ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/03995

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 342 del 19/05/2020
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 19/05/2020


Commissione assegnataria
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 19/05/2020
Stato iter:
20/05/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/05/2020
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA
 
RISPOSTA GOVERNO 20/05/2020
Resoconto PUGLISI FRANCESCA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
REPLICA 20/05/2020
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 20/05/2020

SVOLTO IL 20/05/2020

CONCLUSO IL 20/05/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03995
presentato da
RIZZETTO Walter
testo di
Martedì 19 maggio 2020, seduta n. 342

   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto Cura Italia, all'articolo 42, comma 2, assimila i casi di infezione da coronavirus in occasione di lavoro all'infortunio sul lavoro, come ripreso dalla circolare dell'Inail, n. 13 del 3 aprile 2020;

   a ciò consegue che il datore di lavoro sia potenzialmente esposto a responsabilità, in sede civile e penale, per l'aver cagionato la malattia o nei casi più gravi la morte del lavoratore;

   imprese e datori di lavoro hanno manifestato forte apprensione per la responsabilità oggettiva, penalmente rilevante, che grava su di loro, considerando che non è possibile un pieno controllo sui rischi di contagio, pur con il rispetto dei precetti relativi alle misure di sicurezza. Inoltre, di fatto, risulta a dir poco difficoltoso stabilire con certezza se il morbo sia stato contratto sul lavoro o in altro ambiente di vita;

   pertanto, sono state sollecitate urgenti iniziative al Governo che consentano alle aziende, che applicano le misure di sicurezza, di non correre il rischio di essere esposte a contenziosi;

   per rispondere a questa legittima richiesta di certezza giuridica, l'Inail ha precisato che il riconoscimento dell'origine professionale del contagio non ha alcun rilievo, né per sostenere l'accusa in sede penale, dove vale il principio della presunzione di innocenza e dell'onere della prova a carico del pm, né in sede civile, dove è sempre necessario l'accertamento della colpa nella determinazione dell'infortunio, come il mancato rispetto della normativa a tutela della salute e della sicurezza;

   è evidente che non può l'Inail con dei chiarimenti risolvere una questione che è strettamente giuridica e che concerne l'interpretazione delle norme del codice civile e di quello penale in materia di responsabilità;

   per tutelare realmente imprese e imprenditori dal rischio di contenziosi, è necessario un provvedimento legislativo, che con chiarezza esoneri da ogni imputazione coloro che applicano correttamente i protocolli di sicurezza;

   con quest'ultimo intervento interpretativo dell'Inail si è voluta fornire una risposta meramente mediatica, ma che non ha alcuna valenza sul piano giuridico nel risolvere le potenziali conseguenze in danno ai datori di lavoro, che derivano con l'equiparazione dei casi di COVID-19 presuntivamente contratti sul lavoro all'infortunio –:

   se e quali idonee iniziative normative intenda porre in essere per tutelare imprese e datori di lavoro da possibili ingiuste imputazioni, in sede penale e civile, derivanti dall'equiparazione dei casi di infezione da coronavirus all'infortunio sul lavoro.
(5-03995)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 20 maggio 2020
nell'allegato al bollettino in Commissione XI (Lavoro)
5-03995

  Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante richiama l'attenzione sulla tutela delle imprese dalle potenziali conseguenze dannose derivanti dall'equiparazione dei casi di infezione da COVID-19 in occasione di lavoro agli infortuni sul lavoro.
  In via preliminare, preciso che la disposizione contenuta nell'articolo 42, secondo comma del decreto-legge «Cura Italia» ha, anzitutto, una portata chiarificatrice finalizzata ad indirizzare, in un momento delicato, caratterizzato dall'emergenza nazionale, l'azione dei medici certificatori e dei datori di lavoro, con lo scopo di apprestare velocemente le prestazioni agli infortunati vittime del contagio, evitando disguidi e sovrapposizioni di competenze.
  Nel merito, l'articolo 42 non modifica ma conferma i princìpi generali applicati per il riconoscimento delle prestazioni a favore di tutti i lavoratori in caso di infortunio da contagio da malattia infettiva e ciò anche in un periodo di pandemia caratterizzata da una larga diffusione dei fattori di contagio.
  Secondo i princìpi che regolano l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, quindi, l'indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l'Inail tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l'aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, attraverso una equiparazione della causa virulenta a quella violenta, così come stabilito dalla disposizione in esame.
  I contagi da coronavirus non fanno, quindi, eccezione a tale regola e sono, pertanto, da ricondurre a tutti gli effetti nell'ambito degli infortuni sul lavoro; ciò sulla base di un consolidato orientamento sia dell'INAIL che della scienza medico-legale nonché della giurisprudenza.
  La disposizione in esame riafferma tale indirizzo e chiarisce che la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell'esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus, contratta in occasione di lavoro e ciò per tutti i lavoratori assicurati.
  Per quanto riguarda le conseguenze derivanti dal riconoscimento come infortunio sul lavoro dei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro, voglio precisare che da essi non discende automaticamente l'accertamento della responsabilità civile o penale in capo ai datori di lavoro.
  Infatti, sono ben diversi i presupposti per l'erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro rispetto a quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro. Queste ultime responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.
  Pertanto, il riconoscimento dell'infortunio da parte dell'Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l'accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell'onere della prova a carico del pubblico ministero.
  Del resto, neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario accertare la colpa di quest'ultimo per aver causato l'evento dannoso.
  Peraltro, la diffusione ubiquitaria del virus Sars-CoV-2, la molteplicità delle modalità e delle occasioni di contagio e la circostanza che le disposizioni regolanti le cautele da adottare in ambito lavorativo per contrastare la diffusione del contagio sono oggetto di continuo aggiornamento da parte degli organi tecnico-scientifici che supportano il Governo, rendono particolarmente problematica la configurabilità di una responsabilità civile o penale del datore di lavoro che operi nel rispetto delle regole.
  Al riguardo, voglio evidenziare che un ruolo essenziale è attribuito all'osservanza, da parte delle aziende, dei principi contenuti negli specifici protocolli, sottoscritti dalle parti sociali, d'intesa con il Governo, volti a rendere sicuri e salubri i luoghi di lavoro e a prevenire e contenere i rischi di contagio da COVID-19.
  Sotto questo aspetto, in caso di osservanza delle citate disposizioni, è ragionevole ritenere che la corretta applicazione dei criteri che presiedono all'accertamento della responsabilità in ambito civile e penale, anche alla luce dell'articolo 2087 del codice civile, dovrebbe certamente escludere la configurabilità di qualsiasi responsabilità in capo al datore di lavoro.