ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/04650

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 398 del 23/09/2020
Abbinamenti
Atto 5/04651 abbinato in data 24/09/2020
Firmatari
Primo firmatario: PALAZZOTTO ERASMO
Gruppo: LIBERI E UGUALI
Data firma: 23/09/2020


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 23/09/2020
Stato iter:
24/09/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RINUNCIA ILLUSTRAZIONE 24/09/2020
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO LIBERI E UGUALI
 
RISPOSTA GOVERNO 24/09/2020
Resoconto MERLO RICARDO ANTONIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
 
RINUNCIA REPLICA 24/09/2020
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO LIBERI E UGUALI
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 24/09/2020

DISCUSSIONE IL 24/09/2020

SVOLTO IL 24/09/2020

CONCLUSO IL 24/09/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-04650
presentato da
PALAZZOTTO Erasmo
testo di
Mercoledì 23 settembre 2020, seduta n. 398

   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la sera del 1° settembre 2020 due pescherecci della marineria di Mazara del Vallo, l'Antartide e il Medinea, sono stati sequestrati dalle autorità libiche a circa 35 miglia a nord di Bengasi, mentre altri due pescherecci, che navigavano nelle vicinanze, sono riusciti a sfuggire alla cattura;

   i 18 pescatori portati a Bengasi da militari libici, dopo il sequestro dei due pescherecci, sono i componenti degli equipaggi dei due natanti sequestrati e i comandanti dei due pescherecci che sono riusciti a fuggire;

   il sequestro dell'Antartide e del Medinea è avvenuto da parte di autorità che fanno capo al generale Khalifa Haftar e all'autoproclamato Governo dell'est della Libia che, secondo alcuni quotidiani, starebbe utilizzando la sorte dei 18 marittimi siciliani per proporre uno «scambio di prigionieri». Il generale Haftar, infatti, avrebbe fatto sapere che i pescatori non verranno rilasciati se non in cambio della liberazione di quattro cittadini libici, condannati in Italia a 30 anni di carcere e tuttora detenuti con l'accusa di essere tra gli scafisti della cosiddetta «Strage di Ferragosto» del 17 agosto 2015 in cui morirono 49 migranti, in asfissia nella stiva di un'imbarcazione;

   in un primo momento l'unica contestazione avanzata agli armatori era quella della presenza dei loro pescherecci all'interno delle 72 miglia che la Libia dal 2005 rivendica unilateralmente come acque territoriali, in virtù della Convenzione di Montego Bay che dà facoltà di estendere la propria competenza fino a 200 miglia. A quella contestazione, nelle ultime ore si sarebbe aggiunta l'accusa di traffico di droga, perché secondo fonti libiche, nel corso di una ulteriore perquisizione a bordo sarebbero stati ritrovati dei panetti di sostanze stupefacenti. A tale proposito si sottolinea come i pescherecci siano rimasti incustoditi sin dai primi giorni e la contestazione sarebbe avvenuta soltanto successivamente;

   a parere dell'interrogante il nostro Paese non può in alcun modo permettersi che propri concittadini restino nelle mani di autorità non riconosciute e alla mercé di milizie spesso in conflitto tra loro –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato affinché i pescatori possano rientrare a Mazara del Vallo, dalle loro famiglie chiarendo al contempo le verosimili tempistiche per il loro rientro, riaffermando così la dignità e la credibilità del nostro Paese nel Mediterraneo.
(5-04650)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 24 settembre 2020
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-04650

  Nella notte tra il 1° e il 2 settembre quattro pescherecci italiani sono stati intercettati e fermati dalle autorità marittime libiche riferibili all'autoproclamato Governo dell'est del Paese. Al momento del fermo, le imbarcazioni si trovavano a circa 40 miglia nautiche a nord-ovest di Bengasi. Due pescherecci, «Antartide» e «Medinea», sono stati coattivamente condotti nel porto di Bengasi e lì trattenuti insieme ai loro equipaggi: 6 cittadini italiani, 4 sull'Antartide e 2 sul Medinea, e altri membri di varie nazionalità, principalmente tunisina. Gli altri due pescherecci, «Anna Madre» e «Natalino», sono rientrati in Italia, mentre 2 membri dei loro equipaggi sono stati condotti a Bengasi insieme al gruppo di «Antartide» e «Medinea». In totale sono quindi 8 i connazionali coinvolti nella vicenda.
  Tutti i nostri connazionali risultano attualmente in stato di fermo. L'8 settembre i pescatori sono stati trasferiti presso un centro della polizia locale dove risultano al momento trattenuti per nuovi interrogatori, oltre a quelli già effettuati.
  L'intervento libico sarebbe scaturito dalla presunta violazione della Zona di Pesca Protetta (ZPP), un'area di mare estesa fino a 74 miglia dalla costa, e dalla linea che chiude idealmente il golfo della Sirte, proclamata dalla Libia nel 2005. Al di là delle valutazioni di profilo più prettamente giuridico internazionale, l'area corrispondente alla Zona di Pesca Protetta libica è stata dichiarata «zona ad alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana, senza distinzione di tipologia, dal Comitato di Coordinamento Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti e delle Infrastrutture (COCIST) nel maggio 2019. Anche in passato, a più riprese, la Farnesina, insieme al Comando Generale della Guardia Costiera e al Ministero delle politiche agricole, ha raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche. Abbiamo più volte avvertito che in quell'area azioni da parte delle autorità o delle milizie locali possono facilmente concludersi con serie misure sanzionatorie tra cui multe elevate, sequestro delle attrezzature di pesca e dell'eventuale pescato, confisca delle imbarcazioni.
  L'Italia, come il Ministro Di Maio ha dichiarato pubblicamente, non accetta ricatti. Il ritorno dei nostri connazionali è una priorità assoluta per il Ministero degli affari esteri, così come per il Governo in tutte le sue articolazioni.
  Il Ministro Di Maio ha di questo rassicurato direttamente i familiari degli equipaggi dei due pescherecci sequestrati, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori, da ultimo il 15 settembre scorso. A tutti loro il Ministro ha confermato la determinazione e il sostegno del Governo. A ulteriore testimonianza dell'attenzione che riserviamo alla vicenda, il 22 settembre alcuni familiari dei pescatori italiani sono stati ricevuti a Palazzo Chigi su indicazione del Presidente del Consiglio Conte e alla Farnesina su indicazione del Ministro Di Maio.
  L'impegno del Ministro e dell'Amministrazione degli esteri è costante, caratterizzato dal basso profilo mediatico che vicende del genere richiedono. La Farnesina ha da subito avviato contatti con le autorità dell'Est della Libia sia per verificare le condizioni dei pescatori sia per sollecitare una pronta soluzione della vicenda. Fin dall'inizio, tutti i connazionali si trovano in buone condizioni e risulta che siano trattati in modo corretto. Informazioni sul loro stato vengono acquisite costantemente attraverso il Console Onorario d'Italia a Tobruk.
  Il 16 settembre il Comandante della «Medinea» è riuscito a parlare al telefono con l'armatore, alla presenza della famiglia. Nel corso della conversazione il Comandante ha confermato che tutti i marittimi italiani stanno bene e ha chiesto l'aiuto delle Istituzioni. L'Unità di Crisi della Farnesina mantiene contatti quotidiani con familiari e armatori.
  Il 7 settembre l'Ambasciatore d'Italia a Tripoli ha avuto colloqui con il Presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aghila Saleh, dopo aver incontrato il giorno precedente il Presidente della Commissione Esteri della Camera, Yusef Aguri.
  A livello internazionale, il Ministro Di Maio ha avuto colloqui telefonici con il suo omologo emiratino Abdullah bin Zayed Al Nahyan il 14 settembre e con il Ministro degli affari esteri russo Lavrov il 15 settembre. Con entrambi il Ministro ha sollevato la questione degli equipaggi in stato di fermo ed esortato Emirati Arabi e Russia a esercitare la loro influenza sulle autorità di Bengasi per facilitare il rilascio dei connazionali. L'Italia ha avanzato analoghe richieste di collaborazione ad altri partner internazionali.
  Le iniziative della Farnesina si inseriscono in uno sforzo corale delle Istituzioni del nostro Paese, che vedrà ulteriore conferma nella convocazione di un apposito vertice di Governo. L'obiettivo è quello di coordinare ulteriormente gli sforzi per portare presto a casa i nostri pescatori.