XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Mercoledì 24 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI FONDI INTEGRATIVI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione di Nerina Dirindin, docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino.
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 
Dirindin Nerina , docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino ... 3 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 7 
Cecconi Andrea (Misto-MAIE)  ... 7 
Carnevali Elena (PD)  ... 7 
Novelli Roberto (FI)  ... 8 
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 9 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 10 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 11 
Dirindin Nerina , docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino ... 11 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 12 

Audizione di rappresentanti di Confcommercio, del Gruppo Aon, della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani (CASAGIT), dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazioni (AIBA):
Lorefice Marialucia , Presidente ... 12 
Prampolini Donatella , vicepresidente di Confcommercio ... 13 
Vanin Enrico , amministratore delegato del Gruppo Aon ... 15 
Cerrato Daniele , presidente della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti (CASAGIT) ... 17 
Ariagno Danilo , presidente del Comitato tecnico scientifico dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazione (AIBA) ... 18 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 20 
Cecconi Andrea (Misto-MAIE)  ... 20 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 20 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 21 
Prampolini Donatella , vicepresidente di Confcommercio ... 21 
Vanin Enrico , amministratore delegato del Gruppo Aon ... 21 
Cerrato Daniele , presidente della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti (CASAGIT) ... 23 
Ariagno Danilo , presidente del Comitato tecnico scientifico dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazioni (AIBA) ... 23 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIALUCIA LOREFICE

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Nerina Dirindin, docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione della professoressa Nerina Dirindin, docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna.
  Pregherei la nostra ospite di contenere il proprio intervento entro dieci minuti, per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica del soggetto audito. La documentazione depositata o fatta pervenire successivamente sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione del GeoCamera e sarà pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do quindi la parola alla professoressa Nerina Dirindin.

  NERINA DIRINDIN, docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino. Grazie, presidente, buongiorno a tutti. Avendo dieci minuti, entro subito nel merito.
  La questione dei fondi sanitari è una questione ricca di equivoci, distorsioni e luoghi comuni, sui quali mi permetterò di soffermarmi e cercherò anche, per quanto possibile, di fare un po’ di chiarezza.
  Intanto voglio precisare che la posizione non è pregiudiziale nei confronti dei fondi sanitari, ai quali si riconosce che possano avere un ruolo, però voglio respingere fermamente il luogo comune che i fondi sanitari siano la soluzione di tutti i problemi delle politiche a tutela della salute dei cittadini, perché i fondi sanitari offrono soluzioni solo apparentemente poco costose e contribuiscono a legittimare le equivoche decisioni di chi depotenzia il disinteresse che c'è nei confronti del Servizio sanitario nazionale in questo momento.
  Si insinuano poi in questo difficile equilibrio (so benissimo quanto sia complesso affrontare questa materia) fra il bisogno di una tutela pubblica della salute, come vuole la Costituzione e come la legge n. 883 del 1978 ha ben declinato, e invece interessi privati, che sono quelli che hanno giocato un ruolo importante in questi anni nelle decisioni e comunque nello sviluppo dei fondi.
  I fondi sono un amalgama poco conosciuto e poco trasparente, qualcuno li chiama «il terreno del caos», forse parlare di caos è un po’ troppo, ma certamente sono un amalgama poco conosciuto e, come ho detto, poco trasparente.
  Il loro forte sviluppo che c'è stato in questi ultimi 10-12 anni risente di una governance molto frammentaria e di una normativa disorganica e – mi posso permettere di dire con tutto il rispetto per il luogo che vi ospita – compiacente nei confronti delle forze in gioco e degli interessi Pag. 4economici dentro questo settore, interessi dell'intermediazione finanziaria e assicurativa.
  Perseguono degli obiettivi che sono plurimi e per questo vengono spesso presentati come delle soluzioni win-win in cui tutti ci guadagnano. Non sono certo io a spiegare che giochi in cui tutti guadagnano e nessuno perde non esistono e quindi bisogna domandarsi cosa c'è che non conosciamo rispetto a queste soluzioni, affinché si possa capire effettivamente se migliorano il benessere della collettività, se fanno risparmiare e dove fanno risparmiare, e con quali risultati noi avremmo a che fare.
  Perseguono tanti obiettivi, che sintetizzo rapidamente. Per i datori di lavoro riducono il costo del lavoro, obiettivo assolutamente importante, perché sappiamo quanto sia rilevante il cuneo fiscale; perseguono l'obiettivo per l'intermediazione finanziaria e assicurativa di ampliare il giro d'affari dell'intermediazione, in un settore che ha continua ricerca di mercati profittevoli per le proprie attività. I lavoratori non hanno forse una piena consapevolezza di cosa vogliono dire i fondi sanitari, e lo dimostrano anche degli studi che sono stati fatti con riguardo alla conoscenza, in particolare dei manager e dell'alta dirigenza, rispetto ai benefici che i fondi producono, che sono assolutamente contrari al luogo comune che tutti li apprezzano e che tutti li considerano importanti.
  In realtà, per il lavoratore esiste un effetto poco noto, che è quello dello scambio fra più remunerazione in busta paga e meno TFR, meno pensioni e una copertura sanitaria che molto spesso è duplicativa rispetto a quella del Servizio sanitario.
  Non ci sono solo vantaggi per i lavoratori, perché non mi soffermerò più a lungo su questo, in quanto, nel momento in cui non si versano i contributi e non vengono considerati facenti parte della remunerazione, si incide soprattutto nel medio periodo sul monte contributivo per le pensioni e sul monte sul quale si calcola il TFR, quindi è uno scambio fra più soldi o più coperture assicurative ora e qualcosa di meno in futuro.
  Per il Servizio sanitario nazionale di fatto stanno diventando lo strumento attraverso il quale i decisori a livello nazionale e a livello regionale possono permettersi un disimpegno nei confronti della sanità pubblica, perché tanto c'è sempre quello sfogo, verso cui i cittadini sempre più stanno imparando a orientarsi, che è quello di bypassare le difficoltà del Servizio sanitario nazionale anziché rivendicare il diritto che queste siano affrontate seriamente anche in tempi di crisi, semplicemente di trovare altre soluzioni.
  Per il mondo della produzione dei beni e dei servizi della sanità costituiscono una crescita del loro mercato, ma dal punto di vista della tutela della salute i fondi contribuiscono a contrastare questa sobrietà che il Servizio sanitario nazionale, un po’ costretto dai problemi della finanza pubblica, ha mantenuto e che costituisce un carattere distintivo, molto apprezzato a livello internazionale, molto meno spesso nei luoghi comuni che si diffondono nel nostro Paese con riguardo alla sanità pubblica.
  Dal punto di vista della tutela della salute, i fondi sanitari promuovono (di questo ci sono evidenze scientifiche e studi) modelli di consumi che non distinguono, per precise strategie di marketing, fra i consumi che sono essenziali, che sono importanti per la tutela della salute della popolazione e che devono essere garantiti, e i consumi che sono superflui o addirittura dannosi.
  Ci sono vari esempi (mi permetterò poi in una nota scritta di mettervi qualche elemento di dettaglio se fosse ritenuto importante) che dimostrano come nel tentativo di farli apparire vantaggiosi nei confronti dei lavoratori o comunque degli iscritti ai fondi si offrano ad esempio forme di screening che si considera non opportuno che siano fatti di massa, se non nei casi che hanno esigenze particolari di risposta a veri quesiti diagnostici.
  Promuovono quindi il ricorso alle cure specialistiche direttamente scelte dal singolo cittadino, non attraverso il passaggio attraverso il medico di medicina generale che dovrebbe svolgere questo ruolo di orientamento, che, come sappiamo benissimo, Pag. 5non sempre lo fa in modo adeguato, ma che comunque è necessario, ma sulla base quindi di scelte individuali.
  Producono un effetto che è noto nella letteratura internazionale, in particolare nella letteratura statunitense, dove i fondi agevolati fiscalmente sono l'ossatura del sistema di tutela della salute: una sovra assicurazione rispetto ad alcuni rischi. La sovra assicurazione è nota nella letteratura economica come un fenomeno che produce una riduzione del benessere complessivo della collettività e ha degli effetti deleteri, perché per effetto dell'azzardo morale induce a dei consumi che non sono strettamente in grado di migliorare il benessere della popolazione.
  Dal punto di vista dell'equità producono un effetto importante in un Paese che ha tante diseguaglianze che sono anche disequità e che dovrebbero essere contrastate, anziché lasciare che se ne alimenti l'aggravamento, in quanto contrastano con l'uniformità nella tutela della salute. La Costituzione, la legge n. 883, recano un principio fondamentale: di fronte ai bisogni di salute i cittadini devono essere trattati alla stessa maniera, e invece questi producono canali differenti in base alla diversa situazione delle persone.
  Mi soffermo qualche minuto sulle agevolazioni fiscali, che anche nella vostra nota sono uno dei temi sui quali si discute molto, soffermandomi su due aspetti. Il primo è la dimensione delle agevolazioni fiscali, il secondo quali sono gli effetti, che possono essere misurati sulla base delle informazioni che abbiamo.
  La dimensione delle agevolazioni fiscali, credo che i componenti della Commissione la conoscano benissimo e quindi mi limito ad affrontarla dal punto di vista di quale è il mancato gettito per l'erario, dovuto alle agevolazioni fiscali e contributive a favore delle singole persone e a favore delle imprese.
  Una stima recente, che è stata appena pubblicata in una rivista scientifica, dice che per il 2016, anno per il quale è stato possibile fare il calcolo, la perdita di gettito è di 1,2 miliardi di entrate da parte della finanza pubblica. Di questi 1,2 miliardi, due terzi (il 67 per cento) è a favore delle persone fisiche, che quindi risparmiano IRPEF e contributi a loro carico, e il 33 per cento è a favore delle imprese, che risparmiano i contributi a carico delle imprese.
  La cosa sorprendente è che questi 1,2 miliardi sono le agevolazioni fiscali su un totale dei contributi versati ai fondi, per i quali è stato possibile avere dal Ministero dell'economia e delle finanze i dati, pari a 1,9 miliardi. Quindi su 1,9 miliardi di contributi, con le agevolazioni fiscali, cioè il mancato gettito, pari a 1,2 miliardi, il 65 per cento è a carico della collettività dei contribuenti, i quali contribuenti, anche quelli non iscritti ai fondi, ovviamente contribuiscono a coprire quel 1,2 miliardi che viene meno come gettito dello Stato.
  Le agevolazioni fiscali sono molto problematiche, discutibili in primo luogo sotto il profilo dell'equità, perché producono effetti regressivi a favore dei più ricchi. Questo è semplice, non c'è bisogno di spiegarlo, sugli importi versati il risparmio d'imposta dei più ricchi, di chi ha un reddito superiore a 100.000 euro è tre volte quello dei più poveri, quelli che hanno un reddito inferiore a 10.000, quindi effetti regressivi vuol dire che avvantaggiano i ricchi.
  Non solo, ma noi sappiamo che sono selettivi, il che vuol dire che avvantaggiano le persone non soltanto con una remunerazione media più elevata, ma anche le persone di età non compresa fra le fasce che normalmente nelle politiche sanitarie consideriamo quelli che hanno più bisogno di essere sostenuti rispetto all'assistenza, cioè gli anziani e i giovani, perché coloro che sono iscritti sono principalmente nelle classi di età lavorative e quindi coloro che sono più sani.
  Avvantaggiano quindi i più ricchi e i più sani, e avvantaggiano coloro che lavorano presso specifiche tipologie di imprese, in particolare le imprese di medie o grandi dimensioni, dove la capacità negoziale è più elevata, non in via esclusiva, ma in via principale.
  Creano quindi delle discriminazioni, perché consentono a taluni di poter avere accesso a delle prestazioni sanitarie su un binario diverso da quello della generalità Pag. 6della popolazione e non lo consentono ad altri, perché alcune tipologie di persone, in particolare le più fragili (pensiamo alle persone inoccupate o ai disoccupati), non hanno la possibilità di accedere ad alcun fondo sanitario.
  Questa è un'argomentazione a rischio di equivoci. Le organizzazioni sindacali, sono un soggetto rispetto al quale ho dimenticato inizialmente di dire quale interesse hanno rispetto ai fondi sanitari. La risposta che più frequentemente mi capita di valutare è «così riusciamo a chiudere un contratto, altrimenti in tempi di crisi economica e di difficoltà da parte delle imprese a garantire un aumento della retribuzione in busta paga non riusciremmo a chiudere un contratto», quindi anche le organizzazioni sindacali alla fine aderiscono senza essere sufficientemente consapevoli di cosa vuol dire dal punto di vista dei lavoratori in futuro, come ho detto per le pensioni e per il TFR.
  Sappiamo però che a queste tipologie di coperture non possono aderire le persone che non hanno un lavoro o che hanno un lavoro saltuario o che hanno un lavoro intermittente, come purtroppo soprattutto fra i giovani più frequentemente capita di osservare. Di qui il problema è se dobbiamo estenderli anche a loro oppure dobbiamo regolamentarli in maniera diversa.
  Vorrei chiarire che non solo dal punto di vista dell'equità sono discutibili, ma sono discutibili anche dal punto di vista dell'efficienza, se ci domandiamo se dal punto di vista dell'efficienza sia un bene o un male che i fondi si sviluppino. Qui ci sono molte analisi che dimostrano che non migliorano il benessere della collettività, perché inducono, per effetto perverso, dei fenomeni delle asimmetrie informative, dell'azzardo morale e della selezione avversa, una crescita dei contributi che sono versati, dei premi, dei prezzi delle prestazioni e della spesa complessiva non soltanto privata, ma anche pubblica.
  Non ho modo in pochi minuti di spiegare, ma la letteratura nordamericana esprime chiaramente le difficoltà che, dal punto di vista della mera efficienza, non solo dal punto di vista dell'equità, questi comportano.
  Mi vorrei soffermare solo due minuti, perché l'obiettivo è sempre domandarsi cosa si potrebbe fare in un contesto in cui sono già così sviluppati e si sono sviluppati in maniera così disorganica e così difficile da regolamentare. La Commissione Igiene e sanità del Senato con l'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale della scorsa legislatura aveva ha fatto un approfondimento specifico, che aveva approvato all'unanimità, rispetto al quale aveva fatto molte valutazioni.
  Intanto bisogna capire cosa non si deve fare, a mio modesto giudizio. In primo luogo non bisogna pensare che la riduzione dei livelli essenziali di assistenza sia la soluzione alla quale ricorrere per ampliare l'ambito di azione dei fondi, perché questo vorrebbe dire togliere le tutele su alcuni gruppi di prestazioni (la specialistica, le visite, gli accertamenti diagnostici) a tutti coloro che non hanno accesso ai fondi. I LEA devono restare quello che la normativa dice che devono essere, anzi bisognerebbe rafforzare la capacità di monitorare se quei LEA sono davvero garantiti.
  In secondo luogo non bisogna introdurre, in modo più o meno esplicito, forme di opting out, cioè la possibilità di fuoriuscire dal Servizio sanitario nazionale, tema di cui si parla in relazione alla riduzione della pressione fiscale ed alla flat tax, «se non facciamo pagare più imposte ai ricchi, chiediamo loro anche di uscire dal Servizio sanitario nazionale», come se questa fosse una soluzione equa, ma il problema è che se escono i ricchi e non finanziano la sanità per i poveri, chi finanzia la sanità per i poveri?
  Avvieremmo poi un aumento delle disequità fra coloro che si possono permettere una copertura sanitaria e coloro che non se la possono permettere, mentre al contrario bisogna rafforzare la sanità pubblica senza venir meno a tutti quegli interventi che in questi anni passati il Ministero dell'economia ha fatto bene e il Ministero della salute ha fatto molto modestamente per controllare che non siano garantiti solo i bilanci in Pag. 7pareggio, ma siano garantiti anche i servizi che devono essere dati alla popolazione.
  Bisogna prevedere una nuova regolamentazione, che è l'obiettivo che emerge da questa Commissione, prevedere regole precise di trasparenza, perché gli studiosi non hanno i dati sui bilanci, su quanto spendono, su che tipologia di prestazioni riescono ad erogare, e questa mancanza di trasparenza lascia adito a tutti i luoghi comuni e agli equivoci di cui ho detto in premessa.
  A mio giudizio, una cosa rapida che si potrebbe fare è aumentare quel 20 per cento per le agevolazioni fiscali, in modo che le agevolazioni fiscali siano garantite soltanto a quelle prestazioni che da tempo il Servizio sanitario non riesce a dare, l'odontoiatria e il sociosanitario. Solo il 20 per cento è legato a quella tipologia di prestazioni, non sappiamo neanche se i controlli su quel 20 per cento sono fatti in modo adeguato oppure in maniera un po’ approssimativa, ma certamente, siccome si tratta di lavorare in progress, gradualmente, quel 20 per cento deve essere necessariamente aumentato, come era stato previsto alla fine degli anni ’90, quando si prevedeva che le agevolazioni si concentrassero sui fondi che sono effettivamente integrativi e invece si riducessero per quelli che non sono integrativi.
  La risposta anticipata a un'obiezione: ma se si aumenta quel 20 per cento, i fondi non hanno più interesse a stare sul mercato. Qui si potrebbe rispondere in modo facilitato: è compito del legislatore garantire la presenza sul mercato di fondi se sono in grado solo di produrre più iniquità e più inefficienze? Però si potrebbero riservare espressamente su alcuni ambiti meglio definiti di prima. L'odontoiatria e il sociosanitario pesano non pochi miliardi sulla spesa complessiva, quindi forse ci sono spazi per garantire gli interessi privati dove coincidono con gli interessi della collettività, e non dove contrastano con gli interessi della collettività.
  Secondo me c'è bisogno di fare una grossa operazione di verità, in modo che tutti sappiano quali sono gli effetti nel breve e nel medio periodo, quindi persino una campagna informativa relativamente a chi paga, chi beneficia adesso e in futuro, in modo che i cittadini poi potranno scegliere, ma sceglieranno in modo informato. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA CECCONI. Solo una domanda sulle detrazioni fiscali, che è un tema controverso e molto dibattuto qui in Commissione e ancora stiamo attendendo dei dati.
  Citando i dati del 2016, che nel 2017 e 2018 sono sostanzialmente molto aumentati, ci ha detto che su circa 2 miliardi di premi versati tra datore di lavoro e dipendenti il mancato gettito per l'erario è di 1,2 miliardi, quindi del 65 per cento. A me sembra improbabile questo dato, nel senso che, a parte il 19 per cento di detrazione che il dipendente scarica dall'IRPEF, la mancata tassazione di quanto versa il datore di lavoro e la mancata tassazione di quanto dovrebbe versare il dipendente, il 65 per cento mi sembra troppo. Se quindi potesse specificarmi questa cosa, perché è possibile ma, detto così, mi ha fatto sorgere delle perplessità.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio la professoressa Dirindin. Anche se abbiamo il resoconto stenografico, se ci mandasse una nota sarebbe molto apprezzata.
  Ho un po’ di considerazioni, non so se sono proprio domande. La prima è sulla questione legata alla trasparenza. La cosa che mi ha colpito in tutte le audizioni che abbiamo fatto è che non riesco a capire relativamente a tutto il montante di quel che riguarda la questione dei fondi assicurativi, ma in particolare dei fondi integrativi quanto effettivamente diventano, quanti sono quelli che sono un beneficio, con tutti i limiti di cui abbiamo parlato adesso, e quanti invece vengono utilizzati per i costi di gestione. Fatto cento, quanto alla fine di quel cento viene trattenuto per i costi di gestione e quanto effettivamente diventa un Pag. 8vantaggio, con i limiti e le virtù di cui abbiamo parlato prima.
  Faccio l'esempio delle prestazioni odontoiatriche, fatti che si conoscono, contratti in cui si dice che è possibile il riconoscimento di tutte le prestazioni, poi purtroppo succede (contratti collettivi nazionali) che questa cosa non è vera e i lavoratori non hanno il riconoscimento delle prestazioni e chi ha effettuato la prestazione non ha il riconoscimento di ciò che ha realmente effettuato. Come riuscire quindi a regolamentare l'effettiva capacità di lunghezza del passo tra ciò che viene sottoscritto nei contratti e ciò che effettivamente è vero? Non ci sono solo le preoccupazioni che lei sottolineava, ma diventa a questo punto possibile un danno al lavoratore.
  Ultima domanda. L'impressione abbastanza acclarata da studi (parlo della mia regione, la Lombardia) è che il mercato, in particolare il servizio sanitario convenzionato, abbia cambiato strategia e, a differenza di prima, quando c'era una particolare attenzione anche a rivolgersi alle prestazioni contrattualizzate, rispetto a tutta la filiera che riguarda fondi assicurativi o fondi integrativi il mercato è diventato molto importante. Gli effetti distorsivi (penso soprattutto al tema equità e al tema salute) credo che siano quelli più rilevanti sui quali dobbiamo concentrarci.
  Rimane un tema, i suggerimenti sulla regolamentazione, perché sulla trasparenza ci siamo, sul fatto che il Ministero a nostro giudizio potrebbe fare molto di più perché non c'è vigilanza, ma la regolamentazione come scatta se i partner stanno al di fuori dello Stato? Noi agiamo sul fatto che riconosciamo dei benefici fiscali, ma il modello contrattuale avviene su un altro tavolo, che è quello tra i lavoratori e l'azienda, tra i sindacati e l'azienda.
  In merito al sociosanitario, su esperienze come i fondi INAIL e la long term care, volevo sapere se ci sono dei dati più approfonditi, perché l'aiuto all'eventuale mantenimento del costo del proprio familiare in una casa di riposo è particolarmente oneroso, viaggiamo tra i 1500, 2000, 2500 euro al mese. Alla fine che vantaggio può garantire un fondo integrativo, cioè quanto ti copre? Queste sono informazioni in linea di massima, che mi aiuterebbero a capire di più.

  ROBERTO NOVELLI. Anch'io ringrazio la professoressa Dirindin per la relazione e ho due considerazioni e una domanda.
  Mi ha colpito il fatto che lei più volte abbia utilizzato un termine, ricchi, perché non so cosa significhi essere ricchi o meno, però il fatto di ricondurre sempre la fruizione della sanità pubblica o privata al fatto di essere ricchi o meno secondo me è un po’ fuorviante, cioè ci sono delle persone, che ritengo non essere ricche, che utilizzano anche la sanità privata a compensazione dei disservizi che la sanità pubblica purtroppo crea.
  Fatta questa considerazione, penso (ho già avuto modo di dirlo) che, al di là di una giusta e corretta riorganizzazione delle norme che regolano i fondi integrativi, sarebbe importante prima di tutto cercare di rafforzare il sistema pubblico, quindi non togliere qualcosa nel momento in cui qualcos'altro, il sistema pubblico, non funziona ancora a regime, bensì prima rafforzare quello che il sistema pubblico è in grado di dare e di erogare, e successivamente passare a una riorganizzazione del sistema dei fondi sanitari, che possa essere anche utile per quanto concerne una regolamentazione più equa del sistema stesso, perché troppo spesso in questo Paese abbiamo visto smontare un sistema, che aveva bisogno sicuramente di essere rivisto, senza però potenziare l'altro.
  Il Sistema sanitario nazionale è iniquo per definizione, al di là dei principi costituzionali, basta semplicemente guardare come vengono erogate le prestazioni e i LEA nelle singole regioni, perciò credo che sarebbe importante prima livellare ed equilibrare il sistema, in modo tale che poi non ci si trovi nella condizione di togliere anche il diritto di un cittadino, che magari ha un reddito superiore o fa parte di un fondo integrativo, di andare a cercare quella risposta al suo bisogno di salute, seppur non magari completamente legittimata, perché sappiamo tutti che spesso c'è un'ipertrofia nella richiesta delle prestazioni da parte di un cittadino che, non trovando risposte o Pag. 9non avendo interlocutori nella sanità pubblica, si arrangia.
  C'è l'altro aspetto con cui concludo il mio intervento, che è legato direttamente alla sanità pubblica. I medici di medicina generale sono il primo filtro e sono forse il filtro più importante rispetto alle risposte di salute del cittadino. Il medico di medicina generale è utilizzato da tutti noi semplicemente anche per andare a richiedere una prestazione, una ricetta, ed è il medico di medicina generale che forse dovrebbe anche sensibilizzare il cittadino rispetto al bisogno di salute e alle risposte che il Servizio sanitario può dargli in rapporto alla sua condizione, che il medico di medicina generale dovrebbe conoscere.
  Questo forse è uno degli aspetti che andrebbero implementati, è un po’ come la scuola sulla quale si carica tutto, qualunque norma noi facciamo la scuola viene coinvolta, attraverso la scuola ci devono essere i corsi di formazione, ci devono essere le informative, qualunque cosa la scuola, ma la scuola non regge a tutto questo, così anche il medico di medicina generale dovrebbe sapere, occuparsi, specializzarsi su tutto, e questo è difficile.
  È anche vero che una sorta di informazione massiva su determinati argomenti di interesse generale potrebbe essere fatta dal medico di medicina generale, e porto un esempio chiaro, semplice, limpido. Si sta avendo in questi anni una sorta di psicosi da rischio tumore, perché, come sappiamo tutti, il numero degli ammalati è in incremento e le persone sono spaventate, per cui vanno a cercare delle risposte, spesso vanno a cercare delle risposte attraverso la sanità privata, anche pagando in proprio questi screening oncologici.
  Forse sarebbe bene dare delle indicazioni precise e far capire a tutti noi con un'informazione semplice e lineare, anche attraverso gli organi istituzionali, che ci sono delle cose che non vanno fatte, perché non servono. Noi qui ne parliamo, siamo tutti consapevoli, ma fuori da quest'aula o dai luoghi di competenza non c'è questa percezione, non c'è questa conoscenza. Volevo sapere cosa ne pensava, grazie.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Credo che stiamo trattando una materia estremamente complessa, che tra l'altro richiederebbe anche una certa dimestichezza di politica economica, di economia, di governance finanziaria, quindi mi perdonerete se dirò alcune inesattezze o utilizzerò dei termini che non sono propriamente degli studiosi o di coloro che si occupano della finanziarizzazione dei bisogni, che però dobbiamo provare a dividere in due.
  Finanziarizzazione dei bisogni significa avere i dati, in questa legislatura tutta la Commissione ha convenuto sull'importanza di avere i dati chiari, liberamente diffusi alla cittadinanza per quanto riguarda i trasferimenti di valore in sanità. Dall'altro lato abbiamo anche chi si occupa di finanziarizzazione dei bisogni e utilizza questi dati per creare sia strumenti di ingegneria finanziaria, sia strumenti per garantire prestazioni che in questo momento un sistema totalmente pubblico non riesce a garantire a livello dei livelli essenziali di assistenza.
  Lo sappiamo perché il nuovo DPCM dei livelli essenziali di assistenza, pubblicato in Gazzetta Ufficiale a marzo 2017, soprattutto a causa di costi che sono di circa 1 miliardo in più rispetto ai precedenti, non è ancora stato recepito da alcuna regione italiana.
  Lei si chiede giustamente come possiamo affrontare un argomento di tale complessità se non abbiamo a disposizione dati trasparenti. Il mio collega Andrea Cecconi ha scritto una lettera proprio in merito a un gap temporale di dibattito che è stato affrontato sul Quotidiano Sanità, in cui si dichiara basito rispetto a dati forniti ufficialmente in un'indagine conoscitiva importante, che produrrà una pubblicazione come quelle delle precedenti legislature che vediamo su queste librerie che fanno la storia della Repubblica, che creano le opinioni stesse dei legislatori. In questa fase è importantissima la raccolta dei dati, eppure l'ente più importante... Prima la collega ha evidenziato come questi dati dovrebbero essere raccolti dal Ministero della salute ma in realtà è stato bravo il mio collega Cecconi ha dire che questi dati dovrebbero essere nella disponibilità dell'Agenzia delle Pag. 10entrate, elaborati da SOGEI, il braccio tecnico-informatico del Ministero dell'economia e delle finanze, che ha platealmente sbagliato, passando da 4 miliardi a 6-700 milioni a metà indagine conoscitiva, e noi parliamo di trasparenza?
  In questo momento stiamo parlando di un sistema che è totalmente fuori controllo, e forse i più cattivi, i più paranoici rispetto a chi si occupa di ingegneria finanziaria potrebbero addirittura pensare che determinati correttivi siano stati suggeriti all'Agenzia delle entrate e che tali dati fossero in mano ai privati, che a un certo punto sono riusciti a dare ulteriori elementi all'Agenzia delle entrate per cambiare completamente un quadro, che passa da un regime di dati detratti, come già ho detto, di circa 4 miliardi, a 6-700 milioni.
  Questo avviene in tre mesi, si scatena un dibattito tra portatori di interessi dichiarati, trasparenti, che non ritengono che il terzo pilastro possa essere nel futuro... O quantomeno non vogliono lasciare libere praterie a un aumento del terzo pilastro, che da tutti i portatori di interesse viene dichiarato complementare.
  Altri che non hanno interessi economici diretti dicono che c'è un'incompatibilità di fondo in tema di politica sanitaria a lungo termine tra chi porta avanti questo tipo di paradigma, che sicuramente risuona nelle note di una sanità statunitense in cui il privato determina il tipo di offerta con cui ci si può curare.
  E dall'altro lato chi cerca di dire... Annoveriamo nelle varie ingenuità che sono state dette all'interno di questo dibattito persino l'assessore della sanità del Lazio, la seconda regione più importante d'Italia, che dice ingenuamente, secondo me in maniera del tutto condivisibile, ma cerchiamo di capire anche questo aspetto, che con quei 4 miliardi si potrebbero garantire i LEA. Ovviamente il dibattito all'interno di questa Commissione è in una fase molto più avanzata, molto più informata, però se al momento il pubblico ha i dati totalmente fuori controllo, c'è un privato che dichiara di essere in una situazione di tourbillon, perché i legislatori pretendono che questi dati siano pubblici, e non solo la lista della spesa dei 322 fondi sanitari integrativi che al 97 per cento in realtà sono no profit, che sono dati quasi inutili.
  Noi vogliamo sapere di questi oltre 300 fondi sanitari quanto cuba ognuno di essi, e vorremmo giustamente come legislatori sapere se il contributo medio del contribuente in tre mesi secondo gli esperti sia passato da 1.600 euro a circa 250-300 euro a testa. Questo secondo me dà la misura del fatto che abbiamo messo la mano nel nido delle vipere con questa indagine conoscitiva, abbiamo messo la mano dove non si è voluto vedere per tanto tempo e su cui, come lei ha detto all'inizio, c'è grande confusione. Rimettere a posto i pezzi è compito di questa indagine conoscitiva, all'interno di un dibattito in cui non si capisce bene chi sta facendo quale gioco. Questo è un punto importante.

  CELESTE D'ARRANDO. Desidero ringraziare la professoressa perché ha dato degli spunti di riflessione interessanti e fare una domanda (magari lei lo ha detto, ma mi piacerebbe approfondire questo aspetto). Rispetto ai fondi sanitari integrativi, qual è il livello di risorse economiche sottratte dai fondi alla spesa sanitaria che può essere dedicato invece al sistema pubblico? I fondi sanitari hanno la funzione di essere integrativi e non vanno a incidere sulle risorse destinate al Sistema sanitario pubblico o invece, se queste risorse vanno ad incidere, abbiamo delle cifre?
  Mi piacerebbe se nella nota che lascerà agli atti della Commissione ci fosse anche una bibliografia degli studi che lei ha citato, perché credo che questa sia la sede per poter approfondire maggiormente e andare a regolamentare.
  Rispetto all'informazione dei cittadini sui fondi sanitari integrativi mi trova concorde, perché effettivamente non tutti conoscono come funzionano e di che tipo sono, e nel mio distretto sanitario ho notato due aspetti. Il primo è che nella prenotazione delle visite mediche, molto spesso anche di tipo specialistico (faccio l'esempio della visita dermatologica, quindi specialistica) chi al CUP o al centro informazioni risponde e non dà l'informazione corretta, parla di convenzionata con il sistema pubblico Pag. 11 e io posso capire la differenza, ma non tutti i cittadini hanno questa conoscenza, quindi se avesse degli spunti su come rendere maggiormente consapevoli i cittadini, sarebbero graditi.
  L'altro aspetto è che noi abbiamo tantissimi servizi all'interno dell'azienda sanitaria locale, quindi del Servizio sanitario nazionale, ad esempio spesso non si sa da chi farsi fare le iniezioni, ma alcune aziende sanitarie locali hanno il servizio di infermieristica. La riflessione che è collegata al mondo della sanità integrativa è che i cittadini non sanno quali servizi siano presenti sui territori e spesso si rivolgono al privato proprio per la scarsa conoscenza di quello che il Sistema sanitario può offrire.

  PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Dirindin per la replica.

  NERINA DIRINDIN, docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l'Università di Torino. Anche per rispondere alle richieste della presidente, sarò super sintetica e poi mi permetterò di farvi avere del materiale.
  Rispondo all'onorevole Cecconi, che si chiedeva come sia possibile che, su 1,9 miliardi di contributi versati, 1,2 sia la stima del minor gettito. C'è un lavoro che è stato appena pubblicato da tre studiosi di scienza delle finanze dell'Università Ca’ Foscari di Firenze che spiegano tutto questo (vi lascerò anche questo). Non c'entra niente con la detrazione al 19 per cento prevista per le spese private che restano a carico del cittadino, questo è l'ammontare del mancato gettito IRPEF e del mancato versamento dei contributi a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, legato a quei contributi che sono versati ai fondi integrativi. Il rapporto è sorprendente, perché è molto elevato, ma è quello che sembrava plausibile e in effetti dà questa conferma.
  Ovviamente il risparmio è a carico del datore di lavoro e del lavoratore, mentre invece i contributi sono pienamente dati ai fondi, però (questo mi permette di collegarmi rapidamente a un altro quesito dell'onorevole Carnevali) le agevolazioni fiscali sono state lo strumento per incentivare lo sviluppo dei fondi sanitari. Le agevolazioni fiscali hanno la funzione di favorire i consumi di beni che sono socialmente meritevoli oppure di sostenere le industrie nascenti o altri obiettivi che si ritiene siano ragionevoli. Lo strumento delle agevolazioni fiscali è stato fondamentale alla fine dello scorso decennio per far partire i fondi sanitari, con una crescita enorme dello sviluppo dei fondi non DOC e può essere lo strumento che in qualche modo almeno calmiera gli effetti che sono ormai diventati di grandi dimensioni.
  C'è una frase che tendo sempre a citare, negli Stati Uniti d'America un noto economista a un certo punto disse: «la sanità degli Stati Uniti è malata di polizze esentasse», perché le agevolazioni fiscali fanno ammalare il mercato delle coperture assicurative e il mercato delle prestazioni sanitarie. Questo è uno strumento fondamentale, che purtroppo storicamente nel nostro Paese da troppi anni il legislatore ha saputo usare male (mi permetto di dire), ottenendo degli effetti diversi da quelli che avremmo desiderato nell'interesse della collettività.
  Le spese di gestione sono molto elevate, basta guardare nell'annuario dell'ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) quali sono le spese per la gestione delle polizze malattie, che sono intorno al 24, 25, 26 per cento negli anni, ma soprattutto quello che noi non sappiamo sui fondi è quanto costi la gestione, abbiamo dei dati solo su alcuni fondi, dati che sono stati raccolti nella regione Toscana, i quali dicono che ciò che ritorna agli iscritti ai fondi, fatto 100 i contributi versati, non raggiunge il 25 per cento. Tutto il resto sono spese amministrative, spese di gestione e fondi di riserva, che i fondi hanno bisogno di tenere per potersi tutelare contro il rischio che in futuro ci siano richieste molto elevate.
  È vero che il problema è l'accordo fra datori di lavoro e organizzazioni sindacali, e questi accordi ovviamente li possono sempre fare come meglio credono, il problema è come li si incentiva fiscalmente. Se non ci fossero questi incentivi fiscali così consistenti, che sono il 65 per cento dei contributi Pag. 12 versati, certamente i fondi non si sarebbero sviluppati in questa maniera o si sarebbero sviluppati laddove sarebbe più opportuno concentrare il sussidio fiscale in modo che risponda agli interessi della collettività.
  Sul sociosanitario sappiamo che alla fine neanche i fondi sono in grado di garantire più di tanto, perché mettono delle clausole che rischiano di ridurre l'accesso ai servizi laddove il sistema pubblico è carente. La soluzione è fare fondi regionali, qualche regione ha incominciato a fare fondi regionali per la non autosufficienza. Per il fondo sanitario non sono risolutivi perché purtroppo il problema è grosso, ma risolvono parte dei problemi.
  Chiedo scusa se ho usato la parola ricchi, intendevo coloro che hanno redditi superiori a 100.000 euro, non era assolutamente un giudizio di valore, ma certamente quando si parla di equità bisogna capire...
  Condivido pienamente che bisogna prima rafforzare il pubblico, il problema è che invece la storia di questi ultimi 10, 12, 15 anni è stata; agevoliamo i fondi e definanziamo il pubblico, cosicché otteniamo il risultato del depotenziamento delle risposte pubbliche che invece dovrebbero essere assolutamente garantite. Condivido anche la necessità di far lavorare in maniera più adeguata i medici di medicina generale, consentendo loro di essere davvero l'agente del paziente, del cittadino.
  È vero, l'Agenzia delle entrate ha fatto delle stime che dopo ha corretto, io mi sono permessa di riportare queste stime che discendono da documenti amministrativi forniti dal Ministero dell'economia, Dipartimento delle finanze, sulle dichiarazioni dei redditi, il modello unico, il modello 730, il modello di certificazione unica, che ci consente di sapere quanto abbiamo risparmiato in termini di contributi previdenziali.
  Quante risorse sono sottratte (non so se ho capito bene la domanda)? I fondi costano all'erario 1,2 miliardi secondo queste stime, che sono fatte sui dati del Ministero delle finanze, non complete al 100 per cento, ma quasi prossime, che diventano plausibili anche alla luce di questa diversa valutazione fatta inizialmente.
  Il quesito è: avremmo potuto utilizzarli per il Servizio pubblico? Personalmente direi che sarebbe stato meglio darli al Servizio pubblico, almeno in buona parte, però questo è un secondo problema. Certamente il mancato gettito che ricade sulla generalità dei contribuenti è intorno a quella cifra, a cui si aggiunge una cifra piccolissima per le agevolazioni alle polizze malattia in senso stretto, che però è del tutto irrilevante.
  Vi lascio la bibliografia. La deputata D'Arrando ha parlato di scarsa informazione ai cittadini anche da parte dei centri di prenotazione, che è uno dei tanti problemi. Parlavo di disinteresse da parte della sanità pubblica (lo dico con grande amarezza, perché ho sempre lavorato per rafforzare la sanità pubblica) perché in questo momento c'è un disimpegno della sanità pubblica nei confronti del diritto alla tutela della salute, che induce gli individui che non trovano i servizi a considerare naturale rivolgersi al privato-privato.
  Questo è il fallimento della norma costituzionale ripresa dalla legge n. 833, che diceva che il cittadino in primo luogo deve rivolgersi al pubblico, poi ha tutto il diritto a rivolgersi al privato, se vuole, ma non può essere un privato agevolato con fondi della collettività.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Dirindin e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Confcommercio, del Gruppo Aon, della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani (CASAGIT), dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazione (AIBA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione di rappresentanti di Confcommercio, del Gruppo Aon, della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani (CASAGIT), Pag. 13dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazioni (AIBA).
  Saluto i nostri ospiti, ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna. Sono presenti per Confcommercio Donatella Prampolini, vicepresidente con incarico lavoro e bilateralità, Marco Abatecola, responsabile settore welfare pubblico e privato, Francesca Sifano, direttore centrale relazioni istituzionali e servizi legislativi, per il Gruppo Aon Enrico Vanin, amministratore delegato, e Claudia Di Serio, head of welfare, per la Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani Daniele Cerrato, presidente, e Francesco Mattioli, direttore generale, per l'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazione Antonia Boccadoro, segretario generale, Danilo Ariagno, presidente del Comitato tecnico scientifico.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro i dieci minuti, per dare modo ai deputati di porre domande, cui seguirà la vostra replica. La documentazione depositata o fatta pervenire successivamente sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera e sarà pubblicata anche sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do la parola alla dottoressa Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, per lo svolgimento della sua relazione.

  DONATELLA PRAMPOLINI, vicepresidente di Confcommercio. Grazie mille, ringraziamo la Commissione per questa occasione che ci è stata data e vi faremo avere una memoria completa, in questo momento ci limiteremo a dare alcuni punti importanti sui fondi istituiti dai nostri contratti di derivazione contrattuale.
  Nonostante le evoluzioni normative avvenute nel corso degli anni, la sanità integrativa non nasce oggi, ma già dal 1886, con la nascita delle prime mutue. Le modifiche intervenute nel corso degli anni hanno seguito l'evoluzione del sistema, ma hanno comunque sempre lasciato inalterato il valore sociale e solidaristico delle iniziative di assistenza sanitaria integrativa.
  Su queste basi, Confcommercio già dal 1949 è parte istitutiva di fondi sanitari integrativi come Fondo Est con oltre 1.550.000 iscritti, QuAS con oltre 90.000 iscritti tra attivi e pensionati, FASDAC (Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali) con circa 96.000 assistiti tra dirigenti, pensionati e familiari.
  In un sistema quasi ormai completamente in autoassicurazione, anche Fondo Est proprio in questi giorni ha dato avvio a una fase di costruzione di una propria rete di strutture convenzionate su tutto il territorio nazionale, che già oggi copre, tramite convenzione assicurativa, appena il 25 per cento del proprio piano sanitario, con il resto totalmente in autogestione.
  Una platea che insieme a quella delle mutue commercianti interessa circa 1,7 milioni di cittadini e verso la quale i fondi sanitari del sistema Confcommercio operano senza alcun scopo di lucro o selezione dei rischi, completando quindi il Servizio sanitario, ricalcandone i medesimi princìpi fondanti.
  In questa logica trova fondamento la deducibilità fiscale riservata ai fondi, che il legislatore ha da sempre previsto ritenendo virtuoso l'utilizzo di risorse private di aziende e lavoratori, per completare il Sistema sanitario nazionale, avendo a riferimento i suoi princìpi solidaristici. Da questo punto di vista va poi ricordato che sui fondi sanitari grava un contributo di solidarietà del 10 per cento sui contributi incassati, che il legislatore ha introdotto proprio in una logica di sostegno al primo pilastro pubblico.
  Inoltre, la deducibilità fiscale ha un costo per la fiscalità generale minore di quello che si avrebbe se ogni singola spesa non fosse intermediata dai fondi sanitari e quindi fosse soggetta alla detrazione del 19 per cento, che spetta in ogni caso per le spese sanitarie sostenute privatamente. Senza contare che l'intervento dei fondi sanitari consente la tracciabilità delle prestazioni e l'emersione di buona parte della spesa sanitaria.
  Agendo quindi senza scopo di lucro, i fondi sanitari hanno erogato prestazioni per oltre 2 miliardi di euro, con costi di funzionamento estremamente bassi ed inferiori al 6 per cento, consentendo quindi a Pag. 14tanti soggetti, in particolar modo quelli più deboli, di accedere alle cure.
  Intermediando la spesa sanitaria privata, i fondi consentono di liberare la spesa vincolata a vantaggio di quella per i consumi interni, concorrendo ad una migliore dinamica economica. Lo hanno fatto senza andare in concorrenza con il Sistema sanitario nazionale, ma anzi essendone il miglior alleato. Lo hanno infatti sgravato di prestazioni a più alta frequenza e a basso valore aggiunto, che sarebbero altrimenti ricadute sulle strutture pubbliche, aggravandone i carichi di lavoro.
  L'intermediazione dei fondi ha invece favorito la razionalizzazione dei comportamenti individuali, che in molti casi portano all'accesso a strutture private a prescindere dai livelli di copertura del Servizio sanitario nazionale, tanto che la spesa privata interessa in maniera omogenea tutte le regioni. Peraltro, questa spesa privata rappresenta oltre il 10 per cento del PIL e la filiera della salute è stata uno dei segmenti in forte crescita occupazionale.
  La valorizzazione ulteriore dei fondi sanitari anche in chiave di collaborazione pubblico/privato consentirebbe di lavorare per un ampliamento dei convenzionamenti degli stessi con strutture pubbliche, che rispondano a determinate caratteristiche, canalizzando risorse verso le stesse a vantaggio del Sistema sanitario nazionale.
  Va poi ricordato che il dibattito tra sostituzione ed integrazione rischia di essere fuorviante in un sistema nei quali i LEA hanno un'applicazione molto difforme sul territorio nazionale, condizionando sensibilmente l'accesso alle diverse tipologie di cura da parte dei cittadini. Né i fondi hanno aumentato i consumi sanitari (questo sia chiaro), che crescono semmai per effetto delle dinamiche sociodemografiche in maniera incontrollata, posto che tutti i fondi sanitari condizionano l'accesso alle prestazioni a quelle prescritte dal medico di base e quindi indirettamente dal sistema pubblico.
  Per quanto nello specifico riguarda i fondi del sistema Confcommercio, va detto che tutti adottano le linee guida ministeriali e che stanno progressivamente andando verso il concetto di presa in carico a tutto tondo dell'assistito iscritto, con valutazioni di carattere medico, che consentano una miglior valutazione di adeguatezza e appropriatezza delle singole prestazioni che vengono richieste, abbandonando quindi l'approccio squisitamente rimborsuale.
  Grazie a questa attività, i fondi sanitari permettono di avere platee di iscritti maggiormente controllate dal punto di vista medico, consentendo nel medio e lungo periodo al Sistema sanitario nazionale di risparmiare grazie alla funzione di screening e prevenzione che garantiscono. La mappatura dei dati di screening che i nostri fondi metterebbero volentieri in condivisione consentirebbe poi al sistema pubblico di avere un patrimonio importante per tratteggiare le linee di intervento immediate e future in materia di copertura sanitaria.
  Per questo i fondi devono essere rafforzati, non osteggiati, mettendoli nelle migliori condizioni per operare su ampie platee. In questo senso la loro sostenibilità è fondamentale e nei fondi Confcommercio è costantemente garantita sia dai bilanci tecnici attuariali che dalla presenza delle parti istitutive, che vigilano sia sulla tenuta degli impegni che sull'equilibrio dei costi contrattuali, fondamentali per le imprese e quindi per lo sviluppo della crescita e dell'occupazione.
  Ecco perché a nostro parere occorre approcciare il tema delle risorse vincolate con la giusta attenzione, consapevoli che le scelte sbagliate possono compromettere il futuro dei fondi, facendo ricadere quella parte di spesa privata intermediata su cittadini e famiglie. Prima di ragionare sulle percentuali di risorse vincolate, occorrerebbe operare con una miglior classificazione delle diverse voci che entrano tra quelle del decreto Sacconi, evitando le difformità oggi esistenti tra fondi che hanno modalità di funzionamento diverso e che non consentono una reale comparazione dei dati forniti dall'Anagrafe.
  Nell'ottica di un sistema di welfare sempre più basato su due pilastri, occorre lavorare per valorizzare il ruolo della sanità integrativa in chiave di partner ideale Pag. 15e più prossimo del sistema pubblico, mentre qualsiasi intervento che vada a penalizzare l'attuale assetto impatterebbe negativamente sui delicati equilibri faticosamente raggiunti e metterebbe a rischio la tenuta dell'intero sistema italiano di copertura sanitaria, facendone di fatto ricadere la spesa sui cittadini.

  ENRICO VANIN, amministratore delegato del Gruppo Aon. Buongiorno, io andrò a braccio. Condividendo quello che è stato detto circa l'importanza delle forme di assistenza sanitaria integrativa, che sono ampiamente rappresentate dalle mutue, dalle Casse, dai fondi e ovviamente anche dalle compagnie di assicurazione, noi crediamo che quello che inizialmente manca a questo sistema, che è necessario poiché la sanità è un bene primario che deve essere garantito a tutti i cittadini e che ovviamente oggi non è sostenibile finanziariamente dallo Stato, sia la presenza di un’Authority che definisca delle regole molto chiare di funzionamento, regole che dal nostro punto di vista sono abbastanza semplici e si applicano già oggi al mondo aziendale principalmente in un'ottica di corporate governance.
  Il principio cardine fondamentale è quello della segregazione delle funzioni, è molto importante stabilire chi fa cosa, evitare e monitorare la possibilità che esistano conflitti tra le parti che svolgono questi servizi, per fare in modo che le informazioni siano disponibili e trasparenti, quindi accessibili a tutte le parti in gioco.
  Oggi in questo sistema che si è autoregolamentato dal nostro punto di vista non esiste un'Authority forte, anche se potrebbe esistere almeno per il mondo assicurativo, che noi rappresentiamo, in capo all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), ma non esistono indicazioni chiare su quale ruolo e con quale modalità l'IVASS o una sub-Authority dalla stessa delegata dovrebbe intervenire per governare questo sistema, che oggi è autogovernato e dove pertanto tutto è possibile e tutti possono fare qualsiasi cosa senza applicare princìpi basilari come il più evidente della segregazione delle funzioni e dei ruoli all'interno del flusso di funzionamento della sanità integrativa privata.
  In secondo luogo, vorrei toccare il discorso dei dati, che sono molto importanti perché attraverso i dati si possono fare tutte le valutazioni necessarie non solo per la sostenibilità finanziaria dei servizi che vengono offerti, che deve essere garantita (che sia lo Stato o il privato, il servizio deve essere sostenibile), ma anche di natura qualitativa, che sono altrettanto necessarie, perché stiamo parlando della salute delle persone, quindi dobbiamo garantire l'accesso a prestazioni di qualità; la prospettiva non può essere solo quella economica, come spesso accade. Queste due cose quindi si connettono, la necessità di un’Authority e la necessità di dati veritieri, trasparenti.
  Oggi questi dati trasparenti non ci sono, perché siedono all'interno dei fondi, delle casse, delle mutue, delle compagnie di assicurazione, il ruolo che oggi già giochiamo come broker è quello della terza parte indipendente, lavorando il broker su mandato del cliente, che tipicamente è un'azienda, ma non necessariamente, può anche essere un'associazione di categoria o un ordine professionale. Lavoriamo nell'interesse di questi privati, di queste piccole collettività o individualità, cercando di offrire loro non solo le competenze necessarie, perché orientarsi all'interno di un mondo assicurativo o non assicurativo così complesso non è banale, quindi è molto importante avere la consulenza di un esperto, altrimenti è come andare di fronte a una Corte senza un avvocato e senza conoscere le regole del diritto del Paese.
  È quindi molto importante il supporto di un broker, che ha questo ruolo di indipendenza e di garanzia nei confronti del cliente, quindi pensiamo che il ruolo del broker, che già oggi tende a essere marginalizzato o escluso, sia in realtà fondamentale, perché gli consente di giocare quel ruolo di indipendenza che oggi non viene giocato da nessuno. Evidentemente poi le parti giocano i loro interessi personali, pertanto non è evidente che una compagnia di assicurazione per quanto etica possa fare necessariamente l'interesse del cliente. Gli interessi del cliente li fa il cliente stesso o il suo consulente, come nel caso del broker.Pag. 16
  Un ulteriore elemento, dopo governance, segregazione delle funzioni, ruolo di un consulente indipendente, ruolo di un’Authority, è rappresentato dalle reti, che sono un elemento abilitante e molto importante. Anche in questo caso il concetto di rete si collega al concetto di indipendenza, di trasparenza dei dati, perché la rete abilita il costo della sanità, poiché aggregando i volumi consente all'operatore che utilizza la rete di accedere alle stesse prestazioni a costi calmierati.
  Se la rete è di proprietà del fondo piuttosto che della compagnia, queste informazioni vengono gestite in maniera indipendente, senza la definizione di regole da parte di un’Authority che applica anche un concetto di etica o forse di profitto eticamente sostenibile, e i benefici di questa rete possono essere a beneficio non necessariamente dell'utente finale.
  Anche in questo caso come Aon abbiamo nel tempo sviluppato la nostra rete convenzionata con l'obiettivo di offrire una rete indipendente, i cui benefici in termini economici siano interamente ribaltati a vantaggio di chi ci chiede l'utilizzo di questa rete, che possono essere enti, fondi, mutue, quindi crediamo che anche in questo caso dovrebbe esserci una regola molto chiara su come le reti devono essere utilizzate e chi le può possedere. Potrebbe essere una buona idea avere un nomenclatore comune, cioè stabilire che ci sia un nomenclatore che tutte le reti devono avere nei confronti delle strutture sanitarie, idealmente un tariffario comune.
  Oggi la rete sanitaria (lo dico probabilmente scontentando alcune persone) è uno strumento di business, è esattamente la possibilità di vendere volumi alle strutture sanitarie e, tramite i volumi, ottenere dei pay back che non ritornano a vantaggio dell'assicurato, quindi vedete quanto è importante che ci sia non solo un’Authority, ma anche regole molto chiare, che sono un elemento abilitante e devono funzionare.
  È importante la segregazione delle funzioni, bisogna stabilire chi fa cosa, è impossibile pensare che un unico soggetto possa svolgere tutte le attività, anche in un'azienda privata si applica il principio della segregazione delle funzioni, cioè se faccio gli acquisti, non faccio i pagamenti, perché sono in conflitto, il rischio delle frodi o degli abusi è evidente.
  Se nel mondo privato esiste da cinquant'anni una regola di corporate governance come quella della segregazione delle funzioni, figuriamoci in un mondo che può essere privato, pubblico o misto, ma che tocca elementi primari come la salute dei cittadini. Esistono regole chiare di garanzia in tema di conflitto di interessi ma in questo momento questo Paese non ha alcuna di queste regole in piedi, quindi tutto è lasciato alla libera iniziativa del pubblico, del privato o dei consulenti che eventualmente possono identificare.
  Ultimo elemento, regole che devono essere uguali per tutti. Il tema delle mutue non è banale, oggi in Italia esiste una concorrenza indirettamente non corretta da parte delle mutue nei confronti degli altri enti, fondi e compagnie di assicurazione, poiché non sono assoggettate alle stesse regole in termini di capitalizzazione, pertanto ci stiamo portando da un lato un rischio, quello che questi strumenti non siano capitalizzati per garantire la copertura finanziaria dei servizi che vanno ad offrire, dall'altro si crea un disequilibrio da un punto di vista tecnico, perché una mutua può offrire teoricamente e senza controlli prestazioni, prodotti e servizi che sono, apparentemente perché nascondono in realtà un rischio finanziario molto grave alle loro spalle, migliori rispetto a quelle delle compagnie assicurative.
  La compagnia assicurativa dal mio punto di vista o comunque il sistema assicurativo nel suo complesso, che è fatto di compagnie, ma anche di intermediari come i broker, è un elemento determinante di funzionamento del sistema, perché non solo dà copertura finanziaria alla gestione di questo rischio, ma soprattutto garantisce che questa copertura finanziaria sia data dalle regole molto severe di capitalizzazione, che grazie all'IVASS da una parte, l'EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority) dall'altra, l'Unione europea sono state imposte al sistema assicurativo Pag. 17 e che sono molto simili a quelle del sistema bancario.
  Il sistema assicurativo è garante dei servizi che offre, soprattutto se efficientato dallo strumento del broker, tutte le altre forme sono oggi molto più discutibili, perché non offrono le stesse garanzie.

  DANIELE CERRATO, presidente della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti (CASAGIT), Grazie per l'opportunità di questa audizione Chiarisco subito; noi non siamo un'assicurazione, nasciamo nel 1974, siamo un'associazione che si occupa dell'assistenza sanitaria dei giornalisti italiani nati come CASAGIT 45 anni fa, su iniziativa del sindacato unitario dei giornalisti italiani e dei loro familiari.
  Siamo iscritti all'Anagrafe dei fondi sanitari dal 2010, cioè da quando è stata creata, e venendo subito a uno dei temi che sono stati precedentemente toccati, anche se probabilmente con orientamenti differenti, anche noi riteniamo che sia importante avere un’Authority o comunque un ente che garantisca delle regole e dia delle regole anche a un mondo che in molti casi non le ha.
  Forse però questa Authority dovrebbe comprendere delle regole per chi ha come obiettivo fare profitto e chi ha come obiettivo un'assistenza sanitaria che non prevede il profitto per l'assistenza stessa.
  Questo è un ragionamento che probabilmente potrà venire successivamente. Perché c'è bisogno di avere delle regole? Credevamo nel 2010 che l'istituzione dell'Anagrafe dei fondi fosse il primo passo per una regolamentazione del settore, in realtà ci siamo poi resi conto che l'anagrafe dei fondi sconta delle fatiche nel regolamentare un terreno che in grandissima parte è sconosciuto, proprio per le differenze che ha al suo interno.
  Continuo a pensare che le differenze siano fondamentalmente un valore, quando queste differenze vengono ben esplicitate e ricondotte ad una norma e ad una logica. La norma va scritta, la logica è quella dell'assistenza sanitaria; questo fa CASAGIT da quarantacinque anni con due formule, una formula di adesione contrattuale, vale a dire che chi viene assunto in un'azienda editoriale e ha un contratto giornalistico ha un prelievo uguale per tutti dalla propria busta a sostegno della Cassa e poi naturalmente i giornalisti che non hanno una attività di lavoro dipendente, possono accedere alla CASAGIT volontariamente.
  Attualmente noi assistiamo un complessivo di 50.000 persone, l'ultimo bilancio, quello del 2018, ha portato per prestazioni sanitarie (tutte le prestazioni sanitarie, comprese quelle odontoiatriche) una spesa complessiva che supera i 67 milioni di euro.
  In questa nostra attività negli anni noi abbiamo anche differenziato il tipo di possibilità di accesso alla Cassa, vale a dire non soltanto con il prelievo dalla busta paga e quindi con una cifra prestabilita, ma con un profilo che, nel corso degli anni, si è trasformato in quattro profili diversi, per dare la possibilità anche a quei colleghi e colleghe che oggi lavorano nei giornali in qualità di collaboratori di poter accedere a CASAGIT magari con una quota di partecipazione inferiore, con dei massimali e con delle prestazioni limitate, ma potendo accedere allo stesso sistema che era e continua ad essere il sistema di tutti i giornalisti italiani e dei loro familiari.
  Nel corso degli anni ci siamo incaricati di non attuare in nessuna forma la selezione del rischio, l'unico rischio, se di rischio si può parlare, è quello di essere giornalisti, che credo sia un rischio ma per altri versi. Non esercitiamo quindi alcun tipo di selezione del rischio, così come non viene esercitato nella formula principale nessun massimale, se non i riferimenti ai tariffari che utilizziamo.
  Anche qui, sempre rispetto a quanto veniva precedentemente detto, ritengo percorribile l'idea di creare un tariffario che possa essere comune a mondi differenti, così come dovrebbe essere percorribile anche la vecchia idea, che in più occasioni abbiamo rappresentato anche in incontri presso il Ministero, di far sì che le nostre realtà possano avere un ruolo di sostegno al Sistema sanitario nazionale. Già oggi ce l'hanno, perché già oggi sgraviamo il Sistema sanitario nazionale di una fetta importantissima di utenza, che altrimenti si Pag. 18riverserebbe nel Sistema sanitario nazionale senza altre possibilità di scelta, ma negli anni abbiamo realizzato delle convenzioni in forma diretta non soltanto con le cliniche, verso le quali siamo naturalmente spinti anche se non abbiamo tutto questo entusiasmo.
  Siamo naturalmente spinti verso le cliniche perché ogni volta che cerchiamo di fare una convenzione in forma diretta con un ospedale veniamo sommersi da una burocrazia infinita e ci ritroviamo di fronte a costi di prestazioni infinitamente superiori, con la ovvia conseguenza che si va in quel sistema di cliniche private, assolutamente private non convenzionate, che negli anni stiamo cercando di scardinare. Abbiamo infatti convenzioni con ospedali pubblici faticosamente raggiunte e pagate a carissimo prezzo.
  Tante volte ci siamo chiesti se questo nostro apporto non potesse essere di sollievo al sistema generale della sanità pubblica, che è cara a tutti noi perché, indipendentemente dal fatto di essere o non essere iscritti ad una cassa, ognuno di noi paga le tasse e quindi, essendo cittadino italiano e pagando le tasse, ha diritto ad accedere al Servizio sanitario nazionale.
  Un'ultima cosa, da anni ci siamo occupati della non autosufficienza, che recentemente abbiamo trasformato in LTC (Long Term Care), sostenendola direttamente e quindi dando ai nostri iscritti che hanno la sventura di contrarre malattie invalidanti un sostegno concreto e reale.

  DANILO ARIAGNO, presidente del Comitato tecnico scientifico dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazione (AIBA). Grazie, presidente, grazie alla Commissione per la possibilità di esprimere il nostro modesto parere.
  L'Associazione italiana dei broker di assicurazione rappresenta circa l'80 per cento del fatturato del brokeraggio italiano, quindi riteniamo di essere piuttosto rappresentativi sotto questo profilo, e cogliamo l'occasione per portare la nostra esperienza, perché il mondo del brokeraggio spesso viene coinvolto dai nostri clienti per accompagnarli verso questi servizi sanitari integrativi, che (conosciamo tutti i dati della sanità, quindi non starò a ripeterli) è un percorso estremamente importante, che acquisisce sempre più valore di fronte alla difficoltà di trovare un'uniformità nell'applicazione dei servizi nazionali, come diceva il dottor Cerrato, una difficoltà anche di applicazione nel concetto di livello essenziale di assistenza. Siamo sempre piuttosto critici sulla differenziazione che viene fatta fra prestazioni integrative e prestazioni sostitutive, che diventa difficile identificare con chiarezza.
  L'altro dato evidente a tutti è la crescita continua dell’out of pocket. Di fronte a questo la nostra esperienza ci porta a una prima riflessione: oggi c'è un'enorme divaricazione tra quando veniamo interpellati per intervenire su una collettività, dove abbiamo tutta una serie di possibili soluzioni, e quando veniamo invece interpellati dal singolo cliente, dal singolo cittadino.
  Oggi sono stato preceduto da Confcommercio e dalla Cassa dei giornalisti che hanno la possibilità di accogliere all'interno le persone che fanno parte di quel mondo, ma spesso si rivolgono a noi persone che non appartengono a categorie definite, che vorrebbero intraprendere un percorso di sanità integrativa e si trovano con una differenziazione di regole molto profonda rispetto a quelle delle collettività.
  Questa è la prima cosa che vogliamo sottolineare, che ci mette veramente in imbarazzo. Il nostro primo punto è che dovrebbe esistere un secondo pilastro, ma un secondo pilastro uniforme e accessibile a tutti secondo regole, se non perfettamente identiche, comunque coerenti tra di loro.
  D'altronde la norma istitutiva del 1992 non voleva creare questo tipo di distinzione e, se un percorso è stato fatto nella previdenza complementare per l'aspetto pensionistico, riteniamo che una cosa simile si debba fare anche nell'ambito della sanità integrativa.
  Oggi, come sappiamo, il sistema è duplice, da una parte abbiamo l'articolo 9 del decreto legislativo 502, che parla di fondi sanitari integrativi, dall'altra parte abbiamo la regolamentazione dell'articolo 10 Pag. 19del TUIR, che parla di interventi sul reddito di lavoro dipendente e assimilati.
  La conseguenza è che tutti i cittadini italiani possono accedere ai fondi sanitari integrativi, ma questi possono fare solo le prestazioni integrative, quindi sono aperti a tutti, ma con uno spazio di intervento molto delimitato. Poi abbiamo l'articolo 10, abbiamo le collettività, e lì si può fare di tutto e di più, si possono mettere dentro le sostitutive, le integrative, le LTC. Perché questa disparità? Riteniamo che questo crei un disequilibrio, che disincentivi l'accesso alla sanità integrativa, che sicuramente andrebbe a beneficio di tutti.
  Ritroviamo questa distinzione nella oggi più volte citata Anagrafe dei fondi, dove abbiamo una sezione A e una sezione B. Una breve parentesi sull'Anagrafe dei fondi: credo che un'Anagrafe nasca per essere consultata e trovo incongruo che oggi nessuno possa consultare l'Anagrafe dei fondi. Io sono presidente di una cassa di assistenza e ho confermato l'iscrizione, ma non posso accedervi. Credo che per un semplice concetto di trasparenza sarebbe invece opportuno che l'Anagrafe fosse consultabile da tutti.
  Partendo da questi princìpi, auspichiamo anche un'identica regolamentazione fiscale, affinché tutti quelli che accedono, sia a livello collettivo che a livello individuale, possano avere quegli incentivi fiscali che in Italia sono un sistema piuttosto efficace per dare una mano a sviluppare le iniziative.
  Questi sono i punti essenziali che traiamo dalla nostra esperienza e dalla nostra attività quotidiana. Detto questo, è chiaro che lavoriamo prevalentemente in un ambito di sanità integrativa collettiva, quindi considero doveroso da parte nostra fare qualche riflessione sotto questo profilo.
  Noi non condividiamo una certa contrapposizione tra profit e no profit, crediamo che il mondo della sanità integrativa abbia bisogno anche delle compagnie di assicurazione, che danno garanzie, hanno regole e norme sulla gestione della loro solvibilità molto strette, quindi sotto questo profilo sono molto appetibili in un contesto come questo.
  Certo, non riteniamo che debba essere necessariamente tutto assicurato, anzi probabilmente le forme più corrette sono quelle miste, dove ci può essere un'interazione tra parti che vengono autogestite e parti che vengono portate al mondo assicurativo. L'unica cosa che ci interessa è che siano rispettati, nella gestione dei fondi collettivi, tre elementi: l'esperienza attuariale, la costituzione e la commisurazione di riserve patrimoniali che siano vere, che siano effettive e che non siano solo un numero scritto sulla carta, una capacità di gestione che sia efficiente e industriale, elementi che secondo noi non sono né esclusivamente delle compagnie di assicurazione, né esclusivamente degli autogestiti.
  Quello che noi non accettiamo (è quello che hanno già detto tutti quelli che mi hanno preceduto) è la mancanza di una regolamentazione e di una vigilanza uniforme, perché si creano disparità e situazioni in cui il termine «concorrenza» suona un po’ stonato perché abbiamo dei valori sociali molto forti, però la comparazione, se non la concorrenza, tra i player diventa impossibile, perché le regole a monte sono diverse o addirittura in alcuni casi non ci sono.
  Sotto questo profilo auspichiamo che si superi questa sperequazione, questa mancanza di regolamentazione uniforme e si arrivi ad individuare regole che siano uguali per tutti quelli che stanno giocando questa partita.
  Sono assolutamente d'accordo sul fatto di cercare di uniformare i linguaggi, i regolamenti, i nomenclatori, tutto quello che aiuti a fare più chiarezza su questo settore, perché sotto questo profilo ci rendiamo conto che spesso i nostri assistiti non hanno le idee così chiare e non è così facile riuscire a trasmetterle, forse perché anche noi a volte abbiamo delle difficoltà, quindi auspichiamo una diffusione culturale sicuramente più approfondita.
  Due riflessioni finali sul mondo assicurativo, che noi ovviamente frequentiamo e riteniamo fondamentale per tutto il tema che stiamo trattando. Siamo perfettamente consci che anche a livello assicurativo bisogna fare molto di più in ambito di sanità Pag. 20integrativa, non è un caso che nell'ultima relazione annuale dell'IVASS il nuovo presidente abbia posto l'accento su certe inefficienze del sistema.
  Riteniamo doveroso da parte di tutte le compagnie e soprattutto dei provider utilizzati dalle compagnie che venga notevolmente migliorato il servizio, che l'efficienza nella gestione dei rimborsi faccia un salto di qualità, perché purtroppo troppe volte ci rendiamo conto che alla fine i nostri assistiti non sono così soddisfatti, perché vengono spesso quasi disincentivati a utilizzare i servizi anche per la difficoltà di accedere.
  L'altro elemento è uno sviluppo nel prodotto, nel senso che i prodotti assicurativi nell'ambito sanitario probabilmente devono fare un salto di qualità, devono evolvere, devono tenere conto della perdita dell'autosufficienza, del fatto che ormai l'età media è sempre più avanzata, di certi rischi di cronicità che inevitabilmente dovranno essere affrontati dalle compagnie di assicurazione.
  Questi sono gli elementi centrali, concludo ricordando che i nostri punti fondamentali, quelli che ci permettiamo di segnalare e di proporre, sono la creazione di un secondo pilastro che sia uniforme e accessibile a tutti i cittadini italiani, che si superi questa distinzione fra fondi collettivi e fondi individuali, superando anche la distinzione fra integrative e sostitutive, realizzando un sistema fiscale davvero incentivante ed equilibrato nei confronti di tutti.
  Confermiamo l'importanza del mondo assicurativo e chiediamo soprattutto un'uniformità nella regolamentazione e, come è già stato detto, sicuramente anche nell'approccio e nella vigilanza. Grazie per l'opportunità, spero di aver fornito sinteticamente i nostri punti centrali.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA CECCONI. Siamo arrivati alla conclusione di questo ciclo di audizioni e abbiamo sentito veramente tutti gli attori, che ci hanno dato tutti il loro punto di vista tra chi eroga e chi riceve, e più o meno la linea è quella.
  Una domanda per Confcommercio, perché è la prima volta che in queste audizioni mi pare di aver sentito, anche se era un dato che si conosceva, che avete internamente aperto delle strutture vostre, a parte le convenzioni regolari che i fondi hanno con le varie strutture con le quali si raccordano. Lei ha fatto un passaggio rispetto a una gestione tutta interna, quindi probabilmente non vi appoggiate a società esterne per la gestione dei fondi o per la copertura assicurativa, ma vorrei capire se abbiate aperto strutture per l'erogazione dei servizi di vostra sponte o insieme ad altri.
  Rispetto a questa attività se soprattutto chi fa il broker abbia dei dati da fornirci sull'aumento nel tempo di questo mercato che prima non esisteva, perché i fondi erano più ridotti e non tutti sono come i fondi dei giornalisti che vanno soltanto dal pubblico, ma molti si indirizzano anche al privato-privato e neanche privato convenzionato. Qual è lo sviluppo economico di questa attività?

  CELESTE D'ARRANDO. Ringrazio gli auditi. Più che delle domande, ho degli spunti di riflessione, nel senso che per quanto riguarda tutta la parte di contrattazione collettiva abbiamo modo di capire che essa nasce, appunto, da una contrattazione tra il mondo del lavoro, quindi i sindacati, e le aziende, per dare un supporto di prestazioni sanitarie, che dovrebbero essere integrative, ai dipendenti.
  Il mondo assicurativo, che conosco abbastanza bene avendoci anche lavorato, nasce da un altro presupposto, quello di tutela del rischio. Quando si parla di salute e di sanità, non si parla di assicurare un rischio, si parla di erogare prestazioni a seguito di tutta una serie di fattori che non possono essere solo fattori di rischio, ma sono altri fattori e possono essere ambientali, alimentari, c'è tutto un mondo intorno alla componente sanità.
  Mi ha lasciato perplessa sentir parlare del ruolo fondamentale del broker assicurativo, quando il broker assicurativo, non avendo una compagnia assicurativa, ma lavorando spesso per più compagnie, dà un Pag. 21servizio in base alla richiesta del cliente, ma qua si parla di capitalizzazione della prestazione sanitaria, da quanto ho dedotto dai vostri interventi, che va in contrasto rispetto a quando si parla di solidarietà, di sussidiarietà e di un sistema che si va ad integrare ed eventuali lacune del Sistema sanitario nazionale.
  Concordo sull'esigenza di un'uniformità di regole, perché nella giungla e nella confusione è più facile che ci sia poca chiarezza, ed è emerso anche dall'audizione precedente come il cittadino non abbia chiara la differenza tra un fondo sanitario integrativo di contrattazione collettiva e un fondo sanitario integrativo prettamente assicurativo.
  È sicuramente un aspetto importante, perché se due sistemi si devono integrare, è molto importante rafforzare il Sistema sanitario nazionale.
  Altra riflessione che tengo a sottolineare è che, per quanto i fondi sanitari integrativi possano essere di supporto, c'è anche il dubbio che comunque si crei una sorta di cittadini di serie A e cittadini di serie B, soprattutto nell'ambito assicurativo, perché se posso permettermi di stipulare una polizza assicurativa ho accesso a determinate prestazioni e in base a quanto posso pagare ho determinati tipi di prestazione, ma se non ho questa possibilità, non posso accedere alla sanità integrativa.
  Alcuni fondi sanitari integrativi non hanno la possibilità di coprire chi non appartiene a una categoria, quindi per quanto i fondi sanitari integrativi siano facendo un lavoro che sta sostenendo, come è emerso dalle audizioni, c'è anche l'aspetto critico che non tutti i cittadini possono avere accesso a questi fondi, che possono essere di tipo prettamente assicurativo o di contrattazione collettiva.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, utilizzando lo stesso ordine, lascio la parola agli auditi per delle rapidissime repliche.

  DONATELLA PRAMPOLINI, vicepresidente di Confcommercio. Grazie, presidente. Probabilmente mi sono spiegata male, quindi adesso cercherò di essere più chiara: noi non abbiamo aperto strutture Confcommercio, semplicemente abbiamo due tipologie di prestazioni, una assicurata e una convenzionata direttamente con le strutture sul territorio. Stiamo cercando di passare sempre di più a quelle dirette, proprio perché questo ci consente di avere un risparmio economico che viene poi riversato a beneficio degli iscritti al Fondo.
  Se mi consentite una battuta su questo ultimo intervento e sul fatto della discriminazione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, devo dire che i fondi di derivazione contrattuale sono esattamente il contrario, non discriminano nessuno, tutti i dipendenti a cui si applicano i nostri contratti collettivi sono automaticamente iscritti, perché sono appunto una derivazione contrattuale, peraltro con cifre molto basse, perché ad esempio per il Fondo Est il costo annuale è di 144 euro, di cui solamente 2 euro mensili a carico del lavoratore dipendente.
  Questo dà accesso a tutte le prestazioni previste dal Fondo, che nel corso degli ultimi anni, per andare incontro alle esigenze della nostra base iscritta, si sono sempre allargate, per cui oggi si erogano ad esempio tantissime prestazioni in termini di odontoiatria.
  Una persona può quindi addirittura fare l'impianto dentale annualmente con un costo di 5.000 euro completamente rimborsato, a fronte del versamento di 24 euro al Fondo, quindi è esattamente il contrario, non si discrimina nessuno, ma tutti sono allo stesso modo coperti dai nostri tipi di Fondo.

  ENRICO VANIN, amministratore delegato del Gruppo Aon. Tantissime domande da ricordare. I dati sulla sanità e l’out of pocket sono circa 40-45 miliardi (i dati sono abbastanza ondivaghi), dei quali un decimo sono in realtà toccati dai fondi, siano essi di natura contrattuale o meno, aperti, chiusi, assicurati, autogestiti, quindi il mondo delle collettive è una parte piccolissima di questa out of pocket.
  La spesa sanitaria pubblica totale ammonta a 150 miliardi, 40-45 sono quelli toccati dai privati, un decimo quelli sui Pag. 22quali intervengono delle forme di assistenza integrativa diverse, tutte con la loro dignità ovviamente, con le loro modalità. Ribadisco l'importanza che ci siano regole chiare, perché oggi non ci sono regole e quindi non c'è un’Authority, per cui in questo contesto c'è questa complessità.
  Gli spazi sono enormi, francamente è quasi ridicolo pensare di litigare in un contesto nel quale c'è tantissimo da fare e dal mio punto di vista le forze andrebbero sommate invece che selezionate.
  Sempre sullo stesso punto considero importante pensare che l'iniziativa privata ha qualcosa di buono, nel senso che è chiaro che una compagnia assicurativa (io non sono un assicuratore, faccio il broker di assicurazioni) fa le cose anche con una finalità di lucro, ma nel farlo riesce a mettere quella precisione, quell'approccio scientifico, perché deve far tornare i conti e far tornare i conti non è sempre automatico.
  È un rischio o non è un rischio? Chiamarlo rischio è solo una modalità, è un modo con cui chiamiamo una certa frequenza, cioè un evento che può accadere a una certa frequenza. Mettere una competenza attuariale per fare in modo che la frequenza di questo evento possa essere sostenuta finanziariamente è il gioco che tutti qui in maniera diversa stanno cercando di fare.
  Ripeto: lo possiamo fare con l'autoassicurazione, lo possiamo fare con l'assicurazione, è solo una modalità, non fa nessuna differenza, ed è molto importante pensare che a volte la soluzione ideale è quella mista, perché dove c'è molta frequenza e bassa severità, se si posseggono i dati (il punto che vi dicevo prima, quanto è importante avere i dati ed essere certi che i dati siano veri, che non siano mal sfruttati perché non c'è nessuna regola e chiunque può convenzionare, e non si sa se questo convenzionamento sia reale, perché non c'è nessuna Authority e nessuna regola) possiamo fare tutti i calcoli per l'autoassicurazione o per l'assicurazione.
  Se c'è severità, l'assicurazione consente quella specificità attuariale per la gestione del rischio specifico di severità. Gestire le cure odontoiatriche è facilissimo in autoassicurazione con una rete sanitaria sana, che non fa il markup, perché sono prestazioni di piccolo importo molto frequenti (è statistica pura). Gestire rischi di ricovero o la Long term care, per i quali non esistono ancora soluzioni reali oggi, eppure è un'emergenza assoluta, è diverso, e allora ci vogliono i privati, ci vogliono i professionisti, è necessario che ci siano.
  Aggiungo, visto che forse prima non mi sono spiegato molto, che il broker è importante perché è esattamente quella figura professionale che consente all'utente di orientarsi all'interno di questa difficoltà e consente anche di favorire la concorrenza, perché noi oggi stiamo litigando per cercare di avere ognuno di noi un ruolo primario e governare questo settore, ma questo settore ha bisogno di tutte queste forze, ha bisogno dei fondi contrattuali, ha bisogno delle mutue, ha bisogno degli assicuratori, ha bisogno di fondi autoassicurati, perché ci sono 45 miliardi di out of pocket in crescita, quindi c'è bisogno di tutta la capacità di sostenere finanziariamente.
  Non possiamo infatti garantire prestazioni sanitarie in questo Paese a tutti, con lo stesso livello di accessibilità, se non riusciamo a sostenerle finanziariamente, è una questione di soldi: per erogare prestazioni ci vogliono i soldi, quindi il broker è quello che aiuta a scegliere le soluzioni ed è quel signore che rappresenta l'indipendenza, perché, siccome non ci sono le regole e non c'è un’Authority che le faccia rispettare, ognuno di noi fa quello che gli pare.
  Con tutto il rispetto, perché sicuramente siamo davanti a signori di grandissima levatura morale e professionale (su questo non ho dubbi conoscendoli, anche se indirettamente), chi governa i fondi o le mutue, chi può andare a verificare che ci sia indipendenza, segregazione delle funzioni al loro interno? L'unico indipendente perché non è né assicurato, né contraente, né erogatore è il broker, che è una figura professionale competente, che può andare lì e fare il terzo incomodo.
  Il principio della segregazione delle funzioni si applica da più di cento anni in Pag. 23economia aziendale a tutte le aziende, se voglio evitare frodi e abusi, devo avere il terzo indipendente, non devo lasciare che nessuno sia libero di fare quello che vuole, figuriamoci nella sanità!

  DANIELE CERRATO, presidente della Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti (CASAGIT). Cercando di interpretare non soltanto le domande che sono state poste, ma anche i ragionamenti che hanno fatto seguito a queste domande, per quanto riguarda attività differenti da quella tradizionale dei fondi e delle casse sanitarie, ormai da alcuni anni abbiamo fatto un salto di specie, cioè abbiamo creato a Roma un poliambulatorio aperto non soltanto agli iscritti al nostro Fondo, ma al pubblico generalista, che talvolta arriva con una convenzione connessa con un'assicurazione, altre volte non ha nessun tipo di convenzione ed è il privato, il cosiddetto out of pocket. Abbiamo voluto fare questa esperienza per mettere alla prova anche la nostra capacità di interagire su entrambi i fronti, perché qui stiamo parlando comunque di un confine, un conto è stare da una parte dove si rimborsano le spese. Un conto è stare dalla parte dove le prestazioni si erogano, allora abbiamo provato a stare da entrambe le parti, proprio per mettere alla prova questa esperienza, che ormai prosegue da 45 anni.
  Sui temi dell'autorevolezza, se così vogliamo chiamarla, dei bilanci e della segregazione dei compiti è molto semplice: basta presentare dei bilanci che siano conformi alle regole commerciali, anche se uno non è tenuto a rispettare le regole commerciali, quindi bilanci che siano certificabili. Così facendo, noi abbiamo un attuario, abbiamo una nostra riserva di copertura capitaria che naturalmente è a garanzia delle prestazioni, e abbiamo al nostro interno una segregazione di compiti che sono assolutamente trasparenti e in qualsiasi momento visionabili.
  Si accennava prima, parlando dell'odontoiatria, alla gestione di piccole cifre, noi nel 2018 in odontoiatria abbiamo speso 13 milioni e 639.000 euro, non solo tante piccole cifre, ci sono anche grosse cifre; di un impianto a 5.000 euro personalmente non ho bisogno, ma non lo farei, nel senso che c'è bisogno di una maggiore tutela della salute.
  Per quanto riguarda l'esigenza di un perimetro all'interno del quale possano esserci queste garanzie legate ad una forma che chiamiamo assicurativa anche se la nostra non è un'assicurazione, questa è collegata al mondo del lavoro. Prima si diceva che c'è bisogno di risorse, ma c'è bisogno di lavoro in questo Paese, per poi connettere a quel lavoro tutte le garanzie che i lavoratori possono avere anche da un punto di vista sanitario.
  Più aumentiamo l'area del lavoro e più queste possibilità sono concrete, anche perché abbiamo alcuni iscritti che hanno fatto il giornalista per pochi anni, poi sono andati in pensione e hanno pensioni simili alle pensioni minime erogate dall'INPS, quindi non pagano la CASAGIT, ma ne fruiscono esattamente come un direttore di testata, che ha un importante versamento annuo dal suo stipendio.
  Cerchiamo di fare solidarietà e socialità al nostro interno. Se riuscissimo a farla in maniera più diffusa ne saremmo ben felici, ma ci vogliono delle condizioni generali che sono collegate al tasso di occupazione in questo Paese, al lavoro che si riesce a dare ai cittadini italiani.

  DANILO ARIAGNO, presidente del Comitato tecnico scientifico dell'Associazione italiana brokers di assicurazione e riassicurazioni (AIBA). Il mio intervento di chiusura è riferito soprattutto alle osservazioni fatte dall'onorevole D'Arrando, che ringrazio. Ringrazio meno il collega Vanin, che mi ha già bruciato quello che dovevo dire.
  Vorrei replicare sotto un profilo più pratico, nel senso che rappresento la categoria dei broker e la nostra categoria (tengo a ricordarlo) lavora su incarico fiduciario del cliente, quindi questo deve essere il primo elemento di cui vi prego di tenere conto, nel senso che il nostro rapporto con le compagnie è un rapporto completamente diverso, le compagnie sono nostri fornitori, quindi sotto questo profilo il nostro riferimento è il cliente, e i nostri clienti a volte sono delle associazioni, a volte sono dei sindacati, a volte sono dei fondi sanitari Pag. 24collettivi, a volte sono delle aziende, a volte sono dei privati cittadini che vengono da noi e ci chiedono.
  Noi siamo coinvolti in questo settore non per una vocazione di fondo, ma perché veniamo sollecitati dai privati cittadini. Lei ha detto che ha fatto questo lavoro, io lo faccio dal 1980, tante persone mi hanno chiesto di fare una polizza malattia bruscamente e molto ruvidamente, e in quel momento io vengo tirato all'interno del tema della sanità integrativa.
  Ho cercato di esprimere prima e cerco di ribadire adesso che sotto il profilo collettivo oggi il broker, le compagnie di assicurazione e i fondi autogestiti, brillantemente oggi qui rappresentati, secondo me sono riusciti a creare una prima base di servizio.
  Come dicevo prima, quindi, non sono per una demonizzazione del mondo assicurativo perché l'assicurazione vuol fare utile e quindi la tiriamo fuori da questo gioco, perché secondo me non è corretto, così come apprezzo il fatto che ci sia dell'autogestione e che spesso le due cose si debbano integrare.
  Quando si parla di questi aspetti, mi perdoni ma un po’ di rischio c'è, perché c'è frequenza, c'è magnitudo, quindi la partecipazione del mondo assicurativo a tutto questo discorso è una partecipazione che viene fatta a pieno titolo, anche se secondo me non deve essere esclusiva.
  Il mio problema, quello che forse ha avuto anche lei ogni tanto avendo fatto questo lavoro, è quando il privato cittadino, che non è un ex giornalista o un giornalista, che non appartiene a Confcommercio, mi viene a chiedere cosa può fare come privato cittadino per avere una sanità integrativa, e io oggi mi trovo in grande difficoltà, nel senso che come broker devo andare su una polizza rimborso spese mediche, che lei conoscerà bene e che secondo me ha poco a che fare con i temi che stiamo trattando oggi.
  Vorremmo che ci fosse un accesso facilitato anche a livello individuale, perché se riusciamo a estendere la platea a livello individuale, abbiamo maggiori possibilità, anche attraverso il ricorso ai vari sistemi, di dare risposte più accessibili, perché il problema è che oggi a livello individuale è difficile accedere alla sanità integrativa, mentre solo allargando la platea di coloro che possono accedere ai fondi e coinvolgendo le compagnie di assicurazione possiamo ottenere questo risultato.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.