XVIII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Mercoledì 25 novembre 2020

INDICE

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente) ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'ATTUALITÀ DELL'ACCORDO DI SCHENGEN, NONCHÉ AL CONTROLLO E ALLA PREVENZIONE DELLE ATTIVITÀ TRANSNAZIONALI LEGATE AL TRAFFICO DI MIGRANTI E ALLA TRATTA DI PERSONE

Audizione del direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, prefetto Massimo Bontempi.
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 
Bontempi Massimo , direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere ... 3 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 9 
Galizia Francesca (M5S)  ... 9 
Iwobi Tony Chike  ... 10 
Testor Elena  ... 10 
Di Muro Flavio (LEGA)  ... 10 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 12 
Bontempi Massimo , direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere ... 12 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 12 
Bontempi Massimo , direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere ... 12 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
EUGENIO ZOFFILI

  La seduta inizia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming, con modalità sperimentale, sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, prefetto Massimo Bontempi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, prefetto Massimo Bontempi, accompagnato dal direttore del servizio della polizia delle frontiere e degli stranieri, dirigente superiore della Polizia di Stato, dottoressa Irene Tittoni. Ricordo che l'audizione del prefetto Bontempi si svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva «Gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento all'attualità dell'Accordo di Schengen, nonché al controllo e alla prevenzione delle attività transnazionali legate al traffico di migranti e alla tratta di persone», con particolare riferimento alla collaborazione tra le forze di polizia alle frontiere Italia-Francia e Italia-Slovenia, nel quadro complessivo dell'applicazione degli accordi di Schengen. Il prefetto ci ha accompagnato nella nostra visita alla sede di Frontex a Varsavia, così come nella missione svolta sul confine a Ventimiglia. Ho avuto modo di essere presente alla stipula di un accordo tra la Polizia di frontiera della Polizia di Stato italiana e la Polizia della confederazione elvetica Canton Ticino a Chiasso. È stato un momento importante per la sicurezza e il futuro del nostro Paese, nell'ambito della collaborazione tra le due forze di polizia. Do quindi la parola al prefetto Bontempi, che ringrazio per aver accettato il nostro invito.

  MASSIMO BONTEMPI, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere. Grazie a lei, presidente. Buongiorno a tutti i membri del Comitato. Sì, in effetti sono state missioni estremamente interessanti e mi fa molto piacere essere qui in audizione. I due esempi che lei ha citato, Frontex a Varsavia, Chiasso al confine con la Svizzera, Ventimiglia al confine con la Francia, sono emblematici, racchiudono in tre esperienze l'essenza di questa mia presentazione di oggi con voi. Rappresentano tre momenti in cui l'accordo di Schengen si declina operativamente sul terreno. In effetti l'accordo di Schengen deve garantire contemporaneamente la sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione europea, assicurando, nel contempo, la libera circolazione all'interno degli Stati membri dell'Unione europea. Detto così potrebbe sembrare ed era sembrato originariamente un momento di totale apertura, totale condivisione. In effetti le frontiere terrestri sono state tutte fisicamente smantellate. Le caserme, i posti di polizia, gli uffici di polizia, le frontiere terrestri interne dell'Unione europea sono state tutte smantellate – se non quelle che potevano essere utilizzate perché lontane dalla fascia confinaria – perché Pag. 4 non c'era più necessità di avere controlli alle frontiere interne. Alla frontiera del Friuli, dove sono stato recentemente, addirittura si vedono delle caserme di frontiera che risalgono a un'epoca di guerra fredda e fa un po' impressione vederle oggi in un contesto di totale apertura e amicizia italo-slovena. Sono state abolite le frontiere e sono stati ampiamente modificati nella loro declinazione operativa anche i controlli di frontiera che non possono più essere svolti sulla frontiera – come voi sapete – ma nella fascia di retrovalico. Non possono essere effettuati in maniera sistematica, se non in alcune circostanze, ma in maniera randomica. Apparentemente questo sistema consente una totale permeabilità delle frontiere interne, cosa che sulla carta è vera, ma sappiamo che non è così, perché lo vediamo tutti i giorni, ormai da parecchi anni. In realtà qualche giorno fa, il signor capo della polizia, parlando con una delegazione di parlamentari di un'altra Commissione, diceva giustamente: «Ha senso ancora parlare di Schengen?» In certi momenti sembra veramente porsi il problema se questo trattato abbia ancora una validità. Sicuramente ha una validità, ci mancherebbe anche di negare quella che una delle conquiste fondamentali dell'Unione europea, cioè la libera circolazione dei beni e delle persone all'interno dello spazio comune di libertà europeo. Però questo sistema ha al suo interno anche delle contromisure o meglio quelle che noi chiamiamo «misure compensative», all'abolizione dei controlli di frontiera che consentono agli Stati membri di sopperire al venir meno dei controlli sistematici alla frontiera, per garantire la sicurezza delle frontiere, la sicurezza esterna dell'Unione Europea e il contrasto alle attività criminose transfrontaliere, ivi compresa l'immigrazione irregolare. Queste misure compensative, per quanto riguarda l'Italia, si sono declinate in accordi di cooperazione con i quattro Paesi che insistono sulle nostre frontiere terrestri: Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. Sono misure compensative che prevedono un livello di cooperazione tra le forze di polizia dei differenti Paesi, proprio per accentuare il livello di controllo di queste frontiere. Sono molto differenti tra loro il lavoro svolto alle frontiere interne e quello alle frontiere esterne, è persino tautologico dirlo. Non che alle frontiere esterne non si lavori con altre polizie, ma il tipo di attività è completamente differente. Nel caso di Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, abbiamo frontiere terrestri, con la Slovenia e la Francia abbiamo anche un tratto di mare in comune, con la Svizzera abbiamo i laghi. Essenzialmente il lavoro sulle frontiere terrestri è il lavoro che si fa e nel quale si sostanzia uno dei core business iniziali della Polizia di frontiera e delle polizie di frontiera in Europa. Il fatto che non ci siano più controlli sistematici alle frontiere, che il controllo venga fatto nelle fasce di retrovalico, non vuol dire che non si facciano controlli, come ho già detto. In effetti esistono delle tipologie di ripristino dei controlli alle frontiere che sono rigorosamente definiti dal codice frontiere Schengen e dal manuale Schengen, che prevedono tre tipologie di ripristino dei controlli. Una procedura ordinaria, una procedura eccezionale e una procedura eseguita su raccomandazione del Consiglio, su proposta della Commissione. Le prime due, ma anche la terza, sono state ampiamente usate da tutti gli Stati europei, c'è un elenco molto lungo e si fa prima a dire quali sono i Paesi che non hanno mai applicato questi controlli o li hanno applicati soltanto nelle procedure ordinarie, rispetto a quelli che l'hanno applicato. Uno di quelli che non l'hanno applicato è l'Italia, se non nei casi previsti e strettamente limitati, in cui c'erano dei grandi eventi che si svolgevano in Italia, come il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi aderenti al G8, il famoso a Genova (20-22 luglio 2001), il meeting del social forum europeo (2002), il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi aderenti al G8 a L'Aquila (2009) e il vertice dei capi Stato di Governo dei Paesi aderenti al G7 a Taormina (2017). L'Italia ha applicato la tipologia delle procedure di chiusura di frontiera ordinaria soltanto in Pag. 5occasione di questi quattro grandi eventi. Non l'ha applicata durante l'emergenza sanitaria per Coronavirus. Credo che siamo uno dei pochi Paesi che non l'ha applicata, laddove la stragrande maggioranza dei Paesi lo ha fatto. Da questo potrebbe sorgere la domanda «Gli altri controllano e noi no?». Il fatto di non applicare il controllo sistematico alle nostre frontiere, non vuol dire che non si controlli, anzi. È un onere per le forze di polizia di frontiera maggiore, ma contemporaneamente è uno sprone anche per le forze di polizia dimostrare che il nostro Paese, senza «mostrare i muscoli» o senza forzare l'applicazione di normative europee, riesce a garantire un ottimo livello di sicurezza. A questo proposito faccio notare che per il terzo anno consecutivo, nonostante siamo in piena emergenza da Coronavirus, l'aeroporto di Fiumicino è stato giudicato il miglior aeroporto d'Europa. Quando si dice «miglior aeroporto d'Europa», non ci si riferisce soltanto alla puntualità dei voli, della consegna dei bagagli, ma anche all'efficienza delle donne e degli uomini della Polizia di frontiera. La sicurezza è efficace, presente, non ostentata. Capiterà di andare in giro per aeroporti europei, si vedono tanti piccoli «Rambo» che girano armati fino ai denti. Anche noi lo siamo, ci mancherebbe, siamo poliziotti, io ero poliziotto. È chiaro che siamo in grado di utilizzare, se necessario, misure coercitive, ma non c'è ostentazione del livello di sicurezza. Esiste poi un'altra modalità di controlli, quella che forse più spesso appare sui nostri giornali ed è sicuramente all'attenzione della politica. È il controllo eccezionale, ai sensi dell'articolo 28 del Codice Schengen, per la minaccia grave per l'ordine e la sicurezza pubblici di uno Stato membro. Questa è la tipologia, per esempio, che i nostri vicini francesi stanno utilizzando con una sfumatura più o meno accentuata dal 2015, da quindi cinque anni. Il periodo massimo di applicazione di questa misura sarebbe di due anni e periodicamente viene rinnovata. Per essere onesti nei confronti dei colleghi francesi, la Francia è periodicamente oggetto di attenzioni delittuose da parte di organizzazioni terroristiche o di singoli terroristi. I francesi ci avevano annunciato che avrebbero interrotto i controlli di frontiera dopo l'ennesima proroga. Ogni volta che incontravo il mio corrispondente prefetto della Polizia di frontiera francese, chiedevo: «Quando la finirete con questi controlli? Siete un po' fuori tempo massimo» mi rispondeva: «Li interromperemo, in cambio, però mettiamoci d'accordo su come compensare la fine dei controlli». Poi ci sono stati un paio di attentati di fila e ovviamente i francesi li hanno ulteriormente prorogati. È chiaro che, per i Paesi colpiti da attentati terroristici, uno dei primi istinti è chiudere la frontiera, anche per dare un segnale alle opinioni pubbliche interne. Se si esamina attentamente il profilo dei 74 autori degli attentati dal 2014 al 2020, dei 74 autori ben 37 sono cittadini di Paesi europei, quindi la frontiera c'entra veramente poco. Di questi, 18 erano regolarmente soggiornanti sul territorio di quei Paesi e 19 erano quelli irregolarmente soggiornanti o la cui posizione non è nota. È chiaro che la misura è una misura di protezione, una misura assolutamente legittima. Questi dati me li sono fatti fornire dai colleghi dell'antiterrorismo, perché io non mi occupo di terrorismo da molto tempo, dai tempi in cui le formazioni terroristiche erano ancora quasi embrionali. Dal punto di vista tecnico, non trova riscontro con quello che si è verificato in questi anni in Europa. Esiste una corrente di pensiero molto forte attualmente in sede di Commissione europea e dei Paesi membri, quando si discute del Patto di migrazione e asilo, che tende a evidenziare ed enfatizzare il profilo securitario di Schengen, a discapito del profilo di libera circolazione. Sono quasi tutti Paesi europei quelli che sono stati toccati, purtroppo, da questi eventi; l'Italia, facendo tutti i debiti scongiuri, ancora, fino a questo momento, no. La Francia ha ulteriormente inasprito le misure di controllo con il dispiegamento fisico di un'ulteriore aliquota di suo personale delle forze di Polizia alle frontiere, oltre che italiane e spagnole. Sono misure Pag. 6che, secondo la norma, prevedrebbero determinati limiti temporali. La Francia è il caso più eclatante, ma guardando gli elenchi ho notato che anche la Svezia li ha tenuti in piedi per quasi tre anni; per l'Italia è però più rilevante l'aspetto francese. Come ho prima accennato, esistono delle misure compensative ai controlli di frontiera che, nel caso francese, ancora per un periodo (spero limitato) andranno di pari passo con il ripristino dei controlli determinati dalle intese e dalla collaborazione tra le forze di polizia. I rapporti con le polizie di frontiera degli Stati confinanti sono eccellenti. Possono esserci delle incomprensioni, dei momenti di allarme per l'opinione pubblica, come quando si disse: «L'Austria schiera i carri armati alla frontiera». Il collega dell'Austria mi ha immediatamente chiamato e mi ha detto: «Non sono carri armati. Sono blindati come quelli che hanno le forze di polizia italiane». Per esempio, nel caso della Francia si sta discutendo – soprattutto con la dottoressa Tittoni, che è a capo di un gruppo misto italo-francese – per addivenire alla formazione di quella che è stata definita dai francesi «brigata mista italo-francese». Per noi «brigata» ha un significato militare: tremila uomini sono una brigata. Non sarà una brigata di tremila uomini, perché vorrebbe dire svuotare tutta la frontiera italiana per metterla in quella francese. La «brigade» per i francesi è quello che noi chiamiamo un «ufficio misto». Questo ufficio misto a sua volta, sulla base di una cooperazione molto stretta che già esiste al confine italo-francese, avrà la caratteristica di essere una struttura permanente. Ci saranno un tot di poliziotti italiani e francesi (dovrebbero essere dodici e dodici, più o meno) che avranno una propria sede, che non sarà più la sede della Polizia italiana di qua o della Polizia francese di là, ma sarà un ufficio fisico, uno stabile, con un comandante, un vicecomandante, dei turni di servizio regolarmente stabiliti e delle procedure. Ovviamente si parla di procedure di ingaggio e di intervento sui due territori, perché io tengo particolarmente al concetto di reciprocità: quello che noi consentiamo agli altri di fare in Italia, io esigo che sia consentito all'Italia di fare nel territorio straniero. Esigo nei limiti in cui io posso esigere, ma è un prerequisito. Poi ci sono dei momenti in cui questo rapporto può anche non essere paritario. Questo non vuol dire che si fa una pattuglia in Francia e se ne fa una in Italia. Può anche darsi che non sia così, perché per esempio in Slovenia abbiamo le pattuglie miste con gli sloveni. Su dieci pattuglie che si fanno al confine italo-sloveno, non sono cinque e cinque; sette le facciamo noi di là e tre le fanno loro di qua. Questo per una questione di organico. La controparte riconosce che il fenomeno si contrasta meglio lavorando di più su un lato del confine piuttosto che sull'altro; quindi questa brigata mista vedrà la luce quanto prima. La signora Ministra dell'interno si è impegnata con il suo omologo francese a costituirla quanto prima. Ci sono alcuni dettagli da mettere a punto, ma credo che assolutamente si farà, perché è costruita sulla base di rapporti che già esistono, tutto sommato, e sono ottimi. Certamente guarda i numeri, visto che la Francia ha il ripristino dei controlli di frontiera così serrato; i numeri dei loro respingimenti sono molto alti. Questo è assolutamente incontrovertibile, perché il flusso è dall'Italia verso la Francia, non il contrario; questo mi sembra abbastanza evidente. Ma questi rapporti fruttano, portano a importanti operazioni di contrasto al traffico di esseri umani, importanti operazioni anche per quanto riguarda il traffico di droga, la criminalità transfrontaliera più propriamente detta e anche la cattura di latitanti. L'altro argomento di interesse del Comitato è rappresentato dai rapporti con la Slovenia che sono molto buoni, anzi, devo dire ottimi. C'è una totale condivisione delle procedure operative e anche delle finalità operative. Come vi ho già detto, gli sloveni accettano una maggior presenza italiana da loro di quanto noi non accettiamo la loro da noi. Ci sono delle pattuglie miste entrate in funzione più o meno una anno fa. È chiaro che tutto questo (con la Francia, con la Svizzera, Pag. 7 con l'Austria, con la Slovenia) si riferisce a condizioni pre-Coronavirus, perché ovviamente adesso le attività delle pattuglie miste congiunte con due persone sulla stessa macchina o due persone che fanno il servizio a bordo treno al di là e al di qua del confine sono rallentate; in alcuni casi sono state sospese, anche perché presuppongono comunque un'attività di addestramento e un'attività di costante affinamento che in questo momento è stato meglio sospendere. Anche con la Slovenia ci sono pattuglie congiunte o pattuglie miste. Abbiamo fatto varie proposte agli sloveni, come per esempio un pattugliamento a scacchiera del confine: io Italia vigilo sui settori A, B e C e tu vigili sui settori D, E e F, in maniera che ci si incroci in questo controllo, tenuto conto, come dicevo prima, che non tutte le forze di polizia europee hanno le stesse dotazioni o gli stessi organici che magari abbiamo noi. Devo dire che i risultati non sono stati eclatanti. Vorrei essere preciso e non dare l'impressione che dispieghiamo centinaia di uomini e donne della Polizia in queste attività; non è così. Si tratta di decine di unità, che però fanno la differenza. Fanno la differenza anche nella percezione del cittadino. Questo me lo disse, per esempio, a Chiasso, il collega delle dogane svizzere (lì la Polizia di frontiera dipende dalle dogane). Quando inaugurammo le pattuglie miste in alcune zone della frontiera italo-svizzera mi disse: «Tu non hai idea che bene fa al cittadino svizzero vedere la macchina della Polizia italiana insieme alla macchina della Polizia svizzera ferme a un incrocio, a un crocicchio, e fare i controlli insieme». Ho replicato: «Ne ho idea, invece; anche da noi è la stessa cosa. La percezione della sicurezza degli svizzeri non è più acuita di quella degli italiani. Abbiamo tutti quanti la percezione della sicurezza e vedere che queste forze di polizia lavorano insieme è sicuramente un valore aggiunto rispetto a quello che può essere il normale controllo nazionale». In prospettiva potrebbero esserci ulteriori sviluppi. Gli sloveni gradirebbero anche la presenza degli austriaci, se non ricordo male, in attività di controllo proprio all'interno del loro territorio, e capite che siamo ancora in una fase molto embrionale. Tutto quanto è in stand-by proprio per l'emergenza sanitaria, ma sarebbe una cosa assolutamente non dico «rivoluzionaria» – perché le forze di polizia le rivoluzioni tendono a non farle – ma assolutamente innovativa per quanto riguarda noi. Posso dire che, per esempio, la Polizia di frontiera svizzera, la Polizia di frontiera tedesca svolgono già questo tipo di attività. Io ho assistito a un'operazione vera e propria di una «brigata mista» tra svizzeri e tedeschi che operava all'interno del territorio svizzero nel fare controlli su un tratto di autostrada. Non erano controlli mirati all'immigrazione clandestina o irregolare; erano controlli di Polizia a tutto tondo. Nel caso nostro sarebbero più controlli mirati al contrasto dell'immigrazione irregolare perché la Slovenia è un una zona di transito dell'immigrazione, non è un Paese d'origine. La Slovenia riceve migranti che arrivano da altre parti dei Balcani, la cosiddetta «rotta balcanica», quindi ha interesse che ci sia una condivisione anche da parte degli altri due Paesi – Austria e Italia – che rappresentano i due maggiori sbocchi dei canali di traffico. Ogni tanto l'Austria – non mi ricordo se anche in questo momento – ripristina i controlli di frontiera con la Slovenia. Noi verso gli sloveni no; neanche gli sloveni verso di noi, nonostante abbiano intensificato i controlli per il Coronavirus, come li abbiamo intensificati noi. Dal punto di vista sloveno avere il poliziotto austriaco che lavora all'interno del proprio territorio è quasi una garanzia del fatto che l'Austria tolga i controlli alle frontiere, che è una cosa che viene vissuta molto male da alcuni Paesi, specialmente da parte degli ultimi arrivati nella famiglia europea, perché viene quasi vista come un segno di sfiducia. «Non sei ancora maturo per stare insieme a noi grandi Paesi europei», il che obiettivamente non è, perlomeno per l'esperienza che posso dire io. A proposito di Frontex, è l'Agenzia della Guardia di costiera e di frontiera europea, un'Agenzia che da Varsavia Pag. 8 è in via di rapidissima espansione. Sarebbe stata ancora più rapida se non ci fosse stato il Coronavirus, ovviamente. Dispone e disporrà di ingenti fondi europei perché si prevede che debba mettere in campo un corpo permanente a sua disposizione tratto dalle forze di polizia, in alcuni casi anche dalle forze armate o dalla vita civile degli Stati membri, per interventi in aree ritenute a rischio dal punto di vista migratorio. La domanda potrebbe essere: «Frontex fino adesso non lo fa?». Ci sono le operazioni congiunte Poseidon in Grecia, Themis nel Mediterraneo, Indalo in Spagna che sono tutte operazioni aeronavali. Si sono messe in campo anche operazioni terrestri, come la Evros, al confine tra Grecia e Turchia agli inizi della pandemia, quando c'era stato un picco. La Turchia aveva deciso di allentare un po' le maglie dei suoi controlli di frontiera, cosa che fa periodicamente, e quindi c'era questo rischio di ulteriore afflusso di migranti alle frontiere. Ha messo in piedi questa operazione chiedendo agli Stati membri: «Mi dai una pattuglia? Mi dai una nave? Mi dai un elicottero?» Noi abbiamo contribuito, per esempio, con pattuglie della Polizia di frontiera italiana. Il corpo permanente consentirà invece a Frontex di avere a sua disposizione questo personale (ovviamente il personale italiano non starà a Varsavia, ma in Italia), ma quando ce ne sarà bisogno Frontex non dovrà più chiedere il permesso o la concessione di questo personale, perché sarà a sua disposizione. Quando sarà chiamato, il personale si metterà un'uniforme specifica, un armamento specifico che Frontex ha provigionato e si muoverà nell'ambito dei Paesi europei e forse anche in quelli extraeuropei. Questo è un ulteriore passaggio sulla base di un addestramento congiunto che Frontex ha fatto fare nel corso dei mesi precedenti. È un grosso passo avanti che potrebbe schierare personale alle frontiere terrestri. Io faccio parte del consiglio di amministrazione di Frontex, che peraltro è in corso oggi e domani. Io ritengo che una cosa sia schierare personale alla frontiera terrestre e un'altra cosa schierare assetti aeronavali alla frontiera marittima. Sono due cose totalmente differenti. Purtroppo in molti Paesi europei, specialmente in quelli del Nord Europa, questa percezione stenta a farsi strada. Verrà schierato questo personale e verosimilmente potrà anche essere di ausilio nell'attività di rimpatrio. A tal proposito ci sono un po' di discussioni in corso sul ruolo di Frontex nell'ambito dei rimpatri futuri. Già lo svolge in senso di sovvenzione, di finanziamento dei voli charter o dei voli di linea, ma anche con la presenza di suo personale, presenza che in prospettiva, specialmente col nuovo Patto migrazione e asilo, dovrebbe essere ulteriormente aumentata. Quanto potrà essere efficace? Io sinceramente non lo so. Ho qualche perplessità, ma non perché Frontex non sia in grado di fare quello che gli viene richiesto, ma perché noi combattiamo con i rimpatri. Io combatto con i rimpatri personalmente tutti i giorni e so che non è esattamente una cosa facile. Anche in questo caso credo che l'Italia nel suo piccolo sia il secondo o terzo Paese per numero di rimpatri effettuati e credo che siamo il primo Paese per numero di rimpatri effettuati verso l'Africa. Questa è una cosa estremamente importante perché forse è più facile rimpatriare dalla Germania alla Georgia che non rimpatriare dall'Italia al Sudan o all'Egitto o alla Tunisia. Questo è anche il futuro di quello che potrebbe essere Frontex in prospettiva. Quando con il presidente faremo un'ulteriore missione nella sede di Frontex – stavolta spero di poter restare un po' di più con voi e non scappare come l'altra volta – forse Frontex avrà già superato la prima fase di dentizione di quello che si chiama «standing corps» e sarà quindi forse in grado di fornire anche elementi che al momento mancano perché ancora non è entrato in funzione, elementi più probanti di quanto possa dare, come Agenzia europea, come contributo alla sicurezza delle nostre frontiere esterne, perché ricordiamoci che Frontex è nata e vive per garantire la sicurezza alle frontiere esterne. Alle frontiere interne, come dicevo prima, provvedono i Pag. 9singoli Stati membri attraverso alcune delle attività che vi ho molto sommariamente esposto.

  PRESIDENTE. Tenevo a ringraziarla e, attraverso lei e la dottoressa, ringraziare il lavoro quotidiano di tutte le agenti e gli agenti della Polizia di frontiera. In particolare oggi, che è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, ringrazio l'operato delle agenti e degli agenti di Polizia di frontiera perché operano anche su scenari che purtroppo riguardano odiosi e deprecabili reati di violenza contro le donne. Ne cito uno che può essere attinente all'attività di Polizia di frontiera: il traffico di esseri umani e il conseguente sfruttamento della prostituzione che poi vediamo sulle nostre strade. Mi faccio portavoce dei colleghi del Comitato nell'affermare che nella giornata di oggi è importante ringraziare il lavoro quotidiano e lodevole dei nostri agenti e condannare il fenomeno di donne costrette a prostituirsi perché vittime di racket e di mafia. A proposito dei nostri agenti, vorrei sapere se ci siano stati e ci siano problemi di salute a causa della loro attività in questo particolare momento di emergenza sanitaria e se ci può fornire dei dati rispetto agli organici degli agenti di Polizia di frontiera. Nella nostra veste istituzionale di parlamentari, anche nell'ambito delle audizioni della signora Ministra dell'interno, abbiamo più volte sottoposto la questione degli organici delle forze dell'ordine nel nostro Paese delle quali chiediamo sempre un potenziamento. Riguardo alla Polizia di frontiera io non so se gli standard sono in linea rispetto a quanto previsto. Spero di sì, anche se conosco la situazione delle forze dell'ordine in genere nel Paese, dove un po' ovunque ci sono organici carenti che comportano sforzi per compensare tali carenze. Onorevole Galizia, prego.

  FRANCESCA GALIZIA. Grazie, presidente. Ringrazio il prefetto Bontempi per le interessanti informazioni che ci ha fornito oggi. Noi ci siamo già incontrati a Ventimiglia in occasione di una missione e in quella circostanza parlammo molto specificatamente dell'accordo con la Francia sulle frontiere. All'epoca era in corso la definizione degli accordi con la Slovenia che, da quanto ci ha detto, stanno funzionando. Abbiamo ascoltato il presidente Fedriga in I Commissione il 9 novembre scorso il quale lamentava che i pattugliamenti confinari italo-sloveni sono molto scarsi e il loro funzionamento, invece, velocizzerebbe le riammissioni di immigrati irregolari in territorio sloveno. Ci ha poi snocciolato dei numeri sulle riammissioni, che sono state 1.321, e le espulsioni, 1.124. Sono sempre numeri impegnativi che egli interpreta come un costante allarme su questo fronte. Le volevo chiedere qual era, invece, il suo punto di vista su questo tema, se effettivamente la situazione è così critica oppure no. L'altra domanda che volevo farle è legata alla considerazione del presidente di oggi che riguarda la Giornata contro la violenza sulle donne. È uno dei delicati temi che il Comitato sta trattando, insieme alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento per fini di prostituzione. In questo Comitato noi ci siamo occupati anche di mafia nigeriana. A quanto pare, almeno dalle notizie che siamo riusciti a raccogliere finora dalle testimonianze raccolte, molte di queste donne arrivano anche attraverso canali regolari, quindi non dai barconi. È vero che il 9,9 per cento degli arrivi con i barconi riguarda donne, molte di queste vittime di violenze di ogni genere subite durante il viaggio. Una parte delle donne sfruttate sul nostro territorio, però, arrivano attraverso vie legali. Vorrei sapere che ruolo svolge la Polizia di frontiera in relazione alle donne che arrivano per vie legali: se fate segnalazioni, se avete dei contatti e delle informazioni durante l'attività di indagine. Penso al canale delle cosiddette belle nigeriane, che, come merce di qualità vengono «spedite» attraverso vie legali per non perderne l'integrità analogamente a come viene fatto per la droga, anche quella merce di alto valore che viene spedita per vie legali. Sempre riguardo alla rotta balcanica, so Pag. 10che alla Polizia slovena sono arrivate tante segnalazioni da tante Organizzazioni non governative legate ai respingimenti in Slovenia. Volevo sapere se voi avete informazioni in merito da darci e se potete fornirci altri dettagli su questa rotta, secondo me importante, molto delicata, da tenere sotto controllo come quella del Mediterraneo.

  TONY CHIKE IWOBI. Grazie, direttore, per ciò che abbiamo ascoltato oggi. Mi associo ad alcune perplessità, alcune domande che non sono domande da rivolgere a lei perché sono di natura politica. Io posso capire l'abolizione delle frontiere interne poiché è regolamentata dal Trattato di Schengen, un trattato che dovrebbe rafforzare i controlli delle frontiere esterne. La questione della sicurezza è fondamentalmente importante non soltanto per i singoli Paesi, ma anche per l'intera comunità europea. Non capisco la motivazione per la quale il nostro Paese non ha applicato il dovuto controllo, sancito anche dal Trattato Schengen, di chiusura dei confini esterni. Parliamo di frontiere marittime, quelle principalmente utilizzate per il traffico di esseri umani, soprattutto in questo momento di alta crisi sanitaria che stiamo attraversando. Forse per mancanza di volontà politica del nostro Governo? O esistono altre motivazioni di cui non siamo a conoscenza? Questa è una domanda non rivolta a lei ovviamente, perché lei non è un politico, quindi non può darmi una risposta un po' più ampia. Concludo affermando che non ha senso il controllo congiunto dei confini interni con le cosiddette brigate miste, oltre all'esistenza di Frontex. Frontex ormai esiste da anni. Stiamo contribuendo, anche per la sua esistenza, per il lavoro che dovrebbe svolgere, a mettere i confini esterni del continente a cui il nostro Paese comunque è assoggettato, spalancando comunque in modo indiscriminato tali confini esterni. Ma qual è la mansione fondamentale di Frontex? Cosa deve fare? Qual è il perché della sua esistenza? Lei ha parlato dei rimpatri. Come vengono eseguiti? Con quali Paesi? Ovviamente si tratta di Paesi con cui abbiamo in essere accordi bilaterali, perché credo che senza accordi bilaterali non possiamo eseguire rimpatri. Vorrei sapere quali sono i Paesi con cui abbiamo tuttora accordi bilaterali per poter rimpatriare e quanti rimpatri sono stati fatti fino ad oggi. Grazie.

  ELENA TESTOR. Volevo associarmi anch'io al ringraziamento del presidente per il contributo di tutte le forze dell'ordine per la giornata di oggi contro la violenza sulle donne. In occasione dell'audizione del presidente Fedriga si è parlato della rotta balcanica, di quanto incidesse sulla regione l'immigrazione irregolare, soprattutto in un periodo di pandemia. Una delle richieste fatte era quella di chiudere alcuni valichi per poter concentrare le forze di polizia in alcuni punti; quindi non era una critica rivolta verso le forze di polizia. Ricordo bene che erano stati fatti dei complimenti per la collaborazione tra le due forze di polizia che credo sia fondamentale. Credo che la Francia in questo momento abbia un atteggiamento più chiuso e un po' più rigido a causa degli episodi accaduti negli ultimi tempi che hanno messo in luce difficoltà dovute all'immigrazione di persone con intenti malavitosi che ha avuto conseguenze terroristiche in Francia. La ringrazio per la sua relazione.

  FLAVIO DI MURO. Ringrazio per l'interessante relazione che fa un quadro complessivo della situazione attuale. Abbiamo assistito ad audizioni dello stesso tenore in occasione della riforma dei decreti sicurezza, attualmente in fase di analisi e di votazione di emendamenti in I Commissione. Anche in quell'occasione abbiamo parlato di frontiere. È un momento, anche a livello europeo e non solo nazionale, in cui il tema di Schengen viene ridiscusso. Ci sono state notizie di partecipazione e abbandono a fasi alterne del tavolo da parte dello Stato italiano di riforme per l'accordo di Schengen. A tale proposito vorrei sapere a che punto siamo, se siete stati coinvolti e se non riteniamo, noi Italia – almeno dal punto di vista tecnico – che l'accordo di Schengen, così Pag. 11come derogato (ovviamente il mio riferimento è alla parte francese) non abbia funzionato. Lo voglio dire subito, io sono assolutamente per la libera circolazione all'interno dell'Unione europea. Parliamo sempre di immigrazione, ma ci sono anche dei rapporti lavorativi dei nostri frontalieri, dei rapporti turistici, dei rapporti commerciali, anche solo tra i comuni di confine, che vanno salvaguardati. Nel bloccare da parte di qualche Stato il fenomeno migratorio, spesso si procura più danno che bene rispetto al contrasto di fenomeni criminosi. Secondo me sarebbe opportuno sedersi tutti intorno a un tavolo e riflettere sul funzionamento di Schengen. Spero che l'Italia sia protagonista con la sua esperienza in tutto questo. Apprezzo le parole del Presidente Macron in seguito all'attentato di Nizza. Finalmente non si è concentrato sul confine di Ventimiglia, ma ha iniziato a capire che forse la Francia deve investire le proprie energie nell'aiutare l'Italia sui confini marittimi, perché evidentemente continuiamo da anni ad avere un tappo del fenomeno migratorio a Ventimiglia, frutto di attraversamenti sul suolo nazionale degli sbarchi di Lampedusa sulle coste siciliane e della rotta balcanica. In questo caso il problema non è come lavora la Polizia di frontiera, ma come lavora la Polizia ferroviaria. Probabilmente non hanno uomini a sufficienza o hanno disposizioni dei vari Ministri che cambiano. Non è pensabile che si attraversino tutte le prefetture e le questure d'Italia su un treno per arrivare a oberare di lavoro gli agenti della Polizia di frontiera, cui va il nostro ringraziamento. Non deve essere lasciato tutto sulle spalle di quei pochi soggetti istituzionali e di polizia che coordinano le entrate e le uscite dei migranti sul nostro Paese perché la situazione è diventata intollerabile. Lo dico a fronte di numeri forniti dalla stessa Polizia di frontiera in altre audizioni. Tengo a lasciarli a verbale anche in questa seduta perché sono numeri importanti, abbiamo superato il record. Nel mese di ottobre i respingimenti da parte francese al confine di Ventimiglia sono arrivati a quota 3.591. Immaginate il flusso che c'è in quella zona, a fronte delle riammissioni passive di quindici soggetti in territorio francese. Sono numeri che in un accordo bilaterale stridono. Ovviamente riguarda altri trattati oltre all'accordo di Schengen. È il momento di rivedere un po' tutto, a mio avviso, e spero che ci siano delle novità che magari può fornirci sulle riforme in corso a livello anche europeo. Un altro problema che voglio segnalare riguarda l'aggravio di incombenze per la Polizia di frontiera. È vero che si possono fare dei pattugliamenti misti e potenziare gli accordi bilaterali anche in territorio francese, ma se poi c'è una vacanza di gestione dei soggetti che l'Italia prende in carico che restano sostanzialmente non gestiti sul territorio italiano e che ogni giorno riprovano a passare il confine, noi ci ritroviamo in una situazione paradossale. Anche su questo aspetto spero che ci sia una collaborazione delle vostre forze insieme agli altri soggetti istituzionali, perché i soggetti dalle zone di confine devono essere trasferiti in altre realtà. Nella prima versione dei decreti sicurezza, che probabilmente verranno stravolti, si parlava della costruzione di CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio). Queste strutture servirebbero a calmierare la pressione sulle zone di frontiera. Mi faccio interprete delle istanze del mio territorio (Ventimiglia), perché apprendo che c'è una nuova disponibilità di potenziare questo tipo di relazioni. Su questo chiedo se c'è la volontà, magari, di fare un tavolo a Roma con i soggetti istituzionali (comune, forze di polizia, prefetto e questura) per capire come integrare le nuove sedi, le gestioni logistiche di queste nuove attività, in modo che siano maggiormente coordinate, anche a fronte – qui do una notizia ai miei colleghi della Camera – di un emendamento che pare abbia trovato condivisione nella I Commissione, che è un contributo per i comuni di frontiera per progetti volti alla gestione dei flussi migratori. Potrebbero esserci soluzioni con la finalità, condivisibile da tutti, di non far pesare sui cittadini di alcune zone le Pag. 12conseguenze negative del fenomeno migratorio. Grazie.

  PRESIDENTE. In merito ai rapporti tra le polizie, noi le abbiamo visto collaborare, siamo entrati nelle sale operative a Ventimiglia. Abbiamo visto collaborare i nostri agenti italiani con gli agenti francesi. È apprezzatissima, proprio come dice lei, la collaborazione anche sul fronte di Como, Chiasso, Italia-Svizzera. La apprezzano i cittadini svizzeri, ma anche soprattutto i cittadini italiani.

  MASSIMO BONTEMPI, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere. Cerco sinteticamente di rispondere a tutti, restando a totale disposizione del Comitato per eventuali ulteriori chiarimenti. La ringrazio per l'apprezzamento che ha dimostrato nei confronti delle donne e degli uomini della Polizia di Stato. Come direttore centrale condivido anche l'onere di rappresentare le altre forze di polizia, perché la mia direzione centrale ha dei compiti di coordinamento nei confronti delle altre forze di polizia.

  PRESIDENTE. Estendo quanto detto a carabinieri, Guardia di finanza e a tutti gli agenti delle forze dell'ordine che operano sul nostro territorio.

  MASSIMO BONTEMPI, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere. Io condivido con i colleghi di Guardia di finanza, carabinieri, Capitaneria di porto e anche Marina militare, e talvolta anche con le altre forze armate, il fatto che il controllo dell'immigrazione è un compito estremamente gravoso, ma estremamente appassionante. Abbiamo operato e stiamo operando in un periodo particolarmente difficile. Abbiamo ricevuto dalla nostra direzione centrale di sanità delle direttive estremamente chiare su come il poliziotto debba comportarsi nelle varie tipologie di intervento sul territorio, perché il Capo della polizia ha voluto che fosse così. Gli equipaggiamenti di sicurezza ci sono stati forniti anche dall'Europa e, devo dire la verità, l'aiuto anche in questo caso non è mancato. Il rischio zero nel nostro lavoro non esiste. Io dico sempre «nostro», anche se ormai sono un prefetto, quindi in teoria non è più il mio lavoro. Il rischio zero nel lavoro del poliziotto non esiste purtroppo, e lo vediamo. Si tratta di minimizzarlo, renderlo compatibile con l'efficienza del servizio. Nella prima fase della pandemia ci sono stati sicuramente, purtroppo, dei colleghi che sono venuti meno, ma il numero è veramente ridottissimo. Si è adottata una serie di misure estremamente puntuali, anche nei rimpatri, anche se ogni tanto vi sono polemiche quando il rimpatrio è con il poliziotto vicino al rimpatriando. Non può essere che così. Il poliziotto sta vicino al rimpatriando con la sua tuta, con l'equipaggiamento di sicurezza. Il rimpatriando è normalmente uscito da un CPR e quindi ha avuto un tampone per cui è negativo. Anticipo un dato che mi è stato chiesto: sono 3.108 in questi giorni i rimpatri effettuati. A fronte di questi numeri c'è stato il caso di un tunisino forse risultato positivo una volta arrivato là. Probabilmente si trattava di un falso positivo; ma sta di fatto che i colleghi poliziotti tornati da quel volo charter hanno fatto la loro quarantena, hanno preso tutte le precauzioni possibili e immaginabili e nessuno è risultato positivo. Dico questo a titolo di merito della nostra direzione centrale di sanità che, mai come in questa circostanza, è stata vicina al personale che si è sentito in condizione di operare tranquillamente, fermo restando che, in caso di interventi per arrestare delle persone, è difficile mantenere la distanza socialmente compatibile. Io parlo ancora da «sbirro», dovete perdonarmi. Se metto sulla volante una persona per portarla in questura, lo spazio è quello che è. Bisogna cercare di gestire l'emergenza sanitaria in modo da renderla compatibile con l'attività che noi dobbiamo comunque fare, anche durante la pandemia, forse soprattutto durante la pandemia, per garantire la sicurezza del cittadino. Sugli organici, noi siamo circa 4.700, dovremmo diventare 5.300 da ora al 2027 nel piano di potenziamento complessivo Pag. 13 della Polizia. Siamo una delle specialità, devo dire, che cresce percentualmente un po' di più rispetto alle altre. Lo dico piano perché non vorrei che se ne accorgessero e cambiassero idea! Ovviamente scherzo. È un riconoscimento del lavoro che noi stiamo facendo in tutta Italia alle frontiere terrestri, aeree, che svolgono un lavoro eccezionale. Prima vi parlavo di Fiumicino, ma le frontiere aeree quest'anno hanno effettuato un totale di 3.100 respingimenti di frontiera, veramente un numero rilevante se consideriamo che il flusso di traffico aereo è estremamente ridotto. Sono numeri altissimi. Devo dire che c'è un riconoscimento di questa nostra attività, quindi cresceremo, possibilmente. Il numero complessivo di 4.700, che diventerà 5.300, non è esaustivo del comparto immigrazione, perché in molte realtà le attività di Polizia di frontiera sono devolute, come si dice, alle questure o alle altre forze di polizia. Questo accade dove c'è un aeroporto piccolo che ha scarsa attività volativa o c'è un porto che non ha traffico extra-Schengen. A Lampedusa lavorano benissimo i carabinieri in condizioni veramente critiche; sulla loro caserma c'è scritto «Frontex». In quel caso hanno la mia delega a operare come Polizia di frontiera. Quando si fanno i confronti tra Polizia di frontiera italiana e Polizia di frontiera di altri Paesi, i numeri di quelle degli altri Paesi sono molto più alti, ma noi abbiamo questo vantaggio che forse altri Paesi non hanno. Quindi gli organici io li ritengo assolutamente sufficienti. L'onorevole Galizia parlava di riammissioni, poi è stato chiarito. Il presidente Fedriga è molto attento ai flussi migratori; quella è la sua regione. Mi permetto di fare un'osservazione. Quest'anno, al 20 novembre – questi sono i dati che ho portato con me – abbiamo rintracciato 4.121 stranieri irregolari complessivamente sul confine italo-sloveno. L'anno scorso nello stesso periodo erano 4.074 al 20 novembre. L'anno scorso, nello stesso periodo, erano 3.660 e l'anno prima ancora 2.591, periodo per periodo. C'è stato sicuramente un aumento, ma non quello che noi temevamo ci sarebbe stato, perché c'è stato un momento in cui i flussi erano aumentati. Quando ho detto che la Turchia aveva lasciato aperti i rubinetti era il periodo in cui si erano allentate le misure di sicurezza dei vari Stati europei per contenere il fenomeno del Coronavirus. Erano ripresi anche i trasporti di linea, i trasporti terrestri; i treni sono comunque un vettore per il migrante. L'aumento c'è stato, ma è un aumento non eccessivo dal mio punto di vista, è ovvio che per il presidente Fedriga sia diverso. Le riammissioni effettuate verso la Slovenia l'anno scorso, tra il primo gennaio e il 20 novembre, sono state 237; quest'anno 1.252. La nostra attività si è raffinata, c'era stato un aumento di flusso di traffico che la signora Ministra, il presidente Fedriga e anche gli sloveni avevano notato. Era un flusso di traffico con tipologie differenti. I trafficanti o i migranti si erano resi conto che, immediatamente a ridosso della frontiera fra Trieste e Gorizia, c'era un'altra possibilità di essere intercettati e riammessi, perché l'accordo di riammissione prevede la riammissione accelerata, semplificata, se il migrante viene rintracciato entro i dieci chilometri dalla fascia di confine. Come dicevo prima, questi controlli non possono essere sistematici, non possono essere a tappeto, altrimenti si violerebbe l'accordo di Schengen, pertanto i migranti cercavano di bypassare il dispositivo andando verso Udine. Udine è al di là dei famosi dieci chilometri. Allora abbiamo chiesto agli sloveni di riattivare, anche concretamente, le riammissioni formali, non più quelle informali dei dieci chilometri della fascia di confine, ma anche quelli oltre. La procedura di riammissione formale è molto più complicata. Richiede la produzione di una corposa documentazione che testimonia che il soggetto viene dalla Slovenia, mentre quella informale è più speditiva perché viene fatta a ridosso della fascia di confine. Fino all'anno scorso non erano fatte queste riammissioni. Sono andato al seguito della Ministra, ho parlato con i colleghi e abbiamo visto quali erano i gangli, i punti nodali in cui, al di là della fascia confinaria, Pag. 14 potevamo cercare di intercettare il migrante e soprattutto il trafficante. Il nostro scopo è il trafficante. Il migrante viene intercettato, ma non è il nostro nemico; questo sia chiaro. Abbiamo fatto i piani provinciali di controllo sul territorio con tutte le forze di polizia (questure, prefetture e tutte le forze di polizia). Abbiamo coinvolto tutte le forze di polizia, con l'ausilio dei militari del dispositivo Strade sicure. Successivamente, con il personale della dottoressa Tittoni, abbiamo mandato dei team alla questura di Udine proprio per aiutare a costruire il dossier migrante per migrante per la riammissione formale. Quest'anno ad oggi abbiamo effettuato 37 riammissioni. Siamo partiti un paio di mesi fa con le riammissioni formali ed è stato un bel risultato. Siamo partiti da zero e siamo arrivati a un numero tutto sommato accettabile. Noi riammettiamo in Slovenia. La Slovenia è un Paese europeo con stato di diritto, e quindi riammettere il migrante trovato in quella fascia di frontiera è una cosa assolutamente legittima. Non è sottoposto a trattamenti disumani o degradanti, di questo siamo assolutamente sicuri, perché è un Paese dell'Unione europea. Quando si va al di là dei confini europei, come in Bosnia o Serbia, bisogna stare un po' più attenti, ma noi li rimandiamo in Slovenia. In tema di mafia nigeriana, la Polizia di frontiera ha un ruolo investigativo molto ridotto. Noi interveniamo, svolgiamo attività investigative, come vi ho detto, per reati che si svolgono tipicamente in frontiera. La mafia nigeriana è qualcosa di molto più complicato, di cui si occupa la direzione anticrimine che svolge attività investigativa con lo SCO (Servizio centrale operativo). Quello che posso dire io è che quest'anno, se guardiamo gli elenchi degli sbarcati o degli arrivati, i nigeriani non appaiono neanche nei primi dieci Paesi di flusso. L'anno scorso erano 220, in passato erano molti di più. Con la Slovenia abbiamo l'accordo di riammissione e l'accordo di riammissione con volo charter. Il senatore Iwobi mi chiedeva qual è la differenza. Avere l'accordo di riammissione è una cosa: io posso riammettere la persona purché sia in possesso di un documento e purché il suo consolato lo riconosca come tale. Una cosa diversa è avere l'accordo di riammissione che autorizza il volo charter: si raggruppano alcune persone, le si mettono su un volo charter e si riportano nel loro Paese con un apparato molto complicato, molto complesso. Consideriamo che quest'anno c'è stato il blocco del traffico aereo. Io posso anche caricarne 5 mila su un aereo, posto che ci sia un aereo da 5 mila; ma se quel Paese ha chiuso le frontiere aeree, ha chiuso lo spazio aereo, non è possibile portarceli. Nonostante queste difficoltà abbiamo fatto 3.108 rimpatri alla data di pochi giorni fa, che è un risultato secondo me molto buono. Si può fare di più? Certo che si può fare di più, e si torna alla disponibilità dei CPR di cui parlava proprio lei, che, per tutta una serie di motivi, non è elevatissima. Riguardo la disponibilità dei CPR, su una capienza teorica di 1.274 posti uomo, noi abbiamo a oggi una capienza effettiva disponibile di 485. Questo perché nei CPR bisogna garantire il distanziamento sociale; non si possono ammucchiare gli uni sugli altri. In più ci sono due o tre CPR che sono oggetto di lavori di ristrutturazione, perché gli ospiti dei CPR hanno la tendenza ogni tanto a dargli fuoco e quindi bisogna rimetterli in sesto. Il numero dei rimpatri va di pari passo con i posti nei CPR. Sono due dati paralleli: posti nei CPR, attività di rimpatrio. Ci sono Paesi più ricettivi e Paesi meno ricettivi, anche sul singolo migrante. Non stiamo parlando più di voli charter, anche sul singolo migrante ci sono Paesi che collaborano di meno. Su questo l'Unione europea sta lavorando. Si farà questo Patto di migrazione e asilo. Noi siamo presenti in tutte le sedi, in tutti i gruppi di lavoro. Si tratta di negoziare, perché, come dicevo prima, le nostre sensibilità mediterranee (Spagna, Italia, Grecia, Malta, Cipro e qualche Paese come la Bulgaria o anche la Croazia) sono molto differenti dalle sensibilità di un Paese nordico. Chiudo con una battuta. Qualche anno fa, nel corso di un semestre di Pag. 15Presidenza da parte di un Paese baltico che non menzionerò, durante il briefing questi ci dissero: «Ma l'anno scorso noi abbiamo avuto 35 casi di immigrazione clandestina». Io ho ribattuto: «35 mila!». «No, 35». Di questi i veri immigrati clandestini erano una famigliola di vietnamiti di cinque persone. Gli altri erano cercatori di funghi e pescatori che si erano persi nei boschi e nei laghi di confine con un potente vicino orientale. Quando si parla di queste cose, con tutto il rispetto per i colleghi lassù che hanno altri problemi, è chiaro che la sensibilità è diversa. Si tratta di trovare, se necessario, un compromesso. Andare via sbattendo la porta non è mai la soluzione; l'abbiamo sperimentato a Versailles nel 1919 e penso che all'Italia sia bastato. Bisogna cercare di negoziare, trovare alleanze. Il blocco dei Paesi mediterranei è, in assoluto per la prima volta, un blocco che si contrappone in maniera estremamente efficace ad altri blocchi, ai famosi Visegrad o ai Paesi frugali o altri. Io sono fiducioso che qualche risultato si porterà a casa.

  PRESIDENTE. La ringrazio, prefetto, per l'accuratezza e la professionalità delle notizie che ci ha fornito e per il suo intervento. L'approccio, mi permetto, è operativo, e si vede che è un uomo che ha lavorato sul territorio, a contatto con gli agenti e le realtà. Poi nella sua carriera è andato nel Palazzo, a Roma, ma non ha dimenticato quello che l'ha portata a essere qui e lo trasporta nell'operatività e nella concretezza di tutti i giorni, in particolare in questo momento di emergenza in cui è importante non dimenticarsi mai da dove si arriva, per trasferire la teoria che si legge nei manuali e nei rapporti nella vera pratica, sul confine. Il vostro lavoro è utile per tutti i cittadini, italiani ed europei, e anche per il mantenimento dei principi della libera circolazione, del Trattato di Schengen, sulla cui attuazione questo Comitato deve vigilare. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.