ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/03911

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 334 del 05/05/2020
Firmatari
Primo firmatario: QUARTAPELLE PROCOPIO LIA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 05/05/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO 05/05/2020
BORGHI ENRICO PARTITO DEMOCRATICO 05/05/2020
SCHIRO' ANGELA PARTITO DEMOCRATICO 05/05/2020


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 05/05/2020
Stato iter:
06/05/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 06/05/2020
Resoconto QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
 
RISPOSTA GOVERNO 06/05/2020
Resoconto DEL RE EMANUELA CLAUDIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
 
REPLICA 06/05/2020
Resoconto QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 06/05/2020

SVOLTO IL 06/05/2020

CONCLUSO IL 06/05/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03911
presentato da
QUARTAPELLE PROCOPIO Lia
testo di
Martedì 5 maggio 2020, seduta n. 334

   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ENRICO BORGHI e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza Covid-19 e in vista della ripresa, la situazione di diverse categorie di lavoratori italiani frontalieri continua ad essere molto delicata, anche in relazione alla solo parziale riapertura di taluni valichi di frontiera;

   inoltre, moltissimi lavoratori italiani che svolgono la propria attività in Svizzera — circa 80 mila lavoratori — sono stati lasciati a casa dalle imprese ticinesi in modo temporaneo o anche definitivamente. Si stima che attualmente siano già circa 6 mila gli italiani che abbiano perso il proprio lavoro in Svizzera;

   l'auspicio è di sostenere e aiutare anche questa categoria di connazionali e, nello specifico, sarebbe opportuno tutelare la loro possibilità di ripresa al pari degli altri lavoratori;

   ove la legislazione svizzera non lo preveda sarebbe opportuno riconoscere anche ai lavoratori italiani oltre confine tre misure previste per chi lavora in Italia: un'indennità per i periodi di assenza dovuti al contagio del virus o, in alternativa, l'equiparazione dell'assenza dovuta alla quarantena domiciliare all'assenza per malattia, nei casi in cui la stessa non sia già prevista dalla legge, ovvero dai contratti di lavoro individuali o collettivi applicati dal Paese estero, in misura non superiore a quanto previsto per analoghi trattamenti applicati ai lavoratori che prestano la propria attività in Italia; la garanzia degli ammortizzatori sociali, quali a titolo esemplificativo la Naspi, per l'intero periodo dell'emergenza epidemiologica; l'estensione delle misure relative ai congedi parentali riconosciute ai lavoratori impiegati nel territorio nazionale –:

   quali siano i passi politici nei confronti della Svizzera che il Governo ha adottato per agevolare la continuità lavorativa dei frontalieri e quali intenda mettere in atto per sostenere e tutelare tutti i nostri connazionali frontalieri e le loro famiglie.
(5-03911)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 6 maggio 2020
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-03911

  La necessità di tutelare i frontalieri italiani nel contesto Covid è emersa nella seconda metà di febbraio, al momento dell'adozione delle prime misure di contenimento dell'epidemia in Italia, quando la Svizzera non aveva ancora varato restrizioni. Contestualmente, d'intesa con le Autorità elvetiche, il Governo ha sottolineato l'opportunità di mantenere i valichi stradali accessibili, come rimarcato dal Ministro Di Maio al suo omologo, Consigliere Cassis, fin dal colloquio dell'8 marzo.
  Grazie alle azioni politiche e diplomatiche, la differenza di standard di contenimento epidemico tra Regioni italiane di confine e Cantoni svizzeri si è progressivamente attenuata, comportando tuttavia svantaggi – maggiori controlli – collegati all'attuazione delle auspicate misure di contenimento svizzere. A partire dal 13 marzo, Berna ha chiuso i punti di frontiera minori.
  Ne sono emersi disagi logistici per i frontalieri, costretti a raggiungere le sedi di impiego ancora operanti con lunghi percorsi, per quanto mitigati dal limitato traffico di quei giorni, pari a circa 6.000 ingressi e altrettante uscite di frontalieri al giorno (meno di un decimo del volume totale in tempi normali). Questi disagi, comunque, sono stati immediatamente evidenziati nei contatti quasi quotidiani con la controparte.
  A complicare il quadro è intervenuta, dal 27 marzo, la decisione svizzera di consentire la riapertura di alcune attività in cui sono impiegati anche i frontalieri. Il dialogo a livello politico si è quindi incentrato sull'urgenza di riaprire un adeguato numero di valichi per minimizzare i disagi per i nostri connazionali.
  Il Presidente Conte e la Presidente di turno della Confederazione, Sommaruga, il 15 marzo e il 29 aprile hanno avuto due colloqui mirati a garantire, nei limiti delle rispettive misure di contenimento, la continuità dei flussi di merci e l'apertura delle frontiere principali. Il 26 aprile il Ministro Di Maio ha avuto un nuovo colloquio con l'omologo Cassis.
  Il Sottosegretario agli affari esteri Scalfarotto ha avuto, a sua volta, approfonditi scambi con il Segretario di Stato Balzaretti, sempre focalizzati sulle misure di tutela dei frontalieri, sulla necessità di riaprire tutti i valichi e sull'auspicio di una pronta ripresa dell'economia svizzera, a beneficio anche dei frontalieri.
  Ora anche il Ticino sta riavviando le attività economiche. Mentre Vallese e Grigioni, gli altri due Cantoni con noi confinanti, non le avevano mai sospese.
  Anche se rimane il regime di chiusura di tutte le frontiere elvetiche, grazie ai ripetuti passi politici si è ottenuta lunedì, per i soli frontalieri, la riapertura di ulteriori tre valichi minori. La chiusura delle frontiere implica una scrupolosa verifica dei documenti dei frontalieri in transito, per verificare l'effettiva titolarità ad entrare e uscire.
  Veniamo alla situazione economica. Le misure svizzere di sostegno alle imprese e all'occupazione per affrontare le ripercussioni della pandemia sono senza precedenti. Sono previsti prestiti agevolati concessi dalle banche con estrema agilità e rapidità. Quelli fino a 500.000 franchi, destinati a migliaia di piccole e medie imprese, vengono garantiti al cento per cento dallo Stato centrale. I primi venti miliardi di franchi stanziati sono stati spesi tutti nel giro di una settimana. Ad oggi la Confederazione ha destinato sessanta miliardi per queste linee di credito. I crediti che rientrano nell'intervallo tra 500.000 e venti milioni di franchi sono garantiti all'85 per cento dal Governo. Per quelli superiori a venti milioni occorrono verifiche più articolate ma comunque agevolate.
  Il secondo strumento attivato immediatamente da parte elvetica è il lavoro ridotto. Una sorta di cassa integrazione coperta dallo stato all'80 per cento, con invito piuttosto pressante alle imprese a farsi carico del restante 20 per cento. Ne avrebbero goduto quasi due milioni di lavoratori, una cifra impressionante in un Paese di otto milioni e mezzo di abitanti (circa dieci milioni compresi gli stranieri residenti). Ciò ha facilitato il contenimento della disoccupazione, che da poco più del 2 per cento è salita a non più del 3,5 per cento.
  Il totale dei frontalieri italiani in Svizzera è di circa 80 mila. La cifra di 6 mila licenziamenti sembrerebbe indicativa, riferendosi non necessariamente a coloro che hanno già perso il lavoro ma anche a quelli che potrebbero perderlo nei prossimi mesi, come gli stagionali nel Cantone dei Grigioni.
  I frontalieri che hanno contratto il virus hanno al 98 per cento beneficiato dell'assicurazione sanitaria svizzera, che in caso di malattia subentra al datore di lavoro nel pagamento dello stipendio. Sarebbero rimasti esclusi da questo beneficio quelli assunti di recente e ancora privi di copertura assicurativa. I frontalieri costretti a casa per la chiusura delle attività nel momento più virulento della pandemia hanno usufruito in Ticino del trattamento analogo alla nostra cassa integrazione. Esclusi da questo beneficio, poiché la norma non lo prevede, i collaboratori domestici e gli interinali. I frontalieri licenziati possono usufruire della Nuova Assicurazione sociale per l'impiego (NASPI). Difficilmente i frontalieri potranno invece beneficiare dei congedi parentali: in Svizzera non sono obbligatori ma concessi a discrezione del datore di lavoro.
  L'eventuale estensione ai frontalieri di misure nazionali non previste dal sistema elvetico potrebbe essere valutata, solo una volta acclarata l'incidenza delle forme di tutela esistenti sulla particolare fattispecie del lavoro frontaliero, a tutti gli effetti ricadente sotto il diritto del lavoro svizzero.
  L'impegno dimostrato dal Governo a tutela dei frontalieri e delle loro famiglie è e rimarrà massimo.