XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 30 settembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia.
Corda Emanuela , Presidente ... 3 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Corda Emanuela , Presidente ... 9 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 9 
Pella Roberto (FI)  ... 10 
Navarra Pietro (PD)  ... 12 
Drago Tiziana Carmela Rosaria  ... 12 
Stefani Erika  ... 13 
Corda Emanuela , Presidente ... 15 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 15 
Corda Emanuela , Presidente ... 17 
Federico Antonio (M5S)  ... 17 
Granato Bianca Laura  ... 18 
Corda Emanuela , Presidente ... 18 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 18 
Corda Emanuela , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Grazie, presidente. Grazie a tutti i colleghi. Cercherò di illustrare una relazione che in qualche modo sia una sintesi delle attività svolte in questi mesi. La dividerò in due parti, poi mi dirà lei, presidente, in relazione al tempo che abbiamo, se la seconda parte dovrà essere oggetto di ulteriore approfondimento. Ovviamente le informazioni sono a disposizione della Commissione e al termine dell'audizione depositerò una memoria scritta.
  La seconda parte è un esame approfondito di costituzionalità delle leggi e c'è un'attività un po' più approfondita sulle ordinanze e sulla tipologia di attività amministrativa svolta dalle regioni durante il periodo della pandemia. Però era nostro impegno ripartire da un approfondimento sullo stato di attuazione relativo alle autonomie differenziate e immagino che per la Commissione sia più utile partire da questo capitolo. In funzione del tempo che abbiamo, decideremo se completare tale approfondimento in questa seduta oppure riaggiornarci sugli altri temi. Proverò in ogni caso ad esporre una relazione che ricomprenda tutte le questioni.
  Come tutti sapete, in occasione del rapido svilupparsi della pandemia da Covid-19 il processo relativo all'autonomia differenziata ha subìto un inevitabile rallentamento. È stato necessario concentrare tutte le forze delle regioni, degli enti locali e del Governo – coinvolto con tutte le amministrazioni centrali – sulle azioni di contrasto alla pandemia. L'obiettivo a febbraio era non solo contrastare la diffusione del virus, ma soprattutto potenziare il nostro sistema sanitario e costruire quelle reti che in alcuni casi erano venute meno e in altri casi, pur essendo esistenti, necessitavano di un forte potenziamento.
  Ci siamo trovati tutti davanti a temi nuovi, per dimensione e complessità. L'emergenza sanitaria ha reso necessario concentrare l'attenzione e gli sforzi del Governo sulle misure di contrasto all'emergenza, ma il processo connesso all'autonomia differenziata non si è interrotto, lo abbiamo fatto camminare su binari «paralleli», nel senso che parallelamente all'attività di contrasto alla pandemia raccoglievamo valutazioni, in alcuni casi spunti, che ci hanno consentito di compiere le riflessioni che questa mattina sottopongo alla vostra attenzione.
  Anzitutto, l'emergenza sanitaria ha stimolato nuove riflessioni e valutazioni sulle materie oggetto di devoluzione alle regioni, con particolare riferimento ai profili riguardanti Pag. 4 la sanità, il trasporto pubblico locale, l'organizzazione dell'istruzione. Sono tre materie su quattro – la quarta è l'assistenza – che sono state di fatto oggetto di un intervento durante l'emergenza sanitaria. Alcune di queste abbiamo dovuto ridefinirle dal punto di vista dell'organizzazione territoriale. Pensate a quanto sia stato necessario intervenire sul trasporto scolastico, sul trasporto pubblico locale, sia nelle grandi città che nelle aree interne, nelle aree di montagna. La seduta di oggi è l'occasione per ripartire da dove ci eravamo lasciati. Presidente, se mi permette, vorrei ricordare anche le tappe che abbiamo vissuto fino ad oggi.
  Come ho avuto modo di rappresentare durante le mie precedenti audizioni, un anno fa c'erano tre proposte unilaterali delle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, atti che segnavano, senza dubbio, un inizio del cammino. Non erano stati condivisi con le amministrazioni centrali, perché c'erano dei confronti aperti e al tavolo nazionale non erano sedute le altre regioni, né le città metropolitane, né gli enti locali.
  È iniziato dunque un percorso che ho più volte ricordato nelle audizioni precedenti. Come sapete, quello su cui abbiamo iniziato a lavorare, è uno schema complesso, che abbiamo sottoposto al confronto con le regioni e gli enti locali attraverso la Conferenza unificata, il 28 novembre 2019 e con il Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dal 3 dicembre del 2019.
  Sempre per approfondire il percorso nuovo e complesso, il 3 dicembre 2019 ho istituito, presso il Dipartimento degli Affari regionali, una Commissione di studio incaricata di supportarci sui temi dell'autonomia differenziata, Commissione che conoscete, i cui dettagli sono stati trasmessi tempestivamente a questa e alle altre Commissioni parlamentari che ne hanno fatto richiesta. La Commissione si è insediata il 10 dicembre 2019 e ha continuato a lavorare – ringrazio per questo tutti i componenti della Commissione – anche durante il lockdown, attraverso videoconferenze e da remoto.
  Sempre sul testo che conoscete, perché è stato oggetto del lavoro precedente al lockdown, l'11 dicembre 2019 è stata convocata presso la Sala conferenze di Palazzo Cornaro una riunione con i gruppi di maggioranza per un ulteriore confronto. Quei testi poi sono stati inviati a tutti i gruppi parlamentari e il 5 febbraio 2020 il testo è stato anche sottoposto all'esame delle organizzazioni sindacali, durante un incontro congiunto. Il 9 marzo è intervenuto – come ricordavo in precedenza- il lockdown, ma il confronto non si è mai interrotto.
  Dagli incontri che ho poc'anzi ricordato, il 3 dicembre è emersa la necessità di apportare alcune modifiche allo schema di disegno di legge originario, che ora vi rammento. Mi riferisco in primo luogo alla necessità di subordinare il trasferimento di funzioni relative alle materie concernenti i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) alla previa determinazione degli stessi LEP.
  Ricordo che le materie LEP riguardano il trasporto pubblico locale, la sanità, l'istruzione (relativamente all'organizzazione stessa dell'istruzione, che ha inciso sugli interventi di comuni e province e sui meccanismi di intervento delle regioni).
  La sanità, come abbiamo detto più volte, è organizzata attraverso la definizione dei LEA (Livelli essenziali di assistenza), ma proprio l'emergenza COVID ha messo in evidenza le asimmetrie spesso presenti sui territori e anche lo scollamento evidente tra la prevenzione territoriale e l'organizzazione stessa dei modelli sanitari su scala regionale. Pertanto, se c'è un insegnamento che si può trarre dall'emergenza Covid-19 è che le materie LEP devono essere sganciate – aggiungendo anche l'assistenza, che è la quarta materia individuata – dal «corpaccione» delle materie immediatamente trasferibili attraverso eventuali intese.
  Questo non significa che non si va avanti, anzi, vi è il tentativo, coinvolgendo il Parlamento, di accelerare il processo di definizione dei LEP, perché proprio questa emergenza sanitaria ha messo in evidenza una colpa atavica: dopo vent'anni non è più tollerabile che i livelli essenziali delle prestazioni non siano stati definiti. È responsabilità di tutti noi far terminare il lavoro Pag. 5in corso in Parlamento, che fino ad oggi non è giunto a definire i LEP.
  Se è vero, come è vero, che abbiamo fatto degli sforzi comuni e congiunti – Governo, Parlamento, regioni ed enti locali – nell'emergenza sanitaria, a maggior ragione dobbiamo assumerci, tutti insieme, la responsabilità di definire una volta per tutte i LEP. Lo dobbiamo al Paese, ai territori e alla necessità di definire, una volta per tutte, con dei numeri, le diseguaglianze esistenti nel Paese, non solo tra nord e sud, ma anche tra i diversi territori, tra le aree interne, le aree più sviluppate, le aree di montagna e le aree metropolitane.
  C'è stata l'esigenza di far decorrere l'attribuzione di funzioni che implicano il trasferimento di risorse finanziarie dalla data di entrata in vigore del relativo decreto di trasferimento, nonché l'opportunità di non introdurre iter speciali per l'adozione dei LEP. Confesso che dopo l'emergenza che abbiamo vissuto ho personalmente abbandonato l'ipotesi di una nomina di un commissario straordinario, riconducendo la determinazione dei LEP al procedimento previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo del 6 maggio 2011, n. 68. Proporrei invece il trasferimento immediato delle funzioni amministrative per le quali non occorre individuare i livelli essenziali delle prestazioni che non comportano il trasferimento di risorse.
  Penso che le regioni e gli enti locali abbiano profondamente ragione quando chiedono al Governo – attraverso le amministrazioni centrali – di velocizzare l'iter di molti processi amministrativi. Su alcune materie concorrenti ci sono inutili passaggi amministrativi e in alcuni casi – come vedremo nella seconda parte della relazione, quando parlerò di leggi impugnate e di controversie tra Stato e regioni –, se su alcune materie le ragioni dello Stato sono molto chiare, in altre materie le ragioni dello Stato sono infondate. La leale collaborazione si consolida ammettendo i propri limiti, non arrogandosi la forza di decidere per gli altri. Però questo vale sia per gli uni che per gli altri, come vedremo nella seconda parte della relazione.
  Vi è, come dicevo, il trasferimento immediato delle funzioni amministrative per le quali non occorre individuare i LEP e la necessità di sottoporre lo schema di intesa preliminare – questo è un passaggio per me importante – a una valutazione collegiale del Governo attraverso il Consiglio dei Ministri.
  Per quanto concerne invece il procedimento di stipula delle intese con le regioni e al fine di assicurare il più ampio confronto e l'autodeterminazione del Parlamento, nel disegno di legge quadro che presenteremo alle Camere è stata evidenziata: la necessità di definire un percorso preliminare finalizzato ad acquisire le valutazioni delle Camere prima della stipula dell'intesa definitiva; l'opportunità di non tipizzare l'atto con cui il Parlamento si esprime sullo schema preliminare d'intesa, trattandosi di interna corporis; l'opportunità di non introdurre specifiche modalità procedimentali disciplinanti l'iter parlamentare di discussione del disegno di legge di approvazione dell'intesa.
  C'è la necessità di accompagnare il percorso dell'autonomia con quello della perequazione infrastrutturale, esattamente come avevamo sottolineato prima dell'interruzione di febbraio. L'emergenza sanitaria ha fatto emergere tutte le disparità presenti nel Paese. Penso all'esodo dei cosiddetti «rientranti», a seguito della chiusura delle università, delle fabbriche, degli uffici pubblici, di una parte del Nord che ci ha fatto prendere atto di un consistente flusso migratorio interno al Paese, e allo stesso tempo delle connessioni e interdipendenze esistenti tra le diverse parti d'Italia.
  Il nostro non è un Paese – non lo è mai stato, a maggior ragione oggi, al tempo della società digitale – a compartimenti stagni. Le infrastrutture digitali hanno ritardi intollerabili in alcune aree del Paese, al nord come al sud, nelle aree interne, nelle aree di montagna e in gran parte del Mezzogiorno. Pertanto, ritengo che il processo dell'autonomia debba essere accompagnato dalla riduzione del gap infrastrutturale, mediante l'utilizzo delle risorse del Recovery Fund, che si immette parallelamente Pag. 6 al processo di definizione dell'autonomia. Per questa ragione, insieme al Ministro Amendola che coordina le attività del CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei) e il Ministro Provenzano, abbiamo proposto tra i criteri di valutazione del Recovery Fund la definizione dei LEP. Ecco perché la richiesta al Parlamento di fare presto riguarda un lavoro comune che, se da un lato accelera il processo di responsabilizzazione dei territori, dall'altro definisce un modello di azione anche nella lotta alle diseguaglianze utilizzando il Recovery Fund. I cluster saranno definiti dal lavoro in corso e a un certo punto le modalità con cui quelle risorse finiscono nelle vene del Paese dovrà basarsi su criteri condivisi. La proposta che emerge dall'impianto generale di completamento dell'autonomia differenziata, lo ribadisco, non è solo l'attuazione dell'articolo 116 – vorrei che questo passaggio fosse chiaro, perché è così, per quanto mi riguarda, da un anno – ma di tutti gli articoli del Titolo V che vanno dal 114 al 120 compreso, ovviamente ognuno per la sua quota parte di correlazione.
  La stella polare per noi restano le parole del Presidente della Repubblica, quando ci ricorda che l'autonomia rafforza l'unità nazionale. Ma l'autonomia che rafforza l'unità nazionale è quella scolpita nella Costituzione, che fa dell'attuazione del principio di sussidiarietà un punto fermo. Noi riteniamo che il completamento di un lavoro, che non c'è mai stato dal 2001 ad oggi, parta da questo presupposto, cioè dalla necessità, una volta definiti i LEP, di far diventare il rispetto del «pagamento del conto» del ritardo di sviluppo un impegno assoluto.
  Quando tireremo la riga sotto i livelli essenziali delle prestazioni, verrà fuori un conto da pagare. Quel conto da pagare è stato il limite che in questi vent'anni ha impedito di andare fino in fondo, è inutile nascondersi. I vincoli di bilancio hanno spesso condizionato le azioni pubbliche. I vincoli di bilancio, anche determinati da una certa visione europea dei bilanci dello Stato, hanno portato a comprimere anche alcuni diritti universali. Tutto questo oggi non solo non è più possibile, ma troverà il Governo italiano assolutamente contrario. Diritti universali come la salute e l'istruzione non dovranno mai più essere compressi da vincoli di bilancio.
  Per questa ragione la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni è diventata urgente e necessaria per completare l'attuazione del processo di autonomia e per consentire al Recovery Fund di redistribuire e soprattutto di garantire che quel conto storico da pagare venga pagato in un'unica soluzione, che non significa in un giorno, ma con un metodo condiviso che poi porteranno avanti tutti coloro che verranno dopo di noi. Dovrà essere un metodo condiviso e che, ripeto, non incide solo tra nord e sud, ma anche all'interno delle stesse aree, tra aree più sviluppate e aree meno sviluppate.
  Si tratta, in definitiva, di un testo snello di due articoli che, se approvato dal Parlamento, segnerà l'avvio del processo dell'autonomia differenziata fino alla firma delle singole intese. Vengono precisati, in particolare, obiettivi e previsioni a cui lo Stato deve conformarsi nella firma dell'intesa, in modo da salvaguardare l'unità giuridica ed economica del Paese.
  Questo è un tema centrale, per quanto ci riguarda: l'unità giuridica ed economica del Paese deve sempre e comunque essere salvaguardata. Penso che questa sia la risposta più coerente all'appello del Presidente della Repubblica, quando ci ricorda che l'autonomia rafforza l'unità nazionale.
  Anzitutto, viene detto chiaramente che il processo di attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia deve avvenire, come ho sottolineato, nel rispetto rigoroso dei livelli essenziali delle prestazioni e che pertanto le materie LEP devono essere attribuite solo dopo la definizione di questi ultimi. Come ho già detto, ho personalmente abbandonato l'idea di ricorrere a un commissario straordinario per la definizione dei LEP. Spero che questo confronto avvenga in Parlamento, e nelle Commissioni parlamentari competenti con procedure che decideranno i due rami del Parlamento. Da questo punto Pag. 7di vista ci rimettiamo alle scelte che faranno i presidenti di Camera e Senato.
  Se ci fosse la necessità di velocizzare il percorso, la legge n. 400 del 1988 già in vigore consente la nomina di un commissario straordinario, quindi potremmo deciderlo insieme. Però ritengo vi siano tutte le condizioni per far sì che questo lavoro possa essere il frutto dell'impegno del Parlamento.
  È stata confermata la necessità del rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, oltre che del principio solidaristico. Vi è la necessità di coinvolgere in questo percorso gli enti locali e quella di tener conto sempre e comunque delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. L'autonomia senza comuni, province e città metropolitane non è autonomia, è un'altra cosa, è il tentativo (sbagliato) di trasferire i difetti dello Stato centrale – e quindi di centralizzazione della gestione del potere amministrativo – dai Ministeri alle regioni; e questo noi non lo consentiremo. Quindi, o ci sono comuni, città metropolitane e province in questo percorso o non c'è il percorso di autonomia. L'articolo 1 ha sostanzialmente questa impostazione: si definiscono i LEP, poi si attribuiscono le materie e il percorso di decentramento delle altre funzioni amministrative.
  Nell'articolo 2 viene procedimentalizzato il percorso per la stipula delle intese. Anche in questo caso il percorso proposto non è blindato, ci rimettiamo al meccanismo che conoscete. La dottrina si è a lungo interrogata sulla natura della legge di approvazione dell'intesa, se si tratti di una mera ratifica o se il Parlamento possa emendarla. Il disegno di legge quadro non entra sul punto, che ritengo debba essere rimesso alla libera e autonoma determinazione del Parlamento. Non ci permettiamo di dire ai Presidenti di Camera e Senato quale sia il percorso migliore. Noi proponiamo il percorso, che dal punto di vista dottrinale ci sembra il più coerente, ma ci rimettiamo alla volontà del Parlamento e siamo disposti a modificarlo se e quando gli uffici di presidenza si saranno confrontati e ci daranno un feedback, attraverso le Commissioni competenti, sui meccanismi che possano essere ritenuti dal Parlamento più garantisti rispetto alla funzione finale del Parlamento e rispetto alla necessità che sia il Parlamento a dire l'ultima parola.
  Infine, vi è l'istituzione di un fondo perequativo che porterebbe a tre articoli l'impianto; in realtà il disegno di legge quadro è di due articoli, mentre il fondo perequativo deve essere istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, così come avevamo rappresentato al Parlamento già a gennaio e a febbraio.
  Si partirebbe con un fondo perequativo infrastrutturale con una dotazione complessiva di tre miliardi e mezzo per gli anni 2021- 2030, da ripartire tra le regioni con i meccanismi che conoscete. La ricognizione finalizzata ad assicurare il recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche sul territorio nazionale, anche infra-regionali, mette in evidenza la necessità di alimentare, sempre di più, un meccanismo che sarà poi correlato all'attività del Ministro della coesione territoriale attraverso la programmazione delle risorse comunitarie. Questo fondo, ovviamente, si aggiungerà alle risorse del Recovery Fund e dovrà essere normato con la manovra di bilancio.
  È evidente che la novità e l'esistenza del Recovery Fund ha accelerato e agevolato molte delle riflessioni che stiamo facendo, cambiando completamente la prospettiva: mentre prima si sapeva che le diseguaglianze dovevano essere affrontate attraverso fondi straordinari, che in un periodo pluriennale potevano intervenire sulla riduzione delle diseguaglianze stesse e nessuno di noi aveva in mente quanti anni sarebbero serviti per colmare tali diseguaglianze, oggi sappiamo di poter contare su una dotazione complessiva di 209 miliardi, che si dividono, come sapete, in fondo perduto e loans (prestiti), con la certezza che una parte delle risorse andranno su investimenti che sono assolutamente paralleli. Penso agli investimenti infrastrutturali, come i trasporti, la digitalizzazione, salute e scuola, oltre alla parte più consistente del 40 per cento che andrà sul comparto ecologico, Pag. 8 che però in maniera trasversale interessa una serie di comparti che incidono sulle materie che saranno poi oggetto della misurazione delle diseguaglianze. Insomma, si tratta di un'occasione storica per il Paese, che ci responsabilizza maggiormente, responsabilizza il Governo e il Parlamento.
  Ovviamente tutto questo avverrà anche attraverso il confronto con le parti sociali, i cui tempi saranno scanditi dal lavoro che il Parlamento farà parallelamente sul Recovery Fund stesso. Lo sforzo che dobbiamo fare, accelerando il lavoro comune sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, è costruire questo ponte tra il disegno di legge quadro sull'autonomia e il lavoro che si fa in parallelo sul Recovery Fund. Questa è una novità che a gennaio-febbraio non potevamo prevedere, semplicemente perché la condizione che ci consente di uscire dall'emergenza sanitaria, economica e sociale è una condizione nuova, figlia del negoziato europeo chiuso brillantemente dal Presidente del Consiglio, Conte.
  Non mi soffermerei ulteriormente sul tema dell'autonomia e passerei invece alla seconda parte della relazione. Affronterò soltanto alcuni aspetti relativi all'esame di costituzionalità delle leggi, perché tutto quanto è accaduto in questi sei mesi, nel rapporto con le regioni, sulle leggi regionali e sulle ordinanze, non è un tema a parte. Si tratterebbe tuttavia di un altro capitolo e, se dovessi approfondirlo, sottrarrei tempo agli interventi dei colleghi. Ritengo invece che la fase del dibattito abbia molto più senso, almeno per quanto riguarda l'autonomia e il quadro generale con il quale dobbiamo confrontarci dopo questi mesi di emergenza sanitaria, aspetti sui quali immagino ci siano molte domande. Però vorrei dire alcune cose.
  Abbiamo svolto un esame molto approfondito sulle leggi regionali. Sono emerse due condizioni, due doveri: uno per il Governo e l'altro per le regioni. Non nascondo un aumento delle impugnative. Voi sapete – sono venuto qui a dirlo – che era necessario ridurre le impugnative e non aumentarle. Però in questi mesi è aumentata l'attività legislativa, sia quella del Governo, che ha chiesto anche al Parlamento, più volte, in modo continuativo, di lavorare su decreti d'urgenza, sia «a cascata» nelle regioni; era inevitabile. Molte attività sono state coerenti, altre no.
  Da questa attività emerge che il Governo – questa è la mia idea – deve impegnarsi ad impugnare meno, soprattutto in alcune materie, perché il lavoro molto approfondito fatto dal Dipartimento degli Affari regionali indica alcune materie sulle quali spesso nascono conflitti con le regioni che poi risultano essere puntualmente infondati. L'80 per cento delle controversie – in alcuni casi il 70 per cento – finisce in questo modo. Però ci sono alcuni temi, alcune materie – mi riferisco all'ambiente, al pubblico impiego, alla concorrenza – sui quali i conflitti con le regioni sono sistematicamente ricondotti a infondatezza e inammissibilità.
  Abbiamo messo insieme l'infondatezza e l'inammissibilità dei conflitti con le regioni su alcune materie per poi informare le amministrazioni competenti, perché vorremmo che dal 2021 in poi questi numeri condizionassero anche le richieste di impugnativa da parte delle amministrazioni stesse, perché se oltre il 30 per cento dei conflitti finisce con dichiarazioni di inammissibilità e infondatezza – ripeto, su materie quali ambiente, concorrenza e pubblico impiego –, significa che qualcosa non va, significa che si impugna «per impugnare». Ecco perché serve l'autonomia, perché se si impugnano atti relativi a materie amministrative, si ingolfa la Corte costituzionale e su quelle materie si blocca anche il Paese. Questa era una tirata di orecchie alle amministrazioni centrali.
  Alle regioni invece vorrei dire che, se si prendono degli impegni, devono essere rispettati. C'è un numero di impegni non rispettati, ed è intollerabile. Quindi voglio dirlo prima in Parlamento, poi manderò i dati puntuali, regione per regione: nel 2021 le regioni che non hanno rispettato gli impegni del 2020 non avranno la fiducia del Dipartimento degli Affari regionali sugli impegni nell'anno successivo. Se la regione davanti al Governo assume l'impegno di modificare una norma e poi non la modifica, significa che sta violando il principio Pag. 9di leale collaborazione che invece ha consentito di arrivare fin qui durante la fase di confronto nell'emergenza sanitaria.
  Anche su questo abbiamo dati inediti e importanti – che oggi non vi lascio, perché vorrei illustrarveli, poi deciderà lei, Presidente, quando e come. Però non possiamo più tollerare che ci siano impegni presi e non rispettati. Dal 2015 ci sono oltre 280 impegni non ottemperati da parte delle regioni. Ovviamente stiamo parlando di numeri alti rispetto alla mole di attività normativa.
  Vorrei concludere sottolineando alcuni aspetti che ci stanno particolarmente a cuore. Fino al 31 luglio 2020, soltanto per l'emergenza sanitaria il Dipartimento ha svolto una serie di attività aggiuntive, come ad esempio oltre 75 riunioni tra febbraio e giugno 2020 e l'esame di 847 ordinanze adottate solo per l'emergenza sanitaria. Sembrano tante ma, considerando le venti regioni, si sono rese necessarie per normare tutti i comparti, dai trasporti alla sanità, alla scuola, alle attività commerciali, alle linee guida su industria, commercio, servizi alla persona.
  L'impianto generale che ne esce fuori è quello di un nuovo regionalismo. Su questo penso che la Commissione avrà molto lavoro da fare, perché ne viene fuori un modello che prevede anche un confronto permanente – confronto che alla fine si è svolto nell'ambito della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza unificata, quando i provvedimenti toccavano direttamente comuni e province – che ha cambiato, di fatto, la fisionomia e anche il tipo di interazione tra il Governo, le regioni e gli enti locali.
  Ritengo che questo debba essere oggetto di una riflessione profonda, anche in Parlamento. Probabilmente alcuni dei temi trattati meritavano un approfondimento anche da parte di un solo ramo del Parlamento, se ve ne fosse stato uno che avesse potuto esaminare a tempo pieno i temi della legislazione concorrente.
  Voglio dire che la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza unificata – come dice l'onorevole Pella, che ne è parte integrante – sono state caricate, come mai era avvenuto nella storia recente, di responsabilità che non sono legislative, ma di attuazione delle norme. I dati che forniremo daranno un quadro complessivo di quello che è avvenuto durante l'emergenza Covid-19.
  Su questi temi – e questa sarebbe stata la seconda parte della mia relazione, che tuttavia questa mattina non ho il tempo di approfondire –, io ritengo ci sia molto lavoro da fare e penso che il Parlamento possa fornire un indirizzo molto utile per l'attività che dovremo affrontare nei prossimi mesi seguendo questa impostazione, nata sull'emergenza, ma che è diventata oggi un modello di azione quotidiana. Il modo in cui abbiamo fatto funzionare il «regionalismo all'italiana», che tiene dentro gli enti locali e gli enti territoriali, trova nel sistema delle conferenze un luogo di attività settimanale e permanente. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor Ministro. Direi di far intervenire ora un parlamentare per gruppo. Chiedo ai colleghi di essere sintetici, in modo da consentire al Ministro di rispondere e in modo che rimanga il tempo per fare un secondo giro di interventi. Prego, onorevole Emanuela Rossini.

  EMANUELA ROSSINI. Grazie, Ministro. Devo dire che in questa seconda parte lei ha illustrato una rivoluzione copernicana, nel senso che, come abbiamo visto dai territori, il modo di operare durante l'emergenza ha effettivamente messo in luce quanto sia cruciale lavorare tra Stato e regione, e anche questo concetto di sovranità condivisa, ma anche a intermittenza, con una fiducia e una responsabilità reciproche tra i territori.
  Pertanto, è vero che in questo nuovo regionalismo che emerge dal modo di operare in questi sei mesi c'è stato un grande sforzo e ascolto e flessibilità da parte del vostro Ministero nell'andare incontro, nel concertare l'azione con fermezza, ma anche – come lei ha detto – comprendendo i limiti dell'azione dello Stato rispetto alle regioni, inchiodando poi i territori alle responsabilità e agli impegni presi. Si tratta Pag. 10di un modo corretto di procedere che sta dando i suoi frutti nel rinnovare una fiducia verso questo percorso del regionalismo.
  Concludo questa prima parte dicendo che effettivamente nel nostro lavoro sulle riforme in Parlamento, anche alla luce del taglio dei parlamentari, dovremmo affrontare il tema di come la Conferenza Stato-regioni possa trasformarsi per poter essere accolta in questa dimensione, qui, nel Parlamento. È fondamentale.
  Dal 2001 abbiamo assistito a due novità: quella di un maggior lavoro a livello europeo e di impatto dell'Europa sul nostro ordinamento e quella dell'impatto delle nuove competenze regionali sul Parlamento. Quindi il Parlamento, se non vuole restare sguarnito ed eroso nella sua attività legislativa, deve capire come raccordarsi a questi cambiamenti, modificando l'assetto della propria attività. La ringrazio quindi per la chiarezza, ma anche per queste sue riflessioni.
  Vorrei porle due domande molto precise. Lei diceva – e sono pienamente d'accordo, anche in base alla mia esperienza diretta in una regione a statuto speciale – che l'autonomia non può essere solo un trasferimento di risorse senza che prima avvenga una trasformazione delle amministrazioni. Lei da un lato ha parlato di decentramento di funzioni amministrative e dall'altro ha detto che abbiamo fermato su alcune materie la definizione dei LEP. Però, con riferimento all'utilizzo del Recovery Fund, se noi prima non trasformiamo le amministrazioni, non possiamo trasferire le risorse e far partire il percorso di autonomia.
  Digitalizzazione, modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, modelli nuovi che non possono partire come sperimentazioni dai territori; penso alla sanità, all'assistenza. Anche nel nostro territorio, che è una regione a statuto speciale, abbiamo subìto l'impatto del cambio del sistema sanitario con la chiusura degli ospedali, proprio perché la tecnologia nella sanità ancora ci impedisce di avere ancora gli ospedali locali. Anche noi che abbiamo una politica a chilometro zero, ci siamo trovati sguarniti di tutti i servizi. Dunque questa mancanza – il limite che è emerso durante l'emergenza Covid – non è dovuta soltanto al fatto che alcuni hanno lavorato male, ma al fatto che è mutato il modello di azione. Dunque, se prima non cambiamo i modelli, anche della sanità e dell'assistenza, per digitalizzare e modernizzare le amministrazioni, noi non potremo trasferire le competenze, perché rischieremmo di fallire e di non avere più quelle risorse. Quindi, vi chiedo su questo un cronoprogramma, perché prima di attuare un percorso di autonomia dobbiamo modernizzare il Paese e cambiare i modelli.
  Quanto alle impugnative legislativa da parte delle regioni, lei fa riferimento ad alcune materie come ambiente, concorrenza e pubblico impiego, dove effettivamente avete colto che forse si impugnava per impugnare, cioè che su queste materie le regioni devono poter agire di più. Ecco la seconda domanda: siamo pronti quindi ad affidare di più queste materie alle regioni? Parlo dell'ambiente, che specialmente per le regioni alpine riveste, come lei sa, un particolare interesse. La ringrazio.

  ROBERTO PELLA. Grazie, Ministro, per queste sue puntuali illustrazioni che ha voluto fornire ad una importante Commissione quale è quella in cui noi oggi discutiamo. Vorrei affrontare alcune questioni, poi porle tre domande.
  Sicuramente questo percorso che oggi affrontiamo, che ovviamente è iniziato e si è interrotto con diversi Governi, con maggioranze differenti, e soprattutto è stato poi sospeso in questo 2020 per i noti motivi legati all'emergenza sanitaria, oggi lo riprendiamo in un contesto fortemente mutato e soprattutto messo anche alla prova dal punto di vista delle competenze e del concetto delle sussidiarietà. Vorrei pertanto chiederle, signor Ministro, con quali tempistiche ritiene ragionevole portare in aula questi due articoli di legge quadro che ha illustrato? Inoltre, alla luce delle ingenti risorse messe a disposizione dal Recovery Fund, il nostro Paese dovrà dimostrare di saperle spendere in maniera efficace, soprattutto grazie anche un riparto più snello e più fluido fra le competenze a carico dallo Stato e delle regioni. Pag. 11
  Su questo punto mi permetta anche una considerazione importante dal punto di vista politico. Lei è una persona estremamente ragionevole e nonostante rivesta un ruolo politico all'interno del Governo sa svolgerlo anche in maniera istituzionale, come pochi sanno fare all'interno dell'Esecutivo. Noi del centrodestra crediamo che, soprattutto in una cabina di regia come quella che lei ha istituito, dove giustamente c'è una presenza importante del contesto regionale, comunale e provinciale, attraverso le figure apicali della Presidenza, essendo il Parlamento formato non solo dalle forze di maggioranza, ma anche dalle forze di opposizione, sarebbe auspicabile – in maniera molto concreta e costruttiva, in quello spirito istituzionale che lei giustamente ha sottolineato più volte sottolineato nell'ambito della Conferenza Stato-città, nella Conferenza Stato-regioni e soprattutto nella Conferenza unificata – poter avere un coinvolgimento anche più diretto di tali rappresentanti. Pur non avendo una posizione apicale come la Presidenza, però nella Commissione che lei ha istituito – la cabina di regia sull'emergenza – c'era una rappresentanza che comprendeva tutte le parti politiche, anche tenendo conto del grande e del piccolo, del nord e del sud. Le volevo quindi chiedere se lei ritiene, proprio per quello spirito costruttivo che quelle cabine di regia devono avere, di potere ampliarla con una presenza molto più significativa di rappresentanti delle regioni, dei comuni e delle province.
  Veniamo alla seconda domanda. Vorrei chiedere un chiarimento rispetto al tema della sanità e della salute.
  Scongiurando che accada, naturalmente, ma in caso di nuovo lockdown, vorrei sapere se il Governo valuta di accentrare la delega per evitare la frammentazione cui abbiamo assistito e se si inserirà nei LEP questo concetto nel suo complesso o, come ha accennato lei oggi – cosa che peraltro condivido –, solo per la parte assistenza e prevenzione, oltre naturalmente al tema della promozione. Oppure si continuerà a considerare un'eccezione, una deroga rispetto al sistema esistente? Ecco, credo che questo sia importante, perché giustamente – come lei ha evidenziato più di una volta, anche nella fattiva collaborazione col Ministro Speranza – il tema centrale della sanità è di competenza esclusiva delle regioni e, anche sul tema della salute, soprattutto sul fronte della prevenzione, credo che in questo caso gli enti locali, in modo particolare i comuni, possano avere un ruolo centrale.
  Infine l'ultima domanda, con riferimento alla capacità di spesa delle risorse del Recovery Fund. Noi sappiamo, grazie all'esperienza dei fondi strutturali, che in molti casi le esigenze e le istanze espresse dai cittadini non incontrano i contenuti dei bandi emanati dalle regioni, i quali in alcuni casi finiscono anche deserti. Non sarebbe forse opportuno, Ministro, prevedere sin d'ora un rafforzamento della cooperazione con gli enti locali – in questo caso, ovviamente, mi riferisco ai comuni per le ovvie ragioni che tutti voi conoscete –, al fine di intercettare i bisogni e farli incontrare con l'offerta da parte delle regioni? Perché è vero che in alcune realtà questo avviene già, però – visto che è presente anche l'ex Ministro Stefani ed è lei che attualmente svolge questo importante ruolo – sapete bene che purtroppo non avviene in tutte le regioni. Io credo che anche su questo fronte, forse partendo dal basso e coinvolgendo anche direttamente i territori e i municipi, probabilmente si potrebbe anche arrivare a quella soluzione di maggiore spesa.
  Grazie per le risposte e soprattutto, come ha detto giustamente lei, credo sia importante lavorare in maniera assidua in ambito di Conferenza Stato-regioni e Conferenza unificata, perché in quelle sedi molte volte vedo che si riescono a risolvere alcune questioni in maniera molto più concreta rispetto alla sede parlamentare, dove alla fine, molte volte, non si arriva al dunque. Quindi senz'altro lavoriamo su quel fronte. Oggi il centrodestra – e questo è giusto evidenziarlo – ha una rappresentanza fortemente significativa nell'ambito del contesto delle regioni, perché ne governa 15 su 20, e io credo che un suo coinvolgimento sia doveroso. Quindi, Ministro, lei fa bene a coinvolgere il Parlamento perché credo che Pag. 12sia l'espressione massima di tutte le forze politiche, soprattutto del voto espresso dai nostri cittadini. Grazie.

  PIETRO NAVARRA. Grazie, signor Ministro per la sua relazione. Sarò brevissimo, così diamo la possibilità al Ministro di rispondere un po' più diffusamente alle nostre domande.
  Anzitutto, concordo perfettamente sul fatto che il quadro è stato radicalmente modificato dalla pandemia che ha caratterizzato la vita economica, politica e sociale di questi ultimi quattro-cinque mesi. Per questa pandemia le risorse che arriveranno dall'Europa sono importanti. Io siedo anche in Commissione Bilancio e tra, gli obiettivi che sono stati messi in evidenza dalla V Commissione per il Governo, c'è proprio la definizione e il finanziamento dei LEP. Quindi su questo ci troviamo in perfetta sintonia con quanto il Governo sta immaginando di fare.
  Non ho ben capito però in che modo la definizione dei LEP possa avvenire all'interno del Parlamento. Siccome si tratta di una questione tecnica, il Ministro ritiene di dover coinvolgere anche la Commissione tecnica per i fabbisogni standard? E in che modo? Vorrei capire se, nella misurazione dei LEP, è prevista una metodologia di analisi che coinvolga il Parlamento e con quali modalità. Sono convinto che sia questo l'aspetto che nel passato ha contribuito in maniera significativa a intralciare il percorso verso l'autonomia differenziata, nella logica di un regionalismo differenziato, ma nell'interesse dell'unità del Paese.

  TIZIANA CARMELA ROSARIA DRAGO. Ministro, in primo luogo la ringrazio per il suo intervento, nel quale ha pronunciato alcune parole chiave e alcuni concetti di fondo che ritengo interessanti.
  In genere si parla di uguaglianza, però lei ha esordito mettendo in risalto il binomio autonomia-perequazione infrastrutturale. Il termine «perequazione» secondo me dovrebbe essere il leitmotiv che conduce il lavoro anche della nostra Commissione parlamentare per le questioni regionali, che probabilmente dovrebbe essere più valorizzata, perché si occupa di temi assolutamente importanti e sostanziali per condurre alla reale unità d'Italia. L'espressione del Presidente Mattarella «l'autonomia rinforza l'unità nazionale» è assolutamente condivisibile.
  Alla luce di questo e anche alla luce di un termine che in questi giorni ricorre spesso, anche nella comunicazione, quello di «visione», ritengo sia importante collegare il disegno di legge quadro sull'autonomia al Recovery Fund.
  Alla fine della sua relazione lei ha fatto riferimento alle leggi regionali. Io non posso che richiamare il problema dell'autonomia siciliana, che come è noto è regione a statuto speciale. Noi in questo momento in Commissione Finanze al Senato abbiamo incardinato un disegno di legge, la cosiddetta «legge voto sulle zone franche montane» che sta riscontrando il plauso di molti colleghi, anche in maniera trasversale. Essendo una legge quadro, si sta valutando di ricondurla alla territorialità regionale siciliana, ma ciò non vuol dire che non possa rappresentare una best practice da estendere a tutto il territorio nazionale.
  Ho richiamato l'Atto Senato n. 1708 perché nella relazione illustrativa si fa riferimento a un'Imposta sul reddito delle persone fisiche di 30 miliardi e 538 milioni, dovuti dallo Stato alla regione Sicilia per il periodo che va dal 2003 al 2014. Tornando quindi al concetto iniziale di perequazione, vorrei richiamare la sua attenzione sul fatto che se si riuscisse a realizzare sarebbe un risultato dalla portata storica, se riuscissimo cioè a mettere ordine nel rapporto di equità fiscale tra la Sicilia e lo Stato centrale. Mi riferisco anche ai 3,64 su dieci di IVA a credito o ai sette decimi di IVA a credito.
  Come vede ci sono tante disparità e bisogna stabilire ordine ed equità su questo. Sarebbe opportuno pensare a una conferenza o ad attivare la Commissione paritetica su questo tema. Se alcuni articoli dello statuto siciliano, che richiedono ancora di essere attuati, non sono condivisibili e presentano delle criticità, bisogna lavorare su questo in maniera tale da poter mettere ordine. Pag. 13
  Vede, Ministro, il punto che sembra semplicemente di tipo tecnico ed economico in realtà diventa una risorsa anche sul piano culturale (mi riferisco al rapporto tra la Sicilia e l'Italia e tra le regioni tutte). Va bene quindi l'autonomia, magari differenziata, però sempre ispirata al principio dell'equità, che deve ricondurre all'unità. Faccio un esempio banale e concludo: è come una famiglia – scusatemi, ma io torno sempre su questi temi – dove sono presenti più figli: la gestione non deve essere uguale per ognuno di loro, ma deve essere equa, perché ogni persona, proprio per il nome con cui la definiamo, ha una sua ricchezza. Grazie.

  ERIKA STEFANI. Grazie, signor Ministro, per la relazione e per avere ripreso oggi questo tema molto appassionante e importante quale è quello del regionalismo differenziato, una riforma istituzionale di cui questo Paese ha bisogno oggi forse più che mai.
  Come correttamente ha sottolineato, nel momento dell'emergenza Covid-19 non solo si è evidenziato quale sia l'importantissimo ruolo delle regioni, ma anche come vi sia una grossa problematica relativa a chi deve fare cosa, vale a dire alla determinazione esatta delle competenze. Condivido pienamente l'attenzione riservata alla complessa problematica dell'impugnativa delle leggi regionali, perché si tratta di una situazione che ho potuto constatare anche io. Ci sono diversi aspetti, ci sono anche delle sfumature fra le varie competenze che creano non poche difficoltà.
  Determinare chi deve fare cosa è importante ed è stato molto importante vedere, nella situazione che si è creata in questa emergenza, come la regione che conosce il suo territorio sappia approntare un sistema di misure adatte a quel territorio. Questo è il regionalismo differenziato: è una risposta caratterizzata.
  In questo momento non abbiamo un testo da esaminare; non appena sarà a nostra disposizione ovviamente lo studieremo nel dettaglio. In base a quello che lei ci ha riferito, non possiamo che prendere atto che l'autonomia è un regionalismo differenziato, e non è che ci si possa inventare chissà quale soluzione. Anche ai tempi in cui l'aveva elaborato il Ministero, non è che ci fossero chissà quali strade: questa è la strada. E vedo che si sta seguendo lo stesso solco.
  I LEP è necessario farli, sono previsti in Costituzione, ma sappiamo bene che non è una cosa facile. Non ho ben compreso quale sarà il meccanismo, se sarà il Parlamento a prevedere con delle leggi la determinazione dei LEP oppure se si farà una Commissione ad hoc. Sappiamo quanto sia difficile e che ovviamente ciò avrebbe un impatto anche sulla spesa pubblica, ma d'altro canto i LEP si devono fare.
  C'è poi la questione relativa a un testo «vagante» – sappiamo bene ormai che anche nelle attività ministeriali di oggi non c'è più niente di riservato e spesso circolano diverse bozze dei provvedimenti. Ho visto una bozza dove si parla del trasferimento della competenza – questo è importantissimo – e del finanziamento dell'autonomia sulla base dei fabbisogni standard, vale a dire un superamento iniziale del costo storico.
  Forse anticipo un tema che sarà argomento di discussione nel momento in cui avremo un testo a disposizione, ma mi chiedevo: come verranno individuati i fabbisogni standard? Si utilizzerà sempre il sistema frutto delle conoscenze elaborate dalla Soluzioni per il Sistema Economico Spa (SOSE) o si prevede una Commissione ad hoc? Ci sarà un confronto con le regioni?
  Ricordiamo – lo dico anche a tutti i membri di questa Commissione – che fabbisogno standard e costo standard implicano necessariamente un efficientamento. Nel momento in cui si applica un fabbisogno standard e un costo standard, non si può fare questo solo limitatamente alla regione che chiede l'autonomia, lo devi fare su tutto il territorio nazionale. È vero che il trasferimento della competenza nelle materie non LEP potrebbe essere automatico, ma non sarà così automatico, nel senso che dipenderà dal meccanismo di finanziamento e quindi da tutto il panorama del fabbisogno standard. Pag. 14
  Mi dispiace dover trattare rapidamente queste tematiche che sono molto complesse e sulle quali è anche difficile avere un confronto. Sotto questo profilo raccolgo la suggestione dell'onorevole Pella a cui mi unisco nel chiedere la possibilità di avere un confronto in una sede opportuna, magari potrebbe essere un tavolo a cui possono partecipare anche membri dell'opposizione per confrontarci sul tema, tenendo conto anche del fatto che legge che instituirà l'intesa dovrà essere approvata in Parlamento da una maggioranza qualificata. Penso che in quel momento, signor Ministro, saranno utili eventualmente anche i voti dell'opposizione. Sarebbe un bel risultato poterla approvare con una larghissima maggioranza, visto che il tema non deve essere assolutamente divisivo, anzi, deve unire.
  C'è un altro tema sui fabbisogni e sul finanziamento che è il tema dell'extra-gettito. La misura della compartecipazione è un tema sul quale abbiamo dibattuto anche all'interno del Governo di cui ho fatto parte. Lei ha la stessa componente nel Governo che avevamo noi e che aveva evidenziato questo punto relativo al famoso extra-gettito. Il tema non è solo complicato, ma anche molto articolato. Sembra interessare più i costituzionalisti, in realtà forse riguarda più gli economisti. Occorre una forte volontà politica per raggiungere questo risultato e io spero che ci sia.
  La presidente diceva che l'autonomia rafforza l'unità nazionale: rafforza il coordinamento che deve operare lo Stato. L'autonomia non è una disgregazione, il regionalismo differenziato non è la disgregazione di un sistema, è il rafforzamento di un sistema, per certi versi, perché aumenterà la necessità del coordinamento a livello centrale, e potrà essere veramente una soluzione per il Paese, che ha bisogno di una vera riforma.
  Vedo che i due articoli della legge quadro riprendono i temi che anche noi avevamo inserito nelle bozze dell'intesa. C'erano due vie da seguire: prevedere un meccanismo nell'ambito dell'intesa oppure separare e disciplinare il meccanismo di approvazione dell'intesa e poi parlare dell'intesa all'interno delle materie. Vedo che lei, signor Ministro, ha scelto quest'ultimo sistema, e va benissimo; però a me hanno sempre suggerito di «vedere prima il cammello».
  Magari questo problema è superato – e mi auguro che sia così – ma nel momento in cui il percorso delle autonomie prevede che si faccia l'intesa, siano definiti i fabbisogni standard e i LEP, ma senza sapere quali sono le materie sulle quali si va a incidere, come si fa a prevederne l'impatto? Come sarebbe possibile farne una valutazione anche all'interno del Governo? Puoi valutare l'impatto solo nel momento in cui sei a conoscenza delle competenze.
  Quindi io non voglio sapere quali sono i rapporti all'interno del Governo, ma mi chiedo se si stia già cominciando a ragionare – magari con le amministrazioni – su quali possono essere le materie. Io ho dei testi, su cui avevamo ragionato, in cui sono anche state determinate le competenze, ovviamente all'interno di quella compagine governativa, con quelle maggioranze e con quella sensibilità. Vorrei quindi da lei qualche informazione su questo aspetto.
  La partecipazione del Parlamento è veramente fondamentale; c'è questo tema nuovo del Recovery Fund che, piaccia o no, spero possa aiutare l'autonomia.
  Riguardo alle leggi regionali, ci poniamo il problema di reintrodurre un controllo preventivo? Tutte queste impugnative costituiscono una mole enorme, che pesa in termini di tempi e anche di incertezza sull'applicazione di una norma. Quanto agli impegni non rispettati, è veramente incredibile che in uno Stato fortemente di diritto, come quello di oggi, ci troviamo a dover misurare le regioni a seconda della loro diligenza nel rispetto degli impegni. Purtroppo, chi non rispetta gli impegni rischia di ritrovarsi impugnata la successiva legge regionale; sembra quasi una minaccia ed è un meccanismo che in sé non sta in piedi. So che anche lei, signor Ministro, si era posto la questione dell'impugnativa delle leggi regionali; sono contenta che la stia ancora approfondendo perché è un tema che va risolto. Pag. 15
  Sul tema delle autonomie vorrei sottolineare un altro aspetto. Sempre nelle bozze «vaganti» ho notato la questione della compatibilità della coesistenza di quella che sarà una legge nazionale e una legge regionale che applicherà l'autonomia differenziata. Nel regionalismo differenziato si sta parlando di regioni ordinarie, non di regioni a statuto speciale; non c'è lo statuto speciale di rango costituzionale. C'è un problema costituzionale anche sulla compresenza della legge nazionale, che si disapplica, limitatamente a un territorio regionale dove ci sarà una legge regionale che per tabulas è di rango inferiore, e anche questo è un tema non certo da sottovalutare.
  Signor Ministro, mi auguro che lei non incontri la forte opposizione che ho incontrato io su questo tema. Spero che magari le diverse circostanze e le diverse forze all'interno del Governo permettano di varare questa importantissima riforma che sento anche mia, la sentiamo nostra. Ne parlo con grande affetto perché quando qualcosa ti ha impegnato per così tanto tempo – un anno – la senti veramente come fosse un figlio. Grazie, signor Ministro.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Adesso darei la parola al Ministro per le risposte e poi, se rimarrà del tempo, darò brevemente la parola agli altri colleghi che hanno chiesto di poter intervenire.
  Prego, Ministro.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente. Le sollecitazioni sono davvero tante e molto stimolanti. Cercherò di seguire la traccia che i colleghi hanno delineato e di essere breve, così da avere ancora tempo.
  Nuova dimensione della Conferenza Stato-regioni. Sì, lo dicono i numeri (stavo proprio riguardando una parte dei dati che poi lascerò agli atti). La Conferenza Stato-regioni ha emanato in questi mesi di emergenza sanitaria 182 provvedimenti e la Conferenza Unificata 132, ed è un po' quello che diceva l'onorevole Pella prima. Tutti i provvedimenti hanno riguardato l'attuazione di norme che il Parlamento aveva varato in emergenza e che però avevano bisogno di essere «portate a terra». Non sto parlando solo dell'adozione delle linee guida che abbiamo fatto attraverso la cabina di regia a cui faceva riferimento l'onorevole Pella prima, ma parlo di provvedimenti che hanno consentito poi l'attuazione delle norme. Il Parlamento non può non tenere conto di questa superproduzione di attività e io penso che sia uno stimolo giusto per valutare in futuro eventuali riflessioni su modifiche che inevitabilmente dovremmo fare, dopo l'esito del referendum che abbiamo alle spalle.
  Noi riteniamo il referendum un primo passo, non un punto d'arrivo. Se questo è vero, io penso che le riflessioni che questa Commissione più di altre può fare sull'attività della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza unificata possono portarci a ipotizzare meccanismi di rafforzamento dell'intervento del Parlamento sul regionalismo italiano. Le modalità dovranno essere decise dal Parlamento, ma penso che ci sia davvero una forte necessità.
  È vero che le amministrazioni devono essere trasformate – è cambiato il modello e io mi sforzo di sottolinearlo – però è necessario prenderne atto. Voglio tornare su alcune cifre che avevo dato prima sull'inammissibilità e infondatezza dei ricorsi presentati nelle tre grandi materie della concorrenza, pubblico impiego e ambiente (subito dopo c'è il coordinamento di finanza pubblica): abbiamo il 57 per cento nella concorrenza, tra inammissibilità e infondatezza; il 34 per cento nel pubblico impiego; il 34 per cento nell'ambiente; il 30 per cento nel coordinamento di finanza pubblica. È evidente che, quando tra inammissibilità e infondatezza ci sono numeri così alti, bisogna darsi un timeout – questo dal punto di vista del Governo centrale.
  La reazione – voglio dirlo alla collega Stefani – non può essere quella di dire alle regioni: «Se non rispettate gli impegni, dopo impugno», perché si impugna se ci sono le condizioni di non costituzionalità. Il nodo vero è che spesso, di fronte al rischio di incostituzionalità, se c'è un impegno a modificare e non si modifica, significa Pag. 16 che poi lo Stato centrale non si assume più il rischio di non impugnare. Ci sono materie per le quali lo Stato vince sempre e se c'è una assunzione di responsabilità da parte della regione che poi non viene mantenuta, si viola il principio di leale collaborazione. Ci sono responsabilità da una parte e dall'altra e io penso che da questo punto di vista il Parlamento possa aiutare sia il Governo che le regioni, con una riflessione puntuale, ad essere più rigorosi sui rispettivi doveri. È vero che è reciproco, ma questo avviene su materie diverse. Probabilmente mettendo in evidenza le materie si capiscono anche quali sono i punti di debolezza, i punti nevralgici.
  La cabina di regia a cui faceva riferimento il collega Pella ora c'è ed è quella creata dal Ministro Amendola attraverso il Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE). Però quando arriveremo alla definizione del rapporto diretto sulle proposte dirette di regioni, comuni e province, io penso che abbia molto senso – ne parlerò con il presidente Bonaccini, con il presidente Decaro e con il presidente De Pascale – tornare a quella formula che come avete detto è stata vincente, perché aveva la caratteristica di rappresentare non solo tutti gli enti territoriali attraverso una delegazione ristretta, ma anche tutte le sensibilità politiche.
  Tengo a ribadire una cosa che non ho detto all'inizio perché l'ho data per scontata, e cioè che l'Italia è diventata un'eccellenza nel mondo dal punto di vista della gestione sanitaria, perché il regionalismo italiano, tanto bistrattato da noi, all'estero è apparso un modello eccellente. Ed è apparso un modello eccellente per quel lavoro che è stato fatto non solo quotidianamente, ma anche attraverso un confronto permanente tra tutte le sensibilità politiche all'interno degli enti territoriali.
  Il Governo da questo punto di vista, al netto delle divisioni anche aspre che ci sono state in alcuni momenti, nelle conferenze ha sempre ascoltato tutti, e non quindici su venti. Permettetemi una battuta, sono tredici su venti. Io capisco che ormai sia passato il numero quindici, ma sono tredici. Il Trentino-Alto Adige, com'è noto, ha due forti sensibilità autonomiste che sono le due province; non trasciniamo dentro la regione perché non penso che Arno Kompatscher voglia essere annoverato né da una parte né dall'altra. Allo stesso modo sulla Val d'Aosta consiglierei un'attesa; questa è una parentesi politica che chiudiamo. Ho sentito riecheggiare il numero quindici, consiglio di restare a tredici: sono sempre tante ed è assoluto dovere di chi ha la responsabilità di Governo ascoltare tutte e venti le regioni. Devo dire che le regioni di centrodestra hanno dato un contributo molto importante.
  Riguardo alla Commissione per i fabbisogni standard, la risposta è sì, onorevole Navarra, è fondamentale ripartire da lì. Io penso una cosa – ma questa è la proposta che vi faccio oggi e che poi riprenderemo quando il disegno di legge sarà trasmesso al Parlamento –: io sono pronto (e aspetto il via libera da parte del Governo per trasmetterlo perché penso che si debba lavorare in questa sede, poi saranno i Presidenti di Camera e Senato a decidere il modello) e ritengo che questa Commissione, così come quella sul federalismo fiscale, debba esprimersi e debba dire l'ultima parola.
  La norma – per rispondere alla collega Stefani – ci consente di arrivare attraverso la Commissione per i fabbisogni standard ad una definizione e ovviamente i Ministeri faranno le loro proposte, ma io vorrei che su quelle proposte si esprimesse il Parlamento. Prima di tirare una riga vorrei che l'ultima parola fosse del Parlamento e a quel punto il ruolo del Governo sarebbe di accompagnare la discussione, non di costruire proposte predefinite.
  Per questa ragione io penso che, una volta arrivato il disegno di legge quadro in Parlamento e iniziata una fase approfondita e rigorosa di audizioni delle parti, poi dovremmo definire insieme un modello che dovrà essere il modello finale. Mi auguro che il Parlamento voglia dire l'ultima parola sulla base del lavoro fatto dalla Commissione sui fabbisogni standard e delle proposte che i singoli Ministeri faranno.
  Sull'autonomia siciliana sono assolutamente d'accordo e questo mi permette anche Pag. 17 di dare una risposta indiretta a una sollecitazione della senatrice Stefani. L'autonomia incide sulle regioni a statuto ordinario, ma c'è una valutazione empirica che abbiamo fatto in questi anni.
  Ci sono studi molto interessanti condotti dalla provincia autonoma di Bolzano (ma non solo), che dimostrano come gli effetti indiretti della legislazione concorrente in questi anni, ma anche delle modifiche normative che sono intervenute, abbiano inciso indirettamente anche sulle regioni a statuto speciale. La regione autonoma siciliana ha poi la caratteristica di avere uno statuto che è nato prima nella Repubblica stessa e ci sono articoli che sono oggettivamente incostituzionali. Raccolgo quindi la sua sollecitazione e la trasmetto alla Commissione paritetica.
  Penso anche che abbia molto senso istituire un tavolo tra le regioni a statuto speciale che hanno esigenze diverse, e ritengo che la Sicilia abbia una forte necessità di modificare lo statuto, cosa su cui va aperto un dibattito serio. Il famoso articolo 31 dello statuto, che assegna al Presidente della regione competenze dirette sulla Polizia, è una cosa che non sta né in cielo né in terra, e lo dico senza giri di parole, così evitiamo di trascinarci su ipocrisie che non hanno senso. Ho chiesto formalmente alla Commissione paritetica di esprimersi e si è espressa; trasmetterò alla Commissione Affari regionali gli atti, perché la Commissione paritetica finalmente dopo tanti anni si è espressa attraverso un voto. Io ho trasmesso gli atti per conoscenza anche al Presidente del Consiglio perché penso che quell'articolo sia assolutamente infondato e incostituzionale.
  Serve un passaggio per questa straordinaria regione, che è un pezzo di storia del nostro Paese, anche per le caratteristiche del proprio statuto. Bisogna avviare una fase di discussione seria sulla modifica dello statuto siciliano, perché ci sono cose che non hanno alcuna attinenza con la storia di oggi e penso che lo statuto al tempo della società digitale possa e debba essere adattato e adeguato.
  Ovviamente sull'equità fiscale sono d'accordo con lei: se si fa questa discussione, si finisce anche su tanti altri temi, compresi quelli dell'IVA e dei sette decimi.
  Alcuni impegni, presidente. Scriverò a ogni regione sugli impegni non ottemperati dopo questa audizione e poi vi trasmetterò i dossier regione per regione, così la Commissione Affari regionali sarà informata sullo stato del confronto con ogni regione. La stessa cosa farò con ogni Ministero sullo stato dell'infondatezza dei ricorsi.
  Faccio mia l'idea della cabina di regia proposta dall'onorevole Pella e vedremo con il Ministro Amendola quale sarà lo stato di approfondimento delle dinamiche con regioni ed enti territoriali. Ora siamo nella prima fase, siamo ancora nella fase di costruzione del programma più generale che poi dovrà essere sottoposto alla prima valutazione a Bruxelles.
  Sulla Commissione paritetica ho già detto e confermo che sarà mia cura informarla e poi valuterete quando ci saranno le condizioni per fare valutazioni sulle regioni a statuto speciale. Io penso che abbia molto senso raccogliere le attività di tutte le paritetiche e di tutte le regioni a statuto speciale, lo dico anche per gli altri colleghi presenti di altre regioni a statuto speciale, perché da quell'attività si capisce anche lo stato dei lavori in corso nel rapporto tra Stato e regioni per le regioni a statuto speciale.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Ministro. Adesso ci sarebbero tre colleghi che hanno chiesto di intervenire. Io li pregherei di fare un intervento brevissimo, per consentire al Ministro di rispondere. Prego, onorevole Antonio Federico.

  ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie, presidente. Io approfitto della presenza del Ministro per rivolgere anche un invito alla Commissione. Abbiamo portato avanti questo percorso di indagine conoscitiva sul regionalismo differenziato e su tutto quello che necessita questo Parlamento per poterlo realizzare nei termini previsti dalla Costituzione. Io volevo approfittare di questo dibattito e anche della sua presenza per introdurre un dibattito che secondo me questa Commissione deve affrontare, probabilmente Pag. 18 anche parallelamente, che è quello della ridefinizione dei confini territoriali delle regioni.
  Si tratta del tema delle macroregioni, delle aree vaste che possono superare anche definitivamente le province. Lo dico da cittadino ex amministratore della più piccola regione a statuto ordinario, il Molise, che non potrà mai avere la massa critica per tante cose che ho anche più volte detto in questa Commissione rispetto a quelle che sono anche le previsioni del regionalismo differenziato. Per questo, oltre che alla perequazione necessaria per recuperare un gap istituzionale, c'è anche la necessità di capire come mettere in condizione tutti i territori di avere quei numeri per poter garantire adeguatezza, sicurezza e sostenibilità di tutti i servizi che devono essere erogati, i LEA nella sanità, ma anche i LEP di cui parliamo per il regionalismo differenziato.

  BIANCA LAURA GRANATO (M5S). Per quanto riguarda la gestione dell'emergenza noi abbiamo registrato anche delle grosse differenze tra territori, perché ci sono stati enti locali che hanno risposto bene ed enti locali che hanno risposto male. Questa è stata una delle situazioni più sgradevoli di questa emergenza e dell'autonomia differenziata che è stata sancita con il Titolo V.
  Purtroppo, sul mio territorio, in Calabria, ci sono stati molti enti locali che hanno fatto partire i lavori di edilizia leggera nelle scuole soltanto a fine agosto o ai primi di settembre, determinando dei ritardi e dei rallentamenti anche nell'avvio delle lezioni. Quindi come vede ci sono territori che purtroppo non rispondono bene alle forme di autonomia; già rispondono male a quella che hanno, figuriamoci a ulteriori forme di autonomia. Per questo io ritengo assolutamente necessario e imprescindibile che la legge quadro che si andrà a varare contenga delle modalità di feedback chiare per eventualmente rientrare dalle concessioni di autonomia che non danno delle risposte ai territori. Anzi, si dovrebbe cogliere l'occasione per rivedere qualche forma di autonomia.
  Occorre trovare un sistema che non sia quello del commissariamento, che purtroppo in molti casi non ha alcuna efficacia o ha un'efficacia soltanto a livello economico, non a livello amministrativo. Infatti tutti i comuni commissariati e con la sanità commissariata non hanno prodotto alcun risultato. Il vero problema dell'autonomia è che non c'è alcuna norma attualmente vigente che permetta di revocarla o che garantisca a tutti i territori di essere gestiti con pari qualità. Ritengo quindi assolutamente importante e imprescindibile inserire dei meccanismi di feedback.
  Inoltre, volevo chiederle come poter conciliare le tempistiche veloci del Recovery Fund con i tempi lunghi che ci saranno sicuramente per la definizione dei LEP. Se noi non abbiamo i LEP, non possiamo nemmeno pianificare l'utilizzo dei fondi per colmare il gap tra nord e sud. Questa sarà un'ulteriore occasione sprecata per il sud per poter rientrare da questo gap che in molti casi dipende dalla mala gestio degli enti locali, che purtroppo è un fatto endemico.
  Gli amministratori degli enti locali vanno responsabilizzati in maniera diretta e personale rispetto ai danni che provocano quando non amministrano bene, altrimenti a pagare sarà l'intera comunità, come sta avvenendo in molti territori del sud. Questa cosa è diventata ormai inaccettabile. Si deve cogliere l'occasione di questa legge quadro per ridefinire le modalità di responsabilizzazione degli amministratori e anche per attuare la sussidiarietà verticale, e quindi l'intervento statale laddove purtroppo non ci sono delle risposte da parte dei territori adeguate alle istanze di perequazione amministrativa e anche a livello dei diritti dei singoli territori interessati.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Prego, Ministro, per una replica.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie.
  Sulle macroregioni non posso aggiungere molto se non che è un tema da riforma costituzionale. È evidente che dovrà essere il Parlamento a valutare, sulla base del quadro che emerge da tutto quello che è accaduto e anche dalla condizione generale Pag. 19del Paese, se ci sono le condizioni per avviare un confronto di modifica ulteriore della Costituzione. Io ritengo di sì su molti temi, a partire anche dalla necessità di accompagnare questa trasformazione in corso, di cui oggi abbiamo parlato, solo per i temi connessi all'emergenza sanitaria, sul ruolo per esempio delle Conferenze Stato-regioni e della Conferenza unificata. Probabilmente, se ci fosse stato un ramo del Parlamento dedicato ai temi della legislazione concorrente, avremmo affrontato anche con una maggior forza legislativa i passaggi che abbiamo vissuto.
  Questo è un tema antico, quello della consistenza delle regioni più piccole e della loro forza, c'è una discussione aperta. Questa Commissione può davvero fornire un contributo, ma io non mi esprimo sulla necessità o meno di crearle, perché è un tema che può affrontare solo il Parlamento. Dico semplicemente che quel tema può essere affrontato solo in quel contesto e toccherà al Parlamento e alle forze politiche valutare se in questa legislatura ci sono le condizioni.
  Io penso che, dopo tutto quello che è accaduto, sia dovere di ognuno di noi costruire le condizioni per lavorare ancora insieme. Se è vero, come è vero, che le forze politiche nella stragrande maggioranza hanno non solo partecipato al dibattito sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma hanno anche auspicato un confronto successivo, questa è l'occasione per dimostrarlo. Dentro ci sono molte cose, dal bicameralismo differenziato all'ipotesi di rafforzare le regioni più piccole attraverso proposte diverse, così come quella, secondo me, di consentire una più chiara evidenza tra la differenziazione, che è un principio costituzionale che tocca le regioni a statuto ordinario, e la specialità, che è un principio che garantisce l'autonomia delle regioni a statuto speciale. E spesso questi due princìpi costituzionali si sono sovrapposti nel dibattito politico. Solo il legislatore costituente può intervenire e può fare chiarezza. Per diventare tali, lo dico a noi stessi, dobbiamo decidere di tenerci per mano e di non lasciare quelle mani all'improvviso perché altrimenti il processo finisce.
  Come conciliare le tempistiche veloci del Recovery Fund rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni? Questo è il tema, perciò c'è bisogno di un Parlamento che prenda per mano questa riforma, la faccia propria e la conduca velocemente fuori dalle secche in cui è da oltre venti anni. I livelli essenziali di prestazioni servono al Paese e il Recovery Fund è l'unica occasione vera che abbiamo da vent'anni a questa parte per ridurre le diseguaglianze: non dobbiamo perderla.
  Come molti colleghi sanno, a partire dal collega Navarra, la Commissione sui fabbisogni standard è in grado di accelerare i tempi; ora tocca a noi decidere se quei tempi sono compatibili o meno. La disponibilità del Governo c'è tutta, vedremo.
  La collega Stefani, che saluto, giustamente con una bella battuta ha detto: «A me chiedevano di vedere il cammello». La verità, senatrice Stefani, è che il cammello è cambiato ed è meglio lavorare su come è cambiato il deserto, nella fattispecie quello del Gobi dove i cammelli vivono. Noi stiamo lavorando lì, perché improvvisamente c'è molta più acqua di prima e quindi ci si concentra meno sul cammello, ma più sul contesto. Il Recovery Fund ci ha consentito di intervenire sul contesto come mai era successo prima, per questo c'è anche meno pressione delle regioni sulle quattro materie LEP. Ed io penso che anche questa occasione di maggior coesione tra le regioni del nord e le regioni del sud debba essere considerata un'opportunità.
  Infine, una questione a cui tengo: la responsabilizzazione degli amministratori. Va bene, però non costringiamo gli amministratori buoni a essere «zavorrati» a causa di quelli cattivi. Puniamo i cattivi, ma consentiamo ai buoni di andare avanti. Anzi, se mi permettete, paghiamoli anche un po' di più, perché è indecoroso il trattamento che hanno gli amministratori locali che fanno un lavoro eccezionale da volontari civici ed è una cosa che oggettivamente il Parlamento deve sanare. Ditemi dove bisogna venire per sanare questa cosa una volta per tutte perché è una cosa Pag. 20intollerabile. Io vado in giro per il Paese da nord a sud e soprattutto i nostri piccoli borghi sono sulle spalle di «volontari». Francamente per alcuni – pochi per fortuna – pessimi amministratori non possono pagare tutti gli altri.
  Anche rispetto a questo tema la responsabilizzazione già c'è: distinguiamo le vicende e le storie e soprattutto acceleriamo i meccanismi che consentono a chi fa questo «servizio civile» di avere se non dei vantaggi economici, almeno di non avere dei danni personali. La condizione in cui sono molti amministratori è quella non solo di rimetterci di persona, ma di ritrovarsi anche coinvolti in vicende per le quali devono anche dar conto delle cose che gli abbiamo chiesto di fare.
  Io sono stato con tutti loro in prima linea durante l'emergenza tra marzo, aprile e maggio e vi garantisco che molti sindaci hanno dovuto mettere firme su cose per le quali bisognava chiudere gli occhi e sperare che le cose andassero bene. Gli abbiamo chiesto dalla mattina alla sera di distribuire 400 milioni di euro di beni alimentari, e lo abbiamo fatto nell'unico modo possibile; così come chiedevamo all'Esercito di trasportare beni, e purtroppo anche bare; così come abbiamo chiesto al Corpo della guardia di finanza e all'Aeronautica militare di trasportare medici e infermieri volontari.
  Ovviamente ringrazio ogni pezzo dello Stato: ringrazio la scuola, le Forze armate, le forze dell'ordine. Ringrazio soprattutto gli operatori sanitari e tutto il personale e le aziende di pulizia di cui spesso non si parla, ma che ci hanno consentito di sopravvivere perché molte strutture sono state sanificate quando noi tutti eravamo a casa. Tutto quel lavoro è stato fatto perché alcuni amministratori locali hanno fatto delle cose che non era scritto da nessuna parte che potessero e dovessero fare. Stiamo perseguendo quelli che hanno sbagliato, con le forme che la legge ci indica. Quando ci sono arrivate note dai territori, nel nostro piccolo le abbiamo fatte diventare anche azioni attraverso le conferenze.
  Presidente, grazie. Quando vuole, sui temi connessi alla legislazione regionale e al rapporto tra Stato e regioni, torno volentieri.

  PRESIDENTE. Bene, magari faremo un'altra audizione per affrontare questi temi. Chiedo al Ministro Boccia se cortesemente può trasmetterci copia della relazione, così da inviarla poi a tutti i colleghi.
  Grazie, l'audizione è conclusa.

  La seduta termina alle 10.15.