Doc. XXII, n. 25

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
PALAZZOTTO, FORNARO, BOLDRINI, CONTE, FRATOIANNI,
MURONI, PASTORINO, ROSTAN

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta
sull'omicidio di Ilaria Alpi

Presentata il 9 luglio 2018

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  Onorevoli Colleghi! — Sono trascorsi 24 anni da quando Ilaria Alpi, giornalista e fotoreporter italiana del TG3 è stata assassinata a Mogadiscio insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin. Da allora processi, Commissioni parlamentari e inchieste giornalistiche non sono riuscite a fare definitiva chiarezza sulla vicenda. Ilaria Alpi giunse per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Le inchieste della giornalista si sarebbero poi soffermate su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbe visto, tra l'altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane. Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate coi gruppi politici locali.
  Nel novembre precedente l'assassino della giornalista era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del Sismi Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, a pochi metri dall'hotel Hamana, nel quartiere Shibis. La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia. Qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti Pag. 2e di armi. Si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo. Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all'hotel Sahafi, vicino all'aeroporto, e poi all'hotel Hamana, dinanzi al quale avvenne il duplice delitto.
  La morte di Ilaria Alpi sembra destinata a diventare uno dei tanti misteri italiani irrisolti. Proprio come il caso del Moby Prince, dove nel 1991 morirono bruciate 140 persone e sul quale Ilaria Alpi, poco prima di morire, aveva cominciato a far luce trovando in terra somala alcuni collegamenti con la strage avvenuta davanti al porto di Livorno. Dopo tre anni di indagini, nel gennaio 1998, l'ambasciatore in Somalia Giuseppe Cassini, incaricato dal Governo Prodi di cercare i responsabili dell'omicidio Alpi, torna in Italia con tre somali. Con lui sull'aereo c'è Omar Hassan Hashi, fatto venire in Italia per testimoniare alla Commissione d'inchiesta «Gallo» sulle violenze perpetrate in Somalia dal contingente italiano durante la missione di pace. Ci sono anche Sid Abdi, l'autista di Ilaria e Miran e Ali Ahmed Ragi, detto «Gelle», testimone oculare dell'agguato. Abdi e Gelle dichiarano alla magistratura che Hashi era uno dei sette uomini del commando che ha fatto fuoco su Ilaria: viene subito arrestato. Il 18 luglio 1998 il sostituto procuratore di Roma Franco Ionta formulò la richiesta di rinvio a giudizio a carico del cittadino somalo Omar Hashi Hassan, accusato di concorso in omicidio volontario aggravato. Secondo l'accusa, egli sarebbe stato alla guida della Land Rover con a bordo i componenti del commando che uccise i due giornalisti italiani. Alcuni anni dopo si capirà che era stato incarcerato ingiustamente e inizierà un lungo processo di revisione.
  Tra dichiarazioni, testimonianze false e soprattutto false speranze di fare chiarezza una volta per tutte sull'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, trascorre quasi un decennio. La Corte di appello di Perugia, il 19 ottobre 2016, a conclusione del processo di revisione, assolve l'unico condannato, il somalo Hashi Omar Hassan, con particolare riferimento all'assenza di qualsiasi indicazione su movente e killer. A chiamare in causa Hassan era stato un testimone, rivelatosi poi falso, di nome Ahmed Ali Rage, detto Gelle, anch'egli somalo, che una volta arrivato a Roma accusò Hassan di essere l'omicida dei due giornalisti. Dopo averlo accusato scomparve nel nulla fino a ricomparire in Gran Bretagna scovato dalla troupe della trasmissione televisiva della RAI "Chi l'ha visto". All'inviata del programma condotto dalla giornalista Federica Sciarelli, Gelle ha ammesso di avere, ai tempi, dichiarato il falso, ossia che non era vero che quel giorno si trovasse sul luogo del duplice omicidio e di aver accusato Hassan in quanto "gli italiani avevano fretta di chiudere il caso". Lo stesso Gelle ha dichiarato inoltre che, in cambio della sua testimonianza, avrebbe ottenuto la promessa che avrebbe lasciato il paese africano, dove la situazione sociale era tesissima in quel periodo.
  La Corte d'assise di Perugia oltre a rimettere in libertà Omar Hassan Hashi, nelle motivazioni della sentenza, parla di «attività di depistaggio che possono essere avvalorate dalle modalità della ’fuga’ del teste e dalle sue mancate concrete ricerche». A sostegno di tale tesi vi è anche l'attività di sorveglianza della Polizia sull'ex «testimone chiave»: negli spostamenti durante la sua permanenza nella Capitale, Gelle era sempre accompagnato dalla Polizia. Poi da un giorno all'altro sparì. Nel 2017 la procura di Roma chiude, con una richiesta di archiviazione, l'inchiesta sui fatti di 24 anni fa con la seguente motivazione: «Impossibilità di risalire al movente ed agli autori degli omicidi dell'inviata del Tg3 Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin, avvenuti il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia, e nessuna prova di presunti depistaggi».
  A distanza di 24 anni dal quel duplice omicidio quindi non vi è ancora nessun colpevole, nessun mandante e nessun depistaggio accertato. Successivamente però, Pag. 3nel giorno dell'udienza per discutere della richiesta di archiviazione del caso, la Procura di Roma ha presentato nuovi documenti inediti. Si tratta di una serie di intercettazioni, risalenti al 2012, che scrivono una nuova pagina dell'inchiesta sulla morte, avvenuta il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio, in Somalia. L'incartamento è stato trasmesso alla procura di Roma dalla Procura di Firenze e riporta alcune conversazioni tra soggetti somali che, in Italia, parlavano dell'agguato che è costato la vita alla giornalista e all'operatore. E fa parte di un procedimento slegato dal caso Alpi, ma relativo a un traffico di camion dismessi dell'Esercito italiano verso la Somalia. «L'hanno uccisa gli italiani»: così avrebbero detto due somali intercettati dalla guardia di Finanza durante un'inchiesta della polizia tributaria di Firenze.
  In questo documento del 2012, anticipato dal programma di Raitre «Chi l'ha visto?», si leggono le conversazioni di due somali che parlano di soldi arrivati dalla Somalia e da destinare all'avvocato che sta difendendo Hashi Omar Hassan, il giovane arrestato e condannato ingiustamente per gli omicidi della giornalista del TG3 e del cineoperatore. Nei documenti si legge questo dialogo trascritto: «Che cosa è successo a questo uomo che è in carcere?», chiede uno dei due somali; l'altro risponde: «Ti ricordi la giornalista che avevano ucciso al paese e si chiamava Ilaria Alpi? Lui è il ragazzo che hanno detto che l'ha uccisa ed è ancora dentro il carcere, se anche sanno chi l'ha uccisa, l'hanno uccisa gli italiani stessi, poi lui lo hanno portato qui per testimoniare ed invece hanno condannato lui».
  Secondo la ricostruzione della stessa trasmissione, la procura di Firenze avrebbe chiesto di trasmettere le intercettazioni alla procura di Roma già nel dicembre del 2012, quando Hassan era in carcere. Ma, a quanto risulta alla redazione del programma, i documenti sarebbe stati protocollati solo nel gennaio del 2018. L'8 giugno del 2018, il pubblico ministero di Roma Elisabetta Ceniccola ha ribadito la richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari per l'indagine sull'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, sostenendo che le nuove intercettazioni giunte dai pm di Firenze nelle scorse settimane sono sostanzialmente irrilevanti e non rappresentano uno spunto solido per avviare nuovi accertamenti. Il 26 giugno 2018 il gip di Roma ha rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura disponendo una nuova tranche di indagini e concedendo altri centottanta giorni per completare gli accertamenti. A determinare il rigetto dell'archiviazione, c'è sia la trascrizione dell'intercettazione tra due cittadini somali che una relazione del SISDE del 1997 che cita «una fonte confidenziale» che sarebbe importante riuscire oggi ad individuare e ascoltare.
  Nel 2004 anche il Parlamento si è occupato della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, istituendo un'apposita Commissione d'inchiesta sulla loro morte. Presieduta dall'avvocato e deputato di Forza Italia Carlo Taormina, il compito della Commissione doveva essere quello di approfondire le indagini sull'omicidio e le ricerche sui traffici che Ilaria Alpi stava conducendo.
  La Commissione destò molte critiche e dopo due anni di lavori, fece emergere forti dubbi sulla veridicità delle testimonianze che indicavano Hashi Omar Hassan come membro del commando che uccise Ilaria, ma non fece luce né sui mandanti, né sui traffici illeciti. Il presidente Taormina dichiarò anzi che i due giornalisti uccisi «erano in vacanza in Somalia, non stavano conducendo nessuna inchiesta: la Commissione lo ha accertato».
  La procura acquisì gli atti della Commissione e riaprì le indagini sul caso. Nel dicembre 2013, l'allora Presidente della Camera Laura Boldrini ha avviato la procedura di desecretazione degli atti della Commissione d'inchiesta sull'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
  Di particolare rilievo vi sono le note del Sismi del 1994 che confermano i risultati delle tante inchieste giornalistiche svolte negli anni e cioè che: «Ilaria Alpi è stata uccisa perché indagava su un traffico di rifiuti e armi. I mandanti vanno ricercati tra militari somali e cooperazione». Pag. 4
  In un'informativa riservata dei giorni successivi all'omicidio il Servizio segreto militare fa quattro nomi: il colonnello Mohamed Sheikh Osman (trafficante d'armi del clan Murasade), Said Omar Mugne (amministratore della Somalfish), Mohamed Ali Abukar e Mohmaed Samatar. In un'altra nota del 1994 il Sismi indicava come «mandanti o mediatori» due imprenditori italiani: Ennio Sommavilla e Giancarlo Marocchino, tra i primi ad accorrere sul luogo dell'agguato. In una nota del 1996 venne infine indicato come possibile mandante il generale Aidid, signore della guerra somalo, utilizzatore finale del traffico d'armi che Ilaria avrebbe scoperto.
  Le indagini sulla morte della giornalista hanno portato poi ad accertare i contatti che Ilaria Alpi ha avuto con l'organizzazione Gladio. Un membro di Gladio, Li Causi, morto qualche mese prima, era stato un suo informatore. Le indagini si sono rivolte inoltre alla morte di Mauro Rostagno e al centro Scorpione di Trapani (una sede di Gladio). Si è ipotizzato che il Centro Scorpione, dove operavano agenti dei servizi segreti di Gladio, ricevesse armi dalla Società Oto Melara di Finmeccanica a La Spezia, e che queste armi siano state inviate in Africa, dove operava la stessa organizzazione Gladio, dall'aeroporto di San Vito Lo Capo con un aereo ultraleggero non visibile ai radar.
  Anni di depistaggi e bugie hanno impedito di arrivare alla verità e all'individuazione dei responsabili. Il nostro Paese non si può permettere che questa vicenda cada nel dimenticatoio. Abbiamo il dovere di continuare a cercare verità e giustizia. Lo dobbiamo a Ilaria e a Miran ed è per questo che il Parlamento, in base all'articolo 82 della Costituzione, può dare il suo contributo per approdare definitivamente alla verità, perché, se è vero che per la procura di Roma risulterebbe impossibile accertare l'identità dei killer e il movente dell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin il Parlamento non può esimersi dall'esperire ogni tentativo possibile per ricostruire una verità storica su ciò che accadde in quei giorni che non può essere cancellata. Ilaria Alpi era a Mogadiscio per svolgere il proprio lavoro di giornalista di inchiesta con serietà e professionalità ed è stata assassinata, con tutta probabilità, perché stava per denunciare un traffico di armi e di rifiuti tossici che coinvolgeva l'Italia e la Somalia. Abbiamo il dovere politico e istituzionale, non solo per la memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e per il rispetto che si deve alle loro famiglie, alla mamma di Ilaria, la signora Luciana Alpi, scomparsa il 12 giugno 2018 all'età di 85 anni, ma anche e soprattutto per restituire forza ai princìpi di libertà di informazione e di giustizia sui quali si fonda la nostra democrazia, di affermare che i due non sono stati vittime del destino che li ha voluti per caso al centro di una sparatoria per le vie di Mogadiscio, ma che sono stati uccisi perché ritenuti pericolosi da chi per chissà quanti anni ha gestito traffici illeciti tra l'Italia e il continente africano.
  Il fatto che il Parlamento italiano non si arrenda al silenzio sarebbe un gesto importante ed è per questo che proponiamo l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta con il compito di accertare le responsabilità relative alla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, il movente alla base dell'omicidio, nonché di ricostruire in maniera puntuale tutte le circostanze che hanno portato al loro assassinio.
  Nello specifico, l'articolo 1 prevede l'istituzione della Commissione ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, che essa abbia la durata di un anno e il compito di accertare le responsabilità relative alla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e le motivazioni che hanno portato a tale omicidio nonché di ricostruire in maniera puntuale le circostanze che hanno portato al suo assassinio. Al comma 3 si stabilisce che la Commissione, al termine dei propri lavori, presenti una relazione alla Camera dei deputati sul risultato dell'inchiesta.
  L'articolo 2 stabilisce che la Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e che assicuri comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare. Inoltre, si prevedono i criteri di composizione dell'ufficio Pag. 5 di presidenza della Commissione, costituito dal presidente, due vicepresidenti e due segretari e i criteri di elezione del presidente.
  L'articolo 3 prevede i poteri e i limiti della Commissione. La stessa procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti o relativi a indagini e inchieste e parlamentari, anche se coperti da segreto. Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza e stabilisce quali atti o documenti non devono essere divulgati. L'articolo 4 obbliga i componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione e chi compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 3 e 6. La violazione dell'obbligo, nonché la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi della legislazione vigente.
  Infine l'articolo 5, sull'organizzazione della Commissione di inchiesta, al comma 1 prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla medesima Commissione. Le sedute sono pubbliche, tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta. Il comma 2 prevede che la Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, degli organi a ciò deputati e dei Ministeri competenti. Il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione è previsto dal regolamento interno della Commissione. Per lo svolgimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati. Il comma 4 dell'articolo 5 stabilisce che le spese per il funzionamento della Commissione, nel limite massimo di 100.000 euro, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, durata e compiti
della Commissione).

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata di un anno, una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di accertare le responsabilità relative alla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e le motivazioni che hanno portato a tale omicidio nonché di ricostruire in maniera puntuale le circostanze che hanno portato al loro assassinio.
  3. La Commissione, al termine dei propri lavori, presenta una relazione alla Camera dei deputati sul risultato dell'inchiesta.

Art. 2.
(Composizione della Commissione).

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare.
  2. Con gli stessi criteri e con la stessa procedura di cui al comma 1 si provvede alle eventuali sostituzioni in caso di dimissione o di cessazione dalla carica ovvero qualora sopraggiungano altre cause di impedimento dei componenti della Commissione.
  3. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione. Se nessuno riporta tale maggioranza Pag. 7 si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  2. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
  3. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 2 sono coperti dal segreto.
  4. Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  5. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
  6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra Pag. 8persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 3 e 6.
  2. La violazione dell'obbligo di cui al comma 1 nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi della legislazione vigente.

Art. 5.
(Organizzazione della Commissione).

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla medesima Commissione prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Le sedute sono pubbliche, tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  2. La Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, degli organi a ciò deputati e dei Ministeri competenti. Il regolamento interno di cui al comma 1 stabilisce il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  3. Per lo svolgimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  4. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 100.000 euro, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.