono state uccise con assassini extra-giudiziari, dopo essere stati accusati di blasfemia o apostasia. Di questi, 42 sono musulmani; 23 cristiani; 9 ahmadi; 2 indù; 2 la cui identità religiosa non è chiara; è evidente come l'uso della legge sia diventato uno strumento facile nei confronti degli avversari economici, politici o religiosi. Dall'inizio, in cui musulmani accusavano non-musulmani, si è giunti a una situazione in cui musulmani accusano anche altri musulmani;

    gli accusati di religione musulmana godono di un trattamento privilegiato: ai musulmani basta negare le accuse per essere assolti e quando sono implicati loro non c'è mai la violenza che si vede con i cristiani. Secondo la giurisprudenza pakistana, nessun musulmano può essere condannato a morte per blasfemia se nega chiaramente le accuse e afferma di essere un vero musulmano. I musulmani, per essere assolti, non hanno bisogno neanche di testimoni, mentre per i cristiani le regole sono diverse. Si dà per scontato che i cristiani siano blasfemi perché non credono in Allah: per condannarli a morte basta anche una sola persona che renda testimonianza per iscritto;

    per il momento, nessun condannato a morte per blasfemia è stato giustiziato in Pakistan. La prima donna condannata a morte per effetto della legge è stata Asia Bibi nel 2010. Tuttavia, spesso accade che coloro che vengono rilasciati siano assassinati a seguito di agguati o attentati da parte di estremisti islamici;

    un altro caso si è concluso con la condanna a morte in primo grado di un cristiano, a Lahore, al termine di un processo durato sette anni. La condanna si riferiva a messaggi inviati dal 37enne Asif Pervaiz nel 2013 e per i quali è rimasto in carcere per sette anni. Il suo capo in una fabbrica di abbigliamento lo aveva accusato di aver inviato messaggi sacrileghi sui social dal suo cellulare. Da allora, la moglie Marilyn e i suoi quattro figli piccoli sono dovuti fuggire per salvarsi la vita. Il suo avvocato riferisce che in tribunale «non è stato veramente provato» che abbia commesso blasfemia, aggiungendo che presenterà ricorso all'Alta corte di Lahore;

    per chi viene accusato, la prigione è già di per sé una punizione ma a questo si aggiunge l'isolamento dagli altri detenuti perché si teme che qualcuno possa uccidere il blasfemo. Secondo il Centre for Research and Security Studies, dal 1990 almeno 65 persone – tra cui giudici e avvocati – sono state linciate o assassinate per sospetto di blasfemia o per aver difeso persone accusate di tale reato;

    l'assoluzione di Asia Bibi rappresenta un momento storico per i cristiani e in generale per tutte le minoranze religiose del Pakistan. Tuttavia quella della cosiddetta legge anti-blasfemia e in particolare dell'abuso della stessa, resta una questione aperta. Negli ultimi anni, i tentativi dei governi di combattere la violenza interreligiosa, di contrastare la discriminazione contro i non musulmani e i vari tentativi di riformare o definire i limiti della norma non hanno avuto grande successo, e la società pakistana ha subito un processo molto evidente di islamizzazione;

    quando dei cristiani sono accusati di presunta blasfemia, tutti i cristiani della zona vengono incriminati. Ne deriva un sempre più diffuso senso di insicurezza che spinge le minoranze religiose pakistane a lasciare il Paese. I numeri a riguardo sono chiari: nel 1947 le minoranze nel Paese raggiungevano il 30 per cento della popolazione. Nel 1998 la percentuale è scesa al 3 per cento;

    i cristiani non saranno mai al sicuro fino a quando ci sarà la legge sulla blasfemia perché cancella la libertà religiosa, la libertà di espressione e gli altri diritti fondamentali: oggi un cristiano è libero di dire cosa pensa del Corano o non è libero di dire che Gesù è figlio di Dio perché, altrimenti, sarebbe accusato di avere dichiarato che Maometto è un falso profeta;

    nell'apice degli scontri sul caso Asia Bibi, le chiese hanno chiesto a tutti i cristiani di non parlare della propria fede con i musulmani e hanno deciso di non diffondere in nessun modo il cristianesimo, anche se la Costituzione lo consente come diritto;

    San Giovanni Paolo II sosteneva che «la difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese»: se in una nazione non viene rispettata la libertà religiosa, difficilmente saranno rispettati anche gli altri diritti della persona;

    per la sua importanza per la sicurezza e la stabilità dell'ordinamento internazionale, numerose dichiarazioni e convenzioni ne incoraggiano la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e degli organismi internazionali;

    il diritto alla libertà religiosa è tutelato, tra le altre, dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ed inteso come il diritto di ogni individuo alla libertà di cambiare di religione o credo, di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti;

    la Costituzione pakistana del 1973 stabilisce, nel suo preambolo ed agli articoli 20, 21 e 22, che tutti i cittadini godono della libertà di praticare e professare liberamente la religione che desiderano. Tuttavia, il diritto alla libertà religiosa è considerevolmente limitato dalle previsioni costituzionali che non considerano gli appartenenti alle minoranze religiose cittadini pieni al pari dei musulmani. Vale la pena citare, a titolo di esempio, l'articolo 41.2 afferma che il Capo dello Stato deve essere un musulmano e l'articolo 91.3 stabilisce che anche il Primo Ministro deve essere musulmano;

    da un punto di vista politico, invece, il cosiddetto sistema di «elettorato separato» ammette esplicitamente la rappresentanza politica delle minoranze religiose nelle assemblee elette del Paese: secondo questo schema, dieci seggi del Parlamento federale sono riservati alle minoranze religiose, che tuttavia in questo modo sono considerate come un qualcosa di distinto dal resto della nazione. All'inizio del gennaio del 2018, gli Stati Uniti hanno posto il Pakistan in una «watch list» speciale di Stati in cui avvengono gravi violazioni della libertà religiosa, insieme a nazioni come la Birmania, la Cina, l'Iran, la Corea del Nord e l'Arabia Saudita;

    il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, poi, ha sospeso gli aiuti Usa al Pakistan per l'anno fiscale 2018, circa 3 miliardi di dollari statunitensi, fino a quando il governo pachistano non otterrà maggiori risultati nella lotta contro le organizzazioni terroriste islamiste attive nel Paese, le cui azioni incidono anche sul livello di sicurezza in Afghanistan;

    il 20 aprile 2021, Asia Bibi ha lanciato questo appello al primo ministro pakistano Imran Khan: «Abolisca la legge sulla blasfemia o ne impedisca l'abuso», definendola «una spada nelle mani della maggioranza del Paese, composta per il 95 per cento da musulmani». Asia Bibi poi ha chiesto «alla comunità internazionale e alle autorità in Pakistan di far rispettare il diritto alla libertà religiosa»,

impegna il Governo:

  1) a promuovere ogni opportuna iniziativa affinché il Pakistan proceda all'abrogazione delle disposizioni normative che prescrivono pene per presunti atti di blasfemia;

  2) ad assumere iniziative per sospendere l'erogazione di aiuti e contributi finanziari al Pakistan fino all'avvenuto miglioramento delle condizioni in cui versano le minoranze religiose;

  3) ad adottare ogni utile iniziativa, anche normativa, per ricomprendere l'effettivo rispetto della libertà religiosa tra i requisiti necessari per la concessione di aiuti a Paesi terzi;

  4) ad inserire il tema del rispetto effettivo della libertà religiosa tra gli argomenti da trattare nel corso degli incontri ufficiali tra il Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale con gli omologhi degli Stati in cui sono presenti discriminazioni di carattere religioso;

  5) ad assumere iniziative per garantire, negli accordi con i Paesi terzi, che una parte degli aiuti economici destinati agli Stati dove non viene pienamente garantita la libertà di religione sia destinata a progetti specifici che favoriscano l'emancipazione, l'accesso all'istruzione, alla formazione professionale e alla casa per le minoranze religiose.
(7-00273) «Delmastro Delle Vedove».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

gruppo religioso

minoranza nazionale

religione