ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00166

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 117 del 30/01/2019
Firmatari
Primo firmatario: COSTA ENRICO
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 30/01/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VITIELLO CATELLO MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 20/02/2019


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Stato iter:
07/03/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/02/2019
COSTA ENRICO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 20/02/2019
VITIELLO CATELLO MISTO
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 27/02/2019
FERRARESI VITTORIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 27/02/2019
COSTA ENRICO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
MARCHETTI RICCARDO AUGUSTO LEGA - SALVINI PREMIER
VAZIO FRANCO PARTITO DEMOCRATICO
PAOLINI LUCA RODOLFO LEGA - SALVINI PREMIER
FERRI COSIMO MARIA PARTITO DEMOCRATICO
ANNIBALI LUCIA PARTITO DEMOCRATICO
VERINI WALTER PARTITO DEMOCRATICO
BAZOLI ALFREDO PARTITO DEMOCRATICO
TURRI ROBERTO LEGA - SALVINI PREMIER
SALAFIA ANGELA MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO GOVERNO 07/03/2019
FERRARESI VITTORIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 07/03/2019
COSTA ENRICO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
VITIELLO CATELLO MISTO
BAZOLI ALFREDO PARTITO DEMOCRATICO
FERRI COSIMO MARIA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 07/03/2019
FERRARESI VITTORIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 20/02/2019

DISCUSSIONE IL 20/02/2019

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 20/02/2019

DISCUSSIONE IL 27/02/2019

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 27/02/2019

DISCUSSIONE IL 07/03/2019

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 07/03/2019

NON ACCOLTO IL 07/03/2019

PARERE GOVERNO IL 07/03/2019

RESPINTO IL 07/03/2019

CONCLUSO IL 07/03/2019

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00166
presentato da
COSTA Enrico
testo presentato
Mercoledì 30 gennaio 2019
modificato
Mercoledì 20 febbraio 2019, seduta n. 130

   La II Commissione,

   premesso che:

    la legge 9 gennaio 2019, n. 3, ha modificato l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario (O.p.) inserendo nell'elenco dei reati ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione ed agli altri benefici molti reati contro la pubblica amministrazione;

    il comma 6, lettera b), dell'articolo unico della citata legge infatti recita: «dopo le parole: “mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli” sono inserite le seguenti: “314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis,”»;

    ciò determina l'immediata applicazione di questo nuovo regime penitenziario a tutti coloro che alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 abbiano già concluso la loro vicenda processuale, maturando la legittima aspettativa di essere sottoposti ad un regime penitenziario meno gravoso comprensivo, in alcuni casi, persino della sospensione dell'ordine di esecuzione della pena;

    è noto infatti, che l'articolo 656, comma 9, lettera a), c.p.p. stabilisce il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione della pena anche per i reati contemplati nel catalogo previsto dall'articolo 4-bis dell'O.p. e sue successive modificazioni;

    la citata novella viene anche a colpire tutti coloro che abbiano già usufruito di benefìci penitenziari ancora in corso e che potrebbero essere revocati in conseguenza dell'immediata applicazione della condizione della collaborazione come requisito, prima non previsto, per l'accesso a strumenti extramurari di recupero;

    né potrebbe essere eccepita, sic et simpliciter, l'applicazione del principio di irretroattività delle norme che incidono sulla pena in senso lato, ivi compresa la fase della sua esecuzione, in ossequio al principio costituzionale scolpito nell'articolo 25, secondo comma della Costituzione;

    per quanto opinabile, occorre dare conto, di un granitico orientamento giurisprudenziale secondo il quale le disposizioni concernenti le misure alternative alla detenzione, in quanto non riguardano l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena ma attengono soltanto alle modalità esecutive della pena irrogata, non hanno carattere di norme penali sostanziali, e quindi – in assenza di specifiche norme transitorie – soggiacciono al principio «tempus regit actum» e non alla disciplina dell'articolo 2 codice penale e dell'articolo 25 della Costituzione;

    in attesa di un auspicabile, per quanto ancora incerto, revirement della giurisprudenza di legittimità che si ponga in linea anche con le più recenti sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (su tutte, C. eur. dir. uomo, terza sezione, sentenza 10 luglio 2012, pres. Casadevall – Del Rio Prada c. Spagna) occorre che sia il Parlamento ad intervenire con una disposizione transitoria che allinei la riforma al sacrosanto principio di irretroattività della norma penale – id est della materia dell'esecuzione penale-sfavorevole, considerati gli angusti margini di manovra di un possibile sindacato di legittimità costituzionale sulle scelte di politica criminale;

    è opportuno notare al riguardo che in molti casi le leggi intervenute nella soggetta materia hanno contenuto disposizioni transitorie;

    possono citarsi, in ordine cronologico, il decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, che reca disposizioni transitorie per quanto riguarda il lavoro all'esterno (articolo 21 O.p.), i permessi premio (articolo 30-ter O.p.) e l'ammissione alla semilibertà (articolo 50 O.p.): l'articolo 4 stabiliva in quel caso che le nuove norme si applicavano solo per i condannati per delitti commessi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge;

    così pure la legge 23 dicembre 2002, n. 279, che ha modificato in senso restrittivo il comma 1 dell'articolo 4-bis, presenta una norma transitoria (articolo 4) per la quale le modifiche apportate con l'articolo 1 «non si applicano nei confronti delle persone detenute per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 codice penale ovvero per delitti posti in essere per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico, commessi precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge»;

    ebbene è stato lo stesso legislatore a riconoscere la valenza del principio di irretroattività della norma penale meno favorevole anche con riferimento al regime della pena;

    d'altra parte, quando all'opposto, si è intervenuti con una disposizione transitoria in malam partem (si ricorderà l'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 recante «Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa» che aveva esteso il regime di maggior rigore a tutti coloro che alla data di entrata in vigore della legge stessero usufruendo di permessi premio concessi in base alla normativa previgente prevedendo la revoca del provvedimento qualora non si trovassero nella condizione per l'applicazione dell'articolo 58-ter O.p.) la Corte costituzionale (con la sentenza n. 306 del 1993) ha affermato princìpi valevoli anche oggi. Pur non prendendo posizione sulla violazione dell'articolo 25, secondo comma, della Costituzione – perché la questione venne giudicata inammissibile per manifesta infondatezza – la declaratoria di illegittimità costituzionale di quella disposizione è stata affidata ad altri parametri (segnatamente il principio di colpevolezza ex articolo 27 della Costituzione) riconoscendo che «[...] la vanificazione con legge successiva di un diritto positivamente riconosciuto da una legge precedente non può sottrarsi al necessario scrutinio di ragionevolezza» e che «[...] l'aspettativa del condannato a veder riconosciuto l'esito positivo del percorso di risocializzazione già compiuto si è trasformata nel diritto di espiare la pena con modalità idonee a favorire il completamento di tale processo»;

    dunque, ogni modifica in senso peggiorativo del trattamento penitenziario affidata a rigidi automatismi svincolati da un serio vaglio giudiziale rischia, anche su questo piano, di porsi in stridente contrasto con la legge fondamentale;

    per non parlare, infine, della disparità di trattamento che inevitabilmente questa riforma, orfana di una disposizione transitoria, è destinata a produrre per situazioni analoghe;

    coloro che hanno già eseguito la pena (magari in regime di affidamento in prova) per reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della citata novella avranno goduto di un regime più favorevole solo perché – per ragioni tutt'affatto prevedibili – il processo ha avuto un iter di definizione più rapido rispetto a chi si troverà oggi (per fatti analoghi) a dover scontare la pena o parte di essa in un istituto penitenziario,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza volta a rivedere la normativa di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 9 gennaio 2019, n. 3, disponendo che il regime previsto dalle norme ivi introdotte non possa che disporre per l'avvenire, e dunque non sia applicabile per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina.
(7-00166) «Costa, Vitiello».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

regime penitenziario

esecuzione della pena

detenuto