XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Giovedì 30 gennaio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del presidente della regione Veneto, Luca Zaia.
Corda Emanuela , Presidente ... 3 
Zaia Luca , presidente della regione Veneto ... 3 
Corda Emanuela , Presidente ... 8 
Bond Dario (FI)  ... 8 
Mollame Francesco  ... 9 
Zardini Diego (PD)  ... 9 
Corda Emanuela , Presidente ... 10 
Zardini Diego (PD)  ... 10 
Corda Emanuela , Presidente ... 10 
Stefani Erika  ... 10 
Corda Emanuela , Presidente ... 11 
Zaia Luca , presidente della regione Veneto ... 11 
Corda Emanuela , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della regione Veneto, Luca Zaia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del regionalismo differenziato ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'audizione del presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che ringrazio per la presenza e a cui cedo la parola per la relazione.

  LUCA ZAIA, presidente della regione Veneto. Ringrazio la presidente Corda e la Commissione parlamentare per le questioni regionali per questa nuova opportunità, dal momento che noi veneti la consideriamo tale, vale a dire una grande opportunità di incontrare la Commissione parlamentare per le questioni regionali e parlare del nostro progetto.
  Immagino che sia necessario, oltre che fare il riassunto delle puntate precedenti, parlare anche delle novità rispetto all'ultimo incontro che abbiamo avuto. C'è da dire che nel frattempo è cambiato il Governo e che il 23 settembre scorso il sottoscritto ha incontrato il nuovo Ministro per gli affari regionali e le autonomie, onorevole Francesco Boccia, succeduto alla Ministra Stefani, al quale abbiamo consegnato la nostra bozza d'intesa composta di 68 articoli e corredata da taluni allegati, che lascio anche a lei, presidente Corda, e che riprende in maniera assolutamente fedele i passaggi della Costituzione e conferma la richiesta delle ventitré materie.
  La richiesta delle ventitré materie – come ho avuto modo di dire anche la volta scorsa – non è una provocazione né rappresenta la volontà di mostrare i muscoli o di cercare la rissa, bensì manifesta la volontà di interpretare, fino in fondo, la Costituzione, che in maniera assolutamente didascalica e precisa cita le ventitré materie. Siamo convinti che quello che molti definiscono il processo dell'autonomia differenziata, di cui al famoso terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, non sia altro che un abito sartoriale, posto che il legislatore del 2001 ha interpretato fino in fondo questa necessità e ha voluto riprendere questo passaggio facendo in modo che «ogni regione» chieda la sua autonomia. Qualcuno dice: «più Stato dove ci vuole più Stato, meno Stato dove ci vuole meno Stato». Richiamandomi alla lezione dei padri del federalismo, rammento che tra essi Luigi Einaudi, che è stato uno dei padri costituenti, nel presentare la Costituzione affermava che «ad ognuno dovremmo dare l'autonomia che gli spetta», il che equivale sostanzialmente al riconoscimento dell'autonomia differenziata. Quindi le ventitré materie vanno nella direzione non della provocazione, ma del dire che la nostra regione ritiene – per storia, per parametri, per virtuosità – di potersi candidare a gestire ancora, in maniera attiva e solida, queste ventitré materie.
  Lo abbiamo detto al Ministro Boccia, che ha voluto dare corso ai tavoli in precedenza già attivati dalla Ministra Stefani e Pag. 4ai tavoli di confronto, creati con le macrostrutture, per parlare e confrontarci con i diversi Ministeri sulle singole materie; i tavoli hanno seguito quella coda finale di discussione e quindi io ritengo ormai definitivamente concluso il confronto sulle materie, che del resto si era pressoché già esaurito. La grande novità è rappresentata piuttosto dal fatto che il Ministro Boccia, e quindi il Governo, propone un'ulteriore nuova via di approccio al progetto dell'autonomia differenziata. Questa nuova via è stata vagliata con serietà, serenità e – lasciatemelo dire – anche con severità dai nostri esperti di diritto costituzionale, i quali hanno sempre sostenuto che su tale punto la Costituzione sia chiara, laddove prevede che il progetto debba essere affrontato partendo dall'intesa tra il Governo «e la regione» – questo prescrive infatti la Costituzione, che non contiene l'espressione: «e le regioni», da cui l'abito sartoriale cui accennavo dianzi –, e sono convinti del fatto che al Parlamento debba essere assolutamente riservato il ruolo della approvazione finale. Tutto ciò premesso, dal confronto svolto anche con gli altri colleghi presidenti di regione, è stato conferito mandato al Ministro Boccia di predisporre il testo, ovviamente concertato, di una specifica legge-quadro, che dovrebbe costituire il recinto all'interno del quale dovrebbero poi articolarsi le intese.
  Noi abbiamo avuto confronti sul testo della legge-quadro, dopo di che ci sono state le vicende elettorali, la conclusione dello scorso anno e via elencando, quindi speriamo che adesso questa partita possa riprendere. Abbiamo la necessità di confrontarci su questa partita. Vi ricordo che in Veneto 2.328.494 elettori il 22 ottobre 2017 – sono già trascorsi circa quasi due anni e mezzo – sono andati a votare per l'autonomia; ciò è accaduto anche in Lombardia, mentre l'Emilia-Romagna per sua scelta non ha svolto il referendum ma ha comunque presentato una proposta nel merito.
  Quello che noi definiamo il percorso iniziale è stato oggettivamente attivato dalla regione Veneto, che nel giugno 2014 presentò il progetto per svolgere il referendum sull'autonomia, giacché la regione Veneto – voglio ricordarlo – è andata al referendum con una legge referendaria che è stata poi impugnata dal governo Renzi, sempre nel giugno del 2014, ma che ha poi avuto il benestare della Corte costituzionale nel luglio 2015. Quindi noi siamo andati al referendum con una sentenza della Corte costituzionale, che ha sancito che la regione Veneto aveva titolo e diritto di consultare i propri cittadini.
  Io immagino che il tema del referendum sia stato dirimente per l'approccio successivo. Voi ricorderete che il nostro primo Governo, come interlocutore post referendum, è stato il Governo Gentiloni, in particolare nella figura dell'allora sottosegretario Bressa, con il quale abbiamo iniziato a dialogare arrivando, peraltro per mia volontà, alla firma di una pre-intesa. Posso accreditarmi il merito di aver avuto l'idea di questo nuovo istituto paragiuridico della pre-intesa. Si tratta di una pre-intesa chiara su cinque materie che nel testo lascia tuttavia aperto uno spazio anche in relazione a tutte le altre materie, nelle quali ogni regione porterà le sue ragioni. Ciò non basta, ma aiuta. Non siamo riusciti a chiudere la partita con il Governo Gentiloni né siamo riusciti a chiudere la partita con il primo Governo Conte. Abbiamo sicuramente lavorato con la Ministra Stefani, a cui devo riconoscere l'efficienza, e lo dico non per piaggeria, essendo lei oggi qui presente, né tantomeno in quanto mia collega di avventura politica, ma semplicemente perché è un dato di fatto e il grande lavoro svolto allora è consistito soprattutto nell'aver riunito intorno a un tavolo i due interlocutori: le regioni e i diversi Ministeri. Siamo ora giunti al secondo Governo Conte. Ricordo che da parte del Premier Conte fu assunto un impegno nel dicembre 2018, sulla base del quale annunciò formalmente in una conferenza stampa che la partita dell'autonomia, se non altro dal punto di vista politico, sarebbe stata chiusa entro il mese di febbraio 2019. Così non fu. Il resto è storia, come ben sappiamo tutti. Non vengo qui a polemizzare, a me interessa portare a casa l'autonomia. Se non altro per un motivo, che vorrei ricordare a tutte Pag. 5le forze politiche: in Veneto 2.328.494 leghisti non ci sono, nel senso che tutti hanno votato per l'autonomia. È stato un voto trasversale, a prescindere dalle indicazioni di partito. Ci sono stati dei partiti che hanno invitato all'astensione, altri che hanno chiesto di non andare a votare ed altri ancora che hanno chiesto di andare a votare per il «no». Il risultato è che i veneti si sono del tutto disinteressati di tali indicazioni e sono andati a votare per il «sì». Si è trattato di una votazione epocale, tenutasi in una giornata di pioggia e di brutto tempo – nei libri di storia sarà scritto: «era una giornata di pioggia» –, e i nostri cittadini sono stati in coda tutto il giorno sotto la pioggia per votare. Questo deve sapere la politica, questo deve sapere il Parlamento.
  Noi abbiamo il massimo rispetto del Parlamento, ma è ovvio che la partita dell'intesa un po'ci imbarazza. Voi capite che l'intesa è un contratto che due controparti firmano. Se noi concordiamo un testo, è pur vero che qualcuno non è che poi può cambiarmi il testo, altrimenti diventa difficile far combaciare i due testi.
  Prendiamo atto che c'è questa legge-quadro, che io spero aiuti a coinvolgere il Parlamento. Io sono per il coinvolgimento del Parlamento, sia ben chiaro. Questa è una partita epocale, questo è un Paese che sta cambiando pelle. Forse qualcuno ancora non se ne è accorto qui a Roma, ma questo è un Paese che sta cambiando pelle. Lo dice, se non altro, la Conferenza delle regioni, lungo una linea partita con il Veneto che ha iniziato il percorso, la Lombardia che poi si aggrega con il referendum e l'Emilia-Romagna che adotta la delibera, per avere oggi un bilancio che è assolutamente cambiato: abbiamo cinque regioni che hanno già l'autonomia per Costituzione – come sapete – alle quali se ne sono aggiunte almeno dodici, per un totale quindi di diciassette, che chiedono di attivare il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione stessa. Ciò vuol dire che noi, su venti regioni, ne abbiamo diciassette che chiedono un processo di autonomia.
  I padri e gli esperti del federalismo dicono che il federalismo è centripeto e il centralismo è centrifugo, il che vuol dire che, se continuiamo con il centralismo, questo Paese si disgrega, perché non dà risposte alle comunità, e penso alla sua Sardegna, presidente Corda: se andassimo a togliere l'autonomia alla sua Sardegna, infatti, e importassimo una visione centralista, immagino che in Sardegna non sarebbero tanto contenti e si farebbero sentire. Immagini lei dunque cosa potrebbe accadere in contesti quali il mio Veneto, che ha avuto 1.100 anni di Repubblica veneta e ha una bandiera con 1.100 anni di storia, l'unica bandiera peraltro che riporta quel leone con la scritta: «Pace a te, Marco, mio evangelista», l'unica bandiera al mondo che porta la parola «pace», visto che si parla tanto di pace e di valori affini. I veneti hanno tentato tre volte di fare il referendum negli ultimi venticinque anni: due volte è stato bocciato dalla Corte costituzionale, ma la terza volta la Corte ha detto «sì». Quindi si tratta di un processo che comunque ha già preso la sua via; è un processo inesorabile, endemico. Se questo Governo decide di non dare corso all'autonomia, arriverà qualcun altro che la farà l'autonomia. A me i veneti chiedono: «ma quando arriva l'autonomia?» Ed io rispondo sempre: «io ho la certezza che arriverà, ma non so dire quando». Noi faremo una battaglia in maniera civile, gandhiana, perché non posso neanche più dire parole come «rivoluzione» o «battaglia», poiché c'è tutta una serie di termini rispetto ai quali sono stato interdetto. Faremo la nostra battaglia gandhiana, rispettosa delle regole, come abbiamo fatto fino ad oggi, e delle persone, però dobbiamo portare a casa l'autonomia.
  C'è ora un tema che affronterò solo vagamente, per poi tacermi, che è quello relativo ai titoli, del seguente tenore: «che titolo hai per chiedere l'autonomia?». Rammento che la modifica del Titolo V della Costituzione risale al 2001, sono passati quindi esattamente diciannove anni, e dopo diciannove anni, grazie al progetto del Veneto, in questo Paese siamo qui a parlare di autonomia. Ricordo che i nostri ragazzi – l'ho detto anche l'altra volta, se non sbaglio –, quando parliamo di fuga di cervelli, non Pag. 6vanno in Paesi sfortunati e centralisti, ma scelgono Paesi federalisti: vanno in Gran Bretagna, in Svizzera, in Germania, negli Stati Uniti e, più in generale, in Paesi nei quali le cose funzionano. Forse magari varrebbe la pena di pensare meno alle grandi strategie e soffermarsi piuttosto a riflettere che magari le comunità locali, se avessero il federalismo, se avessero l'autonomia, riuscirebbero già a dare risposte più efficienti. Faccio un esempio: noi abbiamo una peculiarità, in quanto siamo l'unica regione in Italia che ha 90.000 bambini nella scuola dell'infanzia da zero a sei anni che non hanno una scuola pubblica. Questi 90.000 bambini, e le loro famiglie, se oggi chiedessero di avere una scuola dell'infanzia pubblica, come le hanno le altre regioni, fisicamente non le avrebbero comunque. Lo Stato risparmia da noi circa 270 milioni di euro all'anno in virtù del fatto che questi bambini si arrangiano, al pari delle loro famiglie ovviamente. La regione stanzia circa 33 milioni di euro all'anno, le famiglie ci mettono i loro soldi e un piccolo aiuto arriva dal Governo, ormai pressoché stabilizzato, ma comunque infinitesimale rispetto ai 270 milioni di euro di risparmio. Per questo noi diciamo che, se avessimo l'autonomia, riusciremmo a dare delle risposte a queste famiglie, perché oggi questi bambini sono tutti nelle scuole religiose, considerato che il Veneto ha questa tradizione che si trascina dal 1800, che non costituisce una colpa bensì un punto di forza. Non posso non ricordare che il Presidente Mattarella sarà in Veneto il 7 febbraio per parlare di volontariato. Una persona ogni cinque in Veneto fa volontariato. Occorre promuovere questo grande valore anche attraverso l'autonomia. Ho fatto prima l'esempio delle scuole dell'infanzia, ma potrei dire che noi pensiamo di avere titolo anche perché, se poi andiamo a considerare gli indicatori, allora constatiamo che gestiamo bene pure la sanità. Siamo i primi a livello nazionale, con 222 punti su 225 di top score massimo, in riferimento ai livelli essenziali di assistenza (LEA). Da questo punto di vista, siamo la prima regione in Italia, la regione benchmark. Considerate inoltre che, quando ci sono iniziative innovative a livello nazionale, chi le propone? Spesso proprio la regione Veneto. La partita dei medici chi l'ha proposta a livello nazionale? E l'assunzione dei medici laureati, abilitati ma non specializzati? Sembrava un'eresia, ma oggi è un dato di fatto. Chi ha posto la questione, ad esempio, del fatto che i nostri medici a sessantacinque anni abbiano il diritto di dire: «voglio restare ancora cinque anni in ospedale a lavorare»? Queste sono tutte partite che noi abbiamo posto. Chi ha posto la questione a livello nazionale, visto e considerato che mancano 56.000 medici in Italia e 1.300 in Veneto, sulla partita delle borse di studio per le scuole di specialità? Ma sarà pur vero – a me spiace che il Governo abbia impugnato questa partita e confido nel Governo affinché si giunga a una soluzione – che, se la regione Veneto finanzia con 14 milioni di euro novanta borse di studio, possa almeno pretendere di avere che i nuovi medici appena formati lavorino in Veneto? Qualcuno dice che questa è un'eresia. In primo luogo, con i soldi dei veneti io penso di dover investire per i veneti; in secondo luogo, se non investissi 14 milioni di euro per le novanta borse di studio, potrei comprare cinque macchinari per la TAC, sei per le risonanze magnetiche, una cinquantina di mammografi ed ecografi. Qualcuno potrebbe forse dirmi che devo regalarle a qualcun altro? No, perché sono miei, in quanto appartengono al Veneto.
  Io penso che l'autonomia sia allo stesso tempo un fatto di rispetto e di responsabilità. Il concetto del quale non si parla è proprio quello della responsabilità. Ringrazio il Presidente Mattarella perché ha chiarito un aspetto che, se notate bene, è poi sparito dal dibattito, ormai da alcuni mesi: il Presidente Mattarella ha chiarito, fino in fondo, che l'autonomia non mette in discussione l'unità nazionale, la solidarietà e la sussidiarietà. Come se noi andassimo a comprare un'automobile e chiedessimo in continuazione al venditore – ed è esattamente quello che è accaduto nel dibattito fino a prima della dichiarazione del Presidente Mattarella – se l'auto ha quattro ruote. Lui ci continuerebbe a dire: «sì, se Pag. 7no non sarebbe un'automobile!». L'autonomia, se non include l'unità, la solidarietà e la sussidiarietà, non è autonomia. Questo è scritto nella prima legge degli italiani, la Costituzione.
  Vengo infine ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP). Noi non siamo contro i LEP, ma chiamano in causa aspetti per noi importanti, rappresentati dalla legge n. 42 del 2009 e dal decreto legislativo n. 68 del 2011 entrambi in materia di federalismo fiscale, rinviano ad un'applicazione che doveva essere attuata già dal 2009 e costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni per i diritti civili e sociali. Non riguardano tutte le materie. Qualcuno che si distrae e studia poco dice che i LEP riguardano tutte le materie, ma ciò non è vero. I LEP, peraltro, in una materia li abbiamo già: la sanità, in cui vigono i livelli essenziali di assistenza. Io sono assolutamente per garantire a tutti il livello essenziale delle prestazioni, figuratevi se non è così! È nostro interesse che tutte le comunità possano affrancarsi, però dobbiamo stabilire che, per quanto concerne i LEP, il percorso dobbiamo farlo insieme alle regioni, concordando gli obiettivi con le stesse e comprendendo che i LEP non sono la panacea di tutti i mali, tenuto conto che in alcuni casi il problema non è costituito dai LEP, ma dalla non virtuosità, dagli sprechi. La sanità ci insegna che tutte le regioni hanno avuto le loro opportunità. Dei 110 miliardi di euro all'anno di «torta» di riparto nazionale, ogni regione, in base a determinati parametri, riceve le proprie risorse, però è pur vero – lo dicevo l'altra volta – che alcune regioni hanno gestito male le risorse loro attribuite. Non sto parlando dei colleghi oggi in carica, perché le colpe si perdono nella notte dei tempi, però dobbiamo prendere atto che il percorso di virtuosità che passa attraverso la responsabilità del progetto dell'autonomia differenziata, di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, deve essere assolutamente da sposare.
  In conclusione, dico che oggi dobbiamo scegliere se questo Paese debba puntare a un nuovo Rinascimento o debba continuare a sonnecchiare nel Medio Evo. L'autonomia e il federalismo sono il Rinascimento di questo Paese. Guardate che, alla fin fine, è l'uovo di Colombo, è il nostro muro di Berlino: dobbiamo abbattere il muro di Berlino, che è il centralismo. Esso deresponsabilizza, non punta alla virtuosità e concorre agli sprechi. Come si legge dappertutto – lo dicono gli studiosi, la CGIA di Mestre ma anche studi svolti dagli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze –, si calcola che nella pubblica amministrazione ci sono almeno 200 miliardi di euro di sprechi all'anno: ma vogliamo capire chi spreca questi soldi? Non è possibile capire e accettare che ci siano cittadini che, per colpa delle amministrazioni e degli sprechi, nel resto dell'Italia hanno un'aspettativa di vita inferiore a quella del mio Veneto. Non è accettabile pensare che le donne malate di cancro al seno da me in Veneto hanno un'aspettativa di vita con una soluzione del loro problema nel 95 per cento dei casi, considerato che i dati sul cancro al seno dimostrano che bisogna ritenersi fortunate ad essere nate in Veneto, piuttosto che in Lombardia o in Emilia-Romagna, perché, se hai la sfortuna di essere nata in qualche altra regione, la possibilità della tua aspettativa di vita e di guarigione dalla patologia è molto più bassa. Io non trovo civile questo stato di cose. Quindi quelli che vengono a parlarmi di autonomia come di un fatto di inciviltà, quantomeno dovrebbero preoccuparsi del fatto che i cittadini debbono usufruire tutti degli stessi servizi. E non è colpa dei cittadini, se questi servizi non sono disponibili.
  I cittadini non ci guadagnano nulla dagli sprechi e dalla mala gestio. E non è neanche colpa della mia regione o di qualche altra regione, se da noi le cose vanno meglio. Molto probabilmente qualcuno ha tenuto un comportamento più virtuoso. Non è possibile che la mia regione, su 570 comuni, non ne abbia uno che si trovi in stato di dissesto mentre ci altre sono regioni italiane – ne cito una, la Calabria – che presentano un comune su due in dissesto finanziario. Non ce l'ho con la Calabria, ma con chi ha portato in queste condizioni quei comuni. Penso che il nostro Pag. 8dovere sia quello di risolvere il problema. L'unica soluzione è l'autonomia.
  Spero che la risposta arrivi, presidente Corda, perché i veneti ci dicono che la misura ormai è colma.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  DARIO BOND. Ringrazio anzitutto la presidente Corda, il presidente Zaia e i funzionari che lo assistono nelle questioni che oggi dibattiamo. Noi ci siamo trovati qui qualche mese fa ed io ero particolarmente felice, perché allora c'era la Ministra Stefani e si respirava un'aria che, a parte qualche Ministero, tutto sommato, lasciava intravedere che saremmo arrivati a definire questa bella statua di marmo dell'autonomia. Si sapeva naturalmente che occorreva affrontare qualche difficoltà e alcune problematiche, ma si scorgeva la luce in fondo al tunnel. Io oggi – glielo dico con molta franchezza – non vedo più la luce in fondo al tunnel.
  Ho letto alcuni documenti, però poi avverto dietro le quinte una sorta di melina, una sorta di difficoltà anche a portare avanti determinate questioni. Quando nel mio piccolo vado a chiedere se ci sono novità sui LEP, presidente Zaia, mi si risponde che da un anno non ci sono novità, non si sta producendo nulla. Se ne ripercorriamo, in estrema sintesi, la storia, ricordo che quando inizia questa nuova costruzione dell'autonomia sui giornali si parla appunto dei LEP, che sembravano il farmaco in grado di risolvere tutto. La presidente Corda giustamente, in maniera anche furba, convocherà la SOSE Spa per sentire come stanno procedendo la ricerca, lo studio e la definizione dei LEP stessi, che tuttavia sono ancora lì fermi.
  Se l'autonomia era un'alchimia fatta di buone idee ma anche di matematica nel definire i livelli essenziali delle prestazioni, le buone idee probabilmente ci sono, però la matematica – giustamente lei dice che i LEP non sono essenziali, però ai fini di questa alchimia si dice che sono essenziali – manca del tutto. Quindi, facendo questa considerazione, mi viene da pensare che i tempi per la definizione dell'intesa e della legge-quadro sull'autonomia e per il successivo esame da parte del Parlamento saranno ancora lunghi, e di questo mi dispiaccio.
  D'altra parte, poiché nell'ambiente romano, pur senza dirlo, si stanno venendo a creare anticorpi contro l'autonomia, mi limito a osservare che l'articolo 30 del decreto-legge n. 162 del 2019, il cosiddetto «Milleproroghe», attualmente all'esame della Camera dei deputati, conferma il rispetto della famosa clausola del 34 per cento delle risorse in conto capitale da destinare alle regioni meridionali. Una simile previsione ci può anche stare ma, in tal caso, per bilanciamento occorre che vi sia una sorta di riconoscimento della forza delle prestazioni e delle capacità delle regioni del Nord e, quindi, dell'autonomia. Invece l'autonomia è lì ferma e deve essere ancora tirata fuori dal cassetto.
  Fatta questa premessa, le pongo due domande. In primo luogo, rispetto al lavoro che i suoi tecnici e gli esperti costituzionalisti cui dianzi accennava hanno svolto con il nuovo Governo e rispetto al lavoro che avevate ed avevamo già fatto prima con la Ministra Stefani e con il primo Governo Conte, cosa è cambiato in quel libricino che lei ha donato per conoscenza alla presidente Corda?
  In secondo luogo, la cessione di una parte delle strade di competenza della Veneto Strade Spa ad ANAS deriva dal fatto che, siccome non arrivano i soldi, siamo alla canna del gas e allora tanto vale cederle all'ANAS perché si arrangi oppure è una scelta di tipo tecnico assunta a livello politico dalla regione Veneto? Sempre relativamente a questo argomento delle strade, come valuta tutta la partita delle autostrade, delle concessioni e della cosiddetta liberalizzazione dei pedaggi e delle concessioni autostradali in relazione alla questione dell'autostrada A22 del Brennero, posto che anche su questo argomento c'è stata una sorta di storia dell'autonomia?
  Le pongo questo ragionamento, senza entrare nel settore della sanità per non sottrarre tempo agli altri colleghi, perché Pag. 9questa è la linea del Piave rispetto ad altri ragionamenti che verranno fatti in un secondo momento.

  FRANCESCO MOLLAME. Ringrazio il presidente Zaia. Lei nella sua relazione è stato estremamente chiaro e ha fatto cenno, tra l'altro, al fatto che questo Paese sta cambiando pelle ma, visto che poi ha chiuso criticando, anche sulla scorta di qualche dato obiettivo, alcune situazioni che riguardano le pubbliche amministrazioni meridionali, la mia prima domanda è se questo Paese, a suo giudizio, stia cambiando pelle solo in una parte o nel suo complesso.
  Per quanto riguarda, invece, la questione dei LEP, osservo che è proprio lì che si gioca la partita, riassumibile anche nella metafora del treno in cui alcuni vagoni possono correre più velocemente di altri, che avanzano invece più lentamente. I LEP sono, infatti, anch'essi ricondotti al terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, ma quando lei cita i LEP aggiunge che è un problema di pubblica amministrazione, di realtà locali che funzionano in taluni casi meglio, altrove peggio. Riguardo a questo aspetto – ripeto – il dato è obiettivo. Come possiamo allora risolvere noi la funzione dei LEP, che a mio avviso è propedeutica rispetto a tutte le altre operazioni, visto che non si può incidere – sebbene a mio parere proprio questo occorrerebbe fare – sulle amministrazioni che funzionano peggio e su quelle che funzionano meglio? Io non ho alcun pregiudizio nei confronti dell'autonomia, anzi penso che essa possa essere interpretata come una forma di concorrenza tra le regioni nell'ottica di un migliore funzionamento delle stesse.

  DIEGO ZARDINI. Nel rivolgere un saluto al presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che è anche la mia regione, apprezzo in particolare il suo atteggiamento nei confronti del nuovo Ministro Boccia, rispetto a quello di qualche altro suo collega, da un punto di vista dello spirito costruttivo e collaborativo. Penso che lo stato dell'arte trasmesso al nuovo Ministro Boccia, quando si è presentato in audizione presso questa Commissione, era quello di un'autonomia che, a mio avviso – a differenza di qualche altro collega che mi ha preceduto – non è che vedesse la luce in fondo al tunnel così vicina. Erano obiettivamente stati fatti passi in avanti rispetto alla pre-intesa del Governo Gentiloni ed apportate delle modifiche anche sostanziali – poi dirò qualcosa anche sul numero delle materie – , però l'equilibrio esistente nel vecchio Governo a composizione gialloverde e l'approccio che talvolta proveniva anche dalla regione Veneto avevano determinato un clima non buono in Parlamento. E non era buono perché in effetti una delle modifiche che mi sento di aver intuito dall'ultima versione della bozza, che è stata oggi depositata presso questa Commissione dal presidente Zaia, consiste in quella precisazione molto importante e positiva volta a chiarire che l'autonomia che la nostra regione chiede non deve, non vuole e non può spaccare il Paese, né può aumentarne le differenze. Credo che questa precisazione, collocata quale premessa alla bozza d'intesa, sia molto importante ed è importante che oggi il presidente Zaia l'abbia ribadita con chiarezza nella presente sede.
  Questo lo dico ovviamente a tutti i colleghi, perché anche in questo caso – passatemi il tecnicismo – è evidente che il governo Gentiloni ha seguito la via delle intese, che rappresentava una via nuova, mai praticata prima, ed è altrettanto ovvio che il Parlamento, soprattutto davanti al fatto che molte altre regioni avevano iniziato a intraprendere quel percorso, si fosse trovato davanti a un cambiamento di pelle dell'architettura istituzionale di tutto il Paese, con la conseguenza che il Parlamento non poteva naturalmente accettare un'alternativa secca del tipo «prendere o lasciare». Noi avevamo bisogno di un percorso, che il Ministro Boccia secondo me ha fatto bene ad intraprendere, che prevedesse l'adozione di una cosiddetta legge-quadro, anche se formalmente non lo è, in modo tale da indicare espressamente quali siano il percorso, i requisiti e i passaggi che devono essere fatti.
  Il fatto che, ad esempio, in Conferenza Stato-Regioni sia stata approvata, mi pare all'unanimità, quella bozza di proposta di Pag. 10legge lo trovo un passaggio molto importante per tutti i parlamentari che provengono dalle diverse regioni, i quali dovranno procedere all'approvazione dell'intesa con una legge adottata a maggioranza qualificata. Quindi è importante che quei passaggi siano fatti. Mi fa piacere aver sentito molto meno in questo periodo il discorso relativo al residuo fiscale, ai nove decimi o all'autonomia speciale, che spesso risuonavano durante la campagna referendaria del 2017, come se il Veneto dovesse diventare in tutto e per tutto uguale alle province autonome di Trento e di Bolzano, cosa che dal punto di vista costituzionale non è peraltro possibile. Quindi il nuovo atteggiamento che si sta avendo da parte della regione, del Governo e del Parlamento mi pare possa essere considerato in maniera ottimistica.
  Dico infine che ha ragione il presidente Zaia quando sostiene che i LEP non rappresentano un problema, essendo anzi previsti dalla Costituzione, perché in effetti nella sanità già ci sono e in molte altre materie non sono necessarie. Quindi tutta questa preoccupazione, che ho sentito anche in passato, nei confronti dei LEP, a mio avviso risulta eccessiva.
  Per quanto riguarda il discorso delle materie, è scritto in Costituzione che possono essere ventitré, quindi è legittimo che si chiedano tutte quante; personalmente, anche per cercare un atteggiamento più costruttivo e collaborativo di tutto il Parlamento, pensavo – e penso ancora – che un numero inferiore di materie, almeno inizialmente, così come era previsto nella pre-intesa del Governo Gentiloni, alla fine possa risultare più efficace nel convincere il Parlamento. Devo dire anche che, per quanto la regione Veneto sia sicuramente una regione che rispetto a tanti indicatori è prima in Italia, insieme alla Lombardia e all'Emilia-Romagna, alla fine ci sono anche dei problemi, come ce ne sono stati e ce ne sono ancora in Emilia-Romagna o in Lombardia, quindi è evidente che cercare di ritagliarsi ancora più su misura il taglio dell'autonomia differenziata per la nostra regione potrebbe anche comportare qualche materia in meno, cosa che potrebbe aiutare anche nel rapporto con il Parlamento in questo momento di cambio di pelle.
  Io non ho domande, presidente, ma solo auspici: io sono convinto che siamo più vicini oggi all'autonomia del Veneto di quanto non lo fossimo alla fine del precedente Governo. Penso che l'atteggiamento giusto sia quello che stiamo provando a raccontare oggi in questa Commissione. Io sono sicuro che il mio partito, il Partito Democratico, anche grazie all'impegno dei deputati delle regioni interessate, in particolare della regione Veneto che mi riguarda più da vicino, è pronto a lavorare fino in fondo per portare a casa un'autonomia che, se è vero che è arrivata o arriverà con molto ritardo, però bisogna anche essere sinceri nel riconoscere che nei primi diciassette anni anche la forza politica che lei rappresenta, presidente Zaia, ha provato altre vie e il referendum è arrivato solo nel 2017, sulla scorta del fatto che altri quesiti chiedevano cose differenti rispetto all'articolo 116, comma 3, della Costituzione. Quindi oggi dobbiamo solo correre, dobbiamo far sì che i LEP vadano avanti.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega, se la interrompo, però al Senato devono votare.

  DIEGO ZARDINI. Chiedo scusa. Credo di essere stato chiaro. Dobbiamo andare avanti nella maniera in cui stiamo provando a lavorare oggi.

  PRESIDENTE. È stato chiarissimo. Cedo ora la parola alla senatrice Stefani.

  ERIKA STEFANI. Ringrazio il presidente per la disponibilità a venire in questa sede e ad insistere su un grandissimo progetto, un progetto epocale.
  Sento che le questioni che vengono poste davanti alla presente Commissione più propriamente dovrebbero essere forse rivolte al Ministro Boccia, perché penso che i compiti a casa la regione Veneto li abbia fatti compiutamente e che, se fosse per la regione Veneto e per l'impianto che è stato dato alla proposta che avevo anch'io allora concorso ad elaborare in qualità di Ministra Pag. 11 per gli affari regionali e le autonomie, si potrebbe benissimo fare, purché vi sia la volontà politica. Quando si parla di temi come i LEP o le ventitré materie, ritengo che questi rappresentino tutti dei falsi problemi. Sui LEP mai nessuno ha dubitato che si dovessero fare, anche perché lo prevede la Costituzione, quindi non è che ci possiamo inventare qualcosa di diverso e dire: «non lo facciamo», visto che la Costituzione lo impone.
  Vi dico qual è il problema, e su questo le rivolgo, presidente Zaia, una domanda. Il grosso tema non è costituito dal numero delle materie o dalla questione concernente i LEP, che comunque si devono assicurare: esso è piuttosto rappresentato dal metodo di finanziamento dell'autonomia. Noi stiamo qui a parlare di falsi problemi: la sussidiarietà, la solidarietà, l'unità nazionale, come è ovvio, costituiscono la premessa di ogni ragionamento. Ma andiamo ad osservare con attenzione qual è il punto dolente, ovvero il metodo di finanziamento dell'autonomia. Quindi io chiedo se negli incontri avuti con il Ministro Boccia abbia mai detto – perché so bene in cosa consiste il problema, essendomi al tempo occupata personalmente di tali questioni – se intende proseguire su un percorso che noi, come primo Governo Conte, ed io, come Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, avevamo intrapreso continuando la stessa linea avviata dal sottosegretario Bressa, vale a dire quella delle pre-intese, ovvero del superamento del costo storico nella direzione del costo standard e dei fabbisogni standard, attraverso un meccanismo di finanziamento congegnato in quella determinata maniera, ossia nella misura delle compartecipazioni, in modo tale da garantire che questo meccanismo non viene adottato solo per una regione ma per tutte le regioni. Non è accettabile applicare i costi standard e i fabbisogni standard soltanto per una singola regione.
  Mi piacerebbe quindi che tale aspetto fondamentale fosse risolto. La legge-quadro non dice nulla in proposito, parla di altro, ma il problema principale è quello ed occorre chiarire se si ha la forza politica e la volontà di arrivare a quel traguardo oppure se si scelgono meccanismi diversi, come quello degli accordi di finanza pubblica o il ritorno ai trasferimenti, che sono però incostituzionali. Non lo so. È necessario pervenire ad una definizione del metodo di finanziamento o, comunque, di gestione delle competenze.
  Per quanto riguarda le materie io ho documenti scritti, intestati ai vari Ministeri, sulla disponibilità in ordine alle singole materie. Questo è un punto fermo oppure il Ministro Boccia ha comunicato che su quelle materie si deve riaprire di nuovo l'ennesima discussione? È ovvio che oggi al Governo c'è una parte politica che al tempo non c'era, però una ancora vi è e molti dei Ministeri che avevano dato le risposte appartenevano a quella forza politica. Io penso che anche il Partito Democratico, se credeva in quelle pre-intese, se le ha firmate con la consapevolezza di quello che stava facendo, dovrebbe proseguire nello stesso percorso, che è quello che avevo fatto io stessa insieme alla regione Veneto ed alle altre regioni con le quali si era giunti ad uno stadio avanzato nelle trattative. Penso che sia una questione anche di coerenza, per quanto ritengo che questo sia più che altro un tema al quale deve rispondere il Governo in carica, più che il presidente Zaia, che ancora ringrazio.

  PRESIDENTE. Purtroppo l'orario non ci consente di proseguire oltre con altri interventi, pertanto do la parola al presidente Zaia per la replica.

  LUCA ZAIA, presidente della regione Veneto. Rispondo in maniera molto sintetica e didascalica, affinché tutti possano avere una risposta da me.
  Onorevole Bond, condivido le sue osservazioni: la luce in fondo al tunnel – mi si perdoni la battuta – potrebbe essere anche un treno, nel senso che tutti i vostri interventi sono stati oggettivamente positivi e tutti voi siete intervenuti con assoluto senso della misura e con obiettività sostenendo di fatto il processo, ma è pur vero che il Governo non si decide a varare il provvedimento. Pag. 12 Io potrei dire che, alla fin fine, i compiti a casa li abbiamo fatti, come ricordava anche l'ex Ministra Stefani: noi dunque ci siamo e ci sono tutti i presupposti per concludere, ma rimane il rischio che questo dossier resti intonso, pronto per chi arriva dopo. Non lo dico come minaccia, ma lo dico perché sarà un processo inevitabile. Se qualcuno coccola l'idea che si possa fare retromarcia su questo progetto, vuol dire che non ha capito cosa sta accadendo in questo Paese. È un processo endemico che coinvolge tutti i Paesi e, anche a livello internazionale, questa visione sempre più federalista e autonomista c'è. Se leggete la stampa estera, vedete che molte comunità, anche quelle che noi riteniamo punti di riferimento, il dibattito continuano a portarlo avanti. Non è un caso che addirittura il democraticissimo Regno Unito qualche anno fa abbia addirittura concesso alla Scozia di poter tentare la secessione dalla Gran Bretagna. Significa che comunque questo germe c'è. È un germe positivo, quello dell'autonomia, delle leggi e del rispetto.
  Della partita dei LEP hanno parlato l'onorevole Bond ed altri colleghi che sono intervenuti. È essenziale? Sì. Noi ci siamo, non abbiamo alcun problema, però lo si faccia velocemente. Non è che dobbiamo firmare qualcosa, avendo già i numeri dei LEP: possiamo giusto firmare qualcosa dicendo entro quando si faranno i LEP. Non vorrei che questa diventasse la scusa per non firmare. Se il problema è garantire che i LEP siano applicati, lo mettiamo come articolo 1 dell'intesa, prevedendo, ad esempio, che l'autonomia prenda corpo non prima dell'applicazione dei LEP ovvero che i LEP si applicheranno entro quattordici mesi, venti mesi o trenta mesi. Così si scrive un'intesa.
  Venendo alla differenza tra il primo ed il secondo Governo Conte, al momento essa mi sembra nulla. Io mi aspetto di vedere in Gazzetta Ufficiale il provvedimento. Mi aspetto di essere chiamato a firmare, dopo di che di mezzo c'è la legge-quadro che prima non c'era, ma prima c'era un altro percorso che era assolutamente sostenibile dal punto di vista giuridico. Magari, se arriva qualcun altro, si inventa qualcos'altro, però il tema è che noi dobbiamo arrivare alla firma dell'intesa. La Costituzione dice che l'autonomia prende corpo quando si firma l'intesa tra «la regione» – sottolineo sempre il singolare – e il Governo. Sottolineo il singolare, perché c'è anche qualche anima bella che sostiene di fare una roba tipo gli esami di gruppo che si facevano qualche anno fa in qualche università. Non funziona così, ognuno firma la sua intesa.
  Per quanto riguarda l'ANAS, noi non siamo degli sprovveduti ma effettivamente, vedendo la questione in maniera molto semplice, uno potrebbe dire: «questi chiedono l'autonomia e poi cedono 750 chilometri di strade all'ANAS». Premesso che queste sono strade dell'ANAS che ci hanno dato da gestire come demanio ma non ci hanno messo sopra i soldi, non mi risulta comunque che nell'intesa ci sia scritto che io non vado a trattare sulle strade. Ma nel frattempo è accaduta una cosa straordinaria, a questo punto la dico io, se nessuno se n'è accorto: l'ANAS aveva una montagna di soldi da investire velocemente e non sapeva come investirli, soldi che altrimenti sarebbero andati in economia e quindi sostanzialmente perduti. Se permettete, abbiamo utilizzato qualche centinaio di milioni di euro per mettere a norma strade, che del resto sono pur sempre ubicate in Veneto. Non è che hanno le ruote e se le portano via. Intanto ce le mettono a posto. È una sorta di esproprio proletario, lo possiamo definire così. Intanto ce le mettono a posto, dopo discuteremo. Ovvio che, se tu indichi la luna e qualcuno continua a guardarti la punta del dito, finisce che, ad esempio, è convinto che magari poi consegneremo anche gli ospedali a Roma. Noi restiamo sempre degli incalliti autonomisti. Fidatevi che anche sulle strade vi dimostreremo come.
  Per quanto riguarda le concessioni delle autostrade, io ve lo dico con il cuore in mano: ho tentato anche con questo Governo di far passare un emendamento che è la prova provata che si può realizzare ciò che il Governo chiede. Il Governo mi sembra di capire che voglia riportare in pancia Pag. 13all'ANAS, quindi allo Stato, le concessioni autostradali. Io ho un'altra idea, ma comunque è libero di farlo. Se hanno i voti, lo fanno. Lo fate. Io osservo solo che la regione Veneto dice che ci sono due emendamenti e dice: «guarda che in Veneto ho una società che si chiama Concessioni autostradali Venete (CAV) che gestisce già il passante di Mestre, sono trentaquattro o trentacinque chilometri, che guadagna bene, che reinveste gli utili – la società è tra Governo e Veneto, tra ANAS e Veneto, al cinquanta per cento ciascuno – sulla viabilità locale. Facci modificare l'oggetto sociale di CAV in maniera tale che, se si libera qualche pezzo di strada in giro per il Veneto, non ci saranno più le famose concessioni date a qualcuno, ma torneranno al pubblico, avete già il primo soggetto pubblico in grado di gestirle, i cui utili verranno reinvestiti nella viabilità». No. Mi chiedo allora: cosa volete fare con queste liberalizzazioni? Le volete o non le volete? Le concessioni sono pubbliche o private?
  Noi ci siamo, siamo l'unico soggetto pubblico – Governo e regione – che è in grado di fare queste cose, e le fa bene. L'amministratore delegato è l'ingegner Dibennardo, che è uno degli uomini di punta di ANAS, la società produce, ha un piano finanziario di 600 milioni di utili in tot anni, non lo so! Abbiamo un buon rating, le banche addirittura hanno accettato i bond.
  In relazione a quanto osservava il senatore Mollame, io penso che abbia ragione, nel senso che il Paese sta cambiando pelle. Giustamente lei dice: «ma la sta cambiando in peggio o in meglio?». E tutto il Paese veramente sta cambiando pelle, aggiungeva. Io penso di sì e penso che, se questo processo non verrà agevolato dalle istituzioni, mi permetto di dire anche quelle locali, lo faranno i cittadini. Rousseau ne Il Contratto sociale diceva che il popolo ti delega a rappresentarlo, ma quando non lo rappresenti più ti toglie la delega. Io penso che anche per i cittadini la misura sia colma.
  È vero che culturalmente si è tentato di far passare l'idea che l'autonomia è l'egoismo del Nord, la secessione dei ricchi: fortunatamente – come ho detto prima – il Presidente Mattarella ha spiegato che non c'entra niente l'egoismo. Questo è un fatto di responsabilità. Io spero che questo sia un processo endemico, lo sia fino in fondo, ovviamente in tutte le sue declinazioni, perché poi ogni territorio autonomamente deciderà quanto essere autonomo.
  Lei chiedeva anche dei LEP. I LEP sono propedeutici all'autonomia, non si può fare l'autonomia senza i LEP, però è vero che si può firmare l'intesa senza avere già i numeri dei LEP, in maniera tale che poi arrivano i LEP. A parte il fatto che io ho parlato con gli ex amministratori della SOSE Spa – non so se dico una cosa che non dovrei dire – e mi hanno detto che c'è già tutto, è tutto a posto, basta che qualcuno vada a tirare fuori le carte. O, perlomeno, quasi pronto. È come quando la mamma ti dice: «guarda che è quasi pronto»; tu sei già seduto a tavola. In questo caso, il problema è che la tavola non è apparecchiata, mancano le posate, mancano i piatti, il cibo però c'è. O forse non c'è. Dico che per noi non è un problema, ma si arrivi subito alla firma.
  L'onorevole Zardini ha fatto tutta una serie di riflessioni, dicendo che il clima adesso è migliore di prima: questa è una questione di meteorologia, sulla quale potremmo discutere tanto. Dico solo che il clima di collaborazione istituzionale noi lo abbiamo garantito alla Ministra Stefani così come al Ministro Boccia e al sottosegretario Bressa, con risultati che tutti conosciamo: alla fine a me serve il pezzo di carta.
  Penso che il Ministro Boccia oggi abbia tutti i presupposti per portarsi il pezzo di carta, perché è un percorso lungo, un percorso di due anni e mezzo, un percorso nel quale noi ci siamo presentati – questo è bene che lo ricordi – dal sottosegretario Bressa il primo giorno dopo il referendum, e ricordo che sia il sottosegretario sia il Governo di allora hanno fatto di tutto perché non celebrassimo il referendum, così come ricordo la «porcheria» di vietare ai veneti di utilizzare la tessera elettorale, che è una cosa che non dimenticherò mai; però noi siamo arrivati con i dossier, con tutti gli Pag. 14studi, non è che siamo arrivati come degli sprovveduti, perché abbiamo lavorato anni su questa partita. L'autonomia non può spaccare il Paese, siamo d'accordo, però giriamo pagina e parliamo davvero di autonomia. È fondamentale che si parli di autonomia. Lei è veneto e sa benissimo che sul tema dell'autonomia in Veneto c'è una sensibilità unica.
  Sul Governo Gentiloni e sulle intese, io non voglio far polemica, ma ricordo che il Governo Gentiloni è arrivato a una pre-intesa. Non è vero che il Governo Gentiloni ha stabilito che sono cinque le materie; il Governo Gentiloni ha detto: «io arrivo fin qua, si va a votare, sottoscrivo che poi tutte le altre ve le vedete voi». C'è anche da dire che Gentiloni non ha mai firmato quella pre-intesa, è venuto il sottosegretario Bressa. Una roba del genere a casa mia la firma il Presidente del Consiglio. Ricordo che c'ero io, c'era Stefano Bonaccini e c'era Roberto Maroni quel giorno per la firma a Palazzo Chigi, ma il Presidente del Consiglio non si è visto.
  In merito alle ventitré materie, approfitto del suo intervento, che in gran parte condivido. Anche qui, se io vado al ristorante e mi siedo al tavolo, arriva il cameriere e mi porta il menu, giusto? Mi dà in mano il menu, io lo guardo e il cameriere mi dice: «a cosa rinuncia?». Io ho il menu – non voglio essere irriverente – ma il cameriere non mi chiede a cosa rinuncio: il cameriere mi dice cosa c'è in menu e io scelgo. E guardate che occorre anche sfatare questa leggenda metropolitana secondo cui la trattativa non si chiude perché Zaia chiede troppe materie: e allora perché non le hanno date a Chiamparino, che ne chiedeva dodici? Perché non le hanno date a Bonaccini, che ne chiedeva e ne chiede quindici? Chiamparino ne chiedeva dodici, Cirio ne chiede ventitré. Perché non le hanno date a Rossi, che ne chiede cinque? Nessuno ha ricevuto alcuna forma di autonomia.
  Poi posso dire una cosa fino in fondo? Io resto per le ventitré materie, ci mancherebbe, ma nessuno è mai venuto a dirmi: «fammi proposte». Io posso dire ufficialmente che a tutt'oggi la regione Veneto non ha mai ricevuto una controproposta. Onorevole Zardini, ma lei a cosa è disposto a rinunciare? Ho il menu, a cosa devo rinunciare? Mi state dicendo che il cuoco sta facendo sciopero, che non ci sono più gli antipasti? Non esiste!
  Con riferimento alle considerazioni svolte dalla senatrice Stefani, se da un lato mi sembra che la partita dei LEP l'abbiamo già affrontata, per quanto concerne invece il metodo del finanziamento, quest'ultimo costituisce una questione centrale, così come la compartecipazione al gettito dell'IVA e i tributi rappresentano una delle partite. A me dispiace che su questa partita, a sentir parlare qualcuno – non sto accusando voi, piuttosto mi riferisco a qualche osservatore che non fa politica, giacché abbiamo scoperto di avere un sacco di esperti di diritto costituzionale, solo che invece di scrivere le sentenze nei tribunali scrivono lettere ai giornali, e c'è una bella differenza – sembra quasi che si possa accarezzare la suggestione di realizzare l'autonomia senza costi. Ma la Costituzione al riguardo è chiara, negli articoli 116, 117 e successivi, laddove parla di risorse e competenze. Ma scusate, se mi trasferite le competenze, allora dovete darmi anche le risorse necessarie allo svolgimento di quelle competenze. È scritto in Costituzione. Se io sono più virtuoso dello Stato, è giusto che la mia virtuosità sia premiata. Io posso essere la Calabria o la Puglia, e spero davvero che anche la Puglia si decida ad avviare il percorso per l'autonomia.
  Dico anche che nella norma finanziaria, sebbene ciò non venga mai rilevato, c'è anche un aspetto negativo per le regioni, quantomeno per la nostra, perché, se fissiamo il gettito dei tributi di oggi a cento e diciamo che la compartecipazione è pari a dieci, perché dieci è il calcolo esatto per le competenze che mi hai dato, fissando il 10 per cento io so che su cento di gettito avrò dieci, dunque se il gettito aumenta, perché io sono stato bravo a promuovere l'economia, il 10 per cento aumenterà in proporzione. Ma se il gettito cala, io mi devo arrangiare a gestire le mie competenze e a reperire le risorse occorrenti. Quindi è un principio di responsabilità. Se vuoi l'autonomia, Pag. 15 devi anche garantire che l'economia giri, che l'autonomia sia un grande propulsore. Qualcuno dice che, se il gettito aumenta, la regione ci guadagna. È lo Stato che ci guadagna, perché, se io ho il 10 per cento, lo Stato ha il 90 per cento, quindi lo Stato guadagna il 90 per cento del differenziale di incremento.
  Io penso che ci siano tutti i presupposti per fare una bella figura. La preghiera che faccio a voi è di darci una mano e di chiudere questa partita: è la vittoria di tutti – non del Veneto, della Lega, del Partito Democratico, di Forza Italia, di Fratelli d'Italia, del MoVimento 5 Stelle o di tutti quelli che ho dimenticato –, è la vittoria dei cittadini. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Luca Zaia per il contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.