XVIII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 33 di Mercoledì 26 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'ATTUALITÀ DELL'ACCORDO DI SCHENGEN, NONCHÉ AL CONTROLLO E ALLA PREVENZIONE DELLE ATTIVITÀ TRANSNAZIONALI LEGATE AL TRAFFICO DI MIGRANTI E ALLA TRATTA DI PERSONE

Audizione del prefetto di Trieste, Valerio Valenti, con particolare riferimento alla cosiddetta «rotta balcanica».
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 
Valenti Valerio , prefetto di Trieste ... 3 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 9 
Di Muro Flavio (LEGA)  ... 9 
De Luca Piero (PD)  ... 10 
Galizia Francesca (M5S)  ... 11 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 11 
Testor Elena  ... 11 
Valenti Valerio , prefetto di Trieste ... 11 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
EUGENIO ZOFFILI

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming con modalità sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del prefetto di Trieste, Valerio Valenti, con particolare riferimento alla cosiddetta «rotta balcanica».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del prefetto di Trieste, sua eccellenza dottor Valerio Valenti, in merito alla situazione dei migranti provenienti dalla cosiddetta «rotta balcanica». A tale riguardo è stato sollevato un tema di legittimità delle procedure per la riammissione con la Slovenia che in questa sede intendiamo approfondire, anche a fronte dei dati che ci sono stati forniti dal servizio studi della Camera, nei quali, per quanto riguarda i rintracci di stranieri entrati irregolarmente nel territorio italiano provenienti dalla frontiera slovena, si segnala un raddoppio nel 2019 rispetto al 2018, in quanto si è passati da 1.567 a 3.568 migranti rintracciati, un dato che nell'anno 2020 ha subìto un ulteriore aumento, attestandosi a 4120 rintracci. Questo è quanto ci riferisce il servizio studi della Camera. I dati dei primi mesi del 2021 testimoniano un ulteriore aumento degli ingressi irregolari in Friuli-Venezia Giulia: dal primo gennaio al 10 maggio si registra un aumento che si attesta intorno al 20 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Desidero ricordare che l'audizione si svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento all'attualità dell'accordo di Schengen nonché al controllo e alla prevenzione delle attività transnazionali legate al traffico di migranti e alla tratta di persone. La ringrazio, dottor Valenti, per la disponibilità dinanzi al nostro Comitato e le do la parola.

  VALERIO VALENTI, prefetto di Trieste. Grazie. Un saluto a lei, presidente, e a tutto il Comitato.
  Dall'estate del 2018 si è assistito in territorio regionale, con particolare riferimento a quello della provincia di Trieste e di Gorizia, a un incremento di ingressi di cittadini stranieri, in prevalenza pakistani, afgani, ma anche algerini, tunisini, marocchini, iracheni e recentemente nepalesi, lungo la tratta finale della cosiddetta «rotta balcanica». Circa le modalità di arrivo va rilevato che appare possibile distinguere tra quanti – in prevalenza pakistani e afgani – giungono in territorio nazionale principalmente attraverso percorsi terrestri, caratterizzati dall'essersi svolti al di fuori dei canali legali, e quanti – specialmente provenienti dai Paesi del Nord Africa o asiatici – svolgono un percorso diverso, che beneficia di facilitazioni derivanti da intese con Stati dell'area balcanica, ma in entrambi i casi l'ingresso in territorio nazionale avviene in modo irregolare. Il flusso migratorio si è mantenuto costante negli anni successivi – parliamo dal 2018 in poi –, attestandosi Pag. 4sugli stessi livelli e mostrando un andamento ciclico annuale che al momento è sostanzialmente identico. Per quanto riguarda l'andamento del flusso migratorio sul territorio regionale, va sottolineato che ha avuto una consistenza pressoché sovrapponibile nel 2019 e nel 2020 con quasi 8 mila ingressi in ciascun anno, con la peculiarità di un maggiore interessamento rispetto al passato dell'area della provincia di Udine a partire dalla stagione estiva del 2020. Nella predetta provincia, infatti, dall'estate del 2020, in più occasioni, si sono verificati rintracci di un numero significativo di migranti – anche sopra i cento –, a ridosso dei centri abitati e lontano dalla fascia confinaria, verosimilmente scaricati dai mezzi attraverso i quali avevano fatto ingresso nel nostro Paese, nello Stato. Nella sola provincia di Trieste nel 2019 sono stati rintracciati 4.200 migranti, a cui vanno aggiunti gli stranieri che si sono spontaneamente presentati in questura per richiedere la protezione internazionale, arrivando a quasi 5.600 il dato complessivo del 2019. Nel corso del 2020 gli ingressi registrati nella provincia di Trieste, comprendendo sia gli stranieri spontaneamente presentatesi in questura per formalizzare la domanda di protezione internazionale, sia quelli rintracciati, sono stati quasi 5.100, in linea con i dati del 2019, se non leggermente al di sotto. La parte più consistente del flusso si è evidenziata nel periodo che va da aprile a settembre, con picchi che in alcuni casi hanno registrato mille arrivi in un mese e 150 ingressi in una sola giornata, conoscendo un rallentamento unicamente in corrispondenza con le misure restrittive della circolazione delle persone fisiche adottate in Italia e all'estero per contrastare l'epidemia da COVID-19. Questi flussi si sono poi ridotti, come nelle precedenti annualità, in corrispondenza con il periodo invernale e fino allo scorso mese di gennaio. A partire dalla fine di febbraio di quest'anno, invece, gli stessi hanno iniziato a farsi più consistenti e a riproporre un andamento analogo a quello degli scorsi due anni. In particolare, da inizio dell'anno sono oltre 1.300 gli stranieri rintracciati o spontaneamente presentatesi in questura per richiedere la protezione internazionale, la maggior parte dei quali arrivati in questo territorio a partire dallo scorso mese di marzo. Non è mai venuta meno la presenza di numerosi nuclei familiari con bambini al seguito, anche in tenera età. Il dato relativo ai minori stranieri non accompagnati sembrerebbe segnare un aumento in termini numerici e significativo in termini percentuali, se rapportato allo scorso anno. L'incremento, calcolato sugli ingressi al 30 aprile scorso è infatti del 15 per cento. Tale aumento dovrà essere verificato al consolidarsi dei dati relativi al 2021, che alla data odierna sono ancora suscettibili di interventi correttivi. In ogni caso, va evidenziato che, mentre tutti i migranti vengono sottoposti alle procedure di identificazione e fotosegnalamento, non tutti concludono il loro percorso di formalizzazione della richiesta di protezione internazionale in questa regione. Alcuni, infatti, dopo l'identificazione e il periodo di quarantena vengono trasferiti in strutture di accoglienza fuori regione, mentre altri, come in particolare i cittadini afgani, abbandonano volontariamente l'accoglienza per altre destinazioni a dimostrazione che il territorio del Friuli-Venezia Giulia è, soprattutto per alcune nazionalità, un'area di transito e non un punto di arrivo.
  L'incremento del flusso migratorio ha reso necessario rivedere e implementare il dispositivo di controllo del territorio della fascia confinaria. A tale riguardo va premesso che la fascia confinaria regionale, punto di arrivo dei migranti, è costituita da un fronte di circa 200 chilometri in gran parte zona boschiva e dalla presenza di ben 58 valichi principali, secondari e agricoli, che presentano un'oggettiva impossibilità di essere vigilati, se non con l'impraticabile impiego di un imponente dispiegamento di forze. Per ciò che concerne la provincia di Trieste, la fascia confinaria è caratterizzata da una vasta fascia boschiva che è attraversata, oltre che da una viabilità ordinaria, anche da numerosissimi sentieri e non presenta particolari Pag. 5 connotazioni orografiche che ne rendano difficile l'attraversamento. Sul piano delle azioni di contrasto va innanzitutto segnalato che è operativo un dispositivo di controllo di retro valico nell'ambito dell'operazione Strade sicure con impiego di militari a supporto dell'attività di polizia, recentemente rafforzato con l'assegnazione di nuovi contingenti e che ha portato all'attuale dispiegamento sul territorio di 425 militari, di cui 180 per il territorio di Trieste, 145 per Udine e 100 per Gorizia. Per quanto riguarda in particolare la provincia di Trieste, ad aprile del 2020, nell'ambito del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, l'impiego di detto contingente di militari, già impegnato nei servizi di vigilanza al confine italo-sloveno e in ambito retroportuale, è stato poi rimodulato, dislocandone un'aliquota significativa nelle zone periferiche di Trieste a cinturazione dell'area urbana, in quanto in ambito cittadino erano sempre più frequenti i rintracci di un numero consistente di stranieri irregolari, superiori rispetto a quelli rilevati nel corso del controllo della frontiera terrestre. A seguito di tale rimodulazione non si sono più verificati significativi rintracci di migranti nel centro città, venendo gli stessi intercettati preventivamente. Dall'altra parte, in relazione ai sempre più frequenti e cospicui ingressi sul territorio nazionale di stranieri irregolari, a partire dalla primavera del 2020 con un'ordinanza questorile si è disposta l'attivazione di un contingente interforze a disposizione di un funzionario di turno della questura dedicato proprio alla trattazione e alla vigilanza dei migranti, il cui rintraccio può determinare ripercussioni sull'ordine e sulla sicurezza pubblica. È da segnalare, infine, l'attività di contrasto operata dal IV settore della Polizia di frontiera con le sue articolazioni dei settori di Trieste e di Gorizia, nonché l'attività operativa espletata dalla questura e dalle altre forze di polizia nella provincia di Udine. I dati riportati afferiscono agli anni 2019 e 2020 e al periodo tra il primo gennaio e il 30 aprile del 2021.
  A Trieste, lungo la linea confinaria, opera un dispositivo composto da pattuglie della Polizia di frontiera, con l'ausilio di mute di militari dell'Esercito messe a disposizione nell'ambito del piano Strade sicure. Vengono di media quotidianamente impiegate dieci o dodici pattuglie della Polizia di frontiera, ventotto mute dei militari dell'esercito, di cui sedici coordinate dai commissariati di Polizia di Stato della questura e dodici dalla locale sezione di Polizia di frontiera, per un totale giornaliero di oltre cento operatori. Per quanto riguarda i risultati conseguiti nell'azione di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione irregolare, i dati riportano i seguenti numeri: nel 2019 gli arresti sono stati ventinove, nel 2020 sono stati trentanove e nel 2021, nel periodo tra il primo gennaio e il 30 aprile, gli arresti eseguiti sono già quattordici. Per quanto riguarda, invece, i favoreggiatori denunciati, nel 2019 sono stati quindici, nel 2020 ve ne sono stati quattordici e nel periodo tra il primo gennaio e il 30 aprile sono cinque. A Gorizia lungo la linea confinaria opera, invece, un dispositivo composto da pattuglie della Polizia di frontiera con l'ausilio del Reparto di prevenzione crimine dei carabinieri e della Guardia di finanza nonché mute di militari dell'esercito messe a disposizione nell'ambito del piano Strade Sicure, forze coordinate a Gorizia dal locale settore di Polizia di frontiera. In media vengono quotidianamente impegnate sette pattuglie della Polizia di frontiera, quattro del Reparto di prevenzione crimine, cinque dei carabinieri, cinque della Guardia di finanza e dodici mute dell'Esercito, per un totale giornaliero di oltre ottanta operatori.
  A Gorizia sono stati arrestati sette favoreggiatori dell'immigrazione clandestina nel 2019, otto nel 2020 e ancora nessuno nel 2021. Per quanto riguarda le denunce, ve sono state sei nel 2019, cinque nel 2020 e una nel 2021. Passando a Udine, lungo la linea confinaria della zona del Cividalese opera un dispositivo composto da cinque pattuglie della Polizia di frontiera, inviate di rinforzo dal Dipartimento Pag. 6 della pubblica sicurezza che coordinano l'attività di circa trenta mute di militari dell'esercito, otto equipaggi del Reparto prevenzione crimine che operano, invece, nell'area di Palmanova e Udine Nord, per un totale giornaliero di circa 140 operatori. Per quanto riguarda la provincia di Udine i dati statistici sono meno dettagliati, non essendo disponibili per il 2019 i dati sui migranti provenienti dalla rotta balcanica perché il fenomeno, come è stato detto, era praticamente assente in quell'area. I favoreggiatori dell'immigrazione tratti in arresto sono stati zero nel 2019, otto nel 2020 e tre nel 2021 per il periodo tra il primo gennaio e il 30 aprile. Invece, i denunciati sono stati zero nel 2019, cinque nel 2020 e ancora nessuno nel periodo tra il primo gennaio e il 30 aprile di quest'anno. Anche a Udine i cittadini stranieri rintracciati provengono principalmente dal Pakistan, dall'Afghanistan e dal Bangladesh e per la quasi totalità non sono appartenenti a nuclei familiari. Tale fenomeno, oltre che attraverso servizi ordinari e straordinari di controllo del territorio, specificatamente dedicati e la dislocazione sulla linea di confine di una consistente aliquota del contingente militare dell'operazione Strade sicure, nonché di aliquote del reparto prevenzione crimine della Polizia di Stato, è stato sin dall'inizio contrastato anche attraverso l'applicazione delle procedure previste dal vigente accordo di riammissione tra Italia e Slovenia. Tale sinergia e tale strategia hanno portato con il tempo a un cambiamento del modus operandi dei favoreggiatori che, anche per evitare l'applicazione dell'Accordo di riammissione Italia-Slovenia del 3 settembre 1996, hanno iniziato a trasportare i migranti a bordo di furgoni o camper e più recentemente autoarticolati, spingendosi fino alla provincia di Udine, percorrendo le principali direttrici stradali e autostradali che collegano il capoluogo con le province di Trieste e Gorizia. Tale tesi risulta avvalorata dall'ubicazione dei luoghi in cui sono avvenuti i rintracci nella provincia di Udine. A fronte dell'esiguo numero di rintracci effettuati nella zona del Cividalese – 65 da luglio a dicembre 2020 e 54 da gennaio al 20 aprile 2021 –, la maggior parte dei migranti è stata rintracciata prevalentemente lungo la direttrice Gorizia-Udine sia sulla massicciata della linea ferroviaria che lungo la direttrice stradale che collega i due capoluoghi, spostandosi progressivamente più a sud, con particolare riferimento al territorio del comune di Palmanova, in cui è presente anche il casello autostradale, verosimilmente sfruttando la direttrice Trieste-Venezia, fino a raggiungere con gli ultimi rintracci l'area ubicata a nord di Udine, ricompresa tra i caselli autostradali di Udine nord e Gemona. Un capitolo a parte è quello relativo alla questione delle riammissioni. Infatti, quello delle riammissioni cosiddette «informali» è un argomento che ha recentemente attirato l'interesse dei media e suscitato critiche da parte di alcune ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale), secondo le quali l'attività delle forze di polizia avrebbe favorito pratiche illegali da parte della Polizia slovena, croata e bosniaca. Le riammissioni informali sono previste dall'Accordo bilaterale italo-sloveno del 3 settembre 1996. Tali riammissioni all'inizio dell'emergenza sanitaria erano state interrotte dalla vicina Slovenia, che le aveva poi riattivate dal successivo 23 aprile 2020. Va anche detto che con direttiva numero 31799 del 13 maggio 2020, il Ministro dell'interno ha dato impulso alle riammissioni informali, escludendo la possibilità di conflitti tra l'Accordo del 1996 e la normativa comunitaria, in particolare con il regolamento Ue numero 604/2013 del Parlamento e del Consiglio del 26 giugno 2013, il cosiddetto «regolamento di Dublino», ove la procedura informale di riammissione sia avvenuta a ridosso e nell'immediatezza dell'attraversamento della linea di confine, operando su un diverso e distinto piano sia fattuale che giuridico. Nella stessa direttiva si sono esclusi i conflitti con gli obblighi costituzionali e internazionali, in particolare con quelli derivanti dall'applicazione dell'articolo 3 CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo), Pag. 7 in quanto la riammissione avviene in uno Stato europeo, nel quale non è impedito nei fatti l'esercizio delle libertà democratiche e dove vigono normative internazionali ed europee analoghe a quelle che vincolano lo Stato italiano. In virtù di tali procedure che attualmente sono sospese, gli stranieri rintracciati al termine della fase di identificazione, qualora ricorressero ai presupposti per la riammissione previsti nel relativo Accordo italo-sloveno del 23 settembre 1996, venivano riammessi in Slovenia. Dalle procedure di riammissione informale sono sempre stati esclusi i minori, i soggetti deboli e le famiglie. Recentemente il tribunale di Roma, adito ex articolo 700 del codice di procedura civile, ha dapprima ritenuta illegittima la riammissione informale in Slovenia di un cittadino pakistano e successivamente lo scorso 27 aprile, a seguito di gravame avanzato dal Ministero dell'interno, ha riformato la predetta pronuncia, ritenendo mancante la prova di quanto sostenuto dal cittadino pakistano. Quale fenomeno apparentemente legato all'applicazione delle procedure per la riammissione informale, si è poi potuto registrare un rilevante incremento di stranieri, in particolare di nazionalità afgana e pakistana, che al momento del rintraccio si dichiaravano di età minore, pur dimostrando evidenti connotati psicofisici dissonanti dall'età dichiarata. Tale fenomeno, che ha rappresentato una delle tematiche operative con le quali gli operatori di polizia si sono dovuti confrontare, viene a sottrarre risorse destinate ai reali aventi diritto, finendo così con l'incidere sulla possibilità di assistenza e accoglienza di questi ultimi, specialmente in un contesto reso ancora più difficile dalla gestione dell'emergenza pandemica. A seguito delle proficue interlocuzioni e grazie alla sensibilità della Procura generale della Repubblica e della Procura per i minorenni di Trieste, il procuratore per i minorenni ha ritenuto di emanare un'apposita direttiva alle forze di polizia, indicando delle procedure operative che, nell'ottica della tutela dei soggetti minori, consentano di affrontare il tema delle false dichiarazioni di età con dettagli di presupposti e condizioni. Sempre in tema di minori un aspetto su cui anche il procuratore per i minorenni ha ritenuto di richiamare l'attenzione con l'evidenziata necessità di trovare al più presto correttivi legislativi, ha riguardato il tema dei minori provenienti dall'area balcanica, principalmente kosovari, che prossimi alla maggiore età – quasi sempre di 17 o 18 anni – vengono accompagnati alla frontiera dai familiari per poi presentarsi direttamente agli uffici di polizia, richiedendo la tutela di legge e ottenendo alla maggiore età la conversione automatica del permesso di soggiorno da temporaneo a permanente sulla scorta di improbabili attestazioni di assunzione lavorativa, reperite tramite canali riferibili alla comunità di appartenenza spesso illeciti. Secondo il procuratore dei minorenni tale fenomeno, che alimenta un mercato illegale di attestazioni concernenti assunzione di minori di consistente valore, potrebbe essere contrastato evitando l'automatica conversione del permesso di soggiorno. Per quanto riguarda le procedure sanitarie, i richiedenti asilo sono sottoposti a immediato controllo medico al momento del rintraccio o della loro spontanea presentazione. Inoltre, è in vigore un apposito protocollo con la locale azienda sanitaria, che prevede un intervento dedicato di medici per i controlli sanitari. Questo protocollo integra il dispositivo a chiamata del 118 che in precedenza ha assicurato lo screening sanitario speditivo. Dopo i controlli i richiedenti asilo sono sottoposti alla misura della sorveglianza sanitaria e dell'isolamento fiduciario, prevista dal decreto interministeriale numero 120 del 17 marzo 2020 e confermata dai successivi provvedimenti normativi, da svolgersi presso strutture di cosiddetta «quarantena» allestita dalla prefettura. Vorrei dedicare un altro capitolo ai pattugliamenti misti. Tra le misure di controllo del fenomeno migratorio occorre ricordare quella dei pattugliamenti misti congiunti lungo il confine italo-sloveno, nella zona compresa tra le provincie di Gorizia e Trieste, maggiormente interessate dal fenomeno Pag. 8 migratorio, previsti dal Protocollo tra il Ministro dell'interno e la Direzione generale di polizia del Ministero dell'interno della Repubblica Slovena. Tale misura, inizialmente con una cadenza di quattro servizi settimanali, ha avuto inizio il primo luglio 2019. Le pattuglie erano composte da operatori della Polizia di Stato italiana e da personale della Polizia slovena. La composizione dell'equipaggio impiegato veniva modulata in relazione alla località di effettuazione del servizio: se questo veniva effettuato in territorio italiano, la pattuglia era composta da due operatori italiani e uno sloveno; al contrario, quando il servizio di pattugliamento veniva effettuato in territorio sloveno, erano due sloveni e uno italiano. In ottobre l'Accordo era stato rinnovato e contestualmente si è provveduto a potenziare il numero dei servizi, portandoli da quattro a otto per ogni settimana. Tali servizi si aggiungevano all'attività ordinaria di retro valico svolta dalla Polizia di frontiera con i militari in tutti i quadranti giornalieri, lungo le principali direttrici di accesso dall'Italia alla Slovenia. Il predetto servizio di pattugliamento è cessato il 12 marzo 2020, in concomitanza con l'emergenza epidemiologica da COVID-19. Benché avesse portato ad esiti contenuti dal punto di vista del numero dei migranti rintracciati, durante tale servizio lo stesso ha rappresentato un'utile occasione di scambio di informazioni e di collaborazione tra le forze di polizia dei due Paesi. Per ciò che concerne, invece, i controlli lungo la fascia confinaria con la Croazia, il Governo di Lubiana ha pianificato delle azioni per avviare pattugliamenti congiunti con le forze di polizia di altri Stati dell'Unione europea, avviando intese con i Governi interessati per giungere alla firma di un memorandum, un protocollo di intesa. Questa iniziativa è stata attuata in forza della decisione del 2008/615 GAI (giustizia e affari interni) del Consiglio dell'Unione europea sulla cooperazione tra Stati nella lotta al terrorismo e alla criminalità internazionale e conseguirebbe alla mancata approvazione da parte del Parlamento sloveno del progetto che prevedeva una più ampia partecipazione dell'esercito nell'attività di controllo dei confini più interessati dal fenomeno dei flussi migratori provenienti dall'area balcanica. Per quanto riguarda l'accoglienza dei migranti nella provincia di Trieste, allo stato sono attivate due strutture per la quarantena degli adulti con una capienza complessiva di 230 posti, compresi quelli per il temporaneo isolamento dei soggetti positivi asintomatici. Una consistente parte dei posti attivati, oltre 130, sono sistemati in una tendopoli che si è potuta allestire grazie al supporto assicurato dal Ministro dell'interno con la fornitura del materiale necessario. Allo stato le predette strutture hanno ormai raggiunto la loro massima capacità ricettiva. Questa circostanza ha imposto, a fronte di picchi di arrivi non gestibili a livello provinciale, di attivare la sempre proficua collaborazione con i colleghi prefetti del Friuli-Venezia Giulia, che pure hanno allestito nei rispettivi territori apposite strutture di quarantena per far fronte ai rintracci effettuati sui rispettivi territori e anche in un'ottica di mutuo aiuto in ambito regionale. Ne consegue un'articolazione regionale di queste strutture che consente di avere oggi a disposizione circa 500 posti per la quarantena, parte dei quali utilizzati anche per l'isolamento dei positivi asintomatici. Lo stesso Ministro dell'interno, al termine del periodo di quarantena, assicura il trasferimento dei richiedenti asilo negli ordinari centri di accoglienza siti fuori regione o anche nell'ambito dei progetti facenti capo al SAI, il Sistema di accoglienza e integrazione di tutta Italia, mentre nei confronti dei migranti che non hanno chiesto la protezione internazionale viene adottato il provvedimento di espulsione. In conclusione desidero sottolineare che il sistema di accoglienza triestino per i richiedenti asilo, orientato sul modello di un'accoglienza diffusa, è stato sinora in grado di mantenersi in equilibrio, pure a fronte di una pressione esercitata dal flusso migratorio, proprio grazie all'attenzione mantenuta dal Ministro dell'interno sull'esigenza del territorio provinciale Pag. 9 di Trieste e della regione. Il quadro che ne deriva è quello di un fenomeno che è particolarmente attenzionato dal Ministero dell'interno, come del resto testimoniato dalla costante interlocuzione con gli uffici centrali e dal supporto sempre assicurato per i profili logistici e intermedi di risorse anche per i potenziamenti del sistema di controllo di retro valico e di supporto alle attività delle forze di polizia. Va sottolineato che lo stesso Ministro, anche attraverso interlocuzioni dirette con i vertici della regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia e con i sindaci dei territori più coinvolti, ha sempre monitorato l'evoluzione del fenomeno migratorio rappresentato dalla cosiddetta «rotta balcanica». Sotto questo profilo va ricordato che lo scorso settembre il Ministro ha incontrato i prefetti della regione, nonché i sindaci maggiormente impegnati sul fronte dell'accoglienza per approfondire alcune tematiche di maggiore impatto sulla comunità locale e sulle finanze comunali, quali la gestione dei minori stranieri non accompagnati.
  Questi sono fattori che consentono di affermare che, salvo incrementi improvvisi degli arrivi che vadano oltre i numeri fino a qui visti e gestiti, la permanenza del descritto sistema di vasi comunicanti rappresentato dai periodici trasferimenti dei richiedenti asilo da questa regione verso altri territori consente di mitigare e gestire il fenomeno migratorio e dei richiedenti asilo, assicurando, attraverso il modello adottato, dignitose condizioni di accoglienza e di limitare l'impatto dello stesso sul territorio e sulle comunità locali.

  PRESIDENTE. Signor prefetto, la ringrazio per il suo lavoro e per la sua relazione che acquisiamo e mettiamo agli atti. Le chiedo di portare questo ringraziamento anche alla sua squadra, ai suoi colleghi funzionari, ma anche agli operatori e in particolare agli agenti delle forze dell'ordine che operano in questo ambito molto delicato. Passo la parola ai colleghi parlamentari che hanno chiesto di intervenire. Onorevole Di Muro.

  FLAVIO DI MURO. Grazie, presidente, grazie, prefetto, per la sua relazione. Per quanto riguarda i numeri, ha detto che siamo sui 1.300 stranieri rintracciati o che si sono in qualche modo presentati alle autorità italiane dall'inizio dell'anno. Volevo sapere se avete idea – anche se immagino che i numeri non possano essere puntuali – di quanti complessivamente sono i migranti che transitano in questa vasta area che lei ha descritto in maniera precisa per avere una cifra più complessiva, anche per capire qual è la percentuale di quelli regolari, in quanto hanno presentato una domanda di protezione internazionale, e di quelli che hanno saltato questo tipo di attività.
  Ha detto che non tutti concludono l'iter di identificazione o seguono le procedure che il nostro ordinamento garantisce per l'accoglienza oppure che da una prima accoglienza preferiscono fuggire verso il resto di Italia. Volevo sapere, a livello logistico, che tipo di dispositivo ha garantito lo Stato con le sue forze di polizia nel trasferire dai primi centri di identificazione verso queste strutture, prima sul territorio e poi a livello italiano. Poiché ha parlato di vari centri in Italia per l'accoglienza, volevo capire con quali forze dell'ordine, con quali tempistiche e modalità vengono collocati e trasferiti questi migranti. Ha parlato di arresti anche per coloro che commettono il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Visto che siamo in un periodo di riforma della giustizia a livello penale e della sua procedura, volevo sapere se per l'arresto dei migranti che commettono qualche reato sul vostro territorio si procede, e in quale percentuale, a un vero e proprio arresto nelle strutture penitenziarie o se si procede con un foglio di via e l'allontanamento da quella provincia, modalità che non risolve il problema e non fa neanche espiare la pena, provocando problemi ad altre province italiane, verso le quali magari i migranti già avevano intenzione di andare, poiché la sua è un'area di transito e quindi il provvedimento si tramuta in un nulla di fatto per chi ha commesso il reato. Infine, le chiedo ancora un chiarimento sull'Accordo di riammissione Italia-Slovenia, Pag. 10 perché mentre il vostro è oggetto di dibattito – anche il Ministero dell'interno ha fatto causa per mantenerlo in vigore ed efficace – permane quello Italia-Francia, in base al quale accogliamo un centinaio di migranti riconsegnati dalla Francia verso l'Italia. Tuttavia, delle due l'una: o rivediamo – come mi pare abbia chiesto l'Europa – tutti gli accordi di riammissione, oppure dobbiamo farli funzionare da ambo le parti, altrimenti rischiamo che il nostro Paese si ritrovi a dover affrontare i maggiori problemi dei flussi migratori.

  PIERO DE LUCA. Ringrazio anche io il signor prefetto per la presenza, la disponibilità e la relazione molto approfondita. Ho alcune considerazioni preliminari con estrema sintesi. È evidente che la sua presenza qui e l'attenzione di questo Comitato sono volte a marcare l'esigenza di dare adeguato peso politico, istituzionale, operativo all'attenzione dovuta alla rotta balcanica, così come alla rotta mediterranea. È evidente che l'Italia sia il Paese non di primo approdo per la rotta balcanica, ma tra le destinazioni principali europee degli arrivi che provengono dai più disparati Paesi extraeuropei tra cui Afghanistan e Pakistan in primo luogo, ma non solo. Per questo motivo è doveroso dare estrema attenzione anche a questa rotta, oltre a quella su cui stiamo ponendo estrema attenzione e accento. A tale riguardo siamo consapevoli che sia necessario un salto di qualità e un maggiore impegno da parte dell'intera Unione europea. È un tema che noi abbiamo posto al Governo e che il Governo ha posto da ultimo al Consiglio europeo e sarà oggetto di una specifica attenzione del prossimo Consiglio europeo di giugno. Speriamo che anche su questo tema si possa fare davvero un salto di qualità a livello europeo per prevedere dei meccanismi di solidarietà automatici, strutturati e obbligatori che consentano di sostenere e supportare gli sforzi degli Stati maggiormente esposti. Ciò chiarito, è evidente che dobbiamo provare a dare alcune risposte. Lei ha fornito dei dati e delle informazioni estremamente interessanti.
  Noi crediamo che sia utile la riattivazione o l'implementazione delle pattuglie miste italo-slovene. Credo che questo possa essere un tema importante sotto il profilo dei controlli, soprattutto nei confronti delle reti dei trafficanti di uomini che vanno contrastate nel Mediterraneo, nel Nord Africa, così come lungo la rotta balcanica. Questo è un impegno che tutti dobbiamo assumerci con grande forza e con grande nettezza. Allo stesso tempo, però, è necessario dare massima assistenza e sostegno possibili a chi giunge nel nostro Paese e a chi inoltra la domanda di protezione internazionale. Da questo punto di vista crediamo che forse il sistema di accoglienza diffusa sia un sistema in grado di consentire maggiori tutele e sostegno al nostro Paese con minor aggravio e minore difficoltà sia da un punto di vista delle istituzioni pubbliche, sia da un punto di vista della tenuta sociale di rispetto degli standard minimi di civiltà e di umanità che sono dovuti ai richiedenti asilo. Forse da questo punto di vista si è fatto un passo indietro in Friuli-Venezia Giulia negli ultimi tempi. A che punto siamo? È necessario implementare questo tipo di accoglienza diffusa? Allo stesso tempo, come Italia – lo stiamo facendo a livello europeo – dobbiamo chiedere un supporto da parte di tutti gli altri Stati membri per riformare il regolamento di Dublino, ossia sostenere il nostro Stato per creare meccanismi di redistribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo in tutti gli Stati europei. Contemporaneamente è doveroso chiedere disponibilità anche alle regioni italiane di farsi carico in modo solidale, in proporzione della distribuzione dei richiedenti asilo che sono sul territorio italiano fin quando le loro domande, le procedure e l'iter non siano completate.
  A questo proposito abbiamo notato forti resistenze da parte di alcune regioni, soprattutto quelle governate – sono dati oggettivi – dal centro-destra, sulla solidarietà da dare a tutti i territori nazionali per la redistribuzione delle risorse. In questo ambito ci vorrebbe maggiore disponibilità.
  Chiudo sull'aspetto legato alle misure di prevenzione. Che cosa si sta facendo per mettere in campo misure che consentano di mantenere la rete di sostegno, di supporto, Pag. 11 di tenuta sociale e di umanità nel nostro Paese in vista di eventuali aumenti di flussi migratori durante l'estate nel nostro Paese? Vorrei un chiarimento sulle misure di prevenzione che si stanno mettendo in campo sia a livello regionale che a livello ministeriale e nazionale per il tramite della prefettura.

  FRANCESCA GALIZIA(intervento da remoto). Grazie, presidente. Anche io voglio ringraziare il prefetto per essere qui con noi oggi sia per la sua presenza fisica in questo difficile momento che per la sua relazione completa e ricca di dettagli importanti. Vorrei fare delle domande su alcuni aspetti che hanno attirato la mia attenzione. In merito alle riammissioni informali lei ha detto che sono attualmente sospese. Vorrei sapere se si sta pensando a riattivare questa tipologia di meccanismo e se le riammissioni verranno nuovamente effettuate. Sul pattugliamento misto, lei lo ha ritenuto uno strumento utile, verrà reintrodotto? Può darci qualche anticipazione se si sta lavorando in merito? Secondo me il pattugliamento misto – così come lo abbiamo verificato anche nella zona di Ventimiglia – era un utile strumento di controllo e di verifica dei confini. Inoltre, come è stato definito dal mio collega De Luca, rappresenta sicuramente uno strumento molto utile di collaborazione ed efficace per frenare il fenomeno migratorio. Ha fatto un passaggio sulla questione dei minori. Vi è una direttiva che interviene sui falsi minori non accompagnati, ma non ho ben compreso su quali criteri viene definito chi è minore e chi no. Effettuate la radiografia dei polsi, il sistema utilizzato in alcune occasioni, oppure altre tipologie di sistemi? Inoltre, lei ha sottolineato la problematica legata alle strutture di accoglienza e alle difficoltà qualora dovessero aumentare i flussi, perché già oggi queste strutture presenti sul territorio sono oltre la capienza. Per questo motivo le volevo chiedere se si sta pensando di collocare delle navi distanti dal territorio per accogliere i migranti, come già successo in Sicilia o se si sta pensando di appoggiarsi su altre strutture perché, come l'anno scorso nella zona di Udine, collocare i migranti negli autobus ha creato forte tensione e malcontento da parte dei migranti e conseguenti rivolte. Infine, le volevo chiedere se si sta lavorando con la regione per dare supporto nell'uso di strumenti digitali e innovativi nei sistemi di controllo al confine. Oltre alla video sorveglianza, si sta lavorando alla possibilità di installare dei termoscanner? Molti migranti arrivano a bordo di furgoni e vengono fatti scendere ad una certa distanza dal confine.

  PRESIDENTE. Ho la necessità di chiudere prima delle 15 per la concomitanza di altre Commissioni. Do la parola alla senatrice Testor e poi restituisco la parola al signor prefetto per la replica.

  ELENA TESTOR. Anche io ringrazio il prefetto Valenti per la sua relazione e alcune considerazioni in merito. Dai dati che ci ha fornito è evidente che in questi ultimi anni c'è stato un incremento di persone che arrivano sul territorio lungo la rotta dei Balcani, così come è incrementato del 15 per cento il numero dei minori non accompagnati. È interessante soprattutto quanto diceva in relazione ai ragazzi di 17 o 18 anni e sulla questione del permesso temporaneo che diventa poi a tempo indeterminato. Questo probabilmente rappresenta un incentivo, pertanto tutte le forze politiche dovrebbero porvi maggiore attenzione. A proposito dei 58 valichi dove sono stati impiegati ulteriori forze militari, vorrei che ci spiegasse quanti operatori sono suddivisi su Trieste, Gorizia, e Udine. Inoltre vorrei sapere qual è la situazione attuale dei diversi valichi, se sono stati chiusi e anche qualche informazione sui valichi minori. Mi sembrava importante infine sapere, dopo che è stato sospeso il rapporto con le forze slovene di pattugliamento condiviso, qual è il rapporto con il sindacato italiano e quali sono i rapporti all'interno dei sindacati. Vi sono problematiche?

  VALERIO VALENTI, prefetto di Trieste. Proverò a fare una carrellata su tutte le questioni poste. Alcune si sovrappongono e quindi mi scuserete se non sarò puntualissimo rispetto alle singole domande, ma Pag. 12cercherò di cogliere il senso di tutto il ragionamento. Inizierei proprio dalla fine, chiarendo un elemento. All'inizio del mio intervento ho parlato di una sostanziale stabilità del fenomeno e questo può determinare probabilmente un equivoco, ma in realtà non lo è. Voglio fare questo chiarimento dicendo che il dato complessivo è composto da due voci: gli stranieri rintracciati, che a seguito di un'attività di polizia vengono fermati lungo la linea confinaria, e gli stranieri che, invece, spontaneamente si presentano presso delle strutture di polizia. Questo dato sommato dà un aggregato che è sostanzialmente in equilibrio tra il 2019 e il 2020 e ancora nel 2021. Dall'altro canto, invece, il numero degli stranieri rintracciati – non è contraddittorio quando sentiamo che il dato degli stranieri rintracciati è in forte aumento – è cresciuto molto perché è diminuito quello degli stranieri che spontaneamente si presentano agli uffici di polizia. Che cosa vuol dire in termini di impegno delle forze di polizia? Significa che è cresciuto enormemente il lavoro fatto dalle forze di polizia lungo l'arco confinario che ha portato a un maggior numero di rintracci e a un minor numero di spontanee presentazioni. Le forze di polizia in questi due anni hanno lavorato sicuramente di più e anche ora stanno lavorando di più. Il Ministero, al di là dei Governi, ha sempre dato un'attenzione molto particolare e molto forte negli ultimi tempi a questa realtà, tant'è che i dispositivi sono stati ulteriormente implementati. Abbiamo tanti uomini sia dell'Esercito che della Polizia che sono impegnati lungo tutto l'arco confinario. Questo chiarisce perché vi sia una contraddizione tra la crescita del fenomeno che riguarda i rintracci e la presenza complessiva dei migranti che è sostanzialmente stabile, perché prima si presentavano da soli, non venivano rintracciati, passavano o andavano all'ufficio di polizia di Muggia o alla questura di Trieste e dopo affioravano. Adesso, anche grazie agli elementi che ho cercato di esporre nella relazione, il dispositivo di cinturazione e di protezione della città – per evitare che i migranti arrivino improvvisamente proprio nel cuore della città – possono essere rintracciati e fermati quasi a ridosso della linea confinaria. Sono quotidiani i report che ci danno atto di questa attività. I valichi non sono chiusi, bensì sono tutti aperti, sia quelli secondari che quelli primari, così come tutte le strade. In questo momento la realtà confinaria è permeabile, non è presidiata, se non nei valichi principali con controlli a campione. Per quanto riguarda i sindacati, i rapporti sono molto buoni e proficui. Non ci sono state particolari prese di posizione da parte delle organizzazioni sindacali rispetto all'attività disimpegnata. Sicuramente va detto che oggi le nostre forze di polizia stanno lavorando molto di più che in passato. I nostri poliziotti, i carabinieri e la Guardia di finanza sono sottoposti a uno stress lavorativo maggiore rispetto al passato e questo certamente coinvolge le attività delle organizzazioni sindacali. Le procedure di identificazione vengono fatte nei confronti di tutti i migranti che vengono rintracciati. Da questo punto di vista posso assicurare che i migranti vengono tutti identificati, fotosegnalati e inseriti nella banca dati.
  Mi è stato chiesto se ci sono migranti che sfuggono a questo controllo, ma ovviamente non posso rispondere in termini numerici, perché se sfuggono è ovvio che non vengono censiti, però d'altro canto devo anche dire che proprio per il ragionamento che compievo prima, il numero dei migranti intercettati è cresciuto tantissimo. Per questo motivo molto presumibilmente oggi quasi tutti i migranti vengono fermati e identificati. Le fasi di trasferimento vengono seguite personalmente dalle prefetture e, attraverso gli autobus e sistemi di trasporto che seguono delle logiche connesse alle disponibilità che si rendono libere lungo tutto il territorio nazionale, i migranti vengono accompagnati nei centri. I centri di accoglienza sono centri aperti che non hanno delle forme coercitive, perché non sono dei CPR (centri di permanenza per il rimpatrio). Così come avviene nei centri in cui vengono portati nell'immediatezza e in quelli per l'isolamento fiduciario e la sorveglianza sanitaria, è possibile che ci siano degli allontanamenti. Di questo ne ho dato atto anche nella riunione Pag. 13con onestà e con verità. Per quanto riguarda gli atti dell'autorità giudiziaria, la risposta è che non vi è una regola. A volte il provvedimento di arresto di colui che favoreggia, del passeur – in termini giornalistici – si trasforma in un arresto effettivo e a volte no e dipende dall'autorità giudiziaria chiamata a intervenire al momento. A proposito del parallelismo tra l'Accordo con la Francia e l'Accordo con la Slovenia, i due accordi sono esattamente identici anche nella formulazione e nel testo. L'Accordo con la Slovenia è stato ritenuto dal Ministero non solo valido, ma anche applicabile e coerente con la legislazione europea, in particolare con il regolamento di Dublino, nella misura in cui la Slovenia è un Paese che garantisce e assicura l'esercizio dei diritti da parte dei migranti e i diritti di rivendicare la protezione umanitaria internazionale, così come l'Italia. Al momento la procedura è sospesa. È stato chiesto anche se è intenzione del Ministero riattivarla, ma queste valutazioni sfuggono dalla mia competenza. I presupposti giuridici sono ritenuti esistenti, mentre quelli fattuali dipenderanno dalla volontà che ci sarà di dare corso. Certamente per i migranti che al momento del rintraccio non presentano la richiesta di asilo o che manifestano la volontà di richiedere asilo, potrebbe essere ripresa anche la riammissione informale nei confronti della Slovenia. Il pattugliamento misto non ha un valore di per sé significativo se correlato ai numeri, ma ha un valore culturale e un valore di collaborazione che va oltre il dato numerico e io credo che al più presto – non appena le condizioni sanitarie lo consentiranno – andrà auspicabilmente ripreso. Secondo la mia valutazione, oggi occorrerebbe provare ad aprire un ragionamento insieme alla Croazia, ovvero spostare sul fronte croato-sloveno il pattugliamento, proprio perché il confine europeo è quello della Slovenia, non quello dell'Italia. Credo che il Ministero sia molto sensibile su questo tema e i rapporti in atto sono intensi anche a livello di forze di polizia. Ritengo che questa strada, una volta intrapresa, non possa essere più abbandonata. Per quanto riguarda la direttiva dei minori, è stata adottata dal procuratore per i minorenni. La ratio è quella di un esame sostanzialmente visivo: si tratta di guardare e vedere se la persona di fronte presenta connotati da adulto e in quel caso, secondo quello che il procuratore ha scritto nella sua direttiva alle forze di polizia, consente loro di effettuare un diniego della dichiarazione di minore e il perseguimento di una fattispecie penale, perché si tratta di avere dichiarato delle attestazioni false. Questo fenomeno si è presentato molto probabilmente proprio in connessione con le riammissioni. Infatti, per aggirare ed evitare la riammissione informale in Slovenia, molti adulti si sono dichiarati minori e ciò ha determinato il fenomeno, tant'è che in questi ultimi tempi, in cui le riammissioni informali sono sospese, il fenomeno si è sostanzialmente azzerato. Mi è stato chiesto dell'utilizzo delle navi o dei sistemi di accoglienza. Al momento non è previsto l'utilizzo di navi per quanto riguarda la rotta balcanica e il Friuli-Venezia Giulia. Il sistema tiene nella misura in cui viene garantito sostanzialmente un limite massimo per tutto il Friuli-Venezia Giulia che al momento in termini di accoglienza – riporto l'ultimo dato del 2021 – è di circa 2.428 migranti accolti nel Friuli-Venezia Giulia. Tengo a precisare che questo dato è in decremento rispetto al passato: nel 2019 erano 3.452 i migranti accolti in Friuli-Venezia Giulia, 2.681 nel 2020 e 2.428 ad oggi. Questo significa che il Ministero ha dato particolare attenzione anche al territorio del Friuli-Venezia Giulia, trasferendo i migranti in altre realtà del territorio, in altre regioni, alleggerendo il peso della presenza del fenomeno migratorio sul territorio del Friuli-Venezia Giulia. Per quanto riguarda le misure di prevenzione e di ulteriore controllo, credo che il dispositivo oggi sia al massimo della sua potenzialità. Tecnologicamente si potrebbe anche fare di più ed è in atto un'interlocuzione con la regione Friuli-Venezia Giulia per dotare alcuni varchi anche di strumenti tecnologici con la consapevolezza che si tratta di un territorio estremamente permeabile, poiché è un territorio che, se presidiato in alcune parti, offre una scopertura per altri Pag. 14territori. Allo stesso tempo è in corso di valutazione una pianificazione dei controlli sugli assi viari principali proprio per cercare di interdire gli arrivi nella provincia di Udine che negli ultimi tempi sono stati particolarmente intensi, sapendo bene che è un fenomeno che, se si riesce ad arginare per certi versi, trova quasi sempre altre vie per riprodursi. L'attività e l'impegno di tutte le forze di polizia – colgo l'occasione di questa audizione per rivolgere a loro il mio ringraziamento e la mia gratitudine – è davvero esemplare e costante. Spero di avere fornito le risposte a quasi tutte alle domande che sono state poste.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor prefetto. Sono sicuro che sarà disponibile nel caso in cui dovessimo disturbarla nuovamente. Le auguriamo buon lavoro. L'audizione è conclusa.

  La seduta termina alle 15.