XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 30 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Stumpo Nicola , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE DELL'ACCESSO DEI CITTADINI AI SERVIZI EROGATI DAL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Stumpo Nicola , Presidente ... 2 
Ruggeri Antonino , dirigente Settore controllo di gestione, monitoraggio costi per i livelli di assistenza e sistemi informativi – regione Piemonte ... 2 
Bavaro Vito , dirigente Dipartimento promozione della salute regione Puglia ... 7 
Miserendino Gandolfo , dirigente responsabile Servizio ICT, tecnologie e strutture sanitarie regione Emilia-Romagna ... 8 
Belardinelli Andrea , dirigente Direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale, regione Toscana ... 9 
Postiglione Gianluca , dirigente Direzione generale per la tutela della salute e il coordinamento del Sistema sanitario regionale, regione Campania ... 10 
Ruggeri Antonino , dirigente Settore controllo di gestione, monitoraggio costi per i livelli di assistenza e sistemi informativi – regione Piemonte ... 11 
Stumpo Nicola , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 14

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NICOLA STUMPO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di semplificazione dell'accesso dei cittadini ai servizi erogati dal Servizio sanitario nazionale, l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  La delegazione degli auditi è composta dal dottor Antonino Ruggeri, dal dottor Gianluca Postiglione, dal dottor Gandolfo Miserendino, dal dottor Vito Bavaro, dal dottor Andrea Belardinelli e dal dottor Paolo Alessandrini. Li ringrazio per essere qui e per fornirci gli spunti che ci porteranno.
  Sono spunti alla nostra attenzione sulla posizione delle regioni e delle province autonome, attori strategici nello scenario del servizio sanitario del nostro Paese, rispetto alla necessità di raccogliere opportunità poste dall'impiego delle tecnologie digitali in ambito sanitario. Tecnologie che – come abbiamo già avuto modo di ascoltare nel corso delle precedenti audizioni – consentiranno di semplificare la fruizione dei servizi sanitari da parte dei pazienti e di garantire la sostenibilità, nel prossimo futuro, di un modello di servizio sanitario, pressoché unico al mondo, che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e garantisce cure gratuite agli indigenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 32 della Costituzione.
  Do subito la parola al dottor Ruggeri e, successivamente, in ragione di come vi siete organizzati, agli altri relatori. Al termine, se possibile, ci sarà uno spazio per le domande.

  ANTONINO RUGGERI, dirigente Settore controllo di gestione, monitoraggio costi per i livelli di assistenza e sistemi informativi – regione Piemonte. Grazie presidente. Vi ringraziamo di questa occasione, che ci permette anche di rappresentarvi alcuni approfondimenti della sanità digitale, alcuni elementi di attenzione e alcune considerazioni che in questi anni, attraverso gruppi di lavoro regionali e ministeriali, anche con il contributo di AgID, abbiamo cercato di approfondire in risposta anche a esigenze che sempre più provengono dal mondo clinico o che comunque sono presenti nei processi di cura del cittadino.
  Noi come referenti dell'area ICT abbiamo predisposto alcune slides semplici, dove cercheremo di portare all'attenzione lo stato di avanzamento della sanità digitale.
  Innanzitutto è d'obbligo una premessa: nei processi di cura e nel contesto sanitario porre l'attenzione al cittadino o comunque alla persona nella sua complessità, intesa come paziente, care giver o anche come operatore sanitario è, sempre stato e lo sarà sempre di più, il punto d'attenzione di tutto il Sistema sanitario nazionale. È indubbio che l'andamento sociodemografico Pag. 3che osserviamo nel prossimo ventennio ci porta a fare delle riflessioni su quali dovrebbero essere le soluzioni innovative anche per fronteggiare i processi di cura, di risposta non più a silos prestazionali, ma nella loro interezza e ci portano sempre più a ragionare su piattaforme informatiche interoperabili e facilmente fruibili.
  Recenti studi, ad esempio, dimostrano che l'incidenza della popolazione ultrasessantacinquenne rispetto alla fascia di età tra i quattordici e i sessantacinque anni passerà, nel prossimo triennio, da 3,5 a 5,3. Questo porta con sé una serie di riflessioni dal punto di vista clinico: aumentano sempre più le patologie croniche, sempre più si ha la necessità, quindi, di curare la persona non sulla singola prestazione ma su setting di prestazioni che guardano l'esito del processo di cura. Da questo discendono due riflessioni nel contesto informatico: da un lato come poter utilizzare al meglio i dati per mirare il target dei processi di cura, in risposta anche alle esigenze di stratificazione della popolazione italiana. Ogni persona mediamente over 65 potrebbe avere uno, due o più contesti di pluripatologie, che è importante conoscere per fronteggiare anche questo tipo di problematiche sul territorio. Non vi è una diffusione omogenea di queste patologie croniche, quindi conoscere un po’ prima, per poter indirizzare delle iniziative di cura, riteniamo che sia un qualcosa di necessario e sempre più costruttivo.
  La sanità digitale noi la vediamo come una occasione di cambiamento sistemico che, nel rispetto delle programmazioni nazionali e regionali e nel rispetto degli equilibri di bilancio e del Piano triennale ICT, ci può permettere di ottimizzare le risorse, migliorare quindi i processi di cura e offrire sempre più dei servizi di alta qualità al cittadino. Questo ci permetterebbe di mantenere il nostro sistema universalistico così come oggi lo conosciamo, di qualità sia percepita, ma – mi permetterei di fare una riflessione – reale e concreta, perché comunque offriamo un servizio sanitario di cura, e sostenibile.
  In questi anni ci siamo concentrati, nell'ambito dei Piani ICT della sanità digitale, ad identificare questi obiettivi. Abbiamo provato a sintetizzarli in tre macro titoli: ci poniamo l'esigenza di migliorare l'esperienza degli operatori che lavorano in sanità (in primis la parte medica); promuovere efficienza, trasparenza e sicurezza perché, attraverso questi dati che sono strutturati e standardizzati, diventa sempre più chiaro e trasparente l’iter; e, non per ultimo, anzi forse in primis, il cittadino perché è la parte sempre più debole all'interno di questi processi.
  Di servizi ne abbiamo realizzati. Magari in qualche realtà regionale sono in corso di realizzazione, tutti quelli che abbiamo elencato, ma di fatto sono questi i macro titoli dei servizi che ci siamo posti come obiettivo nell'ultimo biennio e che stanno vedendo la luce come cambiamento sistemico. Parliamo della dematerializzazione della ricetta (qualcosa che nasce prima dell'ultimo biennio), ma di fatto, grazie alle potenzialità del fascicolo sanitario elettronico e delle recenti normative, il cittadino tecnicamente può visualizzare all'interno della piattaforma del fascicolo le ricette dematerializzate. Manca un atto nazionale che, nel rispetto del Decreto Ministeriale del 2011, porterebbe al superamento del promemoria cartaceo, perché ricordiamo che, nonostante noi possiamo oggi mettere a disposizione del cittadino la visualizzazione della ricetta bianca, elettronica, dematerializzata all'interno del fascicolo sanitario elettronico, questo non fa venire meno la necessità normativa di stamparla ai fini della presa in carico. Su questo abbiamo avuto modo di confrontarci con i Ministeri competenti. Condividiamo con le parti, sia regionali che ministeriali, l'opportunità di superare con un atto normativo l'obbligatorietà del promemoria. Probabilmente è un tema che nel prossimo anno sarà oggetto di approfondimento.
  I certificati di malattia e la trasmissione del 730 sono realizzati tramite il Ministero dell'Economia e delle finanze. Molte regioni hanno iniziato a realizzare attraverso l'ausilio e le potenzialità di SPID, che permette l'asserzione chiara del cittadino, la gestione telematica delle esenzioni. Mi riferisco in particolar modo alle esenzioni Pag. 4per reddito. Ad esempio noi in Piemonte (ma non siamo gli unici) permettiamo al cittadino, tramite soluzioni on line, con l'accesso con SPID di livello 2, di poter effettuare la propria dichiarazione di autocertificazione, ai sensi delle normative vigenti. Questo comporta, come elemento positivo per il cittadino, il fatto di evitare di fare la fila ogni anno presso la ASL per dichiarare il proprio diritto all'esenzione per reddito. È integrato attivamente con i controlli del Ministero dell'Economia e delle finanze, quindi, qualora il MEF dovesse effettuare delle verifiche del diritto o meno all'esenzione, la posizione del cittadino si chiude e poi eventualmente il cittadino può riaprirla.
  Sempre più abbiamo un'esigenza di assicurare una gestione unitaria delle agende. Questo lo abbiamo riportato in vari atti regionali; è riportato in vari atti nazionali; recentemente abbiamo espresso anche l'assenso tecnico, ma è di prossima pubblicazione il decreto nazionale che assegna le risorse per l'abbattimento delle liste d'attesa e per realizzare una gestione unitaria delle agende. Questo è un tema che sicuramente sarà all'ordine del giorno del prossimo biennio.
  Gestire le agende significa dare la possibilità al cittadino di poter accedere, mediante qualsiasi soluzione – o di call center o mediante soluzioni on line o mediante farmacie di servizi –, alla possibilità di prenotare la propria ricetta prescritta dal medico e poter consultare, quindi, le disponibilità di tutte le strutture pubbliche o private del territorio di una determinata regione e avere l'offerta complessiva delle varie disponibilità, nel rispetto delle classi di priorità stabilite dal medico all'interno della ricetta prescritta.
  Altro obiettivo, che è stato già realizzato e che potrebbe essere un volano a valore aggiunto a favore del cittadino, è il pagamento del ticket e il ritiro dei referti. Quanti di noi hanno la necessità di gestire sempre meglio il proprio tempo? Dare la possibilità al cittadino di poter ritirare il referto di laboratorio on line, piuttosto che recarsi presso una struttura ospedaliera e fare l'ennesima coda per ritirare il documento clinico, è un valore aggiunto importante. Anni addietro ricordo uno studio realizzato dal Veneto che monetizzava e cercava di portare valore aggiunto anche a queste soluzioni, si parlava di un vantaggio sociale e anche economico nei confronti del cittadino non indifferente: dalla necessità di prendersi un giorno di ferie, mezza giornata di ferie per prendere il referto, piuttosto che trovare la possibilità di un parcheggio e quant'altro, con tutti gli altri disagi correlati.
  È evidente – ma questo lo vedremo nelle prossime slides – che questi strumenti funzionano nel momento in cui agevoliamo anche la funzione di delega informatica, perché non sempre le persone sono molto vicine a soluzioni informatiche: siamo un Paese dove la popolazione anziana è presente, vi è un digital divide che dobbiamo considerare, quindi la funzione «delega», ovvero permettere a un parente piuttosto che a un amico di poter ritirare i referti, è sicuramente un valore aggiunto. Allo stesso tempo anche dei genitori nei confronti dei figli. Quindi un altro elemento che vediamo di rilevanza significativa è accelerare, agevolare questi processi di delega sia verso la genitorialità, quindi poter consultare i referti dei figli minori, ma anche verso quelle fasce di popolazione fragili, deboli o come riteniamo opportuno denominarle.
  Tutto questo è realizzabile e realizzato anche attraverso la piattaforma del fascicolo sanitario elettronico. Ricordo un'audizione di qualche anno fa, e allora eravamo molto distanti, se si considerava la realizzazione a livello nazionale, perché comunque alcune regioni lo avevano realizzato, altre avevano iniziato i loro investimenti; oggi, a distanza di due anni, possiamo affermare che molto è stato fatto in termini di realizzazione della piattaforma infrastrutturale. Questo non significa che il fascicolo sia disponibile o che sia operativo così come riteniamo, perché dietro il fascicolo c'è tutto il contesto clinico di una persona, però quelli sono i documenti clinici o comunque la documentazione che deve essere resa disponibile dalle strutture, Pag. 5fermo restando che la piattaforma oggi c'è, come vedremo tra poco.
  Altro elemento che, partendo dall'esperienza pilota della Lombardia, abbiamo ritenuto essere un valore aggiunto non indifferente, è quello di realizzare la dematerializzazione dei buoni per i celiaci. Ricordiamo che questi pazienti, fino a qualche anno fa, usufruivano di un buono cartaceo, che riportava un determinato importo, potevano andare presso i negozi specializzati o le farmacie, consegnare il buono cartaceo, e avevano poi il vincolo, nel rispetto dei buoni cartacei che, o erano mensili oppure riferiti ad una settimana, di acquisto dei prodotti presso l'unico ente autorizzato al quale avevano consegnato il buono. Molte regioni, tra cui Lombardia, Piemonte, Emilia, Puglia, Toscana, Veneto – e sono a conoscenza anche di molte altre regioni che hanno già iniziato alcuni investimenti o il riuso –, hanno ritenuto che la soluzione migliore fosse quella di dematerializzare tutto il processo.
  In queste regioni che vi ho nominato il cittadino ha la propria tessera sanitaria e, mediante digitazione di un PIN, usa la propria tessera sanitaria per effettuare la transazione. A questo punto è libero di scegliere quale sia il negozio specializzato, aumenta il suo potere d'acquisto, perché può decidere di acquistare un determinato prodotto presso l'ente che glielo offre a un prezzo inferiore, nel rispetto ovviamente del budget complessivo. Questo riusciamo ad assicurarlo, perché abbiamo le nostre anagrafi integrate; conosciamo l'esenzione del cittadino, quindi il diritto di poter usufruire del buono; conosciamo l'età; conosciamo quindi il plafond; conosciamo i prodotti e questo ci ha permesso di realizzare, come banca dati nativa integrata al momento della transazione, la gestione del processo. Questo ci ha permesso anche di aprire la possibilità dell'erogazione verso la grande distribuzione organizzata (GDO), quindi permettere al cittadino di poter acquistare i suoi prodotti tranquillamente insieme ad altri addirittura con l'integrazione delle casse: il sistema glieli separa in automatico, non è necessario nemmeno separare l'acquisto del prodotto per i celiaci rispetto agli altri prodotti. Il sistema glielo riconosce, glielo separa e, all'atto della transazione, inserisce nel circuito della GDO la tessera sanitaria come se fosse un bancomat nel POS, digita il PIN ed effettua la transazione. Al cittadino arriva il saldo del residuo sia tramite una app, ma anche come stampa dello scontrino fiscale.
  Questo lo vediamo come un valore aggiunto anche sul tema della circolarità. Le persone si spostano più di quello che pensiamo. In un anno di avvio, ad esempio in Piemonte, abbiamo notato che un cittadino di una ASL acquista su un territorio di un'altra ASL, perché magari si trova là domiciliato o comunque anche perché vi si è recato per visitare dei parenti, quindi ha necessità di prendere un singolo prodotto. Abbiamo notato una forte circolarità.
  Il valore aggiunto che si potrebbe considerare su questa tematica è quello di mettere a fattor comune queste esperienze per permetterne la circolarità oltre il territorio di una regione. Oggi questo non è possibile. Quindi, stanti le attuali regole, fatta salva l'eventuale opportunità di due regioni che fanno accordi (ad oggi stiamo discutendo e ci stiamo confrontando ma non abbiamo formalizzato alcun atto), potrebbe essere interessante veicolare un percorso dove, con due comunicazioni web service, andiamo a comunicare il codice fiscale, le disponibilità del plafond e potremmo permettere al cittadino di poter prendere i propri prodotti al di fuori del territorio regionale.
  In una slide abbiamo provato a rappresentarvi lo stato dell'arte, alla fine del mese di ottobre, di quello che noi conosciamo come fascicolo sanitario elettronico. Tecnicamente abbiamo attivato l'infrastruttura di interoperabilità in tutte le regioni, vuoi perché avevamo già realizzato delle esperienze e le abbiamo portate a compimento, vuoi perché tramite la possibilità di poter usufruire del principio di sussidiarietà, parziale o totale, con il Ministero dell'Economia e delle finanze tramite SOGEI, di fatto noi come regioni dialoghiamo con l'Infrastruttura nazionale per l'interoperabilità (INI) e, per questo tramite, dialoghiamo con le altre regioni italiane. Pag. 6
  Avere questa infrastruttura non significa che esiste tutto quello che leggiamo, quando parliamo di fascicolo sanitario elettronico; se è disponibile un documento all'interno del fascicolo sanitario elettronico, tecnicamente un operatore sanitario, piuttosto che un cittadino, può visualizzarlo a prescindere da dove sia stato prodotto. Ciò è a pieno regime sulle ricette dematerializzate tramite la disponibilità di SOGEI e del MEF che li hanno resi disponibili con atto normativo all'interno del fascicolo sanitario elettronico, e mediamente, è a pieno regime, in molte regioni d'Italia, anche la disponibilità di consultare i referti di laboratorio, e, ad integrazione, anche lettere di dimissioni, verbali di pronto soccorso e radiologia. È un qualcosa che però deve avere un momento di maturità e completezza, e noi vediamo come elemento di forza l'atto di riparto, su cui abbiamo espresso parere favorevole (decreto che sarà emanato nei prossimi giorni), che mette a disposizione 210 milioni per l'obiettivo di digitalizzazione, quindi per incentivare il popolamento di questa documentazione clinica.
  Rendere disponibili questi documenti clinici all'interno del fascicolo sanitario elettronico non è più un compito esclusivo e di pertinenza solo ed esclusivamente di una regione, perché dipende da soggetti con cui la regione si deve interfacciare con il suo ruolo di coordinamento. Mi riferisco alle aziende sanitarie piuttosto che ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta. Queste strutture sono coinvolte in questo processo di digitalizzazione, devono completare in alcune realtà regionali le loro attività nel trasformare questo referto, che oggi rilasciano come documento cartaceo firmato, in un documento firmato digitalmente, conferirlo nel loro repository e renderlo disponibile, mediante dei linguaggi informatici, nel fascicolo sanitario elettronico.
  Abbiamo già iniziato a chiudere anche l'interoperabilità del patient summary e i bilanci di salute. In alcune realtà regionali si inizia a popolare questa documentazione clinica, che è una documentazione clinica sintetica che riassume la storia clinica del cittadino grazie al supporto dei medici di base, piuttosto che dei pediatri di libera scelta, ed è una delle sfide del prossimo biennio.
  Il nostro punto di vista è quello di dover iniziare a informare, comunicare il più possibile quello che abbiamo e renderlo sempre più disponibile ai cittadini. Rispetto allo stato dell'arte abbiamo identificato i prossimi passi che ci permetterebbero di potenziare e rendere sempre più disponibile il fascicolo sanitario elettronico a vantaggio del cittadino: da un lato la pubblicazione degli standard HL7, che abbiamo già definito nei gruppi di lavoro nazionali, pubblicati da AgID; poi quello che servirebbe è un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) che approvi uno standard che permetta di affermare che è un adempimento normativo, quindi darci maggiore forma e sostanza nel richiedere che, oltre al documento, standardizziamo anche le informazioni sottostanti come informazioni dei dati. Questo ci permetterebbe di non visualizzare solo il documento e darlo al cittadino, ma eventualmente fornire dei servizi a valore aggiunto: la serie storica di un determinato esame clinico, a prescindere da quale sia la struttura che ha erogato quell'esame. Diversamente, il cittadino o l'operatore sanitario consulta gli «n» documenti che prima aveva in maniera cartacea. Oggi lo fa in maniera elettronica, ma sono sempre «n» documenti.
  Di questi CDA oggi formalmente, tramite DPCM, sono stati approvati quelli dei referti di laboratorio patient summary; mancherebbe l'approvazione di quelle restanti che abbiamo individuato in una slide, sulla destra: lettere di dimissioni; verbali di pronto soccorso e radiologia. Sono standard già condivisi con le regioni, li abbiamo approvati anche nella Cabina di regia e nel SIS nazionale; AgID, per il tramite di HL7, ha già pubblicato nel proprio portale gli standard. Quindi l’iter di compimento, in attuazione del DPCM n. 178 del 2015, è quello di approvazione tramite un DPCM. Questo è quanto abbiamo rilevato da un confronto effettuato con il Ministero della Salute. Pag. 7
  Sugli altri due temi passerei la parola ai colleghi che, come regioni capofila, hanno seguito le tematiche del consenso e della gestione dell'anagrafica degli assistiti.

  VITO BAVARO, dirigente Dipartimento promozione della salute regione Puglia. Noi, come regione Puglia, abbiamo avuto il compito di essere regione capofila nell'ambito dei gruppi di lavoro, istituiti ai sensi dell'articolo 26 del DPCM n. 178 del 2015, che regola l'attuazione del fascicolo sanitario elettronico.
  Devo dire che la costituzione di questi gruppi di lavoro ha rappresentato, a mio avviso, un momento virtuoso di collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, perché ha consentito alle regioni e ai Ministeri di collaborare insieme su argomenti di interesse comune, che vedono anche livelli di responsabilità diversi, alla luce del quadro normativo esistente.
  Per quanto riguarda il consenso – come credo ben sappiate – il fascicolo sanitario elettronico si attiva solo a seguito di consenso libero e informato del cittadino (il cosiddetto consenso all'alimentazione), così come previsto dall'articolo 12, del decreto-legge n. 179 del 2012 e dal DPCM attuativo n. 178 del 2015. Oltre a questo consenso, che permette di costruire l'archivio di tutti i documenti sanitari che rappresentano la storia clinica di un assistito, l'assistito stesso deve rilasciare altri consensi, se ritiene, alla consultazione, ovvero la possibilità che gli operatori sanitari possano accedere a quei documenti che conferiscono nel proprio fascicolo sanitario elettronico, fermo restando che l'assistito può sempre scegliere quale tipologia o quale tipo di operatore sanitario (medico di medicina generale, piuttosto che lo specialista, piuttosto che il farmacista) possano accedere ai singoli documenti o alle singole tipologie di documenti.
  Oltre a questo consenso, nel gruppo di lavoro, anche su indicazione dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, che ha partecipato al gruppo di lavoro, è stato introdotto un terzo consenso: il cosiddetto «consenso pregresso», che consente di recuperare i dati e i documenti sanitari dell'assistito relativi a episodi antecedenti al rilascio del proprio consenso all'attivazione.
  Il nostro punto di vista è confermato dall'Autorità garante che con il provvedimento n. 55 del 7 marzo 2019 ha fornito chiarimenti in merito alla disciplina generale del trattamento di dati sanitari: il Garante in quel provvedimento ricorda a tutti che per i trattamenti effettuati attraverso il fascicolo sanitario elettronico, l'acquisizione del consenso quale condizione di liceità del trattamento è richiesta dalle disposizioni di settore precedenti all'applicazione del regolamento UE in materia di general data protection regulation (GDPR), il cui rispetto è ora espressamente previsto dall'articolo 75 dello stesso Codice della privacy. Il Garante però apre le porte a quello che è lì riportato, quindi l'eliminazione del consenso all'alimentazione del fascicolo sanitario elettronico, in quanto sostiene che «al riguardo l'eventuale opera di rimeditazione normativa in ordine all'eliminazione della necessità di acquisire il consenso dell'interessato all'alimentazione del fascicolo potrebbe essere ammissibile alla luce del nuovo quadro giuridico in materia di protezione dati». Quindi l'Autorità garante ritiene che, se vi fosse un provvedimento normativo di rango primario, quindi una legge che possa modificare i contenuti dell'articolo 12 e seguenti, del decreto-legge n. 179 del 2012, sarebbe possibile eliminare l'obbligatorietà del consenso all'alimentazione e questo ci consentirebbe di avere in automatico il fascicolo sanitario elettronico attivato per tutti i sessanta milioni di cittadini italiani.
  È ovvio che questo non inficia la necessità di dover dare, da parte dell'assistito, il secondo consenso che dicevamo prima: il consenso alla consultazione. In quel caso, quindi, il fascicolo si attiverebbe, ma sarebbe visualizzabile e consultabile esclusivamente dall'assistito, il quale poi dovrebbe rilasciare comunque un secondo consenso per stabilire quali operatori sanitari possono accedere ai suoi documenti. Questo comunque sarebbe un notevole passo in avanti, perché consentirebbe alle regioni e alle aziende sanitarie, per esse, di alimentare il fascicolo e quindi, man mano che Pag. 8vengono digitalizzati i documenti nell'ordine in cui veniva detto prima dal collega Ruggeri – inizialmente le ricette dematerializzate e i referti di laboratorio e, a seguire, tutti gli altri documenti che costituiscono il fascicolo – questi possono confluire automaticamente nel fascicolo. Sarà poi volontà dell'assistito stabilire le modalità di consultazione da parte degli operatori sanitari. Questo ci consentirebbe sicuramente di superare l'attuale copertura, attualmente non al 100 per cento, dell'attivazione dei consensi sul territorio nazionale.

  GANDOLFO MISERENDINO, dirigente responsabile Servizio ICT, tecnologie e strutture sanitarie regione Emilia-Romagna. Come regione Emilia-Romagna, coordinatore del gruppo per l'Anagrafe nazionale degli assistiti, noi riteniamo sia un elemento di estrema semplificazione il portare a compimento il dettato normativo, che permette di fare i successivi passi per la messa in completa produzione dell'Anagrafe assistiti nazionale.
  L'Anagrafe nazionale è istituita dall'articolo 62 del codice dell'Amministrazione digitale (CAD), nell'ambito del sistema informativo realizzato dal Ministero dell'Economia e delle finanze, che prevede una serie di aspetti legati principalmente a processi di gestione dei dati anagrafici amministrativi degli assistiti del Servizio sanitario nazionale, quali: l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale; i trasferimenti di residenza e assistenza; la scelta e revoca del medico; la gestione delle esenzioni, di cui parlava prima anche il collega della regione Piemonte; nonché gli stranieri a cui è erogata l'assistenza.
  Oltre a questo ha altri due processi fondamentali: uno dovuto all'allineamento dei dati identificativi dell'assistito e all'identificazione certa, anche nell'ambito di progetti come quello del fascicolo sanitario elettronico. L'ultimo processo è la messa a disposizione di questi dati anagrafici amministrativi ai sistemi di governance del Sistema sanitario nazionale, a livello nazionale e a livello regionale.
  L'individuazione di questi tre processi fa chiaramente capire quanto sia importante avere a disposizione questo elemento, che ad oggi non esiste. Nelle more, viene utilizzato il sistema tessera sanitaria, ma ricopre una parte degli aspetti, invece, che l'Anagrafe nazionale degli assistiti potrebbe mettere a disposizione. Quindi sicuramente velocizzare, in ottica di semplificazione, non dico solo l'istituzione, ma anche la creazione e la messa in produzione dell'Anagrafe nazionale degli assistiti andrebbe a semplificare moltissimo tutta una serie di processi, che vedrebbero anche un corretto sviluppo del fascicolo sanitario elettronico.
  Questo permetterebbe, poiché si va ad identificare in modo certo l'assistito, di superare anche un dualismo oggi esistente tra il Sistema di identità digitale (SPID) e la carta di identità elettronica (CIE), che potrebbe essere – e questo è un suggerimento che ci sentiamo di portare – il modo per il quale si identifica il Sistema pubblico di identità digitale come l'unico sistema di accesso: e qui l'ottica di semplificazione è molto importante, perché oggi è sicuramente un sistema correttamente strutturato ma non di semplicissima e immediata facilità per il cittadino medio; e si potrebbe pensare alla CIE come alla possibilità di utilizzare il livello 3 di SPID, quindi di inserire questo strumento solo ed esclusivamente per questo livello di autenticazione. SPID vede tre livelli di autenticazione (livello 1, livello 2, livello 3), il livello 2 è quello utilizzato dal cittadino per accedere ai servizi della pubblica amministrazione, la CIE potrebbe essere l'elemento ulteriore che permette un livello di riconoscimento ancora più forte. Questo almeno andrebbe a superare il dualismo di cui prima vi parlavo.
  Inoltre sarebbe necessario migliorare le esperienze e le interazioni che il cittadino ha, attraverso sistemi come PagoPA, per i quali oggi sicuramente sono previsti una serie di passaggi (vari clic) prima di arrivare al pagamento, ad esempio, di un ticket sanitario. È per tutti abbastanza semplice capire, in ottica di semplificazione, che, se io oggi, senza voler limitare aspetti di sicurezza, posso permettermi con un clic di fare acquisti di beni ben superiori all'importo di un ticket, è complicato capire Pag. 9perché per pagare il ticket io ne debba almeno fare quattro o cinque di questi passaggi.
  In un'ottica di semplificazione quello che noi pensiamo possa essere una strada è il cercare di migliorare questi processi, mantenendo certamente alto il livello di sicurezza, però con una attenzione particolare al fatto che, se io oggi riesco a fare – permettetemi – un acquisto su internet di un bene (personal computer, telefono, eccetera) di valore assolutamente più cospicuo di un ticket sanitario, e lo faccio con due passaggi, è abbastanza difficile capire perché non riusciamo a fare la stessa cosa su un ticket sanitario.

  ANDREA BELARDINELLI, dirigente Direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale, regione Toscana. Come regione Toscana anche noi ovviamente, come gli altri colleghi, coordiniamo vari gruppi a turno. In una slide abbiamo immaginato di dire quali sono le prossime sfide, quello che c'è dietro l'angolo, perché quello che abbiamo detto finora lo conosciamo tutti: si tratta solo di fare uno sforzo corale per portarlo veramente a sistema, però sappiamo dove colpire. In parte viene dal lavoro all'interno delle regioni con le nostre aziende, in parte – quello che hanno detto anche i colleghi – da atti normativi più grandi, che ci devono facilitare il compito per arrivare all'obiettivo.
  Quanto alle sfide, la parte più importante è quella che diceva prima il collega Ruggeri sulla stratificazione. Su questo c'è un tavolo con la Direzione del Ministero della Salute che sta cercando di sbrogliare la matassa su quali sono gli algoritmi da utilizzare. Stratificare vuol dire – semplifico –: analizzo tutti i dati della popolazione e cerco quindi di, conoscendo chi è il soggetto e che cosa potrebbe sviluppare, essere proattivo e di fare delle azioni di medicina preventiva, in modo da prendere in carico quelli che già hanno delle patologie affermate e cercare di curarli in una modalità più personalizzata. Si parla molto di medicina personalizzata, che non è solo quella delle grandi sfide farmaceutiche, farmacologiche sulle terapie cellulari, ma può anche voler dire «mi avvicino e cerco di plasmare la mia organizzazione in modo da intercettare i tuoi bisogni, da capire che, se sei un cardiopatico, sicuramente hai bisogno di un certo trattamento; se sei un diabetico, ti seguo in un certo modo» e così via. Questo una regione o una nazione può farlo solo se ha a disposizione gli strumenti per stratificare la popolazione. Così diventano delle classi di cittadini che hanno bisogno di determinati piani di cura personalizzati.
  L'altra sfida che vedete è quella che richiama tutto il tema della telemedicina. Abbiamo riportato il teleconsulto, il telemonitoraggio, la telerefertazione e avremmo potuto aggiungerne molte altre.
  Anche la telemedicina è una chimera, se ne parla ormai da tantissimi anni. In tutta Italia ci sono state molte esperienze, quasi tutte positive, perché il problema qui non è tecnologico, nel senso che – ormai probabilmente ce l'avete anche al polso – oggigiorno abbiamo orologi o tecnologie che ci prendono i battiti, misurano la saturazione dell'ossigeno e altri parametri; il problema è come portare questo mondo di misure, che possono essere fatte in remoto, all'interno di un percorso di cura.
  Quello che finora è successo in gran parte delle esperienze pilota – che sono state positive – è che si sono scontrate sostanzialmente con due fattori: la sostenibilità economica, perché non esiste oggi un quadro normativo del rimborso della prestazione di telemedicina; non abbiamo un medico che può fare la ricetta con scritto «TeleCC», per esempio. Questo comporta il fatto che qualsiasi modello che mettiamo a regime con centri di servizio, gare di partner privati, qualsiasi metodologia che ogni regione poi ha cercato di mettere in pista, si scontra, dopo pochi mesi, con il fatto che non è sostenibile economicamente, perché non si capisce chi può erogare il denaro che serve.
  L'altra cosa fondamentale è che quasi tutte queste esperienze sono state costruite come esterne al percorso di cura. Quindi ci siamo inventati il centro servizi, varie esperienze e quindi io mi posso anche fare un abbonamento per fare cento elettrocardiogrammi all'anno (e probabilmente il cittadino Pag. 10 è anche disposto, dove può); il problema è che, quando poi sto male e, se arrivo in una struttura sanitaria e di quei cento ECG che ho fatto non c'è traccia, io rientro in un percorso e ricomincio. Questo è il tema dell'integrazione degli ecosistemi: se vogliamo veramente affrontare queste tecnologie, dobbiamo pensarle innestate nel nostro sistema, altrimenti sono delle isole separate.
  L'altra cosa che trovate al primo punto è il fattore abitante, sono le regole e i requisiti, quindi: come si fanno queste prestazioni; come si prescrivono; come si rendicontano e come si monitorano. Se io decido di spostare un pezzo del percorso di cura, che attualmente noi facciamo nelle nostre strutture sanitarie, sul territorio o addirittura a casa del paziente, devo prevedere tutti quegli elementi che possono sostenerlo. Quindi è ovvio che, se io ho un problema con un dispositivo, ci deve essere qualcuno che interviene. Se non ho studiato questo modello, non può essere l'infermiere che va a casa ogni tanto a controllare: dobbiamo proprio studiare la parte di organizzazione del servizio.
  Il resto vedete che sono standard. Ritorna quindi il tema già affrontato dai colleghi in precedenza, ma è un po’ sulla falsariga del lavoro già fatto con AgID sulla standardizzazione dei documenti cui faceva riferimento il collega Ruggeri. Quindi scrivere insieme quali sono gli standard che vogliamo attuare, renderli cogenti, obbligatori nelle formule, che è possibile, quindi adottarle in modo che poi, anche se cambia la tecnologia che c'è dietro, sappiamo qual è il risultato finale.
  Lo strumento del finanziamento l'ho accennato prima, è il discorso che la prestazione deve essere normata a livello nazionale. Questo non vuol dire che lo deve fare il pubblico o il privato, è aperta la soluzione, tanto abbiamo comunque meccanismi di accreditamento e di autorizzazione all'interno delle regioni, quindi non è il soggetto, è proprio l'oggetto della prestazione che va definito bene e poi analizzato con opportuni strumenti di finanziamento.

  GIANLUCA POSTIGLIONE, dirigente Direzione generale per la tutela della salute e il coordinamento del Sistema sanitario regionale, regione Campania. Prima di tutto mi fa piacere portare all'attenzione di questa Commissione che, in tema di anagrafica, la regione Campania si è dotata ed è già attiva – copre ad oggi già quattro milioni su sei milioni e mezzo di abitanti – di una ARA (Anagrafe regionale degli assistiti). Questo perché riteniamo che sia il pavimento di una casa regionale costruita attorno al cittadino, che immagini di erogare a quel cittadino, non al paziente bensì al cittadino, servizi di ingaggio, perché il tema – egregiamente fin qui rappresentato dai colleghi – è che noi dobbiamo immaginare di dialogare con il cittadino, quando è ancora cittadino e non è ancora diventato paziente e solo così potremo configurare servizi che gli semplificano la vita. Quando è ancora cittadino.
  Questo significa che si instaurerà un rapporto tale per cui la fiducia del cittadino verso il sistema sanitario, che oggi è più bassa – sicuramente nella mia regione, ma i dati dell’out of pocket della spesa sanitaria parlano chiaro, per cui è bassa in tutte le regioni, abbiamo un ricorso all’out of pocket mediamente intorno al 40 per cento e in crescita, in funzione diretta del reddito ma comunque in crescita, che significa sfiducia nel sistema regionale – possa crescere. Abbiamo anche i dati della mobilità passiva che incrociano un sistema di migrazioni, figli di ulteriori disallineamenti dell'offerta sanitaria nelle varie regioni.
  Detto questo, ed è quello su cui noi stiamo lavorando, dobbiamo fare un nuovo patto con i cittadini fondato su un'asserzione fondamentale: la sostenibilità del sistema sanitario del futuro, per i trend demografici – che ci rappresentava benissimo il collega Antonino Ruggeri all'inizio –, è fondata su un utilizzo diverso e più smart dei dati. E per utilizzare i dati, c'è bisogno di quei famosi consensi. Quindi il grande nodo è che una regione, anche lungimirante, può realizzare infrastrutture, policy, vision, servizi, dopo di che tutto crolla sul consenso; ed è su questo che noi facciamo un appello forte in questa sede affinché passi un principio: così come esiste un diritto costituzionale alla salute, e abbiamo tutti voglia e siamo convinti di voler mantenere nel tempo l'universalità del nostro servizio sanitario, bisogna spiegare ai cittadini che esiste un dovere dei cittadini di conferire il dato. Quindi noi non possiamo Pag. 11aspettare che il cittadino decida se attivare il fascicolo, questa cosa deve essere cogente per poter continuare a garantire un servizio che migliora nel tempo. Su questo solo il Parlamento ci può aiutare.

  ANTONINO RUGGERI, dirigente Settore controllo di gestione, monitoraggio costi per i livelli di assistenza e sistemi informativi – regione Piemonte. Con questa affermazione che cosa vogliamo dire? Un tema è il consenso all'alimentazione, ovvero permetterci di poter digitalizzare e indicizzare le informazioni di quel cittadino in un momento in cui lo stesso non ritiene di avere la necessità di visualizzare il suo esame, perché ancora non è un paziente cronico. Quindi non rileva questa necessità. Ma, se la Pubblica amministrazione non inizia in quel momento a raccogliere la sua storia clinica e lo fa in un momento ex post, o quando questo paziente diventa cronico, andare a ricostruire una serie storica di vent'anni prima (perché di quello parliamo) non è facile. Non tutte le informazioni servono nella storia; ad esempio un esame di laboratorio dopo tot anni non serve più, ma un intervento clinico, un intervento chirurgico, alcune documentazioni cliniche specifiche di quel cittadino sicuramente andrebbero archiviate e conservate. Parlare di consenso all'alimentazione per noi non significa venire meno al diritto del cittadino alla privacy, sicurezza o riservatezza, perché tecnicamente quell'informazione giace presso i titolari che hanno prodotto il dato e quindi, per normativa, già ce l'hanno, ed è disponibile solo ed esclusivamente per quel cittadino che vuole consultare la documentazione. O eventualmente per i delegati che il cittadino stesso ha identificato come tali.
  Diversamente l'apertura verso il mondo clinico, quindi la consultazione degli operatori sanitari, coerentemente con quanto ci ha motivato in diverse riunioni il Garante, faciliterebbe. Noi condividiamo l'approccio che propone il Garante che, piuttosto che cercare di aprire le maglie tutto e subito, inizia ad aprire la maglia del consenso all'alimentazione. La consultazione avverrà nel momento in cui quel cittadino riconosce che ha un bisogno di presa in carico, vi è un patto di cura e quindi si va a identificare nel clinico la persona che è in grado di poterlo accompagnare in questo percorso e in questa gestione.
  Quindi a normativa vigente esistono due consensi, io ne metterei un terzo: il consenso al pregresso. Il consenso all'alimentazione permetterebbe di velocizzare l'acquisizione dei dati anche pregressi, quindi eliminandone uno di fatto portiamo due consensi in riduzione; rispetteremmo sempre la privacy e la sicurezza nei confronti del cittadino, anche perché uno strumento di asserzione e di autenticazione è sempre un livello 2, quindi ha due fattori; e manterremmo il consenso alla consultazione che dipende dal cittadino, quando ritiene di avviare questo percorso di patto di cura con il sistema nazionale.
  Il tema del paziente, quindi, non lo riferiamo al singolo contatto di cura – perché tutti noi nella vita siamo stati pazienti almeno un esame lo abbiamo fatto – lo identifichiamo con il paziente presso il processo di cura, che quindi deve essere accompagnato per superare una serie di criticità, che possono esistere o perché purtroppo è un malato oncologico, piuttosto che un paziente fragile perché intollerante a qualcosa, piuttosto che un diabetico o piuttosto ancora pazienti con altre complicanze, quindi permetterci questo accompagnamento in tutti questi processi integrati, lo vediamo sicuramente come un valore aggiunto.
  Abbiamo provato a sintetizzarli e questo è il risultato che abbiamo pensato di portare alla vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Innanzitutto vi ringrazio per l'esposizione, poi sarà mia cura sollecitare i colleghi, che purtroppo oggi non sono potuti essere presenti, a leggere quanto ci avete detto, perché ritengo che le cose che oggi ci avete fornito siano oggettivamente importanti per questo nostro tentativo di dare un contributo a qualificare il lavoro che state facendo nell'ambito di questa nostra indagine conoscitiva. Autorizzo la pubblicazione in allegato del resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione che ci avete presentato (vedi allegato).
  È nostra intenzione anche lavorare su due piani. Io ho preso appunti, ma sono cose di cui abbiamo discusso anche con altri soggetti e su questo poi vorrei dirvi alcune cose, Pag. 12su quello che mi sembra essere il cuore, al di là delle cose che ci avete detto, del problema, ossia la possibilità di rendere davvero operativo lo strumento. Oggi ci avete detto una cosa: esiste l'infrastruttura, poi siete stati onesti a dire che c'è l'infrastruttura, non il fascicolo sanitario, perché in queste nostre audizioni sappiamo che ci sono regioni in cui il fascicolo sanitario ha un processo di avanzamento molto avanzato (in nessuna regione si è raggiunto il 100 per cento o si può considerare finito il lavoro, che non si potrà mai considerare finito da questo punto di vista) e ce ne sono alcune che devono iniziare l'inserimento dei dati. Questo a dimostrazione della condizione a macchia di leopardo della sanità nel nostro Paese.
  Ci sono alcune cose che però prescindono. Voi avete posto il tema del consenso come il centro per poter operare realmente e costruire, oltre all'infrastruttura, l'insieme dei dati, oltre al fatto che poi c'è bisogno dell'interoperabilità – che inizia a esserci, ma che non c'è – e altre questioni che vedremo dopo, perché, fino a quando in tutte le regioni non esisteranno i dati, anche l'interoperabilità si può scrivere, come voi fate con una sigla, ma non è quello il tema.
  Primo punto: io dico a voi che rappresentate le regioni, i veri player della sanità nel nostro Paese, che questa Commissione bicamerale è disponibile a fare un lavoro su quelle norme che servono, ma non solo come Commissione, ma anche come parlamentari. Noi qui ci siamo dati una volontà – e siamo partiti dalla sanità proprio per questo – di sensibilizzare il Parlamento e la parte competente del Governo, che non è solo il Ministero della Salute, attraverso il Garante della privacy a vedere come invertire il modello che fin qui è vigente sul consenso. E lo dico anche in ragione – io di questo ne sono convinto – di attuarlo ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione, perché non dare il consenso equivale a non far parte appieno di un diritto, ma si nega il diritto ad altri cittadini di essere curati senza i propri dati, perché la messa insieme di quei dati costruisce il sistema sanitario del Paese, quello che accade nel Paese.
  Ora faccio un esempio per capirci, perché nessuno si pone la questione della privacy su alcuni dati che comunque sono sensibili, personali e riservati. Oggi attraverso il sito del Ministero delle Infrastrutture, se un cittadino accede attraverso SPID, singolarmente sa quale macchina ha, se ha dei motorini e, se va in giro con un'autovettura che ha la revisione scaduta, qualsiasi agente di Polizia basta che digiti e sa di cosa sta trattando: anche lì si potrebbe pensare che si stia ledendo il diritto alla riservatezza e alla privacy della persona. Eppure questo è superato – io dico giustamente – da un interesse generale superiore alla vicenda della singola persona.
  Pertanto la domanda che mi pongo da legislatore, e vorrei poter condividere con voi, che quotidianamente vi occupate di queste cose, è questa: perché, non avendo dato io il consenso a mettere i miei dati, che giustamente sono a disposizione, che riguardano la macchina, il motociclo (per altre vicende lo posso fare attraverso l'Agenzia delle entrate, sulle cartelle esattoriali e tutta una serie di cose che esistono già), perché quei miei dati non devono essere a disposizione delle autorità mediche? Non si tratta di un'autorità giudiziaria, è un'autorità medica perché possa controllare non il mio stato di salute ma lo stato di salute del Paese, perché in questo modo questi dati ci consentono di avere una lettura più ampia. Se il consenso fosse inverso, per cui sin dalla nascita esiste il consenso (quando un bambino nasce entra nel fascicolo sanitario nazionale) tutti i cittadini, con una norma, – io penso – dovrebbero essere tutti all'interno del fascicolo sanitario, tranne quelli che lo negano. Questa è l'alimentazione, naturalmente.
  La visione, di cui si parlava relativamente alla privacy, credo che pure quella – come diceva il Garante – possa essere superata da una nuova norma. Poi si può fare un passo alla volta. Ma serve. Io ho visto uno studio in un Paese più piccolo, tecnologicamente avanzato, come l'Estonia, dove l'utilizzo dei dati, partendo dalla sanità, ha trasformato il modello sociale di quel Paese. Io non dico che in Italia sia direttamente assorbibile il modello Estonia, perché stiamo parlando di realtà diverse, però utilizzare schemi che semplifichino le cose lo troverei ovvio. Pag. 13
  Allo stesso tempo perché per il ticket c'è bisogno di più passaggi? Devo dire che per i cittadini non sono nemmeno semplici gli altri passaggi. Io ho attivato SPID da poco, sono andato con una certa passione a farlo e ho scoperto di dover uscire e andare alle Poste alla fine per avere l'ultima attivazione. Per cui è semiautomatizzato, non è automatizzato il processo: c'è bisogno di un pezzo di carta.
  Così come voi avete parlato della dematerializzazione della ricetta: fino a quando ci sono le fustelle sui farmaci, non si potrà mai dematerializzare. Adesso è rinviata al 2020, ma, se io faccio vedere sul cellulare la ricetta, mica attacco sul cellulare la fustella. Non è che faccio la fotografia e ce la attacco sopra. Devo stampare la ricetta, attaccare quelle cose e il farmacista se le deve tenere. Stiamo parlando di una follia, perché ci sono delle cose che si potrebbero superare anche con maggiore semplicità rispetto alle questioni che poi derivano dal controllo.
  Io capisco che ci sia bisogno di fare tutti i controlli, ma, se noi digitalizzassimo di più, per esempio rispetto alla spesa dei farmaci, potremmo utilizzare il modello delle farmacie anche negli ospedali e potremmo ottenere un risparmio forse molto più alto. Però questo attiene ad altri ragionamenti.
  In chiusura, avendo voi già fatto un passo con il Garante, chiedo quanto possa essere oggettivamente possibile che una norma avanzata sull'inverso del consenso possa essere oggettivamente lo snodo sul quale si libera il meccanismo, possa essere direttamente applicata e dare avvio ad un lavoro di immissione dei dati più veloce.
  Esistono dei modi, secondo me, per consentire alle regioni in ritardo di recuperarlo. Perché quei dati, una volta superato il fatto del consenso dietro al quale tutti si possono nascondere... perché da un lato sappiamo che nessuno vuole fare il data entry, per cui abbiamo i medici di base che pongono un tema del «perché dovrei farlo io, non ho il tempo», siccome, non lo faremo oggi, ma si può verificare se le regioni che stanno a zero e forse sono quelle sulle quali è possibile fare una politica di risparmio rispetto alle spese non dirette alla cura dei cittadini, ma a spese che stanno a carico del Servizio sanitario, si potrebbero utilizzare quelle risorse spese male per garantire la sanità dei cittadini utilizzandole per l'immissione dei dati, dietro al quale uno si nasconde perché non può farlo, perché non c'è il consenso.
  Da qualche parte bisogna rompere il meccanismo, altrimenti il miglior progetto di sanità voi ce lo presentate, ma ci presentate una teoria che solo in parte funziona. Come diciamo spesso, il cittadino lombardo oggi, se va in Veneto – e parliamo di due gioielli della sanità italiana-, non è detto che abbia le stesse cure della regione di provenienza, perché la sua storia sanitaria esiste in Lombardia e non in Veneto. Eppure potrebbe stare al confine, sul lago di Garda e avere la sfortuna di sentirsi male a cento metri di distanza.
  È chiaro che l'interoperabilità, quella di cui parlavate, ha bisogno di un progetto più ampio, di una serie di cose; il punto però – se ho capito bene – è che voi siete preoccupati del consenso e di tutto il resto. Se oggi posso parlare a nome di due colleghi, ma penso di poter parlare a nome di tutta la Commissione, noi ci rendiamo disponibili a fare un lavoro mirato su questo aspetto, oltre a ringraziarvi, perché questo ci sarà utile per quello che sarà il nostro documento finale dell'indagine conoscitiva.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.

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