ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00523

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 574 del 11/10/2021
Abbinamenti
Atto 1/00520 abbinato in data 11/10/2021
Atto 1/00521 abbinato in data 11/10/2021
Atto 1/00522 abbinato in data 11/10/2021
Atto 1/00527 abbinato in data 13/10/2021
Firmatari
Primo firmatario: VISCOMI ANTONIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 11/10/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MURA ROMINA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
CANTONE CARLA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
GRIBAUDO CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
LACARRA MARCO PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
LEPRI STEFANO PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
MADIA MARIA ANNA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
BRUNO BOSSIO VINCENZA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
FIANO EMANUELE PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021
BERLINGHIERI MARINA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2021


Stato iter:
03/11/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 11/10/2021
Resoconto CANTONE CARLA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 13/10/2021
Resoconto D'ATTIS MAURO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/10/2021
Resoconto FIANO EMANUELE PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA
Resoconto BALDINO VITTORIA MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/10/2021

DISCUSSIONE IL 11/10/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 11/10/2021

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/10/2021

DISCUSSIONE IL 13/10/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/10/2021

DISCUSSIONE IL 26/10/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 26/10/2021

RITIRATO IL 03/11/2021

CONCLUSO IL 03/11/2021

Atto Camera

Mozione 1-00523
presentato da
VISCOMI Antonio
testo di
Lunedì 11 ottobre 2021, seduta n. 574

   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza pandemica da Sars-CoV-2 ha richiesto alle amministrazioni pubbliche un tempestivo adeguamento dell'organizzazione del lavoro e dei servizi tale da assicurare, al contempo, la continuità dell'azione amministrativa e la riduzione al minimo dei fattori di rischio sanitario. In tale contesto il processo di sperimentazione prima e diffusione poi del cosiddetto smart-working, pur nella diversificata valutazione degli effettivi impatti organizzativi e sociali, ha dato significativa evidenza all'urgenza di accompagnare e portare avanti anche nella vasta e complessa galassia delle pubbliche amministrazioni una compiuta transizione digitale ed ecologica. Transizione, questa appena indicata ed auspicata, che non può certo risolversi nella mera trasformazione tecnologica dei mezzi e delle modalità di produzione dei beni e servizi amministrativi, ma richiede invece l'adozione di più radicali strategie di adattamento sul piano dell'organizzazione del lavoro, delle modalità di erogazione dei servizi alla collettività e della stessa percezione culturale del ruolo costituzionale delle pubbliche amministrazioni e, in esse, del lavoro pubblico, in società complesse ed interconnesse ormai profondamente segnate da una accelerata innovazione digitale;

    per queste ragioni, appare oltremodo necessario superare l'approccio emergenziale – che fino ad ora ha configurato le condizioni d'uso del cosiddetto smart-working come strumento di contenimento emergenziale dei rischi pandemici – a favore di una diversa prospettiva che sia capace di innervare il lavoro smart in una organizzazione egualmente smart, emarginando così suggestioni radicali a beneficio di una più realistica considerazione dell'impatto delle innovazione digitale sul lavoro, le sue forme ormai ibride e le sue regole, almeno per quanto riguarda tempi, spazi e luoghi di erogazione della prestazione dovuta, esercizio dei poteri e delle prerogative manageriali, protezione della salute e della sicurezza sul lavoro (e in questo caso, anche del lavoro svolto), senza dimenticare infine il necessario adattamento delle stesse forme di esercizio dell'attività sindacale che una lunga storia ha fin qui configurato come presenza attiva nel luogo di lavoro;

    la sperimentazione e diffusione emergenziale del cosiddetto smart-working in epoca pandemica è stata formalmente correlata e in qualche misura anche resa possibile dal rinvio, per quanto non sempre coerente e sistematicamente corretto, alla legge 25 maggio 2017, n. 81, il cui Capo II è interamente dedicato alla disciplina del «lavoro agile» considerato funzionale ad «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro» e formalmente qualificato quale «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato» nel cui ambito «la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno». L'incertezza nella riconduzione della risposta emergenziale ad una precisa fattispecie astratta di rapporto di lavoro, sia sul piano strutturale che su quello funzionale o degli obiettivi perseguiti, ha trovato un evidente riflesso in una sorta di sinonimia terminologica tra lavoro agile, smart working, lavoro da remoto, lavoro da casa, che pure ha determinato, non poche volte, anche fraintendimenti concettuali e distorte valutazioni critiche, alcune delle quali frutto di evidente pregiudizio;

    tuttavia, occorre ricordare che prima ancora della citata legge n. 81 del 2017 ed in attuazione delle previsioni dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato la direttiva n. 3/2017 recante «indirizzi per l'attuazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015 n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti», così avviando la sperimentazione del «lavoro agile» nelle amministrazioni pubbliche nell'ambito della prevista introduzione di più funzionali misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti e di più adeguate modalità di organizzazione del lavoro, basate sull'utilizzo della flessibilità, sulla valutazione per obiettivi, sulla rilevazione dei bisogni del personale dipendente. Si tratta, come appare evidente, di un approccio organizzativo, prima che regolativo, basato sulla flessibilità, l'autonomia, la responsabilizzazione e l'orientamento ai risultati e rappresenta, in quanto tale, un'innovazione radicale rispetto al modello rigidamente burocratico-formale (taylorismo da scrivania, così fu definito) di organizzazione del lavoro e di conseguente valutazione meramente quantitativa delle prestazioni all'interno delle pubbliche amministrazioni;

    proprio per queste stesse ragioni, il «lavoro agile» disegnato dalla direttiva del 2017 appare non riconducibile al modello del lavoro a distanza o telelavoro sancito dall'articolo 4, comma 1, della legge 16 giugno 1998, n. 191 e destinato a «razionalizzare l'organizzazione del lavoro e realizzare economie di gestione attraverso l'impiego flessibile delle risorse umane». A tal fine, la legge del 1998 consentiva alle amministrazioni di installare, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici necessari e di autorizzare i propri dipendenti ad effettuare, a parità di salario, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell'adempimento della prestazione lavorativa. Tali previsioni, espresse con un linguaggio tecnico che oggi potrebbe sembrare quasi arcaico, hanno poi trovato puntuale attuazione con il decreto del Presidente della Repubblica n. 70 del 1999 recante «Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191». Deve però dirsi che tale forma di lavoro a distanza, originata più dalla coeva attenzione comunitaria per la riduzione dei costi diretti e indiretti connessi a fenomeni di accentuato pendolarismo piuttosto che dalle esigenze di riorganizzazione tecnologica dell'attività amministrativa, pur ancora recentemente richiamata dall'articolo 14 della legge n. 124 del 2015 non ha avuto grande fortuna;

    a ben vedere, invece, l'impostazione della citata direttiva presidenziale del 2017 ha trovato sistematica conferma nelle previsioni dell'articolo 18, commi 1 e 3, della legge 25 maggio 2017, n. 81, in materia di disciplina del lavoro agile. Di per sé tale disciplina, implementata nel sistema organizzativo delle pubbliche amministrazioni, può rappresentare aspetti di profonda innovazione quali: la valorizzazione e la responsabilizzazione delle risorse umane, potendosi concentrare la loro valutazione sulla base dei risultati piuttosto che su aspetti formali e quantitativi; la razionalizzazione nell'uso delle risorse e aumento della produttività, con risparmi in termini di costi e miglioramento dei servizi offerti; la promozione dell'uso delle tecnologie digitali più innovative e utilizzo dello smart working come leva per la trasformazione digitale e per lo sviluppo delle conoscenze digitali; l'abbattimento delle differenze di genere; la riduzione delle forme di «assenteismo fisiologico»; la valorizzazione del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione, grazie alla riprogettazione degli spazi;

    deve rilevarsi, tuttavia, che prima della fase di emergenza pandemica e della conseguente riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni che ha originato il ricorso allo smart working semplificato quanto alle procedure e illimitato quanto alla platea dei beneficiari, solo 1,7 per cento dei dipendenti pubblici risultava impegnato con tale tipologia di prestazione lavorativa, connessa d'altronde più agli obiettivi da raggiungere e meno alla necessaria e cautelativa assenza dall'ufficio. Deve egualmente rilevarsi che solo in una fase successiva l'esecuzione a distanza della prestazione lavorativa, inizialmente pensata come strumento di contrasto alla diffusione epidemica, è stata ricondotta in una logica più ampia e di sistema disponendosi l'obbligo, in capo alle amministrazioni di elaborare un annuale Piano organizzativo per il lavoro agile (Pola), successivamente sostituito e integrato nel Piano integrato di attività e organizzazione (Piao) configurato in guisa tale da riportare in una cornice unitaria anche i diversi piani relativi alla performance, alla promozione della parità di genere e all'implementazione della disciplina di contrasto alla corruzione. In relazione al lavoro agile a tale strumento risulta ora affidato il compito di pianificare le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. Tuttavia, sulla base di quanto risultante da una prima verifica sull'attuazione delle suddette previsioni organizzative emerge che solo 54 delle 162 amministrazioni statali monitorate hanno pubblicato i relativi Pola entro la scadenza del 31 gennaio 2021;

    l'obiettivo di meglio correlare lavoro e organizzazione tramite le nuove tecnologie digitali, nella prospettiva del miglioramento dei servizi resi ai cittadini, chiama in causa la Missione n. 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che propone, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, un programma di innovazione strategica della pubblica amministrazione nel cui ambito una specifica linea progettuale persegue l'obiettivo della digitalizzazione e della modernizzazione della pubblica amministrazione, con interventi specifici anche per rafforzare l'organizzazione e incrementare la dotazione di capitale umano, secondo una stretta complementarietà e un'articolata strategia di riforma, che, secondo quanto previsto nella proposta, potrà contare su ingenti risorse finalizzate agli investimenti nel capitale umano, nel quadro di un investimento complessivo nella digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione pari a 9,75 miliardi di euro;

    come rilevato dallo stesso Pnrr, nell'ultimo decennio l'evoluzione della spesa pubblica per la parte relativa al personale, con il blocco del turn over, ha generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici nel nostro Paese, con un'incidenza sull'occupazione totale largamente inferiore rispetto alla media dei Paesi Ocse e con un'età media di 50 anni e con solo il 4,2 per cento di età inferiore ai 30 anni. Un fattore questo che ha «contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l'insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni», evidenziando inoltre come la carenza delle competenze sia stata determinata «dal taglio delle spese di istruzione e formazione per i dipendenti pubblici. In dieci anni, gli investimenti in formazione si sono quasi dimezzati, passando da 262 milioni di euro nel 2008 a 164 milioni nel 2019: una media di 48 euro per dipendente»;

    fra gli obiettivi perseguiti con le linee di investimento del Pnrr vi è quello di rafforzare la conoscenza e le competenze del personale, dirigenziale e non dirigenziale, della pubblica amministrazione mediante azioni specifiche: introduzione di meccanismi di rafforzamento del ruolo, delle competenze e delle motivazioni dei civil servant, attraverso percorsi di valorizzazione della professionalità acquisita e dei risultati raggiunti, anche tramite la previsione di progressioni di carriera basate su percorsi non automatici ma selettivi di sviluppo e crescita; introduzione di un nuovo modello di lavoro pubblico, anche attraverso strumenti normativi e contrattuali, con valutazione e remunerazione basate sul risultato e valorizzazione economica delle risorse umane aventi caratteristiche di eccellenze professionali; introduzione di meccanismi di rafforzamento del ruolo e delle competenze dei dirigenti pubblici, riservando particolare attenzione al tema dell'accesso delle donne a posizioni dirigenziali; riforma del sistema di formazione; lavoro agile e nuove forme di organizzazione del lavoro pubblico;

    l'efficace evoluzione delle misure di contrasto della pandemia messe in campo dal marzo 2020, che ha visto una svolta con l'avvio di una massiccia campagna di vaccinazione della popolazione e, da ultimo, con le misure che hanno esteso l'obbligo della certificazione verde Covid-19 consentono un progressivo e controllato ritorno alla normalità sociale e lavorativa, tanto che il 23 settembre 2021 è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale si sancisce, che a decorrere dal 15 ottobre, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa presso le amministrazioni pubbliche è quella in presenza. Alla luce di tale ultima deliberazione, cessando dunque il regime straordinario del lavoro agile o cosiddetto smart-work, si rende necessario ripristinare la condizione ordinaria di disciplina delle relazioni di lavoro e quindi dare corso alla regolamentazione prevista dall'articolo Modella citata legge n. 124 del 2015, che sulla base della recente novella dispone quanto segue: «Il Pola individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 15 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, e definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati». Giova al riguardo precisare almeno che l'articolo 14 testé citato impone di differenziare il telelavoro dal lavoro agile, suggerendo di fatto che, mentre il primo – il solo originariamente previsto dalla legge n. 124 – ha riguardo soltanto alle modalità estrinseche di esecuzione del lavoro da remoto, il secondo – aggiunto invece dalle novelle ultime – attiene invece alla stessa configurazione intrinseca della prestazione di lavoro conformata da obiettivi di lavoro e dalla responsabilità per il conseguente raggiungimento. Proprio per queste ragioni deve escludersi che la finalità prima del lavoro agile sia da individuare nella sola promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, come recita la rubrica originario dell'articolo 14 citato, dovendosi viceversa tenere debito conto di più stringenti finalità di miglioramento organizzativo e di riqualificazione dell'offerta ai cittadini di beni e servizi amministrativi. In questa prospettiva, è ragionevole ritenere il lavoro agile alla stregua di modalità ordinaria di svolgimento della prestazione, secondo le esigenze definite dall'assetto organizzativo dell'amministrazione interessata e, com'è ovvio, soltanto per le attività che possono essere svolte in modalità agile. Resta comunque ferma l'esigenza di assicurare sempre la massima cautela possibile dal punto di vista sanitaria atteso che la condizione epidemica non è del tutto risolta. Ciò in concreto significa che devono ritenersi essenziali per lo svolgimento delle prestazioni lavorative in condizioni di sicurezza sanitaria le indicazioni e le prescrizioni stabilite con i protocolli per la sicurezza Covid-19;

    coerentemente con il patto sociale Governo-sindacati del 10 marzo 2021, la disciplina del rapporto di lavoro in modalità agile presso le pubbliche amministrazioni è oggetto del confronto tra l'Aran e le organizzazioni sindacali e dovrà contemplare la possibilità di stipulare accordi individuali nel rispetto di un quadro di riferimento unitario di garanzie definite dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, è necessario tenere conto che il sistema delle pubbliche amministrazioni non consente una reductio ad unum dei modelli organizzativi e pertanto ogni disciplina di carattere generale non può che operare come regolazione di cornice, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali, valorizzando poi la contrattazione integrativa per la disciplina delle diverse modalità di esecuzione del rapporto di lavoro agile, con e senza vincoli di tempo, anche assicurando la previsione di adeguate forme partecipative e di confronto sulle scelte organizzative connesse alle attività e ai servizi che le pubbliche amministrazioni sono chiamate a realizzare, per favorire il consenso e coinvolgimento dei lavoratori per accompagnare i cambiamenti dell'organizzazione del lavoro e dei servizi;

    in ogni caso, l'introduzione di ordinarie forme di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni deve tenere in considerazione anche gli effetti sociali esterni derivanti da tale modalità di erogazione della prestazione lavorativa, quali ad esempio: l'incidenza sui sistemi economici locali, la rivitalizzazione di comuni periferici, la riduzione dei costi (diretti e indiretti) di trasporto, la razionalizzazione degli spazi utilizzati e altri potrebbero dirsi. Esempi, questi, che evidenziano come il lavoro agile si ponga al centro di un complesso sistema di relazioni, organizzative, economiche e sociali, che operano dentro e fuori dal contesto amministrativo e che devono tutte essere ricondotte ad unità armonica nella prospettiva prioritaria del miglioramento quali-quantitativo dei servizi ai cittadini. D'altronde, già durante la fase emergenziale e del ricorso illimitato allo smart working, sono state comunque adottate buone pratiche che, seppure per mere esigenze sanitarie, hanno consentito all'utenza di fruire da remoto dei servizi richiesti grazie alle tecnologie telematiche. Una innovativa soluzione che non può essere dispersa con il ritorno al lavoro prevalentemente in presenza, fermo restando la differenza concettuale e operativa tra l'erogazione da remoto di servizi al cittadino e l'organizzazione del lavoro da remoto per i dipendenti;

    conseguentemente, una moderna organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, incentrata sull'autonomia, sulla responsabilizzazione e l'orientamento ai risultati al posto del modello rigidamente burocratico-formale dovrà comportare un parallelo e radicale cambiamento della cultura, della visione e del ruolo della dirigenza pubblica, in linea con le esperienze più avanzate che si stanno consolidando nelle realtà produttive più dinamiche. Al riguardo, l'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano ricorda come tale modalità organizzativa e lavorativa comporti «una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati». Addirittura, secondo il World Economic Forum, il ricorso massiccio allo smart-working ha portato negli Usa ad un incremento della produttività del lavoro pari al 4,6 per cento, mentre un recente studio di Pwc stima che, se tutte le mansioni potenzialmente eseguibili da remoto venissero effettivamente svolte in modalità agile, questo darebbe al nostro prodotto interno lordo una spinta dell'1,2 per cento. Come indicato dalla Commissione europea, gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sulle riforme e sugli investimenti che migliorano la connettività, promuovendo e agevolando la diffusione su vasta scala di reti ad altissima capacità, in tutte le aree geografiche, zone urbane e rurali, assicurando ai cittadini, alle imprese e alle amministrazioni locali la connessione a tali reti in maniera efficiente e stabile,

impegna il Governo:

1) ad adottare, nel rispetto del ruolo delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e tenuto conto anche delle opinioni delle organizzazioni di rappresentanza degli utenti, ogni iniziativa utile per migliorare, modernizzare e riqualificare, nella prospettiva della transizione digitale ed ecologica, l'attività e l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, in guisa tale da rendere possibile una effettiva ed utile implementazione del lavoro agile, operando al contempo per superare logiche procedurali di tipo formale a beneficio di modalità organizzative orientate agli obiettivi di lavoro da conseguire e favorendo l'autonomia responsabile degli addetti, anche attraverso la promozione di micro-team professionali capaci di operare su piattaforme condivise, al fine principale di migliorare in modo oggettivamente significativo i servizi ai cittadini;

2) a dare immediato avvio ai programmi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in materia di digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione, con particolare riguardo agli investimenti sul capitale umano per l'adeguamento all'innovazione e alla digitalizzazione;

3) a favorire, per quanto di competenza, che, nella definizione del confronto tra l'Aran e le organizzazioni sindacali per la disciplina del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni, vengano individuate soluzioni che inseriscano gli accordi individuali in un quadro di regole certe e di garanzia individuate dalla contrattazione collettiva, a cominciare dai diritti alla formazione, alla non discriminazione, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, dalle esigenze dei lavoratori con disabilità o che assistono congiunti con patologie, dai diritti alla sicurezza e alla parità di genere, dai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in relazione alla nascita dei figli, dal rispetto della protezione dei dati personali e dalla regolamentazione del diritto alla disconnessione, assicurando anche un adeguato spazio alla contrattazione integrativa, al fine di consentire il migliore adattamento delle esperienze di lavoro agile ai diversi contesti organizzativi di riferimento, sulla base di un'adeguata e coerente valutazione dei dirigenti responsabili, tenendo in debito conto che il lavoro agile non può determinare conseguenze negative ed anzi deve generare conseguenze positive sull'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nell'interesse prioritario degli utenti, e più in generale dei cittadini;

4) ad adottare le opportune iniziative di competenza per definire indirizzi affinché, anche con il superamento della fase emergenziale e il ritorno in presenza quale modalità ordinaria di prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, siano proseguite e, anzi, incrementate le positive esperienze che hanno consentito l'assolvimento degli obblighi burocratici in capo a cittadini e imprese con modalità telematiche ma siano anche assicurate adeguate modalità per consentire lo svolgimento in presenza delle attività per tutti quei cittadini che non possono agevolmente fruire, per condizioni soggettive od oggettive, dei servizi da remoto;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a promuovere e a supportare le pubbliche amministrazioni affinché ognuna di esse adotti il «piano organizzativo per il lavoro agile» (Pola), nei termini previsti dalla legge;

6) a monitorare ed analizzare, anche con esperti indipendenti, gli effetti del ricorso al lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni ai fini di un più razionale utilizzo degli spazi lavorativi, che porti all'eventuale riduzione delle locazioni passive o a dismissioni di immobili pubblici non più indispensabili, coerenti con la programmazione urbanistica definita dalle amministrazioni comunali;

7) a dare la più rapida attuazione ai progetti previsti dal Pnrr volti ad assicurare che tutte le amministrazioni pubbliche, così come, i cittadini e le imprese delle aree interne, delle aree montane e delle piccole isole possano essere connessi tramite reti telematiche efficienti e sicure.
(1-00523) «Viscomi, Mura, Carla Cantone, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Madia, Bruno Bossio, Fiano, Berlinghieri».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

condizioni e organizzazione del lavoro

organizzazione del lavoro

classe dirigente