ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/01668

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 141 del 13/03/2019
Firmatari
Primo firmatario: QUARTAPELLE PROCOPIO LIA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 13/03/2019


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 13/03/2019
Stato iter:
27/06/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 27/06/2019
Resoconto DI STEFANO MANLIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
 
REPLICA 27/06/2019
Resoconto QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 13/03/2019

DISCUSSIONE IL 27/06/2019

SVOLTO IL 27/06/2019

CONCLUSO IL 27/06/2019

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-01668
presentato da
QUARTAPELLE PROCOPIO Lia
testo di
Mercoledì 13 marzo 2019, seduta n. 141

   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia finanzierà uno studio per realizzare una ferrovia in Eritrea per collegare la città portuale di Massawa alla capitale Addis Abeba;

   nel 2018, i leader dell'Etiopia e dell'Eritrea hanno firmato un nuovo trattato di pace, ponendo fine ad una stagione di guerra durata 20 anni;

   approfittando della condizione di stato d'emergenza che perdura da circa 20 anni, il presidente Isaias Afewerki ha instaurato nel suo Paese una vera dittatura, con violazioni dei diritti umani denunciate da organizzazioni umanitarie per ben due volte, nel 2015 e nel 2016, dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha sospeso la Costituzione, chiuso la stampa libera e imprigionato migliaia di oppositori;

   nel 2011, quando tutto il Corno d'Africa è stato interessato da una severa crisi alimentare, l'Eritrea, ha rifiutato gli aiuti, e sempre negato la crisi. Il servizio militare è obbligatorio nel Paese per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato; nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni per questo motivo; la popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e lo stipendio medio è di circa 10 euro al mese;

   anche dopo la firma della pace con l'Etiopia, il regime non ha mosso un solo passo verso la democrazia, ma, anzi, ha presentato la fine della guerra come una propria vittoria, traendone elementi per rafforzarsi;

   la nuova pace tra Eritrea e Etiopia ha, tuttavia, aperto la possibilità a investimenti per le imprese straniere nel Corno d'Africa e per le imprese italiane in particolare in Eritrea, ma non essendoci ancora una vera democrazia nel Paese, aleggia il pericolo che, se questi investimenti non saranno vincolati a precise, attente garanzie, possano diventare un favore al regime, che ne trarrà forza e legittimazione;

   l'interrogante ben consapevoli della opportunità di una crescita stabile e dei posti di lavoro che questi progetti possono portare al popolo eritreo, oltre che alle aziende italiane, ma è preoccupata di «come» questi progetti saranno realizzati;

   in Eritrea, per lavori di questo genere – cantieri stradali, edilizia, miniere – vengono impiegati i soldati di leva e i fondi, di fatto, sono incassati dal regime. Difatti, il servizio di leva obbligatorio non consiste solo nell'addestramento militare, ma anche nella costruzione di infrastrutture, in una sorta di lavori forzati per una paga di poco più di 25 dollari al mese. Ogni deviazione dalle regole, ogni minima forma di dissenso viene repressa con punizioni corporali e con la reclusione nelle famigerate carceri sotterranee nelle zone desertiche del Paese, tra i luoghi più caldi del pianeta;

   da notizie a mezzo stampa, sembrerebbe che sia lo Stato stesso a fornire la manodopera con i soldati del cosiddetto Servizio nazionale. Teoricamente dovrebbero percepire un salario di circa 4 mila nakfa al mese (poco più di 200 euro) ed è questa, in effetti, la cifra teorica che compare sulle buste-paga che i militari sono costretti a firmare. In concreto, invece, quella cifra si riduce a soli 400 nakfa, appena il 10 per cento. Il resto lo trattiene lo Stato;

   allora, l'Unione europea – che finanzierà un progetto per la ricostruzione di strade nell'area dei porti di Massawa e Assab – l'Italia – sia con riferimento all'eventuale decisione di procedere alla realizzazione della Ferrovia Massaw-Addis Abeba sia con riferimento all'attività delle aziende che operano e opereranno in loco – se non vigileranno attentamente su come verranno gestiti i cantieri e la manodopera rischiano di rendersi complici di uno sfruttamento che rasenta il lavoro in schiavitù –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle condizioni dei lavoratori-soldato descritte in premessa e come stia monitorando, per quanto di competenza l'impiego di manodopera locale nelle aziende italiane già operative in loco;

   quali iniziative di competenza intenda mettere in atto il Governo, qualora decidesse di procedere con la realizzazione della ferrovia Massawa-Addis Abeba, per assicurare il rispetto e la tutela dei diritti dei lavoratori che saranno impiegati e per vigilare affinché siano garantite le giuste e adeguate condizioni di lavoro universalmente riconosciute.
(5-01668)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 27 giugno 2019
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-01668

  La questione delle condizioni dei lavoratori in Eritrea è tema che viene seguito con grande attenzione dal Governo nel più ampio contesto del sostegno alla stabilizzazione e al processo di riconciliazione avviato in quella regione.
  Più precisamente, per quanto riguarda l'eventualità di un impiego di manodopera locale da parte di imprese italiane e nell'ambito di progetti da finanziarsi nel Corno d'Africa, va premesso che al momento l'unica azienda italiana di una certa caratura operante in loco non impiega personale 5, proveniente dal servizio militare nazionale, bensì persone liberamente disposte ad offrire il proprio lavoro in cambio di remunerazioni ben al di sopra della media nazionale.
  Come noto, l'Italia sta sostenendo convintamente, innanzitutto attraverso un'intensificazione del dialogo politico, il processo di riconciliazione in atto nel Corno d'Africa. Alla base di questo sostegno, concretizzatosi nel corso dell'ultimo anno in numerose visite di alto livello nei Paesi della regione, risiede la persuasione che solo attraverso il riavvicinamento tra Etiopia, Eritrea, Somalia e Gibuti si possano creare le condizioni di stabilità necessarie per favorire lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita dei Paesi del Corno.
  È opinione tanto del Governo italiano, quanto dell'Unione europea, che progetti infrastrutturali di respiro regionale rappresentino la chiave per favorire la creazione di posti di lavoro e, di riflesso, la crescita e l'integrazione economica dei Paesi coinvolti.
  Come rilevato dall'interrogante, è notoria la durata indefinita del servizio nazionale imposto ai giovani eritrei. Esso costituisce di fatto l'architrave su cui si fonda l'intero assetto socio-economico del Paese. I coscritti, infatti, non servono solo nelle fila dell'esercito, ma sono inseriti nel settore economico-burocratico-amministrativo. Il Governo eritreo non esclude la possibilità di ridurre la durata del servizio nazionale, ma la condiziona alla parallela creazione di posti di lavoro in grado di assorbire la manodopera che diverrebbe a quel punto disponibile sul mercato. Si tratta di un processo estremamente complesso di architettura sociale, su cui tanto l'Italia che l'UE tentano di svolgere un ruolo di stimolo, attraverso gli interventi di cooperazione.
  Pur riconoscendo che la tutela dei diritti umani nel Paese non ha ancora mostrato significativi passi in avanti a seguito della firma dell'Accordo di Pace con l'Etiopia, si è in ogni caso assistito negli ultimi mesi ad una positiva ripresa del dialogo tra le Autorità di Asmara e la Comunità internazionale. In particolare, alcune visite in Eritrea di rappresentanti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario internazionale hanno constatato la disponibilità del Paese a lavorare con le istituzioni finanziarie internazionali per individuare riforme capaci di dare nuovo slancio allo sviluppo eritreo.
  In questo quadro, attualmente il Governo italiano ha manifestato alle controparti, eritrea ed etiopica, la disponibilità a finanziare uno studio di fattibilità per la realizzazione di collegamenti infrastrutturali fra i due Stati. Al momento, tuttavia, tale programma non è stato avviato, in attesa dell'individuazione da parte delle due parti del percorso esatto dei collegamenti da realizzarsi. Qualora si dovesse passare ad una fase più concreta, si provvederà a richiedere alle Autorità eritree adeguate garanzie circa il non impiego di personale proveniente dalle fila del servizio nazionale e, comunque, il rispetto dei principi internazionalmente riconosciuti in materia di lavoro.
  In maniera non dissimile da quanto sta attualmente facendo l'Unione europea con riferimento ai progetti di sviluppo infrastrutturale da essa finanziati, si potrà valutare l'esborso di fondi in presenza di precise norme di tutela delle condizioni di lavoro, vigilando sull'erogazione di adeguati salari e lavorando assieme a partner rispettati affinché, come promesso dal Governo eritreo, una smobilitazione incrementale degli effettivi del servizio nazionale vada in parallelo con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

impresa estera

Commissione dei diritti dell'uomo

deserto