ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00234

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 165 del 17/04/2019
Abbinamenti
Atto 7/00012 abbinato in data 01/08/2019
Atto 7/00215 abbinato in data 01/08/2019
Atto 7/00216 abbinato in data 01/08/2019
Firmatari
Primo firmatario: MURELLI ELENA
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 17/04/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CAFFARATTO GUALTIERO LEGA - SALVINI PREMIER 17/04/2019
CAPARVI VIRGINIO LEGA - SALVINI PREMIER 17/04/2019
LEGNAIOLI DONATELLA LEGA - SALVINI PREMIER 17/04/2019
LORENZONI EVA LEGA - SALVINI PREMIER 17/04/2019
MOSCHIONI DANIELE LEGA - SALVINI PREMIER 17/04/2019
PICCOLO TIZIANA LEGA - SALVINI PREMIER 17/04/2019


Commissione assegnataria
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 01/08/2019
COMINARDI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 01/08/2019
RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA
SERRACCHIANI DEBORA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

AUDIZIONE INFORMALE IL 17/06/2019

AUDIZIONE INFORMALE IL 24/06/2019

AUDIZIONE INFORMALE IL 01/07/2019

AUDIZIONE INFORMALE IL 09/07/2019

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 01/08/2019

DISCUSSIONE IL 01/08/2019

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 01/08/2019

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00234
presentato da
MURELLI Elena
testo di
Mercoledì 17 aprile 2019, seduta n. 165

   La XI Commissione,

   premesso che:

    in Italia il fenomeno dei cosiddetti «working poors», vale a dire i lavoratori che pur occupati con regolare impiego non riescono a superare la soglia di povertà relativa, è in allarmante crescita;

    secondo i dati Eurostat, in Italia, nel 2017, un lavoratore su dieci versava in questa situazione; il 12,3 per cento dei lavoratori italiani, per la precisione, contro una media europea del 9,6 per cento, in aumento del 3 per cento negli ultimi dieci anni;

    la percentuale di working poor aumenta, inoltre, fra chi ha un lavoro temporaneo e saltuario (16,2 per cento) rispetto a coloro che hanno un'occupazione stabile (5,8 per cento);

    la discontinuità dell'impiego, infatti, costituisce uno dei principali fattori che hanno contribuito alla nascita del fenomeno; gli altri elementi sono fondamentalmente due, rappresentati da bassi salari e aumento delle spese fisse ed ineludibili;

    l'ultimo Rapporto mondiale sui salari dell'Oil rileva una crescita globale dei salari piuttosto debole, registrando in termini reali (al netto dell'inflazione) un calo di crescita dei salari a livello globale (su dati provenienti da 136 Paesi) dell'1,8 per cento nel 2017;

    nel 2017 l'Italia ha raggiunto il livello minimo, +0,2 per cento, contro il +2,6 per cento su cui viaggiava in media tra il 1999 e il 2008;

    indubbiamente retribuzioni basse e non adeguate al costo della vita generano una concreta e considerevole perdita del potere d'acquisto, favorendo l'incremento dei cosiddetti «working poors»;

    una parte della giurisprudenza lavorista e taluni studi economici del lavoro sollecitano l'esigenza di un salario minimo legale quale misura di contrasto al fenomeno in crescita dei cosiddetti «working poors»;

    in realtà nel nostro mercato del lavoro già sussiste un salario minimo di fonte giurisprudenziale dettato dal combinato degli articoli 36, comma 1, e 39, comma 4, della Costituzione e l'articolo 2099 del codice civile ed attuato per il tramite della contrattazione collettiva di settore;

    storicamente, infatti, la regolazione dei minimi salariali è attribuita ai contratti collettivi nazionali di categoria, i cui contenuti, per l'appunto, disciplinano gli aspetti retributivi e le regole fondamentali da applicarsi ai singoli rapporti di lavoro, con efficacia erga omnes;

    il dibattito intorno alla «giusta retribuzione» dovrebbe, quindi, soffermarsi, prima ancora che sulla scelta della fonte – legge o contratto collettivo – sui fattori che impediscono l'effettivo rispetto del livello retributivo minimo e, di conseguenza, del principio costituzionale posto dall'articolo 36 della Costituzione;

    significativa è in proposito la recente sentenza della Corte di cassazione n. 4951/2019, con cui è stato espresso un forte contrasto al fenomeno del dumping salariale messo in atto da alcune società cooperative al solo scopo di ridurre il costo del lavoro;

    con tale sentenza, riaffermando un principio fondamentale contenuto già nella sentenza n. 51/2015 della Corte costituzionale, la Corte di cassazione ha affermato che ai dipendenti delle cooperative, a prescindere dal Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dal datore di lavoro, deve essere garantito un trattamento economico complessivo minimo previsto, per analoghe prestazioni, dal contratto collettivo del settore o della categoria affine siglato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale; in altri termini le singole società cooperative possono scegliere il contratto collettivo da applicare ma non possono riservare ai soci lavoratori un trattamento economico complessivo inferiore a quello che il legislatore ha ritenuto idoneo a soddisfare i requisiti di sufficienza e proporzionalità;

    cooperative cosiddette spurie, contratti cosiddetti pirata, dumping salariale, sono dunque elementi che impediscono il rispetto dei minimi salariali ed, in questo contesto, senza efficaci e preventive azioni di contrasto, l'introduzione di un salario minimo legale non sarebbe garanzia dell'adeguamento dei salari più bassi;

    in questo scenario non si può prescindere dal considerare un altro elemento che contribuisce a creare meccanismi distorsivi nel mercato del lavoro ed elusivi dei minimi salariali, incidendo, sia pure indirettamente, sul fenomeno dei «working poors»: il cuneo fiscale, ossia la differenza tra quanto costa per le aziende un lavoratore ed il netto in busta paga che il medesimo lavoratore percepisce, principale causa di erosione sia delle risorse aziendali, che delle disponibilità economiche dei lavoratori. L'Ocse, nell'ultimo rapporto Taxing wages 2019 riferito al 2018, conferma il primato dell'Italia in Europa con la media più alta (85 per cento contro la media Ocse del 77 per cento);

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:

    a) adottare ogni iniziativa utile a garantire il principio costituzionale della giusta retribuzione ex articolo 36 della Costituzione, rafforzando e valorizzando la contrattazione collettiva e potenziando la lotta al dumping salariale, anche col ricorso a nuove e più efficaci forme di contrasto alla competizione salariale al ribasso;

    b) promuovere, quale intervento preventivo a garanzia del rispetto dei minimi salariali, una riforma della vigente disciplina del funzionamento delle cooperative, al fine di rimediare alle distorsioni di mercato ed alla concorrenza sleale operata dalle cosiddette «cooperative spurie»;

    c) assumere ogni utile iniziativa, compatibilmente con i vincoli di bilancio, per ridurre strutturalmente il cuneo fiscale e contributivo, introducendo misure finalizzate a standardizzare il costo del lavoro alla media europea, a tutela del trattamento economico complessivo del lavoratore e, di conseguenza, a salvaguardia della relativa retribuzione netta;

    d) assumere iniziative volte a prevedere l'introduzione di un salario minimo legale per i soli settori non regolati dalla contrattazione collettiva, come peraltro già previsto, ma inattuato, dalla legge n. 183 del 2014.
(7-00234) «Murelli, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Piccolo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

retribuzione del lavoro

analisi economica

contratto collettivo