ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00471

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 494 del 26/04/2021
Abbinamenti
Atto 1/00212 abbinato in data 03/05/2021
Atto 1/00473 abbinato in data 03/05/2021
Firmatari
Primo firmatario: NOJA LISA
Gruppo: ITALIA VIVA
Data firma: 26/04/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BOSCHI MARIA ELENA ITALIA VIVA 26/04/2021
ROSATO ETTORE ITALIA VIVA 26/04/2021
FREGOLENT SILVIA ITALIA VIVA 26/04/2021
GADDA MARIA CHIARA ITALIA VIVA 26/04/2021
PAITA RAFFAELLA ITALIA VIVA 26/04/2021
UNGARO MASSIMO ITALIA VIVA 26/04/2021
MORETTO SARA ITALIA VIVA 26/04/2021
OCCHIONERO GIUSEPPINA ITALIA VIVA 26/04/2021
ANNIBALI LUCIA ITALIA VIVA 26/04/2021


Stato iter:
04/05/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 03/05/2021
Resoconto UNGARO MASSIMO ITALIA VIVA
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 03/05/2021
Resoconto RUGGIERO FRANCESCA ANNA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DE TOMA MASSIMILIANO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto LORENZIN BEATRICE PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto FOSCOLO SARA LEGA - SALVINI PREMIER
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 03/05/2021

DISCUSSIONE IL 03/05/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 03/05/2021

RITIRATO IL 04/05/2021

CONCLUSO IL 04/05/2021

Atto Camera

Mozione 1-00471
presentato da
NOJA Lisa
testo presentato
Lunedì 26 aprile 2021
modificato
Lunedì 3 maggio 2021, seduta n. 499

   La Camera,
   premesso che:
    la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Crpd), ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009, sancisce il diritto umano all'accessibilità delle persone con disabilità (articoli 3 e 9 Crpd);
    è, tra l'altro, la mancanza di accessibilità che crea la cosiddetta «disabilità», definibile quale la conseguenza o il risultato di una complessa interazione tra, da una parte; la condizione di salute in senso stretto della persona (caratterizzata o meno da certe limitazioni funzionali) e, dall'altra, i cosiddetti «fattori contestuali», ovverosia un ambiente – fisico e sociale – escludente, che impedisce la partecipazione e lo sviluppo della personalità di ciascuno, secondo le proprie legittime aspirazioni (Organizzazione mondiale della sanità 2001, Classificazione ICF);
    la mancanza di accessibilità non è soltanto una violazione dei diritti umani, ma anche un pesante deficit per il nostro tessuto economico e produttivo, in quanto non permette a milioni di persone – italiane e di Paesi esteri – di accedere al lavoro e produrre reddito nel nostro Paese, nonché di fruire dei più svariati servizi e beni di consumo, elemento che è particolarmente significativo in un Paese ad altissima vocazione turistica, come l'Italia;
    in altre parole, garantire una piena ed efficace accessibilità a tutte e tutti, in tutti gli ambiti della vita, rappresenta un importantissimo «volano» per l'economia (Commissione europea – DG Enterprise and Industry, 2014);
    il diritto all'accessibilità è da intendere in senso ampio, come accessibilità non soltanto fisica o materiale, ma anche all'informazione e alla comunicazione, che deve essere garantita dagli Stati parti a tutte le persone con disabilità su base di eguaglianza con gli altri, sia nelle aree urbane che in quelle rurali e con riferimento a:
     a) ambiente fisico: trasporti, edifici, viabilità ed altre strutture cosiddette «interne» ed «esterne» (esempio scuole, alloggi, strutture sanitarie, luoghi di lavoro, luoghi e servizi turistici, luoghi per l'esercizio del diritto di voto, tribunali, uffici pubblici, attrezzature ed altri ambienti o servizi aperti e/o forniti al pubblico);
     b) ambiente virtuale: tecnologie di informazione e comunicazione, servizi informatici e di emergenza ed altri servizi aperti e/o forniti al pubblico (articoli 3, 9 e 21 Crpd);
    il diritto all'accessibilità è sia diritto in sé e per sé, sia diritto fondamentale «funzionale», presupposto imprescindibile per il godimento di tutti gli altri diritti della persona umana, perché la sua garanzia consente alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente, di compiere le proprie scelte e di partecipare a tutti gli aspetti della vita su base di eguaglianza con gli altri (articoli 9, 19, 20, 21, 29 e 30 Crpd);
    è compito della Repubblica, a tutti i livelli, «rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti (...) all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 2 e 32 della Costituzione);
    a tale proposito, la Corte costituzionale ha affermato che la «mancanza di accessibilità abitativa, non può non determinare quella disuguaglianza di fatto impeditiva dello sviluppo della persona che il legislatore deve, invece, rimuovere (...), ledendo più in generale il principio personalista che ispira la Carta costituzionale e che pone come fine ultimo dell'organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana» e «comport[ando] anche una lesione del fondamentale diritto (...) alla salute intesa quest'ultima nel significato, proprio dell'articolo 32 della Costituzione, comprensivo anche della salute psichica la cui tutela deve essere di grado pari a quello della salute fisica» (così Corte costituzionale, sentenza n. 167 del 1999);
    non esiste accessibilità senza garanzia dei diritti fondamentali alla «progettazione universale» e all’«accomodamento ragionevole»;
    per accomodamento ragionevole si intendono «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (articolo 2 Crpd);
    il rifiuto di un accomodamento ragionevole integra una discriminazione fondata sulla disabilità, illegittima sul piano internazionale, europeo e nazionale, nonché – in quanto tale – censurabile dinanzi ad un giudice, sia nei confronti di soggetti privati sia nei confronti delle autorità pubbliche (articolo 1 Crpd; direttiva 2000/78/CE; legge n. 67 del 2006; decreto legislativo n. 216 del 2003, come modificato nel 2013);
    per progettazione universale si intende «la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate», diritto che in ogni caso «non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari» (articolo 2 Crpd);
    l'Unione europea e il Consiglio d'Europa – ciascuno secondo il proprio ambito di competenze – impongono agli Stati membri l'obbligo di garantire alle persone con disabilità, in condizioni di eguaglianza rispetto al resto della popolazione, l'accesso generalizzato a beni e servizi (esempio oggetti e prodotti tecnologici e di telefonia, e-commerce, servizi bancari, infrastrutture, trasporti, informazioni e mezzi di comunicazione, servizi d'emergenza, siti web e app mobile di enti pubblici), sia con riferimento a beni e servizi già esistenti, sia rispetto a quelli di nuova progettazione – da attuare secondo i principi del cosiddetto « Universal Design» o del « Design for All» (Regolamento (CE) n. 661 del 2009, Regolamento (UE) n. 1107 del 2006, Regolamento (UE) n. 1371 del 2009; direttive (UE) n. 2019/882 e n. 2016/2102; Strategia europea sulla disabilità 2021-2030; Strategia per le persone con disabilità 2017-2023 del Consiglio d'Europa);
    lo Universal Design delinea un paradigma di progettazione universale (di spazi, tempi, servizi, oggetti, edifici, e altro) inclusivo non soltanto delle persone con disabilità, ma di tutte e tutti; l'ambiente diventa così «antropizzato», ovverosia a misura di tutti i suoi cittadini, qualunque sia la loro complessità identitaria, le loro caratteristiche ed i loro bisogni; in altre parole, si tratta di progettare prodotti e ambienti utilizzabili da tutte le persone, nella misura più ampia possibile, senza necessità di adattamento o progettazione specializzata;
    la variante europea del Design for All – elaborata dall'Eidd (Istituto europeo per il design e la disabilità) nel 2004 – si autodefinisce «il design per la diversità umana, l'inclusione sodale e l'uguaglianza», per la garanzia delle pari opportunità in ogni aspetto della vita sociale; di conseguenza, ogni cosa progettata deve essere: accessibile, comoda da usare per ognuna capace di rispondere all'evoluzione della diversità umana;
    quanto al contesto nazionale, la legge n. 118 del 1971 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili) prevede che in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico, compresi i trasporti, possa essere impedito l'accesso alle persone con disabilità «non deambulanti», così come che nei nuovi edifici pubblici, nonché in quelli di interesse sociale debbano necessariamente mancare o essere rimosse eventuali barriere architettoniche (articolo 17);
    la legge finanziaria n. 41 del 1986 sancisce che per gli edifici pubblici già esistenti e non ancora adeguati agli standard di accessibilità «dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche (...)» (articolo 32, comma 21);
    il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 (Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici), statuisce che «nell'elaborazione degli strumenti urbanistici le aree destinate a servizi pubblici sono scelte preferendo queste che assicurano la progettazione di edifici e spazi privi di barriere architettoniche» (articolo 3) e detta norme specifiche con riferimento a parcheggi, circolazione e sosta dei veicoli, contrassegno speciale, edifici scolastici, trasporto tranviario, automobilistico e metropolitano, trasporto ferroviario, navigazione marittima;
    il medesimo decreto del Presidente della Repubblica rinvia poi alla disciplina di cui al decreto ministeriale n. 236 del 1989 (di attuazione della legge n. 13 del 1989, Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati – oggi trasfusa nel T.U. dell'edilizia, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 77 e seguenti), per quanto concerne arredo urbano, scale e rampe, servizi igienici pubblici, spazi pedonali, norme generali sugli edifici, unità ambientali e loro componenti – estendendo in molta parte a edifici, spazi e servizi pubblici quanto previsto per gli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica;
    il decreto ministeriale n. 236 del 1989 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche) introduce all'articolo 2 – a seconda della tipologia di spazi e ambienti – i concetti di:
     a) «accessibilità»: la possibilità di raggiungere un edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di poter fruire dei suoi spazi e attrezzature in condizioni di eguaglianza con gli altri, nonché di adeguata sicurezza e autonomia (esempio scuole, ospedali, tribunali, uffici pubblici);
     b) «adattabilità»: sorta di «accessibilità differita» o possibilità di modificare nel tempo lo spazio già progettato e costruito a costi sostenibili, affinché lo stesso, in origine escludente rispetto alle persone con disabilità, diventi completamente e agevolmente fruibile a tutti (esempio possibilità di installare un ascensore e/o un servo scala negli edifici con più di tre piani);
     c) «visitabilità»: la possibilità di accesso limitatamente ad una parte dell'edificio o delle unità immobiliari, in modo che sia consentita la fruizione degli spazi di relazione (esempio zone o posizioni riservate per assistere alle funzioni religiose e agli spettacoli);
    la legge n. 104 del 1992 contiene diverse disposizioni inerenti all'eliminazione delle barriere architettoniche, alla mobilità e ai trasporti e – con statuizione di portata generale – sancisce che l'inclusione della persona non può che realizzarsi, tra gli altri aspetti, mediante la garanzia dell'accesso agli edifici pubblici e privati e l'eliminazione o il superamento delle barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché per mezzo di provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e, contestualmente, l'organizzazione di trasporti specifici (articolo 8);
    la medesima legge, inoltre, stabilisce l'obbligo da parte dei comuni di integrare i Peba (Piani di eliminazione delle barriere architettoniche – di cui alla sopra citata legge n. 41 del 1986, articolo 82, comma 21) con il piano di accessibilità urbana (articolo 24, comma 9);
    è poi prevista l'erogazione di sanzioni per la violazione delle norme a tutela della partecipazione sociale e dell'accessibilità delle persone con disabilità, così come si prevede che le opere in edifici pubblici o aperti al pubblico realizzate in modo difforme dalle disposizioni vigenti debbano essere dichiarate «inabitabili» o «inagibili» laddove tale difformità renda le stesse inutilizzabili da parte delle persone con disabilità (articoli 23 e 24, della legge n. 104 del 1992, nonché articolo 82 T.U. edilizia);
    ancora, la legge n. 4 del 2004 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 2005 si occupano di garantire che gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni tutelino «il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici», «eroga[ndo] servizi e forn[endo] informazioni fruibili, senza discriminazioni» (articoli 1 e 2);
    tuttavia, molte delle disposizioni appena descritte risultano, ad oggi, frequentemente violate e disattese, come attestato dai dati disponibili in materia;
    per citare alcuni degli ambiti di maggiore violazione del diritto all'accessibilità, dal mondo della scuola emergono carenze preoccupanti: soltanto il 31,5 per cento delle scuole ha abbattuto le barriere architettoniche, percentuale che «crolla» addirittura al 17,5 per cento in caso di barriere senso-percettive, con differenze marcate tra regioni; mancano inoltre gli insegnanti ed il personale specializzato (ad esempio assistenti educativi), che spesso non risultano comunque essere adeguatamente formati in materia di accessibilità fisica, sensoriale e/o alla comunicazione (Istat 2019; Istat 2020);
    la mancanza di accessibilità pregiudica le relazioni sociali tra gli studenti con disabilità e il resto della classe, sia rispetto alla fruizione delle lezioni, sia rispetto ai rapporti interpersonali, dentro e fuori dall'aula scolastica (esempio partecipazione a gite), creando stigma e isolamento e pregiudicando lo sviluppo della propria personalità (Istat 2019);
    con riferimento al turismo accessibile, l'Unione europea ha stimato come in Europa soltanto il 9 per cento delle strutture siano accessibili alle persone con disabilità, con una perdita di mercato potenziale di almeno 400 miliardi di euro;
    in questo contesto, l'Italia si colloca agli ultimi posti della classifica relativa all'accessibilità – assieme a Ungheria, Estonia, Slovacchia, Belgio, Bulgaria, Croazia e Romania (Commissione europea 2018);
    come detto, il dato è particolarmente allarmante non soltanto con riferimento alla garanzia dei diritti fondamentali delle persone con disabilità, ma anche in relazione alle perdite economiche ingenti che produce, in un Paese, come il nostro, a vocazione turistica e culturale – con riferimento al patrimonio naturale e paesaggistico, museale ed archeologico: più nel dettaglio, si stima la perdita di una cifra pari ad almeno il 20 per cento del fatturato annuale (Commissione europea – DG Enterprise and Industry, 2014);
    la situazione non è migliore sotto il profilo della salute e del diritto alla protezione dalla violenza, registrandosi su tutto il territorio nazionale preoccupanti e numerosi di casi di inaccessibilità dei centri antiviolenza e delle case rifugio, dei percorsi ospedalieri e di acquisizione del consenso informato, nonché degli ambulatori e dei macchinari di cui ai servizi di ginecologia e ostetricia (Comitato Onu 2016; Irpps-CNR 2018; Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane – Spes contra Spem 2016; Rapporto Uildm 2013);
    il sopra citato obbligo di redazione dei Peba, rivolti al superamento delle barriere in edifici pubblici, privati ad uso pubblico e nel contesto di pertinenza dei medesimi edifici risulta ampiamente disatteso in quasi ogni regione d'Italia, con percentuali che arrivano fino a oltre il 90 per cento di comuni non dotati di Peba (Anci 2018);
    altrettanto disatteso è l'obbligo di redazione dei piani di accessibilità urbana (Pau) ex articolo 24, comma 9, della legge n. 104 del 1992, che estende l'obbligo di accessibilità a tutti gli spazi urbani (strade, piazze, parchi, giardini, arredo urbano, parcheggi, trasporto pubblico e altro);
    entrambe le disposizioni, peraltro, non specificano gli standard minimi e inderogabili di accessibilità, da attuare mediante la redazione dei Piani su tutto il territorio nazionale, con una conseguente ed allarmante disomogeneità nell'attuazione di un diritto – quello all'accessibilità – avente substrato costituzionale; l'assenza di indicazioni comuni tecnico-operative, sulla mappatura di luoghi ed edifici, sugli obiettivi da perseguire e sugli strumenti e metodi di monitoraggio, infatti, fa sì che in alcuni casi i piani si traducano in mere petizioni di principio, prive di reale efficacia in concreto;
    non ultimo, vi è poi il tema della effettiva garanzia del diritto costituzionale al voto, che spesso le persone con disabilità non possono esercitare liberamente e segretamente, a causa di ostacoli e barriere architettoniche, ambientali, sensoriali e alla comunicazione (Cese 2019);
    con specifico riferimento alla partecipazione alla vita politica italiana, inoltre, il Comitato delle Nazioni Unite si è definito preoccupato «perché le persone con disabilità intellettiva e/o psicosociali non ricevono un sostegno adeguato per poter esercitare il diritto di voto» (Comitato Onu 2016, n. 3);
    la mancanza di accessibilità agli spazi e/o agli strumenti mediante i quali esercitare il diritto di voto priva la rappresentanza politica – tutta, senza eccezioni – di una grossa fetta di base elettorale, con evidenti implicazioni relative alla piena attuazione del principio di democrazia rappresentativa e dell'articolo 48 della nostra Costituzione;
    più in generale, con riferimento al nostro Paese, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si è definito «preoccupato per l'insufficienza delle informazioni sui reclami e il monitoraggio degli standard di accessibilità [dei siti web, dei servizi di emergenza, del trasporto pubblico, degli edifici e delle infrastrutture] compresi quelli relativi all'utilizzazione di gare d'appalto pubbliche, per la carente applicazione e la mancanza di sanzioni in caso di inosservanza» ed ha raccomandato di rafforzare la raccolta dei dati e gli strumenti di monitoraggio e sanzionatori, per garantire che vengano rispettati gli standard di accessibilità, nonché – tra gli altri aspetti – di potenziare il trasporto pubblica «per garantire l'accesso a sistemi di trasporto sicuri, economicamente accessibili e sostenibili per tutti» (Comitato Onu 2016, nn. 21 e 22);
    il Comitato ha poi evidenziato «la carenza dei dati riguardanti la scarsa disponibilità di comunicazioni accessibili in tutto il settore pubblico, tra cui il settore dell'istruzione», raccomandando «una verifica e un piano d'azione per garantire in tutti i settori pubblici la fornitura di servizi di assistenza», tra cui rientra senz'altro quella educativa e la continuità didattica (nn. 23 e 24);
    la situazione descritta, inoltre, è stata di recente ulteriormente aggravata dalla pandemia da COVID-19, durante la quale le persone con disabilità e/o anziane non autosufficienti hanno assistito ad un arretramento dei loro diritti all'accessibilità e alla vita indipendente, se non ad una vera e propria violazione degli stessi (report Alto Commissariato delle Nazioni Unite 2020; EDF 2021; CESE 2021; Istat 2020; Istat 2021);
    molte delle disposizioni di cui alla normativa nazionale, oltre che inapplicate, risultano – allo stato attuale – spesso tra loro contraddittorie, perché frutto di stratificazione normativa, nonché ormai ampiamente superate, a seguito dello sviluppo dei principi della Universal Design (progettazione universale, accomodamenti e soluzioni ragionevoli), nonché del loro recepimento normativo nella Convenzione delle Nazioni Unite e nel diritto dell'Unione europea, entrambe fonti giuridiche vincolanti per istituzioni e autorità pubbliche nazionali, a tutti i livelli;
    inoltre, la disciplina sopra descritta risulta parziale, poiché l'accessibilità è un concetto complesso, dinamico e multiforme, che deve necessariamente comprendere sia l'accessibilità fisica o materiale (ad esempio agli spazi, agli ambienti, ai trasporti, ai servizi, ai beni o prodotti), sia quella virtuale (alle tecnologie, all'informazione, alla comunicazione), e deve essere declinata – in quanto diritto fondamentale della persona umana – con riferimento a qualsiasi tipo di disabilità (fisica, motoria, sensoriale, intellettiva, psichica e altro);
    in altre parole, l'accessibilità non deve e non può mai essere limitata al solo abbattimento delle barriere architettoniche e all'accessibilità dei siti internet, affinché tutte le persone con disabilità – qualsiasi sia la propria disabilità – siano pienamente cittadini, alla pari di tutti gli altri e in tutti gli ambiti della vita umana, in attuazione del principio di eguaglianza formale e sostanziale, di cui alla nostra Costituzione;
    di conseguenza, anche alla luce dei dati sopra esaminati, la disciplina nazionale necessita di revisione, aggiornamento ed implementazione, in attuazione dei principi di accessibilità, progettazione universale e accomodamento ragionevole sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dal diritto dell'Unione europea, entrambi vincolanti per le autorità pubbliche italiane;
    questa necessità, peraltro, è stata fortemente evidenziata anche dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità nel Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità in attuazione della legislazione nazionale e internazionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 3 marzo 2009, n. 18, adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017, che delinea – tra le altre – le seguenti azioni: revisione e adeguamento della disciplina sull'accessibilità, interventi afferenti all'area mobilità e trasporti, interventi per l'accessibilità dei servizi della pubblica amministrazione, implementazione del turismo accessibile e dell'accessibilità al patrimonio culturale, azioni di monitoraggio e di raccolta dati,

impegna il Governo:

1) ad applicare il cosiddetto «principio del mainstreaming» in tema di disabilità, prendendo in considerazione la necessità di garantire i diritti delle persone con disabilità – con particolare riferimento al diritto all'accessibilità – in tutte le politiche e in ciascuna materia affrontata, nonché in tutti gli interventi infrastrutturali – quale, in primo luogo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

2) ad applicare il principio « nothing about us without us», consultando necessariamente le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative nella predisposizione delle politiche, ivi incluse quelle relative all'accessibilità, nonché coinvolgendole attivamente nel loro monitoraggio – come richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia e dunque vincolante (articoli 4 e 33);

3) ad assumere tutte le iniziative necessarie per assicurare pienamente il diritto all'accessibilità, tenendo conto che lo stesso «attiene (...) al livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 111 del 2014), ed in particolare ad assumere iniziative volte a:
   a) monitorare e assicurare il pieno e puntuale rispetto delle leggi già vigenti in materia di accessibilità, sia fisica/materiale, sia all'informazione e alla comunicazione e a predisporre regolamenti, protocolli e linee guida efficaci in materia;
   b) aggiornare – nell'ambito delle proprie competenze (compresi regolamenti, decreti, linee guida, protocolli) – la disciplina vigente, predisponendo nuove norme in materia di progettazione universale e accomodamento ragionevole, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità;
   c) realizzare una mappatura: dei comuni che hanno adempiuto efficacemente all'obbligo di predisposizione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche e di accessibilità urbana; degli immobili ed edifici pubblici non ancora in linea con gli standard di accessibilità; dello stato di accessibilità di trasporti e viabilità pubblica;
   d) garantire il diritto alla mobilità delle persone con disabilità, anche promuovendo l'adozione di misure uniformi su tutto il territorio nazionale che consentano la sosta gratuita nelle cosiddette Strisce blu ai titolari del contrassegno di cui all'articolo 188 del codice della strada;
   e) adottare linee guida volte a supportare le autorità amministrative competenti nella redazione dei piani di cui alla lettera c), al fine di promuovere l'adozione ed effettiva applicazione di criteri realmente omogenei sull'intero territorio nazionale;
   f) porre in essere le azioni di cui alle lettere precedenti in stretta collaborazione con le regioni, mediante l'attività della Conferenza Stato-regioni, nonché mediante stretto raccordo tra tutte le Amministrazioni competenti;
   g) assicurare – anche attraverso iniziative di formazione specifica e continua – che tutti i professionisti ed il personale della pubblica amministrazione e dei servizi di pubblica utilità, nei diversi ambiti (esempio istruzione, lavoro, salute, giustizia, protezione dalla violenza, mobilità e trasporti, accesso alla p.a. e all'informazione, turismo, attività culturali e ricreative, situazioni di emergenza, partecipazione alla vita politica), siano adeguatamente e professionalmente formati in materia di accessibilità, progettazione universale, accomodamenti ragionevoli e vita indipendente, come richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dal diritto antidiscriminatorio europeo nonché nazionale;

4) a promuovere e sviluppare la ricerca, l'utilizzazione e la diffusione di beni e servizi, nonché la creazione di spazi, ambienti, ausili e tecnologie progettati universalmente, anche prevedendo meccanismi premiali – anche all'interno dei bandi di gara – per i progetti che rispondono agli standard di accessibilità e ai principi dello Universal Design (progettazione universale e accomodamento ragionevole, ex articolo 2 Crpd);

5) ad assumere iniziative volte ad assicurare che i tecnici incaricati della progettazione e della direzione dei lavori di opere pubbliche abbiano competenze adeguate in materia di accessibilità, progettazione universale e accomodamenti ragionevoli;

6) a promuovere un Piano nazionale sull'accessibilità, la progettazione universale e gli accomodamenti ragionevoli, per supportare – tra gli altri – gli investimenti nel campo del turismo e della cultura accessibili, nonché iniziative di informazione e sensibilizzazione sul tema;

7) ad adottare iniziative per assicurare il rifinanziamento periodico e adeguato del Fondo per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (articolo 10 della legge n. 13 del 1989);

8) più in generale, ad attuare, per quanto di propria competenza, le iniziative previste dalla Linea di intervento 6 (Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità), di cui al Secondo programma di azione biennale, citato in premessa e adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017.
(1-00471) «Noja, Boschi, Rosato, Fregolent, Gadda, Paita, Ungaro, Moretto, Occhionero, Annibali».