ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/01010

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 91 del 27/11/2018
Firmatari
Primo firmatario: TRANO RAFFAELE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 27/11/2018


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 27/11/2018
Stato iter:
28/11/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 28/11/2018
Resoconto TRANO RAFFAELE MOVIMENTO 5 STELLE
 
RISPOSTA GOVERNO 28/11/2018
Resoconto VILLAROSA ALESSIO MATTIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
REPLICA 28/11/2018
Resoconto TRANO RAFFAELE MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 28/11/2018

SVOLTO IL 28/11/2018

CONCLUSO IL 28/11/2018

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-01010
presentato da
TRANO Raffaele
testo di
Martedì 27 novembre 2018, seduta n. 91

   TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione a sezioni unite, con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016, ha sancito che i crediti della pubblica amministrazione (ivi compresi quelli di natura erariale vantati dall'Agenzia delle entrate e quelli a carattere contributivo pretesi dall'Inps) si prescrivono nel termine di cinque anni, a meno che essi non siano stati accertati con una sentenza definitiva di condanna a carico del debitore;

   tale decisione consegue ad un orientamento consolidato da parte dei giudici di Piazza Cavour, secondo i quali, decorsi i termini per l'impugnazione, i crediti erariali esposti negli atti di accertamento e riscossione divengono definitivi, ossia non più retrattabili da parte del contribuente. Circostanza che, però, non ne determina l'assoggettamento al termine di prescrizione ordinario decennale, ai sensi dell'articolo 2953 del codice civile, proprio in quanto privi della validazione giudiziale derivante da una sentenza o decreto ingiuntivo che sola potrebbe giustificare tale maggior aggravio;

   la posizione espressa dagli Ermellini si colloca inoltre nel solco già tracciato, in precedenza, dai giudici della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 280 del 2005, avevano statuito che non è consentito «lasciare il contribuente assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione», l'arco temporale di potenziale riscossione del credito erariale non può e non deve apparire «certamente eccessivo e irragionevole»;

   nonostante le chiare indicazioni operative fornite dalla Corte di Cassazione, accade, tuttavia, di frequente che l'Agenzia delle entrate – Riscossione non riconosca la prescrizione quinquennale dei crediti che non sono stati oggetto di sentenze passate in giudicato, lasciando dunque i contribuenti esposti al più ampio termine decennale, in contrasto, dunque, con la prefata decisione dei giudici –:

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a chiarire il carattere quinquennale della prescrizione applicabile ai crediti della pubblica amministrazione che non sono stati oggetto di sentenze definitive affinché sia data definitivamente attuazione ai principi stabiliti nella sentenza della Corte di Cassazione n. 23397 del 17 novembre 2016.
(5-01010)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 28 novembre 2018
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-01010

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante, nel richiamare la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 23397 del 17 novembre 2016, che avrebbe sancito che «i crediti della Pubblica Amministrazione (ivi compresi quelli di natura erariale vantati dall'Agenzia delle Entrate e quelli a carattere contributivo pretesi dall'INPS) si prescrivono nel termine di cinque anni, a meno che essi non siano stati accertati con una sentenza definitiva di condanna a carico del debitore», chiede di sapere quali iniziative si intendano adottare al fine di chiarire il carattere quinquennale della prescrizione anche con riferimento ai crediti della Pubblica Amministrazione che non sono stati oggetto di sentenze definitive.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Ad avviso dell'Onorevole interrogante, la menzionata pronuncia della Suprema Corte confermerebbe un orientamento consolidato presso i giudici di legittimità e si collocherebbe «nel solco» precedentemente tracciato dalla Consulta che, con la sentenza n. 280 del 2005, ha stabilito che non è «consentito lasciare il contribuente assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione».
  In proposito, giova precisare che quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza sopra richiamata – come espressamente indicato nelle motivazioni della pronuncia – sembra rilevare solamente ai fini della non applicabilità dell'articolo 2953 codice civile agli atti della riscossione per i quali siano decorsi i termini di impugnazione, con conseguente impossibilità di convertire il termine breve, triennale o quinquennale, previsto da talune disposizioni di legge in relazione a specifiche tipologie di entrate, nel più lungo termine decennale contemplato dalla stessa norma in assenza di una pronuncia giurisdizionale definitiva (cosiddetta actio iudicati) che prenderebbe il posto dell'atto amministrativo oggetto di giudizio.
  Deve sottolinearsi, tuttavia, che i principali tributi erariali (IRPEF, IRES, IVA, IRAP) si prescrivono nel termine di dieci anni dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell'ultimo atto interruttivo notificato tempestivamente al debitore.
  Infatti, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria rilevano che, in mancanza di una espressa disposizione di legge, per detti tributi è da sempre pacificamente ritenuta applicabile la prescrizione ordinaria decennale, ai sensi dell'articolo 2946 del codice civile, a tenore del quale: «Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni». Ciò, tenuto conto che, a tali crediti, non può applicarsi la prescrizione breve di cinque anni, prevista dall'articolo 2948 del codice civile per le cosiddette «prestazioni periodiche».
  I crediti tributari in parola non dovrebbero quindi considerarsi «prestazioni periodiche», in quanto derivano, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione riguardo alla sussistenza dei presupposti impositivi. In altre parole, i singoli periodi di imposta e le relative obbligazioni sono tra loro autonomi e manca dunque la « causa debendi continuativa», che caratterizza le prestazioni periodiche.
  Del resto, tale assetto non contrasta con l'esigenza, richiamata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 280 del 2005, che il contribuente non sia «assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato», atteso che per la suddetta tipologia di crediti il Legislatore ha introdotto termini decadenziali tanto con riferimento alla notifica dell'avviso di accertamento, quanto con riguardo alla notifica della cartella di pagamento (articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e articolo 23 del decreto legislativo n. 46 del 1999).
  Pertanto, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dall'Interrogante, non incide sull'applicabilità, alle più importanti categorie di crediti tributari dello Stato, del termine prescrizionale decennale per effetto delle previsioni di cui all'articolo 2946 del codice civile, e non già di quelle dell'articolo 2953 del codice civile, posto a base della decisione n. 23397/2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
  In tale contesto si fa presente, peraltro, che l'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza e difesa dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, ha provveduto ad impugnare alcune isolate sentenze di merito che da una lettura della menzionata sentenza hanno ritenuto di poter trarre, quale conseguenza immediata e diretta dei principi ivi contenuti, l'assoggettamento generalizzato dei crediti erariali al termine prescrizionale quinquennale.
  La Suprema Corte, infatti, nella citata sentenza n. 23397 del 2016, ha evidenziato semplicemente che la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione alla cartella non consente di fare applicazione dell'articolo 2953 del codice civile.
  Tale ultima disposizione, infatti, opera soltanto «nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

credito