XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 28 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gariglio Davide , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Senatrice Erika Stefani.
Gariglio Davide , Presidente ... 3 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Gariglio Davide , Presidente ... 4 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 4 
Gariglio Davide , Presidente ... 4 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 4 
Gariglio Davide , Presidente ... 7 
Navarra Pietro (PD)  ... 7 
Granato Bianca Laura  ... 8 
Manca Daniele  ... 8 
Rivolta Erica  ... 10 
Federico Antonio (M5S)  ... 11 
Toffanin Roberta  ... 11 
Mollame Francesco  ... 12 
Gariglio Davide , Presidente ... 12 

(La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12.05) ... 12 

Gariglio Davide , Presidente ... 12 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 12 
Gariglio Davide , Presidente ... 16 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 16 
Gariglio Davide , Presidente ... 16 
Manca Daniele  ... 17 
Parolo Ugo (LEGA)  ... 17 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 18 
Granato Bianca Laura  ... 18 
Drago Tiziana Carmela Rosaria  ... 18 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 18 
Gariglio Davide , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DAVIDE GARIGLIO

  La seduta comincia alle 11.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Senatrice Erika Stefani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Senatrice Erika Stefani, che peraltro in questa Commissione è di casa e che ringrazio per la disponibilità che ci dà sempre. Ringrazio il Ministro per la presenza e le do immediatamente la parola.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente. Chiedo scusa per il ritardo, ma non sono riuscita a trovare un treno che arrivasse prima delle 10.45.
  Ringrazio di nuovo voi per l'audizione, perché questa ci permette di stabilire e anche di sedimentare quello che è un filo fra il Governo e il Parlamento su una delle questioni che reputo non dico fra le più importanti, ma decisamente importante per questa Legislatura, almeno per quanto riguarda l'assetto delle autonomie e del regionalismo.
  Oggi vorrei, quindi, riprendere e aggiornare lo stato della negoziazione sulle richieste di autonomia differenziata pervenute dalle regioni, tenendo presente che ovviamente fra il risultato del voto di ieri e oggi non ho avuto nessun tipo di incontro all'interno del Governo.
  Come sapete, gli ultimi mesi sono stati dedicati alla ricerca di un punto di equilibrio fra le richieste delle regioni e le esigenze di sistema, che attengono alle relazioni fra l'intero sistema delle autonomie e il loro rapporto con lo Stato. Il lavoro, che non era mai stato affrontato in precedenza, vista anche la decisa complessità, ha reso necessaria l'effettuazione di centinaia di incontri, prevalentemente su aspetti di natura tecnica, che ovviamente riflettono, come è ovvio che sia, anche differenti letture politiche.
  Possiamo dire che, per quanto riguarda le tre regioni che per prime hanno fatto la richiesta di attribuzione di nuove competenze, quindi il Veneto, la Lombardia e l'Emilia-Romagna, si è raggiunto un punto di definizione che, per tradurlo in modo schematico, individua da una parte un testo su cui si è trovato il consenso delle parti rispetto alla richiesta, e dall'altra, una parte, comunque significativa, su cui invece le posizioni non hanno trovato un punto di equilibrio, che a questo punto è per sua natura proprio un punto di equilibrio politico, che quindi rimanda al contratto di Governo che abbiamo sottoscritto un anno fa, all'insediamento dell'Esecutivo.
  Per questa ragione, su questi punti politici ho inteso portare l'attenzione del Consiglio dei ministri nella sua collegialità, nel corso dell'ultima seduta, e ho chiesto l'iscrizione del testo fino ad oggi maturato, suddiviso proprio in queste due parti, comprendente quindi un testo condiviso e le Pag. 4altre parti sulle quali emergono le differenze fra le richieste e le proposte o le riformulazioni predisposte dai Ministeri competenti.
  Il testo quindi è frutto di un'intensa attività di confronto fra le regioni, i Ministeri e me. Ho anche partecipato a una cinquantina di riunioni tecniche e a 25-30 riunioni politiche, e per questo mi sono stupita dalle polemiche e dalle contestazioni che ho ricevuto solo a mezzo stampa, perché gli incontri ci sono stati.
  Sul piano istituzionale, importanti risultati sono stati raggiunti in materie delicate come la tutela e la sicurezza del lavoro, su cui è stato definito un testo, che, fatti salvi alcuni punti ancora aperti, ha raggiunto ormai un elevato livello di consenso. Questo vale anche per il trasferimento di competenze in materia di governo del territorio, che in realtà sono materie di urbanistica e di edilizia, su cui l'intesa può a mio avviso già oggi considerarsi possibile, così come in materia di commercio con l'estero e internazionalizzazione delle imprese.
  Anche sulla delicata materia della salute, su cui giustamente c'è una grande attenzione da parte di tutte le forze politiche, al momento, da una verifica che ho fatto poco prima di presentare il testo in Consiglio dei ministri, si registra un consenso da parte delle regioni su buona parte della proposta governativa.
  Il lavoro, quindi, rispetto a queste prime tre regioni (prime in senso temporale) richiedenti è stato oggetto di un dibattito di approfondimento sia in questa sede sia a livello territoriale, e in seguito sono partite ulteriori richieste di autonomia e sono stati avviati i confronti con i Ministeri relativamente ad altre regioni, in particolare la regione Piemonte, che, a seguito di vari incontri tecnici trilaterali effettuati presso il Ministero, ha formulato una proposta compiuta di autonomia che è stata inviata ai Ministeri per l'esame di dettaglio sulle singole materie richieste.
  Anche per la regione Liguria è già stato fatto un esame di tipo tecnico, sono state presentate varie schede che abbiamo condiviso con i Ministeri coinvolti.
  Giusto per far capire, quando è previsto un incontro tecnico, faccio mandare dalla regione delle schede tecniche riguardo alle competenze richieste e alla normativa sulla quale si va a incidere, in modo da capire tecnicamente di cosa si sta parlando, e, all'esito degli incontri tecnici, si redige il testo normativo, che viene nuovamente inviato ai Ministeri per chiedere se la formulazione sia corretta, se ricalchi l'impianto e la valutazione tecnica fatta a monte (questo perché si capisca come ho cercato di operare, che tipo di lavoro materiale si è svolto).
  Ho avuto anche l'occasione e il modo di incontrare il presidente della regione Campania, che ha formulato le sue richieste, che sono già state analizzate in via preliminare anche in sede tecnica, sempre dal mio gabinetto e dal Dipartimento.
  Quanto tempo abbiamo, Presidente?

  PRESIDENTE. Credo che Camera e Senato siano convocati per le 16.30, quindi abbiamo tempo.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Era solo per capire quanto entrare nel dettaglio.

  PRESIDENTE. Forse è l'unica volta che non abbiamo tempi «strozzati», così possiamo anche far seguire il dibattito.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. L'ampiezza delle domande sottoposte e il numero delle regioni che hanno formulato richieste di attribuzione di nuove competenze, tra l'altro provenienti da parti politiche diverse, è a mio avviso una forte testimonianza del fatto che si è aperta, o forse rinnovata, sotto diversi termini una stagione del regionalismo nel Paese.
  Me lo hanno confermato anche gli altri presidenti di regione che ho incontrato nel corso del mese di aprile, perché sono convinta che non si tratti di questione che riguarda solo le prime tre regioni, che hanno avuto sicuramente il merito di portare per prime l'attenzione del Governo su queste loro esigenze, ma che stia diventando Pag. 5 un'occasione per la redistribuzione delle competenze fra lo Stato e le regioni.
  In tutto questo, come ho già detto più volte, attore essenziale è proprio il Parlamento. Sui temi che ho appena descritto è mia intenzione, una volta condiviso un testo all'interno del Governo, ovviamente anche con le regioni, – prima di arrivare a un'intesa vera e propria, firmata, fra Presidente del Consiglio e Presidente della regione – aprire un confronto nel merito delle proposte, attivando quindi un'azione parlamentare.
  Il confronto che ho avuto in questi mesi con la vostra Commissione, con la consapevolezza dell'assoluta autonomia delle Camere soprattutto sulle modalità con le quali procedere all'approvazione del testo dell'intesa intervenuta, che rimetto ovviamente ai presidenti di Camera e Senato e a voi tutti, ci ha portato alla necessità di interloquire fattivamente con voi, con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con la regione richiedente prima della sottoscrizione dell'intesa, garantendo così un ruolo centrale di indirizzo alle Camere nei confronti sia dell'Esecutivo statale che dei governi regionali coinvolti.
  È ovvio che l'intesa resta un atto pattizio fra il Presidente del Consiglio dei ministri e il presidente della regione, ma questa è un'operazione che verrebbe rafforzata e integrata con il lavoro delle Camere, attraverso l'apporto di indirizzi, di pareri e di proposte che staranno alle parti e che saranno trasmessi ovviamente agli esecutivi, i quali poi faranno le loro valutazioni al fine di farli propri. Questa è la decisione che spetta a voi assumere nella vostra più completa autonomia.
  Quanto alle questioni relative agli aspetti di natura finanziaria, su cui abbiamo avuto anche modo di soffermarci nelle precedenti occasioni e su cui l'interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze è stata molto produttiva, possiamo dire che per quanto riguarda il trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali è stato necessario un approccio sistematico sia sul versante della determinazione delle risorse da trasferire alle regioni, sia su quello delle modalità con cui le stesse possono essere attribuite. Premetto che non è che con l'intesa venga fatta un'attribuzione immediata o che venga determinata nell'intesa qual sia esattamente la risorsa; viene tutto demandato a un momento successivo, che sarà sempre soggetto al vaglio delle Camere.
  In via preliminare, si è ritenuto, comunque, necessario (perché lo stabiliamo in linea generale, cioè quello che varrà per una regione dovrà valere per tutte le regioni, non ci sarà un meccanismo per ogni regione) fissare dei vincoli, per evitare effetti indesiderati sul bilancio dello Stato e delle stesse regioni, in primo luogo stabilendo la neutralità finanziaria e la stabilità della pressione fiscale (con la neutralità finanziaria stiamo guardando proprio all'assetto del bilancio dello Stato).
  In sostanza, viene stabilito che dall'applicazione dell'articolo 116 della Costituzione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né un aumento della pressione fiscale. Un rilievo particolare assume in questo contesto l'articolo 119 della Costituzione sia per quanto riguarda l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei bilanci, sia per quanto riguarda il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite, senza dimenticare i riferimenti all'obbligo di solidarietà con i territori con minore capacità fiscale per abitante.
  Sul versante della determinazione delle risorse da attribuire alle regioni, sono state stabilite modalità temporalmente diversificate, a partire, in una prima fase, (questa è una mia proposta) dalla spesa sostenuta dallo Stato all'atto del trasferimento della competenza, fino ad arrivare all'individuazione dei fabbisogni standard per ogni singola materia.
  La determinazione della spesa effettivamente sostenuta dallo Stato per le materie in esame dovrà essere rideterminata per la quota parte che lo Stato sostiene nella regione interessata, e ad essa conseguentemente attribuita. La modalità con cui determinarla, se assumendo ad esempio l'ultima annualità oppure la media fra le ultime tre o cinque annualità, dovrà essere Pag. 6più puntualmente stabilita in Commissione, quindi non viene fatto in questo momento.
  Il valore della spesa così determinata risente del limite dovuto alla dimensione temporale della valutazione, che se necessariamente da una parte viene cristallizzata, dall'altra non può non tenere conto delle variazioni determinate dalla dinamica indotta dal ciclo economico e dalle diverse politiche che sulla materia considerata possono essere fatte nel corso del tempo.
  Se la determinazione della spesa che noi chiamiamo storica è un compito relativamente agevole (si guarda il bilancio dello Stato e quello che lo Stato spende in quella regione per quella funzione), il passaggio alla determinazione dei fabbisogni standard comporta un lavoro di analisi e di valutazione materia per materia, che non potrà riguardare la sola regione richiedente l'autonomia differenziata, ma deve riguardare la spesa dello Stato proiettata su tutti i territori regionali, relativamente ad ogni competenza trasferita o trasferibile, cioè i fabbisogni standard non devono essere individuati su una singola regione, ma su tutte le regioni.
  In questo senso, la determinazione dei fabbisogni standard, pur avendo efficacia per la quota di spesa attribuibile alle regioni richiedenti, stabilirà quella che potrebbe essere definita la spesa appropriata per quella materia, territorio per territorio, e porterà dunque alla determinazione di quello che dovrebbe essere il costo della funzione complessiva e della sua proiezione sui singoli territori. Si tratta di un'operazione, colleghi, di grandissima trasparenza della spesa, che in prospettiva arriverà a contribuire veramente a un riequilibrio territoriale, garantendo in tal modo la necessaria equità per tutti i cittadini e migliorando l'appropriatezza delle funzioni erogate (è la questione dell'efficienza della spesa pubblica).
  L'approccio all'attribuzione delle risorse tutto contiene, quindi, fuorché elementi sperequativi che possano sottrarre risorse ad alcune regioni a favore di altre, perché non può partire per uno se non si applica su tutto, quindi è necessario attendere che funzioni su tutto. Questa, infatti, è stata per noi una delle prime preoccupazioni.
  Per questo appare, a mio avviso, per nulla fondata su elementi di fatto la lettura che vorrebbe attribuire all'avvento delle autonomie una rottura dell'unità del Paese, favorendo le regioni più ricche e attribuendo loro più risorse, a scapito di quelle più povere, destinate ad essere ancora più marginalizzate; non è assolutamente così, non è la rotta che mi sono data nel momento in cui ho assunto la responsabilità di guidare il Ministero per gli affari regionali e le autonomie, però lo leggo sui giornali. Proprio per questa sua funzione, la determinazione dei fabbisogni standard ha bisogno di un nuovo strumento di indirizzo e valutazione, in cui concorrano alla pari tutte le amministrazioni centrali coinvolte e tutte le regioni. Sottolineo «tutte», nonostante qualcuno si ostini a sostenere che sarebbero determinate dalle regioni interessate con lo Stato.
  Per questa ragione è stata prevista l'istituzione di quello che ho chiamato Comitato paritetico Stato-regioni, da non confondere con le Commissioni paritetiche delle regioni a Statuto speciale, che hanno un altro tipo di meccanismo di attuazione dello Statuto. Questo Comitato sarà chiamato a determinare i fabbisogni standard sulle base delle metodologie più appropriate, anche alla luce dell'esperienza elaborata in materia di fabbisogni degli enti locali. Esiste già la Commissione che sta elaborando i fabbisogni standard per gli enti locali, non è una cosa che mi sono inventata, già esiste, soltanto che lo fa per i comuni e le province.
  Vi è un punto su cui si può ancora lavorare, che è stato chiesto dalle regioni per garantire con uno strumento di deterrenza che il passaggio ai fabbisogni standard avvenga effettivamente nei tempi stabiliti e non sia rinviato, come tante volte è accaduto, alle calende greche.
  Le modalità attraverso cui finanziare le competenze determinate e attribuite con questi criteri hanno preso in esame diversi approcci, da una parte quelle disciplinate dalla legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, dall'altra quelle adottate Pag. 7 per il finanziamento delle funzioni conferite alle regioni a statuto speciale (sono questi i due meccanismi base, non so se vi sia una terza via).
  La scelta effettuata prevede, quindi, che le risorse siano attribuite in termini di compartecipazione al gettito dell'imposta sui redditi delle persone fisiche e su altri tributi maturati, per evitare il meccanismo dei trasferimenti, cioè di finanza derivata, perché altrimenti avviene che la regione che deve svolgere delle funzioni non ha ancora il trasferimento, mentre invece deve essere garantita l'operatività, per cui, invece di versare allo Stato le tasse che poi ritornano sulla regione, si trattiene quella quota che è stata determinata in misura percentuale.
  Questo è il meccanismo. Ovviamente sono qui a disposizione non solo per gli approfondimenti, ma anche per confrontarci, perché sono certa che dal confronto emergano le soluzioni migliori, purché confronto ci sia e non debba limitarmi a leggerlo sui giornali. La vostra Commissione ha un rilievo fondamentale per questa tematica e, nel momento in cui sarà approvato un testo condiviso dal Consiglio dei ministri, quindi condiviso all'interno del Governo, nel momento in cui la Camera dei deputati e il Senato decideranno con le modalità, i tempi e i propri modi di trattazione della questione – ritengo che questa sia la Commissione principe, comprendendo al suo interno deputati e senatori, per evitare eventuali contraddizioni nelle decisioni da parte dei due rami Parlamento per la competenza in particolare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIETRO NAVARRA. Grazie, signor Ministro, per essere qui questa mattina con noi. Desidero rivolgerle qualche domanda su alcuni aspetti che in parte sono noti, ma che lei non ha toccato nel suo intervento.
  Lei ha detto che è importante dare maggiore centralità al Parlamento nel percorso di approvazione delle proposte e mi è parso di capire che lei configuri il confronto parlamentare attraverso incontri, dibattiti, discussioni, confronti e anche attraverso eventuali indirizzi e pareri che vengono trasmessi. Sull'emendabilità delle bozze di proposte che verranno sottoposte al voto delle due Camere, qual è il suo parere, sono emendabili o non sono emendabili da parte delle Commissioni e quindi delle Aule parlamentari?
  In secondo luogo, lei ha fatto riferimento alla neutralità finanziaria legata al percorso del regionalismo differenziato, quindi nessun aumento della pressione fiscale, né nuovi oneri per la finanza pubblica. Qualche tempo fa, in Commissione bicamerale per il federalismo fiscale ho avuto occasione di ascoltare il Ministro Tria su questo argomento e, facendo riferimento a quello che si leggeva sui giornali a proposito del trasferimento di competenze nel settore dell'istruzione, è previsto nelle bozze che conosciamo, il ricorso alla spesa storica per un primo periodo, per cui le regioni vengono finanziate per questa competenza sulla base di quello che attualmente ricevono dallo Stato, dopo tre anni, se non vengono definiti i fabbisogni standard, il riferimento per il trasferimento delle risorse è quello della spesa pro capite media regionale.
  Guardando ai numeri, si prevede un trasferimento di risorse tra le diverse regioni, una redistribuzione delle risorse attualmente trasferite alle regioni, a meno che (ma lei lo ha escluso) non si vogliano utilizzare ulteriori risorse dal bilancio dello Stato. L'altra ipotesi che abbiamo letto sui giornali e che più volte esponenti del Governo hanno affermato, secondo cui la spesa storica delle regioni non verrà comunque toccata, non risulta essere coerente con quanto lei ha affermato, quindi non ulteriore carico sulla finanza pubblica ma eventualmente ricorso alla spesa standard pro capite per l'istruzione.
  Ancora, la perequazione dovrebbe essere attuata attraverso il calcolo dei fabbisogni standard; sento sempre parlare di fabbisogni standard e del federalismo applicato per la finanza dei comuni, però devo dire che c'è un vulnus enorme dal Pag. 8punto di vista tecnico, che impedisce il calcolo corretto dei fabbisogni standard, ossia il fatto che per calcolare i fabbisogni standard da un punto di vista meramente tecnico devono essere prima individuati i livelli essenziali di prestazione, perché se non si calcolano i livelli essenziali delle prestazioni, non possono tecnicamente essere calcolati i fabbisogni standard.
  Cosa produce il calcolo dei fabbisogni standard in difetto di una misura dei livelli essenziali di prestazione? Quello che già è accaduto per il federalismo applicato alla finanza dei comuni nelle regioni a Statuto ordinario, perché si sono verificate alcune situazioni paradossali. Il paradosso più eclatante, guardando i dati di OpenCivitas, è quello che fa riferimento agli asili nido, di cui sicuramente avrà sentito parlare.
  Se si prendono due comuni con uguale numero di abitanti, sovrapponibili anche per numero di bambini da 0 a 3 anni, per esempio il comune di Imola (qui c'è il senatore Manca) che è della stessa dimensione del comune di Altamura in Puglia, comuni diversi per reddito pro capite, il fabbisogno standard viene calcolato sulla base di quanto spendono i comuni per gli asili nido, però il problema è che Altamura non spende nulla perché non ha sufficienti risorse, mentre Imola spende molto di più e il fabbisogno standard per asili nido è calcolato in più di 4 milioni di euro per Imola e in zero per Altamura. È chiaro che, se non vengono fissati anticipatamente i livelli essenziali delle prestazioni con riferimento agli asili nido, ovviamente possiamo assistere a questo tipo di paradosso, cioè al fatto che il fabbisogno standard nel caso di Altamura è zero perché è calcolato sulla base della funzione di costo e non dei livelli essenziali di prestazioni.
  Credo che in assenza di questo non possa essere realizzato alcun federalismo fiscale o alcun regionalismo differenziato, altrimenti si rischierebbe di commettere errori tecnicamente molto grossolani.

  BIANCA LAURA GRANATO. Vorrei chiedere con quali criteri potremo attribuire l'autonomia su tutte le materie richieste da tutte le regioni, mi domando, cioè, se vogliamo valorizzare il ruolo del Parlamento in questo processo decisionale che dovrebbe consentire di stabilire «a chi dare cosa», anche perché alcune regioni, anche tra quelle che ora richiedono l'autonomia, hanno dimostrato di non essere in grado di garantire nemmeno i livelli essenziali di assistenza ad esempio in ambito sanitario.
  Come potremmo ampliare il livello di autonomia di regioni che hanno già dato prova (ad esempio la Campania) di incapacità nel gestire e nel garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza?
  Credo che il Parlamento dovrebbe essere reso partecipe e dovrebbe stabilire dei criteri in base ai quali si possa concedere un margine di autonomia e quindi i requisiti che dovrebbero avere le regioni.
  Mi associo a quanto diceva il collega, in dieci anni non siamo stati in grado di adempiere al dettato costituzionale determinando i livelli essenziali di prestazioni (LEP) e adesso dovremmo varare l'autonomia differenziata senza questa necessaria premessa. Anche i criteri di determinazione dei fabbisogni standard, a mio avviso, dovrebbero passare dal Parlamento, perché devono essere gestiti a livello parlamentare, deve essere una decisione condivisa. Se in dieci anni non siamo riusciti a determinare i LEP, come pensiamo di poter attuare sui costi storici questa autonomia, attribuendo di più a chi ha attualmente utilizzato più fondi anziché basandoci su un criterio di efficienza e di qualità del servizio che le regioni sono state in grado di erogare in base alle loro competenze nelle varie materie?
  C'è una serie di problematiche che a mio avviso, ad oggi non è stata risolta, e dunque appare necessaria una riflessione che non può che essere condivisa. Grazie.

  DANIELE MANCA. Grazie, Ministro. Chi ha rapporti con le regioni sa (lo voglio riconoscere) il lavoro che sta facendo per cercare una soluzione ad un tema di particolare rilievo, per cui sappiamo che il lavoro che si sta facendo con le regioni per allineare processi, per capire e risolvere anche questioni politiche è tuttora aperto, come il Ministro ci ha confermato.
  Voglio farle una domanda molto semplice e anche esporle un ragionamento in Pag. 9questo contesto. Poiché è evidente che se depurassimo questo tema da un eccesso di politicizzazione dei processi, se riuscissimo a correggerne le dinamiche, che in molti casi hanno portato a discussioni fuorvianti rispetto agli obiettivi che si possono raggiungere, avremmo un gran bisogno di darci una cornice, dei criteri dentro i quali si muove un ulteriore processo di autonomia dei sistemi regionali e di conseguente differenziazione.
  Sappiamo tutti che siamo in presenza non solo di tre proposte, ma di una rilevante quantità di regioni, ciascuna delle quali è già dentro processi di autonomia differenziata, perché da quando sono nate le regioni si sono prodotte differenziazioni e la nascita delle regioni aveva come finalità quella di dare un'identità e di promuovere processi di autonomia in relazione alle caratteristiche dei diversi sistemi territoriali. Non può sfuggire che l'Italia è già, quindi, dentro un'autonomia differenziata, perché ci sono regioni che sono ai primi posti nella competitività globale e ci sono regioni che sono ai margini delle dimensioni dei parametri europei, dunque siamo già in presenza di un regionalismo differenziato.
  Il punto, nella complessità, è molto semplice, Ministro, a mio avviso: sarebbe importante per il Parlamento poter fare questa riflessione prima delle intese, perché altrimenti si rischierebbe non solo di forzare su aspetti fondamentali che sono le prerogative tipiche del Parlamento, che già di per sé andrebbero, in una fase come questa, salvaguardate a prescindere, perché ci sono ovviamente degli indirizzi che il Parlamento deve dare al Governo, all'interno dei quali non bastano gli articoli 116 e il 119 della Costituzione, perché ci sono regioni che hanno fatto proposte molto differenti, ci sono regioni che chiedono tutte le materie e regioni che si sono limitate alle caratteristiche socio-economiche dei loro sistemi territoriali e hanno messo davanti alle proposte le caratteristiche e l'identità di un sistema territoriale.
  Se non ci diamo dei criteri, e dunque se il Parlamento non riesce a fare una discussione – che io ritengo alta nei suoi processi, perché sarebbe utile farla in questo modo piuttosto che nascosta all'interno di intese già confezionate – sarebbe interessante almeno sgomberare il campo da ombre di responsabilità statale e quindi di divisione tra i poteri dello Stato e i poteri delle regioni, in modo particolare rispetto al gettito fiscale. Mediaticamente sono quelle che distolgono dall'obiettivo fondamentale. Lei giustamente ha messo in campo due criteri che in parte anche il Ministro Tria aveva già più volte ricordato nella Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. Sarebbe importante capire che entro questi due criteri si muove l'intera cornice delle proposte della regione. Ha detto che non devono produrre maggiori oneri per la finanza pubblica, ha parlato di invarianza di pressione fiscale, che bisogna capire cosa significhi, se sia un'invarianza di pressione fiscale orientata alle regioni o esclusivamente di competenza dello Stato.
  Quali sono i criteri all'interno dei quali le regioni sono naturalmente vocate a chiedere maggiore autonomia? Lo dico perché io non sono contrario ai processi di rafforzamento dell'autonomia per obiettivi di finanza pubblica che raggiungano maggiore efficienza e anche maggiore responsabilità, perché la competitività oggi dentro la globalizzazione si fa se i sistemi territoriali investono sulla loro identità. Non ho, quindi, nessun ostacolo culturale a immaginare che dentro certi ambiti territoriali la competitività economica migliori nella misura in cui quelle regioni abbiano spazi di manovra maggiori, soprattutto dentro l'allineamento dei processi tra la formazione, il lavoro e l'impresa nonché dentro l'efficientamento anche dei servizi pubblici in cui sono ampi i margini.
  Come ha però ricordato il mio collega, non devono esserci ombre sul fatto che senza definire i livelli essenziali delle prestazioni rischiamo di produrre ulteriore lacerazione e divario tra nord e sud, tra chi ha servizi e chi non li ha, tra chi è riuscito ad organizzarli meglio finora e chi ancora non è nelle condizioni, anche per aspetti territoriali, di avere piattaforme uniche, centrali di committenza uniche, stazioni Pag. 10appaltanti uniche in grado di reggere la prova della competitività anche nel sistema dei servizi pubblici, perché le regioni sono diverse e anche i costi standard non sono risolvibili senza una definizione puntuale, perché il costo di una prestazione, di un servizio, è legato inevitabilmente alle caratteristiche delle risorse umane che elaborano quelle proposte nei territori.
  Si potrebbero fare qui tanti esempi, se chi deve portare una siringa in un ospedale la deve portare in ogni angolo del sistema regionale oppure, invece, sono stati organizzati stazioni uniche, centrali uniche, depositi unici, magazzini, è evidente che il costo di una siringa sarà diverso a seconda di dove la si porti e di chi determinerà quella prestazione e quell'acquisto. Si tratta di questioni che in assenza di criteri sono pericolose.
  Avrei bisogno di capire se l'intenzione del Governo sia quella di anticipare una riflessione sui criteri nell'ambito dei quali ci si muova, anche utilizzando il lavoro che lei ha già fatto, perché se siamo già nelle condizioni di avere distinte le cose condivise dalle cose politicamente ancora non condivise, un embrione di criteri dentro i quali tutte le regioni possono muoversi in relazione con il Parlamento e con il Governo sarebbe la soluzione di un tema, che altrimenti rischia di diventare tutto ideologico e di veder prevalere i rischi della divaricazione tra i sistemi territoriali piuttosto che l'opportunità di lavorare dentro processi di autonomia, utili allo sviluppo economico di tutte le regioni e dell'intero Paese.
  Questo per me è il nodo politico fondamentale da risolvere. Se si vuole andare in una direzione, il dibattito politico si può fare in tanti modi, se invece si vogliono blindare intese o pensare che, una volta fatte le intese, siano tutte uguali, mentre non è così perché sono diverse le proposte delle singole regioni, si rischia ovviamente un'occasione persa. Ritengo che qui dentro chi ha fatto l'amministratore e anche chi non l'ha fatto sappia che all'interno di processi di maggiore autonomia le scelte legate al territorio e alle caratteristiche dello stesso possono perfino ridurre il divario tra nord e sud e migliorare la competitività economica dell'intero Paese. Su questo dobbiamo metterci d'accordo.

  ERICA RIVOLTA. Anzitutto ringrazio il Ministro che ha voluto essere presente oggi nell'ambito dell'indagine conoscitiva che la Commissione sta svolgendo. In particolare, la ringrazio per aver fatto il punto della situazione e anche per l'approccio che ha impostato. Con tutto quello che è stato scritto e detto, effettivamente bisogna politicamente dire su quali parti siamo d'accordo e su quali altre ci deve essere una discussione, perché questo processo comporta il progresso del nostro Paese.
  Certamente le tre regioni sono partite con una richiesta precisa, altre hanno avviato il percorso, ma nessuno a mio avviso può stare fermo. C'è chi ha già svolto parte del percorso (il Ministro ci ha detto dei vari tavoli nei vari Ministeri, quindi tanto lavoro è già stato fatto), però ci sono due aspetti, anzitutto quello del miglioramento. Faccio mia l'espressione del Governatore Zaia, che diceva che ci sono regioni dove ci vuole meno Stato e regioni dove ci vuole più Stato, proprio perché nessuno deve rimanere indietro, tutto il Paese deve progredire, e questo deve essere chiaro.
  A questo punto occorre, con molta serietà, cercare di agganciarsi a un sistema virtuoso, far cessare un modo di spendere sbagliato che non produce niente, e non frenare regioni che invece meritano di progredire, e anche velocemente.
  Sono d'accordo con il collega Manca sul discorso dell'efficienza dei servizi pubblici, però non dimentichiamo che i servizi pubblici sono svolti da persone, quindi è anche un fatto culturale. Vi sono zone dove vengono imposti culturalmente ritmi ed efficienza; è necessaria un'azione decisa di cambiamento.
  In merito all'apporto che dovrà dare il Parlamento, penso che dovremo ragionare in modo approfondito, volando alto, ma preventivamente, su una bozza, in modo che possano esserci dei contributi importanti, ma (faccio mie le parole del Sottosegretario Bressa nella passata legislatura) non si parlava di emendabilità bensì di indirizzi, cosa che trovo più giusta, deve Pag. 11essere un passaggio davvero importante e costruttivo, ma deve essere di indirizzo, perché l'intesa poi verrà firmata dai presidenti della regione e del Consiglio dei ministri.
  Vorrei sapere dal Ministro cosa pensi di questa osservazione.

  ANTONIO FEDERICO. La ringrazio, Ministro, per la disponibilità e anche per la qualità del lavoro svolto su una materia sicuramente complessa e per certi versi anche divisiva.
  Vorrei solo aggiungere una piccola riflessione, prendendo spunto da quanto già detto dai colleghi rispetto alle definizioni dei livelli essenziali delle prestazioni, partendo da una considerazione che avevo già fatto nell'altra occasione in cui lei, Ministro, è venuta qui in Commissione, nella quale però poi non abbiamo avuto modo di avere un'interlocuzione.
  Io feci una premessa, perché sono stato consigliere regionale della più piccola regione a Statuto ordinario d'Italia, il Molise, e so quanto in seno alla Conferenza delle regioni (faccio l'esempio del Patto per la salute, adesso in discussione) risulti difficile raggiungere i LEP per territori che non hanno massa critica adeguata, che hanno orograficamente una difficoltà. Più che tra nord e sud, che secondo me è qualcosa di assolutamente superato e superabile, l'Italia è infatti divisa tra aree metropolitane e aree interne, dove gran parte dei nostri comuni sono presenti e sono al di sotto dei 15.000 abitanti, quindi sono realtà che hanno bisogno di tutele differenti, per cui ogni volta che si definiscono dei livelli essenziali condivisi all'unanimità da tutte le regioni ci sono sempre difficoltà applicative in determinate realtà, per le quali diventa oggettivamente impossibile raggiungere quei livelli essenziali.
  Possiamo parlare di sanità e di quello che di riflesso potrebbe accadere nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, che danno l'avvio alla definizione dei fabbisogni standard.
  Suggerisco, da un punto di vista forse più tecnico-formale che politico, di non dimenticare che una parte del Paese vuole utilizzare le possibilità che offre la Costituzione di avere maggiore autonomia e maggiore efficienza della macchina amministrativa, che non è necessariamente un problema di persone che non sono in grado di portare avanti i processi amministrativi quanto piuttosto delle condizioni in cui l'amministrazione deve lavorare, che non le permettono di competere con realtà più grandi.
  Questo era uno spunto che mi premeva lasciare come considerazione, sperando di poter ascoltare qualche parola in merito. Purtroppo tra poco dovrò lasciare la Commissione, perché abbiamo votazioni in un'altra sede. Grazie.

  ROBERTA TOFFANIN. Ringrazio il Ministro Stefani per essere anche oggi con noi per un confronto importante su un tema che è all'ordine del giorno, ma che non viene portato avanti.
  Ministro, lei ha fatto veramente una bella distinzione tra l'aspetto politico e l'aspetto più tecnico che riguarda questo tema importante, lamentando anche da un punto di vista politico il mancato confronto diretto e le critiche che provengono dall'altra parte del Governo attraverso mezzi stampa piuttosto che in un dibattito diretto.
  Tuttavia, voglio anche chiederle come mai in XII Commissione affari sociali alla Camera dei deputati, durante l'esame del decreto-legge n. 35 del 2019 in materia di sanità calabrese è stato presentato un emendamento da parte della componente del Gruppo del Movimento 5 Stelle che riguarda, invece, tutta la sanità nazionale, ovvero il controllo e la nomina dei dirigenti regionali da parte di uno stesso commissario che si dovrebbe occupare a livello centrale della nomina della direzione della sanità calabrese. Visto che è la parte del Movimento 5 stelle la componente politica contro l'autonomia, mi aspettavo una reazione della Lega di fronte a un processo inverso rispetto a questa autonomia. Non credo che il presidente Zaia, che è il presidente della nostra regione, Ministro, sia favorevole al fatto che la sua sanità venga controllata a livello centrale. A fronte di un processo inverso al percorso verso l'autonomia, mi chiedo come mai la Lega non Pag. 12abbia votato contro questo emendamento e non si sia opposta.
  Questo è un segnale importante, perché, se noi vogliamo arrivare a un disegno che sia veramente realizzabile, deve essere chiara la posizione di entrambe le parti del Governo, non solo a parole ma anche con i fatti.

  FRANCESCO MOLLAME. Grazie, Ministro, per l'ampia esposizione. Ho una domanda assai veloce. Lei parlava di tematiche, di materie, di competenze, facendo riferimento al controllo del territorio (l'urbanistica, la sanità, la pubblica istruzione) e poi anche alle nuove richieste, quelle che arrivano dal Piemonte, dalla Liguria e dalla Campania. C'è un'uniformità di materie, c'è una coerenza nelle domande, legittime per carità, che arrivano dalle regioni?

  PRESIDENTE. Sospendiamo brevemente la seduta.

  La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12.05.

  PRESIDENTE. Do la parola alla Ministra Stefani per la replica.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Anzitutto vi ringrazio. Ringrazio la senatrice Granato per avermi palesato una posizione da parte del Movimento 5 Stelle che non mi è mai stata rappresentata in sede di Consiglio dei ministri.
  Vorrei anzitutto puntualizzare, perché forse non mi sono spiegata bene nell'esposizione che ho fatto prima, anche per il senatore Manca e per l'onorevole Navarra, sul ruolo del Parlamento.
  Quello che immagino come soluzione per parlamentarizzare la discussione è di sottoporre al Parlamento, non l'intesa firmata, perché allora sarebbe bloccata – allora sì che vi sarebbe una problematica – bensì la bozza dell'intesa, quindi con la possibilità per il Parlamento di esprimersi.
  Dopodiché, vi è un altro passaggio, che è quello della firma dell'intesa, alla quale segue la discussione della proposta di legge che approva l'intesa, quindi vi sono due passaggi parlamentari.
  L'ipotesi dell'emendabilità penso che tecnicamente si possa applicare. Anche quando si adottano i pareri in Commissione a volte si parla di emendamenti, cioè si dice che si emenda il provvedimento in esame, però in realtà si esprime una condizione. L'emendabilità si ha quando si esamina un disegno di legge. Pertanto, io immagino che di emendabilità si possa parlare nella seconda fase del passaggio in Parlamento.
  Io mi rimetto ai Presidenti di Camera e Senato in merito alla decisione se siano o meno ammissibili gli emendamenti. Il Governo non lo può fare, è una decisione che spetta ai Presidenti delle Camere. Se un parlamentare nel momento in cui arriva la discussione del disegno di legge presenta un emendamento, sta al Presidente dire se è ammissibile o non è ammissibile.
  Tra l'altro, la senatrice Rivolta ha fatto un riferimento attribuendo la posizione al sottosegretario Bressa. In realtà, se andate a vedere, nel documento conclusivo approvato da questa Commissione nella precedente legislatura si è discusso proprio della modalità di trattazione del tema delle intese sul regionalismo differenziato in Parlamento. È ovvio che quella era una Commissione con una compagine politica parlamentare della scorsa legislatura, però ricordo e chiedo a voi di ricordare, perché non vi siano contraddizioni nei percorsi, che lì è stata approvata all'unanimità. Se non erro, mancava Forza Italia al momento del voto, cioè non era presente il rappresentante di quel gruppo, però è stata approvata all'unanimità, compresi il Partito democratico, il Movimento 5 Stelle e Lega, nonché LEU.
  Lì si era stabilito un percorso e si è parlato anche dell'emendabilità. Era una decisione della Commissione. Io sto parlando di un organismo parlamentare, quindi non governativo. Riflettete se riprendere quelle fila, se questa Commissione si possa esprimere, non so. Ripeto: non è il Governo che può venire a dire cosa deve fare il Parlamento, perché altrimenti rischiamo di invadere gli spazi che sono assicurati da una prerogativa di rango costituzionale. Pag. 13
  Adesso stiamo parlando sicuramente di un tema di diritto parlamentare puro. Il senatore Manca mi pone una questione sulla quale ho molto pensato e che ritengo veramente possa essere un vulnus della storia italiana della politica, che è la politicizzazione di processi.
  Non voglio fare l'intellettuale, ma recentemente abbiamo celebrato l'anniversario del sequestro e della morte di Aldo Moro. La questione è il tema del compromesso storico e molte conferenze si sono tenute proprio in occasione dell'anniversario. Si è parlato di come vi siano due logiche nella trattazione di molti temi. C'è una logica del conflitto. Qual è la logica del conflitto? Senza fare gli intellettuali, cosa significa? Significa che tutto quello che viene proposto dall'avversario politico è da rigettare e da contraddire. Vi è una logica, invece – la parola è brutta, perché ormai passa sotto una accezione negativa – che è quella del compromesso. Viene letto come compromesso, in realtà sono delle soluzioni condivise.
  Cosa è accaduto in Italia? Guardate al referendum sulla devolution, guardate al referendum sulla riforma costituzionale, quella di poco tempo fa, guardate adesso al tema delle autonomie. Sono temi istituzionali, si sta parlando di impianto generale. Le due precedenti rispetto a questa sono cadute sotto la mannaia di una logica di conflitto politico molto elevato.
  La discussione sull'autonomia e sul regionalismo differenziato, che è in Costituzione – che piaccia o non piaccia è lì – va costruita in maniera trasversale e non va strumentalizzata. Adesso è finita la campagna elettorale. Spero che almeno, finita la campagna elettorale, non ci sia più la scusa dell'agone, del conflitto perché bisogna prendersi i voti, ma si cerchi di analizzare questo tema con la serenità e l'equilibrio necessari.
  Senatore, io capisco la domanda e cosa intendeva dire, però le intese non sono nascoste. Io ritengo, proprio per l'esperienza parlamentare che ho avuto anch'io, che se portiamo un tema in Parlamento completamente generale, disancorato da un testo, non riusciremo più a incanalare la discussione, diventerà difficile trattarla, perché si può veramente discutere di tutto. Penso che sia necessario, per poter discutere in Parlamento, che ci sia una posizione del Governo, altrimenti dovremmo prendere le proposte delle regioni tal quali, senza nessuna intermediazione, senza nessun passaggio, buttando al mare le cento riunioni tecniche e politiche. Prendo la proposta della regione e la mandiamo in Parlamento. Credo che questo creerebbe veramente un marasma nel quale non si riuscirebbe più a trarre le fila, quindi occorre un testo, perché sul testo si lavora.
  Vi porto l'esempio di quello che è accaduto in questa esperienza. Il lavoro che ho fatto io è un lavoro sperimentale. Dopo aver fatto tutte le varie riunioni tecniche per capire ciò che si può fare a livello normativo e costituzionale... Come ha detto anche il Ministro Tria, c'erano alcune richieste che recavano dei profili di incostituzionalità. Ad esempio, l'organizzazione della giustizia di pace e il concorso dei magistrati onorari sono la stessa cosa? È ovvio che, se uno mi chiede il concorso, io dico: «Un attimo, il concorso è nell'ordinamento giudiziario, se io vado nell'ordinamento giudiziario questo non è materia dell'articolo 117 della Costituzione, quindi la richiesta è incostituzionale».
  Fatta tutta quella tecnica lì e fatto tutto quell'esame, per poter poi costruire la norma ho dovuto comunque predisporre un testo normativo da trasmettere ai Ministeri per chiedere le riformulazioni, perché, se tu parti solo con il tecnico, fai fatica a capire dove incanalarlo. Pertanto, a mio avviso, occorre che il Governo prenda delle decisioni su un testo da sottoporre poi al Parlamento. Ovviamente, si accettano tutti quei tipi di interventi di cui parla l'onorevole Navarra. Sono emendamenti, sono pareri condizionati? Sarà il Parlamento che ci dirà come trattarlo anche nella prima fase.
  Dopodiché, bisognerà discutere di come quella posizione del Governo dovrà essere trattata con le regioni, perché potrebbe essere che la soluzione proposta dal Parlamento non vada bene alla regione e che la regione decida di non firmare su un certo passaggio. Non è facile, perché non è Pag. 14una trattativa Governo-Parlamento, ma è una trattativa tra il Governo, il Parlamento e le regioni.
  Passiamo ora alla parte finanziaria premessa alla finanziaria, ovvero i LEP, di cui tutti i colleghi hanno parlato. Per quanto concerne i LEP, come diceva anche la senatrice Granato, è vero che sono passati molti anni dall'entrata in vigore della legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale e che il tema dei fabbisogni standard è un tema complesso, però, signori, io credo che, se si vuole ottenere un obiettivo, tu fai i LEP, tu fai i fabbisogni standard. Occorre la volontà politica. Se hai la volontà politica, cominci a fare il lavoro.
  Adesso è stata incardinata e ha cominciato il lavoro con il nuovo presidente la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, che è una commissione tecnica per certi versi, quindi, se si vuole fare, si fa. È quando non si vuole fare che si inventano o che si strutturano tutte le varie argomentazioni a latere. I LEP sono in Costituzione e devono essere realizzati, non c'è niente da inventare. Per determinare il costo standard e il fabbisogno standard, c'è necessariamente una correlazione con l'indicazione del LEP, perché è necessario sapere quale sia il minimo della quantità con cui si deve erogare un certo tipo di servizio.
  Teniamo conto che i LEP non sono su tutto, ce li abbiamo sui diritti sociali, in materia di istruzione e di sanità. Per i livelli essenziali di assistenza (LEA) nella sanità c'è già un lavoro in corso. Se si vuole si fanno, come i LEA sono stati fatti. Ovviamente sono tutte questioni che poi hanno sempre bisogno delle varie rifiniture.
  Il tema degli asili non è una delle materie di competenza. So che c'è il tema dell'asilo che riguarda i comuni, però non è un tema delle richieste di competenza di cui all'articolo 116 della Costituzione.
  Era un esempio. Giusto per essere chiari, però, gli asili nido non sono una competenza, è un esempio del collega per dire che occorre la determinazione del minimo.
  Guardando le richieste di autonomia, come sono configurate? In realtà, i LEP dovrebbero essere fatti in particolare sull'istruzione, perché altre materie nelle quali si incide sui LEP non ci sono a mio modo di vedere, però è ovvio che è tutta un'analisi da fare.
  Peraltro, sull'istruzione i livelli essenziali in realtà possono essere ricavati per certi versi... Non dico agevolmente, perché in Italia non c'è niente di agevole, non c'è niente di facile, è tutto articolato. Passatemi la battuta. Tuttavia, c'è la normativa, cioè non è possibile formare classi da 60 alunni. Il passaggio sui LEP è un passaggio importante, fondamentale. Li puoi fare, però, nel momento in cui hai individuato quali sono le materie sulle quali fare i LEP.
  Passiamo alla questione che ha sollevato la senatrice Granato. Questo è un impianto proprio generale. Si chiede perché vogliamo proseguire su un percorso che porta all'autonomia differenziata, se oggi abbiamo delle regioni che hanno la sanità commissariata e vi sono situazioni di grande difficoltà.
  Io rispondo che in primo luogo c'è in Costituzione. Finché c'è in Costituzione, è una posizione meritevole di tutela costituzionale. In secondo luogo – io capisco il ragionamento che vuole fare – ma se cominciassi a guardare che in fase di attribuzione di appalto di gara c'è il criminale che corrompe e che è corrotto, allora non dovrei più fare appalti. Se c'è un avvocato disonesto – parlo dell'avvocato, visto che sono avvocato – che si è messo d'accordo con la controparte, non è che non si possa più andare da nessun avvocato. Ci sono delle situazioni, ma questo non significa che non si debba andare avanti sulla strada corretta. Non ci si deve fermare se ci sono delle discrasie di sistema, bisogna risolvere le discrasie di sistema, ma non fermarsi perché tanto succede quello. È un fatalismo che fa solo male e non ci fa andare avanti sugli obiettivi di impostazione del lavoro che si fa. È ovvio che ci sono situazioni che devono essere affrontate. Devono essere affrontate analizzando le cause, valutando le soluzioni, perché – ripeto – altrimenti non andiamo veramente più avanti.
  L'onorevole Federico diceva che effettivamente ci sono delle regioni che hanno caratteristiche diverse. È proprio per questa Pag. 15 ragione che ritengo che l'autonomia differenziata debba agire, perché abbiamo un Paese che ha la sua bellezza nella diversità fra le regioni. Sono pienamente d'accordo che c'è una grande differenza, non solo tra il Nord e il Sud, ma soprattutto fra le aree metropolitane, le aree rurali e le aree di montagna, dove sappiamo quali possono essere i problemi.
  Lei dice che è una materia divisiva. Io, invece, sono convinta che questa sia una materia sulla quale si possa veramente lavorare insieme e dove si possa trovare un'unità, anzi – e lo dico proprio personalmente – chi ha utilizzato dichiarazioni sollevando il popolo del Sud contro il popolo del Nord, del tipo «state attenti, perché con l'autonomia vi vogliono fregare», ha fatto dichiarazioni di una grandissima irresponsabilità. Non bisogna alimentare l'odio sociale all'interno delle aree dell'Italia, dove non devono mai esserci questo tipo di antagonismo e di dubbi sulla condotta, perché l'Italia è una e, se tutti lavoriamo bene, la facciamo lavorare bene. Non dobbiamo dimenticare pezzi in giro per strada, tutti dobbiamo veramente aiutarci.
  Il collega Navarra parlava di un tema anch'esso molto tecnico, però ne abbiamo parlato con il Ministero dell'economia e delle finanze in modo molto approfondito. La spesa media pro capite è un tema sul quale non vi è accordo all'interno del Governo, quindi è uno di quei temi che devono essere affrontati.
  Vi pongo una domanda: qual è il problema? Dopo si cerca la soluzione. Prendiamo ad esempio il passaggio – previsto tra l'altro anche nelle pre-intese siglate nella precedente legislatura – del superamento del costo storico per arrivare ai fabbisogni standard. Il costo storico dice «questo lo Stato spendeva in quella regione, sono 100 e gli dai 100». Dopodiché arrivano i fabbisogni. Mettiamo che i fabbisogni, invece che farli in tre anni, uno li fissa a cinque, sei, sette, otto anni. Il problema che viene posto è che la regione dica: «Come faccio a essere cristallizzato sulla spesa storica? Io non ho più possibilità di manovra. Metti che c'è una gestione diversa, un aggravio, come faccio a superare?»
  Una delle idee proposte era quella dell'utilizzo della spesa media pro capite, però il testo dove è indicato deve essere messo in relazione con l'altra parte della norma sulla finanziaria, ovvero che deve arrivare soltanto dall'efficientamento della spesa. Così era stata proposta, ma è un tema che bisogna costruire. Vi è il divieto assoluto di un peso per attuare una norma che vada a gravare sulle altre regioni o sull'impianto generale, sempre per il principio dell'invarianza. Il primo comandamento è questo, quindi bisogna costruirla bene, non vi è una alternativa. Questa era una delle proposte avanzate.
  La senatrice Toffanin solleva il tema delle opinioni della Lega in merito all'emendamento presentato dal gruppo del Movimento 5 stelle sulla nomina dei dirigenti. È una dinamica parlamentare. Io penso che sia stata racchiusa in quel dibattito. Non sono intervenuta come rappresentante del Governo, per cui non posso esprimermi al riguardo.
  Per quanto riguarda, invece, il senatore Mollame, che chiede se vi siano coerenza e omogeneità nelle richieste delle regioni, rispondo che le richieste sono molto variegate fra di loro. Anche regioni che vengono assimilate, tipo Veneto e Lombardia, hanno richieste diverse proprio nell'estrinsecazione della competenza. Al di là di tutto, è estremamente affascinante vedere come il tipo di richiesta rifletta l'impostazione del lavoro che viene fatto sulla regione, proprio per come sono strutturate anche a livello istituzionale le stesse regioni e per come lavorano.
  Quando ho fatto una visita a livello istituzionale in Emilia-Romagna e ho compreso come lavora l'Emilia-Romagna – non mi riferisco solo al lavoro della regione, ma proprio a come si muove il tessuto – ho capito perché le richieste di autonomia sono state fatte in quella maniera. Ad esempio, più di una volta, ho chiesto al presidente Bonaccini perché non applicassero quella norma che ha richiesto la Lombardia; mi ha risposto che non rientra nelle loro logiche. Non gli interessa un certo tipo Pag. 16di logica, perché dipende veramente dal contesto.
  Ricordo che, comunque, le richieste di competenze sono soprattutto in materia ambientale e del lavoro, tutte competenze del Ministero dello sviluppo economico. Sono estremamente di ambito amministrativo.
  Il presidente prima mi diceva che è stata fatta la richiesta di mettere a disposizione i documenti istruttori relativi alle intese. Presso il Ministero io ho tutto questo materiale, sono una decina di faldoni, ma bisogna identificare cosa si intenda per documento istruttorio. Io ho tutti i passaggi ovviamente, però a volte sono intervenute numerose riformulazioni. Avrò una cinquantina di testi con riformulazioni. Se chiedete i passaggi, per me non è ricostruibile questo tipo di percorso. Se volete le richieste delle regioni, anche le richieste delle regioni si sono modulate nel tempo a seconda dei pareri che emergevano dagli incontri tecnici che erano fatti presso i Ministeri, all'esito dei quali veniva formulata una riformulazione magari di una singola norma. È qui presente anche il mio capo di gabinetto. Tutta quella documentazione è a disposizione. Chiunque voglia venire a consultarla può benissimo venire. Io non so se vogliamo strutturarla, perché anche gli stessi pareri dei Ministeri non è che sono stati espressi una volta sola, non è che tu hai un parere e mi viene dato. Ho veramente una miriade di passaggi. Come quando proponete le riformulazioni degli emendamenti in Aula. Ecco, applicate questo su tre grosse intese, su 23, 23 e 15 materie. Tuttavia, è a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Innanzitutto prendiamo atto della disponibilità che il Ministro ha dato ai membri del Parlamento in generale, ma in particolare di questa Commissione, di poter prendere visione, compatibilmente ovviamente con le attività del Ministero, della documentazione che è lì depositata.
  Signor Ministro, io cerco di interpretare il pensiero rappresentato da questa lettera della presidente che faceva la sintesi di un dibattito che si era aperto e che ci vedeva pressoché concordi tra tutti gli schieramenti. Noi condividiamo assolutamente quanto da lei detto circa il fatto che le modalità con cui il Parlamento dovrà intervenire nel procedimento di attuazione dell'articolo 116, comma terzo, sono rimesse essenzialmente al Parlamento stesso, ai Presidenti delle due Camere o all'iniziativa legislativa autonoma del Parlamento nel caso in cui il Parlamento volesse dedicarsi a disciplinare con una legge-quadro questo processo, come hanno suggerito alcuni esperti della materia e costituzionalisti interessati. Dunque, in qualche modo, o con un'attività legislativa, d'iniziativa del Governo o d'iniziativa dei Gruppi, con una legge-quadro, o comunque con un'interpretazione di tipo regolamentare, è il Parlamento a dover decidere come procedere.
  Quello che in qualche modo era emerso nel dibattito dei Gruppi è un'esigenza. Proprio perché una volta che c'è un'intesa sottoscritta il Parlamento può solo o prenderla o lasciarla, quindi votare a favore o contro, per evitare chiaramente di andare a uno showdown, il problema era mettere il Parlamento nelle condizioni di avere conoscenza il prima possibile dello stato attuale dei lavori, rendendoci però conto che ovviamente, essendo un meccanismo di negoziazione, procede per step successivi.
  L'interesse della Commissione era stato in origine, a seguito delle audizioni dei presidenti Zaia e Fontana, quello di acquisire la documentazione che i due presidenti avevano dichiarato di aver depositato presso il Ministero. Prendiamo atto che quella documentazione è comunque superata da un iter che ha portato a rivedere.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Presidente, loro però parlavano magari di una formulazione in particolare.

  PRESIDENTE. Alcuni colleghi hanno chiesto se erano disponibili a depositare i loro documenti di partenza. A questa domanda i due presidenti hanno risposto di aver depositato le posizioni istituzionali di partenza, la loro rivendicazione sindacale (passatemi il termine) di partenza al Ministero. Hanno detto che è un documento Pag. 17depositato al Ministero, quindi si rivolgano al Ministero.
  Ci rendiamo conto, peraltro, che su questo si è sviluppata una negoziazione, che ha portato a release successive del testo. Credo che anche attraverso l'Ufficio di presidenza della Camera e il Dipartimento per i rapporti con il parlamento presso il vostro Ministero ci sarà il problema di capire come mettere il Parlamento nella condizione di conoscere i documenti per potersi esprimere e per poter dare in qualche modo un orientamento preliminare alla sottoscrizione di un'intesa. È un problema tutto da definire. Ci siamo in qualche modo aggiornati su questa richiesta, quindi sarà proprio l'Ufficio di presidenza della Commissione tramite l'Ufficio di presidenza della Camera a definire le modalità con cui acquisire questa documentazione.
  Ci sono ulteriori richieste di intervento?

  DANIELE MANCA. Ringrazio il Ministro, ma sarebbe interessante capire bene, perché è nella disponibilità del Parlamento, che chiaramente deve affrontare le questioni di propria competenza, se c'è un indirizzo definitivo del Governo. È evidente che le prerogative del Parlamento spettano ai Presidenti di Camera e Senato, ma è altrettanto vero che sarebbe interessante capire se ci sono dei tempi, quanto tempo abbiamo a disposizione successivamente, solo questo.

  UGO PAROLO. Mi sembra che stia emergendo un orientamento della Commissione, signor presidente, che sostanzialmente dà per scontato che il percorso debba essere deciso, per quel che riguarda la discussione parlamentare, nell'esclusiva competenza del Parlamento.
  Mi preme ricordare che stiamo parlando di intese, cioè di contratti che vengono sottoscritti tra due parti, che sono diverse, ahimè, rispetto al Parlamento. Sono due istituzioni che sono diverse rispetto al Parlamento. Stiamo parlando del Governo e delle regioni.
  Dunque, a mio modesto modo di vedere, credo che il lavoro che era stato svolto dal sottosegretario Bressa meriti una riflessione assolutamente importante. Conosco la professionalità e la competenza del sottosegretario Bressa, profondo conoscitore del mondo delle autonomie, che viene da quel mondo. Se ha prodotto un lavoro strutturato, che noi tutti peraltro conosciamo e che andava in una certa direzione, probabilmente a suo tempo avrà fatto qualche riflessione. Come ha ricordato il signor Ministro, peraltro, quel modo di procedere è stato votato sostanzialmente all'unanimità dal precedente Parlamento.
  Se la scelta della Commissione è quella di cercare il più possibile un coinvolgimento del Parlamento, non può che trovarmi d'accordo. Io sono un semplice parlamentare e vorrei poter dire la mia in tutti i modi in questo percorso, che è sostanzialmente un percorso che, però, vede due attori: il Governo e le regioni. Se, invece – lo dico molto francamente – il tentativo di assegnare un'esclusiva competenza ai Presidenti delle Camere rispetto alla modalità con cui ci si deve interfacciare in questo percorso può in qualche maniera diventare uno strumento per non arrivare al dunque e credo che questo non possa essere accettato. Signori, due giorni fa i cittadini italiani hanno votato su una proposta che, per quel che riguarda il nostro movimento, era molto chiara, a Nord e a Sud, e si sono espressi. Noi abbiamo la responsabilità di dare risposte.
  Pertanto, tutti gli strumenti che possono servire per creare atti di indirizzo, come diceva la senatrice Rivolta nell'intervento precedente, o fornire al Governo e alle regioni modalità di garanzia – passatemi questo termine – affinché tutti si possa procedere insieme e affinché si possa garantire lo sviluppo in tutte le aree nel nostro Paese, certamente non possono che trovarci d'accordo. Tuttavia, personalmente, credo che ipotesi emendative soprattutto alle intese o addirittura alla legge di approvazione dell'intesa non siano costituzionalmente possibili, perché evidentemente, come diceva il Ministro, potrebbero portare alla non sottoscrizione di quelle intese. Infatti, le intese sono contratti tra due parti e, quindi, vengono sottoposte alla fine del percorso, non all'inizio di questo percorso, Pag. 18al Parlamento che con una legge di approvazione sostanzialmente dovrà dire se quelle proposte sono ritenute meritevoli dalla maggioranza del Parlamento o meno.
  Credo che su questo dobbiamo essere molto franchi, altrimenti piuttosto diciamo ai cittadini che non vogliamo fare questo percorso. Io la penso così: non possiamo prendere in giro i cittadini.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Io oggi ho il testo che ho presentato in Consiglio dei ministri, ma su questo testo non ho avuto nessun tipo di riscontro formale da parte della componente del Movimento 5 Stelle.
  Ci sono i cosiddetti «nodi politici». Sono quelli che io ho qui. Faccio fatica a presentare a voi un testo sul quale non vi è la posizione del Governo, perché vi deve essere almeno una proposta del Governo. Io su questo non ce l'ho, non ce l'ho sulla parte generale, non ce l'ho sui fabbisogni, non ce l'ho in materia di ambiente e di infrastrutture. Pertanto, ritengo un corretto modo di procedere che si passi attraverso una presa di posizione.
  Sono a disposizione, credo che «nessuno nasca imparato». Sono convinta che dato un problema si trovino le soluzioni, ed è a questo che serve il confronto, però il confronto deve esserci, nel senso che, se faccio una proposta e di fronte non ho nessun tipo di controproposta, faccio fatica a venirne fuori e continuo a pensare che la mia sia la più giusta. Sto scherzando, evidentemente, però occorre sempre questo confronto, perché ancora non sono stati sciolti questi nodi.

  BIANCA LAURA GRANATO. Vorrei solo chiarire che quello che ho rilevato è che effettivamente non tutte le regioni potrebbero essere in grado di gestire in autonomia, cioè di avere una maggiore autonomia anche su materie sulle quali già hanno rivelato di essere deficitarie nella gestione. Questo è il nodo fondamentale. Bisogna riflettere se sia il caso di dare tutto a tutti quelli che lo chiedono, oppure se gestire la cosa in maniera per l'appunto differenziata, perché il dettato costituzionale prevede questo: le regioni possono e, quindi, non necessariamente devono, ottenere, ma il tutto deve rientrare in un'ottica di buonsenso e anche di rispetto dei diritti dei cittadini.
  Questo era il punto che volevo sottolineare, non che non ci siano delle regioni che meritano di avere maggiore autonomia e che saprebbero gestirla al meglio. Bisogna valutare quando sia opportuno ampliare e quando no.

  TIZIANA CARMELA ROSARIA DRAGO. Vorrei fare semplicemente una riflessione. Mi colpisce l'affermazione che non abbia avuto una posizione chiara da parte del Movimento 5 Stelle sulla tematica in questione a livello governativo, come mi pare di capire. È anche interessante prenderne atto e noi siamo qui chiaramente a rappresentarlo, quindi ci prodigheremo anche per fare in modo di giungere al dunque.
  È chiaro che si tratta di richieste espresse costituzionalmente, quindi non ci si può esimere dal tenerle in considerazione. Mi sembra che il discorso oggi sia stato molto chiaro, quindi il passaggio che bisogna comunque fare, a parte quello di responsabilità parlamentare o governativa, è in ogni caso definire i LEP per poi procedere a indicare i fabbisogni standard.
  Concludo dicendo che il mio è semplicemente un intervento che viene incontro a quella che ho percepito essere la visione che ha espresso, nel senso che adesso siamo forza di Governo, ma essere forza di Governo o essere opposizione poco importa, perché comunque bisogna fare in modo di giungere al bene comune da qualsiasi posizione ci si trovi. Fare opposizione per fare opposizione è chiaro che non porta il bene a nessuna parte politica e in primis ai cittadini.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. La senatrice Granato ha fatto una considerazione. Anch'io avevo valutato se inserirla nella parte generale, che è quella che si applica per tutte le regioni. Solleva un tema, ovvero se vi sia una meritevolezza da parte della regione al fine di ottenere questi spazi di autonomia. La Costituzione Pag. 19 non mi dà un aggancio immediato se vi sia una questione di meritevolezza, che potrebbe anche essere quella di avere i bilanci in ordine.
  Valutare se quella regione gestisca bene o male il sociale o gestisca bene o male le infrastrutture diventa una valutazione difficile da fare. Si rischia che il Governo decida e privilegi magari la regione più «amica» e riconosca meno a quella meno amica. Questo sarebbe assolutamente riprovevole.
  Si può valutare, se tutti sono d'accordo e se vi è ovviamente una condivisione su questo punto, di stabilire un criterio, cioè che nella valutazione della domanda si verifichi quanto meno che vi sia il bilancio in ordine.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e auguro buona giornata a tutti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.45.