XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 20 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI POLITICHE DI PREVENZIONE ED ELIMINAZIONE DELL'EPATITE C

Audizione di Francesco Saverio Mennini, professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata e Carmine Coppola, direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano.
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 
Mennini Francesco Saverio , professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata ... 3 
Coppola Carmine , direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano ... 5 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 7 
Carnevali Elena (PD)  ... 7 
Novelli Roberto (FI)  ... 8 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 8 
Mennini Francesco Saverio , professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata ... 8 
Carnevali Elena (PD)  ... 9 
Mennini Francesco Saverio , professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata ... 9 
Coppola Carmine , direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano ... 9 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIALUCIA LOREFICE

  La seduta comincia alle 15.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Francesco Saverio Mennini, professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata e Carmine Coppola, direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'indagine conoscitiva in materia di politiche di prevenzione ed eliminazione dell'epatite C, di Francesco Saverio Mennini, professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata e di Carmine Coppola, direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano, che saluto e ringrazio per aver accettato l'invito della Commissione.
  Pregherei ciascuno dei nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre le domande, a cui seguirà la replica.
  La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera e sarà pubblicata anche sul sito internet della Camera dei deputati.
  La parola al professor Mennini.

  FRANCESCO SAVERIO MENNINI, professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata. Ringrazio per la possibilità di presentare di alcuni studi che sono stati molto importanti, come vedrete adesso dai risultati, perché dimostrano come e quanto sia stato importante trattare i pazienti con i nuovi farmaci disponibili, a partire dal 2015, che hanno permesso di curare tanti pazienti e, allo stesso tempo, siamo riusciti a dimostrare la sostenibilità del sistema, nonostante ci fosse molto scetticismo alcuni anni fa in merito a questa argomentazione.
  Parto con il background. La domanda che ci si poneva agli inizi (2014, 2015) era: «Ma questi nuovi farmaci sono costo-efficaci?». Sono stati pubblicati svariati studi fatti da differenti centri di ricerca, da altri colleghi, anche dal mio centro di ricerca, dove si è dimostrato che erano costo-efficaci. Però essere solo costo-efficace non significa essere automaticamente sostenibile dal sistema. È certamente un punto di partenza fondamentale, perché vuol dire che i benefici che apporta la tecnologia superano i costi relativi al loro all'acquisto.
  L'altro filone di studi era: «Ma il trattamento precoce è un trattamento costo-efficace?». Si è partiti per trattare soltanto gli F3 e F4, non gli F0, F1 e F2, perché si riteneva che, essendo pazienti privi di patologie concomitanti, potessero aspettare, rimandando il trattamento negli anni successivi; siamo riusciti a dimostrare, insieme ad altri colleghi, che anche l’early treatment, Pag. 4 il trattamento precoce, è un intervento costo-efficace con degli studi pubblicati.
  Però non bastava. La domanda che ci ponevamo era, visto lo scetticismo, se questi nuovi farmaci oltre a curare i pazienti – e questo è conclamato ormai (addirittura uno dei primi casi degli ultimi venti o trent'anni in cui la real practice fornisce risultati migliori dei clinical trial) – riescono a garantirci anche un ritorno dell'investimento effettuato. Non è una conditio sine qua non delle tecnologie garantire il ritorno netto dell'investimento, però volevamo vedere se l'investimento fatto dal Governo italiano permetteva di garantire un ritorno nel tempo di questi trattamenti. Abbiamo effettuato due studi: il primo l’Health policy model long term, basato sui dati della letteratura e non sui real data, dove prevedevamo il ritorno dell'investimento; il secondo studio – che ho inviato alla Commissione – pubblicato su PharmacoEconomics, in cui abbiamo utilizzato la banca dati PITER dell'Istituto superiore di sanità che è il più grande real world database per quanto riguarda i pazienti HCV) riuscendo a dimostrare che dopo sei anni e due mesi per la corte dei pazienti trattati nel 2017 c'era il ritorno dell'investimento pieno. Dopo soli sei anni e due mesi tanto abbiamo speso e tanto ci è ritornato dall'investimento. Da sei anni e due mesi in poi iniziano i risparmi, quantificabili in più di 50 milioni di euro prendendo in considerazione mille pazienti nell'arco di vent'anni. Quindi non solo sono costo-efficaci, non solo curano i pazienti questi nuovi farmaci, ma ci garantiscono un ritorno pieno dell'investimento e generano anche dei risparmi.
  Abbiamo calcolato il break even point con i dati PITER: a sei anni e due mesi per la corte dei pazienti del 2017 si ottiene il pieno ritorno dell'investimento; e man mano che passa il tempo evitiamo anche nuovi casi di epatite C. Abbiamo fatto anche un'analisi di sensitività che dimostra la robustezza dell'analisi che avevamo effettuato. Alla metà di quest'anno considerando la distribuzione per strati di fibrosi genotipo e utilizzando la banca dati AIFA, insieme alla banca dati PITER dell'Istituto superiore di sanità, abbiamo effettuato la medesima analisi con lo stesso modello. I risultati sono ancora migliori, perché i pazienti sono di più, sono dati real, e stiamo per pubblicare lo studio (fatto anche con altri Paesi europei) che mostra che si raggiunge il break even dopo cinque anni e cinque mesi. In conclusione possiamo dire che sicuramente questi trattamenti sono vantaggiosi, sono costo-efficaci e garantiscono il ritorno dell'investimento.
  C'è ancora un problema aperto per l'epatite C: ci sono pazienti ancora da trattare e ci sono pazienti sommersi, che abbiamo stimato essere circa 230 mila con lo studio che vi ho inviato, pubblicato su Plos One, che abbiamo fatto insieme a EpaC, l'associazione dei pazienti. La strategia da seguire per far emergere questi pazienti è quella dello screening. Stiamo mandando in pubblicazione questo studio su uno screening graduato, quindi non su tutta la popolazione, per alcune corti: i nati 1968-1987 e poi quelli 1948-1967; in questo modo abbiamo dimostrato che questa è l'opzione più altamente costo-efficace, e la si può prendere in considerazione per riuscire a raggiungere il risultato importante della riduzione del carico complessivo della malattia fino al 2031. Quindi riusciremo a far emergere questi pazienti e, grazie al prezzo molto basso attuale dei farmaci, ci sarà un impatto ancora migliore, più costo-efficace per quanto riguarda la sostenibilità del sistema. Possiamo dire con i dati AIFA che il numero di casi evitati è stato di 1.136 pazienti nel 2015-2016 e di 556 pazienti nel periodo successivo, chiaramente con una potenziale riduzione dei risultati clinici nel tempo e otteniamo quindi risparmi a vent'anni – come dicevo – di circa 52 milioni di euro.
  A fronte di tutto questo dobbiamo dire che c'è un'efficacia del 98 per cento di questi farmaci, che credo sia il risultato più importante che interessa tutti quanti noi. I pazienti si curano e i prezzi ormai sono stati ridotti a livelli molto bassi. Tra l'altro effettuando lo screening, a quel punto si Pag. 5amplierebbe la platea dei pazienti e si potrebbero ridurre ulteriormente i prezzi dei farmaci stessi.

  CARMINE COPPOLA, direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano. Vi ringrazio per avermi invitato a parlare di epatite C, che è l'argomento di cui mi occupo da almeno trent'anni.
  Io ho iniziato la mia carriera intorno al 1990, quando ci siamo resi conto che c'era grande massa di pazienti affetti da una epatite che non sapevamo nemmeno come chiamare (la chiamavamo non-A, non-B), malattia che nel 1990 fu correlata all'epatite C, che abbiamo scoperto proprio in quell'anno. Da allora è iniziata la grande battaglia, perché questa malattia, rapportata al virus dell'epatite C, è molto diffusa in Italia, ha dati di prevalenza e di incidenza molto elevati. La mia regione, la Campania, ha dati ancora più importanti; il territorio della ASL Napoli 3 Sud avevano, e hanno, il triste primato in Europa di zona a più elevata endemia di epatite C: quello che fu definito allora un killer silenzioso, un'epidemia silenziosa.
  La grande battaglia cominciò con i tentativi di terapia con farmaci a base di interferone, farmaci costosi ma molto poco tollerati e con una bassa efficacia. Ricordo che all'inizio trattavamo i pazienti con una risposta positiva del 10 per cento. Quindi immaginate che su cento pazienti dieci rispondevano alla terapia con effetti devastanti e, se poi andavamo a spalmare il costo di cento pazienti su dieci pazienti guariti, effettivamente avevamo dei costi molto elevati che, aggiunti ai costi per la gestione degli effetti collaterali indesiderati e per i problemi di tipo psichiatrico, sociologico, familiare e lavorativo erano molto importanti.
  È ancora vivo il ricordo di cose che abbiamo fatto cinque anni fa. Nel periodo 2001-2013 noi abbiamo curato questi pazienti con terapie che prevedevano fino a diciotto compresse al giorno di farmaci. Una follia! Con effetti collaterali devastanti. Per un periodo da sei a diciotto mesi addirittura. Con un dramma per la famiglia. Effetti veramente molto importanti. E potevamo curare pazienti più giovani con malattia non molto importante, senza comorbidità. Da questo scenario apocalittico siamo arrivati ad oggi, dove possiamo trattare tutti i pazienti, di tutte le età, con tutte le comorbidità, in qualsiasi stato di malattia senza alcun problema, con tassi di risposta positiva che vanno fino al 100 per cento. Immaginare che una terapia antivirale raggiunga tassi di risposta del 100 per cento, è effettivamente una cosa emozionante.
  Oltre ad avere miglioramenti per quanto riguarda il danno epatico, il miglioramento è venuto anche su altri fronti. Per esempio molti pazienti dopo la terapia migliorano la funzionalità renale, migliorano la gestione del diabete e addirittura l'incidenza del diabete, dell'ictus ischemico, della cardiopatia ischemica è inferiore nei pazienti che hanno fatto le terapie. Questa è una cosa estremamente importante. Testimonianza di questo è che nel reparto di medicina dell'ospedale che io dirigo, dal momento in cui stiamo attuando questa terapia i ricoveri per malattia epatica scompensata sono azzerati, dando un respiro molto importante ai ricoveri per altre patologie, fondamentalmente per i pazienti con malattia epatica scompensata da malattie metaboliche che ormai si stanno diffondendo, rappresentando quella che chiamiamo «epidemia del terzo millennio».
  Non avremmo mai immaginato di poter curare una malattia virale. Il nostro patrimonio culturale ci portava a non prevedere questo. Su altre malattie come l'HIV e l'epatite B pure abbiamo risultati brillanti, ma ovviamente la terapia è soppressiva, il farmaco sopprime, non eradica il virus, quindi si tratta di una terapia che deve essere seguita a vita, con tutte le problematiche economiche connesse alla gestione di questi problemi. Curiamo una malattia cronica. Quando mai avremmo pensato di curare una malattia cronica? Anche di malattia cronica si guarisce in questo caso. Pag. 6
  Riusciamo a fare prevenzione oncologica, perché il virus di per sé e la cirrosi insieme sono grossi problemi per quanto riguarda lo sviluppo dell'epatocarcinoma e, in termini di sanità pubblica, riducendo la circolazione del virus, otteniamo quell'effetto che noi paragoniamo alla vaccinazione di massa, quindi il progetto di eliminazione prende piede.
  Noi abbiamo trattato fino ad ora tutti i pazienti con una malattia importante, nota da anni, con una forte consapevolezza della malattia, per cui affollavano i nostri ambulatori e ci chiedevano con insistenza e con passione la terapia. Dal 2015 ad oggi questo ha visto i centri specialistici con i medici in prima linea, che si sono sottoposti a uno sforzo pazzesco, con carichi di lavoro indescrivibili aggiuntivi, non catalogati da nessuna parte, ma la gratificazione del sorriso dei pazienti, le emozioni che ci hanno trasmesso dopo la guarigione ci hanno dato la forza e ci hanno ripagato di tutti gli sforzi che abbiamo fatto, oltre alla consapevolezza che probabilmente abbiamo partecipato in modo attivo a scrivere una bella pagina nella storia della medicina.
  Noi in regione Campania abbiamo sviluppato con estrema semplicità un PDTA, che prevede un tavolo regionale permanente con tutti gli attori di questo sistema fino ad arrivare all'arruolamento e all'erogazione del farmaco con una proficua collaborazione con i farmacisti e il mondo del volontariato, che non va mai sottaciuto.
  Però dobbiamo capire che a questo punto si è chiusa un'epoca e dobbiamo aprirne un'altra. Adesso non ci sono più i pazienti che bussano alle nostre porte per avere la terapia: siamo noi che dobbiamo offrire la terapia ai pazienti che ne sono ignari. Questo è un lavoro più importante, a cui non siamo granché preparati e ci dobbiamo assolutamente preparare, perché nella storia della medicina è la prima volta che abbiamo un tipo di approccio di questo tipo.
  Un primo obiettivo da raggiungere è che tutti i pazienti con diagnosi nota di epatite C, che chiedono di essere trattati devono essere curati subito senza liste d'attesa. La lista d'attesa non è più accettabile, secondo me. Questo si può fare, perché i centri di cura hanno sviluppato, per raggiungere questo volume di attività, dei modelli efficaci ed efficienti, per cui se lo possono permettere. La seconda cosa è far emergere il sommerso. Io voglio occuparmi per qualche minuto del sommerso generico, quello di tutti i giorni: i pazienti che non sanno di avere l'epatite. Per fare questo è fondamentale arricchire il centro di cura con altre figure professionali. Ci vuole necessariamente un case manager, qualcuno che deve collegare il territorio, deve collegare il centro di cura con altre strutture che cercherò di dirvi. L'ospedale per esempio. Oggi un paziente che va in ospedale non può non fare il test per l'epatite C, ma i pazienti che vanno in ospedale, per un motivo qualsiasi, sono a più elevata prevalenza del virus dell'epatite C, pertanto vanno considerati come soggetti a rischio, ai quali quindi va fatto il test per l'epatite C. Ovviamente, quando positivi, vanno immediatamente riferiti al centro di riferimento per quella struttura. A volte vediamo ancora lettere di dimissione che riporta la prima diagnosi «paziente con epatite C». Non si fa più così, è sbagliato, perché un paziente che riceve questa lettera di dimissione acquisisce un messaggio fuorviante, secondo il quale si convince di dover convivere con la malattia. Invece questi pazienti non si rendono conto che la malattia va curata, perché molte volte si parla di epatite dormiente, asintomatica, di portatore sano: queste cose le dobbiamo assolutamente sfatare.
  Nel mio ospedale stiamo organizzando il progetto HCV, per cui tutti i pazienti positivi al test per l'epatite C vengono riferiti al centro e noi ce ne prendiamo cura fino alla completa risoluzione del problema. Ovviamente questo va fatto anche sul territorio. Ci vuole una rete capillare anche con gli specialisti ambulatoriali, per esempio, con i SERD: una rete che deve fare riferimento all’hub del centro prescrittore. Tutti gli altri si devono collegare a questo centro. Solo così potremmo effettivamente rendere disponibile la terapia e la Pag. 7consapevolezza della cura un po’ a tutti i pazienti.
  Il discorso con i medici di medicina generale secondo me è fondamentale, perché il medico di medicina generale deve avere necessariamente una strada privilegiata per potersi interfacciare al centro prescrittore. Il case manager anche in questo caso assume un ruolo molto importante. Il medico di medicina generale, se ha pazienti con epatite C nota, li deve riferire subito al centro di cura. I pazienti dove c'è il sospetto clinico, perché non dimentichiamo che la medicina non può prescindere dal rigore scientifico e dalla metodologia clinica, di epatite C, devono fare subito il test, che secondo me potrebbe essere gratuito, anche ricorrendo ai test salivari, ai test capillari, di più di basso costo e di facile fruibilità. Questa è una cosa estremamente importante. Una volta che il medico di medicina generale ha trovato un paziente positivo, va riferito nell'ambulatorio di terapia dell'epatite C del centro prescrittore e non nell'ambulatorio delle patologie generali. Quindi la lista d'attesa deve essere zero possibilmente.
  Io tengo molto a una cosa, perché molti pazienti che arrivano da noi lo fanno perché hanno rimosso il problema, persone che sono state vessate per essere portatori del virus di epatite C, come degli untori: queste persone vanno curate con attenzione, va fatto un colloquio molto sereno in ambiente adatto, perché, se ci sono dei momenti di incomprensione, questo pregiudica fortemente il concordare e il condividere la terapia. E mai come in questo momento è fondamentale rispettare il dettato dell'articolo 20 del codice di deontologia medica che termina così: «Il tempo della comunicazione è un tempo di cura». È importante perché, se perdiamo il tempo iniziale, perdiamo anche il paziente che si allontana, perché ha degli scudi da questo punto di vista.
  Va cercata anche qualche innovazione organizzativa. Noi a Gragnano abbiamo fatto una cosa molto semplice: dal primo giorno abbiamo visto questa marea di persone che veniva, abbiamo messo in piedi il progetto «Ospedale porte aperte» aprendo le porte degli ambulatori per ecografie, per fibroscan e per visite una volta al mese: il giovedì dalle 16 alle 22, un sabato e una domenica. Iniziativa che ci ha consentito di ridurre le liste d'attesa.
  Per concludere: facile fruibilità; campagne di sensibilizzazione – noi abbiamo un camper con il quale andiamo in giro nei comuni, nelle diocesi, nelle chiese a fare questo tipo di attività di divulgazione – ; costituire una rete relazionale che detta le condizioni fino alla rete aziendale, con una filosofia basata sulla «taglia». Parlavamo all'inizio di killer silenzioso, per cui ci vuole una taglia: tutti i soggetti che concorrono alla cattura del killer possono avere un incentivo premiante, cosa che potrebbe rendere l'obiettivo di questa battaglia per l'eliminazione dell'epatite più attuale e più probabile.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CARNEVALI. Io ho bisogno di un'informazione in particolare per mia conoscenza. Credo che questa Commissione non possa più avere dubbi sul rapporto costo/efficacia del vantaggio che abbiamo, in particolare per quanto riguarda il trattamento precoce di pazienti con HCV. Quello che ci è chiaro, anche dai dati riferiti ai farmaci innovativi non oncologici, è che siamo nella condizione di non utilizzare tutte le risorse disponibili da quel fondo, che potrebbero molto probabilmente riuscire a soddisfare quell'esigenza di ampliamento, anche in termini di anticipazione del trattamento e di reclutamento attraverso la somministrazione di test.
  A me non è chiaro, quindi chiedo proprio per conoscenza: le regioni come si comportano? Il budget che viene trasferito alle aziende ospedaliere come funziona? A me questo non è chiaro. Molto probabilmente è legato al funzionamento del fondo dei farmaci innovativi. Quindi «l'inghippo» nell'avere un fondo incapiente e avere un fondo eccedente dove sta? Se mi aiutate a capire.

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  ROBERTO NOVELLI. Anch'io ho alcuni quesiti da porre. È chiaro che il problema c'è e possiamo risolverlo. Non possiamo solamente contenerlo, ma risolverlo.
  Il ragionamento che ho sentito fare più volte è anche legato a un differente tipo di azione per quanto riguarda la prevenzione e la cura, che si differenzia da regione a regione. Ci sono delle sensibilità diverse. Alcune regioni agiscono in modo più efficace e altre – perlomeno mi sembra di avere ricavato avuto questa impressione – agiscono in modo meno efficace.
  Per la cura c'è l'accesso al fondo per i farmaci innovativi, che non è stato peraltro utilizzato pienamente, ma fra non molto questi farmaci usciranno dal fondo per i farmaci innovativi, quindi non saranno più tali e questo significa, in termini pratici, che entreranno nel bilancio regionale che dovrà dedicare, in base anche alle iniziative politiche in questo caso, fondi propri per l'acquisto di questi farmaci. Io vi porto un esempio. Il Friuli-Venezia Giulia, regione da cui provengo, non usufruisce del fondo dei farmaci innovativi, perché ne è fuori, quindi utilizza una certa quantità del bilancio. Mi domando: nel momento in cui tutte le regioni si troveranno nella stessa condizione e non potranno usufruire di questo fondo, secondo voi quale potrebbe essere un'iniziativa coerente per evitare che il sistema si riduca, non sia più funzionale?

  PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi, pertanto do la parola torna agli auditi per le repliche.

  FRANCESCO SAVERIO MENNINI, professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata. Urge una premessa. Il tetto per la farmaceutica purtroppo negli anni non è stato mai adeguato, è un tetto che non rappresenta il fabbisogno reale, quindi secondo me la prima azione che si dovrebbe fare è mettere le mani sul tetto della farmaceutica e adeguarlo al reale fabbisogno. Anche perché negli ultimi anni è stato addirittura ridotto. A parte che andrebbe eliminato, ma questo è un discorso più di natura economica in cui non entro.
  Vengo alla prima parte della domanda: come funziona per le regioni. Ci sono stati una serie di problemi, soprattutto negli anni passati quando le regioni lamentavano il fatto di non conoscere esattamente il prezzo reale dei farmaci. In realtà ci sono delle persone all'interno delle regioni che li conoscono. Io faccio parte del gruppo di lavoro sull'epatite C nella regione Lazio, dove questo problema non c'è mai stato perché la responsabile farmaceutica della regione Lazio conosceva esattamente quali erano i prezzi, anche secretati. Abbiamo stabilito qual era il piano negli anni per fornire i trattamenti e si sapeva anche, considerando il payback dell'anno successivo, quanto la regione avrebbe dovuto anticipare, che poi le sarebbe rientrato. C'è stato il blocco solo il primo anno, poi si è sbloccata tutta la situazione e tutte le regioni sono andate a regime. Oggi come oggi questo problema non esiste più. È un problema che è esistito il primo anno. In alcune realtà è stato strumentale – mi permetto di dire –, perché tutte le regioni sapevano esattamente quali erano gli scaglioni della scontistica, quindi potevano farsi due conti a capire che non ci sarebbe stato un problema di sostenibilità. Ora le regioni sanno esattamente come funziona.
  Le differenze regionali negli anni passati ci sono state, proprio in conseguenza di questo approccio e anche di un approccio diffidente di alcuni responsabili regionali nei confronti di questi farmaci. Io ho avuto molte discussioni, sono stato anche accusato di essere al soldo delle aziende e quant'altro, fortunatamente poi i risultati parlano chiaro, ma parlavano chiaro anche prima: se qualcuno si fosse andato a vedere i risultati dei farmaci, sarebbe risultata palese la convenienza nel trattare i pazienti. Quindi c'è stato un forte rallentamento iniziale in alcune regioni, ora sono tutte a regime e devo dire che grosse differenze, anche parlando con l'associazione dei pazienti, non ci sono.
  Il discorso della perdita di innovazione è fondamentale. Bisogna fare molta attenzione Pag. 9 sin da ora alla legge di bilancio. È molto importante il vostro ruolo di decisori politici, perché – è vero – questi farmaci perderanno l'innovazione e il rischio è che poi entrino in un calderone generalizzato. Il Friuli-Venezia Giulia ha storicamente una spesa farmaceutica costante. Non è che voglia sminuire la capacità o l'efficienza di quella regione, però quindici, vent'anni fa la percentuale di spesa farmaceutica era quella ed è rimasta sempre tale. Sono stati in grado di mantenerla tale, per cui non hanno bisogno di ricorrere al fondo. Però nel momento in cui si dovesse creare la situazione che l'onorevole Novelli ha paventato, tutte le regioni comincerebbero ad avere dei grossi problemi, quindi il rischio è che non si riuscirebbero a trattare i pazienti che ne hanno un reale bisogno.
  La soluzione può essere in primis il rinnovo dell'innovazione. Si può richiedere l'allungamento dei criteri di innovatività, che credo durino tre anni. Non sono un esperto della normativa, ma credo durino per ulteriori tre anni. In tre anni non si riuscirebbero a trattare tutti i pazienti, però, con l'abbattimento del prezzo, si riuscirebbe a superare questo limite. L'altra potrebbe essere ampliare il fondo. Basta fare due conti, perché è vero che c'è un avanzo del fondo, però non basterebbe per trattare i circa quattrocentomila che ancora mancano: 200 mila circa che conosciamo e 220/230 mila, che rappresentano il sommerso che abbiamo evidenziato con l'articolo che abbiamo fatto con EpaC. Non basterebbero due o tre anni, quindi si dovrebbe incrementare il fondo. Terza opzione: fare un fondo ad hoc per l'epatite C. Però qua io vedo un pericolo: che dopo arrivano le associazioni dei diabetici che chiedono il fondo per i diabetici, e via via tutte le altre. Certamente una soluzione va trovata tra queste tre opzioni, senza ombra di dubbio.
  Io ritengo che la strada del rinnovo dell'innovazione sia la più rapida, la più veloce e potrebbe garantire i risultati più efficaci.

  ELENA CARNEVALI. Sulla questione della scadenza dell'innovazione vedo una difficoltà, perché la stessa preoccupazione che lei manifesta sulla questione del fondo è la questione del perché anche altri farmaci non possono avere riconosciuta l'innovatività, sapendo che peraltro la previsione di una riduzione del periodo dell'innovatività da tre a due anni avvicinerà la scadenza della ricontrattazione del prezzo.

  FRANCESCO SAVERIO MENNINI, professore di economia sanitaria ed economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata. Questo non l'avevo sottolineato, ma permetterebbe anche una ricontrattazione del prezzo, quindi si potrebbe abbassare ulteriormente in questo caso. Credo non ci siano grosse difficoltà da parte anche delle aziende ad accettarlo, perché si amplia ulteriormente la platea dei pazienti e quindi andrebbe bene.
  In questo caso – ma non voglio fare un confronto tra farmaci – ci troviamo di fronte a farmaci che guariscono i pazienti nel 98 per cento dei casi. Credo che il rinnovo dell'innovazione sia abbastanza giustificato anche nei confronti di altri trattamenti. Ripeto, non voglio fare un confronto tra trattamenti, ma è un unicum quello che negli ultimi anni si è venuto a verificare con i farmaci dell'epatite C. L'eradicazione della malattia (obiettivo dell'OMS) entro pochi anni la potremmo fare perseguendo questa strada. Ormai la sostenibilità è ampiamente dimostrabile, non c'è proprio alcun problema. Credo che ci sia ampia disponibilità anche del settore industriale a venire incontro ulteriormente.

  CARMINE COPPOLA, direttore UOC medicina interna – epatologia ed eco-interventistica ASL Napoli 3 Sud stabilimento di Gragnano. In effetti sapere che non siamo stati in grado di utilizzare tutto il fondo triennale disponibile ci amareggia, però non so se avremmo potuto fare qualcosa in più, perché abbiamo fatto tanto. Immaginare che questo fondo non Pag. 10ci sia più, che andiamo con un bilancio ordinario e che dobbiamo inserire i nostri pazienti, che stiamo sensibilizzando e su cui stiamo lavorando per far emergere il sommerso, in liste d'attesa per curarli, penso che sia una strada da evitare assolutamente.
  Mi permetto di aggiungere che bisognerebbe allocare anche le risorse per organizzare l'emersione del sommerso, che necessita di una struttura diversa da quella che abbiamo avuto fino ad ora.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli ospiti per il contributo e dichiaro conclusa l'audizione odierna.

  La seduta termina alle 15.50.