ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00490

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 350 del 03/06/2020
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00076
Firmatari
Primo firmatario: EHM YANA CHIARA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 03/06/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OCCHIONERO GIUSEPPINA ITALIA VIVA 03/06/2020
D'UVA FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 03/06/2020
DE CARLO SABRINA MOVIMENTO 5 STELLE 03/06/2020
SURIANO SIMONA MOVIMENTO 5 STELLE 04/06/2020
BOLDRINI LAURA PARTITO DEMOCRATICO 17/06/2020
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO 17/06/2020


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Stato iter:
17/06/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 10/06/2020
EHM YANA CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO GOVERNO 10/06/2020
DEL RE EMANUELA CLAUDIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
 
ILLUSTRAZIONE 17/06/2020
EHM YANA CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 17/06/2020
SERENI MARINA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 04/06/2020

DISCUSSIONE IL 10/06/2020

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 10/06/2020

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 17/06/2020

DISCUSSIONE IL 17/06/2020

ACCOLTO IL 17/06/2020

PARERE GOVERNO IL 17/06/2020

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 17/06/2020

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 17/06/2020

CONCLUSO IL 17/06/2020

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00490
presentato da
EHM Yana Chiara
testo presentato
Mercoledì 3 giugno 2020
modificato
Giovedì 4 giugno 2020, seduta n. 351

   La III Commissione,

   premesso che:

    nel contesto della guerra civile in Yemen, scoppiata nel marzo del 2015, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con le risoluzioni n. 2451 del 2018 e n. 2452 del 2019 approvate all'unanimità, recependo l'Accordo di Stoccolma del 13 dicembre del 2018, ha autorizzato l'invio di un team di osservatori a Hodeida, città situata sulle rive del Mar Rosso chiave per il passaggio degli aiuti umanitari nelle zone del Paese controllate dai ribelli, per monitorare l'attuazione dell'Accordo stesso e ha istituito una missione politica di sostegno all'accordo sulla città (UN Mission to Support the Hodeida Agreement, UNMHA) con il mandato di coordinare e presiedere i lavori della Redeployment Coordination Committee, monitorando la tenuta del cessate il fuoco;

    questi risultati negoziali si devono in larga misura al meritevole operato dell'inviato speciale delle Nazioni Unite Martin Griffiths, cui va riconosciuto uno sforzo straordinario soprattutto in termini di ascolto delle ragioni delle parti e di ricostruzione di relazioni basate sulla fiducia;

    dal 19 ottobre 2019 la missione delle Nazioni Unite ha iniziato ad istituire posti di blocco e di monitoraggio, con il fine ultimo di riportare la tregua nella regione. Il dislocamento delle truppe è una parte cruciale dell'Accordo di cessate il fuoco raggiunto in Svezia nell'ultimo giorno dei colloqui di pace, il 13 dicembre 2018;

    il 5 novembre 2019 il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen e i secessionisti meridionali del Southern Transitional Council (STC) hanno siglato il «Riyadh Agreement», un accordo di pace per porre fine alla lotta al potere nel Sud del Paese e che sancisce l'ingresso dei secessionisti del Sud nel governo, appoggiati dagli Emirati Arabi Uniti. L'accordo, di cui solo di recente si è appresa la sigla, ha riportato l'Arabia Saudita al centro degli intrecci politici e militari yemeniti, prevedendo che la principale città della regione, Aden, torni sotto il controllo del governo centrale;

    malgrado questi risultati negoziali, il 23 gennaio 2020 i ribelli sciiti Houthi hanno condotto un attacco contro quartieri residenziali e postazioni delle forze congiunte situate a Hodeidah, nell'ovest dello Yemen, configurando così una grave ulteriore violazione dell'Accordo di cessate il fuoco, siglato a Stoccolma sotto l'egida delle Nazioni Unite;

    il 26 febbraio 2020 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha, conseguentemente, approvato, su proposta britannica e con l'astensione di Russia e Cina, la risoluzione n. 2511 per estendere di un altro anno le sanzioni individuali, già adottate con la risoluzione n. 2140 del 2014, di congelamento dei beni e di limiti agli spostamenti di soggetti che rappresentano una minaccia alla pace, alla sicurezza e la stabilità in Yemen, nonché per estendere l'embargo sulle armi già imposto nell'aprile 2015 alle milizie Houthi, rinnovando il mandato del Comitato speciale per le sanzioni in Yemen fino al 28 marzo 2021;

    tra gli individui sanzionati figura anche l'ex presidente yemenita Saleh, il figlio Ahmad, ex comandante della guardia repubblicana, ed ulteriori figure chiave riconducibili ai ribelli sciiti Houthi, cui si imputa il mancato rispetto dell'Accordo di Stoccolma anche per avere ricevuto supporto militare di provenienza iraniana in violazione dell'embargo di armi e per avere posto perduranti ostacoli all'invio di aiuti umanitari;

    in conformità con il Capitolo VII della Carta dell'Onu la risoluzione ha riaffermato l'esigenza di una piena e tempestiva attuazione della fase di transizione politica nei termini fissati dalla Conferenza per il dialogo nazionale;

    la risoluzione denuncia gli abusi degli Houthi nei confronti della popolazione yemenita e per la prima volta fa riferimento ai rischi per l'ambiente derivanti dal rischio di sversamento dalla petroliera Safer ancorata nel nord Paese e all'esigenza che gli ispettori dell'Onu possano visionare la nave senza alcun ritardo;

    la risoluzione ha rappresentato un'ulteriore mancata occasione per la comunità internazionale per affrontare in modo unitario e coeso la crisi in Yemen e soprattutto per mandare un segnale positivo alla popolazione yemenita stremata, considerato il permanere di gravi violenze e sistematiche violazioni del diritto internazionale umanitario, anche in riferimento al reclutamento di bambini soldato e come conseguenza non prevista del regime sanzionatorio in essere;

    il 26 aprile 2020, i separatisti del consiglio di transizione del Sud, appoggiato dagli Emirati Arabi Uniti, hanno proclamato l'autonomia delle aree sotto il loro controllo, rompendo un accordo di pace firmato a novembre con il governo riconosciuto dalla comunità internazionale;

    in generale, il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite è stato più volte accettato, anche se unilateralmente dalla coalizione a guida Saudita, e poi quasi sempre disatteso con bombardamenti che sono continuati per tutto il mese di aprile. Nel frattempo i ribelli Houthi hanno conquistato nuove zone del nord del Paese come Al-Jawf;

    il 28 aprile 2020 le Nazioni Unite hanno avvertito del «rischio reale» che il COVID-19 stesse già circolando senza essere rilevato. Il giorno successivo si sono registrati i primi due decessi. Negli ultimi giorni, i media yemeniti hanno riferito dei veri e propri blitz degli Houthi nei quartieri e negli ospedali dove sono state portate con la forza persone sospette di essere affette dal Coronavirus. Inoltre, con la scusa del virus, i ribelli Houthi stanno ricominciando il reclutamento forzato di civili, molti dei quali bambini;

    in questi anni di guerra il patrimonio culturale e storico yemenita è stato praticamente distrutto nell'indifferenza generale, come denuncia l'Unesco. Tre edifici antichi sono crollati solo nella capitale yemenita Sana'a dopo che le loro fondamenta sono state indebolite dagli attacchi aerei della coalizione saudita sulla città. Inoltre, tre dei quattro siti dello Yemen classificati Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco sono andati distrutti in questi anni: la stessa Sana'a, Zabid, capitale dello Yemen dal XIII al XV secolo, e Shibam, soprannominata la «Manhattan del deserto». Si rischia di perdere totalmente questo patrimonio di inestimabile valore;

    la tragedia umanitaria in Yemen è conclamata; secondo dati riportati da Oxfam, da quando la guerra è cominciata, nel marzo del 2015, le condizioni di vita della popolazione sono precipitate drammaticamente: 18 milioni di persone sono esposte a rischio di contagio del colera per mancanza di acqua pulita e servizi igienico-sanitari; dopo 4 anni di guerra civile non è rimasto nulla: le città sono distrutte, la popolazione decimata, le fonti d'acqua potabile non esistono più. Solo metà delle strutture sanitarie sono funzionanti. Sono morti almeno 6.800 civili e più di 3 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, mentre complessivamente 20 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare e malnutrizione, tra cui 2 milioni di bambini non hanno accesso all'assistenza sanitaria di base,

impegna il Governo:

   a mantenere elevata l'attenzione nei confronti della situazione in Yemen e dell'evoluzione della crisi umanitaria, con un impegno specifico sul piano diplomatico per la soluzione politica del conflitto;

   a proseguire nell'impegno affinché siano assunte tutte le misure, anche di tipo doganale e fiscale, per facilitare l'ingresso nel Paese di beni essenziali per l'attività umanitaria, in particolare nei settori della sicurezza alimentare, della salute, della protezione dei gruppi più vulnerabili, nonché nel settore dello sminamento umanitario;

   ad incentivare, sia in sede bilaterale sia nei fora multilaterali, la cooperazione internazionale per progetti di conservazione del patrimonio culturale in Yemen.
(7-00490) «Ehm, Occhionero, D'Uva, Sabrina De Carlo, Suriano».