XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 24 febbraio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE AMMINISTRATIVE CONNESSE ALL'AVVIO E ALL'ESERCIZIO DELLE ATTIVITÀ DI IMPRESA

Audizione di rappresentanti di CNA Nazionale – Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa.
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 
Milo Stefania , Vice Presidente di CNA Nazionale – Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa ... 3 
Capozi Marco , Responsabile Dipartimento Relazioni istituzionali di CNA Nazionale – Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa ... 5 
Stumpo Nicola , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NICOLA STUMPO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che, trattandosi di una seduta dedicata all'attività conoscitiva, ai componenti della Commissione è consentita la partecipazione da remoto, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 4 novembre 2020.
  A tal proposito ricordo per i componenti che intendono partecipare ai lavori secondo la predetta modalità che è necessario che essi risultino visibili alla Presidenza, soprattutto nel momento in cui svolgono il loro eventuale intervento, che deve ovviamente essere udibile.

Audizione di rappresentanti di CNA Nazionale – Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione delle procedure amministrative connesse all'avvio e all'esercizio delle attività di impresa, l'audizione della vicepresidente della CNA Nazionale, Stefania Milo, e del responsabile del dipartimento Relazioni istituzionali della CNA, Marco Capozi, che partecipano ai nostri lavori in videoconferenza e che ringrazio per aver prontamente accolto il nostro invito.
  Considerato che l'Assemblea della Camera è convocata questa mattina alle 9 per ascoltare le comunicazioni del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale in relazione alla triste vicenda nota a tutti, ossia il barbaro omicidio dell'ambasciatore italiano in Congo e di un carabiniere, lascerei circa trenta minuti agli auditi per svolgere la loro relazione e chiederei sin da ora ai colleghi di formulare per iscritto le eventuali domande, che gli Uffici provvederanno a trasmettere agli auditi.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Milo.

  STEFANIA MILO, Vice Presidente di CNA Nazionale – Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito a questa audizione. Perché abbiamo deciso di realizzare questo Osservatorio sulla semplificazione nell'avvio di impresa nel 2018? Perché sappiamo che l'iter burocratico per l'avvio di impresa è molto complicato, ma – come ci piace affrontare le cose in CNA – abbiamo voluto entrare nel merito delle questioni per poter svolgere un'analisi approfondita e di conseguenza elaborare anche le nostre proposte in ottica di semplificazione.
  Proprio perché mancava uno studio adeguato in materia, ci siamo concentrati sull'avvio di impresa relativo a cinque tipologie di attività, ossia un salone di acconciatura, un bar, una gelateria, un laboratorio di falegnameria e un'officina di autoriparazione.
  Il dottor Capozi, Responsabile del Dipartimento Relazioni istituzionali della CNA, entrerà poi nel merito di questa indagine Pag. 4legata al numero, agli orpelli e agli adempimenti da compiere.
  Da parte mia, volevo soffermarmi su alcuni princìpi di fondo. Innanzitutto mi preme sottolineare come questo Osservatorio possa definirsi e possa avere una valenza scientifica e nazionale, perché è stato svolto uno screening davvero molto approfondito, reso possibile grazie alla nostra rete di associazioni territoriali. Infatti, sono state coinvolte 52 CNA territoriali di altrettante città d'Italia, distribuite tra nord e sud in maniera omogenea, la maggior parte delle quali sono capoluogo di provincia, proprio per evidenziare quale fosse la differenziazione di iter burocratico per l'avvio di impresa.
  Per quanto riguarda l'avvio di impresa, nel corso degli anni sicuramente il legislatore ha agito in un'ottica di semplificazione e ci sono diversi esempi in questa direzione.
  Il problema è che a una norma che va in ottica semplificativa e chiara, non ha fatto seguito tutta una serie di semplificazioni per quanto riguarda gli enti e gli adempimenti a livello territoriale. Sicuramente è stato un passaggio molto importante aver sancito il principio per cui si è passati dalla necessità di un'autorizzazione all'avvio di impresa a una semplice segnalazione, con cui l'utente e l'imprenditore, sotto la propria responsabilità, comunicano l'avvio della loro impresa. La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ha rappresentato l'avvio di un processo semplificativo, perché siamo passati da un controllo preventivo a un accertamento posteriore, laddove si evidenziano delle anomalie.
  La riforma Madia, che ha dato attuazione alla legge delega n. 124 del 2015, ha proseguito questo percorso in un'ottica di semplificazione. Successivamente il decreto legislativo n. 126 del 2016, più comunemente denominato «decreto SCIA 1», ha introdotto il concetto del termine della procedura e ha previsto che la pubblica amministrazione ha sessanta giorni di tempo per rispondere a tutto l'iter. Successivamente è stato emanato il decreto legislativo n. 222 del 2016, il cosiddetto «decreto SCIA 2», che introduce il principio della corrispondenza tra tipologia di SCIA e tipologia di avvio attività, in maniera tale da semplificare l'iter per le attività che non necessitano di tutte le autorizzazioni e che, quindi, non hanno casistiche o procedure particolari al proprio interno. Quindi, è stato anche introdotto il concetto di SCIA unica e di SCIA condizionata, a seconda delle varie autorizzazioni che servono.
  È stato istituito anche lo sportello unico per le attività produttive, il SUAP, che il legislatore pone come unico interlocutore per l'utente e per l'imprenditore. L'istituzione di tale sportello unico, però, non è avvenuta in tutta Italia in maniera così funzionale ed efficace: abbiamo ancora delle grandi disomogeneità a livello territoriale, sia per la modulistica sia per i rapporti con i vari uffici.
  In tutto questo processo, però, vogliamo segnalare alcuni aggiustamenti indispensabili, che possano davvero portare a un'effettiva semplificazione da un punto di vista di uffici, ma anche di moduli e, di conseguenza, anche di costi per l'avvio di impresa.
  Il legislatore ha istituito la Conferenza dei servizi, che introduce un concetto di certezza dei termini. Questo, però, impatta con gli aspetti ambientali – laddove sono coinvolti all'interno di un processo di avvio di impresa – che vanno ad inficiare la bontà dell'istituto.
  È stato introdotto anche il concetto di silenzio-assenso, secondo il quale l'amministrazione ha trenta giorni di tempo per rispondere alle domande e alle pratiche dell'utente e spesso si avvale del principio del silenzio-assenso – perché gli uffici sono molto oberati – salvo poi sconfessarlo nel momento in cui si prende in mano la pratica e si evidenziano delle anomalie. Questo non blocca l'iter, ma sicuramente complica l'iter burocratico per l'utente.
  Il regolamento edilizio rappresenta assolutamente un ottimo principio e un ottimo strumento, ma dovremmo riuscire a trovare uno strumento simile anche per quanto riguarda le norme antisismiche e quelle paesaggistiche. Pag. 5
  Un tema molto spinoso è, invece, l'autorizzazione unica ambientale (AUA), che va assolutamente semplificata, perché i passaggi burocratici sono troppi, così come sono troppi gli uffici coinvolti.
  L'ultimo punto sul quale mi vorrei concentrare di questi miglioramenti da apportare riguarda proprio il SUAP di cui parlavo prima, lo sportello unico che il legislatore ha definito come «unico interlocutore» per l'imprenditore. Ciò spesso non accade a causa di diversi problemi. Ad esempio, c'è una criticità anche sull'invio telematico delle pratiche, che per il legislatore è l'unico modo con cui vanno trasmesse, ma in realtà spesso alcuni uffici richiedono l'invio tramite posta certificata e, in altri casi ancora, si richiede ancora l'invio cartaceo. Ci sono degli aggiustamenti da apportare per quanto riguarda l'aspetto dell'invio telematico e, quindi, bisogna fare un'operazione di innovazione e di digitalizzazione delle procedure della pubblica amministrazione, come ricorda anche il Next Generation EU, che sicuramente è un'occasione che dobbiamo sfruttare per andare in questa in questa direzione.
  Dobbiamo migliorare la standardizzazione delle procedure e garantire che l'iter sia uguale per tutti, perché spesso un imprenditore che deve avviare la sua attività ha a che fare con diverse regioni e territori e deve utilizzare iter differenti per la stessa identica autorizzazione, a seconda della città in cui deve svolgere la propria attività.
  Vanno sicuramente migliorate e aggiornate le competenze del personale della pubblica amministrazione in materia digitale. Occorre migliorare l'informatizzazione dei sistemi della pubblica amministrazione.
  Come dicevo, il legislatore afferma che il SUAP è l'unico soggetto interlocutore per l'imprenditore, ma spesso ciò non accade. Inoltre, si consente ancora che diversi enti territoriali ricevano direttamente delle pratiche, anziché riceverle tramite il SUAP. Spesso il SUAP chiede all'utente di rivolgersi a diversi enti prima di presentare la domanda, ma anche su questo la legge parla chiaro. È chiaro che tutto viene complicato.
  Non mancano esempi virtuosi. Sicuramente il rilancio dell'Agenda della semplificazione 2020-2023 va in questa direzione, così come le indicazioni del Next Generation EU. Quindi, è sicuramente un'opportunità che dobbiamo sfruttare.
  Inoltre, dobbiamo sicuramente avere una pubblica amministrazione che sia più amica dell'utente soprattutto nella fase dell'avvio di impresa, perché se un utente vuole aprire un'attività – credo che questo sia già un elemento lodevole – non gli deve essere reso tutto possibile, ma sicuramente non deve essere messo davanti a diverse decine di uffici con cui deve avere a che fare, perché dobbiamo incentivare e sviluppare l'avvio di impresa per un rilancio economico e non dobbiamo vessare gli utenti con orpelli o con moduli spesso ripetitivi e ridondanti. Dobbiamo assolutamente andare nell'ottica della semplificazione, la quale è fattibile, è possibile e non ha un impatto economico altissimo e permette di ottenere assolutamente risultati molto efficaci per quanto riguarda tutto questo iter.
  Vi ringrazio molto per il tempo che mi avete dedicato e lascio la parola al mio collega, il dottor Capozi, che entrerà nel merito di questo Osservatorio.

  MARCO CAPOZI, Responsabile Dipartimento Relazioni istituzionali di CNA Nazionale – Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa. Come diceva la Vice Presidente Milo, il tema della burocrazia in generale – aggiungo il tema della cattiva burocrazia, perché dobbiamo iniziare a fare una distinzione – e soprattutto quello legato all'avvio di impresa, a noi risulta essere particolarmente caro, tant'è che ci siamo esercitati nella redazione di un Osservatorio specifico che si chiama «Comune che vai, burocrazia che trovi» che, peraltro, abbiamo trasmesso nella giornata di ieri alla Commissione e quindi lo avete a disposizione.
  La finalità di questo Osservatorio parte non solo dalla considerazione, di cui parlavamo poc'anzi, della rilevanza della cattiva burocrazia per le imprese, ma anche dalla possibilità di parlarne in modo più Pag. 6specifico e più approfondito, uscendo un po' fuori dai luoghi comuni.
  Tant'è che, ad esempio, quando si parla di burocrazia e di imprese si cita spesso il Doing business. Saprete che il «Doing business» prende come riferimento una realtà di impresa che non è sicuramente la realtà tipo del tessuto produttivo italiano, perché parliamo di imprese che hanno 60 dipendenti e che hanno dei requisiti che non rispecchiano quella che è la media del nostro tessuto produttivo.
  Come CNA, grazie alla rete di CNA territoriali, abbiamo pensato proprio di realizzare questo Osservatorio andando a definire dei casi tipo per le attività che abbiamo preso in considerazione, poi abbiamo calato materialmente quell'impresa tipo in 52 comuni capoluogo di provincia d'Italia e abbiamo mappato tutti gli adempimenti necessari per l'avvio di impresa, in modo tale da effettuare una comparazione non soltanto relativamente a cosa succede rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale, ma anche in merito alle differenze che ci sono a livello territoriale in ordine: al rispetto della normativa, alla modulistica unica – come veniva richiamato poc'anzi –, ai costi e agli enti che intervengono.
  In generale, un punto assolutamente fondamentale, quando si parla di avvio di impresa, risulta essere il SUAP. Noi dobbiamo capire se lo sportello unico per le attività produttive effettivamente funziona e, laddove non funziona, occorre capire per quale motivo.
  Ricordo a me stesso e a tutti voi, che il SUAP, quando venne istituito e anche negli anni successivi, è stato guardato con grande attenzione da parte degli altri Paesi europei, perché aver costituito un'unica interfaccia tra l'impresa e la pubblica amministrazione sicuramente rappresentava – e rappresenta tuttora – non solo una grande novità, ma anche un elemento per fluidificare il rapporto tra l'impresa e le pubbliche amministrazioni.
  È proprio così? Purtroppo, come succede spesso nel nostro Paese, le riforme sono animate da buoni princìpi, ma poi, nel percorso di attuazione e di implementazione degli strumenti contenuti nelle riforme, ci si dimentica di verificare in che modo stiano funzionando.
  Con la nostra indagine, ad esempio, in riferimento al SUAP, abbiamo verificato diversi aspetti, tra i quali: la tipologia di piattaforma utilizzata dai territori; l'effettiva implementazione della modulistica unica; il rispetto della tempistica; l'attuazione del principio del once only e, quindi, il SUAP come unico ente di riferimento; l'assenza di richiesta di atti e documenti già in possesso della pubblica amministrazione; l'assenza di richiesta di ulteriori atti o documenti non previsti dalla legge, ma frutto di prassi locali.
  Prima di entrare nella disamina delle varie attività che abbiamo preso in considerazione, ci tengo a sottolineare brevemente una cosa. Noi abbiamo calato l'esame di queste attività in comuni capoluogo di provincia e, quindi, si tratta di comuni mediamente più attrezzati rispetto alla totalità degli 8.000 comuni italiani, dove spesso sia la dotazione finanziaria che le risorse umane presentano diverse problematiche. Quanto è emerso dalla fotografia che abbiamo fatto e se tali risultati venissero riferiti a un livello dimensionalmente ancora più contenuto, come quello comunale, probabilmente – come a noi risulta grazie agli enti territoriali che abbiamo sul territorio –, queste problematiche verrebbero ulteriormente amplificate.
  Considerate che vi sono tre tipologie di SUAP: regionale, camerale e comunale. Per fare un esempio, nel momento in cui siamo andati a esaminare la realtà in Emilia Romagna, abbiamo visto che in questa regione c'è il SUAP regionale, facendo così presupporre che i comuni capoluogo di provincia o anche i comuni più piccoli si avvalgono di questa piattaforma regionale, ma non è così, perché oltre alla piattaforma regionale, abbiamo mappato anche in molti comuni capoluogo di provincia il SUAP comunale e in alcuni casi un SUAP camerale.
  Come vi dicevo e come veniva anticipato dalla vicepresidente Milo, risulta essere fondamentale osservare il funzionamento del SUAP per i motivi che abbiamo illustrato. Pag. 7Non ci nascondiamo dietro un dito sul fatto che l'introduzione della modulistica unica per l'avvio di diverse attività abbia in qualche modo rappresentato un elemento positivo! In molti casi riscontriamo ancora la richiesta di ulteriore documentazione rispetto a quella che sarebbe dovuta, oltre al fatto che non sempre il SUAP rappresenta l'unico interlocutore con cui l'aspirante imprenditore deve confrontarsi nella fase di avvio di impresa. Infatti, abbiamo visto che molto spesso è consuetudine di enti terzi – in particolar modo ci riferiamo ai Vigili del fuoco, alla Sovrintendenza dei beni culturali, ad alcuni servizi dell'Azienda sanitaria locale (ASL), piuttosto che a uffici regionali – di bypassare il SUAP e di acquisire e accettare direttamente le pratiche. Questo avviene per vari motivi, ma bisogna dire che tra tali motivi spicca il fatto che solitamente al SUAP non viene riconosciuto questo suo ruolo istituzionale, ma viene visto sostanzialmente come un ufficio al pari degli altri e quindi, in qualche modo, è come se si accettassero queste deroghe.
  In precedenza sono state ricordate le attività che abbiamo indagato, vale a dire un salone di acconciatura, un bar, un'officina di autoriparatore, un laboratorio di falegnameria e una gelateria. Si tratta, quindi, di attività di piccole dimensioni che sono molto rappresentative del nostro tessuto produttivo. Considerate che tutte le criticità e le problematiche che abbiamo riscontrato rispetto a queste imprese possono essere lette anche con una dimensione più ampia rispetto alle imprese con caratteristiche diverse.
  Per capire meglio l'analisi che abbiamo condotto, possiamo distinguere queste attività in due sottogruppi, a seconda del fatto che adottino o meno la modulistica unica e i moduli standard.
  Il bar, il salone di acconciatura e l'officina di autoriparatore appartengono alla categoria di quelle attività che per l'apertura possono avvalersi di una modulistica standard, mentre il laboratorio di falegnameria e la gelateria rientrano tra le attività che al momento non hanno ancora una modulistica unitaria.
  Abbiamo definito un caso tipo per poter calare ognuna di queste attività nei comuni che hanno partecipato all'indagine. Per farvi un esempio, con riferimento al salone di acconciatura, al bar e alla gelateria, il caso tipo prevede una ditta individuale senza dipendenti, ma che nella fase di apertura vuole assumere un apprendista, il cui locale è situato in una zona semicentrale della città – per evitare problemi in questa fase di indagine, ad esempio, con le Sovrintendenze – e ha una dimensione massima fino a 100 metri quadrati.
  Tra le informazioni che abbiamo richiesto e che abbiamo mappato, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, vi sono tutti gli adempimenti relativi alla presentazione della SCIA in materia ambientale, connessi alla gestione dei rifiuti e gli obblighi relativi alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Abbiamo ipotizzato l'installazione di un'insegna di esercizio e piccoli interventi edilizi che non riguardano, ad esempio, la destinazione d'uso, ma semplicemente un adeguamento dei locali alla normativa vigente, l'installazione del passo carrabile per l'autoriparatore e il falegname e gli adempimenti lavoristici. Per ognuno di questi aspetti abbiamo indagato i diritti di segreteria, l'imposta di bollo e i costi di consulenza.
  Brevemente, che cosa è emerso dal nostro Osservatorio? Se prendiamo come riferimento l'apertura del salone di acconciatura, che abbia le caratteristiche, appena descritte, risulta che, mediamente, l'aspirante imprenditore per poter arrivare ad alzare la saracinesca ed essere pienamente operativo, deve sostenere fino a 65 adempimenti con un costo totale che è pari a oltre 17.000 euro e, sempre in questa fase propedeutica all'avvio d'impresa, devono essere coinvolti fino a 26 enti da contattare 39 volte.
  Per ognuna di queste voci nell'Osservatorio potete trovare tutti i singoli aspetti in maniera dettagliata, ma mi soffermo su una questione relativa al salone di acconciatura, che abbiamo visto essere incluso in quelle attività che per l'apertura possono avvalersi della modulistica standard, che prevede diversi atti presupposti tra cui: la comunicazione alla Camera di commercio Pag. 8per l'apertura di posizioni previdenziali e fiscali; la relazione descrittiva delle caratteristiche dei locali; la planimetria quotata di locali in scala. Oltre a questi atti presupposti necessari e obbligatori, che dovrebbero essere gli unici richiesti, mappiamo che una volta su tre continua a essere richiesta la notifica sanitaria, che è il procedimento amministrativo con cui si autocertifica che l'attività viene esercitata nel rispetto della normativa sanitaria. Per la notifica sanitaria, peraltro, laddove richiesta, non sempre l'ente di riferimento per l'invio della stessa risulta essere il SUAP, ma, come vi dicevo in precedenza, molte volte bisogna interfacciarsi con la ASL. Un altro adempimento non richiesto ma che, invece, in molti casi continua a essere segnalato a carico dell'imprenditore risulta essere la certificazione di agibilità. In alcuni casi tale adempimento si perfeziona mediante un'autocertificazione asseverata da un tecnico – i costi medi sono intorno ai 500 euro tra i diritti e la consulenza –, mentre in alcune città il certificato di agibilità viene rilasciato dal comune con una tempistica che mediamente supera i sessanta giorni. Addirittura abbiamo visto, ad esempio, che a Pisa viene richiesto il certificato di idoneità statica del locale.
  Questo soltanto per fare alcuni esempi e per dirvi che esiste una modulistica standard, ma nonostante siano indicati in modo preciso gli adempimenti che bisogna presentare con la SCIA, in queste realtà mappate nell'Osservatorio si continua a richiedere ulteriori informazioni. Questo fa sì che il principio del once only previsto per il SUAP, purtroppo, in molti casi salta, perché abbiamo visto che, ad esempio, per la notifica sanitaria si continua ancora ad avere come riferimento la ASL e c'è un rispetto non rigoroso dei contenuti essenziali presenti nei moduli standard.
  Abbiamo visto poi che, nonostante con il SUAP bisognerebbe interfacciarsi soltanto in via telematica, in tre comuni viene richiesto l'invio tramite posta elettronica certificata (PEC) e in altri è richiesto un invio misto, cartaceo e telematico, e quello cartaceo spesso riguarda soprattutto gli adempimenti edilizi.
  Non è finita, perché l'aspirante acconciatore, se dovesse avere un consumo di acqua superiore ad un metro cubo nei momenti di picco, deve richiedere anche l'AUA, l'autorizzazione unica ambientale. Qui, purtroppo, assistiamo davvero a un quadro in molti casi sconfortante, perché l'AUA nasce per accorpare sette precedenti adempimenti in un unico adempimento e, d'altronde, il nome stesso – «autorizzazione unica ambientale» – sta proprio a dire questo. In realtà, abbiamo osservato che, a distanza di molti anni dall'entrata in vigore della normativa sull'AUA, le cose non stanno esattamente in questi termini, perché gli enti coinvolti continuano a essere molteplici e non soltanto il SUAP. Infatti, nel caso che abbiamo mappato vediamo che per l'autorizzazione unica ambientale bisogna confrontarsi in alcuni casi con la regione – ad esempio, a Ferrara e a Modena –, in altri casi con la provincia e in altri ancora con il comune, piuttosto che con il SUAP. I tempi di rilascio di questa autorizzazione vanno, nei casi più virtuosi, fino a trenta giorni, ma possono arrivare fino a centottanta giorni e questo significa ritardare e posticipare fino a sei mesi l'avvio dell'attività.
  Inoltre, abbiamo rilevato che, nonostante sull'AUA esista una modulistica unica, in molti casi i comuni continuano a utilizzare i loro moduli perché non si sono adeguati a quelli nazionali. Quindi, le criticità che abbiamo rilevato su questo fronte sono molte.
  Passiamo a un'altra attività e prendiamo come riferimento il bar. Dai dati raccolti dal nostro Osservatorio emerge che per aprire un bar servono fino a 72 adempimenti con un costo totale degli stessi – suddiviso per le varie voci come gli atti presupposti della SCIA, quelli relativi alla tematica dell'ambiente, ai rifiuti e alla sicurezza alimentare e quant'altro – che arriva quasi a 14.000 euro e vi sono fino a 26 enti coinvolti da contattare fino a 41 volte. La differenza tra il numero di enti coinvolti e il numero di contatti che bisogna avere con gli stessi sta proprio nel fatto che, da una parte, la modalità telematica Pag. 9non sempre viene utilizzata e, dall'altra, non sempre gli enti parlano tra di loro.
  Abbiamo visto che per il bar, pur sussistendo la modulistica unica, molte volte continuano a essere richiesti adempimenti non dovuti come, ad esempio, la relazione sui locali e le attrezzature, la verifica dell'adeguatezza dei locali, il certificato di agibilità, la verifica dell'impianto elettrico e soltanto queste quattro voci valgono oltre 2.500 euro in termini di costi.
  Passando poi alla terza attività, ossia l'autoriparatore, le cose si complicano ulteriormente, perché arriviamo fino a 86 adempimenti, quasi 19.000 euro di costi e 30 enti coinvolti da contattare 48 volte.
  Voglio soffermarmi su un aspetto che riguarda l'autoriparatore, vale a dire la presentazione della SCIA per la prevenzione degli incendi, che vede il coinvolgimento dei Vigili del fuoco. In questo caso, nonostante il riferimento per l'aspirante imprenditore dovrebbe essere il SUAP, dalla nostra rilevazione emerge che soltanto in una piccola parte dei casi analizzati effettivamente lo è, mentre nella stragrande maggioranza bisogna interfacciarsi direttamente con i Vigili del fuoco.
  Sempre per fare riferimento al funzionamento del SUAP in ordine all'avvio dell'attività dell'autoriparatore, abbiamo notato che la presentazione della SCIA avviene in alcuni casi al SUAP e in altri casi alla Camera di commercio. Questa è un'ulteriore problematica, perché molto spesso i due enti non dialogano tra di loro.
  Per l'avvio dell'attività di autoriparatore avevamo anche indagato quella che è la documentazione per l'apertura di un passo carrabile, vale a dire lo spazio necessario per garantire il transito dei veicoli fra una sede stradale pubblica e un privato. Per aprire un semplice passo carrabile sono necessari fino a 14 atti presupposti – che trovate elencati nel dettaglio tra i documenti dell'Osservatorio –, ma la cosa che voglio sottolineare rispetto a questo è che si tratta di una procedura edilizia, quindi l'ente di riferimento dovrebbe essere lo Sportello unico per l'edilizia (SUE), ma è così soltanto in pochissimi casi, perché molto spesso il SUE risulta essere poco più che una targa, laddove esiste, e, invece, bisogna interfacciarsi o con il SUAP oppure con uffici dedicati del comune.
  Questo per dirvi, quindi, che, nonostante ci siano delle norme chiare che dettano anche indicazioni precise e che sulla carta risultano essere sicuramente accettabili e di buon auspicio per l'aspirante imprenditore, la prassi locale, poi, molto spesso differisce e quindi il rischio è che finisca anche per complicare fin troppo la vita delle persone.
  Sulla gelateria, oltre al riepilogo generale dei dati – si arriva fino a 73 adempimenti –, la cosa che mi preme raccontarvi in questa sede in modo molto veloce è che ci siamo dilettati anche a simulare l'apertura di una gelateria in diversi Paesi al di fuori dell'Italia, grazie alla nostra rete di patronati. Abbiamo simulato l'apertura di una gelateria a New York, piuttosto che in Canada, in Australia, in Belgio, in Francia, quindi, in molti contesti internazionali. Che cosa abbiamo riscontrato? Abbiamo mappato che, ad esempio, non è vero che all'estero è possibile aprire una gelateria con tre click, non è assolutamente così, perché anche in questo caso i procedimenti richiesti sono molti. La differenza è che l'aspirante imprenditore sa in modo chiaro e certo quali sono gli adempimenti che sono a suo carico, con chi deve interfacciarsi, quali sono i tempi e quali sono gli organi a cui poi è rimesso il controllo. Gli altri dati, li trovate nei documenti dell'Osservatorio, quindi non mi soffermo ulteriormente.
  Semplicemente concludo dicendo che la semplificazione non si fa con un tratto di penna – sarebbe un po' come prendersi in giro –, anzi è un processo complicato che richiede il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti a partire da quelli istituzionali. Prima di avviare ulteriori riforme è necessario verificare lo stato dell'arte e capire perché alcuni princìpi e alcuni strumenti non funzionano e, se funzionano, bisogna provare a estendere anche ad altre realtà il buon funzionamento. L'interoperabilità tra le banche dati della pubblica amministrazione diventa necessaria e non più rimandabile. Gli uffici e le amministrazioni devono parlarsi tra di loro, altrimenti ognuno Pag. 10continuerà ad acquisire della nuova documentazione anche potendo reperire la stessa presso altri contenitori virtuali della pubblica amministrazione. Crediamo che l'interoperabilità delle banche dati, l'interconnessione e – come diceva la vicepresidente Milo – l'assunzione di personale da parte degli uffici pubblici che abbiano competenze per l'utilizzo degli stessi sia un tassello davvero fondamentale per rendere la pubblica amministrazione più vicina alle imprese e che sia loro partner, che è una cosa che ci sta molto a cuore, perché nelle società moderne e nelle società complesse è fondamentale avere una pubblica amministrazione che sia di supporto e che sia in grado di mettere ordine nei tanti rapporti che animano lo svolgere delle attività economiche e sociali.

  PRESIDENTE. Ringrazio la vicepresidente Milo e il dottor Capozi per le relazioni e per il materiale che ci hanno fornito. Come avevo anticipato, chiederei a tutti i componenti della Commissione di porre per iscritto le eventuali domande che invieremo agli auditi; queste, con le risposte, costituiranno un pacchetto di lavoro, di cui terremo conto nell'ambito dell'indagine conoscitiva. Vi ringrazio ancora e mi scuso per il tempo ristretto a nostra disposizione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.